Informazione


Altre iniziative segnalate

1) San Giorgio di Nogaro (UD) 16/10: LA BATTAGLIA PARTIGIANA DI GORIZIA
2) Pistoia 17/10: TOSCANI NELLA RESISTENZA IN ALBANIA E MONTENEGRO 1943–1945 
3) ALTRE INIZIATIVE NO TRIDENT: 
– Napoli 15/10: ASSEMBLEA DEI COMITATI NO TRIDENT
– Roma 16/10: ASSEMBLEA CONTRO LA GUERRA E LE ESERCITAZIONI NATO
– Firenze 21/10: NO GUERRA NO VERTICE NATO
4) Milano 15/10--10/12: OTTO PROIEZIONI-DIBATTITO SU PALESTINA/ISRAELE


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San Giorgio di Nogaro (UD), Venerdì 16 ottobre 2015
alle ore 20:30 presso Villa Dora

presentazione del libro di Luciano Patat

LA BATTAGLIA PARTIGIANA DI GORIZIA
La resistenza dei militari e la “Brigata Proletaria” (8-30 settembre 1943)

Intervengono
l'Autore, Luciano Patat 
il segretario del Centro Gasparini, Dario Mattiussi

Con la 
Brigata Garibaldi Big Band
in CONCERTO

organizzano
Comune di San Giorgio di Nogaro
Centro Isontino di Ricerca e Documentazione Storica e Sociale "Leopoldo Gasparini"
ANPI Sezione di San Giorgio di Nogaro



=== 2 ===

Pistoia, sabato 17 ottobre 2015
ore 9--18, presso la Sala Maggiore del Palazzo Comunale

CUDIR e Comune di Pistoia organizzano:

SOLDATI PISTOIESI E TOSCANI NELLA RESISTENZA IN ALBANIA E MONTENEGRO 1943–1945 

Seconda giornata di studi
Intervengono:
Samuele Bertinelli - sindaco di Pistoia
Massimo Coltrinari - storico
Lia Tosi
Nevila Nika - Università di Tirana
Visar Zhiti - scrittore
Milovan Pisarri - storico
Eric Gobetti - storico
Armando Pitassio - storico
Slavko Burzanovic - storico
Riccardo Maffei - storico



=== 3 ===

NAPOLI Giovedì 15 Ottobre 2015
alle ore 17 presso L’ASILO– Ex Asilo Filangieri, Via Giuseppe Maffei 4

ASSEMBLEA DEI COMITATI NO TRIDENT

LA NATO SI ESERCITA A NUOVE GUERRE
MANIFESTIAMO LA NOSTRA OPPOSIZIONE ALLA ESCALATION MILITARE

Dal 3 ottobre fino al 6 novembre si svolgerà in Italia, Spagna e Portogallo la «Trident Juncture 2015», definita dallo U.S. Army Europe «la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino». 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 Nato più 5 alleati), testeranno le armi e le migliori strategie per sopraffare e annientare altri popoli nelle nuove guerre. 
Infatti, con la scusa del terrorismo dell’ISIS e della lotta ai trafficanti di esseri umani per fermare l’ondata di profughi, si stanno preparando a nuovi interventi militari ad Est e nel Sud del mondo. 
In questa esercitazione come nelle operazioni di guerra avrà un ruolo chiave l’Jfc Naples, comando Nato di Lago Patria.
Opponiamoci alle esercitazioni per dire no alla politica di aggressione della Nato che rischia di portarci ad un nuovo conflitto mondiale.
Opponiamoci al nostro governo che, mentre ci chiede continui sacrifici per “uscire dalla crisi economica”, spende circa 30 miliardi di dollari l’anno per attaccare altri paesi e acquistare nuove armi. 
 
Per costruire la Manifestazione Nazionale che si terrà a Napoli il 24 Ottobre 2015 e allargare la partecipazione alle iniziative invitiamo tutti a partecipare all’Assemblea 


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Roma 16 ottobre 2015
alle ore 17 in Via Giolitti 231

ASSEMBLEA CONTRO LA GUERRA E LE ESERCITAZIONI NATO

Organizza: Rete dei Comunisti

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Firenze, mercoledì 21 ottobre 2015
presso il CPA Firenze sud, Via di Villamagna

NO alla GUERRA, NO al vertice NATO di Firenze del 25/26 novembre
Verso la manifestazione nazionale del 24 ottobre a Napoli contro le esercitazioni NATO Trident Juncture

Assemblea dibattito con:
un compagno della Rete Napoli No War, 
Sergio Cararo della Rete dei Comunisti, 
Giovanni Bacciardi Collettivo Putilov - Firenze

Per info e prenotazioni pulman per Napoli info@..., 0556580479

Centro Popolare Autogestito Firenze sud



=== 4 ===

MILANO 15/10--10/12/2015
otto proiezioni-dibattito su Palestina/Israele al CAM Garibaldi (inizio ore 20,00)


Rassegna di 8 proiezioni da metà ottobre a metà dicembre al Cam Garibaldi, ingresso gratuito, a cura di

FuoriCircuito, 
la Comunità palestinese di Lombardia e il
Consiglio di Zona 1 del Comune di Milano

Ogni serata sarà introdotta da una personalità culturale significativa per l'argomento affrontato dal film.
Seguirà dibattito

h. 20,00
CAM Garibaldi - 
C.so Garibaldi 27 ang. Via Strehler - Milano

per la sinossi leggere qui





(italiano / srpskohrvatski)


IL CENTRO PER GLI STUDI STORICO–CULTURALI SUL SOCIALISMO

Intervista a Vladimir Kapuralin

Presidente del SRP (Partito Socialista Operaio di Croazia), per la trasmissione "Voce jugoslava", 13/10/2015
a cura di Ivan Pavicevac


Premetto che già nel 2012 presso l’Università di Pola “Jure Dobrila” alcuni giovani storici hanno fondato il Centro Studi Storico Culturali sul Socialismo, esempio unico di questo genere in Croazia. Il Centro riunisce e mette in rete studiosi di diverse aree delle discipline sociali che condividono l’interesse per la ricerca sul periodo socialista e post socialista, nonché sulla ideologia, la teoria e la prassi socialista.

Tenendo conto che il concetto di socialismo e tutto quanto collegato ad esso in Jugoslavia dopo la secessione negli anni Novanta è stato stigmatizzato e letteralmente espulso dalla discussione pubblica, l’iniziativa dei giovani storici che hanno realizzato tale progetto si merita ogni lode.

Il Centro, dalla sua fondazione fino ad oggi, ha organizzato, a parte le normali attività relative alla professione, alcuni Forum con conferenze e dibattiti pubblici. Tra l'altro bisogna citare due conferenze dal titolo “Socijalizam na klupi” [Il socialismo sul banco, nel senso del banco scolastico]. La prima si è svolta nel dicembre del 2013, mentre la seconda si è tenuta dall'1 al 3 ottobre scorsi. Quest’anno il tema è stato "Socialismo: costruzione e smantellamento", per cui si sono volute collegare l’esperienza socialista e post socialista  in Europa e in Jugoslavia. I dibattiti si sono svolti in 5 sessioni contemporaneamente [davvero vasto il programma!], per un totale di ben 136 interventi. Malgrado la Conferenza sia stata resa pubblica e libero sia stato l’ accesso, poca è stata la partecipazione di osservatori esterni agli ambienti scientifici. 

Malgrado gli oratori abbiano voluto lasciare l’impressione di una impostazione obiettiva in ambito professionale, la interpretazione a volte è stata affetta dagli stereotipi post socialisti. Così ad esempio, per il periodo socialista viene usato il termine “regime”, mentre per il capitalismo “democrazia”. Analogamente, il socialismo non viene distinto dal comunismo. I tempi per porre domande o commentare erano molto stretti, mentre si è mirato a confutare le osservazioni esterne alla discussione accademica a discrezione degli storici.

In linea generale possiamo dire che alla Conferenza hanno partecipato oratori che del socialismo hanno letto, fatto ricerche negli archivi e studiato, però a causa della loro relativamente giovane età, l’ hanno vissuto poco, mentre da noi è in vita ancora un grande numero di persone che lo hanno costruito, che hanno contribuito al socialismo, ottenendo risultati epocali. [L'oratore della Slovenia per esempio ha usato la frase "idemo dalje..." (andiamo avanti), termine usato dalle generazioni slovene negli anni 60: "In Serbia si torna sempre al Kosovo... a noi non interessa quello che è successo negli anni 90. Vogliamo andare avanti..."] Con il loro coinvolgimento, con le interazioni dei giovani studiosi, con una maggiore partecipazione studentesca, questi progetti sarebbero arricchiti... Perchè le statistiche sulla conoscenza della storia contemporanea, presso gli studenti delle Scuole superiori e gli universitari, sono disarmanti.  Secondo il più recente sondaggio, tre quarti di costoro non ritiene che lo Stato Indipendente Croato (1941 – 1945) fosse fascista; il 73 per cento non sa chi è il premier attuale tra quattro nomi proposti, l’ 81 %  non sa la quale coalizione è al Governo...


Nota: Tra parentesi quadre [] sono riportati i commenti estemporanei inseriti nel corso della trasmissione radiofonica.


--- originalni tekst:

CENTAR ZA KULTUROLOŠKA I POVJESNA ISTRAŽIVANJA SOCIJALIZMA

Uvodno smatram potrebnim spomenut, da je 2012. godine pri pulskom sveučilištu Juraj Dobrila, grupa mladih povjesničara osnovala Centar za kulturološka i povijesna istraživanja socijalizma, jedini takve vrste u Hrvatskoj. Centar okuplja i umrežava znanstvenike različitih područja društvenih znanosti koji dijele zanimanje za istraživanje razdoblja socijalizma i post socijalizma te  socijalističke ideologije, teorije i prakse. 

Uzevši u obzir da je sam pojam socijalizma i svega što je u vezi sa njime na jugoslavenskom prostoru nakon secesije 90-ih stigmatizirano i doslovce protjerano iz javnog diskursa, inicijativa mladih povjesničara koji su realizirali projekt vrijedna je svake pohvale. 

Centar je od svog osnivanja do danas osim redovitih djelatnosti u koje predviđa struka održao nekoliko tribina, predavanja i javnih nastupa. Između ostalog valja istaknuti dva znanstvena skupa radnog naziva „Socijalizam na klupi“. Prvi je održan decembra 2013. godine, a drugi od 1. do 3. Oktobra ove godine sa temom Socijalizam: izgradnja i razgradnja, čime se želilo povezati socijalistička i post socijalistička iskustva u Evropi i Jugoslaviji. Nastupi su održani u pet sekcija istovremeno, a ukupno je podneseno 136 izlaganja. Iako je skup bio javno objavljen i bio je slobodan pristup, primijećen je tek mali broj promatrača izvan znanstvenih krugova. 

Iako su izlagači nastojali ostavit utisak objektivnog nastupa u okvirima struke, sama interpretacija je ponekad koristila post socijalističke stereotipe. Tako na primjer za socijalističko razdoblje se pretežno koristio termin „režim“, a za kapitalističko „demokracija“. Također ne razdvaja se pojam socijalizma i komunizma.  Vremena za postavljanje pitanja, ili komentar bilo je malo, a primjedbe izvan akademske zajednice nastojalo se opovrgnut povijesnom diskrecijom.

Generalno gledano, na skupu su nastupili ljudi koji o socijalizmu čitali, istraživali arhive i učili, ali su ga  s obzirom na svoju dob relativno malo živjeli, a kod nas živi još znatan broj ljudi koji su socijalizam izgrađivali i u njemu postigli epohalne rezultate. Njihovo uključivanje  i interakcija sa mladom garniturom znanstvenika, uz veće prisustvo školske i studentske populacije, ovakve bi projekte obogatilo. Jer su podaci o poznavanju srednjoškolske generacije novije povijesti porazni. Prema najnovijoj anketi ¾ maturanta ne smatra da je NDH bila fašistička, 73% nezna ko je premjer, uz četiri ponuđena imena, 81% nezna koja je koalicija na vlasti.




Iniziative NO TRIDENT aggiornamenti

1) Pisa 13/10: ASSEMBLEA APERTA a tutte le realtà antimilitariste e pacifiste.
2) Roma 14/10: MANIFESTAZIONE E VOLANTINAGGIO DI PROTESTA
3) Milano 17/10: CONTRO L’ESERCITAZIONE NATO “TRIDENT JUNCTURE 2015”
4) Milano 23/10: LA GUERRA E' ALLE PORTE
*** NAPOLI 24 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE – vedi: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/Trident2015_Napoli241015.pdf ***
5) Roma 25/10: MANIFESTAZIONE a S.Maria a Trastevere
6) Roma 26/10: Convegno: PER UNA POLITICA EUROPEA DI PACE E NEUTRALITA’
7) Marsala 31/10: SICILIA: ARTE, NATURA, CULTURA NON LABORATORIO DI GUERRA! NO TRIDENT, NO WAR!

8) Trident Juncture 2015, la Nato prepara altre guerre (Tommaso Di Francesco e Manlio Dinucci)
9) Missione Nato in «East Cerasia» (Manlio Dinucci)


*** FERMIAMO LA GUERRA - NAPOLI 24 OTTOBRE: MANIFESTAZIONE NO TRIDENT 

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS ha aderito ed esorta ad aderire alla manifestazione indetta per il 24 ottobre 2015 a Napoli, contro la NATO e la sua colossale esercitazione "Trident Juncture", contro le spese militari e le spinte verso una nuova guerra mondiale.

VIDEOCLIP DELLA MANIFESTAZIONE: https://www.youtube.com/watch?v=_mD6VsPeBBQ

PAGINA FB DEL COMITATO NO TRIDENT: https://www.facebook.com/NO-Trident-128338824182432/timeline/  ***


Altre iniziative segnalate:

- 4 novembre: progettata manifestazione a Pisa con Alex Zanotelli;
- 25-26 novembre: progetto di manifestazione a Firenze in occasione dell'incontro interparlamentare europeo.


Vedi anche:

NASCONO I COMITATI NO TRIDENT (di Andrea Cuomo, 25 Settembre 2015)
I “Comitati No Trident” dal 2 Settembre, giorno della prima assemblea, hanno immesso su internet un appello pubblico che chiama alla mobilitazione nazionale il 24 Ottobre a Napoli, sede del JFC Naples, contro l'esercitazione NATO  “Trident Juncture”...

La notizia di Manlio Dinucci: TRIDENT JUNCTURE, LA NATO SI ESERCITA PER ALTRE GUERRE (PandoraTV, 3 ott 2015)
Al via in Italia, Spagna e Portogallo, la Trident Juncture 2015 (TJ15), una delle più grandi esercitazioni Nato mai svolte. Secondo la Nato Trident Juncture «dimostrerà il nuovo accresciuto livello di ambizione della Nato nel condurre la moderna guerra congiunta».
Vi partecipano oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze di 28 paesi alleati e di 7 partner, con 36 mila uomini. Partecipa anche l’industria militare invitata dalla Nato perché trovi “soluzioni tecnologiche per accelerare l’innovazione militare”...

“TRIDENT JUNCTURE 2015”: PREPARAZIONE DELLA GUERRA GLOBALE (di Salvatore Vicario, 3 ottobre 2015)
... Per l’USEUR (comando USA per l’Europa) si tratta della “più grande esercitazione di questo tipo dalla caduta del muro di Berlino”, come conferma anche il francese Jean-Paul Paloméros, capo del Comando Strategico Alleato per la Trasformazione (SACT), struttura che si fa carico delle manovre, che ha dichiarato a inizio anno che “Trident Juncture 2015” è la più grande esercitazione “dalla fine della Guerra Fredda e, probabilmente, della storia della NATO”...

La Notizia di Manlio Dinucci - LA GUERRA “SIMULATA” DELLA NATO (PandoraTV, 13 ott 2015)
"Nella Cerasia dell’Est, un paese ha invaso un paese vicino più piccolo e minaccia di invaderne un altro. La Nato lancia una missione internazionale per proteggere gli Stati minacciati". I nomi, spiega la Nato, sono «fittizi». Non ci vuole però molta immaginazione per capire che la «Cerasia dell’Est» è l’Europa dell’Est e «il paese invasore» è la Russia, accusata dalla Nato di aver invaso l’Ucraina e di minacciare altri Stati dell’Est. Questo è lo scenario che viene «simulato» dall’esercitazione Trident Juncture 2015. Quella in corso in Italia, Spagna e Portogallo è dunque una prova reale di guerra sul fronte orientale...


=== 1 ===

Pisa, Martedì 13 ottobre, ore 21
presso il circolo agorà, via Bovio 49 Pisa
ASSEMBLEA APERTA a tutte le realtà antimilitariste e pacifiste.
  • FERMARE I VENTI DI GUERRA FOMENTATI DA NATO – USA - UE
  • COSTRUIRE L’OPPOSIZIONE ALLE ESERCITAZIONI TRIDENT JUNCTURE 2015 
  • SOSTENERE LA MANIFESTAZIONE NAZIONALE NO WAR DEL 24 OTTOBRE A NAPOLI
  • SOSTENERE L’APPELLO NO GUERRA – NO NATO
Da sabato 3 ottobre è iniziata una tra le più grandi manovre militari della NATO, che si svolge in Italia, Spagna e Portogallo: la «Trident Juncture 2015». In Italia saranno coinvolte Pisa, Livorno, Poggio Renatico, Pratica di Mare, Napoli, le basi militari in Sicilia e Sardegna.

Interverranno:

Manlio Dinucci (saggista), Franco Dinelli (Pax Chirsti), Emanuela Grifoni (Ross@ Pisa), Federico Dettori (Rete dei Comunisti), Elisabetta Zuccaro (consigliera comunale M5S Pisa).

Durante l’assemblea sarà presentato il libro di Manlio Dinucci “L’Arte della Guerra” – Zambon Editore.

Da sabato 3 ottobre è iniziata una tra le più grandi manovre militari della NATO, che si svolge in Italia, Spagna e Portogallo: la «Trident Juncture 2015». In Italia saranno coinvolte Pisa, Livorno, Poggio Renatico, Pratica di Mare, Napoli, le basi militari in Sicilia e Sardegna.

Contemporaneamente:

L’Unione Europea sta preparando l’operazione “EuNavForMed”, un nuovo intervento militare in Libia, di cui l’Italia si candida a essere capofila.
Il popolo siriano continua a subire una tremenda aggressione da parte di USA, Israele, Unione Europea, Turchia e petromonarchie del Golfo, anche attraverso i crimini del cosiddetto Stato Islamico, Al Qaeda e contractors addestrati dalla CIA.
Il golpe USA/UE in Ucraina ha innescato un sanguinoso conflitto, nel quale sono impiegate truppe neo naziste inquadrate nell’esercito nazionale ucraino.
In tutti i paesi confinanti con la Russia la NATO ha rafforzato la presenza di truppe e armamenti.
Mai il mondo è stato così vicino al rischio di guerra generalizzata.



=== 2 ===

COMITATO ITALIANO NO GUERRA NO NATO

ROMA 14 OTTOBRE 2015 – DALLE 17,00 ALLE 20,00

PIAZZA SS. APOSTOLI

 

Manifestazione e volantinaggio di protesta contro la mostruosa esercitazione Trident Juncture  che la Nato ha programmato in Spagna, Portogallo, in Italia, e nel Mediterraneo, con epicentro in Sicilia, e comando aereo operativo a Porto Renatico (Ferrara), tra Ottobre e Novembre 2015, con la partecipazione di quasi 40.000 soldati e centinaia di aerei e navi da guerra: una prova di terza guerra mondiale e di aggressione contro i nostri vicini, a partire dall'Italia e dall’Europa usate come portaerei Usa-Nato.


=== 3 ===

MILANO 17 ottobre

CONTRO L’ESERCITAZIONE NATO “TRIDENT JUNCTURE 2015”

 

In vista della manifestazione nazionale del 24 Ottobre a Napoli, come contrasto alla “Trident Juncture 2015” – la più grande manovra militare Nato dalla caduta del Muro di Berlino – che si terrà dal 28 settembre al 6 novembre in Italia, Spagna e Portogallo, raccogliendo l' invito a promuovere incontri e iniziative in tutti i territori, abbiamo organizzato un'assemblea a Milano SABATO 17 OTTOBRE ALLE ORE 17 presso la Panetteria Occupata di Via Conte Rosso 20. 
L’assemblea vuole essere un momento di confronto al quale parteciperanno compagni di Napoli e di Genova e, in collegamento dalla Sardegna, anche  la “Rete no basi né qui né altrove”, che ha già organizzato un campeggio antimilitarista e varie mobilitazioni per lo smantellamento di tutti i poligoni e contro la militarizzazione del territorio sardo.

 

L’obiettivo è costruire un percorso con tutte le realtà interessate, a partire dalle contraddizioni quotidiane generate dalle risposte del capitale alla crisi strutturale che stiamo attraversando (casa, lavoro, territorio, assistenza, istruzione).
Un percorso che rafforzi l’opposizione alle misure imperialiste e alla tendenza alla guerra, finalizzate a legittimare l’utilizzo della spesa pubblica a sostegno dell’economia (imprese), a creare il clima adatto a una grossa militarizzazione interna e ideologica, e
a determinare, nella competizione interna al capitale e agli Stati imperialisti per l’egemonia sulle regioni periferiche, il dominio imperialista.

 

Invitiamo  tutti  a partecipare!

 

Sabato 17 ottobre alle ore 17:00 assemblea
a seguire apericena

Collettivo Odessa 2 maggio 

 



=== 4 ===

MILANO 23 ottobre 2015
ore 21,00: incontro presso la Camera del Lavoro di Milano, Corso di Porta Vittoria 43

LA GUERRA E' ALLE PORTE

relatori 
Manlio Dinucci del Comitato No Guerra No Nato
Marinella Correggia ecoattivista
Ugo Giannangeli avvocato

organizzato dal Comitato contro la Guerra di Milano


=== 5 ===

Roma 25 ottobre 2015 
ore 13,30

Manifestazione a S.Maria a Trastevere

organizzata dal Comitato No Guerra No Nato in occasione dell'arrivo della "biciclettata" Pisa-Roma contro le basi militari all'estero organizzata da Italia-Cuba e Circolo della Tuscia


=== 6 ===

Roma 26 ottobre 2015

DALLE ORE 10,30 ALLE 17,30 presso il CENTRO CONGRESSI CAVOUR, VIA CAVOUR 50/a 
(presso Stazione Termini – ATTENZIONE IL LUOGO E' CAMBIATO RISPETTO AL PRIMO ANNUNCIO) 

Convegno: PER UNA POLITICA EUROPEA DI PACE E NEUTRALITA’


=== 7 ===

SICILIA: ARTE, NATURA, CULTURA NON LABORATORIO DI GUERRA!

NO TRIDENT, NO WAR!

