Informazione


Abbiamo appreso con dolore della morte di Marco Aurelio Rivelli, storico e saggista coraggioso e capace. 

Solo tramite i lavori di Rivelli molti di noi hanno potuto conoscere aspetti della storia del Novecento di cui è negato l'insegnamento nelle scuole, impedita la divulgazione sui media, omesso ogni approfondimento o iniziativa da parte degli Istituti di Storia contemporanea e del mondo accademico in genere.

Rivelli si è spento a Milano pochi giorni fa. Era affetto da alcuni anni da una tremenda malattia che poco per volta aveva paralizzato le sue facoltà cognitive. Per di più, le condizioni economiche ed esistenziali sue e di sua moglie erano diventate critiche, con uno sfratto incombente e senza sapere dove andare. Questa è la sorte che in Italia è riservata agli intellettuali che mantengono il proprio rigore scientifico e morale, uscendo così dal "coro".

Ricordiamo i suoi libri accurati e precisi, frutto di ricerche negli archivi militari e di Stato:

* "Le génocide occulté" (Il genocidio nascosto - Ed. L'Age d'Homme, Losanna 1998) 
basato sulla tesi di dottorato discussa dall'autore nel 1978 all'Università di Milano, pubblicata ben venti anni dopo, in occasione della beatificazione dell'arcivescovo Stepinac (vedi l'articolo più avanti)

* L'Arcivescovo del genocidio (Kaos Edizioni, Milano 1999)
saggio sul clerico-nazismo nella Croazia di Stepinac e di Pavelic, finalmente in versione italiana

Dio è con noi! La Chiesa di Pio XII complice del nazifascismo (Kaos edizioni, Milano 2002)
uno studio dedicato alle responsabilità di Pio XII nei genocidi compiuti dal nazifascismo: eppure ancora vogliono farlo Santo!

(a cura di Italo Slavo)

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L'articolo che segue e' apparso su "il manifesto" del 3 Ottobre 1998, giorno della beatificazione di Alojzije Stepinac da parte del papa di Roma:


REVISIONISMO STORICO

L'arcivescovo Stepinac, altro che martire

MARCO AURELIO RIVELLI *

Costituito il 10 aprile 1941 lo Stato Indipendente Croato, cioè il regime ustascia di Ante Pavelic, fu immediatamente posta in atto una mostruosa crociata volta al totale sterminio dei serbi ortodossi, degli ebrei e dei Rom, gli zingari. Nel corso di quattro anni vennero sterminati all'incirca un milione di esseri umani in una maniera così feroce che non ha avuto eguali, per le modalità, in tutto il corso della seconda guerra mondiale. Se l'atroce sterminio di sei milioni di ebrei avvenne nel chiuso dei campi, e per i più la constatazione dell'Olocausto ebbe luogo solo alla fine del conflitto, i massacri ustascia furono invece posti in atto con la maggiore pubblicità di fronte agli occhi di tutti: nelle strade, nelle piazze, nelle campagne. I torturatori si facevano un vanto di essere ripresi dalle macchine fotografiche nell'atto di uccidere le vittime. Mentre i vescovi tedeschi sostennero sempre di essere stati all'oscuro degli avvenimenti, lo stesso non si può dire dell'episcopato croato, dell'"Ambasciatore Vaticano", Monsignor Ramiro Marcone e dell'Arcivescovo Stepinac. Il numero delle vittime varia da settecentomila ad un milione. L'Enciclopedia Britannica riporta settecentomila, secondo il rapporto redatto dal Sottosegretario di Stato Usa Stuart Eizenstadt nel giugno 1998, inerente l'oro predato alle vittime degli ustascia e nascosto - secondo il rapporto stesso - in Vaticano, sono sempre settecentomila, per l'autore si aggirano intorno al milione. Andrjia Artukovic, Ministro degli Interni dello Stato Croato Indipendente e capo di tutti i campi di sterminio, affermò al suo processo che nel solo campo di Jasenovac i trucidati furono settecentomila. L'orrore della crociata diventa ancora più fosco quando si considera la partecipazione fisica ai massacri di centinaia di preti e frati, in particolare i monaci francescani. Secondo la politica ustascia, i serbi dovevano essere tutti convertiti al cattolicesimo. Il Ministro Mile Budak affermò a proposito dei serbi "... un terzo lo convertiremo, un terzo lo uccideremo, un terzo verrà rimandato in Serbia".

