Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala
Informazione
www.ilmanifesto.it
2014 buon anno per la Nato
di Manlio Dinucci
Il 2014, per Washington e la sua Alleanza transatlantica, rischiava di essere un anno nero soprattutto in due scenari: una Europa senza guerre dove, nonostante l’allargamento della Nato ad est, si stavano rafforzando i rapporti economici e politici tra Ue e Russia e quasi tutti gli alleati erano restii ad aumentare la spesa militare al livello richiesto dal Pentagono; un Medio Oriente dove stava fallendo la guerra Usa/Nato in Siria e l’Iraq si stava distanziando dagli Usa avvicinandosi a Cina e Russia, la cui alleanza è sempre più temuta dalla Casa Bianca.
Si avvertiva a Washington, sempre più pressante, l’esigenza di trovare una «nuova missione» per la Nato. Che puntualmente è stata trovata. Il putsch di piazza Maidan, a lungo preparato addestrando anche forze neonaziste ucraine, ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo confronto con la Russia. L’offensiva dell’Isis, a lungo preparata finanziando e armando gruppi islamici (alcuni dei quali prima definiti terroristi) fin dalla guerra contro la Jugoslavia e quella contro la Libia, ha permesso alle forze Usa/Nato di intervenire in Medio Oriente per demolire non l’Isis ma la Siria e per rioccupare l’Iraq.
La «nuova missione» Nato è stata ufficializzata dal Summit di settembre nel Galles, varando il «Readiness Action Plan» il cui scopo ufficiale è quello di «rispondere rapidamente e fermamente alle nuove sfide alla sicurezza», attribuite alla «aggressione militare della Russia contro l’Ucraina» e alla «crescita dell’estremismo e della conflittualità settaria in Medio Oriente e Nord Africa». Il Piano viene definito dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, «il più grosso rafforzamento della nostra difesa collettiva dalla fine della guerra fredda».
Come inizio, in appena tre mesi la Nato ha quadruplicato i cacciabombardieri, a duplice capacità convenzionale e nucleare, schierati nella regione baltica (un tempo parte dell’Urss); ha inviato aerei radar Awacs sull’Europa orientale e accresciuto il numero di navi da guerra nel Mar Baltico, Mar Nero e Mediterraneo; ha dispiegato in Polonia, Estonia, Lettonia e Lituania forze terrestri statunitensi (comprese unità corazzate pesanti), britanniche e tedesche; ha intensificato le esercitazioni congiunte in Polonia e nei paesi baltici, portandole nel corso dell’anno a oltre 200.
Sempre in base al «Readiness Action Plan», è stato avviato il potenziamento della «Forza di risposta della Nato» costituendo «pacchetti» di unità terrestri, aeree e navali in grado di essere proiettate rapidamente in Europa orientale, Medio Oriente, Asia centrale (compreso l’Afghanistan dove la Nato resta con le sue forze speciali), Africa e altre regioni. In tale quadro sarà formata una nuova «Task force congiunta ad altissima prontezza», capace di essere «dispiegata in pochi giorni, in particolare alla periferia del territorio Nato».
Contemporaneamente è stato aperto a Riga (Lettonia) il «Centro di eccellenza di comunicazioni strategiche Nato», incaricato di condurre la nuova guerra fredda contro la Russia con vari strumenti, tra cui «operazioni informative e psicologiche». Secondo l’accordo firmato il 1° luglio presso il Comando alleato per la trasformazione (Norfolk, Virginia), fa parte del Centro di eccellenza per la nuova guerra fredda anche l’Italia, con Gran Bretagna, Germania, Polonia e le tre repubbliche baltiche.
In tal modo l’Italia e la Ue contribuiscono ad aprire la «nuova era di dialogo con Mosca» annunciata da Federica Mogherini, alto rappresentante per la politica estera della Ue.
Manlio Dinucci
Il Manifesto (Italia)
Il 27 dicembre quattro caccia multiruolo Eurofighter “Typhoon” dell’Aeronautica militare italiana sono giunti nella base lituana di Siauliai per partecipare alla Baltic Air Patrol (BAP), l’operazione Nato di “pattugliamento” e “vigilanza” dei cieli del Baltico e di “difesa” aerea di Estonia, Lettonia e Lituania, partner orientali dell’Alleanza atlantica. I caccia, gli equipaggi e il personale impegnati nella missione che durerà sino all’aprile 2015 provengono dal 4° Stormo dell’Aeronautica di Grosseto, dal 36° Stormo di Gioia del Colle (Bari) e dal 37° Stormo di Trapani-Birgi.
L’Italia assumerà il comando della BAP con i “Typhoon” a partire dal 1° gennaio 2015. Alla missione Nato parteciperanno anche quattro caccia Mig-29 delle forme armate polacche schierati anch’essi a Siauliai, quattro “Typhoon” spagnoli di base nell’aeroporto militare di Amari (Estonia), quattro cacciabombardieri belgi F-16 a Malbork (Polonia) e altri quattro velivoli d’attacco britannici attesi nel Baltico a gennaio. I caccia sostituiranno i 16 velivoli che erano stati assegnati sino ad oggi dal Comando Nato alla Baltic Air Patrol (caccia “Eurofighter” tedeschi, F-18 canadesi, F-16 olandesi e portoghesi).
L’Eurofigter “Typhoon” in dotazione all’Aeronautica italiana è un caccia di ultima generazione con ruolo primario di “superiorità aerea” e intercettore. Con una lunghezza di 16 metri e un’apertura alare di 11, il guerriero europeo può raggiungere la velocità massima di 2 mach (2.456 Km/h) e un’autonomia di volo di 3.700 km. Il velivolo è armato di micidiali strumenti bellici: cannoni Mauser da 27 mm; bombe a caduta libera Paveway e Mk 82, 83 e 84 da 500 a 2.000 libbre e a guida GPS JDAM; missili aria-aria, aria-superficie e antinave a guida radar e infrarossa. Con tutta probabilità, il ciclo operativo nei cieli del Baltico consentirà ai caccia italiani di testare sul campo pure il nuovo missile da crociera MBDA “Storm Shadow”, con oltre 500 chilometri di raggio d’azione, la cui integrazione come sistema d’arma del “Typhoon” è stata avviata nei mesi scorsi da Alenia-Aermacchi (Finmeccanica) nel poligono di Salto di Quirra, in Sardegna. Gli “Storm Shadow” erano stati impiegati finora solo dai cacciabombardieri “Tornado” nelle operazioni di guerra in Iraq e in Libia 2011.
La Nato garantisce le attività di “sicurezza” dei cieli delle Repubbliche baltiche dall’aprile 2004, sulla base di un accordo collettivo firmato con i governi di Estonia, Lettonia e Lituania. Nel 2010 Bruxelles ha deciso di prorogare le missioni di pattugliamento aereo sino alla fine del 2014, ma le Repubbliche baltiche hanno ottenuto un’ulteriore estensione della BAP sino al dicembre 2018, con la speranza tuttavia che essa ottenga alla fine lo status di “missione permanente della Nato”.
Ad oggi, solo 14 paesi dell’Alleanza Atlantica hanno partecipato alla Baltic Air Patrol. Con l’arrivo dei caccia di Spagna e Italia per il 37° ciclo operativo 2015, il numero degli alleati Nato raggiunge quota 16, a cui si aggiungerà presto pure l’Ungheria con i cacciabombardieri Saab “Gripen”. La grave crisi in Ucraina e l’allarme causato dalla presunta escalation delle attività dei caccia russi sul Mar Baltico, ha convinto Bruxelles a potenziare progressivamente il numero dei velivoli coinvolti nel pattugliamento del fronte orientale dell’Alleanza: dal maggio 2014 i caccia assegnati a BAP sono aumentati da quattro a sedici, mentre sempre a Siauliai sono stati trasferiti anche sei caccia F-15 ed un aerocisterna KC-135 dell’US Air Force.
La partecipazione dell’Aeronautica militare italiana alla Baltic Air Patrol era stata preparata da una missione ispettiva a Kaunas (Lituania) - luglio 2013 - di una delegazione guidata dal Capo del 3° Reparto dello Stato maggiore, gen. Gianni Candotti. I militari italiani si recarono successivamente nelle basi aeree di Siauliai ed Amari, per concordare con le aeronautiche di Lituania ed Estonia l’organizzazione nel 2014 di un mini deployment addestrativo con velivoli Eurofigther “per testare la risposta del sistema d’arma ai climi freddi”. Il tour italiano nel Baltico servì pure a rafforzare la partnership nel settore industriale-militare. Alla Lithuanian Air Force, tra il 2006 al 2008, Alenia Aeronautica (Finmeccanica) aveva consegnato tre velivoli da trasporto tattico C27J “Spartan”. “Il Comandante dell’Aeronautica lituana, gen. Edvardas Mazeikis, ha espresso il proprio apprezzamento per le capacità conseguite con questi velivoli di produzione italiana”, riportò una nota del Ministero della difesa, a conclusione della missione ispettiva nel Baltico. “Proprio tale capacità offre un’importante possibilità di concreta cooperazione, nell’immediato, nel settore dell’addestramento dei piloti lituani presso il National Training Center di Pisa ed, in prospettiva, per la condivisione di esperienze operative e manutentive”. Nell’autunno del 2012, un’altra azienda del gruppo Finmeccanica, Selex Sistemi Integrati, aveva fornito il sistema di gestione del combattimento (CMS) “Athena” e le centrali di tiro “Medusa” MK4/B per i nuovi pattugliatori della classe “Flyvefisken” della Marina militare lituana.
Con la partecipazione alla Baltic Air Patrol, l’Aeronautica militare vede crescere ulteriormente il proprio ruolo a livello internazionale. Attualmente i caccia italiani sono impegnati pure nel pattugliamento dei cieli dell’Islanda (a rotazione con altri partner Nato), della Slovenia e dell’Albania. Si tratta di un impegno finanziario assai oneroso che nessun partner europeo della Nato ha finora voluto assumersi. L’Aeronautica è impegnata pure nelle operazioni di guerra contro l’Isis, grazie a un velivolo per il rifornimento in volo KC-767, due aerei senza pilota “Predator A” e quattro cacciabombardieri “Tornado”, schierati in Kuwait e Iraq. Da Gibuti, in Corno d’Africa, decollano quotidianamente due droni “Predator” del 32° Stormo di Amendola (Foggia), contribuendo alle operazioni Ue e Nato contro la pirateria e di quelle delle forze armate somale contro le milizie islamico radicali Al Shabab.
mercredi 31 décembre 2014
Des avions de chasse italiens en Baltique pour les opérations antirusses de l'OTAN
Traduit par Fausto Giudice, Tlaxcala
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(fonte: mailing-list del Comitato NO NATO - vedi anche:
Oggetto: (ComitatoNoNato) TRACCIA STORICA DELLA NATO / PRIMA PUNTATA
Data: 26 dicembre 2014
Buon lavoro a tutti
dopo la guerra fredda
Manlio Dinucci
La Nato, fondata il 4 aprile 1949, comprende durante la guerra fredda sedici paesi: Stati Uniti, Canada, Belgio, Danimarca, Francia, Repubblica federale tedesca, Gran Bretagna, Grecia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Turchia. Attraverso questa alleanza, gli Stati Uniti mantengono il loro dominio sugli alleati europei, usando l’Europa come prima linea nel confronto, anche nucleare, col Patto di Varsavia. Questo, fondato il 14 maggio 1955 (sei anni dopo la Nato), comprende Unione Sovietica, Bulgaria, Cecoslovacchia, Polonia, Repubblica democratica tedesca, Romania, Ungheria, Albania (dal 1955 al 1968).
Dalla guerra fredda al dopo guerra fredda
Il 9 novembre 1989 avviene il «crollo del Muro di Berlino»: è l’inizio della riunificazione tedesca che si realizza quando, il 3 ottobre 1990, la Repubblica Democratica si dissolve aderendo alla Repubblica Federale di Germania. Il 1° luglio 1991 si dissolve il Patto di Varsavia: i paesi dell’Europa centro-orientale che ne facevano parte non sono ora più alleati dell’Urss. Il 26 dicembre 1991, si dissolve la stessa Unione Sovietica: al posto di un unico Stato se ne formano quindici.
La scomparsa dell’Urss e del suo blocco di alleanze crea, nella regione europea e centro-asiatica, una situazione geopolitica interamente nuova. Contemporaneamente, la disgregazione dell’Urss e la profonda crisi politica ed economica che investe la Russia segnano la fine della superpotenza in grado di rivaleggiare con quella statunitense.
La guerra del Golfo del 1991 è la prima guerra che, nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, Washington non motiva con la necessità di arginare la minacciosa avanzata del comunismo, giustificazione alla base di tutti i precedenti interventi militari statunitensi nel «terzo mondo», dalla guerra di Corea a quella del Vietnam, dall'invasione di Grenada all'operazione contro il Nicaragua. Con questa guerra gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza militare e influenza politica nell’area strategica del Golfo, dove si concentra gran parte delle riserve petrolifere mondiali, e allo stesso tempo lanciano ad avversari, ex-avversari e alleati un inequivocabile messaggio. Esso è contenuto nella National Security Strategy of the United States (Strategia della sicurezza nazionale degli Stati Uniti), il documento con cui la Casa Bianca enuncia, nell’agosto 1991, la nuova strategia.
«Nonostante l'emergere di nuovi centri di potere – sottolinea il documento a firma del presidente – gli Stati Uniti rimangono il solo Stato con una forza, una portata e un'influenza in ogni dimensione – politica, economica e militare – realmente globali. Nel Golfo abbiamo dimostrato che la leadership americana deve includere la mobilitazione della comunità mondiale per condividere il pericolo e il rischio. Ma la mancanza di altri nell'assumersi il proprio onere non ci scuserebbe. In ultima analisi, siamo responsabili verso i nostri stessi interessi e la nostra stessa coscienza, verso i nostri ideali e la nostra storia, per ciò che facciamo con la potenza in nostro possesso. Negli anni Novanta, così come per gran parte di questo secolo, non esiste alcun sostituto alla leadership americana».
Il nuovo concetto strategico della Nato
Mentre riorientano la propria strategia, gli Stati Uniti premono sulla Nato perché faccia altrettanto. Per loro è della massima urgenza ridefinire non solo la strategia, ma il ruolo stesso dell’Alleanza atlantica. Con la fine della guerra fredda e il dissolvimento del Patto di Varsavia e della stessa Unione Sovietica, viene infatti meno la motivazione della «minaccia sovietica» che ha tenuto finora coesa la Nato sotto l’indiscussa leadership statunitense: vi è quindi il pericolo che gli alleati europei facciano scelte divergenti o addirittura ritengano inutile la Nato nella nuova situazione geopolitica creatasi nella regione europea.
Il 7 novembre 1991 (dopo la prima guerra del Golfo, a cui la Nato ha partecipato non ufficialmente in quanto tale, ma con sue forze e strutture), i capi di stato e di governo dei sedici paesi della Nato, riuniti a Roma nel Consiglio atlantico, varano «Il nuovo concetto strategico dell'Alleanza». «Contrariamente alla predominante minaccia del passato – afferma il documento – i rischi che permangono per la sicurezza dell'Alleanza sono di natura multiforme e multidirezionali, cosa che li rende difficili da prevedere e valutare. Le tensioni potrebbero portare a crisi dannose per la stabilità europea e perfino a conflitti armati, che potrebbero coinvolgere potenze esterne o espandersi sin dentro i paesi della Nato». Di fronte a questi e altri rischi, «la dimensione militare della nostra Alleanza resta un fattore essenziale, ma il fatto nuovo è che sarà più che mai al servizio di un concetto ampio di sicurezza». Definendo il concetto di sicurezza come qualcosa che non è circoscritto all’area nord-atlantica, si comincia a delineare la «Grande Nato».
Il «nuovo modello di difesa» dell’Italia
Tale strategia è fatta propria anche dall’Italia quando, sotto il sesto governo Andreotti, essa partecipa alla guerra del Golfo: i Tornado dell’aeronautica italiana effettuano 226 sortite per complessive 589 ore di volo, bombardando gli obiettivi indicati dal comando statunitense. E’ la prima guerra a cui partecipa la Repubblica italiana, violando l’articolo 11, uno dei principi fondamentali della propria Costituzione.
Subito dopo la guerra del Golfo, durante il settimo governo Andreotti, il ministero della difesa italiano pubblica, nell'ottobre 1991, il rapportoModello di Difesa / Lineamenti di sviluppo delle FF.AA. negli anni '90. Il documento riconfigura la collocazione geostrategica dell'Italia, definendola «elemento centrale dell'area geostrategica che si estende unitariamente dallo Stretto di Gibilterra fino al Mar Nero, collegandosi, attraverso Suez, col Mar Rosso, il Corno d'Africa e il Golfo Persico». Considerata la «significativa vulnerabilità strategica dell'Italia» soprattutto per l'approvvigionamento petrolifero, «gli obiettivi permanenti della politica di sicurezza italiana si configurano nella tutela degli interessi nazionali, nell'accezione più vasta di tali termini, ovunque sia necessario», in particolare di quegli interessi che «direttamente incidono sul sistema economico e sullo sviluppo del sistema produttivo, in quanto condizione indispensabile per la conservazione e il progresso dell'attuale assetto politico e sociale della nazione».
Nel 1993 – mentre l’Italia sta partecipando all’operazione militare lanciata dagli Usa in Somalia, e al governo Amato subentra quello Ciampi – lo Stato maggiore della difesa dichiara che «occorre essere pronti a proiettarsi a lungo raggio» per difendere ovunque gli «interessi vitali», al fine di «garantire il progresso e il benessere nazionale mantenendo la disponibilità delle fonti e vie di rifornimento dei prodotti energetici e strategici».
Nel 1995, durante il governo Dini, lo stato maggiore della difesa fa un ulteriore passo avanti, affermando che «la funzione delle forze armate trascende lo stretto ambito militare per assurgere anche a misura dello status e del ruolo del paese nel contesto internazionale».
Nel 1996, durante il governo Prodi, tale concetto viene ulteriormente sviluppato nella 47a sessione del Centro alti studi della difesa. «La politica della difesa – afferma il generale Angioni – diventa uno strumento della politica della sicurezza e, quindi, della politica estera».
Viene in tal modo istituita una nuova politica militare e, contestualmente, una nuova politica estera la quale, usando come strumento la forza militare, viola il principio costituzionale, affermato dall’Articolo 11, che «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Questa politica, introdotta attraverso decisioni apparentemente tecniche, viene di fatto istituzionalizzata passando sulla testa di un parlamento che, in stragrande maggioranza, se ne disinteressa o non sa neppure che cosa precisamente stia avvenendo.
La guerra contro la Iugoslavia
Poco tempo dopo essere stato enunciato, il «nuovo concetto strategico» viene messo in pratica nei Balcani. Nel luglio 1992 la Nato lancia la sua prima operazione di «risposta alle crisi», la Maritime Monitor, per imporre l’embargo alla Jugoslavia. Nei Balcani, tra l‘ottobre ’92 e il marzo ’99, conduce undici operazioni: Deny Flight, Sharp Guard, Eagle Eye e altre. Il 28 febbraio 1994, durante la Deny Flight in Bosnia, la Nato effettua la prima azione di guerra nella sua storia. Viola così l’art. 5 della sua stessa carta costitutiva, poiché l’azione bellica non è motivata dall’attacco a un membro dell’Alleanza ed è effettuata fuori dalla sua area geografica.
Spento l’incendio in Bosnia (dove il fuoco resta sotto la cenere della divisione in stati etnici), i pompieri di Washington corrono a gettare benzina sul focolaio del Kosovo, dove è in corso da anni una rivendicazione di indipendenza da parte della maggioranza albanese (un milione e 800 mila persone, in confronto a 200 mila serbi, oltre 100 mila rom e goranci). Attraverso canali sotterranei in gran parte gestiti dalla Cia, un fiume di armi e finanziamenti, tra la fine del 1998 e l’inizio del 1999, va ad alimentare l’Uck (Esercito di liberazione del Kosovo), braccio armato del movimento separatista kosovaro-albanese. Eppure, ancora nei primi mesi del 1998, il Dipartimento di stato Usa, per bocca dell’inviato Gelbart, definisce l’Uck una organizzazione terroristica. Agenti della Cia dichiareranno successivamente di «essere entrati in Kosovo nel 1998 e 1999, in veste di osservatori dell’Osce incaricati di verificare il cessate il fuoco, stabilendo collegamenti con l’Uck e dandogli manuali statunitensi di addestramento militare e consigli su come combattere l’esercito iugoslavo e la polizia serba, telefoni satellitari e apparecchi Gps, così che i comandanti della guerriglia potessero stare in contatto con la Nato e Washington». L’Uck può così scatenare un’offensiva contro le truppe federali e i civili serbi, con centinaia di attentati e rapimenti.
