Informazione

(english / italiano)

LIBIA, COSA SI SAREBBE DOVUTO FARE E NON SI E' FATTO

1) Guerra, cosa si sarebbe dovuto fare e non si è fatto (M. Correggia)
<< All'ipocrita Marcia Perugia Assisi che si svolgerà il 25 settembre avrei voglia di andare con un cartello: "Libia. Il silenzio dei pacifisti ha ucciso" >>

2) I mercenari italiani in Libia e i loro rapporti con i neofascisti (I. Di Sabato)
<< Erano uomini di SAYA, del MS, polizia parallela... >>

3) Historic Church of St. George in Tripoli Ransacked (A. Chaini)
I teppisti del cosiddetto CNT hanno devastato la chiesa ortodossa di Tripoli, monumento storico che risaliva al 1647

4) Libia, la Resistenza contro la conquista NATO-USA prosegue (IAC)
<< La guerra USA in Libia è il primo aggressivo passo per l’espansione delle altre guerre di conquista coloniale in Africa >>

5) NATO prepares bloodbath in Sirte (WSWS)
<< La NATO si appresta ad un bagno di sangue a Sirte... precisamente il tipo di azioni che dicevano di dover impedire con la loro guerra >>


Altri link:

The West Wants to take Control of Libya's Oil Wealth
Interview with Michel Chossudovsky, Director of Centre for Research on Globalization.
Global Research, August 27, 2011
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=26227

The "Liberation" of Libya: NATO Special Forces and Al Qaeda Join Hands
"Former Terrorists" Join the "Pro-democracy" Bandwagon
By Prof. Michel Chossudovsky - Global Research, August 28, 2011
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=26255


=== 1 ===

http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6961&Itemid=9

GUERRA, COSA SI SAREBBE DOVUTO FARE E NON SI E' FATTO

Marinella Correggia
 
Mentre gli alleati locali della Nato (i cosiddetti ribelli) qualificano di "atto di aggressione" l'accoglienza che l'Algeria avrebbe dato a moglie e alcuni figli e nipoti di Gheddafi, e mentre tutte le foto della famiglia sterminata dalla Nato in luglio a Sorman e diventata un simbolo dei crimini di guerra sono sparite dagli hotel e sono state sostituite dalla bandiera monarchica, e mentre a Tripoli NON si contano i morti degli ultimi giorni (sotto i bombardamenti che hanno spianato la strada agli alleati locali, e per l'eliminazione fisica di lavoratori africani con il pretesto che erano "mercenari", e con l'epurazione di libici vicini all'ex regime e di quelli in precedenza fuggiti dall'Est), e mentre nessuno conterà mai i morti civili di 20.000 raid aerei condotti da piloti mercenari occidentali (mercenari, visto che appoggiavano una fazione libica) sulla base di un mandato  Onu per proteggere i civili stessi, e meno che mai nessuno conterà i morti fra i soldari, nel tiro al piccione dai cieli, e mentre l'Italia NON accoglierà e mentre prosegue una medioevale caccia all'uomo degna del miglior far west (di nuovo il "wanted" sulla porta del saloon, ha ricordato il presidente del Venezuela) adesso mi rendo conto che l'unica cosa utile da fare in tutti i modi sarebbe stata una campagna A MARZO per appoggiare la proposta di Chavez e dei paesi dell'Alba, accettata dalla Libia:  MEDIAZIONE FRA LE PARTI E INVIO DI OSSERVATORI ONU i quali avrebbero visto che non c'erano affatto i diecimila morti fra i manifestanti (mesi dopo, Amnesty International parlava di 209 morti accertati, su entrambi i fronti visto che molti poliziotti e custodi erano stati uccisi dai manifestanti) togliendo la scusa per l'intervento. Invece non si è fatto. 
 
Dopo che un giorno il Manifesto forso solo casualmente non mi aveva pubblicato un pezzo su appunto questa iniziativa venezuelana (e anzi aveva pubblicato un pezzo di Wallerstein in cui praticamente qualificava di idiota il povero Chavez), agli inizi di marzo, sdegnata mi sono allontanata da loro non scrivendo quasi più in merito. Idiota. Occorreva insistere. Se il Manifesto - l'unico quotidiano che dal 1991 è sempre stato contro le guerre - avesse fatto una simile campagna, dicendo qualcosa ogni giorno in merito, appoggiato da altri media alternativi e trascinando per esempio gli antiguerrra superstiti che non sapevano che fare, l'iniziativa di Chavez avrebbe avuto qualche chance, come chiedeva Fidel ai paesi e ai popoli del mondo.
 
Un'altra guerra, e niente di efficace da parte dei pacifisti. Che comunque non esistono più. Non parlerei più di pacifisti; meglio usare il termine "oppositori alla guerra". Arci, Acli, Cgil e componenti (mai un minuto di sciopero contro nessuna guerra dal 1990 in avanti), Tavola della Pace, per non dire di Attac Francia, dei vari aderenti di punta al Forum Sociale Mondiale, dei vari Sullo, delle Ong varie e di chi aveva sempre altre urgenze umanitarie da seguire. Urgenze più urgenti dei massacri della Nato e dei loro alleati libici. 
 
All'ipocrita Marcia Perugia Assisi che si svolgerà il 25 settembre avrei voglia di andare con un cartello: "Libia. Il silenzio dei pacifisti ha ucciso". Molti del "movimento" e della "società civile" adesso arriveranno, a fare il business umanitario laggiù, parallelamente al business della ricostruzione e del petrolio.  Vincono sempre gli scrocconi di guerra che sono tanti e su tutti i fronti. Ce n'è di che voler stracciare il passaporto e non rifarlo.


=== 2 ===

http://www.facebook.com/notes/italo-di-sabato/i-mercenati-italia-in-libia-e-i-loro-rapporti-con-i-neofascisti/10150291511894806

I mercenari italiani in Libia e i loro rapporti con i neofascisti







by Italo Di Sabato on Monday, August 29, 2011 at 10:22am



Sul corriere della sera di domenica 28 agosto  a pag 15 si racconta la storia dei tre italiani presi prigionieri in Libia.
Sull'articolo si fa il nome di Paolo Simeone, già implicato nella storia di Quattrocchi in Iraq. In particolare Simeone (e Quattrocchi). erano uomini di SAYA, del MS, polizia parallela, già agli ”onori" delle cronache in questi giorni per le sue dichiarazioni omofobe e naziste in vista del raduno tra un paio di settimane a Genova.
http://www.osservatoriorepressione.org/2009/03/le-ronde-nere-dellex-maresciallo.html
https://www.facebook.com/#!/event.php?eid=249733415061374
Il primo, Antonio Cataldo, 27 anni dalla provincia di Avellino, su facebook, si mostra con foto in divisa militare, in paese è noto che farebbe lavoretti idraulici.
In effetti,
http://it-it.facebook.com/vichingo88
 
Il secondo, Vittorio Carella di Peschiera Borromeo, MI, è un vigilante (in servizio, in congedo, in missione??), che si era fatto crescere la barba ultimamente (tattica mimetica di infiltrazione in un paese arabo?), diceva di aver avuto un ingaggio in Tunisia.  
Il terzo, il più interessante, Luca Boero di Genova “aveva contattatato qualche tempo prima di partire Paolo Simeone. Già caposquadra di fabrizio Quattrocchi, il contractor della compagnia di sicurezza ucciso nel 2004 in Iraq. Caporalmaggiore riservista del 31mo Cavalleria di Altamura, negli anno 90 aveva prestato servizio nei Balcani. Esperto di arti marziali, investigatore privato con licenza diporto d’armi per fucile da tiro, ora lavorava soprattutto come addetto alla sicurezza in locali notturni di Genova.”
Paolo Simeone, chi è costui?
http://www.traininglabint.com/?p=69
http://www.youtube.com/watch?v=-JOplj3qeQc
 
Qui le connessioni Paolo Simeone e Quattrocchi
http://it.wikipedia.org/wiki/Fabrizio_Quattrocchi
http://www.repubblica.it/2004/d/sezioni/politica/iraqita2/lavori/lavori.html
 
Connessioni tra Saya, Simeone e Quattrocchi
http://www.pmli.it/scopertapoliziaparallelanuovagladio.htm
http://www.onemoreblog.it/archives/006850.html
http://www.ecn.org/antifa/article/421/dssarassegnastampa
http://controrevisionismo.blogspot.com/2009/10/i-pm-riabilitano-quattrocchi.html#more
quest’ultimo pezzo è del 2009 di Erika Dellacasa del corsera, segno che, se il corsera glielo consente, la Dellacasa farà lo scoop domani o dopodomani, perché ha tutti gli elementi in mano.
http://www.splinder.com/myblog/comment/list/5048961


=== 3 ===

http://world.greekreporter.com/2011/08/25/historic-church-of-st-george-in-tripoli-ransacked/


The historic church of St. George located in Libya, in Tripoli, dating back to 1647 was ransacked.  The church is the oldest Orthodox church in North Africa.
The president of the Greek community, Dimitris Anastassiou transferred the news to the Metropolitan of Tripoli Mr. Theophylaktos, who has been in Greece since late June.
“I am feeling heartbroken for what is happening in Libya, this beautiful country which was destroyed and whose people are noted for their hospitality,” stated Metropolitan of Tripoli, who settled in Libya in 1991.
”I was sad to hear the news from Mr. Anastassiou. The thieves stole the shrine of our patron saint which I had brought from Mount Athos.  Old Gospels, chalices, cherubim, censers, one of which we had been given by the Ecumenical Patriarch Bartholomew. Those who stole the holy objects contacted the president of the community and asked for money in order to return them. Mr. Anastassiou reported the incident to the police, but as things are at the moment, noone will deal with this matter,” he said.


=== 4 ===

http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21405

LIBIA – LA RESISTENZA CONTRO LA CONQUISTA USA-NATO PROSEGUE

di IAC International Action Center

su altre testate del 28/08/2011

Traduzione di Nadia Schavecher per l'Ernesto online

Malgrado si trovi in condizioni di inaudita difficoltà – inclusi i continui bombardamenti NATO, sbarco di mercenari, operazioni condotte da Forze Speciali e la distruzione delle infrastrutture civili – l’eroica resistenza alla conquista imperialista della Libia è continuata.

Tutti i grandi media mentono sostenendo vi sia una resa totale, la fuga del leader libico Moammar Gheddafi, l’arresto dei suoi figli ed altro ancora si sono rivelate nient’altro che bugie e guerra psicologica. Dopo 159 giorni di bombardamento, incredibilmente, la resistenza continua.

La continuazione della resistenza mette anche in evidenza la menzogna delle cosiddette “armate democratiche ribelli”, armate che sono state allestite dalla Gran Bretagna , dalla Francia e dagli USA per facilitare l’invasione imperialista del Paese ricco in petrolio. Nel mentre, sono state distribuite armi all’intera popolazione da parte del governo libico, una cosa che un dittatore odiato dal popolo non avrebbe mai fatto.

Come in Iraq e in Afghanistan, le arroganti dichiarazioni di vittoria degli USA e di “missione compiuta” non significano la fine della resistenza della popolazione locale, che assume varie forme. Il popolo libico ha eroicamente opposto resistenza non solo a mezzo anno di bombardamenti, ma anche ad una tempesta di propaganda da parte dei grandi media razzisti volta a dipingere la macchina militare USA-NATO, ridicolmente ed ancora una volta, come i grandi liberatori bianchi.

Mentre la resistenza continua in Libia, noi al centro dell’imperialismo USA dobbiamo continuare qui la nostra resistenza contro la guerra criminale mentre continua la prolungata guerra contro i poveri e gli oppressi all’interno degli USA.

Nel corso di un tour per diffondere la verità, organizzato da IAC con l’ex parlamentare Cynthia McKinney , che si è recata in Libia per essere testimone oculare dell’attacco USA-NATO, è stata organizzata una serie di grandi assemblee contro la guerra in 21 città in tutto il Paese. Ciascuno di questi incontri, che sono stati preparati da coalizioni locali di diverse forze, ha visto la presenza di centinaia di attivisti contro la guerra, antimperialisti e attivisti sociali.

Questi incontri contro la guerra degli USA in Libia sono stati i più grandi e partecipati tenutisi da molti anni a questa parte.
Nel frattempo IAC è sceso nelle strade, organizzando proteste in tutto il Paese.

La guerra USA in Libia è il primo aggressivo passo per l’espansione delle altre guerre di conquista coloniale in Africa. Questo significa una nuova minaccia contro il Sudan e la Somalia. Significa una nuova scelta bellicosa nei confronti di altri Paesi in Medio Oriente, specialmente Siria e Iran.

Aiutateci a continuare la resistenza alla guerra USA/NATO in Libia.

IAC International Action Center
International Action Center • Solidarity Center • 55 W. 17 St., Suite 5C • New York, NY 10011
Phone 212.633.6646 • E-mail: iacenter@... • En Español: iac-cai@...


=== 5 ===

http://www.wsws.org/articles/2011/sep2011/pers-s01.shtml

NATO prepares bloodbath in Sirte

1 September 2011


Nearly six months after securing a United Nations Security Council resolution authorizing a no-fly zone in Libya and the use of “all necessary measures… to protect civilians and civilian populated areas under threat of attack,” the US and its NATO allies, former colonial powers, are mounting a barbaric siege of a major population center that threatens to produce civilian casualties on a mass scale.

In their breathless promotion of the “final battle” to realize the real US-NATO aim in Libya—regime-change—few in the Western media have bothered to consider the fact that the major imperialist powers are carrying out precisely the kind of act they claimed their war was designed to prevent.

Gaddafi’s troops were marching on Benghazi, the world was told, and only a “humanitarian” intervention by NATO could save the city’s innocent population. Now the “rebels” are encircling Sirte, led by British and Qatari special forces troops, intelligence operatives and mercenary military contractors, while the city’s population is being pounded by NATO bombs and cut off from food, fuel and all basic supplies.

The sheer contempt shown by the US and the Western European powers for legality and world public opinion is breathtaking. The pretense that NATO is acting under the terms of the UN resolution that provided a fig leaf for its intervention is more than absurd; it has become obscene.

One has to go back to the crimes of the fascist powers in the 1930s and 1940s to search for parallels to such a siege: the bombing of Guernica in the Spanish Civil War, the siege of Leningrad and the Warsaw Ghetto.

NATO warplanes have over the past few days conducted scores of air strikes against Sirte, the town of Bani Walid to its west and the roads linking the two. While there have been no independent reports from Sirte, the spokesman for the Gaddafi regime, Moussa Ibrahim, reported that the continuous bomb and missile attacks have killed 1,000 people in the city and left many more wounded.

Part of this ferocious air assault is aimed at assassinating Colonel Muammar Gaddafi, who is believed by some to have taken refuge in the city or its surrounding area. Western special forces are reportedly on the ground hunting for Gaddafi, while an array of US spy planes have been deployed to pinpoint his whereabouts.

The NATO-led rebels have taken up positions on the main coastal highway both east and west of Sirte, with orders to stay in place until the NATO blitzkrieg has sufficiently annihilated the city’s defenders.

The National Transitional Council (NTC), the self-appointed body of ex-Gaddafi ministers, Western intelligence assets, Islamists and tribal functionaries that has been recognized by the major powers as the legitimate government of Libya, has announced a surrender-or-die ultimatum to the city. If a surrender is not forthcoming by Saturday, they say, the city will be subjected to military assault.

“We have been given no indication of a peaceful surrender,” an NTC military spokesman, Col. Ahmed Omar Bani, told a press conference in Benghazi. “We continue to seek a peaceful solution, but on Saturday we will use different methods against these criminals.”

“Sometimes to avoid bloodshed you must shed blood, and the faster we do this the less blood we will shed,” said Ali Tarhouni, the deputy head of the NTC.

The Western media is justifying a bloodbath in advance, reporting that the “rebels” have “unfinished business” or “scores to settle” with Sirte’s defenders, which are said to include army units involved in the attacks on Misrata and Benghazi. The city is also Gaddafi’s hometown and a center of his tribe, the Gaddafifahs.

The criminal methods employed by NATO and its “rebel” proxies—the bombing of cities, attempted assassinations, massacres and the lynching of black sub-Saharan African immigrant workers—are in sync with the aim of the war: imperialist conquest.

Having supported the Western-backed dictatorships of Zine El Abidine Ben Ali in Tunisia and Hosni Mubarak in Egypt against popular revolts until the bitter end, the US and its NATO allies decided to intervene in Libya, which lies strategically between these two countries. They set about hijacking the anti-Gaddafi demonstrations that broke out last February and fomenting a civil war as a vehicle for direct NATO intervention. To this end, British and French special forces units were deployed on the ground in Libya well before any UN resolution was ever discussed.

This intervention was never about protecting the civilian population. Tellingly, a spokesman for the NTC Wednesday estimated that the total number of Libyans killed in the last six months—both civilians and combatants—has risen to over 50,000. If one were to accept as good coin the pretense that NATO waged its war for the purpose of saving human lives, it would have to be judged a colossal failure. This war has produced far more carnage than any repression that preceded it.

The goal of the NATO war is to install a puppet regime in Tripoli that will be a more pliant tool of the Western governments and energy conglomerates. Ruling circles in Washington, London, Paris and Rome are salivating over the prospect of turning the clock back 42 years to the days when the corrupt monarchy of King Idris let Standard Oil write Libya’s petroleum laws and provided military bases to both the US and Britain.

Consolidating such neocolonial aims will no doubt entail an even greater amount of bloodshed in suppressing popular opposition within Libya.

The crimes being carried out against the people of Libya and the threat of a far wider conflagration that is inherent in the inter-imperialist tensions over who will control the country’s oil wealth pose the urgent necessity of a new antiwar movement, based on the working class and a socialist perspective.

The struggle against war must be joined with the fight against the assault on jobs, living standards and basic social and democratic rights taking place in virtually every country. It must be consciously directed against the source of both militarism and the unfolding social counterrevolution—the capitalist profit system.


Bill Van Auken




Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali


(italiano / srpskohrvatski / english / francais)


Sedam tacaka o ratu u Libiji


1) Domenico Losurdo: Sedam tacaka o ratu u Libiji / Sette punti sulla guerra contro la Libia

2) Escobar: Al-Qaeda asset is military commander of Tripoli — RT
(I "ribelli di Bengasi" sono comandati da un membro di AlQaeda, Abdelhakim Belhadj, addestrato in Afghanistan)

3) Anche RaiNews24 diffonde propaganda di guerra e censura le notizie dalla Libia.
LIBIA. ULTIME MENZOGNE E OMISSIONI DEI MEDIA E VERITA’ DI TESTIMONI RAGGIUNTI AL TELEFONO (M. Correggia)

4) I massacri dei 'ribelli della Nato'. Migranti africani. Famiglie sfollate dall'est. Libici dalla parte del torto.
Marinella Correggia (26 agosto 2011)

5) Libia, a 100 anni di distanza la solita storia coloniale. Ieri l’Italia, oggi la NATO.
Rete Nazionale Disarmiamoli!


ALTRI LINK:

Comment l’Otan va s’y prendre pour cacher les actes de terreur...
http://www.michelcollon.info/Comment-l-Otan-va-s-y-prendre-pour.html?lang=fr

Massacre de Noirs par les « rebelles démocrates » - Investig’Action avait rencontré les victimes
http://www.michelcollon.info/Massacre-de-Noirs-par-les-rebelles?lang=fr
I "ribelli di Bengasi" hanno sterminato i lavoratori neri accampati sulla piazza di Tripoli

Colpire deliberatamente il palazzo di Gheddafi per ucciderlo o per indurlo alla resa è un atto di terrorismo internazionale
http://www.peacelink.it/conflitti/a/34556.html

Qui peut sauver la Libye de ses sauveurs occidentaux ? Pas la gauche française.
http://www.legrandsoir.info/qui-peut-sauver-la-libye-de-ses-sauveurs-occidentaux-pas-la-gauche-francaise.html

NATO's Bloody War of Aggression in Libya
Selected Articles, August 22, 2011
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=26129
Feature Articles
http://www.globalresearch.ca/

Perché l'Occidente si è impegnato con i ribelli assassini in Libia
di Patrick Cockburn, The Indipendent/ICH, 05/08/2011
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21335

Il punto sulla Libia
di Andrea Catone su MarxVentuno 3/2011 del 27/07/2011
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21305

SUGLI ARMAMENTI ITALIANI:

Antonio Mazzeo Blog: La guerra segreta dei Predator italiani in Libia
http://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2011/08/la-guerra-segreta-dei-predator-italiani.html

Libia, armi a ribelli: confermato scoop Globalist
Il governo mette il segreto di Stato alla magistratura che indaga sulla scomparsa di un carico di armi dalla Sardegna destinate al Cnt di Bengasi.
di Ennio Remondino - 20/07/2011
http://www.nena-news.com/?p=11635



=== 1 ===

Sedam tacaka o ratu u Libiji


Domenico Losurdo

 

Sada i slijepci mogu vidjeti

 

1. Da se radi o ratu koji je izazvao NATO. Ta istina uspijeva prodrijeti i kroz filtere burzoaskih "informacija". U Stampi od 25 augusta Lucia Annunziata pise: "to je jedan potpuno 'eksterni' rat, to jest rat kojeg izvode snage NATO-a"; "zapadni sistem je pokrenuo rat protiv Gadafija". Jedna karikatura iz "International Herald Tribuna" od 24 augusta prikazuje "pobunjenike" kako divljaju od veselja, ali sjedeci komotno na avionu, na kojem je utisnut znak NATO-a.

 

2.Radi se o ratu koji je dugo pripreman. "Sunday Mirror" je 20 marta otkrio da je vec "tri tjedna" prije rezolucije ONU-a u Libiji bilo na djelu "stotine" britanskih vojnika, ukljucenih u vojne pripreme unutar jednog od najsofisticiranijih i najvise zastrasujucih vojnih logora na svijetu (SAS). Analogne informacije ili otkrica u "International Herald Tribune" od 31 marta, koji govore o "malim grupama Cia-e" i o "jednoj vecoj zapadnoj sili koja djeluje u sjenci", a sve to se dogadja prije "izbijanja sukoba od19 marta".

 

3. Taj rat nema nista sa zastitom ljudskih prava. U vec citiranom clanku Lucia Annuziata tjeskobno primjecuje. "NATO koji je postigao pobjedu nije uopce isti organ koji je pokrenuo rat". U meduvremenu Zapad je tesko pogoden i oslabljen ekonomskom krizom; da li ce uspjeti zadrzati kontrolu nad tim kontinentom koji je sve osjetljiviji na zov "nezapadnih nacija", narocito na zov Kine? S druge strane isti dnevnik koji je dao prostora Luciji Annunziati "La Stampa" od 26 augusta otvara stranicu s ogromnim naslovom: "Nova Libija, izazov Italija - Francuska". Za one koji jos nisu shvatili o kojem se tipu izazova radi, izdavac Paolo Baroni (Dvoboj oko zadnjeg posla) objasnjava: od samog poctka ratnih operacija, za koje je bila karakteristicna frenticna aktivnost Sarkozyja"postalo je ocito da ce se rat protiv Pukovnika preobraziti u konflikt sasvim drugog tipa: u ekonomski rat sa sasvim drugim protivnikom, a taj je naravno Italija".

 

4. Pokrenut iz odvratnih razloga rat je voden na kriminalan nacin. Ogranicit cu se na svega nekoliko detalja koje je donio dnevnik izvan svake sumnje. International Herald Tribune u clanku K. Fahima i R. Gladsootnea donosi:" U jednom logoristu usred Tripolija pronadeno je izresetano hicima vise od 30 boraca, koji su ratovali na Gadafijevoj strani. Najmanje dvojica od njih imali su ruke vezane plasticnim lisicama, sto navodi na sumnju da se radilo o pravoj egzekuciji. Od tih ubijenih pet su se nalazili u poljskoj bolnici, jedan je bio u ambulantnim kolima, ispruzen na noosilima, vezan kajisem, sa intravenoznom injekcijom koja mu je jos uvijek bila uubodena u ruku".

 

5. Barbarski kao i svi kolonijalni ratovi aktualni rat protiv Libije svjedoci o daleko jacoj barbarizaciji imperijalizma. U proslosti su bili cinjeni bezbrojni pokusaji da se ubije Fidel Castro. Ali su ti pokusaji vodeni u tajnosti, ako ne sa osjecajem srama, ono u strahu od mogucih reakcija medunarodnog javnog mnjenja. Danas je medutim ubiti Gadafija ili ostale vode, koji se ne dopadaju Zapadu, pravo, koje se javno proklamira. Corriere della Sera od 26 augusta trijumfalno naslovljava:"Lov na Gadafija i na sinove od kuce do kuce". Dok ovo pisem britanski avioni Tornados, sluzeci se kolaboracijom i informacijama koje im je pruzila Francuska, upravo su bombardirali Sirte i pobili jednu citavu porodicu.

 

6. Nista manje barbarska od rata bila je i kampanja dezinformacija. Bez imalo osjecaja stida NATO je neprestano sistematicno lupao kao cekic ,prosipajuci lazi prema kojima su ratne operacije bile vodene jedino u cilju podrske civilnom stanovnistvu! A stampa , zapadna "slobodna" stampa? Ona je svojevremeno objavila vijest kako Gadafi kljuka vlastite vojnike viagrom, da bi oni lakse mogli silovati civilno stanovnistvo. Ta je "vijest" uskoro postala smijesna i ubrzo se pojavila nova "vijest" kako Gadafijevi vojnici pucaju na djecu! Ne navodi se nikakav dokaz, nikakv podatak o vremenu ili mjestu na kojem se to dogodilo, ne citira se nikakav izvor. Vazno je kriminalizirati neprijatelja, kojeg treba unistiti.

 

7. Svojevremeno je Mussolini prikazao fasisticku agresiju na Etiopiju kao kapmpanju koja tu zemlju treba osloboditi rane ropstva. Danas NATO predstavlja svoju agresiju na Libiju kao kampanju za sirenje demokracije. Svojevremeno je Mussolini neumorno grmio protiv etiopskog cara Hajle Selasjea nazivajuci ga "Negusom crnackih trgovaca (negrieri)"; danas NATO izrazava svoj prezir prema Gadafiju kao "diktatoru". Kao sto ne se ne mijenja ratnohuskacka i zavojevacka priroda imperijalizma, tako i tehnike manipulacije predocuju znacajne elemente kontinuiteta. U cilju da pokazem tko je danas zaista pocinitelj planetarne diktature, umjesto da citiram Marxa ili Lenjina, citirat cu Immanuela Kanta . U napisu iz 1798 ( Konflikt mogucnosti) on pise: "Sta je apsolutni monarh? To je onaj koji kad kaze 'mora se voditi rat' rat doista i uslijedi". Argumentirajuci na taj nacin Kant je ciljao na Englesku svog vremena i nisu ga zavarale "liberalne" forme koje su postojale u toj zemlji. To je dragocjena lekcija: "apsolutni monarsi" naseg vremena, planetarni diktatori i planetarni tirani sjede u Washintonu, u Bruxellesu i u najvaznijim zapadnim glavnim gradovima.


