Informazione


Brescia, 13 gennaio 2011, ore 20:30

Giacomo Scotti presenta
Saša Božović: A TE, MIA DOLORES

presso la sede della Confederazione Cobas
in via Carolina Bevilacqua 9/11 (quartiere Fiumicello)

scarica il manifesto dell'iniziativa: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/brescia2011.jpg

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Saša Božović
A TE, MIA DOLORES
Nella tempesta della guerra col fucile e lo stetoscopio

Traduzione, adattamento e note
di Giacomo Scotti

Roma: Odradek, 2010

ISBN 978-88-96487-07-5
http://www.odradek.it/

La Resistenza jugoslava fu il più deciso e concentrato movimento di liberazione nazionale in Europa. Dallo sfacelo della frantumazione della prima Jugoslavia il paese fu salvato da una lotta epica di uomini e donne, combattenti della Resistenza contro Fascismo e Nazismo, che ricostruirono il paese, lo riunificarono, intrapresero l’opera di affratellamento dei suoi popoli. Questo libro, forse unico nella letteratura europea, scritto da una protagonista d’eccezione quale fu la dottoressa Saša Božović testimonia tutto ciò attraverso il suo diario-racconto che va dall’aprile 1941 all’estate 1945 e che ci porta dalle piazze di Belgrado alle aspre montagne del Montenegro e della Bosnia. Non si raccontano le battaglie, queste sono sullo sfondo, in primo piano la lotta quotidiana di chi si occupava dei feriti e della popolazione. Dedicato alla figlia, nata nell'ospedale del carcere di Tirana nel novembre 1941 e morta nel marzo del 1943, A te, mia Dolores nel 1980 ottenne l’ambito premio nazionale “4. jul”, e fu proclamato dalla Biblioteca nazionale della Serbia il libro più letto dell’anno. Dall'opera memorialistico-letteraria di Saša Božović è stato tratto un film, realizzato nel 1980 per la regia di Arsa Milošević, e un testo teatrale. (dall'ultima di copertina)

https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#dolores
http://www.odradek.it/Schedelibri/Bozovic.html

Il libro può essere richiesto direttamente a CNJ-onlus, con la possibilità di riduzioni sul prezzo di copertina a seconda del quantitativo richiesto, ad es. rispondendo a questo email e specificando la richiesta. 




Zastava Auto: Ultimo Atto

1) Report di Riccardo Pilato e Gilberto Vlaic
2) Zastava Auto chiude: a casa 1.600 operai. Il Lingotto ringrazia (Liberazione 7/1/2011)
3) Rajka Veljovic: «Lanciamo un appello dalla Serbia a tutti i lavoratori italiani» (Liberazione 7/1/2011)


=== 1 ===

(I dati riportati di seguito contengono diverse precisazioni rispetto a quanto da noi diffuso in data 4/1/2011 "Oggi su JugoGlas: ZASTAVA-FIAT, BRUTTE SORPRESE DI CAPODANNO". NdCNJ)

Da: "Gilberto Vlaic" <gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it>
Data: 08 gennaio 2011 11.43.37 GMT+01.00
Oggetto: Zastava Auto: Ultimo Atto

Care amiche, cari amici,
le notizie che ci sono giunte in questi giorni da Kragujevac sono pessime.

Ricorderete che la fabbrica di automobili Zastava era stata divisa a febbraio 2010 in due parti:
-la FIAT Auto Serbia (FAS), proprietaria degli stabilimenti di produzione delle auto, che aveva assunto con un nuovo contratto individuale circa 1000 operai
-la Zastava Auto, che risultava in pratica una scatola vuota, rimasta di proprietà pubblica a cui venivano affidati i restanti 1600 lavoratori non assunti dalla Fiat.

E’ il nuovo modello Marchionne: la creazione di una new company a cui conferire le produzioni e gli stabilimenti e una bad company su cui scaricare debiti e lavoratori in eccesso.

Il Governo serbo, a ridosso della fine dell’anno, attraverso il suo Ministro dell’economia, il tristemente noto Mladan Dinkic, ha improvvisamente dichiarato la chiusura totale della Zastava Auto e la conseguente messa in mobilità di tutti i lavoratori a partire dal 5 gennaio.

Nel documento intitolato
Zastava ultimo atto
che vi alleghiamo a questa mail
sono contenuti i dettagli di questa operazione; qualche numero potrà cambiare di qui alla fine di gennaio, ma la sostanza è quella indicata.

La situazione è pessima per tutti questi lavoratori, che si vanno ad aggiungere agli oltre 23.000 disoccupati censiti a Kragujevac.
E’ evidente che per loro ci sono pochissime speranze  di trovare una occupazione regolare e sono condannati ad una lunghissima situazione di precarietà.

Quando si sono sparse le prime voci i lavoratori hanno reagito immediatamente entrando in sciopero e effettuando un tentativo di occupazione del Comune di Kragujevac, ma non è servito a nulla.

La Fiat se ne è ovviamente lavata le mani, ha detto che era una questione che riguardava il Governo. In realtà ha ottenuto quello che le occorreva, la cancellazione del marchio Zastava, la proprietà degli impianti e un ampio serbatoio di lavoratori pagati pochissimo a cui attingere, a seconda del bisogno.

Tutti comprenderete che in queste condizioni la solidarietà concreta fino ad oggi espressa dalle nostre associazioni acquisisce un ancor più alto valore, sia sotto l’aspetto materiale che psicologico.

Ci appelliamo pertanto alla sensibilità di tutti voi per continuare l nostra campagna di affidi a distanza ed estendere il nostro aiuto a questi lavoratori e alle loro famiglie.

Riccardo Pilato
Associazione Zastava Brescia per la Solidarietà Internazionale ONLUS

Gilberto Vlaic
Non Bombe ma Solo Caramelle ONLUS

Brescia e Trieste, 7 gennaio 2011


ZASTAVA ULTIMO ATTO

Riccardo Pilato Brescia
Gilberto Vlaic Trieste


Intervista telefonica a Delic Radoslav, segretario generale del sindacato dei lavoratori del gruppo Zastava JEDINSTVENA SINDAKALNA ORGANIZCIJA

Queste sono le informazioni che siamo riusciti ad ottenere sulla situazione a Kragujevac al momento attuale

Fiat Auto Serbia al 31-12-2010: 1120 lavoratori

Zastava Auto (di proprietà pubblica) al 31-12-2010: 1592 lavoratori

Il Governo serbo ha deciso di chiudere Zastava Auto il 5 gennaio 2011 ed ecco come si presenta il destino di questi lavoratori, dopo un serrato confronto con il sindacato; la somma dei numeri successivi porta ad un totale di 1537 lavoratori; significa che per 55 non è ancora definito il gruppo di appartenenza.
Alcuni numeri presenti in questo documento potranno cambiare, ma la sostanza resta questa che descriviamo.

53 lavoratori passano a Fiat Auto Serbia

60 lavoratori (direttori vari e impiegati di alto livello) passano a ZASTAVA AD, che è la Direzione Generale che controlla le attività industriali ancora esistenti del gruppo Zastava, non ancora privatizzate, che gestisce il patrimonio immobiliare eccetera.

10 lavoratori vanno subito in pensione.
A due anni dalla pensione: sono 65 lavoratori; entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego e riceveranno il seguente trattamento economico:
9 mensilità del loro salario netto attuale come indennità di licenziamento
60% del salario medio netto serbo (circa 20.000 dinari/mese – 1 € uguale 106,5 dinari) fino alla pensione;
i loro contributi sanitari e pensionistici fino alla pensione saranno a carico del Governo

Fino a 5 anni dalla pensione: sono 249 lavoratori
Trattamento economico:
6 salari lordi come indennità di licenziamento (pagheranno loro le tasse) per circa 2500 euro a lavoratore.
Entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego
riceveranno un sussidio di circa 250 euro/mese netti ma dovranno pagarsi da soli i contributi (circa 60 euro/mese)

Ci sono inoltre 97 lavoratori con al massimo sei anni dalla pensione:
per questi il sindacato ha ottenuto che gli venga pagato il proprio salario lordo (su cui pagheranno i contributi) fino al raggiungimento del quinto anno dalla pensione, dopo di che rientreranno nel trattamento economico relativo ai lavoratori del gruppo precedente.

Lavoratori invalidi del lavoro: sono 65, passano all’azienda Zastava INPRO, che produce piccoli rimorchi per auto.

938 lavoratori non rientrano in nessuna delle categorie sopra elencate; riceveranno 300 euro di liquidazione per anno lavorato come indennità di licenziamento; entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego.
Riceveranno un sussidio di 22000 dinari/mese per un anno e 19.000 dinari/mese per un successivo secondo anno indipendentemente da anzianità e qualifica.
In questi due anni i contributi sanitari e pensionistici saranno pagati dal Governo.

Fiat Auto Serbia dovrebbe arrivare ad avere circa 2500 dipendenti alla fine del 2012; non ha pero’ nessun obbligo contattuale rispetto alla riassunzione di lavoratori Zastava in mobilità.


C’è stato un grande inganno sui test di ingresso che la Fiat aveva svolto su tutti i lavoratori del gruppo auto; sembrava che il passaggio a Fiat Auto Serbia fosse condizionato al superamento questo test di ingresso; si sa invece di lavoratori che non hanno passato il test e che sono già stati assunti così come di lavoratori espulsi che avevano passato il test. Per moltissimi lavoratori non sono mai stati comunicati i risultati dei test e non c’è mai stato su questi argomenti un confronto con il Sindacato.

Ed è su questo grande equivoco che il Ministro dell’economia Mladjan Dinkic ha giocato le sue carte per giustificare l’espulsione di questi lavoratori, come è riportato nelle sue dichiarazioni del 24 dicembre a Radio B92


Brescia e Trieste, 7 gennaio 2011


=== 2 ===

Liberazione, venerdi 7 gennaio 2011
http://lettura-giornale.liberazione.it/

Il regalo del governo serbo in cambio di... niente

Zastava Auto chiude: a casa 1.600 operai. Il Lingotto ringrazia

La Zastava Auto chiude i battenti. Il governo della Serbia, che doveva aprire una trattativa con il sindacato sul destino di circa 1.600 lavoratori, ha improvvisamente comunicato la chiusura della società e il conseguente licenziamento di tutto l'organico. La notizia arriva direttamente da membri del sindacato Samostanli di Kragujevac, cittadina a poche decine di chilometri da Belgrado dove ha sede la Zastava. La Zastava fu bombardata dagli aerei della Nato durante la guerra del Kosovo con la scusa che nell'impianto si producevano armi. 
Il licenziamento è in qualche modo legato alla vicenda della Fiat in Serbia. La Zastava Auto, infatti, è quel che rimane della vecchia società che Sergio Marchionne ha deciso di prendersi nel tentativo di aprire un polo produttivo all'Est. Attualmente, quindi, le aziende sono due: Fiat Auto Serbia (Fas), cioè la parte acquisita dalla Fiat (tutti gli stabilimenti e 1000 lavoratori) e Zastava Auto (la "bad company", cioè quella parte dei lavoratori rimasti a carico del governo). I lavoratori Fas sono circa 1000, come prima, mentre in Zastava Auto sono circa 1600. La fabbrica al momento è un grande cantiere dove entrano sia lavoratori Fas che Zastava Auto. I lavoratori Fas assemblano la Punto nella unica linea rimasta, mentre gli altri lavorano sulla ricostruzione dei reparti. Il salario attuale medio per un lavoratore Fas è di 320 euro per un mese completo di lavoro, cosa che non accade mai (ottobre 2010). In Zastava Auto i salari medi sono di 250-260 euro al mese. La situazione anche in Fas è molto tesa. 
A ottobre il Sindacato ha chiesto un aumento dei salari in Fas e proclamato uno sciopero per il 19 ottobre. La Fiat ha risposto dichiarando il 19 ottobre giorno non lavorativo. Per il 2010 la Fas aveva previsto il montaggio di 30.000 Punto, ma la Fiat è ancora molto lontana dagli obiettivi per i quali ha preso molti soldi dal governo serbo. Per il 2010 c'è stato il bonus governativo di 1000 euro per vettura nuova; nulla si sa per il 2011. Comunque in relazione alla crisi economica sempre più forte sono calate anche le vendite e il governo ha abbassato le tasse sulla importazione di macchine usate, perchè la popolazione ha sempre meno risorse disponibili. 
Secondo il sindacato fino ad ora l'investimento reale della Fiat è stato pari a zero. Hanno versato 100 milioni, che sono in qualche conto di qualche banca, ma non sono stati usati per lo stabilimento; tutti gli investimenti attuati finora sono avvenuti con fondi del governo, il resto sono chiacchiere.


=== 3 ===

Liberazione, sabato 8 gennaio 2011

Rajka Veljovic, sindacato della Zastava auto Samostalni in Serbia:

«Lanciamo un appello dalla Serbia a tutti i lavoratori italiani»

Fabio Sebastiani

«Lanciamo un appello a tutti i lavoratori italiani e alle loro organizzazioni sindacali perché ci siano vicini in questo drammatico momento». Rajka Veljovic è una lavoratrice e sindacalista della Zastava auto di Kragujevac. Il governo della Serbia ha messo la parola fine sull’azienda di automobili lasciando a casa centinaia di tute blu.
A febbraio scorso la Fiat era entrata in possesso degli stabilimenti della fabbrica Zastava per farne un polo produttivo per l’Est creando una nuova società la Fiat Auto Serbia (FAS) ed aveva assunto 1000 lavoratori (facendo firmare un contratto individuale) sul totale di 2600 che erano ancora in carico all’azienda. Il salario medio in FAS è di circa 320 euro.
Così si erano create due aziende, la FAS proprietaria degli stabilimenti e con 1000 dipendenti ed una azienda (chiamata Zastava Automobili), che risultava in pratica una scatola vuota, rimasta di proprietà pubblica a cui venivano affidati i restanti 1600 lavoratori. Stipendio medio 250 euro. E’ il nuovo modello Marchionne: la creazione di una new company a cui conferire le produzioni e gli stabilimenti e una bad company su cui scaricare debiti e lavoratori in eccesso. La scelta improvvisa è arrivata proprio nei giorni di ferie. In Serbia il Natale ortodosso si festeggia proprio in questi giorni. In poche parole, il Governo serbo ha fatto il classico “lavoro sporco” chiudendo la parte pubblica del gruppo Zastava. Per i 1600 lavoratori della Zastava Auto si sono spalancate le porte della disoccupazione. Circa 600 di loro, i più anziani, saranno ”accompagnati’’ verso la pensione con ammortizzatori economici molto deboli, ma circa 1000 riceveranno 300 euro di liquidazione per ogni anno lavorato e un sussidio di meno di 200 euro al mese per un anno e di meno di 150 per un secondo anno. Visto che in Serbia la disoccupazione viaggia sopra il 20% significa condannarli ad una condizione di precarietà che durerà per tutta la loro vita.

Che cosa è accaduto precisamente?

«E’ comparso un articolo sui giornali che parlava di circa 800 lavoratori della Zastava auto, che dovevano essere considerati in eccedenza. In realtà i dipendenti sono il doppio, quindi è come se gli altri 800 fossero stati cancellati.»

Come erano gli accordi con Fiat?

«Gli accordi erano che solo per far ripartire le produzioni avrebbe assorbito subito circa 1.000 lavoratori la cui selezione è avvenuta tramite un test di cui però non conosciamo i risultati. Quel programma ha avuto molti ritardi.»

Quando la Fiat avrà bisogno di altri lavoratori dove li prenderà? 

«Me lo chiedo anche io. Mi sono fatta una idea precisa, perché è già accaduto anche in altre parti della Serbia, che li prenderà attraverso l’Ufficio di collocamento pubblico e questo gli frutterà, da quello che abbiamo sentito, intorno ai 5000-7000 euro di contributo governativo per agni assunto. E’ chiaro il giochino? Adesso il governo della Serbia toglie alla Fiat la patata bollente e poi la premierà dando ulteriori contributi. Contributi che vanno ad aggiungersi a quelli già incassati.»

«Il vostro sindacato, il Samostalni, cosa ha detto?»

Per quello che ne so è stato preso alla sprovvista. Quando si sono sparse le prime voci abbiamo reagito prontamente entrando in sciopero e con un tentativo di occupazione del Comune di Kragujevac.

«La Fiat come ha reagito?

La Fiat se ne è lavata le mani, ha detto che era una questione che riguardava il Governo. In realtà ha ottenuto quello che le occorreva, la cancellazione del marchio Zastava, la proprietà degli impianti e un ampio serbatoio di lavoratori a cui attingere pagati pochissimo.»




La Croatie, bientôt dans l’Union européenne. Un exemple pour la Turquie et la Serbie ?

Cédric Rutter – Investig’Action, Théo Karoumenos

4 janvier 2011

Le débat sur l'élargissement de l'Union européenne se concentre toujours sur l'entrée ou non de la Turquie, candidate depuis 1987. Mais le prochain pays à intégrer l'Union sera la Croatie, candidate depuis 2004. Autant la Turquie suscite le débat, l'entrée de la Croatie se déroule à huis clos comme s'il était naturel que ce pays devienne le 28ème membre de l'U.E. Mais que se passe-t-il dans ce pays de 4.5 millions d’habitants ? Quelle est la situation sociale et politique ? Comment se porte l'économie après les années de socialisme et la guerre ? Quelles ont été les conditions de son intégration ?


1) Situation socio-économique : coupes réglées et rachats occidentaux

La guerre explique la Croatie d’aujourd’hui : un pays fragmenté, une capitale improvisée, des institutions et une législation encore incomplète dans beaucoup de domaines.

Sa particularité s'arrête là, car sur le plan économique, elle se situe comme tous les derniers pays entrés dans l’Union, récemment « ouverts » au monde occidental depuis la chute de l'empire soviétique : le rachat de tout le tissu économique rentable par les pays de l'Ouest.

Les premières privatisations au profit des étrangers ont été conduites sous le régime semi-autoritaire et ultra-nationaliste corrompu d’après-guerre, celui de Franjo Tudjman, qui était selon Jacques Chirac en 1997, « l’homme sage de la région » !

La raison de ces investissements étrangers est également toujours la même en Europe centrale et orientale : un « paradis » pour les trusts occidentaux. Les conditions sont en effet des plus favorables pour les investisseurs :
  • des infrastructures routières et ferroviaires de qualité raisonnables déjà mises en place par l'ancien régime ;
  • des salaires bloqués par la bureaucratie d’avant-guerre, et par conséquent, un décalage phénoménal entre la qualification de cette main-d’œuvre et le coût de celle-ci. Le salaire croate moyen est de 585 euros par mois, mais 60% des salariés Croates gagnent moins. (1)

Pour donner un exemple précis : outre les 40 000 salariés dont le salaire est inférieur à 1 600 kn (215 euros), 46 000 salariés de l’industrie touchent entre 215 et 260€, tandis qu’environ 70 000 touchent entre 260 et 300€. Les bas salaires concernent avant tout l’industrie textile, l’industrie du bois et la pêche.

Rentabilisation et démantèlement financés par … les travailleurs

Tous les pays de l’Est pratiquaient une politique d’Etat très forte. Mais c’est particulièrement vrai pour la Croatie qui a dû après-guerre remettre les différents secteurs de l’économie à flot. Donc une fois les sites réhabilités, les étrangers ont pu s'approprier pour une bouchée de pain tous les secteurs les plus rentables.

Le reste est démantelé. Beaucoup de sites, officiellement obsolètes et/ou détruits par la guerre appartenant à l’Etat ont été littéralement dépecés. La sidérurgie, basée sur les chantiers navals du pays employait 200 000 personnes avant-guerre, pour 65 000 aujourd’hui, dont près de la moitié accusant des retards chroniques sur leur salaires. (2)

Concernant la France, deux des présences les plus spectaculaires sont Bouygues qui possède 51% de Bina Istra (BTP croate) et Alsthom qui a racheté ABB à Karlovac (moteurs et générateurs électriques). Mais la plupart des entreprises du CAC 40 sont présentes.

Cela ne concerne d ailleurs pas que les sites industriels : l’Etat croate a continué cette politique de privatisation dans tous les secteurs de l’économie.

  • 91% des actifs bancaires en Croatie sont détenus par des banques étrangères ! Le dernier gros événement en la matière est le rachat de la Splitska Banka par la Société Générale pour 1 milliards d’euros en 2006 ;
  • au niveau des télécoms, l’Allemand Deutsche Telekom possède déjà la majorité de THT (télécom croate) et l’Etat prévoit encore de céder les 20% restants, créant ainsi un monopole privé fixant les prix et la qualité du service sans se soucier de la concurrence, pourtant un des principes du libéralisme ;
  • la Croatie a aussi un fort potentiel touristique. Le tourisme représente 25% de la richesse nationale avec 10 millions de visiteurs par an. L'année 2005 a été celle de privatisations de sites comme les îles de Hvar et de Korcula. L'Etat possède encore 153 entreprises hôtelières, dont 18 majoritairement, pour un équivalent de 520 millions d’euros. Mais selon la mission économique française, il serait prévu assez rapidement de privatiser « les entreprises les plus attrayantes ». Toujours selon cette mission, ces sites doivent attendre avant d’être privatisés en raison « des dettes et pertes accumulées pendant la guerre » et ils ont encore « besoin de grands travaux de rénovation ». Autrement dit, l'Etat croate devra les rendre rentables avant de les revendre (3) !


2) Situation politique : antisyndicalisme et ultranationalisme

Cette oligarchie (entrepreneurs et politiciens) au pouvoir refuse toute opposition populaire de gauche. Les syndicats sont discriminés et attaqués. Encore une fois, c’est un problème qui pourrait certainement illustrer l’ensemble de la situation syndicale dans les anciens pays communistes d’Europe centrale et orientale. Le portrait de la Croatie et de ces nouveaux pays capitalistes d’Europe, eldorado des investisseurs, n’est pas idyllique pour les travailleurs. Au regard du rapport 2008 du CSI (confédération syndicale internationale) sur la Croatie, les exemples sont nombreux :

L’anti-syndicalisme existe de façon passive :

  • avec le travail intérimaire et les CDD de très courte durée et renouvelée à l'infini servant de soupape quand la production doit être freinée : l’archi-précarisation du travail empêche de s’engager dans un syndicat, surtout qu’être syndiqué n'est pas en la faveur du candidat au contrat indéterminé ;

  • avec le contournement de la loi sur le travail par les entreprises : le même rapport affirme que la Cour européenne des droits de l’homme a critiqué la Croatie pour « retards de jugement excessifs », certains pouvant aller jusqu’à trois ans ! 
    Certaines entreprises n’hésitent pas à ignorer le jugement rendu. C’est la cas de M. Utovic (délégué syndical au syndicat autonome des travailleurs de l’industrie de l’énergie et de l’industrie non-métallurgique) congédié de l’entreprise Lipa de Novi Marof en mai 2006 et qui devait être réintégré en décembre de la même année. Mais l’entreprise a préféré payer l'amende plutôt que de le réintégrer.

