Informazione


Passato, presente e FUTURO del movimento CONTRO LA GUERRA

1) Invio di Tornado italiani in Iraq: la condanna della Rete No War (17/11)
2) Marina Militare, sì del Parlamento per rinnovare flotta. Costo: 5,4 miliardi (4/12)
3) Il Senato italiano autorizza l’intervento militare italiano in Siria (7/12)

4) VERSO LA MODIFICA DELL'ART.78 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA: SARÀ PIÙ FACILE DICHIARARE LA GUERRA (12/12)

5) NUOVA LEGISLAZIONE AMERICANA PREPARA IL TERRENO PER LA GUERRA ALLA RUSSIA (5/12)
- M. Chossudovsky: Nuova legislazione americana prepara il terreno per la guerra alla Russia?
- M. Dinucci: Dagli Usa chiamata alle armi in Ucraina


---
Vedi anche: 


Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/usciredallanato2014.htm


Un Fronte unito di popoli e paesi per l’alternativa alla globalizzazione imperialista
di Andrea Catone, 21 Novembre 2014 -- Relazione tenuta in qualità di rappresentante della rivista “MarxVentuno” al V Forum del Socialismo Mondiale (organizzato dal “World Socialism Research Center”, presso l’Accademia Cinese di Scienze Sociali e il “China Center for Contemporary World Studies”, tenutosi a Pechino il 13-14 ottobre 2014) e pubblicata sull’ultimo numero di “MarxVentuno”
La “globalizzazione” – termine che, già noto prima, viene abbondantemente utilizzato a partire dagli anni ‘90, dopo il crollo dell’URSS e l’apertura alle potenze capitaliste occidentali di un vasto mercato in aree che in precedenza erano controllate e regolate da un potere politico orientato al socialismo – non è neutrale, non significa la libera espansione del mercato mondiale su una base di parità, ma è essenzialmente una “globalizzazione imperialista”, che intende imporre in tutto il mondo il modello capitalista neoliberista, gli interessi dei grandi monopoli occidentali, privando molti paesi delle loro risorse. E quando alcuni paesi hanno resistito, cercando il proprio percorso di auto-sviluppo, le potenze occidentali, guidate dagli Stati Uniti, hanno fatto ricorso all’aggressione militare (Iraq, Serbia, Libia, Siria …), come al tempo del grande Lenin (in quest’anno ricordiamo il 90° anniversario della sua morte), quando ha elaborato la categoria scientifica di “imperialismo”…
SCARICA IN FORMATO PDF: http://www.marx21.it/documenti/catone_fronteunito.pdf


=== 1 ===

Invio di Tornado italiani in Iraq: la condanna della Rete No War

La Rete No War condanna nel modo più fermo l'inizio di una nuova avventura militare che il governo Renzi intende attuare in spregio all'articolo 11 della nostra Costituzione e - al solito - senza consultare il Parlamento, né le Commissioni parlamentari.
L'invio in Iraq di una squadriglia di aerei da combattimento, come i Tornado, fa entrare l'Italia di nuovo in guerra dopo quelle contro la Libia e quella ancora in corso in Afghanistan.
Inoltre assai ambigue ed oscure risultano essere le reali finalità di questa guerra. La motivazione ufficiale è quella di partecipare ad una coalizione che combatte l'ISIS, coalizione di cui però fanno parte stati, come l'Arabia Saudita il Qatar e gli USA, che hanno in passato creato e finanziato l'ISIS e altre formazioni estremiste e terroristiche,  o che continuano a finanziare e sostenere tali formazioni, apertamente come la Turchia, o sotto banco come l’Arabia Saudita.
Ben fondata è l'ipotesi che il vero scopo di questa operazione sia interferire pesantemente nella politica interna di stati sovrani come Iraq e Siria e sabotare e porre ostacoli alle uniche forze che finora hanno combattuto efficacemente l'ISIS e gli altri gruppi estremisti, come il  Governo e l'Esercito Nazionale della Siria e le formazioni kurde affiliate o simpatizzanti del PKK (considerate invece da USA e UE come  "terroriste").
Per sconfiggere i terroristi non serve bombardare. Devono invece essere eliminate le complicità e chiusi i canali – peraltro già ben noti - attraverso cui l’ISIS  e altre formazioni estremiste ricevono armi e rifornimenti e vendono il petrolio dei pozzi occupati. Di fatto finora i bombardamenti sono serviti sostanzialmente solo a distruggere importanti infrastrutture in Siria ed Iraq, essenziali per la sopravvivenza stessa di quei paesi.
La Rete No War invita tutti i parlamentari amanti della legalità e della pace ad opporsi a questo ulteriore disegno bellico dalle ambigue finalità, come sembra sia stato fatto finora solo dai parlamentari di 5Stelle, cui va in questo caso tutto il nostro sostegno.

Rete No War - Roma
17/11/2014


=== 2 ===


Marina Militare, sì del Parlamento per rinnovare flotta. Costo: 5,4 miliardi

Le commissioni Difesa di Camera e Senato hanno dato parere favorevole, con il solo voto contrario di Sel e Cinquestelle, al programma ventennale di potenziamento. Nuova campagna acquisti fortemente voluta dal capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe de Giorgi

di Enrico Piovesana | 4 dicembre 2014

Il rinnovo e il potenziamento della flotta da guerra della Marina Militare ha ottenuto il via libera definitivo dal Parlamento. Entrambe le commissioni Difesa – oggi (giovedì 4 dicembre) anche quella della Camera – hanno dato parere favorevole, con il solo voto contrario di Sel e Cinquestelle, al programma ventennale da 5,4 miliardi di euro già stanziati dalla legge di stabilità dell’anno scorso per la costruzione di una nuova portaerei, dieci pattugliatori/lanciamissili (destinati a diventare sedici), una gigantesca nave appoggio e due piccole unità veloci da assalto. Il finanziamento del programma, non a carico della Difesa ma del ministero dello Sviluppo Economico, aumenterà progressivamente di anno in anno: 140 milioni nel 2015, 470 milioni nel 2016, 690 milioni nel 2017 e così via.

Non è chiaro se all’ammodernamento della flotta sia destinato anche il contributo del ministero dello Sviluppo economico da 770 milioni (53 ogni anno, ex comma 38 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013) che compare nella Tabella E della legge di stabilità attualmente in fase di approvazione. Se così fosse, il costo complessivo del programma navale supererebbe i 6 miliardi. Stando a questo documento parlamentare (leggi) sembrerebbe proprio così: “Ulteriori contributi ventennali nel settore navale sono stati autorizzati dal successivo comma 38 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013”. Abbiamo chiesto chiarimenti allo Stato Maggiore della Marina, ma non ne abbiamo ancora ricevuti. Se questi soldi non fossero destinati al programma navale, sarebbe interessante capire a cosa serviranno.

La nuova campagna acquisti della Marina, fortemente voluta dal capo di Stato Maggiore, ammiraglio Giuseppe de Giorgi, appare molto ambiziosa, soprattutto considerando che va a completare l’ammodernamento della flotta già avviato con le portaerei Cavour (1,5 miliardi), le dieci fregate Fremm (5,7 miliardi, le ultime due dovrebbero essere finanziate entro aprile), le due fregate Orizzonte (1,5 miliardi), i quattro nuovi sommergibili U212 (1,9 miliardi), la nuova nave supporto forze speciali (finanziata pure con 50 milioni del ministero dell’Istruzione via Cnr), più ottanta nuovi elicotteri da assalto NH90 e EH101 (3 miliardi) e, almeno nelle intenzioni, quindici cacciabombardieri F35B (2/3 miliardi almeno).

“La Marina ha presentato al Parlamento informazioni limitate e riduttive su queste nuove navi”, denuncia Luca Frusone, membro Cinquestelle della commissione Difesa della Camera, spiegando che i dettagli tecnici sono stati forniti alla stampa specializzata ma non al Parlamento. “Lo Stato Maggiore ha parlato di una portaelicotteri tipo la Garibaldi ma, in realtà, per stazza si tratta di una seconda portaerei tipo Cavour, che potrà anche imbarcare aerei a decollo verticale come gli F35 visto che una delle cinque piattaforme di atterraggio è stata appositamente studiata a questo scopo. E i quattro pattugliatoti polivalenti in versione ‘full combat’ saranno dotati di un arsenale missilistico degno di una fregata. Ma chi dobbiamo invadere con tutte queste navi da guerra?”.

Anni fa altri ammiragli chiesero e ottennero la poderosa portaerei Cavour sostenendo che fosse indispensabile per la difesa dei nostri interessi nazionali. Da quando è entrata in servizio, cinque anni fa, questo costosissimo mastodonte è rimasto inutilizzato perché la Marina non può permettersi il suo esorbitante costo di esercizio (circa 200 mila euro al giorno): finora, quindi, è stata utilizzata solo per due missioni di promozione commerciale spesate dalle aziende italiane (Fincantieri, Finmeccanica, Eni) che se ne sono servite come fiera galleggiante del ‘made in Italy’ una prima volta in Brasile nel 2010 (con una puntata umanitaria ad Haiti) e recentemente in Medio Oriente e in Africa.



=== 3 ===

Roma si accoda alla guerra contro lo Stato islamico in Siria
L'Italia non ripudia.... La Commissione esteri del Senato si schiera per l'intervento. Nel silenzio generale
http://ilmanifesto.info/roma-si-accoda-alla-guerra-contro-lo-stato-islamico-in-siria/

Il Senato autorizza l'intervento militare italiano in Siria
http://contropiano.org/internazionale/item/27972-il-senato-autorizza-l-intervento-militare-italiano-in-siria



Il Senato autorizza l’intervento militare italiano in Siria

di Manlio Dinucci | da il manifesto, 7 dicembre

La Commissione esteri del Senato, in una risoluzione sulla Siria (Doc. XXIV, n. 43), ha impegnato il governo a «sostenere in tutti i modi, incluso quello militare, l’azione della coalizione internazionale»: in altre parole, ha autorizzato (con voto favorevole PD-Pdl e contrario di Sel e 5Stelle) un intervento militare diretto dell’Italia in Siria.

La crisi siriana – sostiene la premessa approvata invece anche da Sel e con l’astensione di 5Stelle – si è trasformata in guerra civile «per la chiara e riconosciuta responsabilità del regime del presidente Assad», creando «il terreno ideale per il rafforzamento dell’estremismo fondamentalista armato, in particolare di quello del Daesh» (Isis) che costituisce oggi «una minaccia all’integrità territoriale dei paesi dell’area, oltre che una delle maggiori sfide contemporanee alla sicurezza, alla democrazia e alla libertà».


Sono stati in realtà gli Usa e i maggiori alleati Nato a finanziare, armare e addestrare in Libia nel 2011 gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi, tra cui i primi nuclei del futuro Isis; a rifornirli di armi attraverso una rete organizzata dalla Cia (documentata da un’inchiesta del New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati in Siria per rovesciare Assad; sono stati sempre gli Usa e la Nato ad agevolare l’offensiva dell’Isis in Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava da Washington, avvicinandosi a Pechino e a Mosca).

Vi sono su questo molte prove. Ad esempio la foto del senatore Usa John McCain, in missione in Siria per conto della Casa Bianca, che incontra nel maggio 2013 Ibrahim al-Badri, il «califfo» a capo dell’Isis. O il servizio televisivo trasmesso pochi giorni fa dalla tedesca Deutsche Welle, che mostra come centinaia di tir attraversano ogni giorno senza alcun controllo il confine fra Turchia e Siria, trasbordando carichi diretti a Raqqa, base delle operazioni Isis in Siria.

La Commissione del Senato sostiene inoltre che l’intervento militare in Siria, effettuato dalla coalizione internazionale di cui fa parte l’Italia, è autorizzato dalle risoluzioni 2170 e 2178 del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Mentre in realtà esse stabiliscono solo l’obbligo dei paesi membri dell’Onu di prevenire il reclutamento, l’organizzazione, il trasporto e l’equipaggiamento di individui che si recano in altri Stati allo scopo di attuare atti terroristici (cosa che fanno proprio Usa e Nato).

L’intervento militare degli Stati uniti e di loro alleati in Siria non è quindi autorizzato dal Consiglio di sicurezza. E, incentrato apparentemente sull’Isis (in realtà funzionale alla strategia Usa/Nato), esso mira alla completa demolizione della Siria, finora impedita dalla resistenza interna e dalla mediazione russa in cambio del disarmo chimico di Damasco, e alla rioccupazione dell’Iraq. In questa guerra può entrare ora anche l’Italia.




=== 4 ===


Sarà più facile dichiarare guerra

di Francesco Vignarca,  12.12.2014

La noti­zia si dif­fonde timi­da­mente, anche gra­zie alla recente pre­sen­ta­zione di emen­da­menti alla Camera dei Depu­tati: ma con gli altri impor­tanti temi sul tavolo poli­tico, il rilan­cio fatica ad uscire dalla sor­dina. Eppure stiamo par­lando di una modi­fica costi­tu­zio­nale che va addi­rit­tura a toc­care la deli­be­ra­zione dello stato di guerra. È una delle con­se­guenze dirette della Riforma Costi­tu­zio­nale Boschi con il rior­dino delle attri­bu­zioni par­la­men­tari voluto da Renzi. Ciò in auto­ma­tico tocca tutte quelle fun­zioni ora attri­buite in modo pari­te­tico alle due Camere, tra cui appunto la pos­si­bi­lità di dichia­rare guerra pre­vi­sta dall’Articolo 78 della Costi­tu­zione repub­bli­cana. Una scelta che dav­vero spiazza, con­si­de­rato che comun­que il Senato — cosid­detto delle auto­no­mie — non è stato can­cel­lato e che anche da esso pas­serà, ad esem­pio, la pro­ce­dura di ele­zione del Pre­si­dente della Repub­blica. Per la quale con­ti­nuerà a valere la regola di una mag­gio­ranza qua­li­fi­cata, men­tre invece si potrà deci­dere di ini­ziare una guerra con uno Stato estero solo con il voto della Camera dei Depu­tati e addi­rit­tura a mag­gio­ranza semplice.

Pare pro­prio che qual­siasi ten­ta­tivo di modi­fica, che sia per inse­rire nuo­va­mente anche il Senato nella deci­sione o quan­to­meno per innal­zare il quo­rum neces­sa­rio alla dichia­ra­zione, verrà respinto dal Governo Renzi alla Camera, dove la discus­sione giace attual­mente in Com­mis­sione Affari Costi­tu­zio­nali, come già suc­cesso al Senato. Il risul­tato, per certi versi para­dos­sale, sarebbe quello di avere un accesso più facile ad una deci­sione grave come que­sta, addi­rit­tura ren­den­dola meno dif­fi­cile da pren­dere della già nomi­nata ele­zione del Capo dello Stato. Inol­tre l’effetto com­bi­nato con la riforma della legge elet­to­rale, anch’essa sul tavolo par­la­men­tare, ci potrebbe pro­iet­tare in una situa­zione per cui una mino­ranza non solo dell’elettorato ma anche del totale dei voti espressi, gra­zie al pre­mio di mag­gio­ranza, potrebbe per­met­tersi una dichia­ra­zione di guerra in asso­luta auto­no­mia rispetto al resto del Paese.

Chia­ra­mente non stiamo dicendo che la riforma isti­tu­zio­nale attual­mente in discus­sione abbia come obiet­tivo prin­ci­pale quello di per­met­tere ad un pros­simo governo di poter andare a far la guerra facil­mente in giro per il mondo… Ed oltre­tutto è ormai pas­sato il tempo in cui i con­flitti bel­lici veni­vano dichia­rati for­mal­mente dagli amba­scia­tori, con una sorta di antico gala­teo tra Stati. Ormai viviamo in un mondo dalla con­flit­tua­lità liquida e dif­fusa, in cui la parola d’ordine per le fri­zioni politico-economiche è «bassa inten­sità» con il minore coin­vol­gi­mento pos­si­bile degli appa­rati pub­blici e sta­tali. Eppure dal punto di vista squi­si­ta­mente poli­tico si tratta di un pas­sag­gio pro­ble­ma­tico e non banale. Per­ché ancora una volta, come accade per molte altre que­stioni fon­da­men­tali nella vita del Paese e dei suoi Cit­ta­dini, si impo­ve­ri­sce il con­fronto poli­tico ridu­cendo la que­stione ad una deci­sione presa in ambiti ristretti e con una estre­miz­za­zione dell’idea di «ver­tice». Si con­ti­nua insomma verso quella voca­zione lea­de­ri­stica che ha dro­gato la poli­tica ita­liana negli ultimi anni per cui tutto appare sacri­fi­cato all’altare della cosid­detta «gover­na­bi­lità» o meglio ancora del deci­sio­ni­smo. Anche su un tema, come quello della guerra e della pace, in cui invece la rifles­sione calma e appro­fon­dita dovrebbe essere natu­rale ed imprescindibile.

Una modi­fica di pro­spet­tiva che sta avve­nendo ad un secolo esatto di distanza dal primo con­flitto mon­diale: la san­gui­nosa Grande Guerra di cui tutti oggi ricor­dano orrori e distru­zioni. Ma forse que­sto ricordo è cele­brato solo per­ché siamo (solo in Ita­lia) tran­quil­la­mente lon­tani nel tempo da morti, san­gue, fame e con­se­guenze nega­tive. Vogliamo dav­vero un modello di società in cui le deci­sioni più gravi ed impor­tanti ven­gano prese in poco tempo e sulla base di un man­dato con­fe­rito da una mino­ranza del Paese? Spe­riamo pro­prio di no. Ed anche per que­sto sarà oppor­tuno che il mondo della Pace e della non­vio­lenza si fac­cia sen­tire con forza su que­sto enne­simo ten­ta­tivo pastic­ciato di inde­bo­lire i capi­saldi della nostra Carta Costituzionale.



=== 5 ===

Vedi anche:

Usa – Il Senato approva fornitura di armi all’esercito ucraino (12/12/2014)
Il Senato degli Stati Uniti ha accolto con favore la ratifica dell'”Ukraine Freedom Support Act”. L’atto, che deve ancora essere autorizzato dalla Casa Bianca, prevede la fornitura di servizi di sorveglianza, armi radar e anti-carro per l’esercito ucraino. L’aiuto militare degli Stati Uniti sarà del valore di 350 milioni di dollari.
http://www.ilfarosulmondo.it/usa-il-senato-approva-fornitura-di-armi-allesercito-ucraino/

13/12/2014: Jatsenjuk a Bruxelles per concordare l’avvicinamento di Kiev alla NATO
http://comunicati.russia.it/jazenjuk-e-andato-a-bruxelles-per-concordare-l-avvicinamento-di-kiev-alla-nato.html

===

The original article:
America is on a “Hot War Footing”: House Legislation Paves the Way for War with Russia?
By Prof Michel Chossudovsky – Global Research, December 05, 2014

---


NUOVA LEGISLAZIONE AMERICANA PREPARA IL TERRENO PER LA GUERRA ALLA RUSSIA?



- di prof. Michel Chossudovsky -

L’America è in marcia verso la guerra. Se è vero che uno scenario di terza guerra mondiale è stato nei piani del Pentagono per più di 10 anni, ora però le azioni militari contro la Russia vengono contemplate sul “piano operativo”.

Allo stesso modo, sia il Senato che la Camera hanno introdotto nuova legislazione che legittima la condotta di guerra contro la Russia. Non abbiamo a che fare con una “guerra fredda”. Non prevale nessuna delle salvaguardie in vigore in quell’epoca. Si è verificata una rottura diplomatica tra Oriente e Occidente, abbinata a un’estesa propaganda bellica. A loro volta, le Nazioni Unite hanno chiuso gli occhi di fronte ai crimini di guerra commessi dall’alleanza militare occidentale.


L’adozione di un’importante legge da parte della Camera statunitense, avvenuta il 4 dicembre, fornirà (qualora venga approvata in Senato) al presidente e comandante supremo il via libera per iniziare, senza approvazione del congresso, un processo di confronto militare con la Russia.

E’ in questione la sicurezza globale. Questo voto storico, che potrebbe influenzare le vite di centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, quasi non è stato riportato dai media.
Il mondo è a un bivio pericoloso. Mosca ha risposto alle minacce di USA e NATO. I suoi confini sono minacciati. Il 3 dicembre, il ministro della difesa della Federazione Russa ha annunciato l’inaugurazione di un nuovo ente politico-militare che assumerebbe il potere nel caso di guerra. (Vedi: Russia launches ‘wartime government’ HQ in major military upgrade ).

Cronologia dei preparativi di guerra

A maggio 2014 è stato introdotto al Senato l’Atto di Prevenzione dell’Aggressione Russa (RAPA, S 2277) che invoca la militarizzazione dell’Europa orientale e degli stati baltici e lo stazionamento permanente di truppe USA e NATO sulle soglie della Russia.

Se è vero che la risoluzione S 2277 è all’esame del Comitato per le Relazioni Estere del Senato, le sue premesse essenziali sono però già in corso d’implementazione. In luglio, il comandante della NATO in Europa, generale Philip Breedlove, ha richiesto di “rifornire una base in Polonia con abbastanza armi, munizioni e provviste da supportare un rapido schieramento di migliaia di soldati contro la Russia” (RT, 24 luglio) […]
In ottobre si sono svolte esercitazioni USA-NATO negli stati baltici. All’inizio di novembre si è tenuto un secondo round di esercitazioni sia negli stati baltici che in Europa orientale. Tra queste, le esercitazioni NATO “Spada di ferro” in Lituania, a cui hanno partecipato 9 stati membri.

Secondo Mosca le esercitazioni servivano ad “aumentare la prontezza operativa” e a trasferire infrastrutture militari NATO ai confini russi. In risposta a tale schieramento NATO, anche la Russia ha condotto ad inizio novembre estese esercitazioni nel Mare di Barents per testare tutta la sua triade nucleare composta di bombardieri strategici, sottomarini e missili balistici intercontinentali.

La risoluzione H.Res. 758

Il 18 novembre è stata introdotta alla Camera l’importante risoluzione H.Res. 758, il cui nocciolo consiste nel dipingere la Russia come un aggressore che ha invaso l’Ucraina e nell’invocare contro di essa l’azione militare. (  https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=VptXR5bPNe4           )

[…] Se la risoluzione 758 dovesse diventare legge, di fatto fornirebbe al presidente degli Stati Uniti il via libera per dichiarare guerra alla Federazione Russa senza l’autorizzazione formale del Congresso. In questo senso potrebbe essere interpretata come “lievemente incostituzionale”, in quanto contravviene alla sostanza dell’articolo 1, sezione 8 della Costituzione statunitense, che assegna “il potere di dichiarare guerra” al Congresso.
La risoluzione sollecita il presidente degli Stati Uniti, in consulta con il Congresso, a:
“condurre una revisione della forza, prontezza e responsabilità delle forze armate statunitensi e delle forze di altri membri NATO, per stabilire se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti ad assolvere gli obblighi di difesa collettiva previsti dall’articolo 5 del Trattato Nord-Atlantico, e di specificare le misure necessarie a rimediare eventuali deficienze.”

Questo suggerisce che gli USA stiano contemplando l’uso della dottrina di sicurezza collettiva della NATO (art. 5) in vista dello scatenamento di un confronto militare con la Federazione Russa. L’articolo 5 è un meccanismo imposto dagli USA all’Europa occidentale. Esso costringe gli stati membri della NATO, in gran parte europei, a muovere guerra per conto di Washington.

Inoltre si sta prendendo in considerazione un referendum sull’adesione dell’Ucraina alla NATO. Nel caso l’Ucraina ne diventasse membro e/o ridefinisse i suoi accordi di sicurezza con la NATO, potrebbe venire invocato l’articolo 5 per giustificare una guerra contro la Russia.

Legislazione rapida

La velocità con cui questa legislazione è stata adottata è insolita nella storia del Congresso statunitense. La risoluzione 758 è stata introdotta il 18 novembre, passata in gran fretta al Comitato Affari Esteri e tornata subito all’intera Camera per il dibattito e l’adozione. Appena 16 giorni dopo essere stata introdotta dal deputato Kinzinger (Illinois) è stata adottata con 411 voti favorevoli e 10 contrari nella mattinata del 4 dicembre. I membri del Congresso sono burattini. Il loro voto è controllato dalle lobby di Washington. Per gli appaltatori della difesa, Wall Street e i magnati del petrolio texani, “la guerra fa bene agli affari”. […]

Il blackout dei media

Uno si aspetterebbe che questa decisione storica sia stata ampiamente trattata dai media. Al contrario c’è stato un totale blackout: i media nazionali non hanno parlato della risoluzione 758. Nessuno ha osato riflettere sulle sue drammatiche implicazioni, il suo impatto sulla “sicurezza globale”. La terza guerra mondiale non è notizia da prima pagina.
E, senza copertura mediatica delle preparazioni belliche, il pubblico resta ignaro dell’importanza di tale decisione del Congresso.
Passate parola. Invertite la rotta verso la guerra. […]

Fonte: Global Research
Traduzione: Anacronista


===


Dagli Usa chiamata alle armi in Ucraina

di Manlio Dinucci,  8.12.2014
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

La Camera dei rap­pre­sen­tanti degli Stati uniti d’America ha adot­tato quasi all’unanimità (411 voti con­tro 10) la Riso­lu­zione 758 [ https://www.congress.gov/bill/113th-congress/house-resolution/758 ], che «con­danna con forza le azioni della Fede­ra­zione Russa, sotto il pre­si­dente Vla­di­mir Putin, per aver attuato una poli­tica di aggres­sione mirante al domi­nio poli­tico ed eco­no­mico di paesi vicini», in par­ti­co­lare l’Ucraina che «la Fede­ra­zione Russa ha sot­to­po­sto a una cam­pa­gna di aggres­sione poli­tica, eco­no­mica e mili­tare allo scopo di sta­bi­lire il suo domi­nio sul paese e can­cel­lare la sua indipendenza».

In tal modo la riso­lu­zione can­cella tutta la sto­ria della pene­tra­zione Usa/Nato in Ucraina, fino al putsch di piazza Mai­dan orga­niz­zato per susci­tare la rea­zione dei russi di Ucraina e della Fede­ra­zione Russa, ripor­tando l’Europa a una nuova guerra fredda. La riso­lu­zione chiama quindi il Pre­si­dente a for­nire al governo ucraino armi, adde­stra­mento e intel­li­gence, e con­tem­po­ra­nea­mente a rive­dere «lo stato di pron­tezza delle forze armate Usa e Nato».

Accu­sando la Rus­sia di vio­lare il Trat­tato Inf, che nel 1991 ha eli­mi­nato in Europa i mis­sili nucleari a git­tata inter­me­dia lan­ciati da terra (tra cui quelli Usa schie­rati a Comiso), la riso­lu­zione sol­le­cita il Pre­si­dente a «rive­dere l’utilità del Trat­tato Inf per gli inte­ressi degli Stati uniti» con la pos­si­bi­lità di «riti­rarsi dal Trat­tato» (non a caso nel momento in cui gli Usa ammo­der­nano le armi nucleari che man­ten­gono in Europa, Ita­lia com­presa). La riso­lu­zione sol­le­cita inol­tre il Pre­si­dente a veri­fi­care se cia­scun alleato è in grado di con­tri­buire all’«autodifesa col­let­tiva in base all’articolo 5 del Trat­tato nord-atlantico».

Tale arti­colo, che obbliga tutti i mem­bri dell’Alleanza a inter­ve­nire se uno di loro è attac­cato, viene esteso di fatto oggi anche all’Ucraina, pur non essendo ancora uffi­cial­mente mem­bro della Nato. Gli alleati ven­gono diret­ta­mente sol­le­ci­tati, nella riso­lu­zione, a «for­nire la loro piena quota di risorse neces­sa­rie alla difesa col­let­tiva», cioè ad accre­scere la spesa mili­tare in base all’impegno preso di por­tarla come minimo al 2% del pil. Il che implica per l’Italia un aumento dagli attuali 52 milioni di euro al giorno, secondo i dati uffi­ciali della Nato (72 secondo il Sipri [ http://www.ilmanifesto.info/cento-milioni-di-euro-al-giorno-in-armi/ ]), a oltre 100 milioni di euro al giorno.

Sul piano eco­no­mico, per «ridurre la capa­cità della Rus­sia di usare le for­ni­ture ener­ge­ti­che quale mezzo di pres­sione», la riso­lu­zione chiama l’Unione euro­pea a «soste­nere le ini­zia­tive di diver­si­fi­ca­zione ener­ge­tica» intra­prese dagli Usa, in par­ti­co­lare «l’aumento delle espor­ta­zioni di gas natu­rale e altri tipi di ener­gia dagli Stati uniti» verso la Ue, l’Ucraina e altri paesi euro­pei. In altre parole, chiama la Ue a rinun­ciare all’importazione di gas russo (e per que­sto gli Usa hanno affos­sato il gasdotto «South Stream») per impor­tare quello lique­fatto (tra l’altro molto più caro) for­nito dalle mul­ti­na­zio­nali statunitensi.

La riso­lu­zione infine chiama il Pre­si­dente a svi­lup­pare una stra­te­gia per «pro­durre e dif­fon­dere infor­ma­zioni in lin­gua russa in paesi con signi­fi­ca­tivi set­tori di popo­la­zione che par­lano russo», mas­si­miz­zando l’uso delle emi­tenti «Voce dell’America» e «Radio Europa Libera/Radio Libertà» attra­verso «part­ner­ship pubblico-private» con media nazio­nali. Rilan­ciando così in Europa l’isterismo pro­pa­gan­di­stico della guerra fredda.

Que­sto, in sin­tesi, il con­te­nuto della Riso­lu­zione 758 che, dopo che sarà stata appro­vata anche dal Senato, diverrà una vera e pro­pria legge per l’attuale e le future ammi­ni­stra­zioni. E allo stesso tempo una dichia­ra­zione uffi­ciale di guerra alla Rus­sia che, attra­verso la Nato, riporta l’Europa in prima linea di un nuovo peri­co­loso con­fronto militare.