A capo del campo di sterminio di Jasenovac, vi fu per un certo periodo il frate francescano, Filipovic-Majstorovic, detto Frà Satana. Al suo processo si vantò di aver ucciso oltre quarantamila prigionieri. Gli successe alla guida del campo un altro religioso. Nel mio saggio indico i nomi di circa 160 religiosi, colpevoli di partecipazione diretta all'eccidio, ma furono molti di più. Il Resto del Carlino, quotidiano bolognese, in due articoli del 18 e 22 settembre 1941, in pieno periodo fascista, pubblicò a firma di Corrado Zoli due articoli nei quali, inorridito, narrava gli eccidi commessi dai francescani. Altre testimonianze oculari, quelle degli appartenenti all'esercito italiano, la maggior parte delle quali accessibili a tutti conservate negli archivi dello Stato Maggiore - Ufficio Storico.

L'Arcivescovo Alojs Stepinac accolse con calore l'arrivo di Ante Pavelic, il Poglavnik (duce), ordinando che fosse cantato il Te Deum in tutte le chiese dello stato e diffondendo una lettera pastorale che incitava ad appoggiare il nuovo Stato perché esso "... rappresenta la Santa Chiesa Cattolica ...". La Pastorale di totale appoggio al regime di Pavelic vedeva la luce quando già le prime notizie di massacri si erano diffuse e Galeazzo Ciano, Ministro degli Esteri Italiano e genero del Duce, annotava nel suo diario, il 28 aprile 1941, "... spoliazioni, rapine, uccisioni sono all'ordine del giorno". Il 26 giugno 1941, Ante Pavelic, che aveva già al suo attivo il massacro di 180 mila tra serbi ed ebrei, compresi tre vescovi e oltre cento pope ortodossi, concedeva udienza all'episcopato cattolico e, anche in quell'occasione, Stepinac non mancava di esternare lodi per il Poglavnik come documentato dai periodici cattolici, "Katolicki List" e "Hrvatski Narod" del 30 giugno 1941. Da ricordare che il 17 maggio precedente, Ante Pavelic, accompagnato da 120 ustascia in divisa, era stato ricevuto a Roma da Papa Pio XII. Alla fine dell'anno, l'Arcivescovo, che precedentemente con altri 11 religiosi cattolici era stato nominato deputato al Parlamento Croato, riceve la carica di capo dei cappellani delle Forze Ustascia. Più tardi riceverà anche un'altra onorificenza ustascia. Superfluo aggiungere che mai condannerà le efferatezze compiute davanti ai suoi occhi da individui con i quali per quattro lunghi anni intratterrà cordiali rapporti.

Nell'aprile del 1945, gli ustascia in fuga depositano, per ordine di Pavelic, tutti gli atti e i documenti governativi, oltre ad oro gioielli e preziosi rubati alle vittime serbe ed ebree, nell'Arcivescovado di Zagabria, dove verranno nascosti e scoperti dopo alcuni mesi dalle autorità del Nuovo Stato Jugoslavo.

