Informazione
Il riorientamento strategico della Nato dopo la guerra fredda / 4
Manlio Dinucci
Le armi nucleari Usa/Nato in Europa
Gli Stati uniti, mentre sono impegnati a Ginevra a denuclearizzare l’Iran, nuclearizzano l’Europa potenziando le armi mantenute in Germania, Italia, Belgio, Olanda e Turchia. Sono circa 200 bombe B-61, che si aggiungono alle oltre 500 testate nucleari francesi e britanniche pronte al lancio. Secondo una stima al ribasso, in Italia ve ne sono 70-90, stoccate ad Aviano e Ghedi-Torre. Ma ce ne potrebbero essere di più, anche in altri siti. Tantomeno si conosce quante armi nucleari sono a bordo delle unità della Sesta flotta e altre navi da guerra che approdano nei nostri porti. Quello che ufficialmente si sa è che ora le B-61 vengono trasformate da bombe a caduta libera in bombe «intelligenti» che, grazie a un sistema di guida satellitare e laser, potranno essere sganciate a grande distanza dall’obiettivo. Le nuove bombe nucleari B61-12 a guida di precisione, il cui costo è previsto in 8-12 miliardi di dollari per 400-500 bombe, avranno una potenza media di 50 kiloton (circa quattro volte la bomba di Hiroshima).
Altri aspetti, emersi da una audizione della sottocommissione del Congresso sulle forze strategiche, gettano una luce ancora più inquietante sull’intera faccenda. Washington ribadisce che «la Nato resterà una alleanza nucleare» e che, «anche se la Nato si accordasse con la Russia per una riduzione delle armi nucleari in Europa, avremmo sempre l’esigenza di completare il programma della B61-12». La nuova arma sostituirà le cinque varianti dell’attuale B61, compresa la bomba penetrante anti-bunker B61-11 da 400 kiloton, e la maxi-bomba B83 da 1200 kiloton. In altre parole, avrà la stessa capacità distruttiva di queste bombe più potenti.
Allo stesso tempo la B61-12 «sarà integrata col caccia F-35 Joint Strike Fighter», fatto doppiamente importante perché «l’F-35 è destinato a divenire l’unico caccia a duplice capacità nucleare e convenzionale delle forze aeree degli Stati uniti e di molti paesi alleati». Quella che arriverà tra non molto in Italia e in altri paesi europei, non è dunque una semplice versione ammodernata della B-61, ma un’arma polivalente che svolgerà la funzione di più bombe, comprese quelle progettate per «decapitare» il paese nemico, distruggendo i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee in un first strike nucleare. Poiché le bombe anti-bunker non sono oggi schierate in Europa, l’introduzione della B61-12, che svolge anche la loro funzione, potenzia la capacità offensiva delle forze nucleari Usa/Nato in Europa.
I piloti italiani – che vengono addestrati all’uso delle B-61 con i caccia Tornado, come è stato fatto nell’esercitazione «Steadfast Noon» svoltasi ad Aviano e Ghedi, saranno tra non molto addestrati all’attacco nucleare con gli F-35 armati con le B61-12. In tal modo l’Italia viola il Trattato di non-proliferazione che la impegna a «non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi direttamente o indirettamente». E gli Stati uniti lo violano perché si sono impegnati a «non trasferire a chicchessia armi nucleari né il controllo su tali armi».
Il nuovo confronto militare Ovest-Est
Mosca si oppone allo «scudo antimissile», che permetterebbe agli Usa di lanciare un first strike nucleare sapendo di poter neutralizzare la ritorsione. È contraria all’ulteriore espansione della Nato ad est e al piano Usa/Nato di demolire la Siria e l’Iran nel quadro di una strategia che mira alla regione Asia/Pacifico. Tutto questo viene visto a Mosca come un tentativo di acquisire un netto vantaggio strategico sulla Russia (oltre che sulla Cina). Sono solo «vecchi stereotipi della guerra fredda», come sostiene il presidente Obama? Non si direbbe, visto il programma annunciato dalla Nato nel 2013. Esso prevede «più ambiziose e frequenti esercitazioni militari» a ridosso della Russia. Tra queste la «Brilliant Arrow», effettuata in Norvegia con cacciabombardieri Nato (anche italiani) a duplice capacità convenzionale e nucleare; la «Steadfast Jazz», con lo spiegamento di cacciabombardieri Nato in Polonia, Lituania e Lettonia, al confine russo; la «Brilliant Mariner», effettuata da navi da guerra Nato nel Mare del Nord e nel Mar Baltico.
Gli Usa e gli alleati Nato accrescono nel corso degli anni la pressione militare sulla Russia la quale, ovviamente, non si limita a quella che Obama definisce «retorica anti-americana». Dopo che gli Usa decidono di installare uno «scudo» missilistico anche sull’isola di Guam nel Pacifico occidentale, il Comando delle forze strategiche russe annuncia che sta costruendo un nuovo missile da 100 tonnellate «in grado di superare qualsiasi sistema di difesa missilistica». Ed è già in navigazione il primo sottomarino nucleare della nuova classe Borey, lungo 170 m, capace di scendere a 450 m di profondità, armato di 16 missili Bulava con raggio di 9mila km e 10 testate nucleari multiple indipendenti, in grado di manovrare per evitare i missili intercettori.
Su questo e altro i media europei, in particolare quelli italiani campioni di disinformazione, praticamente tacciono. Così, prima che esploda la crisi ucraina, la stragrande maggioranza ha l’impressione che la guerra minacci solo regioni «turbolente», come il Medio Oriente e il Nordafrica, senza accorgersi che la «pacifica» Europa sta divenendo di nuovo, sulla scia della strategia Usa, la prima linea di un confronto militare non meno pericoloso di quello della guerra fredda.
Il colpo di stato in Ucraina
L’operazione condotta dalla Nato in Ucraina inizia quando nel 1991, dopo il Patto di Varsavia, si disgrega anche l’Unione Sovietica di cui essa faceva parte. Gli Stati Uniti e gli alleati europei si muovono subito per trarre il massimo vantaggio dalla nuova situazione geopolitica. L’Ucraina – il cui territorio di oltre 600mila km2 fa da cuscinetto tra Nato e Russia ed è attraversato dai corridoi energetici tra Russia e Ue – non entra nella Nato, come hanno fatto altri paesi dell’ex Urss ed ex Patto di Varsavia. Entra però a far parte del «Consiglio di cooperazione nord-atlantica» e, nel 1994, della «Partnership per la pace», contribuendo alle operazioni di «peacekeeping» nei Balcani.
Nel 2002 viene adottato il «Piano di azione Nato-Ucraina» e il presidente Kuchma annuncia l’intenzione di aderire alla Nato. Nel 2005, sulla scia della «rivoluzione arancione» (orchestrata e finanziata agli Usa e dalle potenze europee), il presidente Yushchenko viene invitato al summit Nato a Bruxelles. Subito dopo viene lanciato un «dialogo intensificato sull’aspirazione dell’Ucraina a divenire membro della Nato» e nel 2008 il summit di Bucarest dà luce verde al suo ingresso. Nel 2009 Kiev firma un accordo che permette il transito terrestre in Ucraina di rifornimenti per le forze Nato in Afghanistan. Ormai l’adesione alla Nato sembra certa ma, nel 2010, il neoeletto presidente Yanukovych annuncia che, pur continuando la cooperazione, l’adesione alla Nato non è nell’agenda del suo governo.
Nel frattempo però la Nato tesse una rete di legami all’interno delle forze armate ucraine. Alti ufficiali partecipano per anni a corsi del Nato Defense College a Roma e a Oberammergau (Germania), su temi riguardanti l’integrazione delle forze armate ucraine con quelle Nato. Nello stesso quadro si inserisce l’istituzione, presso l’Accademia militare ucraina, di una nuova «facoltà multinazionale» con docenti Nato. Notevolmente sviluppata anche la cooperazione tecnico-scientifica nel campo degli armamenti per facilitare, attraverso una maggiore interoperabilità, la partecipazione delle forze armate ucraine a «operazioni congiunte per la pace» a guida Nato.
Inoltre, dato che «molti ucraini mancano di informazioni sul ruolo e gli scopi dell’Alleanza e conservano nella propria mente sorpassati stereotipi della guerra fredda», la Nato istituisce a Kiev un Centro di informazione che organizza incontri e seminari e anche visite di «rappresentanti della società civile» al quartier generale di Bruxelles. E poiché non esiste solo ciò che si vede, è evidente che la Nato costruisce una rete di collegamenti negli ambienti militari e civili molto più estesa di quella che appare.
Sotto regia Usa/Nato, attraverso la Cia e altri servizi segreti vengono per anni reclutati, finanziati, addestrati e armati militanti neonazisti. Una documentazione fotografica mostra giovani militanti neonazisti ucraini di Uno-Unso addestrati nel 2006 in Estonia da istruttori Nato, che insegnano loro tecniche di combattimento urbano ed uso di esplosivi per sabotaggi e attentati. Lo stesso fece la Nato durante la guerra fredda per formare la struttura paramilitare segreta di tipo «stay-behind», col nome in codice «Gladio». Attiva anche in Italia dove, a Camp Darby e in altre basi, vennero addestrati gruppi neofascisti preparandoli ad attentati e a un eventuale colpo di stato.
È questa struttura paramilitare che entra in azione a piazza Maidan, trasformandola in campo di battaglia: mentre gruppi armati danno l’assalto ai palazzi di governo, «ignoti» cecchini sparano con gli stessi fucili di precisione sia sui dimostranti che sui poliziotti (quasi tutti colpiti alla testa). Il 20 febbraio 2014 il segretario generale della Nato si rivolge, con tono di comando, alle forze armate ucraine, avvertendole di «restare neutrali», pena «gravi conseguenze negative per le nostre relazioni». Abbandonato dai vertici delle forze armate e da gran parte dell’apparato governativo, il presidente Viktor Yanukovych è costretto alla fuga. La direzione delle forze armate viene assunta da Andriy Parubiy, cofondatore del partito socialnazionalista ridenominato Svoboda, divenuto segretario del Comitato di difesa nazionale, e, in veste di ministro della difesa, da Igor Tenjukh, legato a Svoboda.
La Nato si sente ormai sicura di poter compiere un altro passo nella sua espansione ad Est, inglobando l’Ucraina. Lo conferma la riunione dei ministri Nato della difesa, che si svolge il 26-27 febbraio 2014 al quartier generale di Bruxelles. Primo punto all’ordine del giorno l’Ucraina, con la quale – sottolineano i ministri nella loro dichiarazione – la Nato ha una «distintiva partnership» nel cui quadro continua ad «assisterla per la realizzazione delle riforme». Prioritaria «la cooperazione militare» (grimaldello con cui la Nato è penetrata in Ucraina). I ministri «lodano le forze armate ucraine per non essere intervenute nella crisi politica» (lasciando così mano libera ai gruppi armati) e ribadiscono che per «la sicurezza euro-atlantica» è fondamentale una «Ucraina stabile» (ossia stabilmente sotto la Nato).
(4 – continua)
Il riorientamento strategico della Nato dopo la guerra fredda / 5
Manlio Dinucci
Il ruolo dell’Italia nella Nato
«Amore per il popolo italiano»: lo dichiara il presidente Obama nel febbraio 2013, ricevendo alla Casa Bianca il presidente Napolitano. Perché tanto amore? Il popolo italiano «accoglie e ospita le nostre truppe sul proprio suolo». Accoglienza molto apprezzata dal Pentagono, che possiede in Italia (secondo i dati ufficiali 2014) 1428 edifici, con una superficie di oltre un milione di metri quadri, cui se ne aggiungono oltre 800 in affitto o concessione. Sono distribuiti in oltre 30 siti principali (basi e altre strutture militari) e una ventina minori. Nel giro di un anno, i militari Usa di stanza in Italia sono aumentati di oltre 1500, superando i 10mila. Compresi i dipendenti civili, il personale del Pentagono in Italia ammonta a circa 14mila unità.
Alle strutture militari Usa si aggiungono quelle Nato, sempre sotto comando Usa: come il Comando interforze, col suo nuovo quartier generale di Lago Patria (Napoli). «Ospitando» alcune delle più importanti strutture militari, l’Italia svolge un ruolo cardine nella strategia Usa/Nato che, dopo la guerra alla Libia, non solo mira alla Siria e all’Iran ma va oltre, spostando il suo centro focale verso la regione Asia/Pacifico per fronteggiare la Cina in ascesa.
Il Comando della forza congiunta alleata a Napoli (Jfc Naples) è tenuto ufficialmente in «standby», ossia pronto in qualsiasi momento a entrare in guerra. Il nuovo quartier generale a Lago Patria, costruito per uno staff di oltre 2mila militari ed espandibile per «la futura crescita della Nato», è in piena attività. Avamposto delle operaziont militari del Jfc Naples è la Turchia, dove la Nato ha oltre venti basi aeree, navali e di spionaggio elettronico. A queste è stato aggiunto (come già detto) uno dei più importanti comandi Nato: il Landcom, responsabile di tutte le forze terrestri dei 28 paesi membri, attivato a Izmir (Smirne). Lo spostamento del comando delle forze terrestri dall’Europa alla Turchia – a ridosso del Medio Oriente (in particolare Siria e Iran) e del Caspio – indica che, nei piani Usa/Nato, si prevede l’impiego anche di forze terrestri, soprattutto europee, in quest’area di primaria importanza strategica.
