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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 22-09-16 - n. 603

Perché il fascismo?

Annie Lacroix-Riz * | initiative-communiste.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

14/08/2016

Prima parte

Note contemporanee sull'aspetto non ideologico del fascismo: crisi di sovrapproduzione e guerra ai salari

In un'epoca in cui la "sinistra di governo" pretende di contrastare la spinta dell'estrema destra e grida al lupo mentre maltratta e insulta i salariati, è utile riflettere su quello che è successo in Germania durante la crisi del 1930 e in particolare sulle conseguenze della politica nota come "il male minore".
Il testo seguente, completato da due documenti d'archivio inediti, è un contributo a questa riflessione.



Il fascismo è spesso presentato come una "contro-rivoluzione preventiva" delle classi dirigenti per impedire il rinnovarsi dei disordini politici e sociali che seguirono la prima guerra mondiale (caso tedesco, novembre 1918-gennaio 1919 e italiano 1919-1920). [1]

Esso fu soprattutto una risposta feroce alla crisi di sovrapproduzione che minacciava di far crollare i profitti. Mi limito qui all'esempio del fascismo tedesco, succeduto a quello italiano (ottobre 1922), ma considerato più "perfetto": l'allineamento delle classi dirigenti dell'Europa continentale su questo modello e la notevole attrazione che ha esercitato su quelle degli Stati Uniti e del Regno Unito ha avuto le stesse motivazioni socio-economiche.

L'accordo ingannevole tra capitale e lavoro del novembre 1918

Il grande padronato tedesco aveva mal digerito le concessioni pubbliche che aveva dovuto fare il 15 novembre 1918 per soffocare la "rivoluzione" che minacciava di seguire la capitolazione del Kaiser Guglielmo II, il 9 novembre. Il "contratto sociale" della Repubblica di Weimar, si basava su una falsa resa. L'ADGB (Confederazione Generale Sindacale Tedesca), maggioritaria, organicamente legata alla SPD e anche essa contro la rivoluzione sociale, aveva contemporaneamente firmato con i delegati padronali un protocollo segreto liberandoli dai loro impegni: i contratti collettivi sui salari e le condizioni di lavoro non si applicano che "in conformità con le condizioni del settore industriale interessato"; "giornata di 8 ore in tutti i settori" se "le principali nazioni industriali" vi aderiscono.

Questo accordo coperto tra Capitale e Lavoro fu l'equivalente sociale dell'alleanza politica segreta "con le forze del vecchio regime", stretta nel mese di ottobre-novembre dalla SPD con lo Stato Maggiore del Reichswehr, portavoce nel 1918 delle classi dominanti. Completato da una caccia spietata ai rossi, nella quale si distinsero le future "eccellenze" naziste, questo patto "contro natura" lasciava poche possibilità di sopravvivenza alla "Repubblica di Weimar". [2]

Debito privato e fallimento della Germania

Odioso patto verso quella Repubblica (per quanto buona figlia fosse) nata dalla loro sconfitta pubblica, aristocrazia e grande borghesia la svuotarono subito della sua immagine ingannevole di "sinistra" iniziale. La base sociale di "Weimar" resistette fino all'uragano del 1930 che ha devastato la Germania. Le aziende, i comuni, lo Stato si erano fortemente indebitati presso le grandi banche internazionali dopo la stabilizzazione del marco del 1923-1924 operata sotto tutela americana, per sviluppare le capacità produttive, in particolare al servizio della rivalsa militare.

Così il Reich divenne il più grande debitore internazionale, verso gli Stati Uniti e tutti i paesi del "centro" imperialista. Il capitale finanziario straniero fu dunque un protagonista principale, come negli anni 1920 verso l'enorme debitore italiano, delle drastiche misure adottate dalla Banca dei Regolamenti Internazionali durante le turbolenze dell'estate del 1931 per prorogare il debito tedesco. I dettami di questo club privato di banche centrali fondato dal Piano Young, antenato (ancora in vita) poco noto delle istituzioni americane di Bretton Woods, prefigurarono esattamente quelli adottati nell'ultima fase acuta della crisi sistemica, sotto la tutela delle grandi banche di ogni paese, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.

Guerra ai salari e politica del "male minore" della SPD

Il crollo dei mercati e dei profitti e l'imperativo di regolare il "debito privato internazionale" esigeva di "schiantare", oltre gli stipendi, tutti i redditi non monopolistici: questo obiettivo mobilitò le bieche classi dirigenti e i loro creditori statunitensi, inglesi, francesi, ecc. Tra le condizioni imposte nel mese di luglio 1931, per "salvare" il Reich figurava l'integrazione del NSDAP [Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori], vincitore elettorale nel settembre 1930 [si affermava secondo partito, dopo SPD, ndt] grazie al supporto di lunga data (in particolare dal 1923 e l'occupazione della Ruhr) degli industriali in particolare dell'industria pesante, seguiti dal resto del padronato: questa formula inclusiva della destra permetteva, con i suoi metodi di terrore (e seduzione), di spezzare i salari delle vittime senza temere una reazione.

Prima che la NSDAP assumesse il governo nel febbraio del 1933, a fianco della destra "classica", la missione era stata affidata a organizzazioni operaie "consensuali". Esse facevano appello ai loro membri di partecipare ai sacrifici presentati come indispensabili per l'interesse nazionale, riducendo i loro salari: il leader di ultra-destra (SPD) del sindacato del legname e dirigente nazionale dell'ADGB, il deputato dell'SPD (1928) Fritz Tarnow nel 1931 sostenne "un matrimonio di convenienza con i padroni" ("non saremo i medici al capezzale del capitalismo?"). La SPD sostenne il suo Cancelliere Hermann Müller, che investito dopo il successo elettorale della sinistra, governò con la destra "classica" e tentò una prima "riforma" (di riduzione) delle indennità di disoccupazione (giugno 1928-marzo 1930).

La SPD inoltre sostenne il successore di Müller, Brüning (maggio 1930-maggio 1932) e la rielezione di Hindenburg alla presidenza del Reich (aprile 1932), rimanendo disarmata davanti al colpo di stato della destra alleata con i nazisti (Goering) in Prussia (luglio 1932), dicendo di contare sulle elezioni generali successive (novembre 1932). Tutto in nome del "male minore" contro Hitler mentre la destra, Bruening e Hindenburg in testa, preparavano apertamente l'ascesa del NSDAP. I fautori del "fronte repubblicano" del 21° secolo dovrebbero riflettere sui risultati politici del 1930.

Sinistra tedesca e nazismo

Le chiacchiere sulla colpevolezza di "estremismo di sinistra" del KPD nasconde le responsabilità schiaccianti, percepite come tali dal 1933, della dirigenza della SPD e delle sue organizzazioni, tra cui ADGB [3]. La passività davanti ai padroni e la loro soluzione nazista, spinta fino all'offerta di servizi, servirà da passaporto per la carriera "occidentale" nel dopoguerra, come nel caso di Tarnow: accondiscendente nel 1933 ma respinto dai nazisti e costretto in esilio, rientrò dalla Svezia nel 1946 su sollecitazione statunitense che lo aveva scelto per guidare, contro il rischio di unione con i comunisti nella Bizona del 1947, in Germania Ovest nel 1949 la vecchia federazione sindacale diventata DGB (Deutscher Gewerkschaftsbund).

Non furono i disordini sociali nel 1933 a determinare l'avvento di Hitler al potere: fu il rifiuto della maggior parte delle classi danneggiate di respingere questo assalto contro il loro reddito o la loro passività di fronte a questa "strategia dello shock", per riprendere l'espressione di Naomi Klein. Contro questa linea, fissata dalle organizzazioni maggioritarie della "sinistra di governo", combattivi ma isolati, per lo più operai del KPD e della sua "Organizzazione sindacale rossa" (GERD), lottarono valorosamente, prima e dopo il febbraio 1933, ma invano. È urgente riflettervi di fronte a questa crisi sistemica del capitalismo, dove "il medico [di sinistra alla Tarnow] al capezzale del capitalismo" fa finta di credere alla magia degli incantesimi "antifascisti" [4].

Note

*) Annie Lacroix-Riz, professore emerito di Storia Contemporanea, Università Parigi

[1] Pierre Milza, Les fascismes, Paris, Points Seuil, 1991.

[2] Gerald Feldman, Army, Industry and Labour in Germany, 1914-1918, Princeton, 1966, chef-d'œuvre non traduit en français; Gilbert Badia, Histoire de l'Allemagne contemporaine 1933-1962, Paris, Éditions sociales, 1962, et Les spartakistes, 1918: l'Allemagne en révolution, Paris, Julliard, 1966.

[3] RG Préfecture de police, sur « Les événements d'Allemagne » 8 mai, et RG Sûreté nationale SN JC5. A. 4509, Paris, 18 mai 1933, F7 (police générale), vol. 13430, Allemagne, janvier-juin 1933, Archives nationales, second document publié ci-dessous; et Derbent, La résistance communiste allemande, Bruxelles, Aden, 2008 (et transcription en ligne).

[4] Badia, Histoire de l'Allemagne; Lacroix-Riz, Industrialisation et sociétés (1880-1970). L'Allemagne, Paris, Ellipses, 1997; comparaison fascisme français et allemand, Le Choix de la défaite : les élites françaises dans les années 1930, Paris, Armand Colin, 2010, et De Munich à Vichy, l'assassinat de la 3e République, 1938-1940, Paris, Armand Colin, 2008; sur Tarnow, Scissions syndicales, réformisme et impérialismes dominants, Montreuil, Le Temps des cerises, 2015, p. 172, 207-209 et 232. Le document de 1939 publié ci-dessous montre l'effet ravageur sur les salaires et conditions de vie populaires du triomphe patronal de 1933.


www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 09-10-16 - n. 605

Perché il fascismo?

Annie Lacroix-Riz * | initiative-communiste.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

14/08/2016

Seconda parte

In un'epoca in cui la "sinistra di governo" pretende di contrastare la spinta dell'estrema destra e grida al lupo mentre maltratta e insulta i salariati, è utile riflettere su quello che è successo in Germania durante la crisi del 1930 e in particolare sulle conseguenze della politica nota come "il male minore".
Il testo disponibile nella prima parte, completato dai due seguenti documenti d'archivio inediti, è un contributo a questa riflessione.


La scoperta e trascrizione di tali documenti è dovuta a Annie Lacroix-Riz

Rammentiamo l'animosità degli apparati della polizia di Stato verso il comunismo.


1. Sinistra tedesca e trionfo del nazismo: un giudizio della polizia francese

Fonte, RG Sicurezza nazionale SN JC5. A. 4509, Parigi, 18 maggio 1933, F7 (archivio della polizia generale), vol. 13430, Germania, gennaio-giugno 1933, Archivi Nazionali, dattilografato, 7 p., i passaggi sottolineati nel testo sono resi in corsivo.

«Il ruolo e il destino dei comunisti e dei socialisti tedeschi.