  • par la corruption à grande échelle avec l’exemple des autoroutes croates exclusivement publiques qui après avoir tenté en vain de dissoudre le syndicat indépendant majoritaire (90%), propose à ses membres des « conditions spéciales » en échange d’un transfert de leur affiliation syndicale vers … un « organisme plus coopératif ».

Mais surtout de manière active et agressive avec son lot de répression. Par exemple :

  • Le 10 janvier 2007, trois mois après la mise en place d’un syndicat à l’usine Saint Jeans de Slavonski Brod, la totalité des membres du bureau syndical ont été mis à pied sans préavis.

  • Dans une filiale de l’entreprise autrichienne Semmelrock Stein à Ogulin, le délégué syndical, suite à son élection, a été muté et empêché de participer aux assemblées avant d’être forcé d’abandonner ses fonctions le 10 octobre 2007.

  • En juillet, dans la ville de Petrina, les ouvriers de l’entreprise Slavijatrans, membres du syndicat autonome de l’énergie, de la chimie et de l’industrie non-métallurgique ont fait grève contre le non-paiement des salaires. Légale, la grève a entraîné la mise à pied de tous les membres du comité de grève et la résiliation de leur contrat quelques semaines après.

  1. Situation sociale : discriminations ethniques et sexuelles

Inégalités hommes-femmes 

Parmi les 500 entreprises les plus puissantes de Croatie, on ne trouve que 8% de femmes à des postes hauts placés….avec des différences de salaires allant de 10 à 25 % pour le même poste. D’après le CEDEF (Comité pour l’élimination de la discrimination à l’égard des femmes) les progrès en matière d’égalité restent insuffisants.

En effet, « la Croatie s’inquiète de la forte prévalence de la violence familiale, du nombre limité d’abris pour les femmes victimes de violence et l’absence de procédures et de protocoles explicites à l’intention des personnels policiers et médicaux qui interviennent en cas de violence familiale. » Autrement dit, si une femme se fait battre, ce n’est pas condamnable (5), car il n’y a pas de procédure établie.

Selon AIDH, en 2005, 55% des femmes étaient au chômage alors qu’elles réussissent mieux leurs études. Et 95% des femmes ayant eu un emploi en 2007 étaient embauchées sur la base de CDD.


Discrimination ethnique et religieuse : un aspect brûlant et complexe

La Croatie est constituée à 90% de Croates catholiques. Mais sont notamment présents des Serbes, des Bosniaques musulmans, des Roms, des Italiens… Certes, les minorités, même tsigane (rom) ont des représentants au parlement. Mais les discriminations restent très fortes :

Les Serbes de Croatie est la plus grande communauté ethnique après les Croates. Ils représentent 6% de la population.

D’après le rapport de 2008 du Haut commissariat au réfugiés des Nations unies (6), sur 300 000 Serbes de Croatie étant partis à cause de la guerre, 130 000 sont revenus. Mais il faudrait diviser ce chiffre encore par deux pour être plus près de la réalité car beaucoup sont restés travailler illégalement en Allemagne, en France ou en Italie. Pourtant, le retour des réfugiés était une condition à l'entrée dans l'Union.

De plus, « beaucoup de ceux rentrés ont perdu les droits (accès au logement) sur les appartements que l’Etat leur louait. » Les propriétaires serbes qui ont repris leur maison ou appartement peuvent rarement y habiter en raison des pillages et destructions subis.

L’autre type de discrimination que les Serbes peuvent subir est l’impunité totale de certains bourreaux croates impliqués dans des massacres de civils serbes et au sujet desquels les enquêtes pataugent. Par exemple, les forces de sécurité croates ont été accusées du massacre d’une centaine de civils serbes à Sisak entre 1991 et 1992. L’enquête est au point mort. Ces lacunes de la justice empêchent une réconciliation nationale et les tensions demeurent.

La « question tsigane »

La vie des populations roms connaît la même problématique dans toute l’Europe, même en France « terre d’accueil » (!) : rejet, marginalisation, rôle de bouc émissaire… Et la Croatie ne donne pas non plus l’exemple.

Victimes de préjugés concernant leurs capacités professionnelles et intellectuelles, ils sont souvent mis au ban du système scolaire. Beaucoup d’entre eux maîtrisant peu la langue Croate, les difficultés scolaires s’accumulent, puisque contrairement aux autres minorités, leur langue n’est reconnue dans aucune institution.

Entrer dans l’Union européenne et ensuite ?

Pour entrer dans le club fermé de l'Union, il faut remplir des conditions macroéconomiques : un déficit inférieur à 3%, une inflation faible, une croissance stable…

Mais en réalité, la Croatie est déjà intégrée à l'Europe depuis que les entreprises les plus rentables ont été revendues aux entreprises des membres historiques ; les acquis sociaux sont déjà cassés (le FMI n’aura pas à intervenir comme en Hongrie ou en Grèce) et les possibilités de lutte ou de voter pour un parti alternatif sont également bouchées.

Voilà donc les clés pour entrer dans l'Union européenne : adhérer au libéralisme, casser les acquis sociaux, diviser les populations par des questions nationalistes et brader les entreprises les plus rentables. Tous les pays de l'ex-Yougoslavie et l'Albanie devraient suivre, mais avec une Serbie plus réticente à revendre son industrie.

La Turquie étant plus puissante que les petits pays d'Europe, ce pays entre Asie et Europe se révèle être davantage un concurrent qu'un vassal comme le souhaiterait la France et les autres pays riches. Voici donc une des raisons pour laquelle la Turquie suscite des craintes, plus que les questions de religion, ou de droits de l'homme. Ce dernier critère ne tient d'ailleurs plus quand il s'agit de signer des accords de libre échange avec la Colombie qui assassine les syndicalistes, Israël qui nie la citoyenneté sur des questions religieuses ou l'Arabie saoudite qui interdit aux femmes de parler aux hommes avec qui elles n'ont pas de liens familiaux.

Il semblerait que cette Europe avec des droits pour tous, des salaires et des conditions de vie décentes, des services publics fédéraux, ne se fera pas sans luttes sociales et politiques à l'échelle continentale et sans le soutien des citoyens des pays plus riches puisque la bureaucratie de Bruxelles ne s’y intéresse pas.

Notes
  1. Boston Globe 2003
  2. Données de la mission économique de l’ambassade de France
  3. Courrier des Balkans
  4. Extrait de « égalité des hommes et des femmes en francophonie »
 


Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali: Un mondo senza nazismo

Con la Conferenza internazionale "Mondo senza nazismo: Obiettivo globale di tutta l'umanità", il 17 dicembre 2010 si è chiusa a Mosca la serie di iniziative promosse dalla Federazione Russa nel 65.mo anniversario della vittoria sul nazifascismo. Per le repubbliche jugoslave hanno partecipato rappresentanti di Serbia e Montenegro. Di seguito riportiamo la traduzione in lingua italiana dell'intervento di Živadin Jovanović, che abbiamo già fatto circolare in lingua inglese:

No to rewriting the history - by Živadin Jovanović

Un report è disponibile anche in lingua serbocroata:

Свет без нацизма, основни задатак човечанства

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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posean21-008047.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 21-12-10 - n. 345

da Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali - www.en.beoforum.rs
Traduzione dall'inglese a cura del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali - Italia
 
Un mondo senza nazismo
 
Discorso alla Conferenza internazionale [1]
Mosca, 17 Dicembre 2010
 
di Zivadin Jovanovic, Presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali
 
Il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, una organizzazione indipendente, apartitica e senza scopo di lucro, così come l'opinione pubblica in Serbia, sono profondamente preoccupati per gli incessanti tentativi di riscrittura della storia del XX secolo, per lo stravolgimento degli esiti della Seconda guerra mondiale e per la minimizzazione dell'importanza storica delle sentenze del processo di Norimberga. Manifestandosi sotto varie forme, campi e gradi d'intensità, a seconda delle concrete circostanze, questo fenomeno sembra coinvolgere l'intera Europa e oltre, diventando così un problema globale. E' necessario notare che esso avanza in parallelo con alcuni altri processi come la transizione dei paesi ex socialisti e la crisi economica mondiale, paragonata da molti studiosi con la crisi degli anni '30 del secolo scorso. Un altro processo contemporaneo degno di nota è il degrado del ruolo delle Nazioni Unite e dell'ordinamento del Diritto internazionale istituito dopo la Seconda guerra mondiale.
 
L'attuale crisi economica mondiale ha già portato all'ulteriore ampliamento del divario tra ricchi e poveri, a livello internazionale come all'interno dei singoli paesi, compresi quelli più ricchi. L'elevata disoccupazione, la miseria e il malcontento sono diventate realtà globali, causando profondi problemi sociali, politici e morali, incluse la xenofobia e il razzismo. Di volta in volta, viene affermato all'opinione pubblica che alcune nazioni possiedono il ruolo messianico di "aiutare" le altre nazioni a "democratizzarsi", per adottare il proprio sistema di valori anche con l'uso della forza se lo ritengono necessario. Allo stesso tempo, l'Europa e il mondo stanno subendo un processo di militarizzazione; l'espansione delle installazioni militari verso l'Europa orientale forma un reticolo comprendente più basi militari straniere oggi che durante la Guerra fredda nel momento di più alto dello scontro. Le spese mondiali per armamenti sono salite alla cifra senza precedenti di 1.500 miliardi di dollari l'anno, mentre il complesso militare-industriale è privilegiato nel processo decisionale e salvaguardato da ulteriori crolli economici.
 
I tentativi di revisionare gli esiti della Seconda guerra mondiale possono essere ricondotti, con misura e forme diverse, a vari ambiti ma, prima di tutto, nel campo dei mass-media, dell'istruzione e della scienza storica. Sono presenti anche nelle arti (cinema), serial televisivi, sport e musica popolare. Alcuni partiti politici nei vari paesi europei, così come alcune istituzioni nazionali e internazionali, in un modo o nell'altro, contribuiscono alla revisione della storia, alla riabilitazione dei collaborazionisti, dei governi fantoccio e dei loro leader. In alcuni casi, il sistema giudiziario nazionale ed internazionale è manipolato e abusato per gli stessi scopi.
 
Detto ciò, la rinascita delle ideologie nazista e fascista su così larga scala non può essere considerata spontanea. Pertanto, sarebbe utile analizzare e rispondere ad almeno due domande. In primo luogo, quali sono le fonti di finanziamento della rinascita delle ideologie nazista e fascista? E in secondo luogo, esiste una volontà politica di adottare una risposta globale al processo di rilancio di queste ideologie, o il modo di pervenire a tale risposta?
 
La riabilitazione del nazismo e dei diversi governi collaborazionisti è particolarmente preoccupante nei Balcani, dove i crimini degli occupanti fascisti e dei loro sodali furono estremamente crudeli, creando di campi di concentramento, incoraggiando la guerra civile, ridisegnando confini e formando stati satelliti ("Stato Indipendente di Croazia", "Grande Albania " nel 1941-1945). Particolarmente preoccupanti sono le false interpretazioni che i tentativi in corso per la riabilitazione dei governi collaborazionisti e la minimizzazione del ruolo dei movimenti antinazista e antifascista e della lotta di Liberazione sono presentati come parte integrante del processo di democratizzazione, riconciliazione e delle politiche moderne e orientate al futuro.
 
La crisi jugoslava degli anni '90 ha dato origine alla revisione della storia. Infatti, la distruzione della Jugoslavia è stata la revisione dei risultati, non solo della Seconda ma anche della Prima guerra mondiale e persino delle Guerre balcaniche.
 
In primo luogo, la Serbia, all'interno della Jugoslavia, fornì un grande contributo alla vittoria sul nazismo e il fascismo. Tuttavia, la lotta di liberazione popolare contro le forze di occupazione fasciste, in stretta collaborazione con le altre forze alleate, in particolare con l'Armata Rossa dell'Unione Sovietica, è spesso sottovalutata, trascurata o distorta dal sistema mediatico, educativo e politico.
 
In secondo luogo, la Serbia subì perdite umane enormi, la parte di gran lunga maggiore delle 1,7 milioni di vittime della Jugoslavia. In realtà, la Nazione serba è stata vittima di un genocidio. Nel solo campo di concentramento di Jasanovac, situato nell'hitleriano "Stato Indipendente di Croazia", furono uccisi circa 700.000 fra serbi, ebrei e zingari. C'è la tendenza a trascurare, minimizzare o falsare le reali proporzioni delle enormi perdite umane e di sminuire le responsabilità per i crimini senza precedenti contro l'umanità.
 
In terzo luogo, i tentativi di riscrivere la storia non si limitano solo ai risultati della Seconda guerra mondiale, ma anche a quelli della Prima guerra mondiale, in relazione agli accordi di Versailles (Trianon). Questi tentativi a volte vanno così in là che giungono al punto di accusare la Serbia anche per lo scoppio della Prima guerra mondiale!
 
E così, nel corso degli ultimi venti anni la Serbia sta vivendo "in vivo" la revisione della storia del XX secolo, gli esiti delle due Guerre mondiali e attualmente i risultati delle Guerre balcaniche: la seconda e la terza Jugoslavia sono state distrutte in modo coordinato dalle forze separatiste interne e dai loro protettori stranieri, attraverso le sanguinose guerre civili. In questo senso, il ruolo delle ideologie neonaziste e dei loro seguaci nei movimenti separatisti non deve essere trascurato ("Ustascia" e altri).
 
Il Kosovo e Metohija, simbolo della sovranità, della religione e della cultura serba, è stato occupato attraverso la brutale aggressione militare della NATO nel 1999. Mentre era sotto mandato delle Nazioni Unite e in contrasto con la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, questo territorio serbo è stato rubato alla Serbia e consegnato ai capi della criminalità organizzata internazionale, che sono responsabili, tra l'altro, del rapimento di massa di esseri umani e della vendita di organi umani [2].
 
La nazione serba, che aveva vissuto in Jugoslavia per oltre 70 anni è stata frammentata: una parte trasformata in rifugiati, una parte tramutata in nuove e palesemente discriminate minoranze nazionali e una parte in Kosovo e Metohija ancora privata dei diritti umani fondamentali. Alcuni serbi vivono nei ghetti di filo spinato del XXI secolo. I monumenti della cultura serba, 150 monasteri e chiese medievali, finanche i cimiteri secolari, sono stati distrutti mentre la provincia era sotto mandato delle Nazioni Unite. Circa 500.000 profughi e sfollati serbi sono ancora in Serbia senza il diritto al ritorno sicuro nelle loro case ancestrali in Croazia e in Kosovo e Metohija.
 
A dispetto di tutto ciò, nel corso degli ultimi 20 anni le grandi potenze occidentali e l'enorme macchina propagandistica hanno raffigurato la Serbia come la colpevole per lo scoppio delle guerre civili in Croazia e Bosnia, per l'aggressione del 1999 della NATO, per l'unilaterale e illegale secessione del Kosovo e Metohija del 2008; anche per la pulizia etnica dei serbi dalle loro case e per i crimini di genocidio commessi contro di loro. I mass-media dominati dal capitale societario hanno attribuito la responsabilità collettiva ai serbi e raffigurato il defunto presidente Slobodan Milosevic come un dittatore peggiore dello stesso Adolf Hitler. Il Tribunale dell'Aia, istituito senza un fondamento giuridico della Carta delle Nazioni Unite, si è in pratica trasformato in strumento politico di condanna della dirigenza civile e militare della Serbia, riscrivendo la storia dei Balcani, giustificano l'aggressione militare della NATO che ha portato alla secessione unilaterale del 15% del territorio dello Stato della Serbia.
 
Il sostegno alle forze secessioniste nelle ex repubbliche jugoslave, in Kosovo e Metohija, e la demonizzazione della Serbia e dei serbi, è percepita da gran parte dell'opinione pubblica serba, da molte altre nazioni amiche, da studiosi indipendenti in Europa, Stati Uniti e nel mondo come ingiusta, come una pratica imperiale in linea con il motto "divide et impera", come vendetta sia per resistere all'egemonia globalista, sia per il contributo storicamente accertato della Serbia alla vittoria degli alleati nelle due Guerre mondiali.

Oggi, la Serbia sta subendo il ricatto di accettare la perdita del Kosovo e Metohija, in cambio dell'adesione all'UE! Apparentemente, nell'interesse della pace e della stabilità! Va notato tuttavia che questo non è solo immorale e illegale, ma pericolosamente controproducente per la pace e la stabilità. Sembra che la lezione dei Sudeti del 1938 sia stata dimenticata.

Le nostre priorità devono essere:

- Una posizione attiva e creativa nella difesa dei risultati delle due Guerre mondiali, incoraggiando storici, scrittori, giornalisti e scuole a preservare la verità e resistere a tutti i tipi di distorsioni e falsificazioni della storia;

- Le agenzie governative dovrebbero fornire tutte le condizioni necessarie alle istituzioni scientifiche e alle organizzazioni civiche che vogliano impegnarsi nella realizzazione di progetti concreti per evidenziare le radici e gli obiettivi di falsificazione della storia;

- Il ruolo attivo in tutte le sedi governative e non governative, in particolare nel sistema delle Nazioni Unite (ECOSOC, UNESCO), attraverso l'Unione interparlamentare (IPU) e altre assemblee parlamentari;

- Il rafforzamento della consapevolezza nei giovani e negli studenti dell'importanza fondamentale di salvaguardare la verità del passato e le conseguenze tragiche del fascismo e del nazismo;

- Esaminare il ruolo dell'istruzione e la possibilità di canalizzare alcune iniziative attraverso l'UNESCO;

- Rafforzare i principi di base del Diritto internazionale istituito dopo la Seconda guerra mondiale, in particolare, rafforzando il ruolo primario del Consiglio di sicurezza dell'ONU, nonostante le necessità di un ulteriore sviluppo e adeguamento delle istituzioni internazionali.

Note
[1] Discorso alla Conferenza internazionale "Mondo senza nazismo: Obiettivo globale di tutta l'umanità", tenutasi a Mosca il 17 dicembre 2010, sotto gli auspici del Consiglio della Federazione dell'Assemblea Federale della Federazione Russa
[2] Relazione dell'On. Dick Marty, relatore della Commissione per le questioni giuridiche dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, presentato all'Assemblea nel dicembre 2010 per l'esame e approvazione nella seduta convocata per il 25 gennaio 2011.
 


               * Jugoslavenski glas - Voce jugoslava *

"Od Triglava do Vardara..." "Dal monte Triglav al fiume Vardar..."


Svakog drugog utorka, od 14,00 do 14,30, na Radio Città Aperta, i valu FM 88.9 za regiju Lazio,
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Sretna Nova! Buon Anno!


*** Program 4.1.2011. Programma ***

- Situacija radnika "Zastava vozila" Kragujevac.
- O situaciji sa talijanskim radnicima razgovaramo sa clanom sindikata.
Datumi da se ne zaboravi: 
3.1.1993. u Zenevi pocinje konferencija o B i H sa predstavncima sva 3 entiteta, za istim stolom.
8.1.1991. Zagrebacka "Astra" je u Hrvatsku uvezla 36.000 kalasnjikova koje je podjeljeno uglavno na podrucju koje se granici sa Srbijom ...

- La situazione dei lavoratori della "Zastava vozila" di Kragujevac.
- Della situazione dei lavoratori Fiat parliamo con un sindacalista italiano.
Date da ricordare: 
Il 3 gennaio 1993, a Ginevra continua la conferenza sulla Bosnia-Erzegovina, con la partecipazione delle tre parti in causa allo  stesso tavolo.  
8 gennaio 1991, La Ditta zagabrese "Astra" importa in Croazia 36.000  kalashnikov, e queste armi vengono distribuite prevalentemente nei territori  della frontiera amministrativa con la Serbia...


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L'anno 2011 comincia con brutte notizie da Kragujevac



(sintesi degli appunti fatti pervenire da G.V. della onlus "Non bombe ma solo caramelle", 31-12-2010, e di altre informazioni raccolte da A.M.)


La situazione dei lavoratori della Zastava Vozila - quelli cioè del settore auto che NON sono entrati in Fiat Auto Serbia e sono rimasti a carico del Governo serbo (*) - si aggrava. A fine dicembre 2010 il Governo serbo ha infatti deciso di chiudere Zastava Vozila a partire dal 5 gennaio 2011. 

Ecco come si presenta il destino di questi lavoratori (la somma dei numeri successivi porta ad un totale di 1537 lavoratori; confrontando con il totale di 1592, significa che per 55 non è ancora definito il gruppo di appartenenza):

53 lavoratori passano a Fiat Auto Serbia;
60 lavoratori (direttori vari e impiegati di alto livello) passano a ZASTAVA AD, che è la Direzione generale che controlla le attività industriali ancora esistenti del gruppo Zastava, non ancora privatizzate, che gestisce il patrimonio immobiliare eccetera;
10 lavoratori vanno subito in pensione;
65 lavoratori sono a due anni dalla pensione: entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego e riceveranno il seguente trattamento economico:
- 9 mensilità del loro salario netto attuale come indennità di licenziamento,
- 60% del salario medio netto serbo (circa 20.000 dinari/mese) fino alla pensione,
- i loro contributi sanitari e pensionistici fino alla pensione saranno a carico del Governo;
249 lavoratori sono tra 3 e 5 anni dalla pensione: 
- trattamento economico previsto: 6 salari lordi come indennità di licenziamento (pagheranno loro le tasse), ovvero circa 2500 euro a lavoratore;
- entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego;
- riceveranno un sussidio di circa 250 euro/mese netti ma dovranno pagarsi da soli i contributi (circa 60 euro/mese);
97 lavoratori con al massimo sei anni dalla pensione: per questi il sindacato ha ottenuto che venga pagato il salario lordo (su cui pagheranno i contributi) fino al raggiungimento del quinto anno dalla pensione, dopo di che rientreranno nel trattamento economico relativo ai lavoratori del gruppo precedente;
65 lavoratori invalidi del lavoro: passano all’azienda Zastava INPRO, che produce piccoli rimorchi per auto;
938 lavoratori non rientrano in nessuna delle categorie sopra elencate: 
riceveranno 300 euro di liquidazione per anno lavorato come indennità di licenziamento; entreranno nelle liste dell’Agenzia Nazionale per l’Impiego,
riceveranno un sussidio di 22000 dinari/mese per un anno e 19.000 dinari/mese per un successivo secondo anno indipendentemente da anzianità e qualifica. In questi due anni i contributi sanitari e pensionistici saranno pagati dal Governo.

