Informazione


I PRIMI DELLA CLASSE

La Macedonia rimborsa in anticipo il suo debito con il FMI

da www.viedellest.eu
Macedonia - 25 febbraio 2015

Il 27 febbraio scorso, con un anno di anticipo, la Macedonia ha completato il rimborso della quota rimanente del debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), pari a circa 173,3 milioni di dollari. Lo comunica una nota del Fondo stesso, nella quale si specifica che le obbligazioni traevano origine da una linea di credito precauzionale approvata nel gennaio 2011, che prevedeva che il rimborso finale avvenisse nel marzo 2016. La decisione di rimborso anticipato è stata ben accolta dall'Fmi, che per bocca della direttrice operativa del Fondo, Christine Lagarde, ha sottolineato che la mossa evidenzia “il migliorato accesso del Paese ai mercati internazionali del capitale”. Fondo che, ha affermato sempre Lagarde, rimane sempre aperto a un “dialogo costruttivo con le autorità macedoni”.









[Segnaliamo anche,
sulla propaganda che continua in merito a "foibe" ed "esodo":

Come si manipola la storia attraverso le immagini: il #GiornodelRicordo e i falsi fotografici sulle #foibe 
di Piero Purini, con la collaborazione del gruppo di lavoro «Nicoletta Bourbaki» – 10/3/2015

sul tema dell'impunità garantita ai criminali di guerra italiani:

Davide Conti: L'OCCUPAZIONE ITALIANA DEI BALCANI
Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943). Odradek, Roma 2008

Davide Conti: CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI. 
Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. Roma, Odradek 2011

Pubblicazioni sui crimini italiani in Jugoslavia



Quando le foibe ed il caso simbolo di Norma Cossetto vennero usati per salvare i criminali di guerra italiani

La nuova Stampa, in prima pagina, il 28 ottobre del 1945, titolava “Orrori in Istria”. In tale articolo si poteva leggere che “mentre la stampa jugoslava inscena una menzognera campagna anti-italiana fondata su pretese quanto inesistenti atrocità commesse dagli italiani in Jugoslavia non si può non raccogliere il grido di migliaia di persone che chiedono giustizia” ed il riferimento è chiaramente alle foibe citando poi diversi casi soffermandosi in particolar modo su quello di Norma Cossetto, divenuta il simbolo delle vicenda delle foibe, alla quale nel dicembre del 2005 verrà riconosciuta la medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione: "Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. 5 ottobre 1943 - Villa Surani (Istria)”. 

Strumentalizzata certamente, tanto che nel 1944 a Trieste il Gruppo d’Azione Femminile dipendente dalla federazione del Partito Fascista Repubblicano, il solo esempio di corpo paramilitare femminile conosciuto della Repubblica Sociale Italiana,  venne chiamato “Norma Cossetto”.
E sulla sua storia a quanto pare vi è la volontà di girare un film che difficilmente si ispirerà alle fonti storiche che evidenziano tutta la problematicità in merito alla fine che ha caratterizzato la sua vita, come ben spiegate nel dossier di Claudia Cernigoi dal titolo “il caso Norma Cossetto” che invito a leggere con attenzione. 
Finita la guerra, Jugoslavia, Albania, Grecia ed Etiopia pretendevano, giustamente, la consegna dei criminali italiani, in merito alle atrocità come compiute durante l'occupazione nelle citate terre . De Gasperi, nel 1946, così scriveva all'ammiraglio Stone: “Non posso nascondere che una eventuale consegna alla Jugoslavia di italiani, mentre ogni giorno pervengono notizie molto gravi su veri e propri atti di criminalità compiuti dalle autorità jugoslave a danno di italiani e dei quali sono testimoni i reduci dalla prigionia e le foibe del Carso e dell'Istria, susciterebbero nel paese una viva reazione e una giustificata indignazione”.

Dopo questo intervento, De Gasperi inviava una seconda lettera all'Ammiraglio Stone, datata 11 settembre 1946, in cui annunciava che la Commissione d’inchiesta, che venne annunciata nel corso del tempo, aveva individuato quaranta fra civili e militari italiani passibili di essere posti sotto accusa presso la giustizia penale militare, in quanto nella loro condotta erano “venuti meno ai principi del diritto internazionale di guerra e ai doveri dell’umanità". Un primo comunicato del 23 ottobre 1946 indicava fra gli inquisiti il generale Mario Roatta, l’ambasciatore Francesco Bastianini, i generali Mario Robotti e Gherardo Magaldi, il tenente colonnello Vincenzo Serrentino. A quell’epoca, Roatta e Robotti erano latitanti, Bastianini si era rifugiato in Svizzera, mentre Serrentino sarebbe stato poi arrestato e già fucilato. Il sesto indagato, Pietro Caruso, era già stato giustiziato in Italia nel settembre 1944 per le sue attività di Questore durante la Repubblica Sociale Italiana. Un secondo comunicato del 13 dicembre 1946 comprendeva altri otto accusati, fra cui l’ex-Governatore della Dalmazia Francesco Giunta, il generale Alessadro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli (ex Alto Commissario di Lubiana), i generali Gastone Gambara e Renato Coturri. Dal gennaio al maggio 1947 seguirono altri comunicati che portarono il numero degli indagati considerati deferibili ad un tribunale militare a un totale di ventisei.

ELENCO DEI PRESUNTI CRIMINALI DI GUERRA PROPOSTI PER IL

DEFERIMENTO ALLA GIUSTIZIA ( fonte COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CAUSE DELL’OCCULTAMENTO DI FASCICOLI RELATIVI A CRIMINI NAZIFASCISTI)

1. ROATTA Mario – Generale – ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito

2. BASTIANINI Giuseppe – Ambasciatore – ex Governatore della Dalmazia

3. ROBOTTI Mario – Generale – Comandante 11° Corpo d’Armata
4. MAGALDI Gherardo – Generale di Divisione – ex Comandante del settore di
Sebenico
5. SERRENTINO Vincenzo – Tenente Colonnello – Giudice Tribunale Straordinario
di Selenico – Condannato a morte e fucilato da Jugoslavi.
6. GIUNTA Francesco – ex Governatore della Dalmazia
7. ALACEVICH Giuseppe – Segretario del Fascio di Sebenico
8. ROCCHI Armando – Colonnello –
9. PIRZIO BIROLI Alessandro – Generale d’Armata – Comandante e Governatore
del Montenegro
10. GRAZIOLI Emilio – Alto Commissario per la Provincia di Lubiana
11. GAMBARA Gastone – Generale – Comandante 11° Corpo d’Armata
12. ZANI Francesco – Generale – Comandante Divisione “Ferrara”
13. COTURRI Renato – Generale Comandante 5° Corpo d’Armata
14. DAL NEGRO Luigi – Colonnello di Fanteria
15. SESTILLI Gualtiero - Tenente Colonnello dei Carabinieri – Comandante
Carabinieri Sebenico
16. BRUNELLI Roberto – Maggiore di Fanteria
17. SPITALIERI Salvatore – Maggiore di Fanteria
18. PAIS Giovanni – Maresciallo dei Carabinieri
19. VISCARDI Giuseppe – Vice Brigadiere dei Carabinieri
20. DELOGU Giuseppe – Carabiniere
21. SARTORI Giuseppe – Capo Squadra della MVSN
22. BARBERA Gaspero – Generale della Milizia e Prefetto di Zara
23. TESTA Temistocle – ex Prefetto della Provincia del Carnaro e Fiume
24. FABBRI Umberto – Generale di Brigata – Comandante 5° Raggruppamento
Guardia alla Frontiera
25. GAETANO Giuseppe – Tenente dei Carabinieri
26. RONCORONI Alfredo – Capitano – Comandante Stazione Carabinieri a Korcula
(Curzola)


Ma dopo la firma del Trattato di Pace del 1947, Roma comunicava a Londra, Parigi e Washington l’assoluta “indisponibilità” italiana a consegnare i presunti criminali di guerra alla Jugoslavia e chiedeva a ciascuna delle tre Potenze la rinuncia unilaterale. L'Italia cercherà di prendere tempo, e quando nel 1948 accadde la rottura tra la Jugoslavia e l'URSS la questione finì nel dimenticatoio, salvo per quei pochi catturati e giudicati direttamente nei paesi vittime dell’aggressione fascista e per coloro che furono processati dagli Alleati in Italia per delitti commessi contro i prigionieri di guerra. Il fatto che vi era una strategia ben chiara, ben evidenziata, a livello nazionale, dall'articolo della nuova stampa del 1945, che altro non faceva che ribadire versioni già note e prodotte da giornali locali, consistente semplicemente nell'utilizzare la questione foibe e casi singoli, come strumento per salvare i criminali di guerra italiani, per evitare che questi potessero essere processati e/o consegnati alle autorità Jugoslave, per poi giungere, come è accaduto, al nulla di fatto, all'oblio, emergerà con forza in un documento del responsabile degli Esteri, di quel tempo, datato 23 giugno 1947: “ A tale riguardo, il procuratore Generale mi ha fatto rilevare che le numerose testimonianze raccolte sono di tale natura, da fare apparire le atrocità commesse dagli Jugoslavi contro i militari italiani sotto una luce di criminalità spaventosa e senza precedenti nella storia moderna, in modo che i processi contro i presunti criminali di guerra italiani verranno a risolversi, in definitiva, nel processo contro gli jugoslavi Ho risposto che il mettere in luce le atrocità commesse dagli jugoslavi nei confronti degli italiani è uno degli scopi cui tendiamo perché in questo modo possano crearsi le premesse necessarie per rifiutare la consegna di italiani alla Jugoslavia”. Ovviamente la propaganda delle foibe è stata utilizzata, finita l'emergenza del rischio processo nei confronti dei criminali di guerra italiani, per la contesa del confine orientale.


Marco Barone
10 marzo 2015



(francais / italiano)

Islamismo o disoccupazione

1) Du Sandžak à Vienne : le parcours d’un islamiste radical des Balkans (1/12/2014)
2) A Novi Pazar, 5 000 musulmans en colère contre Charlie Hebdo (24/1/2015)
3) Kosovo, comunità islamica: “Tra i 20 e i 30 mila euro ai giovani per unirsi a Isis” (10/3/2015)


=== 1 ===


Le Courrier des Balkans

Du Sandžak à Vienne : le parcours d’un islamiste radical des Balkans


De notre correspondant à Sarajevo, lundi 1er décembre 2014
La police autrichienne a lancé vendredi 28 novembre une vaste opération anti-terroriste : parmi les 13 personnes arrêtées, figure Mirsad Omerović, alias Ebu Tejma, originaire du Sandžak de Novi Pazar, figure connue de la mosquée Altun-Alem de Vienne, carrefour des réseaux radicaux des diasporas balkaniques.

Par R.T.

Le 28 novembre, des unités spéciales Cobra de la police autrichienne faisaient irruption dans l’appartement de Mirsad Omerović, situé dans le 22e arrondissement de Vienne. Dans le même temps, douze autres personnes étaient arrêtées dans la capitale, à Graz et à Linz, dans le cadre de la vaste opération antiterroriste « Palmira ».

Mirsad Omerović, père de 5 enfants, originaire de la ville de Tutin dans le Sandjak de Novi Pazar, était plus connu sous le pseudonyme d’Ebu Tejma. Selon les informations données par les autorités autrichiennes, la veille de son arrestation il avait salué ses parents, leur indiquant son intention de se rendre en Syrie.

Omerović aka Ebu Tejma est accusé de faire partie d’un réseau terroriste qui collectait des fonds et recrutait des volontaires pour combattre dans les rangs de l’État islamique en Syrie. Il avait vécu dans la communauté salafiste de Gornja Maoča en Bosnie-Herzégovine, et il était très proche de Nusret Imamović et Bilal Bosnić, les chefs du mouvement wahhabite bosnien, eux aussi impliqués dans le recrutement de volontaires pour la jihad en Syrie.

Le nom d’Abu Tejma était sorti de l’ombre lors de la disparition de deux adolescentes autrichiennes d’origine bosniaque, Samra Kesinović (17 ans) et Sabina Selimović (15 ans). Les deux filles étaient parties en avril dernier pour aller se battre en Syrie, et leurs familles avaient immédiatement accusé Mirsad Omerović, très actif à cette époque dans la mosquée Altun-Alem de la capitale autrichienne, de les avoir subjuguées.

Omerović était un membre connu de cette « congrégation d’Altun-Alem », dirigé par son frère, connu sous le nom de Sheikh Adam. Bien connu de la police et des médias autrichiens, le groupe menait une politique active de radicalisation des musulmans d’Autriche, et on le soupçonne d’avoir organisé le départ de volontaires du djihad.


=== 2 ===


Touche pas à mon prophète : à Novi Pazar, 5 000 musulmans en colère contre Charlie Hebdo 


B92, 24 janvier 2015 - Traduit par Ph.B.
« Tout est pardonné », mais pas pour tout le monde. La Communauté islamique de Serbie n’a pas apprécié la caricature du prophète en une de Charlie Hebdo après les attentats du 7 janvier à Paris. Vendredi, 5 000 musulmans du Sandžak ont marché dans les rues de Novi Pazar à l’appel de l’imam et au nom du respect des sentiments religieux.


« Tout est pardonné », mais pas pour tout le monde. La Communauté islamique de Serbie n’a pas apprécié la caricature du prophète en une de Charlie Hebdo après les attentats du 7 janvier à Paris. Vendredi, 5 000 musulmans du Sandžak ont marché dans les rues de Novi Pazar à l’appel de l’imam et au nom du respect des sentiments religieux.

Sur une bannière en tête du cortège était écrit le nom du prophète Mahomet. « Un geste d’obéissance et d’amour », a déclaré l’imam Irfan Malić, de la Communauté islamique de Serbie, à la fin de la marche.

Qualifiant la civilisation moderne de « faillite morale et religieuse », l’imam a affirmé que « ce que faisaient les journalistes de Charlie Hebdo en disait long sur eux-mêmes ».

« Nous ne touchons pas ce qui est sacré chez les autres. Nous respectons Jésus, Moïse et tous les autres envoyés de Dieu », a souligné l’imam. « Les musulmans du Sandžak se sentent moralement obligés de sortir aujourd’hui pour dire que chacun d’entre eux donnerait sa vie pour Mahomet. »

Irfan Malić a décrit les attentats de Paris comme « un assassinat », plutôt qu’une attaque terroriste. « Les musulmans ne sont pas des terroristes et n’ont rien à voir avec le terrorisme, même si ceux qui ont commandé les caricatures sont à blâmer pour les assassinats de Paris, car ils ont insulté 1,5 milliard de musulmans. »

« Si un, deux ou trois [individus] ont réagi, ils doivent être jugés, s’ils sont coupables [...] Ne blâmez pas l’islam et tous les musulmans. »

Le rassemblement a duré une heure et demie. « Plus on utilise le prophète dans un tel contexte, plus l’islam se renforcera », a averti l’imam.

Plus tôt dans la journée, le mufti de Serbie (et rival) Muhamed Jusufspahić avait de son côté fermement condamné les actions de l’État islamique.


=== 3 ===

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/10/kosovo-comunita-islamica-i-20-i-30-mila-euro-nostri-giovani-per-unirsi-isis/1494638/

Kosovo, comunità islamica: “Tra i 20 e i 30 mila euro ai giovani per unirsi a Isis”



E' la cifra fornita da Resul Rexhepi, segretario della comunità musulmana, al quotidiano di Pristina "Bota sot". Il salario medio nel Paese non supera i 200 euro mensili e la disoccupazione giovanile si attesta al 55%: una situazione questa nella quale l’estremismo islamico ha facilmente attecchito, attirando un gran numero di adepti

di F. Q. | 10 marzo 2015


Tra i 20 e i 30 mila euro. E’ quanto viene offerto ai giovani disoccupati kosovari per sposare la causa dello Stato Islamico e andare a combattere in Siria e Iraq. A sostenerlo è il segretario della comunità islamica in Kosovo Resul Rexhepi, citato dal quotidiano di Pristina Bota sot.

Secondo Rexhepi, la precaria situazione economica e l’alto tasso di disoccupazione hanno contribuito in larga misura alla radicalizzazione di un gran numero di giovani kosovari. Il salario medio in Kosovo non supera i 200 euro mensili e la disoccupazione giovanile si attesta al 55%. Una situazione questa nella quale l’estremismo islamico ha facilmente attecchito, attirando un gran numero di adepti. I circa due milioni di abitanti del Kosovo – proclamatosi indipendente dalla Serbia il 17 febbraio 2008 – sono a larghissima maggioranza (più del 90%) di etnia albanese e religione musulmana [a seguito delle politiche di pulizia etnica e apartheid praticate congiuntamente da UCK e NATO sul territorio, ndCNJ].

Negli ultimi mesi si registra in Kosovo un esodo di massa, con decine di migliaia di persone che lasciano il Paese alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita in stati Ue del nord Europa, a cominciare da AustriaGermania, Svezia e Francia.







(english / italiano)

Escalation bellica degli USA in Ucraina

0) LINKS E BREVI
1) L’Ucraina e la NATO-USA Connection – di Antonio Mazzeo (6/3/2015)
2) US military to train Kiev troops fighting in E. Ukraine – US Army commander (11/2/2015)
3) Arrestato l'assistente di Nuland / Victoria Nuland’s assistant arrested in Germany (7/2/2015)
4) Sergej Lavrov: nel mondo vi sono tre minacce: Ebola, Isis e USA (28/12/2014)
5) FLASHBACK: Novembre 2013, “Gli USA stanno organizzando un golpe a Kiev”


=== 0: LINKS E BREVI ===

Picchetto organizzato dal Komsomol sotto l'ambasciata USA a Kiev
Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 12/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/724160930998497
I comunisti hanno svolto un presidio sotto l'ambasciata statunitense per denunciare l'appoggio dato dagli USA ai fascisti e ai golpisti ucraini. I manifestanti hanno denunciato la presenza di istruttori e mercenari che agiscono sia nel Donbass che nel resto del paese nonché i finanziamenti provenienti dagli USA ai partiti e alle bande paramilitari. 
I comunisti ucraini hanno anche denunciato l'aggressione (politica, economica e anche militare) contro la Russia, la Siria, Cuba e altri paesi sovrani, arrivando a sponsorizzare organizzazioni terroristiche come il cosiddetto "Stato Islamico".

‘If US sends weapons to Ukraine, Russia should send troops’ - Mikhail Yemelyanov (December 12, 2014)
Former US firm Blackwater to train Ukrainian military for street fighting — source (December 30, 2014)
(Mercenari Usa per addestrare le truppe ucraine
La società di contractors Academi, erede della Blackwater addestrerà le truppe del regime di Kiev…
Fonte: http://tass.ru/en/world/770048 - segnalato dalla pagina FB « Fort Rus »)

L'Ucraina è roba loro
Fonte: pagina FB "Comitato per il Donbass Antinazista", 23/1/2014
https://www.facebook.com/1464626327135220/photos/a.1464626383801881.1073741825.1464626327135220/1545857319012120/?type=1 
Soldati statunitensi saranno dispiegati nell'Ucraina ovest per addestrare la Guardia Nazionale, riferisce il comandante delle forze statunitensi in Europa, durante una conferenza a Kiev. Il numero preciso di soldati sul suolo ucraino deve essere ancora stabilito, dice il Tenente Generale Ben Hodges.
Gli Stati Uniti sono pronti a spendere 19 milioni di dollari per questo progetto. Soldi che arriveranno dal Global Security Contingency Fund, richiesto dall'amministrazione Obama.
Washington ha anche accettato di finanziare la produzione dei veicoli ucraini SRM-1 Kozak al prezzo di 189.000 dollari l'uno. Il primo prototipo del Kozak è già stato consegnato lunedì. Il veicolo blindato ha il fondo a V, una funzione anti-mina, particolarità costruita dalla italiana Iveco. 

Source: Lieutenant General Ben Hodges. Ukraine Crisis Media Center, 21st of January 2015
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=GogTq_h2-Q8

Un generale USA ha ha decorato un soldato ucraino per la guerra nel Donbass ... con un gettone (23/1/2015)

Soldati Usa in Ucraina (Il Giornale, 27/1/2015)
Mariupol, una giovane reporter ucraina vede un soldato che indossa una regolare divisa ucraina e gli chiede: "Che cosa è successo qui? Mi dica!". La risposta però è davvero strana: "Out of my face, please"...

I parà della Ederle spediti in Ucraina (27.01.2015)
Partenza prevista in primavera In arrivo altri 3 mila soldati «Mosca nega ma sappiamo che ha fornito cannoni, droni e razzi»
VICENZA. I soldati e i carri armati americani ai confini dell'Est Europa. Che succede, torna l'ombra della Guerra Fredda? Torna. Anzi, una guerra vera. Quella combattuta a colpi di razzi e artiglieria pesante dentro l'Europa. E così anche le basi Usa di Vicenza riprendono il loro posto in prima linea: dopo le spedizioni in Iraq, Afghanistan e Africa i paracadutisti della 173esima brigata di Ederle e Dal Din andranno in Ucraina. Vicino alle zone dove da un anno si fronteggiano in quella che è diventata una guerra vera e propria i separatisti filo-russi con l'esercito nazionale. 
Insomma appena il tempo di notare che la strategia militare americana in Europa stava cambiando, che sono arrivate le conferme. E direttamente dal comandante delle forze armate Usa in Europa, il generale Ben Hodges. Che ha spiegato senza tanti giri di parole che adesso l'ex confine della Cortina di ferro demolito nel 1989 torna ad essere la zona calda. Dove bisogna «frenare l'aggressione russa, rassicurare gli alleati a est e rinforzare la partnership con le altre forze armate». (...)

http://www.ilgiornaledivicenza.it/stories/446_vicenza/1033068_i_par_della_ederle_spediti_in_ucraina/

Gli Usa puntano ad armare Kiev, vicini a una guerra per l’Ucraina? (di Luigi Ippolito, 2 febbraio 2015)
I ribelli filorussi vogliono ripristinare la leva obbligatoria per avere altri 100mila miliziani da lanciare al fronte. E la diplomazia sembra ormai scavalcata dalle armi...
http://www.corriere.it/esteri/15_febbraio_02/gli-usa-puntano-ad-armare-kiev-guerra-ucraina-l-escalation-d792d302-aacf-11e4-87bf-b41fb662438c.shtml

L’esercito ucraino riceve carri armati dalla NATO? (Steven Laack, Indymedia, 02/02/2015)
Orig.: AN-225 Mriya: NATO tanks for Ukraine? (Steven Laack | 02.02.2015)

Dollari e mercenari: gli Usa spingono Kiev alla guerra (lunedì 2 febbraio 2015)
"Consiglieri" americano, fondi per riarmarsi e mercenari della "Blackwater": cosi' Kiev si prepara a sferrare un attacco alle regioni orientali che prelude alla pulizia etnica...
http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=68757&typeb=0&Dollari-e-mercenari-gli-Usa-spingono-Kiev-alla-guerra

L'America va in guerra contro la Russia (con i suoi soldi e le pelli degli europei) (di Giulietto Chiesa, 4 febbraio 2015 - da ilfattoquotidiano.it)
Ucraina: vincere contro "l'aggressione" della Russia. Nessun accenno a nessun negoziato. O la va o la spacca. Con una chiara predilezione per "la spacca"... 
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=115503&typeb=0&L-America-va-in-guerra-contro-la-Russia-con-i-suoi-soldi-e-le-pelli-degli-europei-

L'esercito degli Stati Uniti alla ricerca di personale che parla "ucraino"
Fonte: pagina FB "Fort Rus", 4/2/2015
https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=774094129326756&id=725233754212794
La "Army Recruiting Company" di Dallas, società che si occupa di fare selezione del personale per conto delle forze armate statunitensi, ha pubblicato il seguente annuncio:
"Siamo alla ricerca di persone che parlino la lingua ucraina e che possano lavorare per l'esercito". Continua quindi in maniera spedita l'occupazione americana dell'Ucraina. I padroni di tutte le galassie hanno bisogno di personale che possa andare nel Donbass a dare una mano ai "bravi ragazzi" degli squadroni della morte di Poroshenko e Kolomoysky. Farebbero comunque meglio a cercare del personale che parli la lingua russa, che resta di gran lunga la lingua più parlata in Ucraina. (Bes)

https://www.facebook.com/armyrecruiting.dallascompany
  
US Won't Let EU Solve Ukraine Crisis Peacefully 
http://russia-insider.com/en/2015/02/11/3358

Tank Nato al confine con Mosca, Londra invia consiglieri militari a Kiev (di Marco Santopadre, 26 Febbraio 2015)
http://contropiano.org/internazionale/item/29374-tank-nato-al-confine-con-mosca-londra-invia-consiglieri-militari-a-kiev

Il capo di stato maggiore della Difesa USA: "E’ giunta l’ora di armare l’Ucraina" (4/3/2015)
http://it.sputniknews.com/mondo/20150304/72165.html

In arrivo 300 militari USA in Ucraina (5/3/2015)
http://it.sputniknews.com/politica/20150305/77157.html


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http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/25260-lucraina-e-la-nato-usa-connection.html

L’Ucraina e la NATO-USA Connection

6 Marzo 2015

di Antonio Mazzeo

Intervento all’incontro-dibattito “USA – NATO – Unione Europea: La crisi ucraina e la ricostruzione del movimento contro la guerra”, Roma, 6 marzo 2015

Per sostenere e “difendere” il regime fascista di Kiev, l’amministrazione Obama e il complesso militare-finanziario-industriale degli Stati Uniti d’America sono pronti a utilizzare i più micidiali strumenti di guerra. A metà febbraio, Washington ha ribadito le proprie intenzioni belliche di fronte ai partner europei e alla Russia di Putin, rischierando a Spangdahlem (Germania) dodici aerei da attacco al suolo A-10 Thunderbolt II e 300 aviatori del 355th Fighter Wing dell’US Air Force, provenienti dalla base aerea di Davis-Monthan (Arizona). I sofisticati velivoli hanno disseminato morte e distruzione in Afghanistan, Iraq e Libia: sono armati con cannoni lunghi più di sei metri, i GAU-8/ “Avenger” (vendicatori), in grado di sparare fino a 4.200 colpi al minuto. I proiettili di 30 centimetri contengono ognuno 300 grammi di uranio impoverito e riescono a perforare facilmente blindati e carri armati. “I Thunderbolt opereranno per i prossimi sei mesi congiuntamente ad altri velivoli da guerra della Nato principalmente lungo le frontiere di Russia, Lituania, Estonia, Romania e Bulgaria, ma potranno essere impiegati in caso di crisi anche nel continente africano”, ha dichiarato il Dipartimento della difesa Usa.