(izvor: FB-grupa Novog Plamena - http://www.facebook.com/groups/152894931252/doc/10150349897251253/ )


http://domenicolosurdo.blogspot.com/2011/08/sette-punti-sulla-guerra-contro-la_27.html

SABATO 27 AGOSTO 2011

Sette punti sulla guerra contro la Libia


Domenico Losurdo 

Ormai persino i ciechi possono essere in grado di vedere e di capire quello che sta avvenendo in Libia:

1. E’ in atto una guerra promossa e scatenata dalla Nato. Tale verità finisce col filtrare sugli stessi organi di «informazione» borghesi. Su «La Stampa» del 25 agosto Lucia Annunziata scrive: è una guerra «tutta “esterna”, cioè fatta dalle forze Nato»; è il «sistema occidentale, che ha promosso la guerra contro Gheddafi». Una vignetta dell’«International Herald Tribune» del 24 agosto ci fa vedere «ribelli» che esultano, ma stando comodamente a cavallo di un aereo che porta impresso lo stemma della Nato.
2.  Si tratta di una guerra preparata da lungo tempo. Il «Sunday Mirror» del 20 marzo ha rivelato che già «tre settimane» prima della risoluzione dell’Onu erano all’opera in Libia «centinaia» di soldati britannici, inquadrati in uno dei corpi militari più sofisticati e più temuti del mondo (SAS). Rivelazioni o ammissioni analoghe si possono leggere sull’«International Herald Tribune» del 31 marzo, a proposito della presenza di «piccoli gruppi della Cia» e di «un’ampia forza occidentale in azione nell’ombra», sempre «prima dello scoppio delle ostilità il 19 marzo».
3.  Questa guerra non ha nulla a che fare con la protezione dei diritti umani. Nell’articolo già citato, Lucia Annunziata osserva angosciata: «La Nato che ha raggiunto la vittoria non è la stessa entità che ha avviato la guerra». Nel frattempo, l’Occidente è gravemente indebolito dalla crisi economica; riuscirà a mantenere il controllo su un continente che sempre più avverte il richiamo delle «nazioni non occidentali» e in particolare della Cina? D’altro canto, lo stesso quotidiano che ospita l’articolo di Annunziata, «La Stampa», si apre il 26 agosto con un titolo a tutta pagina: «Nuova Libia, sfida Italia-Francia». Per chi ancora non avesse compreso di che tipo di sfida si tratta, l’editoriale di Paolo Baroni (Duello all’ultimo affare) chiarisce: dall’inizio delle operazioni belliche, caratterizzate dal frenetico attivismo di Sarkozy, «si è subito capito che la guerra contro il Colonnello si sarebbe trasformata in un conflitto di tutt’altro tipo: Guerra economica, con un nuovo avversario, l’Italia ovviamente».
4.  Promossa per motivi abietti, la guerra viene condotta in modo criminale. Mi limito solo ad alcuni dettagli ripresi da un quotidiano insospettabile. L’«International Herald Tribune» del 26 agosto, con un articolo di K. Fahim e R. Gladstone riporta: «In un accampamento al centro di Tripoli sono stati ritrovati i corpi crivellati di proiettili di più 30 combattenti pro-Gheddafi. Almeno due erano legati con manette di plastica, e ciò lascia pensare che abbiano subito un’esecuzione. Di questi morti cinque sono stati trovati in un ospedale da campo; uno era su un’ambulanza, steso su una barella e allacciato con una cinghia e con una flebo intravenosa ancora al suo braccio».
5.  Barbara come tutte le guerre coloniali, l’attuale guerra contro la Libia dimostra l’ulteriore imbarbarimento dell’imperialismo. In passato innumerevoli sono stati i tentativi della Cia di assassinare Fidel Castro, ma questi tentativi erano condotti in segreto, con un senso se non di vergogna, comunque di timore per le possibili reazioni dell’opinione pubblica internazionale. Oggi, invece, assassinare Gheddafi o altri capi di Stato sgraditi all’Occidente è un diritto proclamato apertamente. Il «Corriere della Sera» del 26 agosto 2011 titola trionfalmente: «Caccia a Gheddafi e ai figli casa per casa». Mentre scrivo, i Tornados britannici, avvalendosi anche della collaborazione e delle informazioni fornite dalla Francia, sono impegnati a bombardare Sirte e a sterminare un’intera famiglia.
6.  Non meno barbara della guerra, è stata ed è la campagna di disinformazione. Senza alcun senso del pudore, la Nato ha martellato sistematicamente la menzogna secondo cui le sue operazioni belliche miravano solo alla protezione dei civili! E la stampa, la «libera» stampa occidentale? A suo tempo essa ha pubblicato con evidenza la «notizia», secondo cui Gheddafi riempiva i suoi soldati di viagra in modo che più agevolmente potessero commettere stupri di massa. Questa «notizia» cadeva rapidamente nel ridicolo, ed ecco allora un’altra «notizia», secondo cui i soldati libici sparano sui bambini. Non viene addotta alcuna prova, non c’è alcun riferimento a tempi e a luoghi determinati, alcun rinvio a questa o a quella fonte: l’importante è criminalizzare il nemico da annientare.
7.  A suo tempo Mussolini presentò l’aggressione fascista contro l’Etiopia come una campagna per liberare quel paese dalla piaga della schiavitù; oggi la Nato presenta la sua aggressione contro la Libia come una campagna per la diffusione della democrazia. A suo tempo Mussolini non si stancava di tuonare contro l’imperatore etiopico Hailè Selassié quale «Negus dei negrieri»; oggi la Nato esprime il suo disprezzo per Gheddafi «il dittatore». Come non cambia la natura guerrafondaia dell’imperialismo, così le sue tecniche di manipolazione rivelano significativi elementi di continuità. Al fine di chiarire chi oggi realmente esercita la dittatura a livello planetario, piuttosto che Marx o Lenin, voglio citare Immanuel Kant. Nello scritto del 1798 (Il conflitto delle facoltà), egli scrive:«Cos'è un monarca assoluto? E' colui che quando comanda: “la guerra deve essere”, la guerra in effetti segue». Argomentando in tal modo, Kant prendeva di mira in particolare l’Inghilterra del suo tempo, senza lasciarsi ingannare dalle forme «liberali» di quel paese. E’ una lezione di cui far tesoro: i «monarchi assoluti» del nostro tempo, i tiranni e dittatori planetari del nostro tempo siedono a Washington, a Bruxelles e nelle più importanti capitali occidentali.


=== 2 ===

I "ribelli di Bengasi" sono comandati da un membro di AlQaeda, Abdelhakim Belhadj, addestrato in Afghanistan

http://rt.com/usa/news/al-qaeda-libya-commander-escobar-269/

Escobar: Al-Qaeda asset is military commander of Tripoli


Published: 27 August, 2011, 02:06

Speaking to RT today live from Brazil, Asia Times correspondent Pepe Escobar said that an al-Qaeda asset is now leading the military of rebel-controlled Libya.

According to Escobar, Abdelhakim Belhadj, who commanded a military offensive in Libya over the weekend, has become the de facto commander of the Tripoli armed forces. Belhadj has also, says Escobar, was trained in Afghanistan by a

“very hardcore Islamist Libyan group.”

Escobar says that Taliban-linked sources overseas have confirmed Belhadj as the new commander. In the aftermath of 9/11, the CIA began tracking Belhadj, who was eventually captured in Malaysia in 2003. Escobar says that he was then tortured in Bangkok before being transferred back to Libya and imprisoned. He made a deal that allowed for his release in 2009 and as of this week is the military commander of Tripoli.

“I can say almost for sure with 95 percent certainty that this is the guy,” Escobar confirms.


VIDEO: http://rt.com/usa/news/al-qaeda-libya-commander-escobar-269/


=== 3 ===

http://www.peacelink.it/mediawatch/a/34545.html

Lettera a Corradino Mineo

Guerra di Libia: anche Rainews 24 ha diffuso le bugie di guerra


In queste settimane e in queste ore potremmo conteggiare tutte le bugie di guerra che sono state diffuse. Decine e decine. Sarebbe stato un onore per voi non diffonderne neppure una avvertendo il telespettatore qual era la fonte, se era indipendente o di parte e se era stata verificata da voi oppure no. E invece...
22 agosto 2011 - Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink)


Caro Corradino Mineo, cari amici di Rainews,

oggi ho seguito con grande sorpresa e profondo sgomento il servizio di mezz'ora mandato oggi in onda su Rainews 24 dalle 13.30 alle 14. E' stato un servizio non di informazione ma di manipolazione dell'informazione. Una cosa deprimente per la professionalità per la quale invece vi ho sempre apprezzato e considerato preziosi nel disastrato panorama informativo nazionale.
Su Rainews poco fa è stato infatti 
- nascosto il ruolo dei bombardamenti della Nato (presentando i ribelli che liberavano la Libia da soli e  festanti, per acclamazione popolare);
- alterato il senso della rosoluzione n.1973 dell'Onu che non prevedeva l'appoggio militare della Nato agli insorti (come è stato detto);
- mai citato l'attacco della Nato alla TV libica, per la quale ha protestato l'Unesco (almeno quello lo potevate dire...);
- taciuto il massacro in corso a Tripoli (non vi interessa il conteggio dei morti adesso o la vittoria non deve avere prezzo?), mostrando solo folle festanti (senza chiedersi se in questo momento non sia proprio il caso di applicare il cessate il fuoco previsto dalla risoluzione Onu);
- presentato prevalentemente il punto di vista filo-Nato, lasciando alle immagini di Chavez (la foglia di fico per poi dire che si è stati pluralisti!) un'esigua quantità di tempo per poi ritornare a sottotitolazioni che non avevano valore informativo ma eminentemente persuasivo e che erano agganciate proprio allo scopo di "ridicolizzare" Chavez.
Ma soprattutto non è stato detto quali sono le fonti informative attendibili, le VOSTRE fonti; dato che i giornalisti a Tripoli sono asseragliati nei sotterranei degli hotel chi è che da le notizie, chi le filtra e chi le verifica?
E' fin troppo facile: la Nato.
Escluderei che i ribelli sappiano manipolare l'informazione così bene.
Il compito di un giornalista è quello di avvisare circa il potere di manipolazione dell'informazione. Come nel De Bello Gallico la fonte era Cesare, adesso l'unico mass media in grado di controllare e filtrare le notizie, fino a intossicare le vostre, è il vincitore. Perché nessuno in TV spiega come mai Aljazeera ha talmente manipolato le informazioni nel caso libico, fino a diventare una fonte inattendibile per chi si occupa di informazione in modo professionale?

In queste settimane e in queste ore potremmo conteggiare tutte le bugie di guerra che sono state diffuse. Decine e decine. Sarebbe un facile esercizio conteggiarle una per una anche per uno studente appena iscritto ad una scuola di giornalismo. Sarebbe stato un onore per voi non diffonderne neppure una avvertendo il telespettatore - con una scritta in sovraimpressione così come fece la Cnn durante la prima Guerra del Golfo - qual era la fonte, se era indipendente o di parte e se era stata verificata da voi oppure no.
Quando un'informazione non è verificata dovrebbe essere un dovere avvisare il telespettatore. Come si può verificare un'informazione non verificabile?
Avete purtroppo offerto un servizio "come gli altri", inquinato dalle bugie di guerra (e lo sapevate!). Avete servito la propaganda di guerra che ha lo scopo di creare un consenso dell'opinione pubblica attorno alla guerra stessa.
Spetta alla Nato convincere l'opinione pubblica che una guerra iniziata per rompere un assedio ed evitare un bagno di sangue (così almeno si è detto) sia giusto concluderla con un altro assedio e con un altro bagno di sangue.  E' un'impresa ardua e i comunicatori della Nato ci lavorano con indubbia professionalità.
Ma perché lo deve fare anche Rainews sfruttando una credibilità che molti reputano al di sopra di ogni sospetto?
La VOSTRA professionalità e la vostra missione dovrebbe essere quella di instillare il dubbio, di creare il pluralismo, di consentire al telespettatore di formarsi un'opinione il più possibile autonoma, presentando un'informazione che non sia già addomesticata e degradata al rango di bugia di guerra. Perché - va detto chiaramente - il mondo con cui Rainews ha presentato poco fa la Risoluzione Onu n.1973 è pura bugia di guerra. Quelle della Nato non sono operazioni avviate in base ad un mandato ricevuto dalle Nazioni Unite
Questa è una guerra che ha non ha eseguito ma che violato la risoluzione Onu che chiedeva il cessate in fuoco: non è onesto il modo con cui Rainews ha deformato l'informazione.
L'informazione è sacra. L'informazione è l'ossigeno della nostra mente, è la base della nostra rappresentazione del mondo, è il parametro di verifica delle nostre opinioni.
Quando abbiamo deformato l'informazione abbiamo compromesso la possibilità di capire il mondo.
Addomesticare l'informazione significa trattare il pubblico come una platea di infanti a cui si racconta la storiella.
Quando Kant si chiese cosa fosse l'Illuminismo, affermò che l'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità e che la minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.

La missione di un buon giornalismo è quella di far uscire il cittadino dallo stato di minorità, offrendo il confronto di diversi punti di vista e lasciando al cittadino la scelta finale: farsi una propria opinione sulla guerra.
Queste erano le cose che volevo dirvi e ve le ho dette, con profonda tristezza.


Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink

---


http://www.peacelink.it/mediawatch/a/34547.html

Lettera a Corradino Mineo

A Rainews 24: anche voi ignorate la strage Nato e confondete le acque (tutti sul carro del vincitore)


Tacete i massacri, ripetete banalità, confondete armati con civili, senza batter ciglio ripetete la versione Nato (o dei"ribelli")

22 agosto 2011 - Marinella Correggia

Leggo il vostro sito e capisco quanto siete cambiati, dal tempo di Falluja...

  
Ora perfettamente allineati, tacete i massacri, ripetete banalità, confondete armati con civili, senza batter ciglio ripetete la versione Nato (o dei"ribelli"). Siete in buona compagnia, peraltro.
Vi mando questo riscontro, frutto di una notte insonne su internet, fra le "voci" dei media e la realtà vissuta da testimoni a Tripoli (quali voi non siete). Li ho sentiti al telefono, dopo averli incontrati settimane fa. Altro che festeggiare. Sono tutti barricati in casa. Alcuni assai spaventati.
  
Cercate di essere meno banali e non indulgete anche voi nel fascino orrendo delle armi e degli armati, come i vostri colleghi e colleghe con elmetto e aria eccitata. Ah, i cronisti di guerra! 
  
E possibile che la vera ragione di questa guerra basata sulle menzogne non vi indigni?

http://www.peacelink.it/mediawatch/docs/3872.pdf

LIBIA. ULTIME MENZOGNE E OMISSIONI DEI MEDIA E VERITA’ DI TESTIMONI RAGGIUNTI AL TELEFONO 

Marinella Correggia

Menzogne di una notte insonne (anche sotto il fortunato cielo italiano che nessuno bombarda dal 1945). Menzogne e arroganza fino all’ultimo in una guerra cominciata e continuata con notizie false, in cui i media hanno avuto il ruolo dell’aiuto carnefice. Solo la tivù russa Rt e quella venezuelana Telesur spiegano che è una vittoria dovuta alla carneficina compiuta dalla Nato anche con droni ed elicotteri Apache soprattutto negli ultimi giorni. Per la democrazia che il popolo libico merita, dice il premier britannico Cameron. Peccato che in tutti i mesi scorsi proprio la Nato e i “ribelli” avessero sempre lasciato cadere le proposte di libere elezioni con controllo internazionale avanzate dal governo libico.

Cosa dicono i soliti media

La Nato fa strage a Tripoli bombardando di tutto e uccidendo 1.300 persone in poche ore come denuncia Tierry Meyssan del Réseau Voltaire; ma Repubblica on line scrive che Gheddafi bombarda la folla. Giusto un titolo, senza spiegazione, giusto un modo per non perdere l’allenamento. La stessa Repubblica che non si è mai degnata di chiamare soldati i membri –decimati - dell’esercito di un paese sovrano (erano sempre definiti “mercenari e miliziani”), adesso chiama “soldati del Cnt” i ribelli, tacciando invece di “pretoriani di Gheddafi” i superstiti soldati libici (quelli non decimati dalla Nato). (A proposito: uno del Cnt, Jibril, ha fatto appello ai suoi armatissimi “ragazzi” affinché diano prova di moderazione e non attacchino gli stranieri e chi non li appoggia (il rischio è certo visti i precedenti).
L’Unità scrive che Tripoli “è insorta”, quando in realtà è occupata dai cosiddetti ribelli con la copertura aerea della Nato e i civili cioè i disarmati se ne stanno rintanati nelle case (vedi le testimonianze ottenute al telefono).
Il Corsera con il suo embedded sceso dalle montagne insieme ai ribelli spiega enfatico che dopo la “liberazione” di Zawya, “Tripoli si è sollevata” quando in realtà è stata piuttosto atterrata dai bombardamenti.
Rai News 24? Peacelink protesta con la redazione: “Nel vostro servizio avete nascosto il ruolo dei bmbardamenti Nato, presentando i ribelli che libravano la Libia soli e festanti, per acclamazione popolare; alterato il senso della risoluzione 1973 che non prevedeva l’appoggio militare Nato agli insorti; taciuto il massacro in corso a Tripoli; presentato prevalentemente il punto di vista Nato (e sempre ripetono la storia dei mercenari neri e dei cecchini). .
Anche il Fatto ci casca: “L'avanzata del Cnt rallentata dal traffico e dal caos e da centinaia di libici che inneggiano alla fine del regime” (centinaia, su una città di milioni di abitanti!); “I tripolini sono usciti per festeggiare l’arrivo dei ribelli”. Ma la foto viene da Bengasi...
Per dare l’idea di festeggiamenti che non ci sono, Cnn mette foto di festeggiamenti non datati a Bengasi. Mentre la reporter dice “vedo strade vuote, le immagini sono di folle festanti con bandiera monarchica, però evocano Tripoli. In un altro collegamento, la elmettata reporter spiega – non senza ripetere la solfa del pericolo di cecchini di Gheddafi - che assolutamente nessun civile nelle strade... allora chi sta festeggiando? Gli armati. E sempre il titolo è “la Nato teme che Gheddafi possa colpire i civili”. Quindi pronti al tiro al piccione.
La cronista di Al Jazeera con elmetto dalla Piazza verde (il nome è già stato cancellato), parla di festa (e di paura per i soliti cecchini di Gheddafi...) del popolo libico, “vedete centinaia di persone” (in una città con milioni di abitanti)...alle sue spalle si pressano con la bandiera monarchica i ribelli armati, ma per lei sono i civili, il “popolo”, “you can see how people are excited, now they are in control of the capital”. La confusione voluta fra civili e amati ha fato da leit motiv di questa guerra. Anche a Baghdad, il giorno della caduta della statua di Saddam a opera di due marine Usa, gli iracheni presenti si contavano in qualche decina...Un film già visto.La mattina la Cnn parla al telefono con la solita plurintervistata ottimo inglese libica diciannovenne che dice che dopo 42 anni sono liberi di parlare al telefono (ricordo però che gli oppositori a Gheddafi più che la mancanza di libertà mi evocavano, settimane fa, “gli ospedali che non funzionano e le scuole dove non si studia bene l’inglese”!); la tivù le chiede: “ma non c’è gente in strada, solo fighters?” e lei conferma. Allora, le folle festanti?
Anche la Reuters scrive: “I ribelli entrano in Tripoli, la folla celebra”. Quale folla? Non c’è nessun video né foto!

Parlano i testimoni

Molti telefoni di persone incontrate a Tripoli poche settimane fa non rispondono più. Per esempio Rafika, tunisina, ottimo italiano, che lavorava alla mensa dell’ospedale Tebbe, chissà quanti feriti ci sono adesso là (vedi sua testimonianza nel file allegato). Ma qualcuno risponde.
Mohamed, giovane del Niger che vive a Tripoli da 3 anni (lavorava con i cinesi) e che si arrovellava settimane fa su come spiegare al mondo la verità (vedi la sua testimonianza di allora nel file allegato), adesso è rintanato in casa: “Siamo impotenti anche noi. Chi è disarmato non può avventurarsi fuori, dove tutti sono armati e si combatte. E’ terribile ma non possiamo che aspettare. Spero che non ci sia un’altra carneficina”. Ieri diceva “hanno bombardato intensamente anche vicino a casa mia, si è levata una grande polvere, impossibile respirare. Stiamo in casa, e preghiamo, è il ramadan”. L’altro ieri, prima degli ultimi sviluppi, chiedeva: “MA si sono viste lì le immagini della strage di 85 civili a Mejer, sotto le bombe della Nato fra l’8 e il 9 agosto? Sono sconvolto, anche perché qui i media internazionali non ne hanno parlato”.
Era impaurito sabato sera il cristiano pakistano Nathaniel, che già settimane fa si chiedeva dove sarebbe andato con la famiglia dopo 21 anni in Libia se gli islamisti fossero arrivati (vedi sua testimonianza nel file allegato): “My sister qui bombardano di continuo, e sembra che i ribelli siano vicini...non so cosa fare, dove andare, chi ci proteggerà? Starò in contato con la cattedrale”. Oggi il suo cellulare non sembra aver copertura.
Se Nathaniel sapesse che forse è stata saccheggiata la chiesa a Dara (e monsignor Martinelli è in Italia)...Così dice la statunitense JoAnne, da mesi a Tripoli con suo marito per documentare negli Usa i crimini di guerra della Nato e dei ribelli: “Siamo chiusi nell’hotel Corynthia, al centro di Tripoli. Nessuno si avventura fuori. Gli Apache hanno ucciso molte persone e i ribelli hanno armi pesanti...Doveva partire una nave proveniente da Malta, per evacuare gli stranieri ma i ribelli l’hanno bloccata”. Chiusa in casa anche Tiziana Gamannossi, imprenditrice italiana, l’unica rimasta a Tripoli, dove vive a Tajura: “Sto in casa, non si chiude occhio. I festeggiamenti per l’entrata dei ribelli? Ma se non c’è nessuno per strada, ho faticato a trovare un amico che mi riportasse a casa ieri. La disinformazione continua”.
Anche Hana, libica che lavorava per una compagnia petrolifera, è chiusa in casa, da parenti: “Ci siamo spostati perché la nostra casa è troppo vicina a Bab El Azyzya”, qui è tranquillo ma nelle strade non c’è nessuno. Mi hanno detto che volavano anche gli Apache, io non li ho visti vicino a casa. Sì, abbiamo l’acqua e la luce e cibo abbastanza. Stiamo ancora digiunando per il ramadan... fino a fine mese. Non avrei mai pensato che finisse così”.
Lizzie Phelan, giovane giornalista inglese indipendente, aveva un blog che le è stato bloccato: “Poco prima avevo denunciato alla tivù russa RT il fatto che Al Qaeda sia ben presente fra i ribelli arrivati a Tripoli. Qui intorno al Rixos la situazione sembra adesso calma. Ma non si sa come evolverà. Aspettiamo di andare, noi stranieri, in un’ambasciata, forse quella russa”.
Non risponde il telefono di Zinati, quarantenne libico che da mesi “abitava” con il suo computer su un tavolo all’hotel Rixos cercando di aiutare il portavoce Mussa Ibrahim nei difficili rapporti con i giornalisti e con le delegazioni: “Ero tornato qui in febbraio per sistemare delle cose e ripartire per il Canada dove vivo da anni; invece sono rimasto, non potevo lasciarli così” diceva settimane fa.


=== 4 ===

http://www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=6942&Itemid=9

I massacri dei 'ribelli della Nato'. Migranti africani. Famiglie sfollate dall'est. Libici dalla parte del torto.

Marinella Correggia (26 agosto 2011)


Qualcuno lo dica a chi in Italia non si è opposto alla guerra Nato+Qatar+Arabia Saudita+Alleati locali perché “in Libia i migranti clandestini erano respinti e imprigionati”. Qualcuno dica cosa hanno fatto e ancor più stanno facendo a Tripoli i ribelli della Nato, i vincitori (non per meriti militari propri, ma grazie ai loro mercenari: i piloti dei bombardieri Nato, e i consiglieri franco-inglesi-qatarioti sul terreno; per non dire del rifornimento di armi e denaro). La caccia a uomini, donne e famiglie; quando sarebbe già criminale e immorale la caccia a un solo uomo, Gheddafi. Vae victis. Nessuno processerà i vincitori.

MASSACRO DEI NERI

Tradurrò stanotte questo articolo ma intanto ecco qui:http://www.michelcollon.info/Massacre-de-Noirs-par-les-rebelles
Ho sentito al telefono Mohamed del Niger che molti altri suoi amici sub-sahariani lavorava a Tripoli. Aspettano l'evacuazione. Rischiano la vita per quella “caccia al nero” che nell'Est libico è in corso da tempo e adesso è arrivata a Tripoli. Mohamed vive nel quartiere Gangji dove ieri mancava sia l'elettricità (fa molto caldo ed è impossibile raffrescarsi e conservare i cibi), sia l'acqua: “Abbiamo un pozzo in questo gruppo di case ma l'acqua non è potabile. E il rubinetto è secco. Sto andando a cercare acqua per la rottura del digiuno, dopo il tramonto”. Prospettive? “Siamo in contatto con varie ambasciate africane compresa la mia ma non sembrano essere al corrente di prossime navi dell'Organizzazione mondiale delle migrazioni. So che ieri sono partite delle persone ma non dell'Africa sub-sahariana. Non possiamo più stare qui”. Ovviamente se va bene l'Oim riuscirà a rimpatriare questi “danneggiati collaterali” dalla guerra Nato. Ad esempio in Niger, uno dei paesi più poveri del mondo, dove sono già tornati nel nulla decine di migliaia di lavoratori.  
 
Il cristiano pakistano Nathaniel, che con la famiglia viveva a Tripoli da decenni, non è più raggiungibile. 

MASSACRO DI FAMIGLIE LIBICHE

E non sono i neri le uniche categorie massacrate ora a Tripoli. L’inviato di France 24 dà conto (http://www.voltairenet.org/Les-rebelles-epurent-le-quartier-d) di come i ribelli della Nato stiano attaccando le famiglie di funzionari (anche di grado basso) che avevano a che fare con il governo. Sono state attaccate mentre erano asserragliate nel quartiere di Abu Slim. L’ospedale centrale di Tripoli, dice il cronista, è pieno di feriti, uomini, donne, bambini e anziani. E il Cnt, muto, dice France 24. 
 
A questo proposito sono anche molto inquieta circa la sorte di tante famiglie di sfollati dall’Est libico e da Misrata. Sicuramente i ribelli della Nato li considerano dei traditori perché hanno lasciato mesi fa le zone sotto il loro controllo. Spero che la Croce rossa internazionale o chi per essa sappia di queste famiglie ora abbandonate a se stesse. 
 
La famiglia di Noor, bambinetta di tre anni coi capelli ricci e la pelle color caffelatte, era sfollata da Derna a Tripoli con migliaia  di altre, fuggite dall'Est della Libia in mano ai “ribelli”. Altre venivano da Misrata, città dell'Ovest controllata da mesi dai bengasiani, altre ancora dalle montagne Nafusa una volta prese.  Famiglie filogovernative o considerate tali, impossibilitate a lavorare e fatte oggetto di minacce o violenze. 
 
Decine di migliaia di persone si erano rifugiate in Egitto, altre a Tripoli o dintorni. Vivevano presso parenti o  in strutture messe a disposizione dal governo. Fra queste un bianco villaggio vacanze per tripolini in riva al mare o quasi nel deserto, in una desolata serie di container ex domicilio di lavoratori di imprese cinesi evacuati mesi fa. Adesso probabilmente nessuno si può più occupare di loro, per il cibo, l'acqua, la sicurezza. Quelle famiglie di “sfollati dalla parte del torto” sono adesso in grave pericolo. Ci si chiede se la Croce Rossa internazionale conosca il problema.  
 