(srpskohrvatski / english / deutsch / italiano)

Passato, PRESENTE e futuro del movimento CONTRO LA GUERRA

1) Оскар Лафонтен: Левица и рат
2) L’unità di misura della Nato per il mondo. Recensione a "Se dici guerra" (KappaVu 2014)
3) Seumas Milne: La NATO è una minaccia per la pace / Far from keeping the peace, NATO is a threat to it
4) ФИР: НАТО НИЈЕ ЧУВАР МИРА


Vedi anche: 

Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/usciredallanato2014.htm

Uscire dalla NATO per fermare la guerra (di Daniele Mallamaci)
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108913&typeb=0&Uscire-dalla-NATO-per-fermare-la-guerra

---

Gerhard Schröder ha già sulla coscienza una guerra di aggressione in Europa, evidentemente vuole rifarsi una verginità impossibile:

"Wieder Krieg in Europa? Nicht in unserem Namen!"
Roman Herzog, Antje Vollmer, Wim Wenders, Gerhard Schröder und viele weitere fordern in einem Appell zum Dialog mit Russland auf. ZEIT ONLINE dokumentiert den Aufruf… (5. Dezember 2014)
http://www.zeit.de/politik/2014-12/aufruf-russland-dialog

'Un'altra guerra in Europa? Non in nostro nome!'
Roman Herzog, Antje Vollmer, Wim Wenders, Gerhard Schröder e molti altri chiedono il dialogo con la Russia.
In Germania ex presidenti, politici, artisti, industriali lanciano un potente appello per la distensione in Europa. I loro colleghi italiani tacciono (di Pino Cabras, 8 dicembre 2014)
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=113212&typeb=0

Keine Entspannungspolitik (Debatte um Prominenten-Warnung vor einer Eskalation zum Krieg)
09.12.2014 - Mit wütenden Reaktionen überziehen Politiker und Journalisten einen Aufruf zu einer Politik der Deeskalation im Machtkampf gegen Russland. Der Westen und Moskau trieben "unausweichlich" auf einen Krieg zu, wenn sie der Eskalationsdynamik "nicht endlich Einhalt gebieten", heißt es in dem Appell, der von mehr als 60 prominenten Vertretern von Politik, Wirtschaft, Kultur und Kirchen unterzeichnet und am vergangenen Freitag veröffentlicht worden ist. Der Aufruf, den Frieden in Europa nicht leichtfertig zu verspielen, sei "eine politisch-intellektuelle Zumutung", erklärt die deutsche Fraktionsvorsitzende der Grünen im Europäischen Parlament. Ein bekannter Historiker wirft den Autoren des Papiers vor, "Ratschläge" zu erteilen, "die man als ziemlich unverschämt zurückweisen darf". Er bezieht dies auf eine Bitte an die Medien, "ihrer Pflicht zur vorurteilsfreien Berichterstattung überzeugender nachzukommen als bisher". Eine "erstaunliche Homogenität in deutschen Redaktionen" hatte bereits Mitte November der deutsche Außenminister beklagt: Es mache das Publikum "misstrauisch", wenn "alle das Gleiche schreiben". Die Dominanz wütender Reaktionen auf den Friedensappell vom vergangenen Freitag belegt nun erneut die politisch motivierte mediale Konformität…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59015


=== 1 ===


Оскар Лафонтен: Левица и рат


Џорџ Ф. Кенен, један од твораца спољне политике САД је након Другог светског рата још 1948. године написао: ”Морамо бити крајње опрезни када говоримо о нашој водећој улози у Азији… Ми поседујемо око 50% богатстава овог света, али чинимо само 6,3% светског становништва… Наш стварни задатак у следећој декади се састоји у изналажењу такаве форме односа која ће нам допустити да задржимо ову разлику у благостању, и да при томе значајније не умањимо нашу националну безбедност…Мораћемо да свудa усредсредимо пажњу на апсолутно своје националне циљеве… Треба да прекинемо са праксом да говоримо о нејасним, нереалним циљевима као што су људска права, подизање животног стандарда и демократизацији. Није далеко дан када ће наше деловање усмеравати трезвена идеја моћи.”

У апсолутне националне циљеве САД спада и обезбеђивање сировина и тржишта. Сједињене Америчке Државе су, додуше супротно Кененовом савету, многе ратове које су водиле после Другог светског рата оправдавале причом о људским правима и демократизацији, али се у стварности увек радило и још увек се ради о тржиштима и изворима сировина. Како би оставриле своје интересе и војним путем, САД располажу највећом војном силом света. Према подацима Штокхолмског института за мир СИПРИ за 2013. годину, САД су су са својих 685 милијарди долара војних издатака евидентно испред Кине са њених 188 милијарди и Русије са 88 милијарди долара. НАТО чланице заједно располажу са 1000 милијарди долара за војни сектор, а ипак се осећају да их Русија са својих 88 милијарди веома угрожава. Овом претњом се, као и у доба Хладног рата, оправдава кампања за повећање издатака за наоружање која се тренутно води у немачким медијима.

И у сукобу у Украјини ради се о сировинама и тржиштима

Барак Обама је на заседању Скупштине УН 24. септембра 2014. изјавио да конфликт у Украјини доказује колико је Русија велика опасност за Европу. Некадашњи државни секретар владе Роналда Регана, Пол Крег Робертс, коментарисо је овај говор овако: ”Апсолутно је непојмљиво да председник Сједињених Америчких Држава стаје пред целокупну светску заједницу да прича о стварима за које сви знају да су еклатантне лажи... Када Вашингтон баца бомбе и током тринаест година без објаве рата напада седам земаља онда то није агресија. У питању је агресија тек онда када Русија усвоји петицију Крима о уједињењу са Русијом за коју је гласало 97 процената становништва.”

И у конфликту у Украјини ради се о сировинама и тржиштима. Тако је примерице амерички концерн „Шеворн“ добио право да експлоатише гас добијен фрекингом, а Хантер Бајден, син америчког заменика председника Џоа Бајдена, члaн je директоријума једне украјинске корпорације за производњу гаса. У процесу ширења НАТО ка Истоку Киев је изостао из сфере утицаја Сједињених Држава, а то више није смело да остане тако.

Овакву спољну политику коју Америка спроводи десетинама година Вили Вимер, државни секретар парламента у Министарству одбране владе Хелмута Кола и дугогодишњи заменик председника ОЕБС-а, коментарише на следећи начин: ”Прво су Сједињене Америчке Државе приморале Уједњене Нације да прихвате НАТО као војни сервис који спроводи њихове безбедносно-политичких мере. Али, даљи циљ који је следила Америка ишао је и иде у другом смеру. Уједињене Нације је требало да буду до те мере маргинализоване да би убрзо могло да се догоди да НАТО, којим доминирају САД, заузме глобалну позицију коју имају Уједињене Нације.”

НАТО нема будућност као пуки инструмент наметања америчких интереса

Хелмут Шмит је, према Теу Зомеру, некадашњем руководиоцу Штаба за планирање у Министарству одбране, пре неког времена, размишљајући на сличан начин, на питање шта су данас смисао и сврха НАТО одговорио: ”У стварности НАТО је излишан.” Објективно гледано, у случају западног савеза ради се у крајњој линији о чистом инструменту америчке глобалне стратегије. Као пуки инструмент наметања америчких интереса НАТО нема будућност. Глобални интервенционизам не може бити његов имепратив.

И на Блиском Истоку су већ деценијама у питању искључиво сировине и тржишта. Све владе Сједињених Државо су покушавале да, у различитим формама, Америци обезбеде премоћ у Југозападној Азији када је у питању било обезбеђивање приступа изворима нафте. Као што знамо, оне нису биле нарочито скрупулозне приликом избора својих средстава. Оне су наоружале талибане, диктатора Садама Хусеина или ИДИЛ да би на крају водиле ратове против њих. Када данас заменик председника САД Џо Бајден оптужује савезнике Америке на Блиском Истоку да су наоружали ИДИЛ и кривицу сваљује на Турску, Саудијску Арабију и Уједињене Арапске Емирате, прећуткује чињеницу да су ови савезници САД уствари деловали као продужена рука америчке политике.

Они који данас својим трупама или испорукама оружја подржавају војне интервенције Сједињених Држава везују се за ону америчку спољну политику која је од Другог светског рата до данас око целе земаљске кугле за собом оставила траг милиона мртвих. У дискусијама око учешћа Бундесвера у војним интервенцијама последњих година не ради се у првој линији о томе да се спасу људски животи, већ суштински о питању не подржава ли Бундесвер ову америчку политику обезбеђивања сировина и тржишта.

Спрега партија система и немачких медија

До сада је немачка партија ЛЕВИЦА одбијала да буде учесник овакве политике. Због тога је партије система ЦДУ, ЦСУ, СПД, ФДП и Зелени, скупа са немачким медијима, годинама нападају, захтевајући да коначно почне да води ”одговорну” спољну политику. Петер Шол-Латур у својој посмртно објављеној књизи ”Проклетство злог дела” пише о улози медија: ”Глобална кампања дезинформисања америчких пропагандних института, којој је успело да најтемељније изманипулише европску медијску сцену, може некоме да изгледа сасвим оправданом, ако се ради о томе да се превари непријатељ... Али, она постаје кобна када се њени аутори запетљају у мрежу сопствених лажи и опсесивних представа, када потпадну под сопствене фантазме.”

Аргумент који се увек потура како не смемо да пасивно гледамо како људи пате или умиру лицемеран је и лажан. Западна заједница негованих вредности пасивно посматра мање више сваки дан како људи умиру од глади и болести. Избеглице се утапају, заразе попут еболе се шире, док индустријске земље ни у назнакама не размишљају о томе да за спас ових људи дају бар приближно онолико новца колико га годишње дају за војни комплекс. Просто нас изненади када видимо како се изненада пробуди сажаљење политичара и политичарки, када им се пружи прилика да се заложе за војну инервенцију, оставши при томе потпуно неосетљиви док гледају свакодневну глад, смрт и болест или дављење избеглица у светским морима.

Политичка левица у Европи могла је да одахне када је папа Фрања установио: ”Оваква привреда убија.” Ту привреду ЛЕВИЦА назива капитализмом. Пре скоро једног столећа француски социјалиста Жан Жорес је написао: ”Капитализам носи у себи рат као што облак носи кишу.” Другачије формулисано: Да би се обезбедиле сировине и тржишта у оваквом привредном систему ће увек бити употребљена војна сила.

Савремени француски социјалисти су из свог сећања протерали Жана Жореса исто онако као што су немачке социјалдемократе протерале Вилија Бранта чија је одлучујућа реченица у његовом говору приликом доделе Нобелове награде за мир гласила: ”Рат није ultima ratio већ ultima irratio.” У међувремену су војне интервенције постале неодвојив део спољне политике СПД.

”ЛЕВИЦА је интернационалистичка странка мира”

Седиште ЛЕВИЦЕ је у Дому Карла Либкнехта. Њени чланови осећају дуг према наслеђу Карла Либкнехта: ”Крај ратовима!” ЛЕВИЦА себе види као део ове традиције, уневши у свој програм став: ”ЛЕВИЦА је интернационалистичка странка мира која се бори против насиља.”

Meђутим, Грегор Гизи и још неколико политичара ЛЕВИЦЕ, које медији славе као ”реформаторе”, покушавају да се реше наслеђа Карла Либкнехта у програму ЛЕВИЦЕ. При томе они су бацили око на учешће у влади црвено-црвено-зелене коалиције. СПД и Зелени су условили састављање такве заједничке савезне владе одустајањем ЛЕВИЦЕ од њених миротворних политичких принципа.

Међутим, самосвесна политика изгледа другачије. Захтевима попут оног ”Напоље из Авганистана!” и ”Не извозу оружја!” ЛЕВИЦА је добила на изборима. И данданас већина грађана Савезне Републике одбија извоз оружја и војне интервенције Бундесвера у иностранству. ЛЕВИЦА има бољи одговор на питање: ”Хоћете ли да пасивно посматрамо како људи умиру?” Помозите, шаљите лекаре и болничарке уместо војника, храну и лекове уместо оружја. То је миротворна алтернатива војсци која ратује.”

То је и понуда ЛЕВИЦЕ СПД-у и Зеленим за формирање заједничке савезне владе. Ако би се социјалдемократе вратиле на пут Вилија Бранта, ништа не би било на путу сарадњи на пољу спољне политике. Таква спољна политка би, у духу политике попуштања затегнутости, била у споразумевању са Русијом које је у елементарном интересу Немаца. Одустајање од примене силе, добросуседски односи, попуштање затегнутости, заједничка безбедност су увек примеренији у обезбеђивању мира него што су то извоз оружја, интервенционистички ратови, кршење међународног права или санкције.

На хиљаде убистава дроновима да би се осигурали геостратешки интереси САД империје

Чак и када би све наведено и било тачно, зар не постоји обавеза да се помогне, ако треба и оружјем, људима попут Јесида, Курда или многих других народа којима је последњих година претило уништење? Само, коју војну интервенцију је могла да наложи Организација Уједињених Нација да би заштитила становништво Вијетнама од рата, када су Сједињене Америчке Државе користиле напалм бомбе и када су страдали милиони људи? Коју војну интервенцију је она могла да нареди у циљу заштите становништва у Ираку чији број жртава једна америчка студија процењује на пола милиона?

Само у случају када би се САД потчиниле одлукама реформисане ОУН – а оне су тренутно од тога удаљене светлосне године - могли бисмо да замислимо формирање светске полиције која би могла да спречи насиље на начин како то раде полиције у националним државама. Све док САД имају освајање извора сировина и тржишта за циљ своје спољне политике, сва размишљања да се светски мир и право могу поново успоставити војним средствима не спадају у домен реалне политике. То су сањарије људи који нису у стању да анализирају светске структуре моћи или неће да виде да најмоћнију војну силу на кугли земаљској води председник који је, да би осигурао геостратешке интересе имерије САД, наредио на хиљаде смакнућа дроновима и који је о себи изјавио: ”Добар сам у убијању људи.”

Kaнтов категорички императив: ”Делај само у складу са оном максимом чије придржавање омогућава твоје хтење да она постане општи закон” је прикладано упутство за делање када светске државе желе да живе у миру једне са другима. Придржавање међународног права, одрицање од силе, разоружање, заједничка безбедност и добросуседство следе овај императив, док спољна политика која има за циљ да освоји сировине и тржишта, ако сама оцени да треба, и војним средствима увек води у нове ратове.

Аутор је бивши председник СПД-а, касније странке ЛЕВИЦА. Данас је вођа фракције ЛЕВИЦЕ у Сарланду.

Превод са немачког: Бранка Јовановић



=== 2 ===

Se dici guerra…
Basi mili­tari, tec­no­lo­gie e pro­fitti 

a cura di Gre­go­rio Pic­cin
Udine: Edi­zioni Kappa Vu, 2014

ISBN 978 88 97705 444 – 12 euro
per acquistare: http://www.ecommerce.kappavu.it/se-dici-guerra.html

---

L’unità di misura della Nato per il mondo

Una recensione da “Il Manifesto” del 17 settembre 2014 di Simone Pieranni

Saggi. «Se dici guerra…», un volume collettivo per le edizioni Kappa Vu. I mutamenti geopolitici testimoniano il declino dell’impero Usa e l’incapacità dell’Europa di una propria politica estera autonoma


Il recente ver­tice Nato a New­port, in Gal­les, con­si­de­rato il più impor­tante dalla costi­tu­zione dell’Alleanza Atlan­tica, ha con­fer­mato in modo cla­mo­roso molte delle rifles­sioni e ana­lisi con­te­nute in Se dici guerra… basi mili­tari, tec­no­lo­gie e pro­fitti (a cura di Gre­go­rio Pic­cin, edi­zioni Kappa Vu, 12 euro).

Il volume è una rac­colta di inter­venti sui con­flitti bel­lici ina­nel­lati da un filo con­dut­tore, la totale subal­ter­nità di Ita­lia ed Europa alla Nato e agli Stati uniti. Si tratta di un dato con­fer­mato, del resto, anche nell’ultimo mee­ting «atlan­tico». Dovendo occu­parsi di Ucraina e di Isis, a fare la parte del padrone è stato Barack Obama, capace di det­tare la linea tanto sull’Ucraina, quanto sulla «coa­li­zione» extra Nato che dovrà annien­tare la nuova orga­niz­za­zione isla­mi­sta che imper­versa nelle regione tra Iraq e Siria (creata però pro­prio da chi ha finan­ziato «i ribelli» con­tro Assad in Siria). Ci sono molti punti che il libro coglie in pieno. In primo luogo, la subal­ter­nità ita­liana alla Nato.

Come scrive Giu­seppe Casar­ru­bea, nel capi­tolo «La Nato e gli eser­citi Stay behind in Ita­lia», la situa­zione ita­liana «è carat­te­riz­zata dall’assenza di una pre­cisa iden­tità demo­cra­tica e dal suo per­fetto alli­nea­mento stra­te­gico mili­tare con la visione sta­tu­ni­tense del mondo» Per quanto l’idea di un fronte comune euro­peo, «non c’è chi non veda come l’attuale con­ce­zione di que­sta idea sia pro­gres­si­va­mente deca­duta, sup­po­sto che abbia mai avuto una sua con­si­stente forza reale».

Come spiega bene Man­lio Dinucci, una firma pre­sente in tema di armi, guerre e Alleanza Atlan­tica sul mani­fe­sto, nel capi­tolo «Il rio­rien­ta­mento stra­te­gico della Nato dopo la guerra fredda» la scom­parsa dell’Urss e del suo blocco di alleanza ha creato un primo momento di svolta, dando vita nella regione euro­pea ed euroa­sia­tica «ad una situa­zione com­ple­ta­mente nuova». La Nato amplia la pro­pria con­ce­zione si sicu­rezza, muta i suoi con­cetti stra­te­gici, pun­tando a coin­vol­gere altri paesi oltre quelli nord atlan­tici. Si comin­cia così a deli­neare la «Grande Nato». L’Italia, natu­ral­mente, par­ te­cipa. «Tale stra­te­gia — scrive Dinucci — è fatta pro­pria anche dall’Italia quando sotto il sesto governo Andreotti par­te­cipa alla guerra del Golfo: i Tor­nado dell’Aeronautica ita­liana effet­tuano 226 sor­tite per com­ples­sive 589 ore di volo».

Sem­bra una vita fa. C’era l’America dei Bush; Washing­ton era uscita vin­ci­trice dal con­fronto con l’Unione Sovie­tica e poteva ancora affer­mare l’unilateralità impe­riale degli Usa. Da allora, molta acqua è pas­sata sotto i ponti. L’impero ame­ri­cano è in declino, men­tre altri stati affer­mano la pro­pria poli­tica di potenza. Il mondo è cioè diven­tato mul­ti­po­lare. In mezzo ci sono state le guerre jugo­slave, l’11 set­tem­bre, le pri­ma­vere arabe. E oggi, l’Ucraina, rap­pre­senta in pieno i cam­bia­menti epo­cali del mondo e la volontà sta­tu­ni­tense nel per­se­guire la sua poli­tica di potenza, uti­liz­zando come pedine in una scac­chiera tanti altri paesi, com­presa l’Europa, com­presa l’Italia. Secondo Dinucci, «l’operazione con­dotta dalla Nato in Ucraina ini­zia già nel 1991». Non riu­scendo l’operazione di ade­sione dell’Ucraina nell’Alleanza atlan­tica, gli Stati uniti hanno ini­ziato a tes­sere quelle reti di col­la­bo­ra­zione mili­tare, teste di ponte per agenti Cia e un lavo­rio ben più denso di natura poli­tica.

La nuova stra­te­gia Usa è spie­gata dal segre­ta­rio della difesa ame­ri­cana Chuc­kel Hagel. Le ope­ra­zioni ame­ri­cane, spiega Hagel, «non inten­dono più essere coin­volte in grandi e lun­ghe ope­ra­zioni di sta­bi­lità oltre­mare, come in Iraq o Afgha­ni­stan». Ormai la guerra si fa con squa­dre spe­ciali, con droni, con la crea­zione di quelle con­di­zioni «per desta­bi­liz­zare i paesi e pre­pa­rare suc­ces­si­va­mente attac­chi mili­tari mirati». Nel volume ci sono altri spunti di rifles­sione, ad esem­pio il ruolo dei sin­da­cati all’interno dell’economia della spesa mili­tare, che come richie­sto da Obama a New­port aumen­terà anche in Ita­lia.

Gianni Alioti scrive sul ruolo del sin­da­ca­li­smo ita­liano, che per l’autore si è «più volte messo in gioco sulle con­trad­di­zioni di natura etica e poli­tica, alla base della pro­du­zione e del com­mer­cio di arma­menti. Lavo­rando, insieme ai movi­menti paci­fi­sti e anti­mi­li­ta­ri­sti, sui temi del disarmo e del con­trollo dell’export e agendo in molti casi per la diver­si­fi­ca­zione e ricon­ver­sione nel civile delle indu­strie a pro­du­zione mili­tare». Argo­mento più che mai attuale, dato il pre­vi­sto aumento delle spese mili­tari in Ita­lia. La guerra è un evento nefa­sto, come abbiamo appreso dai rac­conti dei nostri nonni, padri e madri. Guerra è fame, sof­fe­renza e morte: una ter­ri­bile realtà che le moderne armi pro­vano invece ad annul­lare, ridu­cendo i con­flitti bel­lici a un buon busi­ness o a una lotta di civiltà.

Come spe­ci­fica nell’introduzione Tom­maso Di Fran­ce­sco, «è nato un nuovo gior­na­li­smo embed­ded, al seguito col­la­te­rale degli eser­citi sul campo, una gene­ra­zione di inviati di guerra, come se la guerra fosse un evento natu­rale ogget­tivo e non un evento umano sulq uale avere un punto di vista con­tra­rio». Que­sti sono i mec­ca­ni­smi da sra­di­care e di cui invece «avere cura». Per­ché, si chiede Di Fran­ce­sco, «non c’è ancora una gene­ra­zione che riven­di­chi «il ruolo di inviati «con­tro» la guerra?».


=== 3 ===

The following article in the original english version:

Far from keeping the peace, Nato is a threat to it (by Seumas Milne, The Guardian, Wednesday 3 September 2014)
It was the prospect of Ukraine being drawn into the western military alliance that triggered conflict in the first place…
http://www.theguardian.com/commentisfree/2014/sep/03/nato-peace-threat-ukraine-military-conflict

---

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108949&typeb=0&La-NATO-e-una-minaccia-per-la-pace

La NATO è una minaccia per la pace

«La Nato ama considerarsi come una comunità internazionale. In realtà si tratta di un club militare interventista ed espansionista degli stati ricchi del mondo e i loro satelliti sono utilizzati per far rispettare gli interessi strategici ed economici occidentali». 

http://www.theguardian.com

di Seumas Milne 

Per i guerrafondai occidentali è un buon momento per stare in Galles. Un'alleanza militare che per anni ha lottato per giustificare la sua stessa esistenza ha preparato una fitta agenda per il suo vertice a Newport. La Nato può anche non essere al centro dei piani diBarack Obama e David Cameron per far decollare l'intervento in Medio Oriente e cancellare il cosiddetto pericolo dello Stato islamico ma dopo 13 anni di sanguinosa occupazione dell'Afghanistan e un nefasto intervento militare in Libia, l'alleanza occidentale ha finalmente un nemico che sembra adattarsi perfettamente alle sue strategie. Passando per l'ex repubblica sovietica dell'Estonia di oggi, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che la Nato è pronta a difendere l'Europa da una "aggressione russa".

Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen - che nel 2003 dichiarò, così come il primo ministro danese, che "l'Iraq possiede armi di distruzione di massa ... lo sappiamo" - ha rilasciato le immagini satellitari che dimostrerebbero la supposta invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Per non essere da meno, il primo ministro britannico ha paragonato Vladimir Putin a Hitler.

Il vertice ha in programma la costituzione di una forza di reazione rapida da dispiegare in Europa orientale per scoraggiare Mosca. La Gran Bretagna sta inviando truppe in Ucraina per esercitazioni militari. A Washington, i falchi del Congresso stanno chiedendo a gran voce una pacificazione e un intervento per dare all'Ucraina "una forza combattente più capace di resistere" alla Russia.

Ogni speranza per un accordo su il cessate il fuoco venuto dal presidente dell'Ucraina come via per porre fine al conflitto è naufragata nel momento in cui il suo primo ministro, Arsenij Yatseniuk - un favorito americano a Kiev - ha descritto la Russia come uno "stato terrorista" e, incoraggiato da Rasmussen, ha chiesto che all'Ucraina sia consentito di aderire alla NATO. Ma fu proprio la minaccia che l'Ucraina potesse entrare in un'alleanza militare ostile alla Russia, e nonostante l'opposizione della maggior parte degli ucraini e del governo da essi eletto, che innescò questa crisi.

Invece di mantenere la pace, è stata proprio la Nato la causa dell'escalation delle tensioni e della guerra. Che è quanto la Nato fa da quando è stata fondata nel 1949, al culmine della guerra fredda, sei anni prima del Patto di Varsavia, come un trattato di difesa contro la minaccia sovietica. Si è spesso affermato che l'alleanza ha mantenuto la pace in Europa per 40 anni, quando in realtà non c'è la minima prova che l'Unione Sovietica abbia mai pensato di attaccare.

Dopo il crollo dell'URSS, il Patto di Varsavia è stato debitamente sciolto. Lo stesso non è accaduto per la NATO, pur essendo venuta meno la ragione apparente per la sua esistenza. Se la pace fosse stata veramente il suo fine, si sarebbe potuto utilmente trasformarla in un accordo di sicurezza collettiva a cui far partecipare anche la Russia, sotto l'egida delle Nazioni Unite.

La NATO si è posta invece nuovamente "out of area" assegnandosi il mandato a fare la guerra unilaterale, dalla Jugoslavia in Afghanistan e in Libia, come avanguardia di un nuovo ordine mondiale dominato dagli Stati Uniti. In Europa ha gettato le basi per la guerra in Ucraina rompendo l'impegno tra Stati Uniti e Mosca eprocedendo inesorabilmente verso un'espansione ad Est: prima nei paesi dell'ex Patto di Varsavia, poi nei territori della ex Unione Sovietica.

Ma il "grande premio", come il capo della fondazione statunitense National Endowment for Democracy ha ammesso l'anno scorso, è stato la divisione etnica dell'Ucraina. Dopo che l'Unione Europea siglò un trattato militare unilaterale con l'Ucraina che escludeva un accordo coi russi - che il corrotto ma regolarmente eletto presidente dell'Ucraina rifiutò di firmare e per questo fu rovesciato da un vero e proprio colpo di stato sostenuto dagli Stati Uniti - divenne quasi paranoico per la Russia vedere l'acquisizione dello stato confinante come una minaccia ai suoi interessi fondamentali.

Sei mesi dopo, nell'Ucraina orientale la resistenza filorussa alle forze nazionaliste di Kiev appoggiate dalla Nato è diventata una guerra su vasta scala. Ci sono stati migliaia di morti e violazioni dei diritti umani da entrambe le parti, mentre le truppe governative e i loro ausiliari irregolari bombardano aree civili e rapiscono, detengono e torturano in massa i sospetti separatisti.

Le forze ucraine sostenute dai governi occidentali sono gruppi come ilbattaglione neo-nazista Azov, il cui simbolo è il "dente di lupo" usato dagli assaltatori di guerra nazisti. Il regime di Kiev, sempre più repressivo, sta ora tentando perfino di vietare il partito comunista ucraino, che ha ottenuto il 13% dei voti alle ultime elezioni parlamentari.

D'altronde la Nato, che spesso in passato ha avuto tra i suoi membri anche governi fascisti, non è mai stata troppo esigente in fatto di democrazia. Le prove portate a sostegno delle sue affermazioni sull'invasione dell'Ucraina orientale da parte delle truppe russe sono inconsistenti. Le forniture di armi e gli interventi segreti a sostegno dei ribelli del Donbass - comprese le forze speciali e irregolari - sono un'altra cosa.

Ma questo è esattamente ciò che le potenze della NATO, come Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia sono state impegnate a fare in tutto il mondo per anni, dal Nicaragua alla Siria e in Somalia. L'idea poi che la Russia abbia inventato una nuova forma di "guerra ibrida" in Ucraina è quanto meno bizzarra.

Ciò non vuol dire che la guerra per procura tra la Nato e la Russia in Ucraina non sia brutta e pericolosa. Ma non è necessario avere alcuna simpatia per l'autoritarismo oligarchico di Putin per riconoscere che la NATO e l'UE, non la Russia, hanno scatenato questa crisi e che sono le stesse potenze occidentali che resistono alla soluzione negoziata che è l'unica via d'uscita, per paura di apparire deboli.

Tale soluzione dovrà includere come minimo l'autonomia federale, la parità di diritti per le minoranze e la neutralità militare, in altre parole, no Nato. Con l'aumento dello spargimento di sangue e il centro di gravità politico di Kiev spostato sempre più a destra l'economia dell'Ucraina sta implodendo, solo i suoi sponsor occidentali possono fare qualcosa. L'alternativa, dopo la Crimea, è l'escalation e la disintegrazione.

La Nato ama considerarsi come una comunità internazionale. In realtà si tratta di un club militare interventista ed espansionista degli stati ricchi del mondo e i loro satelliti sono utilizzati per far rispettare gli interessi strategici ed economici occidentali.


(3 settembre 2014)

Link articolo originalehttp://www.theguardian.com/commentisfree/2014/sep/03/nato-peace-threat-ukraine-military-conflict

Traduzione di Pier Francesco De Iulio per Megachip.info

© Illustration: Matt Kenyon.



=== 4 ===


НАТО НИЈЕ ЧУВАР МИРА

(Међународна сарадња - Актуелно |  6. новембар 2014.)

Међународна федерација отпора и антифашиста ФИР, са седиштем у Берлину, чији је агилни и угледни члан СУБНОР Србије, упутила је апел светској јавности.

„Поводом 100-годишњице почетка Првог светског рата и 75. годишњице агресије хилеровске Немачке на Пољску 1. септембра 1939. године као почетак Другог светског рата, Међународна федерација бораца отпора (ФИР), кровна асоцијација организација некадашњих бораца отпора, партизана, чланица антихитлеровске коалиције, прогањаних од нацистичког режима, и данашњи антифашисти из 25 европских земаља и Израела – позива мировне покрете, политичке групе и владе на заједничке активности за нову међународну политику мира.

Ратови од 1914-18. и 1939-45. нису били резултат ни „месечара“ нити „коалиције тоталитарних режима“, него доказ о битки за империјалистичке интересе, за моћ и утицај у Европи и свету.

После ослобођења од фашизма 1945. године, антихитлеровска коалиција је покушала да одлукама Потсдамске конференције и стварањем ОУН изгради нове међународне односе и искључи рат из живота народа. Потсећамо да је задњих 40 година, кроз политичке активности народа и држава ОЕБС-а, успешан био процес елиминисања опасности од рата у Европи.

Од времена рата у Југославији и грађанског рата у Украјини, можемо видети да је опасност у садашњој Европи реална. Мада се чују другачији гласови од оних 1914. и 1939. године, ипак су присутни и нарастајући интереси за продор силе и утицаја у регионе са природним ресурсима и сировинама.

НАТО присваја себи право за утицај и активности на глобалном  нивоу, наводно ради „одбране западних вредности“, док су повреде људских права и масовна убијања у току због материјалног богатства. Игнорише се и право на самоопредељење народа.

Као „Весник мира“, добитник великог признања светске заједнице народа, позивамо ОУН, међународне организације и друштвене снаге да подрже иницијативе за нову политику мира.То укључује признавање права на егзистенцију свих земаља и примену равноправног међународног поретка. Посебан допринос би могле да пруже земље ЕУ ако одбаце милитантну спољну политику.

У том смислу позивамо снаге мира, партије, синдикате и критичаре глобализације да буду активни у акцији, у гласањима и објашњавањима нове међународне политике мира.

ФИР позива своје чланице да учествују у таквим иницијативама с обзиром на своја историјска искуства“ – стоји у поруци Извршног комитета Међународне федерације отпора и антифашиста.