Il trasferimento in Europa degli A-10 dell’US Air Force è stato deciso nel quadro della cosiddetta “Operation Atlantic Resolve”, la missione militare avviata dal Pentagono dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, e rientra nel Theater Security Package (TSP), il piano di sicurezza e di “difesa attiva” che prevede la predisposizione di reparti di pronto intervento nelle aree del pianeta ritenute “sensibili”. “Atlantic Resolve è un’ulteriore dimostrazione della volontà degli Stati Uniti di contribuire alla scurezza collettiva della Nato e supportare i nostri partner in Europa orientale, alla luce dell’odierno intervento russo in Ucraina”, ha riferito il generale Ben Hodges, comandante dell’Esercito americano in Europa (USAREUR, US Army Europe).

Il piano statunitense di rafforzamento della propria presenza militare in funzione anti-Russia prevede pure che ad aprile un imprecisato numero di cacciabombardieri F-15C “Eagles” siano trasferiti dagli Stati Uniti in alcune basi europee, sino ad oggi top secret. Sempre nel quadro dell’operazione “Atlantic Resolve”, lo scorso mese di gennaio 75 velivoli da combattimento “Stryker” del 2° Reggimento di Cavalleria di US Army sono stati schierati in alcuni paesi dell’est Europa per partecipare a una serie di esercitazioni con le forze terrestri dei partner Nato. Contemporaneamente, un centinaio di militari della IV Divisione di Fanteria dell’esercito Usa di stanza a Fort Carson (Colorado) sono giunti in Germania per coordinare in ambito alleato le operazioni terrestri di “contenimento” della Russia sul fronte orientale. A partire dal mese di marzo, oltre 3.000 militari del 1st Heavy Brigade Combat Team, della 3rd Combat Aviation Brigade, della Divisione d’artiglieria e della 3rd Infantry Division saranno distaccati per non meno di tre mesi in Germania, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Bulgaria. “Grazie a queste unità, il numero delle esercitazioni con i nostri alleati nel quadro di Atlantic Resolve aumenterà del 60% nel 2015”, ha spiegato il generale Tom Jones, vicecomandante dell’US Air Force in Europa.

Nel 2014, il personale Usa assegnato alle basi dell’Europa orientale è cresciuto di 3.000 unità, sommandosi così ai circa 67.000 militari già presenti nel continente. In particolare, più di 400 tra militari e dipendenti civili statunitensi sono giunti nella base di Mihail Kogalniceanu, Romania, elevata a vero e proprio hub aereo per il transito delle forze aeree Usa e Nato. Sempre in Romania si alternano 200 Marines Usa per partecipare ad esercitazioni e interventi marittimi nel Mar Nero, nell’ambito della Black Sea Rotational Force 14 di US Navy, attivata nel settembre 2014. Sei caccia F-15C e 150 avieri dell’US Air Force sono stati trasferiti nel marzo 2014 in Lituania dalla base britannica di Lakenheath per partecipare alla Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento e sorveglianza dello spazio aereo delle Repubbliche baltiche e dell’Ucraina. Team dell’aeronautica statunitense si addestrano a rotazione in Polonia dove dal novembre 2012 è attivo un piccolo distaccamento aereo, la prima presenza in pianta stabile di personale Usa in territorio polacco. Sempre in questo paese sono periodicamente rischiarati i cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare provenienti dalla base Italiana di Aviano (Pordenone) e i velivoli cargo C-130 “Hercules” impiegati in esercitazioni congiunte con le forze armate polacche. Dal prossimo mese di aprile, altri tre velivoli C-130 e un centinaio di avieri provenienti dalla grande base tedesca di Ramstein giungeranno nello scalo aereo di Powidz. Il 24 luglio 2014, il Comandante supremo delle forze Nato e Usa in Europa, generale Philip Breedlove, ha chiesto al Pentagono di realizzare in Polonia un deposito dove stoccare armi, munizioni ed equipaggiamenti militari “per supportare il rapido dislocamento di migliaia di militari contro la Russia”. Come se non bastasse, il governo polacco ha formalmente chiesto a Washington di trasferire stabilmente in Polonia perlomeno un gruppo di volo con cacciabombardieri F-16 di stanza oggi in Italia.

L’escalation militare statunitense in Ucraina

Ovviamente lo scoppio del conflitto in Crimea e nell’Ucraina orientale è stato utilizzato pretestuosamente da Washington per rafforzare la propria presenza militare nel martoriato paese europeo. L’escalation è stata rapida ed inarrestabile: prima sono giunti “consiglieri” e contractor, poi i parà, le forze speciali e i mezzi corazzati. Nel giugno 2014, un gruppo di ufficiali Usa sono stati inviati a Kiev per collaborare con le forze armate locali nella realizzazione “a medio e lungo termine” della “riforma del sistema difensivo ucraino”. Qualche mese dopo, gli uomini di vertice del Pentagono si sono incontrati con i generali ucraini per discutere “le modalità con cui gli Stati Uniti possono rafforzare la cooperazione militare e aiutare l’Ucraina a potenziare le proprie forze armate”, come riportato dal Dipartimento della difesa. Poi, a settembre, duecento paracadutisti della 173^ Brigata Aviotrasportata dell’esercito Usa di stanza a Vicenza, hanno raggiunto Yavoriv (nelle vicinanze di Lviv, a 50 km circa dal confine con la Polonia), per partecipare all’esercitazione multinazionale “Rapid Trident”, la prima in territorio ucraino dopo la crisi politico-militare in Crimea, insieme a più di 1.100 militari provenienti da 14 paesi (Ucraina, Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia, Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania, Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania e Spagna). “Nel corso di Rapid Trident sono state eseguite operazioni di peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento, individuazione e disattivazione di materiale esplodente”, ha riferito il portavoce del Pentagono, colonnello Steve Warren. “L’esercitazione ha contribuito a promuovere la stabilità e la sicurezza regionale, rafforzare la partnership con gli alleati e migliorare l’interoperabilità tra il Comando delle forze Usa in Europa USAREUR, le unità terrestri dell’Ucraina e gli altri paesi Nato”. Ancora nel grande centro di addestramento di Yavariv (uno dei più grandi d’Europa, con una superficie di 425 Km2), tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, una squadra di specialisti del “Tobyhanna Army Depot” (Pennsylvania) - il principale centro logistico del Dipartimento della difesa per la gestione dei sistemi elettronici - ha addestrato i militari ucraini all’uso del nuovo sistema radar LCMR (Lightweight Counter Mortar Radar) AN/TPQ-48/5, in grado di individuare le provenienza dei tiri di artiglieria, mortai e razzi e indirizzare il tiro di contro-batteria. Secondo fonti stampa statunitensi, il Pentagono avrebbe fornito alle forze armate ucraine una ventina di esemplari di questo sistema radar.

Subito dopo la visita ufficiale a Kiev del generale Usa-Nato Phil Breedlove (26 e 27 novembre 2014), una dozzina di medici dell’Air Force Special Operations Command Europe (SOCEUR) di Stoccarda hanno raggiunto Khmelnytskyi, nell’Ucraina occidentale, per formare più di 600 dipendenti del ministero della difesa ucraino alle procedure mediche da seguire nei campi di battaglia. Il personale di SOCEUR, proveniente dall’US Army 1st Battalion, dal 10th Special Forces Group, dall’Air Force 352nd Special Operations Group e dalla Naval Special Warfare Unit 2, collabora oggi anche con l’organizzazione non governativa “Patriot Defense” che conduce corsi di formazione a favore delle forze armate ucraine e della famigerata Guardia nazionale. Le unità della Guardia nazionale, comprendenti non meno di 45-50.000 “volontari”, sono state costituite dal governo di Kiev nel marzo 2014 con un primo finanziamento Usa di 19 milioni di dollari e hanno incorporato le formazioni neonaziste Donbass, Azov, Aidar, Dnepr-1 e Dnepr-2, già addestrate nel 2006 da istruttori Nato in Estonia e poi utilizzate per il colpo di stato in Ucraina e le pulizie etniche contro le popolazioni di lingua russa. Il comandante di US Army Europe, gen. Ben Hodges, ha annunciato che entro la fine del mese di marzo 600 paracadutisti circa della 173^ Brigata di fanteria aviotrasportata di Vicenza saranno inviati al centro di Yavariv per addestrare tre battaglioni del Ministero dell’Interno. “Questa nuova missione in Ucraina serve a rimarcare l’impegno Usa per la sicurezza del Mar Nero”, ha spiegato Hodges. “I nostri paracadutisti avranno il compito di preparare le forze armate ucraine a difendersi dall’artiglieria e dai razzi dei Russi e dei ribelli e interverranno pure nella messa in sicurezza di strade, ponti e infrastrutture”.

Contemporaneamente al potenziamento del dispositivo militare Usa in Ucraina, sono aumentati a dismisura gli “aiuti militari” e le consegne di armamenti pesanti al governo di Kiev. Il primo massiccio stanziamento finanziario risale al marzo 2014 (23 milioni di dollari), con il “piano di assistenza alla difesa delle frontiere ucraine contro le provocazioni delle forze armate russe e le violenze fomentate dai ribelli filo-russi”, come riferito dal Pentagono. Successivamente, Washington ha approvato ulteriori stanziamenti a favore delle forze armate ucraine per 5 milioni di dollari in giubbotti antiproiettili, visori notturni, caschi protettivi, dispositivi robot anti-esplosivi, kit sanitari e equipaggiamenti per le telecomunicazioni. Altre attrezzature “non letali” (sistemi d’allarme, vestiario, escavatori, camion, generatori elettrici, apparecchiature radio, ecc.) sono state assegnate invece alla neo-costituita Guardia statale di protezione delle frontiere.

Secondo quanto rivelato a fine gennaio dal New York Times, l’amministrazione Obama si prepara a fornire “aiuti militari” all’Ucraina per più di 3 miliardi di dollari nel triennio 2015-2017: tra essi spiccherebbero missili anti-tank, lanciamissili anti-blindati, radar, velivoli a pilotaggio remoto (UAV), contromisure elettroniche anti UAV, blindati “Humvees”, ecc. Agli ucraini verrebbero fornite inoltre armi e munizioni prodotte nell’ex Unione Sovietica, attualmente stoccate in un deposito della CIA in North Carolina. All’estensione del programma di riarmo hanno collaborato alcuni “assistenti esterni” dell’amministrazione Obama, come il generale in pensione Michèle Flournoy e l’(ex) ammiraglio James Stavridis, già Comandante delle forze armate Usa e Nato in Europa.

L’Ucraina è sempre più Nato

Le relazioni politiche-militari tra le autorità di Kiev e gli alti comandi della Nato si sono fatte sempre più strette a partire del 2002, anno in cui fu adottato il cosiddetto “Piano di azione Nato-Ucraina” e l’allora presidente Kuchma annunciò l’intenzione di aderire all’Alleanza Atlantica. Nel 2005, il presidente “arancione” Yushchenko fu ufficialmente invitato a partecipare al summit alleato di Bruxelles che lanciò un “dialogo intensificato” Nato-Ucraina e, tre anni più tardi, il vertice interalleato di Bucarest si espresse favorevolmente all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Nel 2009 le autorità ucraine firmarono un accordo che consentì il transito terrestre nel paese di mezzi e rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan, mentre gli uomini guida delle forze armate ucraine furono ammessi a partecipare ai corsi del Nato Defense College a Roma e Oberammergau (Germania). Sempre in vista dell’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato, presso l’Accademia militare di Kiev è stata poi istituita una “facoltà multinazionale” con docenti Nato. Con lo scoppio del conflitto in Crimea, il governo ucraino ha deciso di accelerare l’iter di adesione all’Alleanza atlantica: il 24 dicembre 2014, il Parlamento ha approvato la proposta di legge del presidente Petro Poroshenko con cui l’Ucraina rinuncia unilateralmente allo status di Paese non allineato e formalizza la richiesta di ingresso nella Nato.

Secondo fonti giornalistiche indipendenti, in questi mesi Bruxelles starebbe inviando in Ucraina carichi di armi, consiglieri militari ed “esperti in contro-insorgenza” in vista di un attacco in grande scala che le forze armate e i gruppi paramilitari locali intenderebbero sferrare in primavera a Donbas. Con le linee strategiche anti-russe approvate al vertice dei ministri della difesa della Nato tenutosi in Galles nel settembre 2014, si è deciso di raddoppiare i fondi annuali a favore dell’Ucraina del cosiddetto NATO Science for Peace and Security (SPS) Programme, il programma interalleato di cooperazione e formazione sui temi della “difesa” contro gli agenti chimici, biologici e nucleari e delle cyber war. Nel corso della sua visita a Kiev il 20 e 21 novembre 2014, il generale Bartels, presidente del Nato Military Committee, ha reso noto che saranno messi a disposizione dell’Ucraina i NATO Trusts Funds per coprire finanziariamente le spese per la formazione e l’assistenza del personale militare nei settori C3 (comando, controllo e comunicazioni), della logistica, della cyber defence e della riabilitazione del personale ferito in combattimento. A fine dicembre, nell’ambito del Defence Education Enhancement Programme (DEEP), un team di esperti militari Nato provenienti da Canada, Repubblica ceca, Lituania, Polonia e Stati Uniti ha dato vita a Kiev a una serie di corsi di formazione finalizzati ad accrescere l’interoperabilità dei reparti e dei mezzi da guerra ucraini con quelli delle forze armate alleate.

Una punta di lancia Nato contro Mosca

Sempre in occasione dell’ultimo vertice dei ministri della Nato in Galles è stato approvato all’unanimità il piano che modifica le azioni d’intervento ai confini meridionali e orientali dell’Alleanza e triplica il numero dei militari assegnati alla Response Force (NRF), la Forza congiunta di rapido intervento che così potrà disporre di 30.000 uomini. Prima dell’estate saranno definiti i dettagli logistici per il potenziamento della task force, mentre la piena operatività sarà raggiunta solo dopo il vertice Nato di Varsavia previsto nel giugno 2016. Sei i paesi che guideranno a rotazione la Response Force: Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. Corpo d’élite della nuova NRF sarà la brigata di terra Spearhead (punta di lancia) con 5.000 militari circa e che sarà supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido. “Al fine di garantirne la massima prontezza operativa, la task force si avvarrà di sei nuovi centri di comando e controllo dislocati in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania”, ha annunciato il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “Se esploderà una crisi, questi centri assicureranno che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire subito. Essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l’addestramento e le esercitazioni”.

“L’Italia assicurerà il proprio supporto al processo di implementazione del Readiness Action Plan (RAP), il piano di risposta operativa della Nato, nella certezza che garantirà all’Alleanza un insieme di strumenti idonei a rafforzare la cornice di sicurezza globale, soprattutto in risposta alle minacce derivanti dalla crisi tra Russia e Ucraina ed a quelle provenienti dall’area mediorientale e del Nord Africa”, ha dichiarato poche settimane fa la ministra Roberta Pinotti. All’Italia, in particolare, è stato chiesto di ricoprire il ruolo di Framework Nation per la costituzione della forza congiunta di pronto intervento basata sulla brigata Spearhead. Inoltre, al nostro paese è stato assegnato dall’1 gennaio 2015 - e sino alla fine d’agosto - il comando della Baltic Air Patrol, la missione Nato di pattugliamento dei cieli delle Repubbliche baltiche avviata nel 2004 e che dopo lo scoppio della crisi ucraina ha visto quadruplicare il numero dei velivoli e dei militari impegnati. Per le operazioni aeree anti-russe, l’Italia ha messo a disposizione quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon”, rischierati nell’aeroporto militare di Šiauliai, in Lituania. Al comando italiano della BAP sono stati assegnati anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati a Šiauliai, quattro Eurofighter spagnoli di base nell’aeroporto di Amari (Estonia) e quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia).

“In Ucraina è in gioco la sicurezza dell’Europa e degli Stati Uniti d’America e per questo dobbiamo rafforzare in questo paese il nostro ruolo e la nostra presenza militare”, ha dichiarato il 25 febbraio scorso il generale Philip Breedlove nel corso di un’audizione al Comitato per le forze armate del Congresso degli Stati Uniti d’America. “Non sappiamo cosa farà alla fine Putin, ma dobbiamo prepararci al peggio. Le forze russe continuano ad operare sul campo in Ucraina, fornendo sostegno diretto ai separatisti. Mosca ha inoltre inviato più di 1.000 pezzi di armi pesanti, come carri armati e sistemi d’artiglieria e di difesa aerea. L’aggressione della Russia non è solo contro l’Ucraina ma riguarda altri stati ex-URSS come la Moldavia, dove le forze armate russe sono presenti nella conflittuale regione del Trans-Dniester”. Così l’Europa torna a sentire le odi alla guerra totale.


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http://rt.com/news/231439-ukraine-us-army-training/

US military to train Kiev troops fighting in E. Ukraine – US Army commander

Published time: February 11, 2015

The US military will train Kiev troops fighting against militias in southeast Ukraine, Ben Hodges, US Army Europe commander, said hours before the start of “Normandy Four” talks dubbed a “last chance” for the peaceful resolution of the conflict.
The training, which is scheduled to kick off in March, will see a battalion of American troops training three battalions of Ukrainians, he said.
“We’ll train them in security tasks, medical [tasks], how to operate in an environment where the Russians are jamming [communications] and how to protect [themselves] from Russian and rebel artillery," Hodges was cited as saying by Reuters.
Hodges’ recent statement echoes a similar announcement he made in Kiev in January. At the time, he did not provide information on the numbers of US troops participating.

READ MORE: American instructors to train Ukrainian troops this spring – US general
http://rt.com/usa/225499-us-military-instructors-ukraine/

Previously, the Pentagon said that the US military training would be provided to 600 members of the Ukrainian National Guard, The Washington Post reported.
The officers from the 173rd Airborne Brigade Combat Team in northeast Italy will be deployed to Ukraine as part of the plan, said Pentagon spokeswoman Lt. Col. Vanessa Hillman.
According to Hillman, the military aid requested by the Kiev authorities was to help the formation and strengthening of the National Guard, which Kiev launched shortly after the coup in February 2014.

READ MORE: US to boost European contingent with 3,000 troops, 150 tanks in 2015 – report
http://rt.com/news/221471-us-tanks-troops-europe/

The March training will be held at the 40,000-square km Yavoriv Training site close to the Polish-Ukrainian border. This is the largest military firing range in Europe, near the western Ukrainian city of Lvov.
A delegation of US Army instructors has already arrived in Kiev to discuss the details of the program with the Ukrainian military officials and examine the training sights, LifeNews reports.
The Donbass volunteer battalion will be one of the first to get US military training, Semyon Semenchenko, the unit’s commander, wrote on social networks.
The National Guard troops will be exercising according to “the traditional training systems of the US Navy Seals and Delta Force,” Semenchenko said.
Since the fighting began in southeast Ukraine, the National Guard has been repeatedly accused of war crimes, including deliberate artillery fire at residential areas in the Donetsk and Lugansk Regions, and of blocking humanitarian aid for the regions.
Last September, an Amnesty International report confirmed that abductions, executions and extortion had been committed by the Aidar volunteer battalion.

READ MORE: Crimes of Ukrainian Aidar battalion confirmed in Amnesty Int’l report – Russia
http://rt.com/news/186576-ukraine-battalion-war-crimes/

Earlier this week, Obama said that the US was also examining the possibility of supplying “lethal defensive weapons” to the Kiev authorities.
The plan is opposed by both Russia and the EU, who agree that there can be no military solution to the Ukrainian crisis.
The leaders of the “Normandy Four” (Russia, Germany, France and Ukraine) are holding a meeting in Minsk, Belarus on Wednesday in an effort to restart the peace process to end the conflict in southeast Ukraine.
According to sources, the talks will center around the creation of a demilitarized zone, the withdrawal of heavy weaponry, and the initiation of dialogue between Kiev and the rebels.

READ MORE: 'Normandy 4' Ukraine peace talks in Minsk
http://rt.com/news/231327-minsk-peace-talks-updates/

The Ukraine conflict began last April, when Kiev sent regular forces and volunteer battalions to the southeastern Donetsk and Lugansk Regions, after rebels there refused to recognize the country’s new, coup-imposed authorities. The civil war has so far claimed the lives of at least 5,300 people, according to UN estimates.


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http://comunicati.russia.it/arrestato-l-assistente-di-nuland.html

9/2/2015

ARRESTATO L’ASSISTENTE DI NULAND

In Germania è stato arrestato l'assistente di Victoria Nuland (la famosa distributrice dei biscotti a Majdan), il collaboratore del Vanguard Corporation, con un miliardo dei dollari falsi di ottima qualità. I dollari sono stati stampati nella Vanguard Corporation. Questo uomo lavora anche nel Dipartimento di Stato USA e durante l’interrogatorio in Germania ha nominato la Vanguard Corporation, la Nuland, Mc Caine, Kerry, Brennan ed altri. Ha confessato che con i miliardi di dollari falsi la Vanguard Corporation ha pagato i mercenari in Siria, Iraq, Ucraina, Libia etc. Ha pagato anche ai mercenari della “Greyston”e l’ISIS. Lui ha confermato che esiste il business del petrolio tra la Vanguard Corporation e l’ISIS.

Ha detto: nel febbraio 2014 la situazione in Ucraina è diventata critica, perché il potere non poteva pagare alla Russia il gas con i nuovi prezzi. La UE e soprattutto la Germania ha cercato di fare l'arbitro tra l'Ucraina e la Russia. Quindi “quella txxxa della Susan Rice” ha passato l'ordine direttamente alla Nuland affinchè i cecchini “devono creare un po’ di panico” a Kiev. Il giorno dopo l'Ucraina aveva già insediato il “nuovo governo”, “eletto” sopratutto da Nuland e McCaine, rappresentanti del National Republican Institute. Quando l'amministrazione USA ha dichiarato che i cecchini erano stati preparati dalla NATO in Polonia e tutta l'operazione del cambiamento del potere a Kiev era stata organizzata dalla Vanguard, CIA e Dipartimento di Stato USA, Obama ha avuto quasi un infarto.

Ora Obama ha capito anche lui che Poroshenko è stato usato solo come una marionette nel teatro sanguinario. All’inizio gli idioti nazisti ucraini dovevano massacrare tante donne e bambini per fare intervenire Putin nella guerra. Ma da come si sviluppa la situazione si capisce, che si può insegnare ad un animale a sparare, ma non a ragionare. A proposito, quando il 18 maggio 2014 le “forze ucraine” hanno attaccato Slaviansk, 19 agenti di CIA e dell’FBI sono rimasti uccisi e feriti. La “Greystone” ha perso 17 persone, “Akademi”59."

In realtà gli agenti dell’FBI erano gli uomini di Vanguard. Con i documenti ucraini falsi (saluti a Poroshenko con i passaporti russi in mano) potevano dare gli ordini a tutti i poliziotti ucraini. L’uomo arrestato ha detto che i massacri maggiori e terribili in Ucraina sono stati organizzati da “Vanguard Corporation” e “Greystone”. Lui anche ha detto che lui di persona “ha collaborato” con Kolomojskij  (il macellaio di Odessa del 2 maggio) e che la banca di Kolomoyskij “Privatbank” ha distribuito i dollari falsi per tutta l'Ucraina.
I tedeschi hanno promesso libertà e asilo a quest’uomo se lui racconterà tutto che sa. Oltre a ciò due altri collaboratori della “Vanguard Corporation” hanno rubato milioni di dollari falsi e volevano fare finta di essere stati catturati, torturati e feriti dalla polizia della Novorossija. Ma “Greystone” e “Vanguard Corporation” hanno ucciso uno di loro ed l’altro è stato portato a Londra, in una loro clinica, per “le cure mediche” e successivamente dichiarato morto di infarto. La moglie, una persona famosa e pubblica, adesso ha fornito informazioni ai servizi segreti importanti e ricatta la “Vanguard Corporation”.