La Sicilia, isola più grande del Mediterraneo, ha davvero tanto da offrire a partire dal suo bagaglio storico ,artistico- culturale e sociale. Ben 7 siti siciliani rientrano nel Patrimonio UNESCO e con i suoi 5 parchi e le sue 72 riserve naturali protette avrebbe già tracciata la rotta del proprio destino. Invece la Sicilia è, come ebbe a dire un ex ministro "una portaerei naturale nel cuore del Mediterraneo". Dal 3 ottobre al 6 novembre lo scalo aereo di Birgi sarà centro nodale Trident Juncture 2015, la più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda come è stata definita dallo stesso Comando Generale dell’Alleanza Atlantica. Cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa. Le esercitazioni a fuoco vere e proprie si svolgeranno dal 21 ottobre al 6 novembre nello spazio aereo e terrestre di Italia, Spagna e Portogallo e nelle acque del Mediterraneo centrale.L’utilizzo della Sicilia per tali finalità la renderanno, in soldoni, laboratorio di sperimentazione bellica USA- Nato violandone la sua vera natura, rendendola luogo in cui si testano tecniche atte alla sopraffazione (e all’annientamento) dei popoli, al respingimento dei migranti ( vedi Frontex-Triton, con sede a Catania) e non più preziosa perla di natura e cultura. Dati ufficiali rendono noto che l’Italia, facendo parte della Nato, impegna risorse finanziarie pari all'1% del PIL, circa 20 miliardi di euro annui e secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata al 2% del PIL, cioè circa 40 miliardi di euro all'anno Un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese e alle tante e gravi emergenze sociali, per un’alleanza la cui strategia non è difensiva, come essa proclama, ma offensiva come ricordano le guerre in Iraq, Jugoslavia, in Afghanistan, in Libia e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Noi siciliani, nello specifico, già ben conosciamo gli effetti del processo di militarizzazione della nostra terra portato avanti negli anni da USA e NATO: il Muos di Niscemi (sistema di antenne ad elevatissima potenza elettromagnetica della Marina Militare Americana), la base di Sigonella, capitale mondiale dei micidiali droni (aerei senza pilota),gli impianti di radio telecomunicazione, le installazioni radar e le postazioni per le guerre elettroniche presenti a Lampedusa, il radar della135^ Squadriglia dell’Aeronautica militare di contrada Perino a Marsala hanno avuto effetti devastanti sulla salute della gente e sull’ambiente. Incremento del rischio di insorgenza di tumori,inquinamento acustico, fenomeni di estinzione animale e vegetale, malformazioni fetali. La mobilitazione No Muos ad esempio, che va avanti a Niscemi da anni, ci ha insegnato che solo la lotta e la partecipazione in prima persona possono fermare i signori della guerra. Davanti a tutto questo e guardando alla nostra regione come a un bene prezioso da salvaguardare non possiamo che opporci alle esercitazioni militari che si terranno nell’area di Birgi, alla presenza della Nato nei nostri territori e alle sue strategie di guerra votando e promuovendo tutti i necessari processi finalizzati alla pace, alla salvaguardia del territori, all'incolumità della gente.


MANIFESTAZIONE REGIONALE NO TRIDENT  31 OTTOBRE

CONCENTRAMENTO ORE 14.00 MARSALA


* Contro le esercitazioni Nato a Birgi

*Contro le devastazioni ambientali

* In difesa della salute * Per la smilitarizzazione della Sicilia


DICO NO ALLA NATO PERCHE’ QUI SONO NATO!


Coordinamento provincia di Trapani contro la guerra e la Nato

Coordinamento regionale dei comitati No Muos


Info-adesioni: comunica@...chiara_paladino@...




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Trident Juncture 2015, la Nato prepara altre guerre 

Tommaso Di Francesco     Manlio Dinucci 


Prende il via oggi in Italia, Spagna e Portogallo, dopo due anni di preparazione, la Trident Juncture 2015 (TJ15), una delle più grandi esercitazioni Nato. Vi partecipano oltre 230  unità terrestri, aeree e navali e forze per le operazioni speciali di 28 paesi alleati e 7 partner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra, anzitutto cacciabombardieri a duplice capacità convenzionale e nucleare. La prima fase (3-16 ottobre) testerà la capacità strategica e operativa dei comandi Nato; la seconda (21 ottobre-6 novembre) si svolgerà «dal vivo» con l’impiego delle unità militari. 

La TJ15, annuncia un comunicato ufficiale, «dimostrerà il nuovo accresciuto livello di ambizione della Nato nel condurre la moderna guerra congiunta». Dimostrerà in particolare «la capacità della Forza di risposta della Nato nel pianificare, preparare, dispiegare e sostenere forze nelle operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza».
 
Quale sia il raggio d’azione della «Grande Nato», che dal Nord Atlantico è arrivata sulle montagne afghane e mira oltre, lo dimostra il fatto che alla Trident Juncture 2015 partecipa l’Australia. Significativo è che vi prenda parte anche l’Ucraina, paese che la Nato sta ormai incorporando, dopo essersi estesa a sette paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia (demolita con la guerra nel 1999). Gli altri paesi non-Nato partecipanti alla TJ15 sono Austria, Svezia, Finlandia, Bosnia-Erzegovina e Macedonia. 

Nell’esercitazione, la Nato coinvolge alcune organizzazioni e agenzie internazionali (come la Croce Rossa e la Usaid). Si scopre così una «Nato umanitaria», impegnata nel «mantenimento della pace»: il segretario generale Stoltenberg, il 28 settembre a New York, ha assicurato che «la Nato è pronta ad appoggiare le Nazioni Unite per rendere le sue operazioni di peacekeeping più sicure ed efficaci».   

Partecipa alla prima fase della TJ15 anche l’Unione europea. Il coinvolgimento della Ue nella grande esercitazione di guerra della Nato riporta in primo piano la questione politica di fondo. L’art. 42 del Trattato sull’Unione europea stabilisce che «la politica dell’Unione rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico». Poiché sono membri della Alleanza 22 dei 28 paesi della Ue, è evidente il predominio della Nato. Inoltre, il protocollo n. 10 sulla cooperazione istituita dall’art. 42 sottolinea che la Nato «resta il fondamento della difesa collettiva» della Ue, e che «un ruolo più forte dell'Unione in materia di sicurezza e di difesa contribuirà alla vitalità di un'Alleanza atlantica rinnovata». Rinnovata sì, ma rigidamente ancorata alla vecchia gerarchia: il Comandante supremo alleato in Europa è sempre nominato dal presidente degli Stati uniti e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave. 

Tramite la Nato, al cui interno i governi dell’Est sono legati più a Washington che a Bruxelles, gli Usa influiscono non solo sulla politica estera e militare della Ue, ma complessivamente sui suoi indirizzi politici ed economici. Sono così riusciti a trasformare l’Europa in prima linea di una nuova guerra fredda, che si sta allargando alla regione Asia/Pacifico, continuando allo spesso tempo a usarla come ponte di lancio delle operazioni militari Usa/Nato in Medioriente e Africa. Con la  collaborazione delle oligarchie politiche ed economiche europee che, pur in concorrenza con quelle statunitensi e anche l’una con l’altra, convergono (pur a differenti livelli) quando si tratta di difendere l’«ordine economico mondiale» dominato dall’Occidente, oggi messo in discussione dai Brics e altri paesi emergenti.

In tale quadro l’Italia continua a distinguersi per la sua subalternità agli Stati uniti e quindi per la sua «fedeltà atlantica». Riguardo alla Trident Juncture 2015, comunica il governo, «
sin dal 2013 l'Italia aveva anticipato all'Alleanza una prima offerta di assetti, basi e poligoni»: il centro di Poggio Renatico (Ferrara), il primo divenuto operativo del nuovo Sistema di comando e controllo aereo Nato, che potrà lanciare operazioni di guerra aerea in un’area di oltre 10 milioni di km quadrati, dall’Europa orientale all’Asia e all’Africa; e, per il dispiegamento delle forze aeree, «le basi di Trapani, Decimomannu, Pratica di Mare, Pisa, Amendola e Sigonella». Partecipano alla TJ15 anche le navi impegnate nell’esercitazione «Mare Aperto» e unità dell’esercito inviate a Capo Teulada (Sardegna), in Spagna e Portogallo. 

Il governo nega il coinvolgimento del Joint Force Command di Napoli (con uno staff di 800 militari al quartier generale di Lago Patria), in quanto la TJ15 è guidata dal 
Joint Force Command di Brunssum (Olanda). Sconfessato dalla stessa Nato: il comando Nato di Napoli – diretto dall’ammiraglio Usa Ferguson  che è anche comandante delle Forze navali Usa in Europa, delle Forze navali Usa del Comando Africa e delle Forze Nato in Kosovo – svolge nel 2015 il ruolo di comando operativo della «Forza di risposta» (40mila effettivi) che viene testata nella Trident Juncture. Nel 2016 il comando passerà a Brunssum, alternandosi annualmente con Napoli. 

Dulcis in fundo, la Nato annuncia che ha «invitato quest’anno alla Trident Juncture, per la prima volta, un gran numero di industrie della difesa perché, partecipando all’esercitazione, trovino soluzioni tecnologiche per accelerare l’innovazione militare». La Trident Juncture 2015, il cui costo è segreto ma sicuramente ammonta a miliardi di dollari, prepara così altre enormi spese per l’acquisto di armamenti. Il tutto pagato con denaro pubblico, ossia direttamente e indirettamente dai cittadini. 

(il manifesto, 3 ottobre 2015)

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L’arte della guerra
 
Missione Nato in «East Cerasia» 

Manlio Dinucci
  

«Nella East Cerasia (Cerasia dell’Est), un paese ha invaso un paese vicino più piccolo e minaccia di invaderne un altro. Le implicazioni della crisi sono globali. La Nato lancia una missione internazionale di assistenza e appoggio per proteggere gli Stati minacciati»: questo è lo scenario che viene «simulato» dall’esercitazione Trident Juncture 2015 (TJ15). 

I nomi, spiega la Nato, sono «fittizi». Non ci vuole però molta immaginazione per capire che la «Cerasia dell’Est» è l’Europa dell’Est e «il paese invasore» è la Russia, accusata dalla Nato di aver invaso l’Ucraina e di minacciare altri Stati dell’Est. Quella in corso in Italia, Spagna e Portogallo è dunque una prova reale di guerra sul fronte orientale. 

Nella fase iniziale (3-16 ottobre), nel centro di Poggio Renatico (Ferrara), il primo operativo del nuovo Sistema di comando e controllo aereo Nato, 400 militari di 15 paesi «simulano gli eventi da affrontare». Quindi, dal 21 ottobre al 6 novembre, si svolge la Livex, l’esercitazione «dal vivo» con oltre 230 unità terrestri, aeree e navali e forze speciali di 28 paesi alleati e 7 partner (tra cui l’Ucraina), comprendenti 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra. 

Nella TJ15, le operazioni terrestri sono controllate dal Landcom, il Comando delle forze terrestri Nato con quartier generale a Izmir (Turchia), agli ordini del generale Usa Nicholson, che ha inviato sul campo oltre 250 membri del suo staff. Quelle marittime, dal Marcom, il Comando delle forze navali Nato con quartier generale a Northwood (Gran Bretagna), agli ordini dell’ammiraglio britannico Hudson. Quelle aeree, dallo Aircom, il Comando delle forze aeree Nato con quartier generale a Ramstein (Germania), agli ordini del generale Usa Gorenc che è anche comandante delle forze aeree Usa in Europa e di quelle per l’Africa.  

La TJ15 serve a testare la capacità della «Forza di risposta» (40mila uomini), in particolare della sua «Forza di punta ad altissima prontezza operativa» proiettabile in 48 ore fuori dall’area Nato sia verso Est che verso Sud, il cui comando operativo viene esercitato nel 2015 dal Joint Force Command di Lago Patria (Napoli), agli ordini dell’ammiraglio Usa Ferguson che è anche comandante delle Forze navali Usa in Europa e di quelle per l’Africa. 

L’Italia, comunica il governo, ha fornito per l’esercitazione «assetti, basi e poligoni». Particolarmente importanti le basi e i poligoni per le forze aeree, che la Nato così elenca: Pisa e Grosseto in Toscana, Pratica di Mare nel Lazio, Amendola in Puglia, Decimomannu e Teulada in Sardegna, Sigonella e Trapani in Sicilia, cui si aggiunge la portaerei Cavour come base galleggiante. 

Alla vigilia della Livex, il 19 ottobre, si svolgerà all’aeroporto di Trapani Birgi la cerimonia di apertura, con la partecipazione di alcuni dei massimi rappresentanti militari italiani e Nato, seguita da una conferenza stampa e dal sorvolo degli aerei da guerra (Eurofighter 2000, F-16, Amx e altri), italiani, polacchi, greci e canadesi, più un aereo.radar Awacs rischierato a Trapani dalla base Nato di Geilenkirchen (Germania).

 Niente cerimonie, invece, alla base di Decimomannu, usata anche da aerei sloveni, e al poligono di Teulada dove si eserciteranno anche forze terrestri. L’esercitazione Livex «dal vivo», con bombe e missili che esplodendo spargeranno nell’ambiente uranio impoverito, altri metalli pesanti e sostanze chimiche tossiche, seminerà altra morte provocando tumori e malformazioni genetiche. Pagando con denaro pubblico, ricavato dai tagli alle spese sociali, le spese vive della Livex. 
 
(il manifesto, 13 ottobre 2015)




(english / italiano)

Uno sguardo ai confini della Federazione Russa

1) Georgia on their minds: West tries to make a Serbia out of Russia (Neil Clark)
2) Paesi baltici: “democrazia” intermittente tra sfilate di SS e “minaccia russa” (Fabrizio Poggi)


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Georgia on their minds: West tries to make a Serbia out of Russia


Neil Clark is a journalist, writer, broadcaster and blogger. He has written for many newspapers and magazines in the UK and other countries including The Guardian, Morning Star, Daily and Sunday Express, Mail on Sunday, Daily Mail, Daily Telegraph, New Statesman, The Spectator, The Week, and The American Conservative. He is a regular pundit on RT and has also appeared on BBC TV and radio, Sky News, Press TV and the Voice of Russia. He is the co-founder of the Campaign For Public Ownership @PublicOwnership. His award winning blog can be found at www.neilclark66.blogspot.com. He tweets on politics and world affairs @NeilClark66

10 Oct, 2015

Putin calls the West’s bluff on fighting ISIS in Syria. Western elite figures are most unhappy. The Empire badly needs to strike a blow at Russia – and right on cue, the issue of ‘war crimes’ in Georgia miraculously comes to the fore!
This Thursday it was announced that the International Criminal Court was planning to investigate possible crimes committed during the conflict between Georgia and Russia in 2008.
Reuters reports: ‘the court said that Prosecutor Fatou Bensouda had concluded there was a “reasonable basis to believe” crimes had been committed during the short war over the Russian-backed breakaway Georgian province of South Ossetia.”
“A favorable decision by the judges would pit non-ICC member Russia versus the European-backed global war crimes court at a time of high East-West tensions over the conflicts in Ukraine and Syria,” says Radio Free Europe/Radio Liberty.
Now, it could be that the timing of this is a total coincidence. That it just so happened that over seven years after the events in question, the ICC decided to make a statement on Georgia, in the same week that the Western elites were fuming over Russia out-maneuvering them in Syria and leaving their ‘regime change’ plans for Damascus in tatters.
And it could also be a coincidence that NATO too has been talking about Georgia rather loudly this week.
“Georgia is a sovereign nation with internationally recognized borders. It has the right to determine its own future. And its own security arrangements. Yet today, Russia still violates Georgia’s borders. NATO calls on Russia to reverse its recognition of the South Ossetia and Abkhazia regions of Georgia as independent states. Georgia is one of NATO’s closest partners. We are committed to deepening our partnership,” declared NATO Secretary General Jens Stoltenberg.
Isn’t it interesting how the issue of Georgia, the independence of South Ossetia and Abkhazia and war crimes committed in the conflict, has become a ‘hot topic’ in this of all weeks? What was a dead issue has suddenly come alive. Now it’s not just Hoagy Carmichael, but quite a few other people that have Georgia on their minds.
It’s very hard to escape the conclusion that NATO and the West are desperate to use all possible instruments against Russia to ‘punish’ them for having the temerity to drop bombs in Syria – something only NATO powers and its allies believe they have the right to do. If so, it wouldn‘t be anything new.
Seeking to ‘punish’ countries by bringing up events of the past and threatening them with war crimes investigations is something the US and its closest allies have done plenty of times in the past.
With Serbia, politically-motivated war crimes indictments were used to bully the country into toeing the Washington line and taking a pro-Western ‘reform’ path which benefited Western capital.
Think back to the illegal NATO bombing of Yugoslavia in 1999. Washington’s chief hawk, Secretary of State Madeline Albright, thought the Yugoslav government would capitulate in a matter of days. “I don’t see this is a long term operation. I think this is something that is achievable within a relatively short space of time,” she boasted.
But the Yugoslav government did not capitulate and NATO’s campaign started to run into difficulties. The ‘humanitarian’ bombers of the West hit a number of civilian targets including Serbian television, a passenger train, and a convoy of Kosovan Albanians, which they shamefully tried to blame on Yugoslav forces. As the civilian casualties mounted, splits started to grow between NATO member states. The US was rattled. Something needed to be done to increase pressure on Belgrade and isolate the Yugoslavia leadership further.
Right on cue, on the 27th of May, Yugoslav President Slobodan Milosevic and four other leading political and military figures in the country (including the Chief of Staff of the Yugoslav Army) were indicted for war crimes by the ICTY.
The timing could not have been better for Washington. We know that the US and Britain were informed of the decision by ICTY Prosecutor Louise Arbour two days before it was publicly announced – with Arbour discussing it in a ten minute telephone call with US President Bill Clinton and British Prime Minister Tony Blair.
An ‘independent’ court? The ICTY was anything but.
Fast forward to May 2011. NATO was once again bombing a sovereign state – this time Libya. Again, things weren’t going quite according to plan as NATO hadn’t made the advances they thought they would have by this stage. The government of Muammar Gaddafi called for a truce and for peace negotiations with the anti-government Western-backed ‘rebels’ based in Benghazi. But a truce and a negotiated settlement was the last thing NATO wanted – they were hell-bent on regime change and turning one of the richest countries in Africa into a failed state.
One day later, it was announced that the ICC’s chief prosecutor was officially seeking an arrest warrant for Gaddafi (and his son Saif al-Islam and Intelligence chief Abdullah Senussi) for ‘crimes against humanity‘ – sabotaging any hopes for a peaceful resolution.
Now of course, the indictments of Milosevic and Gaddafi at times when wars against their countries were not going well for NATO could again have just been one big coincidence. But there was a link between the two cases, as Diana Johnstone noted in her 2011 Counterpunch article ‘The Imperialist Crime Cover Up.’
“In the spring of 1999, David Scheffer, who was then US Secretary of State Madeleine Albright’s Ambassador at large for War Crimes, visited Louise Arbour and provided her with NATO reports on which to base her indictments. Indeed, Scheffer had earlier helped set up the ICTY as instructed by Ms. Albright.”
In 2011, Scheffer was on the scene again, enthusing over the indictment of Gaddafi. “NATO will doubtless appreciate the ICC investigation and indictment of top Libyan leaders, including Kadhafi,” he told AFP.
Johnstone concludes“Thus the International Criminal Court turns out to be a continuation of the ICTY, that is, an instrument not of international justice but the judicial arm of Western intervention in weaker countries. The ICC could well stand for Imperialist Crimes Cover-up.”
Which brings us back to Georgia.
The ICC’s plan to investigate the Georgia-Russia conflict is noteworthy given other situations it is currently investigating. All nine of them involve Africa. The ICC has indicted 36 individuals to date – all of them were Africans. Mmm, I wonder if you can see any bias here? The crimes of the individuals the ICC has indicted cannot really be compared to those of Western leaders whose ‘interventions,’ whether directly or indirectly through terrorist proxies, have laid waste to vast swathes of the Middle East – CRIMES which the ICC ignores.
ICC = Imperialist Crime Cover Up? What a ludicrous thought!
However, any attempts to use the court to make a Serbia out of Russia are unlikely to succeed. Although Russia signed the Rome Statute which established the ICC, it has not formally ratified the statute. Slobodan Milosevic’s mistake was to recognize the jurisdiction of the ICTY when he signed the Dayton Peace Accords in 1995 – not believing that he would ever be indicted by the court.
Even leaving the issues of legal jurisdiction aside, the ICC is on very shaky ground indeed if it tries to put any blame on Russia for the events which occurred seven years ago.
The war began with Georgia’s cynical attack on the South Ossetian city of Tskhinvali and the Russian peacekeepers stationed there on the night of 7/8th August 2008, as world leaders were gathering in Beijing for the start of the Olympics.
It’s not ‘Russian propaganda’ to claim that Georgia was the aggressor and acted illegally, it’s the simple truth. “There is the question of whether the use of force by Georgia in South Ossetia, beginning with the shelling of Tskhinvali during the night of 7/8 August 2008, was justifiable under international law. It was not,” said the official 2009 EU report on the conflict.
The report also stated:
“There was no ongoing armed attack by Russia before the start of the Georgian operation. Georgian claims of a large-scale presence of Russian armed forces in South Ossetia prior to the Georgian offensive on 7/8 August could not be substantiated by the Mission.”
Russia successfully repelled the Georgian aggression – to the great annoyance of the West’s endless war lobby, who had desperately tried to paint Russia as the aggressor. Anti-imperialist writer Seumas Milne put the five day Georgia-Russia war into context. “The former Soviet republic [Georgia], was a particular favourite of Washington’s neoconservatives. Its forces, trained and armed by the US and Israel, made up the third largest contingent in the occupation of Iraq. It’s authoritarian US-educated president [Mikhail Saakashvili] had been lobbying hard for Georgia to join NATO, as part of the alliance’s eastward expansion up to Russia’s borders.”
The role of Georgia in neocon machinations against Russia could not be plainer. The plan failed miserably in 2008, but now, as Russia pounds western terrorist proxies in Syria, the Georgian conflict has been resuscitated.
This time, though, any use of international courts to bully and subdue a country that doesn’t toe the Washington line is doomed to failure. And if an investigation is opened into the Georgia conflict, but not those directly involving leading Western countries, the only result will be to discredit the ‘Imperialist Crimes Cover-up’ still further.