Stepinac non punì mai - naturalmente in maniera ecclesiastica - i sacerdoti che si erano resi colpevoli di delitti, non proibì ai cappellani ustascia di continuare - quanto meno - ad essere testimoni di crimini, né vietò alla stampa cattolica la continua esaltazione del regime e delle sue leggi, e tanto meno censurò pubblicamente un regime reo di siffatte scelleratezze. Qualche apologeta ha scritto in questi giorni che Stepinac elevò alcune proteste contro, si badi bene, le modalità della conversioni ma non,l'affermo recisamente contro i massacri. Mi chiedo se, di fronte ad un eccidio di tale proporzione e nefandezza, per di più non isolato ma commisto ad infiniti altri si possa tacere e non esprimere lo sdegno di uomo di chiesa verso tali assassini. Mi chiedo come si possa assistere a cerimonie cui presenziano criminali conclamati e i loro capi senza rendersi conto di dare con la propria presenza un sostegno di fatto a quel regime sanguinario. Da non dimenticare che il sostegno fu anche dato, dopo la costituzione del Nuovo Stato Jugoslavo alla fine della guerra, alle attività clandestine di terrorismo condotte dagli ustascia che si erano dati alla macchia e dei quali benedì, dentro l'Arcivescovado, alcuni gagliardetti. Infatti, rientrato clandestinamente a Zagabria l'ex capo della polizia ustascia, Lisak, al fine di svolgere un'attività di terrorismo contro la Federazione, appena composta, l'Arcivescovo lo nascose nel suo palazzo, come dichiarato durante il processo dallo stesso Lisak.

Stepinac non fu certamente un martire. Lo stesso Tito chiese a Monsignor Patrizio Hurley, rappresentante ufficiale del Vaticano, di richiamare a Roma l'Arcivescovo, non desiderando una rottura con la Santa Sede, altrimenti avrebbe dovuto arrestarlo, come riportato dall'Unità del 7 novembre 1946 in relazione ad un colloquio fra Tito e Togliatti.

No. Stepinac non fu un martire. Chi scrive, pur avendo visionato migliaia di atti, non ne ha mai trovato uno dove l'Arcivescovo manifestasse la sua pietà per i tanti innocenti trucidati, fra i quali i migliaia di donne e bambini; non ha mai trovato la fiera condanna del Presule per l'uccisione barbara dei vescovi e dei preti ortodossi, nonché dei rabbini: sarebbe stato un gesto di carità cristiana di amore verso il prossimo in un contesto dove imperversava il "Male". No. Questo, Alojis Stepinac non lo fece. Seguitò le sue frequentazioni con i criminali, che in seguito, aiutò a fuggire. Condannato a sedici anni di carcere, fu posto, dopo quattro anni di detenzione, agli arresti domiciliari nel suo paese natale. Morì nel suo letto. Pochi giorni or sono il Centro Simon Wiesenthal ha chiesto al Papa di soprassedere alla beatificazione fino a che non fossero stati meglio accertati i fatti.

Oggi, a Zagabria, Giovanni Paolo II beatifica Alojis Stepinac. Nella teologia cattolica, la santità è il complesso delle perfezioni morali. Propria di Dio in senso assoluto, e, in grado diverso, delle persone che hanno riprodotto in qualche modo la perfezione divina e che hanno modellato la loro vita ad imitazione di quella. Non ci sembra il caso del Cardinale Stepinac.



(english / italiano)

Wesley Clark voleva attaccare i russi in Kosovo

1) James Blunt: «In Kosovo sventai la terza guerra mondiale». Il cantautore non obbedì all'ordine di attaccare i soldati russi

2) Ex-UK Officer: Wesley Clark Ordered Attack On Russians In Kosovo

3) Wesley Clark: The Guy Who Almost Started World War III 
(by Stella Jatras - August 23, 2003)


Sui crimini di guerra di cui si è reso responsabile Wesley Clark in Kosovo nel 1999 da generale della NATO - prima di candidarsi (e fallire) con i Democratici alla vicepresidenza USA - abbiamo dato conto innumerevoli volte nel nostro notiziario. In proposito si veda ad esempio:

Wesley Clark fera-t-il demain le contraire de ce qu'il faisait hier?