Fonti: 
https://www.facebook.com/tatyana.moiseeva.39/posts/10202262848773177

http://benjaminfulford.net/2015/02/07/breaking-news-from-my-russian-sources/

Breaking news from my Russian sources

by Benjamin Fulford
February 7, 2015

Germans have arrested Victoria Nuland’s assistant, who in addition, is an employee of Vanguard Corporation, with almost a billion of high quality fake dollars, printed by Vanguard Corporation. This employee (is a member of the State Department), and now, during his interrogations, he “put under bus” Vanguard Corporation with all of its companies and “putting under bus” Nuland, McCain, Kerry, Brennan and others…
He testified how the Vanguard Corporation has printed billions of high quality fake dollars and paid to mercenaries in Syria, Iraq, Ukraine, Libya, etc and paid mercenaries of Greystone and ISIS. He testifies about connections and oil deals between Vanguard Corporation and ISIS.
He said,
In February, Ukraine’s position has become critical because they cannot pay the new prices for Russian gas. EU, especially the Germans, tried to act as arbitrators. Then from this bitch Susan Rice order came to us directly from Nuland that snipers must create “a bit of panic.”
On the day after that Ukraine has a new government, chosen mainly Nuland and John McCain from the National Republican Institute.
When the US administration recognize that the snipers were trained NATO (in Poland – TV), and the whole operation was organized by Vanguard, the CIA and the State Department – Obama almost had a heart attack.
Now he realizes that he is nothing more than a puppet on a string in our theater, the bloody nigger. Originally stupid Nazis had to kill many more women and children in order to drive Putin into a corner so that he was forced to intervene in the war.
But all this just shows that you can teach a pig to shoot, but do not teach her to think. By the way, when the May 18 “Ukrainian” troops attacked Sloviansk, 19 FBI agents and CIA were killed and 14 injured. Greystone lost 17, Academi 59 people.
“FBI agents” were actually people of Vanguard. With forged documents desk they received special Ukrainian identity cards that give them power over all Ukrainian police forces.
He described how all of the major mass murders and atrocities were organized by the Vanguard Corporation and Greystone mercenaries; how he communicated with Igor Kolomoyskiy and how together they were spreading fake dollars in Ukraine… 
Germans promised him freedom, to hide him and support if he will tell everything he knows…
Also, two other employees of the Vanguard Corporation stole millions of fake dollars, and pretended that they were high jacked by Novorossiyan militia and murdered. Greystone and Vanguard Corporation have send their mercenaries to Novorossiya and killed one of them and return the second.., after which they brought him to London to their hospital and murdered him, saying that he died from a heart attack. His wife, a famous enough person has now provided information to important people and blackmails the Vanguard Corporation…
Shocked Merkel and President Francois Hollande on their way to Moscow…


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http://comunicati.russia.it/sergej-lavrov-nel-mondo-vi-sono-tre-minacce-ebola-isis-e-usa.html

Sergej Lavrov: nel mondo vi sono tre minacce: Ebola, Isis e USA

28/12/2014

Il Ministro degli Esteri riassume il bilancio dell’anno
Sergej Lavrov ha parlato, in un'intervista al quotidiano «Kommersant», dei rapporti con gli Stati Uniti, delle sanzioni e del motivo per il quale c’è stallo nell’indagine sul caso "Boeing". «KP» riporta i passaggi più significativi della conversazione.
Due minacce fisiche ed una geopolitica
- la febbre Ebola è senza dubbio una minaccia, come lo è lo «Stato Islamico». Sinora queste minacce si stanno sviluppando entro certi confini geografici, ma entrambi minacciano di uscire ben al di là di questi se non vengono prese le misure necessarie. Ci sono prove che emissari dell’Isis sono stati visti nel nord dell'Afghanistan, che si trova molto vicino alla Asia centrale e, di conseguenza, ai confini della Russia.
Tuttavia, a parte queste minacce fisiche, ve n'è una geopolitica associata con un atteggiamento molto superficiale verso il diritto internazionale, che cerca di agire imponendo a tutti la sua visione unilaterale sul principio di "quello che voglio lo farò e chi accetta riceverà incoraggiamento e chi non è d'accordo sarà sottoposto a varie misure di coercizione". Questa è una grave minaccia per l'ordine mondiale, un tentativo di preservare la predominanza storica dell'Occidente del sistema mondiale guidato dagli Stati Uniti. Queste posizioni non si basano su una realtà oggettiva ed ignorano completamente la presenza di nuovi centri in crescita di sviluppo economico.
Le sanzioni dirette contro il popolo russo
- Tutte le cosiddette sanzioni sono destinate a minare i concorrenti. Fino ad ora, quando si sono prese misure coercitive, i nostri partner occidentali sono stati in prima linea fra coloro che hanno chiesto sanzioni allo scopo di indirizzare specificamente i capi di Stato, che non soddisfavano le risoluzioni delle Nazioni Unite a fare di tutto per evitare effetti collaterali negativi sulla popolazione. Nel caso della Russia si è decisa una logica diametralmente opposta. Pubblicamente veniva dichiarato che le sanzioni avevano lo scopo di infliggere danni insopportabili all'economia russa, affinché la gente sentisse come si vive male sotto questo regime. Qui è evidente la assoluta parzialità che non si può nascondere. Penso che tutti i nostri concittadini siano ben consapevoli in quale periodo ora viviamo e quali sono gli obiettivi di coloro che sostengono un aumento della pressione sulla Russia.
Nessuno vuole indagare sul disastro del  Boeing
- I motivi per la scelta di un aumento della pressione sono molto oscuri. Ad esempio, le sanzioni di settore annunciate a luglio come le più dolorose per l'economia russa, sono state introdotte a seguito dell’isteria sollevata dopo la caduta del «Boeing» della Malesia. Poi, senza un processo, senza alcuna indagine  e senza alcuna inchiesta ne tentativo di visitare il luogo dell'incidente per raccogliere il relitto sono stati dichiarate colpevoli le milizie, anche se sono state consegnate agli esperti olandesi le «scatole nere» del tutto intatte. Naturalmente è stata accusata la Russia. Ora, la tragedia del «Boeing» malese è stata da tutti messa a tacere noi, in sostanza, siamo i soli che esortiamo e richiamiamo l’attenzione  sul fatto che l'inchiesta è prolungata del tutto irragionevolmente, i nostri partner occidentali tacciono o al massimo dicono che hanno bisogno di un altro anno.
L'Ucraina deve evitare la «variantebalcanica»
- La cosa principale è che gli stessi leader ucraini siano consapevoli della responsabilità per il destino del paese. Se alcuni di loro affermano (come a suo tempo è stato fatto nei Balcani), che riconquistano questi territori e sopprimono il malcontento popolare con la forza, allora penso che stiano portando il loro paese verso una prossima catastrofe.


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“Gli USA stanno organizzando un golpe a Kiev”. Deputato prevede Maidan con mesi di anticipo (PandoraTV, 29/1/2015)
Novembre 2013. E’ l’alba di Maidan, la “rivoluzione democratica” che porterà l’Ucraina al colpo di stato del 22 Febbraio 2014 e alla nascita in Europa di un regime neonazista per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale. Oleg Tsariov, deputato del parlamento ucraino, denuncia l’attività di gruppi sovversivi, che comandati direttamente dall’ambasciata americana a Kiev stanno preparando il terreno per il golpe e per la guerra civile in Ucraina. Previsioni che si sono rivelate esatte...
http://www.pandoratv.it/?p=2759
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=iqV91GiyEn8

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Fonte: pagina FB "Comitato per il Donbass Antinazista", 28 gennaio 2015
 
https://www.facebook.com/1464626327135220/photos/a.1464626383801881.1073741825.1464626327135220/1548109468786905/?type=1

20.11.2013 - Parlamento ucraino - Un intervento interessante del deputato Oleg Tsarov del Partito delle Regioni di Yanukovich, un giorno prima delle rivolte di EuroMaidan, utile a comprendere la destabilizzazione di matrice statunitense nel paese.

«Onorevoli colleghi
Onorevole Vladimir Vasiljevitch

Nel mio ruolo di rappresentante del popolo ucraino ...
... Gli attivisti dell'organizzazione "Volya" si sono rivolti a me ...
... Fornendo prove chiare ...
... Che nel nostro territorio ...
... Con il sostegno e la partecipazione diretta ...
... Della ambasciata americana a Kiev ...
... E' stato realizzato il progetto "TechCamp" ...
... In base al quale sono stati messi in atto i preparativi per una guerra civile in Ucraina.

Il progetto "TechCamp" prepara specialisti per la guerra dell'informazione ...
... Ed il discredito delle istituzioni statali con l'uso dei mezzi di comunicazione moderni ...
... Potenziali rivoluzionari ...
... Per l'organizzazione di proteste ...
... E per la caduta dello Stato dell'Ordine.

Il progetto è attualmente sorvegliato e sotto la responsabilità ...
... Dell'ambasciatore statunitense in Ucraina ...
... Geoffrey R. Pyatt.

Dopo la conversazione con l'organizzazione "Volya" ...
... Ho imparato ...
... Che sono riusciti a far accedere risorse nel progetto "TechCamp" ...
... Mascherandosi come una squadra di specialisti IT.

Si sono tenuti briefing sulle peculiarità dei media moderni.

Istruttori americani hanno spiegato come social network ed altre tecnologie su Internet ...
... Possono essere utilizzati per la manipolazione mirata dell'opinione pubblica ...
... Nonché per attivare proteste ...
... Per provocare disordini violenti sul territorio dell'Ucraina ...
... Per la radicalizzazione della popolazione e per innescare lotte intestine.

Istruttori americani hanno mostrato esempi in cui i social network ...
... Hanno scatenato proteste con successo
... In Egitto, Tunisia e Libia.

Rappresentanti "TechCamp" attualmente tengono conferenze in tutta l'Ucraina.

Un totale di cinque eventi si sono tenuti finora.

Circa 300 persone sono state formate come operatori, che sono ora attivi in tutta l'Ucraina.

L'ultima conferenza "TechCamp" ha avuto luogo il 14 e 15 Novembre 2013 ...
... Nel cuore di Kiev sul territorio dell'ambasciata degli Stati Uniti!

Mi dite quale paese al mondo avrebbe permesso ...
... Una ONG di operare fuori dall'ambasciata degli Stati Uniti?

Questa è mancanza di rispetto per il governo ucraino, e contro il popolo ucraino!

Mi appello alle autorità costituzionali di Ucraina con la seguente domanda:

E' concepibile che i rappresentanti dell'ambasciata degli Stati Uniti ...
... Organizzino conferenze del "TechCamp" ...
... Abusando della loro missione diplomatica?

- Lasciatelo parlare -

Prosegua

Risoluzione ONU del 21 Dicembre 1965 regolamenta ...
... Irricevibilità di ingerenza negli affari interni di uno Stato ...
... Per proteggere la sua indipendenza e la sua sovranità ...
... Ai sensi dei paragrafi uno, due e cinque.

Vi chiedo di considerare questo come un invito ufficiale ...
... per l'apertura di un'indagine su questo caso

Grazie»

Video: www.youtube.com/watch?v=y9hOl8TuBUM






http://www.remocontro.it/2015/03/05/petrolio-croazia-affare-italiano/

Il petrolio della Croazia è un affare anche italiano 

Le trivelle in Adriatico mettono a rischio salute e turismo. Ma il petrolio non piace nemmeno ai croati 

di Massimo Lauria
5 marzo 2015

Zagabria vuole regalare i fondali dell’Adriatico alle multinazionali del petrolio. Ma i rischi per il turismo, la pesca e la salute dei due Paesi sono enormi. Il governo Renzi –con molto ritardo- chiede consultazioni oltre mare. Mobilitazioni popolari in Italia e Croazia per fermare le trivelle 

Il petrolio della Croazia è anche un problema italiano. Zagabria vuole dare in mano ai giganti degli idrocarburi la propria fetta di Mare Adriatico e indice un referendum popolare. Ma per la legge europea non lo può fare senza un accordo con l’Italia. Anche se l’oro nero si trova nei fondali croati, infatti, l’interesse ambientale è comune. Ma bisogna fare presto, perché se l’Italia non interviene l’Adriatico diventerà presto un campo di raccolta di petrolio i cui rischi sanitari ed economici li pagheranno le comunità italiane che affacciano su quel tratto di mare.

I fatti. La Croazia – spinta dall’interesse delle lobby petrolifere – decide di consentire le prospezioni nei propri fondali. Il passo successivo è quello di lottizzare -come fosse un qualsiasi terreno- il 90 per cento del proprio mare, suddiviso in 29 blocchi diversi. Fin qui tutto procede liscio, anche perché il Governo Renzi si dimentica di fare le proprie osservazioni –come prevedono le direttive di Bruxelles- e lascia scadere i termini di consultazione per i Piani di Zagabria.
 
La faccenda però non sfugge alle associazioni ambientaliste, Greenpeace in testa, che sentono puzza di bruciato e iniziano una mobilitazione popolare per avvertire del pericolo trivelle. Fino a quel punto le istituzioni italiane sembrano ignorare la vicenda. Ma poi nelle commissioni Ambiente e Industria dei due rami del Parlamento qualcuno si fa venire il dubbio: trivelle sì, trivelle no. Il movimento di Grillo presenta diverse interrogazioni parlamentari a cui il governo Renzi non risponde, ma l’esecutivo sembra svegliarsi dal torpore in cui è caduto.
 
Ci vuole qualche giorno prima che il ministero dell’Ambiente reagisca. Poi finalmente –poche ore fa e con grande ritardo- Gian Luca Galletti annuncia: «abbiamo chiesto e ottenuto dal governo croato l’avvio di consultazioni transfrontaliere sul piano di trivellazioni lanciato da Zagabria nel mare Adriatico». Entro il 17 aprile l’Italia deve mandare le proprie osservazioni alla Croazia sulla Valutazione ambientale strategica (Vas) per la garanzia dell’applicazione dei più alti standard di sicurezza ambientale.
 
Qualche malizioso ha letto nel ritardo dell’Italia l’imbarazzo di aver approvato pochi mesi fa il cosiddetto decreto Sblocca Italia, che consente le trivellazioni un po’ ovunque sulla nostra penisola. Come farà ora il governo Renzi a fermare le trivelle croate senza smentire se stesso è un mistero. A patto che voglia davvero bloccare il piano della Croazia. Ambientalisti ed esperti del settore energetico prevedono che l’Italia troverà una soluzione di comodo che in futuro non metta in discussione piani simili.
 
Intanto dall’altra parte dell’Adriatico cittadini, ambientalisti e attivisti croati di ogni tipo si stanno mobilitando per spuntare i trapani alle trivelle. Anche perché il piano di Zagabria è privo di uno studio approfondito sui rischi ambientali e sulla gestione di eventuali incidenti, accusano. L’obiettivo della popolazione è fare pressione sui due governi per fermare le prospezioni di idrocarburi. Secondo gli scienziati, infatti, una piattaforma rilascia circa 90,000 tonnellate di materiale di scarto durante l’arco della sua vita temporale, danneggiando la vita marina e la qualità dell’aria.

[IMMAGINE: La lottizzazione del mare croato in 29 zone di trivellazione come si vede da una foto scattata dal satellite]
 
Dagli impianti si riversano in acqua “fluidi di perforazione e scarti metallici, che includono sostanze tossiche, fra cui cromo, mercurio e benzene”. Mandare avanti i piani di ricerca del petrolio metterebbe dunque a rischio intere economie locali, basate sulla pesca e sul turismo. Senza contare i pericoli per la salute. Molte famiglie italiane e croate pagherebbero il prezzo della speculazione di poche mutinazionali. E le ricadute occupazionali di un piano del genere sarebbero decisamente molto marginali.







http://www.lupiga.com/vijesti/fojbe-i-drugi-zlocini-povijest-je-prevazna-da-bi-ju-prepustili-povjesnicarima

FOJBE I DRUGI ZLOČINI

Povijest je prevažna da bi ju prepustili povjesničarima


Mladen Barbarić | 27.02.2015.

Partikularni interesi političkih elita ne samo da dovode do masovnih zločina, oni desetljećima i stoljećima nakon toga onemogućavaju normalizaciju odnosa kako bi se neki novi, ili stari, ciljevi (poput jedinstva nacije, nacionalnih mitova...) održali na životu za svakodnevnu upotrebu. Žrtve samih zločina, njihove obitelji, nasljednici i čitave nacije tek su pijuni. U takvom političkom ambijentu povjesničarima preostaje ili da se uključe u propagandnu državnu mašineriju ili da pričekaju s faktima jer, kako kaže naš sugovornik, povijest je previše važna da bi je političari prepustili povjesničarima dok god im je zgodna za svakodnevnu upotrebu.

Zakonom proglašenim 30. ožujka 2004. godine Italija je 10. veljače (dan kada je 1947. godine potpisan Ugovor o miru s Jugoslavijom) ove godine deseti put obilježila Dan sjećanja »s ciljem očuvanja i obnavljanja sjećanja na tragediju Talijana i na sve žrtve fojbi, na egzodus Istrana, Riječana i Dalmatinaca iz njihove postojbine nakon Drugog svjetskog rata te na složena zbivanja na istočnoj granici«.

Da se ne radi o obilježavanju sjećanja na povijesne činjenice već državnoj propagandi govori i podatak kako je egzodus Talijana počeo i prije kraja Drugog svjetskog rata zbog savezničkih bombardiranja Zadra 1943. godine. Tome u prilog ide i sama formulacija Dan sjećanja koja događaje što se odvijaju od 1943. do kasnih '50-ih godina stavlja posve izvan konteksta stoljeća kolonijalizma i dvije decenije fašističkog terora. Šira povijesna slika od bar stoljeća stisnuta je u prilično neodređenu formulaciju „složenih zbivanja na istočnoj granici“. 

Žrtve zločina trebaju biti priznate u najmanju ruku kao opomena za budućnost. No, Dan sjećanja jedan je od najboljih primjera na koji se način povijesne tragedije koriste u političke svrhe. Izvrtanje činjenica, izmještanje konteksta i manipulacija brojkama stalni su pratioci ovog događaja u Italiji, ali slični dani rezervirani su u kalendaru gotovo svake države s istim ciljevima i posljedicama.

U obliku u kojem se trenutno slavi Dan sjećanja u Italiji ponajviše doprinosi netrpeljivosti spram istočnih susjeda koji su, reći će prosječni Talijan, „ u fojbama pobili na desetine tisuća Talijana te protjerale stotine tisuća samo zato što su Talijani“ ili kako je to 2007. godine izjavio tadašnji predsjednik Italije, Giorgio Napolitano „Bio je to događaj s primjesama etničkog čišćenja“.

[SLIKA: Prijenos obraćanja predsjednika Italije Sergija Mattarelle i ove godine na državnoj televiziji ilustriran smaknućem partizana]

Razmjere općeg neznanja ili više desetljeća ignoriranja činjenica najbolje oslikava famozna fotografija kojom se nerijetko u talijanskim medijima ilustrira Dan sjećanja. Fotografija koja bilježi trenutak u kojem streljački vod ubija petoricu nedužnih civila i ove godine je na službenoj stranici nacionalne televizijske kuće Rai ilustrirala najavu obraćanja predsjednika republike Sergija Mattarelle u parlamentu. Jedini je problem što je fotografija snimljena 1942. godine, što puške u rukama drže pripadnici Grenadirske divizije sa Sardegne i što su žrtve Franc Žnidaršič, Janez Krajc, Franc Škrebec, Feliks Žnidaršić i Edvard Škrebec.

Premda se istina o fotografiji zna još od 2012. godine i danas se koristi. „No, nije problem samo u toj jednoj fotografiji. Na kraju krajeva, postoje desetine takvih fotografija koje su prezentirane kao stradanja Talijana dok u stvari predstavljaju zrcalnu sliku. U pozadini korištenja ovakvih fotografija stoji puno više od pukog neznanja. Pošteno istraživanje, može nas provesti kroz labirint antijugoslavenske propagande ukoliko prevaziđemo predrasude o povijesti naše istočne granice. Druga važna stvar koja proizlazi iz široke upotrebe ove fotografije u Italiji jest sljedeće. Nju su na različitim medijima, od televizije na dalje, vidjele tisuće ljudi među kojima i novinari i povjesničari. Ako i ne znamo ništa o talijanskoj agresiji na Jugoslaviju (o čemu Talijani uglavnom i ne znaju puno), zar nije očito da su ovi s puškama vojnici, a ne partizani? Kako je uopće moguće da je tako mali broj ljudi prepoznao o čemu se zapravo radi? U psihologiji to zovu „reduktivna pretpostavka“. To su naime, duboko usađene ideje koje uvjetuju našu svijest. U Italiji je riječ o pojednostavljenoj pretpostavci kako su svo nasilje na tom području radili „Titovi“ nad Talijanima“, zaključuje povjesničarka Alessandra Kersevan objašnjavajući koliko je propaganda o zločinima na „istočnoj granici“ raširena u Italiji.

[SLIKA: Talijanska verzija "Otvorenog" na Dan sjećanja patnje masovnih egzekucija Talijana ilustrira vješanjem partizana]

Viktimizacija i stereotip o dobrom Talijanu temelj su na kojem počiva talijanski nacionalni identitet. Nakon Drugog svjetskog rata zbog političkog mira i rekonstrukcije nacije posve su izbrisani zločini počinjeni od strane fašizma i talijanske vojske. U školskim udžbenicima se puno govori o fašizmu ali jako malo o talijanskim zločinima ili pak okupaciji na Balkanu ili ratu u Africi. Generalni diskurs uvijek je viktimistički. Talijanski narod bio je žrtva jednog diktatorskog režima te su stoga ratovi i svi eventualni zločini uvijek krivnja fašista. Sâm Dan sjećanja instituiran je u suglasju između partija koje su sljednice fašizma i komunizma. Bivši komunisti time su se htjeli legitimirati kao „pravi“ Talijani dok su ga nacionalisti iskoristili kao legitimaciju njihove žrtve na kraju rata.“, za Lupigu objašnjava talijanski povjesničar Eric Gobetti dodajući kako se u javnosti zna jako malo o samim zločinima, stanju na granici te je narodom vrlo lako manipulirati obzirom da se o tome u školama ne uči niti se širokim masama realno predstavljaju događanja kojih bi se trebali prisjećati.

Kako pojašnjava aktivistkinja Claudija Cernigoi pitanje fojbi i egzodusa esula nikada u Italiji nije bilo kontekstualizirano. „Rijetko se referiramo na povijesne studije. Radije se oslanjamo stvari koje je lako naći i pročitati na internetu. No, tu je u glavnom riječ o propagandnim tekstovima punim grešaka i falsifikata“, zaključuje naša sugovornica.

Da bi se odmakli od propagandne magle koja se u Italiji širi brojkama ubijenih, a u Hrvatskoj posvemašnjom nezainteresiranošću, do realnih podataka smo pokušali doći kod najupućenijih – povjesničara što se bave upravo tematikom fojbi i egzodusa Talijana s „naših“ prostora.

Profesor Raol Pupo s Odjela za suvremenu povijest na Sveučilištu u Trstu i jedan od najupućenijih Talijana u materiju prokomentirao nam je talijansko viđenje.

„Povijesni događaji uvijek su objekti interpretacije. Ono što je važno jest da se ta interpretacija bazira na rigoroznim znanstvenim metodama a ne na predrasudama. U tom pogledu nacionalnost povjesničara ne bi trebala igrati ulogu u interpretaciji događaja. Kada govorimo o fojbama razlike u interpretacijama proizlaze iz naših identitetâ. U medijima se to, više nego u krugovima povjesničara, još uvijek uglavnom bazira na jakim stereotipima“, ocjenjuje profesor Pupo.

[SLIKA: Povijesni događaji uvijek su objekt interpretacije, važno je da se one ne baziraju na predrasudama, Raoul Pupo]

Činjenica jest, kako nam tvrdi dr. Nevenka Troha s Instituta za noviju povijest u Ljubljani i, kao i profesor Pupo članica međunarodne talijansko-slovenske Komisije za utvrđivanje povijesnih činjenica, kako brojka ubijenih u fojbama nije poznata. „Naša komisija ocijenila je kako se radi o broju manjem od četiri tisućeinfoibatih“, objašnjava.

Problem s brojevima nastaje i u samoj definiciji, govori profesor Pupo „termin „infoibati“ u Italiji se koristi kao sinonim za ubijene i nestale pa kada govorimo samo o ubijenima brojke se očito mijenjaju i to poprilično“.

Kada baratamo pojmom fojbe, važno je naglasiti kako se zapravo radi o poistovjećivanju dva različita događaja. „Prvi se odvija u jesen 1943. godine nakon kapitulacije Italije kada su pripadnici NOB-a, uglavnom na području Hrvatske uhitili i strijeljali između 400 i 500 osoba dok je na području pod upravom slovenskih partizana ubijeno manje od 30 ljudi. Ta su hapšenja i ubojstva većinom odraz osvete za događaje tijekom i prije rata. No, drugi val koji počinje nakon rata, u ljeto 1945. godine, ima drugačiji karakter. Osim odmazde važan je čimbenik bio i rješavanje pitanja eventualnih i realnih protivnika novih (komunističkih) vlasti kao i pripajanje teritorija koji su do tada bili pod upravom Italije. U tim se događajima hapsilo Talijane, Slovence i Hrvate ukoliko su smatrani „neprijateljima sistema“, zaključuje dr. Nevenka Troha s čime se slaže i talijanski stručnjak dodavši kako su procjene o desetinama tisuća ubijenih, koje se u Italiji nerijetko čuju, bez osnove. „Ono što se u Jugoslaviji događalo poslije rata bilo je dijelom konstrukcije novog društva i režima koji je organizirala politika. Za razliku od '43 godine promijenio se politički neprijatelj“, dodaje profesor Pupo.

Egzodusu Talijana nakon rata uvelike je pridonio i raskol između Tita i Staljina 1948. godine. „Uistinu, do tada su Jugoslavenske vlasti provodile politiku „bratstva Talijana i Slavena“. To je značilo kako je određeni dio talijanske manjine karakteriziran kao „pošteni Talijani“ koji su se mogli integrirati u društvo sa svojim manjinskim pravima. Uglavnom je to radnička klasa, odnosno komunisti. No, nakon krize sa Staljinom KP Italije staje na stranu Sovjetskog Saveza čime i talijanski komunisti u Jugoslaviji postaju neprijatelji naroda. Vođe su poslane na Goli Otok dok su ostali završili u egzilu u Italiji ili drugim zemljama. Istu sudbinu doživjelo je i nekoliko tisuća talijanskih komunista, prije svega zidari iz Monfalconea, koji su 1947. godine otišli u Jugoslaviju (prije svega u Rijeku) želeći graditi socijalizam. I oni su nakon krize informbiroa morali napustiti novu domovinu.“, prepričava Pupo sudbinu talijanskih idealista u raljama realpolitike.

[SLIKA: Zajednička talijansko-slovenska komisija zaključila je kako fojbe i egzodus esula nisu bili genocid, dr. Nevenka Troha]

U talijanskom javnom diskursu često se barata brojkom od oko 350 tisuća esula, no riječ je o nerealnim brojkama objašnjava dr. Troha. „Na području Istre ukupno je u to vrijeme živjelo manje od 400 tisuća ljudi pa je nemoguće da ih je pobjeglo toliko. Realnije procjene se gibaju između 200 i 250 tisuća.“ Zaključuje slovenska povjesničarka dodajući kako je zajednička komisija jednoglasno zaključila kako fojbe i egzodus nikako ne mogu biti genocid.

Ono što fojbe jesu, tužna epizoda koja se još uvijek koristi za lokalne političke prilike kako u Italiji tako i u Sloveniji i Hrvatskoj. No, ako se narodne mase koje potpaljuju političari sa svih strana možda i ne slažu, talijanski i slovenski povjesničari o zajedničkom problemu barem razgovaraju. Ispravno se stoga zapitati zašto ne postoji hrvatsko-talijanska komisija?

„Do određenih arhiva i podataka možete doći samo ukoliko postoji politička volja. Posebno se to ističe kada se radi o kompleksnim događajima poput egzodusa Talijana i fojbi gdje je riječ ne o jednoj, već o tri ili četiri države koje moraju biti spremne na suradnju.“ tumači nam profesor Darko Dukovski s Odjela za povijest Filozofskog fakulteta u Rijeci koji se bavio istraživanjima fojbi na području Istre.