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Paesi baltici: “democrazia” intermittente tra sfilate di SS e “minaccia russa”

di Fabrizio Poggi, 29 Settembre 2015

Crescono gli allarmi per le manifestazioni più eclatanti e, in diverse occasioni, sfacciatamente provocatorie, di neofascismo, antisemitismo, neonazismo, revisionismo storico, in vari paesi dell'Europa orientale. La questione ha toccato picchi di aperta esternazione, anche simbolica, con l'apparizione dei battaglioni neonazisti in Ucraina, i cui capimanipolo sono stati a suo tempo addestrati da istruttori USA, quindi usati sul fronte del Donbass, dove hanno terrorizzato la popolazione civile, “istituzionalizzati” dal potere golpista di Kiev e, ovviamente, bellamente ignorati – quando non addirittura romanzescamente riverniciati di buonismo – dalla maggior parte dei media nostrani.
Ma, prima e oltre che in Ucraina, dove l'eroicizzazione di elementi e gruppi a suo tempo al servizio delle SS è frutto della “democratizzazione” degli ultimi anni, l'area di più radicata e stagionata memoria nazista è quella del Baltico. Negli ultimi tempi anche in Polonia e in Moldavia si assiste a un crescendo di distruzione di monumenti dedicati ai soldati sovietici caduti nella Seconda guerra mondiale e alla rimozione dei resti di militari dell'Armata Rossa dai cimiteri e loro trasferimento in località remote. Nel migliore dei casi, i monumenti vengono trasferiti in periferie lontane delle città; in altre occasioni, si recintano aree apposite in cui vengono raccolti busti, monumenti, targhe legati alle gesta dei soldati rossi o che in qualche modo ricordino il periodo sovietico – è stato così, a suo tempo, nella stessa Russia – e, più di recente, in alcuni di quei paesi, è scoppiata la moda dei “musei dell'occupazione sovietica”, a volte semplicemente “musei dell'occupazione”, equiparando il periodo sovietico all'invasione nazista. In Estonia, i veterani russi dell'Armata Rossa, anche i decorati come Eroi dell'Unione Sovietica, sono equiparati per legge agli scagnozzi locali al soldo delle SS naziste: alle parate vengono fatti sfilare insieme come “partecipanti alla Seconda guerra mondiale”! Si demoliscono i monumenti ai caduti sovietici, ma si investono solide cifre in quelli alle Divisioni SS baltiche, i cui reduci possono riunirsi ufficialmente, in uniforme nazista, a differenza dei veterani rossi, cui si vietano le assemblee e persino l'esibizione di decorazioni sovietiche. Il 16 marzo è già dal 1994 pressoché ricorrenza ufficiale in Lettonia, a ricordo dell'ingresso in battaglia delle Divisioni lettoni, contro l’Armata Rossa e nelle file delle SS. E se i membri del Comitato antifascista lettone organizzano controparate con la bandiera dell'Urss, a finire in galera sono proprio loro, per esibizione di “simboli antistatali” e non i nazisti della Legione volontaria SS.
Il sempre più traballante primo ministro ucraino Arsenij Jatsenjuk – costretto ora a inventarsi anche falsi attentati, per cercare di risollevare l'audience intorno alla sua persona – non escogita nulla di nuovo, quando parla di “Untermenschen” a proposito dei russi che vivono in Ucraina o quando, come nel gennaio scorso, nell'intervista alla TV tedesca ARD, aveva parlato di “aggressione dell'Urss alla Germania e all'Ucraina” nel 1941: nei paesi baltici, gli omaggi alle ex SS locali, i pianti contro la “occupazione sovietica”  o l'esclusione dalla categoria dei vivi di chiunque non sia “nativo etnico”, sono da tempo istituzionalizzati.
Per la verità, ogni tanto anche lì sono costretti a fare qualche passo indietro, quando il passato di qualcuno di quegli “eroi” rischia davvero di compromettere il paese agli occhi della comunità internazionale che, se volge la testa o addirittura amplifica gli urli sulla “invasione bolscevica delle piccole repubbliche” baltiche, è costretta a esternare commenti sdegnati a proposito dell'oltraggio ad alcuni “principi fondanti” della democrazia, come è il caso dell'olocausto. E' così che in Lituania lo scandalo è scoppiato quando si è scoperto che un “eroe nazionale” aveva partecipato, durante la guerra, non solo alle uccisioni di cittadini sovietici – e questo poteva passare: anzi, per questo aveva avuto una medaglia – ma anche alle stragi di ebrei. Dopo quindici anni che Pranas Končius, combattente antisovietico della cosiddetta Unione dei partigiani per la libertà della Lituania (attiva dal 1944 fino a metà anni '50) era stato insignito dell'ordine della Croce di Vytis, la presidente Dalja Gribauskajte si è vista costretta a cancellare il provvedimento, “in considerazione dell'appello del Centro per il genocidio e la resistenza”, che accusava Končius di aver partecipato ad almeno tre fucilazioni in massa di donne e bambini ebrei lituani. Sottufficiale dell'esercito lituano, con l'occupazione tedesca Končius entrò a far parte della polizia al servizio dei nazisti; nel '44, con il ritorno del potere sovietico, si dette alla macchia nelle file dei cosiddetti “fratelli dei boschi”. Accerchiate le bande più volte dai reparti del Ministero degli interni, Končius riuscì sempre a sottrarsi alla cattura, fino al 1965, allorché fu ucciso in un ultimo scontro a fuoco con la polizia sovietica.
Proprio a quei “fratelli dei boschi”, che agivano non solo in Lituania, ma in tutti i paesi baltici, è dedicato il monumento inaugurato lo scorso 11 settembre a Ile, in Lettonia, alla presenza di alte cariche militari ed esponenti della repubblica, tra cui lo speaker della Sejm, il parlamento lettone. Attivi dalla fine della guerra fino a buona parte degli anni '50, i “fratelli dei boschi” erano composti per lo più di ex legionari baltici delle Waffen SS e si resero responsabili dell'uccisione di alcune migliaia di civili sovietici. Di recente, una pubblicazione del Ministero degli esteri di Riga - in Lettonia, nel 1935, gli ebrei costituivano il 5% della popolazione - contiene una perla del tipo: “solo dopo l'indipendenza, nel 1991, si è cominciato a studiare la storia dell'olocausto in Lettonia, durante l'occupazione nazista e sovietica, dal 1940 al 1956” e si sono portati alla luce “aspetti prima distorti dalla propaganda e disinformazione nazista e sovietica”. Bontà sua, si ammette che “alcuni elementi locali” aiutarono i battaglioni di sterminio delle SS anche in Lettonia, per essere poi trasferiti in Russia e Bielorussia; nel massacro di 25mila ebrei del ghetto di Riga, la polizia lettone, secondo la pubblicazione, svolse “solo”(!) il lavoro di sorveglianza, nelle cosiddette “Schutzmannschaften”.
Nei tre paesi baltici, l'odio per le nazionalità diverse si è sempre manifestato sotto forma della loro estraniazione ufficiale dalla vita sociale e pubblica. Se in Estonia, sin dagli anni '20 si sottoposero a emarginazione, discriminazione e saccheggio quelle decine di migliaia (di quel milione di emigrati bianchi russi dopo la rivoluzione d'Ottobre) di “fratelli di classe” russi fuggiti alla “peste bolscevica”, solo per il fatto di non essere estoni puri, ecco che oggi addirittura il preambolo della Costituzione lettone sancisce ufficialmente il principio per cui chi non è lettone è “non cittadino”, e in tale categoria rientra quasi il 15% della popolazione. Vi si parla infatti esclusivamente di “terre lettoni storiche”, “nazione lettone”, “lingua e cultura lettoni”. Nessuna menzione del 27% di popolazione russa, 3,5% bielorussa, 2,2% ucraina e altrettanto polacca; semplicemente, non esistono: non votano, non hanno lingua propria, insomma, come anticipava 90 anni fa il bulgakoviano Poligraf Poligrafič “alla persona senza documenti è severamente vietato esistere”.
Ma tant'è, in nome della “indipendenza”! Recentemente, Oleg Nazarov, del Club Zinovev, scriveva che “il 10 ottobre 1939 fu firmato il trattato sovietico-lituano di mutua assistenza, secondo cui l'Urss passava alla Lituania la città di Vilna (l'attuale capitale Vilnius) e la regione di Vilna. Su tale conseguenza della cosiddetta "occupazione sovietica" (la cui negazione è punibile per legge) i politici lituani tacciono. Non ricordano che durante "l'occupazione" la popolazione della Lituania era in crescita e ora invece si riduce. Tale silenzio non è un caso. La Lituania, che era nell'Urss la vetrina delle conquiste del socialismo, nei 24 anni dalla sua indipendenza non ha ottenuto prosperità, ma si è trasformata in una colonia dell'UE”. Nel complesso, a partire dal 1920 e durante la guerra civile scatenata dagli eserciti bianchi e dalle potenze straniere contro la giovane Repubblica sovietica russa, la Lituania è passata attraverso l'occupazione polacca di vasti territori, mire bielorusse su altri, dittatura fascista e “lituanizzazione” di territori e popolazione e, infine, invasione nazista. Alla fine della guerra il paese riacquistò i territori persi e inoltre, scrive Nazarov – non certo imputabile di simpatie staliniane – si allargò grazie a Stalin con altre aree, in precedenza tedesche o bielorusse. Nel 1990, in occasione del 50° dei trattati sottoscritti dall'Urss con le repubbliche baltiche, “Meždunarodnaja Žizn”, pubblicava alcuni rapporti inviati nel 1939 a Mosca da fiduciari o plenipotenziari sovietici. In tali rapporti si evidenziava come quei vari patti (di mutua assistenza, commerciali o di non aggressione) facessero sorgere forte apprensione nelle classi dominanti di quei paesi: apprensione per la possibile “bolscevizzazione” che sarebbe seguita all'arrivo di reparti dell'Armata Rossa a difesa delle basi concesse all'Urss e che erano invece salutati con entusiasmo dalle forze rivoluzionarie, convinte della prossima fine dei regimi fascisti locali.
Dunque, ancora una volta, si rileva come il nucleo centrale di ogni contrapposizione – nazionale, culturale, religiosa, ecc. - abbia una radice di classe e come l'odierna canea attorno alla presunta “minaccia russa” o a qualunque tema che abbia a che fare con l'esperienza sovietica, risponda a precisi interessi di classe. Gli atti di contrizione per l'olocausto nazista tacciono di fronte alle odierne sfilate degli ultimi avanzi di quelli che Der Spiegel, nel 2009, definiva “Die Komplizen”, se si tratta di abbattere le frontiere di fronte ai capitali occidentali; le genuflessioni quotidiane dinanzi all'icona della democrazia liberale passano in secondo piano allorché sono in gioco gli interessi del polo imperialista europeo, che ha bisogno di allargare il proprio mercato interno e la propria riserva di forza lavoro. Così che, ben vengano gli eredi delle Waffen SS a irrobustire la UE e a cedere territori alle esigenze dell'Alleanza atlantica contro la “minaccia russa”: dopo tutto, si tratta di repubbliche democratiche, anche se la democrazia è limitata a una fetta sola della popolazione.




Nuovo sul nostro sito:

di Slobodanka Ćirić, traduttrice e poetessa

La kafana, anima di Belgrado 

   
 Contiene:
    ANEDDOTTI, STORIE E POESIE LEGATE ALLA VITA DELLA KAFANA
    La giovinezza è una follia / Iscriversi agli astemi / Scrittore senza mestiere / Si è giustificato / Un uomo strano / L’interpretazione maestosa di Rucović / Il resto / Scarsa memoria / Sremac a proposito di Zio Ilija / Per poco non perì Janko / Nušić e il passante / La donna è una cosa costosa / Un consiglio buono vale oro / Il consiglio di Dojcin / La bottiglia piena / Due disgrazie per il popolo serbo / Inutile salvataggio del beone / Il lasciapassare / L’acqua fa male / La vista debole / Non vado più in kafana / Sete / Il credito / L’ingresso vietato agli attori / L’inquilino / Piccolo capitale / La vedova allegra / Il museo “?”
    UBRIACHEZZA: Vladislav Petković Diš
    IL CANTO ALLA DONNA: Jovan Dučić 
    MILA: Đura Jakšić
    SKADARLIJA: Đura Jakšić
    NOSTALGIA DI SKADARLIJA: Gustav Krklec
    SKADARLIJA / TRE CAPPELLI: Gustav Krklec
    QUANDO PENSO: Jovan Jovanović Zmaj
    ICONA: Miroslav Antić
    UN LENTO MORIRE NELLA KAFANA: Rade Drainac
    AMORE: Miroslav Antić
    IL PECCATO: Duško Trifunović

      Dal testo è tratto uno spettacolo già rappresentato a Trieste e Milano
    



(english / srpskohrvatski / francais / italiano)

Zivadin Jovanovic sulla crisi dei migranti

RT Interview: ‘Migrant crisis: Result of EU blindly joining US strategy’ – ex Yugoslav FM / L’ex ministro degli esteri jugoslavo: la crisi dei migranti è il risultato della fedeltà cieca dell’UE alle strategie americane


Isto procitaj / Leggi anche:

REFUGEE CRISIS AND THE BALKANS (JUGOINFO 21/9/2015)
LINKS / Vulin: "Hrvatska humanost trajala samo dva dana" / Croatia refuses to accept refugees, partly closes borders with Serbia (18 Sep, 2015) / Hungary stops train with 1,000 asylum seekers, blocks and expels 40 Croatian police officers / Evropa zaboravlja da je Srbija sama primila 900.000 izbeglica tokom devedesetih!

RÉFUGIÉS : À BREGANA, LA SLOVÉNIE CLÔTURE SA FRONTIÈRE AVEC LA CROATIE (CdB / #OpenEurope, 21 septembre 2015)
Pendant ce temps, la Croatie achemine des milliers de réfugiés aux frontières avec la Hongrie et la Slovénie, et ferme le principal point de passage frontalier avec la Serbie...

BEOGRAD UVEO BLOKADU GRANICE 'Ovo je ekonomska agresija, od sada hrvatska teretna vozila ne smiju u Srbiju' (23/9/2015)
... Srbija još nije povukla svoj ultimatum: ili će Hrvatska u potpunosti otvoriti granice, ili će Srbija primijeniti tri paketa mjera koje je odobrila vlada Srbije na sjednici u utorak...

CROATIE-SERBIE : ESCALADE DANS LA GUERRE DES FRONTIÈRES (CdB / #OpenEurope, 24 septembre 2015)
Depuis mercredi soir, minuit, la Serbie a interdit l’importation de toute marchandise croate. En retour, Zagreb interdit l’entrée sur son territoire, au poste de frontière de Bajakovo, à tout ressortissant serbe et à tout véhicule immatriculé en Serbie. Des milliers de camions attendent toujours de passer...

SERBIA-CROAZIA: LA BREVE E INUTILE GUERRA COMMERCIALE (Dragan Janjić | Belgrado  28 settembre 2015)
... La Croazia ha quindi proibito l’ingresso sul proprio territorio degli autoveicoli con targa serba. All’inizio era persino in vigore il divieto di ingresso dei cittadini con passaporti serbi, ma questa misura è stata subito ritirata. Entrambe le parti in causa hanno rimosso poi il blocco a partire dal 25 settembre, su esplicita richiesta di Bruxelles... Milanović ... ad un certo punto ha persino usato il termine “barbari” per i serbi...
Srbija-Hrvatska: mali beskorisni trgovinski rat (Dragan Janjić | Beograd  28 septembar 2015)


=== ENGLISH:

http://www.beoforum.rs/en/books-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/435-migrant-crisis-result-of-eu-blindly-joining-us-strategy-ex-yugoslav-fm.html

http://www.rt.com/op-edge/316182-eu-migrants-influx-crisis/

‘Migrant crisis: Result of EU blindly joining US strategy’ – ex Yugoslav FM

Published time: 22 Sep, 2015

Europe is facing a backlash over its wrong policy in Yugoslavia, Afghanistan, and the Middle East, says Zivadin Jovanovic ,Yugoslav Foreign Minister from 1998-2000. The EU blindly joined the US strategy of global interventionism, he told RT.

RT: Just months ago, in the spring, the flow of migrants was relatively low, but now it's in the hundreds of thousands.  What has changed?
Zivadin Jovanovic: I think that there has been growing inflow in the refugee centers and camps in Turkey, Syria, Jordan, Lebanon, and other countries surrounding countries the conflicts in the Middle East. As a consequence we have a tremendous pace now of incoming refugees and immigrants here through the Balkans…For example, Serbia has received [within] the last couple of months over 160,000 immigrants and refugees. On [Sunday] night Serbia received a group of 5,000 new refugees. At the same time… borders to Hungary and Croatia have been almost closed. Now only passengers can pass border crossings, no trucks and no trade is flowing over the border crossings. Incidents occur close to the borders. And [yesterday] we heard the official representative of the EU commission say that all EU countries have a right to return refugees or immigrants to Serbia. Serbia is receiving a great many from the south - from Greece and Macedonia. And it [was] announced [yesterday] that Serbia is supposed to be receiving back those who are not accepted in EU countries. This makes the situation very difficult for Serbia and [leads to a] rise in tension in relations with neighboring countries.
RT: Germany has pointed the blaming finger at US foreign policy. But how much is Europe to blame? 
ZJ: I have just returned from an international conference in Zurich which was devoted to the problem of immigrants, and I heard the assessment of a German analyst, who said it is joint project of the US, Turkey and elements of extreme Islamists. I just cannot confirm this and accept totally, but I certainly think there is [some] truth in that. However, Europe is to be blamed and Europe, it seems to me, is receiving back the fruits of a wrong policy in the past – first of all of joining almost blindly the US strategy of global interventionism…beginning with Yugoslavia in 1999 and then Afghanistan, Iraq, Syria, Yemen, Libya, Mali and many other countries. Now Europe is faced with the fruits of its own wrong policy. I just hope that Europe will have to think twice in the future on how [it] would define its own interest and own policy.
RT: There is growing concern that there could be terrorists hiding among the refugees.  How genuine is that risk?
ZJ: [It’s estimated] that around one million immigrants will come from the Middle East and North Africa to Europe before the end of this year. Only Germany has consented to accept 800,000. When you have such figures, such an enormous inflow, you can only suppose by theory of great numbers that there would be all kinds of people. Having regard that they are coming from war-torn areas… one can really suppose that terrorists may come too.
[On Monday] the Serbian government announced that they are discussing a new anti-terrorist strategy. I don’t attribute this exclusively to the inflow of immigrants, but it is certainly coincides with a growing number of immigrants…If they don’t handle this problem properly instead of 1.5 million this year Europe may have two or three million this year.

LISTEN MORE: https://soundcloud.com/rttv/migrant-measures

=== ITALIANO:


L’ex ministro degli esteri jugoslavo: la crisi dei migranti è il risultato della fedeltà cieca dell’UE alle strategie americane

Forum Belgrado Italia, 22 settembre 2015

L'Europa sta affrontando le conseguenze della sua politica sbagliata in Jugoslavia, Afghanistan e in Medio Oriente. Lo dice Zivadin Jovanovic, ministro degli Esteri jugoslavo tra il 1998 e il 2000, ora presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali. “L'UE si è aggregata ciecamente alla strategia statunitense di interventismo globale e ora ne soffre le conseguenze” sostiene Jovanovic.


Solo pochi mesi fa, in primavera, il flusso di migranti era relativamente basso, ma ora è nell'ordine delle centinaia di migliaia di persone. Che cosa è cambiato?

ZJ:
Penso che ci sia stato un crescente afflusso nei centri di accoglienza e nei campi in Turchia, Siria, Giordania, Libano e altri paesi circostanti adiacenti alle zone di conflitto in Medio Oriente. Di conseguenza, abbiamo una quantità tremenda di rifugiati in arrivo e di immigrati che attraversano i Balcani. Per esempio, la Serbia ha ricevuto negli ultimi due mesi oltre 170.000 immigrati e rifugiati. Ieri sera (20 Settembre 2015) la Serbia ha ricevuto un gruppo di 5.000 nuovi rifugiati. Allo stesso tempo, i valichi di frontiera tra Serbia, Ungheria e Croazia sono stati quasi chiusi. In Croazia sette valichi di frontiera sono stati chiusi ad autocarri e commercio per diversi giorni. Solo i passeggeri possono passare questi varchi. Gravi incidenti si sono verificati nella zona di confine con l'Ungheria, dove le autorità ungheresi hanno eretto un recinto di filo per impedire agli immigrati di continuare a viaggiare verso l'Austria, la Germania e paesi scandinavi. Oggi (21 settembre, 2015) il portavoce ufficiale della Commissione europea ha annunciato che i paesi dell'UE hanno il diritto di rimandare i rifugiati o gli immigrati in Serbia. La Serbia ne sta ricevendo un gran numero da sud, dalla Grecia e Macedonia, e ora sembra che possa essere obbligata a ricevere indietro dal nord coloro che non sono accettati nei paesi dell'UE. Ciò rende la situazione molto difficile per la Serbia e può portare a tensioni nelle relazioni con i paesi vicini.

La Germania ha puntato il dito sulla politica estera statunitense. Ma quali sono le colpe dell’Europa?

ZJ:
Ho sentito la valutazione di un analista tedesco, che ha detto che la marea di immigrati è un progetto congiunto degli Stati Uniti, della Turchia e degli islamisti estremisti. Non posso confermarlo, ma credo che ci sia qualcosa di vero. Tuttavia, l'Europa è da biasimare. A me sembra che l'Europa stia raccogliendo i frutti della propria politica sbagliata. In primo luogo, l'Europa ha seguito quasi ciecamente gli interessi degli Stati Uniti e la loro strategia di interventismo globale, a cominciare dall’aggressione della NATO contro la Jugoslavia nel 1999, poi in Afghanistan, Iraq, Siria, Libia, Yemen, Mali e molti altri paesi. In secondo luogo, dopo la decolonizzazione, invece di aiutare gli africani, gli asiatici e gli altri paesi a promuovere il proprio sviluppo economico e sociale, l’Europa ha continuato a sfruttarli ancora più duramente, in particolare le loro risorse energetiche e minerarie. Ora l'Europa si trova ad affrontare le conseguenze della propria politica sbagliata. Spero solo che l'Europa in futuro penserà due volte su come condurre i propri interesse a lungo termine e la propria politica.

Vi è una crescente preoccupazione che ci possano essere dei terroristi che si nascondono tra i rifugiati. Quanto è reale questo rischio?

ZJ:
Si stima che più di un milione di immigrati arriveranno in Europa dal Medio Oriente e Nord Africa entro la fine di quest'anno. La sola Germania ha acconsentito di accettarne 800.000. Se non gestirà questo problema correttamente, come sembra succederà, invece dei 1,5 milioni di quest'anno, l'Europa potrà averne due o tre milioni l'anno prossimo. Quando si ha a che fare con cifre così elevate si può tranquillamente supporre, per la legge dei grandi numeri, che tra loro potrà esservi qualunque tipo di persona. Visto che i migranti sono provenienti da una zona di guerra, c’è il rischio che arrivino anche dei terroristi.
Il governo serbo ha appena annunciato di star preparando una nuova strategia antiterrorismo. Anche se questo documento governativo non può essere visto semplicemente come una causa dei flussi migratori, è significativo che sia stato presentato contemporaneamente all’incremento del numero degli immigrati.
 
Finora l'Europa ha risposto con recinzioni, controlli alle frontiere, polizia e truppe militari. Questi provvedimenti dureranno a lungo?

ZJ:
Ovviamente no. Ciò riflette una unilateralità a breve termine, una disperata mancanza di capacità strategiche dei politici europei. Cercano di risolvere il problema intervenendo sulle conseguenze, non capendo o evitando di affrontare le cause reali. La cosa peggiore di tutte è l'uso di militari contro i rifugiati e gli immigrati, le loro barche.