Mentre gli scontri tra le forze iugoslave e quelle dell’Uck provocano vittime da ambo le parti, una potente campagna politico-mediatica prepara l’opinione pubblica internazionale all’intervento della Nato, presentato come l’unico modo per fermare la «pulizia etnica» serba in Kosovo. A tale scopo viene fatta fallire l’opera di mediazione della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) che, nell’autunno 1998, invia una sua missione in Kosovo con il compito di vagliare le possibilità di pace e fermare la guerra denunciando le violazioni. E’ a questo punto che, alla metà di gennaio 1999, viene fuori a Racak, zona controllata dall’Uck, l’«eccidio» di 45 «civili albanesi»: sono, dimostreranno in seguito i medici legali di una commissione indipendente finlandese, combattenti albanesi vittime negli scontri, non civili indifesi. Dando immediatamente per buona la versione dell’eccidio di civili, il capo della missione Osce, lo statunitense William Walzer (già agente della Cia in Salvador negli anni Ottanta), ritira la missione internazionale. I serbi vengono accusati di «pulizia etnica», nonostante che un rapporto Onu del gennaio 1999 valuti il numero di sfollati, sia albanesi che serbi e rom, in circa 60 mila, e la stessa missione Osce non abbia parlato sino a quel momento, nei suoi rapporti, di pulizia etnica. Vi sono evidentemente degli eccidi, commessi dall’una e dall’altra parte, non però la «pulizia etnica» che serve a motivare l’intervento armato degli Stati Uniti e dei loro alleati.
La guerra, denominata «Operazione forza alleata», inizia il 24 marzo 1999. Mentre gli aerei di Stati Uniti e altri paesi della Nato sganciano le prime bombe sulla Serbia e il Kosovo, il presidente democratico Clinton annuncia: «Alla fine del XX secolo, dopo due guerre mondiali e una guerra fredda, noi e i nostri alleati abbiamo la possibilità di lasciare ai nostri figli un’Europa libera, pacifica e stabile». Determinante, nella guerra, è il ruolo dell’Italia: il governo D’Alema mette il territorio italiano, in particolare gli aeroporti, a completa disposizione delle forze armate degli Stati Uniti e altri paesi, per attuare quello che il presidente del consiglio definisce «il diritto d’ingerenza umanitaria».
Per 78 giorni, decollando soprattutto dalle basi italiane, 1.100 aerei effettuano 38mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili. Il 75 per cento degli aerei e il 90 per cento delle bombe e dei missili vengono forniti dagli Stati Uniti. Statunitense è anche la rete di comunicazione, comando, controllo e intelligence (C3I) attraverso cui vengono condotte le operazioni: «Dei 2.000 obiettivi colpiti in Serbia dagli aerei della Nato – documenta successivamente il Pentagono – 1.999 vengono scelti dall’intelligence statunitense e solo uno dagli europei».
Sistematicamente, i bombardamenti smantellano le strutture e infrastrutture della Serbia e del Kosovo, provocando vittime soprattutto tra i civili. I danni che ne derivano per la salute e l’ambiente sono inquantificabili. Solo dalla raffineria di Pancevo fuoriescono, a causa dei bombardamenti, migliaia di tonnellate di sostanze chimiche altamente tossiche (compresi diossina e mercurio). Altri danni vengono provocati dal massiccio impiego da parte della Nato di proiettili a uranio impoverito, già usati nella guerra del Golfo.
Ai bombardamenti partecipano anche 54 aerei italiani, che compiono 1.378 sortite, attaccando gli obiettivi indicati dal comando statunitense. «Per numero di aerei siamo stati secondi solo agli Usa. ... L’Italia è un grande paese e non ci si deve stupire dell’impegno dimostrato in questa guerra», dichiara il presidente del consiglio D’Alema durante la visita compiuta il 10 giugno 1999 alla base di Amendola, sottolineando che, per i piloti che vi hanno partecipato, è stata «una grande esperienza umana e professionale».
Il 10 giugno 1999, le truppe della Federazione iugoslava cominciano a ritirarsi dal Kosovo e la Nato mette fine ai bombardamenti. La risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che assume i contenuti della pace firmata a Kumanovo in Macedonia, «autorizza stati membri e rilevanti organizzazioni internazionali a stabilire la presenza internazionale di sicurezza in Kosovo, come disposto nell’annesso 2.4». L’annesso 2.4 dispone che la presenza internazionale deve avere una «sostanziale partecipazione della Nato» ed essere dispiegata «sotto controllo e comando unificati». A chi spetti il comando lo ha già chiarito il giorno prima il presidente Clinton, sottolineando che l’accordo sul Kosovo prevede «lo spiegamento di una forza internazionale di sicurezza con la Nato come nucleo, il che significa una catena di comando unificata della Nato». «Oggi la Nato affronta la sua nuova missione: quella di governare», commenta The Washington Post.
Finita la guerra, vengono inviati in Kosovo dal «Tribunale per i crimini nella ex Iugoslavia» oltre 60 agenti dell’Fbi statunitense, ma non vengono trovate tracce di eccidi tali da giustificare l’accusa di «pulizia etnica». Il Kosovo, divenuto una sorta di protettorato della Nato, viene di fatto distaccato dalla Federazione Iugoslava. Gli Usa, in aperto disprezzo degli accordi di Kumanovo, costruiscono presso Urosevac, Camp Bondsteel, la più grande base militare statunitense di tutta l’area, destinata a rimanervi per sempre. Contemporaneamente, sotto la copertura della «Forza di pace», l’ex Uck terrorizza ed espelle dal Kosovo oltre 260mila serbi, rom, albanesi «collaborazionisti» ed ebrei.
Il superamento dell’articolo 5 e la conferma della leadership Usa
Mentre è in corso la guerra contro la Iugoslavia, viene convocato a Washington, il 23-25 aprile 1999, il vertice della Nato che ufficializza il «nuovo concetto strategico»: nasce «una nuova Alleanza più grande, più capace e più flessibile, impegnata nella difesa collettiva e capace di intraprendere nuove missioni, tra cui l’attivo impegno nella gestione delle crisi, incluse le operazioni di risposta alle crisi». Da alleanza che, in base all’articolo 5 del trattato del 4 aprile 1949, impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell’area nord-atlantica, essa viene trasformata in alleanza che, in base al nuovo «concetto strategico», impegna i paesi membri anche a «condurre operazioni di risposta alle crisi non previste dall’articolo 5, al di fuori del territorio dell’Alleanza».
A scanso di equivoci, il presidente democratico Clinton chiarisce che gli alleati nord-atlantici «riaffermano la loro prontezza ad affrontare, in appropriate circostanze, conflitti regionali al di là del territorio dei membri della Nato». Alla domanda di quale sia l’area geografica in cui la Nato è pronta a intervenire, «il Presidente si rifiuta di specificare a quale distanza la Nato intende proiettare la propria forza, dicendo che non è questione di geografia». In altre parole, la Nato intende proiettare la propria forza militare al di fuori dei propri confini non solo in Europa, ma anche in altre regioni.
Ciò che non cambia, nella mutazione genetica della Nato, è la gerarchia all’interno dell’Alleanza. Il Comandante supremo alleato in Europa resta un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. Tutti gli altri comandi chiave sono controllati direttamente dal Pentagono.
La Casa Bianca dice a chiare lettere che «la Nato, come garante della sicurezza europea, deve svolgere un ruolo dirigente nel promuovere un’Europa più integrata e sicura» e che «noi manterremo in Europa circa 100 mila militari per contribuire alla stabilità regionale, sostenere i nostri vitali legami transatlantici e conservare la leadership degli Stati uniti nella Nato». Dunque, un’Europa stabile sotto la Nato e una Nato stabilmente sotto gli Stati Uniti.
(1 – continua)
https://www.cnj.it/AMICIZIA/poplava2014.htm#scuole
Il nostro archivio della documentazione rilevante sulle questioni economiche e sindacali:
https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm
Serbian government slashes wages and pensions
By Paul Mitchell
3 October 2014
The Serbian government plans to slash public sector wages and pensions by up to 20 percent, in order to meet International Monetary Fund (IMF) conditions for a new loan. The measures will be put to the Serbian parliament in mid-October in a revised budget demanded by the IMF.
The IMF insists cuts totalling “around €400 million” (US$543 million) are the “key condition” for Serbia to get the new loan. However, reports suggest that €2 billion will need to be saved over the next three years just to keep public debt at its present level.
In the new measures announced by Prime Minister Aleksandar Vucic, public sector salaries over €211 per month will be reduced by around 10 percent while those above €844 will be reduced by 20 percent.
Pensions between €211 and €256 will be reduced by 3.1 percent, those between €256 and €295 by 6.2 percent, those over €337 by 9 percent, and those above €844 by 16 percent.
Other austerity measures being discussed include cuts to public sector jobs, raising the retirement age, reducing subsidies to and further privatisations of 153 public enterprises while providing more support to private companies, curbs to the “grey” economy, cuts to public spending, and raising Value Added Tax.
Kori Udovicki, minister for state administration and local self-management, told reporters, “We are in talks with the IMF about cutting the number of employees in public sector by 5 percent.”
“We hope to be able to meet this demand to the largest degree as workers retire, but there are concerns that we will have to lay off 25,000 people.”
However, media reports suggest as many as 100,000 public sector workers—20 percent of the total—may be made redundant. The former finance minister, Lazar Krstic, was demanding a minimum 160,000 job cuts before he resigned earlier this year after criticising the government for not being more “radical” with its reforms.
The European Union (EU) welcomed the new measures because, of course, it had helped draft them. Freek Janmaat, head of the EU Delegation to the Republic of Serbia, said that Brussels supported the proposals as “part of the broad structural reforms which are to follow”. They are built on the recent adoption of a new labour law providing more “flexibility” in the labour market, i.e., making it easier to fire workers and reduce redundancy payments.
Serbia is in a grave economic crisis, with government ministers needing to regularly talk down the threat of bankruptcy. In 2012, the IMF suspended its loan programme because the country failed to meet its budget targets. Since then, the budget deficit has doubled to more than 8.5 percent of economic output (GDP), Europe’s highest, and public debt has risen to an enormous €20 billion (US$25.7 billion). The country is facing its third recession in five years, a situation made worse by the devastating floods earlier this year. Bankruptcy has been staved off by huge multi-billion-dollar investments from the United Arab Emirates, whose Etihad Airways bought the Serbian national airline JAT last year.
Serbia’s economic difficulties have been compounded by its political woes as it attempts to balance between its traditional ally Russia and integration into the European Union. Vucic regularly describes how “Serbia wants to be part of the EU, but does not want to destroy its relations with Russia.”
Some analysts have talked of Serbia becoming “a new Ukraine in the Balkans.”
The country gained EU candidate status in 2013 and will chair the Organisation for Security and Cooperation in Europe (OSCE) in 2015. However, the prospect of full EU membership appears to be receding—to 2020 at the earliest—due to what former European enlargement commissioner Günter Verheugen described as the EU’s “enlargement fatigue.”
In late August, an international conference on the Balkans, convened by German Chancellor Angela Merkel, attempted to dispel these concerns. But the whole affair fell flat when it was revealed that incoming European Commission President Jean-Claude Juncker failed to include an EU Enlargement Commissioner in early proposals for his new ministerial team.
Merkel, along with other EU leaders, is insisting that Serbia’s membership depends on “normalising” its relationship with the former Serbian province of Kosovo, which declared independence in 2008. However, last year’s EU-sponsored “First Agreement of Principles Governing the Normalisation of Relations between Serbia and Kosovo” has ground to a halt.
The EU and United States are above all insisting on Serbia severing its links with Russia, with which it has a free trade agreement. Earlier this year, an EU email was leaked rebuking Vucic for not imposing sanctions against Moscow, complaining that this threatened “European solidarity”. US ambassador to Serbia Michael Kirby recently spoke publicly about his concern over the invitation to Belgrade of Russian President Vladimir Putin to this month’s World War II commemorations.
Following last month’s announcement by Russia’s state-owned energy conglomerate, Gazprom, that the construction of the Serbian stretch of the South Stream gas pipeline would start in October, European Commission spokesperson Marlene Holzner declared, “If the idea is to bring gas from Russia to Europe, you have to go through European territory and as we have said for all big infrastructure… If you do business on European territory, you have to respect our legislation.”
Tensions are also brewing over the proposed privatisation of Serbia’s richest public company, the Serbian Electric Enterprise, which is attracting attention from Russia’s Inter RAO and Germany’s RWE.
Meanwhile, official unemployment remains at around 24 percent, with youth joblessness at 50 percent. The average monthly wage is a wretched €377 (US$476) and has declined by 0.8 percent in real terms since the beginning of the year. The population has decreased, despite the fact that in the 1990s during the Balkan Wars nearly one million Serbs migrated from Croatia and Bosnia-Herzegovina. By 2020, estimates suggest pensioners will make up 34 percent of the total population as young people leave in search of a better future. A recent poll suggested 78 percent of Serbian youth would like to do so.
Anche le precedenti relazioni di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: https://www.cnj.it/NBMSC.htm
Gallerie fotografiche ed ulteriori informazioni sono riportate alla pagina facebook http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle dove è possibile trovare anche aggiornamenti successivi alle stesura del presente Resoconto, relativi ai progetti ed iniziative di solidarietà promosse dalla stessa ONLUS.
Relazione sul viaggio a Kragujevac del 16-19 ottobre 2014
Introduzione
Care amiche e cari amici solidali, vi inviamo la relazione del viaggio che abbiamo svolto a Kragujevac circa un mese fa, per la consegna degli affidi a distanza gestiti dalla nostra ONLUS e per la verifica dei numerosi progetti che portiamo avanti insieme ad altre associazioni italiane.
In questa relazione, come d’abitudine, inseriremo alcune foto per illustrare il nostro viaggio, ma ne pubblicheremo molte di più, per ogni singolo progetto, sulla nostra pagina facebook
https://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle
La pagina viene aggiornata di tanto in tanto, senza precise scadenze, quando abbiamo notizie da fornire; siamo molto soddisfatti del successo che ha, con molte centinaia di visite per ogni nuovo inserimento.
Non è necessario essere iscritti a facebook per poterla visitare.
Ci sono vari siti che pubblicano di tanto in tanto le nostre relazioni, e due siti che le pubblicano regolarmente tutte:
sul sito del Coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative (a partire dal 1999) alla pagina:
http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm
I nostri resoconti sono presenti dal 2006 anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, all'indirizzo:
https://www.cnj.it/NBMSC.htm
Prologo
Il viaggio comincia con il prelievo in Banca del denaro che dovemo portare con noi.
E' una operazione lunga e delicata, perchè bisogna prelevare una grossa cifra (per questo viaggio si tratta di 41100 euro) suddivisi in nove prelievi parziali, con pezzature precise, per ognuno dei vari versamenti che faremo poi arrivati a Kragujevac.
Per esempio dobbiamo prelevare
186 pezzi da 100 euro
148 da 50 euro
5 pezzi da 20 euro
85 pezzi da 10 euro
per quanto riguarda la consegna delle quote di affido, in totale 157 quote
e così via per ognuno dei progetti che dovranno essere portati avanti.
Facciamo prelievi diversi in modo tale che poi avremo ricevute specifiche per ciascuno di essi e diventa più facile leggere il bilancio a distanza di tempo.
Il problema del prelievo non finisce qui; bisogna fare un passaggio, che ci porta via mezzo pomeriggio, agli uffici doganali a Fernetti, per la dichiarazione di esportazione di valuta. Un annoiato funzionario di polizia di frontiera conta a mano queste centinaia di biglietti e controlla le pezzature (gli ci vuole quasi un'ora) e ci rilascia i documenti per la banca e per gli eventuali (mai avvenuti in tante decine di viaggi…) controlli valutari alle dogane. Quasi dovessimo sentirci esportatori clandestini di valuta...
Cronaca del viaggio
16 ottobre 2014
Come sempre siamo in ritardo. Benchè tutto sia stato preparato con cura, il carico del glorioso pulmino della Associazione di Solidarietà Internazionale Triestina, con il quale viaggiamo da tredici anni, si presenta laborioso. Oltre ai bagagli personali entrano nel pullmino le valigie con i medicinali destinati alla nostra farmacia sociale di Kragujevac, un frigorifero per l'ufficio del sindacato, alcuni pacchi di regali da parte di famiglie italiane alle famiglie serbe, e le bombole di ossigeno per Gilberto. Finalmente alla 9 partiamo.
Siamo in 7: Gabriella e Gilberto da Trieste, Stefano da Fiumicello, Antonio da Treviso, Giuseppina da Biella, Fabio e Gino da Montereale.
Bel tempo durante tutto il viaggio, temperatura mite, molto alta rispetto alle medie del periodo.
Ho sempre commentato questa parte del viaggio parlando del traffico scarso. Questa volta il traffico, specialmente quello commerciale, è quasi inesistente anche nelle vicinanze di grandi città come Lubiana e Zagabria. E' poi del tutto assente in Serbia; e questi sono indici che la situazione economica nei Balcani non è certo rosea.
A Belgrado, mentre noi stiamo arrivando, inizia alla presenza di Vladimir Putin la parata militare che ricorda la liberazione di Belgrado alla fine della Seconda guerra mondiale.
Questo vuol dire una città completamente bloccata. Prendiamo allora una strada che non abbiamo mai fatto, che costeggia la città ad ovest, lasciando quindi l'autostrada che abbiamo sempre percorso. Benchè la strada sia molto trafficata e a due corsie per quasi tutto il suo tracciato, ed alcuni semafori, ci troviamo senza problemi e soprattutto in un tempo ragionevole a sud della città e riprendiamo l'autostrada che in circa due ore ci porterà a destinazione.
Alle 18 e 30 arriviamo finalmente alla sede del Sindacato Samostalni, dove incontriamo i nostri amici dell’ufficio relazioni internazionali e affidi a distanza.
Consegnamo a Rajko, segretario del Samostalni, il denaro necessario per la realizzazione dei due nuovi progetti che sono abbiamo deciso di realizzare in questo viaggio, il restauro di una nuova scuola nel villaggio di Sabanta e la ricostruzione di un edificio polivalente nel paese di Desimirovac, per 4350 e 9500 euro rispettivamente (vedi più sotto per i dettagli).
Facciamo il controllo delle liste degli affidi da consegnare, ci vengono date le schede relative ai nuovi ragazzi presi in carico.
Purtroppo il numero di affidi che distribuiremo è sceso di alcune unità rispetto al passato: alcuni sottoscrittori, senza preavviso, hanno smesso di contribuire, mettendoci così in gravi difficoltà, perchè dobbiamo improvvisamente sostenere questi affidi con fondi della ONLUS destinati ad altri impegni; ci sono però due affidatari nuovi e altri tre hanno deciso di continuare questa campagna di solidarietà cambiando l’affido, perchè i ragazzi a loro assegnati hanno finito gli studi. Comunque sul fronte degli affidi siamo in grande difficoltà, i bisogni sono enormi e le risorse molto limitate.
[FOTO: La preparazione delle buste degli affidi]
Mentre alcuni preparano le buste, altri di noi consegnano la grande quantità di medicine che ci accompagna ad ogni viaggio.
Fino a due anni fa le nostre medicine venivano consegnate al centro medico della Zastava, dove il Dottor Zika le prendeva in carico e le distribuiva gratuitamente ai lavoratori e alle loro famiglie.
Ora è andato in pensione, e ha deciso di gestire, come volontario ogni giovedì mattina la nostra "farmacia sociale" in una delle stanze a disposizione del sindacato.
Non usa il computer, riporta a mano su grandi registri le confezioni che riceve, e le consegna gratuitamente a chi ne ha bisogno, riportando i dati anagrafici e facendo firmare una ricevuta.
Il personale medico e paramedico in Serbia ha una buona preparazione, ma sanità pubblica è sicuramente carente e presenta alti dati corruttivi; le farmacia pubbliche hanno gravi carenze di medicinali, e si deve ricorrere al mercato privato, che spesso mette in commercio farmaci di provenienza molto dubbia. I costi dei medicinali sono altissimi per i redditi medi dei lavoratori, irraggiungibili per che il lavoro non ce l’ha; la nostra farmacia sociale, come tutti gli altri nostri progetti, non vuole dare risposte caritative, ma cerca di contrastare la disgregazione sociale offrendo risposte concrete ai bisogni dei gruppi sociali più deboli.
[FOTO: L’arrivo delle medicine / La loro selezione / Il Dottor Zika al lavoro / I suoi registri]
Discutiamo il programma dei due giorni successivi, che saranno densissimi di incontri e finalmente alle 22 siamo a cena.
17 ottobre 2014
Il primo appuntamento della mattina è alla Radio Umanitaria.
Si tratta di una radio su internet, fondata due anni fa da Branko Lukic, un invalido cieco. Sono regolarmente registrati come associazione di invalidi e come radio privata; sono ospitati in un piccolo appartamento al piano terreno di un edificio di proprietà pubblica, non ancora del tutto finito.
La radio è nata per contrastare i pregiudizi e lottare contro le discriminazioni a danno delle persone invalide, e per promuovere azioni a loro favore.
Trasmette dibattiti, testimonianze, informazioni legali a tutela dei diritti dei disabili, e tante canzoni, soprattutto musica popolare balcanica.
Durante il nostro viaggio di aprile scorso Stefano ed io eravamo stati invitati alla sede di questa radio per un’intervista sulle nostre attività e sui motivi che ci spingono ad essere presenti a Kragujevac da ormai quindici anni.