La totale eliminazione delle organizzazioni marxiste tedesche davanti al nazismo trionfante è senza precedenti. Non c'è dittatura che non abbia incontrato, almeno al momento della sua costituzione, qualche tentativo di resistenza o reazione. Niente di tutto questo in Germania. Se si verificavano degli scontri, a volte cruenti, generalmente tra razzisti e sinistra rivoluzionaria - quasi sempre comunisti - quando il NSDAP era un partito di opposizione, ora che Hitler ha preso il potere questi scontri si sono drasticamente interrotti.

Eppure, all'epoca, i sostenitori del nuovo cancelliere e dei suoi alleati nazionalisti non rappresentavano più della metà della popolazione del Reich. La partita per le forze rivoluzionarie, anche se era difficile, poteva almeno essere tentata, e bisognava, in ogni caso, salvare l'onore dopo l'appello di fiducia fatto all'estero per "la Germania repubblicana". Non hanno fatto nulla, nessuna intrapresa. Questa domanda non ha solo un interesse storico. Perché ci si chiede che cosa ne è stato della massa, quella che i partiti socialisti e comunisti pretendevano di condizionare; quali sono i sentimenti di questa massa dopo il fallimento o la perdita dei capi.

Ma bisogna distinguere tra socialisti e comunisti. Si noti innanzitutto che nessun dirigente del partito comunista si è piegato di fronte alla rivoluzione nazionale. Erano tutti in prigione, in fuga o nascosti. Sono principalmente comunisti quelli che sono andati a riempire i campi di concentramento. In questi campi si troverebbero attualmente 50.000 rivoluzionari. Tra i dirigenti imprigionati citiamo:

Ernst Thälmann, dirigente del Partito Comunista.
Torgler Ernst, capo del gruppo comunista al Reichstag;
Willi Kasper, capo del gruppo parlamentare del Landtag prussiano
Ernst Scheller, Anton Jadasch [Fritz] Selbmann, Willi Kunz, etc.

Altri hanno cercato di andare all'estero. Il loro comportamento è stato severamente criticato dalla Terza Internazionale, che li vede come "disertori". Coloro che sono fuggiti in Russia sono stati invitati a tornare ai loro posti e continuare la lotta in clandestinità. Altri che sono riusciti a varcare i confini occidentali del Reich, sono stati invitati a tornare in Germania.

Coloro che hanno rifiutato sono stati espulsi dal partito. Così, alla fine di aprile, la Arbeiter Zeitung, organo comunista di Saarbrücken, ha pubblicato il seguente avviso: "Il Distretto Baden-Palatinato ci ha chiesto di pubblicare la seguente esclusione: il deputato al Reichstag Bennedom-Kusel, installato da poche settimane nella Saar e avendo ricevuto dalla direzione l'ordine esecutivo di tornare in Germania, non ha ottemperato a tale richiesta. E' stato espulso quindi dal Partito comunista tedesco per codardia di fronte al nemico di classe".

Quali compiti si propone ai dirigenti restati ai loro posti? Ecco quelli definiti dal Comitato Esecutivo della Terza Internazionale: a) Sviluppare organizzazioni clandestine; b) Estendere la rete della stampa clandestina del partito; c) Infiltrarsi nelle organizzazioni dei partiti opposti; d) Agire principalmente nelle fabbriche.

Tutto questo, naturalmente, non manca il passo. Ma i risultati non sono quelli che tali disposizioni potrebbero far credere. La necessità per i dirigenti rimasti al loro posto di nascondersi e lavorare clandestinamente riduce molto la loro azione, ed è dubbio che il loro lavoro possa durare a lungo in presenza di un'attività di indagine di polizia così intensa.

Sicuramente la stampa comunista estera ha enfaticamente annunciato che i Servizi hitleriani hanno sequestrato copie di giornali o opuscoli pubblicati clandestinamente, cosa che vorrebbe dare dimostrazione di una abbondante letteratura rivoluzionaria distribuita illegalmente. Ma la maggior parte di questi sequestri risalgono ai primi giorni di aprile, e l'ultimo numero di Bandiera Rossa (giornale del KPD) illegale è del 15 aprile. Se è stato licenziato, è difficile che sia stato largamente diffuso.

Si segnalano anche manifestazioni di fabbrica, ma l'ultima è di marzo. Alcuni "consigli di fabbrica" (Betriebsraete), infine, composti da elementi di sinistra sarebbero stati rieletti all'ultimo rinnovo, ma ciò ha avuto luogo più di un mese fa e nessuna reazione si è verificata davanti alle misure di polizia adottate immediatamente contro il Betriebsraete in questione.

Inoltre, i dirigenti comunisti non possono nascondere completamente che gran parte delle loro truppe abbiano lasciato o siano scoraggiate. Il militante Erich, uno dei dirigenti della Rote Gewerkschaft (organizzazione sindacale rossa) ha scritto nella Rundschau, bollettino pubblicato oggi a Basilea: "La Rote Gewerkschaftsorganisation [RGO] ha sofferto molto il terrore fascista. Questo terrore ha avuto l'effetto che una parte dei nostri compagni hanno lasciato le nostre bandiere e che altri hanno adottato un atteggiamento assolutamente passivo".

Se i comunisti che, ripetiamo, hanno dimostrato un coraggio innegabile fino allo scorso marzo, sono arrivati a questo punto, si può facilmente immaginare quanto lontano siano andati i socialisti. I comunisti hanno sempre accusato i socialisti di essere motivati da uno spirito piccolo-borghese e, in un certo senso, conservatore. Niente di più vero. Dopo aver raccolto senza danni nel 1918 i frutti di una rivoluzione matura, i socialisti tedeschi hanno saputo solo costruire strutture burocratiche, che potevano illudere l'estero e di cui la Seconda Internazionale non ha mancato di servirsi nella sua propaganda, ma che in realtà, erano senza anima e del tutto incapaci di interrompere il corso di eventi fin troppo prevedibili.

Questi eventi hanno, tuttavia, dimostrato che i dirigenti socialisti, sulle cui dichiarazioni poggiavano le speranze di una larga parte dell'opinione straniera per il futuro della Repubblica tedesca, non avevano fede. Essi hanno saputo solo piegarsi o fuggire come Braun, Grzesinski, Breitscheid, Dittmann, Crisprein, Noske, Bergemann sempre che non apportassero al nuovo regime una adesione più o meno velata come Leipart, Grassmann, Tarnow, Wels , Stampfer, Hilferding.

Ricordiamo la sottomissione sensazionale del dirigente socialista Wels e la dichiarazione del 21 marzo del comitato direttivo della Allgemeiner Deutscher Gewerkschaftsbund (Confederazione generale del lavoro) consentendo alla sua inclusione - respinta con disprezzo - all'organizzazione sindacale del Terzo Reich. La federazione degli impiegati socialisti (Afa Bund) e la Federazione dei funzionari socialisti (Allgemeiner Deutscher Beamter Bund) hanno seguito lo stesso percorso e centinaia di migliaia di membri delle organizzazioni sportive operaie sono state consegnate dai loro capi al regime di Hitler.

Il Reichsbanner, organizzazione costruita per difendere la Repubblica, cade spontaneamente a pezzi. Eppure comprendeva un milione di membri inquadrati. Ma coloro che conoscevano gli affari della Germania erano ben consapevoli che lo spirito combattivo delle truppe, guidate da burocrati, era quasi pari a zero e che era imprudente puntare su di esso. La Reichsbanner aveva ricevuto dai suoi avversari il soprannome di Papenhelm (elmetto di cartone). Per quanto riguarda le sezioni della Gioventù Socialista, esse sono state trasformate in innocenti associazioni turistiche, nonostante l'opposizione meritoria di Erich Schmitt, capo della sezione di Berlino.

La sottomissione totale della socialdemocrazia non ha, tuttavia, impedito del tutto le rappresaglie e le sanzioni. L'ex ministro Sollmann è stato gravemente malmenato a Colonia. I leader sindacali Leipart, Grassmann e Wissel sono stati arrestati, anche se avevano dato la loro adesione alle aziende hitleriane. Il dirigente della Reichsbanner, Holtermann, datosi alla fuga, è ricercato. Eppure sotto la sua amministrazione, precisamente il 6 aprile, il distretto di Berlino-Brandeburgo della Reichsbanner aveva definito l'atteggiamento dell'organizzazione in un modo che doveva, evidentemente, dare soddisfazione ai nazisti. Questo distretto aveva, in effetti, il 6 aprile, rivolto alle sue sezioni una circolare, in cui si diceva in particolare:

"Abbiamo tre possibilità:
- Adottare metodi comunisti violenti. Ma è chiaro a tutti i nostri compagni che questi metodi sono criminali e devono essere ignorati.
- L'astensione.
- La ricerca di una collaborazione nella vita pratica.
Da anni portiamo nei nostri cuori la fede nella Germania e nel suo futuro. Ecco perché noi rivendichiamo il nostro posto nella nuova vita dello stato tedesco e noi faremo per la Germania quello che si spetta: il nostro dovere. Il comitato direttivo sta negoziando con i servizi competenti circa l'attività della nostra associazione. I seguenti punti sono fondamentali: la cultura di amicizia; l'assistenza agli ex-combattenti; l'educazione della gioventù, la preparazione militare; il lavoro volontariato".

Ecco tutto quello che si è trovato su un'organizzazione di autodifesa socialista, fatta per proteggere il regime repubblicano, quando questo crollava.

Lo stesso atteggiamento da parte dell'organizzazione sportiva operaia. La Zentral Kommission für Arbeitersport und Koerperpflege ha rilasciato la seguente dichiarazione: "La Commissione Centrale Sportiva Operaia afferma che è pronta a lavorare con fedeltà nell'ambito del regime nazionale a beneficio del popolo. Ella è dell'avviso che questa collaborazione deve aver luogo su una base neutra. Le associazioni sportive dei lavoratori sono disposte a confluire senza riserve nell'organizzazione sportiva dello stato e di fare per questo, tutti i sacrifici necessari. Esse fanno appello allo spirito cavalleresco del nuovo governo, senza negare vigliaccamente la loro posizione precedente. Per esse, fare sport era servire il popolo. Sarà così anche in futuro".

Tanta piaggeria fu inutile. La collaborazione offerta disprezzata, le organizzazioni sciolte, respinti e denigrati i leader. Il nuovo regime ha fatto tutto da solo e costruito sulla sua base. Ma le truppe socialiste? Le truppe potevano contraddire la consegna che veniva dall'alto? Che l'atteggiamento dei capi potesse irritare alcuni attivisti, è possibile. Ma questi sono stati impotenti, in balia dello scoraggiamento e della codardia generale, e nessuna reazione, per quanto minima, si è verificata. Ovviamente il tradimento dei capi ha spezzato tutte le energie disponibili. Le ha annientate anche per il futuro, rivelandosi più dannoso per il repubblicanesimo e il liberalismo tedesco che le battaglie sfortunate che avrebbero potuto essere avanzate».


2. Il super-sfruttamento operaio in Germania, febbraio 1933 - febbraio 1939

Fonte, RG Prefettura di polizia, Informativa, 20 febbraio 1939, BA 2140, Germania, 1928-1947, Archivi della Prefettura di polizia

«I lavoratori tedeschi nelle industrie di guerra sono sottoposti ad una disciplina particolarmente severa.