Molti altri sfollati vivevano a Zliten (poche decine di chilometri da Tripoli), sempre ospitati in strutture lasciate vuote da compagnie straniere oppure presso parenti. Alcuni di loro avrebbero già trovato la morte la notte fra l'8 e il 9 agosto quando nel villaggio di Majer diverse bombe della Nato hanno fatto 85 morti civili. 


=== 5 ===

Libia, a 100 anni di distanza la solita storia coloniale. Ieri l’Italia, oggi la NATO.

 

4 ottobre 1911 - Il primo ministro italiano Giovanni Giolitti inizia la conquista della Tripolitania e della Cirenaica, inviando a Tripoli contro l'Impero Ottomano 1732 marinai al comando del capitano Umberto Cagni….

25 marzo 2011 - Bagnoli (NA) i comandi delle forze aeree e terrestri della NATO coordinano “Unified Protector”, operazione militare che concretizza larisoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, varata allo scopo di “tutelare e proteggere” l’incolumità delle popolazioni libiche.

Dall’aeroporto di Trapani Birgi partono continuamente i bombardieri che scaricano il loro potenziale missilistico sulle popolazioni di Tripoli.

Gli oltre 800 civili caduti in questi mesi sotto le bombe dell’Alleanza sono la prova tangibile di questa sacrosanta volontà protettiva.

La rete di basi italiane interessate all’aggressione contro la Libia è però molto più ampia, come si evince dalla carta di Laura Canali, pubblicata nel Quaderno Speciale di Limes 1/2011 "La guerra di Libia" e visibile sulla home page di www.disarmiamoli.org .

Un’aggressione che procede in questi giorni a tappe forzate, a causa della posta in gioco in terra libica, di cui i leader occidentali sono ben consapevoli.

5 mesi d’incessanti bombardamenti, con 20mila raid aerei, di cui circa 8mila di attacco con bombe e missili (dati forniti dal Comando congiunto alleato di Napoli il 22 agosto scorso) non sono riusciti a dare il colpo di grazia all’esercito libico, costringendo la NATO all’attuale intervento di terra, che guida bande di “oppositori” alla conquista delle varie città libiche.

Un’operazione sul terreno sino a ora nascosta da efficie

(Message over 64 KB, truncated)



NEO-LANGUES

(Continua la vicenda orwelliana delle neo-lingue scaturite artificiosamente dal serbocroato. In Montenegro, basta inventarsi due nuove lettere per imporre agli scolari il lavaggio del cervello della cosiddetta "lingua montenegrina". D'altronde, presto anche in Padania si proporrà di scrivere con due caratteri diversi la "ci" di "ciao" e la "c" di "ceci"... Sulla disputa nazional-linguistica nell'area serbocroata si vedano tutti gli articoli alla nostra pagina: https://www.cnj.it/CULTURA/jezik.htm )

http://balkans.courriers.info/article18072.html

B92 & Vijesti

La « guerre des langues » embrase à nouveau le Monténégro


Traduit par Jasna Andjelić et Jacqueline Dérens

Mise en ligne : mercredi 24 août 2011

Quelle langue va-t-on parler et enseigner dans les écoles du Monténégro le 1er septembre prochain ? La nouvelle loi sur l’éducation prévoit l’introduction de la langue monténégrine. Les partis d’opposition réclament un statut égal pour le serbe et le monténégrin, deux langues que ne séparent guère que l’introduction de deux nouvelles lettres dans le nouveau monténégrin littéraire... Certains parents d’élèves menacent de boycotter la rentrée scolaire.

Dès cet automne, les livres et les manuels scolaires seront rédigés dans la langue monténégrine, dont l’alphabet cyrillique comporte 32 lettres, alors que la langue serbe n’en compte que 30.

Deux nouvelles lettres, correspondant aux sons « žj » et « šj », qui sont couramment employées dans la langue vernaculaire et populaire, ont été intégrées dans la norme littéraire littéraire du monténégrin. La lettre « đ », également présente en serbe, sera plus fréquemment utilisée dans la langue écrite monténégrine.

Si le nouvel alphabet a été introduit dans les manuels de langue monténégrine, les nouvelles lettres doivent encore s’imposer dans les manuels des autres matières enseignées à l’école.

Selon le quotidien Vijesti, les élèves de troisième année de l’école primaire doivent apprendre la différence entre une langue normalisée et une langue non normalisée, et les enfants « doivent aussi apprendre qu’ils doivent utiliser les cas existants ».

Cependant, dans la ville de Berane, au nord du Monténégro, le Conseil de l’éducation pour la langue serbe a déjà demandé aux parents des élèves qui parlent le serbe de ne pas acheter les nouveaux manuels rédigés en monténégrin. Ce conseil fondé par deux ONG locales a déclaré que si un accord n’était pas trouvé pour un traitement égal des deux langues au début de la nouvelle année scolaire, il organiserait un boycott scolaire.

Le Conseil demande que les enfants qui parlent serbe puissent utiliser les manuels rédigés en serbe avec l’alphabet cyrillique, alors que les autorités du Monténégro ont décidé d’introduire dès la rentrée scolaire le monténégrin comme langue officielle dans les programmes scolaires du pays, avec son nouvel alphabet latin intégrant les deux nouvelles lettres.

Le recensement effectué au début de l’année révèle que 43,88% des habitants déclarent le serbe pour langue maternelle, et 36,97% disent qu’ils parlent le monténégrin (lire notre article « Recensement au Monténégro : plus de « Monténégrins » et moins de « Serbes »).

Le gouvernement et les partis politiques d’opposition trouveront-ils un accord pour éviter une nouvelle « guerre des langues » ? Le premier ministre Igor Lukšić et les partis d’opposition avaient atteint, à la mi-août, un accord général sur la langue, annonçant que les changements convenus n’entraîneraient pas de modifications constitutionnelles.

Un compromis est-il possible ?

Andrija Mandić, chef de Nova srpka demokracija (NOVA), avait reconnu que la réunion avec le Premier ministre avait dépassé ses attentes, parce qu’il ne pensait qu’Igor Lukšić ni le ministre de l’Éducation Slavoljub Stijepović seraient ouverts aux demandes de l’opposition.

« Pendant la discussion, nous avons compris que le gouvernement était prêt à modifier les lois sur l’éducation et la citoyenneté pour assurer l’adoption de la loi électorale et remplir la première condition fixée par l’UE pour l’annonce d’une date d’ouverture des négociations d’adhésion du Monténégro.

Branko Radulović, député du Mouvement pour les changements (PZP) a déclaré que la discussion avait montré que des compromis étaient possibles au Monténégro, et que le gouvernement n’avait pas la même autorité sur tous les partis de sa coalition. « Cette réunion a montré que nous étions capables d’arriver à des accords rapides sur certains sujets, tandis que d’autres seront résolus ultérieurement. Il est évident que le Premier ministre à plus d’autorité quand les ministres proviennent de son parti, mais que lorsqu’il s’agit de ministre du issus des ranges du Parti social-démocrate », a-t-il déclaré.

Il a expliqué que les participants de la réunion étaient s’étaient approché d’un large consensus sur la langue serbe, mais que ce n’était pas le cas pour la citoyenneté.

Cependant, NOVA réclame que les deux langues, le serbe et le monténégrin, soient traitées sur un pied de complète égalité. Des cadres du parti ont annoncé qu’ils n’enverraient pas leurs enfants à l’école tant que le monténégrin ne serait pas clairement différencié du serbe.

Selon le linguiste Milorad Nikčević, le problème de l’opposition tient « à la reconnaissance de la langue monténégrine comme langue officielle du Monténégro ». Il affirme que la nouvelle standardisation de la langue « prend en compte tous les parlers du Monténégro, indépendamment de l’appartenance nationale des locuteurs ». Pour lui, « le monténégrin est parlé par tous les autochtones du Monténégro, qui utilisent la forme štokavienne » de la langue autrefois appelée « serbo-croate »...



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



(sul contributo militare degli USA alla pulizia etnica e alla cancellazione della Repubblica Serba di Krajina nel 1995)

http://www.nspm.rs/srbija-i-nato/vojno-ucesce-sad-u-napadu-na-republiku-srpsku-krajinu-1995-godine.html?alphabet=l#yvComment43858


http://www.nspm.rs/srbija-i-nato/vojno-ucesce-sad-u-napadu-na-republiku-srpsku-krajinu-1995-godine.html?alphabet=l#yvComment43858


Veljko Đurić Mišina   
sreda, 03. avgust 2011.

Važan američki politički interes na Balkanu je teritorija Bosne i Hercegovine. A da bi to postigli, morali se rešiti pitanje Republike Srpske Krajine. Izbora nije bilo: Krajina je morala nestati.
U Vašingtonu i Zagrebu paralelno su pripremane vojne operacije „Bljesak“, „Oluja“, „Maestral“ i „Golubica“.
„Bljesak“ je zamišljen i sproveden kao provera reakcije Beograda i Pala na akciju etničkog čišćenja u potonjoj operaciji „Oluja“.
„Maestral“ je planiran ali nije sproveden. Bio bi sproveden da Radovan Karadžić, predsednik Republike Srpske, nije uspeo da spreči inicijativu (samovolju) generala Ratka Mladića, načelnika Generalštaba Vojske Republike Srpske da se sve snage usmere i uključe u odsudnu odbranu. Saradnjom političkih vrhova sa Pala i Beograda Vojska Republike Srpske je izbačena iz igre nizom akcija od kojih je najvažnija bila smena generala Mladića sa mesta načelnika Generalštaba odlukom vlade Republike Srpske na sednici 7. avgusta 1995. godine.
„Golubica“, poznata i kao „Vukovarska golubica“, bi bila sprovedena u slučaju da režim u Beogradu nije mogao održati dogovor, ukoliko bi se određene strukture u sistemu komandovanja Vojskom Jugoslavije otrgle kontroli na potezu Baranje i Istočne Slavonije i time izazovu lančanu reakciju. To bi bilo osujećeno najstrožim i momentalnim kažnjavanjem i pozivanjem na odgovornost za pokazivanje i najmanje samoinicijative na terenu, usmerane u pravcu pružanja organizovanog otpora hrvatskoj ofanzivi.
*****
Pukovnik Ričard Šafranski, oficir Ratnog vazduhoplovstva armije Sjedinjenih Američkih Država, svojevremeno prvi analitičar u obaveštajnom sektoru Ratnog vazduhoplovstva, potom profesor na visokim vojnim školama u SAD, postao je poznat svetskoj javnosti jednim naučnim radom objavljenim u „Military riewiw“ novembra 1994. Taj zvanični časopis je ozbiljan, stručan i luksuzni mesečnik u kome se objavljuju radovi i projekti vodećih vojnih eksperata i naučnika SAD, Velike Britanije i drugih članica NATO. Postoje dve verzije ovog časopisa: prva je dostupna široj čitalačkoj publici i druga, u vidu biltena, namenjena za interno informisanje. Rad pukovnika Šafranskog, koji je po njegovim rečima „mršava skica ozbiljnog naučnog projekta na kome rade timovi stručnjaka već punu deceniju“ a koji je izazvao veliku pozornost stručne javnosti, objavljen je pod naslovom „Neokortikalni rat“.
U tom tekstu je prikazana osnova na kojoj počiva savremena vojna doktrina SAD i suština ofanzivne strategije XXI veka, koja je po rečima tog pukovnika „posle niza godina provera i eksperimenata zrela za uvođenje u praksu kako oružanih snaga Sjedinjenih Država tako i armije NATO“. Ubrzo potom, već 1995. pokazalo se kako to nije bilo samo mišljenje jednog naučnog tima ili njegovog rukovodioca. Savet za nacionalnu bezbednost je te godine odobrio i potpisao uvođenje novog pravila o upotrebi oružanih snaga SAD pod oznakom FM 100-5. To pravilo nije ništa drugo nego uputstvo za borbenu primenu teorije neokortikalnog ratovanja, i nije ništa drugo nego metoda kompatibilna sa planom sprovođenja spoljne politike SAD, zbog čega joj je i data saglasnost za upotrebu.
Neokortikalni ili neokortički rat obuhvata psihološko-propagandni rat, akcije posrednog nastupanja, sukobe niskog intenziteta, psihološke operacije.
Istorija čovečanstva je istorija rata, od bratoubistva Kainovog. Svi periodi mira su periodi slomljene volje poraženih strana i periodi priprema za budući oružani sukob.
Suština savremenog poimanja rata je da se jednom postignuti rezultat neispušta i ne dozvoli faza primirja i predaha sve do potpunog sloma, do tačke potpunog predavanja bezpogovornog i nepovratnog prepuštanja volji protivnika. Sam pukovnik Šafranski u tekstu kaže: „Mora se onemogućiti svaka pozicija ili pokušaj protivničke strane da jednom potčinjenu volju povrati. Kad god se u istoriji događala takva situacija, obnovljena volja je odgovarala sa mnogo više žestine nego pre potčinjavanja.“
Šta su to konkretno SAD uradile na terenu? Jednostavno su sledile uputstvo svojih odredbi iz pravila upotrebe Armije, koje se zove FM 100-5. Kad je politička odluka doneta, Armija je sprovodi u delo po načelima operacija FID, koje su predviđene u strategijskim i taktičkim pretpostavkama za Balkan.

1. Operacija FID

„Operacija FID“ (Foreign Internal Defence), odnosno „unutrašnja odbrana prijateljske zemlje“ definisana je u Pentagonu 1976. godine, u pravilu FM 100-20, na osnovu iskustava iz Vijetnama i proveravana u brojnim sukobima širom sveta. FID operacija podrazumeva vođenje dejstva „bez formalnog ratnog stanja“ i obuhvata čitav niz međusobno povezanih i usklađnih mera i aktivnosti, kako od strane zaštitnika (Vlade SAD) tako i od strane vlade koju SAD podržava u odbrani od destruktivnog delovanja njenog unutrašnjeg neprijatelja.
Takve operacije se organizuju u uslovima kada je nužno uzdržavanje od otvorene i direktne vojne intervencije. U realizaciji svojih ciljeva, prema zemlji koju stavljaju pod svoj „zaštitnički skut“, SAD najpre pružaju diplomatsku i političku podršku, kako bi se u svetskoj javnosti stvorilo uverenje u opravdanost takvih postupaka, zatim krenu u snabdevanje „štićenika“ oružjem i pružanje obaveštajne i instruktorske pomoći, kako bi se on odbranio „sopstvenim“ snagama, da bi na kraju, baš ako je to izuzetno i neophodno, usledilo i angažovanje oružanih američkih vojnih  snaga. Sve se svodi sa ciljem da se oružane formacije saveznika osposobe i ojačaju za samostalnu borbu, kako bi se učešće američkih vojnika na terenu svelo na najmanju meru.
Operacija FID zasniva se na tajnom međudržavnom ugovoru ili drugoj vrsti tajnog sporazuma između SAD i sticene strane, u cemu se angažuje celokupan američki potncijal, pocev od diplomatije, ekonomije, obaveštajnih službi i specijalnih snaga za realizaciju psiholosko -propagandnih aktivnosti i drugih vidova podrške. Pri tom se da bi se sačuvala tajnost operacije što je više moguće aktivnosti, kakva je, na primer, instruktaža „vojske štićenika“, obavljaju se preko, navodno, privatnih firmi.

2. Operacija FID u Hrvatskoj

Priznavanjem Hrvatske od strane SAD i EU u njenim granicama po jugoslovenskom Ustavu iz 1974. godine stvoreni su uslovi za sklapanje međudržavnih ugovora između Hrvatske i SAD a time i za otpočinjanje realizacije operacije FID. Važno je napomenuti da je državnost Hrvatske priznata bez obzira na činjenicu što nisu bila rešena ključna pitanja, kao što je pitanje sukcesije i položaj srpskog naroda u njoj. To znači da su Srbi tretirani kao pobunjenici protiv „legalno izabrane vlade“ i „međunarodno priznate države“, njihove vojne jedinice kao „paravojne formacije“, a Republika Srpska Krajina kao „nelegitimna tvorevina“, iako je to bilo u suprotnosti sa stvarnim stanjem. Zbog toga su sve aktivnosti hrvatske vojske protiv Srba bile tumačene kao „borba protiv pobunjenika“, u kojoj saveznicima koji se bore protiv „pobunjenika“ treba pružiti pomoć.
U operaciji FID koju su SAD realizovale na prostoru Hrvatske, a koja se završila slamanjem Republike Srpske Krajine, progonom srpskog stanovništva iz Hrvatske i brojnim masakrima nad njim, jednu od glavnih uloga imala je firma MPRI.

3.1. Uloga firme za vojni konsalting MPRI

Američka privatna firma za vojni konsalting i pružanje profesionalnih vojnih usluga MPRI (Military Profesional Resources Incorporates – Vojni profesionalni resurs) formirana je 1987. godine. Njeno sedište je u Aleksandriji, Virdžinija (SAD) i okuplja prvenstveno penzionisane generale, admirale i oficire svih rangova iz američke armije, pretežno iz vojno obaveštajne službe. Na njihovom internet sajtu, ali i u prospektima koje dostavljaju zainteresovanim, navodi se da je MPRI centar sa najvećom koncentracijom vojnih eksperata i veštaka u svetu. Broj stalno zaposlenih je oko 2.000. Međutim, u misijama pružanja vojnih usluga MPRI po potrebi angažuje i dodatne snage.
Zadatak MPRI u okviru operacija FID je da obuči savezničku vojsku a administracije SAD da toj vojsci obezbedi najvažnije uslove za efikasno ratovanje: naoružanje, municiju, opremu za komandovanje i vezu, psihološko-propagandnu podršku, obaveštajne podatke i tako dalje. Ukoliko „sponzorisana“ strana, uprkos američkoj pomoći, nije u mogućnosti da izvrši postavljeni zadatak, SAD pribegavaju radi spasavanja svojih štićenika i neposrednom vojnom angažovanju, odnosno oružanoj intervenciji. Pri tome nastoje da prethodno obezbede dozvolu UN i saglasnost i podršku saveznika iz NATO. Koordninarano nastupanje MPRI i administracije SAD, najpre na prost oru Hrvatske, a zatim i u Bosni i Hercegovini, presudno je uticalo na uspeh operacija hrvatske i muslimanske vojske protiv Srpske Vojske Krajine i Vojske Republike Srpske. (Ovo koordinirano delovanje nastavljeno je kasnije i u Makedoniji i na Kosovu i Metohiji)
Iako administracija SAD ovakve akcije sprovodi tajno i nastoji da pošto-poto očuva njihovu tajnost, ipak se dešava da njihovi zvaničnici u svojm javnim istupanjima nehotice otkriju pravi smisao i suštinu delovanja MPRI. Tako je predsednik SAD Vilijam Bil Klinton dajući preporuku da MPRI vodi program „Opremi i obuči“ javno izjavio da su odlično uradili posao za Hrvate i u Bosni. (Ugovor između firme MPRI i Muslimansko-hrvatske federacije, u okviru programa „Opremi i obuči“ potpisali su 16. jula 1996. Alija Izetbegović, Krešimir Zubak i DŽejms Predju, predstavnik vlade SAD za vojnu saradnju na Balkanu. Ugovor predstavlja još jedan dokaz da administracija SAD koristi ovu firmu kao masku za svoje prikriveno delovanje. Ovo su samo neke od činjenica koje argumentuju da MPRI predstavlja ofanzivni element politike SAD i „masku“ za prikriveno delovanje zvanične administracije, jer se radi o privatnoj a ne državnoj organizaciji. Njenim posredstvom ostvaruju se američki interesi u određenoj zemlji ili regionu.)

3.2. MPRI u Hrvatskoj

Rukovodstvo Hrvatske i MPRI su još 1991. godine potpisali ugovor o obučavanju hrvatske vojske. Ministar odbrane Hrvatske Gojko Šušak je obnovio taj ugovor 15. novembra 1994, posle čega je u Hrvatsku došlo oko 60 eksperata MPRI, koji su preuzeli obuku hrvatskih specijalnih snaga i gardijskih jedinica.
Paralelno s tim, 29. novembra iste godine, potpisan je i vojni sporazum između ministarstava odbrane Hrvatske i SAD, koji je sadržavao veći broj tajnih klauzula o obuci hrvatske vojske, učešću američkih generala u operativnom planiranju, naoružavanju, obaveštajnoj i logističkoj podršci. Tim ugovorom je bilo precizirano i postavljenje američkih špijunskih bespilotnih letilica na Braču, elektronskog prislušnog centra NATO na teritoriji Hrvatske, korišćenje aerodruma i luka na Jadranu i druga pitanja. Oba ugovora označila su direktno angažovanje SAD u jačanju hrvatske vojske i u njenom pripremi za odlučujući obračun sa Srbima.
U Generalštabu Hrvatske vojske bili su angažovani renomirani penzionisani generali pripadnici MPRI: DŽon Galvin, bivši komandant američkih snaga u Evropi, Karl Vuno, bivši načelnik Generalštaba kopnene vojske SAD u vreme operacija u Panami, Ričard Grifit, bivši pomoćnik komandanta američkih snaga u Evropi za obeveštajna pitanja, DŽejms Lindzi,bivši komandant specijalnih snaga SAD i ekspert za sukobe niskog intenziteta, Ed Sojster, bivši načelnik Vojnoobaveštajne službe, Sent Krozbi, bivši načelnik Vojne akademije u Fort Levenvortu, kao i niz drugih nižih oficira i podoficira. Aktivnosti u Hrvatskoj između MPRI i vlade SAD koordinirao je general DŽon Svol, vojni savetnik državnog sekretara Vorena Kristofera. Pri ambasadi SAD u Zagrebu, prema pravilima, formiran je „državni tim“ za pružanje svih vrsta pomoći „prijateljskoj zemlji“ sa ambasadorom Piterom Galbrajtom na čelu, koji je kasnije, u intervju za zagrebački „Večernji list“, priznao da su Amerikacni znali za pripremu „Oluje“ ali je demantovao da su u njoj neposredno učestovali. Sve ovo sasvim jasno ukazuje na koordinirano delovanje MPRI i administracije SAD: MPRI – obuka a SAD – naoružanje, oprema, diplomatska i druga podrška.
Težište aktivnosti MPRI bilo je obuka hrvatskih oficira i komandi u taktičkim radnjama, organizaciji jedinica, planiranju izvođenja borbenih operacija, korišćenje obaveštajnih, satelitskih i elektronskih podataka, kompjuterskoj simulaciji i tako dalje. Za tako kratko vreme celokupna hrvatska vojska nije mogla da bude prestruktuirana po zapadnom modelu pa je težište stavljeno na obučavanje višeg starešinskog kadra, komandi i štabova i osposobljavanje Prvog gardijskog korpusa sa osam elitnih brigada, organizovanih po NATO standardima i popunjenih dobro plaćenim profesionalcima. Upravo će ove gardijske brigade predstavljati glavnu ofanzivnu snagu i udarne pesnice u operacijama „Bljesak“ i „Oluja“, odnosnu slamanju Republike Srpske Krajine, teroru i progonu srpskog stanovništva. Tom prilikom, hrvatska vojska je demonstrirala modifikovanu američku doktrinu „vazdušno-­kopnene bitke“ u kojoj su, pored ostalog, ispoljena i jaka artiljerijsko-raketna dejstva po dubini, snažne psihološko-propagandne aktivnosti, obaveštajno i logističko obezbeđenje na nivou NATO. Sigurno je, međutim, da pomoć MPRI ne bi bila dovoljna i odlučujuća za uspeh hrvatske vojske da nije bilo snažnog i koordiniranog delovanja i podrške SAD i NATO snaga, pod pokroviteljstvom UN u korist Hrvatske. Naime, u okviru hrvatskog Generalštaba su postojali Američki centar za komandovanje, upravljanje i koordinaciju hrvatske vojske, organi za psihološko-propagandno delovanje i Centar za obradu obaveštajnih podataka o srpskoj vojsci Krajine, prikupljenih američkim satelitima iz vasione i drugim sredstvima iz vazduha (bespilotne letelice i špijunski avioni).

4. Učešće SAD u slamanju Republike Srpske Krajine

O tome da su SAD dostavljale obaveštajne podatke hrvatskoj armiji svedoči i dokumentarni film „Velika storija“, koji je 16. novembra 1995. emitovao Treći kanal londonske televizije i koji pripada nezavisnoj televizijskoj mreži ITN. Autor dokumentarca, novinar Dermot Mamahan, svoje istraživanje o, kako je rekao, „jednoj od najčuvanijih tajni balkanskog rata“ započeo je na ostrvu Braču, gde su u jednom od ispražnjenih hotela boravili „misteriozni“ Amerikanci, koji su se kretali isključivo u pratnji hrvatskih vojnih policajaca.
Meštani koji žive u blizni aerodruma potvrdili su britanskom novinaru da su videli „čudne avione“ koji su se sa aerodromske piste uzdizali po nekoliko puta dnevno. Na osnovu njihovih opisa i konsultacijama sa stručnjacima, Mamahan je zaključio da se radilo o američkim špijunskim letilicama bez pilota tipa GNAT-750, čiji su delovi su stizali u sanducima, a Amerikanci su ih posle sastavljali u jednom od hangara. Letelice su opremljene moderim kamerama i uređajima za snimanje pokreta trupa, raspored naoružanja i prikupljanje drugih važnih podataka.
Mamahan je tom prilikom citirao i Dejvida Fulgama iz časopisa „Aviation week“, koji je rekao da „čitava bračka operacija svedoči o angažovanju CIA“ a navedena je i izjava penzionisanog generala američke obaveštajne službe Rodžera Cajlsa, da Amerikanci dele sa Hrvatima podatke dobijene špijunskim letovima. To je Mamahanu potvrdio i hrvatski general Martin Špegelj.
Na osnovu toga, Mamaham je zaključio da su hrvatske trupe, izvesno, te podatke široko koristile u osvajanju Krajine, kada je usledilo „masovno ubijanje civila srpske narodnosti“. Tako je „ofanziva koja se izvrgla u masakr sprovedena uz američku podršku“, zaključio je Mamahan i dodao da su kako su oficiri UN potvrdili da su čuli zvuke američkih aviona neposredno pre nego što je napad počeo.
Snimci NATO aviona koji poleću iz Avijana neposredno pred napad na Krajinu, a čiji je zadatak bio da sruše sve releje Srpske vojske Krajine, čime su je dezorijentisali jer komunikacioni sistemi više nisu mogli da funkcionišu, prikazani su svojevremeno na Hrvatskoj televiziji dva puta. Time svedočenje oficira UN iz Mamahovog dokumentarnog filma dobija na težini i daje još jedan od dokaza da se NATO mašinerija predvođena SAD naposredno angažovala u slamanju Krajine a time u progonu i masakrima srpskog stanovništva.
Osim toga o neposrednom angažovanju SAD u operaciji „Oluja“ govori i Tim Maršal, autor knjige „Igra senki“, koja je 2001. objavljena u Beogradu i koja na direktan način govori opozadini takozvanih petooktobarske revolucije. Deo razgovora Maršala i Marka Lopušine, novinara „Nedeljnog telegrafa“ je objavljen 4. decembra 2000. U njemu, između ostalog, Maršal govori da je operacija „Oluja“ planirana i finansirana iz SAD, uz upotrebu modernog oružja koje koristi CIA, ističući da mu je to potvrdio jedan pukovnik CIA: „Oluja“ je u dokumentaciji ove agencije ocenjana kao vrlo uspešna – američka akcija.
Ono što ostaje kao otvoreno pitanje jeste koliko je učešće SAD i firme MPRI u neposrednom planiranju ovih operacija i da li su američki planeri i savetodavci zajedno sa svojim „učenicima“ planirali masakr i progon srpskog stanovništva ili su se „učenici“ otrgli kontroli i zlodela počinili na svoju ruku, nastojeći da, po receptu Ante Pavelića, reše srpsko pitanje u Hrvatskoj jednom za svagda.