Fiat Auto Serbia dovrebbe arrivare ad avere circa 2500 dipendenti alla fine del 2011; non ha però nessun obbligo contattuale rispetto alla riassunzione di lavoratori Zastava in mobilità.
C’è stato un grande inganno sui test di ingresso che la Fiat aveva svolto su tutti i lavoratori del gruppo Auto; sembrava che il passaggio a Fiat Auto Serbia fosse condizionato al superamento questo test di ingresso; si sa invece di lavoratori che non hanno passato il test e che sono già stati assunti così come di lavoratori espulsi che avevano passato il test. Per moltissimi lavoratori non sono mai stati comunicati i risultati dei test e non c’è mai stato su questi argomenti un confronto con il Sindacato. Ed è su questo grande equivoco che il Ministro dell’economia Mladjan Dinkic sta giocando le sue carte per giustificare l’espulsione di questi lavoratori, come è riportato nelle sue dichiarazioni del 24 dicembre a B92. (**)

Nel frattempo lo scorso 29 dicembre la manifestazione del migliaio di lavoratori minacciati di licenziamento è sfociata nel tentativo di occupazione del Municipio di Kragujevac. A seguito di questi fatti il dirigente sindacale del sindacato Samostalni dei metalmeccanici, Zoran Mihajlovic, è stato ricoverato (come già era successo in passato) nel reparto di cardiologia dell'Ospedale di Kragujevac per nuovi problemi al cuore, chiaramente causati dallo stress di questa vicenda drammatica, che in pochi anni ha visto circa30mila lavoratori sbattuti fuori dalla "Zastava", e solo un migliaio re-impiegati dalla FIAT a condizioni infami.

Segnaliamo che un interessantissimo articolo sul calvario della Zastava Auto di Kragujevac, oggi requisita dalla FIAT con un colpo di mano imperialista di quelli da manuale, appare sull'ultimo numero (3-4/2010) della rivista L'ERNESTO: "FIAT SERBIA: UN CLASSICO CASO DI IMPERIALISMO", di Andrea Catone.


(*) Fiat Auto Serbia al 31-12-2010: 1120 lavoratori; Zastava Vozila al 31-12-2010: 1592 lavoratori. Sulla situazione pregressa negli stabilimenti Zastava di Kragujevac si veda la documentazione raccolta alla pagina: https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm .

(**) Si veda: http://www.b92.net/eng/news/business-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=24&nav_id=71719 . Nello stesso articolo c’è una dura presa di posizione di Zoran Mihajlovic che smaschera queste dichiarazioni. 



Kosovo: Hub of the EU-NATO Drug Trail

1) Kosovo: Europe's Mafia State (Tom Burghardt, Global Research)
2) WSWS on KLA’s crimes:
- Washington’s “humanitarian” war and the KLA’s crimes (Paul Mitchell and Chris Marsden)
- US, Europe concealed organ trafficking by Kosovo Liberation Army (Tony Robson)

Link: Kosovo "Freedom Fighters" Financed by Organised Crime.
by Michel Chossudovsky (Covert Action Quarterly - 1999-04-10)
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22619


=== 1 ===

(en castillano: 
El Estado mafioso de Europa, centro del camino de la droga UE-OTAN - Tom Burghardt 
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22570 )

http://www.nspm.rs/nspm-in-english/kosovo-europes-mafia-state.html

http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22486

Kosovo: Europe's Mafia State


Kosovo's Prime Minister Accused of Running Human Organ, Drug Trafficking Cartel

Tom Burghardt 
  

(Global Research, December 22, 2010)


Kosovo: Europe's Mafia State. Hub of the EU-NATO Drug Trail

In another grim milestone for the United States and NATO, the Council of Europe (COE) released an explosive report last week, "Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo."
The report charged that former Kosovo Liberation Army (KLA) boss and current Prime Minister, Hashim Thaçi, "is the head of a 'mafia-like' Albanian group responsible for smuggling weapons, drugs and human organs through eastern Europe," The Guardian disclosed.
According to a draft resolution unanimously approved December 16 in Paris, the Committee on Legal Affairs and Human Rights found compelling evidence of forced disappearances, organ trafficking, corruption and collusion between criminal gangs and "political circles" in Kosovo who just happen to be close regional allies of the United States.
The investigation was launched by Dick Marty, the Parliamentary Assembly for the Council of Europe (PACE) special rapporteur for human rights who had conducted an exhaustive 2007 probe into CIA "black fights" in Europe.
The PACE investigation gathered steam after allegations were published by former chief prosecutor of the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia (ICTY), Carla Del Ponte in her 2008 memoir.
After it's publication, Ms. Del Ponte was bundled off to Argentina by the Swiss government as her nation's ambassador. Once there, the former darling of the United States who specialized in doling out victor's "justice" to the losers of the Balkan wars, was conveniently silenced.
A series of damning reports by the Center for Investigative Journalism (CIR), the Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) and the BBC, confirmed Del Ponte's allegations and spurred the Council to act.
Reporting for the BBC, investigative journalist Michael Montgomery learned that political opponents of the KLA and Serb prisoners of war "simply vanished without a trace" into a secret prison "in the Albanian border town of Kukes."
According to sources who feared for their lives, including former KLA guerrillas, the BBC revealed that disappeared civilians "were Serbs and Roma seized by KLA soldiers and were being hidden away from Nato troops. The source believes the captives were sent across the border to Albania and killed."
In an uncanny echo of Nazi practices during the period of the Third Reich, The New York Timesreported that "captives" were "'filtered' for their suitability as donors, based on sex, age, health conditions and ethnic origin. "We heard numerous references to captives' not merely having been handed over, but also having been 'bought' and 'sold,'" the special rapporteur told the Times.
"Some of the guards told investigators," the Times reports, "that a few captives understood what was about to happen and 'pleaded with their captors to be spared the fate of being chopped into pieces'."
Mercy was in short supply however, behind KLA lines.
The report states: "As and when the transplant surgeons were confirmed to be in position and ready to operate, the captives were brought out of the 'safe house' individually, summarily executed by a KLA gunman, and their corpses transported swiftly to the operating clinic."
Once organs were removed from the victims they were auctioned off to the highest bidder and sold by a global trafficking ring still operating today.
The former prosecutor further alleged, The Guardian reported, that "she had been prevented from investigating senior KLA officials" who she claimed had "smuggled captive Serbs across the border into Albania, where their organs were harvested."
In a classic case of covering-up the crimes of low-level thugs to protect more powerful criminals, Del Ponte has charged that forensic evidence gathered by ICTY investigators at one of the northern Albania death houses was destroyed at The Hague.

International Network

This brisk underground trade didn't end in 1999 however, when the break-away Serb province was occupied by NATO troops; on the contrary, operations expanded and grew even more profitable as Kosovo devolved into a protectorate of the United States.
In fact, a trial underway in Pristina has revealed that "desperate Russians, Moldovans, Kazakhs and Turks were lured into the capital 'with the false promise of payments' for their kidneys," The Guardian reported.
It was a "growth industry" that fed on human misery. According to The Guardian, recipients "paid up to €90,000 (£76,400) for the black-market kidneys [and] included patients from Canada, Germany, Poland and Israel," EU prosecutor Jonathan Ratel told the British paper.
"Donors" however, were left holding the bag, lucky to escape with their lives.
At the center of the scandal is the Medicus clinic. Located some six miles from downtown Pristina, Medicus was allegedly founded by university hospital urologist Dr Lutfi Dervishi, and a former permanent secretary of health, prosecutors claim, provided the clinic with a false license to operate.
Two of the accused, The Guardian revealed, "are fugitives wanted by Interpol: Moshe Harel, an Israeli said to have matched donors with recipients, and Yusuf Sonmez, perhaps the world's most renowned organ trafficker."
Prosecutors believe that Harel and Sonmez are the brains behind Medicus and that Shaip Muja, a former KLA "medical commander" who was based in Albania, may have overseen operations at the "clinic."
Muja remains a close confidante of Thaçi's and, in an macabre twist, he is currently "a political adviser in the office of the prime minister, with responsibility for health," The Guardian reports.
Investigators averred they had "uncovered numerous convergent indications of Muja's central role [in] international networks, comprising human traffickers, brokers of illicit surgical procedures, and other perpetrators of organised crime."
Besides lining the pockets of Albanian, Israeli and Turkish criminals who ran the grisly trafficking ring, whose interests might also be served in covering-up these horrific crimes?

A Gangster State, but which One?

The veil of secrecy surrounding KLA atrocities could not have been as complete as it was without the intervention of powerful actors, particularly amongst political and military elites in Germany and the United States who had conspired with local gangsters, rebranded as "freedom fighters," during the break-up of Yugoslavia.
As in Albania years before NATO's Kosovo adventure, organized criminal activities and "the trade in narcotics and weapons [were] allowed to prosper," Michel Chossudovsky wrote, because "the West had turned a blind eye."
These extensive deliveries of weapons were tacitly permitted by the Western powers on geopolitical grounds: both Washington and Bonn had favoured (although not officially) the idea of a 'Greater Albania' encompassing Albania, Kosovo and parts of Macedonia. Not surprisingly, there was a 'deafening silence' on the part of the international media regarding the Kosovo arms-drugs trade. ("The Criminalization of Albania," in Masters of the Universe? NATO's Balkan Crusade, ed. Tariq Ali, London: Verso, 2000, pp. 299-300)
The consequences of this "deafening silence" remain today. Both in terms of the misery and impoverishment imposed on Kosovo's citizens by the looting of their social property, particularly the wholesale privatization of its mineral wealth which IMF economic "reforms" had spawned, and in the political cover bestowed upon Pristina's gangster regime by the United States.
In the intervening years NATO's "blind eye" has morphed into something more sinister: outright complicity with their Balkan protégés.
Virtually charging the ICTY with knuckling under to political pressure from the Americans, the PACE report states that "the ICTY, which had started to conduct an initial examination on the spot to establish the existence of traces of possible organ trafficking, dropped the investigation."
"The elements of proof taken in Rripe, in Albania" during that initial inquiry investigators wrote, "have been destroyed and cannot therefore be used for more detailed analyses. No subsequent investigation has been carried out into a case nevertheless considered sufficiently serious by the former ICTY Prosecutor for her to see the need to bring it to public attention through her book."
This is hardly surprising, considering that the ICTY was created at the insistence of the Clinton administration precisely as a retributive hammer to punish official enemies of the U.S.
Hailed as an objective body by media enablers of America's imperial project, with few exceptions, while it relentlessly hunted down alleged Serbian war criminals--the losers in the decade-long conflagration--it studiously ignored proxy forces, including the KLA, under the operational control of German and American intelligence agencies.
The report averred that human organ trafficking was only a part of a larger web of crime and corruption, and that murder, trafficking in women, control over global narcotics distribution and money laundering networks were standard operating procedure for Thaçi and other members of the "Drenica group," the black widows at the center of the KLA spiders' web.
For his part, Thaçi has called the PACE report "libelous" and the Kosovo government has repudiated the Council's findings claiming that the charges "were not based on facts and were construed to damage the image of Kosovo and the war of the Kosovo Liberation Army."
While one can easily dismiss prevarications from Kosovo's government, the White House role in covering-up the crimes of their client regime should have provoked a major scandal. That it didn't only reveals the depths of Washington's own venal self-interest in preventing this sordid affair from gaining traction.
In all likelihood fully-apprised of the Council of Europe's investigation through any number of American-friendly moles implanted in European institutions as WikiLeaks Cablegate files have revealed, last summer Thaçi met with U.S. Vice President Joseph Biden at the White House.
Shamelessly, Biden "reaffirmed the United States' full support for an independent, democratic, whole, and multi-ethnic Kosovo," and "reiterated the United States' firm support for Kosovo's sovereignty and territorial integrity," according to a White House press release.
Indeed, the vice president "welcomed the progress that Kosovo's government has made in carrying out essential reforms, including steps to strengthen the rule of law."
An all too predictable pattern when one considers the lawless nature of the regime in Washington.

The Heroin Trail

As I reported more than two years ago in "Welcome to Kosovo! The World's Newest Narco State," the KLA served as the militarized vanguard for the Albanian mafia whose "15 Families" control virtually every facet of the Balkan heroin trade.
Albanian traffickers ship heroin originating exclusively from Central Asia's Golden Crescent. At one end lies America's drug outpost in Afghanistan where poppy is harvested for processing and transshipment through Iran and Turkey; as morphine base it is then refined into "product" for worldwide consumption. From there it passes into the hands of the Albanian syndicates who control the Balkan Route.
As the San Francisco Chronicle reported back in 1999, "Kosovars were the acknowledged masters of the trade, credited with shoving aside the Turkish gangs that had long dominated narcotics trafficking along the Balkan Route, and effectively directing the ethnic Albanian network."
As the murdered investigative journalist Peter Klebnikov reported in 2000 for Mother Jones, as the U.S.-sponsored war in Kosovo heated up, "the drug traffickers began supplying the KLA with weapons procured from Eastern European and Italian crime groups in exchange for heroin. The 15 Families also lent their private armies to fight alongside the KLA. Clad in new Swiss uniforms and equipped with modern weaponry, these troops stood out among the ragtag irregulars of the KLA. In all, this was a formidable aid package."
Despite billions of dollars spent on failed interdiction efforts, these patterns persist today as more than 106 metric tons of heroin flow into Europe. So alarmed has the Russian government become over the flood of heroin penetrating their borders from Central Asian and the Balkan outposts that some officials have likened it to American "narco-aggression" and a new "opium war, researcher Peter Dale Scott reported.
Scott avers: "These provinces" in Afghanistan, "support the past and present CIA assets in the Karzai regime (headed by Hamid Karzai, a former CIA asset), including the president’s brother Ahmed Wali Karzai, an active CIA asset, and Abdul Rashid Dostum, a former CIA asset. In effect America has allied itself with one drug faction in Afghanistan against another." Much the same can be said for CIA assets in Pristina.
As the United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC) published in their 2010 World Drug Report:
Once heroin leaves Turkish territory, interception efficiency drops significantly. In the Balkans, relatively little heroin is seized, suggesting that the route is exceedingly well organized and lubricated with corruption. ... Another notable feature of the Balkan route is that some important networks have clan-based and hierarchically organized structures. Albanian groups in particular have such structures, making them particularly hard to infiltrate. This partially explains their continued involvement in several European heroin markets. Albanian networks continue to be particularly visible in Greece, Italy and Switzerland. Italy is one of the most important heroin markets in Europe, and frequently identified as a base of operation for Balkan groups who exploit the local diaspora. According to WCO seizure statistics, Albanians made up the single largest group (32%) of all arrestees for heroin trafficking in Italy between 2000 and 2008. The next identified group was Turks followed by Italians and citizens of Balkan countries (Bulgaria, Kosovo/Serbia, the former Yugoslav Republic of Macedonia and to some extent Greece). A number of Pakistani and Nigerian traffickers were arrested in Italy as well.
As has been documented for decades, U.S. destabilization programs and covert operations rely on far-right provocateurs and drug lords (often interchangeable players) to facilitate the dirty work. Throughout its Balkan campaign the CIA made liberal use of these preexisting narcotics networks to arm the KLA and then provide them with targets.
When NATO partners Germany and the U.S. decided to drive a stake through Yugoslavia's heart during the heady days of post-Cold War triumphalism, their geopolitical strategy could not have achieved "success" without the connivance, indeed active partnership forged amongst Yugoslavia's nationalist rivals. As investigative journalist Misha Glenny has shown,
Most shocking of all, however, is how the gangsters and politicians fueling war between their peoples were in private cooperating as friends and close business partners. The Croat, Bosnian, Albanian, Macedonian, and Serb moneymen and mobsters were truly thick as thieves. They bought, sold, and exchanged all manner of commodities, knowing that the high levels of personal trust between them were much stronger than the transitory bonds of hysterical nationalism. They fomented this ideology among ordinary folk in essence to mask their own venality. As one commentator described it, the new republics were ruled by "a parastate Cartel which had emerged from political institutions, the ruling Communist Party and its satellites, the military, a variety of police forces, the Mafia, court intellectuals and with the president of the Republic at the center of the spider web... Tribal nationalism was indispensable for the cartel as a means to pacify its subordinates and as a cover for the uninterrupted privatization of the state apparatus. (McMafia: A Journey Through the Global Criminal Underworld, New York: Alfred A. Knopf, 2008, p. 27)
Thaçi and other members of his inner circle, Marty avers, were "commonly identified, and cited in secret intelligence reports," published by the German secret state agency, the Bundesnachrichtendienst or BND "as the most dangerous of the KLA's 'criminal bosses'."
Trading on American protection to consolidate political power, thus maintaining control over key narcotics smuggling corridors, the special rapporteur writes that "having succeeded in eliminating, or intimidating into silence, the majority of the potential and actual witnesses against them (both enemies and erstwhile allies), using violence, threats, blackmail, and protection rackets," Thaçi's Drenica Group have "exploit[ed] their position in order to accrue personal wealth totally out of proportion with their declared activities."
Indeed, multiple reports prepared by the U.S. DEA, FBI, the BND, Italy's SISMI, Britain's MI6 and the Greek EYP intelligence service have stated that Drenica Group members "are consistently named as 'key players' in intelligence reports on Kosovo's mafia-like structures of organised crime."
As the Council of Europe and investigative journalists have documented, northern Albania was the site not only of KLA training camps but of secret detention centers where prisoners of war and civilian KLA opponents were executed and their organs surgically removed and sold on the international black market.
"The reality is that the most significant operational activities undertaken by members of the KLA--prior to, during, and in the immediate aftermath of the conflict--took place on the territory of Albania, where the Serb security forces were never deployed."
The report avers, "It is well established that weapons and ammunition were smuggled into parts of Kosovo, often on horseback, through clandestine, mountainous routes from northern Albania," the site of secret NATO bases, "yet only in the second half of 1998," Marty writes, "through explicit endorsements from Western powers, founded on strong lobbying from the United States, did the KLA secure its pre-eminence in international perception as the vanguard of the Kosovar Albanian liberation struggle."
"What is particularly confounding" Marty writes, "is that all of the international community in Kosovo--from the Governments of the United States and other allied Western powers, to the EU-backed justice authorities--undoubtedly possess the same, overwhelming documentation of the full extent of the Drenica Group's crimes, but none seems prepared to react in the face of such a situation and to hold the perpetrators to account."
While the special rapporteur's outrage is palpable, the ascension of a political crime family with deep roots in the international drugs trade and other rackets, including the grisly traffic in human organs, far from being an anomalous event conforms precisely to the structural pattern of capitalist rule in the contemporary period.
"What we have uncovered" Marty informs us, "is of course not completely unheard-of. The same or similar findings have long been detailed and condemned in reports by key intelligence and police agencies, albeit without having been followed up properly, because the authors' respective political masters have preferred to keep a low profile and say nothing, purportedly for reasons of 'political expediency'. But we must ask what interests could possibly justify such an attitude of disdain for all the values that are invariably invoked in public?"
Marty need look no further for an answer to his question than to the "political masters" in Washington, who continue to cover-up not only their own crimes but those of the global mafias who do their bidding.
As we have seen throughout the latter half of the 20th century down to the present moment, powerful corporate and financial elites, the military and intelligence agencies and, for lack of a better term, "normal" governmental institutions are suborned by the same crooked players who profit from war and the ensuing chaos it spawns to organize crime, thereby "rationalizing" criminal structures on more favorable terms for those "in the loop."
In this regard, the impunity enjoyed up till now by Thaçi and his minions merely reflect the far-greater impunity enjoyed by the American secret state and the powerful actors amongst U.S. elites who have profited from the dirty work allegedly performed by Kosovo's Prime Minister, and others like him, who are counted amongst the most loyal servants of imperial power.

Tom Burghardt is a researcher and activist based in the San Francisco Bay Area. In addition to publishing in Covert Action Quarterly and Global Research, his articles can be read on Dissident VoiceThe Intelligence DailyPacific Free PressUncommon Thought Journal, and the whistleblowing website WikiLeaks. He is the editor of Police State America: U.S. Military "Civil Disturbance" Planning, distributed by AK Press and has contributed to the new book from Global Research, The Global Economic Crisis: The Great Depression of the XXI Century.


=== 2 ===

http://www.wsws.org/articles/2010/dec2010/pers-d31.shtml

Washington’s “humanitarian” war and the KLA’s crimes


31 December 2010

Revelations of fascistic crimes carried out by the Kosovo Liberation Army (KLA) prior to, during and after NATO’s war against the former Yugoslavia should provide a salutary lesson whenever Washington again cites humanitarian concerns to justify its predatory war aims.

A report by the Council of Europe describes Kosovo today as a country subject to “mafia-like structures of organised crime”. It accuses KLA commander and current prime minister, Hachim Thaci, of heading a criminal network involved in murder, prostitution and drug trafficking.

This may come as no surprise to those who have witnessed his rise from terrorist thug to head of the newly “independent” state. But what will be a shock to many is the grotesque way in the KLA helped finance its operations—by removing and selling body organs from kidnapped Serb and Kosovan Albanian civilian prisoners. The practice recalls the barbaric human experiments carried out by the Nazi “Angel of Death” Josef Mengele in the Auschwitz concentration camp.