Wesley Clark War Crimes amply documented

NATO's War of Aggression against Yugoslavia (by Michel Chossudovsky)

Wesley Clark farà domani il contrario di ciò che ha fatto ieri?

DOSSIER: Wesley Clark, criminale di guerra


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James Blunt: «In Kosovo sventai la terza guerra mondiale»


Il cantautore non obbedì all'ordine di attaccare i soldati russi

LONDRA - Avrebbe sventato la Terza guerra mondiale. Chi sarà mai? Un politico, Un generale? Un agente dei servizi segreti? No, nessuno tra questi. A salvare il mondo fu James Blunt, il cantautore britannico di You 're Beautiful che prima di intraprendere la carriera musicale era un ufficiale della cavalleria, quando, nel 1999 in Kosovo, si rifiutò di obbedire al generale americano Wesley Clark che gli ordinò di attaccare un battaglione di 200 soldati russi. Lo ha raccontato lo stesso Blunt ai microfoni di Bbc Radio 5, aggiungendo che «era una situazione folle»: «Ero l'ufficiale responsabile di una truppa di uomini dietro di me».
LA VICENDA - Blunt, il cui racconto è stato confermato dal generale britannico Mike Jackson, che in quell'occasione si oppose alla decisione di Clark, ha proseguito raccontando come il generale Clark aveva detto loro di raggiungere una pista di atterraggio e di assumerne il controllo, ma i soldati russi erano arrivati prima di loro e «ci puntavano le armi addosso in maniera aggressiva». «Il comando diretto giuntoci dal generale Wesley Clark fu di sopraffarli - racconta il cantautore -. Vennero usate diverse parole che si sembravano strane. Parole come "distruggere" vennero pronunciate alla radio».
CONSEGUENZA DISASTROSE - «Le conseguenze pratiche di questa decisione politica sarebbero state un atto di aggressione nei confronti dei russi» sottolinea il musicista. Blunt non si sentiva di affrontarli, ma il reggimento dei paracadutisti che si trovava insieme a lui era «pronto a dare battaglia». «Ci sono cose che si fanno sapendo che sono giuste e cose che ti senti invece che sono assolutamente sbagliate. Questo senso di giudizio morale viene inculcato nella testa a noi soldati dell'esercito britannico» ha ricordato Blunt, sottolineando che avrebbe disobbedito all'ordine anche se a rischio di finire di fronte ad una corte marziale. Per fortuna, prima che la situazione degenerasse, il generale Jackson intervenne. «Le sue parole esatte furono: "Non voglio che i miei soldati siano responsabili di aver dato inizio alla Terza guerra mondiale" e ci disse: "Perché invece non proseguiamo sulla strada e circondiamo la pista?"», ha raccontato Blunt, dicendosi «assolutamente» sicuro che se le cose fossero andate diversamente le conseguenze sarebbero potute essere disastrose. (fonte: Ansa)

15 novembre 2010(ultima modifica: 16 novembre 2010)


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http://www.smh.com.au/lifestyle/people/i-stopped-world-war-iii-says-james-blunt-20101115-17tab.html

Sydney Morning Herald
November 15, 2010


I stopped World War III, says James Blunt 


James Blunt says he stopped World War III from happening by disobeying a general's order.

The singer, who served in the British army for six years, told the BBC yesterday he refused an order to seize an airfield during NATO's 1999 intervention in Kosovo after the Russians got to it first.

"It was a mad situation anyway," he told BBC Radio 5Live.

"We had 200 Russians lined up pointing their weapons at us aggressively and we've been told to reach the airfield and take a hold of it."

Blunt was a 25-year-old cavalry officer at that time and the head of his unit, which was leading a column of 30,000 NATO troops.

The Kosovo Force (KFOR) soldiers had entered Kosovo under a UN mandate after Yugoslavia withdrew from the region following a 11-week bombing campaign by NATO.