Il Jfc Naples (come già detto) è agli ordini di un ammiraglio statunitense, che è allo stesso tempo comandante della Forza congiunta alleata a Napoli, delle Forze navali Usa in Europa e delle Forze navali del Comando Africa. Un gioco strategico delle tre carte, che permette al Pentagono di mantenere sempre il comando. E l’Europa? Essa è importante per gli Usa geograficamente, chiarisce il Comandante supremo alleato: le basi in Europa non sono residui «bastioni della guerra fredda», ma «basi operative avanzate» che permettono agli Usa di sostenere sia il Comando Africa che il Comando centrale nella cui area rientra il Medio Oriente. Sono quindi essenziali per «la sicurezza del 21° secolo», garantita da una «potente e capace alleanza» diretta dagli Usa, che possiede «24mila aerei da combattimento, 800 navi militari oceaniche, 50 aerei radar Awacs».
Quanto ci costa la Nato
L’Italia sta assumendo nella Nato crescenti impegni che portano a un inevitabile aumento della spesa militare, diretta e indiretta. La Nato non conosce crisi. Si sta costruendo un nuovo quartier generale a Bruxelles, il cui costo, previsto in 460 milioni di euro, è quasi triplicato salendo a 1,3 miliardi. Lo stesso è stato fatto in Italia, dove si sono spesi 200 milioni di euro per costruire a Lago Patria una nuova sede per il Jfc Naples. Tali spese sono solo la punta dell’iceberg di un colossale esborso di denaro pubblico, pagato dai cittadini dei paesi dell’Alleanza.
Vi è anzitutto la spesa iscritta nei bilanci della difesa dei 28 stati membri che, secondo i dati Nato del febbraio 2014, supera complessivamente i 1000 miliardi di dollari annui (circa 750 miliardi di euro), per oltre il 70% spesi dagli Stati uniti. La spesa militare Nato, equivalente a circa il 60% di quella mondiale, è aumentata in termini reali (al netto dell’inflazione) di oltre il 40% dal 2000 ad oggi. Sotto pressione degli Stati uniti, il cui budget della difesa (735 miliardi di dollari) è pari al 4,5% del prodotto interno lordo, gli alleati si sono impegnati nel 2006 a destinare al bilancio della difesa come minimo il 2% del loro pil. Finora, oltre agli Usa, lo hanno fatto solo Gran Bretagna, Grecia ed Estonia.
L’impegno dell’Italia a portare la spesa militare al 2% del pil è stato sottoscritto nel 2006 dal governo Prodi. Secondo i dati Nato, essa ammonta oggi in media a 52 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però diverse altre voci. In realtà, calcola il Sipri, la spesa militare italiana (all’undicesimo posto su scala mondiale) ammonta in media a 72 milioni al giorno. Adottando il principio del 2%, questi salirebbero a circa 100 milioni al giorno.
Agli oltre 1000 miliardi di dollari annui iscritti nei 28 bilanci della difesa, si aggiungono i «contributi» che gli alleati versano per il «funzionamento della Nato e lo sviluppo delle sue attività». Si tratta per la maggior parte di «contributi indiretti», tipo le spese per «le operazioni e missioni a guida Nato». Quindi i molti milioni di euro spesi per far partecipare le forze armate italiane alle guerre Nato nei Balcani, in Afghanistan e in Libia costituiscono un «contributo indiretto» al budget dell’Alleanza.
Vi sono poi i «contributi diretti», distribuiti in tre distinti bilanci. Quello «civile», che con fondi forniti dai ministeri degli esteri copre le spese per lo staff dei quartieri generali (4000 funzionari solo a Bruxelles). Quello «militare», composto da oltre 50 budget separati, che copre i costi operativi e di mantenimento della struttura militare internazionale. Quello di «investimento per la sicurezza», che serve a finanziare la costruzione dei quartieri generali, i sistemi satellitari di comunicazione e intelligence, la creazione di piste e approdi e la fornitura di carburante per le forze impegnate in operazioni belliche. Circa il 22% dei «contributi diretti» viene fornito dagli Stati uniti, il 14% dalla Germania, l’11% da Gran Bretagna e Francia. L’Italia vi contribuisce per circa l’8,7%: quota non trascurabile, nell’ordine di centinaia di milioni di euro annui.
Vi sono diverse altre voci nascoste nelle pieghe dei bilanci. Ad esempio l’Italia ha partecipato alla spesa per il nuovo quartier generale di Lago Patria sia con la quota parte del costo di costruzione, sia con il «fondo per le aree sottoutilizzate» e con uno erogato dalla Provincia, per un ammontare di circa 25 milioni di euro (mentre mancano i soldi per ricostruire L’Aquila).
Top secret resta l’attuale contributo italiano al mantenimento delle basi Usa in Italia, quantificato l’ultima volta nel 2002 nell’ordine del 41% per l’ammontare di 366 milioni di dollari annui. Sicuramente oggi tale cifra è di gran lunga superiore. Si continua così a gettare in un pozzo senza fondo enormi quantità di denaro pubblico, che sarebbero essenziali per interventi a favore dell’occupazione, dei servizi sociali, delle zone terremotate.
Il riposizionamento militare Usa in Europa
«Gli Stati uniti ridimensionano le forze militari in Europa e sotto la scure dei risparmi cade anche la base di Camp Darby», titola un giornale toscano, precisando che «mezzo Camp Darby tornerà all’Italia». Un vero e proprio bluff: l’area che verrà restituita dal Pentagono nell’arco di 5 anni è in reatlà quantificata in 5-6 ettari su un totale di oltre 800.
In realtà, quella annunciata dal Pentagono non è una riduzione ma un riposizionamento delle forze militari Usa, così da «massimizzare le nostre capacità militari in Europa e rafforzare le nostre importanti partnership europee, sostenendo nel miglior modo i nostri alleati Nato e partner nella regione». Risparmiando allo stesso tempo, secondo i calcoli di Washington, circa 500 milioni di dollari annui.
In tale quadro si inserisce Camp Darby, la base logistica dello U.S. Army che rifornisce le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana, mediorientale e oltre, l’unico sito dell’esercito Usa in cui il materiale preposizionato (carrarmati, ecc.) è collocato insieme alle munizioni. Nei suoi 125 bunker e in altri depositi vi è l’intero equipaggiamento di due battaglioni corazzati e due di fanteria meccanizzata, che può essere rapidamente inviato in zona di operazione attraverso il porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Da qui sono partire le bombe usate nelle due guerre contro l’Iraq e in quelle contro la Iugoslavia e la Libia.
Il collegamento di Camp Darby col porto di Livorno è stato potenziato dai lavori effettuati dagli enti locali (a guida Pd) sul Canale dei navicelli, allo scopo dichiarato di dare impulso ai cantieri che fabbricano yacht (in realtà in crisi e in attesa di qualche compratore straniero). Il vero scopo emerge da uno studio della Provincia di Livorno: «Il Canale dei navicelli riveste una notevole importanza strategica militare, per il fatto di attraversare la base militare di Camp Darby, costituendo una componente determinante per i traffici della base». Per di più nel limitrofo interporto di Guasticce, sullo Scolmatore dove sono in corso lavori per accrescerne la navigabilità, si può creare un indotto per lo stoccaggio di materiali logistici di Camp Darby. In tal modo si può liberare, nella base, spazio da destinare agli armamenti. Per di più, la limitata area che il comando Usa dovrebbe «restituire all’Italia» nei prossimi anni andrà al Ministero della difesa, che la potrà destinare a funzioni di supporto di Camp Darby e alla proiezione di forze: l’aeroporto militare di Pisa è stato trasformato in Hub aereo nazionale da cui transitano gli uomini e i materiali destinati ai vari teatri bellici, e sempre a Pisa si è appena costituito il Comando delle forze speciali dell’esercito.
Il «ridimensionamento» di Camp Darby è comunque compensato dal potenziamento della base Usa di Aviano. Qui, annuncia il Pentagono, sarà trasferito dalla base aerea di Spangladem (Germania) il 606th Air Control Squadron, addetto (con un personale di 200 militari) al comando, controllo e rifornimento di grandi operazioni di guerra aerea. Il suo spostamento ad Aviano conferma il ruolo «privilegiato» dell’Italia quale base della proiezione di forze Usa/Nato nell’area mediterranea, mediorientale e africana. Ruolo destinato a crescere poiché, annuncia il Pentagono, «la U.S. Air Force dislocherà permanentemente suoi caccia F-35 in Europa», a cominciare dalla base britannica di Lakenheath, e quindi anche in Italia.
Il riposizionamento di forze e basi, sottolinea il Pentagono, non indebolisce ma rafforza la presenza militare Usa in Europa. Esso permette di «potenziare la presenza a rotazione di forze Usa in Europa per esercitazioni e altre attività Nato; migliorare le infrastrutture per una accresciuta presenza militare Usa e alleata nell’Europa orientale; permettere agli Usa di accrescere la capacità dei nuovi alleati, come Ucraina, Georgia e Moldavia». In tal modo, partendo dall’Europa, gli Usa e gli alleati Nato saranno in grado di «rispondere rapidamente alle crisi su scala planetaria». Ossia di scatenare guerre ovunque nel mondo siano ostacolati i loro interessi.
(5 – fine)
Inizio messaggio inoltrato:Da: Iniziativa PARTIGIANI! <partigiani7maggio @tiscali.it>Data: 27 gennaio 2015 00:18:18 CETOggetto: Ricordo di Dragutin -Drago- V. Ivanović / Voce Jugoslava del 27/1/2015 -Giornata della Memoria-A: partigiani7maggio @tiscali.itVOCE JUGOSLAVA / JUGOSLAVENSKI GLAS"Od Vardara do Triglava - Dal fiume Vardar al monte Triglav"Svakog drugog utorka, od 13,00 do 13,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu FM 88.9 za regiju "Lazio", emisija "Jugoslavenski glas".
Emisija je u direktnom prijenosu. Može se pratiti i preko Interneta: http://radiocittaperta.it/
Emisija je dvojezična, po potrebi i vremenu na raspolaganju. Podržite taj slobodni i nezavisni glas, kupujući knjige koje imamo na raspolaganju, itd. .
Pišite nam na: jugocoord@..., potražite na www.cnj.it.
Ogni due martedì dalle ore 13,00 alle 13,30 su Radio Città Aperta, FM 88.9 per Roma ed il Lazio, va in onda la trasmissione radiofonica "Voce Jugoslava".
Essa si può seguire, come del resto anche le altre trasmissioni della Radio, anche via internet: http://radiocittaperta.it/
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della necessità), e in diretta. Sostenete questa voce libera e indipendente acquistando i libri a nostra disposizione e con il vostro 5 x mille. Scriveteci: jugocoord@..., leggeteci su www.cnj.it.Program Dana Pamćenja ** 27. I. 2015 ** Programma per la Giornata della Memoria
Umro je Dragutin -Drago- V. Ivanović------------------------------------------------------------------------E' morto Dragutin -Drago- V. Ivanović
Il 2015 si è aperto per noi con la triste mancanza di DRAGUTIN "DRAGO" V. IVANOVIC, il nostro carissimo compagno e amico jugoslavo, con il quale abbiamo strettamente collaborato negli ultimi cinque anni. Drago si è spento venerdì 12 dicembre 2014 a Lubiana alla presenza dei tre amati figli.
Drago è stato antifascista dal primo all'ultimo respiro. Nato a Doljani - sobborgo di Titograd/Podgorica - nel 1923, ha trascorso l'infanzia nella Metohija. Nel corso della II Guerra Mondiale la sua famiglia ha duramente patito l'occupazione italiana e le violenze dei collaborazionisti: il padre e un fratello sono stati uccisi, lui stesso - da giovanissimo liceale militante della SKOJ, la gioventù comunista - è stato arrestato dagli occupatori italiani e deportato successivamente in diversi campi di concentramento in Montenegro, Albania e Italia, fino a Colfiorito (Foligno) da dove con un altro migliaio di antifascisti montenegrini è evaso alla fine di settembre del 1943. Fino alla estate successiva ha partecipato alla Resistenza nelle Marche e in Abruzzo, poi si è unito alle formazioni dell'EPLJ che si andavano organizzando in Puglia, addestrandosi nel campo di addestramento di Gravina, e potendo così infine rientrare a combattere per la liberazione del proprio paese. Assunto l'incarico di commissario politico della IV Divisione di Artiglieria da montagna motorizzata, ha combattuto lungo la dorsale dalmata verso nord, fino a partecipare alla liberazione di Trieste (1/5/1945).