The KLA’s crimes only came to light at all because of the unravelling of an ongoing cover-up by the US, the United Nations and other major powers. Information about KLA detention facilities in Kosovo and across the border in Albania first reached the International Centre for the Red Cross in 2000, after KLA fighters reported that Serb civilians were taken there in 1999 and their organs removed and sold abroad for transplant operations. The allegations surfaced once again in a BBC investigation in April last year and in the publication of the memoirs of International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) Chief Prosecutor Carla Del Ponte, revealing that a 2008 investigation into the “organ harvesting” had been dropped because it was supposedly “impossible to conduct.”

Any prosecution of the KLA was made “impossible” by Washington, which has been its main sponsor since at least 1998. Following the Bosnian war of 1995, the KLA, seeking to capitalise on popular resentment among Kosovan Albanians against the regime of Slobodan Milosevic in Serbia, pursued a strategy of destabilising Kosovo by acts of terrorism in the hope of provoking Western intervention.

NATO was forced to admit that the KLA was “the main initiator of the violence” and its actions a “deliberate campaign of provocation”. But Washington was shifting its policy from proscribing the KLA as a terrorist organisation to one of covert support. During the 1999 Rambouillet negotiations, then US Secretary of State Madeleine Albright promoted Thaci as the legitimate representative of the Kosovar people and seated him at the head of the Kosovo delegation. State Department spokesman James Rubin brushed aside concerns about the criminal nature of Washington’s new partner, claiming, “We simply don’t have information to substantiate allegations that there was a KLA leadership-directed program of assassinations or executions”, and that the State Department had no “credible evidence” the KLA was involved in drug trafficking.

The adoption of the KLA as an ally was vital to Washington's strategy of breaking up the Yugoslav republic into its constituent parts, ensuring its own hegemony within the Balkan region and threatening the broader geo-strategic interests of Russia. Germany, Britain and other NATO allies all colluded in glorifying the KLA as a liberation movement fighting to free Kosovo from Serbian oppression. To this end, US Senator Joseph Lieberman declared that “Fighting for the KLA is fighting for human rights and American values,” while British Prime Minister Tony Blair famously proclaimed, “This is a just war, based not on any territorial ambitions but on values.”

The US has continued to protect Thaci and his criminal gang as it pursued its goals of ethnic separatism. In 2007, the UN’s special envoy in Kosovo, Martti Ahtisaari, started to promote Kosovo’s independence from Serbia. Just 11 months later, on February 17, 2008, Kosovo’s Assembly declared independence. It exists now as a US fiefdom, heavily dependent on international aid and with all major decisions pertaining to the economy, public spending, social programmes, security and trade controlled by the US, which has established its largest base in the Balkans at Camp Bondsteel.

Only two trials of KLA personnel have ever been held at the ICTY, compared to the scores involving Serbs. In the second trial the then prime minister Ramush Haradinaj was acquitted of war crimes charges with the trial judge complaining about the “significant difficulties” securing witness testimony. This prompted Del Ponte to complain about the protection Haradinaj was receiving from Western governments and officials. It was as a result of the Haradinaj trial, when the first reports of the body organ trade first emerged, that the Council of Europe was asked by Del Ponte to carry out an investigation.

Equally culpable in concealing the KLA’s criminal activities are the various ex-liberal and “left” individuals and groups that threw their support behind the NATO bombing campaign--with claims that this was a humanitarian intervention in support of the KLA’s struggle for “self-determination”.

At that time, the arch-Conservative opponent of the war and former Defence Minister, Alan Clark MP, was moved to ask in the Observer, “What amazes me about the Yugoslav crisis is the credulity of the Left, and of progressive thinkers, who seem to get a vicarious thrill from seeing B52s taking off from Fairford. I address them: How have you swallowed whole the CIA-funded propaganda that demonises the Serbs? Are you not familiar with the duplicity and intimidation of United States foreign policy? That Ambassador Walker, in charge of monitoring forces in Bosnia, was financing the Contras? Have you no recall of that 'Free World' crap that embraced Batista, Noriega, Syngman Rhee, Bao Dai, Lee Van Thieu and Sukarno?”

In an accompanying editorial, “There is no alternative to this war”, theObserverresponded to critics of its “allegedly inconsistent standards” with the rejoinder, “We say so what? ... We have to live in the world as it is, not some Utopia.”

The indifference to the realities of imperialist policy aims, and the embrace of the KLA and ethnic separatism, was of a piece with the evolution of this social layer ever since the first Balkan war in 1991—during which the selective citation of “humanitarian” considerations was first employed to justify making peace with imperialism. And nothing will change as a result of the latest revelations. The liberal media has been largely silent on the charges against Thaci and wholly silent as regards any editorial mea culpa—denoting their own agreement with the propaganda mouthpiece of US imperialism, Radio Free Europe/Radio Liberty, which insisted, “Regardless of the truth behind the charges against Thaci and members of the KLA, one should not abandon the broader perspective, as some otherwise reliable commentators have done.”


Paul Mitchell and Ch

(Message over 64 KB, truncated)


(italiano / english)

Cancer and birth defects in Fallujah after US aggression

1) I bambini deformi di Falluja
2) Iraq: Fallujah children with birth defects
3) Cancer rate in Fallujah worse than Hiroshima


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I bambini deformi di Falluja

LUNEDÌ 03 GENNAIO 2011

di Carlo Musilli

A Falluja centinaia di bambini nascono con difetti al cuore, allo scheletro, al sistema nervoso. Il tasso di malformazioni nei neonati è di undici volte superiore alla norma e negli ultimi anni ha fatto registrare un incremento spaventoso, raggiungendo livelli record nei primi sei mesi del 2010. Un'epidemia di danni genetici causata probabilmente dalle armi degli americani, che nel 2004 attaccarono due volte la città irachena. E' quanto sostiene uno studio scientifico che sarà pubblicato sul prossimo numero dell'International Journal of Environmental Research and Public Health e di cui il Guardian ha dato alcune anticipazioni.

Nessuno prima d'ora aveva avuto il coraggio di mettere in relazione la guerra con il fenomeno delle malformazioni, eppure di indagini ne erano state fatte. Due ricerche avevano già dimostrato come a Falluja, dopo l'attacco americano, le nascite di bambini maschi fossero improvvisamente diminuite del 15%. Da uno studio epidemiologico pubblicato nel luglio scorso, inoltre, è emerso che nella stessa zona, fra il 2004 e il 2009, il numero di tumori e leucemie è quadruplicato. Ora è superiore a quello registrato fra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.

L'ultimo rapporto ha analizzato la situazione di 55 famiglie in cui, fra il maggio e l'agosto di quest'anno, sono nati bambini con gravi malformazioni. Soltanto nel mese di maggio, dei 547 bambini presi in esame, quelli deformi erano il 15%. Nello stesso periodo si è avuto l'11% di parti prematuri e il 14% di aborti spontanei. A detta però degli stessi scienziati che li hanno prodotti, questi dati fotografano la realtà in modo incompleto. A Falluja, infatti, la maggior parte delle donne non partorisce in ospedale. E quelle che danno alla luce un figlio deforme, difficilmente si rivolgono a un medico. Eppure, alcuni casi documentati nella ricerca raccontano una verità difficile da fraintendere. Come quello di una madre e una figlia, che, dopo il 2004, hanno partorito entrambe bambini malformati. Il padre di uno dei due piccoli si è risposato e ha avuto un altro figlio, anche lui con problemi genetici.

"In condizioni normali, le probabilità che si verifichi un caso simile rasentano lo zero - ha spiegato al quotidiano inglese Mozhgan Savabieasfahani, uno degli estensori del rapporto -  e sospettiamo che la popolazione sia cronicamente esposta a un agente ambientale. Non sappiamo quale sia, ma stiamo facendo ulteriori test per appurarlo". Non lo sappiamo, ma lo sospettiamo fortemente. Gli scienziati parlano genericamente di "metalli" come possibili responsabili delle malformazioni. Per prudenza, devono tenersi sul vago.

Chi invece non ha mai aperto un manuale di tossicologia in vita sua, ma magari ha letto un giornale, pensa immediatamente a qualcosa di specifico: i proiettili all'uranio impoverito usati dai soldati americani nell'aprile e soprattutto nel novembre del 2004, durante la seconda battaglia di Falluja. In quell'occasione, all'attacco partecipò anche l'esercito inglese.

In realtà, la questione è controversa. Molti sostengono che i famigerati proiettili portino con sé un residuo tossico, pericoloso soprattutto nel lungo periodo. Al momento, però, non ci sono prove scientifiche. Anzi, secondo alcuni sarebbe addirittura dimostrato che l'uranio impoverito non possa agire come contaminante. Ma non è questo il punto. Gli stessi ricercatori ammettono che "diversi altri contaminanti usati in guerra possono interferire con lo sviluppo dell'embrione e del feto". Ricordano, ad esempio, "i devastanti effetti della diossina" sui bambini vietnamiti.

Anche ammettere l'innocenza dell'uranio impoverito, quindi, non basterebbe a scagionare l'esercito americano.  Nel 2005 un'inchiesta di Rainews24 documentò che, dopo i bombardamenti, i soldati Usa erano soliti gettare a caso per le strade di Falluja quintali di fosforo bianco. Inizialmente il Dipartimento di Stato americano aveva negato.

In seguito, il Dipartimento della Difesa aveva ammesso l'utilizzo del fosforo bianco come arma offensiva contro i nemici (già questo sarebbe illegale: nel '97 gli Usa hanno firmato una convenzione contro l'utilizzo delle armi chimiche), ma aveva escluso categoricamente di aver colpito dei civili. Willie Pete, come amichevolmente viene chiamato dai militari il "White Phosphorus", scioglie la carne umana come un'aspirina. E, negli anni, è fonte di mutazioni genetiche.

Oggi come allora l'esercito americano rifiuta ogni responsabilità. Non solo. Quasi a schernire gli iracheni, ha fatto sapere che chiunque abbia delle lamentele è invitato a scrivere messaggi di protesta al Pentagono. Alcuni disperati l’hanno fatto. Inutile dire che non hanno ricevuto risposta.


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Iraq: Fallujah children with birth defects

4 JANUARY 2011

The International Journal of Environmental Research and Public Health has published a study on the upsurge of birth defects in Fallujah, Iraq. A 15% increase has been recorded during the war period.

The study, which was conducted on a limited sample of polygamous families, highlighted in particular a high incidence of heart and neural tube malformations.

The Journal decided to release the study to exchange the data collected with other researchers working on war-associated contamination.

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«Four Polygamous Families with Congenital Birth Defects from Fallujah, Iraq», par Samira Alaani, Mozhgan Savabieasfahani, Mohammad Tafash et Paola Manduca, International Journal of Environmental Research and Public Health, décembre 2010 (740 Ko, 7 p.):





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The consequences of a US war crime


Cancer rate in Fallujah worse than Hiroshima


By Tom Eley 
23 July 2010


The Iraqi city of Fallujah continues to suffer the ghastly consequences of a US military onslaught in late 2004.

According to the authors of a new study, “Cancer, Infant Mortality and Birth Sex-Ratio in Fallujah, Iraq 2005–2009,” the people of Fallujah are experiencing higher rates of cancer, leukemia, infant mortality, and sexual mutations than those recorded among survivors in Hiroshima and Nagasaki in the years after those Japanese cities were incinerated by US atomic bomb strikes in 1945.

The epidemiological study, published in the International Journal of Environmental Studies and Public Health (IJERPH), also finds the prevalence of these conditions in Fallujah to be many times greater than in nearby nations.

The assault on Fallujah, a city located 43 miles west of Baghdad, was one of the most horrific war crimes of our time. After the population resisted the US-led occupation of Iraq—a war of neo-colonial plunder launched on the basis of lies—Washington determined to make an example of the largely Sunni city. This is called “exemplary” or “collective” punishment and is, according to the laws of war, illegal.

The new public health study of the city now all but proves what has long been suspected: that a high proportion of the weaponry used in the assault contained depleted uranium, a radioactive substance used in shells to increase their effectiveness.

In a study of 711 houses and 4,843 individuals carried out in January and February 2010, authors Chris Busby, Malak Hamdan, Entesar Ariabi and a team of researchers found that the cancer rate had increased fourfold since before the US attack five years ago, and that the forms of cancer in Fallujah are similar to those found among the Hiroshima and Nagasaki atomic bomb survivors, who were exposed to intense fallout radiation.

In Fallujah the rate of leukemia is 38 times higher, the childhood cancer rate is 12 times higher, and breast cancer is 10 times more common than in populations in Egypt, Jordan, and Kuwait. Heightened levels of adult lymphoma and brain tumors were also reported. At 80 deaths out of every 1,000 births, the infant mortality rate in Fallujah is more than five times higher than in Egypt and Jordan, and eight times higher than in Kuwait.

Strikingly, after 2005 the proportion of girls born in Fallujah has increased sharply. In normal populations, 1050 boys are born for every 1000 girls. But among those born in Fallujah in the four years after the US assault, the ratio was reduced to 860 boys for every 1000 female births. This alteration is similar to gender ratios found in Hiroshima after the US atomic attack of 1945.

The most likely reason for the change in the sex ratio, according to the researchers, is the impact of a major mutagenic event—likely the use of depleted uranium in US weapons. While boys have one X-chromosome, girls have a redundant X-chromosome and can therefore absorb the loss of one chromosome through genetic damage.

“This is an extraordinary and alarming result,” said Busby, a professor of molecular biosciences at the University of Ulster and director of scientific research for Green Audit, an independent environmental research group. “To produce an effect like this, some very major mutagenic exposure must have occurred in 2004 when the attacks happened. We need urgently to find out what the agent was. Although many suspect uranium, we cannot be certain without further research and independent analysis of samples from the area.”

Busby told an Italian television news station, RAI 24, that the “extraordinary” increase in radiation-related maladies in Fallujah is higher than that found in the populations of Hiroshima and Nagasaki after the US atomic strikes of 1945. “My guess is that this was caused by depleted uranium,” he said. “They must be connected.”

The US military uses depleted uranium, also known as spent nuclear fuel, in armor-piercing shells and bullets because it is twice as dense as lead. Once these shells hit their target, however, as much as 40 percent of the uranium is released in the form of tiny particles in the area of the explosion. It can remain there for years, easily entering the human bloodstream, where it lodges itself in lymph glands and attacks the DNA produced in the sperm and eggs of affected adults, causing, in turn, serious birth defects in the next generation.

The research is the first systematic scientific substantiation of a body of evidence showing a sharp increase in infant mortality, birth defects, and cancer in Fallujah.

In October of 2009, several Iraqi and British doctors wrote a letter to the United Nations demanding an inquiry into the proliferation of radiation-related sickness in the city:

“Young women in Fallujah in Iraq are terrified of having children because of the increasing number of babies born grotesquely deformed, with no heads, two heads, a single eye in their foreheads, scaly bodies or missing limbs. In addition, young children in Fallujah are now experiencing hideous cancers and leukemias.…

“In September 2009, Fallujah General Hospital had 170 newborn babies, 24 percent of whom were dead within the first seven days, a staggering 75 percent of the dead babies were classified as deformed.…

“Doctors in Fallujah have specifically pointed out that not only are they witnessing unprecedented numbers of birth defects, but premature births have also considerably increased after 2003. But what is more alarming is that doctors in Fallujah have said, ‘a significant number of babies that do survive begin to develop severe disabilities at a later stage.’” (See: “Sharp rise in birth defects in Iraqi city destroyed by US military”)

The Pentagon responded to this report by asserting that there were no studies to prove any proliferation of deformities or other maladies associated with US military actions. “No studies to date have indicated environmental issues resulting in specific health issues,” a Defense Department spokesman told the BBC in March. There have been no studies, however, in large part because Washington and its puppet Baghdad regime have blocked them.

According to the authors of “Cancer, Infant Mortality and Birth Sex-Ratio in Fallujah,” the Iraqi authorities attempted to scuttle their survey. “[S]hortly after the questionnaire survey was completed, Iraqi TV reportedly broadcast that a questionnaire survey was being carried out by terrorists and that anyone who was answering or administering the questionnaire could be arrested,” the study reports.

The history of the atrocity committed by American imperialism against the people of Fallujah began on April 28, 2003, when US Army soldiers fired indiscriminately into a crowd of about 200 residents protesting the conversion of a local school into a US military base. Seventeen were killed in the unprovoked attack, and two days later American soldiers fired on a protest against the murders, killing two more.

This intensified popular anger, and Fallujah became a center of the Sunni resistance against the occupation—and US reprisals. On March 31, 2004, an angry crowd stopped a convoy of the private security firm Blackwater USA, responsible for its own share of war crimes. Four Blackwater mercenaries were dragged from their vehicles, beaten, burned, and hung from a bridge over the Euphrates River.

The US military then promised it would pacify the city, with one unnamed officer saying it would be turned into “a killing field,” but Operation Vigilant Resolve, involving thousands of Marines, ended in the abandonment of the siege by the US military in May, 2004. The victory of Fallujah’s residents against overwhelming military superiority was celebrated throughout Iraq and watched all over the world.

The Pentagon delivered its response in November 2004. The city was surrounded, and all those left inside were declared to be enemy combatants and fair game for the most heavily equipped killing machine in world history. The Associated Press reported that men attempting to flee the city with their families were turned back into the slaughterhouse.

In the attack, the US made heavy use of the chemical agent white phosphorus. Ostensibly used only for illuminating battlefields, white phosphorus causes terrible and often fatal wounds, burning its way through building material and clothing before eating away skin and then bone. The chemical was also used to suck the oxygen out of buildings where civilians were hiding.

Washington’s desire for revenge against the population is indicated by the fact that the US military reported about the same number of “gunmen” killed (1,400) as those taken alive as prisoners (1,300-1,500). In one instance, NBC News captured video footage of a US soldier executing a wounded and helpless Iraqi man. A Navy investigation later found the Marine had been acting in self-defense.

Fifty-one US soldiers died in 10 days of combat. The true number of city residents who were killed is not known. The city’s population before the attack was estimated to be between 425,000 and 600,000. The current population is believed to be between 250,000 and 300,000. Tens of thousands, mostly women and children, fled in advance of the attack. Half of the city’s buildings were destroyed, most of these reduced to rubble.

Like much of Iraq, Fallujah remains in ruins. According to a recent report from IRIN, a project of the UN Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, Fallujah still has no functioning sewage system six years after the attack. “Waste pours onto the streets and seeps into drinking water supplies,” the report notes. “Abdul-Sattar Kadhum al-Nawaf, director of Fallujah general hospital, said the sewage problem had taken its toll on residents’ health. They were increasingly affected by diarrhea, tuberculosis, typhoid and other communicable diseases.”

The savagery of the US assault shocked the world, and added the name Fallujah to an infamous list that includes My Lai, Sabra-Shatila, Guérnica, Nanking, Lidice, and Wounded Knee.

But unlike those other massacres, the crime against Fallujah did not end when the bullets were no longer fired or the bombs stopped falling.

The US military’s decision to heavily deploy depleted uranium, all but proven by “Cancer, Infant Mortality and Birth Sex-Ratio in Fallujah,” was a wanton act of brutality, poisoning an entire generation of children not yet born in 2004.

The Fallujah study is timely, with the US now preparing a major escalation of the violence in Afghanistan. The former head of US Afghanistan operations, General Stanley McChrystal, was replaced last month after a media campaign, assisted by a Rolling Stone magazine feature, accused him, among other things, of tying the hands of US soldiers in their response to Afghan insurgents.

McChrystal was replaced by General David Petraeus, formerly head of the US Central Command. Petraeus has outlined new rules of engagement designed to allow for the use of disproportionate force against suspected militants.

Petraeus, in turn, was replaced at Central Command by General James “Mad Dog” Mattis, who played a key planning role in the US assault on Fallujah in 2004. Mattis revels in killing, telling a public gathering in 2005 “it’s fun to shoot some people.... You know, it’s a hell of a hoot.”




(italiano / deutsch / english)

Reactions to CoE Report about KLA Crimes in Kosovo

1) Aggiornamenti in lingua italiana:
- KOSOVO: ELEZIONI TRUCCATE, RIVINCE THACI
2) Stakes Getting Higher in the Game Around Kosovo (Pyotr Iskenderov)
3) Ex-Hague prosecutor: NATO, KLA's ally (B92)
4) No more lies about the Caucasus or Kosovo (Dmitry Kosyrev)
5) Thaci's Regime of Butchers and Europe's Moral Weakness (Anna Filimonova)
6) UN covered up organ trafficking report, says Serbia (Radio Netherlands)
7) Die Schweiz muss Engagement in Kosovo überdenken (Daniel Vischer)


Source of most articles is the newsletter Stop NATO: http://groups.yahoo.com/group/stopnato

SEE/LISTEN ALSO:

Trafficking in human organs in Kosovo

"Befreiter" Kosovo: Organhandel, Auftragsmorde, Apartheid

Scott Taylor's intervention at "Monday's Encounter" radio show
on CKCU 93.1 FM in Ottawa, Canada ( www.ckcufm.com ), December 27, 2010 at 6:00 P.M. EST
TO HEAR the show after the airing, click to:  http://www.4shared.com/dir/13650784/a9763e6b/sharing.html  and pick the show

Empowering the Body Snatchers
(Ted Galen Carpenter, The National Interest, 30.12.2010)
http://www.nspm.rs/nspm-in-english/empowering-the-body-snatchers.html

FLASHBACK: Exposed: how Kosovo Serbs were butchered for organs
Former chief prosecutor at the International Court of Justice in the Hague has given details of suspected atrocities by ethnic Albanians in Kosovo in 1999. Carla Del Ponte's book 'The Hunt: Me and War crimes' claims that before killing Serbs and members of other ethnic communities, Kosovo Albanians removed their organs to sell for transplants...
(RussiaToday - 1 April, 2008)
http://www.youtube.com/watch?v=n7jNTNsGXZ0

IN ITALIANO, VEDI ANCHE:

Traffico di organi umani in Kosovo
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6946

Rapporto Marty, le reazioni in Kosovo (V.Kasapolli)
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Rapporto-Marty-le-reazioni-in-Kosovo


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Aggiornamenti in lingua italiana

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http://www.misteriditalia.it/ultimora/?p=998

KOSOVO: ELEZIONI TRUCCATE, RIVINCE THACI

Published on 22/12/2010 

Destano più di una preoccupazione i risultati ufficiali delle elezioni politiche svoltesi di recente in Kosovo, le prime dall’autoproclamazione dell’indipendenza. Lo stesso ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, da sempre uno dei più ferventi sostenitori dell’integrazione nell’Unione europea dei paesi albanofoni, ha esortato gli osservatori internazionali a fare piena luce sui brogli dagli stessi denunciati un po’ in ogni parte del paese a partire dalla capitale Pristina.