The Yugoslav troops were trying to suppress Kosovo's ethic Albanians' campaign to split from the country.

"I was given the direct command to overpower the 200 or so Russians who were there.

"I was the lead officer with my troop of men behind us....The soldiers directly behind me were from the Parachute Regiment, so they're obviously game for the fight.

"The direct command [that] came in from General and [NATO Supreme Commander Europe] Wesley Clark was to overpower them. Various words were used that seemed unusual to us. Words such as 'destroy' came down the radio."

But Blunt, who said he was "party to the conversation" about the possible attack, said "we were querying our instruction" as it would have meant fighting the Russians.

"Fortunately, up on the radio came [British] General Mike Jackson, whose exact words at the time were, 'I'm not going to have my soldiers be responsible for starting World War III'.

"And after a couple of days the Russians there said 'hang on we have no food and no water. Can we share the airfield with you?'."

Blunt said he would have defied General Clark's orders even without the support of General Jackson, risking a court martial.

"There are things that you do along the way that you know are right, and those that you absolutely feel are wrong, that I think it's morally important to stand up against, and that sense of moral judgement is drilled into us as soldiers in the British army."

General Clark, who has since retired from the US Army, told the BBC in 2000 that he had cleared the possible attack with then NATO Secretary General Javier Solana.

"He talked about what the risks were and what might happen if the Russians got there first, and he said: 'Of course you have to get to the airport'.

"I said: 'Do you consider I have the authority to do so?' He said: 'Of course you do, you have transfer of authority'."

A senior Russian officer also told the BBC in 2000 that the Russians planned to fly in thousands of soldiers after they occupied the airport.

"Let's just say that we had several airbases ready. We had battalions of paratroopers ready to leave within two hours."

Blunt quit the military to become a singer in 2002. His debut album sold 11 million copies, led by the success of his hit song You're Beautiful.


=== 3 ===

http://www.antiwar.com/orig/jatras12.html

Wesley Clark: The Guy Who Almost Started World War III

by Stella Jatras
August 23, 2003



General Wesley Clark, former Supreme Allied Commander Europe (SACEUR) and Friend of Bill's (FOB) is considering a run for President of these United States. In an AP report of 29 June, former-President William Jefferson Clinton stated that Wesley Clark would make a fine president, if he ran. After all, what are friends for? There is also a grassroots campaign effort to "draft Wesley Clark" for president which states, "We believe America needs a new president. One who can be a voice for common sense and moderation in these dangerous, uncertain times. One with the unquestionable leadership and foreign policy credentials necessary to win in 2004. We believe that General Wesley Clark might just be – the one. That is why we are trying to convince him to seek the Democratic nomination for president."

Let us look at what kind of a president Wesley Clark would make according to CounterPunch of November 12, 1999, "The poster child for everything that is wrong with the GO (general officer) corps," exclaims one colonel, who has had occasion to observe Clark in action, citing, among other examples, his command of the 1st Cavalry Division at Fort Hood from 1992 to 1994.

"At the beginning of the Kosovo conflict, CounterPunch delved into the military career of General Wesley Clark and discovered that his meteoric rise through the ranks derived from the successful manipulation of appearances: faking the results of combat exercises, greasing to superiors and other practices common to the general officer corps. We correctly predicted that the unspinnable realities of a real war would cause him to become unhinged. Given that Clark attempted to bomb the CNN bureau in Belgrade and ordered the British General Michael Jackson to engage Russian troops in combat at the end of the war, we feel events amply vindicated our forecast. 

"With the end of hostilities it has become clear even to Clark that most people, apart from some fanatical members of the war party in the White House and State Department, consider the general, as one Pentagon official puts it, 'a horse's ass.' Defense Secretary William Cohen is known to loathe him, and has seen to it that the Hammer of the Serbs will be relieved of the Nato command two months early."