E’ una piccola radio che trasmette via web, con l’indirizzo
http://www.uzivoradio.com/humanitarni-kragujevac.html
La cosa che ci aveva colpito ad aprile era la presenza di una scala piuttosto ripida e sconnessa all’ingresso dell’edificio, che rende pressochè impossibile l’accesso alla radio delle persone in carrozzina.
Noi fino ad ora abbiamo realizzato solo progetti che ci sono stati esplicitamente richiesti, ma in questo caso abbiamo, in modo del tutto autonomo, deciso di costruire una rampa per disabili che superasse questa barriera.
La ONLUS Zastava Brescia per la Solidarietà Internazionale ha partecipato con noi alle spese; per questa realizzazione abbiamo speso complessivamente 1180 euro.
Oggi siamo qui, insieme al sindacato e ai rappresentanti di altre associazioni per festeggiare l’inaugurazione di questa rampa, ci sono anche alcuni giornalisti, l’assessore ai servizi sociali, una televisione locale.
Tocca a me "l’onore" di passare per la prima volta sulla rampa.
Potete vedere una breve nostra intervista (in Italiano, tradotta in Serbo dalla nostra Rajka) realizzata da una televisione locale
http://www.rtk.co.rs/kragujevac/item/19542-rampa-za-humanitarni-radio
che ci ha seguito durante la festa.
[FOTO: La scala all’ingresso del palazzo / La rampa / All’interno della radio / L’apparato tecnico]
Dopo questa visita andiamo a Gornja Sabanta, un piccolo villaggio di circa 850 abitanti nella municipalità di Pivara, sempre in comune di Kragujevac, a circa 10 chilometri dal centro. Nella scuola lavorano 15 persone, ed è frequentata da 70 alunni, suddivisi in 8 classi più la classe preparatoria (l’ultima delle classi di scuola materna).
A aprile scorso avevamo visitato la scuola del paese, che serve anche per i vicini villaggi di Donja Sabanta, Sugubine, Velike Pcelice e Ratkovic, con circa con circa 3000 abitanti in totale.
Avevamo preso in carico i lavori di recupero edilizio di una ala della scuola, dove era presente una palestra, del tutto fatiscente, e dove esistevano dei locali abbandonati dove gli insegnati avevano proposto di realizzare due aule per l’insegnamento delle materie scientifiche.
Molte lesioni erano derivate dai bombardamenti NATO del 1999, che avavano colpito una fabbrica di munizioni che si trova ad alcuni chilometri dal paese di Gornja Sabanta.
Le scuole, i centri sociali, le associazioni di tutela per persone portatrici di handicap fisici e mentali, i campi profughi, localizzati in zone popolari della città di Kragujevac e nei suoi villaggi periferici, ci hanno visti presenti ed interessati a dare una mano per migliorare le condizioni di vita e di studio di chi li frequenta o vi abita, per aiutare ad avere una speranza per il futuro.
Lo facciamo obbedendo alla regola di partire dagli ultimi, che sono poi i disoccupati, le loro famiglie, i loro bambini, gli anziani, gli invalidi dimenticati dal Governo e dalla società, cercando sempre di non creare discriminazioni tra gli umili, tra i poveri, per salvaguardare la loro dignità e soprattutto cercare di combattere la disgregazione sociale che sempre si presenta in situazioni così difficili. Le tante scuole dove siamo intervenuti erano sempre molto disastrate, tristi ed opprimenti
A volte le cose che facciamo dovrebbe realizzarle il Comune, o i vari Ministeri, spesso la nostra è una operazione di totale supplenza, ma se queste cose non le facciamo noi non le fa nessuno!
Quando arriviamo alla scuola siamo accolti in palestra da tutti gli alunni e da moltissimi genitori in una atmosfera molto festosa. Le parti ricostruite della scuola sono bellissime, assolutamente irriconoscibili rispetto al passato. Come sempre i bambini hanno preparato un piccolo spettacolo. La bandiera della Pace è esposta in palestra.
Per motivi di spazio non posso inserire in questa relazione tutte le foto che sarebbero necessarie per illustrare i progressi fatti, vi rimando alla nostra pagina facebook, all’indirizzo
https://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle
al post pubblicato in data 2 settembre 2014
dove troverete le foto della scuola così come la avevamo vista noi ad aprile scorso, quando ne abbiamo preso in carico il recupero edilizio, e come si presentava i primo settembre, primo giorno dell’anno scolastico 2014-2015.
[FOTO: Due dettagli della palestra ad aprile scorso / Durante la nostra visita / Spazi abbandonati, aprile / Gli stessi spazi, dopo il recupero, ad ottobre]
Come sempre una targa all’ingresso della scuola ricorda questo gesto di amicizia e solidarietà; abbiamo usato una generosa donazione di una nostra sottoscrittrice, che ha voluto ricordare sua nonna, e così i lavori eseguiti sono stati dedicati alla memoria della signora Giovanna Scarsoglio.
[FOTO: La targa in memoria di Giovanna Scarsoglio]
E ora, dopo questa scuola appena rimessa in ordine, andiamo a trovarne un’altra, che ci ha chiesto di incontrarci per affrontare un problema molto serio. Si tratta della Scuola 19 ottobre, sezione distaccata nel villaggio di Botunje, municipalità di Pivara, Comune di Kragujevac.
E’ una tipica scuola di campagna, con circa 80 alunni suddivisi in 8 classi, con quattro aule a disposizione dove le lezioni si svolgono in turni alternati mattina-pomeriggio.
Siamo accolti con calore da molti genitori, da moltissimi bambini che ci guardano come sempre con grande curiosità, dai rappresentanti degli abitanti del villaggio.
Consegniamo una bandiera della Pace alla direttrice, che conosciamo bene perchè abbiamo già contribuito quattro anni fa a recuperare un grande locale adibito a palestra e a sala riunioni in un’altra delle scuole di campagna facente parte del plesso scolastico che lei dirige, nel villaggio di Marsic (vedi relazione del viaggio di giugno 2010 [ https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0710.doc ]). E’ una donna energica e capace, e siamo sicuri che anche questa volta l’intervento che riusciremo a realizzare andrà a buon fine.
La situazione delle aule non sembra così catastrofica come quella che abbiamo riscontrato in tutte le scuole dove siamo intervenuti in questi anni, benchè la scuola si presenti molto spartana e molto triste. I pavimenti sono in un bellissimo rovere, e se rimessi in sesto diventerebbero splendidi. I muri e gli infissi delle aule avrebbero bisogno di profonda mautenzione.
Il problema più grave di questa scuola è rappresentato dai servizi igienici, che si trovano all’aperto in una condizione catastrofica.
Noi riteniamo che i nostri interventi nelle scuole di campagna siano tra i migliori e più qualificanti in difesa delle fasce più deboli della popolazione che seguiamo perchè, oltre a permettere ai piccoli alunni di studiare e giocare in un ambiente reso dignitoso e allegro, restituisce alla comunità locale uno spazio pubblico, spesso l’unico del paese, che diventa punto di aggregazione sociale e culturale.
Purtoppo in questo caso non riusciremo, almeno per il momento, a realizzare un recupero totale della scuola, perchè la spesa sarebbe molto alta; certamente interverremo per risolvere il problema dei servizi igienici.
La scuola ha un corpo aggiunto, dove si trova l’ufficio amministrativo della scuola, dove si potranno costruire nuovi bagni; sarà necessario costruire anche una grande fossa settica perchè non ci sono le fognature.
[FOTO: Esterno della scuola / Servizi igienici / Con la direttrice e alcuni genitori / I bambini della prima classe]
Non esiste ancora un preventivo esatto dei lavori, ma noi ad ogni viaggio portiamo una certa quantità di denaro per eventuali spese impreviste, e così lasciamo 4000 euro affinchè i lavori possano cominciare.
Dopo di questo viaggio ci arriverà il preventivo finale di 8520 euro. Anche qui ci sarà lavoro volontario dei genitori, per i lavori di sterro per la costruzione della fossa settica e per lavori edili generali. La ONLUS di Brescia in seguito deciderà di partecipare a questo progetto.
Quasi certamente i servizi igienici saranno pronti dopo le vacanze scolastiche di fine anno e durante il nostro prossimo viaggio di fine marzo 2015 potremo feteggiare un altro progetto arrivato a termine.
La giornata non è ancora conclusa. Ci aspetta ancora un incontro con il personale del Centro Medico Filip Kljajic.
Si tratta di un grande poliambulatorio pubblico, a due piani, che come altri poliambulatori dello stesso tipo era direttamente connesso a un grande stabilimento industriale, in questo caso la fabbrica metalmeccanica Filip Kljajic.
Questi centri sanitari offrivano la medicina di base (ma anche molte e varie specializzazioni) ai lavoratori di queste fabbriche, ai pensionati e ai loro familiari.
Durante questi anni di licenziamenti selvaggi e di privatizzazioni guidate spesso (se non esclusivamente) dalla corruzione questi centri sono rimasti di proprietà pubblica. I vari pescecani che si sono impadroniti delle strutture produttive si sono ben guardati dall'accollarsi anche le strutture sanitarie connesse agli stabilimenti industriali.
Questi centri sono rimasti quindi di proprietà pubblica, ma senza senza retroterra economico; continuano a svolgere un ruolo essenziale per decine di migliaia di lavoratori, operai licenziati e pensionati (e le loro famiglie) in condizioni sempre più dfficili.
Non esiste manutenzione degli edifici, la strumentazione sanitaria diviene via via più obsoleta.
Il centro medico Filip Kljajic ha un bacino si 12.000 utenti, il personale medico e paramedico è formato da 9 medici,1 dentista e 14 infermiere.
Dopo la privatizzazione della fabbrica Filip Kljajic il centro è passato sotto il controllo di Zavod Za Zdravstvenu Zastitu Radnika (Istituto per la tutela della salute dei lavoratori) della ZASTAVA, il centro medico per i lavoratori Zastava che era aggregato alla fabbrica automobili, e che Marchionne si è guardato bene dal privatizzare quando si è impossessato in modo praticamente gratuito dei capannoni dello stabilimento per la produzione delle automobili, creando la FIAT Auto Serbia.
Durante il mese di settembre scorso il nostro direttivo aveva deciso di sostenere il recupero edilizio di due stanze di questo centro medico, quelle in cui si eseguono i prelievi di sangue, che erano in pessime condizioni. La ONLUS Zastava Brescia per la solidarietà internazionale ha condiviso il progetto, per il quale ci era stato presentato un preventivo di 6000 euro.
L’intero edificio versa in brutte condizioni, ma al momento questa era stata la prima emergenza da affrontare; vedremo in futuro se riusciremo a trovare altre collaborazioni per mettere mano ad un lavoro di recupero più radicale.
Al nostro arrivo ci accoglie una numerosa delegazione di mediche (tutte donne), infermiere e i delegati sindacali. Come in ogni occasione consegnamo una bandiera della Pace, e discutiamo dei possibili progetti futuri. Questi sono progetti fondamentali per la popolazione, perchè se questi centri smetteranno di esistere significherà lo smantellamento definitivo della sanità pubblica nel Paese.
[FOTO: L'ingresso / Il nostro arrivo e l'incontro con il personale / Tre dettagli degli interni dell'ambulatorio prelievi]
Il personale del Centro ci ha scritto una bella lettera, firmata da ciascuno di loro, per ringraziarci di questo intervento ma anche per chiederci di cercare di continuare, al loro fianco, a difendere questo tipo di istituzioni.
18 ottobre 2014
Sulla piazza dello storico edificio della direzione della Zastava, dominata dalla statua all’operaio metalmeccanico, ci aspettano in tantissimi per l’assemblea di consegna degli affidi a distanza.
Per me è sempre un momento di felicità essere qui con loro, ma anche di forte dolore. Come ogni volta mi fa male vedere i volti di questi bambini, di questi ragazzi, di questi adulti che attendono di essere chiamati per ricevere la busta con l’affido e firmare la ricevuta.
All’inizio della nostra avventura solidale, quindici anni fa, sia noi che le famiglie serbe di nostro riferimento nutrivamo la speranza che presto sarebbe arrivata la ricostruzione che segue tutte le guerre, ma non avevamo messo in conto che quella contro la Serbia è stata una aggressione che faceva parte di una strategia (iniziata con la dissoluzione della Jugoslavia) molto ampia che aveva come obiettivo l’isolamento politico e la distruzione dell’apparato economico-industriale di quei Paesi che venivano considerati non allineati agli interessi della parte ricca del pianeta, e la Serbia è stata la prima vittima di una lunga serie di questa strategia.
Questo è il risultato delle aggressioni sotto il cappello NATO appoggiate e finanziate dai governi occidentali. Lo smembramento della Jugoslavia e la riduzione dei suoi paesi alla miseria, per farne poi colonie del fallimento della politiche industriali speculative della finanza europea.. Adesso in Serbia hanno i telefonini, facebook, le scarpe made in Cina alla moda, il franchising e la promessa dell'Europa come la nostra. Però il latte ai bambini in Serbia non si può più comprare e la bolletta della luce costa veramente troppo, troppo, tante case stanno al buio e nelle fabbriche serbe che sopravvivono gli operai si lavano con acqua industriale, i libri di scuola non sono più gratuiti e una radiografia a Belgrado ormai costa 30 euro. Ma molte famiglie non arrivano a 300 euro al mese, e lo vedi su tutti i volti che incontri, che dopo i 30 anni di età ti sorridono quasi senza denti...
Non siamo dei benefattori, ma donne e uomini solidali, ma sarà chiaro questo concetto? Non siamo lì con l’ipocrisia di fare genericamente del bene, ma sarà chiaro?
Tutto questo viene ribadito con forza da Rajko, il segretario del sindacato Samostalni, e da Stefano, il nostro vicepresidente.
Negli interventi iniziali di saluto viene chiaramente ricordato che noi siamo qui perchè crediamo in valori molto precisi, l’Antifascismo, il Lavoro, la Pace, la Libertà e la Solidarietà tra i lavoratori e tra i popoli, e siamo convinti che la solidarietà e l’unità tra i lavoratori è il bene più grande che abbiamo nelle nostre mani.
Per quasi due ore stringeremo tante mani, riceveremo tanti abbracci e baci, ci racconteranno i loro problemi, i loro dolori e le loro poche speranze; tanti lasceranno il loro regalo per le famiglie italiane, o un pensiero per la nostra delegazione, soprattutto tante bottiglie di rakija distillata direttamente da loro.
[FOTO: La statua all’operaio metalmeccanico / Una delle "nostre" bambine in affido]
Dopo l’assemblea ci aspetta un altro importante incontro, a Desimirovac, un grosso paese agricolo a una decina di chilometri a nord del centro di Kragujevac.
Abbiamo pubblicato un post con circa 40 foto su questo centro
in data 28 luglio 2014 sulla nostra pagina facebook
Il paese ha circa 1600 abitanti e con i villaggi vicini di Opornica (1200) Cerovac (1500) e Gornje Jarusice (1400) si giunge ad un totale di quasi 6000 persone.
Alla fine del 2012, in occasione di una nevicata eccezionale crollò il tetto di un edificio di 350 metri quadrati di proprietà del Comune, utilizzato come poliambulatorio pubblico, sede di gruppi sportivi e della associazione dei pensionati; inoltre un’ala del locale conteneva su due piani (uno a filo strada e uno seminterrato) due grandissime botti per la grappa.
Durante l’estate del 2013 ci venne chiesto se potevamo prendere in considerazione la ricostruzione di questo edificio come progetto per la nostra associazione. Ci furono inviate molte foto, e durante il viaggio di ottobre 2013 incontrammo i rappresentanti dell’associazione degli abitanti del paese. La ricostruzione poteva prevedere l’utilizzo dell’edificio anche da parte degli invalidi con la semplice costruzione di una rampa di accesso. Nel poliambulatorio si potrebbe infine installare una poltrona dentistica per odontoiatria sociale, visto che il problema dei denti è uno dei più gravi e diffusi tra la popolazione, poichè le spese connesse sono troppo elevate. La prevenzione specie nei bambini sarebbe veramente efficace.
Il progetto era importante ed interessante, perchè avrebbe riconsegnato alla popolazione un servizio pubblico essenziale, ma l’investimento da fare era al di sopra delle possibilità di una associazione come la nostra, anche se in collaborazione con altre.
Ritornati a casa e dopo averne tanto discusso nel direttivo e con altre organizzazioni la nostra proposta fu la seguente: se il Comune avesse garantito la ricostruzione del tetto noi avremmo potuto discutere la possibilità di prendere in carico la ricostruzione degli interni, a patto che ci fosse anche una parte di lavoro volontario fornito dagli abitanti.
Così durante l’inverno del 2013 avevamo ricevuto più preventivi. La ricostruzione degli interni costava 21.500 euro, ridotti a circa 14.000 per l’acquisto dei soli materiali, contando quindi totalmente su lavoro volontario degli abitanti . E poi finalmente il Comune di Kragujevac ci inviò una lettera che ci informava che in data 13 febbraio 2014 era stata approvata una delibera che stanziava 2.400.000 dinari (circa 21.000 euro) per la ricostruzione del tetto e il risultato positivo della gara di appalto; la ricostruzione tetto veniva stimata in circa due mesi.
Poi il 16 marzo 2014 ci era arrivato l’ultimo preventivo con tutti i dettagli per l’acquisto dei soli materiali necessari alla ricostruzione degli interni. Si trattava di 13.970 euro. Infine l’associazione degli abitanti ci mandò un lettera in cui garantivano lo svolgimento di tutti i lavori con loro interventi su base volontaria e gratuita.
A partire da aprile scorso i lavori di ricostruzione sono andati avanti senza sosta; non sono ancora tutti finiti durante questa nostra visita, ma mancano veramente poche cose.
Il recupero di questo centro polivalente è intitolato alla memoria di un medico triestino, Franco Dardi, la cui famiglia ha fatto una grandissima sottoscrizione per ricordarne il nome; un figlio e un nipote di questo medico partecipano con noi a questa visita.
Quando arriviamo l’accoglienza è proprio fuori dall’ordinario (per noi) ma molto tradizionale per loro: una ragazza in costume della Sumadija (la regione di Kragujevac) ci aspetta con la tradizionale offerta del pane e del sale, insieme ad un giovane e bravissimo fisarmonicista e a una folta delegazione di abitanti del paese.
[FOTO: Il pane ed il sale / La targa in memoria di Franco Dardi]
Visitiamo con cura i locali di questo centro, è irriconoscibile dal rudere che avevamo visto un anno fa, quando avevamo pensato che forse era meglio abbatterlo. Adesso tutto è a posto: l’impianto elettrico e quello idraulico sono finiti, così come tre ambulatori, l’ufficio comunale, la sala per i pensionati e per le associazioni sportive, i servizi igienici; mancano ancora alcuni intonaci, ma tutto è fattibile in poco tempo. La cosa più importante è che si sono i materiali e una grande voglia di fare.
La parte dell’edificio che ospitava le grandi botti per la rakija non sono stati ancora ricostruiti, non facevano parte del progetto ma il Comune ha ricostruito il tetto. Vedremo se in futuro si troveranno i mezzi per ristrutturare anche questi spazi: l’associazione degli abitanti sogna di costruire una farmacia a piano strada e un ritrovo per i giovani nella parte semi-interrata.
Per potere descrivere questo progetto ci vorrebbero decine e decine di fotografie, che non possiamo mettere in questa relazione, ma che inseriremo nella nostra pagina Facebook; qui ci limitiamo a qualche scatto importante.
[FOTO: La facciata prima… / … e dopo la ricostruzione / Due viste dell’ingresso prima dei lavori / L’ingresso dell’edificio dopo i lavori / Una delle stanze (senza il tetto) / La stessa stanza, dopo i lavori (mancano ancora le lampade al soffitto)]
Dopo questa visita siamo ospiti della associazione degli abitanti del paese e così, con un tipico ottimo pranzo serbo, si conclude anche questa missione.
Il giorno dopo, con un tranquillo viaggio di ritorno, saremo a casa e inizieremo la preparazione della prossima delegazione, che ad aprile 2015 ci porterà di nuovo a incontrare questi nostri carissimi amici.
CONCLUSIONI
In Serbia l’occupazione complessiva è sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni è in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani che sono costretti ad emigrare, soprattutto se dotati di una buona formazione scolastica.
Con molta fatica siamo riusciti a mantenere il numero di affidi nel 2014 al di sopra di 150, ne abbiamo perduti una ventina negli ultimi 3 anni, mentre abbiamo ampliato il numero di progetti che vanno incontro a reali bisogni sociali della popolazione di Kragujevac, e che lo stato di povertà della città non permette di soddisfare, nel campo della scuola, della sanità, del disagio fisico e mentale, in tutto ciò che può regalare una piccola speranza alle nuove generazioni.
Sappiamo bene che le condizioni materiali sono molto deteriorate anche qui da noi in Italia, ma siamo anche sicuri che i nostri sostenitori si rendono conto delle gravissime difficoltà che i lavoratori della Zastava e le loro famiglie continuano a sopportare, e che di conseguenza non mancheranno di sostenere la campagna di affidi, perchè la crisi non deve minare la solidarietà tra lavoratori e popoli, ma anzi rafforzarla, non deve dividere, ma unire, in nome di una globalizzazione dei diritti che, unica, può impedire le guerre tra i poveri e la disgregazione sociale.
ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle
Sede legale: Via dello Scoglio 173 I-34127 Trieste
Codice Fiscale 90019350488 (per sottoscrivere il 5 per mille)
Coordinate bancarie: Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,
Via Gruden 23, I-34149 Basovizza-Trieste
Codice IBAN IT18E0892802202010000021816
intestato a ‘’Non bombe ma solo caramelle –ONLUS’’
Trieste, 18 dicembre 2014
<< Quale sarà la testata che vincerà il nostro ambito trofeo? Quale invece il giornalista?
La nostra pagina intende lanciare questo concorso-sondaggio, tramite i suoi iscritti, per scegliere insieme chi saranno i vincitori del "Premio Goebbels per la disinformazione" per l'anno 2014.
Il principio è una testa, un voto. Si possono esprimere due preferenze, una per la testata, l'altra per il giornalista. Il voto è inviato tramite messaggio sulla bacheca di questo evento.
La proclamazione dei vincitori avverrà nei primi giorni del 2015.
Allora, cosa aspettate? Votate i vostri disinformatori dell'anno! >>
Svalutazione del rublo, calo del prezzo del petrolio. Le sanzioni economiche per la crisi Ucraina 'uno stimolo'…
La Russia sceglie la famiglia tradizionale e una nazione sana, ma ciò non significa che le persone con diverso orientamento sessuale abbiano limitati i diritti…
Come una volta contro la Francia o la Germania, la sconfitta iniziale della Russia potrebbe essere la garanzia della sua vittoria finale…
In Germania ex presidenti, politici, artisti, industriali lanciano un potente appello per la distensione in Europa. I loro colleghi italiani tacciono…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58811
La tempesta perfetta è su due fronti; guerra economica palese -sanzioni- e un attacco ombra rivolto al cuore dell'economia russa. Putin sa altre mosse..
http://www.politika.rs/rubrike/Svet/Obamin-pristup-Rusiji-je-neprijateljski.sr.html
http://rt.com/politics/official-word/196284-ukraine-putin-nazi-europe/
"They would have gladly applied the Yugoslav scenario of dismemberment and disintegration for Russia. They failed. We did not allow them to do that."
“Our US friends, whether directly or from behind the scenes always affect our relations with our neighbors. Sometimes it’s unclear whether to talk to the authorities of the country, or to their US patrons.”
“If for many European countries, sovereignty and national pride are forgotten concepts and a luxury, then for Russia, true sovereignty is an absolutely necessary condition of our existence.”
Il 4 dicembre 2014 potrà a buon diritto essere incluso nell'elenco delle date che avranno anticipato, o preparato, la terza guerra mondiale…
Di seguito il testo licenziato dalle Camere statunitensi, che entrerà in vigore solo dopo la firma del Presidente Obama, ma questo ovviamente è solo un dettaglio....
Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras
E adesso è ufficiale.
La risoluzione n. 758 della Camera dei Rappresentanti è stata approvata ieri segnando un risultato travolgente e bipartisan (411 voti contro appena 10 contrari) presso il Congresso USA.
I particolari della ripartizione della votazione si possono leggere qui [ https://www.govtrack.us/congress/votes/113-2014/h548 ].
Questa risoluzione, giunta in tutta fretta fino al voto appena due settimane dopo essere stata presentata, descrive la Russia come una "Nazione Aggreditrice" che ha invaso l'Ucraina e che stava dietro l'abbattimento del MH17.
La risoluzione fa praticamente appello a far guerra alla Russia.
Date un'occhiata davvero attenta al linguaggio adoperato.
Il Presidente degli Stati Uniti, in consultazione con il Congresso USA, deve:
«Condurre una revisione del posizionamento, della prontezza e delle responsabilità delle forze armate degli Stati Uniti nonché delle forze degli altri membri della NATO per determinare se i contributi e le azioni di ciascuno siano sufficienti a soddisfare gli obblighi della difesa collettiva ai sensi dell'articolo 5 del Trattato del Nord Atlantico e specificare le misure necessarie per porre rimedio a eventuali carenze».
Traduzione:
Il Congresso USA pretende che l'Impero del Caos usi la dottrina della sicurezza collettiva della NATO ai sensi dell'articolo 5 (un attacco a un paese membro è un attacco a tutti i membri), per portare una guerra alla Russia, sebbene l'Ucraina non sia un membro (ma presto diventerà un grande alleato non-NATO).
La risoluzione passa ora al Senato.
Se diventa legge, la risoluzione consente al Presidente degli Stati Uniti di dichiarare guerra alla Russia aggirando il permesso formale parlamentare del Campidoglio.
L'anatra zoppa non avrebbe le palle. Ma l'Hillarator le avrà.
Le recenti variazioni nel mercato petrolifero e in quello cambiario possono essere interpretate alla luce della crisi tra Washington e Mosca…
Il trend ribassista del greggio non si spiega solo con l'aumento dell'offerta e il rallentamento della domanda. Pesano le scelte strategiche delle principali potenze mediorientali e mondiali…
Intervista Tabarelli - presidente Nomisma - e Floros - saggista LiMes
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=IWQRwDxRxcs
BERLIN (Own report) - Since the Russian government's decision to scrap the "South Stream" pipeline project, Berlin and Brussels have been searching for an alternative supply of natural gas. In answer to the EU, Alexei Miller, Gazprom's chief executive, announced last Tuesday, that his company was no longer pursuing South Stream and would instead construct a pipeline to Turkey. Ukraine's role as transit country for supplying gas to the EU "will be reduced to zero." To meet the increasing demand of EU countries, the EU Commission is now seeking alternative supplies via the "Southern Corridor" - a route leading from Azerbaijan via the Southern Caucasus and Turkey to the EU. The EU's promised supply from Azerbaijan's natural gas reserves is but a drop in the bucket. The West's policies of war and sanctions hamper additional deliveries from Iraq or Iran via the "Southern Corridor." Only by 2016 will the USA export large quantities of shale gas, however, mainly to Asia where it can sell at a better price than in Europe. German politicians and experts are pleading to convince Moscow to continue the natural gas cooperation…
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58812
Die Widersprüche der EU (Probleme mit Erdgasversorgung nach South Stream-Stopp)
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/59018
South Stream, Usa e getta
Manlio Dinucci
«La Russia per il momento è costretta a ritirarsi dal progetto South Stream, a causa della mancanza di volontà della Ue di sostenerlo e del fatto che a tutt’oggi non ha ancora ricevuto il permesso della Bulgaria a far passare il gasdotto sul proprio territorio»: così il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la cancellazione del progetto South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas russo nell’Unione europea attraverso un corridoio energetico meridionale, senza passare dall'Ucraina.
In tal modo, scrive l’Ansa, Mosca «schiaffeggia l'Europa». In realtà è Washington che dà un altro forte schiaffo all’Europa, bloccando un progetto da 16 miliardi di euro che avrebbe potuto essere di grande importanza economica per i paesi della Ue, a partire dall’Italia dove avrebbe dovuto essere costruito il terminale del gasdotto.
Per capire che cosa è avvenuto, occorre ripercorrere la storia del South Stream. Il progetto nasce dall’accordo di partenariato strategico, stipulato dalla compagnia statale russa Gazprom e dall’italiana Eni nel novembre 2006, durante il governo Prodi II. Nel giugno 2007 il ministro per lo sviluppo economico, Pierluigi Bersani, firma con il ministro russo dell’industria e dell’energia il memorandum d’intesa per la realizzazione del South Stream. Il progetto prevede che il gasdotto sarà composto da un tratto sottomarino di 930 km attraverso il Mar Nero (in acque territoriali russe, bulgare e turche) e da uno su terra attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia e Italia fino a Tarvisio (Udine).
Nel 2012 entrano a far parte della società per azioni che finanzia la realizzazione del tratto sottomarino anche la tedesca Wintershall e la francese Edf con il 15% ciascuna, mentre l’Eni (che ha ceduto il 30%) detiene il 20% e la Gazprom il 50%. La costruzione del gasdotto inizia nel dicembre 2012, con l’obiettivo di avviare la fornitura di gas entro il 2015. Nel marzo 2014 la Saipem (Eni) si aggiudica un contratto da 2 miliardi di euro per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino.
Nel frattempo, però, scoppia la crisi ucraina e gli Stati uniti premono sugli alleati europei perché riducano le importazioni di gas e petrolio russo. Primo obiettivo statunitense è impedire la realizzazione del South Stream. A tale scopo Washington esercita una crescente pressione sul governo bulgaro perché blocchi i lavori del gasdotto. Prima lo critica per aver affidato la costruzione del tratto bulgaro a un consorzio di cui fa parte la società russaStroytransgaz, soggetta a sanzioni statunitensi. Quindi l’ambasciatrice Usa a Sofia, Marcie Ries, avverte gli uomini d’affari bulgari di evitare di lavorare con società soggette a sanzioni da parte degli Usa. Da’ una valida mano a Washington il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, che annuncia l'apertura di una procedura Ue contro la Bulgaria per presunte irregolarità negli appalti del South Stream.
Il momento decisivo è quando lo scorso giugno arriva a Sofia il senatore Usa John McCain, che incontra il premier bulgaro Plamen Oresharski trasmettendogli gli ordini di Washington. Subito dopo Oresharski annuncia il blocco dei lavori del South Stream, in cui la Gazprom ha già investito 4,5 miliardi di dollari.
Contemporaneamente la compagnia statunitense Chevron inizia le perforazioni in Polonia, Romania e Ucraina per ricavare gas da scisti bituminosi, attraverso la tecnica della fratturazione idraulica che si attua immettendo negli strati rocciosi profondi getti d’acqua e solventi chimici ad alta pressione. Una tecnica estremamente dannosa per l’ambiente e la salute, soprattutto a causa dell’inquinamento delle acque sotterranee. Il progetto di Washington di sostituire al gas naturale russo, importato dalla Ue, quello ricavato da scisti bituminosi in Europa e negli Stati uniti, è un vero e proprio bluff, sia per gli alti costi che per i danni ambientali e sanitari di tale tecnica di estrazione. E già in Polonia e in Romania diverse comunità locali si ribellano.
In seguito al blocco del South Stream, ha annunciato Putin, la Russia è costretta a «riorientare le forniture di gas». Aumenteranno quelle alla Turchia attraverso il gasdotto Blue Stream. Aumenteranno soprattutto quelle verso la Cina. La Gazprom le fornirà, entro il 2018, 38 miliardi di metri cubi di gas all’anno, ossia circa un quarto di quello che fornisce oggi all’Europa. Avvalendosi anche di investimenti cinesi previsti in 20 miliardi di dollari, Mosca progetta di potenziare l’oleodotto tra la Siberia orientale e il Pacifico, affiancandolo con un gasdotto di 4000 km per rifornire la Cina. Pechino è interessata a effettuare investimenti anche in Crimea, in particolare per la produzione ed esportazione di gas naturale liquefatto.
A perdere sono i paesi della Ue: solo la Bulgaria dovrà rinunciare a diritti di transito nell’ordine di 500 milioni di dollari annui.
La Saipem dell’Eni crolla in Borsa
Appena è stata annunciata la cancellazione del progetto South Stream, il titolo Saipem in Borsa ha subìto, in seguito alle vendite, un continuo calo, scendendo al più basso livello degli ultimi sei anni.
Con il blocco di South Stream, Saipem (Gruppo Eni) perde il contratto per la costruzione della prima linea del gasdotto sottomarino e un altro contratto per i lavori di supporto della seconda linea, per un valore complessivo di 2,4 miliardi di euro, cui si sarebbero aggiunti altri contratti se il progetto fosse andato avanti.
Si prevedono pesanti ripercussioni per l’occupazione. L’azienda, appartenente per il 43% all’Eni e per il 57% ad altri azionisti, opera a livello internazionale nel campo dell’estrazione e della ricerca di idrocarburi. Ha oltre 50mila dipendenti di 132 nazionalità, il 14% dei quali in Italia.
In seguito alla cancellazione del progetto South Stream saranno annullate o drasticamente ridimensionate le nuove assunzioni che la Saipem prevedeva per accrescere il proprio organico in Italia. Non si esclude neppure un taglio dell’attuale organico.
La cancellazione del progetto South Stream assesta quindi un duro colpo non solo alla Saipem ma ad altri settori dell’industria e dei servizi, nel momento critico in cui cala la produzione e, di conseguenza, l’occupazione.
Basti pensare che il terminale del gasdotto a Tarvisio, previsto nel progetto originario, avrebbe potuto essere l’hub di smistamento del gas russo in altri paesi europei e quindi fonte di forti introiti e incremento di posti di lavoro. Tutto questo ora viene vanificato. Mentre traggono vantaggio dalla cancellazione del South Stream le compagnie statunitensi, come la Crevron, impegnate a rimpiazzare il gas russo fornito alla Ue. Non resta che ringraziare «l’amico americano».
(il manifesto, 3 dicembre 2014)
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/news/2014_12_18/Grande-conferenza-stampa-del-Presidente-russo-Vladimir-Putin-0489/
I premier serbo e albanese si sentono al telefono e decidono di spostare l'appuntamento di Belgrado all'11 novembre, caccia all'uomo che aveva piazzato il drone sul tetto di una chiesa…
http://italintermedia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=75480&typeb=0&Edi-Rama-visita-rinviata
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8165
EULEX corrotta per Kosovo criminale / Visite d’Edi Rama en Serbie : « le Kosovo indépendant est une réalité »
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8152
http://michelcollon.info/L-UE-au-Kosovo-Faites-ce-que-je.html?lang=fr
L’affaire a commencé fin octobre quand le quotidien albanophone de Pristina, Koha Ditore, a publié des dossiers en provenance d’EULEX, indiquant des rapports étroits entre des responsables de la mission de l’Union européenne et les milieux mafieux et politiques kosovars, ainsi que des lettres de la procureure britannique, qui venait d’être suspendue de ses fonctions, accusant un juge d’EULEX d’avoir reçu un pot-de-vin pour classer un dossier criminel, la procureure en chef d’EULEX de l’avoir couvert et un autre procureur d’avoir bloqué une enquête interne à ce sujet. Ainsi, le juge italien, Francesco Florit, aurait reçu 300 000 euros pour faire acquitter trois tueurs locaux, par ailleurs policiers d’une unité spéciale. N’ayant réussi à n’en libérer qu’un seul, les familles des deux autres malfrats se sont senties grugées par le juge, maintenant replié en Italie, et ont elles aussi raconté leurs déboires aux médias de Pristina.
Tout en démentant avoir transmis ces documents à Koha Ditore – prétexte avancé pour sa suspension –, la procureure britannique, Maria Bamieh, en a confirmé l’authenticité. En plus, elle a affirmé avoir été victime de harcèlement continu depuis qu’elle enquêtait sur les pratiques de certains membres d’EULEX et que ses enquêtes avaient été ignorées par la hiérarchie de l’UE, y compris le Service d’action extérieur (SAE) dont dépend EULEX, alors dirigé par Catherine Ashton. Elle a également déclaré avoir été freinée dans d’autres enquêtes, notamment sur des privatisations frauduleuses d’entreprises, dès que les noms de personnalités kosovares devenaient trop voyants.
La presse serbe, qui considère avec méfiance cette mission chargée d’accompagner le Kosovo vers l’indépendance, soupçonne que d’autres affaires de corruption pourraient expliquer le maintien sous les verrous du leader politique du Nord-Kosovo, Oliver Ivanovic, accusé de crimes de guerre en dépit de preuves l’en disculpant, preuves qui auraient été falsifiées par EULEX. De même, les acquittements dont bénéficient quasi-systématiquement les anciens leaders de l’Armée de libération du Kosovo (UCK), contrôlant aujourd’hui l’essentiel des institutions du Kosovo, lors de plusieurs procès pour crimes de guerre, crimes de droit commun ou affaires de corruption, pourraient ne pas s’expliquer uniquement par l’élimination ou l’intimidation des témoins, mais aussi par des versements aux procureurs et juges d’EULEX, qui détiennent la haute main sur ces procès. Le quotidien de Belgrade, Politika, considère que ces derniers, au lieu d’apporter les normes légales de leurs pays au Kosovo, « se sont adaptés aux coutumes locales ».
Côté EULEX, si on dément avoir menacé de trainer Bamieh et Koha Ditore devant les tribunaux s’ils rendaient publiques ces affaires, comme ceux-ci l’affirment (1), on se limite à déclarer qu’une enquête interne « est en cours » depuis 2013 à propos des accusations de la procureure, une enquête qualifiée de « mensonge » et de « farce complète » par cette dernière. Quant au juge Florit, il clame son innocence et affirme avoir été blanchi par cette enquête – qui serait donc achevée.
Enquêtes en cascade
Telle semble être la stratégie suivie par l’UE pour étouffer l’affaire : enquêter… Au début novembre, pressée par des députés européens, la toute nouvelle « Haute représentante » du SAE, Federica Mogherini, a annoncé l’ouverture d’une enquête « indépendante » sur les accusations de Bamieh. Deux semaines plus tard, le médiateur de l’UE, Emily O’Reilly, ouvrait sa propre enquête. Entre-temps, les justices kosovare et italienne auraient décidé d’entamer leurs propres investigations. Rien de mieux pour créer la confusion et noyer le poisson dans les eaux nauséabondes de l’establishment euro-politico-mafieux du Kosovo. De l’avis de plusieurs observateurs, le Tribunal sur les crimes de l’UCK, décidé par le Conseil de sécurité de l’ONU en juillet dernier, pourrait faire les frais de la profonde crise qui secoue EULEX. En effet, celle-ci a été chargée de mettre en place, hors du Kosovo, ce tribunal, créé sur recommandation d’une autre enquête, portant sur les allégations du rapport du sénateur suisse Dick Marty au Conseil de l’Europe (2010) (2), concernant des trafics d’organes de prisonniers, notamment serbes, pendant ou peu après la « guerre du Kosovo ». Selon Marty, les organisateurs de ce trafic seraient certains des principaux dirigeants politiques actuels de l’entité, dont le Premier ministre sortant, Hashim Thaci.
Avec une crédibilité morale et politique aussi entamée, on peut douter qu’EULEX ose affronter les encore nombreux sympathisants et vétérans de l’UCK qui ne manqueraient de se mobiliser si leur chef était mis en accusation. À nouveau, l’impunité devrait être assurée pour les ex-dirigeants de l’UCK, en échange de la prolongation du statut de protectorat attribué à ce petit territoire pseudo-indépendant, gangrené par le crime, la corruption et le nettoyage ethnique. Au grand dam des victimes, majoritairement serbes et non-albanaises, envoyées aux oubliettes de l’histoire au nom d’une illusoire stabilité des Balkans.
Notes :
(1) Bamieh affirme avoir même reçu des menaces – voilées – de mort de la part d’EULEX. (2) Le rapport est disponible sur le site du Conseil de l’Europe : http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteVoir.asp?ID=964 .
Ce texte sera publié dans Le Drapeau Rouge, journal du Parti communiste, dans son numéro 48, à paraître au début janvier 2015.
Dopo la "repubblica di Ilirida" nata in Macedonia, anche nel piccolo Paese adriatico adesso la minoranza skipetara chiede un territorio indipendente per dare vita ad ""Albania naturale"
AdminSito
mercoledì 26 novembre 2014
A firmare questa sorta di ultimatum è Koco Danaj, il leader di un partito di opposizione chiamato List che si batte per la cosiddetta "Albania" Naturale"[(b] ed è già stato consigliere di diversi primi ministri albanesi.
Danaj chiede la creazione di un nuovo Stato che egli chiama appunto "Albania naturale" e che dovrebbe comprendere tutti i territori in cui attualmente vivono gli albanesi, tra cui il Kosovo e parti della Serbia, Montenegro, Macedonia e Grecia. In altre parole, è il progetto della "Grande Albania" che viene riproposto in termini diversi ma con identico risultato, almeno nelle speranze.
Nella sua lettera, Danaj dice che intende semplicemente mostrarsi educato informando i dirigenti montenegrini della necessità di rinunciare ad una porzione di territorio. «Perché rivolgo loro questo invito? Perché sono i nostri vicini, e gli albanesi si rivolgono anzitutto ai vicini. oggi ci sono vicini quei Paesi che ingiustamente impediscono la nascita nel proprio territorio di un' "Albania Naturale".
Lo scorso luglio, Danaj aveva lanciato un'iniziativa per raccogliere un milione di firme fra gli espatriati albanesi che vivono in Europa onde convincere i governi occidentali della necessità di unire tutti gli albanesi in un unico Stato. Secondo il suo piano, "Albania naturale"' dovrebbe includere tutte le aree abitate da persone di lingua albanese, sia dove attualmente costituiscono la maggioranza sia quelle in cui sono state maggioranza nel passato, e dalle quali sono state espulse nel corso dei conflitti etnici dell'ultimo secolo/. La sua piattaforma prevede che la città più meridionale del Montenegro, Ulcinj, al confine albanese, debba essere dichiarato 'città libera' e condivisa tra Tirana e Podgorica.