La Commissione Elettorale centrale ha reso noto i risultati definitivi il cui dato più saliente è la forte avanzata dei nazionalisti albanesi che propugnano la formazione della tanto sognata “Grande Albania” che dovrebbe comprendere non solo il Kosovo e la Repubblica delle Aquile ma pure quella parte di Macedonia dove si concentra il credo religioso islamico e dove la popolazione è, per l’appunto, di stirpe albanese.Vetendosja, che nella lingua di Skanderbeg significa Autodeterminazione, ha conseguito oltre il 16% dei suffragi e non è un mistero che potrebbe andare a formare il nuovo governo insieme al Pdk (Partito Democratico del Kossovo) del premier uscente e trafficante di droga, armi ed esseri umani Hashim Thaci, già capo guerrigliero dell’Uck ai tempi della guerra di liberazione del Kosovo, fortemente filo- albanese. Il partito di Thaci è, infatti, l’altro grande vincitore della competizione elettorale truccata in cui ha riportato il 33,5% delle preferenze.

Sconfitto, ma bisogna ancora ben capire quanto i brogli abbiano pesato sul risultato finale, il moderato Isa Mustafa, Sindaco di Pristina, seguace del defunto Ibrahim Rugova, il “Gandhi dei Balcani”, che propugnava invece, per la sua terra, una soluzione condivisa tra serbi ed albanesi. Poi l’ala armata dell’irredentismo kosovaro, guidata da Thaci, come si sa ebbe la meglio anche a colpi di omicidi. Il partito di Mustafa, e cioè la Lega Democratica del Kossovo, si è infatti fermato al 23,6% dei suffragi. Anche i serbi kosovari domenica si sono presentati ai seggi, tanto che alla fine in certi comuni da loro quasi esclusivamente abitati la percentuale dei votanti ha sfiorato persino il 40% degli aventi diritto. Un successo se si considera che sinora gli slavi rimasti in Kosovo generalmente per protesta o sfiducia disertavano le urne. Molto probabilmente a questa minoranza verranno assegnati più dei dieci seggi al Parlamento che la Costituzione del paese le riserva.

Gravi disordini sono scoppiati subito dopo la proclamazione dei risultati per le strade di Pristina tra i seguaci di Thaci e quelli di Mustafa, che reciprocamente si auto- proclamavano come i vincitori della tornata elettorale.

Il fatto che l’81% della popolazione kossovara ed il 63 di quella albanese si siano pronunciate a favore del progetto “Grande Albania” ha fatto già drizzare le orecchie non solo al governo serbo ma pure a quello macedone, repubblica in cui il 25% della popolazione è di etnia albanese e desidera l’unificazione alla Madre-Patria. L’Albania è però un paese della Nato ed il suo avvallo a tale disegno destabilizzante per la regione potrebbe essere un azzardo imperdonabile ma il sospetto degli alleati occidentali di Tirana, e di molti dei 27 Paesi dell’Unione europea, è che dietro questo progetto stiano i paesi islamici del tutto interessati alla nascita di una grande nazione a maggioranza musulmana nel cuore d’Europa.

Fonte: Sergio Bagnoli

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da www.glassrbije.org:

"Blic": quotidiano di Belgrado;  il filmato registrato nella prigione di Likovac e’ una prova contro Taci


24/12/2010 - Una delle piu’ importanti prove contro Hasim Taci e il suo „gruppo di Drenica“ che possiede la procura serba per crimini di guerra e’ il filmato registrato nella prigione Likovac nel comune di Srbica. Nel filmato si vedono appartenenti di quel gruppo criminale e quattro prigionieri serbi che sono stati sequestrati in Kosovo, scrive il quotidiano belgradese Blic. Il filmato e’ stato fatto dai membri della sedicente UCK nel maggio del 1998. Nel filmato si vedono anche Zarko Spasic, il quale e’ stato sequestrato il 14 maggio del 1998 mentre lavorava nella miniera Belacevac, il poliziotto di Gnjilane Deian Stojiljkovic, sequestrato il 19 maggio del 1998 mentre tornava in pullman dalla visita al cugino a Pec, Vladimir Spasic, sequestrato lo stesso giorno vicino alla citta’ di Komorani e l’operaio di Klina Miroslav Suljinic, sequestrato il 21 maggio nei pressi di Lapusnik. La salma di Suljanic e’ stata trovata nel 2005 nella fossa comune nei pressi di Lapusnik. Il cosiddetto gruppo di Drenica dell’UCK che attacava le citta’ e i villaggi ha sequestrato almeno 30 civili serbi e 11 civili albanesi e alcuni poliziotti. Le prove raccolte durante le indagini hanno dimostrato che questi crimini sono stati organizzati da Hasim Taci.  

Mosca: le accuse nella relazione di Dick Marty devono essere accertate

23/12/2010 - Mosca ha invitato l’assemblea parlamentare del Consiglio europeo ad avviare le indagini internazionali sul traffico di organi umani in Kosovo, al quale ha preso parte il suo vertice politico. Lo ha comunicato il rappresentante del Ministero degli Esteri della Russia Aleksej Sazonov, in  relazione dell’inviato speciale del Consiglio europeo Dick Marty. Sazonov ha detto che Mosca segue con attenzione la situazione, perche’ si tratta di crimini terrificandi e disumani, ai quali hanno partecipato le piu’ alte cariche politiche del Kosovo. E’ ovvio che sia necessaia una seria indagine internazionale, ha sottolineato Sazonov. Nella relazione di Marty, l’uscente premier kosovaro Hasim Taci e’ stato accusato di aver organizzato il traffico di organi umani, armi e stupefacenti in Kosovo e in Albania settentrionale.     

Gelbard: le accuse di Marty devono essere accertate

23/12/2010 - L’ex inviato speciale nei Balcani degli Stati Uniti Robert Gelbard ha dichiarato che le accuse pesanti nella relazione dell’inviato del Consiglio europeo Dick Marty sul commercio di organi umani in Kosovo devono essere esplorate fino in fondo. Egli ha sottolineato che esse non debbano bloccare l’avvio delle trattative tra Belgrado e Pristina. Le accuse contro il premier uscente del Kosovo Hasim Taci nella relazione di Marty sono molto serie e richiedono le indagini severe, ha dichiarato Gelbard alla radio La Voce dell’America. Egli ha salutato la decisione di Belgrado di non bloccare l’avvio del dialogo con Pristina dopo che la relazione di Marty e’ stata resa di pubblico dominio. 


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http://www.strategic-culture.org/news/2010/12/20/stakes-getting-higher-in-the-game-around-kosovo.html

Strategic Culture Foundation - December 20, 2010

Stakes Getting Higher in the Game Around Kosovo

Pyotr Iskenderov

The Parliementary Assembly of the Council of Europe plans to discuss the crimes committed by Kosovo separatists at its January session.
Moreover, the PACE Legal Affairs Committee is calling “for a series of international and national investigations into evidence of disappearances, organ trafficking, corruption and collusion between organised criminal groups and political circles in Kosovo”. 
One might get an impression that - for the first time since the 1999 NATO aggression against Yugoslavia - Europe, which used to brush off Russia's and Serbia's suggestions that the Hague Tribunal take a closer look at the leaders of the self-proclaimed Kosovo's Liberation Army, somehow woke up to the Kosovo reality. 
So far, two episodes - the publication of former ICTY chief prosecutor Carla Del Ponte's book containing revelations that human organ trafficking in Kosovo was sanctioned by Kosovo Liberation Army's top officers and the acquittal of one of those officers Ramush Haradinaj - epitomized the West's unsavory tolerance in the Kosovo case. In fact, even Swiss investigator Dick Marty's report that eventually drew PACE's attention to the rampant organized crime in Kosovo has been barely mentioned over the past several months in the Western media.
Oddly enough, the Kosovo problem is surfacing in the PACE, an organization which has never displayed much compassion for the Serbs. Marty's report about a criminal group from Drenica led by Hashim Thaci and the illicit organ trafficking in Kosovo portrays the picture with utmost clarity. Marty claims that the group continues to operate and even cites the Western democracies' support for Thaci in the current context.
The charges are not exactly new, and it may be more important at the moment to understand the motivation behind the investigation. Marty's report was voted in by the PACE Legal Affairs Committee unanimously, but the question persists: what explains the timing of the PACE interest in Thaci? The integrity of the Swiss investigator is beyond doubt, but we need to know whether his report will have far-reaching consequences and how far Europe is prepared to go in investigating crimes as monstrous as the Nazi medical experiments.
PACE's unanticipated realism is likely linked to the collapse of the secret plan the US and the EU attempted to implement during the talks between Belgrade and Pristina last fall. 
The West hoped to exact at least a de facto recognition of Kosovo independence from the Serbian president but – facing permanent pressure from the Serbian opposition – even the servile Tadic was unable to sign any accords with a figure as notorious as Thaci.
Therefore, Pristina needed a facelift to look like a more acceptable partner. This was the purpose of the planned overhaul in the ranks of the Kosovo administration: Kosovo President Fatmir Sejdiu's resignation was supposed to be followed by that of the province's premier, Hashim Thaci. Thaci, however, refused to leave, and a further entrenchment of radical Albanian groups in Pristina began to loom on the horizon. The West, preoccupied with convincing Belgrade to cooperate, launched a campaign targeting Thaci in response.
Washington's reaction to the recent elections in Kosovo may be another indication of the US's readiness to sacrifice Thaci. Unprecedentedly, US Department of State spokesman M. Toner called on the Kosovo electoral commission to probe into the serious abuses which took place during the elections. Washington's hint was that Kosovo would still be regarded as a democracy, but it would have to be a Kosovo without Thaci. The message was promptly picked up by the EU.
Obviously, believing that international law is about to be re-established in dealing with the Kosovo problem would be overly optimistic. Even if Thaci and his henchmen face justice, the US will do its best to divert the investigation from the broader Kosovo project. Sacrificing Thaci simply means that the stakes in the game around Kosovo are getting higher.


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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=20&nav_id=71633
 
B92 - December 20, 2010

Ex-Hague prosecutor: NATO, KLA's ally

BELGRADE -- Former Chief Hague Prosecutor Carla Del Ponte told the Swiss Le Temps newspaper that NATO was an ally of the so-called Kosovo Liberation Army (KLA).
Her compatriot Dick Marty, the Swiss senator appointed as CoE rapporteur, last week unveiled a damning report linking KLA to kidnappings of Serbs and other civilians in Kosovo and black market trade in their body parts.
Kosovo Albanian PM Hashim Thaci was named as the leader of a KLA group responsible for these and other serious crimes. 
The Serbian investigation, known informally as the Yellow House case, picked up in early 2008, after excerpts from Del Ponte's book were leaked to the media. 
"I am grateful to the Council of Europe and Dick Marty for deepening suspicions about the organ trade and publishing information that we did not possess. The EULEX mission has a basis to move forward," the former Hague prosecutor said. 
Asked about the evidence that was obtained by the Hague Tribunal, Del Ponte said that the court had testimonies of persons who transported prisoners from one prison camp to anther, and to a hospital, and that those were "very serious testimonies". 
"We also knew there were mass pits (graves) in Albania, where we perhaps could have recovered bodies that missed organs," she said. 
Del Ponte explained in the interview that The Hague-based UN war crimes court investigated disappearances of 400 persons and that there were indications that a group of about ten might have been the victim of organ trafficking. 
"But witnesses were intimidated and refused to repeat their statements before the Hague Tribunal. The traces of the crime were in Albania, but Albanian authorities refused to conduct an investigation, saying they already did so unsuccessfully. These events took place during the summer of 1999, after the hostilities. At that time the Hague Tribunal's expertise was doubted. UNMIK (UN mission in Kosovo) could have taken over the investigation, but did not do so," she was further quoted as saying. 
"We (the Hague) investigated many crimes against humanity. We did not have NATO's support because they were allies of the KLA. UNMIK did not give us documents that we needed. That was a huge problem," said Del Ponte. 
She added that "justice must be done, there cannot be talk about stability without justice, or acceptance of a criminal president", adding that she "hoped justice would be done". 


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http://en.rian.ru/analysis/20101221/161873184.html

Russian Information Agency Novosti - December 21, 2010

No more lies about the Caucasus or Kosovo

Dmitry Kosyrev

Dick Marty, who chairs the Monitoring Committee of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE), is traveling to Moscow and Tbilisi on December 20 and 21. At first glance, this long-planned visit seems routine and relatively minor. But on January 17, PACE will hold hearings on the humanitarian and other consequences of the Russian-Georgian war of August 2008. Marty is gathering information in cooperation with the Russian and Georgian parliaments for a document to be presented at the hearing.
This summer Marty wrote a report on human rights in the North Caucasus, meaning Russia. Surprisingly, for the first time in the 14 years that Russia has been a member of the Council of Europe, the Russian delegation to PACE supported a report on the region, albeit with some amendments and reservations.
The real headline, however, is the sensational report Marty produced last week alleging that Hashim Thaci, the current prime minister of the breakaway region of Kosovo, is a gangster with long-standing ties to organ, drug and arms trafficking, as well as prostitution. Moreover, everyone who made decisions on Kosovo during the war in 1999 also knew about Thaci's nefarious dealings.

Russia also knew 

The truth about Thaci and NATO's campaign against Serbia in 1999 are even more important for Russia than the reports on Georgia and the Caucasus. It was the events of 2008 - when the United States and Europe told lies to justify Kosovo's independence from Serbia - that poisoned Russia's attitude toward Europe. And these events ultimately trace back to 1999, as does the August 2008 war.
Unlike today, in 1999 Russia still had prominent international correspondents. The inertia of the glasnost era could still be felt, and many seasoned journalists were doing good work around the world. New correspondents were trying to steal the spotlight from their eminent predecessors.
Many Russian experts in international affairs worked in or visited the former Yugoslavia. I also went there, and I had no reason to doubt the reporting of our correspondents. Kosovo was front-page news at the time. A large section of the Russian public was aware of what was happening in Belgrade and Pristina.
We knew that the Kosovo Liberation Army (KLA) was a criminal organization that had been coordinating the seizure of Serbian land in Kosovo by ethnic Albanians for many years, that the attempts by Slobodan Milosevic to counter this creeping expansion were thwarted by the United States and Europe. We knew that Thaci and his colleagues bought weapons for the KLA using money from arms trafficking and other criminal activity. And that's not all we knew.
Now Marty writes in his report that U.S. and EU security agencies knew full well who Thaci was, but even ordinary Russians knew this back in 1999. We knew that apart from a narrow circle of officials, the public in the United States and the EU did not know about the true nature of the KLA and, as a result, they generally supported Kosovars over the Serbs. At that time, this realization came as a shock to Russians because we were still under the illusion that the Western media were the freest in the world, an example to the rest of us.
NATO's bombing of Yugoslavia, which began on March 24, 1999, shattered any remaining illusions about the Western media. And this launched an era of Russia's profound and almost irreversible mistrust of the words and deeds of the West.
If one side had simply started a war against the other, there would not have been this massive fallout. But in this case everything began with a massive lie, and people hate lies even more than aggression. It is an innately human reaction.

Laws of war 

The era of intractable mutual mistrust between Russia and the West lasted just under a decade, from the aggression against Yugoslavia until the very similar events of August 2008 (similar in the sense that in both cases, the public in the West was misinformed about the true nature of the conflict). In 2008, the public in the United States and the EU simply could not believe that Georgian troops were ordered by President Mikheil Saakashvili to attack Tskhinvali while innocent people slept. Some people do not believe this even now, even though evasive and half-hearted reports on this issue have been written and conclusions made. But nobody can admit on the record that Saakashvili was the aggressor, although a narrow circle of Europeans has known this for a long time. Marty has only just now denounced Thaci as a gangster, and his report has yet to produce any major repercussions.
Let's sum up this era of mistrust. We can do this now because after August 2008, Russia and the West agreed to at least resume dialogue, bringing the era to a close. The damage, however, has already been done. Now we have an entire generation in Russia that instinctively mistrusts "foreigners."
Any reasonable Russian politician remembers the lies of 1999 and 2008 and reacts accordingly. Lies are a weapon of war, and these two wars were born of a lie. For that reason, you should always question the other side's information and adhere to the laws of war, whether the information is true or only half true.
Russia-EU political ties, unlike economic ties, have become a masquerade. Both sides harbor ill feelings. Now Western politicians will have to face the anger of their voters, who were told all these years that Thachi (and Saakashvili) are angels and Russia is the devil.
Russian politicians with pronounced pro-American or pro-European views - or simply views popular in the West - went to their political deaths in 1999. The internal structure of Russian politics became distorted. There is now an uneasy balance between two poles - enlightened nationalists and die-hard nationalists, without anything in between.

Politicians know more than voters

There have been efforts to turn some major European and American politicians around on this issue since around the winter of 2008 and 2009, but there is one problem with that: Politicians have always known that Thachi is a gangster, that the destruction of Yugoslavia was very dirty business, and that attempts were made to pit some puppet regimes against Russia - in Ukraine and Georgia, for instance - to effect regime change.
It is easy for politicians to reach agreements because they know the real facts. It's part of their job. But what to do with a public that is a full era behind?
Marty's report is a step in the right direction because it speaks the truth. Organizations like PACE are not very influential in Europe. It is seen as a supranational parliamentary conference. And the Council of Europe is just that - only a council. But such forums are sometimes the only way to get the truth heard in Europe, be it the truth about Kosovo or the humanitarian situation during the August 2008 war.


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http://www.strategic-culture.org/news/2010/12/23/thacis-regime-of-butchers-and-europes-moral-weakness.html

Strategic Culture Foundation - December 23, 2010

Thaci's Regime of Butchers and Europe's Moral Weakness

Anna Filimonova

The European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX) headquartered in Pristina was set up in December, 2008 and opened on April 6, 2009. 
Its stated objectives included assistance to Kosovo's authorities, legal institutions and judiciary aimed at forming and strengthening the province's multi-ethnic legal system and law-enforcement agencies. 
The EULEX priority tasks were to fight war crimes, corruption, organized crime, inter-ethnic crimes, money laundering, and terrorism as well as to help resolve various proprietary disputes. Therefore, one might expect EULEX to regard the crimes described in the now-famous Dick Marty's report to the Council of Europe as belonging to its sphere of responsibility. 
The report based on the investigation of the disappearance of some 500 people in Kosovo since the end of the NATO aggression against Yugoslavia contained data on the existence of a network of detention facilities operated by the Kosovo Liberation Army, the illicit extraction and trafficking of human organs, and the key role played by Kosovo's outgoing premier Hashim Thaci in organized crime in the province. The revelations about atrocities like forced extractions of organs caused a storm across the global media but, oddly enough, EULEX stated on December 21, 2010 that it would not investigate human organ trafficking in Kosovo as [the issue does not belong under] EULEX jurisdiction.
Considering that it is up to Washington to decide where the jurisdiction of EU institutions ends in Kosovo, the truth must be that all the EU is allowed to assist in is implementing the US strategy in the region, which at the moment is centered around dismantling the delimitation line between Kosovo's Albanian-populated south and the Serb-populated north.
EULEX officials shy away from commenting on Marty's report. Moreover, it transpired recently that even they are defenseless in Kosovo as EULEX Police Head of Executive Department James Albrecht, who was charged with the mission of investigating the organized crime network in the province, came under attack. 
Visiting Moscow on December 21, Marty spoke about the lack of protection provided to international justice officers and witnesses. He said court hearings are typically hard to organize given that even the Hague Tribunal was under permanent external pressure and people are too intimidated to trust national and international institutions alike. The trial of Ramush Haradinaj by the international Criminal Tribunal for the former Yugoslavia was a vivid example of the situation: the prosecution witnesses never testified in court simply because all of them had been killed before the hearings opened. Marty said potential witnesses cannot present their testimonies because nobody is able to guarantee their safety.
There is information that, concerned over its own safety, the EULEX top brass considers leaving the heavily criminalized Pristina. As for Europe, it is already paying the price for complicity in building a criminal enclave in Kosovo. While infantile EU propaganda is touting “multi-ethnic and democratic Kosovo”, Interpol reports reflect the penetration of EU countries by Albanian organized crime, Kosovo's emergence as the key drug trafficking hub, and the increasing seizure of the European drug market by the Albanian mafia.
News resurfaced last December that some 400 DNA samples taken from crime victims in Kosovo in 1999 by the German police on the Hague Tribunal's request were destroyed. 
Reportedly, every Kosovo Liberation Army division in Kosovo and Metohija as well as in Albania maintained its own secret prisons where Serbs, Gypsies, Bosnians, Bulgarians, Romanians, Ukrainians, and other nationals were held (even former Albanian president Sali Berisha's ranch was converted into a prison). 
In other words, many of the facts unearthed by Marty did not come as a total surprise. A Serbian court charged Hashim Thaci with killing 661 Serbs and other non-Albanians, crippling 518 people, and kidnapping 584. Charges against Thaci also include the expulsion of hundreds of thousands of Serbs from Kosovo since the advent of KFOR. In 2001, Serbia submitted to the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia a 40,000-page report with evidence implicating Kosovo's Thaci-Ceku-Haradinaj permanent triumvirate. The total number of pages in Serbia's materials on crimes against Serbs supplied to the Tribunal almost reached 200,000.
Serbia's prosecutor for war crimes V. Vukevic investigated the genocide charges against former Kosovo Liberation Army commanders Thaci, Ceku, and Haradinaj in 2001, and Serbia's then-minister of justice V. Batic provided the resulting evidence to the head of the UN Interim Administration Mission in Kosovo Harri Holkeri. 
A letter to Holkeri which became available to the media said the crimes against Serbs described in the report were the worst atrocities since World War II. The materials described over 7,000 proven cases of terrorist attacks which led to over 12,000 deaths, 1,350 injuries, almost 1,000 kidnappings, 340,000 expulsions of non-Albanians, the burning of 107,000 residences, and the killing of 70 children. Some of the victims were ritually beheaded and detention camps to hold Serbs were set up. The “international community” promptly intervened and had the investigation suspended.
US and NATO servicemen fully share the responsibility for the crimes. They bombed Yugoslavia for 78 days and then helped cover up the repressions against its civilian population. Nor did the UN officials put to work in the due time documents shedding light on the existence of secret detention facilities in the northern and central parts of Albania. 
The “international community” found no way to protect the lives and the rights of Serbs, other non-Albanians, and even, in some cases, Albanians in Kosovo. For over 6 years, the UN has been conducting a sluggish investigation into the torture and killings at secret Kosovo Liberation Army bases and Albanian prisons. A Peruvian anthropologist and chief of the UN unit investigating the disappearance of people claims that already in 2003 the UN was fully aware of what was happening.