Gli operai dell'industria chimica sono soggetti alla legge militare [. i] regolamenti delle grandi aziende della IG Farben. Negli impianti di Leuna un vero e proprio esercito di agenti della Gestapo e spie professionali sorvegliano gli operai durante e dopo il lavoro. E' vietato ai lavoratori entrare in laboratori se non quelli dove lavorano. Alcuni laboratori sono interdetti anche ai capi e agli ingegneri. Ciascun operaio deve assumere l'impegno per iscritto di non rivelare nulla sul suo lavoro in fabbrica. Il regolamento di fabbrica prevede un sistema di sanzioni che comporta perfino la pena di morte.

L'industria chimica ha avuto un'enorme espansione a causa dei preparativi di guerra del fascismo hitleriano. Dal 1935, il numero delle fabbriche chimiche è cresciuto di 2.520 impianti, il numero di lavoratori aumentato di 131.415 unità, cosicché nel 1938 l'industria ha occupato più di 500.000 persone.

Il piano quadriennale ha provocato, in particolare, un aumento della produzione di prodotti sostitutivi, grazie alle sovvenzioni del governo straordinario. Nel 1938, la Germania ha prodotto 165.000 tonnellate di lana vegetale, il Giappone 130.000, l'Italia 100.000; questo significa che le potenze dell'Asse sommano l'81% della produzione mondiale, che ha raggiunto 440.000 tonnellate.

Non è sorprendente che l'industria chimica è stata in grado di registrare negli ultimi anni dei forti profitti nonostante il fatto che i prodotti sostitutivi non siano redditizi. La IG Farben ha registrato un utile netto [dichiarato] di

49,14 milioni nel 1933
50,98 milioni nel 1934
51,44 milioni nel 1935
55,40 milioni nel 1936.

Si arriva, considerando altre fattori, ad una somma di 1.500 milioni di marchi per i primi quattro anni del regime di Hitler.

Nonostante l'aumento della produzione e il maggiore sforzo richiesto agli operai, questi hanno avuto una riduzione dei salari. Le statistiche naziste ammettono che lo stipendio annuale di un operaio dell'industria chimica nel 1930 era in media di 2.543 R.M. contro 2.193 del 1936. Ma questi sono solo i salari lordi. Si devono detrarre le ritenute, cresciute dal 20 al 25%, e le "donazioni volontarie" che vengono imposte ai lavoratori.

Con questi stipendi non si riesce a far quadrare il bilancio. I tribunali hanno constatato che molti operai impiegati nelle fabbriche di esplosivi a Coswig-Anhalt devono lavorare nel tempo libero come garzone o musicista. I padroni rendevano noto nello stesso tribunale che "gli operai giungono al lavoro dopo aver lavorato altrove", cioè, lavorano oltre 16 ore.

[Il Dr. Ley ha riconosciuto in un discorso a Essen il 30 ottobre:] "Finora abbiamo avuto in ogni azienda un maggiore sforzo di almeno il 30%; in una grande fabbrica di gomma, una delle più grandi, abbiamo avuto un aumento della produzione del 60%. Le persone erano stanche e crollavano... Questa è la fabbrica di Phoenix ad Amburgo".

Questo aumento dello sfruttamento, questo tasso esagerato e bassi salari, le cattive condizioni di lavoro, la mancanza di cibo provocano un aumento degli infortuni sul lavoro. Il Fronte del Lavoro, sezione chimica, ammette che dal 1933 il numero degli infortuni sul lavoro è cresciuto costantemente. La funesta contabilità ha censito nel 1936, 32.453 incidenti di cui 144 mortali, nel 1937, 40.225 tra cui 188 morti e questi dati sono aumentati di nuovo nel 1938. Si sono infatti superati i 200 decessi. Nonostante questa situazione, si vuole ottenere un aumento del rendimento attraverso nuove misure di razionalizzazione. Questo sfruttamento spudorato si scontra, però, con la resistenza crescente".

*) Annie Lacroix-Riz, professore emerito di Storia Contemporanea, Università Parigi



(srpskohrvatski / english / italiano)

Il Montenegro tra "mondo libero" e Cremlino

<< Lo scontro indiretto tra mondo libero e Cremlino nella regione torna ad alti livelli di pericolosità >>, scrive Andrea Tarquini de La Repubblica. Il quale, nello scacchiere montenegrino dello scontro, ha già preso la parte di Djukanović perché paventa << quanto siano minacciosi in tutta l’ex Jugoslavia i nostalgici di Milosevic, nemici di ogni leader riformatore locale e spesso in strettissimo legame operativo con la malavita organizzata >>... laddove Djukanović è invece un onest'uomo.

Tanto onesto, il camorrista Djukanović, satrapo al potere da un quarto di secolo, da far scattare una sfacciata provocazione a fini repressivi e intimidatori la mattina stessa delle elezioni da cui dovrebbe uscire perdente.
Il ministro degli Interni Danilović dice di essere all'oscuro di tutto ma invita la popolazione "a non uscire di casa" quando saranno annunciati i risultati elettorali; i leader della opposizione negano qualsiasi relazione con gli arrestati, tra i quali spicca peraltro l'ex capo della Gendarmeria della Serbia Bata Dikić, in rapporti amichevoli piuttosto con la polizia ed i più stretti collaboratori di Djukanović (Veselin Veljović e Beba Popović).

Il premier serbo Vučić opportunamente commenta: "A me che tutto questo succeda proprio il giorno delle elezioni pare molto strano, ma è meglio che sto zitto".

Andrea Tarquini de La Repubblica è l'unico a non farsi domande. Non farsi domande e propalare stolidi luoghi comuni è in effetti l'attività con cui si procaccia il salario.

(a cura di Italo Slavo)

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Montenegro, nel giorno delle elezioni blitz anti-terrorismo: almeno 15 arresti

Il piccolo Paese balcanico al voto, tra un premier filooccidentale e le pressioni russofile. Tra i fermati un ex comandate della gendarmeria nazionale serba

di ANDREA TARQUINI, 16 ottobre 2016


BELGRADO – Massiccio blitz antiterrorismo e anticrimine delle forze di sicurezza del Montenegro la notte scorsa, sullo sfondo delle difficili elezioni politiche di oggi. Polizia e agenti speciali agli ordini del governo della capitale Podgorica hanno arrestato tra quindici e venti persone in tutto il paese.

Secondo i comunicati ufficiali riferiti dalle agenzie di stampa, sarebbero tutti membri di un’organizzazione criminale di ultrà serbi – cioè nostalgici di Milosevic, russofili, in contatto col crimine organizzato che Belgrado combatte con l’aiuto italiano. Si tratterebbe dunque di estremisti ostili sia all’indipendenza del Montenegro sia al premier europeista serbo Aleksandar Vucic.

Il gruppo, dicono sempre le fonti ufficiali montenegrine, aveva approntato un piano per condurre attacchi terroristici e provocare scontri armati in tutto il paese, magari proprio oggi nel giorno delle elezioni. Alla guida del commando eversivo, informa l’emittente locale PinkM, sarebbe Bratislav Bata Dikic, nemico dichiarato dell’indipendenza montenegrina e dell’attuale leadership riformista di Belgrado. Dikic era infatti un ex comandante della gendarmeria nazionale serba, e le autorità serbe lo avevano immediatamente rimosso dall’incarico e condannato a dure pene per le sue attività illecite e criminali quali omicidi, traffico di droga, estorsioni. Il gruppo colpito dalla retata avrebbe introdotto ingenti quantità di armi in Montenegro.

Si conferma così quanto siano minacciosi in tutta l’ex Jugoslavia i nostalgici di Milosevic, nemici di ogni leader riformatore locale e spesso in strettissimo legame operativo con la malavita organizzata. Tanto che la Serbia come l’Albania e alcuni altri Stati locali contano con successo sull’aiuto italiano, visto anche che i criminali dispongono delle armi migliori e del miglior livello di uso di internet ed elettronica.

Le elezioni (i seggi si chiuderanno alle 20 locali e italiane) sono cruciali. Il premier filo-occidentale ma accusato di corruzione Milo Djukanovic vorrebbe un ingresso del paese nella Nato. Lo appoggiano paradossalmente, tra gli altri, i ricchi russi residenti sulla bella costa, per sentirsi più sicuri sotto l’ombrello atlantico. Ma Mosca soffia sul fuoco aizzando le forze russofile e parlando di pericolo di nuovo squilibrio geopolitico nei Balcani.

Lo scontro indiretto tra mondo libero e Cremlino nella regione torna ad alti livelli di pericolosità.
 E come se non bastasse, nei sondaggi Djukanovic e il suo partito (partito democratico dei socialisti) sono favoriti, ma quotati attorno al 40 per cento. Non avrebbero dunque certezza di ottenere maggioranza di governo e dovrebbero avviare la difficile ricerca di un partner di coalizione. 

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Tužilaštvo: Dikić planirao likvidacije


Autor: Novica Đurićnedelja, 16.10.2016.

Od našeg stalnog dopisnika

Podgorica – Direktor crnogorske policije Slavko Stojanović saopštio je da je tokom noći (u subotu) uhapšeno 20 državljana Srbije, osumnjičenih za stvaranje kriminalne organizacije i terorizam. Prema saznanjima TV Pink M, među uhapšenima je i bivši šef srpske Žandarmerije Bratislav Dikić.

U vezi s ovim događajem, crnogorski mediji preneli su i izjavu predsednika Vlade Srbije koji je rekao da ne želi da komentariše hapšenje bivšeg šefa srpske Žandarmerije Bratislava Dikića u Crnoj Gori kako ne bi ni na koji način uticao na parlamentarne izbore u toj zemlji, ali je primetio da je „čudan dan na koji se to desilo”.

„Osnovano se sumnja da je početkom oktobra u Srbiji i Crnoj Gori formirana kriminalna organizacija, s ciljem uticaja na zakonodavnu i izvršnu vlast u Crnoj Gori. Sumnja se da je plan ove organizacije bio da u vreme proglašenja rezultata na parlamentarnim izborima, uz upotrebu oružja, napadnu okupljene građane ispred Skupštine Crne Gore i službenike Uprave policije, a da potom zauzmu prostorije Skupštine, s namerom da proglase izbornu pobedu određenih političkih partija”, navedeno je u izjavi za javnost crnogorskog Tužilaštva.

Takođe se, piše dalje u tom saopštenju, „sumnja da je plan kriminalne organizacije bilo lišavanje slobode premijera Crne Gore. S ciljem realizacije navedenog plana organizator grupe, B. D. je, u ranim jutarnjim časovima, došao u Crnu Goru s namerom dalje realizacije kriminalnog plana i komandovanja naoružanim licima u nameri da zauzmu Skupštinu Crne Gore i druge državne institucije”.

Tužilaštvo navodi da su osumnjičeni, „prema dobijenim uputstvima i kriminalnom planu, privatnim vozilima došli u Podgoricu, gde su se radi nastavka realizacije kriminalnog plana rasporedili u najmanje tri grupe”.