Jednom ili čitavom timu, povjesničara, teško je naći slobodnog vremena obzirom na svakodnevne obveze na fakultetu. Još je teže pronaći financijska sredstva za dugotrajno kopanje po arhivima kako bi se napokon razriješile povijesne dileme.

„Mnogi su papiri u Državnom arhivu u Beogradu što znači da vam treba suradnja s ambasadom, što pak znači suradnju i dobru volju Ministarstva vanjskih poslova. Ja si ne mogu dozvoliti tjedan dana boravka u hotelu u Beogradu kako bi tražio po arhivu. Pogotovo ne u situaciji u kojoj ne znam hoće li mi uopće dozvoliti da tamo istražujem. To su kompleksni odnosi koji prije svega moraju biti riješeni na političkoj razini kako bi se nama povjesničarima dozvolilo da radimo svoj posao. No, očito, još uvijek je povijest previše važna da bi ju ostavili povjesničarima“, zaključuje profesor Dukovski.

Ukoliko događaje iz Istre i slovenskog primorja uzmemo kao primjer, teško je očekivati da će se i ovi noviji zločini u dogledno vrijeme prepustiti povjesničarima. Dapače, svakodnevno iznova vidimo kako se i dalje koriste u dnevnopolitičke svrhe. Bez obzira na državu, svaka ima svoj Dan sjećanja, svoje fojbe i svoje esule za svakodnevnu upotrebu. Ne treba ići dalje od Savske 66.




(italiano / english)


John Pilger: 
Perché l’ascesa del fascismo è di nuovo il problema / Why The Rise Of Fascism Is Again The Issue


--- italiano ---


Perché l’ascesa del fascismo è di nuovo il problema

Di John Pilger

27 febbraio 2014

Il recente 70° anniversario della liberazione  di Auschwitz  ci ha ricordato      il grande crimine del fascismo la cui iconografia nazista è inserita nella nostra consapevolezza. Il fascismo è conservato come storia, come  filmato tremolante di      di camicie nere che fanno il passo dell’oca, la loro criminalità terribile e palese. Tuttavia nelle stesse società liberali le cui élite guerrafondaie ci esortano a non dimenticare mai, il pericolo che un nuovo tipo di fascismo stia accelerando viene eliminato perché è il loro fascismo.

“Cominciare una guerra di aggressione….”  hanno detto i giudici del tribunale di Norimberga nel 1946, “non è soltanto un crimine internazionale, è il supremo crimine internazionale che differisce dagli altri crimini di guerra perché contiene in se stesso  il male accumulato del totale.”

Se i nazisti non avessero invaso l’Europa, Auschwitz  e l’Olocausto non  sarebbero esistiti. Se gli Stati Uniti e i suoi satelliti non avessero iniziato la loro guerra di aggressione  in Iraq nel 2003, quasi un milione di persone oggi sarebbero vive , e lo Stato Islamico, o ISIS non ci terrebbe  schiavi della  sua ferocia. Sono  la progenie del fascismo moderno,  svezzato dalle bombe, dai bagni di sangue e dalle bugie che sono il teatro surreale noto come notizie.

Come il fascismo degli anni  e ’40, grosse bugie vengono diffuse con la precisione di un metronomo, grazie ai media onnipresenti, ripetitivi e alla loro violenta censura per omissione. Considerate la catastrofe in Libia.

Nel 2011 la Nato ha dato il via a 9.700  “missioni di aggressione”  contro la Libia, un terzo delle quali avevano come  obiettivi i civili. Si usavano testate all’uranio; le città di Misurata e di Sirte sono state bombardate a tappeto. La Croce Rossa ha identificato fosse comuni e l’Unicef ha riferito che “la maggior parte [dei bambini uccisi] avevano meno di 10 anni.”

La sodomizzazione pubblica del presidente della Libia, Muammar Gheddafi fatta con una baionetta dei “ribelli” è stata accolta dall’allora Segretario di Stato americano, Hillary Clinton con queste parole: “Siamo venuti, abbiamo visto, egli è morto.” La sua uccisione, come la distruzione del suo paese, è stata giustificata con una grossa bugia che ci è familiare: stava pianificando il “genocidio” contro il suo stesso popolo. “Sapevamo….che se avessimo aspettato ancora un giorno,” ha detto il presidente Obama, “Bengasi, una città grande quanto Charlotte, poteva subire un massacro che si sarebbe riverberato in tutta la regione e che avrebbe macchiato la coscienza del mondo.”

Questa è stata l’invenzione delle milizie islamiste che affrontavano la sconfitta da parte delle forze governative libiche. Hanno detto alla Reuters che ci sarebbe stato “un vero bagno di sangue, un massacro come quello che abbiamo visto in Ruanda”.

Riferita il 14 marzo 2011, la bugia ha fornito il primo spunto per l’inferno della Nato, definito da David Cameron un “intervento umanitario.”

Segretamente riforniti e addestrati dalle  Forza aerea speciale (SAS) della Gran Bretagna, molti dei “ribelli” sarebbero diventati ISIS, la cui più recente “offerta” video mostra la decapitazione di 21 lavoratori Cristiani Copti catturati a Sirte, la città distrutta a nome loro dai bombardieri della NATO.

Secondo Obama, Cameron e Hollande, il vero crimine di Gheddafi è stata l’indipendenza economica della Libia e la sua intenzione dichiarata di smettere di vendere le più grosse riserve petrolifere dell’Africa in dollari degli Stati Uniti. Il petrodollaro è un pilastro del potere imperiale americano. Gheddafi ha audacemente pianificato di introdurre  una valuta africana comune  agganciata all’oro, stabilire una banca centrale africana, e di promuovere un’unione economica tra paesi poveri con risorse di valore. Se questo sarebbe accaduto oppure no, la sola idea era insopportabile per gli Stati Uniti perché preparava una “entrata” in Africa e a corrompere i governi africani  con “partnership” militari.

In seguito all’attacco della Nato con la copertura di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza, Obama, ha scritto Garikai Chengu, “ha confiscato 30 miliardi di dollari dalla Banca Centrale della Libia, che Gheddafi aveva destinato all’istituzione di una Banca Centrale africana e della valuta chiamata dinaro  africano, agganciata all’oro.”

La “guerra umanitaria” contro la Libia ha preso spunto da un modello caro ai cuori liberali occidentali, specialmente nel campo dei media. Nel 1999 Bill Clinton e Tony Blair hanno mandato la Nato a bombardare la Serbia, perché, hanno mentito, i Serbi stavano commettendo un “genocidio” del gruppo etnico albanese nella provincia secessionista del Kosovo. David Scheffer, ambasciatore straordinario degli Stati Uniti     per i Problemi dei Crimini di guerra, ha dichiarato che “un numero equivalente a 225.000 uomini di etnia albanese tra i 14 e i 59 anni”  potevano essere stati assassinati. Sia Clinton che Blair hanno ricordato l’Olocausto  e “lo spirito della Seconda Guerra mondiale”. Gli eroici alleati dell’Occidente erano l’Esercito di liberazione del Kosovo (KLA), i cui precedenti penali sono stati trascurati. Il ministro degli Esteri britannico, Robin Cook, ha detto loro di chiamarlo a qualsiasi ora sul suo cellulare.

Una volta finito il bombardamento della Nato, e con gran parte delle infrastrutture della Serbia in rovine, insieme a scuole, ospedali, monasteri e la stazione televisiva nazionale, squadre di polizia scientifica sono scese in Kosovo per tirar fuori prove dello “olocausto”. L’FBI non è riuscita a trovare neanche una sola fossa comune ed è tornata a casa. La squadra della polizia scientifica spagnola ha fatto lo stesso e il suo capo ha rabbiosamente denunciato “una piroetta   semantica da parte delle macchine di propaganda della guerra”. Un anno dopo, un tribunale di guerra dell’ONU  per la Jugoslavia ha annunciato il conteggio finale dei morti in Kosovo: 2.788. Questa cifra comprendeva i combattenti di entrambe le parti,  serbi  e Rom uccisi dal KLA. Non c’era stato alcun genocidio. “L’olocausto era una bugia. L’attacco della NATO era stato fraudolento.

Dietro la bugia c’era uno scopo serio. La Jugoslavia era una federazione unicamente indipendente e multi-etnica e  che aveva fatto da ponte politico ed economico durante la Guerra Fredda. La maggior parte delle aziende e della produzione principale era di proprietà pubblica. Questo non era accettabile da parte della Comunità europea che si andava espandendo, specialmente da parte della Germania di recente riunita, che aveva iniziato a spingersi verso est per conquistare il suo “mercato naturale” nelle province jugoslave di Croazia e Slovenia. Quando gli Europei si sono incontrati a Maastricht nel 1991 per preparare i piani per la disastrosa eurozona, era stato raggiunto un accordo segreto: la Germania avrebbe riconosciuto la Croazia. La Jugoslavia era spacciata.

A Washington gli Stati Uniti hanno visto che all’economia jugoslava in difficoltà venivano negati i prestiti della Banca Mondiale. La Nato, che allora era reliquia della quasi defunta Guerra Fredda, è stata reinventata come gendarme imperiale. A una conferenza di “pace” per il Kosovo, tenutasi a Rambouillet, in Francia, i serbi sono stati soggetti alle tattiche sleali del gendarme. L’accordo di Rambouillet  comprendeva un’appendice segreta B, che la delegazione statunitense aveva inserito l’ultimo giorno. Questa chiedeva l’occupazione militare dell’intera Jugoslavia – una nazione che aveva amari ricordi dell’occupazione nazista – e l’attuazione di una “economia di libero mercato” e la privatizzazione di tutti i beni del governo. Nessuno stato sovrano poteva firmare questo accordo. La punizione è seguita rapidamente: le bombe della Nato sono cadute su un paese indifeso. E’ stato l’avvenimento precursore delle catastrofi in Afghanistan e in Iraq, in Siria, Libia e Ucraina.

Fin dal 1945, più di un terzo dei membri della  Nato – 69 paesi – hanno sofferto alcune o tutte le seguenti vicende per mano del moderno fascismo dell’America. Sono stati invasi, i loro governi sono stati rovesciati, i loro movimenti popolari sono stati soppressi, le loro elezioni sovvertite, la loro gente bombardata, e le loro economie private di ogni tipo di protezione, le loro società assoggettate all’ assedio opprimente noto come “sanzioni”. Lo storico britannico Mark Curtis stima il bilancio delle vittime in milioni. In ogni caso, è stata usata una grossa bugia.

“Stanotte, per la prima volta, fin dall’11 settembre, la nostra missione bellica in Afghanistan è finita.” Queste sono state le parole di apertura del discorso di Obama sullo stato dell’Unione del 2015. Infatti, circa 10.000 soldati e 20.000 contractor militari (mercenari) restano in Afghanistan con incarico indefinito. “La guerra più lunga dell’America è arrivata a una conclusione responsabile,” ha detto Obama pochi giorni prima. Invece sono stati uccisi più civili nel 2014 che in  qualsiasi anno  da quando l’ONU ha iniziato a registrare  le morti.   La maggior parte sono stati uccisi – civili e soldati – durante il periodo di presidenza di Obama.

La tragedia in Afghanistan rivaleggia con l’epico crimine in Indocina. Nel suo libro esaltato e molto citato, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives,[La grande scaccchiera: la supremazia americana e i suoi imperativi geostrategici], Zbigniew Brzezinski, il padrino delle politiche statunitensi, dall’Afghanistan a oggi, dice che se l’America deve controllare l’Eurasia e dominare il mondo, non può sostenere una democrazia popolare , perché il perseguimento del potere non è un obiettivo che attira la passione popolare…La democrazia è nemica della mobilitazione imperiale.” Ha ragione. Come hanno rivelato WikiLeaks ed Edward Snowden, uno stato di sorveglianza e di polizia sta usurpando la democrazia. Nel 1976, Brzezinski, allora Consigliere nazionale del presidente Carter per la sicurezza, ha dimostrato il suo parere assestando un colpo mortale alla prima e unica democrazia dell’Afghanistan. Chi conosce questa storia importantissima?

Negli anni ’60, una rivoluzione popolare è dilagata in Afghanistan, il paese più povero della terra, rovesciando alla fine le vestigia del regime aristocratico nel 1978. Il Partito Democratico  popolare dell’Afghanistan (PDPA) ha formato un governo e ha dichiaratoun programma di riforma che comprendeva l’abolizione del feudalesimo, la libertà per tutte le religioni, uguali diritti per uomini e donne e giustizia sociale per le minoranze etniche. Più di 13.000 prigionieri politici sono stati liberati e i documenti della polizia sono stati bruciati pubblicamente.

Il nuovo governo ha introdotto l’assistenza sanitaria per i più poveri; è stato abolito il bracciantato, si è dato il via a un programma di alfabetizzazione di massa. Per le donne i  vantaggi erano senza precedenti.  Alla fine degli ani ’80 metà degli studenti universitari erano donne,  le donne costituivano quasi la metà dei medici dell’Afghanistan, un terzo degli impiegati statali, e la maggior parte degli insegnanti.  Saira Noorani, una chirurga, ricordava: “Tutte le ragazze potevano andare alla scuola superiore e all’università. Potevamo andare dove volevamo e indossare quello che ci piaceva. Di solito andavamo al caffè e al cinema il venerdì a vedere il più recente film indiano e ad ascoltare le ultime novità musicali. Le cose hanno iniziato ad andare male quando i mujaheddin hanno cominciato a vincere. Uccidevano gli insegnanti e incendiavano le scuole. Eravamo terrorizzati. Era triste e strano pensare che quella era la gente che l’Occidente sosteneva.”

Il governo PDPA era sostenuto dall’Unione Sovietica, anche se, come ha ammesso in seguito l’ex Segretario di Stato Cyrus Vance, “non c’era nessuna prova di qualche complicità sovietica nella rivoluzione.” Allarmato dalla crescente sicurezza dei movimenti di liberazione in tutto il mondo, Brzezinski ha deciso che se l’Afghanistan doveva avere successo con il governo del PDPA, la sua indipendenza e il suo progresso avrebbero offerto la “minaccia di un esempio promettente”.

Il 3 luglio 1979, la Casa Bianca ha segretamente autorizzato l’appoggio ai gruppi tribali  fondamentalisti  noti come mujaheddin, un programma che è arrivato fino a 500 milioni di dollari in armi statunitensi e in altri tipi di aiuti. Lo scopo era di rovesciare il primo governo laico e riformista dell’Afghanistan. Nell’agosto 1979, l’ambasciata degli Stati Uniti a Kabul ha riferito che “ai più ampi interessi degli Stati Uniti sarebbero sarebbe stata utile la caduta del governo del PDPA, malgrado tutti gli intoppi che  questo poteva significare per future riforme sociali ed economiche in Afghanistan.”

I mujaheddin sono stati gli antenati di al-Qaida e dello Stato Islamico. Tra loro c’era Gulbuddin Hekmatyar che ha ricevuto diecine di milioni di dollari in contanti dalla CIA. La specialità di Hekmatyar era il traffico di oppio e gettare l’acido in faccia alle donne che rifiutavano di portare il velo. Quando è stato invitato a Londra, è stato lodato dal primo ministro Thatcher come “combattente per la libertà”.

Questi fanatici sarebbero potuti restare nel loro mondo tribale se Brzezinski non avesse dato il via a un movimento internazionale per promuovere il fondamentalismo islamico in Asia Centrale e quindi indebolire la liberazione politica laica e “destabilizzare” l’Unione Sovietica, creando, come ha scritto nella sua autobiografia, “alcuni musulmani esaltati”. Il suo grandioso piano coincideva con le ambizioni del dittatore del Pakistan, il Generale Zia ul-Haq, di dominare la regione. Nel 1986, la CIA e l’agenzia di intelligence pakistana, l’ISI, hanno  iniziato a reclutare gente da tutto il mondo per farla entrare nella jihad afgana. Il multi-milionario saudita Osama bin Laden era uno di loro. Gli agenti che alla fine  si sarebbero uniti ai talebani e ad al-Qaida, venivano reclutati nel Centro islamico di Brooklyn, a New York, e veniva loro impartito l’addestramento paramilitare in un campo della CIA in Virginia. Questa è stata chiamata “Operazione Cyclone”. Il suo successo è stato celebrato nel 1996 quando l’ultimo presidente del PDPA, Mohammed Najibullah – che in precedenza era stato all’Assemblea Generale dell’ONU a chiedere aiuto – è stato impiccato a un lampione dai talebani.

Il “contraccolpo” della “Operazione Ciclone” e dei suoi “pochi Musulmani esaltati”  è stato l’11 settembre. L’Operazione Ciclone è diventata la guerra al terrore”, in cui innumerevoli uomini, donne e bambini avrebbero persola vita in tutto il mondo musulmano, dall’Afghanistan, all’Iraq, allo Yemen, alla Somalia, e alla Siria. Il messaggio del gendarme era e rimane: “Siete con noi o contro di noi.”

Il filo comune nel fascismo passato e attuale è l’omicidio di massa. L’invasione americana del Vietnam aveva le sue “zone di fuoco libero”, “il conteggio dei corpi” e i “danni collaterali”. Nella provincia di Quang Ngai, da dove inviavo i miei servizi molte migliaia di civili (“musi gialli” nel gergo militare americano ) sono stati uccisi dai soldati statunitensi, e, tuttavia, l’unico massacro che viene ricordato è quello a My Lai. In Laos e in Cambogia, il più grosso bombardamento aereo della storia ha causato un’epoca di terrore segnalata oggi dallo spettacolo di crateri di bombe raccordati tra loro che, visti dal cielo, assomigliano a mostruose collane. Il bombardamento ha dato alla Cambogia la sua ISIS, guidata da Pol Pot.

Oggi, la più vasta unica campagna di terrore comporta l’uccisione di intere famiglie, di ospiti ai matrimoni, di persone che partecipano ai funerali. Queste sono le vittime di Obama. Secondo il New York Times, Obama fa la sua scelta basandosi su una “lista di persone da uccidere” che gli viene data ogni martedì nella Situation Room della Casa Bianca. Poi decide, senza uno straccio di giustificazione legale, chi vivrà e chi morirà. L’arma per le esecuzioni è il missile Hellfire trasportato da un velivolo senza pilota noto come drone; questi “arrostiscono” le loro vittime e addobbano la zona con i loro resti. Ogni persona colpita viene registrata sul lontano schermo di una console, come un “bugsplat”.

Lo storico Norman Pollack ha scritto: “al posto di chi fa il passo dell’oca, sostituite una militarizzazione apparentemente più innocua della cultura totale. Invece del capo enfatico, abbiamo il riformatore mancato, allegramente al lavoro, che pianifica ed esegue assassinii, sorridendo tutto il tempo.”

A unire il fascismo vecchio e nuovo c’è il culto della superiorità. “Credo nell’eccezionalismo americano (1) con ogni fibra del mio essere,” ha detto Obama, evocando dichiarazioni di feticismo nazionale degli anni ’30. Come ha fatto notare lo storico Alfred W. McCoy, è stato il devoto di Hitler, Carl Schmidt, che ha detto: “Il sovrano è colui che decide l’eccezione.” Questo compendia l’americanismo, l’ideologia dominante nel mondo. Che questa continui a essere sconosciuta come un’ideologia rapace è il risultato di un lavaggio del cervello ugualmente sconosciuto. Insidioso, non dichiarato, presentato argutamente  come  illuminazione durante il cammino,  la sua concezione  si insinua nella  cultura occidentale. Sono cresciuto con una dieta filmica di gloria americana, che è quasi tutta una distorsione dei fatti. Non avevo idea che fosse stata l’Armata Rossa  a distruggere quasi tutta la macchina bellica nazista, costata la vita a 13 milioni di soldati. Invece le perdite degli Stati Uniti, comprese quelle nel Pacifico, sono state di 400.000 militari. Hollywood ha capovolto queste cifre.

(1)http://it.wikipedia.org/wiki/Eccezionalismo_americano

Le differenza è che ora il pubblico dei cinema è invitato a  torcersi   le  mani davanti alla “tragedia” degli psicopatici americani che devo uccidere gente in luoghi remoti – proprio come lo stesso presidente li uccide. La personificazione della violenza di Hollywood, cioè l’attore Clint Eastwood, quest’anno ha avuto la candidatura all’Oscar per il suo film, American Sniper, che parla di un assassino autorizzato che è folle. Il New York Times lo ha descritto: “un film patriottico, favorevole alla famiglia, che ha infranto tutti i record di presenze nei primi giorni di programmazione.”

Non ci sono film eroici sull’America che aveva abbracciato il fascismo. Durante la Seconda guerra mondiale, l’America (e la Gran Bretagna) sono andate in guerra contro i greci che avevano combattuto eroicamente contri il Nazismo e che si stavano opponendo all’ascesa del fascismo greco. Nel 1967, la CIA ha contribuito a portare al potere una giunta militare ad Atene – come ha fatto in Brasile e nella maggior parte dell’America Latina. Ai tedeschi e agli europei dell’Est che erano stati collusi con l’aggressione nazista e con i crimini contro l’umanità, è stato dato un rifugio sicuro negli Stati Uniti: molti sono stati  coccolati  e il loro talento è stato ricompensato. Wernher Von Braun è stato il padre sia della terrificante  bomba nazista V-2 che del programma spaziale degli Stati Uniti.

Negli anni ’90, quando le ex repubbliche sovietiche, l’Europa dell’est e i Balcani sono diventati avamposti militari della Nato, agli eredi del movimento nazista in Ucraina è stata data la loro opportunità. Responsabile della morte di migliaia di ebrei, di polacchi e di russi durante l’invasione dell’Unione Sovietica, il fascismo ucraino è stato riabilitato e la sua  “ nuova ondata” è stata salutata dal guardiano come “nazionalista”.

Questo ha raggiunto il culmine nel 2014 quando l’amministrazione Obama ha scialato 5 miliardi di dollari per un colpo di stato contro il governo eletto. Le truppe d’assalto erano neo-nazisti noti come Il Settore di Destra e Svoboda. Tra i loro capi ci sono Oleg Tyahnbok che ha chiesto una “purga” della “mafia ebraico-moscovita” e di “altra “feccia” che include gay, femministe e chi appartiene alla sinistra politica.

Questi fascisti sono ora integrati nel governo di Kiev del golpe. Il primo vice presidente del parlamento ucraino, Andriy Parubyi, capo del partito di governo è il co-fondatore di Svoboda. Il 14 febbraio  Parubiy ha annunciato che sarebbe volato a Washington per convincere “gli Stati Uniti a darci armamenti moderni di alta precisione”. Se ci riuscirà, questo verrà considerato dalla Russia come un’azione di guerra.

Nessun leader occidentale ha parlato del risveglio del fascismo nel cuore dell’Europa, a eccezione di Vladimir Putin, il cui popolo ha perduto 22 milioni di persone a causa dell’invasione nazista che è arrivata attraverso la zona di confine dell’Ucraina. Alla recente Conferenza di Monaco sulla sicurezza, la vice Segretaria di Stato di Obama per gli Affari Europei ed Euroasiatici, Victoria Nuland,  strepitava insulti  rivolti ai  leader europei per essere stati contrari  al fatto che gli Stati Uniti abbiano armato il regime di Kiev. Si è riferita al ministro tedesco della difesa che ha chiamato il “ministro del disfattismo”. E’ stata la Nuland  il cervello del golpe di Kiev.  Moglie di Robert D. Kagan, un massimo luminare neo-conservatore e co-fondatore dell’iniziativa  di estrema destra che si chiama  Progetto per un Nuovo secolo Americano, era consigliera di Dick Cheney per la politica estera.

Il colpo della Nuland  non è diventato un piano. Alla Nato è stato impedito di impadronirsi della storica legittima base navale in acque calde, della Russia in Crimea. La popolazione della Crimea, per lo più russa – annessa illegalmente all’Ucraina da Nikita Krushchev nel 1954 – ha votato in maniera schiacciante a favore del ritorno alla Russia, come aveva fatto negli anni ’90.  Il referendum è stato volontario, popolare, ed è stato osservato a livello internazionale. Non c’è stata nessuna invasione.

Allo stesso tempo, il regime di Kiev si rivoltato contro la  popolazione di etnia russa nell’est con la ferocia della pulizia etnica. Impiegando le milizie neo-naziste alla maniera delle Waffen delle SS, (i reparti combattenti)  hanno bombardato e posto l’assedio alle città grandi e piccole. Hanno usato come armi la fame, l’interruzione dell’elettricità, il congelamento dei conti bancari, interruzione del sistema previdenziale e delle pensioni. Oltre un milione  di profughi sono scappati in Russia attraverso il confine. Secondo i media occidentali sono diventate persone che fuggivano dalla “violenza causata dalla “invasione russa”. Il comandante della Nato, Generale Breedlove – il cui nome e le cui azioni potrebbero essere state ispirate dal dottor Stranamore di Stanley Kubrick – ha annunciato che 40.000 soldati russi si stavano “ammassando”. Nell’epoca delle prove forensi con i satellitari, il generale non ne ha offerta nessuna.

Queste persone  dell’Ucraina che parlano russo e che sono bilingui – un terzo della popolazione – hanno a lungo cercato una federazione che rifletta la diversità etnica del paese e che sia allo stesso tempo autonoma e indipendente da Mosca. La maggior parte non sono “separatisti”, ma cittadini che vogliono vivere in sicurezza nella loro patria e opporsi alla presa del potere a Kiev. La loro rivolta e creazione di “stati” autonomi sono una reazione agli attacchi di Kiev contro di loro. Poco di tutto questo è stato spiegato al  pubblico occidentale.

Il 2 maggio 2014, a Odessa, 41 persone di etnia russa sono state bruciate vive nella sede centrale generale dei sindacati, mentre  la polizia stava ferma. Il capo del Settore di Destra Dmytro Yarosh ha  salutato  il massacro come  “un’altra giornata luminosa nella storia della nostra nazione”. Sui media britannici e americani, questa è stata rispettata come una “tragedia torbida”, conseguenza degli “scontri” tra i “nazionalisti” (i neo-nazisti) e i “separatisti” (persone che raccoglievano le firme per un referendum su un’Ucraina federale).