Si teme che l'afflusso di rifugiati cambierà inevitabilmente il volto dell'Europa. Sono queste preoccupazioni giustificate?

ZJ:
Sì, ci sono dei timori, alcuni reali, alcuni ingranditi da politici che, per i propri interessi, sfruttano la situazione degli immigrati per favorire l'estremismo di destra e fascista. La nuova situazione degli immigrati, l’incompetenza o la mancanza di volontà dei politici di affrontarlo, ha notevolmente contribuito a promuovere l’estremismo di destra che ormai da anni è una realtà in Europa. In ogni caso, il flusso di immigranti ha messo in luce molte carenze e problemi profondi all'interno dell'UE. Alcuni pilastri della struttura dell'UE come la solidarietà, gli accordi di Dublino, Lisbona e di Schengen sono apparsi deboli e svalutati di fronte ad un'improvvisa eruzione di egoismi nazionali dei singoli paesi membri.

Quindi, che cosa secondo lei dovrebbe essere fatto?

ZJ:
È molto difficile prevedere ulteriori sviluppi e ancor più offrire soluzione. Ma, personalmente, credo che il quadro includa questi elementi:

In primo luogo, è necessario porre fine alla guerra e spargimento di sangue in Siria, attraverso negoziati sotto l'ombrello delle Nazioni Unite. Dopo tutto, la maggior parte dei rifugiati e degli immigrati provengono dalla devastante guerra in Siria, e in secondo luogo in Iraq, in Afghanistan e nel resto del destabilizzato Oriente e dell'Africa;

In secondo luogo, è necessario che UE, ONU, G-20, governi e agenzie internazionali si impegnino per valutare con urgenza le esigenze immediate e a medio termine dei profughi sul posto - in Siria, Turchia, Iraq, Giordania, Libano – per fornire risorse e logistica per soddisfare tali esigenze, mentre si lavora per soluzione pacifica del conflitto;

In terzo luogo, rafforzare l'autorità dei principi fondamentali delle relazioni internazionali, come la sovranità, l'integrità territoriale e la non ingerenza negli affari interni di altri paesi;

In quarto luogo, fermare la militarizzazione e la politica aggressiva, l'interventismo militare globale sotto qualsiasi copertura, che si tratti del "diritto di proteggere" (RTP), del "ruolo-guida" (missione), della democratizzazione, della lotta contro il terrorismo internazionale e simili;

In quinto luogo, riconoscere la realtà del mondo multipolare, accettare la responsabilità condivisa per la pace, la stabilità e lo sviluppo basata sulla Carta delle Nazioni Unite e del sistema delle Nazioni Unite.
 

(Parte di questa intervista è stata pubblicata su RT Tv,il 21 settembre 2015)

Traduzione di Andrea B. per Forum Belgrado Italia/ civg.it



(english / francais / srpskohrvatski / deutsch / italiano)


Putin's UN speech: against ‘policies of exceptionalism and impunity’


--- FLASHBACKS 2008–2015:

What Putin said to LE MONDE - in full (RT, 1 giu 2008)
On his official visit to Paris, Prime Minister Vladimir Putin spoke exclusively and at length to France's Le Monde newspaper. RT now presents the full version of that interview...
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=g7EhpjXUw1E

Putin: U.S. opened Pandora’s Box (B92/Tanjug News Agency – August 29, 2008)
Russian PM Vladimir Putin says that in recent years Washington has been propagating the rule of force, not international law.
"When we tried to stop the Kosovo solution no one listened to us," Putin said. “... What are we to say to the small communities in the Caucasus? How come Kosovo can get independence and we can’t? You’ll put us in an awkward position,” Putin told CNN...

Putin: Crimea similar to Kosovo, West is rewriting its own rule book (FULL SPEECH – 18/mar/2014)
Crimea's secession from Ukraine was just like Kosovo's secession from Serbia, and any arguments otherwise are just attempts to bend the West-advocated rules that were applied to the Kosovo case... 
Vladimir Putin, Discorso all’Assemblea Federale, 18 Marzo 2014 / Putin: Crimea similar to Kosovo, West is rewriting its own rule book / 10 Putinovih najmoćnijih izjava iz istorijskog govora o Krimu
Top 10 powerful quotes from Putin’s historic Crimea address (March 19, 2014)

Discorso di Vladimir Putin ai rappresentanti del corpo diplomatico / Putin spricht: USA wollen die Welt in eine Weltkaserne verwandeln (1 Juli 2014.)
Ansprache des russischen Präsidenten Wladimir Putin vor der Versammlung der Diplomaten und Botschafter des russischen Außenministeriums in Moskau. Ausschnitte. 
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=WVQsoIcevLI

Intervista a POLITIKA. Putin: il ‘vaccino’ al virus nazista perde efficacia in Europa (16 ottobre 2014)
Il colpo di Stato in Ucraina è un esempio preoccupante delle crescenti tendenze neo-naziste in Europa orientale, ha detto a un giornale serbo il presidente russo Vladimir Putin, sottolineando che “manifestazioni aperte” di neo-nazismo sono comuni anche nei Paesi baltici. “Purtroppo, in alcuni Paesi europei il ‘vaccino’ al virus nazista creato dal Tribunale di Norimberga perde efficacia. Ciò è chiaramente dimostrato dalle aperte manifestazioni di neo-nazismo già comuni in Lettonia e altri Paesi baltici”, ha detto Putin al giornale Politika prima della visita in Serbia. “La situazione in Ucraina, dove nazionalisti e altri gruppi radicali hanno provocato un colpo di Stato anticostituzionale a febbraio, causa particolare preoccupazione in tale senso”. Di seguito è riportato il testo integrale dell’intervista...
http://aurorasito.wordpress.com/2014/10/17/putin-il-vaccino-al-virus-nazista-perde-efficacia-in-europa/
ORIG.: Putin: "Obamin pristup Rusiji je neprijateljski" (Мирослав Лазански, 16.10.2014.)
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8125
IN ENGLISH: Putin: Nazi virus ‘vaccine’ losing effect in Europe (October 15, 2014)

Vladimir Putin: così le Nazioni dell'Europa stanno perdendo la loro sovranità (24 ottobre 2014) 
Discorso alla sessione plenaria del Forum internazionale del «Club Valdai» (la fondazione no-profit che da anni si occupa del ruolo geopolitico della Russia nel mondo)
http://www.ilgiornale.it/news/politica/1063116.html
oppure http://comunicati.russia.it/vladimir-putin-cosi-le-nazioni-dell-europa-stanno-perdendo-la-loro-sovranita.html
Putin to Western elites: Play-time is over. On Putin's speech at the Valdai conference in Sochi, 24.10.2014
http://www.beoforum.rs/en/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/388-putin-to-western-elites-play-time-is-over.html

Ucraina, sanzioni, UE: intervista del presidente Putin alla Tv tedesca ARD (16 novembre 2014)
Trad. Voce della Russia: http://italian.ruvr.ru/2014_11_17/Intervista-del-presidente-Putin-al-canale-tedesco-ARD-1464/
Trad. Monia Guidi: http://contropiano.org/documenti/item/27646-aerd-intervista-a-vlladimir-putin
ORIG.: Interview: Putin und der russische Standpunkt
http://www.ndr.de/nachrichten/Putin-und-der-russische-Standpunkt,putininterview108.html
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=3EXToQnI75g

Intervista a Vladimir Putin alla vigilia della visita ufficiale in Turchia (28 novembre 2014)

‘Remember lessons we taught Hitler’: Top 10 quotes from Putin’s State of Nation address (December 04, 2014)
Sintesi in lingua italiana:  PTV NEWS 5 dicembre 2014 - Putin parla alla nazione Russia
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=4n69zTW6xi0
Putin: Jugoslaviju su razvalili, Rusiju neće uspeti (Tanjug  04. 12. 2014)

Putin al CORRIERE DELLA SERA: «Non sono un aggressore, patto con l’Europa e parità con gli Usa» (di Paolo Valentino, 6 giugno 2015)
Il presidente russo: «Svilupperemo il nostro potenziale offensivo e penseremo a sistemi in grado di superare la difesa antimissilistica degli Usa. L’Italia spinge il dialogo tra Russia e Europa: ciò crea rapporti speciali»
http://www.corriere.it/esteri/15_giugno_06/intervista-putin-corriere-non-sono-aggressore-patto-europa-ab5eeffe-0c0a-11e5-81da-8596be76a029.shtml
IN ENGLISH: Vladimir Putin, interview to the Italian newspaper «Il Corriere della Sera» FULL TRANSCRIPT (6.3.2015.)
This is the full transcript of Corriere della Sera’s interview with Vladimir Putin:
http://www.corriere.it/english/15_giugno_07/vladimir-putin-interview-to-the-italian-newspaper-corriere-sera-44c5a66c-0d12-11e5-8612-1eda5b996824.shtml


--- LINKS U.N. SPEECH 2015:

Violence instead of democracy: Putin slams ‘policies of exceptionalism and impunity’ in UN speech (RT, 28 Sep 2015)
... Russia believes that attempts to undermine the authority and legitimacy of the United Nations are “extremely dangerous”and could lead to the collapse of the entire system of international relations...
http://www.rt.com/news/316804-putin-russia-unga-speech/

L'intervento di Putin all'ONU – SINTESI (Sputnik, 28.09.2015)
Il presidente russo Vladimir Putin interviene alla 70° assemblea generale dell'ONU...

Vladimir Putin – Intervento all’assemblea generale dell’ONU in italiano – SINTESI VIDEO (in italiano a cura di Pandora TV, 30/09/2015)
Voice over: Massimo Mazzucco. Montaggio: Adalberto Gianuario
http://www.pandoratv.it/?p=4158
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?t=142&v=r8DJJ9JMJEs

Putin all'ONU: il giudizio molto positivo dei comunisti russi (Da materiali dell'agenzia Interfax, 29 Settembre 2015)
... “E' assolutamente corretto che Putin non abbia citato per nome nessuno degli attuali leader ucraini, dal momento che non è necessario rivolgere particolare attenzione a questi possessori di carte di credito americane”, - ha affermato Zyuganov...


--- U.N. SPEECH 2015:

VIDEO: Discours de Vladimir Poutine devant l’AGNU-70 (RT France, 28 set 2015)
Vladimir Poutine, le Président de la Russie intervient devant l'Assemblée générale des Nations unies pour la première fois au cours des 10 dernières années. La 70e session risque de prendre l'allure d'un véritable parcours du combattant compte tenu de l'instabilité géopolitique mondiale...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=vsHHemo5SAg

TESTO INTEGRALE IN ITALIANO: Discorso di Vladimir Putin all’Assemblea generale delle Nazioni Unite
Vladimir Putin ha tenuto un discorso il 28 settembre alla 70.ma sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York. Un intervento molto atteso, dato che da 10 anni il presidente russo non interveniva alle Nazioni Unite. Ecco la trascrizione.

---

70th session of the UN General Assembly


President of Russia Vladimir Putin: Mr. President,


Mr. Secretary General,


Distinguished heads of state and government,


Ladies and gentlemen,


The 70th anniversary of the United Nations is a good occasion to both take stock of history and talk about our common future. In 1945, the countries that defeated Nazism joined their efforts to lay a solid foundation for the postwar world order. Let me remind you that key decisions on the principles defining interaction between states, as well as the decision to establish the UN, were made in our country, at the Yalta Conference of the leaders of the anti-Hitler coalition.


The Yalta system was truly born in travail. It was born at the cost of tens of millions of lives and two world wars that swept through the planet in the 20th century. Let’s be fair: it helped humankind pass through turbulent, and at times dramatic, events of the last seven decades. It saved the world from large-scale upheavals.


The United Nations is unique in terms of legitimacy, representation and universality. True, the UN has been criticized lately for being inefficient or for the fact that decision-making on fundamental issues stalls due to insurmountable differences, especially among Security Council members.


However, I’d like to point out that there have always been differences in the UN throughout the 70 years of its history, and that the veto right has been regularly used by the United States, the United Kingdom, France, China and the Soviet Union, and later Russia. It is only natural for such a diverse and representative organization. When the UN was first established, nobody expected that there would always be unanimity. The mission of the organization is to seek and reach compromises, and its strength comes from taking different views and opinions into consideration. The decisions debated within the UN are either taken in the form of resolutions or not. As diplomats say, they either pass or they don’t. Any action taken by circumventing this procedure is illegitimate and constitutes a violation of the UN Charter and contemporary international law.


We all know that after the end of the Cold War the world was left with one center of dominance, and those who found themselves at the top of the pyramid were tempted to think that, since they are so powerful and exceptional, they know best what needs to be done and thus they don’t need to reckon with the UN, which, instead of rubber-stamping the decisions they need, often stands in their way.


That’s why they say that the UN has run its course and is now obsolete and outdated. Of course, the world changes, and the UN should also undergo natural transformation. Russia is ready to work together with its partners to develop the UN further on the basis of a broad consensus, but we consider any attempts to undermine the legitimacy of the United Nations as extremely dangerous. They may result in the collapse of the entire architecture of international relations, and then indeed there will be no rules left except for the rule of force. The world will be dominated by selfishness rather than collective effort, by dictate rather than equality and liberty, and instead of truly independent states we will have protectorates controlled from outside.

What is the meaning of state sovereignty, the term which has been mentioned by our colleagues here? It basically means freedom, every person and every state being free to choose their future.


By the way, this brings us to the issue of the so-called legitimacy of state authorities. You shouldn’t play with words and manipulate them. In international law, international affairs, every term has to be clearly defined, transparent and interpreted the same way by one and all.


We are all different, and we should respect that. Nations shouldn’t be forced to all conform to the same development model that somebody has declared the only appropriate one.


We should all remember the lessons of the past. For example, we remember examples from our Soviet past, when the Soviet Union exported social experiments, pushing for changes in other countries for ideological reasons, and this often led to tragic consequences and caused degradation instead of progress.


It seems, however, that instead of learning from other people’s mistakes, some prefer to repeat them and continue to export revolutions, only now these are “democratic” revolutions. Just look at the situation in the Middle East and Northern Africa already mentioned by the previous speaker. Of course, political and social problems have been piling up for a long time in this region, and people there wanted change. But what was the actual outcome? Instead of bringing about reforms, aggressive intervention rashly destroyed government institutions and the local way of life. Instead of democracy and progress, there is now violence, poverty, social disasters and total disregard for human rights, including even the right to life.


I’m urged to ask those who created this situation: do you at least realize now what you’ve done? But I’m afraid that this question will remain unanswered, because they have never abandoned their policy, which is based on arrogance, exceptionalism and impunity.


Power vacuum in some countries in the Middle East and Northern Africa obviously resulted in the emergence of areas of anarchy, which were quickly filled with extremists and terrorists. The so-called Islamic State has tens of thousands of militants fighting for it, including former Iraqi soldiers who were left on the street after the 2003 invasion. Many recruits come from Libya whose statehood was destroyed as a result of a gross violation of UN Security Council Resolution 1973. And now radical groups are joined by members of the so-called “moderate” Syrian opposition backed by the West. They get weapons and training, and then they defect and join the so-called Islamic State.


In fact, the Islamic State itself did not come out of nowhere. It was initially developed as a weapon against undesirable secular regimes. Having established control over parts of Syria and Iraq, Islamic State now aggressively expands into other regions. It seeks dominance in the Muslim world and beyond. Their plans go further.


The situation is extremely dangerous. In these circumstances, it is hypocritical and irresponsible to make declarations about the threat of terrorism and at the same time turn a blind eye to the channels used to finance and support terrorists, including revenues from drug trafficking, the illegal oil trade and the arms trade.


It is equally irresponsible to manipulate extremist groups and use them to achieve your political goals, hoping that later you’ll find a way to get rid of them or somehow eliminate them.


I’d like to tell those who engage in this: Gentlemen, the people you are dealing with are cruel but they are not dumb. They are as smart as you are. So, it’s a big question: who’s playing who here? The recent incident where the most “moderate” opposition group their weapons to terrorists is a vivid example of that.


We consider that any attempts to flirt with terrorists, let alone arm them, are short-sighted and extremely dangerous. This may make the global terrorist threat much worse, spreading it to new regions around the globe, especially since there are fighters from many different countries, including European ones, gaining combat experience with Islamic State. Unfortunately, Russia is no exception.


Now that those thugs have tasted blood, we can’t allow them to return home and continue with their criminal activities. Nobody wants that, right?


Russia has consistently opposed terrorism in all its forms. Today, we provide military-technical assistance to Iraq, Syria and other regional countries fighting terrorist groups. We think it’s a big mistake to refuse to cooperate with the Syrian authorities and government forces who valiantly fight terrorists on the ground.


We should finally admit that President Assad’s government forces and the Kurdish militia are the only forces really fighting terrorists in Syria. Yes, we are aware of all the problems and conflicts in the region, but we definitely have to consider the actual situation on the ground.


Dear colleagues, I must note that such an honest and frank approach on Russia's part has been recently used as a pretext for accusing it of its growing ambitions — as if those who say that have no ambitions at all. However, it is not about Russia's ambitions, dear colleagues, but about the recognition of the fact that we can no longer tolerate the current state of affairs in the world.


What we actually propose is to be guided by common values and common interests rather than by ambitions. Relying on international law, we must join efforts to address the problems that all of us are facing, and create a genuinely broad international coalition against terrorism.Similar to the anti-Hitler coalition, it could unite a broad range of parties willing to stand firm against those who, just like the Nazis, sow evil and hatred of humankind. And of course, Muslim nations should play a key role in such a coalition, since Islamic State not only poses a direct threat to them, but also to one of the greatest world religions with its atrocities. The ideologues of these extremists make a mockery of Islam and subvert its true humanist values.


I would also like to address Muslim spiritual leaders: Your authority and your guidance are of great importance right now. It is essential to prevent people targeted for recruitment by extremists from making hasty decisions, and those who have already been deceived and, due to various circumstances, found themselves among terrorists, must be assisted in finding a way back to normal life, laying down arms and putting an end to fratricide.


In the days to come, Russia, as the current President of the UN Security Council, will convene a ministerial meeting to carry out a comprehensive analysis of the threats in the Middle East. First of all, we propose exploring opportunities for adopting a resolution that would serve to coordinate the efforts of all parties that oppose Islamic State and other terrorist groups. Once again, such coordination should be based upon the principles of the UN Charter.


We hope that the international community will be able to develop a comprehensive strategy of political stabilization, as well as social and economic recovery in the Middle East. Then, dear friends, there would be no need for setting up more refugee camps. Today, the flow of people forced to leave their native land has literally engulfed, first, the neighbouring countries, and then Europe. There are hundreds of thousands of them now, and before long, there might be millions. It is, essentially, a new, tragic Migration Period, and a harsh lesson for all of us, including Europe.


I would like to stress that refugees undoubtedly need our compassion and support. However, the only way to solve this problem for good is to restore statehood where it has been destroyed, to strengthen government institutions where they still exist, or are being re-established, to provide comprehensive military, economic and material assistance to countries in a difficult situation, and certainly to people who, despite all their ordeals, did not abandon their homes. Of course, any assistance to sovereign nations can, and should, be offered rather than imposed, in strict compliance with the UN Charter. In other words, our Organisation should support any measures that have been, or will be, taken in this regard in accordance with international law, and reject any actions that are in breach of the UN Charter. Above all, I believe it is of utmost importance to help restore government institutions in Libya, support the new government of Iraq, and provide comprehensive assistance to the legitimate government of Syria.


Dear colleagues, ensuring peace and global and regional stability remains a key task for the international community guided by the United Nations. We believe this means creating an equal and indivisible security environment that would not serve a privileged few, but everyone. Indeed, it is a challenging, complicated and time-consuming task, but there is simply no alternative.


Sadly, some of our counterparts are still dominated by their Cold War-era bloc mentality and the ambition to conquer new geopolitical areas. First, they continued their policy of expanding NATO – one should wonder why, considering that the Warsaw Pact had ceased to exist and the Soviet Union had disintegrated.


Nevertheless, NATO has kept on expanding, together with its military infrastructure. Next, the post-Soviet states were forced to face a false choice between joining the West and carrying on with the East. Sooner or later, this logic of confrontation was bound to spark off a major geopolitical crisis. And that is exactly what happened in Ukraine, where the people's widespread frustration with the government was used for instigating a coup d’état from abroad. This has triggered a civil war. We are convinced that the only way out of this dead end lies through comprehensive and diligent implementation of the Minsk agreements of February 12th, 2015. Ukraine's territorial integrity cannot be secured through the use of threats or military force, but it must be secured. The people of Donbas should have their rights and interests genuinely considered, and their choice respected; they should be engaged in devising the key elements of the country's political system, in line with the provisions of the Minsk agreements. Such steps would guarantee that Ukraine will develop as a civilized state, and a vital link in creating a common space of security and economic cooperation, both in Europe and in Eurasia.


Ladies and gentlemen, I have deliberately mentioned a common space for economic cooperation. Until quite recently, it seemed that we would learn to do without dividing lines in the area of the economy with its objective market laws, and act based on transparent and jointly formulated rules, including the WTO principles, which embrace free trade and investment and fair competition. However, unilaterally imposed sanctions circumventing the UN Charter have all but become commonplace today. They not only serve political objectives, but are also used for eliminating market competition.


I would like to note one more sign of rising economic selfishness. A number of nations have chosen to create exclusive economic associations, with their establishment being negotiated behind closed doors, secretly from those very nations' own public and business communities, as well as from the rest of the world. Other states, whose interests may be affected, have not been informed of anything, either. It seems that someone would like to impose upon us some new game rules, deliberately tailored to accommodate the interests of a privileged few, with the WTO having no say in it. This is fraught with utterly unbalancing global trade and splitting up the global economic space.


These issues affect the interests of all nations and influence the future of the entire global economy. That is why we propose discussing those issues within the framework of the United Nations, the WTO and the G20. Contrary to the policy of exclusion, Russia advocates harmonizing regional economic projects. I am referring to the so-called ”integration of integrations“ based on the universal and transparent rules of international trade. As an example, I would like to cite our plans to interconnect the Eurasian Economic Union with China's initiative for creating a Silk Road economic belt. We continue to see great promise in harmonizing the integration vehicles between the Eurasian Economic Union and the European Union.


Ladies and gentlemen, one more issue that shall affect the future of the entire humankind is climate change. It is in our interest to ensure that the coming UN Climate Change Conference that will take place in Paris in December this year should deliver some feasible results. As part of our national contribution, we plan to limit greenhouse gas emissions to 70–75 percent of the 1990 levels by the year 2030.


However, I suggest that we take a broader look at the issue. Admittedly, we may be able to defuse it for a while by introducing emission quotas and using other tactical measures, but we certainly will not solve it for good that way. What we need is an essentially different approach, one that would involve introducing new, groundbreaking, nature-like technologies that would not damage the environment, but rather work in harmony with it, enabling us to restore the balance between the biosphere and technology upset by human activities.