(english / italiano)

Da Talerhof a Gorlovka e ritorno. Hitler e Mussolini in Ucraina e Donbass

1) 4 settembre 1914-2014: Il tragico anniversario di Talerhof, primo campo di concentramento per i russi dell'Ucraina
2) La campagna di Russia di Mussolini (La Voce della Russia, 2011)
3) Ephraim Zuroff principale cacciatore di criminali nazisti, getta una grave accusa sulla nuova dirigenza ucraina 
4) L'Ucraina elimina la Grande Guerra Patriottica dai libri di testo
5) BREVI: In Ucraina occidentale esortano a non frequentare la Chiesa del Patriarcato di Mosca / Indottrinamento razzista dei bambini da parte della parlamentare Irina Farion / Gorlovka 1941-2014 / Kiev distrugge intenzionalmente le chiese ortodosse del Donbass / A scuola di nazismo in Ucraina


Vedi anche:

MUSSOLINI E HITLER IN RUSSIA, 1941
Cinegiornale d'epoca ci mostra Hitler e Mussolini in Donbass mentre visitano le truppe impegnate nella costruzione dell'Unione… (oops) del Nuovo Ordine Europeo

I BOIA UCRAINI
1) Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia
2) Trieste: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba / Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»

LONDON, NOV. 17, 2014: ANTIFASCISTS GATHER TO PROTEST REMEMBRANCE OF UKRAINIAN WAR TIME NAZI COLLABORATORS


=== 1 ===

http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=488:il-tragico-anniversario-di-talerhof&catid=2:non-categorizzato

Il tragico anniversario di Talerhof

Scritto da Georgij Poljakov


"Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato ".

William Faulkner, Requiem per una monaca 

 

Sono passati un centinaio di anni da quando è stato creato il primo campo di concentramento in Europa (1): in Galizia, destinato ai russi e ai credenti ortodossi. 

 


Il 4 Settembre 2014 ha segnato il centenario della tragedia dei campi di concentramento di Talerhof [Thalerhof] e Terezin [Theresienstadt], dove decine di migliaia di vittime hanno trovato una morte violenta, martirizzati per la loro fede ortodossa, per il rifiuto di tradire le proprie convinzioni, per il rifiuto di chiamarsi ucraini.

L'Anno 2014 – carico di presentimenti e di violenza – coincide in modo molto simbolico con due anniversari tragici della nostra storia; cento anni dall'inizio della prima guerra mondiale, e cento anni da quando il sangue dei martiri è stato versato nei campi di concentramento di Terezin e Talerhof. Sì, il 4 settembre 1914, quando cancelli dell'inferno di Talerhof si sono spalancati, è diventato un giorno di dolore, non solo per i russini ortodossi della Transcarpazia, vittime di una tirannia orribile per mano dei servi del Vaticano, ma per l'intero universo russo nel suo complesso. Non è un puro caso che la prima mega-guerra e il primo campo di concentramento abbiano contaminato contemporaneamente la nostra esistenza, come due corna di Satana: l'improvviso attacco infido che ha portato allo sterminio di creature di Dio su scala inimmaginabile. La guerra e il campo – creati nella stessa fabbrica, con sede negli inferi, sono divenuti i principali strumenti di annientamento della razza umana nell'era industriale.

Nel 1914-1917 il governo dell'Austria-Ungheria, con il sostegno esplicito della Germania e con la partecipazione diretta della Polonia, si è impegnato nello sterminio sistematico delle popolazioni ortodosse di Transcarpazia, Galizia e Bucovina. I ricercatori hanno stimato che la popolazione russina dell'Impero austro-ungarico contrava tra 3,1 e 4,5 milioni di persone all'inizio del XX secolo. Queste persone sono state sottoposte alle peggiori persecuzioni, scherni, umiliazioni, torture e orribili stragi. Decine di migliaia di russini hanno pagato con la vita la loro fedeltà alla loro fede e al loro patrimonio, per il loro diritto a rimanere russi.

La seconda metà del XIX secolo aveva visto la rinascita della cultura russina in Austria-Ungheria. Il popolo ancora una volta divenne consapevole del proprio posto in una cultura pan-russa, di appartenere a un indivisibile universo – dalla Kamchatka alle montagne dei Carpazi russi. In realtà, la leadership delle organizzazioni nazionali russine in Bucovina, Galizia e Transcarpazia era nelle mani dei partigiani dell'idea di una "grande" Russia unita. Chiamare se stessi o altri "ucraini" non era un dato etnico, ma piuttosto una sorta di etichetta politica, che descriveva la minoranza anti-russa.

I governanti dell'impero austro-ungarico, profondamente preoccupati da un'improvvisa rinascita dell'Ortodossia, risposero con arresti di massa tra i russi di Transcarpazia e Bucovina. Come antidoto ai sentimenti filo-russi il governo imperiale aveva creato, e quindi incoraggiato, la crescita della cosiddetta "scoperta etnica di sé" – le nozioni di etnicità "ucraina" e di nazione ucraina tra le parti della popolazione sensibili a tale sovversione. Gli "ucraini" sono stati così creati da menti polacche e austriache come mezzo per spostare i fedeli ortodossi verso una variante artificiale del cattolicesimo e un nuovo linguaggio "ucraino" creato artificialmente. Ma i campi di concentramento di Terezin e Talerhof hanno mostrato il vero volto della '"illuminata" reazione cattolica europea alla rinascita della fede ortodossa nel loro cortile. Questa è stata la reazione del prototipo della moderna Unione Europea, non ancora coperta dalla foglia di fico della "tolleranza" e simili inutili verbosità, contro la rinascita dell'universo russo, la Terza Roma scelta da Dio, la Santa Rus'.

Nel libro scritto da Javorskij, dal titolo "Il terrore in Galizia nel 1914-15", leggiamo questa terribile testimonianza: "Arrestavano chiunque, senza un giusto processo, chiunque si definiva russo, che portava un nome russo; chiunque teneva, anche in segreto, un giornale russo, un libro, un'icona o addirittura una cartolina. Hanno arrestato allo stesso modo intellettuali o contadini, uomini o donne, anziani o bambini, malati o sani. I loro obiettivi principali erano, ovviamente, i chierici ortodossi, i sacerdoti – quei capi disinteressati di congregazioni, "il sale della terra", l'essenza delle terre galiziano-russe. Hanno sostenuto il peso della crudeltà – tormentati, torturati, derisi, incessantemente inviati di prigione in prigione, a morire di fame e di sete, picchiati fino a quando perdevano i sensi, incatenati, giustiziati per fucilazione o per impiccagione... innumerevoli vittime innocenti, sofferenze senza limiti, il martirio di bagni di sangue, fiumi di lacrime degli orfani".

Questo è stato un genocidio, una pulizia etnica diretta ai russi, agli ortodossi. Avevano luogo su base regolare rastrellamenti di interi villaggi, uomini, donne, anziani, bambini... Oltre 100.000 russini etnici sono stati fisicamente sterminati dall'Impero. È un fatto significativo che, fino all'inverno del 1915, il campo di concentramento di Talerhof non aveva caserme. I detenuti hanno vissuto i loro ultimi giorni a cielo aperto, con sole, pioggia o neve. Sono stati impiccati, fucilati o uccisi a colpi di baionetta. Prima delle esecuzioni sono stati sottoposti a orribili torture - dita, labbra, orecchie tagliate. Altri 150.000 sono morti negli stessi campi – non per le esecuzioni, ma di malattia, freddo e fame. Centinaia di migliaia sono riusciti a fuggire andando in esilio. L'unico "crimine" di chi era perseguitato: il rifiuto di diventare "ucraini", il rifiuto di riconoscere il papa come loro sovrano, il rifiuto di tradire la loro fedeltà alla fede ortodossa, all'etnia e alla lingua russa. 

Questo terribile crimine non è qualcosa che all'Europa moderna piace ricordare. Uno dei pochi memoriali, una lapide nel cimitero Lichakovskij a Leopoli, ha inciso sulla pietra: "Alle vittime di Talerhof – Rus' galiziana". Allora, la Russia non era intervenuta per salvare la vita dei propri fratelli in Ucraina occidentale. Ora, un secolo dopo, la storia si ripete; gli eventi seguono il vecchio scenario familiare di un'imminente tragedia. La guerra e i campi [di filtrazione], come due corna, puntano ancora una volta su vittime familiari, identificate da due tratti – russi e ortodossi. Nei mille anni del permanente stato di guerra tra ortodossia e cattolicesimo, Oriente e Occidente, Cristo e Anticristo, il secolo scorso è stato il più sanguinoso di tutti. Mentre scriviamo queste righe, orde di nuovi Cainsi, ucraini fratricidi e posseduti, stanno versando il sangue dei loro fratelli nel Donbass, e nuovi campi di filtraggio sono in costruzione a Zhdanovka (regione di Donetsk) e Martynovka (nei pressi di Nikolaev). Secondo le dichiarazioni ufficiali, queste allusive strutture, circondate da alte mura e filo spinato, sono destinate a "ospitare temporaneamente gli immigrati clandestini." Ma Mikhail Koval, un generale di alto rango dell'esercito ucraino, ha dichiarato pubblicamente un obiettivo diverso: "Effettueremo una filtrazione completa della popolazione. Dovremo utilizzare alcune tecniche di filtrazione per assicurarci che nessuno, comprese le donne, che nutra simpatie separatiste rimanga... Naturalmente separeremo gli uomini e le donne per il trattamento .... Dopo la filtrazione re-insedieremo quelli ritenuti affidabili in regioni remote... Daremo un'occhiata da vicino anche a tutti i partecipanti alla "guerra delle informazioni". Le nostre forze speciali compiranno la ricerca dei computer, dei collegamenti telefonici, degli amici ... "

Così il 1914 si ripete. La Russia troverà questa volta la forza spirituale e il coraggio di alzarsi e fermare l'attacco da parte delle forze delle tenebre? Il giorno del nostro giudizio dipende dal risultato.

Nota

(1) In Europa, ma non nel mondo: i primi 'campi di concentramento' moderni sono stati stabiliti dagli inglesi durante la seconda guerra boera.

 

Traduzione Padre Ambrogio       -    da ortodossiatorino



=== 2 ===



La campagna di Russia di Mussolini 1

di Anna Gromova e Aurelio Montingelli, 24 luglio 2011

Da Mosca La Voce della Russia. La campagna di Russia di Mussolini. Italiani, brava gente? Prima puntata. Il 10 luglio del 1941 Mussolini invia in Russia il Corpo di spedizione italiano. Questa e’ la data ufficiale, ma dalla stampa sovietica emerge una realta’ alquanto diversa.

Da Mosca La Voce della Russia.
La campagna di Russia di Mussolini.
Italiani, brava gente?
Prima puntata.
Il 10 luglio del 1941 Mussolini invia in Russia il Corpo di spedizione italiano. Questa e’ la data ufficiale, ma dalla stampa sovietica emerge una realta’ alquanto diversa.
Il 2 luglio del 1941 Ilia Erenburg, una delle penne piu’ caustiche della letteratura sovietica, affida alle pagine del giornale “Krasnaja Zvezda” (Stella rossa), organo ufficiale del ministero della difesa un articolo intitolato “Piccolo feulleiton. Un servizievole lacche’”.
Leggiamo qualche stralcio:
Oggi Adolf Hitler potra’ dormire tranquillamente. Benito Mussolini ha deciso di mandargli in aiuto una divisione italiana. Per attraversare il Prut i romeni senza paura non sono bastati. Adesso ci vogliono gli invincibili italiani.
I francesi sogliono dire: “Anche la fanciulla piu’ bella non puo’ darti piu’ di quanto abbia”.
Mussolini pronuncia discorsi bellicosi, canta serenate e dispiega bandiere.
Ma a Hitler tutto questo non basta. Lui ha bisogno di soldati, che tra l’altro sappiano combattere.
Qualcuno gia’ dice per celia o forse no, che Mussolini avrebbe gia’ l’idea di costruirsi un Arco di trionfo tutto per se’, accanto a quelli della storia.
L’opera si puo’ fare. Ma chi ci passera’ sotto?
I soldati che Mussolini manda in combattimento di regola non fanno ritorno, perche’ preferiscono darsi prigionieri.
Certamente, gli italiani non sono vigliacchi. Sanno e possono combattere, ma non vogliono morire ne’ per Hitler e ne’ per il suo lacche’.
 Cento anni fa, i milanesi si levarono al grido “Fuori i tedeschi!” e conquistarono l’indipendenza.
I fascisti italiani hanno venduto il paese a Hitler.
Il popolo italiano si prepara ad una nuova guerra di liberazione”.
In questo articolo pubblicato una settimana prima della partenza ufficiale dei soldati italiani per la Russia troviamo gia’ la linea che la stampa sovietica seguira’ nei confronti delle truppe che tre dittatorelli avrebbero gettato in un conflitto troppo grande per loro.
Le “loro imprese” saranno sempre guardate con ironia nel momento in cui si esprime ai rispettivi popoli la massima solidarieta’ e... una speranza.
In questo articolo Erenburg gia’ prevede che il popolo italiano dara’ vita ad una nuova guerra di liberazione e scaccera’ il nemico tedesco dal suolo nazionale.
Ma la strada che portera’ alla Resistenza,  sara’ lunga e dolorosa.
Il 10 luglio di quel fatidico 1941, sempre la Krasnaja Zvezda pubblica un articolo sull’Italia che nonostante la coincidenza delle date, racconta un episodio di quella Resistenza che sta gia’ nascendo se non nelle strade, nei cuori di chi non si era mai arreso alla tirannide.
 “L’agenzia Tass comunica da Ginevra che sono stati portati da Milano alcuni volantini diffusi nel capoluogo lombardo dopo il discorso alla radio di Stalin...
Quel discorso era stato pronunciato alla radio da Stalin in persona che con accenti nuovi si era rivolto al popolo sovietico dopo 11 giorni di silenzio che aveva fatto nascere in patria timori terribili, che all’estero si erano ingigantiti a dismisura.
Ascoltiamolo:
Compagni! Cittadini! Fratelli e sorelle! Combattenti dell’esercito e della Marina. Sono io a rivolgermi a voi, amici miei. 
La proditoria aggressione della Germania nazista alla nostra patria continua. Nonostante l’eroica resistenza dell’Armata Rossa, nonostante che le migliori divisioni nemiche abbiano gia’ trovato sui campi di battaglia la loro tomba, il nemico continua ad andare avanti. Le truppe hitleriane sono riuscite ad impadronirsi della Lituania, di gran parte   della Lettonia, della Bielorussia occidentiale, di parte dell’Ucraina occidentale. L’aviazione fascista allarga la sua sfera di azione e bombarda Murmansk, Orscia, Moghiliov, Smolensk, Kiev, Odessa, Sebastopoli.
I comunisti italiani hanno visto nel discorso di Stalin un programma di azione. L’Unione Sovietica non si pieghera’ mai.
Dall’aggressione di Hitler all’Unione Sovietica, prosegue “Krasnaja Zvezda”, le organizzazioni antifasciste hanno stampato e diffuso nelle maggiori citta’ italiane decine di volantini e di appelli ai vari ceti sociali e all’esercito. 
Il discorso di Stalin, racconta un giornalista giunto fortunosamente da Milano, e’ caduto su un terreno fertile. E’ risuonato come un grido d’allarme. 
E un appello ad annientare il fascismo. 
Ogni italiano sente doppiamente il giogo fascista. Soffre per la cricca fascista dominata dal duce e da tutta la banda dei suoi familiari. E soffre per i nazisti tedeschi che hanno praticamente gia’ soggiogato l’Italia e spadroneggiano con la superbia dei conquistatori medievali.
Come ha raccontato questo ignoto giornalista, sarebbero gia’ iniziate le espulsioni nel Partito nazionale fascista, perche’ molti dei suoi aderenti si sarebbero abbandonati  a “discorsi indecorosi”.
***
Avete ascoltato “La campagna di Russia di Mussolini”.
Un  programma di Aurelio Montingelli e Anna Gromova. Prima puntata.
 Alla prossima!
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/53659446/53659702/

=== 3 ===


9/11/2014

Ephraim Zuroff principale cacciatore di criminali nazisti, getta una grave accusa sulla nuova dirigenza ucraina



La dichiarazione del Vice Ministro degli Esteri della Federazione Russa Gennadij Gatilov sulla questione della rinascita del fascismo in Ucraina dovrebbe essere considerata dalle Nazioni Unite, ha trovato un’abbastanza prevedibile risposta positiva fra chi realmente e non solo a parole combatte contro il nazismo.
Ephraim Zuroff, direttore del Simon Wiesenthal Center (con sede in Israele, un’organizzazione non governativa dedicata all’individuazione e al perseguimento dei criminali di guerra nazisti), in un recente intervento ha detto che «in Ucraina dal momento dell’acquisizione della sua indipendenza i crimini nazisti non sono stati indagati, per non parlare di portare i criminali di guerra nazisti in tribunale».
Zuroff ha anche osservato come negli ultimi anni da parte dell'Unione europea, degli Stati Uniti e di alcuni paesi dell'Europa orientale si è fatto un «sistematico tentativo» non solo per imbiancare le azioni di complici dei nazisti in paesi come la Croazia, l'Ucraina, la Lettonia e l'Estonia, ma anche per equiparare il regime nazista al regime che esisteva durante la guerra in URSS. «Ciò avrà gravi conseguenze in quanto si tratta di un tentativo di riscrivere la storia e presentare la repressione del regime sovietico come genocidio. In questo modo si fa passare la tesi l'Olocausto non fu l’unico esempio di annientamento intenzionale di un'intera nazione (genocidio) e questo non lo possiamo accettare» ha detto Zuroff.
È interessante notare come nel periodo del Majdan e dopo che i sostenitori occidentali del Majdan hanno cercato di allontanare le accuse di nazismo dal Majdan in generale ed anche dall’odioso partito "Svoboda" (fino al 2004 - Partito Nazional Sociale di Ucraina, fondato nel 1991 da Oleg Tjagnibok e Andrej Parubj). Per questo si sono pubblicizzati fortemente i contatti del leader di "Svoboda" Oleg Tjagnibok e degli altri leader del Majdan con l'ambasciata israeliana e la lealtà alle attività del Majdan da parte delle organizzazioni ebraiche. Si offre un semplice e sbagliato sillogismo: "il nazismo - è l'ideologia antisemita, Tjagnibok e Parubj hanno rapporti con gli ebrei, quindi Tjagnibok e Parubj non sono nazisti».
Ma questo sillogismo è sbagliato per diversi motivi. In primo luogo, il nazismo può essere rivolto non solo contro gli ebrei, ma contro altre nazioni. In secondo luogo, Tjagnibok e Parubj non hanno fatto nulla per prendere le distanze dai crimini dei loro precursori ideologici - l'Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e l'Esercito insurrezionale ucraino (UPA) durante la seconda guerra mondiale. Al contrario sempre più partiti ucraini sono orgogliosi di questo rapporto (Parubj entrò in Parlamento nella lista del blocco Jatsenjuk). Ephraim Zuroff diede immediatamente una valutazione di questa loro posizione che, recentemente, è diventata anche la posizione del Presidente Petro Poroshenko.
«Se ai bambini ucraini viene insegnato a scuola che Bandera e Shuchevich sono eroi è una lezione sbagliata ... Si può ricordare come i leader UPA sono stati chiamati eroi da Poroshenko pochi giorni fa. E non dimenticate che sotto Jushchenko, Bandera e Shukhevych hanno ricevuto riconoscimenti postumi di Eroe di Ucraina» ha detto Zuroff.

 



=== 4 ===


L'Ucraina elimina la Grande Guerra Patriottica dai libri di testo

Redazione Contropiano, 27 Novembre 2014

Il regime nazionalista e russofobo installatosi a Kiev con il golpe di febbraio continua la sua opera di revisione della storia dell'Ucraina cancellando feste e celebrazioni ereditate dall'epoca sovietica ed improntate ad un sentimento antifascista e sostituendole con nuove giornate dedicate ai leader e ai movimenti ultranazionalisti che negli anni '40 del secolo scorso collaborarono attivamente con gli invasori tedeschi e sparsero il terrore nel paese dando la caccia a comunisti, antifascisti, russi ed esponenti delle minoranze. Naturalmente il sistema d'istruzione ucraino non poteva rimanere immune da quest'ondata revisionista, con il governo che ha deciso di cancellare la dizione di 'grande guerra patriottica' in riferimento alla resistenza dei popoli dell'Unione Sovietica - Ucraina compresa - contro i nazifascisti. Di seguito la notizia per come è stata riportata dall'agenzia di stampa Interfax: 

Il Ministero dell'Istruzione e della Scienza dell'Ucraina appoggia pienamente l'idea dell'Istituto della Memoria Nazionale di sostituire la dizione "Grande Guerra Patriottica" con "Seconda Guerra Mondiale", ha detto il Ministro dell'Istruzione Sergej Kvit.
"Personalmente lo sostengo, perché il mondo intero lo considera una tragedia. Si tratta della Seconda guerra mondiale. Per l'Ucraina quella non fu una Grande Guerra Patriottica. L'Ucraina fu vittima di una contesa tra stati totalitari. Naturalmente, i libri di testo attuali, quelli che sono, sono. Stiamo parlando dei nuovi libri di testo. E' una questione che riguarda gli storici; non si tratta del fatto che un funzionario incarica un altro di non far menzione. E' una questione che pongono gli storici. Verranno organizzati concorsi e ne usciranno i libri di testo", ha detto Kvit ai giornalisti, mercoledì, prima di iniziare la riunione di governo.
Alla vigilia il direttore dell'Istituto ucraino della Memoria Nazionale Vladimir Vyatrovic ha detto all'ucraina "Vesti", che dai libri di testo scolastici saranno rimosse "tutte le conseguenze della propaganda sovietica" e, soprattutto, "il mito della Grande Guerra Patriottica".
"Per noi, la seconda guerra mondiale è iniziata il 1 settembre 1939, e non abbiamo alcun diritto di restringerla alla Grande Guerra Patriottica – essa è stata molto peggiore e più tragica di quanto abbia cercato di dimostrare la propaganda sovietica" - ha detto Vyatrovic.
Una fonte del Ministero della Pubblica Istruzione ha dichiarato che "i programmi stanno già cambiando, ma per i nuovi libri di testo per ora non ci sono i sono soldi."
"Vesti" ricorda che con il presidente Viktor Yushchenko, il termine "Grande Guerra Patriottica" era già stato abolito, ma con Viktor Yanukovic era di nuovo comparso nei libri di testo.

fonte: Interfax.ru (Traduzione di Fabrizio Poggi)


=== 5: BREVI ===

In Ucraina occidentale esortano a non frequentare la Chiesa del Patriarcato di Mosca 

http://comunicati.russia.it/in-ucraina-occidentale-esortano-a-non-frequentare-la-chiesa-del-patriarcato-di-mosca.html

7/10/2014 – Nella regione di Rivne nel quadro della campagna anti-russi i radicali stanno iniziando un’azione punitiva contro il clero.
Studenti ed insegnanti dell’Università nazionale ucraina "Accademia Ostrozhkij" hanno distribuito volantini che invitavano a non visitare le chiese sono la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa. I radicali stanno preparando un'azione punitiva diretta contro questi rappresentanti del clero.
- Ogni centesimo lasciato alla Chiesa del Patriarcato di Mosca è una pallottola per un soldato ucraino! Ucraina! Ogni candela accesa in una chiesa di Mosca è un bruciato vivo come tuo marito, fratello o sposo! viene detto in un volantino.
I radicali hanno avvertito i fedeli che il 14 ottobre nella regione si terranno azioni punitive contro il clero delle chiese del Patriarcato di Mosca. Tra l'altro, in quel giorno i cristiani ortodossi celebrano la grande festa della Protezione del Velo della Santa Vergine. Nelle chiese della Chiesa ortodossa russa e in tutto il mondo tradizionalmente si svolgo funzioni religiose pubbliche e processioni.
Ricordiamo come in Ucraina ci sono tre Chiese ortodosse, di cui solo una è canonica, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Le altre due la Chiesa del Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina da quasi 30 anni chiedono il riconoscimento ufficiale in tutto il mondo cristiano.
 
FONTE: http://lifenews.ru/news/142197

---

Indottrinamento razzista dei bambini da parte della parlamentare Irina Farion 

Abuso sui bambini da parte della parlamentare Ukro-nazista Irina Farion - Ita Subs
19/ott/2014 – Irina Farion, membro del parlamento ucraino e del partito filo nazista "Svoboda", entra in una scuola materna di Leopoli ed esorta i bambini di 3/4 anni ad usare i loro nomi in un modo "ucraino". "Tu sei Olena, non Aliona. Se vuoi essere Aliona, dovresti preparare le valigie ed andartene in Russia" - Dice la Farion ad una bambina. A marzo 2014, la nazista Farion è stata presa in considerazione per l'incarico di Ministro degli Affari Culturali dell'Ucraina. 
Bandera, uno dei leader del movimento ultra-nazionalista Ucraino durante la seconda guerra mondiale, i cui membri collaborarono con i nazisti ed "operarono" nel campo di concentramento "Babi Yar" di Kiev, viene adesso chiamato "Eroe dell'Ucraina".


"Svoboda" di Tjagnibok, assieme a "Udar" di Klichko e "Patria" della Timoshenko è stato uno dei partiti saliti al potere grazie all'appoggio e al sostegno dell'UE (Pittella e Ashton) e USA (Nuland, Biden, McCain).

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 19/10/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/712083102206280

---

Gorlovka 1941-2014

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 15/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/725213800893210

<< Continua la "tregua" nel Donbass, e con essa la strage dei bambini: a Gorlovka, nella Rep. Popolare di Donetsk, in seguito ai bombardamenti con i mezzi di artiglieria pesante GRAD, ieri sera sono state uccise sei persone, tra cui una bambina di quattro anni e un ragazzino di nove anni.
I fascisti ucraini hanno come sempre accade preso di mira quartieri residenziali, per contrinuare a disseminare morte e terrore tra la popolazione civile.
Per chi sottovaluta o irride il riferimento all'antifascismo della resistenza del Donbass, ricordiamo che queste zone furono teatro di durissimi combattimenti tra i sovietici e le truppe nazifasciste. Nel dettaglio, proprio la città di Gorlovka nell'autunno del 1941cadde sotto l'occupazione del Corpo di Spedizione Italiano in Russia, poi confluito nell'ARMIR, nella scellerata e criminale operazione di Mussolini contro l'URSS. >>

Fonti: http://itar-tass.com/mezhdunarodnaya-panorama/1574330
TESTO E VIDEO: http://www.tribunaitalia.it/2014/11/15/ucraina-donbass-bombardamenti-a-gorlovka-nuovi-morti-a-nord-di-donetsk-video-foto/

---

Kiev distrugge intenzionalmente le chiese ortodosse del Donbass

http://comunicati.russia.it/kiev-distrugge-intenzionalmente-le-chiese-ortodosse-del-donbass.html

29/11/2014 – Gli occupanti ucraini distruggono in modo mirato le chiese ortodosse del Donbass. Di questo informa, parlando in una conferenza stampa a Donezk, il vice-presidente del Supremo Consiglio della Repubblica popolare Denis Pushilin
Il vice presidente ha sottolineato che, dall'inizio delle operazioni punitive sul territorio del Donezk sono state distrutte, in tutto o in parte, 62 chiese di proprietà della Chiesa Ortodossa Ucraina del patriarcato di Mosca.
Pushilin ha sottolineato come questi dati il governo della RPD li abbia forniti al Metropolita di Donezk e Mariupol Ilarion, che si è rivolto alla dirigenza della RPD con la richiesta di evacuazione delle campane.
In precedenza, in rete, con riferimento a fonti presso la sede della «ATO» si ha avuto informazioni sull’ordine di distruzione delle chiese nel Donbass, allo scopo di costringere gli abitanti locali a sentire la loro «natura sbagliata» e sentirsi «abbandonati da Dio», ricorda il sito antifashist.com.

Fonte: http://novorossia.su/ru/node/10227

---

A scuola di nazismo in Ucraina 

Speciale Pandora TV (9/12/2014)
La sconcertante educazione al patriottismo in una scuola a Mykolaïv, Ucraina occidentale. Con il commento di Giulietto Chiesa.
http://www.pandoratv.it/?p=2461
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=TXhI0My9CSY



(english / italiano)

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus aderisce ed invita ad aderire alla seguente PETIZIONE:
---

Perché dobbiamo uscire dalla Nato

L’Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realtà superiore che il Sipri quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

È un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, che potrebbe essere fortemente ridotto se l’Italia uscisse dalla Nato.

L’Alleanza Atlantica persegue una strategia espansionistica e aggressiva.

Dopo la fine della guerra fredda, ha demolito con la guerra la Federazione Jugoslava; ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia; ha occupato militarmente l’Afghanistan; ha demolito con la guerra la Libia e tentato di fare lo stesso con la Siria.

Ha addestrato forze neofasciste e neonaziste ucraine, organizzando il putsch di piazza Maidan che ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo pericoloso confronto con la Russia.

Ha iniziato a proiettare le sue forze militari nell’Oceano Indiano nel quadro di una strategia che mira alla regione Asia-Pacifico, provocando un confronto militare con la Cina.

In tale quadro, le forze armate italiane vengono proiettate in paesi esterni all’area dell’Alleanza, per missioni internazionali che, anche quando vengono definite di «peacekeeping», sono guerre finalizzate alla demolizione di interi Stati (come già avvenuto con la Federazione Jugoslava e la Libia).

Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L’appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La più alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L’Italia, uscendo dalla Nato, riacquisterebbe la piena sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO.
LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE.

Manda la tua adesione a comitatononato@...

inviando nel contempo la tua mail se vuoi essere contattato/a per aggiornamenti e iniziative.


(VERSIONE IN INGLESE)

Why we must get out of NATO

Italy, as part of NATO, must allocate an average of $65 million a day to military spending, according to official NATO data, although the number according to SIPRI is $90 million per day. According to the commitments made by the government in the framework of the Alliance, Italian military spending will increase to over $120 million per day (100 million euro). This is a huge outlay of public funds that decreases funds available for social services. This loss could be greatly reduced if Italy were to get out of NATO.

The Atlantic Alliance pursues an expansionist and aggressive strategy. After the end of the Cold War, NATO led a war that demolished the Yugoslav Federation; it has incorporated all the countries of the former Warsaw Pact, three from the former Soviet Union and two from the former Yugoslavia; it has militarily occupied Afghanistan; and NATO has waged a war that demolished Libya and tried to do the same with Syria.

NATO has trained Ukrainian neo-fascist and neo-Nazi forces, while organizing the Maidan Square putsch that brought Europe to a situation similar to that of the Cold War, causing a new dangerous confrontation with Russia. NATO started to project its military forces in the Indian Ocean as part of a strategy aimed at the Asia-Pacific, provoking a military confrontation with China.

In this framework, the Italian armed forces are deployed to countries outside the Alliance for international missions. Even when these are defined as “peacekeeping,” they are wars aimed at the demolition of entire states (as was the case with the Yugoslav Federation and Libya).

If Italy gets out of NATO, it would extract itself from this strategy of permanent war, which violates our Constitution — in particular Art. 11 — and damages our real national interests.

NATO membership deprives the Italian Republic of its ability to make autonomous choices for foreign and military policy, democratically adopted by Parliament on the basis of Constitutional principles. The highest military post of NATO, that of Supreme Allied Commander in Europe, is always filled by a U.S. general appointed by the president of the United States. And the other key NATO commands are entrusted to senior U.S. officials. Thus NATO is under the command of the United States, which uses it for its own military, political and economic ends.