„Članovi kriminalne organizacije dobijali su uputstva da raspodele unapred pripremljeno oružje radi dalje realizacije kriminalnog plana. Po nalogu Specijalnog državnog tužilaštva službenici Specijalnog policijskog odeljenja i Uprave policije lišili su slobode organizatora i članove ove kriminalne organizacije u trenutku kada su pošli da provere unapred pripremljeno skriveno skladište i dopremljeno oružje i municiju”, ocena je Tužilaštva”. U toku postupka utvrđeno je da su kriminalnu organizaciju, osim lica koja su lišena slobode, činila i lica na čijoj se identifikaciji i lišavanju slobode intenzivno radi”.

Uhapšeni su: B. D. (1970), K. H. (1977), V. B. (1995), N. Đ. (1995), S. V. (1991), G. K. (1999), B. K. (1976), L. Đ. (1998), B. M. (1955), M. D. (1957), D. M. (1976), S. Đ. (1964), A. Č. (1983), A. A. (1974), N. Đ. (1982), S. Ć. (1979), D. S. (1974), M. A. (1990), I. M. (1980) i P. A. (1977).

Svi državljani Srbije osumnjičeni za pripremanje terorističkih napada, dovedeni su u zgradu Specijalnog tužilaštva na saslušanje.

Policija traga za jednom osobom.

Predsedništvo Demokratskog fronta (DF) saopštilo je da niko iz opozicije nije imao kontakt s Bratislavom Dikićem.

„Predsedništvo DF-a je održalo još jednu vanrednu sednicu, konstatujući da najnovija akcija režima ’hapšenja’ bivšeg komandanta Žandarmerije Srbije i dvadeset anonimnih lica predstavlja nastavak bljutave kampanje”, piše u saopštenju DF-a.

DF dodaje i da je nepobitna činjenica da „Dikića dobro poznaju bivši šef crnogorske policije Veselin Veljović i nezvanični savetnik premijera Đukanovića Vladimir Beba Popović”.

„Niko iz opozicije s Dikićem nikad nije imao bilo kakav kontakt, tako da je logičnije da ako je ova uhapšena grupa planirala da nekom nešto nažao uradi pre će biti da je to bilo usmereno protiv opozicije, nego što im je bio cilj da naude starim prijateljima iz crnogorskog režima”, navodi DF.

DF je pozvao vrhovnog državnog tužioca da ne sakriva informacije od crnogorske javnosti i da se „ne stavlja u propagandnu službu režimskih medija pošto se direktno meša u izborni proces i čini krivično delo”.

 

Kontroverzni general

Minulih godina, Bratislav Dikić je u srpskim medijima bio optuživan da je napravio kriminalnu organizaciju, koja se bavila trgovinom droge, plaćenim ubistvima, iznudom, reketom i ostalim kriminalnim delima.

Među navodnim skandalima vezanim za Dikića, pominjali su se formiranje posebnog odreda po uzoru na JSO, zakletva koju je lično napisao, a koja glasi „Pobedićemo ili poginuti za Srbiju koje nema bez Kosova”, prisluškivanje najbližih saradnika...

A polovinom decembra prošle godine, kada je podneo zahtev za penzionisanje zbog teške bolesti, Dikić je podsetio je da je nakon napada u medijima „nepravedno i nezakonito smenjen s mesta komandanta Žandarmerije” i na uvid javnosti stavio potvrde sudova i tužilaštava da se protiv njega nije vodio niti se vodi bilo kakav postupak.

Zanimljivo je da su mediji novembra prošle godine objavili da je Dikić bio u Podgorici tokom demonstracija opozicije. Međutim, takve tvrdnje on je demantovao na svom fejsbuk profilu, objavivši fotografiju iz svoje kuće.

Dikić je u Žandarmeriji bio od osnivanja 2001. godine, a na čelo te formacije imenovao ga je 2009. tadašnji ministar unutrašnjih poslova Ivica Dačić, na predlog direktora policije Veljovića.

Ministar Dačić ga je nekoliko meseci ranije unapredio u pukovnika, a general policije je od januara 2011. Bratislav Dikić je rođen u Nišu, 19. maja 1970.

Pre nego što je juna 2009. postao komandant Žandarmerije Srbije bio je komandant Niškog odreda Žandarmerije. Do imenovanja za komandanta Žandarmerije Dikić je 20 godina radio u MUP-u, od čega 10 godina u Specijalnoj antiterorističkoj jedinici (SAJ) i još deceniju u Žandarmeriji.

General Dikić smenjen je s mesta komandanta Žandarmerije jula 2013, a odmah potom je postao pomoćnik direktora policije.

Toma Todorović

 

Vučić: Bolje je da prećutim

Premijer Srbije Aleksandar Vučić nije hteo da komentariše hapšenje bivšeg šefa srpske Žandarmerije Bratislava Dikića u Crnoj Gori kako ne bi ni na koji način uticao na parlamentarne izbore u toj zemlji, ali je primetio da je „čudan dan na koji se to desilo”.

„Nemamo nikakve podatke o tome. Ministar policije Srbije me je obavestio. Čudan mi je dan na koji se to dešava i to je sve što ću o tome da kažem”, rekao je Vučić novinarima i podsetio da je Dikić, inače, penzionisan. „Za sve ostalo bolje da se ugrizem za jezik tri puta i da prećutim”, rekao je Vučić, preneo je Tanjug. Premijer je dodao da će o tom slučaju više govoriti danas.

Premijer je, međutim, ponovio da će se Srbija žestoko obračunati s kriminalom bez obzira na cenu koju može da plati. Vučić je poručio kriminalcima iz drugih zemalja da se vrate u svoje države, jer u Srbiji to više neće moći da rade.

„Žestoko ćemo se obračunati s onima koji misle da im je Beograd prćija i da po Beogradu mogu da ubijaju kako stignu, pa nek’ dobro razmisle da li su jači od države ili nisu”, rekao je Vučić. On im je poručio da će Srbija da pobedi bez obzira na cenu koju će morati da plati.


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20 Serbs arrested in Montenegro over planning armed attacks on election day - police 

Published time: 16 Oct, 2016

Montenegrin police detained a group of Serbs suspected of planning armed attacks on Sunday, the day of the country’s tense parliamentary elections. The group had also allegedly intended to capture Prime Minister Milo Djukanovic.
Police chief Slavko Stojanovic said in a statement that 20 Serbian citizens suspected of planning armed attacks after Sunday’s parliamentary vote were arrested. He said one more was on the run.
They entered Montenegro intending to get automatic weapons, and later this evening to attack institutions, the police, and representatives of the state, including top state officials,” Stojanovic said in the statement as cited by Reuters.
A later statement from a Special State Prosecutor on Sunday confirmed the group had intended to capture Prime Minister Milo Djukanovic.
Earlier, local TV Pink M reported that Bratislav Dikic, the former commander of the specialized police force Gendarmerie of Serbia, and his group which included more that 15 members, had “large quantities of weapons and ammunition” in their possession. They were picked up in the Podgorica area Saturday night after entering Montenegro, reports B92 broadcaster.
The group were charged with “forming a criminal organization and terrorism” according to Stojanovic’s statement.
Serbia's prime minister Aleksandar Vucic said Sunday that he has been informed of the arrests and that authorities have no information about the group “the day this is happening is strange, and that is all I will say,'' Vucic said before adding that he will issue further comment on Monday, once the election in Montenegro is over.
Montenegro is experiencing rising tensions amid its national vote as Djukanovic has presented it as a choice between becoming closer with NATO and the European Union or returning to Russia under the opposition.
Everyone is aware that the fate of the state will be decided... whether Montenegro will become a member of the EU and NATO, or a Russian colony,” he said on Friday.
Opposition groups have accused Djukanovic of “corruption, nepotism and economic mismanagement.”
Polling stations close at 18:00 GMT, with initial results expected an hour later.

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Nedelja, 16 Oktobar, 2016

Danilović nije obaviješten o hapšenju, poziva građane da ne izlaze na ulice

Autor: Balša Knežević

Ministar unutrašnjih poslova Goran Danilović kazao je da ima samo nezvanične informacije o današnjem hapšenju 20 osoba iz Srbije, ali da zna da iza toga ne stoji nijedan politički subjekt iz Crne Gore. Danilović je, zbog nezvaničnih informacija koje je dobio, apelovao na lidere političkih partija da ne pozivaju građane da se okupljaju na ulicama Podgorice nakon zatvaranja birališta.

"Nijesam dobio nijednu informaciju. Ali sam zabrinut ako je u zemlju došlo 20 ljudi da na dan izbora pravi haos. Tražio sam sastnak sa dirketorom UP policije ali sam dobio odgovor da je na terenu. Neko će morati da odgovara za ovo i naša policija će morati da uspostavi komunikaciju sa organima Srbije da se što prije ovo razriješi. Jedino što znam je da nijedan politički subjekt u CG ne stoji iza ovoga", rekao je Danilović.

Ministar je kazao da se baš juče desilo da padne video sistem koji na granici registruje ko ulazi u zemlju.

On se zapitao ko ima pravo da njega zaobiđe sa ovom informacijom.

"Nezvanično imam informacije ali očekujem da me UP obavjesti zvanično. Zabrinut sam što me ne obsvještavaju. Direktor UP čak neće da odgovori na moj poziv. Rijetke su zamlje u Evropi gdje se takva stvar može desiti a da ministar ne bude obaviješten. Obaviještavan sam i za mnogo manje prekršaje a za ovo nisam", rekao je Danilović.

Takođe je apelovao na lidere političkih partija da ne pozivaju građane da se okupljaju na ulicama Podgorice nakon zatvaranja birališta.

"Molim i tražim od političkih predstavnika da budu na visini zadatka i da sačuvamo građane", rekao je Danilović, istakavši da je to njegova molba na osnovu nezvaničnih informacija.




La Regione Giulia nella sua lotta per la autodecisione...

0) Nuove segnalazioni e link
1) Il Miur e il concorso scolastico sulle vicende istriane (Marco Barone )
2) Tre interventi di Claudia Cernigoi: Leo Valiani e l'occupazione italiana / Bruno Lubiana e Giuseppe Mungherli "martiri delle foibe" / A proposito di razzismo fascista


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NUOVI INSERIMENTI sul sito Diecifebbraio.info:

L’ONORE DELLA DECIMA MAS (di Claudia Cernigoi – 4 ottobre 2016):

Dicono gli storiografi e gli apologeti della Decima Mas che questo Corpo non fu mai collaborazionista né fascista, ma che i suoi militi furono sempre e solo italiani ed indipendenti dal nazismo, e che il loro comandante, il principe nero Junio Valerio Borghese (il futuro aspirante golpista) fu sempre malvisto dai nazisti perché operava per amor di Patria e non si adeguava ai loro ordini. Però le cose erano un po’ diverse... e lo spiegheremo in questo articolo.