Qualche mese fa con un un comizio a Skopje anche un alro politico albanese aveva proclamato la nascita all'interno della Macedonia di una misteriosa "repubblica di Ilirida" che si propone grossomodo gli stessi obiettivi, ma l'annuncio era stato preso come una trovata pubblicicaria fino a quando nell'area montagnosa del Tetovo é stata segnala una milizia gidata da un ex comamdante dell' "Uck", che indossa divise nere e si presenta appunto come protettrice degli albanesi.
Fonte: Birn
http://www.beoforum.rs/forum-prenosi-beogradski-forum-za-svet-ravnopravnih/622-nato-je-razbio-jugoslaviju.html
НАТО ЈЕ РАЗБИО ЈУГОСЛАВИЈУ
Волфганг Ефенбергер
Генерални секретар НАТО Хавиер Солана и командант НАТО снага амерички генерал Весли Кларк објавили су 24. Марта 1999. увече почетак ваздушног напада на Савезну Републику Југославију. Припреме овог напада биле су у пуном јеку још у лето 1998. иако је ситуација била стабилна. На овај дан, вредан озбиљног размишљања, ваздушне снаге НАТО су, противно међународном праву, у 20 часова отпочеле ваздушне ударе на циљеве српске ваздушне одбране у Панчеву, Београду, Приштини, Новом Саду и Подгорици. Ове нападе су подупрлибомбардери Б-52 и крстареће ракете, лансиране са подморница, стационираних у Јадранском мору.
Непуна 24 часа пре тога председник САД Бил Клинтон разјаснио је представницима синдиката позадину овог рата: ”Ако хоћемо да имамо јаке привредне везе, које ће укључивати и нашу способност пласирања робе широм света, Европа ће бити кључ. И, ако хоћемо да неки са нама деле терет вођства и све оне проблеме који ће нужно искрсавати, Европа мора да буде наш партнер. И то је смисао приче о Косову.”
Крајем прве ратне недеље бивши канцелар Хелмут Шмит је неувијено изјавио: ” Зауздани одстране САД, ми нисмо поштовали међународно право и Повељу Уједињених Нација” и предвиђајући будућностнаставио:”Безобзирност, у највећој мери мотивисана унутрашњом политиком, којом је Вашингтон спровео своје интересе, ићи ће Европљанима све више на нерве.”
Аамерички политолог Данијел Колко писао је у листу Berliner Tegesspiegel: ”Специјална ситуација на Косову имала је другостепени значај у одлуци Американаца да поведу рат. Америци је било далеко важније да демонстрира војну моћ и да изгради своју превласт у НАТО.”
И док је НАТО бомбардовао српску телевизијску станицу и индустријску зону у Нишу у Вашингтону се срела водећа елита западног света да обележи 50-годишњи јубилеј оснивања НАТО.
Након медијски ефектног пријема у НАТО три чланице Источног блока председник Клинтон је представио нову стратегију НАТО: улога НАТО у интервенцијама у кризама треба да буде трајно устоличена, а мандат УН више не мора да буде предуслов. Тако је НАТО савез напустио своју историјску самодефиницију као строго дефанзивне коалиције.Од тада НАТО брани изван територијалних граница својих чланица непрецизно дефинисане безбедносне интересе свих врста у које, гле!, сасвим експлицитно спада и ”приступ сировинама”.
Ови ”интереси” се сада офанзивно бране од Каспијског мора, преко Персијског залива, Северне Африке до Атлантика. При томе, НАТО је, као и у случају Косова, приграбио право да сам себи да мандат за војне интервенције. По америчком председнику Клинтону НАТО којим доминирају САД надаље треба да утврђује критеријуме по којима ће УН доносити одлуке, а не обрнуто.
Тиме је Клинтон остварио стратешке циљеве које је зацртала америчка влада 30. октобра 1998.: јачање безбедности САД, подизање благостања и ширење демократије и мира диљем света. Даље је зацртано да се ”ови циљеви могу остварити само америчким ангажовањем и водећом улогом САД у светској политици.” А амерички сенатор Ричадр Лугар је открио још један мотив: ”НАТО су неопходни задаци изван његовог дефинисаног поља деловања, иначе је излишан. Out of area or out of business. ”
Имајући у виду историју Балкана Хелмут Шмит је био скептичан према овом покушају ”да ће се тамо успоставити стабилан мир иједном формом војне интервенције”. Он је слутио да неки утицајни политичари и њихови саветници у НАТО виде у рату користан инструмент да се ”обезбеде дугорочни глобални интереси Америке.”
Рат, изнуђен једном лажи, сменио је ”силу права” ”правом силе”. Зато је овај рат нанео огроману штету међународном праву. ”Ваздушни удари” – реч рат су стриктно избегавли – били су фактички генерална проба нове НАТО стратегије, односно, били су копирани план на пауспапиру будућих ратова.
Југославија је 78 дана бомбардована у складу са стратегијом ескалације америчког генерала Џона Вордна (John. A. Worden). Ова и данас важећа доктрина следи стратешки циљ да што брже сломи отпор противника. Том циљу служи превасходно напад на инфраструктуру од виталног значаја и на становништво. Управо овиме се изврће и крши важеће међународно право. Међународно право забрањује нападе на цивиле и разарање електрана, рафинерија, мостова и болница. Масивно коришћење 30 тона пројктила са осиромашеним ураном од стране НАТО довело је до несагледивих последица по животну средину и пораста обољевања од канцера.
82 године након Крфске декларацијеЕнглеска је уз помоћ НАТО и САД разбила Југославију коју је сама подигла из крстионице. Шта је био њен мотив? Да ли је крња Југославија била на путу ширења НАТО ка Истоку? Или се исувише везала за Кину на шта указује бомбардовање кинеске амбасаде?
Према Кристоферу Кларку НАТО је у пролеће 1999. вршио много већи притисак на Србију него што је то чинила Аустроугарска јула 1914. Он се пита: ”Није ли то због тога што је Русија као велика сила била избачена из игре?” Према Кларку постоји колерација између фаза руске слабости и времена бржих промена у Европи: ”Када је мачка ван куће, мишеви играју на столу! Спрега клијентела и политичке везе су 1991. биле потпуно исте као 1914. Руси су још увек подржавали Београд ротив НАТО. Али, они нису учинили нешто друго: нису послали авионе МИГ, нити су лансирали своје ракете.”
9. јуна 1999. потписан је прекид ратних дејстава. Овај документ послужио је као подлога за Резолуцију УН 1244 коју је Савет безбедности усвојио 10. јуна. Следећег дана је председник САД Клинтон прилагодио мотиве свог деловања току рата. За разлику од његове изјаве синдикалцима сада је изјавио: ”Када сам заповедио нашим оружаним снагама борбу имали смо три циља:
1. повратак у сигурност свих народа Косова и њихову самоуправу;
2. повлачење српских снага са Косова;
3. заштиту и Срба и Албанаца.”
Данас знамо да су ови циљеви темељно изневерени. Пред очима заштитнихснага НАТО нови властодршци Косова спровели су свеобухватно етничко чишћење Срба, Рома и Јевреја. Допуштање једностраног проглашења независности Косовапре више од годину дана довели су Клинтонове ратне циљеве ad absurdum. Скоро десет година западне владе и косовско-албански политичари су успешно радили на одвајању ове провинције од Србије.Сада је ”суверено” Косово на јаслама Запада и њиме се управља као међународним протекторатом.
9. априла 2008. је у Приштини ратификован незнатно измењен Ахтисријев план као устав Косова. То се десило иако је овај план одбила Русије. Заобиђено је и гласање у Савету безбедности УН. Пример Косова могао би да охрабри тежње ка независности у самој Европској Унији и НАТО и да се развије у експлозивну направу. Интересантно је да је након годину дана 60 земаља признало Косово. Притиску да признају Косово одупрле су се Шпанија, Грчка, Румунија, Кипар и Словачка. То даје наду да би се дух саморазарајућег уситњавања државa могао вратити у флашу.
17. априла 2009. Србија је пред Међнародним судом правде у Хагу изнела своје аргументе против једностраног проглашења независности Косова. Пре него што је петнаест судија најважнијег суда УН могло да створи јасну представу о томе који статус Косово у ствари има и да ли има право да прогласи независност, заменик председника Америке Бајден је 21. Маја 2009. приликом посете Косову изјавио да је независност Косова ”неповратна”. Најкасније овог тренутка требало је свакомеда постане јасно да је рат на Косову представљао одлучујући историјски обрт. Постало је очигледно да УН немају никакву важност за Вашингтон!
Америчка база ”Бондстил” на Косову се може упоредити са две групе носача борбених авиона и све се више дограђује као истурена тачка за операције на Блиском Истоку. ”Бондстил” теба да добије писту за слетање борбених авиона, укључујући и бомбардере Б-52. Не постоји конкретан датум повлачења америчких трупа. Чак постоји намера закупа на 99 година.
У лето 2001. председник Буш је приликом посете бази Бондстил нагласио њене задатке : ”Тежимо ка свету толеранције и слободе. Од Косова до Кашмира, од Блиског Истока до Северне Ирске слобода и толераницја са дефинисани циљ нашег света. А ваша служба овом циљу је за пример целом свету.”
---
1 Royal Air Forces, Hitory Operation Allied Force 1999
2 Упореди CNN. 30. Mart 1999, Go along on a B/52 mission
3 Helmut Schmidt у Frankfurter Rundschau од 3./4. априла 1999
4 Helmut Schmidt у Die Zeit od 22. Aprila 1000
5 Daniel Kolko у Berliner Tagesspiegel od 8. маја 1999
6 Helut Schmidt у Die Zeit од 22. априла 1999
7 На једној од свечаних седница поводом 50-годишњице оснивања НАТО председници држава и влада НАТО чланица потписали су ”Нове стратешке концепте” за НАТО.
8 Monitor, WDR, 22. април 1999
9 исто
10 Der Spiegel, Nr. 17/1999, s. 199
11 Helmut Schmidt, цитирно према Die Zeit, Nr. 17, 1999
12 Frankfurter Allgemeine Zeitung од 29.септембра 2013
13 исто
14 Bil Clinton, http://millercenter.org/president/clinton/speeches/speech-3933
15 Од 1995. до 2000 влада САД платила је фирмама Kellogg, Brown&Root 2,2 милијарди долара за логистичку подршку на Косову што је најскупљи уговор у исотрији САД. Трошкови чине скоро једну шестину укупних издатака за операције на Балкану.
16 www://whitehouse.gov/news/releases/2001/07/20010724-1.html од 23. јула 2008
Разговор са Вили Вимером о геополитичким интересима САД-а у Европи, о Хелмуту Колу и нападу на парламентарну демократију
Томас Вагнер
Вили Вимер је 33 године био у Бундестагу. Између 1985. и 1992. био је најпре војнополитички споукмен ЦДУ/ЦСУ-а, а затим парламентарни државни секретар у Савезном министарству одбране. Од 1994. до 2000. године био је потпредседник Парламентарне скупштине Организације за европску безбедност и сарадњу (ОЕБС).
Ви сте после 1989. године као парламентарни држани секретар у Савезном министарству одбране увели Националну народну армију (НВА) ДДР-а у Бундесвер и развили концепт са којим је ујдињена Немачка ушла у НАТО. Упркос томе, убрзо сте од стране америчких представника оптужени за „комунизам“
Најпре је било питање како остварити уједињење, а да се сачува мир у Европи.. Али , ми парламентарци, који смо радилли на иностраним пословима – са нама је тада била и тадашња председница Бундестага Рита Зисмут, желели смо да се бавимо и привредним и друштвено-политичким питањима. Британци и Американци, који су преферирали чисту форму капитализма, спречили су то. Они су одбацили концепт социјалне тржишне привреде, који смо ми заступали, и оптужили нас да смо комунисти.
То нас је изненадило и претстављало је знак да ће се свет прекомпоновати на неслућени нацин. Ми смо тада полазили од тога да ће опстати форуми за преговоре и споразумевање као сто је Конфернција за европску безбедност и сарадњу (КЕБС), из кога је касније настао ОЕБС. Са настанком КЕБС-а је било повезано да се концептуално могло размишљати о три ствари: спољна и унуташња политика, људска права. Трећа од ових трију корпи није коришћена у време хладног рата: привреднополитицка сарадња. Континентали Европејци су хтели да је оживе, али не и САД, Британци а делимично, ни Канађани. Коначно су Американци преузели трећу корпу и напунили је са “Схарехолдер Валуе”.
Ми смо остали са насим концептом о социјално-тразисној привреди на споредном колосеку, цак и у својој партији. 2002. године, на тзв. Лајпциском конгресу партије, ЦДУ се представила као предимензионирана ФДП. У то спада и идеја господје Меркел да се развије “трзисноконфорна демокраија”.
У медјународним форумима се вец од раније назирао такав развој, тако да нисмо били изненадјени. Али, то нисмо могли једноставно да убедимо насе колеге, који су се кретали у тим форумима. Они су зивели у сасвим другом свету. То исто вази и за синдикате. Морали смо да констатујемо да САД нису биле спремне да наставе КЕБС као успесан преговарацки форум. Хенри Кисиндзер, који је по том питању заступао америцку позицију, пледирао је средином 1990-тих година, да се укине постојећи медјународни правни систем и да се уместо њега уведе правни поредак, који је у инстересу САД-а. То је подразумевало да се укину испробани преговорацки форуми за мирољубиво ресавање сукоба. Када се Хелмут Кол у то време вратио са пута у САД, увек се је у фракцији љутио сто у америцком конгресу превладава мисљење: „Треци светски је заврсен и ми смо га добили“. Трада нам је рекао.“Рат није нестао из Европе“. Те 1994. гподине му ни у сопственим редовима, медјутим, то нико није веровао.
Ви оцигледно веома цените Хелмута Кола, кога сте јос 2004. г. пратили на једном путовању у Кину. За разлику од Вас, он није задњих година подигао глас протеста против тенденција што смо ми Вама предлагали у вези са медјународном безбеднсоном политиком.
За такав развој платио је веома високу цену. Нема сумње да 1998. вецина становниства није била за наставак његовог канцеларовања. Друго је питање како се то одиграло унутар ЦДУ-а. Хелмут Кол је био изрицити заговорник идеје да се мора прици и другим народима у Европи. То се односи на Русе, Пољаке, али и на Србе. Ја сам по његовом налогу преговарао са Слободаном Милошевицем да би се сукоби на Балкану ресили мирним путем. То је било противно америцким интересима. Било је снага и у властитим редовима, Волфганг Сојбле и Волкер Рие на целу, који су гурали ЦДУ у том смеру. Посто он није зелео да води рат против Југославије, нису га висе зелели на целу неке будуце савезне владе. Али, његова намера да ојаца постојеце механизме медјународне сарадње, била је исправна. Због тога не правим питање од тога, да ли ми се тај цовек допада.
Године 2000. уцествовали сте у Братислави на једној конферецији коју је организовало америцко Министарство спољних послова, на којој се сасвим отоврено говорило о стратегији Васингтова?
То ме је изнендаило. Код нас се водила кампања за кампањом за рат против Југослалвије: са Аусвицом и са ко зна с ким. У Братислави је, медјутим, заступано мисљење са позиције силе. Претставници америцког Минстарства спољних послова су изјавили да се код овог рата ради о томе да се исправи погресна одлука генерала Ајзенхауера из 1944. године. Он је тада пропустио да на Балкану стационира америцке копнене трупе. Ово је био неуобицајено да се пред сефовима дрзава и влада, минситрима спољних послова и одбране тако несто оворено изјави. Претставници америцког Минстарства спољних послова (Државног секретаријата) су јасно изнели да зеле да се wихов правни систем примењује и на односе са насим суседима у Европи, на решавање имовиснких питања и вођење кривицних поступака. Носиоци тога би били Медјународни кривицни суд у Ден Хагу и Суд за ратне злоцине.
Осим тога, објаснили су како замисљају будуцу Европу.. Хтели су да повуку једну линију која би исла од Балтицког до Црног мора, а одатле све до Анадолије. Све сто је западно од те ллиније сматрали су утицајном сфером САД-а. Руска Федерације је требало да се искљуци из развоја Европе. Садасњи догадјаји у Украјини су за мене потврда да ти људи тада нису „гледали у месец“. 2006. године током самита НАТО у Риги могли смо да видимо (амерички) покусај да се Грузија и Украјина приме у Савез. То је спрецено из једног врло вазног разлога: Западно-Еврпиејци нису били одусвељени тиме. Јер, ако би се повукла та лимес-линија од Балтицког мора до Анадолије, онда Немци, Французи, Италијани и Спанци не би требало да размисљају о томе како це се даље одвијати wихови односи са Руском федерацијом. Они би могли, зависно од америцких интереса, да се прекину у сваком тренутку. Тада би могли да развијају сарадњу са истоцно-европским дрзавама : од Балтика до Румуније. САД би предузела све потребно да се тај циљ оствари. Тако треба схватити и њихво понасање у вези са Украјином.
Америцка обавестајна агенција Стратфор је поцетком ове године покренула на размисљање о томе да успостављањем посебних односа са истоцневропским земљама створе полугу помоцу које би могли да НАТО помере на лево.
То је логицна послелдица тога сто сам управо рекао. Ових дана балтицке земље и Пољска постављају захтеве да се ракетни стит који планира НАТО усмери ка Русији. Ако Васингтону подје за руком да успостави посебне односе са дотицним дрзавама истоцне и југоистоцне Европе, онда ми висе нецемо играти никакву улогу. Ми цемо се тада наци иза лимеса под америцком контролом. Вест да неутралне дрзаве Финска и Сведска тразе теснију везу са НАТО-м, нузно указује на реалне промене снага у Европи.
Како у вези са тим оцењујете тренутне преговоре у циљу закљуцивања Споразума о слободној трговини ТТИП измедју САД и Европске уније?
Код ТТИП се ради о покусају САД-а да област иза лимеса потцини свом интересу. Притом се на ради о много дискутоаној предности, вец о слабљењу парламентарне демократије. Ако ми као високо развијена правна дрзава добијемо судове, у којима це се донсити одлуке о разликама у вези са инвестицијама, ста це јос остати од насих парламената и насих влада. Ако би наса стампа имала слободу да информише, онда би се у медијима могло расправљатии о размисљањима такве врсте. Али, слободно информисање из области спољнополитицког и безбедносног опуса висе не постоји.
Како долази до такве једностраности?
Овим стварима се мозете приблизити само преко индиција. Разнолицита мисљења која постоје у јавности не долазе до изражаја медијима. Могу само да потсестим на једнан дуги разговор са једним сарадником ФАЗ-а (Франкфуртски велика новена И једна од највецих у Немацкој, пр. Милановиц) кога познајем деценијама. Он је јасно рекао да кад Стате Депермент повремено пре поцетка стампања телефонира ноцу, онда це зељени цланак вец следецег јутра бити у новинама.
Када сам 1985. године постао споукмен (ЦДУ фракције у Бундестагу), упозоро ме је један водеци сарадник одељења за стампу ЦДУ/ЦСУ-а на мрезу НАТО-а у немацкој стампи. Ако се данас иста мозе коментарисати у вези са развојем унутар Руске федерације, у то се одмах укљуцују америцке институције са седистем у Москви. Из Москве нецете цути ни један глас који је руски.
Предјимо са медија на Бундестаг. Тренутно постоји једна коалициона група, која се бави ограницењима парламента. О цему се ту ради?
У вези са парлааментарним ограницењима ради се о томе да немацки Бундестаг одлуцује о томе да ли це немацки војници бити ангазовани у иностранству. И то, пре него сто буду тамо послани. Према насем уставу армија има задатак да брани своју земљу. Петер Гаувајлер је пре неколико месеци одзао један ватрени говор на Војној високој сколи у Хамбургу у коме је изнео погреске које се вец деценијама с тим у вези праве. У ЦДУ/ЦСУ након рата против Југославије (агресија НАТО 1999, прим.прев.) постоје снаге које висе не зеле да се у Бундестагу води дебата у вези таквог ангазвоања армије. Они су се изборили у новој коалицији за једну радну групу, која се бави питањима парламентарних ограницења. Зелело се постици да се позив за насе ангажовање у оквиру интегрисаних војних фомрација, на пример код АWАЦС-авиона, мора аутоматски изврсити када то НАТО затрази. Бундестаг би тада јос имао само могуцност да их у нузном слуцају врати назад.
Мене то подсеца на Бринову уредбу о нузности из задње фазе Вајмарске Републике. Уколико се то спроведе, тада цемо добити безбедносно-политицке уредбе о нузности. Не могу замислити да би Бундестаг тада могао да опозове донету НАТО-одлуку.
Уз то јос иде да би влада на тај нацин ограницила свој спољнополитицки простор деловања, који за сада јос увек има преко парламента. Уколико се данас определи против неког ангазовања војне силе у иностранству, онда то мозе да образлози својим савезницима недобијањем сагласности од стране парламента. То је уобицајено у парламентарним системима. Цак и америцки председник упуцује на Конгрес ако несто не зели. Ако сада Бундестаг отпадне, онда фактицки влада висе не одлуцује о ангазовању орузаних снага у иностранству, вец НАТО. С тим у вези треба критицки посматрати и паралелни развој у орузаним снагама. Увек постоје настојања да се генералном иснпсектору савезне армије да фактицки улога врховног команданта. Трентуно он је потцињен министарки одбране и дрзавним секретарима. Оваква настојања постоје јос од поновног уједињења. Јос у Бонско време је на пр. тразено да само генерал са цетири зевиздице мозе да постане министар одбране. Покусај Теодора Гутенберга да генералног инспектора изједнаци по рангу са дрзавним секретаром био је спрецен. Тада су покусали привредно повезани кругови и армија да врате војном руководству оне вазне функције које су имали у време немацког рајха. Одредјени кругови у савезној армији Немацке покусавају да уз помоц НАТО-а остваре то исто.