5. Hrvatske obaveštajne službe o američkom učešću

„Gospodo, istjerajte nam Srbe iz Hrvatske, mi nemamo pitanja oko vaših uslova“ rekao je Gojko Šušak Karlu Edvardu Vuonou novembra 1994. prilikom potpisivanja ugovora sa MPRI.
Budući da je SAD više zanimala situacija u Bosni i Hercegovini nego u Hrvatskoj, od Hrvatske se tražilo da omogući instaliranje vojne baze s bespilotnim letilicama. Osnovni uslov je bio da to bude najstroža tajna, da ne bi izgledalo da se SAD svrstava na jednu stranu.
SAD nisu samo nadzirale kompletnu akciju „Oluja“, nego su i aktivno sarađivale s Hrvatskom vojskom na njenoj pripremi, i na kraju i direktno inicirale. Zeleno svetlo Bele kuće, odnosno predsednika Klintona za akciju „Oluja“ preneo je potpukovnik Ričard Heriš, tadašnji vojni ataše SAD u Zagrebu. Nekoliko dana pre početka „Oluje“ on je posetio Markicu Rebića, koji je uz Miroslava Tuđmana, tada prvog čoveka Hrvatske informativne službe, i Miru Međimurca, tada šefa SIS-a, najintenzivnije komunicirao s američkim vojnim i obaveštajnim službama, zbog čega je 1996. i dobio od Pitera Galbrajta, tadašnjeg ambasadora SAD u Zagrebu, Meritorius service medal. Heriš je Rebiću predao poruku da SAD nema ništa protiv toga da operacija „Oluja“ počne, da mora biti „čista i brza“, odnosno da je treba završiti u pet dana. Rebić je bio iznenađen što je tako važna politička i vojna poruka prenešena na takvom nivou, i odmah pisanom porukom izvestio državni vrh. Ovo je vredno pažnje jer je u liniji „zapovedanja“ u potpunosti bio izbačen Galbrajt. Vredi istaći da je poruka prenesena od Klintona, Entonija Lejka, tada savetnika za nacionalnu sigurnost, i Vilijama Perija, ministra odbrane, preko Rebića do Šuška i predsednika Franje Tuđmana.
To je bio vrhunac međusobne saradnje SAD i Hrvatske, koja se počela razvijati 1992, na početku srpsko-muslimanskog rata. Klinton je 1995. bio pred drugim izborima, a Bob Dol republikanski predsednički kandidat koji je tražio da Kongres donese odluku o ukidanju embarga na oružje za muslimane u Bosni i Hercegovini. Klintonu je regija postala bitna zbog unutrašnjih stvari u SAD i cena njegova opstanka na vlasti. U strategiji rešavanja krize odlučili su iskoristiti Hrvatsku da se preko nje udari po srpskim snagama u Bosni i Hercegovini, stoga je i potpisana Splitska deklaracija Alije Izetbegovića i Franje Tuđmana, koja je dopuštala ulazak Hrvatske vojske pod komandom generala Ante Gotovine u Bosnu i Hercegovinu i saradnju s Armijom Bosne i Hercegovine. Da bi se mogla ostvariti ta operacija, hrvatska vojska je morala doći na Dinaru iznad Knina i operacijom „Oluja“ osloboditi Krajinu, pa su odmah prebacili svoje jedinice u Bosnu i Hercegovinu, kako bi se stisnulo Srbe i prisililo Slobodana Miloševića na potpisivanje mirovnog sporazuma u Dejtonu. To je bila Klintonova borba s vremenom, jer mu je trebalo brzo rešenje krize kako bi zaustavio Dolovu inicijativu i pred svojim biračima pokazao se kao odlučan predsednik koji može rešiti i tako velike krize kao što je bila ona na tlu bivše Jugoslavije, a čije su strahote svaki dan bile prikazivane na CNN-u i drugim velikim američkim TV stanicama. Da ne bi imao na leđima Engleze i Francuze, Klinton je zaobišao klasičnu diplomatiju, kako bi u slučaju neuspeha mogao tvrditi da u tome nije sudelovao. No, budući da se akcija, koju je u njegovo ime vodio Ričard Holbruk, dobro završila, obojica su je u svojim knjigama istakli kao vrlo uspešnu. Suočen s teškim stanjem u Hrvatskoj i Bosni i Hercegovini pred izbore za drugi mandat, Klinton je odlučio pomoći Hrvatsku protiv Krajine.
Prvi kontakti na najvišem obaveštajnom nivou počeli su 1992, kada je na čelu DIA (Defence Intelligence Agency – Vojna obaveštajna agencija) bio general DŽejms Klaper. U Hrvatskoj su njegovi ljudi bili potpukovnik Ričard Heriš i njegov pomoćnik Ivan Šarac. Šarac je imao čin narednika četvrtoga reda, najviši koji je kao dočasnik mogao imati. Rođen u Hrvatskoj, sa 17 godina emigrirao u SAD. Nakon nekoliko godina prijavio se u vojsku pa je na početku sukoba u Jugoslaviji poslan u Zagreb, jer je poznavao prilike i znao jezik. Potpukovnik Heriš je bio inžinjer građevine, no s vremenom je postao vrlo visoko pozicioniran u američkoj vojnoj službi i osoba kojoj je Klaper najviše verovao. Ubrzo je počela svojevrsna trgovina između dve službe. Hrvatska služba je dala američkoj DIA ruske podvodne mine od 500 kilograma i najmodernija ruska torpeda, a zatim i kriptozaštitne uređaje koje je koristila JNA, odnosno sovjetska vojska. Hrvatska služba je dala podatke o fabrici bojnih otrova koja se nalazila u Srbiji a premeštena iz Bijelog Polja kod Mostara. SAD su ubrzo isporučile opremu za prisluškivanje koja je uperena prema Srbiji i Crnoj Gori mogla istovremeno snimati 20.000 telefonskih razgovora.
Pre „Oluje“ trebalo je provesti akciju „Ljeto '94“ i „Zima '95“. U planiranju o peracije dolaska hrvatskih trupa iznad Knina SAD je pomogao u obaveštajnom delu operacije. Da bi se tačno mogao planirati prodor preko bosanskih planina u zaleđe Knina, trebalo je mnogo informacija o kretanju srpskih trupa, sastavu veza, kripto zaštiti, postavljenim topovskim punktovima i tako dalje. Odabran je otok Brač, koji se mogao dobro čuvati. Tamo su bili stacionirani sva oprema i ljudstvo predvođeno CIA-inim stručnjacima s bespilotnim letelicama dugog dometa, koji su pokrivali celu Bosnu i Hercegovinu do srpskog koridora na Savi. U njenom dometu je bilo i celo područje Krajine. U to vreme niko u Hrvatskoj nije znao šta se zapravo događa i skriva na Braču. To nisu znali ni američki saveznici Nemci, koji su tamo 1. januara 1994. poslali svog vojnog atašea. Baza je izmeštena posle incidenta koji je nesmotreno izazvao ovaj Nemac. Nova baza je napravljena u mestu Šepurine kraj Zadra. Oprema iz SAD dovozila se preko noći.
Iz Šepurina se bespilotnim letelicama pokrivao svaki kutak Krajine i Bosne i Hercegovine. Amerikanci su imali prećutan dogovor sa hrvatskom vojskom da im ustupe sve snimke terena i srpskih trupa, a u realnom vremenu slika se direktno preko satelita prebacivala u Pentagon. U prostorijama s ekranima neprestano su celu situaciju nadgledala tri američka i tri hrvatska oficira.
Uoči akcije „Bljesak“, koja je trebalo biti generalna proba za akciju „Oluja“, tačno u ponoć, šest sati pre početka operacije, u MUP su pozvani Heriš i Šarac gde im je rečeno da planirana akcija počinje za nekoliko sati. U MUP je tačno u ponoć bio formiran Štab operacije „Bljesak“, koji se ujutro u šest sati prebacio u MORR. Kako se selio štab, tako se selio i američki vojni ataše. On je neprestano tražio izveštaje o dogadanjima i slao ih Klintonu, u Belu kuću. Svakoga jutra američki predsednik je bio obavešten o pripremama i svakome deliću operacije. Amerikance je oduševio način na koji je sproveden „Bljesak“, shvatili su da je to izvrstan model saradnje s Hrvatima, koji bi mogao biti odlučujući u borbi protiv Srba u Bosni i Hercegovini. Pentagon je celu akciju koordinirao preko Ričarda Heriša, a akciju CIA koordinirao je Mark Kelton, šef ekspoziture CIA u Zagrebu, koji je usko sarađivao s Miroslavom Tuđmanom, tada šefom HIS.
Amerikanci su u vreme pripremanja „Oluje“ opskrbljivali hrvatsku vojsku podacima o kretanju Srba u Krajini i pokretima Vojske Jugoslavije na istočnoj granici s Hrvatskom. Bojali su se da će Milošević napraviti protivudar s dve tenkovske brigade u Istočnoj Slavoniji ako se na južnom bojištu krene na Knin. Intenzivnim slušanjem komunikacije Beograd-Knin, i u samoj Srbiji, došlo se do zaključka da do protivudara ipak neće doći. Rizično je bilo da Srbi iz samoga Knina ne krenu u napad kada Gotovina s jedinicama dođe na Dinaru iznad Knina. Da su bespilotne letelice i prisluškivanja pokazivala ofanzivne pokrete trupa, „Oluja“ bi počela desetak dana prije.
U noći 3/4. avgusta 1995. hrvatskim jedinicama bila je izdana zapovest da se između ponoći i četiri sata ujutro isključe svi telekomunikacijski uređaji. Posle se saznalo da su Amerikanci iskoristili to vreme za ometanje i uništavanje srpskih telekomunikacijskih uređaja elektronskim putem. Hrvatskoj vojsci je preostalo samo sat vremena, od četiri do pet ujutro, da se služi radio-vezom i koordinira akciju. Uoči „Oluje“ ponovo je u Štab operacije pozvan američki vojni ataše. U njegovoj pratnji opet je bio Ivan Šarac. Dan ili dva pre „Oluje“ Heriša, koji je pripremao „Oluju“ s hrvatskim oficirima i dao u ime Klintona zeleno svetlo za operaciju, zamenio je pukovnik DŽon Sadler. Tačno u ponoć došli su u Operativni štab u MORR-u i odande neprekidno pratili događaje na terenu. Ovaj put cela operacija „Oluja“ u realnom je vremenu prenosena preko satelita u Pentagon. Signal koji je išao prema satelitu od Amerikanaca je preuzimala i Hrvatska vojska, pa se pomoću tih snimaka moglo u milimetar kontrolisati topovska paljba po srpskim položajima na Crvenoj zemlji u okolici Knina, gde je bila smeštena kasarna vojske Republike Srpske Krajine. Uz uništavanje srpskih komunikacija elektronskim putem, vojska SAD i vojno je delovala po srpskim položajima, kada je raketirala protivavionsku bateriju nadomak Knina koja je radarskim snopom obasjala američke borbene avione koji su nadletali područje borbi. Ta je vest bila objavljena samo jednom, i to na vestima u 18 sati. Nakon toga je SAD uputio oštar prekor zbog objavljivanja te vesti, pa posle ona više nikada nije ponovljena. U službeno američko objašnjenje raketiranja niko nije poverovao, nego i danas vlada uverenje da se radilo o direktnoj američkoj pomoći Hrvatskoj vojsci, samo što se to ni petnaest godina nakon „Oluje“ ne sme priznati zbog odnosa SAD s Velikom Britanijom, koja je imala potpuno drugačiju koncepciju rešavanja pitanja na Balkanu.
„Oluja“ je završena a hrvatska ofanziva je nastavljena protiv vojske Republike Srpske.
SAD je bio oduševljen brzinom i čistoćom sprovedene akcije i njenim rezultatima, koji su omogućili munjevit ulazak hrvatske vojske u Bosnu i Hercegovinu i prodor do Banjeluke i na kraju pristanak Beograda na mirovni sporazum u Dejtonu.





Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



LO SCHIFO OLTRE LO SCHIFO


Non c’è niente di più simile alla rete fognaria di una metropoli monnezzara e cagona, che la rete mediatica dei nostri giorni. 
Ci sono canali con acque più o meno nere. Qui parlo della cloaca massima. Di un gaglioffo strascreditato, sia per la prosa tortuosa e fuffarola, sia per ciò di osceno quella esprime, condannato x-volte per omicidio e scampato alla totalità della condanna grazie ai suoi atti di sconcio asservimento alla criminalità organizzata ufficiale, burina o cosmopolita, c’era da aspettarselo- Ci sono anni di precedenti del suo sicariato mediatico (“Panorama”, “La Repubblica”, “Il foglio” del commilitone Ferrara) ovunque la necrofagia dei predatori finanziari e militari potesse avvantaggiarsi dei suoi miserabili puntelli. Adriano Sofri, spurgo tossico dell’intellighenzia nazionale, dopo essere stato il leader di un’organizzazione di cui si fece indegno, Lotta Continua (ero al giornale con lui, lo presi a cazzotti per la sua dispotica arroganza), è risalito la scala della rispettabilità pubblica offrendo lieto, piolo dopo piolo, il prezzo dell’autodistruzione morale e politica. La scala è lunga quanto gli anni che lo separano dai servizietti a Craxi. Un ristretto florilegio: le falsità, commissionategli dai servizi segreti bisognosi di pretesti per distruggere Jugoslavia e Serbia, sulle stragi del mercato di Sarajevo, 1993 e 1995, attribuite ai serbi e provate dall’inchiesta ONU responsabilità del compagno fascista Izetbegovic; la satanizzazione di Saddam e dell’Islam, il soffietto democraticista alle destabilizzazioni e ai golpe delle varie rivoluzioni colorate, l’avallo alle mistificazioni dell’11 settembre e seguenti, la militanza alla Apelius per ogni crimine di guerra, l’intimità con i nazisionisti perfino su Gaza... Non se ne è lasciata mancare una, Sofri, di occasioni per dare il suo contributo alle dittature e ai terrorismi del Capitale. 

Riassumo le tracce che questo muselide ha evacuato su La Repubblica il 24 agosto scorso. “Sogno una polizia del mondo, catastrofica la rinuncia ad abbattere Gheddafi, irresponsabile non distruggere con tutti i mezzi la tirannide sanguinaria di un buffone, buffone sanguinario che pianta le tende a palazzo Marigny, mentre Sarkozy sfotte l’ottimo Bernard Henry Lévy che lo rimprovera di averlo ricevuto” (questo pagliaccio reazionario, pseudofilosofo come il nostro cacasenno da robivecchi della letteratura, caricatura goblin del pensiero politico, cantore di ogni infamia, è di Sofri il modello supremo). E poi avanti: “fare stragi di civili per abbattere regimi è la contraddizione largamente inevitabile nelle relazioni internazionali; chi vi si sottrae per rispetto alla cosiddetta sovranità nazionale (cosiddetta!) si fa complice attivo di crimini immani”. Trema, Sofri, al pensiero di “cosa sarebbe accaduto alla popolazione indifesa di Bengasi se la Nato non avesse impedito ciò che Gheddafi e i suoi ferocemente giuravano”. Che Gheddafi non ha mai giurato, né immaginato, ma che i briganti del golpe hanno attuato oltre ogni immaginazione splatter darioargentesca.

Non rinunciando a nessuna leccatina ai piedi di coloro a cui deve farsi perdonare, non tanto l’assassinio (si trova tra compari), ma di aver alimentato e organizzato una speranza rivoluzionaria, Sofri pietisce attenzione e remunerazione ai carnefici dissotterrando altri pezzi dall’obitorio: “Srebrenica, Ruanda, Kosovo, il Tibet, gli Uiguri”. Autocastratosi sul piano dell’originalità ideologica, Sofri è ridotto a copiare gli ordini di servizio di Cia, Mossad, MI6 . E meno male che c’è un Tribunale Penale Internazionale che incrimina esclusivamente personaggi dalla pelle più scura e che non stanno alla disciplina della Gestapo planetaria. Peccato che questa benedetta polizia del mondo, dall’ “efficacia universale” contro chi sfugge al brigantaggio di cui Sofri è canarino, quel debosciato di Ban Ki Moon non sappia metterla in piedi. Ma menomale – è questa è grossa – che “Obama ha mostrato di stare dalla parte della primavera nordafricana”. Di quella normalizzata dai generali e fantocci USA-UE in Egitto e Tunisia. Mica dell’altra, quella che l’Obama arabo e primaverile ha lasciato e lascia triturare in Bahrein e Yemen, con migliaia di morti, di cui ci si compiace, mentre si è goduto dei diritti umani importati a Gaza da Piombo Fuso sulle ali dei bombardieri e dei missili d’uranio e fosforo forniti dagli Usa. E menomale che Sarkozy – e questa è ancora più fetida – “forzò la mano a Lega Araba e ai liberatori e salvatori dei diritti umani del Qatar e degli Emirati”, peraltro impegnati a sterminare ribelli dalle loro parti, “e proclamò l’impegno giacobino della Francia ovunque siano minacciati la libertà dei popoli e la democrazia”. Aspettiamo una prossima rettifica storica dell’eccidio degli indiani d’America, inizio di un pallottoliere sul cui il nostro vorrà calcolare i trionfi della democrazia Usa.. Poi l’omuncolo si adira: “Ma come la Libia sì e la Siria no?” Per favore, anche se non c’è il petrolio (questa gli è sfuggita), “in Siria sì”. 20mila morti, almeno, in Libia non bastano a questo botolo mannaro. Il lugubre ruffiano, come ho detto, non si nega nulla e a forza di “interposizione e prevenzione” da generalizzare (alla jugoslava o irachena, 1.5 milioni di vittime dell’embargo) arriva all’auspicio che lo consacra quanto da trent’anni cerca di essere: al meglio un buffone di corte, al peggio un bruffolo della metastasi del capitalismo impegnato nell’estinzione planetaria: “l’intervento di terra, fosse pure a costo della sporca nozione di guerra mondiale”. Quel “sporca” era un atto dovuto all’ipocrisia, che si sa madrina del vizio. Giacchè “ l’esclusione di ogni intervento di terra”, per completare la mattanza, “è un feticcio ingiustificato e anche odioso, espressione del culto imbelle dei nemici di principio di ogni ingerenza”.

Il sogno supremo di Sofri? Un paese democratico e custode dei diritti umani come il Qatar, generosamente precipitatosi in soccorso di una Libia che detiene un petrolio assai più apprezzato del suo, che non aspetta altro che installare sul trono della repubblica rivoluzionaria l’erede dell’illuminato monarca Idris e che dunque viva la vita felice dei sudditi di una famiglia Khalifa Al Thani che dal 1824, per grazia di ottomani e inglesi, ha potuto servire efficacemente i padroni coloniali facendo dello Stato proprietà privata sua e dei soci di maggioranza esteri e dei suoi abitanti un popolo disperso che nome non ha. Per Sofri, l’emiro del Qatar è del mondo arabo, anzi, del mondo, il battistrada.
Ce n’è per vomitare ancora. Quanto, tuttavia, qui si è rigurgitato di sofrismo dovrebbe bastare per annichilire nella vergogna anche l’ultimo stronzo nostalgico del “leader di Lotta Continua”. Questo è il suo finale: “Siamo liberi, abbiamo gridato noi nel 1861, o nel 1945... furono belle giornate”. Già, per te che ti maceri nel rimpianto di non aver potuto essere un Crispi, o un Junio Valerio Borghese.

Fulvio Grimaldi

(da http://fulviogrimaldi.blogspot.com/2011/08/born-in-usa-sofri-lo-schifo-oltre-lo.html - venerdì 26 agosto 2011)



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali


(srpskohrvatski / english)


JADOVNO, SLANA I METAJNA


Jadovno

Priredio: Jovan Mirković, viši kustos Muzeja žrtava genocida, Beograd

(Muzej žrtava genocida vršeći svoju misiju trajnog sećanja na žrtve genocida i Holokausta bavi se prikupljanjem, obradom, čuvanjem, izučavanjem i prezentacijom podataka i građe o genocidu nad srpskim narodom na njegovim etničkim i državnim prostorima, o Holokaustu Jevreja i genocidu nad Romima, kao i ljudskim gubicima i stradanjima u ratovima 20. veka pripadnika svih naroda na jugoslovenskim prostorima).

 

Uz odobrenje autora, preneseno iz knjige:

Dr Đuro Zatezalo: „JADOVNO Kompleks ustaških logora 1941. godine“



english: http://www.jadovno.com/jadovno-slana-metajna-en/articles/jadovno-slana-i-metajna.html


english: http://www.jadovno.com/jadovno-slana-metajna-en/articles/jadovno-slana-i-metajna.html



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: 
https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0711.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 
https://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC
Viaggio del 30 giugno – 3 luglio 2011


Questa relazione e’ suddivisa in quattro parti.


  1. Introduzione e siti web
  2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso e quelli futuri

  3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e su Kragujevac

  4. Conclusioni



1. Introduzione


Vi inviamo la relazione del viaggio svolto poco piu’ di un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Innanzitutto vi informiamo che abbiamo chiuso il sito
www.nonbombemasolocaramelle.org
perche’ il suo costo e l’impegno per mantenerlo non erano assolutamente compensati dallo scarso numero di visite.

Con l’aiuto di un nostro nuovo sottoscrittore abbiamo aperto una pagina su facebook
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle
che sembra avere un certo successo; naturalmente misureremo questo successo con il numero di persone che scopriranno le nostre attivita’ con questo strumento e che decideranno di partecipare alle nostre iniziative.

Tutte le nostre attivita’ vengono pubblicate regolarmente sui due siti che seguono; altri siti di tanto in tanto riportano sia le relazioni dei nostri viaggi sia le notizie che di tanto in tanto vi forniamo in modo piu’ sintetico.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, scorrendo la pagina all'indirizzo:
https://www.cnj.it/solidarieta.htm



2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso



Giovedi’ 30 giugno 2011; il viaggio, l’arrivo al Sindacato e la consegna dei contributi di sostegno all’ufficio internazionale adozioni

Come sempre partenza da Trieste verso le 8 del mattino. Poiche’ siamo solo in tre (Gilberto, Milena e Stefano) viaggiamo in auto.
Questo vuol dire che non siamo in grado di trasportare regali per le famiglie serbe ne’ tantomeno, al ritorno, di portare con noi il gran numero di regali che le famiglie serbe mandano ai loro amici italiani; li lasceremo quindi tutti nell’ufficio del Sindacato li recupereremo durante il viaggio di ottobre prossimo.

Il nostro viaggio si svolge in assoluta tranquillita’ con passaggi velocissimi alle varie frontiere; tra l’altro e’ addirittura freddo per la stagione.

Come sempre dopo aver passato Zagabria il traffico diviene assolutamente inesistente; mancano soprattutto i camion, e questo e’ senz’altro indice di una crisi economica sempre piu’ grave per i Paesi della regione.
Solo l’attraversamento di Belgrado pone come sempre dei problemi: per molti chilometri l’autostrada e’ gratuita e attraversa la citta’ da un capo all’altro e viene quindi usata in pratica come strada urbana (ci sono anche le piazzole per le fermate degli autobus urbani); ci sono molti lavori in corso (tra cui il rifacimento del piu’ importante ponte sulla Sava) e inoltre i belgradesi non rispettano assolutamente il codice della strada. Finito questo percorso si tira sempre un sospiro di sollievo.
Alle 19 incontriamo finalmente i nostri amici nella sede dell’Ufficio relazioni internazionali ed adozioni a distanza del Sindacato Samostalni.
Per quanto l’atmosfera dell’incontro sia come sempre festosa, si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per 1592 persone, tra cui tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.
E’ chiaro che senza di loro la campagna di solidarieta’ in piedi da piu’ di dieci anni sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase in cui l’aiuto concreto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.
Vi ricordo che a questo proposito tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un fondo. SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integrera’ il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.
Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, discutiamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.


Venerdi’ 1 luglio 2011; verifica dei progetti

La giornata inizia con un incontro con la Direttrice del Liceo di Kragujevac ed alcuni professori.

Questa e’ la Scuola da cui erano stati prelevati dai nazisti gli studenti e i loro professori il 20 ottobre del 1941, e poi fucilati il giorno dopo per rappresaglia a Sumarice, in periferia della citta’; di questo evento ho riferito molte volte in questi anni.
IN questo Liceo abbiamo portato avanti lo scorso anno un progetto di riqualificazione dell’aula che gli studenti utilizzano per le loro atticvita’ extrascolastiche; a marzo scorso la avevamo inaugurata completamente rinnovata e con una nuova intitolazione: SALA DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PACE.
A ottobre prossimo cade il settantesimo anniversario della strage e saranno particolarmente importanti le cerimonie che la ricorderanno.
Da parte nostra abbiamo proposto alla Scuola di esporre in questa aula la mostra Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento del confine orientale (1942-1943)preparata dell’Istituto Gasparini di Gorizia.
La mostra illustra i i crimini fascisti italiani contro la comunita’ slovena e croata al confine orientale italiano. Nello specifico descrive le condizioni di vita nel campo di concentramento nell’isola di Rab, attraverso le testimanianze di bambini internati nel campo, raccolte tra il 1944 e il 1945. Si articola in 26 grandi pannelli la cui traduzione in Serbo e’ quasi finita.
Siamo rimasti d’accordo che la presentazione di questa mostra agli studenti del Liceo e alla citta’ si fara’ il 20 ottobre, per non interferire con le cerimonie ufficiali del 21.

Il centro 21 ottobre per ragazzi down.

Continuiamo questa intensissima giornata con una visita al Centro 21 Ottobre per ragazzi down, che e’ il primo progetto nel campo dei bisogni sociali che abbiamo realizzato a Kragujevac, nel 2005. Il centro era stato inaugurato nel luglio di sei anni fa, ed e’ gestito fino dalla sua fondazione da una Cooperativa Sociale dal significativo nome Socialna Kooperativa Vivere.
Continua a funzionare perfettamente con grande soddisfazione dei 16 ragazzi ospiti del Centro e delle loro famiglie.
Purtroppo uno dei utenti del Centro, Zdravko, e’ morto di influenza suina la primavera scorsa; sua madre era quella che aveva cominciato tutta questa grande esperienza, scrivendoci alla fine del 2004 per chiedere aiuto per questi sfortunati ragazzi.
Zdravko era in affido a una famiglia di Pordenone da molti anni. Queste persone hanno mostrato una grandissima sensibilita’ chiedendo di poter continuare il loro affido sempre a favore di un ragazzo con gravi problemi mentali.
Consegnamo un regalo di 200 euro, di cui 100 provenienti da nostri sottoscrittori di San Giorgio di Nogaro a cui ne abbiamo aggiunti 100 della Associazione.
Questi piccoli contributi permettono a questi ragazzi di poter effettuare di tanto in tanto qualche gita.
Ed ogni volta Jelena, la direttrice, ci consegna un CD con piccoli filmati e tante foto delle loro attivita’, oltre ad una completissima documentazione di come sono state spese queste piccole donazioni.

La mattina si conclude a Male Pcelice (Le Piccole Api).