NELLA SEZIONE DOCUMENTI –  http://www.diecifebbraio.info/documenti/ :

Dal volume plurilingue "La regione Giulia nella sua lotta per la autodecisione e per la congiunzione alla repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia"
"Memoriale del Comitato Provinciale di Liberazione per il Litorale Sloveno e Trieste" 
presentato alla Commissione interalleata per la delimitazione del territorio nella Regione Giulia nel 1946
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2016/09/memoriale.pdf
Sommario delle cartine, foto, grafici e documenti vari presenti nelle tre sezioni: 
"Le basi etniche ed economiche della Regione Giulia"
"La lotta del popolo della Regione Giulia per la libertà e per il diritto di autodecisione"

Bibliografia sulla Regione Giulia e Trieste tratta da  "Zgodovinski časopis” (Lubiana 1948-49) 

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PETIZIONE: Abroghiamo la legge 92/2004 sulle foibe

promossa dal Comitato di Lotta Antifascista Antimperialista per la memoria storica Parma


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Il Miur e il concorso scolastico sulle vicende istriane 


Marco Barone 
Lunedì, 26 Settembre 2016

Il MIUR ha comunicato a tutte le scuole la possibilità di partecipare ad un concorso nazionale, in vista del giorno del ricordo.
Come è noto la storia del '900 è studiata poco, per nulla alla primaria, e comunque le vicende del confine orientale, che sono complesse ma anche un vero unicum, non vengono trattate. Partendo dal fatto che vi è un vuoto, proporre un bando come quello che ora brevemente commenterò per le scuole, che situazione si rischia di fomentare?
Si sta dicendo in tutti i modi, in tutte le lingue che il nazionalismo è sempre stato un male, e che continua ad esserlo oggi, perchè tradisce lo spirito fondamentale della fratellanza dei popoli che avrebbe dovuto caratterizzare la nostra vecchia Europa.
Il titolo già è fuorviante: Nasce la Repubblica italiana senza un confine. Si parla del referendum per la Repubblica dove si evidenzia che “Se il referendum istituzionale del 2 giugno è considerato l’atto di nascita della Repubblica italiana, una parte della popolazione non vi poté partecipare non per scelta ma per condizione in quanto il territorio della Venezia Giulia, pur formalmente ancora italiano, era diviso e sotto il controllo, rispettivamente, delle forze armate anglo-americane e jugoslave.”
Sulla base di quale criterio storico, giuridico, sostanziale si può sostenere " formalmente ancora italiano"?  E poi, cosa intendono per Venezia Giulia? Quella che si è determinata dopo la prima guerra mondiale o quella attuale? Giocano sull'ambiguità. Forse si sono dimenticati che questa parte d'Italia era stata praticamente annessa al Litorale Adriatico (Adriatisches Küstenland), che verrà liberata nel maggio del '45, amministrata prima da comitati esecutivi italosloveni, poi angloamericani. Dimenticano l'esistenza della linea Morgan.
Non era formalmente italiano questo territorio almeno da quando l'Italia crollò dopo l'armistizio del 1943 che diede il via libera all'occupazione nazista. E quel sentimento di italianità e di ingiustizia, in un tema che dovrebbe essere oggettivo, continua. “In verità un plebiscito ci fu ma simbolico e morale: prima con le manifestazioni in occasione della visita della Commissione alleata (marzo 1946) – quelle filo italiane nei territori controllati dagli jugoslavi furono ufficialmente impedite – e poi con la decisione di diversi partiti di accogliere tra i candidati all’Assemblea costituente rappresentanti delle province del confine orientale” La Venezia Giulia viene fatta passare come solo vittima del fascismo
“Erano momenti sicuramente di alto coinvolgimento e di passione civile, considerando che le popolazioni della Venezia Giulia non avevano votato alle elezioni politiche del 1919 mentre quelle del 1924 erano state condizionate dalla legge Acerbo che aveva consegnato l’Italia al fascismo.”
Quando si omette che qui il fascismo è nato ben prima della Marcia su Roma, anticipato da quella su Fiume, dall'assalto al Narodni Dom di Trieste o di Pola nel 1920. Ma deve prevalere il sentimento di vittimismo.
Così come il modo in cui ci si riferisce alla vicenda degli esuli: “La Patria italiana era ciò che gli esuli giuliani, fiumani e dalmati andavano cercando, serbando in loro un rammento romantico e sentimentale di una Patria che non forse non era mai stata come l’avevano immaginata da quell’angolo remoto e verso la quale si sentivano legati da un debito di amara gratitudine, coscienti però che sul loro destino erano ricadute le colpe maggiori del fascismo e della guerra perduta, ma che non rimaneva altra strada da percorrere se non quella di rinunciare alla propria identità.”
Ma chi ha scritto questo testo? E' innegabile che gli esuli hanno vissuto momenti drammatici, così come il fatto che poi in gran parte hanno avuto significativi aiuti da parte dello Stato italiano. Poi se si vuole fare di tutta l'erba un fascio generalizzando l'intera vicenda storica articolata degli esuli e si vuole sostenere la ratio che vennero tutti perseguitati perchè italiani, e non che in gran parte decisero di andare via perchè non volevano diventare cittadini Jugoslavi e vivere in un sistema comunista e per eventuali sentimenti di ostilità diffusa, che dire?
Che se nella scuola italiana esiste un vuoto sulla storia del '900 questo concorso ancorato al giorno del ricordo è veramente pessimo ed il testo da riscrivere almeno nei suoi passaggi fuorvianti. La prossima volta cosa scriveranno? Riprendiamoci l'Istria? O ritorneremo?


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LEO VALIANI E L’UMANITÀ DELL’OCCUPAZIONE ITALIANA IN JUGOSLAVIA

Uno dei “padri della patria”, l’azionista (ex comunista) Leo Valiani, così si espresse, già nel 1946, riferendosi agli incontri intercorsi tra CLNAI ed Esercito Jugoslavo nel 1944: 
«Il problema delle nostre relazioni con gli slavi della Venezia Giulia è ancora un punto interrogativo. Le truppe italiane in Jugoslavia si erano comportate molto umanamente, nei primi tempi dell’occupazione fascista, così come di cortesia e umanità avevano dato prova, a detta di tutti, in Francia. Ma poi venne la guerra civile tra gli ustascia di Pavelic e i partigiani di Tito. Presi alla sprovvista dallo scatenamento delle passioni popolari, i comandanti italiani commisero l’errore di imitare i tedeschi, cercando di ristabilire col pugno di ferro l’ordine turbato. Ma non godevano del prestigio di cui i tedeschi disponevano ancora in quel periodo e si trovarono coinvolti in una feroce guerriglia, da cui avrebbero voluto, ma non sapevano più come uscire. (…) Tuttavia, l’8 settembre gli slavi lasciarono rimpatriare indisturbate buona parte delle unità italiane (…) alcuni reggimenti italiani andarono ad ingrossare le file dell’esercito di Tito» (in “Tutte le strade conducono a Roma”, La Nuova Italia 1946, p. 77).
Lasciando ai francesi di valutare la “cortesia ed umanità” di cui diedero prova le truppe italiane in Francia (che fu, come suol dire “pugnalata alle spalle” per la decisione fascista di invadere quel Paese), vediamo invece di parlare brevemente di ciò che significò l’occupazione italiana in Jugoslavia.
L’“umanità” e la “cortesia” delle truppe italiane nei territori occupati dopo il 6/3/41, le valutiamo dai documenti del comando superiore delle Forze Armate italiane che recitano (nella famigerata Circolare 3C emanata dal generale Mario Roatta nel marzo del 1942): «il trattamento da fare ai partigiani non deve essere sintetizzato dalla formula “dente per dente” bensì da quella “testa per dente”»; e si aggiunga questo “consiglio” degli generali alle truppe: «si sappia bene che eccessi di reazione, compiuti in buona fede, non verranno mai perseguiti. Perseguiti invece, inesorabilmente, saranno coloro che dimostrassero timidezza ed ignavia».
Il bilancio delle vittime della sola “provincia di Lubiana” nei 29 mesi di occupazione parla di circa 13.000 morti, dei quali circa la metà internati nei campi di concentramento, soprattutto donne, vecchi e bambini. Del resto il generale Gastone Gambara (il comandante dell’XI Corpo d’Armata che controllava il territorio occupato) aveva scritto di propria mano un appunto a margine di una relazione inviata da un medico in visita al campo di Arbe, datata 15/12/42: «Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo» (si veda la foto allegata di alcuni bambini internati ad Arbe).
E se da subito (28/9/42) il generale Roatta aveva proposto al Comando supremo la deportazione della popolazione slovena: «si tratterebbe di trasferire al completo masse ragguardevoli di popolazione, di insediarle all’interno del regno e di sostituirle in posto con popolazione italiana», anche dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Italo Sauro (l’“esperto per le questioni etniche sotto il fascismo, poi comandante del II Reggimento MDT Istria) aveva ripreso un suo vecchio progetto, già proposto a Mussolini nel 1939, che prevedeva per «la lotta contro i partigiani (…) il trasferimento in Germania di tutta la popolazione allogena compresa tra i 15 e 45 anni con poche eccezioni». Tale proposta fu fatta al comandante delle SS Wilhelm Günther nel corso di un colloquio: ma fu respinta dall’esponente nazista.
Tutto ciò a proposito della mitologia degli “italiani brava gente”, che “mitigarono la ferocia nazista nelle zone d’occupazione”: ed aggiungiamo, anche se non c’entra con l’argomento specifico di questa nota, che furono i comandi nazisti ad intervenire contro le efferate violenze della Banda Koch a Milano, non le autorità fantocce di Salò.

I dati sono tratti da 
Giuseppe Piemontese, “Ventinove mesi di occupazione italiana nella Provincia di Lubiana”, Lubiana 1946;
la prima nota di Sauro si legge in http://www.rigocamerano.it/sfitalosauro.htm, mentre il secondo “appunto” si trova nel Bollettino n. 1/aprile 1976 dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste; http://www.storiaxxisecolo.it/deportazione/deportazionecampi1.htm


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A PROPOSITO DI "MARTIRI DELLE FOIBE"

Tra gli "infoibati" triestini troviamo anche queste due persone, Bruno Lubiana (nelle Brigate Nere, autista del federale del fascio repubblicano di Trieste Edgardo Sambo) e Giuseppe Mungherli (maresciallo dell'MDT ma anche brigatista nero e già nella Decima Mas). I due furono arrestati nel maggio 1945, il primo incarcerato a Lubiana e forse fucilato nel gennaio 1946, il secondo arrestato da partigiani di Longera ed incarcerato a Sesana, ma di lui si persero le tracce.
Mungherli e Lubiana, ai quali ogni 10 febbraio le autorità civili e militari porgono omaggio in quanto "martiri delle foibe", avevano fatto parte, nella primavera del 1944, di una sorta di squadrone della morte annesso alla Decima Mas e comandato dal capitano Beniamino Fumai: «copertosi d’infamia» nel periodo repubblicano specialmente nelle zone d’Ivrea e Novara, responsabile di rastrellamenti, uccisioni ed atti d’inaudita ferocia, fu condannato all’ergastolo, come leggiamo nel quotidiano la Voce Libera del 24/5/47. Nei fatti, «esisteva un gruppo che si chiamava Mai Morti ed era composto da 43 ragazzi triestini e pugliesi, in divisa grigioverde, che arrivarono a La Spezia dal Lago Maggiore. Erano comandati da un ragazzo barese, alto e atletico, fama di ballerino e bevitore: Beniamino Fumai, uno che da giovane aveva militato nelle squadre d’azione e poi, dopo l’8 settembre, si era messo a capo di una specie di corte dei miracoli, dando ai suoi il permesso di fare razzia quando andavano a catturare gli antifascisti o a perquisirne le case. Li aveva tenuti a battesimo Christian Wirth il tedesco che stava alla Risiera di San Sabba. Avevano girato per l’Italia settentrionale, con le divise della Decima Mas, e una loro base era a Verbania. Dopo tante, troppe violenze, quel gruppo venne sciolto dagli stessi nazisti il 10/5/44», scrive Piero Colaprico in calce al romanzo da lui scritto a quattro mani con Pietro Valpreda, "La primavera dei Maimorti" (Tropea 2002), riassumendo quanto ricostruito da Ricciotti Lazzero nel suo "La Decima Mas" (Rizzoli 1984).
Dopo lo scioglimento dei Mai Morti, Fumai andò a comandare il battaglione Sagittario della Decima Mas, mentre molti dei suoi accoliti entrarono nelle Brigate Nere: come Mungherli e Lubiana, appunto.
Ricordiamoci anche di questi personaggi quando parliamo di "innocenti infoibati sol perché italiani".