NATO membership reinforces Italy’s subjection to the United States, exemplified by the network of U.S./NATO military bases in our country that has turned our country into a U.S. aircraft carrier in the Mediterranean. Particularly serious is the fact that, on some of these bases there are U.S. nuclear bombs and that Italian pilots are also trained how to use them. Italy thus violates the Non-Proliferation Treaty, which it has signed and ratified.

By getting out of NATO, Italy would regain its full sovereignty: it would then be able to act as a bridge of peace both to the South and toward the East.

Support the campaign to get Italy out of NATO.

PEACE NEEDS YOU, TOO.

Register your support in an email to: comitatononato@...

(Translation: John Catalinotto)





PASSATO, presente e futuro del movimento CONTRO LA GUERRA

1) 2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra
2) Polemiche attorno alla manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre) e alla “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre)
- Con un minimo di attenzione e di coraggio (G. Pisa)
- Lettera aperta sul documento “Un Passo di pace” (V. Brandi)
- Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta (P. Boylan)


Vedi anche: 
Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)


=== 1 ===

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 03-12-14 - n. 522

2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra

EDT | solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/12/2014

Il 2 dicembre 1914, Karl Liebknecht, deputato socialdemocratico (SPD), è l'unico a votare contro i crediti di guerra al Reichstag, il Parlamento tedesco.

Il 4 agosto precedente, si era levato per la prima volta contro questi prestiti denunciando il carattere imperialista della guerra iniziata. Ma, conformandosi alla disciplina del gruppo socialdemocratico, non aveva votato contro.

Dopo 4 mesi di macelleria, Liebknecht supera l'ostacolo ed esprime il suo voto contrario, con un atto di grande coraggio che diventa storico. Egli rompe con la Sacra Unione tedesca e smentisce la SPD, unendosi al Partito socialdemocratico russo, guidato da Lenin, e ad alcuni dirigenti di partiti socialisti europei nel rifiuto e nella denuncia della guerra imperialista, conformandosi alle risoluzioni, calpestate dagli apparati riformisti dell'Internazionale socialista, tra cui quelle del Congresso straordinario di Basilea del novembre 1912 in cui si legge:

"Se viene minacciata una guerra, è un dovere della classe operaia dei paesi coinvolti, è un dovere dei loro rappresentanti in Parlamento, con l'assistenza dell'Ufficio internazionale, di compiere ogni sforzo per impedire la guerra con tutti i mezzi che si ritengono più opportuni e che variano naturalmente dall'acutezza della lotta di classe e dalla situazione politica generale. Qualora la guerra scoppiasse comunque, essi hanno il dovere di interferire per farla cessare rapidamente e usare con tutta la loro forza la crisi politica ed economica creata dalla guerra, per mobilitare gli strati popolari più profondi e affrettare la caduta del dominazione capitalista".

Riportiamo nel seguito la traduzione dell'intervento Karl Liebknecht nel Reichstag il 2 dicembre 1914. Nel 1916 fu imprigionato. Con Rosa Luxemburg e altri, il 1° gennaio 1919 Liebknecht stava per fondare, e diventare dirigente, del Partito comunista tedesco (KPD). Il 15 gennaio 1919, saranno entrambi vilmente e brutalmente assassinati durante la rivolta Spartachista dalle forze di repressione guidate dal socialdemocratico Noske.

Dichiarazione di Karl Liebknecht al Reichstag il 2 dicembre 1914

"Motivo il mio voto al progetto che ci è oggi sottoposto nel modo seguente.

"Questa guerra, che nessuna delle popolazioni coinvolte ha voluto, non è scoppiata per il bene del popolo tedesco o di altri popoli. Questa è una guerra imperialista, una guerra per la dominazione capitalista del mercato mondiale e per il dominio politico dei paesi importanti per portarvi il capitale industriale e bancario. Dal punto di vista del rilancio degli armamenti, è una guerra preventiva causata congiuntamente dai partiti della guerra tedeschi e austriaci nella oscurità del semi-assolutismo e della diplomazia segreta.

"E' anche un'impresa di carattere bonapartista tendente a demoralizzare, a distruggere il movimento operaio in crescita. E' quello che hanno dimostrato, con chiarezza sempre maggiore e, nonostante una cinica messa in scena destinata ad indurre in errore le coscienze, gli eventi degli ultimi mesi.

"La parola d'ordine tedesca: 'contro lo zarismo', proprio come la parola d'ordine inglese e francese: 'contro il militarismo', è servita come mezzo per attivare gli istinti più nobili, le tradizioni e le speranze rivoluzionarie del popolo a vantaggio dell'odio contro i popoli. Complice dello zarismo, la Germania, fino a ora modello della reazione politica, non ha nessuna qualità per svolgere il ruolo di liberatrice dei popoli.

"La liberazione del popolo russo, come del popolo tedesco deve essere l'opera di questi popoli stessi.

"Questa guerra non è una guerra difensiva per la Germania. Il suo carattere storico e la sequenza degli avvenimenti ci vietano di fidarci di un governo capitalista, quando dichiara di chiedere i crediti per la difesa della patria.

"Una pace rapida e che non umili nessuno, una pace senza conquiste, questo è quello che bisogna esigere. Ogni sforzo diretto in questo senso deve essere ben accolto. Solo l'affermazione continua e simultanea di questa volontà in tutti i paesi belligeranti potrà fermare il sanguinoso massacro prima del completo esaurimento di tutte le popolazioni interessate.

"Solo la pace basata sulla solidarietà internazionale della classe operaia e sulla libertà di tutti i popoli può essere una pace duratura. E' in questo senso che il proletariato di tutti i paesi deve compiere, anche durante la guerra, uno sforzo socialista per la pace.

"Acconsento ai crediti fin tanto che siano richiesti per opere capaci di superare la miseria esistente, anche se li trovo del tutto inadeguati.

"Sono anche d'accordo con tutto ciò che è fatto in favore della sorte dei nostri fratelli sui campi di battaglia, in favore dei feriti e dei malati per i quali io sento la più ardente compassione. Anche in questo caso, niente che venga chiesto sarà troppo ai miei occhi.

"Ma la mia protesta va contro la guerra, contro quelli che ne sono responsabili, quelli che la dirigono; va alla politica capitalistica che l'ha generata; la mia protesta è diretta contro i fini capitalisti che la guerra persegue, contro i piani di annessione, contro la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo, contro la dittatura militare, contro l'oblio completo dei doveri sociali e politici di cui si rendono colpevoli, anche oggi, il governo e le classi dominanti.

"Ed è per questo che respingo la richiesta dei crediti militari."

Karl Liebknecht
Berlino, 2 dicembre 1914


=== 2 ===


Con un minimo di attenzione e di coraggio

18 SETTEMBRE 2014


La quantità di appelli e documenti che si stanno moltiplicando sin dalle prime settimane di settembre, appena alla ripresa dell'ordinaria attività politica, sulle questioni della guerra e della pace, colpisce per molti motivi. Innanzitutto, la reciproca auto-referenzialità: una tale quantità di prese di posizione corrisponde ad una analoga mole di sigle, reti e tavoli, che lasciano l'impressione di una fatica ad incontrarsi davvero, sul terreno dell'analisi e della sintesi e di conseguenza a confrontare le reciproche differenze, di orientamenti e proposte, e tentare una efficace convergenza. Poi, non secondaria per importanza, la ricerca della via breve: il tentativo cioè di scavalcare le differenze mantenendo sul generico le prese di posizione e di giudizio, con l'obiettivo di offrire un ambiente accogliente per il numero più ampio di soggetti, evitando però, al tempo stesso, la fatica di confrontarsi nel merito e la chiarezza delle posizioni da assumere e da proporre pubblicamente.

Queste contraddizioni possono certo essere il prodotto dell'ambizione di conciliare le differenze e di costruire reti inclusive, con l'obiettivo di ricomporre ad unità, quanto più larga e rappresentativa possibile, le forze, ampiamente divise e frammentate, di quello che una volta chiamavamo “movimento per la pace e contro la guerra” o, più chiaramente, “contro la guerra senza se e senza ma”. Obiettivo giusto e necessario, per una ricomposizione strategica ed inderogabile. L'interrogativo che nasce è piuttosto se questa strada, oltreché percorribile, sia anche efficace: se serva cioè evitare il confronto nel merito, la fatica dell'approfondire e dell'argomentare, e mettere tra parentesi differenze talvolta sostanziali, per conseguire lo scopo del “tutti in piazza, tutti insieme”. Gli esempi, d'altro canto, non mancano. Ha sollevato molta discussione, all'interno del movimento per la pace, l'appello  che promuove la prossima “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre) che, pur ponendo alcuni obiettivi chiari (il riconoscimento del diritto umano alla pace, la risoluzione pacifica dei conflitti, il rafforzamento democratico delle istituzioni internazionali), non menziona nessuno degli scenari di guerra in corso e non esprime nessuna valutazione sul ruolo delle potenze occidentali, non ultima l'Italia, nei fronti di guerra aperti.

La manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre), nel suo appello, ha il merito di segnalare il no alla guerra e la difesa delle vittime come prioritari, insieme con gli obiettivi storici delle campagne nonviolente (soluzione politica dei conflitti, disarmo e difesa civile non armata e nonviolenta), ma basta scorrere l'elenco dei soggetti animatori per intravedere differenze non da poco sulla valutazione della situazione nei diversi fronti della nuova guerra mondiale, dalla Siria all'Ucraina.

A sinistra, sul versante politico, si riflettono tutte queste incertezze e contraddizioni. Il documento del gruppo di lavoro «Mediterraneo, Pace, Migranti, Relazioni Europee» de “L'Altra Europa” verso la manifestazione del 21 settembre, da una parte riconosce il ruolo nefasto delle potenze imperialiste e delle petro-monarchie del Golfo nell'addestrare e finanziare, in Siria e in ogni dove, ogni sorta di banda, dall'altra, si attarda nel rammarico per il «mancato appoggio ai democratici in Siria», senza specificare in cosa sarebbe dovuto consistere questo appoggio e quali forze democratiche si sarebbe dovuto appoggiare. Non di rado, anche le forze reputate “moderate” nell'opposizione al governo siriano hanno invocato l'intervento armato per scalzare l'odiato Assad, mentre oggi sembrano del tutto ai margini, specie all'indomani della saldatura tra diversi fronti jihadisti e dello sfaldamento della Coalizione Nazionale Siriana, eterogenea galassia, ben poco non-violenta, finanziata dagli Stati Uniti e dagli “Amici della Siria”, che come afferma, addirittura,  “Repubblica”   «si è rivelata incapace di rappresentare un'alternativa al governo di Damasco, anche soltanto dall’esilio».

Il doppio standard della politica euro-atlantica impedisce, purtroppo, di riconoscere che, in Siria, alle ultime elezioni parlamentari (maggio 2012) ha votato il 51% degli aventi diritto, mentre alle ultime elezioni presidenziali (giugno 2014) ha votato il 73%, di cui l'89% per il presidente uscente. Tutti “al soldo del regime”?

Occorrerebbe forse un minimo di attenzione e un minimo di coraggio in più, nell'approfondire le questioni collegandosi ai popoli che resistono all'aggressione dell'imperialismo, e nel sottrarsi ad un giudizio mainstreaming che, seppure comodo e confortante, quasi mai centra il punto e riesce a cogliere nel segno.

Gianmarco Pisa


---

http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2746

Vincenzo Brandi, Rete NoWar Roma

Nel lungo documento ("Un passo di pace – Campagna per la difesa non armata e non violenta")  molto generico, sciatto, ed omissivo, che è alla base della contestatissima manifestazione di Firenze, balza subito agli occhi, configurandosi forse come uno dei fatti  più significativi che caratterizzano il documento, l’omissione totale di ogni accenno alla tragica situazione della Libia oggi preda di scontri intestini tra bande jihadiste e caduta nel caos e nella disperazione più completi. Nessuna critica viene indirizzata all’intervento della NATO che è servito a distruggere il paese e nessuna autocritica per la totale inerzia mostrata dai gruppi “pacifisti” di cui sopra tre anni fa quando la Libia fu aggredita da una coalizione tra la NATO e le petromonarchie reazionarie del Golfo, sfruttando anche palesi bugie alimentate dai nostri mass-media per giustificare l’attacco.
L'unica concreta proposta nel documento è la richiesta di stanziamenti governativi per il finanziamento della "nuova difesa civile (pag.1), ovvero per la formazione e l'organizzazione di "corpi e interventi civili di pace” (pag.2). Questi fantomatici corpi dovrebbero fare azioni di interposizione nel caso di conflitti e dovrebbero dipendere da un apposito Dipartimento (si suppone in ambito del Ministero della Difesa) creato ad hoc. Ovviamente si suppone che le organizzazioni firmatarie (Rete italiana disarmo, Sbilanciamoci, Tavolo interventi civili di pace, e Rete della pace comprendente ACLI – CGIL – ARCI – AGESCI – Legambiente – Associazione per la Pace – Rete della Conoscenza – Unione degli universitari)  facciano la parte del leone nei finanziamenti che il governo amico di Renzi si suppone dovrebbe concedergli.
Sul punto del "disarmo" (pag. 6) il documento si dichiara critico verso l'acquisto degli F-35 (ormai diventato un argomento abbastanza scontato anche in certi ambienti di governo), ma significativamente non precisa nemmeno se l'acquisto dovrebbe essere annullato o solo ridotto. Ci si propone solo genericamente di …. intervenire nel dibattito in corso.
Sull'export militare e la legge 185/90 (che vieta di esportare armi nei paesi in guerra) si chiede solo …… un approfondimento del tema attuato con dibattiti parlamentari …. 
Si fanno poi solo delle chiacchiere banali sul controllo del commercio degli armamenti. L'unico punto di una certa rilevanza all'interno di un documento – ripetiamo: sciatto e generico – è una presa di posizione contro il MUOS.
A proposito delle basi militari della NATO in Italia (pag. 8), si prendono in considerazione solo quelle della Sardegna (non delle altre decine sparse in tutta Italia) e non si fa nessuna analisi sul ruolo attualmente molto aggressivo ed estremamente pericoloso della NATO, pronta ad aggressioni armate (Afghanistan, Libia, Yugoslavia, ecc.) e ad estendere le basi, anche missilistiche, dell’alleanza ad Est, fin dentro il cortile di casa della Russia,.
Sulla situazione in Iraq (pag. 9) non si fanno analisi approfondite sulle responsabilità occidentali e delle monarchie semifeudali del Golfo loro alleate nella crescita del terrorismo islamico radicale, e quindi sulle forze realmente in campo e sulle prospettive geopolitiche. Ci si limita ad invocare genericamente aiuti umanitari ed a lanciare uno scontato appello per il rafforzamento del ruolo dell'ONU (dimostratosi inefficace e di pura facciata in troppe occasioni). Comunque, come unico punto positivo, si chiede di non inviare armamenti alle parti in conflitto.
Sulla Palestina (pag.10), il testo fa riferimento solo agli eventi del 1967 (e non alla questione originarie del Sionismo, della Nakba del 1948 e della natura coloniale e confessionale dello stato di Israele). Fa intravvedere come unica soluzione l'ormai tramontata soluzione dei "due stati". Parla di embargo sulle armi di entrambe "le parti in conflitto" mettendo sullo stesso piano aggrediti e aggressori e in pratica chiedendo l'embargo sulle armi ai difensori di Gaza (visto che le armi ad Israele di fatto nessuno le nega). Infine il boicottaggio dovrebbe riguardare solo i prodotti delle colonie, e non tutti quelli israeliani, come chiedono i Palestinesi. L'unico interlocutore devono essere  "i comitati popolari per la resistenza popolare non violenta" della Cisgiordania, e quindi non i “cattivoni” di Hamas che praticano la resistenza armata di fronte alle aggressioni israeliani e i “prigionieri” palestinesi che chiedono una nuova Intifada.
Le due pagine sulla Siria (pp. 12-13) sono tra le peggiori. Si accredita ancora la leggenda di una fantomatica rivolta iniziale non violenta che si sarebbe trasformata in guerra civile per colpa del regime sanguinario che ha usato le armi contro la popolazione distruggendo Homs e Aleppo. Non si parla dei continui rifornimenti di finanziamenti ed armi da parte del gruppo “amici della Siria” formato da USA, paesi NATO e petromonarchie del Golfo, ai “ribelli” direttamente o indirettamente legati ad Al Queda, Si parla di non documentate torture fino alla morte nelle carceri del regime. Si parla di truppe di Hezbollah, iraniane e persino sciite irachene che combattono per il regime e non si fa menzione delle decine di migliaia jihadisti stranieri entrati in Siria, specie dalla Turchia, bastione fondamentale della NATO. Si  alimenta ancora l'equivoco di un'opposdizione armata "moderata" (ESL), senza dire che le formazioni con cui è alleata (Al Nusra, Al Sham) sono una costola di Al Queda. Si fa capire che l'ISIS è una formazione a parte (senza parlare del patto di non aggressione stipulato tra ISIS e le formazioni "moderate") e si parla in continuazione di una fantomatica "società civile" da appoggiare. Non si citano le nette vittorie elettorali, con larga affluenza popolare, del governo in carica. 
Sulla guerra in Congo (pag.14) si prende un atteggiamento neutrale tra gli aggressori provenienti da Ruanda e Uganda (sostenuti dagli USA) ed il governo del paese regolarmente eletto. Non si parla del fallimento dell’ONU che, presente con ben 19000 soldati nel Congo, non ha fatto praticamente nulla per fermare la strage (finora 4 milioni di morti). Condivisibile è invece la posizione a favore dei Saharawi (pag. 15), peraltro anche questa ormai abbastanza scontata in Italia.
Assolutamente pessimo il pezzo sull'Ucraina (pag. 17) in cui il golpe nazista organizzato e rivendicato dagli USA è divenuto "rivolta popolare" contro un governo corrotto. Si parla di una feroce repressione iniziale da parte del passato governo senza mai dire che era stato democraticamente eletto. Si denuncia "il crescente coinvolgimento di truppe regolari russe" nell'Est, prendendo aperta posizione a favore delle narrazioni statunitensi, europee e della NATO. Non si parla del pericolosissimo disegno della NATO di metter le mani sull’intera Ucraina. Si conclude con le solite banalità sui necessari aiuti umanitari (senza dire che finora solo la Russia ne ha forniti) e si parla di fantomatici "giovani attivisti per i diritti umani" il cui miracoloso intervento potrebbe far scattare la pace.
Purtroppo il documento dimostra ancora una volta come lo schieramento di presunte organizzazioni “pacifiste” presenti a Firenze, o di altre organizzazioni simili, previlegi i rapporti con il nostro governo, coinvolto in numerose guerre di aggressione, e con la NATO (come dimostra anche l’incredibile comunicato firmato qualche tempo fa da Lisa Clark in cui si gettava su Putin e sulla Russia ogni responsabilità per il pericoloso clima di guerra fredda che le crisi in Ucraina, Libia, Africa centro-occidentale e Vicino Oriente stanno ricreando).

---


Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta

Patrick Boylan rivela l'ipocrisia e l'inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice delle guerre, silenzioso, un MinCulPop della retorica pacifista…

Redazione - venerdì 26 settembre 2014


Intervista a Patrick Boylan*

Alla Manifestazione nazionale "Facciamo insieme un passo di pace" (Firenze, 21 settembre 2014) è andato come osservatore Patrick Boylan. In questa intervista rivela il livello di ipocrisia e di inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice, silenzioso, un vero MinCulPop della retorica pacifista..


REDAZIONE: Sei andato come osservatore, a titolo personale, alla Manifestazione nazionale Facciamo insieme un passo di pace tenutasi domenica scorsa (21 settembre 2014) a Firenze, nel magnifico piazzale Michelangelo che sovrasta la città. L'iniziativa è stata indetta dalla Rete della Pace, dalla Rete Italiana per il Disarmo, da Sbilanciamoci e dal Tavolo Interventi Civili di Pace per "dare voce a chi resiste e si oppone in modo nonviolento alle guerre, alle pulizie etniche, alle politiche di guerra, ai regimi dittatoriali, al razzismo, all'apartheid." Che impressione ti ha fatto? 

PATRICK BOYLAN: Terrificante. Un'enorme dispiegamento di mezzi per incanalare nel nulla l'angoscia che provocano nella gente le guerre sempre più vicine a noi: in Afghanistan, in Siria e in Iraq, in Ucraina, in Libia... Tranne per gli interventi sulla Palestina, l'evento sembrava costruito per smorzare le angosce, senza proporre azioni di contestazione - ad esempio: atti di disubbidienza civile che obbligano i manovratori delle guerre ad uscire allo scoperto.
Confesso che, da statunitense, mi sono assai stupito che gli USA non siano stati quasi mai nominati: un primato per una manifestazione contro la guerra nella nostra epoca. Ma non sono stati nominati, o solo raramente, nemmeno i governi presenti e passati italiani e degli altri paesi europei.
Eppure le truppe USA ed europee occupano ancora l'Afghanistan, no? L'aviazione USA ed europea ha devastato con le bombe la Libia ieri e ricomincia a farlo ora in Iraq e in Siria, no? 
Sappiamo che il conflitto in Ucraina è stato innescato da un golpe armato a Kiev preparato nelle caserme NATO della Polonia, dove venivano addestrate milizie neonaziste ucraine. Quindi sono stati gli USA e gli europei ad innescare il conflitto in Ucraina, no?
Ma non si direbbe, a sentire i discorsi dal palco di domenica scorsa. I conflitti appena elencati sarebbero allora da considerarsi eventi tragici apparentemente senza autori. Guerre scatenate senza colpe, per autogenesi. Eventi rievocati per suscitare la commozione, ma non la mobilitazione.

REDAZIONE: E quale sarebbe un esempio di mobilitazione alla quale il Comitato Organizzatore di domenica avrebbe potuto chiamare la gente in piazza?

PATRICK BOYLAN: Avrebbe potuto proporre alla piazza di chiedere ai ministri Mogherini e Pinotti di bloccare gli invii delle armi italiane in Siria e a Kiev. Di censurare la CIA e la NATO per il loro golpe in Ucraina e di ritirare l'ambasciatore italiano da Kiev. Di risarcire finalmente la Libia per i bombardamenti illegali italiani nel 2012, anche con lo scopo di scoraggiare azioni simili in futuro. Di condannare il Presidente Obama per il suo uso illegale dei droni e quindi di chiudere la sua base droni a Sigonella. Di ritirare subito le truppe italiane dall'Afghanistan e di uscire dalla Coalizione, sotto la guida degli USA, che si appresta a condurre una "lunga guerra" in Iraq, cioè, a rioccuparlo.

REDAZIONE: Quindi, a Firenze, niente rivendicazioni - almeno, dal palco?

PATRICK BOYLAN: Solo quando si è parlato della Palestina, gli intervenuti hanno osato fare nomi e cognomi e proporre azioni di contestazioni concrete - per denunciare i governanti israeliani presenti e passati di aggressione imperialista in Palestina, e per denunciare l'Italia di connivenza nel concedere a Israele armamenti e suolo nazionale per i suoi esercizi militari. Questo spezzone della manifestazione di domenica ha fatto dunque un passo in avanti verso la giusta direzione, per quanto sia rimasto troppo reticente sulle origini ideologiche del conflitto israelo-palestinese. Semmai lo spezzone poteva essere criticato - ma solo ironicamente, s'intende - per il suo grande successo come spettacolo - con selezioni musicali, letture di poesie, video interviste, tutte svolte con molta professionalità - al punto che il momento di denuncia si è trasformato in momento di intrattenimento e la gente è andata via, contenta dello spettacolo, ma senza consegne precise da mettere in pratica l'indomani per realizzare l'ampio elenco delle proposte. 
Anche gli altri spezzoni di "Un passo di Pace", quelli che riguardavano le altre guerre nel mondo, hanno mancato di dare al pubblico "consegne precise", da mettere subito in pratica. Hanno mancato persino d'indicare le controparti da contestare. Eppure i mandanti di quelle guerre hanno precisi nomi e cognomi, che vanno individuati e detti.

UN DISCORSO SENZA PELI SULLA LINGUA ... SUL CONFLITTO IN UCRAINA 

REDAZIONE: Allora vuoi togliere i peli dalla lingua e dirci tu qualche nome e qualche fatto?

PATRICK BOYLAN: Certo. Ad esempio, quel fatto grosso che ho nominato prima. Oggi, in Europa, c'è un governo arrivato al potere tramite un golpe neonazista - un golpe pilotato dalla sottosegretaria statunitense Nuland e dal senatore McCain, il falco che dirige molte delle operazioni di destabilizzazione degli USA. Si tratta del governo ucraino del golpista Jacenjuk e del suo successore Poroshenko. Un governo che, da sei mesi, d'intesa con Washington, bombarda le case dei propri cittadini nelle città dell'est, con la scusa che bisogna "stanare gli indipendentisti" - come gli israeliani che bombardano le case a Gaza, uccidendo soprattutto civili, "per stanare Hamas". Del resto, come Israele, il governo di Kiev definisce i suoi avversari meri "terroristi" (anche chi è intervenuto dal palco di Firenze ha usato questo termine offensivo per indicare gli indipendentisti).
Ora, mentre ci sono state alcune - seppure troppe poche - proteste ufficiali in Europa contro la barbarie di Tel Aviv, non c'è stata nessuna protesta ufficiale europea contro la barbarie di Kiev. Il motivo? Semplice. I governi europei sono stati complici nel golpe - fino al collo - ed ora sono favorevoli all'uso dei mezzi militari contro i civili del Donbass, dal momento che quei civili vengono considerati dei burattini di Putin. Mentre essi non lo sono affatto e comunque bombardare i civili rimane un crimine di guerra.
Ma ve lo immaginate se, in Italia, gli indipendentisti veneti, sostenuti da un'Austria nostalgica del suo impero perduto, avessero preso le armi e occupato piazza San Marco? Ve lo immaginate se il governo italiano, per stanarli, avesse autorizzato il bombardamento di Venezia, ammazzando civili a frotte e distruggendo metà della città? Sarebbe successo il finimondo, perché non è così che si pone fine ad un moto indipendentista, almeno in Europa. Certo, Donetsk non ha i tesori d'arte che ha la città di Venezia; ma, come Venezia, ha comunque delle vite umane che vanno pure salvaguardate. E tuttavia, domenica scorsa a Firenze, non c'è stata neanche una sola parola di condanna per i bombardamenti dei civili che continuano ancora nel cuore dell'Europa, nonostante la tregua - ieri sera la città è stata colpita di nuovo, più volte. Nessuna contestazione dei Ministri Mogherini e Pinotti che continuano a fornire aiuti militari al governo di Kiev. Nessuna proposta di manifestazione davanti ai loro ministeri.
C'è stata solo una condanna della Russia che avrebbe "sconfinato" in Ucraina a sostegno degli indipendentisti.

REDAZIONE: Beh, sconfinare nel territorio di un altro stato sovrano è illegale secondo il diritto internazionale; la condanna sembra doverosa.

PATRICK BOYLAN: Sicuramente: e se lo sconfinamento fosse provato, sarebbe certamente un'illegalità da punire. E severamente. Solo che, con tutta la sua tecnologia avanzata, la NATO ha saputo offrire ai giornali solo foto fatte da una ditta esterna che non indicano nemmeno le coordinate GPS; quindi senza valore di prova.
Comunque, tagliamo corto: supponiamo che le accuse di sconfinamento siano vere: probabilmente è così, anche se non ci sono le prove. Il punto vero rimane comunque un altro. Gli Stati Uniti, l'Italia, la Francia, il Regno Unito ritengono di avere titolo per rimproverare alla Russia di aver "sconfinato" alcuni chilometri nell'Ucraina dell'est. Non ti sembra ipocrita, questo? Un caso di palese malafede?

REDAZIONE: E perché?

PATRICK BOYLAN: Ma mi faccia il piacere! L'Italia e i suoi alleati "sconfinano" da tredici anni in Afghanistan - e non occorrono le prove, lo ammettono! Anzi, l'Italia e i suoi alleati hanno fatto di più. Hanno fatto proprio ciò che accusano Putin di voler fare in Ucraina (ma che non fa): ossia, hanno invaso ed ora occupano l'intero paese. Come hanno invaso e occupato l'intero Iraq per undici anni, senza alcun mandato ONU, prima di essere costretti ad andarsene. Ed ora si preparano la rivincita: con la scusa dell'ISIS, progettano di "sconfinare" di nuovo per occupare l'Iraq e forse "sconfinare" per occupare anche la Siria. Sono proprio questi i paesi che puntano ora il dito e che condannano lo sconfinamento della Russia in Ucraina - che altro non è che il tentativo di recuperare un pezzo di quanto l'Occidente le ha sottratto con il golpe NATO, illegale, del 21 febbraio 2014. (E' illegale perché la carta dell'ONU proibisce colpi di Stato in paesi terzi e perché i Patti Fondativi del 1997 collocano l'Ucraina fuori dalle alleanze militari, ivi compresa la NATO.)

REDAZIONE: Beh, due torti non fanno una ragione. Se Putin ha sconfinato, va punito - l'hai detto tu.

PATRICK BOYLAN: E lo riconfermo. Mandiamo dunque Putin davanti al Tribunale Penale dell'Aia, e al più presto! Lasciamo che i giudici decidano se le prove fotografiche siano attendibili o meno. Siete d'accordo su questo, anche voi?

REDAZIONE: Sì...

PATRICK BOYLAN: Ma dopo Bush. E Cheney, Rumsfeldt, Rice, ecc. E dopo Obama con i suoi droni che "sconfinano" in Algeria e nello Yemen ecc. e ammazzano pure e le sue forze speciali che "sconfinano" in una trentina di paesi, soprattutto africani, per fare azioni clandestine. E dopo Renzi, Hollande e Cameron che hanno rinnovato la presenza delle loro truppe sconfinanti in Afghanistan, di cui molti rimarranno fino a chissà quando. E dopo i Presidenti del Consiglio italiano, francese, britannico nel 2012: loro hanno "sconfinato" in Libia, non solo con bombardieri ma anche con forze speciali terrestre, con i pezzi d'artiglieria, veicoli blindati - l'ONU ha autorizzato l'interdizione al volo, non i bombardamenti o le truppe sul terreno.
Quindi tutti in galera! E i più colpevoli per prima, secondo chi ha sconfinato di più e fatto più danni. Siete d'accordo?

REDAZIONE: Beh...

PATRICK BOYLAN: Ma concludiamo questo discorso sull'Ucraina. Come si può vedere, ci sarebbe molto da dire sulla guerra in questo paese. Ma domenica scorsa, alla manifestazione per la pace, di tutto questo neanche un accenno. Gli organizzatori hanno fatto commuovere il pubblico per le sofferenze inflitte dalla guerra in Ucraina, ma senza fornire gli elementi per capirne le cause. O meglio, attribuendo tutta la colpa a Putin. Così il pubblico è andato via come è arrivato, senza sospettare minimamente le responsabilità occidentali - cioè, le loro. Gente anestetizzata, dunque, che la nostra Rete NoWar di Roma non potrebbe mai mobilitare. Se diamo loro un volantino "contro il golpe NATO nel cuore dell'Europa" ci guardano come marziani e sbuffano: "Ma che vogliono questi qui? Esagerati!!"

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che, alla manifestazione "Un passo di Pace", si è parlato della guerra soprattutto in astratto, come se non riguardasse le decisioni concrete del governo italiano e dei suoi alleati.
L'unico governo a peccare sarebbe stato quello russo. 