Nel dopoguerra, proseguita la carriera militare, è stato promosso fino al grado di colonnello.
Dopo il pensionamento (1973) Drago si è dedicato a ricerche storiche accurate sugli eventi di cui lui stesso era stato protagonista, scrivendo numerosi libri. Il suo contributo è stato fondamentale per le ricerche che sono sfociate nella pubblicazione del nostro lavoro "I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana".
Ancora lo scorso 29 gennaio 2014 a Udine, nonostante la malattia, Drago aveva voluto intervenire all'importante convegno organizzato dalla casa editrice KappaVu "con un bellissimo e sentito contributo", come ricorda Alessandra Kersevan. Ne proponiamo la registrazione integrale (25 minuti circa di ascolto) non solo perché riteniamo che questo sia il modo migliore per rendergli omaggio, ma anche perché ci sembra particolarmente significativo riportare la testimonianza diretta di un internato jugoslavo nei campi di concentramento italiani, proprio in occasione della Giornata della Memoria (27 Gennaio).
La registrazione dell'intervento di Drago a quel convegno rimarrà a disposizione sulle nostre pagine internet, e un più dettagliato articolo biografico sarà redatto e messo in diffusione prossimamente. Vi terremo aggiornati.
(a cura della redazione di Voce Jugoslava e degli autori de I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana – www.partigianijugoslavi.it )
=== * === I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA Storie e memorie di una vicenda ignorata Roma, Odradek, 2011 pp.348 - euro 23,00 Per informazioni sul libro si vedano: Il sito internet: http://www.partigianijugoslavi.it La scheda del libro sul sito di Odradek: http://www.odradek.it/Schedelibri/partigianijugoslavi.html La pagina Facebook: http://www.facebook.com/partigianijugoslavi.it Ordina il libro: http://www.odradek.it/html/ordinazione.html === * ===
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59035
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58818
Dossier del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia e di Un Ponte per... sulle infiltrazioni della destra nazionalista e fascista nelle campagne a sostegno delle vittime serbe delle guerre di secessione in Jugoslavia (2013)
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07/17/omicidio-fanella-la-rete-nera-di-ceniti-dal-trentino-al-kosovo/1060862/
http://issuu.com/brigatadisolidarietaattivatoscana/docs/le_associazioni_collaterali_di_cpi-
Casa Pound Cremona, la sezione dell’organizzazione nell’ambito lombardo probabilmente più consistente, fin dalla sua nascita nel maggio 2013, seguendo una regola interna che aogni sede corrisponda un’intestazione propria, si è scelta il nome di «Stoccafisso». Apparentemente un gioco. Nella città che fu del Ras Roberto Farinacci, gran organizzatore di squadracce, questo particolare è tutt’altro che innocuo. La storia racconta che sul finire del «biennio rosso», quando i fascisti della bassa val Padana si videro recapitare da alcune prefetture il divieto di detenere i manganelli, ricorsero all’uso di pezzi di baccalà, stecche dure lunghe più di un metro e mezzo da utilizzare come bastoni. Da qui la scelta del nome, indicativo della natura di Casa Pound, che ispirandosi al primo movimento fascista, quello degli esordi, esalta ostentatamente l’epopea delle aggressioni ai dirigenti e ai militanti socialisti e comunisti come degli assalti alle sedi delle camere del lavoro e delle leghe contadine. L’attacco preordinato di domenica sera al centro sociale Dordoni di Cremona, non a caso, è stato condotto seguendo gli antichi insegnamenti, concentrando gruppi di picchiatori, anche provenienti da altre città (Parma e Brescia), per colpire in forte superiorità numerica, senza problemi.
Più volte Casa Pound ha anche «mimato» in cortei per le vie di Roma le «spedizioni punitive» del 1920–1921 sfilando su camion scoperti con a bordo militanti agghindati con tanto di Fez. Le stesse denominazioni con cui ha marchiato i propri punti di ritrovo o i propri siti di riferimento, dalla libreria La Testa di Ferro (in ricordo del giornale fondato nel 1919 da Gabriele D’annunzio al tempo dell’impresa fiumana) al forum internet Vivamafarka (dal romanzo-scandalo di Marinetti del 1909, Mafarka il futurista, sottoposto in quegli anni a processo per oltraggio al pudore, in cui si decantavano le gesta immaginarie di un re nero che amava la guerra e odiava le donne), dicono di questa identificazione.
Non siamo di fronte a semplici suggestioni culturali. Dalle sue fila, analizzando i fatti accaduti, solo negli ultimi tre anni, provengono Gianluca Casseri che a Firenze nel dicembre 2011 ha assassinato a colpi di pistola due ambulanti senegalesi, ferendone gravemente un terzo, e Giovanni Ceniti, ex responsabile di Casa Pound Novara, uno dei killer di Silvio Fanella ucciso a Roma nell’estate scorsa. Un’organizzazione che la Cassazione, il 27 settembre 2013, nell’ambito di un procedimento a Napoli contro il suoi dirigenti locali ha giudicato «ideologicamente orientata alla sovversione del fondamento democratico del sistema».
Prima dell’aggressione di Cremona, solo qualche settimana fa, a fine dicembre, se ne era verificata un’altra, con le stesse modalità, a Magliano Romano, dove una ventina di squadristi di Casa Pound con i passamontagna, armati di spranghe e bastoni, avevano aggredito i tifosi dell’Ardita, un club di supporter della squadra romana di calcio del quartiere San Paolo. Sette i feriti, con fratture, escoriazioni ed ecchimosi.
L’incredibile impunità di cui gode Casa Pound è sotto gli occhi di tutti. È tempo di porre il problema.
Il ritorno dei fascisti
Recentemente, in un articolo per Il Fatto Quotidiano, commentando la scoperta del “complotto” neofascista (24 dicembre 2014), mettevo in guardia contro la tentazione di buttare la cosa sul folclore locale. Era insorto nientemeno che l’eccelsa mente di Giampiero Mughini che sul sito Dagospia aveva sentenziato: “…solo una macchietta intellettuale dell’antifascismo duro e puro quale il professore torinese Angelo d’Orsi (…) può sostenere che quei quattro cazzoni che frequentavano il novantaquattrenne Rutilio Sermonti a bere una tazza di caffè e ad ascoltare estasiati l’apologia delle Waffen SS che si battevano fa dannati durante la Seconda guerra mondiale, siano una minaccia incombente della nostra democrazia quale lo sono stati nel Novecento Mussolini e Hitler (…)”.
Incassato l’epiteto di “macchietta intellettuale” da un personaggio noto solo per le sue sciagurate comparsate tv, perlopiù in veste di isterico commentatore calcistico, vestito in modo macchiettistico, blaterante macchiettisticamente, mi tocca l’onere di evocare i tristi avvenimenti di Cremona, dove giovanotti neofascisti, armati di spranghe ed altri oggetti usi a ferire (al caso, uccidere), hanno compiuto un vero e proprio assalto a un Centro Sociale, il CSA Dordoni, aggredendo furiosamente i presenti. Un cinquantenne, Emilio Visigalli, è stato colpito in modo pesante, ed è finito in coma, dal quale sta forse uscendo in queste ore in cui si sta organizzando una manifestazione antifascista nella sua città. Che è, storicamente, anche la città del peggiore dei ras fascisti del passato, Roberto Farinacci. Riflettendo sui fatti accaduti domenica scorsa, sembra di assistere a un vecchio film già visto, ma nel 1921-22: la spedizione punitiva, che raccoglie squadristi dalle zone circumvicine, anche in un raggio di chilometri abbastanza esteso. Si danno appuntamento, si organizzano e via: si attacca “il nemico”.
Quali le differenze rispetto a 90 anni fa? Che gli squadristi non indossano (non necessariamente) la camicia nera, non ostentano gagliardetti, invece del manganello “che rischiara ogni cervello”, recano spranghe (che i cervelli li spappolano), non cantano Giovinezza, giovinezza…, e non viaggiano sui camion dell’esercito o delle associazioni padronali. Ma sono squadristi a tutti gli effetti. E curiosamente, da dove provengono? Non si sa, naturalmente, ma i sospetti sono indirizzati verso una organizzazione reticolare chiamata (con indubbio senso del marketing comunicativo) “Casa Pound”, che cresce di mese in mese, e che solo qualche ingenuo o qualche sprovveduto, suggestionati dal richiamo al poeta Ezra, si ostina a considerare un innocuo net di giovani intellettuali, sia pur di destra. In realtà, trattasi di qualcosa che in passato si sarebbe chiamato “un covo di fascisti”, ma i tempi cambiano e Mughini – ipse dixit! – ci informa che fascisti non sono. Sicché gli uni preparano addirittura un golpe, cosa peraltro per nulla nuova nella storia recente d’Italia, e gli altri se ne vanno in giro a spaccar crani, in un generale clima di impunità giudiziaria da un lato, e di sottovalutazione politica dall’altro.
L’esistenza di un pericolo fascista odierno è aggravato dal contesto internazionale, e specialmente europeo, che rivela una ripresa generalizzata del fascismo e addirittura del nazismo. Ucraina docet. E poi la Grecia, l’Olanda, l’Ungheria, i Paesi Baltici e così via… Ma anche nelle versioni “morbide” dal leghismo nostrano al lepenismo francese, assistiamo a un fortunato pullulare di movimenti di destra estrema, con tratti, anche formali ed esteriori, fascistoidi. Movimenti non solo tollerati, ma giudicati tutto sommato, sempre preferibili, alla Sinistra, o a quel poco che ne rimane. Syriza fa più paura di Alba Dorata. E l’UE e gli USA hanno sostenuto a spada tratta i neonazisti di Kiev, oscurando i massacri da loro compiuti, e tuttora in corso, compreso l’abbattimento ormai sicuro dell’aereo malese: ma pur sempre, preferiti a “quelli dell’Est”, che reclamano l’indipendenza, giudicati troppo prossimi, non solo geograficamente, alla Russia, vista ancora, in fondo, come non abbastanza disposta a farsi piallare dall’Occidente, dunque sospettabile di cripto-comunismo.
Si aggiunga che in Italia, proprio la presenza della Lega Nord aggrava il quadro: si è ormai realizzata una sorta di fusione operativa tra questo partito, a sua volta alleato alla signora Le Pen, e Casa Pound, che dunque può godere di una rete di protezione notevole. E le affinità ideologiche sono essenzialmente concentrate su una sorta di nazionalismo sghembo, in quanto è evidente che i leghisti secessionisti non possono proporsi come alfieri della nazione italiana, ma sono uniti ai fascisti veri e propri (i cui baricentro ideologico è sempre il nazionalismo) dal ripudio dell’Europa, con annessi e connessi.
È vero che oggi esiste un altro genere di fascismo, più pericoloso di questo, fatto di arroganza, di prepotenza, e di sfregio continuo alle regole della democrazia costituzionale, di occupazione della radiotelevisione pubblica, di condizionamento pesante della stampa cosiddetta “indipendente”, di limitazione progressiva o addirittura di cancellazione di ogni diritto,e molto altro ancora. Insomma, Matteo Renzi e la sua corte miserabile di seguaci e il suo “patronato” che è il “padronato”. Certo il fascismo renziano è morbido, e sorridente (come quello berlusconiano, del resto, da cui deriva direttamente), ma non esita a ricorrere alle maniere forti appena si passa dall’Aula alla Piazza: ne sanno qualcosa operai, pensionati, pastori, dipendenti di varie aziende in crisi malmenati dalle “forze dell’ordine” un po’ dappertutto.
Proprio questo clima di depotenziamento della democrazia, di progressivo rapido passaggio alla postdemocrazia, che sta altrettanto rapidamente aprendo la strada al definitivo superamento della forma democratica (le “riforme” in approvazione in un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Suprema Corte, per giunta!, ne sono una agghiacciante prova), favorisce la crescita di un neofascismo organizzato secondo i modelli e le pratiche del fascismo storico, quello classico, fatto di aggressione sistematica agli avversari politici. Ma anche semplicemente a coloro che culturalmente, e antropologicamente, appaiono “diversi”: un militante di sinistra, un giovane vestito in un certo modo, un immigrato senegalese, un gay, un frequentatore di Centri sociali: sono altrettante vittime designate dei nuovi fascistelli.
Saranno pure “cazzoni” (sempre per citare l’inclito Mughini), ma sono pericolosi. E vanno fermati. A loro monito, va pure ricordato che Roberto Farinacci, a cui guardano con tanta ammirazione, finì a Piazzale Loreto. Appeso, a testa in giù.
(23 gennaio 2015)
Gerusija - Antonio Gramsci: I giorni del Carcere
22.januara 1891.g.-rodjen Antonio Gramsi, revolucionar-jedan od osnivaca Komunisticke partije Italije.,novinar, pisac ,filozof ...