Claudia Cernigoi, 6.10.2016

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A PROPOSITO DI RAZZISMO FASCISTA...
Il Piccolo di oggi ha pubblicato una mia lettera, come da foto. però devo allegare il testo integrale, perché è "saltato" un pezzo a mio parere piuttosto importante, quello relativo alla continuità razzista del fascismo rappresentata dal personaggio Rodolfo Graziani.

Vorrei rispondere brevemente all’intervento di Livio Sirovich pubblicato sul Piccolo del 22/9/16 in merito alla cerimonia di ricordo delle leggi razziali a Trieste.
Il mio parere è che nelle sue valutazioni Sirovich sia caduto nell’equivoco di dare una lettura etnicista e non politica delle vicende storiche. Perché, se da un lato concordo sul fatto che è un circolo vizioso (ma non solo triestino) l’uso invalso negli ultimi tempi per cui se si parla della Risiera si devono ricordare anche le foibe (ormai i viaggi della memoria per le scuole includono il pacchetto “Foiba di Basovizza e Risiera”, come se i due monumenti fossero speculari), non sono d’accordo invece che condannare assieme, nella condanna totale del nazifascismo, le persecuzioni condotte contro gli ebrei e quello contro gli sloveni, gli antifascisti, gli omosessuali eccetera sia un “annacquare” la memoria facendo “il gioco degli estremisti di destra”.
Fin dal suo nascere il fascismo perseguitò le minoranze etniche nei territori annessi all’Italia dopo la prima guerra mondiale: sloveni e croati nella Venezia Giulia, tedeschi nell’Alto Adige; da subito gli avversari politici furono torturati, incarcerati, mandati al confino, assassinati; la politica colonialista causò migliaia di morti nelle guerre di conquista in Libia e nel Corno d’Africa; infine l’emanazione delle leggi razziali nel 1938 (e considerando che tra i firmatari di queste vi fosse anche l’ex governatore della Libia nonché vicerè d’Etiopia Rodolfo Graziani, che per “pacificare” i territori da lui controllati fece migliaia di morti usando anche l’iprite, dimostra la continuità del razzismo fascista), fatta per accontentare l’ingombrante alleato nazista (scaricando in questo modo anche tutti quegli ebrei che erano stati attivi sostenitori del regime, come ad esempio il podestà triestino Antonio Salem, che si trovò da un giorno all’altro tra i “discriminati”, anche se, come ex gerarca, gli fu cambiato il nome e non fece una fine tragica) fu in sostanza l’epilogo di una ventennale politica razzista condotta dal fascismo contro tutti i “non italiani”.
E probabilmente non fu a caso che l’annuncio fu dato a Trieste, la città che Saba definì “la più fascista d’Italia” e che rappresentava il simbolo di come si era condotta una vincente politica di snazionalizzazione nei confronti delle comunità etniche presenti sul territorio.
Proprio per la simbologia di Trieste in questo senso ritengo corretta la memoria così come proposta dal Comitato Danilo Dolci (che ha il pregio di raggruppare una serie di persone e di entità politiche e culturali di tutto rispetto, con buona pace della sbrigativa definizione di Sirovich “comunisti, trotskisti e cattolico terzo-mondisti”) ai cui volontari va comunque riconosciuto che se non fosse stato per il loro capillare lavoro informativo effettuato tramite presìdi, volantinaggi, comunicati e culminato nell’importante convegno sulle leggi razziali svoltosi nel 2013, oggi non ci sarebbe neppure quella piccola e quasi invisibile targa che molti calpestano senza neppure leggerla, posta nella pavimentazione di piazza Unità.
Targa che richiederebbe una dignità maggiore, una spiegazione più ampia, una posizione più visibile: questa la cosa da chiedere al Comune di Trieste, invece di creare polemiche strumentali contro chi continua a ribadire la necessità dell’antifascismo, dato che il fascismo non fu un’idea ma un crimine.





(srpskohrvatski / français / english / italiano)

Il Montenegro in bilico

1) Jul 2016.: одржана на Жабљаку седница Радне групе за Југоисточну Европу Светске федерације ветерана
2) Gojko Raicevic: « Le Monténégro devient une pièce maîtresse de l’alliance de l’OTAN »
3) Oštra rasprava o granici Kosova i Crne Gore / Nazionalisti pan-albanesi mettono in discussione il confine Kosovo-Montenegro
4) FLASHBACK dicembre 2015: Montenegro, NATO, Balcani. Quale futuro? (di Enrico Vigna)


Vedi anche:

Il punto di Giulietto Chiesa: 
Elezioni parlamentari in Montenegro. Si annuncia la fine di Djukanovic (PandoraTV 07/10/2016)
[Sul ruolo di Miodrag Lekić, ex ambasciatore jugoslavo in Italia, nelle prossime elezioni politiche in Montenegro]

Il caso del giornalista Jovo Martinović:
Fair Trial Sought for Montenegrin Investigative Reporter (BIRN, 8 September 2016)
Media organizations have demanded the release of the investigative journalist Jovo Martinovic following claims that the prosecution pressured another suspect in the drug-related case to accuse him falsely
Human Rights Watch: il giornalista Martinović incarcerato senza provati motivi (OBC, 21 settembre 2016)
Il giornalista montenegrino Jovo Martinović è in carcere da 11 mesi. Human Rights Watch denuncia che l'accusa non ha mai presentato le prove a suo carico e ne chiede la scarcerazione
Libérez le journaliste Jovo Martinović (Human Rights Watch | European Center for Press and Media Freedom | vendredi 23 septembre 2016)
Un journaliste d’investigation monténégrin, accusé sans preuves de trafic de drogue, est en détention provisoire depuis onze mois. Human Right Watch demande sa libération
Caso Martinović: Đukanović non ha voce in capitolo (OBC, 23 settembre 2016)
Il premier montenegrino afferma di non poter intervenire per garantire il rispetto dei diritti del giornalista Martinović, in carcere da 11 mesi in attesa di processo

Aggiornamenti precedenti sulla avanzata della NATO in Montenegro, da JUGOINFO:
Protesti protiv NATO-a u Crnoj Gori (francais / english / srpskohrvatski, 16.10.2015.)
La NATO è già all'opera in Montenegro (srpskohrvatski / english / francais / italiano, 28.10.2015.)
Alla NATO non interessa l'opinione dei Montenegrini (deutsch / english / italiano, 3.12.2015.)
Montenegro: NATO ubice nikad dobrodošle (italiano / srpskohrvatski, 14.12.2015.)
Il Montenegro, ventinovesima stella della NATO (di Antonio Mazzeo, lunedì 21 dicembre 2015)
Il Montenegro tra psicopatia e ricatti (français / srpskohrvatski / italiano, 22.6.2016.)
Montenegro: boom dell'export di armi... all'opposizione siriana (english / français / italiano, 11.8.2016.)

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[sull'incontro delle Ass. Partigiani jugoslave a Zabljak, Montenegro]


Међународна сарадња

СВЕ ДРЖАВЕ У СВЕТУ ПОМАЖУ И СТАТУСОМ ВЕТЕРАНЕ

У организацији Савеза удружења бораца НОР-а и антифашиста Црне Горе одржана је на Жабљаку редовна годишња седница Радне групе за Југоисточну Европу Светске федерације ветерана.

 Учествовале су делегације из Албаније, Хрватске, Србије, Црне Горе, Словеније и Босне и Херцеговине, као и председник Светске федерације ветерана Дан Виго Бергтун из Норвешке.

У саставу ове радне групе су борачке и ветеранске организације Бугарске, Републике Српске, Македоније, Турске  и Косова, који су такође, по изјави домаћина, уредно позвани и нису се одазвали.

Домаћин скупа и председавајући радне групе проф.др Љубомир Секулић из Подгорице покренуо је врло актуелне и значајне теме за  борачку популацију у региону и Југоисточној Европи. Посебно је нагласио да је скуп подржала Влада Црне Горе и да је уприличен у време обележавања Дана државности и 75.годишњица устанака – 13.јула кад је 1941.године народ рекао одлучно НЕ окупатору и фашизму чиме се и данас поносе.

Две су кључне теме, иначе, доминирале на скупу: Улога и задаци ветерана у сузбијању тероризма и договор о будућим облицима и садржајима деловања и сарадње у оквиру Светске федерације ветерана. Уводно излагање о првој теми је поднео некадашњи министар одбране у Влади Црне Горе Боро Вучинић који је указао на изазове и претње са којима се целокупна међународна заједница суочава и предочио неке од могућих начина и облика супростављања борачке и ветеранске популације злу које прети да угрози основе људске и цивилзацијске вредности овога света.

Председник Светске федерације ветерана Бергтун потврдио је изузетан значај и огромне могућности организације која је основана под окриљем Уједињених нација 1950. године (међу чијим оснивачима се налазио и СУБНОР) и сада опкупља 45 милиона чланова у 123 државе на свим континентима. Борба против тероризма је кључни задатак за очување мира и безбедности, наглашавајући да нико не може говорити о миру као они што су се борили у рату. Посебно је указао на потребу озбиљнијег и посвећенијег бављења борцима са аспекта постратног синдрома и укључивању у нормалне токове савременог живота.

Учествујући у расправи, наш представник и шеф делегације СУБНОР Србије генерал Видосав Ковачевић је такође указао да је тероризам велико зло које је захватило савремено човечанство и да упркос свему нема адекватног решења, не бавимо се узроцима него последицама, каснимо у реакцијама и велика борба на том плану тек предстоји. Тероризам се не може победити бомбама, ракетама, авионима или дроновима, тероризму се треба супроставити образовањем и подизањем нивоа свести, борбом против беде и сиромаштва, смањивањем економског јаза између развијених и неразвијених: ” Ми, ветерани који делујемо под окриљем Уједињених нација, морамо се залагати за активнију улогу те институције у свету, а не да се поново блоковски групишемо и разврставамо”.

У делегацији СУБНОР-а Србије су били и Светомир Атанацковић и Зоран Јаковљевић.