***

The US geopolitical objectives in the Balkan region are being put into practice based on cooperation in the framework of the Washington-Tirana-Pristina triangle. 
Former OSCE mission head William Walker (who, by the way, had been granted an honorary Albanian citizenship) expressed the view that the people of Kosovo and Albania have serious reasons to consider a common future. 
In Kosovo, Walker supports the Self-Determination movement which advocates a plan for a Greater Albania and criticizes EULEX over failing to gain control over the Northern part of the province for years. 
Europeans may be prone to hesitation, but Albanians, time-tested warriors, are eager to fight. For example, police minister Bajram Rexhepi has been saying that his special forces have been ready to enter the northern part of Kosovo since the summer of 2010. The aforementioned special forces are the south-based Kosovo Liberation Army and the paramilitary formations including Wakhabbi terrorist groups. They are ready to do what it takes to subdue Kosovo's north. Thaci declared on December 21 that he did not take the charges against him seriously and would shortly head for the US to regain Washington's support.
Currently we are witnessing a new tide of the information war over Kosovo. The US is exercising undivided control over the historically Serbian province jointly with the dependent local administration, and Washington is not going to abandon its long-term partner Hashim Thaci. The EU is not a significant player in Kosovo, and EULEX was created simply as a part of the Ahtisaari plan meant to strengthen the Kosovo self-proclaimed independence. Since, according to the plan, Kosovo is supposed to be indivisible, gaining control over the northern part of the province has to be its indispensable element.
Will the storm triggered by Marty's report translate into a serious judicial investigation and lead to the punishing of Albanian war criminals - thus changing things not only in the Balkan region but also in Europe - or will the storm subside under Washington's pressure? The inability of EU authorities to stand up for justice promises the EU an ugly future painted in the bloody colors of the Albanian flag.


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http://www.rnw.nl/english/bulletin/un-covered-organ-trafficking-report-says-serbia

Radio Netherlands - December 26, 2010

UN covered up organ trafficking report, says Serbia

Serbia asked the international war crimes court for the former Yugoslavia to investigate a former UN chief in Kosovo for covering up a report on organ trafficking, a report said on Sunday.
Serbia's minister for cooperation with the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) wrote to chief prosecutor Serge Brammertz seeking an inquest into Soren Jessen Petersen, the head of the UN's mission in Kosovo (UNMIK) from 2004 to 2006, Blic newspaper reported.
"We are waiting for ICTY to open an inquest into UNMIK officials at the time for contempt of court," minister Rasim Ljajic told the newspaper.
Council of Europe rapporteur Dick Marty published a report earlier this month that linked Kosovo Prime Minister Hashim Thaci to organ trading and organised crime, which Thaci has denied.
UNMIK investigated possible organ trafficking in 2004, but it did not take it further citing lack of evidence.
"At the time, UNMIK said it did not have a report on organ trafficking and had no proof....But in 2008 our war crimes prosecutor obtained 16 pages of this report," Ljajic said.
Marty's report said Thaci headed a Kosovo Liberation Army faction which controlled secret detention centres in Albania, where the human organ trafficking was alleged to have taken place in the aftermath of the 1998-99 war between the guerrillas and Serbian forces.

© ANP/AFP 


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Die Schweiz muss Engagement in Kosovo überdenken
 
Daniel Vischer *
 
Der Bericht von Dick Marty an den Europarat löste vergangenen Donnerstag einen eigentlichen Schock aus. Darin steht, Hashim Thaci sei der «Boss» eines «mafiaähnlichen» kriminellen Netzwerkes, das Waffen, Drogen und menschliche Organe in Osteuropa schmuggelt. Konkret wird Thaci vorgeworfen, der Chef einer Bande gewesen zu sein, die in Gefangenenlagern der UCK Gefangenen Nieren entnahm und anschliessende Morde organisierte.
 
MINUTIÖSE ABKLÄRUNGEN. Der erste Vorfall datiert bereits vom Sommer 1999, an dem vor allem auch der Arzt Dr. Shaip Muja beteiligt war, der heute ein enger Mitarbeiter von Premierminister Thaci ist. Der Bericht wurde in Auftrag gegeben, nachdem die ehemalige Chefanklägerin für das Kriegsverbrechertribunal in Den Haag, Caria del Ponte, daran gehindert worden sein soll, die obersten Mitglieder der UCK, der Befreiungsarmee von Kosovo, deren Chef Thaci war, zu untersuchen. Was sie in ihren Memoiren vor zwei Jahren antönte, ist nun nach minutiösen Abklärungen erhärtet. Nun fragt sich einzig, wann gegenüber Thaci das Gleiche gilt wie gegen die dem Haager Tribunal bisher Überstellten.
Überhaupt hat der Bericht zwar wie eine Bombe eingeschlagen, ausser zur Schau gestellter Empörung aber bislang kaum Folgen ausgelöst. Einzig Aussenministerin Calmy-Rey verzichtete darauf, den Prix Diaspora entgegenzunehmen, mit dem sie für ihre Verdienste um die Unabhängigkeit von Kosovo ausgezeichnet wurde. Dazu hatte sie fraglos guten Grund, stellen sich doch verschiedene Fragen an sie als Aussenministerin, welche die Anerkennung von Kosovo vor zwei Jahren forcierte. Denn sie wie auch die Repräsentanten der anderen in Kosovo hauptsächlich engagierten Länder, aber vor allem auch die UN-Verwaltung Umnik werden nun zu erklären haben, ob sie tatsächlich nichts gewusst und warum sie nichts unternommen haben. Immerhin sagt Marty deutlich, die internationale Gemeinschaft ignoriere die Kriegsverbrechen, welche die UCK im Kosovokrieg gegen die Serben unternommen habe, und setze die Priorität stattdessen auf irgendeine Form der kurzfristigen Stabilität. Das war indes nur möglich, weil deren Politik einseitig von allem Anfang an gegen Serbien gerichtet war. Als richtig und moralisch integer galt eben, was Serbien schadet, das war auch in der Schweiz die vorwiegende Meinung im linken wie im rechten Lager und vor allem in praktisch allen Medien. Dabei war der von Joschka Fischer zum neuen humanitären Krieg erklärte Nato- Luftkrieg gegen Serbien genauso völkerrechtswidrig wie später der Irakkrieg und erfolgte ohne UNO Ermächtigung. Er beruhte auf der Kriegslüge von «Racak», einem zu Unrecht den Serben zugerechneten Massaker, wie man heute weiss. Erst das macht verständlich, warum die UCK so agieren konnte. Wenn nun deren Verbrechen endlich aufgedeckt werden, wird auch zwangsläufig die Geschichte der letzten 20 Jahre in Ex-Jugoslawien neu zu bewerten sein. Dies wird einige bestimmt nicht erfreuen.
Und auch die Schweiz wird ihr Engagement in Kosovo überdenken müssen, die Tage der Swisscoy jedenfalls sind gezählt.
 
* Daniel Vischer ist Nationalrat der Grünen Partei (ZH) und erklärt hier wöchentlich seine Sicht der Dinge.
 
Basler Zeitung, 22.12.2010



(Una delegazione jugoslava, guidata dalla SKOJ, ha partecipato al 17.mo Festival della Gioventù e degli Studenti che si è svolto in Sud Africa dal 13 al 21 dicembre 2010)

17. FESTIVAL OMLADINE I STUDENATA

U Pretoriji, Južna Afrika, je od 13-21 decembra, u organizaciji Svetske federacije demokratske omladine (WFDY) održan 17. Festival omladine i studenata sa radnim naslovom „Pobedimo imperijalizam, za svet mira, solidarnosti i socijalne transformacije“. Učešće na Festivalu je uzelo više od 20.000 delegata različitih omladinskih i studentskih organizaciji iz skoro svih zemalja sveta. Festival predstavlja nastavak duge tradicije (prvi Festival je održan u Pragu, Čehoslovačka, 1947.) masovnog okupljanja mladih sa jasnim porukama mira, suverenosti i slobodoljublja, demokratije, međusobne solidarnosti, saradnje i uvažavanja, zajedničke borbe za bolju budućnost bez eksploatacije čoveka od strane čoveka, rasizma, fašizma, siromaštva, gladi, neprosvećenosti... Ovogodišnji Festival je po prvi put održan u subsaharskom delu Afrike, u Južnoj Africi. U vibrantnom području, u zemlji koja je tako reći nedavno uspela da pobedi i prevaziđe varvarski sistem aparthejda, višedecenijskom borbom progresivnih snaga iz Južne Afrike, ali i uz učešće ogromnog broja međunarodnih dobrovoljaca i uz solidarnost progresivnih zemalja, Festival je dobio svoju punu afirmaciju i aktuelnost.
Festival je svečano otvoren posle umetničke priredbe lokalnih plesnih sastava koji su izvodili tradicionalne Zulu igre, i kraće vojne parade, u prisustvu predsednika Južne Afrike, Jakoba Zume, koji se obratio svim gostima i delegatima posle generalnog sekretara WFDY, Kubanca Hesusa More i predsednika WFDY, Portugalca Tijaga Vijeire. Mesto održavanja Festivala je bio univerzitetski centar u Pretoriji, gde su svakodnevno u nekoliko hala bili održavani seminari i radionice na različite teme koje su u vezi sa naslovom i porukom Festivala, kulturno-umetničke priredbe, sportske priredbe, internacionalni sajam prijateljstva gde su sve delegaicje imale svoje štandove na kojima su predstavljale svoje zemlje i organizacije.
I pored slabe medijske propraćenosti, koja je direktan rezultat neumitne cenzure koja na globalnom planu i u svim vrstama medija postoji kada se kritički govori o imperijalizmu, dominaciji neoliberalne tržišne ekonomije, krizi kapitalizma, antikomunističkim i atacima na elementarna prava omladine, kao i pored velike udaljenosti Južne Afrike od mnogih zemalja koje su na Festivalu bile prisutne, nemoguće je ne istaći pozitivan utisak s obzirom na veliki uspeh koji je Festival postigao okupivši tako veliki broj mladih ljudi.
Kao jednu od glavnih poruka, Festival je uputio solidarnost sa narodom Južne Afrike i oslobodilačkim pokretom predvođenim Afričkim nacionalnim kongresom (ANC), koji je zajedno sa Južnoafričkom komunističkom partijom (SACP) ne samo izvojevao pobedu u borbi protiv aparthejda, već i krenuo u izgradnju novog društva za sve narode Južne Afrike, društva bez rasizma, seksizma, društva demokratije i prosperiteta, društva koje se zajedno sa svim ostalim međunarodnim progresivnim faktorima bori protiv imperijalizma u svim njegovim formama. Južnoafričko društvo čekaju još brojni izazovi u cilju ostvarivanja ovih imperativa. Stopa nezaposlenosti i siromaštva je izuzetno visoka, više od 40 odsto Južnoafrikanaca je nezaposleno, ogroman broj stanovništva živi u nehigijenskim i uopšte nehumanim uslovima života, dok je jaz između siromašnih i bogatih tek nešto manji nego u vreme aparthejda. To je društvo koje shvata da aparthejd nije dovoljno samo deklarativno pobediti, t.j. da je u cilju njegove potpune eliminacije neophodna dublja socijalna transformacija, što predstavlja dug i naporan posao za sve progresivne snage Južne Afrike prema kojima je Festival u celosti, kao i svi učesnici, uputio poruke solidarnosti. Pored toga, Festival je predstavljao demonstraciju solidarnosti poglavito sa onim zemljama gde je imperijalističko ugnjetavnje najočiglednije, kao što su Palestina, Zapadna Sahara, Kuba (posebno je izražena solidarnost sa petoricom kubanskih patriota nepravdeno zatočenih u kazamatima SAD), Irak, Afganistan, DNR Koreja, sa narodima Bliskog Istoka, Latinske Amerike, ali i sa narodima Balkana, Jugoslavije i Srbije po pitanju imperijalističke okupacije Kosova i nastavka rasparčavanje naše domovine priznavanjem kvazi države Kosovo.
S obzirom na antiimperijalistički karaker Festivala, kao i na činjenicu da je poslednjeg dana organizovana specijalna radionica sa naslovom „Razbijanje Jugoslavije“, još pre Festivala je dogovoreno da svi delegati iz bivših jugoslovenskih republika fromiraju jedinstvenu jugoslovensku delegaciju na Festivalu, predvođenu Savezom komunističke omladine Jugoslavije (SKOJ), i prvim sekretarom SKOJ-a, Aleksandrom Banjanacem. SKOJ je bio organizator evropskog pripremnog skupa za Festival, koji se odžao u Beogradu od 30.07-01.08. 2010, o čemu je u našim medijima bilo jako malo reči, iako je na tom skupu bilo prisutno više od 30 stranih delegata iz brojnih evropskih zemalja. Na Festivalu su bile prisutne sve bivše jugoslovenske republike sa izuzetkom Crne Gore, a delegacija je na svečanom otvaranju prodefilovala pod jugoslovenskom trobojkom sa petokrakom. Formiranje jugoslovenske delegacije je predstavljalo izuzetan uspeh u cilju rasvetljavanja svih zabluda oko karaktera rasturanja Jugoslavije vođenog ciljevima agresivnog imperijalizma, a protivno intersu najširih narodnih masa koje su na njenom tlu živele i žive, kao i činjenice da to nije okončan proces, t.j. da se nelegalnom jednostranom secesijom Kosova taj proces nastavlja. Jugoslovenska delegacija je jedinstveno i principijelno branila svoj stav o osudi okupacije Kosova od strane NATO i SAD, što predstavlja ne samo okupaciju jednog dela teritorije Srbije, već i čitavog regiona koji zbog svoje geostrateške važnosti predstavlja značajan cilj imperijalističkom okupatoru. U tu svrhu podnesena je peticija protiv imperijalističkog projekta „Nezavisno Kosovo“ koju je potpisala velika većina prisutnih delegacija na Festivalu među kojima je bio i značajan broj organizacija iz država koje su nelegalnu državu Kosovo priznale. To je predstavljalo čin izraza iskrene volje naroda koji u tim državama živi, a koju vlade koje funkcionišu po imperijalističkom diktatu ignorišu.
17. festival omladine i studenata je predstavljao ne samo kolektivni skup i razmenu iskustava slobodoljubive omladine koja se bori protiv imperijalizma, za mir i društveni progres, za demokratiju, odbranu elementarnih prava omladine, ljudskih prava, pravo na slobodno obrazovanje, zdravstvenu zaštitu, već i priliku da se udare temelji masovnom međunarodnom omladinskom pokretu koji se bori za budućnost u kakvoj omladina želi da živi.

Aleksandar Banjanac

Fotografije: http://www.facebook.com/album.php?aid=43513&id=100000413208805&l=52a67f310d



Un punto di vista diverso su Lukashenko

di Fosco Giannini* e Mauro Gemma**

su l'Ernesto Online del 28/12/2010

Proponiamo ai nostri lettori questo articolo che "Liberazione" non ha ritenuto opportuno pubblicare

* Direzione nazionale PRC
** Segreteria provinciale PRC Torino 

Caro direttore, cari compagni/e, cari lettori e lettrici, in questo articolo vi è un punto di vista diverso da quello espresso giorni fa da Liberazione, ma siamo convinti che tale punto di vista sarà sopportato, ai fini del dibattito, dal nostro quotidiano.

Il punto è questo: lo scorso 21 dicembre, su Liberazione, abbiamo letto con stupore un articolo di Massimo Alviti sulle elezioni presidenziali in Bielorussia, articolo che riprende, senza porsi il minimo dubbio, la versione fornita dall’apparato mediatico dominante e riassume tutti i luoghi comuni di quella propaganda che si propone di demonizzare la figura dell'attuale capo dello Stato bielorusso, Aleksandr Lukashenko. E' un articolo che abbiamo trovato non rispondente in nulla alla realtà dei fatti e qualche parola va spesa allora su quella che, senza esagerazione, può essere definita una resistenza antimperialista avviata dal leader bielorusso.

Chi è, dunque, Lukashenko, considerato dal potere economico e militare nordamericano come uno dei più fastidiosi ostacoli ai processi di mondializzazione e normalizzazione capitalistica; definito da Bush come l’ “ultimo dittatore d’Europa” e misurato a volte con gli stessi metri delle più reazionarie e guerrafondaie aree imperialiste USA anche da settori della “sinistra alternativa” ?

Lukashenko, innanzitutto, fu uno dei pochi, coraggiosi, parlamentari del Soviet a pronunciarsi, nel dicembre 1991, contro la dissoluzione dell’URSS, divenendo poi popolarissimo per il rigore nella lotta contro la corruzione che dilagò nel nuovo regime post sovietico. Ciò gli permise di sbaragliare, nelle elezioni presidenziali del 1994, nelle quali ottenne l’81,7% dei voti, il suo avversario, il primo ministro Viaceslau Kiebic, nazionalista e fautore di un rapido avvicinamento alla NATO.

Il nuovo presidente indicò sin da allora quello che sarebbe stato il proprio obiettivo strategico, perseguito poi con coerenza e ribadito nella sua ultima conferenza stampa: la ricomposizione dell’unità politica ed economica almeno delle repubbliche europee dell’ex Unione Sovietica, fino alla creazione di uno Stato unitario delle repubbliche dell’ex URSS, a cominciare dalla Russia.

Lukashenko, che ha collocato il proprio Paese, con un ruolo da protagonista, all’interno del grande movimento dei non allineati, sviluppando rapporti privilegiati con paesi come Cuba e il Venezuela, non si è limitato a pronunciarsi apertamente contro il processo di allargamento della NATO ad Est, ma ha denunciato con grande forza e risonanza internazionale il carattere aggressivo di tale alleanza, i suoi tentativi di prevaricare la volontà dei popoli e degli stati che non intendono assoggettarsi al nuovo ordine mondiale e l’intenzione, non mascherata, di attentare all’integrità territoriale non solo della Bielorussia, ma della stessa Federazione Russa.

Nel 1995 e 1996, un vero e proprio plebiscito ha ratificato alcuni quesiti referendari da Lukashenko proposti, nei quali venivano fissati i capisaldi programmatici della nuova amministrazione.

L’80% dei bielorussi si pronunciava allora positivamente sulle richieste di unione economica con la Russia e di ripristino dei simboli sovietici e rivoluzionari.

Il presidente bielorusso, nonostante i ripetuti tentativi (scientemente ed ostinatamente organizzati) di precostituire scenari simili a quelli che hanno caratterizzato il successo delle “rivoluzioni colorate” in altre repubbliche ex sovietiche, attraverso violenti disordini provocati da gruppi di destra lautamente finanziati anche dalle istituzioni governative americane, è stato ripetutamente rieletto alla presidenza della Repubblica, a furor di popolo, in consultazioni di cui solo la malafede dei suoi denigratori ha potuto contestare la legittimità. I disordini successivi all'ultima consultazione elettorale, provocati da poche centinaia di persone che inalberavano anche le bandiere dei gruppi fascisti bielorussi che collaborarono con l'aggressione hitleriana, hanno seguito lo stesso copione e ci dispiace che il compagno Alviti non se ne sia accorto- spingendosi anche oltre il quadro fornito dalle agenzie - con le sue critiche all'Occidente (che nei confronti della Bielorussia attua una politica di vero e proprio “cordone sanitario”), reo – per Alviti – di avere avanzato nei confronti di Lukashenko solo critiche e richieste “timide e formali”. Ma cosa si augura Alviti: che carri armati con la benzina americana avanzino su Minsk? 

Occorre informarsi delle vere ragioni di questa ostilità imperialista verso la Bielorussia. Ragioni che risiedono nella determinazione con cui Lukashenko ha rifiutato di genuflettersi ai diktat che gli sono giunti quotidianamente dall'Occidente. Unico tra i leader dell'Europa Orientale emersa dalla fine del “socialismo reale”, sin dall’inizio del suo mandato, Lukashenko si è imposto di mantenere sotto il controllo dello Stato le risorse strategiche ereditate dall’URSS, cercando allo stesso tempo di rilanciare e rafforzare gli storici legami con il mercato dei paesi eredi dell’Unione Sovietica, tradizionale sbocco delle produzioni bielorusse.

Tale politica, che gode dell'appoggio del Partito Comunista di Bielorussia (KPB), che partecipa all’amministrazione del Paese con una propria rappresentanza parlamentare, ha permesso di contenere i costi sociali derivanti dal crollo economico successivo alle ricette di liberalizzazione e privatizzazione applicate nel resto dello spazio post-sovietico, e in particolare nelle vicine Russia e Ucraina.

La posizione dei comunisti bielorussi è stata illustrata in una dichiarazione rilasciata, prima delle ultime elezioni, alle agenzie di stampa da Igor Karpenko, dirigente del KPB.

Ha affermato Karpenko che il partito comunista ha assunto la decisione di appoggiare Lukashenko partendo dalla convinzione che, con la sua presidenza, la Bielorussia è stata in grado “di far fronte alla crisi economica, garantendo uno sviluppo sostenibile e moderno del Paese, di rafforzare la sua capacità di difesa, di mantenere legalità e unità del Paese e, soprattutto, di evitare la disparità nella distribuzione del reddito”.