Il New York Times ha seppellito la storia, avendo messa da parte come propaganda russa gli avvertimenti sulle politiche fasciste e antisemitiche dei nuovi clienti di Washington. Il Wall Street Journal ha condannato  le vittime  – “Fuoco ucraino letale- probabilmente scatenato dai ribelli, dice il Governo.” Obama si è congratulato con la giunta per la sua “moderazione”.

Se si può incitare Putin ad andare in loro aiuto, il suo ruolo pre-ordinato di “pariah” in Occidente giustificherà la bugia che la Russia sta invadendo l’Ucraina. Il 29 gennaio, il massimo comandante militare dell’Ucraina, il Generale Viktor Muzhemko, ha quasi   inavvertitamente  ignorato proprio la base per le sanzioni alla Russia di Stati Uniti e Unione Europea, quando ha detto enfaticamente durante una conferenza stampa: “L’esercito ucraino non sta combattendo con le unità regolari dell’Esercito Russo”. C’erano “cittadini individuali” che erano membri di “gruppi armati illegali”, ma non c’era nessuna invasione russa. Non era una notizia. Vadym Prystalko, Vice ministro degli Esteri di Kiev, ha chiesto una “guerra su vasta scala” con la Russia che ha armi nucleari.

Il 21 febbraio, il senatore statunitense James Inhofe, Repubblicano dell’Oklahoma, ha introdotto una legge che autorizzerebbe le armi per il regime di Kiev. Nella sua esposizione al Senato, Inhofe ha usato fotografie che sosteneva fossero di truppe russe che entravano in Ucraina, che oramai  da lungo  tempo si sono rivelate false. Questo fatto ricordava le finte fotografie di Ronald Reagan di un’installazione sovietica in Nicaragua e le false prove di Colin Powell presentate all’ONU di armi di armi di distruzione di massa in Iraq.

L’intensità della campagna di  diffamazione   contro la Russia e il rappresentare il suo presidente come il cattivo nella pantomima è diverso da tutto ciò che ho visto come giornalista. Robert Parry, uno dei giornalisti investigativi più illustri   che ha rivelato lo scandalo Iran Contra, http://it.wikipedia.org/wiki/Irangate ha scritto di recente: “Nessun governo europeo, fin dai tempi della Germania di Hitler, ha considerato appropriato mandare i soldati nazisti dei reparti di assalto   per fare guerra contro una popolazione interna, ma il regime di Kiev lo ha fatto e anche  consapevolmente. Tuttavia, in tutto lo spettro politico e  dei media occidentali, c’è stato uno sforzo  diligente  di nascondere questa realtà fino al punto di ignorare dei fatti che sono stati ben stabiliti… Se vi chiedete in che modo il mondo potrebbe inciampare nella terza guerra mondiale – proprio come ha fatto nella prima, un secolo fa, non vi resta che guardare alla follia per l’Ucraina che si è dimostrata resistente  ai fatti o alla ragione.

Nel 1946, il Pubblico Ministero del tribunale di Norimberga, a proposito dei media tedeschi ha detto che: “E’ ben  noto l’uso della guerra psicologica fatto dai cospiratori nazisti. Prima di ogni importante aggressione, con qualche eccezione basata sulla convenienza personale , iniziavano una campagna di stampa per indebolire le loro vittime e per preparare psicologicamente i tedeschi all’attacco….Nel sistema di propaganda dello stato hitleriano, erano la stampa quotidiana e la radio che costituivano le armi più importanti.”

Sul Guardian del 2 febbraio, Timothy Garton-Ash in effetti chiedeva una guerra mondiale. “Putin deve essere fermato” diceva il titolo. “E talvolta solo i fucili possono fermare i fucili.” Ammetteva che la minaccia di guerra poteva “nutrire una paranoia russa di accerchiamento”; andava bene. Ha citato gli articoli di equipaggiamento militare necessari per l’impresa e ha consigliato i suoi lettori che l’America ha il “completo” migliore”.

Nel 2003, Garton-Ash, un professore di Oxford, ha ripetuto la propaganda che ha provocato il massacro in Iraq. Ha scritto che: “Saddam Hussein, come [Colin] ha documentato, ha accumulato grandi quantità di armi spaventose, chimiche e biologiche, e sta nascondendo quelle che gli restano. Sta ancora cercando di avere quelle nucleari.” Lodava Blair: “un interventista gladstoniano,  cristiano liberale”.  Nel 2006 ha scritto: “Ora affrontiamo il prossimo importante test dell’Occidente dopo l’Iraq: l’Iran.”

Gli  scoppi emotivi  o, come preferisce Garton-Ash, la sua[di Blair] “ambivalenza liberale torturata”, non sono insoliti in coloro che nell’élite liberale al di là dell’Atlantico, hanno stabilito un patto faustiano. Il criminale di guerra Blair è il loro leader perduto. Il Guardian, dove è uscito il pezzo di Garton-Ash, ha pubblicato un’intera pagina di pubblicità di un aereo da caccia americano Stealth. Su una immagine minacciosa del mostro della Lockeed Martin, c’erano le parole: “ L’F35. GRANDIOSO per la Gran Bretagna”. Questo “kit” americano costerà ai contribuenti britannici 1miliardo e 300 milioni, i precedenti modelli F hanno fatto massacri in tutto il mondo.  In sintonia con il suo consigliere, l’editoriale del Guardianha chiesto un incremento delle spese militari.

Ancora una volta, c’è uno scopo serio. I governatori del mondo vogliono l’Ucraina non soltanto come base missilistica, vogliono la sua economia. Il nuovo ministro delle finanze di Kiev, Nataliwe Jaresko, è una ex funzionaria esperta, del Dipartimento di Stato americano incaricata degli “investimenti” statunitensi oltremare. Le è stata data in gran fretta la cittadinanza ucraina.

Vogliono l’Ucraina per l’abbondanza di gas che possiede; il figlio del Vice presidente Joe Biden, fa parte del consiglio di amministrazione della più grossa compagnia ucraina di petrolio, gas e fratturazione idraulica. I produttori delle sementi GM, le società come la famigerata Monsanto, vogliono il ricco suolo agricolo ucraino.

Soprattutto, vogliono il potente vicino dell’Ucraina, la Russia. Vogliono balcanizzare o smembrare la Russia e sfruttare la più grande fonte di gas naturale della terra. Mentre il ghiaccio dell’Artico di scioglie, vogliono il controllo dell’Oceano Artico e le sue ricchezze energetiche, e il lungo confine terrestre della Russia con l’Artico. Di solito il loro uomo in Russia era Boris Yelstsin, un alcolista che ha ceduto l’economia del suo paese all’Occidente. Il suo successore, Putin, ha ristabilito la Russia come nazione sovrana: questo è il suo reato.

La responsabilità che ha il resto di noi è chiara. E’ quella di identificare e rivelare le bugie pazzesche dei guerrafondai e di non colludere mai con loro. E’ quella di risvegliare i grandi movimenti popolari che hanno portato una fragile civiltà ai moderni stati imperiali. E, cosa importantissima è di impedire la conquista di noi stessi: delle nostre menti, della nostra umanità, del rispetto di noi stessi. Se restiamo in silenzio, la vittoria su di noi è assicurata, e un olocausto ci chiama.

Nella foto: dimostranti del partito ucraino di destra, Svoboda, ascoltano un discorso del loro leaderOleg Tiagnybok.

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://zcomm.org/znet/article/why-the-rise-of-fascism-is-again-the-issue

Originale: TeleSUR English

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2015 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0



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John Pilger: Why The Rise Of Fascism Is Again The Issue

By John Pilger 
Source: teleSUR English 
February 27, 2015

The recent 70th anniversary of the liberation of Auschwitz was a reminder of the great crime of fascism, whose Nazi iconography is embedded in our consciousness. Fascism is preserved as history, as flickering footage of goose-stepping blackshirts, their criminality terrible and clear. Yet in the same liberal societies, whose war-making elites urge us never to forget, the accelerating danger of a modern kind of fascism is suppressed; for it is their fascism.

“To initiate a war of aggression…,” said the Nuremberg Tribunal judges in 1946, “is not only an international crime, it is the supreme international crime, differing only from other war crimes in that it contains within itself the accumulated evil of the whole.”

Had the Nazis not invaded Europe, Auschwitz and the Holocaust would not have happened.  Had the United States and its satellites not initiated their war of aggression in Iraq in 2003, almost a million people would be alive today; and Islamic State, or ISIS, would not have us in thrall to its savagery. They are the progeny of modern fascism, weaned by the bombs, bloodbaths and lies that are the surreal theatre known as news.

Like the fascism of the 1930s and 1940s, big lies are delivered with the precision of a metronome: thanks to an omnipresent, repetitive media and its virulent censorship by omission. Take the catastrophe in Libya.

In 2011, Nato launched 9,700 “strike sorties” against Libya, of which more than a third were aimed at civilian targets. Uranium warheads were used; the cities of Misurata and Sirte were carpet-bombed. The Red Cross identified mass graves, and Unicef reported that “most [of the children killed] were under the age of ten”.

The public sodomising of the Libyan president Muammar Gaddafi with a “rebel” bayonet was greeted by the then US Secretary of State, Hillary Clinton, with the words: “We came, we saw, he died.”  His murder, like the destruction of his country, was justified with a familiar big lie; he was planning “genocide” against his own people. “We knew … that if we waited one more day,” said President Obama, “Benghazi, a city the size of Charlotte, could suffer a massacre that would have reverberated across the region and stained the conscience of the world.”

This was the fabrication of Islamist militias facing defeat by Libyan government forces. They told Reuters there would be “a real bloodbath, a massacre like we saw in Rwanda”. Reported on March 14, 2011, the lie provided the first spark for Nato’s inferno, described by David Cameron as a “humanitarian intervention”.

Secretly supplied and trained by Britain’s SAS, many of the “rebels” would become ISIS, whose latest video offering shows the beheading of 21 Coptic Christian workers seized in Sirte, the city destroyed on their behalf by Nato bombers.

For Obama, Cameron and Hollande, Gaddafi’s true crime was Libya’s economic independence and his declared intention to stop selling Africa’s greatest oil reserves in US dollars. The petrodollar is a pillar of American imperial power. Gaddafi audaciously planned to underwrite a common African currency backed by gold, establish an all-Africa bank and promote economic union among poor countries with prized resources. Whether or not this would happen, the very notion was intolerable to the US as it prepared to “enter” Africa and bribe African governments with military “partnerships”.

Following Nato’s attack under cover of a Security Council resolution, Obama, wrote Garikai Chengu, “confiscated $30 billion from Libya’s Central Bank, which Gaddafi had earmarked for the establishment of an African Central Bank and the African gold backed dinar currency”.

The “humanitarian war” against Libya drew on a model close to western liberal hearts, especially in the media. In 1999, Bill Clinton and Tony Blair sent Nato to bomb Serbia, because, they lied, the Serbs were committing “genocide” against ethnic Albanians in the secessionist province of Kosovo. David Scheffer, US ambassador-at-large for war crimes [sic], claimed that as many as “225,000 ethnic Albanian men aged between 14 and 59″ might have been murdered. Both Clinton and Blair evoked the Holocaust and “the spirit of the Second World War”. The West’s heroic allies were the Kosovo Liberation Army (KLA), whose criminal record was set aside. The British Foreign Secretary, Robin Cook, told them to call him any time on his mobile phone.

With the Nato bombing over, and much of Serbia’s infrastructure in ruins, along with schools, hospitals, monasteries and the national TV station, international forensic teams descended upon Kosovo to exhume evidence of the “holocaust”. The FBI failed to find a single mass grave and went home. The Spanish forensic team did the same, its leader angrily denouncing “a semantic pirouette by the war propaganda machines”. A year later, a United Nations tribunal on Yugoslavia announced the final count of the dead in Kosovo: 2,788. This included combatants on both sides and Serbs and Roma murdered by the KLA. There was no genocide. The “holocaust” was a lie. The Nato attack had been fraudulent.

Behind the lie, there was serious purpose. Yugoslavia was a uniquely independent, multi-ethnic federation that had stood as a political and economic bridge in the Cold War. Most of its utilities and major manufacturing was publicly owned. This was not acceptable to the expanding European Community, especially newly united Germany, which had begun a drive east to capture its “natural market” in the Yugoslav provinces of Croatia and Slovenia. By the time the Europeans met at Maastricht in 1991 to lay their plans for the disastrous eurozone, a secret deal had been struck; Germany would recognise Croatia. Yugoslavia was doomed.

In Washington, the US saw that the struggling Yugoslav economy was denied World Bank loans.  Nato, then an almost defunct Cold War relic, was reinvented as imperial enforcer. At a 1999 Kosovo “peace” conference in Rambouillet, in France, the Serbs were subjected to the enforcer’s duplicitous tactics. The Rambouillet accord included a secret Annex B, which the US delegation inserted on the last day. This demanded the military occupation of the whole of Yugoslavia — a country with bitter memories of the Nazi occupation — and the implementation of a “free-market economy” and the privatisation of all government assets. No sovereign state could sign this. Punishment followed swiftly; Nato bombs fell on a defenceless country. It was the precursor to the catastrophes in Afghanistan and Iraq, Syria and Libya, and Ukraine.

Since 1945, more than a third of the membership of the United Nations – 69 countries – have suffered some or all of the following at the hands of America’s modern fascism. They have been invaded, their governments overthrown, their popular movements suppressed, their elections subverted, their people bombed and their economies stripped of all protection, their societies subjected to a crippling siege known as “sanctions”. The British historian Mark Curtis estimates the death toll in the millions. In every case, a big lie was deployed.

Tonight, for the first time since 9/11, our combat mission in Afghanistan is over.” These were opening words of Obama’s 2015 State of the Union address. In fact, some 10,000 troops and 20,000 military contractors (mercenaries) remain in Afghanistan on indefinite assignment.  “The longest war in American history is coming to a responsible conclusion,” said Obama. In fact, more civilians were killed in Afghanistan in 2014 than in any year since the UN took records.  The majority have been killed — civilians and soldiers — during Obama’s time as president.

The tragedy of Afghanistan rivals the epic crime in Indochina. In his lauded and much quoted book, The Grand Chessboard: American Primacy and Its Geostrategic Imperatives, Zbigniew Brzezinski, the godfather of US policies from Afghanistan to the present day, writes that if America is to control Eurasia and dominate the world, it cannot sustain a popular democracy, because “the pursuit of power is not a goal that commands popular passion . . . Democracy is inimical to imperial mobilisation.”  He is right. As WikiLeaks and Edward Snowden have revealed, a surveillance and police state is usurping democracy. In 1976, Brzezinski, then President Carter’s National Security Advisor, demonstrated his point by dealing a death blow to Afghanistan’s first and only democracy. Who knows this vital history?

In the 1960s, a popular revolution swept Afghanistan, the poorest country on earth, eventually overthrowing the vestiges of the aristocratic regime in 1978. The People’s Democratic Party of Afghanistan (PDPA) formed a government and declared a reform programme that included the abolition of feudalism, freedom for all religions, equal rights for women and social justice for the ethnic minorities. More than 13,000 political prisoners were freed and police files publicly burned.

The new government introduced free medical care for the poorest; peonage was abolished, a mass literacy programme was launched. For women, the gains were unheard of. By the late 1980s, half the university students were women, and women made up almost half of Afghanistan’s doctors, a third of civil servants and the majority of teachers. “Every girl,” recalled Saira Noorani, a female surgeon, “could go to high school and university. We could go where we wanted and wear what we liked. We used to go to cafes and the cinema to see the latest Indian film on a Friday and listen to the latest music. It all started to go wrong when the mujaheddin started winning. They used to kill teachers and burn schools. We were terrified. It was funny and sad to think these were the people the West supported.”

The PDPA government was backed by the Soviet Union, even though, as former Secretary of State Cyrus Vance later admitted, “there was no evidence of any Soviet complicity [in the revolution]”. Alarmed by the growing confidence of liberation movements throughout the world, Brzezinski decided that if Afghanistan was to succeed under the PDPA, its independence and progress would offer the “threat of a promising example”.

On July 3, 1979, the White House secretly authorized support for tribal “fundamentalist” groups known as the mujaheddin, a program that grew to over $500 million a year in U.S. arms and other assistance. The aim was the overthrow of Afghanistan’s first secular, reformist government. In August 1979, the US embassy in Kabul reported that “the United States’ larger interests … would be served by the demise of [the PDPA government], despite whatever setbacks this might mean for future social and economic reforms in Afghanistan.” The italics are mine.

The mujaheddin were the forebears of al-Qaeda and Islamic State. They included Gulbuddin Hekmatyar, who received tens of millions of dollars in cash from the CIA. Hekmatyar’s specialty was trafficking in opium and throwing acid in the faces of women who refused to wear the veil. Invited to London, he was lauded by Prime Minister Thatcher as a “freedom fighter”.

Such fanatics might have remained in their tribal world had Brzezinski not launched an international movement to promote Islamic fundamentalism in Central Asia and so undermine secular political liberation and “destabilise” the Soviet Union, creating, as he wrote in his autobiography, “a few stirred up Muslims”.  His grand plan coincided with the ambitions of  the Pakistani dictator, General Zia ul-Haq, to dominate the region. In 1986, the CIA and Pakistan’s intelligence agency, the ISI, began to recruit people from around the world to join the Afghan jihad. The Saudi multi-millionaire Osama bin Laden was one of them. Operatives who would eventually join the Taliban and al-Qaeda, were recruited at an Islamic college in Brooklyn, New York, and given paramilitary training at a CIA camp in Virginia. This was called “Operation Cyclone”. Its success was celebrated in 1996 when the last PDPA president of Afghanistan, Mohammed Najibullah — who had gone before the UN General Assembly to plead for help — was hanged from a streetlight by the Taliban.

The “blowback” of Operation Cyclone and its “few stirred up Muslims” was September 11, 2001. Operation Cyclone became the “war on terror”, in which countless men, women and children would lose their lives across the Muslim world, from Afghanistan to Iraq, Yemen, Somalia and Syria. The enforcer’s message was and remains: “You are with us or against us.”

The common thread in fascism, past and present, is mass murder. The American invasion of Vietnam had its “free fire zones”, “body counts” and “collatoral damage”. In the province of Quang Ngai, where I reported from, many thousands of civilians (“gooks”) were murdered by the US; yet only one massacre, at My Lai, is remembered. In Laos and Cambodia, the greatest aerial bombardment in history produced an epoch of terror marked today by the spectacle of joined-up bomb craters which, from the air, resemble monstrous necklaces. The bombing gave Cambodia its own ISIS, led by Pol Pot.

Today, the world’s greatest single campaign of terror entails the execution of entire families, guests at weddings, mourners at funerals. These are Obama’s victims. According to the New York Times, Obama makes his selection from a CIA “kill list” presented to him every Tuesday in the White House Situation Room. He then decides, without a shred of legal justification, who will live and who will die. His execution weapon is the Hellfire missile carried by a pilotless aircraft known as a drone; these roast their victims and festoon the area with their remains.  Each “hit” is registered on a faraway console screen as a “bugsplat”.

“For goose-steppers,” wrote the historian Norman Pollock, “substitute the seemingly more innocuous militarisation of the total culture. And for the bombastic leader, we have the reformer manque, blithely at work, planning and executing assassination, smiling all the while.”

Uniting fascism old and new is the cult of superiority. “I believe in American exceptionalism with every fibre of my being,” said Obama, evoking declarations of national fetishism from the 1930s. As the historian Alfred W. McCoy has pointed out, it was the Hitler devotee, Carl Schmitt, who said, “The sovereign is he who decides the exception.” This sums up Americanism, the world’s dominant ideology. That it remains unrecognised as a predatory ideology is the achievement of an equally unrecognised brainwashing.  Insidious, undeclared, presented wittily as enlightenment on the march, its conceit insinuates western culture. I grew up on a cinematic diet of American glory, almost all of it a distortion. I had no idea that it was the Red Army that had destroyed most of the Nazi war machine, at a cost of as many as 13 million soldiers. By contrast, US losses, including in the Pacific, were 400,000. Hollywood reversed this.

The difference now is that cinema audiences are invited to wring their hands at the “tragedy” of American psychopaths having to kill people in distant places — just as the President himself kills them. The embodiment of Hollywood’s violence, the actor and director Clint Eastwood, was nominated for an Oscar this year for his movie, American Sniper, which is about a licensed murderer and nutcase. The New York Timesdescribed it as a “patriotic, pro-family picture which broke all attendance records in its opening days”.

There are no heroic movies about America’s embrace of fascism. During the Second World War, America (and Britain) went to war against Greeks who had fought heroically against Nazism and were resisting the rise of Greek fascism. In 1967, the CIA helped bring to power a fascist military junta in Athens — as it did in Brazil and most of Latin America. Germans and east Europeans who had colluded with Nazi aggression and crimes against humanity were given safe haven in the US; many were pampered and their talents rewarded. Wernher von Braun was the “father” of both the Nazi V-2 terror bomb and the US space programme.

In the 1990s, as former Soviet republics, eastern Europe and the Balkans became military outposts of Nato, the heirs to a Nazi movement in Ukraine were given th

(Message over 64 KB, truncated)


(deutsch / english / italiano)

Encircling Russia

0) LINKS: US armor paraded 300m from Russian border / Arms supplies for Ukraine / New sanctions against Russia / Krieg mit anderen Mitteln / Conf. stampa di Putin 18/12/2014 / Rede Putins 2001 im deutschen Bundestag
1) A Ring around Russia (III) Ein Ring um Russland
2) I neo-nazisti ucraini addestrati dagli Usa (Manlio Dinucci,  9.2.2015)


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Fonte: pagina FB di Rolando Dubini, 22/12/2014

PUTIN SMONTA TUTTE LE MENZOGNE DELL'OCCIDENTE 
In 7 minuti smontate tutte le menzogne dell'Occidente. Intuile ricordare l'inutilità e il servilismo della stampa nostrana.
Guardatelo e fate girare.
‪#‎Putin‬: Chi è l'aggressore?
7 minuti in cui il Presidente Russo smonta tutte le teorie occidentali su chi è l'aggressore, fa capire chiaramente gli intenti ostili di ‪#‎StatiUniti‬ e ‪#‎Nato‬e fa capire che la ‪#‎Russia‬ non si piegherà mai agli atlantisti.
Leggete molto bene e diffondete il più possibile.
(spezzone della conferenza stampa tenutasi il 18 Dicembre 2014)
Ringraziamo per la traduzione Elena e segnaliamo il suo canale ‪#‎YouTube‬:
https://www.youtube.com/watch?v=HAJ3l2IP2no

Putin: Chi è l'aggressore? (Sottotitoli Italiani) - 18/12/2014


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Division of Labor for Aggression (Debate on arms supplies for Ukraine - GFP 7/2/2015)
KIEV/BERLIN/WASHINGTON (Own report) - With informal talks on Ukraine at the Munich Security Conference approaching, German foreign policy makers are not ruling out their approbation for US arms deliveries to Kiev. Initiatives from within US government circles in Washington, to contemplate supplying anti-armor weapons and drones to the Ukraine's military, are considered by Wolfgang Ischinger, Chairman of the Munich Security Conference, to be "appropriate and important." German parliamentarians - in spite of the Chancellor's negative announcements - have made similar declarations. Washington's contemplations are based on the fact that Kiev has so far proven incapable of leading the West to victory in Ukraine's civil war. Some of Kiev's troops are in a desolate condition. Desertion is on the rise, as well as protests against the murderous combat. For western states, official delivery of lethal weapons to Ukraine is considered an option for turning the tide on the battlefield. Security Conference Director, Ischinger, finds a "division of labor" between Washington and Berlin conceivable...

Newsletter 2015/01/26 - The Usefulness of a Ceasefire (Debate on new sanctions against Russia; militarization of Ukraine – GFP 26/1/2015)
KIEV/BERLIN (Own report) - German foreign policy makers are proposing that tougher sanctions against Russia be discussed. In light of the escalating combat in Eastern Ukraine, we "unfortunately have to discuss tougher sanctions," declared several representatives of the German political establishment's transatlantic fraction. Berlin accuses the insurgents in Eastern Ukraine, and even Moscow of escalating the conflict. The escalation in Donetsk and Mariupol, however, followed the Kiev government's decision to launch another wave of mobilization and arms buildup, which, according to observers, could be the prelude to a major military offensive. Kiev has also launched a long-term militarization of the country: Adolescents, and even children, will not only have to undergo a "national patriotic education" in school, but also learn "how to use rifles and Kalashnikovs." Just a few days ago, the EU parliament passed a resolution to supply "defensive weapons" to Ukraine. Berlin had already authorized such supplies last year. Brussels is preparing a comprehensive propaganda campaign to accompany the escalation of the conflict...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58821

War by Other Means (II) (The West's power struggle with Moscow – GFP 2015/02/09)
BERLIN/KIEV/MOSCOW (Own report) - German Chancellor Angela Merkel is convinced that the West will be "victorious" in the power struggle with Moscow. Merkel told the Munich Security Conference on the weekend that the Ukraine conflict "cannot be won" with military means. That is why "a new way must be found." Comparing the current power struggle to the Cold War, she reaffirmed, "I am a hundred percent convinced that, with our principles, we will win." Earlier, Wolfgang Ischinger, Chairman of the Munich Security Conference, had expressed a similar view proposing that a "double strategy" be applied in the West's power struggle with Russia. According to the journal of the German Council on Foreign Relations (DGAP), the power struggle, which currently cannot won with military means, should be returned "from the military to the economic level." To this effect, Berlin has launched a diplomatic offensive that should lead to talks in Minsk on Wednesday...
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58825

Krieg mit anderen Mitteln (II) (Ukraine-Russland-Konflikt – GFP 09.02.2015)
BERLIN/KIEW/MOSKAU (Eigener Bericht) - Bundeskanzlerin Angela Merkel rechnet mit einem "Sieg" des Westens im Machtkampf gegen Moskau. Wie Merkel am Wochenende auf der Münchner Sicherheitskonferenz erklärte, sei der Konflikt aktuell militärisch "nicht zu gewinnen". Daher müsse man sich "etwas anderes ausdenken". Die Kanzlerin vergleicht den Machtkampf mit den Auseinandersetzungen im Kalten Krieg und bekräftigt: "Ich bin hundert Prozent überzeugt, dass wir mit unseren Prinzipien siegen werden." Ähnlich hat sich bereits der Leiter der Münchner Sicherheitskonferenz, Wolfgang Ischinger, geäußert, der gegen Russland für eine "Doppelstrategie" des Westens plädiert. In der Zeitschrift der Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP) heißt es, man müsse den Machtkampf, den man gegenwärtig mit Waffen nicht für sich entscheiden könne, "vom militärischen Feld zurück auf das ökonomische" bringen. Berlin hat dazu nun eine diplomatische Offensive gestartet, die am Mittwoch in Minsk zu weiteren Gesprächen führen soll...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59050

Der Gipfel von Minsk (GFP 12.02.2015)
14 Stunden nach Beginn dauern die Minsker Verhandlungen über eine Lösung im Ukraine-Konflikt an. War am frühen Morgen noch aus der belarussischen Hauptstadt zu hören gewesen, eine Einigung stehe unmittelbar bevor, hieß es wenig später, der ukrainische Präsident Petro Poroschenko habe "inakzeptable Bedingungen" der russischen Seite ausgemacht. Um neun Uhr mitteleuropäische Zeit ist nun eine neue Verhandlungsrunde gestartet worden; ein Ergebnis zeichnet sich noch nicht ab. Bereits vor der Zusammenkunft hatten die Vereinigten Staaten angekündigt, ein Bataillon ihrer Streitkräfte in die Ukraine zu entsenden, um ukrainische Soldaten zu trainieren. Während Berlin sich um Gespräche mit Moskau bemüht, hält Washington damit den Druck auf Russland aufrecht. Die Bundesregierung lässt zugleich keinen Zweifel daran, dass im Falle einer Eskalation das westliche Bündnis für sie Vorrang hat: Nach der Übernahme der Führung bei der neuen NATO-"Speerspitze" kündigt die Bundeswehr für März die Beteiligung an einem NATO-Manöver im Schwarzen Meer an. Explizit ist von einem "politischen Signal" die Rede...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59053

US armor paraded 300m from Russian border (RT, February 25, 2015)
Estonia: NATO vehicles parade yards from Russian border (RT, 24 feb 2015)
Estonia celebrated their Independence Day Tuesday, with a military parade containing U.S NATO military combat vehicles, in the eastern border city of Narva, just 300 yards (274 metres), from the Russian border... 