Ви зелите да казете: Ако парламентарно ограницавање пропадне и генерални иснпсектор постане врховни командант, онда це о ангазовању немацких орузаних снага у будуцности одлуцивати НАТО?
Или Европска унија.
Да ли се прибојавате да би се тада савезна армија могле употребити и против свог народа?
Да. У јуну је Европска унија донела калузулу о солидарности у којој се говори у том правцу. Према њој би била допустена употреба војске и на унутарполитицком плану. У слуцају катастрофа, али и у слуцају социјалних немира. Ми у Савезној Републици имамо цитав низ одлука Савезног уставног суда против корисцења савезне армије у унутрасње ствари. То треба да се спроведе заобилазно, преко европске компоненте или НАТО-а, сто је апсурдно. Ми смо вец видели приликом доносења Лисабонских закона да се влада слозила са тиме. Само уз помоц одлуке Савезног уставног суда, коју су затразили Грегор Гизи и Петар Гаувајлер, немацки парламент је успео да обори ову одлуку Савезне владе.
Када се радило о улози орузаних снага, Ви сте у парламенту у висе наврата заступали мисљење мањине. Како то објасњавате?
Разлози су комплексни. Када сам у Бону политицки социјализиран као парламентарац имали смо у управи, такодје у Минстарству одбране, избор таквих водецих људи, да је просто било свеједно ко је био на власти. Свако мени познато министарство је било тада у стању да само припреми нацрте закона за одлуцивање владе. Данас то цине адвокатске канцеларије.
Слабљење јавних слузби после 1990-тих било је працено умнозавањем саветницких група, које су, уз плацање или бесплатно, све висе и висе утицале на политицке одлуке.
Председница Савезне скупстине Рита Зисмут је крајем 1990. „певала“ тузбалице о томе колики се притисак врсио на парламент да би се ове надлелзности комерцијализовале. Уз то јос долази да напред поменута трансатлантска мреза, наравно, такодје делује и у парламенту. Радо се бива у савету за ово или у савету за оно. На пример, Никола Бегргрунен одрзава свој властити Тхинтанк.
Милијардер трпа такозване Елдер дрзавнике и привредне представнике у Гоогле-централу у Калифорнији.
Ту су и актривни политицари: На пример Урсула фон Лајен. Име Бергуен слузи као пример за процесс, да се одстране етаблиране институције, које треба да репрезентују народну вољу, у корист саветницких група које врсе фактицки утицај. У релевантним радним групама фракција немацког парламента висе и не знају како настаје папир који им се доставља на разматрање и ко је на њему сарадјивао. То долази са најаразлицитијих страна.
И засто то прихватају парламентарци?Јер се не могу свиме бавити?
Не, јер се зели градити каријера. Не мали број колега ми је реакао: „ Ја сам уствари твог мисљења, али ја могу само уз помоц листе да поново додјем у парламент“.
Ви дакле не рацунате висе на велики отпор цак ни опозиције у вези са милитаризацијом спољне политике. У такву оцену укљуцујете и фракцију левих. Како долазите до такве оцене?
На основу дугих и интензивних разговора.
Са ким?
Боље да то не казем. Поред тога јос и на основу працења развоја ситуације од просле јесени. Зелени су вец на одвратан нацин постали ратна пратија . Задња партија у немацком парламенту која се томе јос супротстваља јесте Левица. Али није само мени пало у оци да се у концептуалном раду установе за науку и политику по први пут ангазују и посланици Левице.
У Васој књизи „Повратак хасардера: дрзавни стратези, ратохускаци, тихи профитери 1914. и данас“ коју сте заједно напислаи са Волфгангом Ефенбергом, изразавате бојазан да се налазимо на путу у треци светски рат. Како то образлазете?
Ако не зелим да се спорна питања ресвају мирним путем, онда ми преостааје само војна компонента. На њу рацунају Американци сиром света. Талилбани, против којих се наси војници боре вец дванаест година у Авганистану, јесу америцки продукт, који финансирају Саудијци, исто као и Исламска држава (Исламиц Стате) у Сирији и у Ираку. То исто видимо и у слуцају Украјине. Ту немацки министар спољних послова и његове пољске и француске колеге праве папире о разумевању , сави се слазу са тим, а затим десне снаге, у интересу САД, саботирају на Мајдану свако ресење. Ми у Немацкој и Европи морамо да се поставимо „на задње ноге“ да се не иузгубимо у том опстем тренду. Оно сто нам је потребно, јесте повратак на опробана дипломатска средства споразумевања, која смо вец имали са КЕБС-у, а која су унистена.
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L'Anti-antifascismo di UE e USA
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L’ascesa dell’imperialismo tedesco e la pretesa “minaccia russa”
Il principio ideologico di base che assicurò al nazismo il massiccio supporto politico-finanziario da parte dei maggiori comparti industriali tedeschi, fu la minaccia comunista e sovietica. Il maggiore impegno militare nazista, in cui furono impiegati i due terzi delle truppe migliori a disposizione, fu diretto a oriente verso la conquista e la distruzione della Russia. La “minaccia russa” giustificò la conquista e l’occupazione tedesca dell’Ukraina, dei Balcani, dell’Europa dell’Est e dei Paesi Baltici, anche con l’aiuto considerevole di collaboratori nazisti locali. Dopo la sconfitta, la divisione e il disarmo della Germania, e in seguito all’espansione del potere sovietico, gli USA reinstallarono al loro posto gli industriali nazisti e le grandi banche, come pure gli ufficiali e gli operativi dell’intelligence e dei servizi segreti del passato regime nazista. In una prima fase del dopoguerra, tutte queste forze furono utilizzate per ricostruire l’economia nazionale e nel consolidare il potere politico in collaborazione con le forze di occupazione americane.
Alla fine degli anni ’60, la Germania riconquistò il primato economico in Europa e si pose in prima linea nel processo di integrazione Europea insieme alla Francia e all’Inghilterra. In breve tempo giunse a dominare lo stesso processo decisionale che portò alla formazione dell’Unione Europea (EU). La EU in definitiva è servita alla Germania come strumento nascosto di conquista. Anno dopo anno, attraverso gli “aiuti” e i prestiti agevolati, la EU ha facilitato la penetrazione capitalistica tedesca e la sua espansione finanziaria nei mercati dell’Europa meridionale e centrale. La Germania ha dettato l’agenda dell’Europa Occidentale, guadagnando supremazia economica e beneficiando della strategia di accerchiamento e sovversione dell’Europa dell’Est, della Russia e dei Paesi Baltici e Balcanici messa in atto dagli Stati Uniti.
Il Grande Salto in Avanti Tedesco: l’annessione della Germania Est e la dismissione dell’URSS
La velleità tedesca di un potere su scala mondiale non sarebbe stato possibile se la Germania Est non fosse stata annessa. Nonostante le dichiarazioni sulla “beneficenza” e gli aiuti all’est, il regime di Bonn si assicurò nel processo l’acquisizione di diverse migliaia di ingegneri molto preparati, di operai e tecnici specializzati, di fabbriche ancora attive, di azienda agricole produttive e – cosa più importante – si assicurò l’accesso diretto ai mercati dell’Est Europa e della Russia per prodotti industriali del valore di miliardi di dollari. La Germania fu trasformata così da un influente paese europeo emergente, nel più dinamico potere europeo in espansione, specialmente nei confronti dei paesi dell’Ex patto di Varsavia.
L’annessione della Germania Est e il rovesciamento dei regimi comunisti nell’Europa dell’Est consentì ai capitalisti tedeschi di dominare i mercati del blocco orientale. Come primo partner commerciale, la Germania assunse progressivamente il controllo delle maggiori imprese industriali est-europee attraverso privatizzazioni corrotte portate a termine dai nuovi regimi clientelari e neo-capitalistici. Nel momento in cui Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e i Paesi Baltici “privatizzavano” e “de-nazionalizzavano” i settori strategici dell’economia, commercio, media e servizi sociali, la “Germania Unita” era in condizione di occuparne i luoghi chiave. E quando la Russia cadde nelle mani dei gangster, degli oligarchi emergenti e dei sodali politici dei capitalisti occidentali, la sua intera infrastruttura industriale fu decimata e convertita in un gigantesco serbatoio per l’esportazione di materie prime. A questo punto la Germania convertì le sue relazioni con la Russia da un rapporto fra eguali a un modello di tipo “coloniale”: la Germania esportava prodotti industriali ad alto valore tecnologico e importava dalla Russia gas, petrolio e materie prime.
La potenza tedesca si è dunque ampliata esponenzialmente con l’annessione “dell’altra Germania”, la restaurazione del capitalismo nell’ Europa orientale e l’ascesa dei nuovi regimi clientelari liberisti entusiasti e disposti a sottomettersi a una Unione Europea dominata dalla Germania e da un comando militare NATO diretto dagli Stati Uniti.
L’espansione politico-economica tedesca via “rivolte popolari” fu presto accompagnata da un’offensiva militare statunitense innescata dai movimenti separatisti. La Germania intervenne in Jugoslavia, appoggiando i separatisti in Slovenia e Croazia. Sostenne poi il bombardamento USA-NATO della Serbia e ha sostenuto infine l’esercito di liberazione del Kosovo (KLA) – organizzazione paramilitare di estrema destra – impegnato in una guerra terroristica in Kosovo. Belgrado fu così sconfitta e il cambio di regime portò alla formazione di uno stato clientelare di tipo neo-liberale, gli Stati Uniti hanno costruito in Kosovo la più grande base militare in Europa, il Montenegro e la Macedonia sono diventati satelliti della EU. Mentre la NATO ampliava e rafforzata la presenza militare degli Stati Uniti fino ai confini della Russia, la Germania diventava la potenza economica predominante in Europa.
La Germania e il Nuovo ordine Mondiale
Mentre i presidenti Bush e Clinton annunciavano un “nuovo ordine mondiale” sulla base della loro unipolare supremazia militare, la Germania avanzava verso il suo nuovo ordine imperiale, esercitando le sue leve politiche ed economiche nel vecchio continente. Ciascuno dei due centri di potere, la Germania e gli Stati Uniti, condividevano la ricerca comune di una rapida integrazione dei nuovi regimi capitalistici nelle loro rispettive organizzazioni regionali – l’Unione Europea (UE) e la NATO – ed estendere in questo modo la loro portata globale. Date le origini reazionarie e la naturale vocazione al vassallaggio degli Stati Orientali, Baltici e Balcanici, e date anche le loro paure di una eventuale reazione popolare alla perdita di posti di lavoro, di garanzie sociali e dell’indipendenza tout-court, derivante dalla attuazione delle selvagge politiche d’assalto neoliberiste, i governanti dei nuovi regimi immediatamente si proposero per l’adesione come membri subordinati della UE e della NATO, smerciando la sovranità, i mercati e la titolarità nazionale dei mezzi di produzione in cambio di prebende economiche e del libero movimento della forza lavoro, una valvola di sfogo questa per i milioni di lavoratori neo disoccupati dei loro rispettivi Paesi. Il grande capitale tedesco e inglese ne ricavò nuova forza lavoro sotto forma di milioni di lavoratori immigrati qualificati e pagati al di sotto dei salari medi del mercato del lavoro europeo, e il libero accesso alle risorse e ai mercati di origine. Gli Stati Uniti assicurarono altre basi militari alla NATO e reclutarono forze militari per le guerre imperiali in Medio Oriente e nell’Asia meridionale. La dominazione economico-militare tedesco-americana in Europa era basata in definitiva sul ritenere la Russia un paese debole e quasi vassallo e sulla continua crescita economica della loro economie che aveva seguito il saccheggio iniziale delle economie ex comuniste. Per gli Stati Uniti, la incontrastata supremazia militare in tutta Europa è stata il trampolino di lancio per la quasi simultanea espansione imperiale in Medio Oriente, Asia meridionale, Africa e America Latina. La NATO è stata ‘internazionalizzata’ in un’alleanza militare globale di carattere offensivo: prima in Somalia e Afghanistan, poi in Iraq, Libia, Siria e Ukraina.
L’Ascesa della Russia, La Resistenza islamica e la Nuova Guerra Fredda
Durante la ‘decade dell’infamia’ (1991-2000 ) le estreme misure di privatizzazione da parte dei governanti russi per conto degli investitori europei e statunitensi e dei gangster oligarchi russi, si sommarono al vasto saccheggio di tutta l’economia, del tesoro pubblico e del patrimonio nazionale russo. L’immagine e la realtà di un gigante stato vassallo prostrato, incapace di portare avanti una politica estera indipendente, incapace di fornire la parvenza minima di una moderna economia funzionante e di mantenere lo stato di diritto, era diventato il panorama entro il quale la EU e gli USA definivano la Russia. La Russia post-comunista, uno stato fallito sotto ogni aspetto, fu denominata una “democrazia liberale” da ogni politico capitalista occidentale e così era ripetuto da tutti i loro accoliti e dai mezzi di comunicazione di massa. L’ascesa al potere di Vladimir Putin e la graduale sostituzione di alcune delle più eclatanti figure di funzionari-liquidatori neo-liberali e, più importante ancora, la ricostruzione dello Stato russo con un adeguato budget e il ritrovato funzionamento delle istituzioni nazionali, è stato immediatamente percepito come una minaccia alla supremazia militare degli Stati Uniti e all’espansione economica tedesca. La transizione della Russia da una condizione di vassallaggio occidentale verso la riconquista del suo status di nazione indipendente e sovrana ha messo in moto un’aggressiva controffensiva da parte USA-EU. Questi hanno allora incominciato col finanziare un’opposizione politica sostenuta da una oligarchia neo-liberale nel tentativo di ripristinare il vassallaggio della Russia attraverso manifestazioni di piazza e scadenze elettorali. I loro sforzi per cacciare Putin e ristabilire uno stato vassallo dell’occidentale sono però stati vani. Ciò che aveva funzionato nel 19991 con la presa del potere di Eltsin contro Gorbaciov, era ora inefficace contro Putin. La stragrande maggioranza dei russi non ha voluto un ritorno al decennio dell’Infamia.
All’inizio del nuovo secolo, Putin e la sua squadra stabilirono nuove regole di base, secondo le quali gli oligarchi avrebbero potuto mantenere la loro ricchezza illecita e i loro conglomerati industriali, a condizione che non avrebbero utilizzato le loro leve economiche per impadronirsi del potere. In secondo luogo, Putin fece rivivere e restaurò le istituzioni scientifiche, tecniche, militari, industriali e culturali, e riportò il centro decisionale del commercio e degli investimenti all’interno di una vasta cerchia di manager pubblici e privati non legati ai politici occidentali. In terzo luogo iniziò a rivalutare e riformare le agenzie della sicurezza nazionale con particolare attenzione a quanto riguardasse le minacce provenienti da movimenti separatisti sponsorizzati dall’Occidente nel Caucaso, in particolare in Cecenia, e dall’inizio delle ‘rivoluzioni colorate’ sostenute dagli USA in Ucraina e in Georgia. In una prima fase, Putin aveva ottimisticamente ipotizzato che, essendo la Russia uno Stato capitalista, e senza alcuna ideologia antagonista nei confronti dell’Occidente, la normalizzazione e la stabilizzazione dello stato russo sarebbe stato accolto con favore dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Aveva anche previsto che questi avrebbero accettato la Russia come partner economico, politico, e perfino come possibile membro della NATO. Putin aveva anche fatto le prime aperture volte a avvicinarsi a cooperare con la NATO e l’UE. L’Occidente non ha cercato di dissuadere Putin delle sue illusioni. In realtà lo hanno incoraggiato anche quando intensificavano il loro sostegno all’opposizione politica interna e preparavano una serie di guerre imperiali in Medio Oriente destinate a colpire gli storici alleati russi in Iraq, Siria e Libia. Nel momento in cui la strategia eversiva ‘interna’ non riusciva però a rimuovere il Presidente Putin e lo Stato russo finiva col prevalere sui neo-vassalli, la demonizzazione di Putin è diventata una costante e stridula tiritera. L’Occidente passò quindi con decisione ad una strategia “non convenzionale” finalizzata ad isolare, circondare e indebolire lo Stato russo, minando alla base i suoi alleati e i suoi partner commerciali.
USA e Germania affrontano la Russia: la fabbricazione della “minaccia russa”
La Russia fu invitata a sostenere le guerre degli Stati Uniti e della NATO in Iraq, Afghanistan e Libia in cambio della promessa di una più profonda integrazione nei mercati occidentali. Gli Stati Uniti e l’UE accettarono la cooperazione russa, che includeva l’accesso a rotte di approvvigionamento e l’uso di basi militari per la loro invasione e per l’occupazione dell’Afghanistan. Le potenze della NATO si assicurarono anche il sostegno russo sulle sanzioni contro l’Iran. Le stesse potenze anno sfruttato infine l’ingenuo sostegno della Russia nella “no-fly zone” sulla Libia al fine di lanciare una guerra aerea totale in quel paese. Gli Stati Uniti hanno poi palesemente finanziato le cosiddette “rivoluzioni colorate” in Georgia e in Ucraina, prova generale – quest’ultima – per il colpo di stato del 2014. Ogni presa violenta del potere ha permesso alla NATO di imporre governanti anti-russi desiderosi e disponibili di servire come vassalli la Germania e gli Stati Uniti.
La Germania da parte sua ha guidato l’avanzata imperiale europea nei Balcani e in Moldavia, paesi con forti legami economici con la Russia. Alti funzionari tedeschi “hanno visitato” i Balcani per rafforzare i loro legami con i regimi vassalli in Slovenia, Bulgaria, Slovacchia e Croazia. Sotto la direzione tedesca, l’Unione Europea ha ordinato al regime bulgaro di Boyko “booby” Borisov di bloccare il passaggio del gasdotto di proprietà russa South Stream in Serbia, Ungheria, Slovenia e oltre. La Bulgaria ha perso in questo modo 400 milioni di dollari di entrate annue. La Germania e gli Stati Uniti hanno messo a libro paga i politici filo NATO e UE in Moldavia – assicurandosi l’elezione di Iurie Leanca alla carica di primo ministro. Il risultato della pedissequa inclinazione al vassallaggio di Leanca, ha portato la Moldavia a perdere 150 milioni di dollari di esportazioni verso la Russia. Le politiche pro UE di Leanca vanno in netto contrasto con il punto di vista della maggior parte dei moldavi, il 57% dei quali vede la Russia come il partner economico più importante del paese. Quasi il 40% della popolazione moldava in età lavorativa è impiegata in Russia e il 25% degli otto miliardi di dollari del PIL moldavo è dovuto alle rimesse dall’estero.
I costruttori dell’Impero tedesco- statunitense hanno annichilito le voci di dissenso levatesi in Ungheria, Serbia e Slovenia, nonché in Moldova e Bulgaria, le cui popolazioni soffrono a causa del blocco del gasdotto e del flusso del petrolio russo. Ma la guerra economica della Germania contro la Russia ha la precedenza rispetto agli interessi degli stati vassalli: spetta a loro sacrificarsi per il ‘Bene Maggiore’ del nascente impero economico tedesco e dell’accerchiamento militare della Russia ad opera di USA e NATO. I crudeli diktat della Germania – articolati attraverso l’Unione Europea – e la volontà dei regimi balcanici e baltici di sacrificare i propri interessi economici fondamentali, sono i migliori indicatori del nascente impero tedesco in Europa.
Parallelamente alla rabbiosa campagna economica anti-russa della Germania, gli Stati Uniti tramite la NATO sono impegnati in una vasta operazione di concentrazione militare lungo tutta la frontiera russa. Il fantoccio degli Stati Uniti, il capo della NATO Jens Stoltenberg, si vanta del fatto che nell’anno in corso la NATO ha aumentato di cinque volte il numero degli aerei da guerra e dei bombardieri che pattugliano le frontiere marittime e terrestri russe, e che questi effettuano esercitazioni militari ogni due giorni e che – come se non bastasse – è notevolmente aumentato il numero di navi da guerra della Nato nel Mar Baltico e nel Mar Nero.