L'esponente comunista, mettendo in guardia dal tentativo di alcune forze liberali e ultra-nazionaliste di “gettare il Paese nella tempesta”, ha invitato tutti i bielorussi ad appoggiare Lukashenko e la sua politica “indirizzata al rafforzamento del modello di sviluppo sociale ed economico bielorusso, che ha permesso il miglioramento del livello di vita della popolazione”. “Le posizioni del Partito Comunista di Belarus sono simili a quelle dell'attuale governo, sia per quanto riguarda la politica interna che quella internazionale, che mira a proteggere gli interessi dell'assoluta maggioranza del nostro popolo”, ha aggiunto Karpenko.

Del resto, se solo si avesse la volontà di approfondire l'argomento, si noterebbe che anche diversi degli osservatori più ostili all’esperienza bielorussa sono costretti a riconoscere che la Bielorussia non ha mai conosciuto gli stessi livelli di degradazione dei servizi sociali, sanitari, educativi, di previdenza raggiunti nei paesi emersi dalla scomparsa dell’URSS e del “sistema socialista” dei paesi dell’Europa dell’Est.

Ed è’ sicuramente un dato di fatto che della devastazione prodotta dal modello adottato dai paesi ex sovietici vicini ed anche dei drammatici costi sociali dell’esperimento attuato, è cosciente la grande maggioranza della popolazione bielorussa, in misura ben più rilevante di quanto si sia indotti a credere in Europa occidentale. E questa è la base materiale sulla quale può poggiare la politica non subordinata agli Usa del governo di Minsk; è la base per far fronte alla massiccia pressione propagandistica che viene esercitata dall’Occidente, pressione respinta nonostante i milioni di dollari che vengono “donati” alle forze di opposizione.

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ESCLUSIVA – Lukashenko accusa: teppisti in piazza

20/12/10 20:28 CET

Le elezioni in Bielorussia che hanno portato alla rielezione di Alexander Lukashenko hanno suscitato le proteste di migliaia di oppositori scesi in piazza per contestare il risultato delle urne. Le forze speciali hanno effettuato centinaia di arresti e fermato anche alcuni candidati dell’opposizione.

Il capo dello Stato da Minsk ha risposto alle nostre domande:

Euronews: “Signor Lukashenko ha notizie sullo stato di salute del candidato alla presidenza Vladimir Nekliaev che risulta tra le persone ferite domenica sera? Dove si trova in questo momento? Le immagini di Nekliaev con il volto tumefatto hanno fatto il giro del mondo. Non sono esattamente le immagini che un paese moderno ama dare di se stesso. Intende fare qualcosa per cambiare la percezione che il mondo ha del suo paese?”

Lukashenko: “Sa, io non vivo in una Bielorussia virtuale. Questo è il primo punto che vorrei chiarire. Poi la devo correggere: le elezioni non si sono concluse con quanto lei sta evocando. Tutto cio’ è avvenuto diopo il voto. Per quanto riguarda lo stato di salute dell’ex candidato alle presidenziali abbiamo un sistema sanitario avanzato, non certo inferiore a quello francese. I medici si occupano dello stato di salute di tutti i cittadini, ex candidati compresi. Io non sono un medico e non posso esprimermi al riguardo. Hanno organizzato dei tumulti strumentalizzando anche minorenni e teppisti. Credo che sarebbe doveroso che lei veda anche queste immagini e non solo quelle del candidato con un occhio gonfio. Immagino poi che lei abbia letto le dichiarazioni rilasciate dal direttore della campagna elettorale del candidato che non tirano assolutamente in ballo la polizia. Sono loro affari interni, che se la vedano tra di loro”

Euronews: “I fermati sono centinaia. Molti di questi sono stati picchiati. Sette candidati alle presidenziali sono stati arrestati. Non crede che la reazione delle forze dell’ordine sia stata sproporzionata? Perchè è successo questo? Ha paura dell’opposizione?”

Lukashenko: “Guardi io non ho nessun timore delle organizzazioni europee. L’unica preoccupazione che ho è quella di assicurare la pace e la sicurezza del popolo bielorusso di cui sono il presidente. Tutto quello che è successo ieri è registrato, le immagini sono in mano ai giornalisti stranieri anche di Euronews. Se avete un minimo di onestà intellettuale mostrate quanto sta succedendo. Ci sono stati dei tumulti e gli organizzatori e i partecipanti di questi tumulti dovranno rispondere di quanto accaduto. Lo faranno, glielo posso assicurare. Non davanti a me, io non ne ho bisogno e non sono certo assetato di vendetta. Risponderanno davanti alla giustizia che rappresenta il popolo bielorusso. Se fosse accaduto in Francia risponderebbero alla legge francese. Ma le devo dire che a differenza di quanto accaduto in passato in Francia noi non abbiamo fatto uso di gas lacrimogeni nè di cannoni ad acqua viste anche le temperature attuali. Siamo ancora lontani dal vostro modello di democrazia”

Euronews: “Puo’ spiegarci la sua versione su quanto accaduto? Quei manifestanti hanno violato la legge?”

Lukashenko: “Non soltanto hanno violato la legge. Si sono riuniti sulla piazza centrale della capitale, bloccando la circolazione e marciando verso la sede del governo. Hanno saccheggiato l’edificio, rotto i vetri. Chieda a Euronews di rivedere le immagini..Chieda ai suoi colleghi di fornirle i filmati dell’assalto alla sede del governo, E’ questo il punto. La polizia è stata costretta ad intervenire ed ha fermato chi si trovava li’ compresi gli organizzatori della protesta. L’inchiesta che abbiamo aperto non riguarda tutti i candidati dell’opposizione ma 2 o 3 di loro. Se Euronews è una televisione onesta, io la guardo spesso, mostri anche le immagini di quello che questa gente ha combinato.”

Euronews: “La repressione delle manifestazioni di protesta e i dubbi sulla correttezza dello spoglio delle schede elettorali sono le cause che hanno convinto gli osservatori internazionali a ritenere il voto non conforme ai criteri di libertà e democrazia. Questo non la amareggia?”

Lukashenko: “Lei non si esprime in modo corretto. Il rapporto redatto dalla missione degli osservatori internazionali rappresenta un importante passo avanti rispetto a quello preparato subito dopo il voto del 2006. E’ un passo avanti colossale. Mi creda. Su queste basi potremo costruire un’autentica collaborazione con l’Europa. Chi vuole analizzare la situazione in Bielorussia in modo imparziale puo’ farlo. Ecco perchè non sono affatto amareggiato come lei pensa.

In secondo luogo va chiarito che ad organizzare le elezioni siamo stati noi e non l’OSCE. Abbiamo invitato tutti gli osservatori che desideravano venire. Sono venuti ed hanno visto senza problemi quelloche c’era da vedere. Non sono preoccupato: anzi sono persuaso che tutti i problemi che abbiamo con voi – con la Francia e con l’Unione Europea – potranno risolversi da qui a breve. Vi chiedo solo di essere obiettivi. Per quanto riguarda gli avvenimenti che si sono svolti in Bielorussia non c‘è stato il giusto grado di obiettività.”

Euronews: “Il presidente russo si è felicitato con lei per la vittoria ottenuta?”

Lukashenko: “Lei sa che ho passato metà giornata in conferenza stampa. Dopo ho guardato i messaggi inviatimi. ho ricevuto le congratulazioni del presidente kazako Nazarbarev, del presidente venezuelano Chavez e di altri capi di stato. Ma poi sono dovuto tornare davanti ai giornalisti. Non appena avro’ tempo leggero’ la corrispondenza e sapro’ senz’altro informarla meglio”

Copyright © 2011 euronews





Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) in due parti attraverso i link: 
http://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz1010_1.doc 
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 

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ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle

RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 20-24 ottobre 2010

Prima parte della relazione


Questa relazione e’ suddivisa in tre parti.


  1. Introduzione e siti web
  2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso

  3. Conclusioni



1. Introduzione, quasi sempre uguale a se stessa...

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto poco piu’ di un mese fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL e per la verifica dei progetti in corso a Kragujevac.

Il nostro sito e’ all’indirizzo
sul quale trovate tutte le relazioni delle nostre attivita’ a partire dal dicembre 2006.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999
Trovate tutte le informazioni seguendo il link

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, scorrendo la pagina all'indirizzo:


Molti dei progetti che abbiamo in corso a Kragujevac sono realizzati ormai da anni in collaborazione con altre associazioni: ONLUS Zastava Brescia per la solidarieta’ internazionale, ONLUS ABC solidarieta’ e pace di Roma, Associazione Fabio Sormanni di Milano, ONG Cooperazione Odontoiatrica Internazionale, Caritas Trieste e Misericordia della Bassa Friulana.

Questi sono gli indirizzi dei loro siti:

http://digilander.libero.it/zastavabrescia

http://www.abconlus.it

http://www.fabiosormanni.org

http://www.cooperazioneodontoiatrica.eu

http://www.misericordiabf.org


A queste associazioni si aggiungono poi alcuni enti locali, specialmente i Comuni di San Dorligo della Valle e di San Giorgio di Nogaro; abbiamo anche avuto in passato per tre anni un significativo supporto della Regione Friuli Venezia Giulia.


Da due anni collaboriamo anche con la ONG Un ponte per... che, attraverso Alessandro e Samantha, e’ venuta varie volte con noi a Kragujevac ed ha contribuito a vari progetti insieme a noi.

Alessandro cura un blog molto intreressante, che vi consiglio di sfogliare:

http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com


2. Cronaca del viaggio; i progetti in corso


Mercoledi’ 20 ottobre 2010


In questo viaggio abbiamo avuto la delegazione piu’ numerosa di tutti questi anni: siamo arrivati in sette il 20 ottobre sera, seguiti da altri quattro la sera del 21 e da ulteriori quattro la sera del 22.

Malgrado questo numero altissimo di partecipanti siamo riusciti a rispettare tutti gli impegni senza ritardi e senza alcuna confusione.

Il primo gruppo e’ partito da Trieste alle 8 e 30 del 20 ottobre, con il solito pullmino prestato dalla Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina: Claudia, Gabriella e Gilberto da Trieste, Stefano da Fiumicello, Giuseppina da Biella e Gino da Montereale Valcellina.


Come sempre sul furgone hanno trovato posto alcuni scatoloni per famiglie di Kragujevac inviati dai loro donatori italiani, vestiario, scarpe, molti libri e materiale didattico per la Scuola Primaria 21 ottobre,e una grande quantita’ di medicine per il presidio medico della Zastava.

Altri quattro (Carla, Davide, Elena e Giorgio) sono partiti da San Giorgio di Nogaro il 21 ottobre, arrivando in serata, mentre il 22 sera da Trieste sono arrivati Bettina, Lucia, Marco e Nicoletta.

Per tutti il viaggio e’ stato tranquillissimo e veloce; il traffico in autostrada era ancor piu’ scarso del solito, se si eccettua il sempre caotico attraversamento di Belgrado.


Noi del primo gruppo siamo arrivati a Kragujevac verso le 19, e dopo i soliti calorosi saluti con i nostri amici del Sindacato Samostalni abbiamo preparato il piu’ velocemente possibile le buste contenenti gli affidi da distribuire il sabato 23 ottobre.

Abbiamo trovato l’albergo strapieno di delegazioni arrivate da tutta Europa per partecipare il giorno successivo alla manifestazione in ricordo della strage nazista del 21 ottobre 1941.


Giovedi’ 21 ottobre


Partecipiamo al mattino alla Grande Lezione di Storia, che si svolge nel Parco della Rimembranza di Sumarice, a ricordo di una delle piu’ efferate rappresaglie naziste, che vide la fucilazione di 7300 persone.

Tra il 14 e il 19 ottobre 1941 vi furono nei dintorni della citta’ durissimi scontri tra soldati tedeschi e partigiani, durante i quali vi furono dieci morti e ventisei feriti tra le truppe occupanti.

Le agghiaccianti regole di rappresaglia imponevano il rapporto di 100 fucilati per ogni tedesco morto e 50 per ogni ferito. In realta’ tra il 19 e il 21 ottobre furono fucilate 7300 persone, tutti maschi, rastrellati in tutta la citta’ e nei villaggi contadini circostanti; trovarono la morte anche gli studenti e i professori del Ginnasio della citta’, prelevati direttamente dalle aule. E furono poi uccisi anche i piccoli rom della citta’ che facevano tradizionalmente i lustrascarpe, perche’ rifiutarono di pulire gli stivali dei fucilatori.

I fucilati vennero gettati in trentatre fosse comuni, disseminate in 380 ettari di terra che oggi costituiscono il Parco della Rimembranza. Nel territorio del Parco sono stati eretti molti monumenti, il piu’ imponente dei quali ricorda gli studenti del Ginnasio ed e’ chiamato le Ali Spezzate.

Potete trovare un documentazione molto completa su questo argomento al seguente indirizzo:

https://www.cnj.it/CULTURA/krvavabajka.htm

dove e’ riportata anche in Serbo e in due versioni italiane la poesia ‘’Fiaba sanguigna’’ di Desanka Maksimovic scritta a ricordo degli studenti uccisi.

Fu uccisa in quella occasione una unica donna, una ragazza di 19 anni, Nada Naumovic, alla quale sono intitolate le scuole materne della citta’, e alla quale e’ dedicato uno dei bei monumenti del parco.


[FOTO: Le Ali Spezzate / Il monumento a Nada Naumovic]

Mentre siamo a pranzo in un ristorante vicino al Parco entra un gruppo di persone, tra cui alcuni lavoratori della Zastava che ci riconoscono e ci raccontano che fanno parte di una associazione che si occupa del mantenimento dei monumenti presenti nel Parco; tra loro un vecchio ma molto arzillo partigiano che, dopo aver saputo chi siamo, vuole salutarci e proporci un brindisi. Poi ci spiega con grande orgoglio il signficato delle tante medaglie che ornano la sua giacca.


[FOTO: La nostra delegazione con un partigiano]

Nel pomeriggio siamo invitati alla Scuola Primaria 21 ottobre, (corrispondente alle nostre elementari piu’ medie) e’ l’unica di Kragujevac a prevedere l’insegnamento della lingua italiana come lingua straniera; a marzo del 2009 ci avevano contattato per chiederci se riuscivamo a metterli in comunicazione con Scuole italiane per effettuare un gemellaggio. Le Scuole elementari e medie del Comune di San Dorligo della Valle avevano risposto con entusiasmo a questa richiesta.

Solo per ringraziarci di questo intervento gli studenti e i loro insegnanti hanno voluto offrirci un bellissimo spettacolo del loro coro. La cosa molto interessante e’ che hanno voluto iniziare con una versione cantata della filastrocca per bambini ‘’Ne’ di giorno ne’ di notte’’ del grande pedagogista italiano Gianni Rodari ‘’Ne’ di giorno ne’ di notte’’ di cui riporto i versi:


Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare,

preparare la tavola a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere

sogni da sognare, orecchie per sentire.

Ci sone cose da non fare mai, ne' di giorno, ne' di notte, ne' per

mare, ne' per terra per esempio: la guerra.


[FOTO: Il coro della Scuola 21 ottobre]

C’e comunque sempre una certa tristezza ad incontrare ragazzi di questa eta’; molti di loro non erano neppure nati nel marzo del 1999, quando il loro Paese fu bombardato dalla NATO, il loro futuro spazzato via dalla ‘’ingerenza umanitaria’’; hanno sempre vissuto in un Paese isolato dal resto del mondo in ristrettezze economiche continue. E’ per loro che dobbiamo continuare ad agire, perche’ i ponti di solidarieta’ creati in tutti questi anni continuino a dare i loro frutti.


Verso sera incontriamo alcuni studenti e il Vicepreside del Ginnasio di Kragujevac.

Su loro richiesta avevamo avuto un incontro-dibattito con gli studenti del Ginnasio a luglio scorso (vedere la relazione di luglio 2010).

Questa e’ la Scuola da cui erano stati prelevati dai nazisti gli studenti e i loro professori il 20 ottobre del 1941, e poi fucilati il giorno dopo per rappresaglia a Sumarice.

Vi e’ una grande aula dove sono esposti le fotografie dei martiri e i loro ultimi messaggi, nonché documenti dell’epoca relativi a quel tragico evento. Il prossimo anno, nel 2011, in occasione del settantesimo anniversario della strage, il governo serbo finanzierà il progetto di trasformazione dell’aula in museo permanente dell’orrore nazifascista.


[FOTO: Un particolare delle foto degli studenti uccisi / Cittadini di Kragujevac durante i rastrellamenti]

Gli studenti hanno a disposizione delle loro attivita’, svolte attraverso il loro Parlamento, due aule abbastanza capienti.

Una e’ in buonissimo stato, ben arredata ed attrezzata con computers, la seconda e’ adoperata per le loro attivita’ culturali, e versa invece in cattivo stato ed e’ arredata molto sommariamente.

Gli studenti vorrebbero ristrutturare quest’ultima e dotarla di nuovi arredi; a questo scopo ci avevano spedito ad agosto il preventivo dei lavori da effettuare e l’elenco di tutte le numerose iniziative che hanno svolto negli ultimi due anni in questa sala.

Il Direttivo della nostra associazione a settembre scorso aveva deciso di venire incontro a questa esigenza, che prevede il recupero del pavimento originale, la riparazione di porte e finestre, la stuccatura e la imbiancatura dei muri e la posa in opera delle tende alle finestre.

Consegnamo quindi la somma di 2300 euro per ll’esecuzione dei lavori.


Concordiamo inoltre che il locale si chiamera’ SALA DELLA SOLIDARIETA’ E DELLA PACE, e che saranno riportati su due pannelli in Italiano e in Serbo alcuni versi della Fiaba Sanguigna di Desanka Maksimovic e dell’Epigrafe a Kesselring di Piero Calamandrei, che riporto qui sotto.


Avvenne in un paese di contadini  
nella Balcania montuosa:
 
una compagnia di alunni
 
in un giorno solo morì
 
di morte gloriosa.
 

Desanka Maksimovic
 

Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA

Piero Calamandrei

Questa lunga, faticosa ma interessantissima giornata si conclude alla Scuola Politecnica, dove interveniamo con molteplici progetti dal 2005; gli studenti hanno preparato uno spettacolo musicale e la Scuola ci offre la cena.


Venerdi’ 22 ottobre


Iniziamo la giornata con una visita al Centro 21 ottobre per ragazzi Down.

L’incontro con loro e’ sempre straordinario, ci si sente veramente a casa. Tutto funziona bene, ci assicura la direttrice Jelena, che ci consegna le ricevute relative a come sono stati spesi i 250 euro che avevamo lasciato a luglio scorso.

Anche questa volta non siamo a mani vuote, e consegnamo un regalo di 300 euro, che ci era giunto per questo scopo dal nostro Oliviero di Roma.


All’uscita dal Centro ci accade una cosa curiosissima: a fianco del’edificio c’e’ un grande prato ed in fondo a questo si intravede una specie di capannone-officina; Davide ha la vista buona e secondo lui sul tetto sventola una bandiera del Popolo della Liberta’. Ci avviciniamo ed in effetti e vero!

E’ sul tetto di una piccola officina che restaura vecchie Zastava; Rajka si informa e salta fuori che il proprietario non sa che cosa rappresenti questa bandiera, crede che sia un simbolo della Fiat perche’ gli e’ stata fornita da funzionari Fiat di Kragujevac che notoriamente, come ci spiega sempre il buon Marchionne, non fanno politica in quanto impegnati a fare i metalmeccanici.

Quando i nostri amici del Sindacato gli spiegano il significato di quel simbolo sale immediatamente sul tetto ed almeno in Serbia ‘’il cavaliere e’ ammainato’’ e sostituito da una bandiera della Pace che, essendo bilingue, e’ di immediata comprensione.

[FOTO: La bandiera sul tetto dell’officina]


L’appuntamento successivo e’ alla Scuola 19 ottobre, nel quartiere periferico di Marsic, per la verifica dei lavori svolti nel locale da destinare; la Scuola ha questo nome perche’ proprio qui, il 19 ottobre 1941, inizio’ la strage nazista di Kragujevac con la fucilazione di 107 abitanti del quartiere.


Insieme alla Associazione Zastava Brescia abbiamo alcuni mesi fa deciso di contribuire alla ristrutturazione di un locale pubblico adiacente alla Scuola, che sara’ usato come palestra e coe centro di ggregazione per tutto il quartiere. La richiesta di aiuto ci era giunta dalla Direttrice della Scuola.

A luglio avevamo consegnato 7000 euro, poi ulteriori 1800 erano stati consegnati all’inizio di ottobre durante il viaggio periodico di Zastava Brescia.

Successivamente si e’ aggiunto il Comune di San Giorgio di Nogaro, che ha contribuito al progetto con 1000 euro.

Il Comune di Kragujevac (che ha gia’ rifatto a sue spese i servizi igienici el il pavimento) aveva firmato con noi a luglio un protocollo di intesa in cui mette a disposizione 2500 euro per l’acquisto parziale delle attrezzature sportive.


Durante l’estate sono stati eseguiti i lavori edili piu’ importanti, tra cui il rifacimento del tetto e l’intonacatura degli esterni.

Poiche’ il denaro non e’ bastato, aggiungiamo 700 euro per


Ci accolgono gli insegnanti, una delegazione di abitanti del quartiere e tutti gli alunni della Scuola, che hanno preparato per noi uno spettacolino, che comincia con la lettura di una poesia sulla pace da parte di un bambino rom che ha vissuto per qualche anno in Italia e prosegue poi con canzoni e danze della tradizione popolare.

Infine visitiamo l’edificio e verifichiamo i lavori svolti; il denaro messo a disposizione per le rifacitura del tetto non e’ bastato, e dunque aggiungiamo 700 euro per la costruzione delle grondaie.

Ci lasciamo con l’intesa che a marzo ci sara’ la definitiva inaugurazione dell’edificio.


[FOTO: Esterno prima dei lavori / Esterno dopo i lavori / Una vista dell’interno dopo i lavori]

Il pomeriggio e’ dedicato alla visita a Angela e Lazar, due ragazzi in affido a San Giorgio di Nogaro.


Sabato 23 ottobre 2010


E’ il giorno dell’assemblea per la distribuzione delle quote di affido.

Alle 10 abbiamo un incontro con i rappresentanti sindacali del settore auto, per verificare la situazione della fabbrica a nove mesi dall’arrivo della FIAT. I dati raccolti in questo incontro li ritrovate piu’ sotto, nella quarta parte di questa relazione.