FLASHBACK:

Die bekannte Rede Putins 2001 im deutschen Bundestag, als die Medienhetze gegen Russland noch in den Kinderschuhen steckte (man beachte dazu den eher missmutigen Joschka Fischer) :
https://www.youtube.com/watch?v=9jyLQmyg9hs
In deutscher Sprache wirbt Putin für eine starke Zusammenarbeit zwischen Europa und Russland. Spätestens mit der Orangenen Revolution 2004 in Kiew wird jedoch klar, dass der Westen nicht weniger als eine Unterwerfung der Atom-Grossmacht Russland anstrebt.


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Auf deutsch: Ein Ring um Russland (III)
KIEW/TALLINN/CHISINAU/BERLIN (Eigener Bericht) - Mit martialischen Provokationen an Russlands nordwestlicher Grenze und mit der Ankündigung weiterer militärischer Trainingsprogramme für die ukrainischen Streitkräfte erhöht die NATO den Druck auf Moskau. Vor wenigen Tagen haben sich rund 100 NATO-Soldaten an einer Parade zum estnischen Unabhängigkeitstag beteiligt und sind in diesem Rahmen in Kampfmontur wenige Meter vor einem russischen Grenzposten aufmarschiert. Estland stellt einen Stützpunkt für die NATO-"Speerspitze", die derzeit unter deutscher Führung aufgebaut wird und binnen kürzester Frist gegen Russland einsetzbar sein soll. Zugleich kündigt Großbritannien an, sich gemeinsam mit den USA am Training der ukrainischen Streitkräfte zu beteiligen. Ungebrochen wird über Waffenlieferungen diskutiert. Drohgebärden der NATO treffen jetzt auch Moldawien. Es sei womöglich mit einer "russischen Aggression" dort zu rechnen, behaupten Medien unter Berufung auf NATO-Oberbefehlshaber Philipp Breedlove. Die durch nichts belegten Behauptungen zeigen exemplarisch, wie das westliche Kriegsbündnis mit Drohungen auf Einflussverluste reagiert: In der moldawischen Bevölkerung hat die EU zuletzt stark an Zustimmung verloren; wachsende Sympathien wenden sich Russland zu...
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59065


http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58830

A Ring around Russia (III)
 
2015/02/27

KIEV/TALLINN/CHISINAU/BERLIN
 
(Own report) - NATO is increasing its pressure on Moscow by organizing bellicose provocations at Russia's north-western border and announcing further training programs for the Ukrainian military forces. A few days ago, about 100 NATO soldiers participated in a military parade on the Estonian Independence Day, marching in full combat gear, just a few meters from a Russian border checkpoint. Estonia provides one of the NATO's "spearhead" rapid response force bases, currently being developed under German leadership. It should soon be ready for deployment against Russia. At the same time, Great Britain has announced, it will join the USA in training Ukrainian military forces. The discussion of arms deliveries continues. NATO is now also taking an aggressive posture toward Moldova. "Russia could target Moldova," the media affirms, quoting NATO's Supreme Commander, Gen. Philip Breedlove. These unsubstantiated allegations are good examples of the western war alliance's reaction to its waning influence. Disapproval of the EU and sympathy toward Russia have recently been growing within the Moldovan population.

Austerity for the EU and the Oligarchs

The Moldovan population's sympathy for the EU has clearly been waning over the past few years. In 2009, a government took office in Chişinău, advocating a rapprochement with Brussels, which was favored by 70 percent of the population. In return for an IMF loan, the government imposed tough austerity measures, promoted stronger relations with the EU, finally signed an EU association agreement on June 27, 2014, (ratified July 2 by the Moldovan parliament). Particularly these austerity measures, required for closer ties with the EU, have caused sympathy for Brussels to significantly drop in this desperately poverty-stricken nation. The Liberal democratic (PLDM) and the Democratic Party (PDM), the two most important pro-EU parties - both under the leadership of highly unpopular oligarchs - have also made their contributions to this development in public opinion. As a German daily admitted in late November, in Moldova, the EU is "associated with the oligarchs."[1]

Manipulations

These pro-EU parties, which receive support from German political party foundations (germa-foreign-policy.com reported [2]) could only win a parliamentary majority in the November 30 elections, though extensive manipulation. For example, a pro-Russian party, which, according to a survey, would have received up to 18 percent of the vote, was banned three days before the elections. Only 15,000 ballots were available at the polling stations abroad for the several hundred thousand Moldovans living in Russia. With their salaries earned in Russia, they contribute a double-digit percent of the gross domestic product. The large majority of these Moldovans were thus deprived of their right to vote. These manipulations, however, cannot hide the fact that those in favor of Moldova's closer ties to the EU have dropped by half, to 35 percent, while, in late 2014, 43 percent were in favor of closer ties to Russia, within the framework of the Eurasian Union. Through its interventions in Ukraine, the EU's popularity has not grown in Moldova outside the urban middle classes.

PR-Maneuver

In spite of the signed agreement with Brussels, Moldova's EU association, in the long run, no longer seems assured. Since last week, the country has a new government. In spite of the manipulatively obtained majority, the three pro-EU parties have yet to agree on a prime minister. The current office holder, Chiril Gaburici, was elected with the votes of the parliamentary groups of the oligarch-dominated pro-western PLDM and PDM parties, along with the votes of the Communist Party, which would not support the country's permanent exclusive links to Brussels at the expense of relations to Moscow. Should this fragile government collapse and new elections be held, a pro-Russian victory could only be prevented with another massive manipulation. In this context German media is quoting NATO Supreme Commander Philip Breedlove's allegation that Moscow is waging "a strong information campaign,"[3] in Moldova. This means "Russia could target Moldova." This PR maneuver is meant to at least accuse Russian propaganda of being behind Moldova's tangible swing toward an anti-EU sentiment in opinion polls. It is unclear, whether this will serve as a justification for more extensive NATO measures.

Like the "Operation Horseshoe"

Similarly fictitious allegations are flanking current NATO provocations in the Baltic, where a force of around 100 NATO troops, including US soldiers in armored vehicles, participated in a parade celebrating Estonia's Independence Day on Tuesday. In full combat gear, they drove by a Russian border checkpoint only a few meters away. Narva, a city with a 95 percent Estonian Russian-speaking minority was the scene of this provocation. Estonia continues to refuse its citizenship to many of its Russian-speaking inhabitants. It is estimated that this is the case for nearly half of that minority, which accounts for approx. a fourth of the total population. NATO countries are justifying this bellicose attempt to intimidate the minority with the allegation that Moscow could be planning an aggression against Estonia. The dangerous speculation that Russia would seek to potentially unleash nuclear war by attacking a NATO member country, is as unsubstantiated as the German government's 1999 "Operation Horseshoe" fabrication, during the war on Yugoslavia.[4] Berlin is not only implicated simply as a NATO member in these provocations, but also as the leading force for developing NATO's "Spearhead" rapid response force, with its bases in several East European countries - including Estonia - capable of engaging within two days against Russia. (german-foreign-policy.com reported.[5]) Troops from the Netherlands, with which the Bundeswehr is closely cooperating, participated in this parade in view of the Russian border guards.

Training and Arms

While NATO is on parade in the North, at the Estonian-Russian border, not even 150 km from St. Petersburg, and is taking up position in Southern Moldova against Russia's growing influence, several NATO countries' armed forces are preparing to organize training programs for Ukrainian soldiers on Ukrainian territory. Canada's army could join the already announced 800 US and 75 UK soldiers, according to Ottowa. Additional supplies for the Ukrainian armed forces are being considered. The Canadian government has indicated that it had already delivered protective clothing last year and is prepared to supply night vision equipment. Last year, the German government also granted the supply of protective equipment. Arms supplies are still in discussion in Washington. Andriy Parubiy, The former "Commander of the Maidan" and later head of the National Security and Defense Council and currently Vice Chairman of the Ukranian parliament has arrived in Washington this week to plead for anti-tank missiles and other military equipment. In the 1990s, Parubiy was a Ukrainian fascist leader.[6] Today he can fulfill his dream of those days, and enter combat against Russia - with the help of NATO and its member countries, including Germany.

Other reports and background information on the West's policy of aggression toward Russia can be found here: The Alliance of the ThreatenedA Monroe Doctrine for Eastern EuropeWar by Other Means and War by Other Means (II).
[1] Karl-Peter Schwarz: Lieber zu Putin. Frankfurter Allgemeine Zeitung 28.11.2014.
[2] See Moldawiens europäische Wahl.
[3] Nato-Oberbefehlshaber warnt vor russischer Aggression. www.faz.net 25.02.2015.
[4] See From Račak to Maidan.
[5] See Ein Ring um Russland (II).
[6] See "Fascist Freedom Fighters".


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L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

I neo-nazisti ucraini addestrati dagli Usa

di  Manlio Dinucci,  9.2.2015

In Ucraina gli Usa ini­zie­ranno in pri­ma­vera l’addestramento e l’armamento della Guar­dia nazio­nale: lo con­ferma uffi­cial­mente il Comando euro­peo degli Stati uniti, pre­ci­sando che il pro­gramma rien­tra nell’iniziativa del Dipar­ti­mento di stato per assi­stere l’Ucraina ad attuare «la difesa interna».

Il finan­zia­mento, già auto­riz­zato dal Con­gresso, viene for­nito da uno spe­ciale Fondo costi­tuito dal Pen­ta­gono e dal Dipar­ti­mento di stato per «for­nire adde­stra­mento ed equi­pag­gia­mento a forze di sicu­rezza stra­niere», così che «i paesi part­ner pos­sano affron­tare sfide impor­tanti per la sicu­rezza nazio­nale degli Usa». La mis­sione di adde­stra­mento in Ucraina serve a «dimo­strare l’impegno Usa per la sicu­rezza del Mar Nero e il valore delle forze Usa schie­rate in posi­zioni avanzate».

Le unità della Guar­dia nazio­nale ucraina, com­pren­denti secondo stime appros­si­ma­tive 45-50mila volon­tari, saranno adde­strate da istrut­tori Usa nel campo mili­tare Yavo­riv presso Lviv (Leo­poli, ndr) a circa 50 km dal con­fine polacco. La Guar­dia nazio­nale, costi­tuita dal governo di Kiev nel marzo 2014 con un primo finan­zia­mento Usa di 19 milioni di dol­lari, ha incor­po­rato le for­ma­zioni neo­na­zi­ste [ http://www.ilmanifesto.info/lestrema-destra-ucraina-dai-battaglioni-al-parlamento/ ], già adde­strate da istrut­tori Nato per il «putsch» di Kiev (come mostra una docu­men­ta­zione foto­gra­fica su mili­tanti neo­na­zi­sti adde­strati nel 2006 in Estonia).

I bat­ta­glioni Don­bass, Azov [ http://www.ilmanifesto.info/ucraina-tra-i-feriti-del-battaglione-azov/ ], Aidar, Dnepr-1, Dnepr-2 e altri, che costi­tui­scono la forza d’urto della Guar­dia nazio­nale, sono costi­tuiti da neo­na­zi­sti sia ucraini che di altri paesi euro­pei. Le atro­cità da loro com­messe con­tro i civili di nazio­na­lità russa nell’Ucraina orien­tale sono ampia­mente docu­men­tate da video e testi­mo­nianze (basta digi­tare su Goo­gle «atro­cità dei neo-nazi in Ucraina»). Ma, nono­stante che Amne­sty Inter­na­tio­nal abbia accu­sato il governo di Kiev di essere respon­sa­bile dei cri­mini di guerra com­messi da que­sti bat­ta­glioni, gli Usa hanno con­ti­nuato a soste­nerli, for­nendo loro anche mezzi blin­dati. E ora li poten­ziano con il pro­gramma di adde­stra­mento e arma­mento. Esso rien­tra nell’«Operazione fer­mezza atlan­tica», lan­ciata dal Comando euro­peo degli Stati uniti per «rias­si­cu­rare i nostri alleati, di fronte all’intervento russo in Ucraina, e quale deter­rente per impe­dire che la Rus­sia acqui­sti l’egemonia regionale».

Nel qua­dro del cre­scente dispie­ga­mento di forze Usa nell’Europa orien­tale, il Pen­ta­gono ha inviato «esperti mili­tari per accre­scere la capa­cità difen­siva dell’Ucraina» e stan­ziato altri 46 milioni di dol­lari per for­nirle «equi­pag­gia­menti mili­tari, tra cui vei­coli e visori not­turni». Washing­ton sta quindi già armando le forze di Kiev che, anche senza rice­vere armi pesanti dagli Usa, pos­sono pro­cu­rar­sele con i milioni di dol­lari messi a loro disposizione.

Men­tre Ger­ma­nia, Fran­cia e Ita­lia si dicono favo­re­voli a una solu­zione diplo­ma­tica e quindi con­tra­rie alla for­ni­tura di armi a Kiev. Ma allo stesso tempo, al ver­tice di Bru­xel­les, si impe­gnano, insieme a Gran Bre­ta­gna, Spa­gna e Polo­nia, ad assu­mersi i com­piti mag­giori nella for­ma­zione della «Forza di punta» della Nato, nel qua­dro della «Forza di rispo­sta», por­tata da 13mila a 30mila uomini e dotata di sei cen­tri di comando e con­trollo in Esto­nia, Let­to­nia, Litua­nia, Polo­nia, Roma­nia e Bulgaria.

Men­tre gli Usa, in pre­pa­ra­zione del ver­tice di Minsk sull’Ucraina (cui volu­ta­mente non par­te­ci­pano), assi­cu­rano per bocca del segre­ta­rio di Stato che tra gli alleati «non ci sono divi­sioni, siamo tutti d’accordo che non possa esserci una solu­zione mili­tare». Ma allo stesso tempo, adde­strando e armando i neo­na­zi­sti ucraini, gli Usa ali­men­tano le fiamme della guerra nel cuore dell’Europa.





http://ilmanifesto.info/mai-esistito-uno-stato-in-libia/
Mai esistito uno Stato in Libia?

di  Manlio Dinucci, 23.2.2015
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci


Non è vero che la guerra del 2011 abbia digre­gato lo Stato libico. Il per­ché ce lo ha spie­gato il pre­si­dente eme­rito della Repub­blica, Gior­gio Napo­li­tano, inter­ve­nendo al Senato: «Ritengo che, nel senso moderno dell’espressione, uno Stato non sia mai esi­stito in Libia».

Pochi mesi fa, aveva defi­nito la Libia «Stato fal­lito» (cate­go­ria creata dal «Fondo per la pace» Usa). Ora però ci ha ripen­sato: «Che si possa par­lare oggi di Stato fal­lito suscita in me per­ples­sità: non era uno Stato l’esercizio del potere auto­cra­tico e per­so­nale del pre­si­dente Ghed­dafi sulla base di un sistema di equi­li­bri con la mol­ti­tu­dine delle tribù». Sulla sponda sud del Medi­ter­ra­neo non c’era dun­que uno Stato, la Repub­blica araba di Libia, nata nel 1969 dopo oltre 30 anni di domi­nio colo­niale ita­liano e quasi 20 di una monar­chia suc­cube di Gran Bre­ta­gna e Stati uniti. Uno Stato che, abo­lita la monar­chia, aveva chiuso nel 1970 le basi mili­tari sta­tu­ni­tensi e bri­tan­ni­che, e nazio­na­liz­zato le pro­prietà della Bri­tish Petro­leum. Uno Stato che – docu­men­tava la Banca mon­diale nel 2010 – man­te­neva «alti livelli di cre­scita eco­no­mica», assi­cu­rando (nono­stante le dispa­rità) il più alto tenore di vita in Africa e dando lavoro a circa due milioni di immi­grati afri­cani; che regi­strava «alti indi­ca­tori di svi­luppo umano» tra cui l’accesso uni­ver­sale all’istruzione pri­ma­ria e secon­da­ria e, per il 46%, a quella di livello uni­ver­si­ta­rio. Uno Stato che aveva reso pos­si­bile con i suoi inve­sti­menti la nascita di orga­ni­smi che avreb­bero potuto rea­liz­zare l’autonomia finan­zia­ria dell’Africa: la Banca afri­cana di inve­sti­mento (in Libia), la Banca cen­trale afri­cana (in Nige­ria), il Fondo mone­ta­rio afri­cano (in Camerun).

Riscri­vendo la sto­ria, tutto que­sto viene can­cel­lato e la Libia del 1969–2011 viene rap­pre­sen­tata come un non-Stato, una «mul­ti­tu­dine di tribù» (defi­ni­zione di stampo colo­niale) tenute insieme dal potere di Ghed­dafi. Potere che indub­bia­mente esi­steva, frutto delle fasi sto­ri­che attra­ver­sate dalla Libia, ma che si era allen­tato e decen­trato aprendo la pro­spet­tiva di una ulte­riore evo­lu­zione della società libica.

La Libia, dopo che gli Stati uniti e l’Unione euro­pea ave­vano revo­cato l’embargo nel 2004, si era rica­vata uno spa­zio a livello inter­na­zio­nale. Nell’aprile 2009, a Washing­ton, la segre­ta­ria di stato Hil­lary Clin­ton strin­geva calo­ro­sa­mente la mano a uno dei figli di Ghed­dafi, dichia­rando di voler «appro­fon­dire e allar­gare la nostra coo­pe­ra­zione». Nem­meno due anni dopo, la stessa Clin­ton lan­ciava la cam­pa­gna inter­na­zio­nale con­tro Ghed­dafi, pre­pa­rando la guerra.

Ora però, nel qua­dro della com­pe­ti­zione per le pros­sime pre­si­den­ziali, gli sche­le­tri escono dall’armadio: docu­men­tate prove (pub­bli­cate dal «Washing­ton Times» e all’esame della com­mis­sione con­gres­suale di inchie­sta sull’uccisione dell’ambasciatore Usa a Ben­gasi nel 2012) dimo­strano che è stata la Clin­ton a spin­gere l’amministrazione Obama alla guerra con­tro la Libia «con falsi pre­te­sti e igno­rando i con­si­gli dei coman­danti mili­tari». Men­tre la Clin­ton accu­sava Ghed­dafi di geno­ci­dio, l’intelligence Usa rife­riva attra­verso i suoi rap­porti interni che «Ghed­dafi aveva dato ordine di non attac­care i civili ma di con­cen­trarsi sui ribelli armati».

Viene alla luce anche un docu­men­tato rap­porto, inviato nel 2011 dalle auto­rità libi­che a mem­bri del Con­gresso Usa, sulle for­ni­ture di armi ai jiha­di­sti libici da parte del Qatar con il «per­messo della Nato». In quel momento il pre­si­dente Napo­li­tano dichia­rava che, «non potendo restare indif­fe­renti alla san­gui­na­ria rea­zione di Ghed­dafi», l’Italia ade­riva al «piano di inter­venti della coa­li­zione sotto guida Nato».

=== Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS https://www.cnj.it/ http://www.facebook.com/cnj.onlus/ === * ===



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Novi hladni rat

1) ОСВРТ НА КЊИГУ НОВИ ХЛАДНИ РАТ
2) Socorro Gomes (World Peace Council) congratulates with Belgrade Forum on its 15th Anniversary


E' appena uscito il volume "NUOVA GUERRA FREDDA", che contiene i contributi della Conferenza Internazionale tenuta a Belgrado nel marzo 2014, nel 15.mo anniversario della aggressione della NATO contro la RF di Jugoslavia, dal titolo "PER NON DIMENTICARE: PACE GLOBALE CONTRO INTERVENTISMO E IMPERIALISMO GLOBALI" ("Global Peace vs. Global Interventionism and Imperialism" – Info: https://www.cnj.it/24MARZO99/2014/index.htm )

Sulle attività del Forum di Belgrado si veda anche:

Fifteen Years of Belgrade Forum
SERBIA SHOULD STAY NEUTRAL, AWAY FROM NATO
Zivadin Jovanovic, Belgrade Forum (Tuesday, 27 January 2015)

15 ГОДИНА РАДА БЕОГРАДСКОГ ФОРУМА
уторак, 27 јануар 2015
http://www.beoforum.rs/saopstenja-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/655-15-god-rada-beoforuma-god-skupstina.html

Извештај на Скупштини Форума одржаној 24. јануара 2015.
уторак, 27 јануар 2015
http://www.beoforum.rs/godisnje-skupstine-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/656-izvestaj-na-god-skupstini-beoforuma-za-2014.html

FOTO: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.771970342883509.1073741836.237292086351340&type=1

VIDEOS: Jovanovic, Bulatovic, Dzenadija
http://www.beoforum.rs/godisnje-skupstine-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/658-video-izlaganja-g-skupstina-beoforuma.html


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ОСВРТ НА КЊИГУ НОВИ ХЛАДНИ РАТ


Прошлог месеца (јануар 2015. године) изашла је нова књига Београдског форума за свет равноправних – невладине, непартијске и непрофитне организације која окупља припаднике различитих политичких идеологија, али је њима национални и државни интерес изнад сваке политике и идеологије. Књига се појавила под насловом „Нови хладни рат“. У њој су објављена саопштења учесника Међународне конференције коју је Форум одржао 22. и 23. марта 2014.године, а поводом 15-е годишњице оружане агресије НАТО-а на Србију. Форум, иначе, сваке године на дан почетка агресије обележава тај варварски чин Запада на челу са САД, чин у којем су ситематски и неселективно разарана наша земља, њена привреда, електро-енергетски систем, инфраструктура, убијани недужни људи, укључујући децу и страце, и загађена животна средина.

Конференција чија су саопштења и Завршнидокумент објављени у овој књизи одржана је на тему „Глобални мир против глобалног интервенционизма и империјализма“. Конференцији је присуствовало око 500 учесника: чланова, пријатеља и поштовалаца Форума, међународних покрета и организација чија су програмска опредељења и практично деловање слични напорима које чини Форум. Њих преко 200 били су странци и то са свих континената, што на свој начин сведочи о великом угледу који Форум ужива у свету, а што иначе знатно превазилази величину јавног простора у нашој земљи који је на располагању напорима и деловању Форума. Један од разлога због којих наш јавни простор рестриктивно приступа Форуму вероватно је у томе што Форум не дозвољава да у заборав падну жртве које је наш народ и држава поднела одлучно се супротстављајући сведимензионалној агресији Запада према Србији, која иначе траје од почетка 90-их година прошлог века све до наших дана. Агресија је кулминирала оружаним нападом НАТО-а 1999.године, чиме је Запад (САД и ЕУ) подржао и војном силом помогао терористичку оружану побуну косметских Албанаца ради сецесије дела државне територије Србије и на том делу успоствљања друге албанске државе на Балкану.

Дакле, књига „Нови хладни рат“ је настала као резултат ове Конференције. Књигу је за штампу припремио уређивачки одбор у саставу: Проф. др Радован Радиновић, генерал у пензији, Др Станислав Стојановић, амбасадор у пензији, проф. др Јелена Лопичић – Јанчић, студент-апсолвент Ненад Узелац и Бранислава Митровић -преводилац и публициста. У својој структури, књига има следеће делове, односно поглавља: Предговор; Поглавље „Отварање Конференције и поздравне речи“ са укупно 11 прилога; Поглавље „Излагање учесника“ – укупно 62 прилога од чега су 45 прилози страних учесника, а 17 домаћих; Поглавље „Форум младих“ са укупно седам прилога, од чега четири инострана учесника,а три домаћа (од те тројице један је из Републике Српске и њега из разумљивих разлога сматрамо домаћим учесником); Поглавље „Завршни документ“ у којем се резимирају резултати расправе на Конференцији. Завршни документ је објваљен на више језика; српском, руском, енглеском, немачком и италијанском. Намера нам је била да на овај начин међународну јавност обавестимо о резултатима овога скупа, јер Форум као непрофитна организација није у стању да књигу у целости преведе на светске језике и на тај начин је учини доступном страној јавности.