Antonio Gramsi je u sociojalistickom pokretu od 1913.g.Tokom Prvog svetskog rata je rukovodilac tyrinskih socijalista (okolina barija) i uredjuje nedeljnik "Avanti". Posle zavrsetka rata , u uslovima posleratnog revolucionarnog poleta ,Gramsi je inicijator pokreta za stvaranje fabricko-zavodskih sovjeta.
U KPI je od 1921.g.(jedan je od osnivaca Partije , zajedno sa Palmirom Toljatijem ).Od 1922. g. do 1923.g. zivi u SSSR-u,kao delegat KPI u Izvrsnom komitetu Kominterne.U maju 1924.g. se vraca u Italiju Na njegovu inicijativu pokrenut je dnevni partijski list "Unita "Od 1924. do 1926.g.A.Gramsi je vodja parlamentarne komunisticke grupe u italijanskom parlamentu.Koristi parlamentarnu tribinu za razoblicavanje faszma.
Zbog revolucionarne aktivnosti je uhapsen i zatvoren na ostrvu Ustika., 8.novembra 1926.g.
1928.g. Fasisticki sud ga naknadno osudjuje na jos 20 godina robije. Zbog loseg stanja zdravlja (na robiji je dobio i tuberkulozu) oslobodjen je iz zatvora u Turi (okolina Barija)
Umro je nekoliko dana po izlasku iz zatvora (27.aprila 1937.) od izliva krvi u mozak.Kremiran je i sahranjen na katolickom groblju . Na sahrani su mu bili samo brat ,jedna rodjaka i policijski agenti. Posle oslobodjenja , njegovi drugovi su ga , u skladu sa njegovim ateistickim ubedjenjima , ponovo sahranili na nekatolickom groblju.
Na robiji je napisao niz dela .Posle rata su objavljene njegove "Zatvorske sveske "(1929-37.) i "Pisma iz tamnice"., "Partija ,drzava ,drustvo","Problemi kulture.Fetisizam","Autobiografske beleske " i dr.
Kao teoreticar -marksist razvio je svoju " Teoriju hegemonije".
*** Civitavecchia (RM) 24/1: DRUG GOJKO
Conferenza sul Memoriale Italiano di Auschwitz nella Giornata della Memoria
alle ore 21:00 nella NUOVA SALA GASSMAN
Largo Italo Stegher, 2
DRUG GOJKO
MONOLOGO DI PIETRO BENEDETTI
REGIA DI ELENA MOZZETTA
TRATTO DAI RACCONTI DEL PARTIGIANO NELLO MARIGNOLI
IDEATO DA GIULIANO CALISTI E SILVIO ANTONINI
TESTI TEATRALI - PIETRO BENEDETTI
CONSULENZA LETTERARIA - ANTONELLO RICCI
MUSICHE - BEVANO QUARTET E FIORE BENIGNI
FOTO - DANIELE VITA
UN RINGRAZIAMENTO PARTICOLARE A NELLO MARIGNOLI
Libreria Fahrenheit “non solo libri” via XXVIII aprile, 19 - Monselice
PORRAJMOS
sullo sterminio dei Rom/Sinti
(In)Canto Rom n.1 - Con Marta Marcello e Fabio foca Rossi
Canti e musiche dai campi di concentramento ai “campi nomadi”
Conduce Roberto Costa, direttore di Biancoenero
Introducono: Francesco Miazzi – Giulia Polato
COMITATO P. “LASCIATECI RESPIRARE” – ADL-COBAS – ASSOCIAZIONE “IL COLIBRÌ”
RAZZISMO STOP – ASSOCIAZIONE CULTURALE “LA BILANCIA” - “CHILD AGAIN FOR SYRIA”
CIRCOLO DELLA STAMPA DI TRIESTE
Corso Italia 13 – 34122 Trieste – tel. 040/370371
COMUNICATO STAMPA
con preghiera di diffusione
Il Circolo della Stampa di Trieste organizza con la collaborazione di “Cittadini liberi ed eguali” la presentazione del libro "Il razzismo fascista - Trieste, 18 settembre 1938”, in programma il 29 gennaio alle ore 17.30 nella sala “Paolo Alessi” del Circolo della Stampa di Trieste (Corso Italia, 13). Il volume a cura di Claudio Cossu e Claudio Venza, con la partecipazione degli storici Silva Bon, Anna Maria Vinci, Simone Rorato e Gaetano Dato, e la testimonianza di Stanka Hrovatin ed altri, si propone di aiutare a comprendere il frutto endogeno del fascismo italiano, le leggi razziali del 1938, annunciate a Trieste il 18 settembre, senza alcuna pressione da parte di altre potenze straniere, come sottolineato da Mussolini nel discorso di Piazza Unità d'Italia. Da tali leggi si sviluppò la discriminazione degli ebrei, divenuta poi persecuzione e, quindi, genocidio. Ingresso libero.
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=dKMzwhHzRps
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?type=TA&reference=P8-TA-2015-0011&language=IT&ring=P8-RC-2015-0008
oppure http://comunicati.russia.it/risoluzione-del-parlamento-europeo-del-15-gennaio-2015-sulla-situazione-in-ucraina.html
L'Europarlamento chiede sanzioni più pesanti contro la Russia
In precedenza il Wall Street Journal aveva riportato che l'Unione Europea era pronta ad alleggerire le sanzioni contro la Russia e a normalizzare parzialmente le relazioni con Mosca in caso di cambiamento della posizione sulla situazione in Ucraina. A sostegno della revoca delle sanzioni contro la Russia si sono espressi l'Austria, l'Ungheria, l'Italia, Cipro, la Slovacchia, la Francia e la Repubblica Ceca.
CON L'AVVALLO DI TSIPRAS, AIUTA L'ATTACCO CONTRO I CIVILI DEL DONBASS E MINACCIA LA GUERRA ALLA RUSSIA
Nel momento in cui l'esercito ucraino inizia massicci bombardamenti dei quartieri residenziali di Donetsk e Gorlovka, l'Unione Europea vota nuove sanzioni alla Russia e pieno sostegno al governo golpista ucraino di Kiev che uccide la popolazione civile delle provincie orientali del Donbass. Con una decisione degna di Ponzio Pilato la Sinistra Europe - GUE - Tsipras si astiene dal voto. Solo.Eleonora Forenza del PRC Partito della Rifondazione Comunista ha votato contro. Mentre era scontato il voto delle forze conservatrici e socialdemocratiche, una certa sorpresa ha destato invece la spaccatura che è avvenuta tra i parlamentari del GUE/NGL (il gruppo unitario che raccoglie la maggior parte dei partiti comunisti e della sinistra continentale), diversi dei quali hanno preferito astenersi (come, tra gli altri, l'italiano Curzio Maltese e tutti gli appartenenti al partito greco di Syriza) o esprimere parere favorevole, come nel caso di molti eletti della Die Linke tedesca e di Barbara Spinelli, la più nota tra gli esponenti della “lista Tsipras” italiana (www.votewatch.eu).
Tra coloro che hanno votato contro questa mozione che contribuisce ad aumentare la tensione e i contrasti con la Federazione Russa e a confermare la pericolosa china del sostegno al fascismo e alle forme più brutali della repressione del dissenso democratico, su cui ormai da tempo si è avviata l'Unione Europea, c'è la maggior parte dei deputati comunisti aderenti al GUE/NGL, mentre i due parlamentari greci del KKE, che non fanno parte del GUE/NGL, non hanno partecipato alla votazione [http://www.marx21.it/…/25003-ucraina-e-fascismo-la-discussi… ].
La Lega Nord ha votato contro.
Complici inediti della crocefissione di antifascisti in Ucraina e civili nel Donbass. Questa e' la sinistra della Nato, senza se, con qualche flebile ma. Si chiamavano compagni, in modo indolore diventano camerati, ma si pensano aperti e moderni. Hanno pero' aiutato gli stragisti di Odessa e del Donbass con la loro astensione, indifferenti e insensibili. Perche'? Perche' vogliono tenere aperta una possibile collaborazione e complicita' col Partito Socialista Europeo. Sono diventati gli artisti di strada dell'imperialismo, la sinistra che non fa male, come la dolce euchessina, o l'aspartame, che pero' a lungo temine fanno ammalare. Anche per la sinistra della NATO vale lo slogan NO PASARAN. Ma diciamolo forte: vi credete innovatori e trasformatori, siete solo affabulatori e giuda dei popoli uccisi dalle politiche dell'Unione Europea.
Ecco i punti essenziali della delirante mozione europea dettata da Washington e dalla Nato: Leggendo all’interno della mozione approvata dal parlamento Europeo, oltre alla conferma del rinnovamento delle sanzioni verso la Russia vi si possono trovare alcuni punti che di sicuro raffredderanno ulteriormente i rapporti con Mosca e faranno alzare il livello di tensione generale:
-Al punto 5 “ Si condanna energicamente la politica definita aggressiva ed imperialista della Russia, che costituisce una minaccia per l’unità e l’indipendenza dell’Ucraina e rappresenta una minaccia potenziale per l’Unione Europea.”
– Al punto 6 “Si richiede la continuazione dell’odierno regime sanzionatorio dell’Unione Europea in particolare in occasione dell’imminente incontro del Consiglio del marzo 2015, dal momento che la Russia non rispetta e manca di aderire pienamente alle obbligazioni assunte, e sollecita la Commissione ad individuare strumenti per aumentare la solidarietà degli stati membri in caso di cronicizzarsi della crisi con la Russia.”
– Al punto 11 “Si ricorda che il 16 luglio il Consiglio dell’Unione Europea ha revocato l’embargo di armi nei confronti dell’Ucraina e che, conseguentemente, al momento non ci sono riserve, e nemmeno restrizioni legali, a che gli Stati Membri forniscano armi difensive all’Ucraina, la cui fornitura potrebbe essere basata su un accordo di affitti e prestiti.”
Al punto 13 “Si ritiene che l’ UE debba esplorare tutti i modi per sostenere il governo ucraino a migliorare le sue capacità di difesa e di protezione dei suoi confini esterni, e che ciò sia possibile solo dalla trasformazione delle forze armate aderenti all’ex Patto di Varsavia verso un esercito che sia vicino ai membri dell’Unione Europea ed in particolare da inquadrare all’interno dei piani di addestramento e armamento già previsti e in atto.
– Al punto 19 “Si sottolinea che, fra i progetti energetici, la priorità deve essere assegnata a quelli che diversificano le forniture e accoglie con soddisfazione l’interruzione del progetto South Stream.” ( Nota: il South stream sarebbe dovuto diventare la nuova linea di gasdotto che passando dall’Italia avrebbe dovuto rifornire di gas tutta l’Europa del Sud e parte dell’Europa centrale)
Ecco i punti essenziali della delirante mozione europea dettata da Washington e dalla Nato: Leggendo all’interno della mozione approvata dal parlamento Europeo, oltre alla conferma del rinnovamento delle sanzioni verso la Russia vi si possono trovare alcuni punti che di sicuro raffredderanno ulteriormente i rapporti con Mosca e faranno alzare il livello di tensione generale:
-Al punto 5 “ Si condanna energicamente la politica definita aggressiva ed imperialista della Russia, che costituisce una minaccia per l’unità e l’indipendenza dell’Ucraina e rappresenta una minaccia potenziale per l’Unione Europea.”
– Al punto 6 “Si richiede la continuazione dell’odierno regime sanzionatorio dell’Unione Europea in particolare in occasione dell’imminente incontro del Consiglio del marzo 2015, dal momento che la Russia non rispetta e manca di aderire pienamente alle obbligazioni assunte, e sollecita la Commissione ad individuare strumenti per aumentare la solidarietà degli stati membri in caso di cronicizzarsi della crisi con la Russia.”
– Al punto 11 “Si ricorda che il 16 luglio il Consiglio dell’Unione Europea ha revocato l’embargo di armi nei confronti dell’Ucraina e che, conseguentemente, al momento non ci sono riserve, e nemmeno restrizioni legali, a che gli Stati Membri forniscano armi difensive all’Ucraina, la cui fornitura potrebbe essere basata su un accordo di affitti e prestiti.”
Al punto 13 “Si ritiene che l’ UE debba esplorare tutti i modi per sostenere il governo ucraino a migliorare le sue capacità di difesa e di protezione dei suoi confini esterni, e che ciò sia possibile solo dalla trasformazione delle forze armate aderenti all’ex Patto di Varsavia verso un esercito che sia vicino ai membri dell’Unione Europea ed in particolare da inquadrare all’interno dei piani di addestramento e armamento già previsti e in atto.
– Al punto 19 “Si sottolinea che, fra i progetti energetici, la priorità deve essere assegnata a quelli che diversificano le forniture e accoglie con soddisfazione l’interruzione del progetto South Stream.” ( Nota: il South stream sarebbe dovuto diventare la nuova linea di gasdotto che passando dall’Italia avrebbe dovuto rifornire di gas tutta l’Europa del Sud e parte dell’Europa centrale)
La risoluzione sulla situazione in Ucraina, approvata dal PE il 15 gennaio segna una serie di record assoluti di tutta la storia parlamentare europea.
1)Record di ipocrisia.