It is indeed a challenge of global proportions. And I am confident that humanity does have the necessary intellectual capacity to respond to it. We need to join our efforts, primarily engaging countries that possess strong research and development capabilities, and have made significant advances in fundamental research. We propose convening a special forum under the auspices of the UN to comprehensively address issues related to the depletion of natural resources, habitat destruction, and climate change. Russia is willing to co-sponsor such a forum.


Ladies and gentlemen, dear colleagues. On January 10th, 1946, the UN General Assembly convened for its first meeting in London. Chairman of the Preparatory Commission Dr. Zuleta Angel, a Colombian diplomat, opened the session by offering what I see as a very concise definition of the principles that the United Nations should be based upon, which are good will, disdain for scheming and trickery, and a spirit of cooperation.Today, his words sound like guidance for all of us.


Russia is confident of the United Nations' enormous potential, which should help us avoid a new confrontation and embrace a strategy of cooperation. Hand in hand with other nations, we will consistently work to strengthen the UN's central, coordinating role. I am convinced that by working together, we will make the world stable and safe, and provide an enabling environment for the development of all nations and peoples.


Thank you.








Iniziative segnalate

1) Parte il corso di lingua serbo-croata a Torino
2) Parma 17/10: Europa tedesca? Germania, Trattati europei e neocolonialismo
3) Trieste 19/10: Le violenze per Trieste italiana


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Parte il corso di lingua serbo-croata a Torino

Il martedì dalle h 18,30 alle 20,30. Pridruzite se :) 

A soli 6,25 euro ... 20% di sconto.

Questa settimana si chiudono le iscrizioni ai corsi della scuola popolare di Red House. 

Per info: Red House Collegno
Via Bendini 11, Collegno (TO)
+39 3315899460



Il corso di lingua serbo-croata si tiene tutti i martedì h 18.30 alle h 20.30.

La lingua serbo-croata (o serbocroata) (srpskohrvatski/cрпскохрватски) è una lingua slava meridionale.

Era una tra le principali lingue ufficiali della Jugoslavia, parlata nelle repubbliche socialiste di Serbia, Croazia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro, insieme allo sloveno e al macedone (rispettivamente nelle repubbliche socialiste di Slovenia e Macedonia).

Questa denominazione non è più ufficialmente usata dopo i tragici fatti del periodo 1992–1995 nella Jugoslavia ed il progressivo, vicendevole allontanamento dei Paesi interessati.

Oggi possiamo dire che la definizione di lingua serbo-croata non si usi più, sebbene la lingua sia perfettamente viva e parlata. Le persone oggi riconoscono la propria lingua come serbo parlato in Serbia, come croato parlato in Croazia, come bosniaco parlato in Bosnia-Erzegovina e come montenegrino parlato in Montenegro.



=== 2 ===

Parma, sabato 17 ottobre 2015
alle ore 16.30 presso la Sala Civica Cittadella – Bizzozero, via Antonio Bizzozero 15/A

Europa tedesca? Germania, Trattati europei e neocolonialismo

ROSS@ ne discute con
Vladimiro Giacché – economista, autore di Anschluss. L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa e di Costituzione italiana contro trattati europei. Il conflitto inevitabile
Alessandro Somma – docente di diritto pubblico comparato all’Università di Ferrara, autore di La dittatura dello spread e L’altra faccia della Germania.

Dopo il referendum greco del luglio scorso la maschera della governance neoliberale europea è definitivamente calata, mostrando il cinico volto delle aggressive politiche austeritarie antipopolari che il nuovo sistema di regole targate UE sta imponendo in tutta Europa. Sventola vittoriosa la bandiera del fondamentalismo monetarista, che assume competitività e mercato come principi fondanti. In questo nuovo scenario l’astratta retorica dell’unione paritaria e solidale dei paesi membri, uniti nella diversità e foriera di pace fra i popoli, non è che una favola. L’Europa è, ed è sempre stata, un pluralità conflittuale in cui alcuni stati contano più di altri e oggi l’egemone è la Germania. Lo è da un punto di vista geopolitico ed economico, quando instaura protettorati attraverso un neo-mercantilismo che permette di guadagnare interessi dai prestiti erogati dalle proprie banche ai paesi del sud e che crea surplus commerciali grazie ad un euro che avvantaggia artificialmente la propria produzione nazionale. Lo è da un punto di vista ideologico, quando impone l’ordoliberalismo e la cosiddetta economia sociale di mercato come dottrina dominante che assegna valore costituente alla concorrenza, a scapito del lavoro, principio fondante della Carta costituzionale italiana.

Diventa quindi di cruciale importanza comprendere il ruolo della Germania nella UE e della sua evoluzione interna a partire dalla “riunificazione”, dagli anni cruciali ’89 - ’90 in cui le veloci tappe verso una realizzazione dell’unione monetaria, facevano presagire più ad un’annessione della ex-DDR nella Germania Ovest. Si tratta di un laboratorio politico che con le riforme “Hartz” dei primi anni duemila – basate su una forte spinta alla flessibilizzazione del lavoro e continuate con i governi Merkel – non ha cessato di essere fonte ispiratrice delle politiche europee, determinando scelte di governance che si sono sedimentate nei trattati stessi e che sono divenute, quindi, regole per tutti. 

www.rossa.red



=== 3 ===

Trieste, Lunedì 19 ottobre 2015
alle ore 17:30 presso il Circolo della Stampa, Corso Italia 13

Presentazione del dossier 
"Le violenze per Trieste italiana" 
di Claudia Cernigoi.

Con la partecipazione di Luciano Santin e dell'autrice.
Ingresso libero, seguirà dibattito

... Le violenze per Trieste italiana, ovvero la strategia della tensione a Trieste sotto il Governo militare alleato (1945-1954): i finanziamenti dell’Ufficio Zone di Confine alle organizzazioni paramilitari fasciste e xenofobe, le squadre di teppisti organizzate dagli ex dirigenti del CLN giuliano e futuri gladiatori, il ruolo della Osoppo, l’invio dall’Italia di armi per preparare la destabilizzazione della Zona A, il ruolo dei neofascisti negli scontri del 1953 prima del ritorno dell’amministrazione italiana in città...





(srpskohrvatski / italiano)

"Non ci sarà la Jugoslavia, eppure ci sono gli jugoslavi. Una madre muore, ma i figli restano."


Stevan Mirković e lo jugoslavismo intransigente

1) IN MEMORIAM general pukovnik JNA drug Stevan Mirković
2) Stevan Mirković, Veljko Kadijević e lo jugoslavismo intransigente (A. Martocchia)
3) Sećanje
4) Linkovi / Collegamenti


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Izvor: Komunisti Obrenovca, 30/9/2015
https://www.facebook.com/komunisti.obrenovca/photos/pb.907322746018592.-2207520000.1443704029./916769265073940/?type=3&theater

IN MEMORIAM
Stevan Mirković general JNA 27.10.1927 - 26.09 2015 

učesnik Narodnooslobodilačke borbe od svoje 16-te godine, general-pukovnik JNA i načelnika Generalštaba Jugoslovenske narodne armije.
Sahrana generala Stevana Mirkoviča je u četvrtak 01.10.2015. u 12. 30 časova na Novom groblju u Beogradu.
Nek mu je večna slava i hvala i laka mu zemlja Jugoslovenska.

Jednom je izjavio da mu je najdraža pesma: 
„ Nas dva brata oba ratujemo
Ne plač’ majko ako poginemo,
Mila majko žali nas jednako 
Jal’ jednako jal’ nemoj nikako“
Sreten i njegov brat Žika zajedno su bili među oslobodiocima Beograda oktobra 1944 a onda produžili skupa na Sremski front. Žika je umro prošle godine, odnevši sa sobom u grob i nemačko mitraljesko čelično zrno, koje je u svojoj jetri nosio celog života, Stevan je bio ranjen jednom u Hrvatskoj i drugi put u Bosni.

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Izvor: SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia, 1.10.2015.
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=10153664199398834

Danas je u Beogradu uz vojne počasti sahranjen general pukovnik JNA drug Stevan Mirković. 
General - pukovnik Stevan Mirković bio je osnivač i počasni predsednik dve političke organizacije: pokreta Jugoslovenski Centar Tito i Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji. 
Sahrani je prisustvovao veliki broj građana, kao i veliki broj delegacija antifašističkih, komunističkih, jugoslovenskih i levičarskih partija, udruženja, pokreta. 
Prisutnima su se obratili general - podpukovnik drug Svetozar Oro u ime organizacija Avnojevski Forum Josip Broz Tito, Društva za Istinu o NOB - u i Jugoslaviji i pokreta Jugoslovenski Centar Tito i drugarica Mira Tokanović u ime Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji.
U toku sahrane general - pukovnika Stevana Mirkovića pročitan je i telegram koji je u ime Lige Antifašista Jugoistočne Evrope i organizacija koje sačinjavaju Ligu poslao predsednik Lige drug Hakija Abdić. 
Počasne straže uz odar pokojnog general - pukovnika Stevana Mirkovića držale su delegacije Sekcije Boraca Prve Proleterske Narodnooslobodilačke Udarne Brigade, pokreta Jugoslovenski Centar Tito, Saveza Komunista Jugoslavije u Srbiji, udruženja Naša Jugoslavija, ZZB NOB Slovenija, Komunističke Partije i Komunista Srbije.
Ovom prilikom želimo da se zahvalimo članovima sledećih delegacija:
- ZZB NOB Slovenija na čelu sa Frankom Pleskom i Bojanom Pahorom
- Avnojevski Forum Josip Broz Tito na čelu sa general - podpukovnikom Svetozarom Orom
- Društvo za Istinu o NOB - u i Jugoslaviji na čelu sa Mladenkom Colićem
- Sekcija Boraca Prve Proleterske Narodnooslobodilačke Udarne Brigade na čelu sa pukovnikom Zdenkom Duplančićem
- Udruženje Naša Jugoslavija na čelu sa Vladimirim Milosavljevićem
- Komunistička Partija na čelu sa Josipom Joškom Brozom
- Komunisti Srbije na čelu sa Svetozarom Markanovićem
Još jednom koristimo priliku da se zahvalimo svim delegacijama i pojedincima koji su prisustvovali poslednjem ispraćaju našeg generala.
Hvala svima!!!
pokret Jugoslovenski Centar Tito 
i
Savez Komunista Jugoslavije u Srbiji


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Stevan Mirković, Veljko Kadijević e lo jugoslavismo intransigente 

di A. Martocchia, segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia ONLUS

Sono stati celebrati l'altroieri 1.10.2015 a Belgrado i funerali del compagno e amico Stevan Mirković (Valjevo 27.10.1927 - Belgrado 26.09 2015).

Già partigiano – in particolare impegnato sul Fronte dello Srem –, poi militare di professione fino a conseguire i gradi di Generale di Corpo d'Armata e Capo di Stato Maggiore dell'esercito jugoslavo (JNA), dopo la pensione e dopo lo smembramento del suo paese "Stevo" aveva continuato ad essere attivo combattente jugoslavista e perciò critico severo delle politiche di spartizione fomentate dall'estero e attuate dai traditori annidati nelle varie repubbliche. E' stato a tutti gli effetti fino all'ultimo istante della sua vita un patriota jugoslavo, un antifascista, un comunista e internazionalista sensibile alle grandi questioni del nostro tempo, come dimostrano i tanti temi da lui stessi trattati negli scritti di questi ultimi anni [si veda la sezione 4: Linkovi in questo messaggio].

La sua carriera militare si era appena conclusa, per l'appunto con l'incarico più prestigioso, quello di Capo di Stato Maggiore (1987–1989), quando la Jugoslavia federativa e socialista precipitava nella crisi che sarebbe sfociata in guerra fratricida, e il suo partito – la Lega dei Comunisti di cui aveva la tessera sin dal 1944 – si dissolveva. 
Con l'introduzione del sistema multipartitico, Mirković partecipava alla fondazione della nuova "Lega dei Comunisti - Movimento per la Jugoslavia" (SK-PJ), ma ben presto, al momento della fusione del SK-PJ con la "Sinistra Unita Jugoslava" (JUL) di Mira Marković, Stevan abbandonava l'organizzazione da posizioni pan-jugoslaviste e anticapitaliste intransigenti, in continuità con i valori del periodo di Tito e mantenendo proprio la figura di Tito come riferimento simbolico e ideale ineludibile. 
Lo jugoslavismo di Mirković si riferiva infatti a un paese esteso "dal monte Triglav al fiume Vardar": egli rimaneva cioè fautore di una Jugoslavia di tutti gli jugoslavi, in contrapposizione allo jugoslavismo "realista" o "minimalista" della JUL e dei socialisti, per i quali la Jugoslavia poteva anche essere solo quella "di chi ci vuole stare", e quindi in particolare dei Serbi... Ma stabilire chi davvero "volesse" stare dentro o fuori la Jugoslavia nell'epoca della manipolazione mediatica e della disinformazione di guerra era una impresa impossibile e priva di senso, così come impossibile e priva di senso era e rimane ogni definizione di confini "giusti" a dividere i popoli jugoslavi tra di loro. Ripeteva Mirković: guardate i Serbi, che nella RFSJ erano "popolo costitutivo" secondo la Costituzione non solo in Serbia, ma anche in Croazia e Bosnia... oggi invece sono "stranieri" ovunque (forse anche in Serbia...). Nessun popolo ha guadagnato una vera patria dallo smembramento, nessuno vive in un suo proprio Stato unitario, bensì tutti sono divisi al loro interno dai nuovi dannati confini! Come dunque rassegnarsi al "dato di fatto" delle secessioni? – rimproverava Mirković alle sinistre di governo.

Il caso di Kadijević e la JNA come estrema speranza

Una posizione, questa di Mirković, paragonabile a quella attribuita all'ultimo Ministro della Difesa della RFSJ, Veljko Kadijević, che nel febbraio–marzo 1991 tentò di persuadere gli altri membri dirigenti del paese a imporre lo stato d'emergenza per impedire ogni agibilità alle milizie secessioniste e dunque per scongiurare la disgregazione della Repubblica federativa. In una riunione a Topčider con tutti e sei i presidenti delle varie Repubbliche e regioni autonome, con il presidente della Federazione e i più alti quadri militari, Kadijević sostenne che le formazioni paramilitari presenti nel paese, sostenute dai nemici interni ed esterni, andassero bloccate per tempo con l'imposizione della legge marziale. Benché l'allarme lanciato da Kadijević fosse suffragato da elementi di prova inequivocabili, non solo di carattere meramente politico o opinionistico ma ben concreti – si ricordi ad esempio lo scandalo del 1990, quando i servizi segreti videoregistrarono una riunione con il Ministro della Difesa croato Martin Špegelj impegnato a organizzare di nascosto il rifornimento di armi da Occidente via Ungheria per combattere contro la JNA –, la votazione che si svolse ebbe esito negativo: in pratica fu posto il veto, "dopo lunghe e pesanti discussioni, e stante che Stipe Mesić era in continuo contatto con Franjo Tudjman, il macedone Vasil Tupurkovski 'con l'ambasciata americana a Belgrado' [sic] e lo sloveno Janez Drnovšek con il suo Milan Kučan" (Tanjug 07.10.2007.). Ma oltre alle parti più inclini al secessionismo, anche il rappresentante della Serbia ebbe una posizione debole: Borisav Jović rimandò di fatto la decisione previe consultazioni con l'URSS che però furono fallimentari. "Alla presenza di Kadijević, Jazov [Ministro della Difesa] a Mosca parlò con l'ultimo presidente dell'URSS, Mihail Gorbaciov, il quale non volle ricevere Kadijević, come era già successo sei mesi prima. 'Le risposte erano completamente negative e volevano sostanzialmente dire che non potevamo contare sul sostegno dell'URSS', ha detto Kadijević, aggiungendo che la risposta 'era completamente ostile e che la politica di Gorbaciov nei confronti della Jugoslavia era distruttiva'."

La non–imposizione della legge marziale in quel frangente si rivelerà un errore deleterio per le sorti della Repubblica Federativa e Socialista. Certamente, la Jugoslavia avrebbe avuto allora molti accaniti nemici esterni, dall'URSS in declino alla NATO forse già disposta ad aggredire Belgrado, ma in fondo una guerra ben più dolorosa, quella fratricida, non fu evitata. Questo errore non sarà mai perdonato dai militari di lungo corso, patrioti come Veljko Kadijević e Stevan Mirković. Altre proposte di "golpe" vennero, una addirittura con la mediazione di Gheddafi (cfr. sempre Tanjug 07.10.2007.), ma era troppo tardi ed avrebbe avuto tutt'altro significato: si sarebbe rischiata persino la guerra civile tra Serbi e Serbi. La china presa era oramai quella dell'accettazione del dato di fatto.

Mesi più tardi Kadijević dovrà perciò rompere anche con la classe dirigente di Serbia-Montenegro per la loro linea, appunto, realista e rinunciataria. Con l'accettazione delle secessioni slovena e croata, "il popolo serbo viene diviso e si riduce allo status delle minoranze etniche, esponendosi al pericolo di distruzione”. Ancora nella intervista del 2007 Kadijević criticava dunque Milošević e Jović: "Già allora conducevano il doppio gioco nei confronti dei Serbi in Bosnia, Erzegovina e Croazia”. "Quando iniziarono gli scontri in Slovenia e Croazia, Milošević gli propose che l'esercito si ritirasse da tutti i territori nei quali si sparava all'esercito 'alle spalle'. Come esempio del mancato sostegno, Kadijević cita la circostanza di quando l'esercito aveva richiesto due brigate, una dalla Serbia e l'altra dal Montenegro, per il disarmo delle forze slovene, ma i rappresentanti della Serbia e Montenegro nella Presidenza della RFSJ furono contrari. (...) Jović (...) fu 'il principale attore della presa di distanza della Serbia dai Serbi che abitavano sull'altra sponda dei fiumi Drina e Una', considerando che 'tra gli uni e gli altri Serbi' non c'era niente in comune, a parte la denominazione... Il popolo serbo, perciò, fu distrutto, e, definitivamente sopraffatto, in questo modo fu diviso', ha valutato Kadijević."
Nell'ottobre 1991, mentre da un lato gli proponevano l'incarico di Presidente federale e addirittura la possibilità di attuare un quasi-colpo di Stato contro eventuali nemici interni alla nuova mini-Federazione, dall'altro spingevano ad accettare i nuovi confini inter-jugoslavi imposti dalla Comunità Europea e dalla NATO. Contrario a tale mercanteggiamento, Kadijević lasciò definitivamente l'ultimo incarico, quello di Segretario federale per la difesa popolare, il 6 gennaio 1992, dunque pochissimi giorni prima dell'infame riconoscimento internazionale della "indipendenza" di Slovenia e Croazia.

Anche Kadijević, come Mirković, è morto recentemente, per la precisione a Mosca, dove era in esilio, il 2 novembre dello scorso anno. Nato presso Imotski il 21.11.1925, di padre serbo e madre croata, anch'egli era stato giovanissimo partigiano e poi aveva percorso la carriera militare fino ai massimi livelli. Si ritrovò dunque nella posizione di Ministro della Difesa federale al momento delle auto-proclamazioni di indipendenza di Slovenia e Croazia. Perciò fu in seguito accusato di crimini di guerra da parte del regime croato, tanto da essere oggetto di un mandato di cattura dell'Interpol (mentre l'ICTY non ha mai emesso un mandato di arresto contro di lui); perciò nel 2001, dopo il colpo di Stato filo-occidentale in Serbia, decise di chiedere asilo politico in Russia, dove prese la cittadinanza nel 2008. 
Di fronte alle accuse di Zagabria, Veljko Kadijević ha sempre difeso il suo operato affermando che la JNA era legittimamente tenuta a rispondere alle azioni delle milizie neo-ustascia. Nell'autobiografia pubblicata nel 2007 – Kontraudar, "Il contrattacco. La mia visione della disintegrazione della Jugoslavia" – accusò con dovizia di argomenti e prove soprattutto gli Stati Uniti e la Germania per avere contribuito alla disgregazione della Jugoslavia e all'incrudimento dei conflitti jugoslavi degli anni 1990.

Stevan Mirković ovvero il dramma del grillo parlante

Diversamente da Kadijević, destino volle che Stevan Mirković non vestisse alcun incarico di responsabilità militare né politica nei momenti peggiori della crisi jugoslava; ma c'è da scommettere che, nel caso, le sue posizioni non sarebbero state tanto diverse da quelle di Kadijević. Abbiamo dunque conosciuto Mirković nella veste di mero commentatore, amaro e sferzante, della cronaca tragica dei primi anni Novanta. La nostra collaborazione con lui è iniziata subito: dapprima ospite via etere alla trasmissione radiofonica "Voce Jugoslava" su Radio Città Aperta, poi anche ospite in carne ed ossa a Roma, al Meeting per la Pace e l'Amicizia fra i Popoli dell'ex Mattatoio (1993)... Per anni ci siamo recati in visita da lui a Belgrado e ne abbiamo raccolto dichiarazioni e testi, tradotti e ridiffusi con i nostri miseri mezzi [spec. via web: cfr. 4: Linkovi].

Nel 1997 Mirković promuoveva una "rifondazione" della Lega dei Comunisti di Jugoslavia. La formazione si presentava anche alle elezioni politiche del settembre, ottenendo l'onorevole risultato di 6786 voti pari al 1,64% in un contesto già di grande di frammentazione delle forze politiche comuniste.
Un mese dopo eravamo a Belgrado per una manifestazione internazionale contro la NATO co-promossa da quell'area politica assieme all'ex Voce Operaia. Mirković, come tante altre volte, ci ricevette nella sua casa, sul cui balcone è rimasta fino ad oggi a campeggiare la bandiera della RFSJ.

Nello stesso anno nasceva una associazione dal profilo più culturale, il "Centro Tito", che per tutti gli anni successivi avrebbe animato le celebrazioni della figura di Josip Broz specialmente in occasione degli anniversari "canonici" (4 Maggio – morte – e 25 Maggio – Giornata della Gioventù) ed avrebbe partecipato alla più vasta rete delle "Associazioni Josip Broz Tito" costituitesi in tutte le repubbliche ex-federate.
I disaccordi e le divisioni nella sinistra anticapitalista non sono una specificità solo italiana: anche in Serbia la situazione è rimasta molto difficile e lo è ancora oggi, con una divisione particolarmente netta tra l'area titoista e l'area "cominformista" (fedele alla memoria dell'URSS di Lenin e Stalin) ben rappresentata dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ), un partito politico saldamente organizzato poco incline a sciogliersi in coalizioni elettorali.
In tale contesto di difficoltà e soggettivismi, e mentre anche nelle altre Repubbliche venivano tentate riprese di attività politica di segno comunista, l'organizzazione di Mirković cambiava nome e diventava "Lega dei Comunisti di Jugoslavia in Serbia" (SKJ u Srbiji).

Gli anni sono passati riservando forti amarezze. Dapprima la guerra fratricida, poi la aggressione della NATO contro ciò che rimaneva della Jugoslavia, infine la decadenza civile, culturale e politica in Serbia, soprattutto accelerata con l'instaurazione del regime filo-occidentale. Mirković si è sempre ritrovato a rivestire il ruolo, non desiderato e non invidiabile ma pur sempre obbligato e comunque necessario, del grillo parlante. E' stato un critico severissimo di tutti i governi succedutisi negli ultimi 25 anni: da quelli socialdemocratici del periodo di Milošević a quelli della destra nazional-liberista al potere ancora oggi, dopo il colpo di Stato dell'ottobre 2000. 