Са нарочитом пажњом су попраћена излагања (нарочито председника Светске федерације) о могућим будућим моделима, садражајима и облицима сарадње, поделама земаља у различите радне групе према географским и другим критеријумима, у циљу успешнијег рада и права бораца и ветерана. Посебно је указано на значај обезбеђивања финансијских средстава, при чему је обавеза  држава и влада да стварају услове за функционисање тог важног покрета у свету, одређујући посебан друштвани статус.

За новог председавајућег Радне групе за Југоисточну Европу Светске федерације ветерана изабрана је делегат из Словеније, Силва Чрнугељ.

Учесници међународног скупа су присуствовали прослави 75.годишњице Дана устанка и Дана државности Црне Горе, у Парку партизана Југославије на Жабљаку. У име Светске федерадције ветерана венац на спомен обележје палим борцима НОР-а положили су председник Бергтун, шеф делегације Србије генерал Ковачевић и Бакир Накаш, шеф делегације Босне и Херцеговине.


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« Le Monténégro devient une pièce maîtresse de l’alliance de l’OTAN »


17 Juin 2016, ELODIE DESCAMPS

Gojko Raicevic, président du mouvement pour la Paix au Monténégro est régulièrement la cible des autorités de son pays en raison de ses activités journalistiques et de ses prises de position en faveur de la paix. Son pays, le Monténégro, a en effet signé le protocole d’accès à l’OTAN ce 19 mai. Une alliance périlleuse mais qui pourrait s’avérer fructueuse selon le secrétaire général de l’OTAN!

 

Le Monténégro va prochainement devenir le 29° membre de l’OTAN. Quelles pourraient être les principales conséquences de cette adhésion ?

 

La première conséquence sera la perte de notre liberté. Même en mettant de côté les bombardements dramatiques par les forces de l’OTAN de la République Fédérale de Yougoslavie dont le Monténégro faisait partie intégrante en 1999, comment l’OTAN peut accueillir le Monténégro dans son alliance, connaissant les failles démocratiques du pays et l’imprécision de ses frontières officielles. Le Monténégro ne remplit aucun de ses critères d’adhésion.

Nous avons traversé une guerre avec l’OTAN et 17 années plus tard, notre gouvernement voudrait faire partie de cette machine meurtrière. J’appellerai cela “Le syndrome du Monténégro”. J’ai peur de ce scénario où l’OTAN aurait acquis des vertus pacifiques dont elle était cruellement dépourvue au cours de sa guerre contre les héroïques forces serbes et cela grâce au soutien de politiciens monténégrins corrompus.

Aujourd’hui, des enfants serbes, albanais et monténégrins meurent à cause des fortes concentrations en poussières d’uranium des bombes de l’OTAN. Chaque jour, nous assistons au massacre d’enfants syriens, afghans, palestiniens, irakiens, ukrainiens et russes et ces guerres sont déclenchées et entretenues par l’OTAN. Des personnes normalement civilisées ne devraient pas souhaiter faire partie d’une organisation criminelle comme l’OTAN.

 

Si cette alliance n’apporte rien au Monténégro, pourquoi certains dirigeants politiques veulent-ils l’imposer ?

 

Le Monténégro est gouverné depuis un quart de siècle par le même régime, les mêmes partis et le même homme. Crimes, corruption, police partisane, népotisme, violences contre les opposants et fraudes électorales y sont monnaie courante.

Le premier ministre Milo Djukanovic a transformé son image de communiste en nationaliste belliciste. En fonction dès le début des années 90, il a participé activement aux faits de guerre en Croatie, Bosnie et Herzégovine. A la fin de la guerre des Balkans, il opte pour un autre job à temps partiel en devenant le patron d’une organisation criminelle spécialisée dans la contrebande de cigarettes.

De nombreux procès en Italie, Suisse et Allemagne l’ont contraint à faire le choix entre devenir l’intermédiaire de sales boulots pour des potentats occidentaux ou de perdre la liberté d’action et l’opulence acquises par ses activités criminelles. La décision fut vite prise et le premier ministre a choisi le partenariat avec l’ouest corrompu afin de servir ses intérêts plutôt que ceux de son pays et de son peuple. Aujourd’hui nous l’appelons “Milo Lopove” ou “Milo le voleur” et il est devenu fan de l’OTAN par crainte de perdre sa liberté et les énormes revenus liés à ses activités criminelles.

 

Pourtant Mr. Stoltenberg, secrétaire général de l’OTAN, qualifie ce partenariat de « l’alliance la plus réussie de l’histoire ». Quels sont les intérêts de cette adhésion pour l’OTAN ?

 

Le Monténégro est le dernier morceau du pourtour de la méditerranée, mis à part la Syrie ensanglantée, qui ne soit pas occupé par les USA et l’OTAN. L’OTAN a besoin d’une victoire sur la Russie après deux défaites sérieuses en Ukraine et en Syrie. Par contre, nous avons de solides liens fraternels avec la Russie qui nous a protégé au fil des siècles et qui en tout cas ne nous a jamais bombardé. Nous sommes victimes du jeu des grandes puissances.

Nous estimons que le Monténégro ne devrait pas faire partie de l’alliance militaire de l’OTAN et que la position politique et militaire d’un petit pays comme le Monténégro devrait être celle de la neutralité. Un Monténégro neutre serait un partenaire et un ami pour tous sans constituer une menace pour personne. Mais à partir du moment où le Monténégro devient une pièce maîtresse de l’alliance, nous devons craindre que le Monténégro devienne la cible de l’institution militaire russe et que nos soldats ne fassent partie des troupes encerclant les frontières russes. N’est ce pas de la folie pure ?

 

Quelles pourraient être les réactions de la Russie ?

 

Je ne m’attends pas à ce que les réactions de la Russie soient disproportionnées mais la Russie sera déçue.

 

Auriez-vous d’autres messages à faire passer à nos lecteurs ?

 

Oui, je veux saisir cette occasion pour lancer un appel, comme je le fais à chaque fois, à tous les amoureux de la paix et de la liberté pour qu’ils exercent des pressions sur leurs élus afin de bloquer, dans les parlements nationaux comme en Belgique et les autres pays membres de l’OTAN, la ratification de cet accord. Il ne faut plus être naïf.

L’encerclement de la Russie par les forces de l’OTAN n’est pas dû à un amour de ce pays ni au désir de s’en rapprocher mais à des motivations comparables à celles qu’entretenait en son temps un certain Hitler. Ceux qui connaissent la géopolitique et qui n’ont pas oublié les leçons de l’histoire apprises au temps de leur école primaire se souviendront que les néo-Nazis d’aujourd’hui obéissent aux mêmes objectifs que les néo-Nazis d’hier quand ils ont entrepris leur marche vers la Russie.

C’est le message que je veux livrer en espérant que la raison et l’honnêteté prévaudront.

 

Source: Investig’Action



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Sul tema delle rivendicazioni pan-albanesi ai danni del Montenegro si vedano anche:

Kosovo-Montenegro, un confine che scotta (Francesco Martino, 26/09/2016)
La demarcazione del confine col Montenegro è diventata in Kosovo uno dei principali motivi dello scontro feroce tra maggioranza e opposizione. Un'analisi
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Kosovo-Montenegro-un-confine-che-scotta-174472/

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Oštra rasprava o granici Kosova i Crne Gore 

3 august 2016  Izmijenjeno 16:34 CEST

Opozicija tvrdi da je Kosovo izgubilo više od 8.000 hektara tokom procesa demarkacije sa Crnom Gorom.


Poslanici Skupštine Kosova, stručnjaci i predstavnici civilnog društva raspravljaju o spornom procesu demarkacije granice sa Crnom Gorom.

Opozicija tvrdi da je Kosovo izgubilo više od 8.000 hektara svoje teritorije tokom procesa demarkacije, dok vladajuća koalicija odbacuje te navode.

Današnjoj raspravi prisustvuju i ambasadori nekoliko zemalja Evropske unije. Prisutnima se obratio i predsjednik Kosova Hashim Thaci, koji je izjavio da, nakon današnje rasprave, Vlada treba da proslijedi Skupštini na usvajanje Zakon o demarkaciji sa Crnom Gorom kako bi se, kaže, ovo pitanje riješilo jednom zauvijek.

Tokom Thacijevog govora, u znak protesta sastanak su napustili poslanici opozicionog pokreta Samoopredjeljenje.

"Hashim Thaci je glavni krivac i odgovoran je za potpisivanje sporazuma kojim Kosovo gubi teritoriju. Prema krivičnom zakonu Kosova, njegovo mjesto je u zatvoru.

Skupštini gdje pokušava da vrši pritisak na poslanike da podrže ovaj štetni sporazum. Mi još jednom ponavljamo da sporazum neće proći", kazala je Donika Kadaj Bujupi iz Samoopredjeljenja.    

Sporni sporazum

"Sporazum o demarkaciji potpisali su prošle godine zvaničnici Vlade Kosova i Crne Gore, ali on nije ratifikovan u Skupštini Kosova", javlja Al Jazeerin Avni Ahmetaj.

On dodaje da se opozicija već godinu dana protivi sporazumu, jer kako navode, Kosovo njime gubi 8.000 hektara.

Kako bi potvrdili te navode, bivša predsjednica Kosova Atifete Jahjaga pozvala je grupu međunarodnih stručnjaka, koji su zaključili da nije bilo nepravilnosti u procesu demarkacije", javlja Ahmetaj.

Predstavnici opozicije nisu promijenili svoj stav i najavljuju da će koristiti sva sredstva kako bi se protivili ratifikaciji sporazuma.

"Cilj današnje rasprave je da se postigne kompromis po ovom pitanju. Ratifikacija sporazuma je glavni uslov koji je Evropska unija postavila Kosovu za liberalizaciju viznog režima", javlja naš novinar. "Vladajuća koalicija se nada da će nakon današnje rasprave moći da zakaže sjednicu skupštine, ali pojedini poslanici vladajuće koalicije su se izjasnili protiv sporazuma za čiju ratifikaciju je potrebna dvotrećinska većina svih poslanika Skupštine Kosova."

Izvor: Al Jazeera


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Montenegro, NATO, Balcani. Quale futuro?


Scritto da Enrico Vigna

Forum Belgrado Italia


Il 2015 ha visto per l’area balcanica un ulteriore colpo alla stabilità ed alla pacificazione dell’area. Gli scontri di piazza verificatisi negli ultimi mesi dell’anno, dopo che è partita una campagna propagandistica governativa che intende guidare l’opinione pubblica verso l’entrata nella NATO. Alcune forze come il Fronte Democratico e il movimento per la pace “NO alla guerra-NO alla NATO”, hanno deciso di scendere in piazza con proteste che la polizia, su ordine del governo, ha cercato di reprimere violentemente.