2)Record di menzogna.
3)Record di doppiopesismo.
4)Record di prepotenza.
5) Record di irresponsabilità
Chi è curioso vada a vedere come hanno votato i deputati italiani (sul sito del PE). Vedrai che sorprese!
Esempio del punto 1, (ipocrisia), ad esempio: leggi il considerando A, che definisce valide le elezioni "nel - non ridete - rispetto generale delle libertà fondamentali". Non hanno visto i candidati gettati nei cassonetti. Non si sono accorti del pogrom di Odessa.
Esempio del punto 2, (menzogna): tutte le colpe sono dei separatisti, leggi il considerando D; o della Russia, leggi i consideranda G e F.
Esempio del punto 3, (doppiopesismo): condanna degli atti di terrorismo dei separatisti nell'Ucraina orientale e in Crimea (punto 1) dimenticando totalmente che dalla parte ucraina agiscono battaglioni privati di nazisti e nazionalisti ultra che massacrano i russi.
Esempio del punto 4, (prepotenza): là dove si applaude alla rinuncia dell'Ucraina allo status di paese non allineato. Evviva, tra poco entrerà nella Nato!
Esempio del punto 5, (irresponsabilità): richiesta di proseguimento dell'attuale regime di sanzioni contro la Russia (punto 7). Sono solo alcuni esempi.
Infine , il colmo dell'impudenza, inqualificabile, cialtronesco: Il Parlamento Europeo "riconferma il proprio sostegno ai fini dell'inchiesta internazionale sull'abbattimento del volo MH17 delle Malaysian Airlines". Non sanno, poveretti, che c'è una quaterna, o quadriglia, o quartetto, di paesi, due dei quali europei (Olanda e Belgio), uno quasi europeo (Ucraina), più Australia, che si sono auto-riservati il diritto di nascondere i risultati dell'inchiesta.
Quanto basta per considerare molto pericolosa l'attuale maggioranza dei Parlamento Europeo. Quelli sono pronti ad avallare qualsiasi golpe, incluso un golpe nazista. Anzi questo lo hanno già avallato.
da www.avante.pt | Traduzione di Marx21.it
Il 15 gennaio il Parlamento Europeo ha approvato una mozione in 28 punti (www.pressenza.com), che suona come una dichiarazione di guerra alla Russia e di sostegno esplicito sia al governo nazional-fascista che si è insediato in Ucraina in seguito a un vero e proprio colpo di Stato che, persino (con la richiesta di supporto militare all'esercito ucraino), al genocidio che le autorità di Kiev stanno compiendo nelle regioni del Donbass (punto 11 e 13 della mozione). Un documento che sembra ricalcare quello qualche tempo fa approvato dal Congresso degli Stati Uniti. Mentre era scontato il voto delle forze conservatrici e socialdemocratiche, una certa sorpresa ha destato invece la spaccatura che è avvenuta tra i parlamentari del GUE/NGL (il gruppo unitario che raccoglie la maggior parte dei partiti comunisti e della sinistra continentale), diversi dei quali hanno preferito astenersi (come, tra gli altri, l'italiano Curzio Maltese e tutti gli appartenenti al partito greco di Syriza) o esprimere parere favorevole, come nel caso di molti eletti della Die Linke tedesca e di Barbara Spinelli, la più nota tra gli esponenti della “lista Tsipras” italiana (www.votewatch.eu).
A respingere i contenuti vergognosi della mozione è stata anche Ines Zuber, parlamentare comunista portoghese, che, alla vigilia del dibattito, aveva scritto questa nota, da noi pienamente condivisa.
Mauro Gemma
Questa settimana sarà commemorato, al Parlamento Europeo, il 70° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Quasi contemporaneamente ci sarà la discussione sulla situazione in Ucraina. Da un lato si dirà che non accetteremo più il terrore fascista. Dall'altro, si appoggerà il terrore fascista, travestito da “transizione democratica”. L'esperienza ci insegna che la versione falsificata della storia, così spesso propagandata, quasi si trasforma in verità.
Ciò che è accaduto nel febbraio del 2014 in Ucraina non è stata una vittoria delle forze popolari che, giustamente, rivendicavano migliori condizioni di vita, abituate come sono ad essere governate da oligarchie ora del Partito delle Regioni ora delle “rivoluzioni arancioni”. Ciò che è accaduto è stata la costruzione e la promozione, da parte di USA e UE – e manipolando il giusto malcontento della popolazione ucraina – di un colpo di Stato promosso dalle “marionette” più utili in quel momento. - i settori dell'estrema destra di matrice fascista e neo-nazista (Svoboda e Settore di Destra). Questa non è una supposizione. Gli USA hanno ammesso il finanziamento del “movimento” con cinque milioni di dollari, sono state pure rese note le conversazioni telefoniche dell'ambasciata degli Stati Uniti a Kiev a proposito dei “cavalli” su cui scommettere e l'indifferenza di Catherine Ashton, vice-presidente della Commissione Europea, quando fu allertata dall'allora ministro estone degli Affari Esteri sul fatto che era forte l'evidenza che gli spari di franchi tiratori sul Majdan non provenivano da forze governative ma da forze del “movimento” appoggiato e promosso da USA e UE.
E' importante anche non dimenticare che USA e UE hanno cominciato a demonizzare il presidente ucraino deposto Yanukovich solamente quando egli si è rifiutato di firmare l'Accordo di associazione tra l'Ucraina e l'UE e “ha osato” chiedere aiuto finanziario alla Russia. E' stato innanzitutto l'interesse di costoro a firmare accordi – come, del resto, hanno fatto dopo il colpo di Stato – a legare l'Ucraina ai meccanismi di dipendenza economica e politica nei confronti delle troike interne alla UE, che impongono tagli salariali, tagli dei diritti sociali, alienazione delle risorse naturali e dell'apparato produttivo nazionale, privatizzazione di importanti settori pubblici, e creazione di una zona di libero commercio in cui l'Ucraina viene a trovarsi in condizioni estremamente svantaggiose. Giorni fa Juncker ha annunciato un “aiuto” aggiuntivo di 1,8 milioni di euro a Kiev, che avrà come contropartita l'espropriazione delle sue ricchezze.
Ciò che oggi è stato avviato è il processo di fascistizzazione dello Stato dell'Ucraina. I partiti fascisti, ultra-nazionalisti e di estrema destra controllano milizie private che seminano il terrore, la repressione e la violenza – anche attraverso assassini – tra tutti coloro che sfidano le autorità di Kiev, e controllano posizioni-chiave nei servizi di polizia e nei servizi segreti. Il Partito Comunista di Ucraina si trova sotto la minaccia di messa fuori legge, in un processo giudiziario che è iniziato in piena campagna per le elezioni dell'ottobre scorso, che l'OSCE considera essersi svolte in modo positivo. Da poche settimane è stato approvato un progetto di legge nel Parlamento ucraino che pretende di criminalizzare e mettere fuori legge l'ideologia e i simboli comunisti. La popolazione del Donbass e i patrioti ucraini che resistono alla fascistizzazione dell'Ucraina – volgarmente descritti nei media dominanti come “terroristi filo-russi”, definizione che è condivisa da USA e UE – sono diventati il bersaglio di una guerra genocida.
Ciò che è in causa con la situazione ucraina è il consolidamento del progetto di accerchiamento della Russia che la NATO sta mettendo in pratica e soprattutto, negli ultimi tempi, con la crescente dislocazione di mezzi ed effettivi militari della NATO nell'Europa dell'Est. Il dominio politico, economico e militare dell'Ucraina mira all'utilizzo di questo paese nella strategia della tensione e del confronto aperto con la Russia, il che comporta enormi potenziali pericoli per la sicurezza a livello mondiale.
In conclusione, è evidente che solo una soluzione politica potrà mettere fine alla crisi ucraina. Ma per garantire la pace, la sovranità, la democrazia e il progresso sociale in Ucraina è necessario che il dialogo si realizzi direttamente tra le due parti in conflitto, riconoscendo lo statuto di parte belligerante e il diritto di resistenza alle forze del Donbass che lottano contro la fascistizzazione del paese dopo un colpo di Stato. E' necessario che questo processo di dialogo sia centrato sulle rivendicazioni economiche e sociali delle popolazioni. Senza tali condizioni, non ci sarà pace ma solo imposizione.
Pubblichiamo la precisazione di Barbara Spinelli sulla mozione antirussa votata dal parlamento europeo :
Purtroppo l'approvazione di quella risoluzione non ha permesso al GUE di votare la propria mozione (B8-0027/2015) che difendeva una linea diametralmente opposta e che resta agli atti.
La tesi di chi accusa Spinelli e la Linke di appoggio alla mozione maggioritaria rimanda a una pagina del sito indipendente www.votewatch.eu. Quella pagina riporta dati corretti, registrando la divisione all'interno del GUE su dei singoli emendamenti alla risoluzione approvata, ma non sulla risoluzione stessa.
Tutti gli emendamenti presentati dal GUE/NGL sono stati bocciati dal Parlamento europeo. Le differenze all'interno di ciascun gruppo parlamentare sugli emendamenti non sono infrequenti, soprattutto quando si discutono argomenti particolarmente drammatici. Ben altra rilevanza avrebbe la divisione sul voto finale, che tuttavia non c’è stata. Ed è bene che non ci sia stata, alla luce dell'offensiva militare che il governo di Kiev ha lanciato in questi giorni nell'Est dell'Ucraina. >>
Bryan Macdonald | globalresearch.ca
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
12/01/2015
Il Primo ministro dell'Ucraina Arseniy Yatsenyuk ha dichiarato, alcuni giorni fa, che fu l'Unione Sovietica ad invadere la Germania e l'Ucraina nella Seconda guerra mondiale. Nonostante i tentativi della stampa occidentale di seppellire la storia, la Russia ora chiede risposte da Berlino.
Niente è più assordante del silenzio. Lo so io, come lo sapete voi e si può essere certi che Angela Merkel lo sappia fin troppo bene. Perché allora è il governo della Cancelliera rifiuta di commentare le strabilianti osservazioni di Yatsenyuk? Le ragioni sono composite, come cercherò tra breve di spiegare.
Prima però, ecco l'esatta citazione di Yatsenyuk: "Tutti noi ricordiamo ancora chiaramente l'invasione sovietica di Ucraina e Germania - ha detto all'emittente di Stato tedesca ARD - E' da evitare [che si ripeta]". "Nessuno ha il diritto di riscrivere gli esiti della Seconda guerra mondiale - ha ancora aggiunto - e il Presidente russo Putin sta cercando di fare proprio questo".
Appena letto il tweet, ero convinto fosse uno scherzo, data la tanta disinformazione circolante sulla piattaforma e l'ho respinto automaticamente come citazione non appropriata. Sicuramente un politico di alto livello non dice una cosa del genere. Solo 24 ore più tardi però, mi sono reso conto che in realtà era stato proprio Yatsenyuk a pronunciare quelle parole.
Arseniy Yatsenyuk, apparentemente selezionato con cura per il posto di Primo ministro dalla diplomatica statunitense Victoria Nuland [1], crede che l'URSS abbia invaso la Germania nella Seconda guerra mondiale. Ciò contrasta la narrazione universalmente accettata che nella realtà la Germania abbia prima attaccato i sovietici con l'Operazione Barbarossa e, dopo aver respinto l'attacco, le forze sovietiche sono infine entrate a Berlino dove hanno incontrato le altre potenze liberatrici, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Naturalmente, alcuni affermano che quello di Yatsenyuk sia stato un lapsus. Ma questa è una sciocchezza perché in effetti l'unica cosa a cadere è stata la sua maschera. Ho sentito già in precedenza commenti simili in Ucraina occidentale, la terra del Primo ministro. Yatsenyuk proviene da Chernivsti, ampiamente considerata la seconda capitale culturale della regione, dopo Lvov, da molti vista come la roccaforte nazionalista.
Qualcosa di interessante era solito avvenire in Ucraina ogni 9 maggio (anniversario della resa tedesca nel 1945). Kiev, Kharkov, Odessa, Donetsk, Dnipropetrovsk e tutte le altre grandi città, tranne una, celebrano la sconfitta dei nazisti. Molti a Lvov non hanno mai guardato troppo bene a questa data. Infatti, nel 2011, alcuni "patrioti" locali hanno attaccato un piccolo nucleo di veterani che commemoravano l'occasione [2].
La ragione di questo sentimento è semplice. Gli ucraini occidentali credono di aver perso la guerra. La loro parte è stata sconfitta. In parole povere, Yatsenyuk è solo un prodotto del suo ambiente. Tuttavia, questa volta ha espresso pubblicamente un'opinione che probabilmente in precedenza era riservata ai discorsi privati. E' possibile che pensasse che il pubblico tedesco avrebbe potuto trovarsi in sintonia con la sua posizione. Se è stato così, ha compiuto un enorme errore di lettura del popolo tedesco.