La sua critica alle sinistre di governo (1991-2000) partiva da posizioni radicalmente opposte a quelle della opposizione cosiddetta "democratica", vezzeggiata in Occidente. Mirković contestava forme di nazionalismo retorico e non veramente patriottico, e contestava soprattutto la dismissione graduale delle principali conquiste del socialismo jugoslavo, a partire dalla autogestione operaia dei mezzi di produzione.
Con i bombardamenti del 1999, che rappresentarono uno shock per tutte le parti politiche in Serbia, Stevan fu oppositore di ogni atteggiamento rinunciatario verso il Kosovo, considerato cuore storico e culturale della "piccola patria" serba, oltreché territorio di enorme valenza strategica a causa della presenza di ricchezze naturali e pregevoli insediamenti produttivi frutto del lavoro di generazioni di jugoslavi.
Dopo la "svolta" del 2000, lo spirito critico di Mirković verso il nuovo regime non fu dissimile. Continuarono le battaglie contro le privatizzazioni, ma soprattutto fu necessario alzare i toni contro la deriva revisionistica, filo-cetnica, monarchista e sostanzialmente filo-fascista in atto in questo paese oramai ostaggio della NATO. Mirković era sempre in prima fila a richiamare la memoria della Lotta Popolare di Liberazione, a difendere e rendere omaggio alla memoria dei compagni caduti, dei momenti topici della creazione della Jugoslavia di Tito, a difendere strenuamente proprio e principalmente la figura di Josip Broz continuamente infangata e accantonata.

Particolarmente grave dal punto di vista simbolico è stata vissuta da tutti, ex combattenti come Mirković e militanti antifascisti qualunque come chi scrive, la riabilitazione storiografica e giuridica della figura di Dragoljub "Draža" Mihailović, ex generale della Jugoslavia monarchica leader dei "cetnizi". Nello svolgersi degli eventi della II Guerra Mondiale, preso da anticomunismo viscerale, Mihailović scelse l'alleanza con i fascisti italiani e addirittura con gli ustascia croati, piuttosto che combattere fianco a fianco con i partigiani di Tito, tanto da assurgere a figura-simbolo del tradimento nei decenni successivi. 
In una Serbia retta da traditori, il capostipite dei traditori della Patria non poteva non essere riabilitato. Uomini coerenti e cristallini come Stevan Mirković, assieme agli ambienti del partigianato della Serbia (SUBNOR), sono stati gli unici a levare forte e chiara la loro voce contro questo scempio, che tanto assomiglia ad altri scempi della memoria in atto in questi anni nei Balcani, in tutta Europa e nella stessa Italia.

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS, che deve molto per la sua esistenza alla ispirazione ideale ed all'esempio umano di Stevan Mirković, esprime le sue più sentite condoglianze ai famigliari, ai compagni in Serbia ed agli estimatori di "Stevo" sparsi un po' dappertutto in Jugoslavia. Un partigiano ci ha lasciato, ne nascano altri cento! Hvala Stevo! Borba se nastavlja!

Andrea Martocchia


=== 3 ===

Izvor: SFR Jugoslavija - SFR Yugoslavia – September 29 at 6:33pm

Sećanje

Stevan Mirkovic, general u penziji , 17.10.2012 :
" Meni je najdraža partizanska pesma „ Nas dva brata oba ratujemo/Ne plač’ majko ako poginemo/ Mila majko žali nas jednako/ Jal’ jednako jal’ nemoj nikako/“. Zašto?. Desilo se, eto, da naš otac Dobrivoje i njegov stariji brat Milutin ratuju u I svetskom ratu i to obojica u sastavu Drinske divizije prvog poziva, a moj brat Živojin i ja ratujemo u II svetskom ratu i to obojica u sastavu , prvo Kosmajkog partizankog odreda, a onda u 5.krajiškoj diviziji. Naš otac se vratio iz rata 1918.živ i zdrav a stric Milutin poginuo 1915 u Albaniji pri povlačenju srpske vojske u Grčku. Naša majka bila je pralja , radila je za nadnicu kod imućnijih ljudi a otac baštovan u opštinskom rasadniku, gde je danas igralište „Crvene zvezde“.Oboje su završili svoj radni vek u perionici i parku Infektivne klinike u Beogradu i posle penzionisanja vratili se u majčin rodni kraj kod Krupnja, u kućicu koju smo im brat i ja podigli od svojih plata i uštedjevine.
I Žika i ja smo medju oslobodiocima Beograda oktobra 1944., samo što je on napadao spolja u sastavu 4.krajiške brigade a ja iznutra u sastavu jedne od preko 200 omladinskih borbenih grupa, a onda produžili skupa na Sremski front. ,posle kraćeg odmora i obuke u Beogradu negde početkom decembra 1944. Ja sam te godine u oktobru napunio 17 godina a Žika u maju 18.Obojica smo bili srednješkolci i deo mase naših vršnjaka ,koji su masovno stupali dobrovoljno u NOV i POJ i s ponosom se obučavali na tek dobijenom novom sovjetskom naoružanju .Živojin i ja smo teško ranjeni na Sremskom frontu i u borbama za Brčko. Žika je umro prošle godine, odnevši sa sobom u grob i nemačko mitraljesko čelično zrno, koje je u svojoj jetri nosio celog života. Ja sam bio ranjen jednom u Hrvatskoj (Sotin) , drugi put u Bosni (Brčko)..  
Zašto ovo pišem? I danas ,kao i onda, sa oduševljenjem doživljavam to vreme slobode i radujem se što sam mogao da učestvujem kao borac u njemu. Nama ne trebaju advokati da nas sažaljevaju zbog Sremskog fronta jer smo to činili dobrovoljno, niko nas nije mobilisao. Nismo se plašili tada još uvek moćnog Vermahta.Uspeo sam da sačuvam pisamce koje sam pred polazak u Srem poslao roditeljima i izmedju ostalog napisao „ ja odoh na Berlin“.U Berlin nisam stigao i kraj rata dočekao u vojnoj bolnivi u Čurugu.kod Novog Sada. Da li će današnje mlade generacije poći našim putem ili ce , kao Borislav Mihailiovic Mihiz i njemu slični, „šmugnuti“ negde u rodni kraj ili inostranstvo i posle se hvaliti kako su bili pametni. Ti su se nauživali slobode ali za nju nisu dali ništa. Žika je posle rata završio DIF i filozofski fakultet i do kraja radnog veka bio profesor gimnazije u Beogradu. Ja sam ostao u vojsci i „dogurao“ do položaja NGŠ JNA.
NOB naroda Jugoslavije je pokazala da je narod ,odlučan da se bori ,jači od bilo kakve strane vojne sile i da samo on sam može steći i sačuvati svoju slobodu a ne neko drugi.“Nijeda rat nije završen dok se narod ne pokori neprijatelju“ (Klauzevic).Nažalost, današnja omladina se ideološko – politički vaspitava u primitivnom duhu – glavni cilj u životu je pohlepa za zadovoljenje animalno – fizičkih i materijalnih potreba i razvrata, čemu doprinosi naša gologuza i golosisa štampa. Rad i rat za domovinu su ljudske aktivnosti istog značaja za nju i njene narode. Zanemarivanje bilo koje od njih je ništavilo."


=== 4: Linkovi / Collegamenti ===

Stevan Mirković na Wikipediji: https://sh.wikipedia.org/wiki/Stevan_Mirković


--- KNJIGE

Stevan Mirković
KAD BUZDOVANI MARŠIRAJU [1 + 2]
Beograd: Centar Tito, decembar 2008

Stevan Mirković
VREME ODLUKE 
Beograd: WebMagazin "Komunisti", 2007

Stevan Mirković
BRAVAR JE BIO BOLJI [Era meglio il fabbro]
Liber - Centar Tito, Beograd 2004
ISBN 86-85353-00-9
Premessa: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/4090

Stevan Mirković: Pogovor knjige Zvonka Štaubringra
Najteza bitka Josipa Broza Tita. 1892-1992 (La battaglia più difficile di Josip Broz Tito)
Beograd: Savez komunista - Pokret za Jugoslaviju u Hrvatskoj, 1992
Novi Pečat – Crvena Biblioteka – Knjiga 1

--- VIDEO

General Stevan Mirković - IN MEMORIAM (Kuća Cveća 2014) (YU O Laki, 26 set 2015)
General Stevan Mirković je preminuo danas u Beogradu u 88. godini života (Valjevo, 27. oktobar 1927. - Beograd, 26. septembar 2015.) - VJEČNA MU SLAVA! 
Josip Broz Tito. Kuća Cveća. Beograd. Jugoslavija. Yugoslavia. SFRJ.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=2pIkOMUMCMM

Sasvim licno - Stevan Mirkovic (INtv Bijeljina, 30 nov 2014)
Sasvim licno - Stevan Mirkovic (IN televizija, Bijeljina) - autor i voditelj: Milan Mitrovic 

Yu Centar Tito - Prvi Tradicionalni Memorijalni Skup Povodom 32 Godine Smrti Josipa Broza Tita (Jugoslovenski Centar Tito, 10 apr 2013)

Pocasni presednik YU CENTRA TITO I dozivotni presednik Stevan Mirkovic (enes trtak, 13 mag 2013)

Yu Centar Tito i Stevan Mirkovic

Govor Stevana Mirkovića (Nikola Maric, 5 mag 2012)
Govor gen. Stevana Mirkovića u Muzeju istorije Jugoslavije za 4. maj 2012

Pored spomenika nesvrstanima 2011 (centartito, 19 set 2011)
Čas istorije ispred spomenika podignutog prigodom prve konferencije nesvrstanih zemalja održane u Beogradu 1961 godine.
O pokretu nesvrstanih i našem trenutku govorio je general Stevan Mirković. Prisutni su bili članovi i simpatizeri pokreta Centar Tito.

SFRJ Jugoslavija - General Stevan Mirković (mayday9, 29 apr 2011)
General u mirovini Stevan Mirković priča o Jugoslaviji danas...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=VUeE20wLKak

Stanje nacije - 18.11.2009. (b92rtv, 18 nov 2009)
Da li će državna Komisija za tajne grobnice otkriti broj ubijenih neposredno nakon Drugog svetskog rata?
Učestvuju: Dragan Krsmanović, bivši načelnik Vojnog arhiva i Stevan Mirković, general u penziji.

--- TEKSTOVI

Stevan Mirković: I Karadjordjević (6. Oktober 2012)
... l’obiettivo dell’Occidente è di ammassarci, rinchiuderci tutti nel “Beogradski pašaluk “, cioè nel Distretto belgradese di una volta. Giacchè continuando le tradizioni dell’allora RSF di Jugoslavia siamo un ostacolo e una minaccia (e non piccola) ai loro piani sui Balcani e ancor più verso il Sud-est europeo...
Stevan Mirković: Karadjordjevići (6. Oktober 2012)

Stevan Mirković o S. Jovanoviću i P. Karadjordjeviću (Dec. 2011.)
https://www.cnj.it/documentazione/mirkovic12.htm

General na Fejsbuku (30. 07. 2011.  - Autor: Stanko Stamenković)
General koji je ranjen na Sremskom frontu i doskorašnji ljubitelj Fejsbuka Stevan Mirković, načelnik generalštaba JNA od 1987. do 1989. godine, uglavnom se bavi okopavanjem bašte u svojoj kući na Banjici, gleda vaterpolo i plivanje i razmišlja o problemima na Kosovu...

Stevan Mirković: Draža je kremiran, a pepeo rasut (7. jun 2011)
... Draža odavno nije problem ove zemlje već njegovi ideološki sledbenici koji se okupljaju na Ravnoj gori i stalno zamahuju krvavim kamama na nevernike!...

Srbija razgovara: pomirenje zvezde i kokarde (Politika 04.07.2011.)
Mirković: Draži nisu presudili ni Tito ni partizani. Draži je presudio narod njegov, njegov kralj i njegova vlada...

Stevan Mirković: Poraz pobede / La sconfitta della Vittoria (Maggio 2010)
... Si meraviglia il ministro Sutanovac per questa situazione, ma è lui uno dei più grandi responsabili per lo scioglimento, ormai lontano, di quell'esercito vittorioso serbo; mentre questo esercito nuovo, proprio come il Governo, si è messo la divisa della NATO, ed il colonnello Draza Mihajlovic, con la mostra allestita nel Museo militare, si va annidando nelle anime militari!...

Stevan Mirković: La memoria del Fronte dello Srem (Sremski front) 1944 - 1945 (maggio 2010)
Il Fronte dello Srem è il tema anti-partigiano prediletto dei sostenitori delle parti perdenti, del Regno di Jugoslavia e della Serbia di Nedić, che fallirono totalmente nella guerra contro il fascismo nel periodo '41 – '45: gli uni si erano messi al servizio degli occupatori, gli altri fuggirono dal paese sotto la tutela degli Alleati (USA, Inghilterra) e attesero che questi gli portassero la libertà su d'un piatto d'argento...
Stevan Mirković: Sećanja na Sremski front 1944 – 1945 (Maj 2010.)
Sremski front je omiljena antipartizanska tema pristalica propalih gradjanskih krugova Kraljevine Jugoslavije i Nedićeve Srbije koji  su, inače, totalno omanuli u ratu protiv fašizma 41. – 45.: jedni su stupili u službu okupatora, drugi pobegli iz zemlje pod skute saveznika (SAD,Engleska), čekajući da im oni donesu slobodu na tacni...

Stevan Mirković: Gli jugoslavi e Srebrenica / Jugosloveni i Srebrenica (20.1.2010)
... La motivazione per cui con questa risoluzione entreremmo a far parte della famiglia dei "popoli civilizzati" è ridicola. I numerosi delitti austriaci, tedeschi, bulgari, compiuti contro i serbi nella I Guerra mondiale, e gli stessi delitti compiuti dagli italiani e dagli ungheresi nella II Guerra mondiale, dimostrano che questa è innanzitutto una famiglia di barbari, e non di gente civile. Cosa poi dire dei bombardamenti del 1999! Gli Stati che per 3 mesi hanno gettato bombe e missili sulla RFJ non sono nemmeno sulla soglia della civilizzazione. Essi sono gli ultimi degni di fare della morale sul genocidio...
Stevan Mirković: O Rezolucije Evropskog parlamenta o "genocida u Srebrenici" / Sulla risoluzione del Parlamento Europeo che istituisce l’ 11 Luglio quale Giorno del ricordo del genocidio a Srebrenica (30 gennaio 2009)

Intervento di Stevan Mirković in occasione del 65-mo anniversario della Giornata di liberazione di Belgrado / Stevan Mirković na tribini „Beogradska operacija“, 16.10.2009
... Anche questa Giornata, la festa piu’ solenne per la citta’ di Belgrado, il regime la usa per discreditare i comunisti ed i partigiani. L’ ultimo “can-can”, l'ultimo intrigo di questo governo contro i comunisti ed i partigiani in occasione dell’ imminente visita di Medvedev alla Serbia, e’ il tentativo di metterci in discordia con l’ Armata Rossa...
Stevan Mirković: Ottobre a Belgrado. Uno scandalo / Oktobarski skandal (22 ottobre 2009)
... Da quando il DOS e’ al potere in Serbia (dal 2000), niente viene festeggiato perche’ non c'è niente da festeggiare, eccetto le vittorie sportive. Per  quanto ricordo, in tutto questo tempo sono state inaugurate soltanto due fabbriche di conserve e due tangenziali intorno alle città...
Stevan Mirković: Oktobarski skandal (22.10.09)

Stevan Mirković: Jugosloveni / Jugoslavi (23.7.2009)
... Gli articoli anti-jugoslavi sono solitamente scritti da ex-jugoslavi, e se volete anche da ex-comunisti. Spesso si tratta del tentativo di lavarsi dai peccati per essere stati jugoslavi e comunisti, e quindi loro ora gonfiano errori e lacune di quel periodo, il che conferma il vecchio detto che "il convertito [all'Islam] è peggiore del turco ottomano"...

Stevan Mirković: Sram te bilo, Srbijo! / Vergognati, Serbia! ("PRAVDA", 27 decembra 2008. god.)
... Dopo che hanno fatto entrare il cavallo di Troia (EULEX) nel Kosovo-Metohija, i nostri leader possono dedicarsi alla loro principale attività: viaggiare per l’Europa assicurandosi il posto di lavoro...

Intervju generala Mirkovića ("PRAVDA", 12-13- jula 2008. god.)
Teško se danas živi, ali tako je bilo i 1941. godine, pa 1945. , ali smo se izvukli. Međutim, tada smo imali Tita i rukovodstvo koje je samostalno odlučivalo i nije moralo da po mišljenje ide u Njujork ili Brisel - kaže general Mirković...

Stevan Mirković: Srbija, svet i AVNOJ (29.11.2007)
Saopštenje Centra Tito povodom 65 godišnjice formiranja AVNOJ

Stevan Mirković: Oslobodimo Beograd ponovo! (2007)
... Mučno je gledati da se na 63. godišnjicu ta dva značajna datuma u našoj istoriji, svi poslanici skupštine Srbije i ministri baškare u njenim holovima i restoranima, ne mnogo zainteresovani ni za skupštinske poslove...

Stevan Mirković: Manjak kulture (“Višak istorije” – 21.10.2007)
... Srbija i srpski narod ima najviše razloga da slavi NOB. On jeste dao najveće žrtve ali se Jugoslavija na pravi način odužila svom najbrojnijem narodu: Srbi su ,pored zajedničke, imali i tri nacionalne države : Srbiju, zatim  Hrvatsku i BiH koje su bile države hrvatskog i srpskog, odnosno srpskog, muslimanskog i hrvatskog naroda, jer su Srbi u njima bili konstutivni narod!...

Discorso di Stevan Mirković nell'occasione della celebrazione della Giornata della Vittoria, 
presso la Casa dell'Esercito di Serbia 9 Maggio 2007
Govor Stevana Mirkovica na Svecanoj akademiji povodom Dana pobede 
u Domu vojske Srbije, 9. maja 2007. godine
 
Intervista radiofonica a Stevan Mirkovic (su “Voce jugoslava”, in onda il 13 marzo 2007 su Radio Città Aperta)
... Per noi è benvenuto ogni sostegno dei compagni italiani, anche lì sul terreno, sul Kosovo innanzitutto. Non ci interessano queste chiacchiere sull'entrare nell’ UE, sulle cooperazioni economiche bilaterali con l’Italia, l'amicizia... La questione primaria ora è il Kosovo. I nostri veri amici sono soltanto quelli che ci aiutano, ci sostengono a difendere il Kosovo...

Stevan Mirković: Dovidjenja na ulici ! (Mart 2007.)
... Nama treba Kosovo.Vlada Srbije mora raskinuti sve ugovore i sporazume s NATO kojima je dozvoljeno stacioniranje i kretanje jedinica ovog vojnog monstruma Srbijom i preuzeti kontrolu nad citavom svojom granicom i teritorijom...

Stevan Mirković: Tempi crudeli. L'opinione del Centro Tito riguardo al problema del Kosovo (24. Maggio 2006.)
... Sono dell'opinione che il nostro governo abbia una mentalità suddita, il che è una regolare caratteristica di nostra classe borghese, dalla quale proviene anche questo governo. Saprà esso trovare la forza per mostrare un comportamento statale oppure capitolerà e tradirà come quello nel 1941?...
Stevan Mirković: Surovo vreme. Misljenje Centra Tito o pitanju Kosova (24. Maggio 2006.)
+ Saopstenje "Centra Tito" povodom saopstenja Krunskog saveta o uvodjenju monarhije u Srbiji
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5004

Stevan Mirković: Decapitato l'eroe di bronzo (Dec. 2004.)
... Per decenni, dalle loro basi americane e da quelle vaticane, [gli ustascia] hanno tentato di ammazzare, bruciare e distruggere tutto quello che nel mondo sa di jugoslavo, e in verità raramente nel nostro Paese. Tito dette loro la caccia in tutto il mondo...
Stevan Mirković: Bronzanom junaku odsecaju glavu (Dec. 2004.)

Stevan Mirković: Rodoljupci iz Topčidera (Jan. 2005.)
... Kosovo je jedan od najočiglednijih primera uspešnosti socijalističkog sistema u SFRJ. Na temelju tekovina zajedničke borbe Srba i Albanaca 1941-1945. (bratstvo i jedinstvo, zajednička svojina, samoupravljanje) ostvareno je ono što je izgledalo nemoguće u dugoj istoriji Kosova, kojom su dominirali albanski begovi i srpski knezovi...

Conversazione con Stevan Mirković (Belgrado, settembre 2001)
... la Zastava di Kragujevac ha dimostrato il pericolo della privatizzazione. All'inizio la privatizzazione è stata molto dura, sicché questo ministro delle finanze e i suoi seguaci sono dovuti scappare dalla fabbrica. Gli operai lo volevano picchiare !...

Intervista con Stevan Mirković (Belgrado, 5 gennaio 2001)
... Il comunismo è stato da noi abbattuto nel ’90, Milosevic ha fatto una parte del lavoro, è andato più piano, e questi di adesso, loro si precipiteranno a ricominciare questa privatizzazione e questa svendita…...

Former Army head calls for coup (B92 29/2/2000) [STEVAN MIRKOVIC: E' ORA CHE L'ESERCITO PRENDA IL POTERE]
... The Army should seize power, disband the government, the parliament and political parties, arrest Milo Djukanovic and eliminate Slobodan Milosevic...
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/91

Si rianima l'idea del non-allineamento. Mirković come Tito (NIN, aprile 1997)
Gli organizzatori del nuovo movimento per il non-allineamento si confrontano con un grande dilemma: come scegliere una terza via se dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica di via ne e' rimasta solo una...




Tante iniziative contro NATO Trident Juncture !

* Lago Patria (NA) 3 ottobre: presidio antimilitarista
* Roma 14 ottobre: Manifestazione e volantinaggio di protesta
* Milano 23 ottobre: iniziativa sulle manovre militari N.A.T.O.
*** NAPOLI 24 OTTOBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE – vedi: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/Trident2015_Napoli241015.pdf ***
Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS ha aderito ed esorta ad aderire alla manifestazione indetta per il 24 ottobre 2015 a Napoli, contro la NATO e la sua colossale esercitazione "Trident Juncture", contro le spese militari e le spinte verso una nuova guerra mondiale.
* Roma 26 ottobre: Convegno del Comitato Italiano No Guerra No Nato
* La Nato sbugiarda Renzi: Trident Juncture pure a Napoli (di Antonio Mazzeo)


Vedi anche:

La Notizia di Manlio Dinucci - Nuove bombe nucleari Usa in Italia (PandoraTV, 30 set 2015)
Stanno per arrivare in Italia le nuove bombe nucleari statunitensi B61-12, che sostituiscono le precedenti B61. In corso a tale scopo l’upgrade della base della U.S. Air Force ad Aviano (Pordenone) e di quella di Ghedi Torre (Brescia). Lo prova una foto satellitare, che mostra la costruzione ad Aviano di una doppia barriera attorno a 12 bunker con copertura a volta, dove vengono tenuti i cac-ciabombardieri F-16C/Ds pronti al decollo con le bombe nucleari...