This is the guy who received the Kosovo Campaign Medal after having been granted a waiver, although according to an article in Stars and Stripes(European addition), no one seems to know who granted the waiver in time for the general to get the first medal awarded. Even though he led the international alliance in its 78-day blitz against Yugoslavia, the waiver was necessary because General Clark's service did not meet the criteria for the award which required service in the actual theater of operation. It appears that Clark made no effort to secure similar waivers for the thousands of service personnel who supported the effort from bases outside the combat zone.

On 17 July 2001, General Wesley Clark was confronted in an often heated exchange by his critics at Border's book store where the general was promoting his book, Waging Modern War.Although one of the axioms of Clark's book is that, "A Political Problem Cannot be Solved by Military Force," what he practiced and advocated in Kosovo was just the opposite. When confronted with questions about the misuse of air power and grossly exaggerating the results as exposed in aNewsweek article titled Kosovo Cover-Up of 15 May 2000, targeting civilian targets as stated by Sen. Joe Lieberman, and consorting with KLA terrorists such as Hashim Thaci and Agim Ceku, General Clark's replies were always the same: the questioner was wrong, Sen. Lieberman was wrong, and Newsweek was wrong. "I went to the presentation very much opposed to everything Clark stood for, but it wasn't until I heard him speak and answer questions that I realized how dangerous a man like this is," writes Col. George Jatras, USAF (Ret).

'THE GUY WHO ALMOST STARTED WORLD WAR III'

IWaging Modern WarGeneral Clark wrote about his fury upon learning that Russian peacekeepers had entered the airport at Pristina, Kosovo, before British or American forces. In the article "The guy who almost started World War III," (Aug. 3, 1999), The Guardian (U.K.) wrote, "No sooner are we told by Britain's top generals that the Russians played a crucial role in ending the West's war against Yugoslavia than we learn that if NATO's supreme commander, the American General Wesley Clark, had had his way, British paratroopers would have stormed Pristina airport, threatening to unleash the most frightening crisis with Moscow since the end of the Cold War."

"I'm not going to start the third world war for you," General Sir Mike Jackson, commander of the international KFOR peacekeeping force, is reported to have told Gen. Clark when he refused to accept an order to send assault troops to prevent Russian troops from taking over the airfield of Kosovo's provincial capital. The Times of London reported on 23 May 2001 in an article titled, "Kosovo clash of allied generals," that "General Sir Michael Jackson [was] told that he would have to resign if he refused to obey an order by the American commander of Nato's forces during the Kosovo war to stop the Russians from seizing control of Pristina airport in June 1999." 

If General Clark had had his way, we might have gone to war with Russia, or at least resurrected vestiges of the Cold War and we certainly would have had hundreds if not thousands of casualties in an ill-conceived ground war

In his article titled, "A Long, Tough Job," which appeared in the Washington Post on 14 September, Clark writes, "And the American public will have to grasp and appreciate a new approach to warfare. Our objective should be neither revenge nor retaliation, though we will achieve both. Rather, we must systematically target and destroy the complex, interlocking network of international terrorism. The aim should be to attack not buildings and facilities but the people who have masterminded, coordinated, supported and executed these and other terrorist attacks.

"Our methods should rely first on domestic and international law, and the support and active participation of our friends and allies around the globe. Evidence must be collected, networks uncovered and a faceless threat given shape and identity."

"Rely on international law"? Clinton and his gangsters broke every international law on the books regarding Yugoslavia. "Evidence must be collected?" Evidence of what? The Serbs certainly did not have weapons of mass destruction; nor did they attack us first; nor were they ever a threat to us. His words ring hollow. 

You can read "Wes" Clark's letter to the National Albanian American Council of 1 November 2002, in which he says, "Let's stay in touch." For an American general who was supposed to be impartial in a civil war, it is no secret that Clark is the Albanian lobby's fair-haired boy. And why not? He delivered Kosovo to them. 