Conclusioni
Quello che è assolutamente chiaro è che gli USA e la Germania vogliono fare ritornare la Russia allo stato di vassallaggio degli anni ’90. Dal momento in cui Putin si è mosso per restaurare lo stato russo e la sua economia, i poteri occidentali si sono gettati in una serie di interventi politici e militari, eliminando ad uno ad uno gli alleati russi, i partner commerciali e gli stati indipendenti vicini alle frontiere russe. L’emergere dei regimi estremisti e visceralmente anti-russi in Polonia, Lettonia, Estonia e Lituania è servito da scudo per l’avanzamento della Nato e per l’occupazione economica tedesca. Il sogno di Hitler di conquistare l’Est europeo attraverso l’invasione militare ha ora preso la forma, sotto il Primo Ministro Merkel, di una conquista nascosta nell’Europa centrale e settentrionale, del ricatto economico nei Balcani e dei colpi di stato violenti in Ukraina e Georgia. La classe dirigente tedesca è divisa fra un settore dominante pro-USA che è propensa a sacrificare il pur profittevole commercio con la Russia di oggi nella speranza di dominare e saccheggiare l’intera economia di una Russia post-Putin (controllata dai rinati cloni di Yeltsin), e un settore minoritario dell’industria che vuole la fine delle sanzioni e il ritorno ad una normale relazione fra eguali con la Russia. La Germania teme che i suoi governanti fantocci –specie nei Balcani – diventino vulnerabili a causa degli sconvolgimenti sociali dovuti ai sacrifici economici imposti alla popolazione. E’ per questo che la Germania è completamente a favore della nuova forza di dispiegamento rapido della Nato apparentemente progettata per contrastare l’inesistente “minaccia russa”, ma utile in realtà per sostenere i vacillanti regimi vassalli.
La ‘Minaccia Russa’, l’ideologia che sta guidando l’offensiva tedesca e nordamericana in tutta l’Europa e nel Caucaso, è una replica della stessa dottrina che Hitler aveva usato per ottenere a suo tempo il sostegno dei banchieri e degli industriali nazionali e dei conservatori e collaboratori stranieri delle destre radicali estreme in Ucraina, Ungheria, Romania e Bulgaria. La presa del potere USA-EU attraverso politici vassalli sostenuti da oligarchi corrotti e combattenti di strada nazisti in Ucraina ha fatto esplodere la crisi attuale. La presa del potere in Ucraina rappresenta una minaccia per la sicurezza e per l’esistenza stessa della Russia come stato indipendente. Dopo la presa del potere, la NATO ha spinto il suo regime fantoccio di Kiev in una guerra civile al fine di eliminare militarmente le regioni autonome del sud-est e occupare la Crimea, eliminando così totalmente la posizione strategica della Russia nel Mar Nero. La Russia, vittima della presa del potere della NATO, è stata etichettata come “l’aggressore”. L’intero apparato ufficiale e i mezzi di comunicazione di massa ha ripetuto all’infinito la Grande Bugia. Due decenni di progressi militari USA-NATO ai confini della Russia e l’espansione economica tedesco-EU nei mercati russi sono stati vanificati. L’Ucraina è la più importante piattaforma strategica militare da cui gli Stati Uniti e la NATO possono lanciare un attacco al cuore della Russia e il singolo più grande mercato per la Germania dai tempi dell’annessione della Germania Est. Gli Stati Uniti e la Germania vedono la conquista dell’Ucraina di estremo valore in sé, ma anche come la chiave per lanciare un’offensiva a tutto campo per strangolare l’economia russa attraverso le sanzioni e la caduta del prezzo del petrolio oltre che minacciare militarmente la Russia. L’obiettivo strategico è quello di ridurre la popolazione russa alla povertà, riattivare la quasi moribonda opposizione per rovesciare il governo di Putin e riportare la Russia ad una condizione di vassallaggio permanente. Ma le elite imperiali tedesco-statunitensi guardando anche oltre la Russia, ritengono che se controlleranno la Russia, potranno circondare, isolare e attaccare la Cina da Ovest oltre che da East. Non sono questi politici fanatici dagli occhi selvaggi. Ma in quanto sostenitori rabbiosi di una guerra permanente che ha lo scopo di eliminare la presenza della Russia in Europa e di minare l’emergere della Cina come potenza mondiale, essi sono disposti ad arrivare sull’orlo di una guerra nucleare. Il fulcro ideologico dell’espansione imperiale US-Germania e della conquista in Europa e nel Caucaso è la “Minaccia Russa”. Essa è la pietra di paragone che definisce oggi amici e nemici. I paesi che non rispettano il diktat delle sanzioni diventano a loro volta possibili bersagli. I mass media dal canto loro ripetono la menzogna. La “Minaccia Russa” è diventato il grido di guerra di petulanti vassalli – la giustificazione fasulla per imporre sacrifici terribili nel servire i loro “padroni” di Berlino e Washington – temendo la ribellione della popolazione ormai allo stremo. Non c’è dubbio che, sotto assedio, la Russia sarà costretta a fare sacrifici. Gli oligarchi fuggiranno in occidente, i liberali dovranno strisciare a nascondersi sotto il letto. Ma proprio come i sovietici cambiarono le sorti della guerra a Stalingrado, il popolo russo, passati i primi due anni di assedio, riuscirà a sopravvivere e diventerà ancora una volta un faro di speranza per tutti i popoli che cercano di liberarsi della tirannia del militarismo USA-NATO e della dittatura economica tedesco-europea.
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Traduzione a cura di Pi per Vineyardsaker.it
Articolo di James Petras del 07 Dicembre 2014
L'episodio è sicuramente grave. Ma è anche una lezione da imparare. Ci aiuta a capire che razza di Europa è quella che ci troviamo davanti ora. E che battaglia dovremo fare per cambiarla, per rovesciarla come un calzino. Se non vogliamo che questa gente rovesci noi.
AUDIO: https://www.youtube.com/watch?v=hpAjblGDp5k
Giulietto di nuovo libero, ma il Cuore Nero dell'Occidente non vuole spiegare l'arresto in Estonia. Un'Europa da rovesciare usando di nuovo i diritti
«Mi rendevo conto, nonostante fossi lontano, che si stava preparando un focolaio, che avrebbe presto potuto trasformarsi in un incendio. E avvertivo anche che l'informazione che arrivava da Tallinn era - per usare un eufemismo - incompleta, inadeguata, e che, per capirci qualche cosa, si doveva integrarla con le notizie che venivano da Mosca. L'esperienza mi diceva che le crisi non nascono per caso. Anche se appaiono all'improvviso, hanno sempre una gestazione lunga ed è quella che bisogna scandagliare. Sono come corsi d'acqua, che escono dagli argini all'ultimo momento. Ma è evidente che la questione non è soltanto se gli argini siano sufficientemente alti; bisogna capire perché tanta acqua sia scesa dai monti».
Prima che sia troppo tardi.
La redazione di Marx21.it
EUROFASCISMO: LA CONVERGENZA TRA NAZISMO STORICO, RUOLO ATTUALE DELLA GERMANIA, E AGGRESSIVO IMPERIALISMO DELL'UNIONE EUROPEA
di Rolando Dubini
“Nonostante la sua cronica debolezza a livello di movimenti parlamentari ed extra parlamentari, la vitalità del fascismo come forza ideologica e come fomentatore di odio razziale non mostra segni di declino”“Griffin, A fascist century” pag 175.
"L'esistenza oggi giorno, di una vasta area di consenso accademico, un'area con confini dichiaratamente molto confusi, ci porta a dire che il miglior approccio al Fascismo consiste nel considerarlo una forma di Nazionalismo antiliberale e, in ultima analisi anticonservatore, genuinamente rivoluzionario e interclassista. Come tale è un'ideologia profondamente legata alla modernizzazione e alla modernità, che ha assunto una considerevole varietà di forme esterne per adattarsi al particolare contesto storico e nazionale in cui è apparsa e che per articolare il suo corpo di idee, i suoi slogan e la sua dottrina ha attinto da una vasta gamma di correnti politiche e intellettuali, di destra e di sinistra, antimoderne e promoderne. Nel periodo fra le due guerre esso si è manifestato soprattutto nella forma di un “partito armato” guidato da un elitè che cercava, per lo più senza riuscirvi, di creare un movimento populista di massa attraverso uno stile politico liturgico e un programma di politiche radicali che prometteva di superare la minaccia del socialismo internazionale, di porre fine alla degenerazione che affliggeva la nazione a causa del liberalismo e di determinare un rinnovamento radicale della sua vita sociale, politica e culturale come parte di quella che molti immaginavano fosse, per la civiltà occidentale, l'inizio di una nuova era. Il principale mito mobilitante del Fascismo, destinato a condizionare la sua ideologia, la sua propaganda, il suo stile politico e le sue azioni, è la visione dell'imminente rinascita della nazione dalla decadenza.”Roger Griffin “Il nucleo palingenetico dell'ideologia del"Fascismo generico"“ in A. Campi “che cosa è il Fascismo?”(Ideazione, Roma,2003, pag. 97 e segg.)
Nella prefazione a “A fascist Century” un altro noto storico dei fascismi Stanley G.Payne così esplica la posizione del Griffin (XVIII): “Fin da quando emerse nell' onda della prima guerra mondiale, il fascismo può venire con profitto, concettualizzato come una forma specificatamente moderna di “millenarismo”secolare, edificato culturalmente e politicamente,non religiosamente,come un movimento rivoluzionario centrato sulla “rinascita” di un determinato popolo (sia che esso venga percepito sul piano nazionale,etnico culturale o religioso) tramite il riordino totale di tutte le energie collettive ritenute “pure” verso la meta di una utopia di cui la realizzazione è possibile;un nucleo ideologico implacabilmente ostile al sistema rappresentativo democratico e al materialismo socialista, all’egualitarismo e all’individualismo oltre e qualsiasi specifico nemico visto come estraneo o in opposizione a tale programma».
L'euro fascista P.Drieu La Rochelle così scrisse, anticipando quel che sta diventando l'Unione Europea a livello ideologico, guidata dal Quarto Reich tedesco e alimentata dai nazismi dei micro stati baltici, dell'Ucraina sotto la dittatura euronazista, la Polonia, ma anche gli altri stati dell'Unione, in misura diversa complici del cementarsi dell'europascismo oggi: “Sono diventato fascista perché ho misurato i progressi della decadenza in Europa, ho visto nel fascismo il solo strumento capace di frenare e di contenere questa decadenza”(“Bilancio”in N.R.F. genn.1943, citato in “Idee per una Rivoluzione degli Europei”Volpe, Roma, 1969, pag.67.
L'Eurofascista Adriano Romualdi così invece si esprimeva “Il fascismo nel suo significato europeo fu. la coscienza profonda della decadenza cui andava incontro l’Europa e la volontà di porvi rimedio con mezzi totali e violenti”(“Julius Evola,l’uomo e l’opera”Volpe,Roma,1968,pag.26
L'Eurofascismo è oggi sia il movimento obiettivo dell'Unione Europea nella sua politica internazionale imperialista di concerto con gli Usa, e liberticida all'interno degli stati membri, sia la consapevelozze che hanno gli odierni eredi del fascismo storico di questa evoluzione che si sposa con i loro ideali reazionari, razzisti, e fondamentalmente criminali: “L’Eurofascismo è una dottrina moderna, nata nel XX Secolo che si oppone a ideologie legate a fasi storiche ben circoscritte e superate: Il marxismo è ottocentesco, la liberaldemocrazia americana addirittura settecentesca. Mentre il fascismo è per contro una dottrina che per un verso rivendica le radici del passato europeo, anche le più antiche, per un altro cerca soluzioni nuove e più moderne per proiettare la civiltà europea nel futuro: il fascismo è insieme tradizionalista e futurista e la liberaldemocrazia ingessata sulle elaborazioni scaturite dalle rivoluzioni massoniche americana e francese, non può tollerarlo.”Marzio Gozzoli “I legionari della Fortezza Europa” (Ass. Arcangelo Michele, Borghetto Lodigiano, 2010).
Questo europeismo fascista emerge in modo chiaro anche dalle analisi di Erik Norling “Eurofascismo” (Nueva Republica, Spagna.2006) dove a pag.135 leggiamo”Sebbene nel periodo tra le due guerre, le forme dominanti del Fascismo e del Nazismo, entrambe forme di un nazionalismo mirante alla rinascita di una nazione, perseguirono interessi nazionali a scapito di quelli internazionali, nulla nell’ideologia fascista, vietava, come principio, la possibilità di alleanze con altre nazioni con analoghe aspirazioni palingenetiche. In effetti,…, alcun filoni del fascismo tra le due guerre erano attivamente interessati a sormontare la decadenza causata dallo status quo nel suo insieme, non solo in una singola nazione, ma attraverso un processo di rinascita in termini pan europei o anche occidentali. In effetti, dal 1945, questo fascismo ecumenico, o”Eurofascismo” lungi dal rimanere marginalizzato, è confluito nel nucleo centrale del pensiero della destra estrema”.
La tendenza europeista del fascismo è dentro anche il disegno razzista: “ il fascismo … sembrava salvaguardare la sua precedente impostazione nazionalistica, ma la collegava comunque a una strategia politica che si decantava in una prospettiva internazionale e di ben più ampio respiro, in cui la politica era declinata in termini di razza: una volta salvata la nazione dalla decadenza, compito ulteriore del fascismo diveniva quello di fare in modo che la nazione rinnovata agisse da punto di partenza per un rinnovamento appunto razziale del continente europeo .” [“Fascismo e antisemitismo-progetto razziale e ideologia totalitaria” (Laterza, Bari, 2009, pag67) ].
A pag.140 il Griffin scrive, riferendosi ad un altro importante storico. “Anche James Gregor ) sottolinea l’importanza della dimensione internazionale della “Terza Roma”mussoliniana nel suo “The Ideology of Fascism” ricordando che già nel 1935 dei teorici del Fascismo vagheggiavano una “federazione pan europea di nazioni fasciste” che avrebbe dovuto funzionare --tramite un “direttorio poliarchico; e che nel 1942 l’idea di un “consorzio” europeo di nazioni fasciste unite in un “Regime europeo di unione federale”era diventato un luogo comune della Letteratura politica fascista.”
Sul piano delle “internazionali nere”,per quanto riguarda là Germania nazista si può citare dallo studio di Erik Norling “Eurofascismo” (pag.45):”Uno dei primi tentativi tedeschi di propaganda europeista prima dello scoppio della guerra,fu attuato dal Ministero della Propaganda, che finanziò la organizzazione di ……. Hans Keller,la Internationale Arbeitsgemeinschaft der Nationalisten o Comunirà di Lavoro Internazionale dei Nazionalisti..”.
D’altra parte “… soprattutto i movimenti fascisti stessi avevano una sensibilità fortissima per i vicendevoli legami di parentela, ed erano inseriti in un molteplice rapporto di mutua assistenza, di reciproca influenza e di dipendenza.” (Ernst Nolte “I tre volti del Fascismo”Sugar, Milano, 1966, pag.28).
Dunque l'eurofascismo ha solide basi ideologiche: “…l’universalismo fascista non fu mera propaganda, né un semplice episodio, dal momento che unì i singoli movimenti e regimi fascisti europei soprattutto nel rifiuto comune del liberalismo, della democrazia e del comunismo. Nonostante i contrasti che derivavano soprattutto dal nazionalismo radicale e dalle diverse radici autoctone dei singoli movimenti fascisti, la pretesa di creare in Europa una nuova civiltà influenzò la percezione di sé e lo stile politico del fascismo” A.Bauerkamper “Il Fascismo in Europa 1918-1945”Ombre Corte, Verona, 2009 pag.125.
99, pag.80 .)
Lo stesso Eatwell in “Fascism a History” (Pimplico, London, 2003) pag188 ha scritto“Vi era sempre stato nel Nazismo un filone che era europeo più che nazionale, sebbene in un certo senso, tale antitesi sia falsa dato che molti nazisti vedevano la Germania come il leader naturale dell’Europa. Ma vi era anche un aspetto più genuino dell’europeismo nazista…” Pag. 193 Hitler “….mirava a un nuovo ordine europeo più che alla rinascita della Germania- Una Europa Ariana che sarebbe stata in grado di superare i mali gemelli del comunismo sovietico e del capitalismo americano”.
nel suo”secondo libro”(riproposto come “Politica Nazional socialista” Ed.Thule Italia, Avellino 2010) “il futuro Fuhrer sottolineava la necessità per l’Europa di diventare un baluardo contro la penetrazione degli Stati Uniti, già visti da lui nel duplice aspetto di super-potenza e di cittadella della decadenza ebraica, in questo, in ultima analisi, Hitler si dimostrava un europeista…”.Vari ideologi del nazional socialismo ritenevano che il loro movimento possedesse la chiave per superare una crisi che riguardava non solo la Germania, ma tutta l’Europa. Nell’inverno 1925-1926 Gregor Strasser, Joseph Goebbels e altri esponenti elaborarono una bozza di programma (peraltro respinta da Hitler alla conferenza di Bamberga del 1926) che, nel campo della politica estera, auspicava “gli Stati Uniti di Europa come lega delle nazioni europee con uno stesso sistema di misura e di moneta”.D’altra parte in quel periodo Gregor Strasser indicava la minaccia che incombeva sull’Europa da parte del mondo negro africano e della Cina. Lo stesso Rosenberg indicava al Nazional Socialismo la missione di salvare l’Europa “da se tessa”. Alcuni storici non mancano di riconoscere (pag.153) che “molti dei più alti gerarchi del Nazionalsocialismo credevano sinceramente che la rigenerazione della Germania fosse indissolubilmente legata a quella dell’intera Europa. Essi si vedevano come” i portatori dell’ordine e dell’armonia in un continente sprofondato nel caos e nella decadenza e come gli instauratori di un ordine post-liberale”. Che tutto ciò non fossero solo parola lo dimostra la trasformazione della Waffen SS in un vero esercito europeo.
Scrive H.W Neulen “L’Eurofascismo e la Seconda Guerra Mondiale “(Volpe ed. Roma, .1982) a pag.7 si può leggere;“Dal 1940 in poi il piccolo nazionalismo statale della maggior parte dei fascismi si trasformò progressivamente in un nazionalismo pluralista dai grandi spazi e pertanto, soprattutto a partire dal 1943, il nazionalfascismo si convertì in Eurofascismo “
parlando della “dottrina dei grandi spazi” elaborata nella Germania nazional socialista scrive Mario G.Losano in “La geopolitica del Novecento”(B.Mondadori, Milano, 2011, pag.63 che essa può venire interpretata anche “come teoria continentale in vista di una possibile unificazione europea, quasi antesignana dell’Unione Europa, ma sottoposta all’egemonia della Germania.” Si parlò anche, allora, di una “dottrina Monroe”per l’Europa.
“Riorganizzata su base razziale e dominata dalla Germania, l’Europa sarebbe diventata lo strumento della volontà nazionalsocialista di dominare il mondo. Tutte le scelte d’ordine tattico e persino le soluzioni di carattere provvisorio, come il mantenimento delle nazionalità europee, la divisione dell’URSS in territori coloniali da adibire a questo e quello scopo e la delimitazione delle rispettive sfere d’influenza dell’Italia e della Germania, restarono subordinate al concetto fondamentale di un’Europa, nuova potenza mondiale di fronte alla quale agli Stati Uniti non sarebbe rimasto altro da fare che dichiararsi vinti” AA VV “Dizionario dei Fascismi” (Bompiani, Milano, 2002, pag. 460.)
Comunque “Occorrerà dirlo: sotto la svastica, nella fornace della guerra, aveva cominciato a nascere un’Europa diversa. Quisling, il capo del governo fascista di Norvegia, la prefigurò in un discorso del 1942 “L’Europa, stretta fra i due colossi che le sono cresciuti accanto, si troverà in pericolo se non sarà unita in una stabile federazione di libere nazioni.”Un’Europa “di libere nazioni”, però “unita”. Ovviamente, Quisling è divento sinonimo della vergogna collaborazionista” Maurizio Blondet”Complotti II”(Il Minotauro, Milano, 1996, pag. 44.), e però il collegamento del vergognoso collaborazionista dei nazisti Quisling e l'attiale Europa di Angela Merkel è assai più forte di quel che si può pensare.
alle ore 20.00 presso la Sede ANPI, via Valentinis, 84
Appuntamenti di INformazione Storica: Fascismo di confine, foibe, esodo e controesodo
Intervengono:
• Piero Purini autore di 'Metamorfosi etniche'
• Claudia Cernigoi autrice di 'Operazione Foibe tra storia e mito'
• Sandi Volk autore di 'Esuli a Trieste'
• Marco Puppini curatore di 'Il mosaico giuliano' che contiene un suo intervento sul “controesodo” monfalconese in Jugoslavia tra Trattato di Pace e Risoluzione del Cominform'
Organizza l'ANPI Provinciale di Gorizia
evento FB: https://www.facebook.com/events/916793598371896/
CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA
CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA
La resistenza nel Donbass non è una storia solo ucraina
Le elezioni tenutesi in Ucraina il 26 ottobre e quelle del 2 novembre nel Donbass.hanno di fatto sancito una situazione di guerra civile. Nel Donbass le elezioni, svolte letteralmente sotto le cannonate dell'esercito ucraino, hanno visto un'affluenza di oltre il 60% della popolazione e proclamato vincitori Alexandr Zakharcenko e Igor Plotnitskij, leader delle repubbliche di Donetsk e Lugansk, a capo di coalizioni eterogenee, ma che vedono la presenza di ampi settori di sinistra (in cui la rivendicazione nazionale si associa ad una prospettiva di governo popolare) e la marginalizzazione dei movimenti panslavisti, non estranei a influenze di destra. Per quanto riguarda l'Ucraina occidentale le elezioni (che hanno registrato un'affluenza del 52.42%, molto disomogenea nelle zone del paese in cui vivono popolazioni di origine non “ucraina”) hanno premiato il presidente Poroshenko, incline ad un rapporto privilegiato con l'Unione europea e in particolare con Berlino, e il premier Yatseniuk, più in linea con Washinghton e ferocemente antirusso.