Gli standard dei libri di storia negli Usa e in Europa occidentale danno agli studenti l'impressione che la Seconda guerra mondiale in Europa sia stata una lotta tra Germania, Unione Sovietica, Francia e Regno Unito, con gli Stati Uniti a farsi coinvolgere nel conflitto successivamente. Gli altri paesi in cui è stata combattuta la guerra sono, in gran parte, considerati vittime della Germania. Questo è semplicistico. In realtà, la Germania non era da sola a invadere l'Unione Sovietica nel 1941. Anche le forze di Romania, Finlandia, Italia, Ungheria e Slovacchia hanno preso parte all'operazione ed elementi ucraini occidentali collaborarono con la macchina da guerra hitleriana. La differenza tra Ucraina e, per esempio, Slovacchia è che gli slovacchi giunsero a capire che il loro comportamento era sbagliato durante la guerra. Il leader filo-nazista, Jozef Tiso, è giustamente vituperato dalla stragrande maggioranza delle persone a Kosice e Bratislava. Tuttavia, in Ucraina occidentale, al loro capo Stepan Bandera, accolito di Hitler, è accordato il titolo di "eroe". In effetti, c'è una sua statua gigantesca di fronte alla stazione ferroviaria principale di Lvov.
Il riguardo ucraino per reliquie del passato nazista è sia imbarazzante, che preoccupante per la Germania. Sono convinto che la Merkel spesso abbia desiderato dai suoi alleati la ricerca di uno Stato cliente più ragionevole per fungere da antagonista verso la Russia. Il rifiuto dell'Ucraina di affrontare il proprio passato a testa alta è una piaga infetta per i diplomatici europei.
Proprio questa settimana, il Presidente ceco, Milos Zeman, è stato coinvolto in una discussione con giovani studenti ucraini sostenitori di Bandera. "Siete a conoscenza della dichiarazione di Bandera: «Devi uccidere ogni persona polacca tra i 16 ed i 60 anni di età»? Se dite di non saperlo, allora che razza di studiosi di cose ucraine siete?", ha scritto.
E Zeman prosegue: "Voglio dirvi che Bandera ha voluto fare dell'Ucraina uno stato vassallo della Germania... non posso congratularmi con un Paese che ha simili 'eroi nazionali'".
Questo spiega anche il silenzio dei media tedeschi sulle parole di Yatsenyuk. Se il pubblico tedesco fosse stato reso pienamente consapevole di ciò che l'ospite da Kiev aveva dichiarato, si sarebbe indignato. Tanto che la Merkel si sarebbe sentita in dovere di ritirare il sostegno all'Ucraina.
Se i commenti di Yatensyuk fossero stati ampiamente diffusi, avrebbero incoraggiato i revisionisti, che purtroppo non mancano, in Germania e altrove.
Così, quando sembrava che la storia dovesse finire lì, il ministero degli Esteri russo è intervenuto chiedendo a Berlino di definire la sua posizione ufficiale sulla verbosità di Yatsenyuk. La risposta, ammesso che arrivi, sarà da raccontare.
Dopo il voto della Rada sulla rinuncia allo status di Paese fuori dai blocchi, la Giunta al potere a Kiev compie un altro passo, casomai qualcuno non l'avesse intesa, sulla strada dell'aperta democratizzazione, intesa alla maniera di Stepan Bandera.
Secondo notizie d'agenzia, la Corte d'Appello di Kiev ha rinviato al Tribunale di primo grado il caso della proibizione del Partito Comunista d'Ucraina. In tal modo, scrivono le agenzie, è stata annullata la sentenza del Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev sulla sospensione del procedimento.
La decisione sarebbe stata presa dopo l'esame del ricorso da parte del Ministero della Giustizia e del Servizio di Registrazione di Stato. Lo scorso 8 luglio, infatti, il Ministero della Giustizia aveva avviato una causa presso il Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev per il divieto delle attività del Partito Comunista d'Ucraina, sulla base di una “documentazione di attività illegali dei comunisti” e di “partecipazione diretta dei rappresentanti del Partito Comunista alle azioni di guerra contro le forze ucraine”, presentata dal Ministro della Giustizia Pavel Petrenko.
Il 5 novembre scorso, tuttavia, la Corte distrettuale amministrativa di Kiev aveva sospeso l'esame della richiesta di divieto delle attività del PCU, fino a quando il tribunale non avesse esaminato le querele a sua volta presentate dallo stesso PCU contro il Ministero della Giustizia e il Servizio statale di registrazione.
Sempre nel luglio scorso, la Procura generale e il Servizio di Sicurezza dell'Ucraina avevano avviato 308 procedimenti penali contro i membri del Partito Comunista ucraino. Secondo le accuse, i comunisti erano sospettati "di sostenere l'annessione della Crimea e la creazione delle Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk”.
Il vice Ministro della Giustizia Igor Alekseev aveva detto che in tribunale erano state fornite "prove inconfutabili" a conferma che "i vertici del Partito Comunista e i suoi esponenti locali erano intervenuti a sostegno del movimento separatista nelle regioni orientali."
Il 24 luglio era stata sciolta la frazione del Partito Comunista alla Rada. "Il gruppo comunista contava 33 deputati; 10 ne sono usciti, così che ora non ci sono sufficienti deputati per il funzionamento della frazione. Sciogliendo la frazione, abbiamo corretto un errore storico. Spero che non ci sarà più ideologia comunista nella nostra società" aveva detto l'allora speaker della Rada e attuale Segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale, nonché capo della frazione parlamentare del "Fronte Popolare", Alexander Turcinov.
E una decina di giorni fa, poi, era stato portato all'OdG della Rada un disegno di legge per vietare la propaganda dell'ideologia comunista. Primo firmatario dell'iniziativa, ancora l'ex speaker della Rada Turcinov. Lo stesso Turcinov che, secondo le recenti dichiarazioni del deposto presidente ucraino Janukovic, sarebbe il diretto responsabile (era allora Presidente ad interim dell'Ucraina) dell'avvio delle azioni di guerra contro la popolazione del Donbass.
Secondo il testo del disegno di legge, firmato anche dai rappresentanti dei cinque partiti della Giunta di governo, la coalizione parlamentare in Ucraina intende vietare la propaganda comunista e anti-ucraina – insieme, teoricamente, a quella nazista e fascista tornate invece in gran voga - in qualsiasi forma. Uno degli obiettivi è anche "il completamento della decomunistizzazione di tutte le sfere della vita pubblica" dell'Ucraina affermano gli estensori del provvedimento.
Da parte sua, il Presidente della Repubblica di Donetsk Aleksandr Zakharcenko ha annunciato che i corpi dei soldati governativi morti nella battaglia per l'aeroporto cittadino verranno restituiti alla parte ucraina e anche i militari fatti prigionieri saranno consegnati alle famiglie. Nei giorni scorsi infatti, su insistenza del Presidente del Consiglio nazionale di difesa ucraino ed ex speaker della Rada, Aleksandr Turcinov, il presidente Petro Poroshenko ha gettato l'esercito all'attacco dell'aeroporto di Donetsk.
Secondo lo stesso Basurin, l'improvvisazione e la mancanza di preparazione degli attaccanti avrebbe causato la morte di oltre 200 soldati e il ferimento di altri trecento, oltre che la perdita di un'ottantina di mezzi corazzati e la cattura di numerosi combattenti da parte delle forze armate della Repubblica Popolare di Donetsk. Le milizie lamentano la perdita di 16 uomini e il ferimento di oltre 20. Sempre Basurin parla anche di oltre trenta civili uccisi da raid aerei ucraini (negati da Kiev) su Gorlovka, dove in precedenza si era avuta notizia di due morti, alla fermata cittadina di un autobus.
Intanto, mentre si attendono le conclusioni della riunione straordinaria dell'Osce dedicata specificamente all'Ucraina, il Ministero degli esteri russo conferma la partecipazione del Ministro Sergej Lavrov all'incontro a Berlino del cosiddetto Gruppo di Contatto secondo il “formato di Normandia” (Francia, Germania, Russia e Ucraina), in programma per oggi, mercoledì 21 gennaio.
Nessuna novità di rilievo invece da Kiev, considerando che le ultime notizie seguono perfettamente la linea tracciata da tempo dalle autorità golpiste sulla scia del redivivo Stepan Bandera: il Ministero per l'istruzione ha annunciato che sui manuali di storia a uso scolastico, d'ora in poi l'Urss verrà qualificata come potenza “occupante”. Il periodo postbellico sarà definito come “occupazione sovietica”; la Grande guerra patriottica (così veniva definita in epoca sovietica e lo è tuttora in Russia e in altri paesi dell’ex Urss; ma in Ucraina la si reputa una formula “propagandistica staliniana”) diventerà semplicemente Seconda guerra mondiale e l'organizzazione nazionalista fascista OUN-UPA diventerà un “combattente contro il nazismo”. Poco importa che gli attuali continuatori delle gesta efferate – contro soldati sovietici, contro ebrei e contro ucraini stessi – delle truppe di Bandera sventolino oggi proprio le insegne hitleriane. Inoltre, la liquidazione postbellica dei rimasugli di OUN-UPA che avevano collaborato coi nazisti viene definita come “lotta fratricida”. Di seguito, i nuovi manuali non conterranno più la frase “liberazione dagli occupanti fascisti” e al suo posto apparirà la “cacciata degli occupanti nazisti dall'Ucraina”. Si sottintende con ciò che, con la fine dell'occupazione nazista, nel 1944, l'Ucraina non rimase libera, ma si ritrovò a essere occupata da un altro oppressore. Così, i prossimi 8 e 9 maggio, giorni in cui in tutti i Paesi dell'ex Unione sovietica si ricorda la vittoria sulla Germania nazista, in Ucraina si festeggeranno il “Giorno del ricordo e della pacificazione” e il “70mo della fine della guerra in Europa”. Il finale è che “L'Ucraina è divenuta libera solo il 24 agosto del 1991, con la fine dell'Unione sovietica”.
Ma il vero finale della giunta golpista e delle sorti dell'Ucraina appare oggi tutto da scrivere.
I portabandiera della libertà
di Manlio Dinucci
Ha firmato il libro delle condoglianze per le vittime dell’attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo e, definendolo «un oltraggioso attacco alla libertà di stampa», ha dichiarato che «il terrorismo in tutte le sue forme non può essere mai tollerato né giustificato». Parole giuste se non fossero state pronunciate da Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, l’organizzazione militare che usa come metodico strumento di guerra l’attacco terroristico contro le redazioni radiotelevisive.
Quello contro la radiotelevisione serba a Belgrado, colpita da un missile Nato il 23 aprile 1999, provocò la morte di 16 giornalisti e tecnici. Lo stesso ha fatto la Nato nella guerra di Libia, bombardando nel 2011 la radiotelevisione di Tripoli. Lo stesso nella guerra di Siria, quando nell’estate 2012 combattenti addestrati e armati dalla Cia (negli stessi campi da cui sembra provengano gli attentatori di Parigi) hanno attaccato stazioni televisive ad Aleppo e Damasco, uccidendo una decina di giornalisti e tecnici.
Su questi attacchi terroristici è calato in Occidente un quasi totale silenzio mediatico, e praticamente nessuno è sceso in piazza con le foto e i nomi delle vittime. All’attentato contro Charlie Hebdo è stata invece data una risonanza mediatica mondiale. E, facendo leva sul naturale sentimento di condanna per l’attentato e di cordoglio per le vittime, Charlie Hebdo è stato assunto da un vasto arco politico a simbolo di lotta per la libertà. Ignorando il discutibile ruolo di questa rivista che, con le sue vignette «dissacranti», si collocherebbe «alla sinistra della sinistra».
Nel 1999 il direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, sostiene con una serie di editoriali e vignette la guerra Nato contro la Iugoslavia, paragonando Milosevic a Hitler e accusando i serbi di compiere in Kosovo dei «pogrom» simili a quelli nazisti contro gli ebrei.
Stessa linea nel 2011 quando Charlie Hebdo (pur non essendoci più Philippe Val alla direzione) contribuisce a giustificare la guerra Nato contro la Libia, dipingendo Gheddafi come un feroce dittatore che schiaccia sotto gli stivali il suo popolo e fa il bagno in una vasca piena di sangue.
Stessa linea dal 2012 nei confronti della Siria quando Charlie Hebdo, rappresentando il presidente Assad come un cinico dittatore che schiaccia donne e bambini sotto i cingoli dei suoi carrarmati, contribuisce a giustificare l’operazione militare Usa/Nato.
In tale quadro si inserisce la serie di vignette con cui la rivista ridicolizza Maometto. Anche se essa fa satira allo stesso tempo su altre religioni, le vignette su Maometto equivalgono ad altrettante taniche di benzina gettate sul terreno già infuocato del mondo arabo e musulmano.
E appaiono ancora più odiose agli occhi di grandi masse islamiche perché a ridicolizzare la loro religione e la loro cultura sono degli intellettuali parigini, immemori del fatto che la Francia assoggettò al suo dominio coloniale interi popoli, non solo sfruttandoli e massacrandoli (solo in Algeria oltre un milione di morti), ma imponendo loro la propria lingua e cultura. Politica che Parigi prosegue oggi in forme neocoloniali.