Ma penso sia errato pensare che la protesta riguardi in primis la questione NATO (pur centrale). A chi segue da vicino le vicende montenegrine, non sfugge che, giustamente, queste forze stanno cercando di portare in piazza la gente con una lettura complessiva della situazione del paese. Uno stato che sta sprofondando, secondo le stime del FMI e degli economisti internazionali, verso lo stadio della povertà assoluta per fette sempre più consistenti della popolazione, ormai celebre a livello internazionale per una corruzione dilagante, una criminalità che ha messo salde radici nel paese (le varie mafie, italiana, russa, albanese hanno finanziariamente il paese nelle loro mani, come denunciato anche dai centri di investigazione italiani ed europei). Non bisogna dimenticare che lo stesso primo ministro del Montenegro, Djukanovic, è indagato dalla Procura italiana per connivenza con la Sacra Corona Unita pugliese.   Il governo che cosa fa di fronte a questo scenario? Lancia una privatizzazione selvaggia, pratica un programma di riduzione o addirittura abolizione delle ultime norme di stato sociale, elimina i benefici rivolti agli investimenti sull’occupazione dei giovani, blocca le pensioni e i salari, inasprisce le leggi che limitano libertà sociali e politiche…ma investe milioni di euro per campagne mediatiche di pubblicizzazione e sostegno all’ingresso nella NATO come obiettivo fondamentale per la crescita del paese. Incontri della NATO organizzate nel più lussuoso hotel della capitale, ricevimenti nei ristoranti più costosi, meeting in cui il numero degli altoparlanti spesso superava il numero di cittadini presenti, continui spot televisivi a pagamento sulle TV, decine di cartelloni pubblicitari in ogni città del Montenegro. Ma tutto questo non per caso, come spiegano bene i leaders delle proteste: infatti il governo è cosciente che nel paese, la maggioranza della popolazione, o rifiuta la NATO come prospettiva, oppure la considera come una alleanza ad essa non benevola. Una alleanza militare, che non solo ha bombardato il paese, ma ha utilizzato armamenti come quelli a base di l’uranio impoverito o le cluster bombs, devastando per sempre il territorio e l’ambiente. Il movimento di protesta, per far prendere coscienza di cos’è la NATO, ha prodotto documenti dove si cita l’opuscolo con le indicazioni obbligatorie, ai tempi dei bombardamenti sulla RFJ, per i soldati della NATO in Kosovo, dove era scritto testualmente: "L'inalazione di particelle insolubili di polvere di uranio è associata con conseguenze per la salute a lungo termine, tra cui il cancro e difetti di nascita. Questi effetti possono diventare visibili solo qualche anno più tardi". Il movimento ha portato avanti una richiesta ufficiale al Ministro della Sanità montenegrino, il dottor B. Šegrta, perché presenti pubblicamente le statistiche ufficiali dal tempo della campagna di bombardamenti NATO, dove si rileva l'aumento di malattie e di decessi per malattie maligne, nel corso degli ultimi due decenni, e per avviare la formazione di un gruppo di esperti indipendenti, nonché per fornire una stima di quanta incidenza hanno avuto su questo, i bombardamenti NATO e l'uso di munizioni all'uranio impoverito. E’ proprio muovendosi in questo quadro complessivo e sociale che, in particolare a Podgorica, sono scese in piazza migliaia di persone, con una forma di autorganizzazione, su parole d’ordine che affermano che l'inclusione del Montenegro nel processo di integrazione euro-atlantica non porta sviluppo, consolidamento o prosperità al paese. Va rilevato che in questo momento non vi è in Montenegro un partito o una forza politica consistente, con una politica o una proposta chiara e concreta, all’interno dello stesso Fronte Democratico che guida le proteste di piazza; al suo interno vi sono esponenti che appoggiano le proteste ma in realtà sono legati ad interessi interni al sistema e lontani dalle reali esigenze e bisogni della gente. Si tratterà di capire nell’evolversi della situazione, chi manterrà una posizione ferma e chi si adeguerà per salvarsi lo scranno. Uno scenario già visto in Montenegro ai tempi della secessione dalla RFJ e anche in Serbia.    

Questo per quanto riguarda la situazione interna al paese, ma è evidente che, come spiegato anche da analisti militari indipendenti, a Podgorica si svolge un “gioco globale", in cui è coinvolta anche la Serbia, per creare ulteriori difficoltà alla Russia, che nei Balcani ha un retroterra culturale e politico molto radicato nelle popolazioni, e su questo sta cercando di riprendere un ruolo di primo piano e ostacolare l’occidentalizzazione completa della regione. Se la NATO non riuscisse ad egemonizzare completamente l’area, molte prospettive ed alleanze strategiche dovrebbero essere ridefinite. 

Intanto dopo le manifestazioni di ottobre e i violenti scontri, a metà dicembre si sono svolte nuove proteste e manifestazioni con la parola d’ordine contro la guerra e contro la NATO, per un referendum popolare e per le dimissioni del governo.

"Se si impedirà il referendum e ci sarà un tentativo fraudolento in Parlamento circa la decisione di adesione alla NATO, il Montenegro sarà portato sull'orlo di uno conflitto interno molto pericoloso", ha dichiarato al comizio, Andrija Madic, il leader del Nuovo Partito Democratico Serbo, sicuramente il motore più deciso e consistente  di queste proteste.
La protesta è nuovamente tornata davanti al parlamento con la partecipazione di quasi 10.000 persone, secondo gli organizzatori.
Il 2 dicembre la NATO ha ufficialmente invitato il Montenegro a diventare un suo membro, provocando la reazione diplomatica della Russia, che ha bollato questo passo come una minaccia alla stabilizzazione e pacificazione dei Balcani.
Nel frattempo il Primo Ministro montenegrino Milo Djukanovic, preoccupato per gli esiti della consultazione popolare, ha risolutamente respinto gli appelli per organizzare un referendum sulla adesione al Trattato NATO.
"Ci hanno invitato solo per avere un po' di più soldati da mandare nelle loro guerre e poi contro la Russia. Noi in Montenegro non dobbiamo e non dovremo prendere parte a questa partita", ha dichiarato Bulatovic, ex presidente del Montenegro jugoslavo, ai manifestanti che sventolavano bandiere russe e serbe e cantavano "Putin è con i serbi!" e "Madre Russia!"
"Assassini della NATO", urlava la folla, mentre alcuni partecipanti portavano candele in memoria delle vittime dei bombardamenti della NATO in Montenegro.

"Ci hanno bombardato per più di 70 giorni, quindi come possiamo perdonarli per le vittime e la distruzione del nostro paese? In nessun modo e mai potremo dimenticare questo", ha detto Radomir, un elettricista di 46 anni in un intervento.

Il presidente del Centro NO Guerra-NO NATO, Gojko Raicevic ha dichiarato al sito Analytics che le possibilità di contrastare e piegare l’attuale governo sono fondate sulla speranza che il popolo del Montenegro non abbia perso la voglia di cercare la libertà sopra ogni altra cosa.

Il Fronte Democratico è una coalizione politica di opposizione in Montenegro. E' composto dal Nuovo Partito Democratico Serbo, dal Movimento per il cambiamento, dal Partito Democratico del Popolo, dal Partito dei Lavoratori e dal Partito Unito dei Pensionati e Disabili, oltre ad associazioni, organizzazioni studentesche, accademici, personalità indipendenti e anche una frazione del Partito Popolare Socialista. L'obiettivo di questa alleanza è di rovesciare il Partito Democratico dei Socialisti del Montenegro di Milo Đukanović, che è al potere dal 1991.
Miodrag Lekic ex ambasciatore a Roma della RFJ, ha guidato la lista dell'alleanza alle elezioni parlamentari dell’ottobre 2012 e alle elezioni presidenziali del 2013, supportato sia dal Fronte Democratico che dal Partito Popolare Socialista. Secondo la relazione della commissione elettorale fu sconfitto con un margine strettissimo da Filip Vujanović, sostenuto dalle forze governative. Ma molti osservatori internazionali indipendenti rilevarono che la vittoria di Vujanovic era frutto di una massiccia frode elettorale.

 

Una breve cronaca degli avvenimenti


Dalla fine di settembre alla fine di ottobre per 20 giorni le forze di opposizione all’attuale governo, insieme a sindacati, giovani e associazioni civili, hanno manifestato e occupato la piazza davanti al Parlamento a Podgorica, per chiedere le dimissioni del governo Djukanovic e contro le misure antipopolari sempre più dure riguardanti lo stato sociale, le privatizzazioni, la corruzione e la criminalità che hanno in mano il paese e la società montenegrina; a fianco di questo veniva richiesto un Referendum popolare per decidere la ventilata decisione di adesione alla NATO, diventata poi ufficiale il 2 dicembre. In tutto questo tempo decine di migliaia di montenegrini hanno occupato pacificamente notte e giorno la piazza del parlamento, ma a differenza di Piazza Maidan a Kiev, alle 5.45 del 16 ottobre 2015 un migliaio di membri delle unità speciale di polizia, portate da tutto il Montenegro, e di forze di polizia regolari in tenuta antisommossa, hanno brutalmente attaccato e sgomberato questa pacifica protesta. La polizia ha arrestato decine di manifestanti oltre ai parlamentari del FD Slaven Radunovic e Vladislav Bojovic. Nell’attacco ci sono stati anche decine di feriti tra cui uno molto grave. Anche il presidente del Partito Nazionale Democratico e membro del Presidium del FD Milan Knezevic è stato brutalmente e senza alcuna motivazione, picchiato e spruzzato sul viso con gas lacrimogeni e urticanti e trasportato con urgenza al Centro di Emergenza ospedaliero della capitale.

“Non vi è alcun motivo per la polizia di stare qui a controllare chi è qui per costruire, altri sono i luoghi dove si distrugge, si rapina, si ruba, distruggendo così il Montenegro e il suo onore…si allontani la polizia da qui e da queste persone, lottano per la libertà, per essa sono qui e vogliono la libertà di costruire il proprio futuro", ha dichiarato alla piazza il metropolita Amfilohije.                                                                                                                             

“Invece di favorire una equa ripartizione di tutti i beni, c’è chi ha collaborato con la criminalità europea; ora che sono diventati borghesi, si dicono a favore la democrazia. Tutto ciò che è stato costruito dal popolo, questi lo hanno ridotto ad una triste realtà. Quella che era una nazione, ora non c'è più. Ora abbiamo miliardari che insieme con altri miliardari europei e americani disgregano il paese. E dall’altra parte abbiamo sempre più poveri.” 'Non va bene ", diceva San Pietro. Non si costruisce su questo il futuro del Montenegro", ha detto l'arcivescovo. "La vera Europa è Dante, non questi che hanno bombardato il Montenegro non troppo tempo fa ".

Il Metropolita ha anche dichiarato che “quelli senza cervello [krivomozgići] hanno invocato l'occupante. Chi è che mi proclama nemico del popolo? Questo governo? Lo sanno che qui c’è stata per cinquant'anni una ideologia comunista, che ha anche avuto qualcosa di buono, quando ha predicato la fraternità e la condivisone paritaria delle risorse e l'uguaglianza tra le nazioni? Costoro ora sono uniti con il crimine europeo e ora sono per la democrazia e la borghesia", ha aggiunto.

Il leader del FD Andrija Mandic ha ringraziato Amfilohije per la sua presenza e ha detto che "avevano sperato tanto che lui fosse stato con loro lì in quella piazza, anche la notte". Al che Amfilohije ha chiesto un posto in una delle tende della protesta.



A cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado Italia, dicembre 2015