Сам наслов књиге („Нови хладни рат“) најављује да се између корица води расправа о томе како је агресијуа на Србију из 1999.године послужила и као пример и као искуство за масовну примену глобалног интервенционизма. Толико учестало и толико масивно да су се многи запитали да ли то значи да је Трећи светски рат већ почео или је свет ушао у еру Новог хладног рата. Преовладало је ово друго становиште, мада нису ретки ни учесници који сматрају да се свет налази пред озбиљним искушењима и опасностима од новог великог рата у којем не би било победника већ само поражених.

Поред обиља емпиријских чињеница, упозорења и закључака о томе у каквом се стању данас налази свет, куда сетај свет запутио и куда он, нажалост, може незаустављиво кренути, можда је у теоријском и доктринарном погледу најсвежији и највреднији део и аспект ове књиге онај у којем се до крајњих граница разобличава једна непосве нова, али свакако подмукла доктрина а то је тзв. Доктрина одговорности за заштиту. Управо том доктрином правдају се све војне интервенције које је у деценијама које су прошле предузимао Запад на челу са САД, укључујући оружану агресију на Србију 1999. године. Суштина ове доктрине је у следећем: државе су дужне да штите сва демократска и друга људска права грађана и то у складу са принципима и стандрадима које, наравно, прописују САД и Запад, а то значи да се ради о стандардима и вредностима неолибералног капиталистичког друштвеног пројекта. Дакле, свет, без обзира на многобројне и дубоке цивилизацисјке разлике међу народима и државама мора бити уређен по начелима које прописује и на сваки начин промовише Запад на челу са САД. Управо Запад, односно САД, као његова сила предводница, има одговорност да све народе у свим државама света, све етничке, верске и друге групе штити од њихових држава, ако оне нису у стању да то саме чине. Када САД и Запад процене да државе нису у стању да испуне тај задатак одговорности за заштиту, на сцену ступају САД и њени савезници са својим арсеналом моћи, укључујући војну силу. Централну улогу у томе има НАТО као ударна песница новог америчког интервенционизма и империјализма. По наведеном обрасцу је извршена агресија на Србију и то зато да би се, наводно, заштитили угрожени Албанци на Косову и Метохији и да би им се поклонила држава тако што ће се отети и окупирати део територије Србије. На тај исти начин је изведен и цео низ тзв.обојених револуција у Северној Африци, Сирији, нешто раније у Грузији, а данас у Украјини. Америку и европски Запад уопште не забрињава чињеница што главну улогу у украјинској кризи играју неонацистичке снаге тзв. Десног сектора Украјине које су у Другом светском рату били на страни Хитлера. Све дотле док представљају поуздани ослонац америчке доктрине одговорности за заштиту наводно угрожених права Украјине од стране руске хегемоније те неонацистичке снаге које врше нечувене злочине над грађанима Украјине руске националности, уживаће подршку САД. Штавише, украјинска криза се и води тако да се не може разрештити унутрашњим политичким дијалогом нити мирним путем, да би се НАТО (читај САД), као наводни заштитник Украјине и демократских вредности западне цивилизације довео на границе Русије.Циљ је да се Русија опколи, да сеона одбаци из Европе у дубину Евроазије и да се створе услови за њено територијално прекомпоновање по обрасцима које моделују и нуде западни геополитичари, као што су Бжежински и др. Наравно, крајњи циљ је дезинтеграција Русије и контрола природних ресурса скојима она располаже.

Из наведених разлога бројни аутори прилога које садржи ова књига питају се да ли то значида Запад са САД на челу гура свет у нову ратну катаклизму. Многи међу њима упозоравајуда је последњи моменат да се томе стане на пут. Управо је главни мото ове књиге „Глобалним миром против глобалног интервенционизма и империјализма“ с том напоменом да аутори прилога у овој књизи изражавају забринутост што за сада изостаје снажна, у светским размерама, опозиција тој империјалистичкој агресији и експанзији, чији је циљ контрола светских ресурса и територијално прекомпоновање света. За сада је Русија главна мета. Ако она неиздржи на ред ће дођи други, али са далеко мање изгледа да сетоме одупру. Зато је ово, изгледа, последња шанса. Остаје да се види да ли ће је мирољубиви свет искористити.

Проф. др Радован Радиновић, генерал у пензији



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A letter from Mrs. Socorro Gomes

 

Dear fellows in the Belgrade Forum for a World of Equals,
Dear friend President Zivadin Jovanovic:

It is my greatest satisfaction to send you this message congratulating you on the important Annual Assembly you recently organized – of which we have received the news and shared – and especially for the Forum’s 15th anniversary, in March. The Forum, thus, has many years of struggle against imperialism and militarization, certainly strengthening us in the path we still must follow ahead.

Last year, in the “Global Peace vs. Global Interventionism and Imperialism” Conference, we could see the Belgrade Forum’s capacity of attraction for debates that are still so urgent and that we must hold. It was a great honor to join our fellows from so many countries and movements to discuss the 15 years since the criminal bombardments conducted by NATO against Former Republic of Yugoslavia and our need for unity, so we can continue denouncing the imperialists’ war machine.

Furthermore, as our friend Mr. Jovanovic said in his speech in your Annual Assembly, our work must also focus on the reaffirmation of memory, against the historical revisionism promoted by the empire, so justice and accountability may take roots, especially for the hideous crimes perpetrated by NATO and its leaders against the Balkans. We are confident in our strengths against imperialism for this enterprise.

Therefore, we wish much success in the essential work conducted by the Belgrade Forum, which has deeply valuable contribution in our World Peace Council and our shared struggle for a world of equals, for peace and for justice.

With my fraternal compliments,


Socorro Gomes
President
World Peace Council





http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59060
 
Von Račak zum Majdan
 
23.02.2015
 
KIEW/BELGRAD/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Ein Jahr nach dem von Berlin geförderten Umsturz in der Ukraine werfen aktuelle Berichte ein neues Licht auf das Kiewer Massaker vom 20. Februar 2014.


L'Europa un anno dopo il golpe nazista in Ucraina

0) L'Europa giustifica i mezzi: neonazisti integrati nell'Esercito ucraino
1) Zyuganov ed il PCFR sulla situazione in Ucraina
2) L’Italia rafforza il proprio ruolo nel conflitto Nato-Russia (Antonio Mazzeo)
3) Questione russa e propaganda euro-atlantica (Federico La Mattina)
4) Le radici della guerra in Ucraina (Albano Nunes)
5) Il vostro futuro è una nuova Norimberga (Nico Macce)


Vedi anche:

Note sul Donbass e la resistenza antimperialista (dicembre 11th, 2014)
A due mesi dalla Caravona antifascista in Donbass: intervista a due militanti che vi hanno preso parte, sulla guerra in Ucraina, la resistenza della Repubbliche popolari, il ruolo delle potenze imperialiste...

Otto mesi senza Vadim (3 Gennaio 2015)
La testimonianza di Fatima Papura, madre del giovane comunista vittima del rogo della Casa dei Sindacati di Odessa...
Fonte: sito del Comitato per la Liberazione di Odessa, Комитет освобождения Одессы / Source: http://www.2may.org

Per la pace! (di Pedro Guerreiro, da www.avante.pt – 5 Gennaio 2015)
http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/24942-per-la-pace.html

Vauro Senesi: “Nel Donbass è in atto una pulizia etnica pianificata da Kiev” (di Marina Tantushyan, 23/1/2015)
http://italian.ruvr.ru/2015_01_23/Vauro-Senesi-Nel-Donbass-e-stata-svolta-una-pulizia-etnica-pianificata-da-Kiev-1030/

I comunisti ucraini e degli altri paesi contro il fascismo e la sua guerra nel Donbass (da www.kpu.ua - 5 Febbraio 2015)
Il Partito Comunista di Ucraina ha partecipato alla riunione del Gruppo di Lavoro per la preparazione del 17° Incontro dei Partiti Comunisti e Operai
(ORIG: http://www.solidnet.org/turkey-communist-party/turkey-communist-party-press-release-on-the-working-group-meeting-02022015-en =
http://www.marx21.it/comunisti-oggi/nel-mondo/25102-i-comunisti-ucraini-e-degli-altri-paesi-contro-il-fascismo-e-la-sua-guerra-nel-donbass.html

Manifesto della solidarietà con la Resistenza antifascista in Donbass
Coordinamento antifascista veneto di solidarietà con la Resistenza nel Donbass, 14 Febbraio 2015
http://contropiano.org/documenti/item/29150-manifesto-della-solidarieta-con-la-resistenza-antifascista-in-donbass

Vauro Senesi: “L’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione" (14 febbraio 2015)
Dopo il suo recente viaggio nel Donbass, La Voce della Russia ha incontrato Vauro Senesi per approfondire le eventuali prospettive di una pacificazione nel conflitto ucraino, all’indomani del vertice di Minsk...
http://italian.ruvr.ru/news/2015_02_14/Vauro-Senesi-L-ottimismo-della-volonta-e-il-pessimismo-della-ragione-0166/

Il j'accuse della Banda Bassotti “Noi torniamo in Donbass, dov'è la sinistra?” (di Marco Santopadre, 20 Febbraio 2015)
Che concerto sarà di quello di sabato 21 febbraio a Roma? ... Quali sono le differenze tra la seconda e la prima carovana?
http://contropiano.org/politica/item/29261-il-j-accuse-della-banda-bassotti-noi-torniamo-in-donbass-dov-e-la-sinistra


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NEONAZISTI – PARTE DELL’ESERCITO UCRAINO

19 Feb 2015 – I neonazisti sono parte dell’esercito ucraino, questo ha affermato l'ambasciatore dell'Ucraina in Germania Andrej Mel’nik ad una diretta tv tedesca. Secondo lui senza di loro è impossibile respingere «l'aggressione russa».
Il presentatore del programma televisivo ha mostrato a Mel’nik un paio di foto in cui i combattenti del battaglione «Azov» stanno sullo sfondo di bandiere con la svastica e tendono il braccio nel saluto nazista. L'ambasciatore in risposta a queste foto ha detto che Kiev controlla completamente le formazioni radicali.
«Queste formazioni combattono insieme al nostro esercito, alla guardia Nazionale e ad altre unità e sono coordinate e controllate da Kiev» ha affermato Andrej Mel’nik.
Mel’nik ha assicurato che queste unità non rappresentano alcun pericolo. Tuttavia, quando il moderatore ha chiesto all'ambasciatore di giurare che questi neo-nazisti non fanno nulla di sbagliato Mel’nik  ha avuto risposte evasive.

Fonte: http://tvzvezda.ru/news/vstrane_i_mire/content/201502191725-vm4o.htm


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VEDI ANCHE: La Russia deve fermare l'offensiva del neonazismo nella Novorossija

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Zyuganov commenta gli avvenimenti dell'anno che è trascorso

9 Gennaio 2015 
Intervista concessa a Lifenews.ru

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

“Uno degli eventi principali dell'anno che è trascorso è rappresentato dal volgersi della Russia verso sud e verso est. Lo ha fatto Vladimir Putin, e noi in questo lo sosteniamo attivamente” (Ghennadij Zyuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa)

- Il colpo di Stato in Ucraina e la guerra che ne è seguita nel Donbass sono stati gli eventi principali dell'anno passato. Pensa che sia possibile bloccare questa crisi alle frontiere della Russia?

- Alla riuscita del colpo in Ucraina, per molta parte, hanno provveduto quei professori che hanno riscritto manuali e programmi. Per costoro Mazeppa (l'atamano cosacco che, all'inizio del XVIII secolo, si schierò con gli svedesi contro la Russia, ndt) non è stato un traditore, ma un grande eroe, e Bandera un difensore dell'indipendenza e della sovranità dell'Ucraina. Un'idea più ingannevole e disgustosa è difficile da immaginare. Il primo si è reso responsabile del tradimento degli interessi del popolo ucraino, il secondo di una violenza selvaggia e terribile al servizio di Hitler.

Questa onda ha rovesciato Yanukovic e ha portato al potere un'altra squadra. Che rappresenta una combinazione di oligarchia, malversazione, ingiustizia e cinismo. Di seguaci di Bandera e settari di ogni genere. A mio parere, si tratta di una tragedia non solo per l'Ucraina, ma per molti aspetti anche per la Russia.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri, sono sicuro che molto dovremo aspettarci da Washington. Gli americani hanno un debito enorme di 18.000 miliardi di dollari. Devono scaricarlo sulle spalle di altri attraverso la guerra, e a ciò si presta molto l'Ucraina. La guerra rende anche possibile scavare un nuovo fossato tra i popoli slavi e, d'altro lato, cercare di andare alla conquista del grande mercato europeo. Sono convinto che dobbiamo lavorare più energicamente sia con i cittadini dell'Ucraina che con la popolazione dell'Europa. I circoli imprenditoriali europei non sostengono tali sviluppi della situazione. Ciò si è manifestato quando alcuni importanti politici tedeschi hanno scritto una lunga lettera ad Angela Merkel. Secondo loro, la Merkel ha ceduto alle pressioni di Obama. Anche alcuni leader dell'Europa Occidentale hanno iniziato a pronunciarsi contro la spudorata interferenza degli americani nei loro affari interni. Tutto ciò crea le premesse per un grande alleanza contro i seguaci di Bandera, il nazismo e l'arbitrio americano.

Noi dobbiamo favorire al massimo grado la pacificazione nel sud-est dell'Ucraina. Da tempo io avrei riconosciuto le repubbliche di Donetsk e Lugansk, che esistono de-facto. Io aiuterei i volontari che difendono il diritto di parlare nella propria lingua, la propria casa, la famiglia, i villaggi e le città. Essi difendono i nostri interessi, esattamente come al tempo della battaglia di Mosca o di Stalingrado nel corso della Grande Guerra Patriottica.

- Quale futuro prevede per la Novorossya?

- Karkhov, il Donbass, Krivoi Rog, Zaporozhe, Kherson, Nikolaev, Odessa sono Novorossya. E' una regione abitata prevalentemente da gente russa. Dal mio villaggio natale nel Donbass erano emigrati cinquanta lavoratori agricoli. Lì ci sono i nostri parenti, amici, conoscenti. Quella regione è abitata da ex abitanti delle regioni di Kursk, Oriol, Belgorod, Voronezh, Lipetsk e Rostov. E quando arrivano i seguaci di Bandera, che hanno preso il potere a Kiev, e proibiscono alla gente di parlare la lingua russa natale, naturalmente è normale la reazione: “Abbiamo il diritto di parlare la nostra lingua!”. Perché ci dettate le vostre condizioni? Chi siete voi? Impostori che vi siete impadroniti del potere con la violenza”. Persino in Europa e anche in America si è parlato della federalizzazione dell'Ucraina. Petro Poroshenko deve trovare un accordo con loro.

D'altra parte, là, dove è stato versato il sangue, le cose vanno per le lunghe e tutto è estremamente complicato. Se a Kiev ci fosse un potere normale, ci si siederebbe attorno a un tavolo e ci si metterebbe d'accordo sulla lingua, sulle competenze, sullo status, sulle tasse e sulle relazioni economiche. Sul fatto che non si devono demolire monumenti e distruggere la cultura e le tradizioni russe. Essenziale sarebbe evitare persecuzioni e azioni di guerra. Credo, in ogni caso, che si riuscirà a trovare una soluzione a questo problema, ma occorre vigilare. Dietro a tutto ciò sta la CIA americana con suoi piani geopolitici e le sue provocazioni.

- Sono sufficienti le misure di risposta della Russia alle sanzioni dell'Occidente, e quanto tempo durerà il principio della sostituzione delle importazioni? Esiste la possibilità di un ritorno all'esperienza sovietica, quando il paese era riuscito a badare a sé stesso?

- Dobbiamo ricordare che negli ultimi 100 anni questo è il sesto giro delle sanzioni. Tutte le volte precedenti siamo riusciti ad uscire dalla crisi più consolidati, forti e avveduti. Tutti devono rendersi conto che, nella forma in cui si è sviluppata per mille anni, la Russia non ha avuto bisogno di nessuno. Recentemente l'ho sentito affermare anche per bocca di Putin e ho scritto un intero libro sul tema “I fondamenti della geopolitica russa”.

Io insisto sul fatto che non solo siamo stati autosufficienti, che ci siamo sviluppati con successo. A tal fine, la Russia dispone di tutto, e insieme ai suoi alleati sul piano geopolitico ha colossali risorse.

Se si mette insieme il potenziale di Ucraina, Russia, Bielorussia e altri paesi alleati, disponiamo di oltre la metà delle risorse del pianeta. Con i nostri prodotti siamo in grado di alimentare non 300, ma 700-800 milioni di persone! Ma per ottenere questo dovremmo attuare una politica di un certo tipo. Potremmo entrare in relazione con qualsiasi centro di forza mondiale – con la Cina, gli Stati Uniti, il mondo Arabo, l'Europa unita. Potremmo avere un enorme profitto, beneficiando della nostra posizione.

Uno degli eventi principali dell'anno che è trascorso è rappresentato dal volgersi della Russia verso sud e verso est. Lo ha fatto Vladimir Putin, e noi in questo lo sosteniamo attivamente. Perché in Asia oggi ci sono i più consistenti flussi finanziari ed energetici, abbiamo un enorme mercato e grandi amici. Occorre ricordare che queste opportunità per la Russia si potenzieranno, se all'interno del paese si metterà fine all'antisovietismo. In Cina il Partito Comunista governa, e quest'anno la Cina ha superato gli Stati Uniti per alcuni indicatori. Putin ha dichiarato che la storia non deve essere ideologizzata, che occorre prendere il meglio di tutte le epoche, e che l'epoca sovietica è stata straordinaria.

- Quest'anno il giorno della consultazione elettorale è stato un successo per il PCFR. A Novosibirsk ha ottenuto la vittoria nelle elezioni per il sindaco, mentre alla Duma di Mosca suo nipote è il più giovane deputato ad essere stato eletto. Si può affermare che sarà il suo successore?

- Non esistono successori nel partito, il nostro è un collettivo. Il partito è molto responsabile e serio. Sono soddisfatto per il fatto che mio nipote sia riuscito a vincere le elezioni in uno dei quartieri più difficili. Ma l'ho avvertito che il mio nome lo aiuterà solo nel caso sia in grado di dimostrare conoscenza, rara diligenza, entrare in ogni casa e rispondere alle domande dei suoi elettori. Gli auguro successo.

Per quanto riguarda il partito, è molto ringiovanito, risponde meglio alle esigenze di oggi. Il paese in questa fase deve rendersi conto che ci troviamo di fronte a grandi prove. Si potrà avere successo solo se riusciremo a unire le generazioni, se apriremo la strada ai giovani talenti e se ci ricorderemo dell'antico motto di Aleksandr Nevskij: “Dio non è nella forza, ma nella verità”. La Russia senza la verità, la giustizia e l'amicizia dei popoli semplicemente non può esistere.
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Le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si battono per la libertà, la dignità, l'indipendenza

19 Febbraio 2015
da kprf.ru | Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Dalla conferenza stampa di Ghennady Zyuganov, presidente del Partito Comunista della Federazione Russa (PCFR), 17 febbraio 2015

“Si sono svolte nuove trattative a Minsk. Apparentemente su tutto ci si sarebbe accordati. E tuttavia, continuano i bombardamenti. Il che avrebbe dovuto indurre la giunta a Kiev e i suoi protettori americani a dare l'ordine ai soldati ucraini a Debaltsevo di consegnare immediatamente le armi e a tornarsene a casa! E invece si continua a utilizzare soldati e ufficiali come carne da cannone”, ha affermato emozionato il leader del PCFR.

“Il capo dello Stato e militare della Repubblica Popolare di Donetsk Aleksandr Zakharchenko – è un vero comandante e dirigente. Egli ha suggerito ai combattenti ucraini accerchiati a Debaltsevo: “Deponete le armi e andatevene dove volete, a Occidente come a Oriente. Noi ci comporteremo con onore verso di voi. Non vogliamo che vi trasformiate in carne da cannone. Ma né Poroshenko, né i suoi scagnozzi, né i loro protettori americani trovano il coraggio di trattare umanamente i soldati dell'esercito ucraino, come dovrebbero fare i veri comandanti e dirigenti”, - ha fatto notare G.A. Zyuganov.

“Intendo fare una dichiarazione ufficiale a nome delle forze patriottiche e popolari. Il popolo ucraino deve assolutamente convincersi che alla sua attuale dirigenza non basta assolutamente un esercito normale. E neppure un servizio militare dignitoso in nome della libertà, dell'indipendenza e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. La giunta di Kiev punta a un'altra provocazione per scavare una nuova trincea in Europa. E in questa operazione sono pesantemente coinvolti gli americani”, - ha sottolineato il leader comunista russo.

Zyuganov ha raccontato che il deputato del partito di opposizione “Die Linke” al Bundestag tedesco, Wolfgang Gehrcke, si è incontrato a Mosca con la leadership della Duma di Stato. “Ha parlato con Ivan Ivanovich Melnikov (vicepresidente del PCFR). Il loro incontro è proseguito a Narishkin. In seguito, Gehrcke ha chiesto di andare a Rostov sul Don. Quando là ha visto in che condizioni versano i rifugiati, insieme ai suoi colleghi ha raccolto dei fondi per acquistare tre vetture di medicinali”.

“Il deputato Gehrcke si è poi recato nel Donbass – ha proseguito il leader del PCFR -. E' stato a Donetsk, dove si è incontrato con Zakharchenko. Si è trovato sotto il fuoco e i bombardamenti. Si è personalmente convinto che le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk si battono per la loro libertà, dignità e indipendenza. Sono sicuro che Gehrcke, un deputato onesto e coraggioso, interverrà in modo appropriato nel Bundestag, raccontando ai colleghi che cosa ha visto con i propri occhi. E in che modo oggi gli accordi di Minsk sono rispettati dalla giunta di Kiev”.

“Allo stesso tempo – ha rilevato Zyuganov – in questo contesto sono state imposte nuove sanzioni alla Russia e ai politici russi. Quale bisogno hanno i rappresentanti dell'Unione Europea di continuare la politica delle sanzioni contro il nostro paese? Allargandole a 151 persone. E chi inseriscono nel nuovo elenco? I comandanti militari, a cui possono essere eventualmente presentati reclami, dal momento che è loro dovere eseguire onorevolmente il proprio compito. Ma quando in questo elenco compare un artista popolare, una dignitosa persona come Joseph Kobzon (http://en.wikipedia.org/wiki/Joseph_Kobzon), non ci troviamo di fronte solo ad una stranezza. Tutto ciò è sorprendentemente cinico. Francamente disgustoso”, - ha aggiunto il leader del PCFR.

Io conosco da lungo tempo Joseph Davidovich. E' stato in tutti i punti caldi. Ha visitato decine di volte l'Afghanistan, quando là eravamo in guerra. Ha rischiato la sua testa, per proteggere bambini. Ha aiutato le persone dopo l'attacco terroristico a Dubrovka. Nei giorni sanguinosi dell'ottobre 1993 ha fatto di tutto per salvare coloro che erano rimasti nella Casa dei Soviet. E' coraggioso e onesto, un uomo molto sincero”.

Kobson si è recato nella sua patria, il Donbass. Ha studiato a Kramatorsk, Slavyansk, Donetsk. E' cittadino onorario di alcune di quelle città. Ciò dovrebbe essere gradito a tutti. Perché svolge un ruolo straordinario come rappresentante della pace, della democrazia e degli autentici diritti dell'uomo”.

“Mi rivolgo alla leadership della Germania e dell'Unione Europea. Da vent'anni intervengo al Consiglio di Europa. E vi ho invitato all'unità di azione in nome della pace, del bene comune, della giustizia, contro il nazismo, il fascismo, l'eredità di Bandera. Ho sostenuto l'idea di un'Europa da Dublino a Vladivostok”.

“Ma voi che cosa fate? - continua Zyuganov – Punite un uomo che gode di indiscussa autorità nel nostro paese. Recentemente con Kobzon abbiamo organizzato il movimento “I bambini della Russia per i bambini del Donbass”. Abbiamo organizzato con lui un concerto per i bambini della Novorossija. Insieme a lui centoventi bambini che vivono in condizioni disagiate. Avreste dovuto vedere che esibizione! I bambini applaudivano, piangevano e lo accompagnavano nella musica, abbracciandolo”.

“Perché non volete ascoltare, presunti democratici e cinici, la voce della gente comune? Almeno la voce di quei bambini che Joseph Davidovich vuole salvare nel Donbass”, - ha affermato il leader dei comunisti russi.

“Per quanto riguarda le sanzioni imposte a Valery Rashkin, nostro compagno di partito (uno dei massimi dirigenti del PCFR, ndt), assicuro che le sopporterà senza problemi. Considero le sanzioni che hanno colpito Rashkin una sorta di onorificenza per la sua inflessibile posizione, onesta e di principio”.