Alle 11 inizia l’assemblea per la consegna degli affidi. Malgrado siano passati tanti anni e tanti viaggi dall’inizio della nostra campagna io non riesco ad abituarmialla vista di tutte queste persone che pazientemente ci aspettano nel piazzale davanti alla grande sala della direzione della Zastava Camion dove avvengono le consegne. I tanti padri e le tante madri che alzano la mano in segno di saluto al nostro passaggio in mezzo a loro, o che ci baciano, mi colpiscono come un pugno, come la prima volta che li ho visti dieci anni fa. Era bello sperare, anni fa, di poterci incontrare per festeggiare la fine dell’emergenza, il loro ritorno al lavoro, la ritrovata serenità di tante famiglie operaie. La speranza e’ ormai sbiadita, la preoccupazione per il futuro aleggia su tutti, perche’ nulla e’ chiaro nell’accordo con la FIAT.

Comunque e’ importante essere coscienti che malgrado siano disoccupati, malati, disperati, almeno non sono abbandonati da tutti. La solidarietà è soprattutto questo. E loro, i nostri amici, questo lo sanno bene e ce lo dicono, qualcuno con le parole, molti con gli occhi e gli abbracci e le tante lacrime.
Consegnamo 153 quote d’affido (quasi tutte semestrali) ed alcuni regali in denaro, per un totale di 26445 euro.
Poiche’ otto persone presenti nella delegazione non avevano assistito alla cerimonia al Parco di Sumarice, nel pomeriggio compiamo una visita ai monumenti piu’ importanti e poi concludiamo la giornata andando a trovare la famiglia di Milica, la bambina in affido a Lucia.
Il giorno dopo, con un viaggio tranquillissimo, rientriamo in Italia.


3 CONCLUSIONI


Non si vedono in Serbia reali segnali di miglioramento delle condizioni generali di vita dei lavoratori.

L’occupazione complessiva e’ sempre in discesa, il potere di acquisto dei salari e soprattutto delle pensioni e’ in costante diminuzione, non si vedono speranze per i giovani.

La nostra ONLUS riesce a mantenere pressoche’ inalterato il numero di affidi in corso, e soprattutto siamo riusciti, insieme alle altre associazioni che collaborano con noi, ad ampliare il numero di progetti vanno incontro a reali bisogni sociali della popolazione, e che lo stato di poverta’ della citta’ non permette di soddisfare, nel campo della scuola e dei giovani in generale, della sanita’ e del disagio fisico e mentale.


Sappiamo bene che le condizioni materiali stanno deteriorandosi sempre piu’ anche qui da noi, ma siamo anche sicuri che i nostri sostenitori si rendono conto delle gravissime difficolta’ che i lavoratori Zastava e le loro famiglie continuano a sopportare e che di conseguenza non mancheranno di sostenere la campagna di affidi a distanza, che e’ basata sui valori in cui crediamo: il Lavoro, la Pace, la Liberta' e la Solidarieta' tra i lavoratori e tra i popoli.

Vi chiediamo inoltre di aiutarci nello sviluppo dei nostri progetti nel sociale, attraverso donazioni specifiche.

Coordinate bancarie della associazione


c.c. bancario 010000021816
presso Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza, Via Gruden 23
34149 Basovizza-Trieste
intestato all'Associazione "Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus"
Codice IBAN IT18 E089 2802 2020 1000 0021 816
(Le donazioni sono deducibili dalla dichiarazione dei redditi)

Codice Fiscale della ONLUS 90019350488



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RITORNO DALLA ZASTAVA DI KRAGUJEVAC

Viaggio del 20-24 ottobre 2010

Seconda parte della relazione


Alcune informazioni generali sulla Serbia e sulla Zastava


Quando la fonte non e’ indicata significa che i dati sono stati ricavati dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


Tutte le informazioni sulla Zastava sono state fornite da Zoran Mihajlovic, segretario generale del sindacato Samostanli della Fiat Auto Serbia e della Zastava Automobili di Kragujevac e Vicesegretario dei metalmeccanici serbi del Samostanli.


ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI


Cambio dinaro/euro.

A ottobre 2008 il cambio dinaro-euro era di 84 a 1.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Il 25 marzo 2010 era di 97 dinari per un euro.

Il 1 luglio 2010 il cambio e’ passato a 102 dinari/euro.

Il 20 ottobre 2010 il cambio era di 103.5 dinari per un euro

Il 12 dicembre 2010 il cambio arriva a 106.5 dinari per euro.


Questo continuo indebolimento del dinaro rispetto all’euro ha effetti devastanti sulle condizioni di vita delle famiglie, visto che la Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale e che piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea (Germania e Italia sono i primi partners commerciali in quest’area).


Commercio con l’estero.

Tra gennaio e ottobre 2010 le esportazioni sono state pari 5957.8 milioni di euro, con un aumento del 21% rispetto allo stesso periodo dell’anno 2009.

Nello stesso periodo il valore delle importazioni e’ stato di 10230.4 milioni di euro, con un incremento del 8.2% rispetto allo stesso periodo del 2009.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni e’ stato di 58.2%, piu’ alto del valore segnato nello stesso periodo del 2009, che era stato del 52.3%.

Nel periodo considerato le esportazioni della Serbia si sono concentrate soprattutto verso l’Italia (651.5 milioni di euro), a Bosnia Erzegovina (642.1 milioni di euro) e la Germania (364.6 milioni di euro).

Le importazioni invece derivano dalla Russia, soprattutto petrolio e gas (1239.3 milioni di euro), dalla Germania (1044.6 milioni di euro) e dall’Italia (834.2 milioni di euro).


Indice della produzione industriale


(Message over 64 KB, truncated)


(Ricordando le parole pronunziate dal presidente Tito nell'ultimo suo messaggio di Capodanno, il 1 gennaio 1980, rivolgiamo noi stessi i migliori auguri per un 2011 di pace e fratellanza tra i popoli. CNJ-onlus)


NOVOGODIŠNJA PORUKA PREDSEDNIKA TITA

1.JANUAR 1980.


Protekla je još jedna godina naše veoma intezivne aktivnosti i na unutrašnjem i na međunarodnom planu. Ova godina proticala je u znaku dalje izgradnje samoupravnih društveno – ekonomskih odnosa i političkog sistema socijalističke samoupravne demokratije, u znaku svestranog razvitka svih naših republika i pokrajina i stabilnosti naše zajednice u cjelini. U isto vrijeme, plodna spoljnopolitička aktivnost ojačala je međunarodni položaj naše zemlje i donijela joj nova značajna priznanja.

Na još jednoj velikoj probi bila je i solidarnost naših naroda i narodnosti. Na žalost, opraštajući se sa ovom godinom, mi se ne možemo opraštati i sa teškim osjećanjima zbog katastrofalnog zemljotresa i poplava koje su nas zadesile. Za našu zemlju bio je to udarac, čije će se posljedice dogo osijećati. No, solidarnost naših ljudi širom zemlje, koja je tako snažno došla do izražaja, govri o čvrstinji našeg zajedništva i efikasnosti našeg socijalističkog samoupravnog sistema. A sve to potvrđuje našu snagu i jača vjeru u budućnost.

Ja ne bih htio da ovom prilikom govorim o našim idejnim i političkim opredjeljenjima i stavovima u pogledu daljeg razvitka. Oni su dobro poznati i jasno fomulisani u našim odlukama i dokumentima.

Kada je riječ o daljem razvoju društveno—ekonomskih odnosa i političkog sistema, treba istaći da je nastavljen proces koji je započet sa donošenjem Ustava i Zakona o udruženom radu. Radnička klasa je prihvatila delegatski sistem kao najbolji način svoga učešća u pripremanju, donošenju i sprovođenju društvenih odluka. Sada je već u toku i drugi mandat u kome djeluju skupštine društveno—političkih i samoupravnih interesnih zajednica na delegatskom principu. Rad delegacija u sve većoj mjeri se oslanja na zahtjeve svoje izborne beze i radni ljudi sve više utiču na rad samoupravnih organa.

Međutim, neophodni su dalji povećani napori u cilju što potpunije afirmacije delegatskog sistema. Jer, sporo se prevazilazi stara predstavnička praksa. Po mome mišljenju, to nije, uglavnom, posledica slabosti u pogledu sastava delegacija.

Jer radnici uvijek znaju da izvrše pravu selekciju, da izaberu one koji će dosljedno izražavati njihove i društvene interese. Više se radi o nedovoljnom poznavanju svojih prava i dužnosti. Zbog toga radnici još uvijek ne učestvuju u punoj mjeri u odlučivanju, naročito kada se radi o pitanjima obrazovanja, nauke, zdravstva, kulture, o utvrđivanju visine doprinosa za zadovoljavanje zajedničih potreba, i slično.

O životnim pitanjima radnika često se odlučuje u uskim poslovnim krugovima radnih organizacija. I to ne rijetko u sprezi sa isto tako uskim krugovima funkcionera u društveno—političkim zajednicama, dakle, mimo delegatskog sistema. Do ovoga dolazi i zbog primjene pojedinih sistemskih riješenja, što zadržava moć državnog aparata i snažan uticaj izvršnih organa. A sve to pothranjuje ostatke birokratskih odnosa i jača tehno-birokratske tendencije.

Predstoje nam zato ozbiljni zadaci u borbi za što uspješnije funkcionisanje našeg sistema i njegovo očuvanje od deformacija koje mu prijete. U vezi s tim, htio bih i ovom prilikom istaći važnost uvođenja kolektivnog rada i odgovornosti. To je jedna od bitnih karakteristika naše smoupravne demokratije, a za našu višenacionalnu zajednicu i jedna od osnovnih pretpostavki njene stabilnosti. Kolektivni način rada znači jedinstvo misli i akcije, što je od posebnog značenja za djelovanje Saveza komunista.

U proteklom periodu još više se potvrdilo da je dogovaranje i sporazumijevanje ne samo najdemokratskiji nego i jedino mogući način samoupravnog usklađivanja odnosa u federaciji, među repulikama i pokrajinama, i u društvu uopšte. Odugovlačenje sa nekim dogovorima najvećim dijelom je posljedica birokratskih i uskogrudih ponašanja. Jer, na žalost, još nije mali broj onih koji neće ili nisu u stanju da sagledaju probleme i potrebe drugih, a time najčešće ni zajedničke interese bez čijeg ostvarenja nema ničijeg dugoročnog napretka.

Zato Savez komunista i druge društveno-političke organizacije moraju biti mnogo aktivnji. Komunisti moraju politički neposredno dijelovati i maksimalno se angažovati u objašnjavanju mjera koje preduzimamo. Neposrednu, živu riječ ne može ništa da zamijeni. Pogotovu je opasno kada je zamjenjuju gomile pisanih materijala čiji se sadržaj često ne razumije, pa ih ludi slabo čitaju. A sve je to uzelo dosta širokog maha.

U političkom radu i izvršavanju zadataka koji su pred nama veliku ulogu ima Socijalistički savez, kao najšira politička osnova socijalističkog samoupravljanja. I puna afirmacija delegatskog sistema u mnogome zavisiti od aktivnosti Socijalistčkog saveza kao fronta organizovanih subjektivnih socijalističkih snaga.

U privremenom razvoju naše zemlje i tokom ove godine postigli smo niz veoma vrijednih rezultata. Ukupna ekonomska aktivnost odvijala se čak dinamičnije nego što je bilo planirano. Procijenjuje se da je industrijska proizvodnja porasla za 8 odsto, a poljoprivredna za 5 odsto. Zaposleno je preko 200 hiljada novih radnika. Povećana je i produktivnost rada, iako ne u dovoljnoj mjeri. Završena je izgradnje mnogih privrednih i neprivrednih objekata, među kojima su i oni od šireg društvenog značaja kao što je, na primjer, jugoslovenski naftovod, koji je ovih dana pušten u eksploataciju. Poboljšani su uslovi života i rada naših radnih ljudi i građana.

Vrijednost svih vih dosignuća utoliko je veća što su ona ostvarena u godini ozbiljne međunarodne ekonomske krize i katastrofalnih prirodnih nepogoda koje su zadesile našu zemlju.

No, naš razvoj bio je praćen i teškoćama koje su se naročito ispoljile u visokoj inflaciji i zaoštravanju problema u oblasti deficita platnog bilansa.

Uzroci ovih teškoća su djelimično u već pomenutim nepovoljnim međunarodnim okolnostima, ali su i posljedica naših unutrašnjih propusta i slabosti. Politika ekonomske stabilizacije nije u nekim sredinama ozbiljno shvaćena.

Izostala je potrebna organizovanost i efikasnost u primjeni novih sistemskih rješenja i dogovorene ekonomske politike. Nisu rijetki slučajevi da se ne ostvaruju dosljedno usvojene odluke i planovi, posebno dogovori i sporazumi u oblasti raspodjele dohotka. Veliki dio dohotka i dalje je otuđen od radnika u udruženom radu. Slična ponašanja sreću se i u oblasti potrošnje, cijena i ekonomskih odnosa sa inostranstvom. Ima negativnih pojava i kod samih proizvođača. I među njima imaonih koji su glasniji u traženju svojih prava, nego u ispavanju svojih obaveza.

O svim tim slabostima, putevima njihovog otklanjanja, kao i ciljevima našeg razvoja u narednom periodu detaljno se govori i u nedavno usvojenim Zaključcima Predsjedništva Centralnog komiteta Saveza komunista Jugoslavije. U žiži našeg interesovanja i dalje treba da budu politika ekonomske stabilizacije i razvijanje socijalističkih samoupravnih odnosa. Ti zaključci su osnovne smjernice za ponašanje svih društvenih činilaca u narednoj godini, pa i duže.

U tom cilju neophodno se odlučno orijentisati na povećanje obima i kvaliteta proizvodnje, na mijenjanje stare strukture, kao i na jačanje položaja naše privrede u međunarodnoj podjeli rada, prije svega bržim povećanjem izvoza. Tu veliku ulogu imaju i mjere ekonomske politike koje podstiču interes privrede za izvoz i njeno organizovanije nastupanje vani, uz istovremenu orijentaciju na uvoz onoga što je neopodno i ekonomski opravdano. Moramo odlučno obuzdati sve vidove potrošnje i osigurati njihovo usklađivanje sa ostvarenim dohotkom. Bez toga nema privredne stabilizacije, čiji teret moraju snositi svi društveni slojevi, a ne samo radnička klasa. Mora se štjedeti. Uostalom, na to su danas priseljeni i mnogo razvijene i bogatije zemlje nego što je naša.

Isto tako, neophodno je istrajri u naporima za jačanje materijalnog položaja udruženog rada, jer je to uslov kako privredne stabilizacije, tako i daljeg uspješnog razvoja samoupravljanja i delegaskog sistema. Ostvarivanje ovog cilja može se najefikasnije realizovati dosljednim primjenom već usvojenih sistematskih riješenja i mjera, i donošenjem nekih novih. To istovremeno mora biti praćeno porastom produktivnosti rada, boljim, korišćenjem kapaciteta i efikasnijom upotrebom društvenih sredstava u cjelini.

Za ostvarivanje ovih zadataka neophodno je dalje usavršavanje dogovaranja i sporazumjevanja u svim oblastima privredog i društvenog života, uz uvažavanje objektivnih ekonomskih zakonitosti. U tom pogledu posebna je odgovornos na republikama i pokrajinama. Naročito je važno da ponašanja svih budu u skladu sa onim što je dogovoreno. To je i uslov daljeg jačanja bratstva i jedinstva naših naroda i narodnosti, kao najveće tekovine naše revolucije i osnovne garancije našeg uspješnog razvoja.

U idućoj godini predstoji nam i intezivna aktivnost na pripremi novog srednjoročnog plana za period od 1981. do 1985. godine. Mislim da bi pri tome trebalo da se osigura odlučujuća uloga udruženog rada i s tim u vezi aktivno učešće nauke. U taj plan moraju se ugraditi svi osnovni elementi koji će osigurati dugoročnu ekonomsku stabilnost zemlje. U predstojećoj, 1980. godini mi moramo zaustaviti nepovoljna kretanja u našoj privredi i stvoriti uslove da se odlučno krene putem njene stabilizacije.

Kao što se vidi, pred nama su veliki poslovi. Za njihovo uspješno i blagovremeno izvršavanje najveća odgovornost leži na komunistima, ali i na svim našim radnim ljudima. Međutim, odgovornost mora biri sasvim konkretna. Ne može svako odgovarati za sve. Moramo osigurati da se uvijek zna ko za što odgovara. A da bi se to postiglo, potrebno je imati konkretan i jasan plan akcije u kome će svako naći svoje mjesto i zadatke, od najviših organa federacije do opština i svake radne organizacije.

U vezi sa svim ovim, ja želim posebno naglasiti potrebu daljeg jačanja sistema samoupravljanja koje upravo ovih dana obilježena tri decenije svog postojanja i snažne afirmacije ne samo u našoj zemlji, nego i na širem međunarodnom planu.

Jednom riječju, za postizanje svih ciljeva u narednom periodu, potrebna je najšira mobilizacija naših radnih ljudi. Vjerujem da bi tome u velikoj mjeri, doprinijelo i državanje novog kongresa samoupravljača.

U godini koja se uporno završavala naša zemlja je bila izuzetno aktivna na međunarodnom planu. Ostvaren je veliki broj susreta na vrhu. Neke smo imali ovdje kod nas, nake u prijateljskim zemljama koje smo posjetili, a mnoge za vrijeme Samita u Havani. Bila je intezvana i razmjena mišljenja sa nizom državnika i putem poruka.

U svim tim prilikama dolazili su do izražaja prijateljstvo koje nas povezuje sa tim zemljama, želja da unapređujemo saradnju i spremnost da zajednički ulažemo napore u cilju jačanja mira, bezbjednosti i općeg napretka u svijetu. Nastavljajući, u duhu politike nesvrstanosti, prijateljske odnose i saradnju sa svim zemljama, velikim i malim, geografski bliskim i onim udaljenim, mi ćemo na taj način i ubuduće jačati nezvisan položaj i ulogu naše zemlje u vrlo složenim međunarodnim odnosima.

U protekloj godinini je došlo do poboljšanja situacije u svijetu, koju i dalje karakterišu odsustvo suštinskog napretka detanta, posebno u oblasti razoružanja, i nerješavanje mnogih kriza i nagomilanih problema.

Utoliko je začajniji uspješan završetak Šestog samita nesvrstanih zemalja u Havani, na kojem su osnaženi i dalje razvijeni izvorni principi i ciljevi nesvrstanosti. Na toj osnovi ojačana je akciona sposobnost i pokreta nesvrstanosti, kao nezamjenljivog i općepriznatog faktora u svjetskim razmjerama koji realno otvara perspektive mira, saradnje i prosperiteta svih zemalja. To ima dalekosežan značaj. Jer, pokret i politika nesvrstanosti sve odlučnije se suprotstavljaju blokovskim nadmetanjima i podijelama, čije opasne poslijedice pogađaju cijeli svijet.

Posebno želim da naglasim da je za budućnost svih, i razvijenih i onih u razvoju, od ogromnog značaja da se konstruktivno i konkretno priđe rješavanju veoma ozbilnjih problema zemalja u razvoju i izgranji novog međunarodnog ekonomskog poretka. U narednoj godini održaće se i specijalno zasjedanje Generalne skupštine Organizacije ujedinjenih nacija, posvećeno ovom pitanju, kao i slijedećoj dekadi razvoja. Krajnji je trenutak da razvijene zemlje uvide da, u današnem međuzavisnom svijetu, i njihov dalji prosperitet u najvećoj mjeri zavisti od ostvarenja novih, demokratskih odnosa u ekonomskoj saradnji.

Tokom 1980. godine održaće se i madridski sastanak od kojeg očekujemo podsticaj ne samo jačanju bezbjednost i saradnje u Evropi i na Mediteranu, nego i detanta u cijelini. Smatram da bi, u tom okviru, napredak u jačanju mjera povjerenja i zaustavljanje opasne trke u naoružanju suštinske doprinjeli produbljivanju tih pozitvnih procesa. Mi pozdravljamo i pozdravljaćemo svaku inicijativu koja tome stvarno vodi. To bi bio i realan doprinos povoljnoj atmosferi za rješavanje aktuelnih kriza u raznim dijelovima svijeta.

Htio bih i ovom prilikom da ukažem da su protekle godine, obostranim naporima, ojačali prijateljski odnosi i saradnja sa gotovo svim našim susjedima. Sa takvom politikom dobrosusjedstva i jačanja uzajamnog poštovanja i pobjerenja mi ćemo i ubuduće nastaviti.

Iako svijet ulazi u novu godinu sa mnogim problemima, od kojih neki predstavljaju i direktnu opasnost za mir, ja se nadam da će nastupajuća godina otvariti povoljnu perspektivu izgrađivanja boljih političkih i ekonomskih međunarodnih odnosa. Jer, to je jedini put koji stvarno vodi jačanju nezavisnosti i prosperitetu svih zemalja, općem napretku i srećnijoj budućnost čovječanstva. Bolji svijet može se izgraditi samo zajedničkim konstrukivnim naporima. To podrazumijeva tijesnu saradnju svih zemlaja, nesvrstanih i drugih, i sve državnike svijeta stavlja pred ogromne odgovornosti.

Na kraju želim da kažem da nam godina u koju ulazimo neće biti laka. Ona će zahtijevati ozbiljana odicanja. Ja se zato obraćam svim radnim ljudima, a posebno rukovodiocima na svim nivoima, da svako na svome mjestu uradi ono što mu je dužnost. Naka to, zaista, u punoj mjeri bude godina velike aktivnosti i štednje, godina najveće discipline i odgovornosti. Ako to postignemo, a to moramo postići, i ako racionalno iskoristimo mogućnosti naše zemlje, koja je bila bogata i prirodnim izvorima i stručnim kadrovima, mi ćemo iove sadašnje teškoće savladati.

Upućujem našim radnim ljudima, našoj omladini i pionirima, pripadnicima Jugoslovenske narodne armije i službi bezbjednosti, svim građanima naše zemlje najsrdačnije novogodišnje čestitke.


(Izvor: http://www.facebook.com/pages/SFR-Jugoslavija-SFR-Yugoslavia/36436743833 )