PATRICK BOYLAN: In linea di massima, sì, con l'eccezione del conflitto israelo-palestinese, che ho appena menzionato.
Faccio un altro esempio: alla manifestazione si è accennato agli orrori dell'ISIS ma, di nuovo, come se fosse un fenomeno che nascesse dal nulla. Nessuno ha condannato gli Stati Uniti per aver creato l'ISIS per rovesciare il regime siriano. Eppure ci sono le foto del capo dell'ISIS in trattativa con il senatore McCain.

DISCORSI AMBIGUI: DECIDERE SUGLI F35 SENZA CHIEDERSI A COSA SERVONO

REDAZIONE: Quindi l'impressione ricavata dalla manifestazione è che l'amico americano e il governo amico italiano non avrebbero responsabilità per le guerre nel mondo. O per la crescente militarizzazione della nostra società. E' così?

PATRICK BOYLAN: Si. Fatta eccezione per alcuni interventi - ma erano pochi - che hanno chiamato in causa il governo Renzi. Per esempio, per la sua scelta di confermare l'acquisto degli F35.
Solo che la questione degli F35 è stata trattata come se fosse un problema meramente contabile. Gli F35 costerebbero troppo in un tempo di crisi, ecco il problema. Come dire, se costassero meno, allora l'Italia potrebbe pure acquistarli per bombardare e sottomettere altri paesi, non ci sarebbero obiezioni.
Invece la vera obiezione - che qualcuno ha anche mosso, ma in sordina - è l'uso per il quale questi velivoli sono destinati. Vengono acquistati per poter attaccare all'estero (molti saranno attrezzati per i soli portaerei), non per difendere il suolo italiano. Mentre la Costituzione italiana proibisce le guerre di attacco. Vengono acquistati per portare bombe atomiche, in violazione dei patti di non proliferazione - un ritorno alle angosce della Guerra Fredda e al rischio dell'annientamento reciproco totale, dovuto a qualche errore umano.
Quindi impostando la discussione sugli F35 solo in termini contabili, gli intervenuti si sono esonerati dal discutere ciò che dovrebbero essere le finalità dell'aeronautica italiana, complessivamente. Nel 2012, l'aeronautica italiana ha compiuto più di 400 bombardamenti della Libia: era forse un'azione meno cruenta e meno anticostituzionale perché svolta con i vecchi F16 anziché con i nuovi F35? Quei bombardamenti hanno ridotto la Libia, una volta fiorente, in rovine e la popolazione nella miseria. "Ma è stato necessario per cacciare il crudele dittatore Gheddafi e dare la democrazia al popolo" dicevano e continuano a dire il governo e i mass media, per coprire il vero scopo dei bombardamenti, ossia "ricacciare la Libia nel medioevo" per poter appropriarsi del suo petrolio a prezzi stracciati. Infatti, l'Occidente non pensa più a creare in Libia le basi per la democrazia che aveva promesso: alle ultime elezioni è andato a votare solo il 18% della popolazione. Piuttosto che il voto, la gente vuole il pane, quello che l'aviazione militare nostra ha tolto loro per chissà quanto tempo ancora. Possiamo almeno sperare che avranno entrambe le cose in futuro? Ne dubito, almeno fin quando durerà il petrolio.
Ma vogliamo smettere di parlare dei costi degli F35 e parlare di questo, per favore? Cioè, dell'uso dell'aviazione italiana per bombardare e sottomettere altri paesi? Non sarebbe un tema degno per un incontro di pacifisti? Niente da fare: il tema delle guerre di aggressione italiane e dei suoi alleati non è all'ordine del giorno. Come i pacifisti del 2012 hanno dato il loro silenzio assenso alla distruzione della Libia, i pacifisti di oggi continuato a dare il loro silenzio assenso alla sua putrefazione. Nessuna protesta nel 2012, nessun pentimento nel 2014.
Ora l'Italia entra in una nuova Coalizione a guida USA che si accinge a "salvare" gli iracheni e i siriani. Dio mio! Proprio loro, i bombaroli della Libia! Ancora una volta a voler "salvare" un paese con i loro missili Tomahawk e le loro bombe Hellfire! Ci sarebbe da gridare dai tetti!! Ma alla Manifestazione per la pace di Firenze, neanche una parola.

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che quello che tu chiami il pacifismo istituzionale - m'immagino che tu ti riferisca alle associazione che hanno organizzato la manifestazione di domenica scorsa - funzionerebbe come appannaggio del governo. Come un MinCulPop per la pace.

PATRICK BOYLAN: Diciamo che queste organizzazioni dipendono dal governo per i loro finanziamenti e quindi tendono a tenerselo buono. A volte lo contestano ma entro limiti abbastanza stretti. Pertanto alla manifestazione di Firenze, come dicevo prima, il pacifismo istituzionale non ha voluto contestare il governo Renzi per aver rinnovato la presenza militare italiana in Afghanistan e per aver annunciato che intende prolungare quella presenza anche dopo il 2014 col pretesto di effettuare solo addestramenti. Sono 13 anni che quel martoriato paese subisce le nostre bombe e i nostri rastrellamenti da Gestapo. Ma nessuno ne parla più. Nemmeno ad una manifestazione per la pace.
Con una eccezione: a Firenze domenica scorsa c'è stato il bellissimo intervento di Cecilia Strada di Emergency - degna figlia di suo padre. Il suo intervento è stato un raggio di luce nel buio. Schietto ma profondo, ha esaminato il significato della guerra anche in Afghanistan, puntualizzandone le responsabilità. Non a caso gli organizzatori le hanno tolto la parola, "per ragioni di tempo", prima che potesse finire - un chiaro riconoscimento del valore di quanto stava dicendo. E poi c'è stato anche Alex Zanotelli che vi ha fatto qualche accenno, più discreto ma efficace. E nient'altro.

DISCORSI INGANNEVOLI: SOSTENERE LA GUERRA... IN NOME DELLA PACE

REDAZIONE: Quindi quando dici che il pacifismo istituzionale contesta sì il governo "ma entro limiti abbastanza stretti", intendi dire "quasi per nulla".

PATRICK BOYLAN: Diciamo relativamente poco. Ti faccio un altro esempio.
Alla manifestazione di Firenze il governo Renzi non è stato contestato neppure per la sua adesione al Gruppo di Londra, la combriccola che organizza le forniture di armi ai guerriglieri jihadisti della Siria. Eppure il programma di "Un Passo di Pace" - l'hai ricordato tu all'inizio - proclama di voler sostenere solo chi "si oppone in modo nonviolento ai regimi dittatoriali."
Solo che, nel caso della Siria, l'Occidente non ha mai voluto sostenere l'opposizione nonviolenta, come il Coordinamento democratico siriano, perché troppo di sinistra. Se arrivasse al potere sarebbe, per l'Occidente, troppo poco accomodante. Quindi l'Occidente ha preferito incitare i giovani a prendere le armi - "per difendere i manifestanti" - sperando così di poter determinare, attraverso la fornitura selettiva delle armi, l'egemonia di una fazione dei ribelli sugli altri, quello più filo-Occidentale.
Che orrore, dunque, vedere apparire sul palco di "Un Passo di Pace" l'individuo che il Comitato Organizzatore ha designato per parlare della Siria. Si tratta di un esponente siriano che gira l'Italia da tre anni, a tenere comizi - anche presso circoli pacifisti - per convincere gli italiani che l'unico modo per rovesciare il presidente siriano Assad è con le armi. E quindi che bisogna fornirle. Egli cerca poi di rimuovere le reticenze dei pacifisti raccontando gli orrori commessi da Assad, in primis le uccisioni dei manifestanti siriani in piazza.
Ma - un momento - non era il presidente al-Sisi dell'Egitto che, un anno fa, ha fatto uccidere 1000 manifestanti in piazza in un colpo solo, un record in assoluto, di tutti i tempi, nel medio oriente? E che poi ha fatto condannare a morte 600 imputati in un processo lampo durato un giorno? Anche questo un record in assoluto. Non importa, per l'oratore sembrava contare solo la rimozione di Assad, costi quel che costi. E si capisce perché. Mentre al-Sisi ha accettato la NATO nel suo paese, Assad lo rifiuta e, anzi, ospita le navi russe. Non solo, ma costruisce gasdotti con l'Iran che competano con quelli statunitensi e israeliani. Fornisce armi a Hezbollah. Per l'oratore siriano, dunque, e sicuramente per chi sponsorizza eventualmente le sue tournée di propaganda, è Assad, non al-Sisi, il capo di stato cruente che va rimosso, senza indugio e con le armi.
Per fortuna, la platea, capendo la strumentalizzazione dell'intervento anti-Assad, ha protestato, costringendo l'oratore a tagliare corto. Ma l'ambiguità della scelta del Comitato organizzatore rimane un dato di fatto.

REDAZIONE: Ma perché, secondo te, con tutto quello che sta succedendo in Siria ora, il Comitato ha fatto venire quell'individuo ad una manifestazione per la pace?

PATRICK BOYLAN: Dovresti chiedere a loro. Se io dovessi azzardare un'ipotesi, direi che è perché in questo momento, Mogherini e Pinotti stanno trattando nuove consegne di armi italiane ai guerriglieri in Siria, quindi serve erigere una cortina fumogena per coprire questo malaffare. Discorsi anti-Assad, che lo descrivono come un mostro da eliminare a tutti i costi, servono all'uopo, stroncano sul nascere qualsiasi protesta da parte dei pacifisti. Perciò, con l'invito di quell'individuo, il Comitato organizzatore ha forse voluto - dico forse - dare una mano al "governo amico".

REDAZIONE: Quindi una manifestazione per la pace ma tutta imperniata sulla difesa della politica estera italiana - in Ucraina, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria...

PATRICK BOYLAN: Qualche critica occasionale c'è stata pure, ma il senso globale dell'evento è stato quello. Sai, i ceti dominanti - quelli che traggono profitti dalle guerre e accrescono il proprio potere subordinando la politica estera italiana a quella guerrafondaia statunitense - hanno comunque bisogno di mantenere un certo consenso nel paese. Devono governare le angosce che le loro guerre creano. E quindi a loro serve un movimento per la pace che faccia sfogare l'emotività della gente ma senza proporre azioni concrete di contestazione delle scelte governative.

REDAZIONE: Ma allora, se la pensi così, perché non sei intervenuto tu con un discorso che proponesse azioni di contestazione da intraprendere?

PATRICK BOYLAN: Non sono stato invitato a parlare e non erano previsti interventi liberi dal pubblico - anzi, c'erano recinzioni e gorilla per impedire che il pubblico potesse avvicinarsi al palco. È stata la prima volta che io ho visto una cosa simile ad una manifestazione di pacifisti per pacifisti.
Comunque ho distribuito, a molti dei partecipanti, un volantino con il discorso che avrei potuto fare. Quindi se l'hanno letto, avranno sentito un'altra campana. Il volantino è diviso in tre parti. Ognuna descrive un tema in poche righe, poi indica un link che devi digitare nel tuo browser per vedere il resto.

REDAZIONE: E quali sono i tre temi?

PATRICK BOYLAN: Il primo è l'annuncio dell'iniziativa recente di un noto attivista per la pace negli Stati Uniti - e un amico mio - David Swanson. Ha lanciato otto azioni concrete per contrastare la propaganda guerrafondaia dei governi e dei mass media e mi ha chiesto di farle conoscere anche in Italia.
Il secondo è un esempio di ciò che io considero un discorso chiaro sulle guerre e sulla pace. Ho appena accusato la manifestazione di Firenze di eccessiva genericità. Ebbene, do un esempio di come gli intervenuti avrebbero potuto parlare - nella fattispecie, sulla questione ISIS - se non avessero avuto peli sulla lingua.
Il terzo tema è: "Perché sembra sempre pi

(Message over 64 KB, truncated)


Memoriale italiano di Auschwitz: APPELLO


Sullo stesso tema si veda anche:

Chiuso il Memoriale degli Italiani ad Auschwitz (2011)

Il Memoriale italiano di Auschwitz sarà ospitato a Firenze dentro l'EX3 (24/9/2014)
L'opera d'arte in memoria delle vittime dell'Olocausto, chiusa al pubblico dal 2011, era stata "sfrattata" dal Block 21 e ora viene accolta in Toscana

Cittadini contro la distruzione del Memoriale italiano di Auschwitz - Blocco 21

Progetto GlossaXX1


===


Entro pochi giorni la decisione sul trasferimento in Italia del Memoriale di Auschwitz



Pubblichiamo integralmente il testo di un comunicato diffuso nella tarda mattinata del 21 ottobre 2014 dall'ANED.

La direzione del Museo statale del Lager di Auschwitz ha disposto dal luglio 2012 la chiusura del  Blocco 21 del Lager che ospita il Memoriale ai deportati italiani realizzato per conto dell’Associazione degli ex deportati nel 1979 rendendolo inaccessibile al pubblico, e oggi ne ha ordinato lo smantellamento. Si tratta di un’eccezionale e innovativa opera d’arte, forse la prima multimediale contemporanea, frutto dell’ingegno e della passione di uomini di indiscusso valore internazionale, come Primo Levi, Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Nelo Risi, Pupino Samonà e altri.

L’Associazione che riunisce gli ex deportati, i familiari dei deportati uccisi e chi intende salvaguardare la memoria della deportazione denuncia che nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi ha ottemperato all’elementare dovere di difendere quell’opera d’arte, rilevante bene culturale che ha onorato l’Italia nel mondo, dal tentativo di una prevaricazione politica su un’opera di cultura. Una prevaricazione tanto più grave, in quanto attuata da un paese nostro partner nell'Unione Europea.

La libertà di pensiero e di espressione di cui godiamo nel nostro paese e in Europa discendono anche dal sacrificio e dal martirio degli 8000 ebrei e dei 32000 uomini e donne italiani deportati perché oppositori del fascismo e del nazismo, ma l’Italia nulla ha fatto contro una violazione dell’espressione artistica e della verità storica proprio là dove tanti deportati hanno sofferto e sono stati uccisi.

L’ANED, proprietaria esclusiva del Memoriale, ha rigettato e rigetta con riprovazione ogni tentativo di riscrivere la storia e ogni ipotesi di censura dell’opera, che va salvaguardata nella sua integrità, nel rispetto del progetto originario.

Preso atto con indignazione ed enorme rammarico dell’impossibilità indisponibilità della Direzione del Museo di Auschwitz di continuare a accogliere il Memoriale italiano proprio mentre si preparano le celebrazioni del 70° della liberazione, l’ANED ha in corso avanzati negoziati con la Presidenza del Consiglio, con la Regione Toscana e con alcuni Comuni per salvare il Memoriale trovandogli una nuova dignitosa collocazione in Italia, dove possa continuare a testimoniare la Memoria della Deportazione ed essere meta di pellegrinaggi, soprattutto da parte di scuole di ogni ordine e grado.

Rispettando i tempi imposti dalla direzione del Museo, che ha disposto lo smantellamento dell’opera entro il prossimo mese di novembre, l’ANED conferma che entro fine ottobre deciderà tra le diverse opzioni, con l’obiettivo di riallestire ed esporre nuovamente al pubblico l’opera al più presto, e comunque entro il 2015.

L’Aned rivendica il diritto dell’Italia a mantenere anche in avvenire una propria installazione al Blocco 21 del campo di Auschwitz e conferma il proprio inalienabile diritto di concorrere alla progettazione e alla realizzazione del nuovo allestimento, nel ricordo di tutti i deportati italiani.


                                                                                 La Presidenza Nazionale dell’ANED



===

http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2014/11/18/shoah-appello-dei-ricercator-salviamo-memoriale-italiano-auschwitz-foto_pQgervAmqE7YFDOvz0y96L.html?refresh_ce

Shoah, appello dei ricercatori: "salviamo il Memoriale italiano di Auschwitz"

Articolo pubblicato il: 18/11/2014

No alla rimozione del memoriale italiano dal campo di sterminio di Auschwitz. A schierarsi senza mezzi termini per il mantenimento del Memoriale italiano nel Blocco 21 "elemento integrante dell'opera, che rischia di essere trasferito dalla sua sede naturale per volontà e decisione del Museo di Auschwitz, del governo Polacco e per il disinteresse del governo Italiano" l'Associazione Gherush92, Committee for Human Rights, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il consiglio Economico e Sociale delle nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani e risoluzione dei conflitti.

Secondo l'Associazione la rimozione del Memoriale "è un crimine contro l’umanità, una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani". "Il Memoriale Italiano - spiega all'Adnkronos Valentina Sereni, presidente di Gehrush92 - è la più importante e rappresentativa opera d’arte italiana del Novecento, il cui valore è riconosciuto, fra gli altri, dall’Accademia di Brera. E’ realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito Unesco 1979, ne fa parte integrante e, pertanto, è patrimonio mondiale dell’umanità".

"Non è un’istallazione museale temporanea - sottolinea - ma un’opera d’arte monumentale di importanza internazionale, plastica, pittorica, musicale, testuale ideata e realizzata da artisti di attestata esperienza e comprovata celebrità. Il suo contesto naturale, il Blocco 21 e il campo di Auschwitz, è parte dell’opera d’arte così come i testi, le pitture, la musica, l’architettura del monumento".

Il Memoriale in onore degli Italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, voluto dall’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, è stato realizzato grazie alla collaborazione di alcuni importanti nomi della cultura italiana del Novecento. Il progetto architettonico è dello studio BBPR e inserisce nelBlocco 21 di Auschwitz I una lunga spirale all’interno della quale il visitatore cammina come in un tunnel. La spirale è rivestita all’interno con una tela composta da 23 strisce dipinte da Pupino Samonà seguendo la traccia di un testo scritto da Primo Levi. Dalla passerella lignea che conduce il visitatore nel tunnel sale la musica di Luigi Nono, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. Nelo Risi contribuì alla realizzazione con la sua competenza di regista.

Secondo l'Associazione "l’idea stessa che il Museo di Auschwitz desideri rimuovere l’opera perché a suo avviso sarebbero oggi da privilegiare installazioni di natura descrittiva o pedagogica non dovrebbe entrare in conflitto con le installazioni del passato. Si rischia - avverte Sereni - di sconfinare in una deriva ideologica mai palesata a parole. Se la presenza della falce e martello nel Memoriale danno fastidio così come l’immagine di Antonio Gramsci lo si dicesse apertamente aprendo un dibattito sulla storia".

"Un dibattito - conclude Sereni - che potrebbe essere chiuso subito da due considerazioni che prescindono da qualsiasi valutazione sul socialismo reale: è innegabile che Auschwitz sia stato liberato dall’Armata Rossa e che Antonio Gramsci sia stato un perseguitato politico e uno dei principali intellettuali europei del ‘900".

La rimozione dell’opera d’arte dal suo naturale contesto, quindi, secondo l'Associazione, "equivale alla distruzione dell’opera stessa, creata per aggiungere ad un luogo della memoria l’ulteriore e dolorosa diretta testimonianza di artisti deportati nei campi di sterminio. Come si può ipotizzare di sfrattare le parole di Primo Levi da quel luogo? Come si può concepire che un capolavoro dell’arte contemporanea, il cui valore potrebbe essere paragonato alla Guernica di Picasso, possa essere estirpato dal solo e unico luogo in cui la sua efficacia artistica, storica, emotiva può essere esercitata?".

"Dal 2011 - ricorda la presidente di Gherush92 che nei giorni scorsi ha incontrato rappresentanti del governo polacco per bloccare la rimozione del Memoriale e ottenere la sua immediata riapertura al pubblico - è impedito l’accesso del pubblico all’opera. Tale inspiegabile censura - evidenzia Sereni - costituisce una forma di revisionismo storico di base politico-ideologica in un luogo dedicato alla memoria e il governo polacco dovrebbe tenere in considerazione che impedire l’accesso e la fruibilità dell’opera è una conclamata violazione dei Diritti Umani così come sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo".

Dicendosi "sconcertati dalla leggerezza con cui il governo Italiano sta gestendo la situazione" l'associazione chiede "che tutti i governi e le organizzazioni internazionali interessate si adoperino per l’immediata riapertura del Memoriale Italiano con la garanzia che l’installazione non sia rimossa ma al contrario sia considerata ciò che è: un’inestimabile opera della memoria patrimonio dell’umanità". Gherush92 si appella quindi al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, alla Corte Penale Internazionale, alla Corte Internazionale di Giustizia, all’Unesco, al Governo Polacco e al Governo Italiano affinché il Memoriale Italiano non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz


=== APPELLO:

INVIA CON LA TUA FIRMA  E I TUOI DATI ISTITUZIONALI IL SEGUENTE MESSAGGIO IN CHIARO (cioè come A), ai seguenti indirizzi:  segrmin.gentiloni@...centromessaggi@...ambaroma@...

INVIA NASCOSTO  (cioè come Ccn) per la documentazione, ai seguenti indirizzi: 
gherush92@... , Stefania.Quaglio@... , redazione.internet@... , erica.dadda@...
 
 ***
On.le Paolo Gentiloni
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
 
On.le Matteo Renzi 
Presidente del Consiglio 
centromessaggi@...
 
S.E. Woiciech Ponikiewski 
Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia 
ambaroma@...
 
 
Premesso che: 
- il Memoriale Italiano di Auschwitz ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell’opera d’arte;
- il Memoriale, e la sua collocazione nel Blocco 21, possiede un alto valore artistico, educativo e di testimonianza diretta;
- il Memoriale è stato ideato e realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito UNESCO 1979, e, facendone parte integrante, va considerato patrimonio mondiale dell’umanità;  
- strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell’opera e del suo significato; 
 - i motivi ideologici e politici, che hanno portato  alla censura e alla chiusura del Memoriale  e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano dati e responsabilità storiche, incontrovertibili, dello sterminio e della liberazione, di cui il Memoriale stesso è un documento;
 - ravvedo nella rimozione del Memoriale violazioni dei Diritti Umani, del Diritto Internazionale, del Diritto di Proprietà Intellettuale e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nonché una violazione della Convenzione Internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici.
 
 Chiedo che:
 il Memoriale non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz, sua parte integrante, e che venga immediatamente riaperto al pubblico, restaurato  e integrato con apparati didattici esplicativi e congrui.  
 
 



(srpskohrvatski / italiano)

Iniziative di solidarietà con la RDP di Corea

1) SRP: Report della Conferenza-seminario internazionale sul tema “RDPC, politica di pace e proposte” (Roma 22/11/2014)
2) ДЕЛЕГАЦИЈА ИЗ ДНР КОРЕЈЕ У ПОСЕТИ НКПЈ (Delegazione della RPD di Corea in visita alla sede NKPJ a Belgrado)


=== 1 ===

Vedi anche:
Zucchetti: "Non è la Corea del Nord la vera minaccia nucleare"
Intervento del prof. Massimo Zucchetti (tra l'altro membro del Com. Scientifico di CNJ-onlus) alla Conferenza sulla RPDC tenutasi a Roma il 22/11/2014:
VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=JPt7cpIwWkM

---

Report della Conferenza-seminario internazionale sul tema “RDPC, politica di pace e proposte”


Sabato 22 novembre, in collaborazione con il Partito Comunista (PC) e l'Ambasciata della Repubblica Democratica Popolare di Corea, si è svolta a Roma una conferenza-seminario internazionale sul tema “RDPC, politica di pace e proposte”.

Oltre al PC italiano e ai rappresentanti dell'ambasciata della RDPC, all'incontro ha partecipato un imponente numero di rappresentanti di organizzazioni che coltivano l'amicizia tra i propri paesi di origine e la Corea; i rappresentanti del GAMADI (Gruppo Atei Materialisti Dialettici); e i rappresentanti dei partiti di sinistra europei.

La prima parte della conferenza è stata dedicata all'operato del dirigente nordcoreano Kim Jong Il, in occasione del terzo anniversario della sua scomparsa, che si compie il 17 dicembre. Gli interventi hanno voluto delineare la sua vita, le qualità di statista e la dedizione all'idea dello Juche.

La seconda parte è stata dedicata alla situazione attuale del paese, nel contesto delle costanti aggressive pressioni, minacce e provocazioni da parte degli USA. Nonostante le conseguenze derivanti da tale situazione, la RDPC è oggi un paese in intensa edificazione, che si è impossessato della tecnologia nucleare e che sviluppa un programma spaziale. Queste conquiste sono possibili grazie alla forte solidarietà e amore per l'indipendenza, formatisi attraverso lo Juche.

Un dettaglio interessante menzionato: il Partito Comunista Coreano è stato il primo a porre sulla propria bandiera, accanto alla falce e martello, una penna, simbolo di scienza e cultura.

Gli intervenuti sono stati unanimi nel riconoscere la RDPC come paese socialista con economia pianificata, adattata alle esigenze della popolazione e ideata con una regolamentazione legale in difesa della salute, dell'ambiente e dell'acqua.

Particolarmente interessante è stata la testimonianza dei molti presenti che hanno visitato il paese, anche più volte. Tutti hanno parlato della dinamica e ampiezza dell'edificazione notata. Hanno testimoniato dell'aumento di appartamenti, scuole, asili, stabili industriali, enti sanitari, e delle centinaia di edifici in costruzione, nel periodo trascorso tra due o più visite. Hanno evidenziato anche l'ampiezza dell'osservazione, consentita dal trasporto garantito in qualsiasi località abbiano voluto visitare, con scorta governativa, inclusa l'escursione dedicata al programma nucleare, privilegio garantito all'ingegnere nucleare Massimo Zucchetti, membro del Comitato Scienziate e Scienziati contro la guerra.

I presenti hanno attribuito questa dinamica di sviluppo a due parametri: l'idea dello Juche, che promuove l'autosufficienza con l'obiettivo di mantenere la vera indipendenza, senza però rifiutare la cooperazione e lo scambio di beni su un piano di parità; e lo stato dell'esercito. Oltre alla funzione primaria di difesa dei confini e sovranità del paese, l'esercito partecipa attivamente a tutti i progetti di edificazione.

Il messaggio fondamentale della conferenza si potrebbe riassumere con l'aver presentato in modo argomentato, in base alle proprie testimonianze oculari, un segmento della situazione nella RDPC che si differenzia radicalmente dallo stereotipo inoltrato dai media "mainstream" in mano ai centri finanziari del grande capitale.


Vladimir Kapuralin (presidente SRP – Partito Socialista dei Lavoratori, Croazia)



=== 2 ===

http://www.nkpj.org.rs/clanci-sr/tekst157.php

ДЕЛЕГАЦИЈА ИЗ ДНР КОРЕЈЕ У ПОСЕТИ НКПЈ

20. новембра 2014. делегација Демократске Народне Републике Кореје и Радничке партије Кореје боравила је у званичној посети Новој комунистичкој партији Југославије (НКПЈ).


Састанку у седишту НКПЈ присуствовали су са стране корејске делегације амасадор ДНР Кореје у Букурешту друг Ким Сон Гјонг и секретар амбасаде друг Ким Џон Селунд, док је са стране НКПЈ делегацију предводио Генерални секретар друг Батрић Мијовић уз Извршног секретар друга Александра Бањанца, члана Секретаријата НКПЈ Живомира Станковића и Првог секретара СКОЈ-а друга Александра Ђенића.

Састанак је представљао добру прилику да се стекне увид у различите видове империјалистичких махинација, лажи и интензивирања атака на ДНР Кореју, земљу која не пристаје да функционише по диктату империјалиста, у првом реду америчких империјалиста. Другови из амбасаде ДНР Кореје су пренели делегацији НКПЈ своја гледишта на те притиске које су довели у везу с актуелним дешавањима у свету, у Украјини, на Блиском Истоку, у Курдистану, Либији... Упркос тешким околностима ДНР Кореја остаје самоуверена у исправност свог пута и изградње социјализма, од чега не одустаје ни ново руководство предвођено Ким Џонг Уном. Руководство партије и државе је посвећено усавршењу и расту животног стандарда свог народа, посвећено је развоју економије и одрбрани земље, свесни да од њих данас не би остао ни камен на камену да нису изградили моћни одбрамбени систем и моћну армију.

У настојањима да се успешно одбрани од насртаја империјалиста који постоје од оснивања ове социјалистичке републике, ДНР Кореја велику захвалност дугује и својим искреним пријатељима у свету који је подржавају и солидаришу се с њом. На састанку је посебно истакнута улога НКПЈ у том погледу, као и генерално велика солидарност с народом Србије. Поновљено је да ДНР Кореја с гнушањем одбацује тзв. независност Косова, пројекат империјалиста за дестабилизацију и тлачење региона, наше државе и свих народа који живе на овом подручју.

Како је ово био уједно и опроштајни састанак с амбасадором Ким Сон Гјонгом који прелази на нове задатке, делегација НКПЈ му је пожелела нове бројне успехе у раду у циљу прогреса и солидарности народа који се боре против империјализма. Наставак успешне сарадње између наших партија ће се наставити посредством амбасаде ДНР Кореје која је, подсећамо, после пуча 2000. године измештена из Србије, и тренутно је амбасада у Букурешту надлежна и за територију Србије.

Секретаријат НКПЈ,

Београд,

21.11.2014



 
Sulla neutralità (sic) dello Stato italiano in tema di nazismo
 
1) ANPI nazionale: "Sulla condanna del nazismo non ci possono essere dubbi"
2) ANPI Alessandria: Dura condanna dell'astensione italiana sulla Risoluzione ONU contro la glorificazione del nazi-fascismo
3) L'Europa non rinnega più il nazismo (Dante Barontini)
4) Repetita juvant: Sul nazismo la UE si astiene (Italo Slavo per JUGOINFO)
 
 
Sullo stesso tema:
 
Il documento dell'Onu con il voto di ogni paese: Y=yes, N=no, A=astenuto
SCARICA IL PDF: http://contropiano.org/images/Foto/L56.Rev1.pdf
 
Evropska Unija na strani nacizma (Testi, libri e video consigliati / Geehrte Kollaborateure…)
 
 
 
=== 1 ===

http://www.anpi.it/sulla-condanna-del-nazismo-non-ci-possono-essere-dubbi/
 
"Sulla condanna del nazismo non ci possono essere dubbi"

Si è appreso, nei giorni scorsi, che in una Commissione dell’ONU è stato posto in votazione un documento di condanna del nazismo. Gli Stati si sono divisi; il documento è stato approvato, ma con significativi voti contrari e/o di astensione.
Ci ha colpito - spiega il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia - in particolare, vedere i Paesi europei, a partire dall’Italia, schierati sulla linea dell’astensione, così come il vedere, tra i voti contrari, anche quello degli Stati Uniti.
Le spiegazioni sono assolutamente insufficienti. Sulla condanna del nazismo, soprattutto in una fase in cui ci sono tanti rigurgiti di neo-nazismo, non ci possono essere dubbi, esitazioni o contrarietà, perché si è trattato di quello che alcuni hanno definito come “ il male assoluto” e tutti dovrebbero essere impegnati a non dimenticarlo.
In particolare - sottolinea il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia -  ci sembra grave che non si sia pronunciata a favore l’Europa (e, per quanto ci riguarda più da vicino, l’Italia), che ha vissuto praticamente in tutti gli Stati, l’orrore, la brutalità, la violazione dei diritti umani, da parte del nazismo. Non ci possono essere ragioni di opportunità, e tanto meno ragioni collegate alle presunte finalità di chi ha promosso l’iniziativa, che possano valere, in questo caso.
Quand’anche si dubitasse delle ragioni che hanno indotto a formulare quella proposta e quand’anche si ritenesse che anche lo Stato proponente meriterebbe un giudizio severo, per quanto riguarda i diritti umani, questo non toglierebbe che si trattava di esprimere una condanna severa del fenomeno nazista. Contro il nazismo e il fascismo, dopo le terribili esperienze vissute in Italia e in Europa, non si può fare a meno di schierarsi sempre in qualunque occasione; altrimenti perfino questa doverosa condanna rischierebbe di finire in un limbo di ambiguità, francamente non ammissibile e non accettabile quando si tratta di fenomeni devastanti come il nazismo.
 