Si tratta dell’ospedale psichiatrico di Kragujevac.
A maggio scorso, durante la visita di una delegazione del Sindacato Zastava in Friuli, avevamo visitato la casa di riposo Giovanni Chiaba' di San Giorgio di Nogaro.
Questa struttura ci aveva offerto in quella occasione un grande numero di letti ospedalieri, in ottime condizioni, che dovevano essere dismessi per problemi di modifica delle normative. Il Sindacato aveva svolto una indagine a Kragujevac, per trovare una struttura che avesse bisogno di questa donazione; l’ospedale Male Pcelice stava ristrutturando un suo reparto e ha immediatamente accettato questi materiali.
A meta’ giugno scorso siamo riusciti a spedire un enorme camion con 36 di questi letti ed i relativi comodini; grazie all’aiuto dell’ex console generale di Serbia a Trieste una ditta di Belgrado ha effettuato gratuitamente il trasporto.

[FOTO: I letti a San Giorgio in attesa di essere spediti;  Il camion che li ha trasportati]

Dopo le operazioni doganali sono stati trasferiti a Male Pcelice, dove sono giunti proprio durante la nostra visita!

[FOTO: Scarico dei letti e dei comodini a Male Pcelice]

Siamo rimasti molto colpiti da questo ospedale.
E’ il piu’ grande della Serbia, con 899 utenti, dai 18 anni in su; il piu’ anziano ha 90 anni.
Dipende dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali; e’ stato aperto nel 1972.
Si occupa di adulti con disturbi nello sviluppo mentale e di malati mentali di livello di alto e medio-alto.
Il personale complessivo e’ di 308 unita’, tra cui 7 medici e 47 infermieri.
La Direttrice Suzana Perovic ci ha illustrato in dettaglio le stategie per aprire al mondo questa struttura, e combattere per i diritti degli utenti, contro la loro discriminazione sia dalla comunita’ locale sia a livello piu’ alto.
I loro pazienti girano, vanno in citta’, alle mostre, agli eventi sportivi.
Solo cinquanta non sono mai usciti dalla struttura.
Escono sia a livello di persone singole che in gruppo organizzato.

L’ospedale e’ costituito da vari padiglioni, all’interno di un parco tenuto benissimo.
Possiede un campo sportivo, una biblioteca molto curata, una grande palestra per fisioterapie, numerosi laboratori per terapie basate su attivita’ manuali.

Molti ospiti, circa 500, svolgono direttamente lavoro produttivo, per il quale ricevono lo stipendio.
La terapia lavorativa si realizza laboratori creativi: lavori con carta, lana, oggetti decorativi, cartoline; inoltre prestano aiuto in biblioteca e in mensa e nella sala ricreazione; molti si occupano delle aree verdi.
Il lavoro produttivo riguarda la produzione di imballaggi in cartone, falegnameria, tappezzeria, sartoria, oggetti di artigianato, cestineria.

[FOTO: Due padiglioni di Male Pcelice; Particolari della biblioteca e della palestra; Particolari della falegnameria e della sartoria]

Il pomeriggio e’ dedicato al campo profughi di Trmbas e alla Scuola Primaria Vuk Karadzic frequentata dai figli delle famiglie che vivono in questo campo.

Abbiamo diffusamente descritto questo campo nella relazione dello scorso viaggio.
Ricordiamo per sommi capi.
E’ un ex villaggio turistico, di proprieta’ pubblica, utilizzato fino al 1990 come colonia per gli studenti di Kragujevac; e’ situato in un bosco a circa 5 kilometri dalla citta’ nel piccolo villaggio di Trmbas.
E’ costituito da 10 edifici in legno a due piani, e tre edifici in muratura che contengono i servizi igienici comuni, un deposito viveri e un locale cucina-refettorio.
Dal 1991 fino ad ora e’ stato usato come campo per profughi, dapprima per quelli provenienti dalla Croazia e poi dal 1999 per quelli del Kosovo.
Attualmente e’ abitato da circa 65 famiglie per un totale di circa 280 persone, di cui un centinaio inferiori ai 18 anni. Nessuno nel campo ha un lavoro regolare, chi puo’ si arrangia in nero.
Gli edifici sono tutti in condizioni precarie (ad eccezione del locale cucina) per assoluta mancanza di manutenzione, anche se sono tutti recuperabili in quanto le strutture non mostrano danni irreparabili ne’ nelle parti in legno ne’ in quelle in muratura.
Il campo soffre di un grande degrado ambientale ed umano che dipende in gran parte dalla assoluta mancanza di prospettive per il futuro della gente che vi abita.

[FOTO: Uno degli edifici del campo, il numero 6]

Vi sono diversi livelli di intervento in questo villaggio; un suo recupero completo necessita di almeno 40.000 euro; questa cifra e’ al di fuori della possibilita’ di una ONLUS come la nostra, anche in cooperazione con altre associazioni; per questo motivo abbiamo presentato un progetto di richiesta di finanziamenti per 25.000 euro alla Chiesa Valdese, che utilizza il proprio 8 per mille in progetti di cultura, diritti e solidarieta’. Sapremo a settembre prossimo se il nostro progetto sara’ approvato.
L’intervento prioritario e’ comunque sui tetti degli edifici, per un costo complessivo di circa 8500 euro;
vengono poi gli interventi di ripitturazione delle facciate e il restauro degli edifici in muratura

Vista l’urgenza di intervento sui tetti, il Direttivo della nostra associazione, insieme alla associazione di Brescia e alla associazione Un ponte per... di Roma ha deciso di iniziare questi lavori a giugno; se poi arrivera’ il contributo richiesto alla Chiesa valdese potremo intervenire su nuovi progetti.
Sono stati dunque stanziate le seguenti cifre, che sono state consegante durante questo nostro viaggio:
4000 euro da Non Bombe ma Solo Caramelle
2500 euro da Un Ponte per...
2000 euro da Associazione Zastava Brescia per la solidarieta’ internazionale.

Nel frattempo l’impresa edile che lavora da molto tempo sui nostri progetti ha completato i tetti durante il mese di giugno, prima del nostro arrivo e successivamente ha deciso (su forte pressione del Sindacato) di restaurare anche le facciate dell’edificio numero 6.

[FOTO: Tetto in onduline smontato (edif. n. 6) Nuovo tetto in costruzione (edificio n.6); Nuovo tetto edificio numero 6; La facciata dell’edifico numero 6 dopo il restauro]

Durante la nostra visita di marzo scorso avevamo trovato una situazione veramente pesante per quanto riguardava i rifiuti, disseminati dappertutto.
Prima di decidere l’intervento di recupero avevamo posto come pre-condizione al Comune di Kragujevac la completa bonifica dalla spazzatura; il campo e’ stato completamente ripulito.

La Scuola di Trmbas

Potete trovare un bellissimo filmato su questa scuola all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=rtKDRLr5PVQ
E’ stato realizzato dalla associazione Un ponte per... di Roma

A pochi metri dall’ingresso del campo profughi c’e’ una piccola scuola primaria, dotata di tre aule ed un ufficio, frequentata dai ragazzi del campo ma anche dai loro coetanei del quartiere circostante.
Vi e’ poi un edificio aggiunto che ospita i bagni e un magazzino; e’ in condizionio assai precarie.
Lo scorso anno scolatico gli alunni erano in totale 35, e frequentavano le prime quattro classi elementari usando due aule con il doppio turno; 17 bambini erano figli di profughi.
C’e’ anche una classe preparatoria alle elementari, in pratica l’ultima classe di scuola materna; lo scorso anno scolastico erano presenti otto bambini (sei figli di profughi).
Tutti questi bambini sono nati dopo il marzo del 1999, quando il loro Paese fu bombardato dalla NATO, il loro futuro spazzato via dalla ‘’ingerenza umanitaria’’; hanno sempre vissuto in un Paese isolato dal resto del mondo in ristrettezze economiche continue. E’ soprattutto per loro che dobbiamo continuare ad agire, perche’ i ponti di solidarieta’ creati in tutti questi anni continuino a dare i loro frutti.
La scuola si presenta pulita, ma molto ‘’spartana’’ e priva di ogni sussidio didattico; gli infissi sono in condizioni pietose, e le pareti hanno visto tempi migliori...
Le lavagne sono talmente consumate che non possono piu’ essere utilizzate.
Ha un ampio spazio verde che potrebbe essere usato come campo giochi, ma non vi e’ alcun gioco... e inoltre non esiste recinzione rispetto alla strada adiacente.

[FOTO: La scuola; Un’aula; Il soffitto dei servizi igienici; La recinzione inesistente]

Il progetto di recuperare questa scuola e’ nato ‘’da solo’’ senza alcuno sforzo.
Inizialmente l’associazione Mir Sada di Lecco, che ha una campagna di affidi a distanza a Kragujevac impostata esattamente come la nostra, dopo aver letto la relazione del nostro viaggio di marzo scorso, ha voluto visitare il campo di Trmbas e questa Scuola.
Questa visita e’ stata fatta alla fine di maggio; MIR SADA ha preso l’impegno di acquistare le lavagne (500 euro di spesa, gia’ consegnati) e di fornire materiale scolastico per i bambini per 1500 euro; questo materiale sara’ consegnato ad ottobre prossimo.
Subito dopo, agli inizi di giugno, l’associazione Aiutiamo la Jugoslavia di Bologna ci ha comunicato la loro disponibilita’ a partecipare a questi progetti a Trmbas, ed ha versato 5000 euro.
Successivamente, in modo del tutto inaspettato, siamo stati contattati da una piccola associazione di Arezzo (Aid Avenue), formata da tre giovanissimi, che ci hanno chiesto di partecipare ad uno dei nostri progetti; sono stati indirizzati presso di noi dalla associazione romana ABC Solidarieta’ e Pace, che vogliamo qui caldamente ringraziare per averci aiutato a realizzare questo nuovo ponte di solidarieta’.
Questi ragazzi hanno acquistato materiale scolastico per 500 euro, con il quale sono stati confezionati 35 pacchetti regalo che saranno consegnati agli alunni il primo giorni do scuola nel prossimo settembre. Con questa donazione e quella di Lecco c’e materiale in abbondanza per tutto l’anno scolastico.
Ovviamente tutti i genitori sono stati avvisati di non comperare nulla per l’inizio della scuola.

[FOTO: Restauri alle finestre; Lavori nel magazzino]


Sabato 2 luglio

E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.


Alle 10 inizia l’assemblea per la consegna degli affidi. Malgrado siano passati tanti anni e tanti viaggi dall’inizio della nostra campagna credo che non mi abituero’ mai alla vista di tutte queste persone che pazientemente con qualunque condizione di tempo ci aspettano nel piazzale davanti alla grande sala della direzione della Zastava Camion dove avvengono le consegne.

Come sempre l’assemblea comincia con i saluti dei dirigenti sindacali, ed e’ la prima volta di Rajko come segretario. Proseguiamo poi con un nostro interevento, letto da Stefano, in cui ribadiamo i motivi per i quali continuiamo testardamente a portare avanti questa campagna di solidarieta’.

Non ci stancheremo mai di dire che noi siamo a Kragujevac perche’ crediamo in valori molto precisi: il Lavoro, la Pace, la Liberta' e la Solidarieta' tra i lavoratori e tra i popoli, e siamo convinti che la solidarieta’ e l’unita’ tra i lavoratori e’ uno dei beni piu’ grandi che abbiamo nelle nostre mani.


E’ importante tenere sempre presente che siamo di fronte a disoccupati, malati, disperati per il loro futuro che traggono un minimo di forza e di speranza nel sentire che non sono abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. E loro, i nostri amici, questo lo sanno bene e ce lo dicono, qualcuno con le parole, molti con gli occhi, i sorrisi, gli abbracci e le tante lacrime.
Consegnamo 155 affidi, quasi tutti in rate trimestrali, piu’ alcuni regali per 14780 euro.


Alle 12 concludiamo la giornata con un incontro con i rappresentanti sindacali del settore auto, per verificare la situazione della fabbrica. I dati raccolti in questo incontro li ritrovate piu’ sotto, nella terza parte di questa relazione.



3. Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava


Quando la fonte non e’ indicata significa che i dati sono stati ricavati dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


Tutte le informazioni sulla Zastava sono state fornite da Zoran Markovic, segretario del sindacato Samostalni nella FIAT auto Serbia.


ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI


Cambio dinaro/euro.

A ottobre 2008 il cambio dinaro-euro era di 84 a 1.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Il 25 marzo 2010 era di 97 dinari per un euro.

Il 1 luglio 2010 il cambio e’ passato a 102 dinari/euro.

Il 20 ottobre 2010 il cambio era di 103.5 dinari per un euro

Il 4 novembre 2010 il cambio e’ arrivato a a 107.5 dinari per euro (valore piu’ alto mai raggiunto).

Dopo questa data c’e’ stato un rafforzamento progressivo del dinaro che e’ giunto al valore di 96.5 dinari per un euro il 22 maggio 2011.

Successivamente c’e’ stato un progressivo indebolimento, ed attualmente (meta’ agosto 2011) il cambio e’ di circa 103 dinari per un euro.

L’indebolimento del dinaro rispetto all’euro ha effetti pesanti sulle condizioni di vita delle famiglie, con una vistosa caduta del potere di acquisto delle famiglie, visto che la Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale e che piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea (Germania e Italia sono i primi partners commerciali in quest’area).

Il suo rafforzamento momentaneo per circa sei mesi e’ stato dovuto esclusivamente a ragioni politiche interne; ha avuto vantaggi solo per chi ha aperto mutui in euro, ma ha penalizzato fortemente le gia’ scarse esportazioni, mentre i prezzi dei beni di prima necessita’ e le tariffe hanno continuato ad aumentare.


Commercio con l’estero.

Anche nei primi mesi del 2011 la Serbia si conferma un Paese estremamente indebitato, con un deficit commerciale altissimo.

Tra gennaio e maggio 2011 le esportazioni sono state pari 3350.2 milioni di euro, con un aumento del 25.8% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Nello stesso periodo il valore delle importazioni e’ stato di 5736.7 milioni di euro, con un incremento del. 20.8% rispetto allo stesso periodo del 2010.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni e’ stato di 58.4%, di poco piu’ alto del valore di 55.9% segnato rispetto allo stesso periodo del 2010.

Il deficit commerciale si attesta dunque a 2386.4 milioni di euro, contro un deficit di 2089.1 nello stesso periodo del 2010, con un incremento del 14.2%.

I Paesi verso i quali la Serbia esporta di piu’ si confermano essere la Germania e l’talia, mentre per le importazioni in testa vi e’ la Russia, dalla quale proviene la maggior quantita’ di petrolio e gas, seguita da Germania e Italia.


Prodotto interno lordo e indice della produzione industriale

Il prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2011 e’ aumentato del 3.4% rispetto allo stesso periodo del 2010, attestandosi a 731058.9 milioni di dinari (circa 7310 milioni di euro).

L’indice della produzione industriale nel periodo gennaio-maggio 2001 e’ stato piu’ alto del 5.1% rispetto a quello dello stesso periodo del 2010.

Dobbiamo pero’ ricordare che, fatta 100 la media della produzione industriale del 2010, questo indice era di 117 a marzo 2008.

Malgrado questi recenti recuperi di produzioni, l’occupazione e’ in costante diminuzione, come vedremo tra poco.

Il successivo grafico mostra l’andamento dell’indice della produzione industriale negli ultimi quattro anni e mezzo, ponendo a 100 la media del 2010.


indice della produzione industriale [grafico]


Inflazione e prezzi

Nei primi sei mesi del 2011 l’inflazione ha avuto un fortissimo aumento rispetto all’andamento nel 2010 (e’ pressoche’ triplicata) ed ha ulteriormente falcidiato il potere d’acquisto delle famiglie. Nel grafico sottostante dell’Ufficio Centrale di Statistica potete seguire l’andamento dell’inflazione percentuale annua per ogni mese a partire da gennaio 2010 fino a giugno 2011; cio’ che e’ impressionante e’ il progressivo aumento nel corso dell’ultimo anno: l’inflazione annua era del 4.2% nel giugno 2010 rispetto al giugno dell’anno precedente, mentre a giugno 2011 e’ stata del 13.4% rispetto a giugno del 2010.


Tasso di inflazione annuale [grafico]


Gli aumenti dei prezzi al consumo riguardano tutti i settori merceologici, ma sono particolarmente importanti per i generi e servizi essenziali, come su puo’ riscontrare nella seguente tabella che riporta i aumenti percentuali annui per diversi settori. registrati a giugno 2011.


Alimentari e bevande non alcooliche 117.8
Trasporti 109.4
Bevande alcooliche e tabacchi 119.0
Abbigliamento e calzature 105.5
Alloggi, corrente el., acqua e gas 113.8

Istruzione 105.2

Salute 109.5

Telefonia 99.6


Ecco in dettaglio alcuni aumenti annuali a giugno 2011 per generi alimentari di primissima necessita’, ponendo il prezzo a giugno 2010 pari a 100.


Olio e grassi 144.8
Frutta 125.6
Pane e cereali 135.3
Latte formaggi e uova 121.4
Zucchero, miele e marmellate 126.9
Bevande non alcooliche 116.7
Caffe’ e te’ 126.7
Vino e birra 110.0


Ecco altri aumenti, per merci non alimentari, riportati con lo stesso criterio statistico:


Acqua 124.6
Visite mediche 110.9
Legna per riscaldamento 115.8
Parti di ricambio per auto 115.3
Elettricita’ 113.5
Carburanti per auto 113.1
Farmaci 111.5
Trasporti urbani 110.0


Livelli occupazionali


I livelli occupazionali continuano a scendere.

Secondo il Sindacato Samostalni dal 2008 a maggio 2011 si sono persi circa 230.000 posti di lavoro, pari all’11% del totale dell’occupazione.

Il tasso di disoccupazione non cessa di crescere ed ha avuto una drammatica impennata negli primi mesi del 2011.



Ottobre 2009 Aprile 2010 Ottobre 2010 Aprile 2011

Tasso di occupazione 40.8 38.1 37.7 36.2

Tasso di disoccupazione 16.6 19.2 19.2 22.2

Stima occupazione lavoro nero 20.6 19.8 19,6 19.9

A aprile 2011 su una popolazione complessiva di circa 7.440.000 individui, vi erano 1.771.000 lavoratori (di cui 427.000 lavoratori autonomi e loro dipendenti) e risultavano 765.000 disoccupati, iscritti all’Ufficio Nazionale per l’Impiego.


La struttura dell’occupazione non e’ proprio quella adatta a fare uscire la Serbia dallo stato di poverta’ in cui versa, come si nota immediatamente dalla tabella successiva, in cui riportiamo il numero di lavoratori dipendenti per le categorie piu’ significative, secondo i dati riportati per aprile 2011 dal bollettino mensile dell’ufficio centrale di statistica (migliaia di unita’)


Industria manifatturiera 288
Costruzioni 73
Commercio (ingrosso e minuto) 184
Pubblica amministrazione 71
Salute 160
Elettricita’ gas e acqua 60
Istruzione 139
Banche e assicurazioni 40
Trasporti 88
Informazione e comunicazioni 37


E’ impressionante il continuo calo dell’occupazione nell’industria, che e’ diminuita di 19.000 unita’ tra aprile 2010 e aprile 2011.



I salari


Salari medi in dinari


Maggio 2009
31086

Ottobre 2009
31783

Maggio 2010
33463

Ottobre 2010
34422

Maggio 2011
35362


Gli aumenti nominali vengono vanificati dall’inflazione e bisogna quindi confrontare il potere di acquisto dei salari; a maggio 2011 c’e’ stato un aumento nominale del salario medio del 5.7% ma una perdita in termini reali del 6.8% rispetto a maggio 2010, visto che l’inflazione nello stesso periodo e’ stata del 13.5%.

Esistono poi, come abbiamo piu’ volte rimarcato, forti differenze territoriali nel salario medio e grandi differenze tra categorie diverse di lavoratori.


Come fa periodicamente, il quotidiano BLIC ha pubblicato a giugno scorso una tabella contenente piu’ di 80 voci (che omettiamo per non appesantire troppo questa relazione) in cui viene analizzata con grande dettaglio la spesa mensile che una famiglia tipo di 4 persone dovrebbe sostenere per poter condurre una vita dignitosa.

Secondo questo giornale questa ipotetica famiglia tipo avrebbe dovuto spendere 82868 dinari a giugno 2010, 92033 a dicembre 2010 e 95427 a giugno 2011, pari a circa 2.7 volte uno stipendio medio, considerando che la famiglia viva in una casa di proprieta’.

Ci si puo’ chiedere: MA QUALE FAMIGLIA DI 4 PERSONE IN SERBIA ha redditi di questo tipo?

Nella realta’ il reddito medio mensile disponibile per famiglie di quattro persone e’ stato di 48544 dinari nel primo trimestre del 2011 (dato piu’ recente disponibile nei bollettini dell’ufficio centrale di statistica), cioe’ circa la meta’ di quello indicato come necessario da Blic; il 42.3% viene assorbito dalle spese alimentari e il 16.4% dalle utenze domestiche.


Le famiglie di operai o peggio di ex operai che sono al centro delle nostre azioni solidarieta’ e della nostra amicizia sono lontani anche da questi redditi medi, come potrete vedere nelle successive informazioni che riguardano direttamente la Zastava, o cio’ che rest

(Message over 64 KB, truncated)


(deutsch / english - in reverse chronological order)


Questions on Srebrenica DNA "Evidence"


1) Shroud of Secrecy Leaves Room for Doubt on Srebrenica DNA Evidence
by Andy Wilcoxson - www.slobodan-milosevic.org / Srebrenica Historical Project,  August 7, 2011

2) Misrepresentation of DNA Evidence about Srebrenica
by Stephen Karganović - Srebrenica Historical Project / Global Research, July 25, 2011

3) Srebrenica-Manipulation. Das neueste aus der Werkstatt der Srebrenica-Lobby
by Alexander Dorin / K.Truempy, September 2010


=== 1 ===

http://www.srebrenica-project.com/index.php?option=com_content&view=article&id=129:shroud-of-secrecy-leaves-room-for-doubt-on-srebrenica-dna-evidence&catid=12:2009-01-25-02-01-02

Shroud of Secrecy Leaves Room for Doubt on Srebrenica DNA Evidence

[Srebrenica researcher and our associate, Andy Wilcoxson, is already known to our readers for his trenchant analyses of major issues associated with the massacre in Srebrenica. The high quality of his work was confirmed recently – albeit quite unintentionally – by some Srebrenica cultists who criticized it in their usual venomous fashion, but without providing any contrary evidence or attempting to refute his. When your opponents cannot articulate any factual objection to your position but nevertheless continue to attack you with great and impotent fury, that can only be taken as a compliment. We recently focused public attention on the very important issue of DNA evidence manipulation by the International commission for missing persons, or ICMP. Mr. Wilcoxson picks up where we left off and we present his thoughts for the edification of our readers.]

By: Andy Wilcoxson


A controversy surrounding DNA identifications made by the International Commission on Missing Persons (ICMP) of victims of the Srebrenica massacre has erupted behind the scenes in the war crimes trial of former Bosnian-Serb President Radovan Karadzic at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) in The Hague.

Last month, the ICMP issued a press release which claimed that “By analyzing DNA profiles extracted from bone samples of exhumed mortal remains and matching them to the DNA profiles obtained from blood samples donated by relatives of the missing, the International Commission on Missing Persons (ICMP) has so far revealed the identity of 6,598 persons missing from the July 1995 fall of Srebrenica.”[1]

The ICTY relied heavily on the ICMP’s findings to convict the defendants in the Popovic trial on charges related to Srebrenica.[2] Prosecutors in the Karadzic trial also intend to make use the ICMP’s findings. The Prosecution has announced that it intends to call the ICMP’s Director of Forensic Sciences, Dr. Thomas Parsons, as an expert witness.[3]

On July 23, 2009, Karadzic asked the Trial Chamber to “allow my experts to see every single piece of material, all the DNA analysis” he said, “my experts cannot rely on newspaper information.  They need to have the same material that the [Prosecution] experts were privy to in order to be able to see whether the facts were established correctly and whether the conclusions were established correctly.  That’s why my experts have to focus on the same body of material that their counterparts had.  This is the only way.  They must be able to see everything that the [Prosecution] experts saw and then they will be able to confront them with their expert views.”[4] 

He explained to the court that “We want the entire material, and we will take a random sample and choose 300, and if there are major discrepancies among the 300, then we will broaden the sample and continue the procedure.”[5]

On February 10, 2010, Hildegard Uertz-Retzlaff the senior trial attorney for the Prosecution, sent a letter to Karadzic’s defense explaining why his experts would not be allowed access to the ICMP’s data. The letter said: 

“The ICMP is an independent third party organization with its own mandate. The Prosecution is unable to simply, ‘contact the ICMP and disclose to the Defence for Mr. Karadzic the entirety of family DNA profiles held on ICMP databases.’ In addition the Prosecution does not possess these databases and therefore is not in a position to disclose them.

“Second, our understanding is that the ICMP has thus far declined to disclose to any party the ‘entirety’ of its family DNA profiles because this would constitute a breach of the assurances provided in the consent forms signed by the family donors. As discussed with your associate Mr. Sladojevic, the issue is not simply one of providing data ‘without names’, as donors have been promised that their DNA will not be disclosed, not merely that there names will not be disclosed or that any disclosure of DNA data would be anonymous.”[6]

Of course this only explains why the ICMP won’t share DNA from the family members of the victims, not why it won’t share the DNA of the victims themselves. Nobody ever promised the victims that their DNA would remain confidential. 

Aside from the question of whether the Tribunal ought to rely on DNA evidence that neither the Prosecution, the Defense, nor the judges have any access to, the pretrial judge, Ian Bonomy of Scotland, sided with Karadzic and conceded that “there must be some substance in the suggestion that the Defence should be able to run some tests similar to those done by the [ICMP] with a view to checking the accuracy of what was actually done by them.” He said, “I find it difficult to understand that a person might consent to have material given to a Prosecutor and not realise that the inevitable result of that must be that the Defence would have a pretty strong claim at least for access to it.”[7]

The Trial Chamber, which Judge Bonomy was no longer part of because he only sat on the pre-trial bench, issued an order on March 19, 2010 noting “the Accused’s wish to challenge the conclusions reached by the ICMP” and noting “the Accused’s insistence that he should be provided with the entire family DNA database before he reveals to the ICMP the 300 cases he has selected because of his concerns about the ICMP’s impartiality and suspicion that it would adjust the database in some way in order to ensure [DNA] matches in the 300 selected cases.”

The Order directed “the Accused to immediately complete his selection of 300 cases for further DNA analysis and provide the details of his selection to the ICMP, who will, upon obtaining the necessary consents, be in a position to supply relevant data from the family database.”

The Order, however, did not require the ICMP to provide Karadzic’s experts with access to the complete database on the excuse that “the Accused has not established any basis for his concern that the ICMP would manipulate the database to strengthen its own conclusions.”[8]

The entire purpose of testing the 300 DNA samples is to “challenge the ICMP’s findings”. If they were falsifying their findings, it stands to reason that they would manipulate their database in order to prevent the deception from being uncovered.

On July 28, 2011 Karadzic’s defense team filed a brief explaining that “The testing procedure set forth by the Trial Chamber is its order has one fatal flaw. It allows the ICMP to, without detection, substitute the [DNA] electropherograms of other persons for those who the Accused selected as part of his sample … First, [the Defense] provides the ICMP with the name of a victim—victim A.

“Second, someone at the ICMP realizes that there is a problem with the identification of victim A and does not want this problem to be exposed.

“Third, the person at ICMP solves this problem by providing the defence with the DNA data for victim B, and his brother, representing it to be the DNA data for victim A
and his brother.