Verso l’Italia le nuove atomiche Usa (di Manlio Dinucci, Il Manifesto 30.09.2015)
Guerra. Stanno per arrivare sul territorio italiano le nuove bombe nucleari statunitensi B61-12, che sostituiscono le precedenti B61. La B61-12, ha una potenza media di 50 kiloton (circa il quadruplo della bomba di Hiroshima). Lo conferma da Washington l’autorevole Federazione degli scienziati americani...

La polveriera nucleare dell’«arsenale Europa» (di Manlio Dinucci, Il Manifesto 30.09.2015)
Stati uniti. 200 le ogive americane in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia. Più di 500 quelle francesi e britanniche...

Gli Usa si preparano alla guerra, bisogna fermarli (Giulietto Chiesa, Margherita Furlan – Sputnik, 30.09.2015)
In una intervista esclusiva a Sputnik Italia il professore Manlio Dinucci, uno dei massimi esperti di cose militari in Italia, fa luce sulle dinamiche in atto in Siria rispetto alla posizione di Russia e Usa...
http://it.sputniknews.com/mondo/20150930/1266179.html


=== Lago Patria (NA) 3 ottobre ===


Campania: monta la mobilitazione contro guerra, Nato e Trident

Comitato “No Base Nato” Lago Patria - Comitati No Trident
Giovedì, 01 Ottobre 2015

La base Nato di Giugliano (Lago Patria) sarà la regia del “Trident Juncture 2015” (TJ15), una gigantesca esercitazione militare che si terrà nel Mediterraneo (tra Italia, Spagna e Portogallo) dal 3 ottobre al 6 novembre; coinvolgerà 36.000 uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi per testare la forza di rapido intervento che dovrà operare, nell’arco di 48 ore, su numerosi scenari internazionali a difesa degli interessi dei capitali occidentali.
Per simulare scenari bellici verranno sperperati in pochi giorni milioni di euro che si aggiungeranno alla montagna di soldi pubblici spesa ogni anno per armamenti e per occupare altri paesi con le cosiddette missioni umanitarie. L’Italia, nel solo 2014, ha bruciato circa 30 miliardi di dollari per la spesa militare. Si comprano armi nello stesso momento in cui si privano di sanità, trasporti, scuola e pensioni fasce sempre più estese di popolazione. 
Un ruolo decisivo in questa esercitazione, ma in generale nel coordinamento delle forze militari della NATO, è svolto dal quartiere generale del centro di comando NATO “Allied Joint Force Command”, con sede nella base di Lago Patria in Giugliano in Campania. Da lì partiranno tutti gli ordini necessari per l’esercitazione, così come quelli per i futuri interventi militari che interesseranno il Mediterraneo. 
Lago Patria (Giugliano) e Napoli diventano così non soltanto il “cervello” delle operazioni belliche, ma anche un obiettivo militare sensibile, mettendo a serio rischio l’incolumità delle popolazioni locali. 
La presenza di una simile base militare, inoltre, comporta anche l’installazione di potentissime apparecchiature radaristiche ad alto inquinamento elettromagnetico i cui effetti sulla salute sono gravissimi (rischio di tumori, leucemie, catarratte), senza contare gli effetti sulle apparecchiature elettriche (tra cui by-pass, pace-maker e apparecchiature ospedaliere) con cui i campi elettromagnetici interferiscono. 
Questa ulteriore fonte di inquinamento targato NATO incide pesantemente su un territorio già vessato da anni di saccheggio incontrollato da parte di sistemi criminali, imprenditori ed istituzioni compiacenti o “distratte”: milioni di ecoballe, decine di discariche pubbliche e private, lecite ed illecite, contenenti rifiuti tossico-nocivi che stanno compromettendo – forse definitivamente – il nostro territorio senza che le istituzioni intervengano seriamente per mettere fine a tale problema (gli incendi recenti della RESIT e del deposito giudiziario sono sintomatici di tale stallo). E ciò senza peraltro che la presenza dei numerosi militari presenti sul territorio abbia mai avuto alcun impatto virtuoso sull’economia locale né sull’occupazione, come ci hanno voluto far credere. 
Opponiamoci alla devastazione portata dalla Nato sul nostro territorio. Costruiamo un forte movimento di opposizione alle logiche militari e imperialiste, per evitare un sempre più possibile nuovo conflitto mondiale. 
Ieri, mercoledì 30 settembre alle ore 18,00 c/o la sede dei disoccupati organizzati-USB in via Camposcino, 67- Giugliano, si è tenuta un'assemblea in preparazione di: 
- Un presidio antimilitarista che si terrà il 3 ottobre alle ore 10:30 presso la base NATO di Lago Patria. 
- una manifestazione nazionale contro la guerra, l’operazione “TJ15” e per l’uscita dalla NATO del 24 ottobre a Napoli alle ore 14:30 partenza da Piazza del Gesù.  

Comitato “No Base Nato” Lago Patria - Comitati No Trident


=== Roma 14 ottobre ===

COMITATO ITALIANO NO GUERRA NO NATO
ROMA 14 OTTOBRE 2015 – DALLE 17,00 ALLE 20,00
PIAZZA SS. APOSTOLI
 
Manifestazione e volantinaggio di protesta contro la mostruosa esercitazione Trident Juncture  che la Nato ha programmato in Spagna, Portogallo, in Italia, e nel Mediterraneo, con epicentro in Sicilia, tra Ottobre e Novembre 2015, con la partecipazione di oltre 35.000 soldati e centinaia di aerei e navi da guerra: una prova di terza guerra mondiale e di aggressione contro i nostri vicini, a partire dall'Italia e dall’Europa usate come portaerei Usa-Nato. 
 
Raccolta di firme per l’uscita dell’Italia dalla Nato, un’alleanza trasformata da difensiva in organizzazione offensiva a raggio mondiale, che ci sta trascinando in una guerra dopo l'altra:dall’Iraq alla Yugoslavia, dalla Libia all’Afghanistan,  fino all’aggressione indiretta alla Siria con l’utilizzo di bande jihadiste, ed al colpo di Stato neo-nazista in Ucraina che ha rimosso un governo legittimo.
 
 Diciamo No alle guerre Guerre della Nato che provocano migrazioni di interi popoli. 
 
Diciamo No alla proliferazione di basi e poligoni di tiro al servizio della Nato in Italia e in Europa, in cui ci si esercita a nuove aggressioni e si sperimentano nuove armi micidiali che colpiscono territori e popolazioni apportando dissesto sociale e malattie letali.
 
   Firma l’appello che il Comitato Italiano No Guerra No Nato ha lanciato per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un’Italia neutrale, che ha già raccolto migliaia di firme sul sito http://www.noguerranonato.it  e sulla pagina di FB www.facebook.com/noguerranonato
 



=== Milano 23 ottobre ===

Milano, Venerdì 23 ottobre - ore 21
presso la Camera del Lavoro,
Salone Di Vittorio

iniziativa sulle manovre militari N.A.T.O. 
"Trident Juncture 2015":

verso chi è puntato il tridente? La Siria e l'Ucraina, la scacchiera, il gioco pericoloso.

Ci sarà tra gli altri Manlio Dinucci


=== Roma 26 ottobre ===

Partecipa al CONVEGNO INTERNAZIONALE DEL PROSSIMO 26 OTTOBRE A ROMA presso la Sala delle Bandiere del Parlamento Europeo (via IV Novembre 149) per creare una rete internazionale per una politica di pace e neutralità e l’uscita dei paesi europei dalla NATO
LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE
 
 
 
INVITO DI PARTECIPAZIONE
AL CONVEGNO DEL COMITATO ITALIANO NO GUERRA NO NATO 
PER UNA POLITICA EUROPEA DI PACE E NEUTRALITA’
 
ROMA 26 OTTOBRE 2015 ORE 9,00 – 17,30: SEDE DEL PARLAMENTO EUROPEO
SALA DELLE BANDIERE – VIA IV NOVEMBRE 149
 
 
Il Comitato No Guerra No Nato La invita a partecipare al convegno di Roma e a dare il Suo contributo con un intervento.
 
Tra Ottobre e Novembre 2015 la Nato svolge in Spagna, Portogallo, in Italia, e nel Mediterraneo meridionale, con base a Trapani Birgi (Sicilia), una delle più grandi esercitazioni navali e aeree dal 1945, con la partecipazione di oltre 35.000 soldati e centinaia di aerei e navi da guerra: Trident Juncture. Sono prove di guerra contro i nostri vicini, a partire dall'Italia e dall’Europa usate come portaerei Usa-Nato per le aggressioni in corso e a venire.
 
La Nato, trasformata da difensiva in organizzazione offensiva a raggio mondiale, ci sta trascinando in una guerra dopo l'altra.
Nel Medioriente e in Nord Africa è protagonista, insieme agli alleati del Golfo e alle bande jihadiste, della distruzione di Stati e nazioni.
In Ucraina, dopo il colpo di Stato che ha rimosso un governo legittimo, addestra formazioni neonaziste, fomenta la guerra civile e assedia la Russia.
 
Guerre Nato e terrorismi collegati provocano migrazioni di interi popoli. 
L'ammodernamento dell'arsenale nucleare occidentale e la moltiplicazione di basi militari in tutto il mondo minacciano una guerra mondiale.
 
L'Italia e l’Europa sono costellate di basi e poligoni al servizio della Nato, in cui ci si esercita alle nuove aggressioni coloniali e si sperimentano nuove armi micidiali.
Le ricadute di queste attività colpiscono territori e popolazioni sotto forma di dissesto sociale e malattie letali.
 
Il solo impegno militare italiano, sotto totale controllo Nato, costa al contribuente 80 milioni di Euro al giorno, sottratti ai servizi sociali. Lo stesso può dirsi di tutti i paesi europei facenti parte della NATO.
E' drammaticamente urgente opporsi a questa demenziale politica di guerra e di rapina che provoca distruzione, miseria, terrorismo.
Dobbiamo difendere la pace riconquistando la sovranità e neutralità di tutti i paesi europei.
L'Italia e l’Europa devono uscire dalla Nato, la Nato deve uscire dall'Italia e dall’Europa.


=== Articolo di Antonio Mazzeo ===



La Nato sbugiarda Renzi: Trident Juncture pure a Napoli

di Antonio Mazzeo, 29 settembre 2015

Anche il Comando delle forze congiunte NATO di Napoli - Lago Patria avrà un ruolo chiave nella mega esercitazione militare Trident Juncture 2015 che avrà luogo ad ottobre e novembre negli spazi aerei, terrestri e marittimi di Portogallo, Spagna e Italia. La conferma ufficiale è giunta il 28 settembre a conclusione del vertice alleato tenutosi proprio nel quartier generale del JFC – Joint Force Command di Napoli, a cui hanno partecipato l’ammiraglio della Marina militare USA Mark Ferguson (Comandante in capo di JFC Naples), il generale dell’esercito britannico Adrian Bradshaw (vicecomandante supremo delle forze alleate in Europa – DSACEUR) e il generale tedesco Lothar Domroese, comandante del Joint Force Command di Brunssum (Olanda). “Nel corso del meeting sono state discusse le implicazioni strategiche relative al Readness Action Plan e alla NRF, la Forza di Risposta della NATO”, si legge nel comunicato emesso dall’ufficio stampa di JFC Naples. “Il vertice tra i tre leader militari ha avuto luogo alla vigilia dell’esercitazione Trident Juncture 2015, che consentirà di dare la certificazione al Comando di Brunssum per guidare nel 2016 la Forza di Risposta NATO NRF, in qualità di quartier generale di comando e controllo. Attualmente è il Joint Force Command di Napoli a fungere da comando e controllo per la NRF 2015 ed esso sta supportando l’esercitazione mediante assistenza e potenziale umano aggiuntivo”.
Affermazioni che sbugiardano in toto quanto riferito in Parlamento dal governo italiano lo scorso 17 settembre. “Si sottolinea che la città di Napoli non è coinvolta ad alcun titolo nella esercitazione”, riportava il sottosegretario alla Difesa Gioacchino Alfano, nella risposta scritta all’interrogazione presentata da alcuni deputati del Movimento 5 Stelle sul ruolo delle installazioni militari italiane interessate da Trident Juncture 2015. “A livello nazionale, il coinvolgimento prevede l’invio di elementi dell'Esercito in Spagna, Portogallo e a Capo Teulada, di assetti aerei dell’Aeronautica presso le basi di Trapani, Decimomannu, Pratica di Mare, Pisa, Amendola e Sigonella, mentre per la Marina Militare saranno presenti assetti navali inclusi nell'esercitazione nazionale Mare Aperto”, aggiungeva il sottosegretario Alfano. “L’esercitazione sarà guidata dal Joint Force Command Brunssum (Olanda) e non dal Joint Force Command di Napoli come riportato in premessa all’interrogazione parlamentare”.
Grazie a Trident Juncture 2015, la NATO potrà sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della propria forza di pronto intervento NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). La VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando NATO. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Proprio in vista della creazione della nuova task force, sono stati riorganizzati i quartier generali e i comandi operativi alleati: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo del Joint Force Command di Brunssum e del Comando per il Sud Europa di Napoli - Lago Patria.
Crescono intanto le adesioni di associazioni e comitati alla manifestazione nazionale No Trident Juncture che si terrà nel capoluogo campano sabato 24 ottobre. “La NATO è uno strumento di convergenza e di coordinamento degli interessi dominanti dell’imperialismo euro-atlantico, uno strumento offensivo al servizio delle mire espansionistiche ed interventistiche delle grandi potenze occidentali, a scala planetaria, che tanti disastri stanno provocando in giro per il mondo”, scrivono i promotori dell’appello, il missionario comboniano Alex Zanotelli, il Comitato napoletano “Pace e disarmo” e la Rete Napoli No War. “E’ per questo che a partire dalla Sicilia (dove il governo tenta d’imporre l’entrata in funzione del micidiale Muos a Niscemi), dalla Sardegna, da Poggio Renatico (Ferrara), da Pratica di Mare e Pisa, tutti coinvolti nell’esercitazione, proponiamo di costruire insieme una forte mobilitazione contro la Trident Juncture, la militarizzazione dei territori e le politiche di guerra, su tutto il territorio nazionale”.




70.mo Liberazione / 7: 
Ricordando Sergio Ricaldone

1) Sergio Ricaldone racconta la Resistenza ai giovani dell’ANPI (2012)
2) Sergio Ricaldone su Pietro Ingrao (2006)


Vedi anche: 

Ricordare il passato vigilando contro i pericoli del presente e del futuro (2005)
Testo dell'intervento di Sergio Ricaldone (21/09/1925 - 17/07/2013) in occasione di una celebrazione della Resistenza tenuta insieme a Giovanni Pesce e Nori Brambilla il 2 giugno 2005, a Cologno Monzese


Pietro Secchia: un ruolo di primo piano nell’antifascismo, la Resistenza e la Costituzione  (2005)
Nel 70° anniversario della vittoria del movimento di Liberazione in Italia, ci sembra doveroso ricordare una dei dirigenti comunisti che più hanno contribuito all’organizzazione della Resistenza partigiana. Lo facciamo proponendo il pregevole intervento che l’indimenticabile compagno Sergio Ricaldone pronunciò nel corso del convegno organizzato a Torino da “Nuovi Partigiani della Pace”, il 16 aprile 2005
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/in-italia/25459-pietro-secchia-un-ruolo-di-primo-piano-nellantifascismo-la-resistenza-e-la-costituzione.html


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25 aprile 1945 : vittorie, illusioni, sconfitte e speranze


24 Aprile 2012

Sergio Ricaldone
 racconta la Resistenza ai giovani dell’ANPI

Siccome appartengo ad una specie ormai in via di estinzione, confesso di essere un po’ imbarazzato a rappresentare simbolicamente una storia lontana anni luce dalle versioni con cui viene raccontata oggi da molta letteratura e dalle fiction televisive.
 
Sono costretto a misurarmi con la potenza di fuoco del grande apparato mediatico che ogni giorno ci bombarda con notizie false e storie inverosimili, ed è una impresa disperata. Proverò comunque, nel tempo disponibile, a riproporvene da testimone qualche passaggio significativo, senza nascondermi dietro ipocriti pentimenti.
 
Quando nel 1943 decisi di imbracciare il fucile, avevo 18 anni e lo feci richiamandomi ad una parola nella quale credevo e continuo a crederci. Questa parola, per me bellissima, si chiamava comunismo ed è stata per molti di noi il propellente ideale che ha alimentato le nostre scelte di combattere il nazifascismo con la guerra partigiana. Dunque partigiano e comunista ! Due parole oggi impronunciabili. Diventate un’accusa oscena e infamante che ci accomuna a quella coniata dai nazisti in tutta l’Europa occupata: banditi e terroristi. Il che conferma che la storia solitamente la fanno e la vincono i popoli ma poi la scrivono e la raccontano i padroni che comandano.
Allora, tutto il continente, da Capo Nord al Mediterraneo e dal Volga alla Manica giaceva sotto il tallone di ferro dei nazisti. Diventata totale, la guerra non poteva non assumere il carattere di una lotta di liberazione di Stati e di popoli, con sistemi sociali e politici diversi, saldamente coalizzati contro il pericolo mortale rappresentato dal nazifascismo. Perciò una lotta con profonde motivazioni universali, la civiltà contro la barbarie e la libertà contro la schiavitù, che ha coinvolto non solo gli eserciti combattenti ma gli stessi popoli dei paesi aggrediti rendendoli partecipi, con la lotta armata, delle vicende militari che hanno sconvolto l’Europa per cinque lunghissimi anni. Anni di ferro e di fuoco che ci hanno costretto a consumare le nostre giovani vite chi sui campi di battaglia, chi sulle montagne, chi nelle città occupate e chi nei lager nazisti.
 
Mi permetto qualche libertà di espressione e azzardo perciò, insieme alla mia testimonianza di partigiano, un bilancio. Bilancio di un quasi novantenne che, per ragioni biologiche sta per passare a miglior vita e si domanda – mi domando - se le decisioni prese di combattere, prima con le armi, poi, dopo che cessarono gli spari, con la militanza politica, per dare all’Italia una bellissima Costituzione, ne sia valsa veramente la pena.
 
La domanda non è retorica poiché oggi ho l’impressione di essere imbarcato, come tutti voi, su un Titanic chiamato pomposamente Europa che sta affondando, e mi domando a cosa siano serviti decenni di lotte del movimento operaio italiano. Mi domando come, quando e perché le grandi conquiste sociali e politiche , costate lacrime e sangue, siano state spazzate via. E quanto sia difficile mantenere in vita gli stessi ideali in cui crediamo.
 
Resistenza, Antifascismo, Costituzione sono le fondamenta su cui vorremmo edificare il futuro. Ma la destra è al potere in tutta Europa e, pur nelle sue differenze, nega e sopprime i valori sociali e democratici della nostra cultura resistenziale.
 
Per il modo come viene raccontata oggi nelle celebrazioni ufficiali, in certi libri e fiction televisive, la Resistenza appare, nel migliore dei casi, come un corpo morto al quale sono stati espiantati, uno dopo l’altro e buttati in discarica, gli organi vitali.
 
Tra i diversi soggetti politici che l’hanno combattuta credo però sia giusto ricordare in questa occasione quella che ne è stata la spina dorsale e la sua forza motrice, ossia il movimento operaio. Senza quel movimento, alimentato da grandi ideali rivoluzionari, non ci sarebbe stata Resistenza e guerra partigiana.
 
Dalla valle di Susa alle montagne del Friuli gli operai sono stati la componente più importante e cosciente della guerra partigiana e delle iniziative di sostegno che si sono svolte nei quartieri popolari e nelle fabbriche. Anche chi vi parla si è formato politicamente e militarmente a quella scuola. Si chiamava officina ed era un po' diversa dalle catene di montaggio robotizzate di oggi. Un complesso di macchine utensili e banchi di montaggio su cui operai giovani e anziani lavorando fianco a fianco, parlando e raccontando le loro storie, hanno preso coscienza dei loro diritti calpestati e della loro forza, si sono organizzati ed hanno lottato, prima con gli scioperi poi con le armi contro il tiranno. Mettendo in gioco la propria vita. Ci mancava ovviamente la preparazione culturale dei giovani di oggi ma sovente, senza che neppure ce ne accorgiamo, le cose accadono da sole. Sembrano fatalità, coincidenze, ma sono in realtà vibrazioni, impulsi, trasmessi dal mondo reale che ci circonda, che si mettono in moto e che poi si riuniscono e formano un unico, razionale pensiero che ci guida nelle grandi scelte che la vita ci impone di compiere. Si chiamava e si chiama tuttora ideologia. Ed era la nostra ideologia, quella proletaria, che ha sorretto per un secolo le grandi lotte sociali e politiche del movimento operaio, le grandi rivoluzioni, i movimenti di liberazione dei popoli oppressi.
 
Ed è grazie a quell’ideologia, sprigionata dalla rivoluzione d’Ottobre, che le sterminate periferie industriali di quel tempo sono diventate l’epicentro dei grandi eventi storici di cui stiamo parlando. Quella è stata la nostra scuola e il nostro primo campo di battaglia. 
Lo dobbiamo a giganti del pensiero come A. Gramsci, che hanno saputo formare uomini d’acciaio, come mio padre, che da modesto tranviere comunista ha saputo reggere, senza battere ciglio, due condanne del Tribunale Speciale a complessivi 18 anni di carcere, per diventare poi uno dei capi della Resistenza a Milano.
 
Spero che venga compreso lo stato d’animo di profonda amarezza di fronte ai ripetuti tentativi di falsare e capovolgere il senso delle scelte da noi compiute a quel tempo.
 
Persino le date più significative sono oggetto dei ripetuti tentativi di rimozione storica, fino a proporci di cancellare come giorno di festa il nostro 25 aprile.
 
Anche il giorno cruciale che celebra la fine della guerra, l’8 maggio 1945, e abbraccia in un'unica grande dimensione internazionale il sacrificio di tutti i popoli europei, dal Volga alla Manica, nonché i 56 milioni di morti pagati per porre fine a quella follia, è finito nell’oblio più assoluto.
 
La stessa scelta del 27 gennaio 1945 quale “giorno della memoria”, che mira a fare dell’olocausto del popolo ebraico l’evento centrale del conflitto, non è una scelta casuale e innocente ma concorre in qualche modo a stemperare, a scolorire e ridurre la reale dimensione europea e mondiale di quella immane tragedia che è stata la seconda guerra mondiale.