 
=== 2 ===
 
http://www.marx21.it/italia/antifascismo/24851-la-dura-condanna-dellastensione-italiana-sulla-risoluzione-onu-contro-la-glorificazione-del-nazi-fascismo.html
 
La dura condanna dell'astensione italiana sulla risoluzione ONU contro la glorificazione del nazi-fascismo
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Alessandria

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato lo scorso 22 novembre una mozione presentata dalla Russia che condanna i tentativi di glorificazione dell'ideologia del nazismo e la conseguente negazione dei crimini di guerra commessi dalla Germania nazista.

La Risoluzione esprime "profonda preoccupazione per la glorificazione in qualsiasi forma del movimento nazista, neo-nazista e degli ex membri dell'organizzazione "Waffen SS", anche attraverso la costruzione di monumenti e memoriali e l'organizzazione di manifestazioni pubbliche".

Il documento rileva anche l'aumento del numero di attacchi razzisti in tutto il mondo.

Una iniziativa giusta, si dirà, visti i continui rigurgiti fascisti e nazisti ai quali si assiste sempre più spesso in diversi quadranti del mondo.

E invece no. Perché solo 115 dei Paesi rappresentati alle Nazioni Unite hanno votato a favore della mozione, mentre in passato il numero dei sì era stato assai più consistente, ad esempio 130 due anni fa. Incredibilmente ben 55 delegati, tra i quali il Governo italiano, si sono astenuti e 3 rappresentanti - quelli degli Stati Uniti, Canada e Ucraina - hanno addirittura votato contro.

La Vicepresidente nazionale dell'ANPI, Carla Nespolo ha inviato il seguente comunicato stampa, condiviso dall'ANPI Provinciale di Alessandria.

" L'astensione del Governo Italiano sulla risoluzione dell' ONU, approvata a maggioranza, che sancisce il rifiuto del neonazismo nel mondo e respinge "ogni forma di negazione dei crimini nazisti", è un atto grave e inaccettabile.

L'Italia è il Paese in cui la Resistenza al fascismo e al nazismo è stata tra le più forti ed estese d'Europa.

La Costituzione Italiana è, per specifica decisione dei Padri Costituenti, una Costituzione Antifascista.

Tanti partigiani, tanti giovani e tante donne, hanno lottato, sofferto e in molti casi hanno lasciato la vita, per sconfiggere nazismo e fascismo.

Vergognosa è l'astensione dell'Italia!

Il fatto che tanti altri Paesi Europei si siano astenuti, rappresenta una svolta pericolosa e regressiva nella stessa politica estera europea, ma non giustifica in alcun modo la scelta del Governo Italiano che ancora una volta ha rinunciato ad un ruolo di protagonista in Europa.

La decisione degli Stati Uniti d'America, del Canada e dell'Ucraina, di votare contro tale risoluzione, se mai, dimostra un'inaccettabile subalternità europea ed italiana, alla volontà americana.

Nè vale a giustificare tale scelta, il fatto che tale risoluzione sia stata proposta dalla Russia.

Tra l'altro si tratta di un documento molto simile ad altri, presentati nel 2011e nel 2012, e sempre votati all'unanimità o quasi, dall'Assemblea dell'ONU.

Persino Israele, Paese notoriamente amico degli Stati Uniti, ha votato a favore del rifiuto dell'ideologia fascista e nazista. 

L'Italia si è astenuta! E questo è inaccettabile e deplorevole.

L'ANPI eleva alta e forte la propria voce, contro tale voto, che umilia la nostra storia democratica e offende la Resistenza, i suoi protagonisti e i suoi valori."

 
=== 3 ===
 
 
L'Europa non rinnega più il nazismo
 
di Dante Barontini, 23 Novembre 2014
 
La decisione di non votare una risoluzione Onu di condanna del nazismo da parte dei paesi dell'Unione Europea è un'autentica “svolta ideologica” nella storia del continente. Non è possibile sottovalutare il peso di questa decisione, che immaginiamo avrà coinvolto tutti i primi ministri della Ue, i capi di stato, i ministri degli esteri, a partire ovviamente dalla “signora Pesc”, Federica Mogherini. C'è stato dunque un consenso unanime sulla scelta dell'astensione, pensata come un compromesso tra la posizione estrema di Usa, Canada e Ucraina (contrari) e quella dei favorevoli (tutto il resto del mondo).

Decisione infame ma notevole, visto che la risoluzione includeva anche la condanna di “ogni forma di negazione dei crimini nazisti”, a cominciare naturalmente dall'Olocausto.

Dalle cancellerie europee si dirà - forse, come tardiva giustificazione - che questa risoluzione, presentata dalla Russia, era poco più che una ripetizione di analoghe risoluzioni approvate all'unanimità o quasi dall'Assemblea dell'Onu (già nel 2010 e nel 2012); e che, quindi, si trattava stavolta solo di una furbesca mossa propagandistica del Cremlino per raccogliere una condanna indiretta del nuovo regime ucraino, sorto dal golpe sponsorizzato da Stati Uniti e Unione Europea. 

Possiamo senza sforzo convenire. Ma proprio questa motivazione rivela il peso tutto ideologicodella svolta pro-nazista della Ue, che con questo voto si sposta in blocco dal fronte democratico antinazista e quello “neutrale”, ovvero indifferente. O peggio.

In pratica questa motivazione spiega che “il merito” non conta nulla (la condanna del nazismo), la cosa più importante è contrastare l'avversario (la Russia) e sostenere l'alleato (l'Ucraina di Poroshenko e Pravy Sektor).

Non ci sono dunque più valori di libertà da difendere, non c'è più il “male assoluto”? Diciamo che con questo voto il concetto di “male assoluto”, storicamente e unitariamente identificato nel nazifascismo, non possiede più dei contorni valoriali riconosciuti e riconoscibili da tutti; ma diventa semplicemente l'etichetta da affibbiare al “nemico di turno”. L'integralismo islamico-sunnita dell'Isis può essere nominato come il nuovo "male assoluto", mentre i nazifascisti in carne-ossa-spranghe-fucili – in qualsiasi paese alleato dell'Occidente – non lo sono più. Se per caso ci fossero nei nazifascisti in un paese dichiarato “nemico” allora quello stigma potrebbe tornare nuovamente di moda; ma solo per il campo nemico, non per “i nostri alleati”.

Questa svolta ha una lunga storia, che data ormai dall'inizio degli anni '80. Durante tutto questo periodo lo stigma nazista ha continuato ad essere usato, anche a sproposito, per indicare il nemico di turno. Ricordiamo soltanto alcuni di questi “nuovi Hitler” che hanno costellato i discorsi dei presidenti statunitensi e quindi anche le prime pagine dei media occidentali. Il derelitto Noriega, agente Cia caduto in disgrazia e dittatore di Panama, è stato il primo ad avere avuto il dubbio onore di essere etichettato in questo modo. Poi è diventato un riflesso condizionato e irriflesso della propaganda, investendo Saddam Hussein (più volte, fino alla morte), Milosevic, Gheddafi, iraniani, dittatorelli africani o asiatici; con qualche penoso quanto infame tentativo di estendere lo stigma anche su rivoluzionari di sinistra (Chavez, per esempio), presto rientrato per manifesta insussistenza.

Questo voto di Stati Uniti e Unione Europea all'Onu mette perciò fine a una chiave retorica che ha caratterizzato tutto il dopoguerra occidentale e dichiara la fine dell'unità (molto conflittuale, naturalmente) del mondo nato dalla guerra contro il nazifascismo. Da oggi in poi “l'Occidente” dichiara di prepararsi a combattere "l'Oriente" e quindi annulla al proprio interno i confini – non sempre molto rigidi – entro cui erano stati rinchiusi i nazifascisti. C'è bisogno anche di topi e carogne, di criminali e serial killer, se questo è l'obiettivo...

Ci sembra notevole che questa svolta avvenga sotto l'egida del “primo presidente afroamericano” della storia. E' una prova che "il mito della razza" era effettivamente solo un mito bastardo ("la razza ce l'hanno i cani", disse la più immensa testa del '900). E ci sembra notevole anche il fatto che sia stata così repentina da spiazzare anche il principale alleato occidentale in Medio Oriente. Israele ha infatto votato a favore della mozione russa; con tutta la buona volontà criminale del suo governo, infatti, proprio non poteva votare contro o astenersi su una condanna dei killer dell'Olocausto.

Ci sembra altresì interessante (per essere notevoli ci vuole un po' di statura) che questa svolta non abbia ricevuto, fin qui, alcuna espressione critica da parte del primo presidente della Repubblica proveniente dalle fila dell'ex Pci. Sempre sollecito ad esternare il proprio pensiero su ogni aspetto dell'attualità politica, dovremmo interpretare il suo silenzio - se perpetuato - come assenso. Con tutte le conseguenze del caso, anche sul piano della sua stessa legittimità costituzionale. Su Renzi e i suoi ministri, invece, la Costituzione esprime già un giudizio implicito, anche se irriferibile...

Il mondo che va alla guerra non ha più bisogno delle vesti idologiche adottate – spesso a fatica e per opportunismo – in tempi di “pace armata”. E l'anima più vera del nazismo – lo sterminio industrializzato – è assolutamente “interna” alla logica del capitale. Quindi, può benissimo esser tollerata. Potrebbe persino tornare utile, se non si troveranno soluzioni “liberal-democratiche” alla crisi...

p.s. Il documento dell'Onu con il voto di ogni paese: Y=yes, N=no, A=astenuto
 
 
=== 4 ===
 
 
Sul nazismo la UE si astiene
 
Dunque, sul nazismo la Unione Europea si astiene. 
 
Non ci si venga a dire che lo fa "perché non vuole allinearsi alla Russia": è proprio su temi di principio come quello del nazismo che tali miserie decadono e all'ONU si vota al di là degli schieramenti. Peraltro, se proprio avesse voluto distinguersi, la UE avrebbe almeno potuto presentare un'altra, sua propria mozione sullo stesso tema. 
E invece no. Sul nazismo l'Unione Europea si astiene. 
 
Si astiene per il semplice motivo che al nazismo *dentro* l'Europa, da quasi un quarto di secolo, la UE (ex CEE) si appoggia, per poter perseguire le proprie politiche di consolidamento imperialista e allargamento, in una ottica di umiliazione dei popoli slavi e aggressività anti-russa. Una politica che è nazista in senso stretto, in senso storico: l'unico senso pieno da attribuire alle parole che usiamo. E' la politica di Hitler e Mussolini, che aggredirono i Balcani e le terre sovietiche trattandole da "colonia interna", con un loro specifico progetto europeista ("Nuovo Ordine Europeo"). 
 
Cosa cambia oggi? La UE, ex CEE, ha appoggiato il nazismo di Tudjman in Croazia nel 1991 così come nel 2014 sta appoggiando il nazismo della coalizione golpista messa al potere in Ucraina, mentre sostiene schieramenti politici nazionalisti che riabilitano la simbologia nazista e l'apartheid anti-russo nei paesi Baltici… o l'apartheid anti-serbo in Kosovo. 
Si tratta di nazismo in senso filologico. Poiché la principale funzione del nazifascismo come movimento storico, sulla scena europea, fu – dobbiamo ripeterlo – l'aggressione contro i paesi slavi e la Russia.
 
Questo succede mentre alla televisione italiana viene trasmessa la fiction propagandistica su Altiero Spinelli. 
 
Tale circostanza pone in ulteriore risalto l'ipocrisia della classe dirigente italiana e della Unione Europea.
La fiction si inserisce nella campagna mediatica che da alcuni mesi è in corso sulle televisioni dello Stato italiano, partita con un bombardamento di spot ("Di Europa si deve parlare") che da un lato tessono le lodi delle funzioni economiche della UE, dall'altro esplicitamente presentano la costruzione della UE come questione "di pace o di guerra" dell'epoca presente, con toni sostanzialmente ricattatori, con riferimenti ambigui e omertosi al centenario della Prima Guerra Mondiale… Non è per caso che la fiction su Spinelli è diretta da Alberto Negrin, specialista delle produzioni televisive commissionate politicamente – qualcuna più interessante, qualcun'altra peggio che mistificatoria e, a tutti gli effetti, fascista (es. "ll cuore nel pozzo", 2005). 
Il fatto che persino la stampa più allineata alle politiche UE abbia criticato la fastidiosa retorica di questa ultima produzione su Spinelli (cfr. Aldo Grasso sul Corriere della Sera del 25/11/2014 – http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_25/altiero-spinelli-l-europa-fiction-che-gronda-retorica-a94799d8-746a-11e4-ab92-90fe0200e999.shtml ) la dice lunga sulla sua natura propagandistica e ideologica.
 
Il progetto di unità europea non ha necessariamente una fondazione antifascista, tutt'altro. L'Europa in costruzione non è quella che vogliamo noi, e non è nemmeno quella di Altiero Spinelli. Questa Europa assomiglia piuttosto a quella teorizzata nella Europaeische Revue (Rivista Europea) del Terzo Reich. E coerentemente, essa sul nazismo si astiene.
 
Italo Slavo per JUGOINFO
 
 


http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipem29-015449.htm
www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 29-11-14 - n. 522

Le delocalizzazioni italiane nei Balcani

Klodian Muco* | economiaepolitica.it

24/11/2014

Le riflessioni sulla perdita di competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali sono da lungo tempo all'ordine del giorno. Si è soliti attribuire questa situazione alla pressione fiscale eccessiva e al costo del lavoro nel mercato italiano. Su questa rivista sono spesso apparsi dei contributi che hanno individuato le ragioni di questo tracollo in altri fattori, come l'assenza di una vera politica industriale e delle innovazioni. Fatto sta che le imprese italiane spesso spostano la produzione in altri paesi: le aziende che operano nei settori ad alta intensità di lavoro non specializzato cercano situazioni in cui il costo del lavoro sia minore.

I lavori empirici più recenti identificano il costo del lavoro come il fattore più importante per spiegare la frammentazione internazionale della produzione; così facendo una parte degli insegnamenti tipici del ragionamento di Marx tornano implicitamente alla luce (si veda ad esempio il lavoro di Helg e Tajoli, 2005).

Quando si parla del costo del lavoro, non bisogna concentrarsi solo sul salario, perché ad esempio non sempre un salario molto basso coincide con un costo del lavoro molto basso. Infatti, nell'ultimo decennio oltre ventisettemila aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all'estero, creando oltre 1.5 milioni di posti di lavoro esteri e lasciando allo stato una fattura da 15 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali (1).

A ben vedere, soltanto il 10% di queste aziende sono andate oltre i confini europei (soprattutto in Asia) mentre la restante parte sono rimaste in Europa, in Austria, Svizzera, Germania, e soprattutto nei paesi balcanici i quali nell'ultimo decennio stanno dimostrando una forte potenzialità di crescita e appaiono sufficientemente stabili sotto l'aspetto istituzionale.

Nel 2010 come accaduto per altri Paesi dell'Europa anche i paesi balcanici hanno risentito degli squilibri causati dalla crisi economica e finanziaria internazionale con ripercussioni pesanti sulle economie sia in termini di crescita sia in termini di debito pubblico accumulato. Per uscire da questa crisi la maggior parte di essi ha intrapreso con risultati piuttosto positivi, un processo di riforme interne, teso ad avvicinare i suoi impianti istituzionali, amministrativi e giuridici agli standard occidentali. La Slovenia e la Croazia sono diventati anche parte dell'UE (2).

Come accaduto per la Francia e la Germania, anche una buona parte delle imprese italiane hanno spostato la produzione nell'area balcanica. Ciò è dipeso anche dal rapporto che l'Italia ha con i paesi dell'area balcanica per tradizione politica e per posizione geografica.

Le caratteristiche socio-economiche italiane e quelle dell'altra sponda dell'adriatico appaiono molto diverse: infatti, le economie dei paesi balcanici sono di dimensione molto modeste se paragonate all'Italia: il PIL nominale complessivo di questi paesi è 191 miliardi di dollari, circa un decimo di quello italiano che è pari 2029 miliardi di dollari (FMI, 2012). Sotto il profilo demografico, l'area balcanica ha circa quarantuno milioni di abitanti, circa il settanta percento dell'Italia (BM, 2012).

Secondo un studio condotto dalla Confindustria Balcani (3) nel 2012, il salario medio in Romania è di 350 euro mentre in Albania è ancora più basso, 250 euro. Il salario medio nell'area balcanica è di 411 euro, circa tre volte in meno rispetto al salario medio in Italia. Ma il livello dei salari non è l'unico vantaggio per spostare la produzione nell'area balcanica. Anche le condizioni fiscali sono molto attraenti per gli imprenditori stranieri. Per queste ragioni un grande numero di imprese italiane si è spostato nell'area in questione: 17.700 imprese di cui 15.700 solo in Romania. Nelle imprese italiane con sede nell'area balcanica lavorano oltre 900.000 persone, di cui 800.000 soltanto in Romania (Confindustria Balcani, 2012). Questo trend negli ultimi anni sta cambiando: secondo stime non ufficiali, l'entrata della Romania nell'UE ha determinato la "fuga" delle imprese italiane in altri paesi non aderenti all'UE, come per esempio l'Albania.

Il capitale va a caccia di condizioni istituzionali più consone all'estrazione del plusvalore, avrebbe detto Marx. In effetti, questo fenomeno fa riflettere molto: le aziende che spostano la produzione all'Est non chiedono solo una manodopera a bassissimo costo e relativamente specializzata ma vogliono anche una manodopera poco tutelata. Le imprese che oggi delocalizzano in Albania non cercano competenze professionali particolari, che spesso e volentieri sono mantenute nel paese d'origine. Le imprese italiane spostano la produzione in Albania per sfruttare il basso costo del lavoro; per sfruttare la vicinanza geografica, infatti un ordine nell'area balcanica arriva in Italia entro 48 ore; il prodotto spesso viene ultimato in Italia e raramente viene emesso sul mercato dell'area balcanica (4). Ai vantaggi legati al basso costo del lavoro si aggiungono quelli legati all'impianto normativo. Inoltre, gli imprenditori spesso affermano che il mercato dell'area balcanica non facente parte dell'UE è una realtà in espansione e ricca di potenzialità, soprattutto per i settori labor intensive come ad esempio il mercato del Call-Center e dell'abbigliamento tessile. Ma va aggiunto che nei balcani non si spostano solo imprese interessate a una concorrenza di prezzo; anche imprese come GEOX, Benetton, Armani che fanno concorrenza qualitativa hanno spostato una parte rilevante della loro produzione nell'area balcanica.

Dunque, l'area balcanica offre enormi possibilità per l'economia italiana sia dal punto di vista commerciale, visto che parliamo di un mercato di oltre 40 milioni di consumatori, sia dal punto di vista della produzione e della delocalizzazione. Secondo alcune stime fate da Confindustria Bulgaria, l'export italiano verso l'area balcanica nel 2008, ha sfiorato il valore di 19 miliardi di euro per attestarsi a 17,67 nel 2012 (sostanzialmente il medesimo valore delle esportazioni italiane verso i paesi BRIC, pari a 17,35 miliardi di euro nel 2012). Durante questo periodo si nota un calo generale delle quote d'esportazione dell'Italia verso i paesi aderenti all'UE: le quote verso la Romania sono passate da 6,22 miliardi (2008) a 5.81 miliardi (2012); quelle verso la Bulgaria da 1,93 miliardi di euro (2008) a 1,59 miliardi di euro (2012) e per finire quelle verso la Croazia da 3,13 miliardi di euro (2008) a 1.98 miliardi di euro (2012). Invece, le quote d'esportazione verso i paesi balcanici non aderenti all'UE sono aumentate progressivamente.

Contemporaneamente, stando ai dati riportati dall'UNCTAD, l'Italia costituisce un mercato di sbocco di primaria importanza per tutti i paesi dell'area in questione, con una quota che supera il 15% e in alcuni casi il 50% (è il caso dell'Albania). Il surplus commerciale dell'Italia con l'area balcanica nel 2012 ha superato la quota dei tre miliardi di euro.

Un altro aspetto da indagare consiste nel fatto che le aziende che delocalizzano la produzione nei Balcani non sempre creano un legame duraturo con il paese di arrivo. Non emergono insomma quelle che Hirshman definiva connessioni a monte e a valle: nel paese ospitante le delocalizzazioni straniere – anche quelle italiane – aiutano ad aumentare velocemente l'occupazione, ma l'impatto sulla crescita economica balcanica spesso non è rilevante. Infatti i nostri imprenditori e gli altri che investono da quelle parti restano fin quando un altro paese non offra maggiori occasioni di profitto, e ciò certo non garantisce uno sviluppo sostenibile e duraturo.

* Università dell'Insubria e University of Gjirokastra

1) Soltanto la FIAT negli ultimi anni ha tagliato oltre 15000 dipendenti in Italia per sostenere le assunzioni in altri paesi come USA, Polonia ecc; la GEOX che conta 30000 dipendenti in giro per il mondo, in Italia ha soltanto 2000 dipendenti.

2) L'integrazione all'UE è considerata nel dibattito politico interno ai paesi balcanici l'unica soluzione per ottenere una crescita economica sostenibile.

3) Confindustria Balcani nasce nell'ottobre del 2010 per riunire le associazioni di imprese italiane nell'area sotto l'egida di Confindustria.

4) Secondo un'indagine svolta dall'United Nations Conference on Trade and Development e Roland Berger Strategy Consultans sulle strategie di delocalizzazione delle imprese europee, il 40% di queste imprese pratica l'outsourcing.




MILIONI DI EURO PER LA PULIZIA ETNICA

La Regione Friuli - Venezia Giulia versa "milioni di euro [a] una nota casa editrice di Udine in prima fila nella crociata negazionista della pulizia etnica titina". Lo scrive Alessandra Danieli su Il Secolo d'Italia:

La notizia è ovviamente falsa e fuorviante.

Innanzitutto, la questione riguarda soli 20mila euro di contributo alla casa editrice KappaVu "per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana", compito che la KappaVu svolge egregiamente:

In secondo luogo, nessuno degli autori della KappaVu, tantomeno l'editrice, hanno mai intrapreso alcuna "crociata negazionista" – epiteto che anni fa, quando l'Italia ripudiava il nazifascismo (oggi non più), era specifico per i negazionisti dello sterminio nazista.

In terzo luogo, le ricerche storiche degli autori della KappaVu dimostrano – semmai ce ne fosse stato bisogno – che non è mai esistita alcuna "pulizia etnica titina", tant'è vero che la Jugoslavia nata da quella guerra eroica contro il nazifascismo era un paese multinazionale nel quale anche i cittadini italiani che optarono per viverci godettero di tutte le prerogative politico-culturali a loro spettanti. Le "pulizie etniche" sono state sempre e solo una specialità dei nazionalismi e dei fascismi, non certo dei partigiani comunisti, internazionalisti per fondamento ideologico e pratica di lotta.
Il lavoro della KappaVu si colloca dunque, questo si, nel solco di un impegno anti-revisionista di difesa della memoria e dei valori della Resistenza comune dei partigiani jugoslavi e italiani, contro la diffamazione bipartisan in corso oramai da anni:

Ed è esattamente questo che dà fastidio.

(a cura di Italo Slavo. Altre info:



(srpskohrvatski / italiano)

Dichiarazioni di Putin e Lavrov

1) Intervista a Vladimir Putin alla vigilia della visita ufficiale in Turchia (28 novembre 2014)
2) Putin: Jugoslaviju su razvalili, Rusiju neće uspeti  (Tanjug 04. 12. 2014.)
3) Sergej Lavrov alla XXII Assemblea del Consiglio per la politica estera e difensiva Mosca, 22 novembre 2014
4) Bugiardi: "Putin finanzia Le Pen e l'estrema destra francese. E potrebbe mandare soldi anche a Salvini"
5) I 10 LUOGHI COMUNI DEI MASS MEDIA OCCIDENTALI PER VEICOLARE L'OPINIONE PUBBLICA CONTRO LA RUSSIA DI PUTIN


Vedi anche:

Vladimir Putin a "Politika": << Il ‘vaccino’ al virus nazista perde efficacia in Europa >>
https://aurorasito.wordpress.com/2014/10/17/putin-il-vaccino-al-virus-nazista-perde-efficacia-in-europa/
ORIG.: ЕКСКЛУЗИВНИ ИНТЕРВЈУ: ВЛАДИМИР ПУТИН, председник Руске Федерације (Politika, 16.10.2014.)
http://www.politika.rs/rubrike/Svet/Obamin-pristup-Rusiji-je-neprijateljski.sr.html

Ucraina, sanzioni, UE: intervista del presidente Putin alla Tv tedesca ARD (16 novembre 2014)
Trascrizione originale: Interview: Putin und der russische Standpunkt

Elementi per un profilo di Vladimir Putin
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8161
Include: Top 10 powerful quotes from Putin’s historic Crimea address (March 19, 2014)

Putin si scaglia contro i revisionisti della Seconda Guerra Mondiale
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8034
http://www.tribunodelpopolo.it/russia-putin-si-scaglia-contro-i-revisionisti-della-seconda-guerra-mondiale/
http://en.ria.ru/russia/20140703/190798678/Putin-Says-Legal-Initiative-to-Counter-Nazism-Timely.html
http://comunicati.russia.it/vladimir-putin-ha-accusato-l-ucraina-e-lettonia-dell-espansione-del-neonazismo.html
http://rt.com/politics/official-word/196284-ukraine-putin-nazi-europe/


=== 1 ===

http://italian.ruvr.ru/2014_11_28/Intervista-del-presidente-della-Federazione-Russa-Vladimir-Putin-3668/

Intervista del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin


28 novembre 2014

Alla vigilia della visita ufficiale in Turchia del prossimo 1° dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha rilasciato un'intervista alla agenzia di stampa turca Anadolu. Rilevando l'importanza delle relazioni tra i 2 Paesi, il presidente russo ha sottolineato come siano solide e non dipendano dalla situazione attuale.

Quali compiti specifici nel campo della politica, economia e cultura delle relazioni russo-turche metterà in risalto durante la riunione del Consiglio di cooperazione?
Con il presidente della Repubblica di Turchia Recep Tayyip Erdogan abbiamo in programma di discutere i principali temi della cooperazione russo-turca, tra cui la realizzazione dei progetti strategici congiunti nel settore energetico, riassumeremo i risultati della nostra collaborazione nel corso dell'anno passato, indicheremo gli obiettivi per il futuro e, naturalmente, ci scambieremo le opinioni sulle principali questioni internazionali e regionali.
La Turchia è stata e rimane un importante partner commerciale estero della Russia. Nel 2013 la bilancia commerciale tra i due Paesi ha raggiunto i 32,7 miliardi di dollari. Il volume totale degli investimenti russi diretti cumulati in Turchia è di oltre 1,7 miliardi di dollari, mentre quello turco in Russia è vicino al miliardo, è nel nostro comune interesse consolidare questa tendenza positiva.
Negli ultimi decenni la Turchia è uno dei Paesi più visitati dai turisti russi. Il fatto è agevolato dall'esistenza di un sistema senza visti per i viaggi brevi. Durante l'intero 2013, la Turchia è stata visitata da circa 4,3 milioni di russi, mentre nel periodo gennaio-settembre di quest'anno da 4,1 milioni. Ci auguriamo che lo svolgimento nei nostri Paesi dell'Anno Incrociato del Turismo possa aumentare in modo significativo il flusso di turisti per entrambi, saremo sempre contenti dei nostri ospiti turchi.
Tale comunicazione intensiva e su diversi livelli è la garanzia di come le relazioni russo-turche siano solide e non dipendano dalla situazione attuale, in esse si conserva la continuità. Naturalmente le nostre posizioni su alcune questioni non sono del tutto coincidenti e possono anche divergere. E' naturale per gli Stati che perseguono una politica estera indipendente. Allo stesso tempo, ed è la cosa più importante, comprendiamo l'importanza del partenariato tra i nostri Paesi e popoli e il desiderio comune di continuare un dialogo reciprocamente vantaggioso che la Russia apprezza molto.
La Turchia si prepara al periodo invernale per i consumi di gas naturale. Quali piani ha relativamente all'aumento delle forniture di gas e alla revisione dei prezzi per la Turchia?
Negli ultimi decenni il settore energetico riveste il ruolo di locomotiva della nostra cooperazione economica e commerciale. La Turchia è il secondo maggior acquirente in termini di volume (dopo la Germania) di gas naturale russo, che viene inviato attraverso il "corridoio occidentale", con il transito attraverso il territorio di Ucraina, Moldavia, Romania e Bulgaria, nonché attraverso il gasdotto "Blue Stream". L'anno scorso, la Russia ha fornito alla Turchia 26,6 miliardi di metri cubi ed entro la fine di quest'anno probabilmente supereremo il valore precedente.
Ci rendiamo conto di quanto siano importanti le risorse energetiche russe per lo sviluppo economico e sociale della Turchia. Pertanto risponderemo sempre positivamente alle richieste sulle esportazioni. Nel mese di ottobre è stato raggiunto un accordo per aumentare da 16 a 19 miliardi di metri cubi l'anno le forniture attraverso il gasdotto "Blue Stream" e per svolgere i lavori necessari a tal proposito.
Nell'ambito della diversificazione del partenariato economico con la Turchia, abbiamo intenzione di identificare le direzioni strategiche, compreso il settore high-tech, tra cui il nucleare.
Quali opportunità la Russia vede per stimolare la crescita del volume d'affari tra i 2 Paesi?
Apprezziamo molto l'indipendenza delle decisioni della Turchia, anche per quanto riguarda le questioni di cooperazione economica con la Russia. I partner turchi non sacrificano i propri interessi per il bene di ambizioni politiche di terze parti.
La posizione del vostro governo apre nuovi orizzonti per aumentare gli scambi bilaterali, in particolare i produttori agricoli turchi saranno in grado di occupare le nicchie lasciate libere sul mercato alimentare russo. Giudichiamo positivamente l'intenzione di aumentare le esportazioni verso la Russia di carne, latticini e pesce, verdure e frutta.
Faccio notare che le sanzioni unilaterali introdotte dagli Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Australia ed altri Paesi contro di noi sono illegittime. Tale pressione provoca non solo perdite economiche dirette, ma anche minaccia la stabilità internazionale.
I tentativi di parlare con la Russia col linguaggio di ultimatum e sanzioni sono assolutamente inaccettabili e inutili. In ogni caso la nostra risposta è sempre stata e sarà equilibrata e terrà conto dei diritti e degli obblighi della Russia ai sensi dei trattati internazionali, tra cui il WTO.
Come valuta l'attuale situazione in Siria? La Russia ha proposte che contribuiscano ad accelerare il processo di normalizzazione in questo Paese?
La situazione in Siria, come prima, desta motivo di seria preoccupazione. Siamo ben consapevoli di quanto sia pesante l'onere della Turchia di sopportare un conflitto sanguinoso nel Paese confinante. Inoltre la principale minaccia per l'ulteriore peggioramento della situazione in questo Paese e negli altri Stati vicini è legata alle attività del cosiddetto Stato Islamico e di altri gruppi radicali, sui quali a suo tempo avevano attivamente puntato diversi Paesi occidentali.
Consideriamo la lotta contro i terroristi e gli estremisti nelle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa, tra cui ovviamente la Siria, come una delle priorità della comunità internazionale. Siamo convinti che gli sforzi per contenere questa minaccia debbano coordinarsi sulla base delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del rigoroso rispetto del diritto internazionale, del principio di sovranità nazionale e della non interferenza negli affari interni dei Paesi e soprattutto sulla trasparenza.
Da parte nostra, continueremo a sostenere il governo di Siria, Iraq e di altri Paesi della regione nella lotta contro il fondamentalismo. Fin dall'inizio della crisi siriana, la Russia si è sempre prodigata per far trovare una soluzione politico-diplomatica tra gli stessi siriani sulla base del comunicato di Ginevra del 30 giugno 2012, ovvero per il dialogo interno e senza precondizioni o imposizioni dall'esterno.
Continueremo a fare tutto il necessario per aiutare il popolo siriano a superare gli eventi più tragici e a trovare la pace e la stabilità. Sono predisposti per questo scopo i nostri contatti con i rappresentanti del governo siriano, con i vari gruppi di opposizione, con i partner internazionali e regionali, tra cui naturalmente con i turchi.
Intervista pubblicata non integralmente
Testo integrale sul sito http://www.kremlin.ru/news/47104


=== 2 ===

(Ezio Stancich‎ ci segnala: 
Dal discorso di Putin tenuto ieri da Vladimir Putin: a chi credeva che la Jugoslavija fosse implosa a causa delle sue contraddizioni interne, il tempo ha invece dimostrato quanto da noi asserito già dall'inizio della sua frantumazione. La Jugoslavija è stata distrutta dall'esterno con l'aiuti di traditori interni e agenti esteri e le prove di quanto da noi asserito sono ogni giorno più evidenti…)

http://www.blic.rs/Vesti/Svet/516547/Putin-Jugoslaviju-su-razvalili-Rusiju-nece-uspeti

Putin: Jugoslaviju su razvalili, Rusiju neće uspeti 

Tanjug | 04. 12. 2014.