“Fourth, Dr. Stojkovic [the Defense expert] examines the DNA data and confirms that it is a correct match—the DNA of the victim matches the DNA of his brother.

“In this way, the substitution of the DNA data remains undetected. Through this method, the results can be cheated or manipulated.

“To prevent this, Dr. Karadzic requires the DNA data of all of the missing persons to be provided in advance. Then, he is able to add one more step to the testing process. After Dr. Stojkovic verifies the match between the Victim A and his brother, he will compare the DNA data of Victim A with the DNA data of Victim A from the database provided at the outset to verify that it is indeed Victim A’s DNA that has been tested.

“Without the ability to take this last step, there is no way for Dr. Karadzic to be sure that the DNA data provided for Victim A is indeed that of Victim A, and not Victim B.

“That is why Dr. Karadzic insists on being provided with the unique DNA bone profiles and electropherograms of all of the missing persons before he makes his selection.”[9]

The Prosecution has adopted a hard line against independent verification of the ICMP’s findings. They filed a brief against Karadzic arguing that “In light of the Accused’s position that he has no intention of testing any samples provided to him under the procedure outlined in the Trial Chamber’s Order on Selection of Cases for DNA Analysis ... [the Prosecution] respectfully requests declaratory relief from the Trial Chamber in the following terms: a) The Accused is in breach of the Order; and b) The ICMP is not obliged to provide 300 sample case files to the Accused under any procedure, or subject to any preconditions, outside the terms of the Order.”[10]

One has to wonder why the ICMP gave the donors the expectation of confidentiality regarding their DNA samples in the first place. It seems irrational for anyone who isn’t living in a hermetically sealed bubble to expect confidentiality given that people leave trace amounts of their DNA everywhere they go and on practically everything they touch. A person’s DNA is in every cell of their body and in virtually every biological substance secreted by it. Forensic scientists can extract a person’s DNA from the oils left behind in their fingerprints.[11]

The ICMP was established in 1996 at the urging of the then US President Bill Clinton.[12] The Commission was described by Senator John Shattuck as “A major U.S. initiative to support the peace and reconciliation process in the former Yugoslavia” in his capacity as Assistant Secretary of State for Democracy, Human Rights and Labor in a speech before the U.S. Senate Foreign Relations Committee on May 12, 1998.[13]

The chairmen of the ICMP have, without exception, been Washington insiders since its founding in 1996. The ICMP’s first chairman, Cyrus Vance (1996-97) was the US Secretary of State under Jimmy Carter. He was succeeded by Bob Dole (1997-2001) the 1996 Republican presidential candidate and career politician who spent almost 30 years in the US Senate. In 2001 the U.S. Secretary of State Colin Powell handpicked James Kimsey (2001-2011) to head-up the ICMP. In 2001 Kimsey was succeeded by the former American ambassador to Bosnia, Thomas Miller (2011-current).[14]

It should also be noted that the ICMP’s lab operated for years without professional accreditation, and that the majority of identifications made by the ICMP were made before their lab obtained accreditation in late 2007.[15]  

Discrepancies have also been found between the ICMP’s findings and the original military records of the Army of Bosnia-Herzegovina. The ICMP claims to have found the mortal remains of at least 140 soldiers in Srebrenica-related mass graves whose original military records listed them as having been killed months, and in many cases years, before Srebrenica fell. The Bosnian government has resolved these discrepancies by disavowing the accuracy of their original military records and amending them to match the ICMP’s findings.[16] 

Imagine for a moment that the shoe were on the other foot. Imagine if somebody like former Russian President Vladimir Putin took the initiative to establish an NGO to investigate allegations of atrocities committed by an ally of the United States against an ally of Russia during a war where the Russians attacked the same American allies they sought to investigate. Now imagine that the chairmen of this NGO were all somehow connected to the Russian Foreign Ministry.

In addition, let’s suppose this NGO publishes findings claiming the American allies had massacred -- let’s say 6,598 people, and that they were able to conclusively prove this through DNA analysis in a lab that didn’t have professional accreditation when most of the DNA identifications were made. 

Now let’s suppose that American scientists ask to see the underlying DNA evidence upon which the Russian NGO’s findings are based so that they can test it for themselves and verify the findings, but the Russians refuse to cooperate on the pretext that doing so would be unduly burdensome and a violation of the privacy rights of the victims and their families. 

If that happened, would anyone in the West believe the Russian NGO’s findings? Not in a million years would anyone believe it. And if the Russians tried to use those findings as evidence in a criminal prosecution of the political leadership of the accused American allies, they’d be accused of staging a political show trial – and rightly so. 

One can not claim with certainty that the ICMP is lying about the DNA identification of Srebrenica massacre victims, nor can anyone claim with certainty that they’re telling the truth. That’s the unfortunate position we find ourselves in today.

What is significant is that the ICMP’s founders and executives are closely linked to the American political establishment and that the ICMP will not permit independent scientific verification of its findings and the underlying data behind them. Their refusal to submit their data and their work for independent scientific review means that their claims can be falsified and it diminishes the weight that can be attached to them.

 
 

[1] ICMP Press Release, July 10, 2011; http://www.ic-mp.org/press-releases/613-srebrenica-victims-to-be-buried-at-a-memorial-ceremony-in-potocari613-srebrenickih-zrtava-bice-ukopane-u-memorijalnom-centru-potocari/
[2] Popovic judgment para. 638-649, 659-664
[3] Prosecution’s motion for admission of the evidence of eight experts pursuant to Rule 94bis and Rule 92bis; May 29, 2009
[4] Karadzic Trial Transcript; July 23, 2009 pg. 353
[5] Ibid.; Pg. 359
[6] Prosecution’s letter to Karadzic’s Defense Team entitled “Response to your request for materials from ICMP during the recent status conference as well as Mr. Sladojevic’s e-mail dated 29 January 2010” dated February 20, 2010
[7] Karadzic Trial Transcript; July 23, 2009 pg. 355-357
[8] Order on Selection of Cases for DNA Analysis; March 19, 2010
[9] Supplemental Response To Prosecution’s Request For Further Orders: DNA Testing, July 28, 2011
[10] Prosecution’s Reply To The Accused’s “Response To Prosecution’s Request For Further Orders: DNA Testing,” June 30, 2011
[11] Charles Choi, United Press International “DNA Extractable from Fingerprints”, July 31, 2003
http://www.upi.com/Science_News/2003/07/31/DNA-extractable-from-fingerprints/UPI-41021059658200/
[12] Aida Cerkez-Robinson, The Independent on Sunday, “In Bosnia, each funeral never ends; Bone by bone, victims of the Srebrenica massacre are being identified, pieced together and, finally, laid to rest.”, July 12, 2009
[13] Prepared Statement of John Shattuck Assistant Secretary of State for Democracy, Human Rights and Labor Before the Senate Foreign Relations Committee, May 12, 1998
[14] Ibid.; See also: Deutsche Presse-Agentur, “New institute to speed up search for missing people in Bosnia”, August 28, 2000; ICMP Press Release, “ICMP Chairman Ambassador Thomas Miller Visits ICMP HQ”, July 15, 2011 http://www.ic-mp.org/press-releases/icmp-chairman-ambassador-thomas-miller-visits-icmp-hqpredsjedavajuci-icmp-a-ambasador-thomas-miller-u-posjeti-sjedistu-icmp-a/ ; http://www.ic-mp.org/funding/ ; and U.S. Department of State, Statement by Richard Boucher Spokesman, May 11, 2001http://statelists.state.gov/scripts/wa.exe?A2=ind0105b&L=dospress&P=2354
[15] Popovic trial judgment, Para 645
[16] Prosecution’s final trial brief in the Popovic Trial; paras. 1140-1141 and 3077-3078

Source: www.slobodan-milosevic.org,  August 7, 2011



=== 2 ===

http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=25726

Misrepresentation of DNA Evidence about Srebrenica

Questions which demand answers

by Stephen Karganović

Global Research, July 25, 2011

The International Commission for Missing Persons[1], also known as ICMP, is systematically deluding the public about the true reach of DNA technology in order to foster the illusion that its laboratories hold the key to the solution of the Srebrenica enigma. On the 16th anniversary of the Srebrenica massacre this year ICMP claimed that it has “closed 5,564 cases of Srebrenica victims” and that “only about 1,500 remain to be resolved.”[2] However, that announcement is completely at odds with science. By calling persons that it has allegedly identified by using DNA techniques “Srebrenica victims” ICMP is taking a clear position that they were in fact executed prisoners (victims, rather than legitimate combat casualties) and also that their deaths are related to Srebrenica events of July of 1995. Both suggestions are false. DNA technology serves only to identify mortal remains or reassociate disarticulated parts of the same body, but it has absolutely nothing to say about the manner or time of death. ICMP has no means to differentiate “victims,” i.e. executed prisoners, from persons who perished in combat and whose death therefore is not a war crime. Nor does ICMP, or any DNA laboratory for that matter, have the means to establish that the death of persons whose remains have been identified occurred within the time frame of July 1995 Srebrenica events. They could have died anywhere, at any time.

When ICMP puts forth the thesis that in its laboratories it is accomplishing things that are scientifically impossible, that suggests one of two conclusions: either ICMP was specifically set up to disinform the public and the courts under the guise of cutting edge science, or it is an organisation of charlatans which should urgently be shut down.

As we are accustomed when any aspect of the Srebrenica issue is under consideration, nothing is as it appears to be. ICMP’s alleged data are completely unreliable and, most important of all, totally unverifiable.


Inaccessible and unverifiable evidence


In the various court cases where facts relating to Srebrenica were adjudicated no exhaustive and transparent analysis of DNA evidence has ever been conducted. For instance, DNA evidence was offered in the most recent ICTY case Popović et al., but – in closed session. And even so it occurred under conditions designed to be the most unfavorable for the defence. Defence teams were deprived of both the time and resources to subject the proffered DNA evidence, such as it was, to a thorough professional examination. The Tribunal’s rationale for such extraordinary restrictiveness was that public insight into this data would constitute a “callous” act which might injure the dignity of the victims and could even inflict great pain on their surviving relatives. The feelings and interests of persons and whole communities who – as a result of the acceptance of such dubious and independently untested evidence – might have to be burdened by decades of prison time or carry the stigma of the heinous crime of genocide apparently did not greatly concern the chamber. Each and every request to ICMP by private parties facing serious accusations or research organisations to be allowed access to DNA samples for the purpose of independent verification is invariably met by the same polite response: that it is a potential violation of privacy and is therefore impossible without the signed consent of the victim’s relatives in every single case. So far nobody has ever obtained such written consent.

It appears, however, that at ICTY the entirely laudable goal of privacy protection has been taken a bit too far, even to the point of absurdity. It appears to extend even to the Hague Tribunal prosecution. There are, in fact, solid reasons to suppose that not even the Office of the Prosecutor has properly examined the DNA evidence generated by ICMP which it has nevertheless been happy to offer to the chamber as the material basis for the conclusion that in Srebrenica a crime of genocidal magnitude has been committed. How else to interpret the statement made by prosecutor Hildegard Uertz-Retzlaff in response to a demand made by the accused Karadžić for the right to examine the DNA evidence in his case: “ICMP has not shown the DNA to us either, It is not correct that they gave it to us, but not to others.”[3]


Abuses in the Karadžić case


But a careful reading of the ruling issued by the Karadžić chamber, which intimated to the defence that it might be allowed to examine a small number of samples (300 out of over 6,000), something that was hastily praised as an important step forward in relation to the situation as it stood previously, reveals that even that small concession was conditional and had built into it the possibility that the defence might still receive nothing.[4] For, first of all, in making its ruling the chamber did not discard in principle the position championed by ICMP that DNA analyses may be shown to others only with the relatives' written permission. The implicit retention of that position, the potential effect of which is always to deny to the defence the opportunity to independently check one of the most significant elements of proof in the prosecution’s case against the accused, is in itself scandalous and constitutes a grave violation of the procedural rights of the accused person. Then, in its ruling the chamber only states that "ICMP has agreed to obtain the consent of the approximately 1,200 family members who provided samples relevant to the 300 cases selected by the Accused, so that the Accused’s expert can then conduct the necessary analysis". [5] It is left unexplained in the court’s decision what would follow if those 1,200 relatives, or a substantial number of them, simply refused to sign the requested permission. If we take it as a matter of principle that their permission is, indeed, required[6] we must then also accept it as a possibility that they might refuse to grant it. The defence would in that case be back to square one and the alleged "movement" in its favour would be clearly shown to be what it really is – another illusion.

If in relation to this evidence, which since the Popović trial has moved to center stage and has practically displaced traditional forensics as the prosecution’s main evidentiary tool[7] and which, we are told, constitutes the last word of science on the subject, the principal players, the prosecution, the chamber, and the defence, are all operating in the dark, how much credence can the findings of fact that are based on it realistically command? Based in significant part on ICMP data, the Hague Tribunal chamber in the recent Popović case drew, and proceeded to incorporate into its judgment, factual and legal findings of far reaching significance that rest substantially upon evidence which is billed as the last word of science but that was admittedly unseen and unexamined.


ICMP’s history of non-compliance with professional licensing requirements


The degree of indulgence that the Hague Tribunal has shown to ICMP is truly phenomenal. In the course of the Popović trial it was disclosed that until October of 2007 ICMP was operating without professional certification from the international agency which approves DNA laboratories, Gednap. That fact was freely admitted by ICMP's director of forensic studies, Thomas Parsons, under cross examination.[8]

However, even then, while testifying under oath, ICMP’s witness did not state the whole truth. Our NGO “Srebrenica Historical Project” on July 20, 2010, sent an inquiry to Professor Bernd Brinkman, chairman of GEDNAP at that time, seeking information whether his organisation had issued a professional license to ICMP and whether ICMP was officially registered to perform laboratory DNA testing. Professor Brinkman’s reply was as follows:

“We do not have the ICMP Tuzla laboratory on our list of GEDNAP participants. That means that the Tuzla laboratory is unknown to the organizers of GEDNAP Proficiency Tests.”

Professor Brinkman then offers a detail which gives the whole ICMP charade away:

“However, there are two ICMP laboratories which participate in the GEDNAP Proficiency Tests (i.e., from Sarajevo and Banja Luka).”[9]

It should be noted that the Sarajevo facility is ICMP’s administrative office and that in Banja Luka ICMP maintains a small specialised laboratory. The most likely reason it is located in Banja Luka is to create the appearance that in selecting its venues ICMP is not neglecting the Republic of Srpska. But GEDNAP inspection and certification of those two locations is without any practical significance because almost all of the routine DNA work is being performed elsewhere, in the secretive Tuzla facility, including the premises of the Podrinje Identification Project, where neither the Hague defence, nor the Hague prosecution or apparently the inspectors of the world body which professionally licenses DNA laboratories have ever set foot. That means that from a professional standpoint ICMP’s principal operational facility in Tuzla continues to evade and defy standard licensing procedures today just as all of its facilities had been doing it for years prior to 2007.

The bulk of the significant work performed by ICMP, the thousands of alleged DNA matches which ICMP tirelessly invokes in its public relations stunts and in courtrooms – the alleged evidence which in the Hague and before the State Court of Bosnia and Herzegovina has served as the basis for verdicts establishing mass executions of genocidal proportions – is in fact taking place in ICMP’s inpenetrable Tuzla laboratories. To repeat, that operationally only significant facility was never visited by international inspectors nor was the validity of its work ever professionally reviewed. Most importantly, it never received a professional certificate entitling it to engage in the work it is doing, which simply means that this laboratory which plays the key role in generating the illusion that the enigma of Srebrenica is on the verge of being solved is actually operating on the edge of professional legality.


Biased personnel selection


According to London “Financial Times”[10] 93% of ICMP personnel are Bosnian Moslems. To complete the picture, ICMP chairman is Thomas Miller, former US ambassador in Bosnia and Herzegovina[11], the director, Kathryn Bomberger is also from the US, and her assistant Adam Boys is from the United Kingdom. When will the other Bosnia-Herzegovina ethnic communities get their one third representation on the staff of ICMP? When will the representatives of other countries within the international community, about 190 in all, obtain an opportunity to take part in the work of the International commission for missing persons on the executive level? Why couldn’t the chairman be from Argentina, the director from Ethiopia, and her assistant from India?


Our challenge to ICMP


The NGO “Srebrenica Historical Project” issues the following challenge to ICMP and in the public interest puts to them the following questions which require answers without delay:

[1] Is it correct that the most that DNA analysis can be expected to establish is the identity of mortal remains and that it may additionally be useful in reassociating parts of the same body, but that DNA is utterly useless in furnishing information about the manner and time of death, which happen to be the key issues in a valid criminal investigation? If that is correct, then ICMP’s identifications and findings, except for the comfort it may offer to the families, are completely irrelevant for resolving the substantive issues associated with Srebrenica because DNA analysis cannot differentiate whether a person was executed or perished in legitimate combat. Furthermore, it cannot furnish any answer to the question whether death occurred in July of 1995 in the course of the Srebrenica operation or before or after that.

[2] Regardless of the answer to the preceding question, why is ICMP concealing the names of the persons that it has allegedly identified? By publishing their names it would at least make it possible to drastically reduce the length of the missing persons’ lists which, judging by its name, should be its primary task.

[3] When will ICMP make its biological samples available to independent laboratories so that the results that it claims to have achieved might be independently tested and so that the public and the courts would no longer be obliged to take them on faith, as was the custom with dogmas in the Middle Ages?

[4] When will ICMP open its laboratory premises in Tuzla to international inspectors to facilitate independent verification of the quality of its work, which might lead to the issuance of a professional certificate without which no DNA laboratory which aspires to credibility can function?

[5] When will ICMP cease playing games with the term “missing” and misusing it wantonly as if it had the same meaning as “executed”? Why is ICMP, and the acronym stands for International commission for missing persons, conjuring up the misperception that DNA technology can accomplish more than mere identification of mortal remains and why is ICMP implicitly disinforming the public and the courts that it can also establish the manner and time of the deceased’s death, when that is false? And if it is false, then why is ICMP engaged in generating and perpetuating the misleading impression that its technology can demonstrate that the persons it has allegedly identified were in fact executed prisoners of war and that they died in the immediate aftermath of July 11, 1995 in the vicinity of Srebrenica? 


Notes

[1] http://www.ic-mp.org/

[2] “Oslobodjenje” (Sarajevo), July 11, 2011, p. 3

[3] ICTY, Prosecutor v. Karadžić, Status conference, 23 July, 2009, p. 364, lines 21 – 23.

[4] Although the Karadzic chamber is verbally committed to enable the defence to check 300 DNA reports, it continues to hold inviolate ICMP’s principled position that independent sample verification without the written approval of relatives is impermissible: „NOTING that the ICMP has stated that it cannot provide its entire database of genetic profiles obtained from blood samples taken from family members of missing persons to the Accused without obtaining the consent of each family member who provided such a sample, and that this process would take significant time in view of the volume of samples taken“, see ICTY, Prosecutor v. Karadžić, “Order on selection of cases for DNA analysis,” 19 March, 2010., p. 2.

[5] ICTY, Prosecutor v. Karadzic, “Order on selection of cases for DNA analysis,” 19 March 2010, p. 2.

[6] Which, of course, is not correct at all because the Tribunal is endowed with full jurisdiction over all aspects of the criminal case under its consideration if only it should decide to make use of it. But the use of that authority is not in every instance discretionary. The court has an obligation to effectively employ its powers to make unconditionally available to the accused all evidentiary materials that are being used in the case against him.

[7] Small surprise there, given the highly disappointing results yielded by traditional methods. Barely 1,920 bodies of persons who died of a variety of causes, clearly including combat casualties, and therefore embarrassingly short of the 8,000 “executed men and boys” goal.

[8] ICTY, Prosecutor v. Popović et al, February 1 2008, Transcript, p. 20872.

[9] Correspondence reproduced in S. Karganovic et al., “Deconstruction of a virtual genocide: An intelligent person’s guide to Srebrenica” [Den Haag-Belgrade, 2011], p. 230-232; 
http://www.srebrenica-project.com/DOWNLOAD/books/Deconstruction_of_a_virtual_genocide.pdf

[10] December 11, 2007; http://www.ft.com/intl/cms/s/0/c4474d94-a6f1-11dc-a25a-0000779fd2ac.html#axzz1RjIqNP8c

[11] http://www.ic-mp.org/press-releases/ambassador-thomas-miller-appointed-new-chairman-of-the-international-commission-on-missing-personsambasador-thomas-miller-imenovan-za-novog-predsjedavajuceg-medunarodne-komisije-za-nestale-osobe-icmp/ 


Stephen Karganović is a frequent contributor to Global Research.  Global Research Articles by Stephen Karganović


=== 3 ===

Datum: Thu, 9 Sep 2010 21:00:00 +0200
Von: "Y.&K.Truempy" 
Betreff: Fw: Srebrenica-Manipulation

Wird die Srebrenica-Lobby langsam etwas vorsichtiger? Bei der sogenannten Srebrenica-Gedenkstädtte in Potocari wurde auch ein Gedenkstein für die 8372 "Genozidopfer" aufgestellt. Das dumme ist nur, dass dieser Gedenkstein gleichzeitig beweist, dass es sich zum absolut grössten Teil gar nicht um Opfer aus Srebrenica handelt. Auf diesem Stein wurde vermerkt, dass es sich bei diesen 8372 angeblichen Toten um Leute aus dreizehn verschiedenen Gemeinden handelt! Die aufgezählten Gemeinden sind folgende:

Bratunac, Bjelina, Foca, Han Pjesak, Rogatica, Sarajevo, Sokolac, Srebrenica, Srebrenik, Ugljevik, Visegrad, Vlasenica, Zvornik.

Und der aufgehetzte Medienkonsument in den jeweiligen Staaten merkt nicht einmal, dass der Beweis für die Srebrenica-Manipulation direkt vor seinen Augen liegt und erst noch von der Srebrenica-Lobby selber stammt. Hier das Bild des Gedenksteins mit den eingravierten Namen der Gemeinden: http://www.pecat.co.rs/wp-content/uploads/2010/07/srebrenica2.jpg


----- Original Message ----- 
From: "Alexander Dorin" 
Sent: Friday, September 03, 2010 7:01 PM
Subject: Srebrenica-Manipulation

Das neueste aus der Werkstatt der Srebrenica-Lobby

Seit einiger Zeit wandert im Zusammenhang mit Srebrenica eine neue Behauptung durch die bizarre Massenmedien-Landschaft. Es handelt sich um die Behauptung, man habe nun über 6000 sogenannte Srebrenica-Opfer per DNA-Analyse identifiziert. Eine Aussage, die von den Medien unhinterfragt übernommen und seither als reine Wahrheit verbreitet wird. Das mag dem einen oder anderen kritischen Zeitgeist aus folgenden Gründen mehr als grotesk erscheinen: Dean Manning, Ermittler des von der NATO gesteuerten Tribunals in Den Haag, welches von den Massenmedien in den NATO-Staaten als ein unabhängiges und und politisch nicht motiviertes Gericht verkauft wird, suchte während Jahren im Umkreis von ca. 50 Km um Srebrenica nach Massengräbern. Dabei sollen er und sein Team insgesamt ca. 2000 Tote aus diversen Massengräbern ausgegraben haben. (1) Ich benutze bewusste das Wort „sollen“, weil serbischen Pathologen während dieser Ausgrabungen die Anwesenheit untersagt wurde. Wieso das, wenn es nichts zu vertuschen gibt? Und weshalb hat das „Tribunal“ in Den Haag seither über 1000 angebliche Beweise des propagierten  Srebrenica-Massakers noch vor Beginn diverser Srebrenica-Prozesse vernichtet? (2)

Aber seien wir nicht kleinlich und gehen einmal tatsächlich von dieser Zahl aus, obwohl es klar ist, dass nicht alle im weiten Umkreis von Srebrenica gefundenen Toten vom Juli 1995 stammen können, da in der Region insgesamt mehr als drei Jahre Krieg herrschte. Zudem schätzen über dreissig moslemische Zeugen, die sich damals mit Tausenden moslemischen Soldaten und bewaffneten Männer von Srebrenica nach Tuzla durchschlugen, dass es während der Kämpfe mit der serbischen Armee auf moslemischer Seite mindestens 2000 Gefechtstote gab, Einige schätzen die Zahl sogar auf über 3000. (3).

Später versuchten gewissen Interessengruppen aus den gefundenen 2000 Toten ca. 3500 zu machen, doch zeigen die Analysen des serbischen Pathologen Dr. Ljubisa Simic auf, dass es sich dabei um eine weitere Manipulation made in Den Haag handelt. Simic konnte aufzeigen, dass die Autopsieberichte nicht 3500 Toten entsprechen, sondern z.T. lediglich einzelnen Teilen von Toten. Simic rekonstruierte die Toten und gefundenen Körperteile und gelangte zum Schluss, dass man insgesamt etwas weniger als 2000 Tote gefunden hat, was wiederum den ursprünglichen Recherchen von Den Manning entsprach. (4)  

Doch wie kann man nun mit 2000 gefundenen Toten, von denen mann davon ausgehen muss, dass es grösstenteils die bezeugten Gefechtstoten sind, ein Massaker an 7000 bis 8000 Männern beweisen? Die Antwort liegt auf der Hand; gar nicht. Zwar behaupten die Haager Ermittler, man habe zwischen den Toten auch einige hundert Augenbinden und Fesseln gefunden, doch kann das von unabhängiger Seite niemand bezeugen. Man kann zudem auch nicht beweisen, wer von den gefundenen Toten tatsächlich vom Juli 1995 stammt und ob er mit Srebrenica überhaupt etwas zu tun hat. Ferner berichteten Analytiker wie z.B. Gregory Copley von der Balkan Strategic Studies wiederholt darüber, dass die Haager Ermittler auch Tote aus anderen Teilen Bosniens als Srebrenica-Opfer präsentieren, um so das Loch aufzufüllen, dass die fehlenden Toten hinterlassen haben. (5) Auch Aussagen von Miroslav Toholj, dem ehemaligen Sprecher der bosnisch-serbischen Armee, deuten darauf hin, dass man tatsächlich Tote aus anderen Teilen Bosniens als Srebrenica-Opfer präsentiert. So erzählte Toholj in einem Interview mit der „Jungen Welt“, dass moslemische Behörden mehrere hundert gefechtstote moslemische Kämpfer, darunter auch ausländische Söldner, die 1993 bei Han Pjesak umgekommen sind, heute ebenfalls als Srebrenica-Opfer bezeichnen. (6)

Demnach kommt es der Anklage in Den Haag mehr als entgegen, wenn plötzlich eine Organisation behauptet, sie habe nun mehr als 6000 Opfer aus Srebrenica per DNA-Analyse identifiziert. Der Durchschnittskonsument der Massenmedien scheint sich dabei nicht einmal zu fragen, woher man denn plötzlich 4000 Tote mehr zur Verfügung hat als ursprünglich gefunden wurden. Doch kritische Fragen scheinen nicht zum Alltag der westlichen Massenmedienwelt zu gehören. 