Non c’è quindi da stupirsi se, nel mondo arabo a musulmano che ha in maggioranza condannato gli attacchi terroristici di Parigi, dilagano le proteste contro Charlie Hebdo. A coloro che in Occidente ne fanno la bandiera della «libertà di stampa», va chiesto: che cosa fareste se trovaste affisse per strada vignette porno su vostro padre e vostra madre? Non vi arrabbiereste, non la definireste una provocazione? Non pensereste che dietro c’è la mano di qualcuno che cerca di aprire una guerra con voi?
(dalla rubrica "L'arte della guerra", su il manifesto del 20 gennaio 2015)
http://www.repubblica.it/esteri/2014/12/03/news/incidente_a_centrale_nucleare_in_ucraina_sudorientale_ministro_energia_nessun_pericolo_aiea_nessun_commento-102029270/
By Tony Cartalucci - New Eastern Outlook / Global Research, May 17, 2014
Kiev avrebbe nascosto la gravità dell'incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhya (22/12/2014)
Elespiadigital rivela che hacker ucraini hanno scoperto la scioccante verità circa l'incidente nella centrale nucleare di Zaporizhzhya, nel sud-est dell'ucraina: livelli di radiazione 14,6 volte superiori a quelli consentiti dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Secondo i documenti sottratti dagli hacker, il giorno dell'incidente attorno alla centrale sono stati raggiunti livelli di radiazione 14,6 volte il limite consentito. Questo contraddice le dichiarazioni dei funzionari di Kiev e le relazioni dei media ucraini, che devono ancora far luce sulle vere cause che hanno indotto a disattivare il terzo reattore della centrale.
A peggiorare le cose, i documenti indicano che il governo ucraino avrebbe vietato alla stampa di parlare dell'incidente nucleare che potrebbe mettere in pericolo la popolazione di gran parte d'Europa. Una nuova "Chernobyl"?
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=11&pg=9900
Source: Hackers ucranianos revelan que Kiev ocultó la gravedad del accidente en la central nuclear de Zaporizhzhya (21/12/2014)
http://www.elespiadigital.com/index.php/noticias/historico-de-noticias/7878-hackers-ucranianos-revelan-que-kiev-oculto-la-gravedad-del-accidente-en-la-central-nuclear-de-zaporizhzhya
Seconda puntata del reportage nel paese dell’Europa orientale dilaniato ormai da mesi da un conflitto che, in barba alle tregue dichiarate, continua a mietere fame, morte e distruzione. Dopo Slovianks e Kiev, ilfattoquotidiano.it ha visitato una delle due province ribelli che, in risposta alla rivolta di Euromaidan, hanno dichiarato unilateralmente la propria indipendenza scatenando la reazione militare del governo ucraino: la Repubblica popolare di Lugansk, proclamata tale il 27 aprile 2014. Dalla “Capitale” ai suoi sobborghi, come Novosvetlovka, fino alla linea del fronte a Pervomajsk lo scenario è sempre quello: distruzione sistematica di scuole, ospedali, abitazioni residenziali, acquedotti e linee elettriche. “E la chiamano operazione antiterrorismo”, accusa Anrej, soldato dell’Armata dei Cosacchi del Don, una delle milizie che sta combattendo contro le forze ucraine. Gli fa eco il suo generale, Pavel Drjomov: “Kiev vuole il nostro territorio, per questo sta facendo terra bruciata”. La prospettiva di una pacificazione e di una soluzione diplomatica alla crisi non viene nemmeno presa in considerazione. “Dopo i crimini commessi dagli ucraini è impossibile”, dicono tutti, militari e civili. Quindi avanti tutta verso l’indipendenza, con l’aiuto logistico, umanitario e militare della madrepatria: la Russia, che nel Donbass è rimasta ancora Unione sovietica. Tant’è che il l’attuale conflitto viene percepito dai miliziani come una prosecuzione della “Grande guerra patriottica“, la Seconda guerra mondiale, combattuta “contro i nuovi nazisti“: non più tedeschi, ma, secondo loro, americani e ucraini. “Maidan è scoppiata all’inizio per avere un sistema sociale più giusto. Che però non è quello dell’Ue, ma è l’Urss“, ricorda malinconicamente Adrej...
di Lorenzo Galeazzi e Vauro Senesi - un ringraziamento a Eliseo Bertolasi per la logistica e a Anna Lesnevskaya per le traduzioni
Guardano con 'simpatia' agli inizi della rivoluzione di Maidan: "Poi sono state le oligarchie filo occidentali a strumentalizzarla trasformandola in scontro xenofobo e fascista". E il loro obiettivo è "ricominciare a ricostruire scuole, ospedali gratuiti"...
18 dic 2014 – Non c’è solo il Medio Oriente, il vignettista ricorda un altro conflitto alle porte dell’Europa tra filorussi e truppe regolari ucraine. Anche in Ucraina sboccia il fondamentalismo, come tra le fila del battaglione Azov che combatte con la croce uncinata nazista…
Una seconda Chernobyl minaccia l'Europa
di Eliseo Bertolasi
Lo scorso 30 dicembre Mosca, il sito ufficiale del Ministero degli Affari esteri, ha lanciato un allarme riguardo ai rischi di una possibile catastrofe nucleare in Ucraina: il Primo Ministro ucraino Jazenjuk ha firmato un accordo con una società americana per la fornitura di combustibile nucleare per le centrali nucleari ucraine. Combustibile che, a detta degli scienziati, sarebbe incompatibile con le centrali ucraine. Si prospetta una nuova Chernobyl, dicono da Mosca
Non tutto il combustibile è uguale
Un rischio sistemico
Una vera emergenza
Voci critiche dall'Ucraina
L'autore
Ucraina: ennesimo incidente tra le centrali nucleari
di Eliseo Bertolasi
Nella notte del 15 gennaio, un incendio ha interessato la centrale nucleare sud-ucraina della città di Nikolaev. La notizia, data dall'ufficio stampa del Dipartimento di Stato ucraino è solo l'ultima di una lunga serie.Da quando la società statunitense Westinghouse sta cercando di utilizzare il proprio combustibile nucleare sui reattori di progettazione sovietica presenti in Ucraina, questi incidenti si succedono con inquietante frequenza
NOME E COGNOME DELL'AVIERE UCRAINO CHE HA ABBATTUTO IL VOLO MH17
"Momento della verità", trasmissione del canale 5 russo, condotta da Andrei Karaulov, ha aperto diverse pagine fino ad ora sconosciute. Da chi ha avuto le informazioni Karaulov non viene detto. Ma lui stesso sfida gli eventuali contestatori: "Che mi interroghi la Commissione Internazionale che indaga sull'abbattimento del Boeing". Affermazioni, dunque, da verificare, ma troppo nette per poter essere gettate nel cestino come dei "si dice". Vediamo se, da chi e come saranno smentite. Intanto eccole, qui riassunte:
1) Quella mattina dei 17 luglio era in volo nello spazio aereo ucraino una intera squadriglia dell'aviazione ucraina. Se ne conosce il numero: la 229-esima, composta da numero quattro Sukhoi-25, di cui si conoscono i numeri dipinti sulla fusoliera: 06, 07,08, 38.
2) Il Boeing malaysiano è stato abbattuto dal Sukhoi-25 che portava il numero 08.
3) Il pilota che lo guidava era il vice colonnello Dmitro Jakazuz. Che il giorno dopo il massacro è partito alla volta degli Emirati Arabi Uniti. Secondo le affermazioni di Karaulov, si trova ancora da quelle parti. Sempre che sia ancora vivo.
4) Il controllore di volo che, da Kiev, seguiva gli eventi quella mattina si chiama Anna Petrenko. Dalle pagine Facebook che la riguardano si vedono le foto con il suo fidanzato, di Settore Destro. Ma questo è il meno. Il giorno 18 luglio, successivo all'abbattimento del Boeing, Anna Petrenko è partita per le ferie. Che continuano a tutt'oggi (sempre che sia ancora viva). Non risulta che la Commissione Internazionale d'inchiesta abbia cercato di interrogarla.
Conclusione provvisoria. Fin d'ora si può dire che l'Occidente sta superando se stesso nel vortice delle menzogne. In difesa di un gruppo di criminali portati al potere da un colpo di stato guidato da squadre naziste, finanziate dagli Stati Uniti d'America, e sostenute da alcuni paesi europei, come la Polonia e la Lituania.
Fonte: pagina FB "Fronte Sud", 3/12/2014
https://www.facebook.com/southfrontital/posts/679491385503102
ecco finalmente il FAMOSO VIDEO della BCC Russia che dimostra che il volo MH17 e' stato ABBATTUTO DA I CACCIA DI KIEV.
CENSURATO IL GIORNO DOPO.
PandoraTv l'aveva mostrato e ora si sono presi una denuncia !!!
Ecco la spiegazione di Pandora Tv
http://www.youtube.com/watch?v=f3UpgxLZDFE
Ecco il video integrale della BBC in Russo sottotitolato in inglese.
http://www.youtube.com/watch?v=rVdwUdlswOY
Qualche volta la BBC dice la verita' anche se solo per un giorno.
La saga delle menzogne sulla 'Ustica ucraina' è sempre di più la metafora della fine della illusione democratica del mondo occidentale…
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113082&typeb=0&MH17-l-agonia-di-una-menzogna
PTV News 10 dicembre 2014 – MH17. Cosa hanno da nascondere? / L’Europa può rinunciare al South Stream?
http://www.pandoratv.it/?p=2478
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=L6_5xZSaWYU
PTV News – speciale – MH17: spunta un testimone oculare
http://www.pandoratv.it/?p=2475
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=3s3yJgFxfhE
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=yKigr2PRHeY
Nel pomeriggio, circa un'ora prima dell'abbattimento del "Boeing", erano stati fatti decollare 3 bombardieri. Non ricordo l'ora precisa. Un aereo era dotato di missili "aria-aria". Era un Su-25", - ha detto la fonte rimasta nell'anonimato al giornale.
Quel giorno tornò alla base solo il bombardiere dotato dei suddetti missili, mentre gli altri 2 aerei da guerra erano stati abbattuti. Il bombardiere non aveva munizioni e il pilota, che il testimone ha indicato con le generalità Vladislav Voloshin, era "molto spaventato". "Aveva forse paura di essere punito per aver abbattuto il "Boeing", confuso probabilmente per un aereo militare nemico, "- ha dichiarato la fonte.
Il testimone ha inoltre raccontato che i missili installati sul “Su-25” in precedenza erano stati disattivati, ma una settimana prima dello schianto del "Boeing" erano stati rimessi in funzione "con urgenza".
L'interlocutore del giornale non esclude che il pilota possa aver confuso il "Boeing" con un caccia. "La distanza era grande, non era in grado di vedere esattamente che tipo di aero fosse," - ha detto, spiegando che questo tipo di missili hanno una gittata fino a 10 chilometri.
Il Boeing 777 della compagnia aerea Malaysia Airlines, partito da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur, si è schiantato il 17 luglio nei pressi di Donetsk. A bordo si trovavano 298 персоне: non c'è stato alcun superstite. Le autorità di Kiev hanno accusato le milizie separatiste di aver provocato il disastro, a loro volta i filorussi hanno dichiarato di non aver mai avuto armi per abbattere un aereo di linea in quota di volo.
Fonte: http://italian.ruvr.ru/news/2014_12_23/Nei-media-pubblicate-prove-coinvolgimento-Ucraina-in-abbattimento-Boeing-malese-4149/
Un testimone parla con i giornalisti della Komsomolskaja Pravda. Ha visto il pilota che ha abbattuto il Boeing malaysiano. Lo conosceva e ne conosce il nome: un capitano, di nome Voloshin. Ha visto il Su-25 che prendeva il volo con missili aria-aria sotto le ali, tornare a terra senza quei missili. Aeroporto di partenza: vicino a Dnepropetrovsk. Lo ha sentito dire: "non era l'aereo giusto". E molte altre cose. Un'altra versione della tragedia, ma anche questa è una versione che parla della responsabilità ucraina nell'incidente. Il nome del testimone (ucraino) non viene rivelato "per ragioni di sicurezza". E' fuggito in Russia ma ha lasciato i parenti in Ucraina.
La Commissione d'inchiesta russa lo interrogherà al più presto. Vedremo se la Commissione Internazionale farà altrettanto. Intanto il mondo dell'informazione internazionale ha dimenticato il Boeing abbattuto. Adesso che i sospetti si addensano sull'Ucraina, è meglio non parlarne.
25 Декабря 2014 14:50
Capitano Vladislav Valerevich Voloshin: “l’aereo era nel posto sbagliato al momento sbagliato“. Vladimir Sungorkin, Dmitrij Steshin e Nikolaj Varsegov, Komsomolskaja Pravda (kp.ru) – Fort Russ
PER COSA E' STATO PREMIATO IL PILOTA VOLOSHIN?