Rusija veruje u sebe, u to da mnogo može i da će sve ostvariti, rekao je danas ruski predsednik Vladimir Putin, ističući da Rusija nije dozvolila sebi da ide putem raspada po jugoslovenskom scenariju.

"Nas bi sa zadovoljstvom pustili po jugoslovenskom scenariju, razvalili su državu. Podrška separatizma u Rusiji i informativna i finansijska i svaka druga, bila je apsolutno očigledna. Ali se nismo predali. Nije im uspelo. Nismo dozvolili", kazao je Putin.

Ruski predsednik je kazao da je "besmisleno razgovarati sa Rusijom sa pozicija sile" i naveo da ni Adolfu Hitleru nije uspelo da rasturi i uništi zemlju. "Svi treba da se sete čime se to završava", kazao je on.

Putin je rekao i da SAD uvek direktno ili "iza kulisa" utiču na odnose Rusije sa susednim zemljama.

"Nekada ne znaš s kim je bolje da razgovaraš - sa vladama nekih država ili direktno sa njihovim američkim pokroviteljima i sponzorima", dodao je predsednik Rusije.  

Zahvaljujći Rusima na podršci i solidarnosti u trenucima kada se rešava

budućnost, Putin je rekao da je razgovor sa Rusijom sa pozicija sile besmislen.  

Obraćajući se pred Federalnom skupštinom Rusije Putin je rekao da politika obuzdavanja Rusije nije smišljena juče, već da se uvek sprovodi svaki put kada neko smatra da je Rusija postala suviše samostalna, preneo je TAS S.  

Putin je ponovio da sankcije štete svima, pa i onima koji ih uvode, kao i da Moskva ne namerava da ruši odnose sa Evropom i Amerikom.  

Nazivajući objedinjenje Krima i Sevastopolja sa Rusijom istorijskim, Putin je rekao da za Rusiju Krim ima ogroman civilizacijski i sakralni značaj i da su se tako Rusi prema tome odnosili i odnosiće se uvek.  

Prema Putinovim rečima, svaki narod ima neotuđivao pravo na sopstveni put razvoja i Rusija će se uvek prema tome postaviti sa uvažavanjem.  

To se, kako je istakao, odnosi i na Ukrajinu, ali je nazvao licemerjem da se razgovorima o ljudskim pravima prikriva prevrat u Ukrajini.  

Ne treba "političariti", već pružiti pomoć Ukrajini u reformama, rekao je Putin i dodao da njegove zapadne kolege "ne žure to da učine".  

Pritom je naveo da je Rusija kreditirala privredu Ukrajine za 32,5-33,5 milijardi dolara u poslednje vreme.


Neće biti trke za naoružanje

Predsednik Rusije rekao je  da Rusija neće ući u "skupu trku u naoružanju", ali da će u punoj meri osigurati svoju bezbednost.

"Mi ne nameravamo da ulazimo u skupu trku u naoružanju, ali ćemo pri tom sigurno i garantovano osigurati odbambenu sposobnost naše države u novim uslovima. To će biti učinjeno. Postoje i mogućnosti i nestandardna rešenja", kazao je Putin u Kremlju u godišnjem obraćanju naciji.

Dodao je da "tu nema sumnje" i da će to "biti učinjeno".

"Niko neće uspeti da postigne vojnu nadmoćnost nad Rusijom. Naša armija je savremena, sposobna, ljubazna, ali strašna. Za zaštitu naše slobode imamo dovoljno i snage i volje i hrabrosti", rekao je Putin, propraćen gromkim aplauzom.

Rekao je da će se Rusija truditi da u svetu "širi pravu istinu o zemlji, kako bi svi videli pravu sliku, a ne lažnu i falsifikovanu".  

Ovo je 11. Putinovo obraćanje, a u Kremlju se okupilo više od hiljadu zvanica - poslanici gornjeg i donjeg doma, članovi vlade, rukovodioci Ustavnog i Vrhovnog suda, gubernatori, predsednici skupština subjekata Federacije, predstavnici tradicionalnih konfesija, čelnici vodećih medija i društveni i javni radnici.


Rusija ima i kapital i naučnu bazu i talente

Predsednik Rusije izjavio je da će Rusija "biti otvorena za svet, investicije i zajedničke projekte". "To zavisi od nas samih. Ne treba očekivati da se posreći.

Pred nama je složeno vreme, napeto", rekao je Putin u Kremlju, dodajući da treba "stvoriti nove tehnologije i produkciju, rezervu stabilnosti u finansijskoj sferi".

On je kazao da Rusija ima i kapital i naučnu bazu i talente, što je "najbolji odgovor za spoljašnja ograničenja i unutrašnje probleme".

Kako je istakao Putin, Rusija treba u inostranstvu da kupuje samo "zaista unikatne produkte i tehnologiju" i da se orijentiše na domaće proizvodjače. Posebno je istakao važnost zamene strane tehnologije domaćom.

On je za jak pad rublje okrivio špekulante i zatražio od centralne banke i vlade da "sprovedu oštre koordinisane mere", kako bi špekulanti prestali da igraju na plavajućem kursu rublje.

---

Predsednik Rusije izjavio je da su SAD i zapadne zemlje uvele sankcije Rusiji kako bi zaustavili rastuće mogućnosti Rusije.

"Uveren sam, da svega toga ne bi bilo, izmislili bi neki drugi povod da zaustave mogućnosti rastuće Rusije, da utiču. Politika zadržavanja se primenjuje decenijama. Čim mi postanemo jaki, ona se primenjuje", rekao je Putin.


=== 3 ===

In english: 
Remarks by Foreign Minister Sergey Lavrov at the XXII Assembly of the Council on Foreign and Defence Policy, Moscow, 22 November 2014 
http://vineyardsaker.blogspot.it/2014/11/absolutely-crucial-statement-by-foreign.html

---

http://comunicati.russia.it/dichiarazione-assolutamente-cruciale-del-ministro-degli-esteri-lavrov.html

Intervento del Ministro degli Esteri Sergej Lavrov alla XXII Assemblea del Consiglio per la politica estera e difensiva Mosca, 22 novembre 2014

Sono felice di essere a questa Assemblea annuale del Consiglio per la politica estera e difensiva. È sempre un grande piacere per me incontrare le persone e sentire il potenziale intellettuale, che consente al Consiglio, ai suoi leader e rappresentanti di rispondere agli sviluppi globali e di analizzarli. La loro analisi è sempre libera da ogni isteria, e i suoi membri offrono argomentazioni fondate e solide, facendo un passo indietro, dal momento che i prigionieri degli eventi difficilmente possono adottare un punto di vista imparziale. Noi siamo inevitabilmente influenzati dagli sviluppi, e questo rende le vostre osservazioni, analisi, discorsi e suggerimenti di valore ancor maggiore per noi.
Per quanto ne so, l'Assemblea di quest'anno si concentrerà sulle prospettive per accelerare la crescita interna in Russia. Non c'è dubbio che gli sforzi concertati da parte della nostra società nel suo insieme per favorire lo sviluppo economico, sociale e spirituale globale siano un requisito fondamentale per rendere sostenibile il futuro della Russia. Detto questo, in virtù dei miei doveri professionali, devo concentrarmi sulle questioni di politica estera, che sono ancora rilevanti per il lavoro dell'Assemblea, dal momento che in questo mondo interconnesso, globalizzato, è impossibile isolare lo sviluppo interno dal mondo esterno. Il presidente della Russia Vladimir Putin ha fornito un'analisi dettagliata degli sviluppi internazionali in occasione della riunione del Club Valdai a Sochi, così come nelle sue interviste durante il suo viaggio in Asia. Per questo motivo, non voglio offrire osservazioni concettuali, perché è già stato detto tutto. Tuttavia, vorrei condividere con voi alcune considerazioni sulla base dei nostri sforzi di politica estera giorno per giorno. Non è mia intenzione offrire una visione completa e chiara, dal momento che in questa fase tutte le previsioni sono provvisorie, chiunque le faccia. Inoltre, i diplomatici cercano di influenzare gli sviluppi mentre questi hanno luogo, non di contemplarli.
Naturalmente, inizierò con l'Ucraina. Molto prima che il paese fosse gettato nella crisi, c'era una sensazione nell'aria che le relazioni della Russia con l'Unione Europea e con l'Occidente stavano per raggiungere il loro momento della verità. Era chiaro che non potevamo più continuare a gettare nel dimenticatoio i problemi nelle nostre relazioni e che bisognava fare una scelta tra un vero e proprio partenariato o, come dice il detto biblico, "rompere i vasi". È ovvio che la Russia ha optato per la prima alternativa, mentre purtroppo i nostri partner occidentali hanno preferito la seconda, consapevolmente o no. In realtà, sono andati tutti in Ucraina a sostenere gli estremisti, abdicando così ai propri principi di cambiamento democratico di regime. Che cosa ne è venuto fuori è stato un tentativo di giocare al pollo con la Russia, per vedere chi si impaurisce per primo. Come dicono i bulli, volevano che la Russia facesse "la figura del pollo" (non trovo una termine migliore per descriverla), per costringerci a ingoiare l'umiliazione dei russi e della gente di madrelingua russa in Ucraina.
L'onorevole Leslie Gelb, che conoscete fin troppo bene, ha scritto che l'accordo di associazione dell'Ucraina con l'Unione Europea non aveva nulla a che fare con un invito all'Ucraina ad aderire all'Unione Europea, ma mirava a breve termine a impedirle di aderire all'Unione Doganale. Questo è ciò che ha detto una persona imparziale. Quando hanno deliberatamente deciso di seguire il percorso dell'escalation in Ucraina, hanno dimenticato molte cose, e avevano una chiara comprensione di come tali mosse sarebbero state viste in Russia. Hanno dimenticato il consiglio di, diciamo, Otto von Bismarck, che aveva detto che denigrare i milioni di cittadino del popolo grande russo sarebbe stato il più grande errore politico.
Il presidente Vladimir Putin ha detto l'altro giorno che nessuno nella storia è ancora riuscito a sottomettere la Russia alla sua influenza. Questa non è una valutazione, ma un dato di fatto. Ma è stato fatto questo tentativo per placare la sete di espandere lo spazio geopolitico sotto il controllo occidentale, per una paura mercantile di perdere il bottino di quella che dall'altra parte dell'Atlantico si erano persuasi da soli che fosse stata la vittoria nella guerra fredda.
Il lato positivo della situazione di oggi è che tutto si è collocato al proprio posto e il calcolo dietro le azioni dell'Occidente è stato svelato, nonostante la sua disponibilità dichiarata di costruire una comunità sicura, una casa comune europea. Per citare (il cantante/cantautore) Bulat Okudzava, "Il passato sta diventando sempre più chiaro". La chiarezza è sempre più tangibile. Oggi il nostro compito non è solo di fare chiarezza nel passato (anche se questo deve essere fatto), ma soprattutto, di pensare al futuro.
I discorsi sull'isolamento della Russia non meritano seria discussione. Non ho bisogno di soffermarmi su questo punto davanti a questo pubblico. Naturalmente, possono danneggiare la nostra economia, e il danno è stato fatto, ma solo per fare del male a coloro che stanno prendendo misure adeguate e, cosa altrettanto importante, distruggendo il sistema di relazioni economiche internazionali, sui quali principi si fonda la nostra economia. Precedentemente, quando si applicavano sanzioni (io lavoravo presso la missione russa alle Nazioni Unite, in quel momento) i nostri partner occidentali, discutendo della Corea del Nord, dell'Iran e di altri stati, dicevano che era necessario formulare le restrizioni in modo tale da mantenerle entro limiti umanitari e non causare danni alla sfera sociale e all'economia, e mirare selettivamente solo all'elite. Oggi è tutto il contrario: i leader occidentali dichiarano pubblicamente che le sanzioni dovrebbero distruggere l'economia e innescare proteste popolari. Quindi, per quanto riguarda l'approccio concettuale per l'uso di misure coercitive l'Occidente dimostra inequivocabilmente che non si limita a cercare di cambiare la politica russa (cosa di per sé illusoria), ma cerca di modificarne il regime – e praticamente nessuno lo nega.
Il presidente Vladimir Putin, parlando di recente con i giornalisti, ha detto che i leader occidentali di oggi hanno un orizzonte di programmazione limitato. Di fatto, è pericoloso quando si prendono decisioni sui problemi fondamentali dello sviluppo del mondo e dell'intera umanità sulla base di brevi cicli elettorali: negli Stati Uniti il ciclo è di due anni, oltre a ogni volta in cui si deve pensare o fare qualcosa per vincere voti. Questo è il lato negativo del processo democratico, ma non possiamo permetterci di ignorarlo. Non possiamo accettare la logica in cui ci viene detto di dimetterci, rilassarci e dare per scontato che tutti devono soffrire perché ci sono elezioni negli Stati Uniti ogni due anni. Questo non è giusto. Non ci rassegniamo a questo perché la posta in gioco è troppo alta per la lotta contro il terrorismo, le minacce della proliferazione delle armi di distruzione di massa e molti conflitti sanguinosi il cui impatto negativo va ben al di là del quadro degli stati e delle regioni corrispondenti. Il desiderio di fare qualcosa per ottenere vantaggi unilaterali o per accattivarsi l'elettorato prima di un'altra elezione conduce al caos e alla confusione nelle relazioni internazionali.
Sentiamo ripetere quotidianamente il mantra che Washington è consapevole della propria esclusività e del suo dovere di sopportare questo peso, di guidare il resto del mondo. Rudyard Kipling ha parlato del "fardello dell'uomo bianco." Spero che non sia questo ciò che spinge gli americani. Il mondo di oggi non è bianco o nero, ma multicolore ed eterogeneo. La leadership in questo mondo può essere garantita non convincendo se stessi di un 'esclusività e di un dovere dato da Dio di essere responsabili peri tutti, ma solo con la capacità e l'abilità nella formazione di un consenso. Se i partner statunitensi impegnassero il loro potere verso questo obiettivo, questo sarebbe di valore inestimabile, e la Russia li aiuterebbe attivamente.
Tuttavia, finora, le risorse amministrative degli Stati Uniti continuano a operare solo nel quadro della NATO, e anche lì con forti riserve, e il suo mandato non si estende oltre l'Alleanza nord-atlantica. Una prova di questo è il risultato dei tentativi statunitensi di far seguire alla comunità mondiale la propria linea in connessione alle sanzioni e ai principi anti-russi. Ne ho parlato più di una volta e abbiamo ampia prova del fatto che gli ambasciatori e gli inviati americani in tutto il mondo cercano incontri al più alto livello per sostenere che i paesi corrispondenti sono tenuti a punire la Russia insieme a loro oppure ad affrontarne le conseguenze.Questo viene fatto in tutti i paesi, compresi i nostri alleati più stretti (questo la dice lunga sul tipo di analisti che ha Washington). La stragrande maggioranza degli stati con i quali abbiamo un dialogo continuo, senza alcuna restrizione e l'isolamento, come vedete, apprezza il ruolo indipendente della Russia sulla scena internazionale. Non perché sono contenti quando qualcuno sfida gli americani, ma perché si rendono conto che l'ordine del mondo non sarà stabile se a nessuno è permesso di dire la propria (anche se privatamente la stragrande maggioranza esprime la propria opinione, non vogliono farlo pubblicamente per paura di rappresaglie da parte di Washington).
Molti analisti ragionevoli capiscono che c'è un divario crescente tra le ambizioni globali del governo degli Stati Uniti e le reali potenzialità del paese. Il mondo sta cambiando e, come è sempre accaduto nella storia, a un certo punto l'influenza e la potenza di qualcuno raggiunge il proprio picco e poi qualcuno comincia a svilupparsi in modo ancora più rapido ed efficace. Si dovrebbe studiare la storia e procedere da basi reali. Le sette economie in via di sviluppo guidate dai BRICS hanno già un PIL maggiore del G7 occidentale. Si dovrebbe procedere dai fatti della vita, e non da un malinteso senso della propria grandezza.
È diventato di moda sostenere che la Russia sta conducendo una sorta di "guerra ibrida" in Crimea e in Ucraina. Si tratta di un termine interessante, ma vorrei applicarlo soprattutto agli Stati Uniti e alla loro strategia di guerra – è veramente una guerra ibrida non finalizzata tanto a sconfiggere il nemico militarmente quanto al cambiare i regimi negli stati che perseguono una politica che non piace a Washington. Comporta l'uso di pressioni finanziaria ed economiche, attacchi informatici, servendosi come intermediari di altri sul confine dello stato corrispondente e naturalmente di informazioni e di pressione ideologica attraverso organizzazioni non governative finanziate dall'esterno. Non è un processo ibrido diverso da quello che noi chiamiamo guerra? Sarebbe interessante discutere il concetto di guerra ibrida per vedere chi la sta conducendo e se si tratta solo di "omini verdi".
A quanto pare la cassetta degli attrezzi dei nostri partner americani, che sono diventati abili a usarla, è molto più grande.
Nel tentativo di stabilire la loro preminenza nel momento in cui stanno emergendo nuovi centri di potere economico, finanziario e politico, gli americani provocano contrasto in linea con la terza legge di Newton e contribuiscono alla nascita di strutture, meccanismi e movimenti che cercano alternative alle ricette americane per risolvere i problemi urgenti. Non mi riferisco all'antiamericanismo, e ancora meno alla formazione di coalizioni mirate contro gli Stati Uniti, ma solo al desiderio naturale di un numero crescente di paesi di proteggere i propri interessi vitali e di farlo nel modo che ritengono giusto, e non quello che viene loro dettato "da oltre lo stagno". Nessuno si metterà a fare giochi antiamericani solo per fare dispetto agli Stati Uniti. Siamo di fronte a tentativi di uso extra-territoriale della legislazione statunitense, al rapimento dei nostri cittadini, nonostante i trattati esistenti con Washington in base al quale questi problemi devono essere risolti attraverso l'applicazione della legge e degli organi giudiziari.
Secondo la loro dottrina della sicurezza nazionale, gli Stati Uniti hanno il diritto di usare la forza, sempre e ovunque, senza necessariamente chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l'approvazione. Una coalizione contro lo Stato Islamico è stata costituita all'insaputa del Consiglio di Sicurezza. Ho chiesto al segretario di Stato John Kerry perché non sono andati per questo fine al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Mi ha detto che se l'avessero fatto, avrebbero dovuto convalidare in qualche modo lo stato del presidente siriano Bashar al-Assad. Naturalmente avrebbero dovuto farlo, perché la Siria è uno Stato sovrano ed è ancora un membro delle Nazioni Unite (nessuno l'ha esclusa dai membri delle Nazioni Unite). Il segretario di Stato ha detto che sarebbe stato sbagliato perché gli Stati Uniti sono in lotta contro il terrorismo e il regime di al-Assad è il fattore più importante che galvanizza i terroristi di tutto il mondo ed agisce come una calamita attirarli a questa regione nel tentativo di rovesciare il regime siriano.
Ritengo che questa sia una logica perversa. Se stiamo parlando di precedenti (gli Stati Uniti hanno una giurisprudenza basata sui precedenti), vale la pena ricordare il disarmo chimico in Siria, quando il regime di Assad era un partner del tutto legittimo degli Stati Uniti, della Russia, dell'OPCW e altri. Gli americani mantengono colloqui anche con i talebani. Ogni volta che gli Stati Uniti hanno la possibilità di beneficiare di qualcosa, agiscono in modo molto pragmatico. Io non sono sicuro del perché questa posizione ideologicamente guidata abbia preso il sopravvento questa volta e gli Stati Uniti abbiano scelto di credere che Assad non può essere un partner. Forse, questa non è tanto un'operazione contro lo Stato islamico quanto un tentativo di spianare la strada per far cadere al-Assad, con il pretesto di un'operazione antiterrorismo.
Francis Fukuyama ha scritto recentemente il libro Ordine politico e decadimento politico, in cui sostiene che l'efficienza della pubblica amministrazione negli Stati Uniti è in declino e le tradizioni di governance democratica sono gradualmente sostituite da metodi di dominio feudale. Questo succede quando qualcuno vive in una casa di vetro e lancia pietre.
Tutto questo sta accadendo tra le crescenti sfide e i problemi del mondo moderno. Stiamo assistendo ad un "braccio di ferro" continuo in Ucraina. Si stanno preparando problemi al confine sud dell'UE. Non credo che i problemi del Medio Oriente e del Nord Africa se ne andranno via da soli. L'UE ha formato una nuova commissione. Sono emersi nuovi attori stranieri, che dovranno affrontare una lotta seria riguardo a dove inviare le loro risorse di base: o per il mantenimento di schemi sconsiderati in Ucraina, Moldova, ecc, nell'ambito del partenariato orientale (come sostenuto da una minoranza aggressiva nell'UE), oppure per ascoltare i paesi dell'Europa meridionale e concentrarsi su ciò che sta accadendo dall'altra parte del Mediterraneo.
Si tratta di una questione importante per l'UE.
Finora, non sembrano guidati da problemi reali, ma piuttosto dal desiderio di afferrare rapidamente beni da un suolo appena smosso. Questo è deplorevole. L'esportazione di rivoluzioni – siano esse democratiche, comuniste o di altro tipo – non porta nulla di buono.
Le strutture statali, pubbliche e di civiltà sono in realtà disintegrando in Medio Oriente e Nord Africa. L'energia distruttiva rilasciata nel processo può bruciare stati che si trovano ben oltre questa regione. I terroristi (incluso lo Stato Islamico) pretendono uno status di nazione. Inoltre, stanno già cominciando a creare enti parastatali locali che si occupano di lavoro amministrativo.
In tale contesto, le minoranze, tra cui i cristiani, sono bandite. In Europa, parlare di questi problemi non è considerato politicamente corretto. Si vergognano quando all'OSCE li invitiamo a fare qualcosa insieme per questo problema. Si chiedono perché dovremmo concentrarci specificamente dei cristiani? E perché questo dovrebbe essere speciale? L'OSCE ha tenuto una serie di eventi dedicati a mantenere vive le memorie dell'Olocausto e delle sue vittime. Alcuni anni fa, l'OSCE ha iniziato a svolgere eventi contro l'islamofobia. Noi offriremo un'analisi dei processi che portano alla cristianofobia.
Il 4-5 dicembre, le riunioni dei ministri dell'OSCE si terranno a Basilea, dove presenteremo la proposta. La maggior parte degli Stati membri dell'UE elude questo argomento, perché si vergogna a parlarne. Così come si vergognavano di includere in quella che allora era la Costituzione europea elaborata da Valery Giscard d'Estaing una frase che l'Europa ha radici cristiane.
Se non ricordi o non rispetti le tue radici e tradizioni, come potrai rispettare le tradizioni e i valori di altre persone? Questa è logica semplice. Confrontando quello che sta accadendo oggi in Medio Oriente con un periodo di guerre di religione in Europa, il politologo israeliano Avineri ha detto che è improbabile che le attuali turbolenze finiscano con quello che intende l'Occidente quando parla di "riforme democratiche".
Il conflitto arabo-israeliano è destinato a morte certa. È difficile giocare su più scacchiere alla volta. Gli americani stanno cercando di ottenere questo risultato, ma per loro non funziona. Nel 2013, hanno impiegato nove mesi per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Non voglio entrare nei motivi, che sono noti, ma hanno fallito anche in questo. Ora, hanno chiesto più tempo per cercare di realizzare alcuni progressi entro la fine del 2014, in modo che i palestinesi non vadano alle Nazioni Unite a firmare lo Statuto della Corte penale internazionale, ecc. Improvvisamente, è emerso che i negoziati sull'Iran sono in corso. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha buttato da parte la Palestina per concentrarsi sull'Iran.
Il segretario di Stato americano John Kerry e io abbiamo accettato di parlare di questo argomento qualche tempo prima. È importante capire che non si può tenere il problema dello Stato palestinese totalmente congelato per sempre. La sua mancata risoluzione per quasi 70 anni è stato uno dei principali argomenti di coloro che reclutano estremisti nei loro ranghi; "non c'è giustizia: si è promesso di creare due stati; quello ebraico è stato creato, ma non potranno mai creare uno stato arabo". Utilizzati in una strada araba affamata, questi argomenti suonano abbastanza plausibili, e cominciano a chiedere una lotta per la giustizia con altri metodi.
Il presidente russo Vladimir Putin, durante la riunione al Club Valdai di Sochi, ha detto che abbiamo bisogno di una nuova versione dell'interdipendenza. Questa è stata una dichiarazione di grande attualità. Le principali potenze devono tornare al tavolo dei negoziati e concordare un nuovo quadro che tenga conto degli interessi legittimi di base di tutte le parti principali (non posso dire come dovrebbe essere chiamato, ma dovrebbe essere basato sulla Carta delle Nazioni Unite), per concordare ragionevoli restrizioni autoimposte e una gestione dei rischi collettiva in un sistema di relazioni internazionali sostenute da valori democratici. I nostri partner occidentali promuovono il rispetto per lo Stato di diritto, la democrazia e l'opinione di minoranza all'interno dei paesi, mentre non difendono gli stessi valori negli affari internazionali. Questo lascia alla Russia un ruolo di pioniere nel promuovere la democrazia, la giustizia e il diritto internazionale. Un nuovo ordine mondiale non può che essere policentrico e deve riflettere la diversità delle culture e delle civiltà nel mondo di oggi.
Siete consapevoli dell'impegno della Russia a garantire l'indivisibilità della sicurezza negli affari internazionali e a sostenerla nel diritto internazionale. Non mi dilungherò su questo.
Vorrei sostenere il punto fatto da vostro Consiglio, la Russia non riuscirà a diventare una potenza grande, di successo e fiduciosa del XXI secolo senza sviluppare le sue regioni orientali. Sergej Karaganov è stato tra i primi a concettualizzare questa idea, e sono pienamente d'accordo. Portare la relazioni della Russia con i paesi dell'Asia e del Pacifico a un nuovo livello è una priorità assoluta. La Russia ha lavorato in questo senso nel corso della riunione dell'APEC a Pechino e al forum del G20. Continueremo a muoverci in questa direzione nel nuovo ambiente creato dal prossimo lancio dell'Unione Economica Eurasiatica il 1 gennaio 2015.
Siamo stati trattati come "subumani". Per oltre un decennio, la Russia ha cercato di stabilire rapporti di partnership con la NATO attraverso la CSTO (ОДКБ). Questi sforzi non sono stati solo per mettere la NATO e la CSTO "nella stessa lega". Di fatto, la CSTO si concentra sulla cattura di spacciatori di droga e migranti illegali in tutto il confine con l'Afghanistan, e l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è la spina dorsale delle forze di sicurezza internazionali, che, tra le altre cose, avevano il compito di combattere la minaccia del terrorismo e di eliminare i suoi programmi di finanziamento, che prevedono il traffico di droga. Abbiamo provato di tutto: abbiamo supplicato e poi preteso un contatto in tempo reale, in modo che una volta che la NATO rileva una carovana trasporto di stupefacenti e non è in grado di fermarla, ci avverta attraverso il confine, in modo che questa carovana possa essere intercettata dalle forze della CSTO. Hanno semplicemente rifiutato di parlare con noi. Nelle conversazioni private, i nostri  sostenitori della NATO (e in realtà li definisco così in modo positivo) ci hanno detto che l'alleanza non può visualizzare la CSTO come partner paritario per motivi ideologici. Fino a poco tempo fa, abbiamo visto lo stesso atteggiamento condiscendente e arrogante per quanto riguarda l'integrazione economica eurasiatica. E questo, nonostante il fatto che i paesi che intendono aderire all'Unione Economica Eurasiatica abbiano tra loro molto più in comune in termini di economie, storia e cultura rispetto a molti stati membri dell'UE. Questa unione non intende creare barriere con alcuno. Abbiamo sempre sottolineato come questa unione dovrebbe essere aperta. Credo fermamente che possa dare un contributo significativo alla costruzione di un ponte tra Europa e Asia del Pacifico.
Non posso non menzionare il partenariato globale della Russia con la Cina. Sono state prese importanti decisioni bilaterali, aprendo la strada ad un'alleanza energetica tra la Russia e la Cina. Ma c'è di più. Ora possiamo anche parlare dell'alleanza tecnologia emergente tra i due paesi. Il tandem della Russia con Pechino è un fattore cruciale per garantire la stabilità internazionale e almeno un certo equilibrio nelle questioni internazionali, oltre a garantire lo stato di diritto internazionale. Faremo pieno uso delle nostre relazioni con l'India e il Vietnam, partner strategici della Russia, così come i paesi dell'ASEAN. Siamo aperti anche ad ampliare la cooperazione con il Giappone, se i nostri vicini giapponesi possono guardare ai loro interessi nazionali e smettere di guardare alle spalle ad alcuni poteri d'oltremare.
Non vi è dubbio che l'Unione europea è il nostro principale partner collettivo. Nessuno intende "spararsi in un piede" rinunciando alla cooperazione con l'Europa, anche se è ormai chiaro che i consueti affari non sono più un'opzione. Questo è ciò che i nostri partner europei ci dicono, ma neppure noi vogliamo operare alla vecchia maniera. Essi credevano che la Russia dovesse loro qualcosa, mentre noi vogliamo essere su un piano di parità. Per questa ragione, le cose non saranno mai più le stesse. Detto questo, sono sicuro che saremo in grado di superare questo periodo, si impareranno le lezioni ed emergerà una nuova base per le nostre relazioni.
L'idea di creare uno spazio economico unico e umanitario da Lisbona a Vladivostok può ora essere ascoltata qua e là e sta guadagnando trazione. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha detto pubblicamente (mentre noi lo abbiamo detto per molto tempo) che l'UE e la EAEU dovrebbero dialogare. La dichiarazione che il presidente Vladimir Putin ha fatto a Bruxelles nel gennaio 2014, quando ha proposto il primo passo per avviare i negoziati su una zona di libero scambio tra l'Unione Europea e l'Unione Doganale con un occhio al 2020, ora non è più vista come qualcosa di esotico. Tutto questo è già diventato parte della diplomazia e della politica reale. Anche se questo è finora solo oggetto di discussione, credo fermamente che un giorno raggiungeremo quella che viene chiamata "l'integrazione delle integrazioni." Questo è uno dei temi chiave che vogliamo promuovere in seno all'OSCE in occasione del Consiglio dei ministri a Basilea. La Russia sta per assumere presidenza dei BRICS e della SCO. Le due organizzazioni terranno i loro summit a Ufa. Si tratta di organizzazioni molto promettenti per la nuova era.Non sono blocchi (soprattutto i BRICS), ma gruppi i cui membri condividono gli stessi interessi, che rappresentano paesi di tutti i continenti che condividono un approccio comune per quanto riguarda il futuro dell'economia mondiale, della finanza e della politica.