È, però, la composizione del governo varato lo scorso 2 dicembre a restituirci l'immagine più nitida del genere di democrazia a cui ha condotto la presunta “rivolta antioligarchica” di Euromaidan e delle potenze occidentali che l'hanno sostenuta. Tre ministeri chiave (Finanze, Economia e Sanità) sono stati attribuiti a esponenti stranieri, rispettivamente la statunitense Natalia Jaresko (di origine ucraine, amministratore delegato di un fondo di investimenti del gruppo Horizon Capital), il banchiere lituano Aivaras Abromavicius (in passato membro del Dipartimento di Stato americano e partner della società di investimenti East Capital), il georgiano Alexander Kvitashvili (ex ministro della Salute e del Lavoro nel governo di Tbilisi ai tempi del presidente Mikhail Saakhasvili, oggi sotto processo in patria e rifugiato negli Usa). A questi tre personaggi (a cui Poroshenko ha concesso immediatamente la cittadinanza ucraina, così come ha promesso di fare anche per gli stranieri che combattono nel sud-est al fianco delle truppe di Kiev), vanno aggiunti altri funzionari qualificati (circa 25), tutti individuati da due società di selezione del personale straniere, la Pedersen & Partners e la Korn Ferry, con il sostegno e la supervisione della Fondazione “Renaissance”, “network globale di consulenza politica” al servizio del miliardario statunitense di origini ungheresi George Soros. Un governo fantoccio nelle mani degli Usa e del grande capitale finanziario, dunque, ma con la particolarità di essere sostenuto, oltre che dal il “Blocco” di Poroshenko e dal “Fronte Popolare” di Yatseniuk, da una coalizione nazionalista che comprende il partito “Samopomich” di Andrei Sadovy, il “Partito radicale” di Oleg Lyashko e “Patria” di Yulia Tymoshenko. Tutto questo mentre il governo di Kiev non cessa di appoggiarsi, nella repressione della resistenza nel Donbass e delle forze di sinistra in Ucraina, a gruppi apertamente neonazisti (di cui alcuni rappresentanti - come Dmitro Yarosh e Borislav Bereza di Pravyi Sektor o Andriy Biletsky comandante del battaglione Azov- sono riusciti, nonostante lo scarso risultato nelle elezioni, ad entrare in parlamento). Un'ulteriore riprova, qualora ce ne fosse bisogno, del carattere subalterno dell'attuale nazionalismo di destra nei confronti di alta finanza, neoliberalismo ed egemonia Usa.
Elementi contraddittori e potenzialmente esplosivi, dunque, caratterizzano – come sempre avviene in una profonda frattura nazionale collocata all'interno di uno scontro geopolitico più vasto – sia i risultati emersi nel Donbass sia quelli in Ucraina. È però impossibile non cogliere la differenza di prospettiva, politica e sociale, da essi rappresentata per l'Ucraina e per l'intera Europa. Questa differenza è, del resto, pienamente compresa dalle grandi potenze imperialiste. Non solo Usa, Unione europea e naturalmente il servile governo italiano (nella persona del neo ministro degli Esteri, Filippo Gentiloni) non hanno esitato a gettare fango sulla legittimità del voto nel Donbass (mentre la Russia ha riconosciuto entrambi i risultati elettorali), ma una recente risoluzione all'Onu di condanna del nazifascismo e di “ogni forma di negazione dei crimini nazisti” (presentata, in modo strumentale fin che si vuole, dalla Russia) ha visto il voto contrario di Usa (e dei rappresentanti ucraini) e l'incredibile astensione dell'Unione europea. Si tratta di una svolta ideologica di primaria importanza rispetto non solo al quadro politico e culturale del dopoguerra, ma anche rispetto alla retorica delle guerre “democratiche” e “umanitarie” degli ultimi decenni (quando i nemici dell'Occidente – da Saddam, a Milosevic, a Ahmadinejad, a Gheddafi, persino a Chavez - venivano prontamente associati a Hitler e al “male assoluto” del nazismo).
Questo slittamento nella propaganda imperialista si inserisce in un quadro geopolitico in fase di rapida trasformazione e che vede l'allargamento a est della NATO, la destabilizzazione della fascia mediterranea e del medioriente (tribalizzazione del territorio libico, attacco israeliano a Gaza, l'espandersi dell'ISIS, ecc.), la creazione di trattati internazionali di commercio (TTIP, TISA, TPP, ecc.) volti all'esclusione dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) come “player” internazionali. La situazione in ucraina è parte importante ed estremamente delicata delle alleanze e degli scontri che si stanno delineando, come dimostrato anche dalle sanzioni economiche contro la Russia agite congiuntamente da USA e Ue, ma fortemente volute dal governo degli Stati Uniti (come recentemente ammesso dal vicepresidente americano Joe Biden).
Sono però proprio i paesi dell'Unione Europea a subire pesanti ripercussioni a causa del restringimento dello scambio commerciale con la Russia. In Francia è già esplosa la rabbia degli agricoltori, che a Morlaix in Bretagna hanno addirittura dato fuoco all'agenzia delle entrate, per contestare l'impossibilità di esportare i loro prodotti in Russia. In Germania la diminuzione del volume delle esportazioni verso Mosca ha raggiunto il 26,3% rispetto all’anno precedente (-2,3 miliardi di euro in numeri assoluti), toccando settori cruciali come macchinari industriali, auto e componentistica, prodotti chimici. Per quanto riguarda l'Italia il settore maggiormente penalizzato è quello agroalimentare, con perdite di quasi 200 milioni di euro, mentre si prevede una riduzione compresa tra 0,9 e 2, 4 miliardi di euro per l'insieme delle esportazioni italiane nell'anno 2014-2015. Nuovi sacrifici per i popoli europei vanno così ad aggiungersi a quelli già imposti dalle politiche di austerità e di precarizzazione del lavoro, mentre l'Unione europea, insieme al Fondo monetario internazionale, ha siglato accordi per fornire copertura finanziaria (3 miliardi) al governo di Kiev per permettergli di usufruire comunque del gas russo.
In questo contesto l'alleanza realizzatasi a Kiev tra violenza nazifascista e commissariamento diretto di un'intera nazione da parte del grande capitale finanziario e del binomio Usa-Ue disegna un modello che oltrepassa i confini dell'Ucraina e che dovrebbe parlare a tutti i popoli, in primo luogo a quelli europei. Così la resistenza del Donbass, per quanto non immune da contraddizioni, assume un significato nettamente più ampio rispetto agli obiettivi delle singole forze in essa coinvolte e al vantaggio che potrebbero trarne attori esterni, Russia compresa: il significato di un ostacolo al realizzarsi dei progetti imperialisti e, forse, il germe di una possibile alternativa ad essi.
È dunque il momento di prendere posizione:
CON LE FORZE ANTIFASCISTE E ANTIMPERIALISTE DEL DONBASS!
FUORI L'ITALIA DALLA NATO! FUORI LA NATO DALL'EUROPA!
Momir Bulatović explains how Federal Reserves are destroying USA and how that will start world war 3.
ЕКСКЛУЗИВНО - МОМИР БУЛАТОВИЋ: Необјављени Светски рат и ружно лице Америке (1) | СРБИН.ИНФО
SRBIN.INFO
„Ја сам најнесретнији човјек. Ја сам нехотично уништио моју земљу. Некад велика индустријска земља је сада контролисана кредитима.
Раст нације као и свих наших активности је у рукама пар људи. Ми смо постали једна од најгорих и најконтролисанијих влада у свијету.
Ми више нисмо влада слободног мишљења, увјерења и гласова већине, већ влада мишљења и присиле мале групе доминантних људи“.
Вудро Вилсон
предсједник САД 1913-1921.
(поводом стварања Федералних резерви, као конзорцијума приватних банака које контролишу издавање новца у САД).
Сажетак или резиме рада
Данас, на стогодишњицу Првог/Великог рата, свијет се налази усред новог планетарног сукоба. У овој фази, ради се о финансијском, као виду економског рата који може (али и не мора) да претходи стварном оружаном сукобу. Истина, овај рат још увијек није објављен на начин шватљив најширој свјетској јавности, мада то не умањује његову оштрину и обухватност, као и све опасније и нарастајуће посљедице.
Коријени овог рата леже у истим економским и социјалним разлозима који су довели до Првог свјетског рата. Наиме, када глобално доминатан постане модел либералног капитализма у којем апсолутну превагу узима финансијски капитал, законито нарастају унутрашње неједнакости и социјалне тензије које, у крајњем, резултирају ратовима између држава. Прецизније, упоређивање садашњег и стања од прије једног вијека може лако доказати тврдњу да се ради о једном јединственом процесу који (погубно) траје, са већим или мањим прекидима.
Увод
Предмет овог рада су глобални економски токови који законито (дакле, независно од било чије добре или лоше воље) стварају услове за сукоб планетарних размјера. Разумије се да овакав увид не претендује на предоминацију економских над разлозима политичке, историјске, социјалне или духовне природе.
Ипак, ми економисти (што је природна професионална деформација) сматрамо да анализа токова новца – због снаге његовог утицаја на све остале друштвене сфере, представља први корак у одгонетању кризе која се неумитно претвара у општи сукоб. Сукоб између појединих држава и нација (и њихових савеза), односно социјалних слојева унутар њих самих.
Финансијски, односно економски рат не мора нужно да прерасте у стварни, али уколико се анализи његових узрока и посљедица не приђе са пуном озбиљношћу, шансе за тако неповољан развој општих прилика бивају многоструко веће.
Изазивач овог рата су САД, држава која готово деведесет посљедњих година има привилегију да је њена национална валута – долар у улози свјетског новца. Захваљујући својој енормној економској моћи, Америка је изградила и спровела (што милом, што силом) систем односа у свијету који апсолутно фаворизује интересе њене елите (најбогатијих један одсто Американаца), а остварује се дипломатским и војним средствима свуда на планети.
Тај систем је исцрпио своје унутрашње гориво, а противурјечности које је створио свуда у свијету, настоје и хоће да буду разријешене у корист других држава и нација. Када империја пропада, она се са тим не мири. Привилегије које су прегажене од стране цивилизацијског развоја свака је умирућа империја бранила ратовима, чинећи бројна зла, али никада не успијевајући да заустави и врати назад точак развоја људске врсте.
Ружно лице Америке
Америка своју економску моћ деценијама заснива на једној простој економској чињеници. Долар је неприкосновени свјетски новац који сви користе, а само Америка одлучује о његовој количини („штампању“), односно вриједности. Постоје поудане проћене да се само на томе заснива око двадесет пет одсто прихода Америке. (1)
Почетком септембра 2014. год. Обавјештајна заједница САД (мисли се на свих шеснаест појединачних обавјештајних служби) издала је изненађујући и шокантан извјештај. (2)
Њихова процјена је да ће посљедице губљења статуса свјетског новца, за долар и Америку бити једнако погубне као што су биле за Велику Британију у времену послије Другог свјетског рата.
Прије него ли се назначе аргументи који поткрепљују оваква предвиђања, корисно је указати на веома посебан феномен. Наиме, ове Службе су задужене да брину о безбједности своје земље, прије свега у односу на спољње опасности, тј. непријатељско понашање других држава или терористичких организација. Али, када су дошле до закључка да највећа опасност Америци пријети од њеног највећег добра – долара, просто нису знале шта им ваља чинити. Апсурдно, зар не? Изгледа да је управо долар извршио одлучујући напад на САД.
Како је, уопште, могуће да долар постане највећа пријетња по саму Америку? Ријечи Вудро Вилсона, које су узете за мото овог рада, дају најбоље објашњење. Америка је штампање своје националне валуте препустила конзорцијуму приватних банкара, а сав новац који јој је потребан за функционисање, позајмљује од њих уз камату. Створен је застрашујући систем капиталистичке привреде и државе која, стално и изнова, функционише на дугу према банкарима. Да би ствар била опасна по остали дио планете, Америка је, користећи своју енормну економску и војну моћ, овај систем наметнула огромном броју држава у свијету, будући да је управо на прихватању оваквог система, сама могла да санира негативне посљедице све већег унутрашњег дуга.
Али, народна мудрост коју је записао Балтазар Богишић („Што се грбо роди, вријеме не исправи“) ни овај пут није оманула. Почетак краја оваквог пута се десио 2008.године са финансијском кризом изазваном у САД везаном уз тржиште финансијских деривата. Федералне резерве (ФЕД) су реаговале политиком „лаког новца“. Није то, дакле, била одлука америчке владе или њеног министарства финансија. Одлуку је донио конзорцијум највећих приватних банкара, а влада и Конгрес су је тек слијепо и немушто слиједили.
„Лаки новац“ је згодан еуфемизам за штампање новца и његову поделу банкарима уз камату која је близу нулте стопе. Идеја је била, чисто монетаристичка, да ће банке, будући да имају доста новца одобравати нове кредите домаћинствима и привреди, усљед чега ће се повећати потрошња и производња, одакле ће резултирати привредни раст и излазак из кризе. Огромна већина монетаристичких идеја је погрешна, а ова се показала грандиозно таква.
Подаци које износи заједница обавјештајних служби, дакле јавни и неспорни, показују да је у ту сврху ФЕД креирао 3,1 трилион (хиљада милијарди) долара. Резултат? Јавни (државни) дуг САД прелази 17,5 трилиона долара. Дугови парадржавних институција (здравственог система, социјалне сигурности, студентски кредити, осигурање кућа и станова од стране агенција иза којих стоји држава) износе преко 127 трилиона и одавно су се винули у зону вјечне ненаплативости.
Током педесетих и шездесетих година прошлог вијека, један долар новог новца, имао је ефекат од 2,41 долара економског раста. Тада је, разумије се, вођена сасвим другачија кредитна и каматна политика. Када је, током стагфлације крајем седамдесетих и почетком осамдесетих година истог стољећа примијењен исти лијек, ефекат је био другачији. Један нови долар је допринио расту БДП од тек 41 доларски цент. Током ове кризе и сталног упумпавања новца, један нови долар је резултирао само са три цента раста економије. Остатак од 97 одсто одлазио је у шпекулативне намјене, чиме је тзв.“болест финансијализације“(3) америчке економије доведена до крајности.
Као резултат таквог економског модела, стварна незапосленост у Америци је достигла рекордан ниво и износи 23 одсто. По званичним подацима (који се вјешто и упорно штимују) она је нешто изнад шест одсто. Независни експерти су је проћењивали на дупло већи износ да би, коначно, обавјештајна заједница изнијела управо ову цифру. Људи који немају посао, или основано страхују да би га могли изгубити, смањују своју потрошњу. Усљед тога, брзина оптицаја новца, као један од показатеља здравља неке економије, у Америци је на рекордно ниском нивоу, испод величине из времена Велике депресије (1929-33.год.).
Слично је и са показатељем који се назива „Индекс биједе“. Он представља збир стопе незапослености и реалне стопе инфлације у одређеном периоду. У вријеме Велике депресије која је готово уништила саму Америку, овај индекс је износио 27 поена. Данас је 32,89. Овакво стање може веома брзо да створи прави унутрашњи социјални колапс о чему треба да брину сви, не само обавјештајне службе које су алармирале америчку јавност.
Посебно јасну слику о стању америчке економије даје податак да једна шестина становништва (47 милиона људи)(4) прима државну помоћ у храни, будући да није у стању да елементарно прехрани себе и своје породице. Када се узме у обзир да толики број људи није у стању да се прехрани без државне помоћи, једва да има смисла питање у каквом се стању економија те земље налази.
Наредни податак показује да 53 досто америчких домаћинстава живе на дуг (годишње троше више него што зарађују). Американци су банакама по основу кредита за куповину кућа и станова дужни невјероватних 13,1 трилион долара. Просјечни дуг по једној кредитној картици у Америци износио је у јануару 2014.год. 15.270 долара. По УС Ценсус Буреау просјечни приход по домачинству у Америци је 9 одсто нижи данас, него 1999.године.
Америчке корпорације су презадужене, отварају све мање радних мјеста и, правдајући се високим трошковима пословања на тлу Америке и њених савезних држава, своје активности селе у инострантсво. По изјавама већине њихових директора, домаћи услови пословања су крајње дестимулативни.
Због економске кризе (прецизније, због економског модела који је довео до ње) јавне службе су пред физичким колапсом. Велики број градова је банкротирао, или се налази на ивици на којој је присиљен да грађанима ускраћује бројне основне комуналне, социјалне, безбједносне или друге услуге. Исто важи за администрацију савезних држава. Будући да само Савезна влада (односно ФЕД) има право да се непосредно и неометано задужује код банака, једино она и има неограничену количину долара на располагању. Резултат је видљив на графикону.
Поставља се суштинско економско питање које је, у крајњем, и основни изазивач текућег свјетског економског рата: Да ли Централна банка може да буде неликвидна? Јер, ако свака централна банка издаје („штампа“) новац онда она може да сваку недостајућу количину просто „створи“, па би одговор морао бити негативан.
ФЕД је објавио да је износ његових капиталних резерви у 2014. години био 56,2 милијарде долара. Импресивна цифра сама за себе. Али, потпуно безначајна када се узме у обзир да овим капиталом ФЕД гарантује за 4,3 трилиона долара које је креирао од 2008. год. до данас. На почетку кризе левериџ ФЕЂа је износио 22 напрема 1, да би ове (2014.год) он био 77 напрема 1. (5)
Штампање новца у тако огромним количинама мора, ипак, да произведе економске посљедице. Тај новац долази из банкарског система и (као дуг) се враћа у њега. Он не служи за подстицај материјалној производњи и свијету стварних услуга, већ прије свега као средство за финансијске шпекулације. Укупан износ дуга у америчком банкарском систему превазилази 60 трилиона долара. Стопа раста банкарских средстава већ годинама вишеструко надмашује (сиромашне) стопе раста америчке економије што је резултирало податком да се банкарски систем развијао тридесет пута брже од реалне економије Америке.
Новац је, дакле, ишао у шпекулативне намјене, а то је резултирало општим растом цијена акција. Такву нелогичност (привреда биљежи све лошије резултате а цијене акција компанија које су презадужене и неефикасне расту) законито производи политика „лаког новца“. О томе убједљиво свједочи показатељ који ставља у однос укупну тржишну вриједност акција и БДП државе .(6) Прије спектакуларног слома берзе и Велике депресије (1929-33.г.) цијена укупних акција је износила 183 одсто ондашњег БДП Америке. Ове године она износи 203 одсто. Стога је савим реална проћена да су цијене акција на берзама „пренадуване“ за најмање седамдесет одсто и да такво стање нужно води до слома берзе, као и у свим сличним историјским приликама.
Надаље, овако високе цијене акција стварају привид богатства и сигурности. На њиховом основу банке су развиле тржиште финансијских деривата, управо оних софистицираних, а дубоко лажних хартија од вриједности које су довеле до избијања кризе 2008.године. „Лаки новац“ ствара „лажне хартије од вриједности“.
Свјетско тржиште финансијским дериватима, упркос свим настојањима и закљињањима да ће бити обуздано, незаустављиво – попут канцера, расте и уништава свјетску економију. Ове године је достигло износ од 710 трилиона долара, што је готово десет пута више од свјетског БДП који је био 72,6 трилиона. На основу тога американци проћењују да ће штета од неизбјежног финансијског слома бити на нивоу од сто трилиона долара.
У свијету реалне економије ствари стоје потпуно обрнуто. Повећана количина новца, иако је у сфери финансијских шпекулација, утиче на осцијалције цијена реалних добара.
Огромна већина Американаца (њих деведесет девет одсто) суочена је са неизвјесношћу и сиромаштвом. Над њих се надвила она чувена јеврејска клетва: „Дабогда имао па немао“. Кога ће окривити за такво стање? Своју владу или ће некога из остатка свијета прогласити непријатељем и припремити се за обрачун са њим?
УПУТНИЦЕ:
(1) Write Down This date…, Stransberry&Associates Investment Reaearch, Peter Stransberry, February 2014.
(2) Види: The Money Morning Exclusive Interview with Jim Richards, the CIA,s Financial Threath and Asymetric Warfare Advisor, www. money morning.com
(3) Под појмом – болест финасијализације подразумијева се стање једне економије у којој доминантна профитна оријенатација јесте трговање вриједносним папирима, а не стварање реалних добара и услуга.
(4) Други извори баратају цифром од 50 милиона Американаца.
(5) Левериж (полуга) представља цифру коју банке произвољно утврде и са којом помноже свој капитал како би добиле износ новца који могу „безбједно“ да позајме својим клијентима. Ако је, напримјер, леверож десет, онда бака која има милион долара сасвим регуларно даје кредите до износа од десет милиона долара, иако сама нема толико новца.
(6) На берзама, кроз продају и куповину акција котира се тек манји број предузећа неке привреде.Значи, податак говори о вриједности која се добија на основу тржишне вриједности (цијене акција) само оних компанија које котирају на берзи и не односи се на огромни број других привредних субјеката.
(Србин.инфо; фото: Србин.инфо – Ненад Златановић)
Момир Булатовић је бивши председник Црне Горе и премијер савезне владе СРЈ.
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