Stephen Karganovic vom Srebrenica historical Project (7) begab sich auf die Spur der Organisation, die die Behauptung von den angeblichen DNA-Identifizierungen aufgestellt und verbreitet hat. Dabei fand Karganovic folgendes heraus: (8)

Das International Committee for Missing Persons (ICMP) mit Sitz in der bosnisch-moslemischen Stadt Tuzla, wurde auf Initiative von Bill Clinton gegründet. Es ist der gleiche Bill Clinton, dem nachgewiesen wurde, dass er, zusammen mit dem Iran, die Muslime in Bosnien während verdeckten Operationen aufrüsten liess (9). Moslemische Politiker bezeugten auch, dass Clinton dem damaligen moslemischen Präsidenten Bosniens, Alija Izetbegovic, bereits 1993 das „Srebrenica-Massaker“ vorschlug. (10) Kroatische Medien berichteten ihrerseits darüber, dass mehrere von Clintons Generälen damals die Operation „Oluja“ organisiert und geleitet haben. (11) Zur Erinnerung: während dieser Militär-Operation wurden innerhalb von nur 48 Stunden die letzten 250'000 Krajina-Serben aus ihren Häusern gebombt, es gab mindestens 1900 Tote. 

Zum Vorsitzenden des ICMP wurde ausgerechnet der ehemalige Vietnamkrieg-Veteran James Kimsey, der auch während der US-Invasion in der Dominikanischen Republik mit bis zu 10'000 geschätzten zivilen Opfern zugegen war, ernannt. George Bushs ehemaliger Aussenminister Colin Powell persönlich erhob Kimsey auf diesen Posten. Ist das nicht eine äusserst „vertrauenswürdige“ Clique, die hinter dem ICMP steht? 

Doch sind es nicht allein diese Gestalten, die dem ICMP eine äusserst dubiose Aura verleihen. Auch die Arbeit des ICMP ist bezeichnend und absolut unprofessionell. So verlangte das Verteidigungsteam von Radovan Karadzic vom ICMP, es solle dem Team die gesamte Dokumentation über die angeblichen DNA-Identifizierungen zustellen. Dieses wurde jedoch unter der Begründung abgelehnt, die Angehörigen der Srebrenica-Opfer hätten ihre Erlaubnis nicht erteilt! Man sich das mal genau vorstellen: Irgendeine Organisation behauptet, sie habe über 6000 Opfer des sogenannten Srebrenica-Massakers per DNA-Analyse identifizieren können. Die Beweise könne man aber nicht liefern, weil die Angehörigen nicht einverstanden sind. Zum Vergleich: wenn Morgen irgendjemand in Amerika behaupten würde, er besässe Beweise dafür, dass Barack Obama, der ja Präsident einer kriegsführenden Nation ist, irgendwo 500 Mädchen missbraucht und umgebracht hat, jedoch könne er die Beweise aus Rücksicht gegenüber den Angehörigen der Opfer nicht veröffentlichen, würde dann dieser jemand damit durchkommen? Vermutlich würde er wohl eher verhaftet und an eine psychiatrische Klinik überwiesen werden. Doch in der Realität der heutigen Weltpolitik bestimmen genau solche Verrückte die Spielregeln. 


(1) Dean Manning, „Summary of Forensic Evidence – Execution Points and Mass Graves“,   16.05.2000
(2) Radio slobodna Evropa, Marija Arnautovic, „Hag uništio dio dokaza iz Srebrenice?“,  07.05.2009
(3) http://www.srebrenica-project.com/index.php? option=com_content&view=category&layout=blog&id=21&Itemid=19
(4) http://de-construct.net/?p=9034
(5) „Srebrenica Controversy Becomes Increasingly Politicized and Ethnically Divisive, Increasing Pressure on Peacekeepers“, ISSA Special Reports, Balkan Strategic Studies, 19.09.2003
(6) Jürgen Elsässer, „Sarajevo versucht, Beweise zu manipulieren“, Junge Welt, 11.07.2005
(7) http://www.srebrenica-project.com/
(8) Stephen Karganovic, „“DNA Testing and the Srebrenica Lobby“, The Lord Byron Foundation for Balkan Studies, 13.07. 2010
(9) Congressional Press Release, US Congress, 16 January 1997: „Clinton approved iranian arms transfer to help turn Bosnia into militant islamic base“
(10) Dani, 22.06.1998
(11) Nacional, 24.05.2005




Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



www.jungewelt.de


Jelzins perfekter Staatsstreich


Vor 20 Jahren simulierte das »Komitee für den Ausnahmezustand« in Moskau einen Putsch. Der spätere Liquidator der Sowjetunion führte ihn mit seinen Leuten aus


Von Werner Pirker


Den Männern vom »Komitee für den Ausnahmezustand« stand die Niederlage bereits ins Gesicht geschrieben, als sie in den Morgenstunden des 18. August 1991 den sowjetischen Präsidenten Michail Sergejewitsch Gorbatschow in den Krankenstand versetzten und so taten, als würden sie die »Verantwortung über die Lage im Land« übernehmen. Auf dem Papier versammelte das Komitee so ziemlich alles, was Rang und Namen hatte: Vizepräsident Janajew, der als »Juntachef« ausersehen war, Ministerpräsident Pawlow, Verteidigungsminister Jasow, KGB-Chef Krjutschkow und Innenminister ­Pugo. Doch diese Machtkonzentration verfügte über keine Macht mehr. Mit der Wahl Boris Jelzins zum russischen Präsidenten am 12. Juni 1991 und der ihr folgenden Souveränitätserklärung der Russischen Föderation war die sowjetische Staatlichkeit zu einer Hülle ohne Inhalt geworden. Diese Tatsache fand in den Augusttagen nur noch ihre Bestätigung. Das Gros der bewaffneten Organe unterstellte sich der Oberhoheit der russischen Regierung.

Zudem dürfte das Handbuch »Wie organisiere ich einen erfolgreichen Staatsstreich?« von den glücklosen Komiteemitgliedern nicht gelesen worden sein. Das Verkehrs- und Nachrichtenwesen funktionierte wie an normalen Tagen. Die Truppen, die den Ausnahmezustand sichern sollten, waren nicht bewaffnet. Die Panzer fuhren ohne Munition zu ihren Einsatzorten. Jelzin, der Anführer der gegen die sowjetische Ordnung gerichteten Kräfte, wurde nicht verhaftet.

Statt dessen saß Gorbatschow in seinem Urlaubsdomizil auf der Krim fest. Aber war er wirklich von seinen eigenen Leuten hintergangen worden? Sein Verhalten in den Tagen vor dem Urlaub läßt anderes vermuten. Da hatte er die Gefahr eines Staatszerfalls beschworen und sich unter Zitierung eines Tagesbefehls aus dem Großen Vaterländischen Krieg: »Hinter uns liegt Moskau. Keinen Schritt zurück!« für außerordentliche Maßnahmen ausgesprochen. Am Schwarzen Meer dürfte Michail Sergejewitsch es sich anders überlegt haben. Vielleicht weil er, um seinen Ruf als »großer Reformer« besorgt, nicht als der Mann in die Geschichte eingehen wollte, der sein eigenes Reformwerk wieder abgewürgt hatte. Im Spiegel wiederum wird jetzt die Vermutung geäußert, Gorbatschow habe seine »konservativen« Widersacher absichtlich in eine Falle gelockt, um sie nach gescheitertem Staatsstreich abservieren zu können. Boris Nikolajewitsch Jelzin scheinen sie alle nicht auf der Rechnung gehabt zu haben.


Der Mann auf dem Panzer


Die Legende erzählt von einem mit Gurten an das Krankenbett gefesselten Gorbatschow, der so gehindert werden sollte, seinen präsidialen Pflichten nachzukommen. Es könnte aber auch sein, daß er simulierte und sich absichtlich krankschreiben ließ. Um nach dem Schock der ersten Tage und stabilisierter Situation als der rechtmäßige Repräsentant des Notstandsregimes zurückzukehren oder aber sich – bei einem anderen Verlauf der Ereignisse – aus den Klauen der Putschisten befreien zu lassen. Durchaus möglich also, daß Michail Gorbatschow die Notstandskomiteeler – und nicht umgekehrt – verraten hat. Der völlig planlose, ja panikartige Verlauf der Verhängung des Ausnahmezustandes bestärkt die Vermutung, daß der Hauptverschwörer ausgefallen sein dürfte.

Das Bild über die Moskauer Augustereignisse, das sich am nachhaltigsten in der Erinnerung eingeprägt hat, zeigt den auf einem Panzer stehenden Boris Jelzin, der den Usurpatoren mutig die Stirn bietet und das »freie Rußland« verkündet. Dabei wird die Frage verdrängt, warum die bösen Putschisten dem Freiheitshelden alle Freiheiten ließen, sich als Vertreter der wahren Staatsmacht aufzuspielen? Warum sie nicht wenigstens versuchten, die Telefonleitungen zum Weißen Haus an der Moskwa zu kappen, wo der Oberste Sowjet der Russischen SFR, damals noch Jelzins Machtbasis, tagte? Der frühere Bürgermeister von St. Petersburg und »Demokrat der ersten Stunde« Anatoli Sobtschak sagte später, daß ein Zug Soldaten genügt hätte, um die gesamte russische Führung zu verhaften. So aber konnte Jelzin mit seinem Beraterstab am Morgen des 19. August von seiner Datscha in Ussowo ungehindert ins Moskauer Stadtzentrum fahren, um dort zum Widerstand gegen den Ausnahmezustand aufzurufen. Das läßt sich nur so erklären, daß sich die Komiteemitglieder in dem Irrglauben befanden, Jelzin würde sich an der Verschwörung, bei der der Kopf seines Widersachers Gorbatschow als Preis winkte, beteiligen. Waren die Verschwörer, denen immerhin der KGB-Chef angehörte, so naiv zu glauben, Jelzin würde sein Schicksal mit dem ihren verbinden, anstatt die Situation zu nutzen, sich an die Spitze der Kräfte der »russischen Wiedergeburt« zu stellen? Einer solchen Fehleinschätzung können selbst diese Putschdilettanten nur aufgesessen sein, wenn man davon ausgeht, daß der KGB auf der anderen Seite stand und seinem Chef einen üblen Streich gespielt hat.


Wie der Strick den Gehängten


Mit der Souveränitätserklärung hat Rußlands Oberster Sowjet die russische Staatlichkeit der sowjetischen gegenübergestellt – eine eindeutig verfassungswidrige Handlung. Aufgabe des Komitees für den Ausnahmezustand hätte es sein müssen, die Verfassungshoheit der UdSSR auf dem Territorium der Russischen Föderation wiederherzustellen und das russische Parlament aufzulösen. Dazu hatte es aber weder die Kraft noch den Willen. So kam es umgekehrt. Jelzin und die Seinen stellten die Verfassungshoheit Rußlands über die UdSSR her. Die Sieger von Moskau bestimmten über das Schicksal der gesamten Union, von der sich die baltischen Republiken und Georgien bereits losgesagt hatten. »Hier an dieser Stelle wird Großrußland geboren«, triumphierte der russische Vizepräsident Alexander Ruzkoj am 23. August, als der Umsturz vollzogen war. Damit meinte der spätere Jelzin-Gegner nicht die Entlassung aller Sowjetrepubliken in die Unabhängigkeit, sondern die Wiederherstellung des russischen Imperiums unter Einschluß der nichtrussischen Gouvernements. Dazu kam es nicht, da die der westlichen Wertegemeinschaft ergebenen »Demokraten« politisch korrekt allen imperialen Ambitionen entsagten.

Die Sowjetunion war ihrer Staatlichkeit bereits beraubt worden, noch bevor sie am Jahresende in Alma Ata offiziell aufgelöst wurde. Die Verkünder eines Ausnahmezustandes, den sie nie verhängten, hatten einen Staatsstreich simuliert, Boris Jelzin und die Seinen haben ihn mit Bravour ausgeführt.

Gorbatschow aber, von Jelzin in seiner Panzerrede als »verfassungsmäßig gewählter Präsident des Landes« tituliert, wurde aus der Gefangenschaft befreit und zu seiner Entmachtung nach Moskau zurückgebracht. Was Lenin 1917 anläßlich des Kornilow-Putsches über Kerenski sagte – wir unterstützen ihn, wie der Strick den Gehängten – ließ Jelzin nun Gorbatschow widerfahren. Wie einen Schuljungen ließ der russische Präsident den sowjetischen Präsidenten am 23. August im russischen Obersten Sowjet das Dekret über das Verbot der KPdSU, dessen Generalsekretär Gorbatschow immer noch war, verlesen.


Von der Perestroika…


Damit, daß der Abgang der Sowjetunion von der Geschichtsbühne so unmittelbar bevorstehe und daß er so ruhmlos verlaufen werde, hatte wohl niemand gerechnet, als Michail Sergejewitsch Gorbatschow im Februar 1985 zum Generalsekretär der KPdSU bestellt wurde. Nachdem zwischen 1982 und 1985 der Tod im Kreml ein- und ausgegangen war und die gesellschaftliche Stagnation kein Ende finden wollte, ruhten auf dem Mittfünfziger die Hoffnungen auf einen energischen Neuanfang. Der versprach auch, alles zu unternehmen, um das Potential des Sozialismus als einer dem Kapitalismus grundsätzlich überlegenen Gesellschaftsordnung besser zur Geltung zu bringen. Schon bald wurde klar, daß es einer radikalen Umgestaltung, einer Perestroika bedurfte. Doch diese endete in der Katastroika. Der Weg in letztere war zumindest am Anfang mit den besten sozialistischen Vorsätzen gepflastert.

Das »lebendige Schöpfertum der Massen« (Lenin) sollte neu geweckt werden. Die Stärkung des Eigentümerbewußtseins der werktätigen Massen schien dafür die beste Voraussetzung zu sein. Das wiederum machte mehr Möglichkeiten zur Einflußnahme, »mehr Demokratie« erforderlich. Und mehr Offenheit (»Glasnost«). Neue Formen der Selbstverwaltung sollten erprobt werden, um die Entfremdung des Volkes von der Macht zu überwinden. Das hörte sich alles noch sehr sozialistisch, egalitär und emanzipatorisch an.

Doch die Macht der staatssozialistischen Korruption erwies sich als stärker als alle Bestrebungen zur Überwindung der Deformationen in den gesellschaftlichen Beziehungen, die Kritik der Waffen als mächtiger als die Waffe der Kritik. Die Korruption hatte auch noch den gesellschaftlichen Diskurs korrumpiert. Anfänglich ob der Perestroika-Rhetorik verunsichert, sabotierte das bürokratisch-mafiose Geflecht unter Nutzung seiner realen Verfügungsgewalt über das Volkseigentum alle Veränderungsbestrebungen. Als dann aber das Volkseigentum zur Disposition stand, wandelten sich die Perestroika-Bremser zur innovativsten Kraft der Umgestaltung. Es begann mit dem im November 1986 verabschiedeten Gesetz über die Kooperativen, das mit Lenins Definition vom »Sozialismus als eine Gesellschaft zivilisierter Genossenschafter« theoretisch begründet wurde und die Entfaltung des sozialistischen Genossenschaftswesen zum Ziel hatte. In der Praxis bildete es das Einfallstor für die Privatisierung.


…zur Katastroika


Den Kooperativen, die als kollektive Eigentumsform galten, wurde die Möglichkeit eingeräumt, Lohnabhängige zu beschäftigen, wodurch das in der Schattenwirtschaft entstandene private Unternehmertum eine legale Eigentumsbasis erhielt. Der Prozeß der Verselbständigung des Gesellschaftseigentums beschleunigte sich enorm. Als die aktivsten und wendigsten Bereicherungsaktivisten des Volkes tat sich die Nomenklatura des Kommunistischen Jugendverbandes (Komsomol) hervor. Ihre »Klubs der jugendlichen Kreativität« – hinter denen sich Spielhöllen, Videoklubs usw. verbargen – wurden zu einer der Hauptquellen der ursprünglichen Akkumulation. Aus der »jungen Garde des Proletariats« war die junge Garde der Bourgeoisie geworden.

Das Gesetz über den sozialistischen Betrieb, das die Einrichtung von Räten der Arbeitskollektive vorsah, wirkte in einer Atmosphäre der Bereicherungsanarchie nahezu anachronistisch. Sozialistischer Demokratismus, wie ihn die frühe Perestroika verhieß, war völlig aus der Mode geraten. Die Diskursverschiebung vom Egalitarismus zum Elitismus war 1988 bereits deutlich erkennbar. Alexander Jakowlew, damals Ideologiesekretär der KPdSU, machte sich zum Fürsprecher der inoffiziellen Millionäre, indem er vehement gegen die Eigentumskontrolle polemisierte. Der Starökonom und spätere Moskauer Bürgermeister Gawril Popow sang gar ein Hohelied auf die Wirtschaftskriminalität. Die »Schuluki« (Gauner) seien der sozial aktivste Teil der Gesellschaft, meinte er. Sie verfügten als einzige über ausreichendes marktwirtschaftliches Know-how. Die neoliberale Hegemonie hatte sich des Sowjetlandes bemächtigt, noch bevor der Sozialismus offiziell verabschiedet worden war. So gab es ernsthafte Vorschläge, auch das Gesundheitswesen dem Prinzip der wirtschaftlichen Rechnungsführung, das heißt der Gewinn­erwirtschaftung zu unterwerfen. Umgekehrt machte sich die Belegschaft einer sibirischen Sargfabrik darüber Gedanken, daß weniger Bedarf an Särgen bestünde, wenn es den Menschen im Ergebnis der Reformen besser ginge, was wiederum die Gewinnaussichten der Sargtischler schmälern würde. Diese Sorge erwies sich freilich als völlig unbegründet.


Massen im Abseits


Dem sozialen Aktivismus der Geschäftemacher stand die soziale Trägheit der Massen gegenüber. Darin lag einer der Hauptgründe für das Scheitern der Perestroika. Sie war zu keiner Massenbewegung geworden. Die sowjetische Gesellschaft vermochte es nicht, aus dem Schatten des paternalistischen Systems zu treten. So blieb der alte Gesellschaftsvertrag – »Sie tun, als würden sie uns bezahlen, und wir tun, als würden wir arbeiten« – im wesentlichen bestehen. Die ursprüngliche Perestroika-Strategie ging zu Recht von der Annahme aus, daß das administrative Kommandosystem aus sich heraus nicht zu reformieren sei, daß es vielmehr eines radikalen Bruchs bedürfe. So wurde die Perestroika zum revolutionären Prozeß erklärt. Die Soziologin Tatjana Saslawskaja sprach von einer »zweiten sozialistischen Revolution«. Doch wer bildete das »revolutionäre Subjekt«? Um ein solches zu sein, hätten die Arbeiterklasse, die Kolchosbauernschaft und »revolutionäre Intelligenz« das bürokratische Regime, das in ihrem Namen die Macht ausübte, stürzen müssen. Nach Jahrzehnten sozialer Bevormundung war das werktätige Volk aus seinen eigenen Reihen heraus aber zu keinem revolutionären Handeln befähigt. Die Kommunistische Partei in ihrer Funktion als zentrales Machtorgan war es auch nicht. Denn die Unterordnung der Staatsmacht unter das Parteiregime hatte umgekehrt die Verstaatlichung der Partei zur Folge. Die KPdSU war zu einer Gefangenen des von ihr geschaffenen Regimes geworden.

Die wenig durchdachten, in sich widersprüchlichen Wirtschaftsreformen hatten eine ausufernde Trödel-Marktwirtschaft hervorgebracht und den Egoismus entfesselt, die Großindustrie aber völlig desoganisiert und damit die sozialistische Planökonomie – fast möchte man sagen: planmäßig – dem Untergang zugeführt. »So kann man nicht weiterleben«, lautete der Titel eines Theaterstückes, der die Stimmung breiter Volksschichten wiedergab.

Im Angesicht des wirtschaftlichen Desasters besann sich die Gorbatschow-KPdSU wieder des Primats der Politik. Ohne Reform des politischen Systems ginge auch in der Wirtschaft nichts weiter, hieß es. Auf der 19. Parteikonferenz im Juni 1988 beschloß die KPdSU, als Machtorgan abzudanken und sich dem politischen Wettbewerb zu stellen. Bei den Wahlen zu den Sowjetorganen sollten die Wähler zwischen verschiedenen Kandidaten die Wahl haben. Das Präsidentenamt wurde eingeführt. Ebenso die Institution des Kongresses der Volksdeputierten als jährlich zusammentretendes höchstes Machtorgan, der aus seinen Reihen die Mitglieder des Obersten Sowjets zu bestimmen hatte.


Der Gorbatschow-Plan


Auch wenn neben der KPdSU offiziell noch keine andere Partei zugelassen wurde, war dies der Beginn des Mehrparteiensystems. Die Gegenpartei zur Partei Lenins, die nur noch ein Schatten ihrer selbst war – ihr Generalsekretär Gorbatschow empfand seine Parteifunktion als eher lästigen Nebenjob –, machte sich unter dem Namen »Überregionale Fraktion« schon während der ersten Tage des Volksdeputierten-Kongresses wortgewaltig bemerkbar. So löblich die Idee war, die Sowjetmacht den gewählten Sowjetorganen zu überantworten, so selbstmörderisch für die Partei, aber auch für den Sowjetstaat erwies sie sich in der konkret-historischen Situation. Denn damit hatte die KPdSU den Kräften des antikommunistischen Umsturzes die Bühne freigegeben.

Am schlimmsten aber wog die Tatsache, daß es der Parteinomenklatura hinsichtlich der Verteidigung der sozialistischen Option an Eindeutigkeit mangelte.

Die Gruppe um Gorbatschow hatte die Selbstentmachtung der Kommunistischen Partei, nicht aber ihre eigene im Sinn. Der Staat sollte von der führenden Rolle der KPdSU befreit, das heißt entideologisiert werden. Die Partei gedachte man in Richtung Sozialdemokratie zu transformieren. Der Gorbatschow-Plan reflektierte die Interessen der herrschenden Eliten, den kapitalistischen Eigentumsumsturz aus dem System heraus und nach ihren Spielregeln zu organisieren. In völliger Verkehrung der deklarierten Perestroika-Ideale, die sozialistische Gerechtigkeit wiederherzustellen und die bürokratische Vorherrschaft über die Gesellschaft zu beenden, organisierte die Nomenklatura die soziale Enteignung der Volksmassen. Anstatt den Sozialismus von seinen Deformationen zu befreien, sollten die Deformationen vom Sozialismus befreit werden. Es ist müßig, darüber zu spekulieren, ob Gorbatschow von Beginn an diese Strategie verfolgt hat oder ob er irgendwann nur mehr der Logik der Ereignisse folgte.


Jelzins Antwort


Die Gorbatschow-Leute hatten nicht mit den Gegeneliten gerechnet. Die hatten mit Boris Jelzin einen Mann an ihrer Spitze, der als ein von der Nomenklatura Verstoßener auf die Sympathien seiner Landsleute zählen konnte. Auch wurde ihm zugute gehalten, ein direkt vom Volk gewählter Präsident zu sein. »Das Volk gegen die KPdSU« lautete das antikommunistische Narrativ. Das stimmte so nicht. Die Befürworter der sozialistischen Option erschienen nur deshalb hoffnungslos unterlegen, weil sie in der Gorbatschow-KPdSU keinen Rückhalt mehr fanden. Obwohl inzwischen offen antikommunistisch auftretend, hielten viele Sowjetbürger den ehemaligen Stadtparteisekretär von Swerdlowsk immer noch für den aufrichtigeren Kommunisten als den amtierenden Generalsekretär. »Für Jelzin und die Sowjetmacht« antwortete ein Großmütterchen auf die Frage, wen sie denn unterstütze.

Bedienten die »Demokraten« einen eher populistischen Antikommunismus, so argumentierten die Gorbatschow-Leute mitunter elitär antikommunistisch. Es war der Generalsekretär der ­KPdSU, der den Begriff »Neobolschewismus« als ein gegen die Systemopposition gerichtetes Schimpfwort kreierte. Sein Berater, der Politologe Andranik Migranjan, sah in den antikommunistischen Oppositionellen ob ihrer »aggressiven Bereitschaft zur Umverteilung« Wiedergänger der Oktoberrevolutionäre. »In einer neuen Windung der Geschichtsspirale treffen wir die Psychologie des Lumpensozialismus wieder«, schrieb er. Nur die von Gorbatschow geführte Partei, so die Botschaft, könne den Übergang kapitalistisch korrekt in die Wege leiten. Migranjans Befürchtung einer Sozialisierung des Eigentums durch die »Demokraten« hat sich in der Folge als völlig grundlos erwiesen.


Falsches Denken


Wie aus vom Spiegel jüngst veröffentlichten Dokumenten hervorgeht, hat Gorbatschow darauf gehofft, seinen im Westen erworbenen Bonus als Systemaussteiger im Moskauer Machtpoker einsetzen zu können. Als Erfinder des »neuen Denkens« hat er die Priorität der allgemein-menschlichen über die Klasseninteressen postuliert, dabei dem Sozialismus aber immerhin noch zugestanden, das friedfertigere System zu sein. Den Beweis dafür erbrachte er, als er die Sowjetunion aus dem Systemwettbewerb nahm, um die »Gewaltmechanik des Kalten Krieges« (W.F. Haug) zu beenden. Doch zieht der letzte KPdSU-Chef inzwischen die Erzählung vor, mit der Abschaltung der »totalitären Höllenmaschine« das größte Friedenshindernis aus dem Weg geräumt zu haben. Wie dem auch sei. Die Regie des antikommunistischen Staatsstreichs vom August 1991 hatte für Michail Sergejewitsch Gorbatschow nur noch eine Nebenrolle vorgesehen.


junge Welt, 19.08.2011




Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali


(english / deutsch / srpskohrvatski.

Nel corso di una recente visita a Pristina, contro ogni ipotesi di apertura della "frontiera" tra Serbia e Serbia il ministro degli Esteri tedesco "Guido Westerwelle ha dichiarato che la mappa dei Balcani è stata decisa e la questione di cambiamenti delle frontiere è chiusa" [Reuters 11/8/2011].
Ma chi ha deciso la mappa "definitiva" dei Balcani, in che occasione, e con quale autorità?
La cancelliera Angela Merkel in persona è stata ieri e oggi a Zagabria e Belgrado, sempre per ribadire che la Serbia deve piegarsi a riconoscere la mappa dei Balcani che è stata decisa... dai tedeschi. Altrimenti, niente accesso nella UE!
La prepotenza, l'arroganza, la protervia della politica estera tedesco-federale continua a perpetuarsi ancora, a 22 anni dall'Anschluss della DDR e a 20 anni dalla imposizione manu diplomatica dello squartamento della Jugoslavia. [a cura di Italo Slavo])

Deutscher Diktat

1) "Guido Westerwelle said the map of the Balkans had been decided and the issue of territorial changes was closed."
2) Westerwelles Hegemonie
3) UKAZATI MERKELOVOJ NA PROBLEMATIČAN POVRATAK SRBA U HRVATSKU
4) Prägende Faktoren (german-foreign-policy.com)


=== 1 ===

http://www.reuters.com/article/2011/08/11/us-kosovo-germany-idUSTRE77A41E20110811

Reuters - August 11, 2011

Germany rules out Kosovo partition on ethnic lines

By Fatos Bytyci

PRISTINA: Germany will oppose any partition of Kosovo, its foreign minister said Thursday following a warning by Kosovo Albanian leaders that Serbia wants its former province divided along ethnic lines.
Guido Westerwelle said the map of the Balkans had been decided and the issue of territorial changes was closed.
"For us it is clear that the situation and territorial integrity in this region is decided; this means this is out of discussion for us," Westerwelle said at a news conference with Kosovo's ethnic Albanian premier during a visit to Pristina.
Westerwelle said German Chancellor Angela Merkel will pass on the same message during a visit to Serbia later this month.
Kosovo declared independence from Serbia in 2008, nine years after NATO bombing halted a Serbian military crackdown on separatist ethnic Albanians. But 60,000 Serbs in north Kosovo rejected the breakaway and still deem Belgrade their capital.
Some Serbian officials have floated the idea of partitioning Kosovo, effectively hiving off its northern Serb enclave.
Violence flared in the enclave two weeks ago after Pristina authorities tried to seize border posts controlled by Serbs in order to enforce a ban on imports from Serbia and gain control of its northern part.
One Kosovo police officer was shot dead and Serb mobs blocked all the roads in the north and torched a border station.
...