Non c’è alcun dubbio che Auschwitz, liberato appunto il 27 gennaio, sia un monumento esemplare alla barbarie del nazismo e il celebrarne la liberazione rappresenta un doveroso omaggio e una sorta di palingenesi del popolo ebraico. Però attenzione ! Un corretto ricordo dovrebbe almeno accomunare i liberati di quel campo con i liberatori e raccontare senza reticenze quel che accadde prima quel 27 di gennaio 1945, quando due soldati dell’Armata Rossa si avvicinano di buon mattino alla barriera di filo spinato che circonda il campo di Auschwitz. Aprono il cancello, entrano e si trovano davanti l’ennesimo spettacolo simile e agghiacciante come quelli già visti durante la loro lunga marcia nei territori liberati.
 
Le immagini di Auschwitz le abbiamo viste, riviste e condannate negli ultimi decenni e continueremo a farlo nei prossimi anni, ma sono solo un parte del pesante bilancio di vite umane pagate dai soldati che liberarono quel campo, bilancio che supera di quattro volte i sei milioni di vittime dell’olocausto ebraico.
 
Quei due soldati che ho ricordato appartenevano al gruppo di armate del primo fronte ucraino comandate dal maresciallo Koniev. Avevano fatto molta strada prima di arrivare in quel piccolo villaggio polacco, davanti a quel filo spinato. Erano partiti da Stalingrado un anno prima, dopo che (come ha raccontato Pablo Neruda nel suo Canto generale) il sangue di più di un milione di giovani sovietici aveva colorato di rosso le acque del Volga e le rovine della città, prima di poter annientare la sesta armata nazista di Von Paulus e capovolgere le sorti del secondo conflitto mondiale.
 
Poi, quegli stessi soldati, hanno dovuto camminare per quasi tremila chilometri, combattendo e vincendo contro i panzer di Hitler le più feroci battaglie di tutta la guerra europea, lasciando sul terreno ancora milioni di morti prima di liberare la Polonia e di arrivare davanti a quel famoso cancello. E molta strada dovettero ancora compiere prima di poter schiacciare la belva hitleriana nel bunker di Berlino.
 
Tutta la lunga marcia di quei soldati è punteggiata da centinaia di altri spettacoli agghiaccianti allestiti dai killers con la svastica, compiuti senza la razionale perfezione industriale dei forni crematori e delle camere a gas di Auschwitz ma con mezzi più spicci e artigianali come il colpo alla nuca. Migliaia le fosse comuni, con milioni di corpi sepolti, segnano la ritirata nazista dai territori invasi dell’Ucraina e della Bielorussia. Sotto quei cumuli di terra sono stati sepolti i corpi massacrati di vecchi, donne, bambini, prigionieri di guerra, commissari politici, partigiani operanti alle spalle del nemico. La loro colpa quella di essere, oltre che ebrei, anche comunisti o più semplicemente russi che amavano il loro paese. Dunque, “untermenschen”, ovvero razze inferiori, sottouomini che bisognava sterminare.
 
Da vecchio partigiano devo molto a quelle “razze inferiori”. La nostra idea di resistenza è infatti germogliata durante gli scioperi di marzo, nel 1943, a Milano, Torino e Genova, non a caso due mesi dopo la fine della battaglia di Stalingrado e si è concretizzata dopo l’8 settembre quando l’Armata Rossa stava già dilagando verso ovest.

Come tutte le guerre anche quella combattuta nelle nostre città occupate dai nazifascisti non è stata un pranzo di gala ma una guerra spietata, una pratica di lotta estrema che dovevi imparare presto e bene. Sei solo e circondato da un nemico che non fa prigionieri. La pistola e l’esplosivo, gli agguati e gli attentati erano i mezzi con cui combattere l’invasore che occupava le città con la potenza soverchiante dei suoi panzer, la ferocia delle SS e dei brigatisti neri al loro servizio. Sai che sotto quelle divise ci sono belve feroci che hanno torturato, impiccato i tuoi compagni di lotta, hanno incendiato e raso al suolo villaggi, massacrato donne, vecchi e bambini senza alcuna pietà. Sai che se cadrai nelle loro mani non avrai scampo. Quella ferocia l’abbiamo subita quando siamo caduti nelle mani dei torturatori neri e della Gestapo e poi inviati incontro alla morte nei campi di sterminio.
 
Da fatti realmente vissuti e raccontati dai testimoni oculari, ormai in via di sparizione, Resistenza e antifascismo si stanno trasformando, come è giusto che sia, in cultura storica, e perciò percepiti oggi dal senso comune in una dimensione diversa. Ma anche esposti al rischio di pessime riduzioni celebrative. E questo toglie valenza anche all’entità geopolitica complessiva di un fenomeno che è stato soprattutto europeo ed ha riguardato i popoli dell’Europa intera. Quella di allora beninteso non quella di oggi, ossia quella delle banche che riduce molti di voi a dei senza lavoro, precari o disoccupati per tutta la vostra vita futura.
 
E’ un ciclo involutivo che sta entrando in una fase molto preoccupante. Non è più solo revisionismo ma si chiama più realisticamente negazionismo. Ed è la fase terminale di un lungo processo di distruzione della memoria storica che accompagna analoga distruzione delle nostre conquiste sociali e politiche.
 
La liberazione dall’invasore diventa guerra civile, la risposta armata dell’aggredito all’aggressore diventa terrorismo, i partigiani sono canaglie, ladri, assassini, stupratori, si chiede uguale rispetto per i morti, siano vittime o carnefici. L’aveva intuito Jean Cocteau quando ha scritto che la storia sono fatti che finiscono per diventare leggende e le leggende sono bugie che finiscono per diventare storia.
 
Ricordo, per inciso, di avere parlato dell’argomento nel 1966, con Gillo Pontecorvo, (vecchio compagno di lotta partigiana), all’uscita del suo film, “La battaglia di Algeri”, quando ad una mia domanda mi rispose che, tra le tante ragioni che lo avevano spinto a raccontare la resistenza del popolo algerino, aveva il fondato timore che, prima o poi, tutte le guerre di liberazione, inclusa quella che avevamo combattuto insieme, sarebbero state catalogate come terrorismo, criminalizzate e poi dimenticate. Parole profetiche.
 
Ricordo che mentre migliaia di gaglioffi nazifascisti sono stati sottratti alla giustizia e poi arruolati nella Cia, nella Nato e nella Gladio, persino un resistente come Nelson Mandela è stato tenuto iscritto per molti anni ancora nel registro dei terroristi tenuto dalla Cia persino quando è diventato Presidente del Sudafrica.
 
L’ondata diffamatoria e negazionista ha investito altri movimenti di liberazione in l’Algeria, Vietnam, Cuba, l’intera Africa australe e mezza America latina. Che poi per fortuna hanno vinto ! Ma ora alimenta, purtroppo, anche i movimenti neonazisti che stanno formandosi e dilagando in molti paesi dell’Unione europea.
 
Sono decenni che la cosiddetta cultura europeista ci presenta il vecchio continente come una grande casa comune, un giardino fiorito di nazioni democratiche e pacifiche, rispettose le une della altre, dalle cui culture sarebbero stati sradicati una volta per tutte i fantasmi dei 4 cavalieri dell’Apocalisse che hanno funestato il 20° secolo : il nazifascismo, l’antisemitismo, la fame, la guerra.
 
Il guaio è che ciò che rimane dell’illusorio progetto di Unione Europea è l’immane disastro che stiamo vivendo e pagando. Abbiamo una magnifica Costituzione repubblicana ma subiamo, senza via di scampo (come tutti i paesi dell’Unione Europea) il potere delle banche, centrali e non. La destra, intesa come braccio secolare del capitale finanziario (e madre prolifica dei movimenti neo nazisti) è al potere in tutta Europa. Nei paesi baltici “liberati dal comunismo sovietico” e ammessi a pieno titolo nell’Unione europea, riappaiono i monumenti alle SS, si celebra l’invasione hitleriana e si occulta persino il massacro di decine di migliaia di ebrei.
 
I 4 cavalieri dell’Apocalisse rispuntano e dilagano. Ci ritroviamo a fare i conti con il nazifascismo, l’antisemitismo e la povertà ma anche con la guerra. Anche se per ora le bombe ci limitiamo a scaricarle su Tripoli in nome di una democrazia diventata merce di esportazione. Dunque attenzione ! Le ambizioni di dominio planetario dell’imperialismo sono ancora ben presenti. I bilanci militari sono in crescita e prima o poi un nemico contro cui usarle queste armi, la Nato e il Pentagono lo troveranno e vi offriranno un’occupazione mettendovi in mano un fucile. Le prossime tappe delle future guerre sono Damasco e quasi sicuramente Teheran.
 
Sta a voi rifiutare questa prospettiva. Il ricordo della Resistenza per essere autentico non può essere celebrativo ma impegno sociale e politico nel presente. Non abbassate la guardia e difendete il vostro diritto a un futuro di lavoro sicuro e pacifico. I veri nemici non sono i popoli di altri continenti ma i banchieri e i padroni “modello Marchionne” e i loro governi che parlano la nostra lingua ma negano i vostri diritti, la vostra dignità e vi vogliono servili e ubbidienti. La vostra ultima trincea democratica è la Costituzione della Repubblica così come è stata scritta col sangue di 48 mila partigiani caduti perché l’Italia garantisse il futuro delle giovani generazioni.

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www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 28-09-15 - n. 558

In occasione della scomparsa di Pietro Ingrao (27/09/2015) riproponiamo questo articolo dell'indimenticato quadro comunista Sergio Ricaldone, scritto quasi 10 anni fa, che ci aiuta a ricostruire il percorso politico di questa figura "mitica"  della sinistra italiana.

"Volevo la luna" : ultima, discutibile fatica editoriale di P. Ingrao

Sergio Ricaldone

19/09/2006

Ho il vago sospetto che tra l'uscita del libro di Pietro Ingrao "Volevo la luna" e l'imminente assemblea costitutiva del partito della Sinistra europea, sezione italiana, ci sia un linkage molto ben calcolato.

Nel cuore dell'autunno dovrebbe nascere il futuro partito del quale si percepisce il sapore e la volontà  di un radicale cambio di regime interno a Rifondazione, già in atto da tempo ed ora in fase galoppante, ma ancora senza una direzione ben definita né identikit.  Insomma, un appuntamento con molte incognite.  Nessuno sa quale sarà la bussola del nuovo partito.   La sola cosa assodata è il taglio netto con il comunismo finora conosciuto in tutte le sue varianti planetarie.   Non sarà un passaggio facile.   Soprattutto ora che il trono lasciato vacante da Fausto Bertinotti è stato occupato da un modesto re travicello, Franco Giordano, incapace di superare lo schema antiunitario della "maggioranza pigliatutto" e incline ad usare la clava delle misure disciplinari contro le minoranze interne, quale soluzione ad una congiuntura politicamente difficile da gestire.

La presenza di Ingrao come sponsor e testimonial di questo nuovo soggetto politico europeo postcomunista diventa perciò un fattore di sostegno importante per la sua riuscita, soprattutto perché con questo suo ultimo libro l'autore porta un personalissimo contributo ad una definitiva rottura dei ponti tra Rifondazione e il comunismo storicamente conosciuto.

Mi è bastato leggere, prima ancora del libro, l'ampia intervista rilasciata da Pietro Ingrao a Repubblica, l'8 settembre scorso, per domandarmi per quale ragione una rispettabile figura della sinistra decida di spendere gli ultimi spiccioli della sua esistenza biologica per scrivere un libro così apertamente distruttivo della storia del comunismo italiano.  Forse per un eccesso di vanità senile e perché – come lui stesso dice – "ho amato troppo l'applauso" .

Questo tentativo ingraiano di raccontare la storia della propria vita passando e ripassando in lavatrice le proprie scelte di milizia politica e inzuppando il pane in un banalissimo gossip che riduce Togliatti ad un sottomesso "compagno di merende" di Stalin, riceverà senza dubbio tantissimi applausi dalla platea che sanzionerà la nascita della "Sinistra europea".    Questo suo libro sembra infatti scritto apposta per concludere il ciclo di autoseparazione da tutta l'esperienza storica del comunismo novecentesco portando in discarica anche i personaggi che hanno animato e guidato le grandi battaglia politiche e sociali e resistenziali del movimento operaio italiano.

Un ciclo di rimozione che, all'interno di Rifondazione, era stato iniziato da Bertinotti a Livorno, nel 2001, quando l'egocentrico segretario del partito, per regolare i conti una volta per tutte con i suoi oppositori interni (Ernesto in primis) cominciò a sparare a zero contro lo spettro di Giuseppe Stalin che sembrava aggirarsi ancora minaccioso dentro Rifondazione.  Dopo di che, attingendo in preordinata sequenza nella abbondante letteratura "pre", "post" e "anti" prodotta dal revisionismo storico di destra e di sinistra, Bertinotti ha ridotto il secolo delle grandi rivoluzioni e del comunismo ad un cumulo di macerie fumanti.

Pietro Ingrao che, fino a poco tempo fa, sembrava considerare, diversamente da Bertinotti, il comunismo italiano di Gramsci e Togliatti una incolpevole ed apprezzabile eccezione rispetto allo stalinismo ha ora cambiato opinione e ci racconta invece di un Togliatti allievo mediocre e subalterno del feroce georgiano emulo di Gengis Kan.

Mi rendo conto del rischio che corro toccando la "mitica" figura di Pietro Ingrao, ovvero l'oppositore sempre e dovunque di Sua Maestà.  E chi meglio di lui può raccontarci i fasti e i nefasti del vecchio PCI ?    Nel popolo di sinistra abbondano ancora oggi gli ingraiani che pendono dalle sue labbra e lo applaudono ogni volta che apre bocca anche se le frasi di sinistra che pronuncia con forbito eloquio sono sempre innocue  e sempre più distanti dal "gorgo" dello scontro politico e sociale spesso evocato.

Ci sono, ovviamente, anche gli antingraiani convinti che i suoi comportamenti politici siano stati spesso segnati dall'egocentrismo, dall'opportunismo e da una scarsa coerenza con gli impegni presi con i suoi compagni di avventura, spesso galvanizzati da un suo "armiamoci e partite" e poi piantati in asso nei momenti cruciali, come capitò al gruppo del Manifesto al momento della sua radiazione dal PCI.

Quando 15 anni fa, dopo la Bolognina, costituimmo Rifondazione comunista eravamo convinti che Pietro Ingrao, superando le tante indecisioni, ci aiutasse a ricomporre una leadership in grado di salvare e ricostruire una presenza organizzata dei comunisti in questo paese, capace di ridare una prospettiva di trasformazione nel solco di una continuità, doverosamente critica e senza sconti, con la storia che, dall'Ottobre sovietico in poi, ha, comunque, sorretto ed animato le grandi battaglie politiche ed ideali del movimento operaio, dei movimenti di liberazione antimperialisti e le grandi rivoluzioni che hanno radicalmente cambiato la geopolitica del pianeta.   Ne eravamo convinti perché ci sentivamo figli di quella storia e di quel movimento che, malgrado errori ed orrori e le inevitabili dinamiche di "un passo avanti e due indietro" insite in ogni rivoluzione, aveva saputo comunque spostare in avanti, e di molto, le frontiere del progresso economico e sociale dopo avere inflitto colpi severi al nazifascismo, al colonialismo e all'imperialismo.

Pietro Ingrao, pur non avendo mai smesso di parlarci di masse, di operai, di lavoro liberato, di democrazia e di non violenza, preferì, ancora una volta, recitare la parte del libero pensatore offrendosi unicamente – come fanno i grandi predicatori domenicali – alle riflessioni collettive di quanti (dubbiosi e non) hanno continuato ad interrogarsi sul significato da attribuire alla parola "comunismo".  Salvo poi lasciare ad altri il compito di costruire il soggetto politico in grado di organizzare nei faticosi giorni feriali la grande massa dei salariati, dei precari, dei cassaintegrati, dei licenziati, dei pensionati al minimo.

Ti siamo comunque grati, carissimo Ingrao, per le tante parole gratificanti che ci hai trasmesso da tanti pulpiti in più di mezzo secolo.   Ma continuiamo ad essere convinti che dalle prestigiose poltrone politiche  ed istituzionali che hai occupato avresti potuto fare molto,  molto di più.  




“NA MORE CON AMORE”
Resoconto dell'iniziativa - Edizione 2015


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Ciao a tutti,
in questo mese di settembre si è conclusa la terza edizione di “nA More con AMore” e, come sempre, speriamo farvi cosa gradita con un breve resoconto dell’iniziativa estiva dei bambini ospitati a Santa Severa, che quest’anno erano davvero piccolissimi: tutti di 8 anni, tranne Nemanja, il saggio del gruppetto, con i suoi ben 12 anni! Questi bambini vivono nella municipalità serba di Kraljevo, provenienti da famiglie residenti nei villaggi di campagna di Roćevići, Vrdila e Devdeci, dove si trovano le piccole succursali della Scuola Primaria “Jovan Dučić”.
Dal 28 agosto al 5 settembre, con Boško, Isidora, Nada, Nemanja, Vojin, Milivoje e Jelena abbiamo trascorso momenti davvero piacevoli, divertenti, sereni e con quel velo di fantastica tenerezza che i bambini di questa età sanno donare. 
Quest’anno il viaggio aereo di andata è stato puntuale, sebbene con immenso dispiacere non siamo riusciti a cambiare il biglietto di un alunno che non è potuto venire cosicché un’altra bambina quasi pronta a partire al suo posto ha dovuto rinunciare. La nuova direzione della compagnia Air Serbia, dopo che quest’ultima si è “imparentata” con Etihad, ha richiesto per il subentro una tariffa esagerata, pari a metà dei fondi raccolti dalla nostra associazione. E’ la prima volta in tanti anni che si verifica una situazione del genere. Ne restiamo naturalmente contrariati e soprattutto amareggiati, per non aver potuto offrire ad una bambina questa opportunità.
Ma ciò non ha impedito di godere della presenza di questo gruppo in Italia, e la settimana è trascorsa senza altri imprevisti, anche con la collaborazione degli esercenti di Santa Severa, che ci hanno sostenuto come sempre.

I bambini hanno svolto soprattutto attività balneare. Hanno goduto di sole, di sale e di un mare variegato nei colori e nelle forme: verde, azzurro e nuvoloso, talvolta mosso altre calmo, ma sempre tiepido ed emozionante. Dal mattino presto alla sera al tramonto, abbiamo passeggiato, fatto bagni, mangiato frutta e gelato sulla spiaggia, sconfitto cavalloni d’acqua, costruito castelli di sabbia e attraversato castelli veri! Abbiamo svolto grandiose Olimpiadi sulla sabbia, che il piccolo e vivace Andrea ha organizzato per tutti.
Abbiamo visitato il Castello di Santa Severa, aperto quest’anno in modo speciale con la sua storia antichissima; abbiamo ammirato le magie chimiche e la collezione di fossili del meraviglioso signor Giulio, nel laboratorio di mineralogia e di preistoria del sito dell’antica Pirgy. Ma l’entusiasmo dei bambini, nel camminare col naso all’insù ed all’ingiù per Roma città eterna si è rivelato inaspettato. Nonostante il caldo e le lunghe camminate per i colli ed i monumenti della città, con alla guida il nostro preparatissimo Andrea Martocchia, da Circo Massimo a San Clemente, al Colosseo, al Colle Oppio, al Quirinale, alla Fontana di Trevi, al Campidoglio con vista Fori fino a San Giorgio in Velabro, tra una pizzetta ed un bel gelato, la giornata è diventata presto mito, nei ricordi dei piccoli turisti. Ma il giro sui risciò di LelloCicli in quel di Santa Severa è piaciuto proprio tanto e pure la crepe alla nutella da Sabrina. I bambini hanno mangiato e dormito a sazietà, ma indubbiamente il più coccolato e soddisfatto di cibarie è stato Bartolo, il cane di casa. E poi non dimenticheremo Bosko, che in acqua un po’ tremava, ma non per paura, perché in realtà dall’acqua non voleva proprio uscire! Ed alla fine però, non ha tremato quasi più. Dopo questi giorni intensi, li abbiamo accompagnati sabato mattina presto, in aeroporto, sempre con nostalgia del futuro ma felici del passato trascorso insieme. 

Anche questa edizione dell’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con le associazioni Non bombe ma solo caramelle Onlus, CNJ – Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus e la Scuola Primaria " Jovan Dučić ".
Le spese sostenute, per un totale di 1.743,43 euro, hanno riguardato: biglietti aereo, assicurazione per infortunio e responsabilità civile, servizio stabilimento spiaggia in Santa Severa, ingressi ridotti visite a Roma (S. Clemente, Colosseo) e Santa Severa (museo mineralogia), vitto (solo quota parte).
Per aver contribuito a sostenere economicamente l’iniziativa ringraziamo
per le sottoscrizioni:
Lara Burolo, Maria Teresa Barone, Emanuela Caldera, Vincenza Ferrara e Sara, Associazione Orme, Stefano Peciarolo, Živkica Nedanovska Stankovski, Angela Taverniti, Alberto Tarozzi, Gilberto Vlaic, Samantha Mengarelli; 
per l’alloggio, per alcuni trasferimenti, per il vitto, per la guida turistica e per le visite culturali a Santa Severa:
Augusto Mengarelli, Stefano Mattozzi, Samantha Mengarelli, Fabrizio Scandone e l’associazione Orme, Andrea Martocchia, Luana Proietti, Roberto Felicetti, Marzia Casale, Dejana Perunicić, Milivoje Popović, Jelena Stajić, Massimo Alviani, l'alimentari panificio Fracassa Galli & C. snc, la pizzeria L'Angolo delle Crepes di G. Amici e S. Lobascio, lo stabilimento Lido, il panificio Vapoforno, il Castello di Santa Severa, Giulio Rinaldi (Museo Mineralogico), Stefano di Lello Cicli.
I fondi raccolti, insieme ai fondi di CNJ residui dell’iniziativa svolta nel 2014, sono stati interamente utilizzati per coprire le spese di questa edizione.

Ringraziamo Jelena e Milivoje, il Direttore della Scuola, entrambi insegnanti di questi bambini. Con piacere evidenziamo che in questi tre anni siamo stati veramente fortunati. Non possiamo che complimentarci per la cura e l’attenzione che tutti gli accompagnatori, Valentina, Milos, Dusan, Jelena, Milivoje, hanno avuto per i bambini nostri ospiti, dei quali ci hanno colpito l’educazione ed il rispetto degli spazi condivisi, cosa per nulla scontata.
Li salutiamo tutti e li ringraziamo, contenti, di averli visti allegri, sereni, silenziosi, chiassosi e con qualche lacrima agli occhi di questi bambini così piccini e lontani, al telefono con mamma e papà, ma anche per le belle parole di Milivoje, che hanno commosso il saggio Nemanja.

Sperando nella possibilità di realizzare una prossima edizione di “nA More con AMore”, per chi vuole, vi invitiamo a visionare racconti e foto alla pagina:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm#2015 
. Buona lettura ed un saluto a tutti.


A Fiore ed Anna Maria
Certe case vivono e vivranno sempre il loro buon tempo, piene ed appagate delle voci e dei passi che le hanno attraversate… (da: nA More con AMore, prima edizione) 

A cura di Samantha Mengarelli