=== 4 ===

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 24/11/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1572750359625144

"Putin finanzia Le Pen e l'estrema destra francese. E potrebbe mandare soldi anche a Salvini". A questa notizia - con cui i media di regime e i sinistrati russofobi stanno inondando la rete per far passare il governo russo come "amico dei fascisti mentre si copre con la foglia di fico di un finto antifascismo" - andrebbe quantomeno il Premio Goebbels del mese. 
In primo luogo perché si cerca di spacciare il flusso di denaro che arriverà al Fronte Nazionale come un "regalo ricevuto da Mosca", quando invece è un PRESTITO richiesto da un soggetto di diritto privato (un partito) ad una banca privata straniera, da restituire con relativi interessi. Questa è una pratica comunissima in Francia e nei paesi in cui non esiste o è limitato il finanziamento pubblico dei partiti (tema che metterebbe un articolato ragionamento a parte, al di là del populismo e strillate travagliste): decine di forze politiche e movimenti, strangolati dai debiti accumulati per gestire l'apparato , sono ricorsi a prestiti o, addirittura, a richieste di contributi volontari ad "imprenditori", magnati e padroni del vapore vari (guardate, per esempio, l'elenco dei finanziatori della Leopolda di Renzi). 
In secondo luogo, perché si cerca di far passare una semi-sconosciuta banca russa per un'articolazione diretta del potere del Cremlino e di Putin e Medvedev. Perfino i Goebbels del Corriere sono costretti a dire che la First Czech Russian Bank, cioè chi sta concedendo il prestito alla Le Pen, è "un piccolo istituto russo di proprietà di Roman Yakubovich Popov". Insomma, una specie di Cassa di risparmio "alla buona" delle nostre parti. Un minuscolo topolino rispetto ai colossi russi come Sberbank, VTB, Bank of Moscow, Rosbank, Nomos-bank, Uralsib, TransCreditBank e Vozrozhdenie Bank, che rientrano tra le 500 banche più solide al mondo ( http://m.it.rbth.com/economia/2013/02/21/banche_russe_nella_top500_22219.html ) 
Ma per i nostri disinformatori al servizio della Nato, gli stessi che stanno nascondendo la notizia della vergognosa astensione dell'Italia e di tutti i paesi UE sulla mozione all'ONU contro la glorificazione del nazismo, adesso "Putin sta finanziando i partiti fascisti, razzisti e xenofobi europei".

Come si evince dal nome della banca, si tratta di un istituto a capitale russo e ceco... E la Repubblica Ceca è un paese UE e Nato:
http://investing.businessweek.com/research/stocks/private/snapshot.asp?privcapId=34102710

Fonti:
http://www.corriere.it/esteri/14_novembre_24/arrivo-nove-milioni-banca-putin-l-ascesa-le-pen-ab2672fa-73a3-11e4-a443-fc65482eed13.shtml
http://www.repubblica.it/esteri/2014/11/25/news/il_bancomat_di_putin_per_i_nazionalisti_d_europa_in_fila_anche_la_lega_ogni_aiuto_ben_accetto-101347501/?ref=HREC1-6

---

Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 25/11/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1572859539614226

"La banca di Putin e Medvedev finanzia i fascisti del Fronte Nazionale francese". Questa è la notizia che è rimbalzata sui media occidentali embedded in queste ore. Abbiamo già scritto sul tema, ma ci torniamo volentieri. 
Reputando superfluo sottolineare che questa pagina non ha nessuna simpatia per la Le Pen, il Fronte Nazionale ed gruppi di estrema destra e neofascisti, e neppure per i banchieri, ribadiamo che le cose non sono andate proprio come scritto dai Goebbels della disinformazione. Cioè, si tratta: 1) di un prestito, non un contributo o una sovvenzione, rilasciato da una banca privata ad un soggetto privato (un partito) ed il governo russo non c'entra nulla; 2) di un prestito rilasciato da una banca a capitale misto russo e ceco (e che la Repubblica Ceca è un paese UE e Nato). A questo, aggiungiamo che, se la "First Czech Russian Bank" fosse realmente la "banca ufficiale del Cremlino", Putin e Medvedev sarebbero proprio dei dilettanti allo sbaraglio, visto che si tratta di un istituto bancario di serie C o D, che occupa solo il 42esimo posto nella graduatoria (che alleghiamo) del rating delle banche russe.

Top 50 Russian Banks
http://www.rbcnews.com/ratings/ratings02.shtml


=== 5 ===

Fonte: pagina FB de "La Scintilla",

(Message over 64 KB, truncated)

(english / italiano)

EULEX e TPIJ, due scandali giuridici

1) ROMA 8/12: "UOMINI E NON UOMINI". Presentazione del libro di Goran Jelisic

2) NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI. Di Andrea Martocchia (segretario CNJ-onlus)

3) Su EULEX in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro. Di Ennio Remondino

4) British fraud hunter exposes EU staff on the take… in her own anti-corruption unit (Daily Mail)


Sullo scandalo EULEX si vedano anche:

EULEX: abuse, bribery, financial crime

EULEX corrotta per Kosovo criminale


=== 1 ===

Roma, Lunedì 8 dicembre 2014
nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" – http://www.piulibripiuliberi.it/
Eur, Palazzo dei Congressi
ore 15.00-15.45 in SALA CORALLO (data la breve durata si raccomanda puntualità)

Presentazione del libro di 

Goran Jelisic 

UOMINI E NON UOMINI
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo

(Zambon 2013)

Intervengono: 
Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo)
Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista)

Scarica il volantino dell'iniziativa: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/roma081214.pdf 
Vai alla Scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013
Leggi la recensione di A. Martocchia: https://www.cnj.it/MILOS/testi.htm#jelisic_rec_am


=== 2 ===

L'articolo che segue uscità sul prossimo numero de La Città Futurahttp://www.lacittafutura.it


NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI

La fase storica post-Ottantanove si caratterizza per la inversione di quella tendenza, che si riteneva o si sperava fosse via via consolidata durante la Guerra Fredda, alla composizione pacifica delle controversie internazionali ("pace") ed alla regolazione normativa condivisa dei rapporti tra gli Stati ("diritto internazionale"). In tal senso, i Balcani, area dell'Europa che più di ogni altra è trattata come "territorio di conquista" dalle grandi potenze, sono stati da subito lo spazio di sperimentazione di nuove pratiche eversive. Laggiù, due pilastri del vecchio ordine internazionale sono stati fatti saltare in aria con la potenza perforante delle bombe all'uranio impoverito: il primo è la Pace, alla quale è stata preferita la guerra; il secondo è la Giustizia internazionale, alla quale è stata preferita la rappresentazione di pratiche giudiziarie "ad hoc", estemporanee e fittizie, espressione della protervia dei vincitori contro i vinti.

Il caso della violazione flagrante e reiterata del diritto internazionale nei Balcani merita una disamina accurata, per la quale rimandiamo a un nostro saggio in preparazione (1). Qui vogliamo lanciare un paio di spunti di riflessione e di analisi.

Il caso EULEX

Il Kosovo è un territorio strappato ad uno Stato sovrano con la violenza di una guerra di aggressione, che è stato trasformato in protettorato a tutti gli effetti, pur con la maschera di sovranità conferita da una illegittima dichiarazione di indipendenza che nemmeno la totalità dei paesi UE ha riconosciuto. 
Era scontato che per mettere sotto tutela occidentale, anche dal punto di vista giuridico-amministrativo, una simile creazione neocoloniale, fosse necessario istituire organismi di controllo giuridico illegittimi e profondamente corrotti sin dalla loro creazione. Già nel 2008 i magistrati Luca M. Baiada e Domenico Gallo, avanzando giuste questioni di principio, ponevano un Quesito al CSM ed al CMM sulla legalità della "missione PESD" e sulla opportunità di inviare magistrati italiani (2).
Non ci ha perciò sorpreso punto il recentissimo scandalo scoppiato in sede EULEX, la missione giudiziaria europea in Kosovo: il magistrato inquirente Maria Bamieh, avvocato di nazionalità inglese, ha avviato una indagine sui suoi stessi colleghi, sospettati di corruzione e di avere insabbiato inchieste importanti perché andavano a toccare quel grumo di potere mafioso e terrorista, derivato dalla alleanza tra NATO e UCK, che vige da 15 anni in Kosovo. Tra gli altri, l'avvocato ha puntato l'indice sul magistrato italiano Francesco Florit. Però la Bamieh non ha potuto portare fino in fondo la sua azione poiché è stata impedita a tutti i livelli: addirittura, attualmente i sospettati sono rimasti inquirenti e giudici, mentre lei, dopo aver denunciato pubblicamente alcune circostanze, è stata allontanata dall’incarico e da EULEX. La denuncia della Bamieh è allora ulteriormente salita di tono: nella sua incredibile intervista a Russia Today (3), l'avvocato, con volto gonfio e voce bassa di chi è apparentemente devastavo dagli psicofarmaci, denuncia anche pratiche di mobbing e bossing sul posto di lavoro.
Le cose in realtà stanno ben peggio di quanto affermato da Bamieh. Altri osservatori e testimoni delle azioni dell'EULEX in Kosovo da anni rivelano casi di mala giustizia, corruzione e mafia in quel contesto, ma vengono regolarmente ignorati. Andrea Lorenzo Capussela ha posto una serie di domande alla Bamieh (4), chiedendole perché lei stessa non abbia dato seguito a denunce da lui presentate in passato. 

Ennio Remondino ha fatto notare (5) che questo caso "seppellisce comunque la credibilità residua" dell'EULEX. D'altronde, negli anni scorsi già avevamo fatto notare lo scandalo della impunità garantita ai banditi veterani dell'UCK, assurti a posizioni di potere nel Kosovo colonizzato, anche per colpe EULEX (6) oltreché per le colpe dello scandaloso "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia. Per una missione che è costata finora circa 750 milioni di euro di fondi comunitari, non c'è male.

Il "Tribunale ad hoc" dell'Aia

E veniamo dunque proprio al "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia sotto gli auspici di Madleine Albright e George Soros. Ha ragione Ugo Giannangeli, che nella sua Postfazione al nuovo libro "Uomini e non uomini" (*) scrive: «Ho letto il libro di Goran Jelisic e sono rimasto allibito». "Allibito" è la parola giusta. Giustamente nella Postfazione Giannangeli parla del carattere eminentemente politico - e perciò giuridicamente obbrobrioso - del "processo" subito da Jelisic: «Non che di aberrazioni giudiziarie non ne abbia viste, ma poco sapevo del funzionamento del Tribunale dell'Aja».

Le cronache del "Tribunale penale internazionale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della ex Jugoslavia" (TPIJ) non possono che lasciare allibito chiunque vi si avvicini per caso e senza parzialità o preconcetti. Non è un caso se sul "Tribunale ad hoc" è uscito un numero assolutamente esiguo di testi analitici. Pochi gli articoli della grande stampa, tutti copia-e-incolla dei dispacci d'agenzia venuti dall'estero, e pochissimi anche i libri. Tra questi ultimi, oltre al recentissimo libro di Jelisic, dobbiamo ricordare solamente: «Imputato Milosevic. Il processo ai vinti e l'etica della guerra», di Massimo Nava (Fazi 2002), e il "nostro" «In difesa della Jugoslavia. Il j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia» (Zambon, 2005). Sarebbe invece importante, a venti anni dalla creazione di tale istituzione para-legale, operare una ricognizione degli studi specifici effettuati a livello accademico, delle Testi di laurea o dottorato dedicate al "Tribunale" o che usano gli Atti del "Tribunale" come fonte di ricostruzione storica dei tragici fatti jugoslavi… 
Che qualcosa non funzioni, lo testimoniano anche solo i proscioglimenti "eccellenti" che negli anni hanno riguardato tutti i personaggi di spicco, veri responsabili politico-militari, appartenenti alle parti e ai partiti secessionisti croati, musulmani e albanesi. Ramush Haradinaj e Hasim Thaci a tutt'oggi comandano nel protettorato del Kosovo. Nel novembre 2012 la corte dell’Aja ha scagionato persino i generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac, pianificatori della pulizia etnica delle Krajine. Il boia Nasir Oric, comandante delle milizie musulmane che a ripetizione fecero strage di serbi nei dintorni di Srebrenica tra il 1992 e il 1994, è stato completamente assolto (sic) nel 2008 quando era già libero avendo scontato solo una pena ridicola nel carcere dell'Aia. La notizia più recente è la liberazione dell'ex presidente della autoproclamata "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" Dario Kordic. Mandante della strage di Ahmici, un villaggio a forte componente musulmana presso Vitez, dove un centinaio di non-croati furono liquidati il 16 aprile del 1993, ed in custodia dal 1997, Kordic ha scontato la pena a Graz, cioè in un paese (l'Austria) che ha in tutti i modi sostenuto il separatismo e nazionalismo croato. Recentemente è potuto rientrare a Zagabria tra i festeggiamenti di rappresentanti politici e della chiesa cattolica.
Per alcune delle assoluzioni di cui sopra un anno fa scoppiò uno scandalo, presto silenziato, attorno alla figura di Theodor Meron, "presidente" del "Tribunale", cittadino statunitense, già consigliere giuridico del governo israeliano e ambasciatore israeliano in Canada e alle Nazioni Unite. Il giudice danese Harhoff accusò Meron di avere "effettuato pressioni sui suoi colleghi" per compiacere l'establishment militare americano e israeliano. (7)

Sulla vera natura del "Tribunale ad hoc" scrivevamo nel 2005 (8): «La "giustizia" del "Tribunale ad hoc" è dunque quella di una parte in causa contro l'altra: il contrario esatto del super partes. Il TPIJ, analogamente al famigerato Tribunale Speciale dell'Italia fascista, è uno strumento politico totalmente sotto controllo dei vincitori, cioè degli aggressori, devastatori ed invasori della Jugoslavia.» Ci confortava nel giudizio la sincera dichiarazione di Jamie Shea, portavoce della NATO durante i bombardamenti sulla Jugoslavia della primavera del 1999: «La NATO è amica del Tribunale, è la NATO che detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto accusa… Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per istituire il Tribunale, noi siamo tra i più grandi finanziatori.» 
Più in dettaglio, del "Tribunale ad hoc" analizzavamo i meccanismi giuridici: «Noti giuristi e commentatori hanno spiegato come, nel suo funzionamento, il TPIJ violi tutti i principi del diritto internazionale. In sostanza, esso non rispetta la separazione dei poteri, né la parità fra accusa e difesa, né tantomeno la presunzione di innocenza finché non si giunge ad una condanna: la regola 92 del TPIJ stabilisce che le confessioni siano ritenute credibili, a meno che l'accusato possa provare il contrario, mentre in qualsiasi altra parte del mondo l'accusato è ritenuto innocente fino a quando non sia provata la sua colpevolezza. Il TPIJ formula i propri regolamenti e li modifica su ordine del Presidente o del Procuratore, assegnando ad essi carattere retroattivo: attraverso una procedura totalmente ridicola, il Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa e ratificarle via fax ad altri giudici (regola 6). Il regolamento stesso non contempla un giudice per le indagini preliminari che investighi sulle accuse. Il "Tribunale ad hoc" utilizza testimoni anonimi, che si possono dunque sottrarre a verifiche da parte della difesa; secreta le fonti testimoniali, che possono essere anche servizi segreti di paesi coinvolti nei fatti. Esso usa la segretezza anche sui procedimenti aperti (regola 53); ricusa o rifiuta a proprio arbitrio di ascoltare gli avvocati della difesa (regola 46), allo stesso modo dei tribunali dell'Inquisizione; può rifiutare agli avvocati di consultare documentazione probatoria (regola 66); può detenere sospetti per novanta giorni prima di formulare imputazioni, con l'evidente scopo di estorcere confessioni. Dulcis in fundo, i giudici si arrogano persino il diritto, d'accordo con la "pubblica accusa", di revisionare la trascrizione del dibattimento, censurandola.»

La gran parte di queste pratiche è puntualmente confermata nel suo libro da Goran Jelisic, il quale porta quei casi esemplari che sono le sue esperienze dirette. Esperienze drammatiche, a fronte delle quali chiunque impazzirebbe. Jelisic invece raccoglie il suo dolore, i suoi shock, e riesce a farne un libro, a rivendicare semplicemente la umanità sua e dei suoi compagni di prigione, anche quelli di diverso colore politico-etnico. Di qui il titolo, poiché «esistono solo due nazioni: gli uomini e i non uomini» (p.87). E sulla base di questo spontaneo senso di umanità in carcere si fraternizza spesso (non sempre) anche con il nemico di ieri.
Jelisic spiega ulteriori discutibili prassi adottate dal "Tribunale". Racconta casi precisi, di testimoni "imboccati" dai giudici, o del modo in cui vengono imposti gli avvocati difensori e come questi ultimi inducano l'imputato a commettere errori dei quali pagherà poi care le conseguenze. Fa alcuni esempi di materiale probatorio grossolanamente falsificato (addirittura estratti da un film di Arnold Schwarzenegger: p.223). Jelisic racconta come gli inquirenti cercarono in tutti i modi di fagli dire che a Brcko erano stati uccisi seimila musulmani: «Ero sbalordito da tale richiesta. In seguito, ogni volta che volevano spingermi a dire qualcosa, spegnevano la telecamera. Si vedeva che avevano una bella esperienza d'interrogatori nei servizi segreti o come agenti» (p.144; p.170). Jelisic spiega che di fronte a sue "ammissioni" era sempre pronto uno sconto di pena… Alcune sue presunte vittime verranno però invece ritrovate vive e vegete (p.169; p.308). 

E' particolarmente importante l'informazione che Jelisic fornisce sulla sua vicenda "italiana". Innanzitutto, dopo la condanna egli è stato arbitrariamente assegnato ad una prigione italiana nonostante garanzie affatto diverse che gli erano state date. In Italia è passato per sei prigioni diverse, e si trova adesso a Massa, dove deve terminare di scontare una condanna a 30 anni (fino al 2028). Sebbene abbia fatto domanda per ottenere tre anni di indulto, concessi a tutti i detenuti dello Stato italiano, questi gli sono stati rifiutati con la motivazione che avrebbe commesso il crimine di genocidio, reato da cui invece è stato assolto; i suoi ricorsi non ottengono nemmeno risposta. Gli sono stati negati anche i permessi che invece, nelle carceri estere, sono stati spesso concessi ad altri condannati dell'Aia. Dal 2006, anno d'inizio del lavoro di traduzione e riscrittura delle sue memorie, la curatrice del libro non ha mai ottenuto il permesso di incontrarlo. 

Per riprendere una riflessione su queste vergogne, poco dibattute e quasi per nulla denunciate anche nei settori della sinistra più coerente e cosciente, la prossima occasione utile si presenterà a Roma, Lunedì 8 dicembre 2014 nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" (Palazzo dei Congressi dell'EUR, alle ore 15.00 in Sala Corallo). Lì, il libro di Goran Jelisic sarà presentato dal prefattore Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo) e dalla curatrice Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista).


Andrea Martocchia (segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia onlus)


(1) Un saggio su questo tema è in preparazione per la rivista Marx21.
(6) Si vedano ad es.:
La EULEX garantisce l'impunità ad Ejupi, responsabile della strage dell'autobus di linea Nis Express (2009)
West refuses to probe organ trafficking – Russian envoy (2011)
Crimes de guerre au Kosovo : Eulex acquitte Fatmir Limaj (2012)
https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#eulex2012
Trafic d’organes au Kosovo : les principaux suspects échappent toujours à Eulex (2013)

(*) Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo
A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale, Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli
Francoforte: Zambon 2013
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3
La scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/SchedeLibri/scheda-jelisic.pdf


=== 3 ===

http://www.remocontro.it/2014/11/26/eulex-in-kosovo-pendenti-accuse-sentenze-tassametro/

Su Eulex in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro 

Colpevoli o innocenti che sia Eulex a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, ora tutti a casa

di Ennio Remondino - 26 novembre 2014

L’avvocato inglese Maria Bamieh è molto decisa e le sue accuse determinate, precise. Quindi, o la donna soffre di qualche disturbo che la fa sentire vittima, o un bel pezzo di uffici giudiziari di Eulex in Kosovo dovrebbero essere trasferiti semplicemente in carcere. O clinica o galera. Quando?


L’alternativa è drammatica e seppellisce comunque la credibilità residua della missione giudiziaria europea in Kosovo: o clinica psichiatrica o prigione. Il sito inglese ‘dailymail.co.uk’ ovviamente dà attenzione e credito alla denunci fatta dalla sua concittadina. Con un disegno kosoro di fattura anglosassone meritevole di attenzione: «Quindici anni dopo il conflitto, il Kosovo rimane una regione senza legge, con gangster, politici corrotti e criminali di guerra che minacciano l’integrità delle frontiere dell’UE». Traduzione dall’inglese, sia chiaro, pur se il Kosovo è prodotto americano.

Riassunto dei fatti: l’avvocato inglese Maria Bamieh è stata per sei anni inquirente con Eulex in Kosovo. Dava la caccia ai corrotti e se li è scoperti in casa (dice lei). Avvia un’indagine sui suoi stessi colleghi. Allontanati dal lavoro? No, loro restano inquirenti e giudici. Lei, la denunciante, è invece allontanata dall’incarico e da Eulex. Dicono sia perché ora è testimone di un eventuale crimine. Nel frattempo, in attesa dell’inchiesta ‘severissima’ promessa da Lady Pesch, il discredito sull’intera missione internazionale Ue in quella terra decisamente problematica, dilaga e seppellisce.

L’avvocata messa da parte ha tempo da vendere e qualche conto da saldare. In più sa come e dove colpire. E’ il suo mestiere. In tempi di crisi l’argomento ‘soldi’ è decisivo. «In questa missione la maggior del personale è di fatto part-time, ma ottiene uno stipendio a tempo pieno. Scompaiono il giovedì o venerdì mattina, volano a casa e riappaiono nel pomeriggio di lunedì o martedì mattina». Decisamente pelandroni i Signori Giudici Eulex. Fanno come i parlamentari in Italia. Nel frattempo l’Unione europea ha investito nella missione 750 milioni di fondi di fondi comunitaria. Tanti euro.

C’è già un’indagine ufficiale dell’Unione europea sulla vicenda, ma procede lenta. Forse perché lavorano tre giorni la settimana? Interessante come sono nato i sospetti della signora Bamieh. Un alto funzionario del ministero della salute del Kosovo finisce in carcere per corruzione. Tangenti chieste ad aziende farmaceutiche. S’è visto ben di peggio. Ad Ilir Tolaj, il detenuto, qualcuno fa arrivare in carcere un telefono: per passare il tempo. La guastafeste britannica se ne accorge e fa intercettare le telefonate del detenuto. E ne escono fuori delle belle. Anzi, delle brutte, bruttissime.

Tolaj riceveva chiamate di presunti intermediari del giudice italiano Francesco Florit e del procuratore capo, la cecoslovacca Jaroslava Novotna. Magistrati comprensivi pronti ad aiutare, dicono gli intermediari, lasciando intendere di un dovere di gratitudine concreta. Intermediari di corruzione o millantatori del nome di due integerrimi magistrati? Non lo sappiamo. Altri banditi ‘confessano’ alla avvocata british la richiesta di 300mila euro da parte dell’italiano. Prove decisive, per quanto noto ancora nessuna. Di certo soltanto la marea di fango su persone e sulle istituzioni.

C’è l’accusa, c’è la difesa dei due magistrati che negano, ma non c’è l’Ue. O almeno, non si coglie la percezione dell’urgenza di fare chiarezza sui fatti. O è mitomane l’accusatrice (chi l’ha indicata e poi mandata lì?), o sono ladri da galera un po’ di magistrati (stessa domanda, chi li ha segnalati e/o selezionati). L’impressione, per esperienza diretta di ‘Remocontro’ in quelle zone balcaniche, è di un ‘baraccone’ Ue da riformare per salvarlo. Troppi soldi, troppi incapaci, troppe lottizzazioni statali. Colpevoli o innocenti che siano a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, tutti a casa.


=== 4 ===


British fraud hunter exposes EU staff on the take... in her own anti-corruption unit

• Lawyer Maria Bamieh demanded corruption inquiry into her colleagues
• She was head of financial crime at Eulex rule of law mission in Kosovo
• Raised concerns about senior civil servant Ilir Tolaj from health ministry
• Her own boss, chief prosecutor Jaroslava Novotna, was also implicated 
• Tolaj has been jailed for tax evasion and falsifying documents 
• Ms Bamieh claims she was 'victimised' and 'punished' for speaking out
• She was suspended and escorted out of Eulex headquarters last month

By Adam Luck For The Mail On Sunday

Published: 22:05 GMT, 22 November 2014 | Updated: 14:41 GMT, 23 November 2014


When British lawyer Maria Bamieh was given the chance to help rebuild war-torn Kosovo with an elite EU anti-crime and corruption unit three years ago she jumped at the chance.

Fifteen years after the conflict, Kosovo remains a lawless region, with gangsters, corrupt politicians and war criminals threatening the integrity of the EU borders.

But Bamieh could hardly have known she would soon be demanding a corruption investigation into her own colleagues – or that she would then be escorted out of her office after becoming a whistleblower, and abruptly suspended.

Today, six years after taking the job, the 55-year-old says the investigations unit, known as Eulex, failed to pursue her allegations thoroughly and instead chose to ‘punish’ her for speaking out.

‘I have been subject to a campaign of victimisation and my career with Eulex is over. I may well not work again,’ she told The Mail on Sunday.

‘More to the point this affair raises wider questions about what Eulex has achieved over the six years of its existence and at what cost to the EU and the British taxpayer. 

'Our money is going into this mission and most of the staff work part-time but get a full-time salary. They disappear on Thursday or Friday morning, fly home and reappear on Monday afternoon or Tuesday morning.’

Her worrying story has not only rocked the anti-corruption unit, which has so far swallowed £750million of EU money, but could – if her allegations stick – envelop the EU in a major corruption scandal. 

There is already an official EU investigation into the affair. Ms Bamieh’s concerns reached a head during an investigation into a senior civil servant at the Kosovan health ministry.

The man, Ilir Tolaj, had been arrested and held in prison amid allegations he had demanded bribes from pharmaceutical companies in return for official contracts. He had also smuggled a phone into his cell.

‘I got a court order to intercept his calls because he was not entitled to have that phone,’ says Ms Bamieh. ‘We monitored the calls.’ And the results, gathered in May and June 2012, were disturbing.

It became clear Tolaj was taking calls from people claiming to be intermediaries or go-betweens between Italian judge Francesco Florit, who was seconded to Eulex, and Bamieh’s boss, the Czech chief prosecutor Jaroslava Novotna.

The intermediaries told Tolaj that the Italian judge would ‘do everything to help because he thinks that man [Tolaj] deserves to be helped.’

Bamieh was alarmed to find she was herself the subject of these illegal discussions. It was claimed, for example, that the Italian judge, had described Bamieh as ‘very difficult’ and that Florit had suggested he would get Bamieh replaced.

Another of the middlemen told Tolaj he would hold a meeting with Bamieh’s boss, her ‘chief… the Czech lady’. In one call, Tolaj offers the observation that, ‘I will analyse and see whether I can afford it or not’. The implication was all too clear: two senior colleagues in Eulex could well be compromised, wittingly or otherwise. Florit and Novotna have denied any wrongdoing to The Mail on Sunday.

Ms Bamieh continued: ‘I could not investigate or prosecute Novotna or Florit because I cannot be a prosecutor and witness.’

Eventually, she says, despite the concerns she had raised, she realised there was no proper investigation. 

Her suspicions grew stronger when she was approached by two men convicted of a 2009 bomb attack in the Kosovan capital Pristina amid allegations of a feud between a gangster and a police officer for the hand of a pop singer. It resulted in a fatal explosion.

The two convicted men, it seemed, had made their own approaches to the Italian judge. She said: ‘They told me they had paid money to Florit... and one of the family made a statement how he went to Albania with his lawyer to do negotiations with Florit and they were told that €300,000 was only enough for one of them to be cleared. 

But when I reported this all that happened was that I got punished. I began to be subject to a series of investigations for trivial offences such as car parking. In reality no one got investigated.’

Eventually she went on Kosovan television to outline her claims.

Kosovo broke away from Yugoslavia in 1999 and became a UN protectorate after its bloody war, which pitched the Serb minority against the majority ethnic Albanians. In 2008 the ethnic Albanian-led parliament declared unilateral independence and the UN unit was replaced by Eulex that same year.

Ms Bamieh claims she asked for protection because of her role as a whistleblower but when Eulux was downsized she was made redundant.


Although reinstated on appeal, she was suspended and escorted out of the Eulex headquarters last month after repeating her allegations.
Eulex accused her of leaking documents to the press, a charge Bamieh denies. Now back in London, the mother of one said: ‘I only went to the press after the story came out to clear my name.’

Eulex has announced a fresh investigation but in a sign of Brussels impatience with the unit the EU’s new foreign policy chief Federica Mogherini has despatched a lawyer to oversee the investigation.

‘For God’s sake, they need to call a lawyer to say how an anti-corruption unit should deal with corruption!’ she said. ‘They are meant to be a rule of law mission.’

Richard Howitt, Labour MEP for East of England, said he had met senior EU officials about the case. ‘These allegations are credible and very serious,’ he said. ‘The EU has to have zero tolerance to corruption. It is clear the existing investigation is inadequate. It appears it could be a cover-up. Maria Bamieh has been let down badly.’