(…)



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http://www.ildialogo.org/cEv.php?f=http://www.ildialogo.org/noguerra/NotizieCommenti_1423504650.htm

L’Italia rafforza il proprio ruolo nel conflitto Nato-Russia   

di Antonio Mazzeo

“C’è stata la richiesta da parte della Nato di prolungare per altri quattro mesi la missione dell’Aeronautica italiana in Lituania e noi abbiamo dato la nostra disponibilità”. L’annuncio della ministra Roberta Pinotti è giunto al termine del vertice dei Ministri della Difesa della Nato, tenutosi a Bruxelles il 5 e 6 febbraio scorso. L’Italia continuerà dunque ad essere in prima linea perlomeno sino ad agosto nelle operazioni aeree anti-Russia con quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon”, nell’ambito della Baltic Air Patrol (BAP), la missione Nato di pattugliamento e sorveglianza dello spazio aereo delle Repubbliche baltiche. “Era prevista una rotazione con un altro paese che doveva sostituirci, ma la Lituania si sente rassicurata dalla continuazione della nostra presenza”, ha spiegato Pinotti.
La missione dei caccia italiani nel Baltico ha preso il via il 1° gennaio dall’aeroporto militare di Šiauliai, in Lituania. I caccia, gli equipaggi e il personale provengono dal 4° Stormo dell’Aeronautica di Grosseto, dal 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari) e dal 37° Stormo di Trapani-Birgi. Le forze armate italiane hanno assunto il comando della BAP a cui sono assegnati anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati a Šiauliai, quattro Eurofigheter spagnoli di base nell’aeroporto di Amari (Estonia), quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia).
L’Eurofigter “Typhoon” in dotazione all’Aeronautica italiana è un caccia di ultima generazione con ruolo primario di “superiorità aerea” e intercettore. Con una lunghezza di 16 metri e un’apertura alare di 11, il guerriero europeo può raggiungere la velocità massima di 2 mach (2.456 Km/h) e un’autonomia di volo di 3.700 km. Il velivolo è armato di cannoni Mauser da 27 mm; bombe a caduta libera Paveway e Mk 8283 e 84 da 500 a 2.000 libbre e a guida GPS JDAM; missili aria-aria, aria-superficie e antinave a guida radar e infrarossa; missili da crociera MBDA “Storm Shadow”, con oltre 500 chilometri di raggio d’azione.
La Nato opera nei cieli delle Repubbliche baltiche dall’aprile 2004 sulla base di un accordo firmato con i governi di Estonia, Lettonia e Lituania. Nel 2010 Bruxelles aveva deciso di prorogare le missioni aeree sino alla fine del 2014, ma le Repubbliche baltiche hanno ottenuto un’ulteriore estensione della BAP sino al dicembre 2018. Originariamente l’Alleanza assegnava alla “vigilanza” del Baltico quattro caccia, forniti a rotazione dai Paesi membri; successivamente il contingente è stato prima triplicato e poi quadruplicato nel 2014 con lo scoppio del conflitto in Ucraina. Secondo il sito specializzato Analisi Difesa, ad oggi i caccia italiani hanno intercettato nei cieli dell’Est Europa due velivoli russi “sospetti”: il 30 gennaio un aereo cisterna e il 2 febbraio un cargo Ilyushin 76 Candid.
Al recente vertice dei ministri della Nato è stato approvato all’unanimità il piano che modifica le azioni d’intervento ai confini meridionali e orientali dell’Alleanza. Innanzitutto è stato deciso di triplicare il numero dei militari assegnati alla Response Force (NRF), la Forza congiunta di Rapido Intervento che così potrà contare sino a 30.000 unità. Sei i paesi che guideranno a rotazione la NRF: Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. Il prossimo mese di giugno il Comando di Bruxelles definirà i dettagli logistici per i rafforzamento della task force, mentre la piena operatività sarà raggiunta solo dopo il vertice Nato di Varsavia previsto nel giugno 2016. Punta di lancia della NRF sarà la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF) che opererà principalmente in funzione anti-russa. “A Bruxelles abbiamo deciso di attivare questa forza di pronto intervento con la brigata di terra Spearhead di 5.000 militari circa”, ha annunciato il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. “La Spearhead Force sarà supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido”. La nuova brigata Spearheadpotrà contare su sei centri di comando “immediatamente operativi” in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. “Se esplode una crisi, questi centri assicureranno che le forze nazionali e Nato, ovunque si trovino, possano agire subito”, ha spiegato Stoltenberg. “Essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l’addestramento e le esercitazioni”.
“L’Italia assicura il proprio supporto al processo di implementazione del RAP Readiness Action Plan (RAP), il piano di risposta operativa della Nato, nella certezza che garantirà all’Alleanza un insieme di strumenti idonei a rafforzare la cornice di sicurezza globale, soprattutto in risposta alle minacce derivanti dalla crisi tra Russia e Ucraina ed a quelle provenienti dall’area mediorientale e del Nord Africa”, ha dichiarato la ministra Roberta Pinotti. “Riguardo l’implementazione del RAP, all’Italia è stato chiesto di ricoprire il ruolo di Framework Nation per la costituzione della VJTF, la forza congiunta di pronto intervento basata sulla brigata Spearhead”.



Lunedì 09 Febbraio,2015


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http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25127-questione-russa-e-propaganda-euro-atlantica.html

Questione russa e propaganda euro-atlantica

10 Febbraio 2015

di Federico La Mattina per Marx21.it

Dallo scoppio della crisi ucraina i media occidentali hanno portato avanti una martellante campagna di disinformazione volta a presentare la Federazione Russa come responsabile della guerra civile ucraina e sulla base di questo hanno avallato le scellerate scelte europee in materia di sanzioni contro la Russia. Il voto al Parlamento Europeo del 15 gennaio, che ha visto uniti popolari e socialisti, ha confermato la politica aggressiva dell’Unione Europea, minacciando direttamente la pace in Europa. Le recenti dichiarazioni della NATO e le allusioni di qualche leader europeo dovrebbero mettere in allarme chiunque abbia a cuore le ragioni della pace.

L’Unione Europea ha svolto fin dall’inizio un ruolo di prim’ordine nella realizzazione del golpe di febbraio contro il governo Yanukovich e ha avallato le politiche imperialiste nordamericane miranti a pressare e contenere la Russia tramite l’avanzata della NATO. In Italia il dibattito sui rapporti euro-russi è quasi inesistente; chi sostiene la necessità di instaurare normali rapporti politici, economici e di scambio culturale con la Russia viene solitamente bollato, con un certo sprezzo, come “filorusso” o, addirittura, come “ostile all’Europa”. E’ evidente che nell’immaginario comune (riflesso delle idee propagandate dagli organi di informazione legati a diversi livelli ai gruppi dominanti) non esiste Europa al di fuori della cornice euro-atlantica.

Manlio Dinucci ha fatto notare come la strategia statunitense in Ucraina abbia un duplice scopo: da un lato consegnare l’Ucraina nelle mani del FMI e annetterla alla NATO per ridimensionare la Russia e la sua politica estera; dall’altro, scrive Dinucci, «sfruttare la crisi ucraina, che Washington ha contribuito a provocare, per rafforzare l’influenza statunitense sugli alleati europei, alimentando in Europa uno stato di tensione che permetta agli Usa di mantenere tramite la Nato la loro leadership sugli alleati, considerati in base a una differente scala di valori: con il governo tedesco Washington tratta per le spartizione di aree di influenza, con quello italiano (“tra i nostri amici più cari al mondo”) si limita a pacche sulle spalle sapendo di potere ottenere ciò che vuole». [1]

Le dichiarazioni del nuovo primo ministro greco, Alexis Tsipras, indirizzate verso una politica europea di distensione nei confronti della Russia hanno provocato reazioni simili (e prevedibili) nella variegata stampa italiana. Qualcuno ha fatto riferimento addirittura al «rischio di una Grecia putiniana» lanciandosi in improbabili paragoni con l’Atene periclea (o meglio con le parole che Tucidide attribuì a Pericle): «[…]Perché qui quelli del nuovo governo Tsipras li stiamo immaginando come moderne versioni di Pericle, capaci di insegnare la democrazia all'Europa e al mondo» [2]. Già Luciano Canfora, in quel bellissimo libro che è “La democrazia, storia di un’ideologia”, ha destrutturato i rimandi inappropriati (inseriti all’interno della bozza del preambolo della Costituzione europea diffusa nel 2003) al logos epitaphios del Pericle tucidideo [3]. Tsipras, secondo l’autore dell’articolo a cui si è fatto riferimento, poteva quindi essere un “moderno Pericle” ma le simpatie verso la Russia lo hanno distanziato dal suo ‘antenato’ (la Russia, viene da chiedersi col sorriso tra le labbra, corrisponderebbe quindi alla Sparta oligarchica del V sec. a.C. ?). Perché no, magari qualcun altro troverà da qualche parte a Oriente anche i corrispondenti dei barbaroi dell’impero achemenide.

Un altro articolo, pubblicato su un noto quotidiano nazionale, presenta una cartina che mostra l'evidente accerchiamento della Russia da parte della NATO, nondimeno il titolo dell’articolo è “Così la Nato prova a contenere l’espansionismo militare russo” [4]. Gli esempi rinvenibili nella stampa italiana sono innumerevoli e non si esauriscono certamente qua.

La propaganda antirussa mira a presentare la Russia come un paese costantemente in espansione e aggressivo, in particolar modo facendo riferimento alla questione ucraina. Poco importa che sia il governo di Kiev a bombardare i civili, a sguinzagliare battaglioni di neonazisti nel Donbass e a esercitare repressione politica di cui i comunisti ucraini sono tra le vittime principali. Il Partito Comunista Ucraino è infatti uno dei principali partiti che si è opposto con forza al golpe dello scorso inverno. E’ evidente che la Russia del XXI secolo non è più il paese domo in condizione semi-coloniale quale fu la Russia della parentesi eltsiniana quando venne investita da un’ondata di privatizzazioni selvagge, un gruppo di oligarchi prese in mano le ricchezze del paese, si formarono immense ricchezze private e circa il 40% della popolazione scese sotto la soglia di povertà. Solo più tardi, scrive Losurdo, «la Russia riusciva a stabilire il controllo sul suo immenso patrimonio energetico, e ciò in seguito all’avvento di forze e personalità politiche odiate a Washington e a Bruxelles» [5]. Appare chiaro che la Russia del XXI secolo – che pretende le venga riconosciuto lo status di potenza multilaterale eurasiatica – non va bene alla potenza egemone (declinante) statunitense. Non è certamente un caso che Obama lo scorso 25 marzo abbia definito provocatoriamente la Russia una «potenza regionale» e «isolata», sapendo di non dire il vero a meno che non si consideri il G7 (più qualche Stato subordinato) coincidente con la “comunità internazionale”.

Basta dare un’occhiata ad una qualsiasi cartina che mostri l’avanzata della NATO dall’inizio degli anni novanta ad oggi per rendersi conto che chiunque parli di minaccia all’Europa da parte russa stia fantasticando. E’ utile fare un breve riepilogo: nel 1999 aderirono Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia; nel 2004 sette nuovi Stati: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Nel 2009 vennero integrate Albania e Croazia. La Russia, ancora debole, non si è opposta ai primi allargamenti. L’espansionismo aggressivo della NATO, lo schieramento del sistema antimissile BMD (formalmente contro l’Iran, in realtà in ottica antirussa) e le cosiddette ‘rivoluzioni colorate’ hanno messo la Russia in allarme; oggi assistiamo al tentativo atlantico di integrazione di Ucraina e Moldavia. Il progressivo avanzamento della NATO ad Est viene percepito come una chiara minaccia nei confronti della Russia che il 26 dicembre 2014 ha annunciato un significativo cambiamento di strategia e priorità: la NATO viene infatti considerata la minaccia primaria alla sicurezza nazionale.

Ha scritto Domenico Losurdo nel suo ultimo saggio “La sinistra assente”, a proposito della reazione russa dopo il golpe di Kiev:

Era una reazione stimolata dalla rivolta delle regioni russofone dell’Ucraina, indignate per il regime change e allarmate per il ruolo svolto da forze violentemente russofobe e fascistoidi, ed era comunque una reazione di difesa contro un’espansione della NATO in Europa orientale che, accompagnata com’è dall’avanzata dello scudo spaziale, mira a far pesare su Mosca il terrore del primo colpo nucleare. [6]

Il crollo dell’URSS e il processo di ‘colonizzazione’ della Russia negli anni novanta ha dato inizio ad un quindicennio di unipolarismo statunitense che negli ultimi anni è stato messo in crisi dalla crescita economica e militare della Cina, dal ruolo di potenza ritrovata della Russia e in generale dall’ascesa dei BRICS; si sta quindi configurando un assetto globale post-occidentale. Gli Stati Uniti, pur essendo una potenza ‘a debito’, mantengono il predominio militare a livello globale e hanno una visione del mondo unipolare (Obama, in occasione del discorso di fronte ai cadetti di West Point dello scorso anno, non ha rinunciato a fare riferimento all’“eccezionalismo” americano).

Giovanni Arrighi (studioso dei processi di transizione egemonica) ha fatto notare come l’espansione finanziaria della fine del ventesimo secolo sia stata caratterizzata da un’anomalia. Di fronte a un processo di “ricentralizzazione” dell’economia globale in Asia Orientale (e in particolar modo in Cina) siamo di fronte ad una biforcazione senza precedenti tra potere finanziario e militare che può portare a diversi scenari futuri, in base alla reazione della potenza egemone declinante nordamericana.

E’ utile fare riferimento alle previsioni espresse da un politologo organico all’impero come Brzezinski, nella celebre opera del 1997,“La Grande Scacchiera”. Brzezinski ribadisce più volte il ruolo centrale dell’Ucraina (e gli interessi statunitensi di svincolarla dalla Russia) e scrive:

La ferma volontà dell’Ucraina di difendere la propria indipendenza è stata incoraggiata dall’esterno. Sebbene inizialmente l’Occidente, e in special modo gli Stati Uniti, avessero tardato a riconoscere l’importanza geopolitica di uno Stato ucraino autonomo, verso la metà degli anni novanta l’America e la Germania divennero strenui sostenitori del separatismo di Kiev. Nel luglio del 1996, il segretario della Difesa americano dichiarava: «Non possiamo sottovalutare l’importanza di un’Ucraina indipendente per la sicurezza e la stabilità di tutta l’Europa», mentre in settembre il cancelliere tedesco Kohl, nonostante il forte sostegno espresso per Eltsin, si spingeva ancora oltre dichiarando che «il saldo ancoraggio dell’Ucraina all’Europa non può essere messo in discussione da nessuno […] [7]

Brzezinski presenta alcuni possibili scenari futuri per la Russia: scarta la possibilità di una convergenza russo-tedesca o russo-francese finalizzata allo scardinamento dei legami transatlantici con gli Stati Uniti. Il celebre politologo statunitense considera però remota anche una “coalizione antiegemonica” composta da Russia, Cina e Iran. Scrive Brzezinski:

Il necessario punto di partenza di qualsiasi controalleanza di questo tipo sarebbe stato il rilancio del rapporto bilaterale tra Cina e Russia, fondato sulla reazione della classe dirigente di entrambi i paesi alla prospettiva che l’America potesse diventare l’unica superpotenza mondiale. […] Ma una soluzione fra Russia, Cina e Iran può svilupparsi solo se gli Stati Uniti sono abbastanza miopi da entrare in urto con Pechino e Teheran simultaneamente: un’eventualità che non può ovviamente essere esclusa, come s’è visto nel 1995-1996, quando Washington arrivò ai ferri corti con entrambe queste capitali. Né l’Iran né la Cina, tuttavia, vollero arrischiare un’alleanza strategica con una Russia debole e instabile, ben sapendo che una simile coalizione, spinta oltre una qualche intesa tattica occasionale, avrebbe messo a repentaglio il loro rapporto con i Paesi più industrializzati, gli unici in grado di far affluire investimenti e trasferire le tecnologie più avanzate necessarie al loro sviluppo. La Russia, per contro, aveva ben poco da offrire a sostegno di un’efficace coalizione antiamericana. [8]

Continua poco dopo a proposito delle scelte geostrategiche che la Russia “avrebbe dovuto” attuare in futuro:

Nessuna ipotesi di controalleanza, pertanto, rappresenta una valida alternativa. […] L’unica vera opzione geostrategica per la Russia – che potrebbe darle – realisticamente, un ruolo internazionale, permettendole di massimizzare le sue probabilità di trasformazione e di modernizzazione sociale – è l’Europa. E non un’Europa qualunque, bensì quella transatlantica rappresentata dall’allargamento dell’UE e della NATO. Un’Europa siffatta (come abbiamo visto nel capitolo 3) sta prendendo forma, ed è anche probabile che rimanga strettamente legata all’America. Questa è l’Europa con la quale la Russia dovrà entrare in rapporto, se vorrà evitare un pericoloso isolamento geopolitico. […] Anche se un’alleanza strategica russo-cinese e russo-iraniana a lungo termine è improbabile, è ovviamente importante che l’America eviti politiche che possano distrarre la Russia dal compiere questa necessaria scelta geopolitica. [9]

Se da un lato le previsioni in merito ai rapporti euro-atlantici di Brzezinski sono oggi pienamente confermate, dall’altro, come fa notare il politologo marxista Atilio Boron [10], i recenti accordi di tipo economico, politico e militare siglati da Russia e Cina si muovono proprio in quella direzione considerata remota da Brzezinski. La nascita dell’Unione doganale eurasiatica ha inoltre rappresentato un primo passo verso l’integrazione regionale eurasiatica considerata improbabile dal politologo statunitense. La “necessaria scelta geopolitica” da parte russa auspicata da Brzezinski, cioè un legame sempre più stretto con l’Europa transatlantica, risulta oggi evidentemente sconfessata. E’ all’interno del deterioramento del quadro politico globale per gli Stati Uniti che, secondo Boron, si devono considerare i cambiamenti di calcolo geopolitico da parte degli «strateghi dell’impero», compreso il ‘disgelo’ con Cuba portato avanti mentre si inaspriscono le sanzioni contro il Venezuela bolivariano.

L’analista di politica internazionale Pepe Escobar, in un articolo del 16 dicembre sulla “Nuova via della seta della Cina” ha posto al centro della sua riflessione lo spostamento verso Est degli equilibri globali:

Now, mix the Silk Road strategy with heightened cooperation among the BRICS countries (Brazil, Russia, India, China and South Africa), with accelerated cooperation among the members of the Shanghai Cooperation Organization (SCO), with a more influential Chinese role over the 120-member Non-Aligned Movement (NAM)—no wonder there’s the perception across the Global South that, while the United States remains embroiled in its endless wars, the world is defecting to the East. [11]

In questa direzione si muovono gli equilibri globali ed è in tale contesto che si colloca la Russia del XXI secolo. Le ragioni della pace e della pacifica convivenza tra nazioni e popoli sono oggi messe in discussione dalle politiche aggressive degli Stati Uniti e della NATO, spalleggiati dall’Unione Europea. Il mutamento degli equilibri globali in favore delle potenze emergenti e il progressivo configurarsi di un assetto multipolare forniscono nuove prospettive anche per il popoli del Sud. Di fronte a tale mutamento, l’Occidente guidato dalla «nazione indispensabile» è spinto, come scrive Losurdo, a un «concitato attivismo geopolitico e militare» [12]. E’ in tale contesto che devono muoversi i comunisti e la sinistra per fare fronte al pericolo di una escalation militare nel cuore dell’Europa.

Note

[1] Dinucci Manlio, La vera posta in gioco nella crisi ucraina, in “MarxVentuno”, 1-2 2014 anno XXII, pp. 7-12.
[3] Canfora Luciano, La democrazia. Storia di un’ideologia, Bari, Laterza, 2004, pp. 11-30.
[4] http://www.lastampa.it/2015/02/08/esteri/cos-la-nato-prova-a-contenere-lespansionismo-militare-russo-3ni2NEFuO0yGNtp0G5VyvJ/pagina.html
[5] Losurdo Domenico, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Bari, Laterza, 2013, p. 267.
[6] Losurdo Domenico, La sinistra assente. Crisi, società, spettacolo, guerra, Roma, Carocci editore, 2014, p. 125.
[7] Brzezinski Zbigniew, La Grande Scacchiera, Milano, Longanesi & C, 1998, pp. 153-154.
[8]Ivi, pp. 157-158.
[9] Ivi., pp. 160-161.
[12] Losurdo D., La sinistra assente, cit., p. 278.


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http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/25183-le-radici-della-guerra-in-ucraina.html

Le radici della guerra in Ucraina

20 Febbraio 2015

di Albano Nunes | da www.avante.pt

Traduzione di Marx21.it

La scalata dello scontro di USA-UE-NATO con la Russia racchiude enormi pericoli per la pace in Europa e nel mondo. I frenetici movimenti diplomatici che hanno portato Merkel e Hollande a Kiev, a Mosca e a Washington (solo Merkel) e a un nuovo vertice a Minsk di Germania, Francia, Ucraina e Russia, dimostrano che la situazione è realmente molto seria. La cessazione del fuoco concordata per il Sud-est dell'Ucraina avviene in un quadro in cui l'installazione del sistema anti-missili degli USA, la moltiplicazione delle basi militari nella regione e l'azione criminale delle brigate naziste armate dagli USA, si aggiungono alle decisioni della NATO di triplicare gli effettivi della sua “Brigata di Intervento Rapido” e del Congresso degli Stati Uniti sulla fornitura al governo golpista di armamneto “letale”, che rappresentano autentici preparativi alla guerra.

La Russia di oggi è un paese capitalista. Che nessuno si aspetti dal suo governo una politica estera conseguentemente antimperialista. Ma è un'evidenza che Putin non è Eltsin, che il governo russo non può non tenere conto della forza di un popolo che nei primi tempi della Rivoluzione d'Ottobre e nella “Grande Guerra Patriottica” ha respinto e sconfitto eroicamente l'aggressione straniera salvando l'umanità dalla barbarie nazi-fascista.
Caratterizzare il dramma dell'Ucraina e la pericolosissima scalata della tensione con la Russia come semplice espressione di “contraddizioni inter-imperialiste”, è un errore che ignora che le radici della guerra sono fondamentalmente interne alla società ucraina, un errore che rischia di facilitare gli obiettivi dell'imperialismo.

Per comprendere la situazione è necessario avere presente due dinamiche. Una che ha inizio nel novembre 2013, con il rifiuto dell'Ucraina di firmare l'accordo di associazione con l'Unione Europea. A partire da allora si è sviluppata un'inarrestabile scalata di ingerenze esterne e sovversione, la riabilitazione e l'appoggio a forze fasciste e la persecuzione dei comunisti, l'imposizione a Kiev di un governo fantoccio al servizio delle grandi potenze imperialiste, la brutale repressione nel Sud-est del paese del generalizzato rifiuto popolare del governo golpista che ha provocato migliaia di vittime, un drammatico flusso di sfollati e rifugiati, e crimini terroristi come l'assalto del 2 maggio alla Casa dei Sindacati di Odessa. L'altro aspetto è la corsa dell'imperialismo verso Est in conseguenza della disgregazione dell'URSS e delle sconfitte del socialismo, corsa in cui UE, NATO e USA cooperano (e rivaleggiano) per sradicare completamente tutto ciò che decenni di socialismo avevano conquistato, distruggere il potenziale economico e e impossessarsi dei mercati di questi paesi, far avanzare i dispositivi della NATO fino alle frontiere della Russia la cui potenza economica e militare, in particolare nucleare, gli USA cercano con tutti i mezzi di distruggere. Dall'annessione della RDT alla distruzione della Jugoslavia, eventi in cui la Germania è stata il principale protagonista, è stato fatto di tutto per rimuovere qualsiasi resistenza. L'Ucraina ne è il più recente esempio.

E' qui che si trovano le radici di un focolaio di guerra tanto più pericoloso in quanto si sviluppa nel quadro della più profonda e prolungata crisi capitalista e in cui è visibile la tentazione dei settori più reazionari e aggressivi del grande capitale di ricorrere al fascismo e alla guerra per dirimere le proprie contraddizioni e, a costo di colossali distruzioni materiali e umane, restaurare le condizioni della riproduzione del capitale come era accaduto con la 2° Guerra Mondiale il cui 70° anniversario della sua fine celebreremo quest'anno. Combattendo il fascismo, l'imperialismo e la guerra. Unendo le forze per la pace.


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http://contropiano.org/documenti/item/29244-il-vostro-futuro-e-una-nuova-norimberga

Il vostro futuro è una nuova Norimberga

Nico Macce*, 19 Febbraio 2015 

Un anno è passato dalla caduta del governo Yanukovich in Ucraina, da Euromaidan. Da quella che tutti i media occidentali avevano annunciato come la seconda rivoluzione arancione per la democrazia.
Un anno denso di atrocità in quei luoghi e infarcito di menzogne e censure da parte dei principali media nostrani.
Non è mia intenzione ripercorrere le tappe di questa vicenda. Ci sono siti e blog che sono già molto esaustivi. Piuttosto ritengo importante inquadrare questa sporca e irresponsabile guerra creata dai poli imperialisti USA e UE dell’Alleanza Atlantica, in un disegno più ampio che si va formando in Europa e più in generale a livello internazionale.
Se menzionerò qualche dato è per i più pigri, che non hanno voglia di andarsi a documentare, ma che rischiano così di non avere la dimensione reale di quello che ritengo essere il rischio più grande di guerra su vasta scala che il pianeta stia correndo dalla seconda guerra mondiale ad oggi.

Il golpe.
Quando l’anno scorso gli USA hanno attuato il golpe di piazza Maidan in Ucraina, con la complicità attiva dei paesi NATO e dell’UE, lo scopo era quello di iniziare l’attacco alla Russia estendendo il controllo NATO fino ai confini russi e mettendo in crisi il governo di Putin con lo scopo di rovesciarlo.
È stato così abbattuto un governo che, per quanto corrotto e dominato da oligarchi regionali, era stato regolarmente eletto dai cittadini di quel paese.
Mentre i nostri media decantavano le folle di rivoltosi a piazza Maidan, ergendola a simbolo di una sorta di rivoluzione democratica e civile, ciò che stava accadendo, in realtà, di civile non aveva nulla.
I media occidentali riprendevano giovinette con mazzi di fiori e poliziotti schierati a difesa del palazzo, mentre in quella piazza entravano in scena veri e propri gruppi paramilitari nazisti. Le tv di altri paesi hanno mostrato una violenza inaudita da parte di questi manifestanti: bombe di fuoco sulla polizia, colpi di arma da fuoco, tutte pratiche di guerriglia che se messe in opera da manifestanti a Roma o a Berlino, avrebbero legittimato le repressioni più sanguinose da parte dei paesi “democratici e civili”.
Sopra i tetti di alcuni palazzi dei cecchini sparavano un po’ agli uni e un po’ agli altri. Chi li ha organizzati? Successivamente sarebbero emerse le vere responsabilità, meno che ovviamente per le opinioni pubbliche occidentali. Oggi è evidente che la cosa fu organizzata dai servizi di intelligence statunitensi e dei suoi alleati.
Così è stato realizzato un golpe contro un governo debole e divenuto impopolare, ma che poteva benissimo essere in discussione con regolari e democratiche elezioni. Qualcuno però mirava a ben altro.

L’avvento di un vero e proprio stato nazista in Ucraina.
USA-NATO-UE si sono serviti di gruppi paramilitari nazisti, regolarizzati poi in forze militari come il Battaglione Azov, nel momento in cui il sud est dell’Ucraina a prevalenza russofona si è ribellato al golpe.
Per mesi e mesi i media occidentali hanno filmato fiori per i “martiri” a piazza Maidan, decantandoci le qualità democratiche del nuovo “governo popolare”. I

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