With 1,023 troops, Germany has the biggest military contingent in Kosovo's NATO peacekeeping mission (KFOR). It is sending another 500 after the recent violence.
Mediated by the NATO commander in Kosovo, a German general, Serbia and Kosovo last week reached a temporary deal to ease tension through mid September when Belgrade and Pristina are scheduled to resume talks in Brussels to resolve trade issues.
However, ethnic Serbs in Kosovo have only partially accepted the accord and have not completely removed roadblocks.
Under the deal, KFOR will continue to guard two border posts and let civilians pass in and out of Kosovo. No goods from Serbia will enter Kosovo but Pristina will not send its police and customs officers to the northern border posts.
After arresting recently the two last Bosnian Serbs wanted for war crimes in Bosnia's conflict, Serbia's road to join the European Union now partly depends on its relations with Kosovo.
Although Germany, the United States and most EU members have recognized Kosovo's independence, Belgrade, with the backing of Russia and China, does not.

(Additional reporting by Branislav Krstic in Mitrovica, editing by Adam Tanner and Mark Heinrich)


=== 2 ===

www.jungewelt.de

Westerwelles Hegemonie

Von Sevim Dagdelen (*)
junge Welt, 12.08.2011

Oft wird behauptet, Außenminister Westerwelle wären die Schuhe seines Vorgängers Genscher zu groß. Angesichts der Balkanreise des Liberalen kann man aber jetzt schon sagen: Westerwelle schaut zumindest schon mal, ob sie nicht doch passen. Hatte Genscher Anfang der 90er Jahre mit seiner Anerkennungspolitik gegenüber Slowenien und Kroatien, gegen alle internationale Kritik, die Kriege auf dem Balkan regelrecht mit heraufbeschworen, hört man jetzt von Westerwelle, nachdem mit deutscher Hilfe so viele Grenzen neu gezogen wurden, die territoriale Integrität der Staaten in der Region sei für Deutschland »unverhandelbar«. Ein Zynismus ohnegleichen.

Wieder einmal ist es die deutsche Außenpolitik, die auf dem Balkan vorprescht. Als erster Außenminister nach den schweren Unruhen im Norden des Kosovo, wegen der erneuten Provokationen der kosovo-albanischen Administration mit Hilfe des deutschen NATO-Generals Bühler, besucht Westerwelle die Region. Und er trifft sich mit dem »Regierungs chef« Hashim Thaci. In einem Bericht des Europarates werden dem früheren UCK-Kommandeur zahlreiche Verbrechen gegen die Menschlichkeit vorgeworfen. Westerwelles politische Gespräche sind ein offener Affront gegen diejenigen EU-Mitgliedstaaten, die die völkerrechtswidrige einseitige Unabhängigkeitserklärung des Kosovo nicht anerkannt haben, wie Zypern, Spanien, Griechenland, Rumänien und die Slowakei. Als Gipfel der Provokationen besucht Westerwelle auch noch einen der umstrittenen Posten im Nordkosovo – an jener »Grenze«, die seine Soldaten schützen, nachdem er an deren Ziehung beteiligt war.

Offensichtlich will Westerwelle damit auch die Politik der Einschüchterung der serbischen Bevölkerung zelebrieren. Sie soll ihren Widerstand gegen NATO und UCK-Administratoren endlich aufgeben und sich in ihr Schicksal fügen. Die Botschaft ist unmißverständlich: Deutschland ist auf dem Balkan wieder die hegemoniale Macht.

In zwei Wochen soll Kanzlerin Merkel bei ihrem Besuch in Belgrad die Serben ins Gebet nehmen. Entweder ihr verzichtet auf das Kosovo oder ihr kommt nicht in die EU, so das Berliner Diktat. Es bleibt abzuwarten, welche Antwort die serbische Regierung dem deutschen Ultimatum geben wird. Eine Zustimmung zu einer derartigen völkerrechts- und europarechtswidrigen Erpressung würde bedeuten, daß Serbien seiner demokratischen Verpflichtung, seine Bürger und sein Territorium im verfassungs- und völkerrechtlichen Sinne zu schützen, nicht nachkommt. Und schlimmer: Es würde den Schlußstein setzen für die deutsche Hegemonie auf dem Balkan. Deutschland hätte erfolgreich eine Politik der Drohungen und Gewalt an die Stelle des Völkerrechts gesetzt.

(*) Die Autorin ist Mitglied im Auswärtigen Ausschuß des Bundestages und Sprecherin für Internationale Beziehungen der Fraktion Die Linke
 

=== 3 ===

http://www.jadovno.com/asocijacija-pregled-novosti/items/ukazati-merkelovoj-na-problematican-povratak-srba-u-hrvatsku.html

Association of Refugees and other associations of Serbs from Croatia


23.8.2011 10:02

UKAZATI MERKELOVOJ NA PROBLEMATIČAN POVRATAK SRBA U HRVATSKU


BEOGRAD, 23. AVGUSTA /SRNA/ - Delegacija izbjegličkih udruženja Srba iz Hrvatske predaće danas u njemačkoj Ambasadi u Beogradu pismo njemačkom kancelaru Angeli Merkel u kome su nabrojani svi problemi koji sprečavaju povratak Srba u Hrvatsku.
"U pismu koje će biti uručeno Merkelovoj ukazaćemo da je u pregovorima Hrvatske sa EU zatvoreno Poglavlje 23 `Pravosuđe i temeljna ljuska prava`, a da su ostala mnoga neriješena pitanja. Umjesto da snosi konsekvence, Hrvatska će biti nagrađena prijemom u članstvo EU", rekao je Srni predsjednik Asocijacije izbjegličkih i drugih udruženja Srba iz Hrvatske Milojko Budimir.
On je podsjetio da je poslije egzodusa iz Hrvatske delegaciju Udruženja Srba iz Hrvatske u njemačkoj Ambasadi u Beogradu 16. maja1996. godine primio tadašnji ministar inostranih poslova Njemačke Klaus Kinkel.
Prema Budimirovim riječima, tema razgovora sa Kinkelom bio je težak položaj izbjeglica i njihov povratak u Hrvatsku, a zatražena je i podrška njemačke Vlade za brži povratak izbjeglica u Hrvatsku.
"Tom prilikom uručen je Memorandum u kome je traženo da se Vlada Njemačke i lično ministar Kinkel zauzmu da hrvatsko rukovodstvo dosljedno provodi Dejtonski i Erdutski sporazum i druge dokumente usvojene radi ostvarivanja ljudskih prava srpskog naroda u Hrvatskoj", podsjeća Budimir.
On je naveo da je od susreta sa Kinkelom prošlo punih 15 godina, a da se gotovo ništa značajno na tom planu nije desilo.
"Hrvatska nije ispoštovala preuzete obaveze iz međunarodnih i bilateralnih ugovora, ignorišući pravične zahtjeve izbjeglih i prognanih Srba iz Hrvatske. Ovo je i bio razlog da se pristupi pokretanju peticije koju je potpisalo blizu 100 000 izbjeglih i prognanih Srba, kao i onih građana Srbije čija je imovina ostala u Hrvatskoj", kaže Budimir.
On postavlja pitanje da li će protjerani Srbi iz Hrvatske morati čekati još sljedećih 15 godina nekog drugog predstavnika iz Njemačke da mu se obrate na isti način kako je to učinjeno još 1996. godine?
"Očito je da Hrvatska kupuje vrijeme, a uz pomoć svojih mentora to joj vješto polazi za rukom", ističe Budimir.
On pita kako da se sa ovim problemima nose prognani Srbi "kada Hrvatska u posljednje vrijeme ignoriše i odluku pape, iako je Vatikan imao posebne zasluge za njenu samostalnost".
"Njemačka lobira za nezavisno Kosovo, a šta je sa našim pravima koja smo imali - Srbi su bili konstitutivan narod, a Albanci na Kosovu i Metohiji samo nacionalna manjina", navodi Budimir.
Prema njegovim riječima, ovakva dvojna mjerila sigurno neće doprinijeti miru u regionu, nego će samo pokrenuti nove sukobe i nestabilnost.
"Da se to preduprijedi, treba ukinuti dvojna mjerila i sve učiniti da u ovom posljednjem ratu nema pobjednika i gubitnika. Za sada, Srbi iz Hrvatske su najveći gubitnici", konstatuje Budimir.
On zaključuje da je velika odgovornost Njemačke za ono što se dogodilo sa SFRJ za vrijeme proteklog građanskog rata.
"Njemačka je među prvima priznala samostalnost Hrvatske i za svo ovo vrijeme lobirala kod drugih zemalja oko njenog prijema u članstvo EU", kaže Budimir.
On navodi da je Merkelova trebalo da o ovoj problematici razgovara sa predsjednicom hrvatske Vlade Jadrankom Kosor tokom posjete Zagrebu i da je "usput upita kada i sama misli napustiti srpski stan koji je uzurpirala i u kome živi već godinama".
"Na ovaj način Kosorova svojim primjerom pokazuje da se ne vraća više od 40 000 oduzetih srpskih stanova, što je jedan od razloga zašto u Hrvatsku nema povratka", dodaje Budimir.
On smatra da program stambenog zbrinjavanja ne može biti supstitucija za oduzeta stanarska prava.
Delegacija izbjegličkih udruženja Srba iz Hrvatske najavila je da će predati pismo za Merkelovu u 10.00 časova.



=== 4 ===

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58124

Prägende Faktoren
 

23.08.2011

ZAGREB/BELGRAD/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Neue Unruhen im Süden Serbiens gehen dem heutigen Besuch der deutschen Kanzlerin in Belgrad voraus. Wie es in Berlin heißt, wird Kanzlerin Angela Merkel von der serbischen Regierung erneut die Anerkennung der kosovarischen Sezession verlangen. In Serbien gilt es als ausgeschlossen, sich dieser deutschen Forderung zu beugen. Ein entsprechender Vorstoß des Regimes in Priština hat erst unlängst zu schweren Unruhen geführt, die am Wochenende erneut aufflammten. Als besondere Provokation gilt den serbischsprachigen Bevölkerungsteilen des Kosovo das deutsche Verlangen, sich dem gegenwärtig an der Macht befindlichen kosovarischen Ministerpräsidenten unterzuordnen. Experten bezeichnen den Mann als Kopf einer Mafiaorganisation, die für den Mord an hunderten Serben und für den Handel mit deren Organen verantwortlich sein soll. Kriminelle Banden waren Deutschland und dem Westen nicht nur bei der Abspaltung des Kosovo, sondern zuvor auch bei der Loslösung Kroatiens und Montenegros aus dem jugoslawischen Staatsverbund behilflich. Die Folgen - Nationalismus und Gewalt - prägen die Nachfolgestaaten Jugoslawiens bis heute, insbesondere auch Kroatien, das die Bundeskanzlerin am gestrigen Montag zum bevorstehenden EU-Beitritt beglückwünschte.

Proteste

Dem heutigen Besuch der deutschen Kanzlerin in Belgrad gingen am Wochenende Unruhen im Süden Serbiens voraus. Bereits Ende Juli war es zu schweren Auseinandersetzungen gekommen, nachdem das Regime in Priština Einfuhrsperren für Waren aus den übrigen serbischen Provinzen verhängt und dann schwerbewaffnete Polizeieinheiten an Kontrollpunkte im Norden des Kosovo entsandt hatte, um den Import etwa von Lebensmitteln in die serbischsprachigen Kommunen im Norden des Kosovo zu verhindern. Die Bundeswehr entsandte zusätzliche Truppen nach Serbien; man habe mit knapper Not blutige Kämpfe zwischen albanisch- und serbischsprachigen Gruppen verhindern können, heißt es. Bundeskanzlerin Merkel wird am heutigen Dienstag in Belgrad über die Unruhen diskutieren und dabei die serbische Regierung erneut dazu auffordern, die völkerrechtswidrige Sezession des Kosovo anzuerkennen. In Serbien gilt das als völlig ausgeschlossen. Am Wochenende kam es nun erneut zu heftigen Auseinandersetzungen zwischen der NATO und der serbischsprachigen Minderheit des Kosovo, die nicht bereit ist, das Regime in Priština zu akzeptieren. Die Lage bleibt angespannt.

Die Mafia an der Macht

Die deutsche Forderung, das Regime in Priština anzuerkennen, gilt der serbischsprachigen Minderheit im Kosovo auch deswegen als besondere Provokation, weil es von mafiösen Kräften durchsetzt ist - die Führungsspitze eingeschlossen. Ministerpräsident Hashim Thaçi, der beansprucht, als Regierungschef die gesamte Provinz zu führen, wird von Experten als Kopf einer Mafiabande bezeichnet, die unmittelbar nach dem NATO-Krieg gegen Jugoslawien im Jahr 1999 hunderte Serben nach Albanien verschleppt und dort ermordet habe - um deren Organe sodann gewinnbringend dem weltweiten Organhandel zuzuführen (german-foreign-policy.com berichtete [1]). Bei der Mafiabande handelte es sich um die Terrormiliz UÇK, die von dem schon damals als Mafiaboss eingestuften Thaçi kontrolliert wurde und unter Thaçis Leitung der NATO während des Krieges faktisch als Bodentruppe gegen die jugoslawischen Streitkräfte diente. Weitere Mitglieder der UÇK, die heute im Kosovo hohe politische Ämter innehaben, werden beschuldigt, Handel mit Frauen und Mädchen zu treiben (german-foreign-policy.com berichtete [2]). Gerichtsverfahren gegen sie sind bislang gescheitert - wie es heißt, weil Zeugen ermordet wurden oder aus Furcht jegliche Aussage verweigerten.[3] Die damaligen UÇK-Milizionäre galten in Jugoslawien als Kriminelle und wurden polizeilich verfolgt; nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO kamen sie in Priština unter westlicher Aufsicht an die Macht.

Unter den Augen Berlins

Kosovo ist nicht das einzige Gebiet des ehemaligen Jugoslawien, dessen Abspaltung Berlin und der Westen mit Hilfe krimineller Banden erzwangen. Auch die Loslösung Montenegros im Jahr 2006 erfolgte nach intensiver Vorarbeit mafiöser Gruppen. Deutsche Polizisten werfen zum Beispiel dem Gründungspräsidenten Montenegros, Milo Đukanović, vor, im Verlauf seiner politischen Karriere mit dem Schmuggel von Zigaretten ein Vermögen verdient - und damit vor allem auch die Sezession des Landesteiles finanziert zu haben. So klagte etwa ein Ermittler vom Zollfahndungsamt München, Đukanović habe "Steuerhinterziehung in Milliardenhöhe" betrieben - "unter den Augen der EU". Die zuständigen Stellen in Deutschland seien stets informiert gewesen, aber niemals gegen Đukanović eingeschritten.[4] Im vergangenen Jahr erregte Đukanovićs Angebot größeres Aufsehen, einem international gesuchten Rauschgiftschmuggler die montenegrinische Staatsbürgerschaft zu verleihen - schließlich sei er "nicht vorbestraft".[5] Noch im Juni hieß es in der deutschen Presse, die "Verbindungen zur Organisierten Kriminalität" [6] reichten in Montenegro "bis in höchste Regierungskreise". Sie bilden allerdings, ganz wie im Fall des Kosovo, eine wirtschaftliche Grundlage für den ansonsten ökonomisch recht schwachen Staat.

NS-Kollaborateure

Besonders lange zurück reichen die bundesdeutschen Verbindungen zu kriminellen Kreisen in Sachen Abspaltung Kroatiens. Bereits in den 1960er Jahren, als sich dort erste sezessionistische Tendenzen erkennen ließen, nahm der Bundesnachrichtendienst (BND) Kontakte zu kroatischen Autonomiebefürwortern auf. Kontakte unterhielt er ohnehin zu exilkroatischen Kreisen innerhalb der Bundesrepublik, etwa zum bundesdeutschen Präsidenten eines Kroatischen Nationalkomitees, der sich rühmte, der eigentliche Gründer der mit den Nazis kollaborierenden Ustaša gewesen zu sein. Die kroatische Exilgemeinde in der Bundesrepublik, die sich zu erheblichen Teilen aus alten Ustaša-Kollaborateuren zusammensetzte, war recht gewalttätig: In den 1960er und 1970er Jahren gingen zahlreiche Mordanschläge auf ihr Konto. In den 1980er Jahren seien unter den kroatischen Sezessionisten "alle Entscheidungen in strategischen und personellen Fragen" in enger Absprache "mit BND-Instanzen und Ustaša-Repräsentanten getroffen worden", berichtet der Geheimdienst-Experte Erich Schmidt-Eenboom.[7] Die Partizipation des gewalttätigen Ustaša-Milieus war so gesichert.

Kriegsverbrecher

Der Sezessionskrieg, den die Bundesrepublik mit der im Alleingang durchgesetzten Anerkennung der kroatischen und slowenischen Sezession Ende 1991 befeuerte, machte sodann den Weg für die gewalttätigsten Milieus der kroatischen Gesellschaft frei. Ein Beispiel war der kroatische General Ante Gotovina, dessen mörderische Offensive in der Krajina vom August 1995 deutsche Medien begeistert lobten. "Der Erfolg der kroatischen Armee ist überwältigend", hieß es in der Presse.[8] Gotovina wurde im April 2011 vom Haager Jugoslawien-Tribunal zu 24 Jahren Haft verurteilt - wegen schwerster Kriegsverbrechen in der Krajina. Der Sänger Marko Perković, der Anfang der 1990er Jahre mit alten Ustaša-Liedern kroatische Milizionäre anfeuerte, gehört bis heute zu den bekanntesten Stars Kroatiens; seine nationalistischen Hymnen locken Zehntausende auf Konzerte. Perković (Künstlername: "Thompson" [9]) singt bis heute Zeilen wie "Oj, Neretva, fließ abwärts, treib die Serben in die blaue Adria" - und wird von den Massen fanatisch gefeiert. Der Krieg, dem er seine Karriere verdankt, wurde von der Bundesrepublik von Beginn an unterstützt, zunächst mit Waffenlieferungen und politischer Hilfe, später mit der Bundeswehr. An ihm beteiligten sich auch Militärs wie Agim Çeku, damals kroatischer Kommandeur - unter anderem in der Krajina -, später UÇK-Befehlshaber, wegen schwerster Kriegsverbrechen in beiden jugoslawischen Zerfallskriegen angeklagt und von 2006 bis 2008 kosovarischer Ministerpräsident.

Kein Absterben

Die kroatische Ministerpräsidentin Jadranka Kosor, mit der Bundeskanzlerin Merkel am gestrigen Montag zusammengetroffen ist, rühmte sich vor kurzem, zwei kroatischen Generälen den Rücken gestärkt zu haben, die wegen schwerer Kriegsverbrechen in Den Haag verurteilt worden sind. Wie die zum Zwecke der Zerschlagung Jugoslawiens von Berlin unterstützten mafiösen Strukturen bis heute die Macht im Kosovo und in Montenegro innehaben, so herrschen in Kroatien die extremen Nationalisten, die die Bundesrepublik einst stärkte, um Zagreb von Belgrad zu trennen. "Der extremistische Nationalismus stirbt nach dem EU-Beitritt keinesfalls ab", urteilt ein Südosteuropa-Experte von der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).[10] Die brutalen Elemente, deren sich Deutschland einst bediente, um den Kontinent neu zu ordnen, prägen in Zukunft auch die EU.

[1] s. dazu Organhandel und Ein privilegierter Partner
[2] s. dazu Unter deutscher Aufsicht und Die Mafia als Staat (II)
[3] s. dazu Politische Freundschaften und Heldenfigur
[4] s. dazu Die Wiederauferstehung Jugoslawiens
[5] Montenegro wieder im Visier der Mafiajäger; eu-info.de 22.02.2010
[6] Kandidat in Handschellen; www.faz.net 19.06.2011
[7] Erich Schmidt-Eenboom: Der Schattenkrieger. Klaus Kinkel und der BND, Düsseldorf 1995
[8] Zagreb fühlt sich wieder sicher; www.welt.de 07.08.1995
[9] "Thompson" ist die Marke der Maschinenpistole, die Perković im kroatischen Sezessionskrieg benutzte.
[10] Die Kanzlerin in Zagreb und Belgrad; www.euractiv.de 22.08.2011



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 19,95 € al mese fino al 2 gennaio 2014. Risparmi 324 euro! Passa a Tiscali



(sulla censura in atto anche in Italia a proposito delle stragi contro i civili che gli aerei della NATO stanno commettendo si veda ad esempio il caso di Zliten, Libia, 8 agosto 2011:

PHOTOS:
NATO Massacres of Civilians Aimed at "Cleansing" the Libyan People's Resistance
By Mahdi Darius Nazemroaya - Global Research, August 10, 2011
VIDEO:
NATO massacre in Zlitan, August the 8th/9th 2011.
A large number of casualties occurred in the city of Zliten, in the district of Misurata. In Zliten, 85 people were killed including 33 children, 32 women, and 20 men as a result of NATO's deliberate targeting of residential areas and civilian infrastructure. Many of the injured civilian victims are in critical condition and near death.
Zliten has been under constant NATO bombardment for several days. The recent NATO attacks started at about 11:30 p.m. EET on August 8, 2011. At least 7 civilian homes belonging to local farmers were destroyed, killing entire families. In all 20 families were the targets of the NATO bombings. 
This video exposes the media's role of covering up the truth.
The mainstream media did not report about this properly or accurately. The media did this to whitewash NATO's war crimes against the Libyan people.

Le massacre de l'OTAN à Majir et la propagande impériale
par Julien Teil, Mathieu Ozanon - RÉSEAU VOLTAIRE | TRIPOLI (LIBYE) | 17 AOÛT 2011

NATO airstrike kills dozens of civilians east of Tripoli
By Kate Randall - 10 August 2011


I giornalisti che praticano la propaganda di guerra, dovranno risponderne 

di Thierry Meyssan


La guerra di propaganda è entrata in una nuova fase con l’azione coordinata delle reti delle TV satellitari. CNN, France24, BBC e Al Jazeera sono diventati strumenti d’intossicazione per giustificare la demonizzazione dei governi e le aggressioni armate. Queste pratiche sono illegali secondo il diritto internazionale e l’impunità dei loro autori deve cessare.

RETE VOLTAIRE | TRIPOLI (LIBIA)  | 15 AGOSTO 2011

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Il trattamento attuale delle informazioni su Libia e Siria, ha segnato una svolta nella storia della propaganda di guerra, nel senso che utilizza nuove forme che hanno colto di sorpresa il pubblico internazionale.
Quattro potenze, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Qatar, hanno uniti i loro mezzi tecnici per avvelenare la "comunità internazionale". Si tratta principalmente della CNN (che, anche se privata, agisce in il coordinamento con le unità di guerra psicologica del Pentagono), France24, BBC e Al Jazeera.
Questi media sono utilizzati per attribuire falsamente ai governi di Libia e Siria dei crimini che non hanno commesso e per coprire i crimini commessi dai servizi segreti delle potenze di cui sopra e della NATO.
Ricordiamo il precedente su scala ridotta del 2002. Globovision aveva trasmesso le immagini in diretta di una rivoluzione popolare guidata del legittimo presidente Hugo Chavez e le immagini di militanti pro-Chavez sparare sui manifestanti dell’opposizione, uccidendoli. Questa messa in scena aveva permesso di nascondere un colpo di stato militare orchestrato da Washington con l’aiuto di Madrid. Tuttavia, dopo che una sollevazione popolare genuina aveva messo fine al golpe e restaurato il presidente eletto, inchieste giudiziarie e giornalistiche hanno dimostrato che la rivoluzione filmata da Globovision non era che un video falsificato, e che mai i chavisti avevano sparato sulla folla, ma invece erano state vittime dei cecchini armati dalla CIA.
Oggi è lo stesso, ma con un consorzio di canali satellitari. Essi mostrano le immagini di eventi mai avvenuti in Libia e Siria. Cercano di far credere che la maggioranza dei libici e dei siriani vogliono rovesciare le loro istituzioni politiche e che Muammar Gheddafi e Assad massacrano i propri popoli. Sulla base dell’intossicazione, la NATO ha attaccato la Libia e sta per attaccare la Siria.
Ora, dopo la seconda guerra mondiale, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato quattro volte una legge per vietare e condannare tali pratiche.
La Risoluzione 110 del 3 novembre 1947, relativa a "Misure da prendere contro la propaganda in favore di una nuova guerra e contro coloro che la incitano", sanziona la "propaganda volta a provocare o incoraggiare una qualsiasi minaccia alla pace, violazione della pace o un qualsiasi atto di aggressione".
La Risoluzione 381 del 17 Novembre 1950, consolida tale dichiarazione, condannando la censura delle informazioni avverse, come parte integrante della propaganda contro la pace.
Infine, la Risoluzione 819 dell’11 dicembre 1954, su "l’eliminazione degli ostacoli al libero scambio delle informazioni e delle idee", pone la responsabilità dei governi nel rimuovere gli ostacoli che impediscono il libero scambio di informazioni e idee.
In tal modo, l’Assemblea Generale ha sviluppato la sua dottrina sulla libertà di espressione: ha condannato le menzogne che portano alla guerra e ha eretto il libero flusso di informazioni e idee e il dibattito critico, ad armi al servizio della Pace.
La parola, e più ancora l’immagine, possono essere utilizzato per preparare i peggiori crimini. In questo caso, l’avvelenamento da parte di CNN, France24, BBC e Al Jazeera sono "crimini contro la pace". Essi devono essere considerati i più gravi di crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi oggi dalla NATO in Libia e dalle agenzie di intelligence occidentali in Siria, in quanto li preparano e li rendono possibili.
I giornalisti che praticano la propaganda di guerra devono essere processati dalla giustizia internazionale.



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer




ELIMINAZIONE DELLE FESTIVITA' INFRASETTIMANALI E RELATIVI PONTI


PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA DELLA LOGGIA P2 (testo sequestrato a Maria Grazia Gelli nell'estate 1982).

Tra i programmi (attività di governo) leggiamo:

 
b3) eliminazione delle festività infrasettimanali e dei relativi ponti (salvo 2 giugno - Natale - Capodanno e Ferragosto) da riconcedere in un forfait di 7 giorni aggiuntivi alle ferie annuali di diritto;


una prima parte era già stata realizzata nel 1977, con l'eliminazione di alcune festività (civili e religiose) e la "concessione" di 6 giorni di festività soppresse. bontà loro, la P2 (di cui è tesserato 1816 il Cavaliere di governo) aveva lasciato il 2 giugno, che l'attuale governo vuole togliere, ed i giorni da fruire in alternativa, che questo governo non solo non ci "concede", ma ce ne ha addirittura scippato uno, per la festività (non richiesta dai lavoratori) del 17 marzo, unità d'Italia.


(segnalato da C. Cernigoi)



Tutto Incluso 20 Mega light: telefono + ADSL a soli 17,95 € al mese per 12 mesi. Passa a Tiscali: 
http://abbonati.tiscali.it/rd/rd2.html?u=http%3A%2F%2Fabbonati.tiscali.it%2Ftelefono-adsl%2Fprodotti%2Ftc%2Ftuttoincluso_light%2F%3FWT.mc_id%3D01fw%26r=TS00000A00002%26dm=DM_03%26p=footer