Sul sito del Presidente dell'Ucraina, Petro Poroshenko, è presente un decreto presidenziale (numero 599/2014) che concede al pilota Voloshin l'ordine "Per il coraggio", di terzo grado. La data in cui è stato firmato è quella del 19 luglio 2014, due giorni dopo l'abbattimento del Boeing malaysiano nei cieli dell'Ucraina. Il nome di Voloshin è apparso sulla Komsomolskaja Pravda e in diversi canali tv russi come quello del pilota del Sukhoi 25 che avrebbe abbattuto l'aereo malaysiano con 298 persone a bordo il 17 luglio scorso.
Continua a distanza di mesi lo scambio di accuse tra governo russo e regime ucraino sull’abbattimento il 17 luglio scorso di un Boeing della Malaysian Airlines che provocò la morte di tutti i passeggeri e dell’equipaggio, episodio che contribuì ampiamente a rafforzare le sanzioni già imposte contro Mosca da parte di Stati Uniti e Unione Europea.
Stavolta ad accusare il regime ultranazionalista di Kiev è un militare ucraino - di cui però non sono state fornite le generalità - che ha disertato, consegnandosi alle autorità russe, e che avrebbe raccontato alla speciale commissione di inchiesta istituita da Mosca che ad abbattere il volo di linea MH17 della Malaysian Airlines sarebbe stato un caccia ucraino SU-25 pilotato dal capitano Voloshyn delle forze aeree di Kiev.
"Secondo il resoconto fornito da questo uomo, che ora viene trattato come testimone e al quale è stato assegnato uno pseudonimo per garantire la sua sicurezza, il Boeing 777 (…) potrebbe essere stato abbattuto il 17 luglio di quest'anno da un jet ucraino ", ha detto il portavoce del comitato d'inchiesta russo Vladimir Markin.
Già nell’agosto scorso alcuni media malesi di lingua inglese, citando fonti dei servizi segreti statunitensi, avevano diffuso questa versione dei fatti in controtendenza con la grande stampa internazionale che, senza alcuna prova, continuava ad accusare indifferentemente i guerriglieri del Donbass oppure direttamente le forze armate russe, anche se poi le perizie sulla fusoliera del velivolo hanno rivelato che a causare l’abbattimento furono proiettili di piccole dimensioni sparati da una distanza ravvicinata, escludendo così sia l’ipotesi di un missile a spalla – di quelli in possesso dei ribelli – sia del missile terra-aria presuntamente usato dalle forze armate di Mosca.
Secondo la versione fornita dal quotidiano russo Komsomolskaya Pravda nei giorni scorsi, basata sulle presunte rivelazioni del militare ucraino disertore, il 17 luglio nella zona di guerra sorvolata dal boeing malese erano stati abbattuti due aerei militari ucraini e il pilota di un terzo velivolo di Kiev, "spaventato", avrebbe mirato al volo civile per errore, sparando anche un missile aria-aria, forse confuso dai colori della compagnia di bandiera malesiana simili a quelli della bandiera russa.
Nessuna traccia di questa versione – tutta da confermare, ovviamente – sulla stampa italiana mentre a pochi giorni dall’entrata in vigore di una nuova tregua, che per ora sembra tenere, i rappresentanti della Giunta ucraina e quelli delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk sono impegnati in un nuovo ciclo di negoziati che potrebbe sfociare in un nuovo incontro tra le due delegazioni già nelle prossime ore.
lunedì 19 gennaio 2015
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Il 2 dicembre 2014 è stato varato il nuovo governo filo-occidentale dell'Ucraina. Come in ogni paese democratico che si rispetti i ministri sono stati votati in blocco e praticamente senza discussioni. Inoltre i ministeri chiave del paese economia,finanza e sanità sono andati a degli stranieri scelti da un privato, il miliardario americano George Soros". - videocommento del giornalista ucraino Anatolij Sharij...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=9jZGVYbM4sw
http://italian.ruvr.ru/news/2014_12_22/Soros-candidato-alla-Presidenza-della-Banca-Nazionale-d-Ucraina-0906/
National Radio Company of Ukraine - January 13, 2015
Ukrainian Parliament Speaker Volodymyr Hroisman meets with George Soros
Ukrainian Parliament Speaker Volodymyr Hroisman met with American business magnate, investor, and philanthropist George Soros in Kyiv on January 12 to discuss the need of reforms in Ukraine with the involvement of experts and civil society activists.The sides also agreed on the importance of the National Council of Reforms as a platform for the discussion of the most important bills in Ukraine, the Ukrainian parliament's press service reported.
Hroisman informed Soros that he had initiated the development of a recovery plan for Ukraine for 2015-2017, which has already been sent to the National Council of Reforms and is now being finalized by the government.This is the document that together with the 2020 Reform Program and the Ukraine-EU Association Agreement should become the basis for systemic reforms in Ukraine, Hroisman said.
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http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2015/01/14/ucraina-soros-a-kiev-vede-poroshenko_e8ecfe64-0a5d-4f79-ae5b-f93c6a578586.html
Ucraina: Soros a Kiev, vede Poroshenko
(ANSA) - MOSCA, 14 GEN - Il controverso magnate George Soros ha incontrato a Kiev il presidente ucraino Petro Poroshenko dopo che ieri gli Usa si sono detti pronti a concedere 2 miliardi di dollari alla disastrata repubblica ex sovietica a patto che segua le indicazioni del Fmi. Soros, ritenuto a Mosca un dei burattinai delle cosiddette 'rivoluzioni colorate', ha visto pure deputati della nuova maggioranza filo-occidentale ucraina per discutere di "lotta alla corruzione" e di tutele per gli investitori esteri.
di Ennio Remondino – 15 gennaio 2015
Partiamo da una asettica ANSA che comunque usa un aggettivo audace: ‘Il controverso magnate George Soros ha incontrato a Kiev il presidente ucraino Petro Poroshenko dopo che ieri gli Usa si sono detti pronti a concedere 2 miliardi di dollari alla disastrata repubblica ex sovietica a patto che segua le indicazioni del Fmi. Soros, ritenuto a Mosca uno dei burattinai delle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’, ha visto pure deputati della nuova maggioranza filo-occidentale ucraina per discutere di “lotta alla corruzione” e di tutele per gli investitori esteri’. Il ritorno dell’investimento Usa e Soros.
Un anno fa
Fu lo stesso miliardario americano, dicembre 2013,a rivelare alla CNN di essere responsabile della fondazione Ucraina che ha contribuito al colpo di Stato contro il presidente Ianukovitch e all’ insediamento di un governo anti Russo. «Molte persone sostengono che lei durante le rivoluzioni del 1989 ha finanziato le attività di gruppi dissidenti della società civile in Europa orientale, in Polonia, nella Repubblica ceca. Lo sta facendo anche in Ucraina?” «Well, I set up a foundation [.] Ho creato una fondazione in Ucraina prima che il paese diventasse indipendente dalla Russia”.
Sulla Maidan
Poi la vanità straripa. “Questa fondazione ha continuato a operare sino ad oggi e ha avuto un ruolo importante negli eventi recenti”, ha rivendicato Soros. Del resto la prima interferenza di Soros in Ucraina è datata e risale alla poi fallita “Rivoluzione arancione”. E’ noto che George Soros ha lavorato in collaborazione con l’USAID, la National Endowment for Democracy, l’International Republican Institute, il National Democratic Institute for International Affairs e la Freedom House per sostenere e far scoppiare rivoluzioni non cruente nell’Esteuropa e in Asia centrale ex sovietica.
Dieci anni fa
Shevardnadze e Yanukovic
Stanko Lazendic fu uno degli «Istruttori», uno dei «Trainers», che ha allenato la piazza arancione ad opporsi e a rovesciare il regime. Un po’ per idealità, sostiene Stanko, ma certo anche per soldi, da buon professionista. Socio fondatore della Ong serba «Center of not violent resistence». Accrediti professionali, la caduta dell’ex presidente georgiano Eduard Shevardnadze e allora del premier ucraino filo russo Viktor Yanukovic. I committenti delle prestazioni di destabilizzazione più o meno non violenta, prima di Soros fu la ‘Us Aid’, l’Istituto Internazionale Repubblicano di Bush, eccetera.
Istruzioni Cia
Ennio Remondino
MARTEDI' 27 GENNAIO 2015 ORE 9,00
ACCADEMIA DI BRERA SALA NAPOLEONICA
CONFERENZA
L’INSEGNAMENTO DELLA MEMORIA
STORIA, ARTE, RAZZISMO, DIRITTI UMANI
Il Memoriale Italiano ad Auschwitz rappresenta la deportazione e lo sterminio ed è un baluardo, con i suoi simboli, della Resistenza contro il razzismo. La Conferenza è dedicata allo studio e all’ insegnamento della Memoria, al di fuori delle consuete celebrazioni. La Memoria è il tessuto connettivo da cui si prende spunto per riflessioni a livello scientifico, un’occasione per approfondire le ragioni e le responsabilità del razzismo e dell’antisemitismo, per contrastare ogni forma di revisionismo e di manipolazione della storia, per riaffermare il valore dei diritti umani e per superare l’indicibilità della Shoà con il linguaggio evocativo dell’arte.
Franco Marrocco, Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera
Presentazione
Massimo Pieri, Fisico, Matematico bioeconomista, Presidente di COBASE Associazione Tecnico Scientifica di Base (ECOSOC)
Introduzione critica “Da Stalingrado ad Auschwitz”
Sandro Scarrocchia, Docente di Metodologia della Progettazione e di Teoria e storia del restauro, Accademia di Belle Arti di Brera
“Superare l’indicibilità della Shoà con il linguaggio dell’arte”
Manlio Frigo, Prof. O. di Diritto dell’Unione europea e della
Comunità internazionale, Università Statale di Milano
“La questione giuridica del memoriale e della memoria”
Valentina Sereni, Architetto, restauro architettonico, Presidente di Gherush92 Committee for Human Rights (ECOSOC)
“Storia della Shoà”
Delfina Piu, Docente Scuola Ebraica di Roma, project director Gherush92 Committee for Human Rights (ECOSOC)
“Dalla Shoà ai Diritti Umani”
On.le Serena Pellegrino, Gruppo parlamentare SEL
“Un’interrogazione parlamentare sul Memoriale”
Elisabetta Ruffini, Direttrice Istituto per la Storia della Resistenza
e dell'Età Contemporanea
“Il Razzismo e la Resistenza”
10,50 Coffee break
Angelo d’Orsi, Prof. O. di Storia del pensiero politico,
Dipartimento di Studi Storici Università di Torino
“Fra Storia e Memoria”
Felice Besostri, Avvocato, docente di Diritto Pubblico Comparato
già Senatore della Repubblica
“La discriminazione dei Roma”
Stefano Pizzi, Docente di Pittura, Accademia di Belle Arti di Brera, delegato alle Relazioni Esterne
“Le avventure del revisionismo”
Cesare Ajroldi, Prof. O. di Composizione Architettonica Università di Palermo
“Il Memoriale di Auschwitz e il restauro del moderno”
Chiara Palandri, Docente di Restauro dei manufatti cartacei
Accademia di Belle Arti di Brera
“Conservazione dei materiali della Donazione Samonà”
Marco Dezzi Bardeschi, Prof. O. di Restauro Architettonico
Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano e direttore di Ananke
“Auschwitz: salvare la testimonianza materiale”
Gregorio Carboni Maestri, Dottorando in Progettazione Architettonica
Università di Palermo
“Progetto di integrazione del Memoriale”
Mauro Manzoni, Dipl. Spec. in Restauro dell’arte contemporanea
“Didattica del Memoriale”
Stefano Mannacio, Economista project director di COBASE
Associazione Tecnico Scientifica di Base (ECOSOC)
Domande e risposte.
Concludono
Valentina Sereni, Sandro Scarrocchia, Stefano Mannacio
Presiedono
Massimo Pieri e Sandro Scarrocchia
Comitato Scientifico
Valentina Sereni, Franco Marrocco, Sandro Scarrocchia, Massimo Pieri
Informazioni e adesioni
Cell. +39 339 6938361
gherush92@... ; relazioniesterne@...
Gherush92, Committee for Human Rights è un'organizzazione che gode dello status di consulente speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), partecipa ai lavori del UN Human Rights Council e di diversi programmi e convenzioni internazionali, come World Conference Against Racism (WCAR), ed è un Major Group nei programmi sullo sviluppo sostenibile.
Accademia di Belle Arti di Brera è una delle più antiche accademie italiane, che conserva la tradizione illuminista austriaca, francese e italiana, l’eredità risorgimentale e il dialogo artistico industriale della costruzione della Nazione, il lascito delle drammatiche vicende novecentesche, l’impegno resistenziale e l’appoggio militante allo sviluppo dell’arte contemporanea in tutte le sue espressioni. Dal 2008 sostiene la conservazione integrale del Memoriale italiano di Auschwitz.