General Clark brags about the fact that not one solder was killed under his command. Even though the Serbs had every opportunity to kill American soldiers, I contend that the Serbs did not want Americans to die at their hands. This was illustrated when Sgt. Christopher Stone of Smiths Creek, Michigan, upon his release, left a note to his prison guards thanking them for treating him with "dignity and respect." The Pentagon declined to release a copy of Stone's note, but a copy was made available to The Associated Press (5 May 1999). The note ended with "Thank you, you are very kind" and "God help you." 

Col. David Hackworth, in his 1999 commentaryDefending America, wrote of Clark: Known by those who've served with him as the Ultimate Perfumed Prince, he's far more comfortable in a drawing room discussing political theories than hunkering down in the trenches where bullets fly and soldiers die. 

Col. Jatras writes that "General Clark is the kind of general we saw too often during the Vietnam War and hoped never to see again in a position of responsibility for the lives of our GIs and the security of our nation. That it happened once again we can thank that other Rhodes scholar from Arkansas."

In this writer's judgement, what this guy is positioning himself for is the VP slot with Hillary running for President. It would be a marriage made in Hell...a Hell for all of us. 

Knowing all the above, why would anyone want as president or VP a guy who was willing to start World War III for the sake of his own ego and self-importance?




http://www.en.beoforum.rs/index.php/comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/134-serbie-2010-une-plaie-ouverte-sur-le-ventre-mou-de-le-europe-interview-exclusive-de-zivadin-jovanovic-president-du-forum-de-belgrade-pour-un-monde-de-egaux-comments-belgrade-forum-for-the-world-of-equals.html



Sommet de l’OTAN, Lisbonne (Portugal), novembre 2010


Serbie 2010 : Une plaie ouverte sur le « ventre mou » de l’Europe


Interview exclusive de Zivadin Jovanovic, Président du Forum de Belgrade pour un Monde d’Egaux


mardi 16 novembre 2010 
par  Collectif Bas-Rhin 


Zivadin Jovanovic, ancien ministre des affaires étrangères de la République fédérative de Yougoslavie et président du Forum de Belgrade pour un Monde d’Egaux, nous livre dans cet interview un état des lieux 11 ans après la guerre de l’OTAN contre la République Fédérale de Yougoslavie. En près de 10 années, des changements profonds ont ébranlé cette zone des Balkans : thérapie de choc à la sauce "Milton Friedman", occupation militaire, amputation territoriale, colonisation brutale de toute l’économie, paupérisation massive des classes laborieuses...

Zivadin Jovanovic nous dresse un paysage de dévastation qui rompt avec le mythe du "meilleur des mondes" vendu par les milieux atlantistes européens et dont la Serbie est l’une des victimes les plus affligées depuis que les forces pro-occidentales ont pris le pouvoir le 5 octobre 2000 par ce que de nombreux analystes ne craignent plus de qualifier de putsch.

Propos recueillis par notre correspondant à Belgrade pour le site  http//:www.lepcf.fr


Lepcf.fr : Monsieur le ministre, vous êtes le président du Forum de Belgrade qui depuis une dizaine d’années anime une réflexion critique et approfondie sur la situation politique, stratégique, sociale et économique de la Serbie et de l’ancien espace yougoslave. Pouvez-vous nous donner un aperçu des activités de l’organisation de vous présidez ?


ZJ : Le Forum de Belgrade pour un monde d’Egaux est une organisation indépendante, non-partisane, une association à but non lucratif qui regroupe des intellectuels de Serbie et de la diaspora serbe. Le Forum promeut la paix, la justice, l’égalité des personnes, des peuples et des États.

Établir la vérité, en général, et en particulier sur les développements récents et passés dans les Balkans, l’ex-Yougoslavie et la Serbie - est aussi l’une des motivations principales de nos membres et amis du Forum.

Le Forum est favorable à la primauté du droit dans les relations internationales par opposition à la règle selon laquelle « la force primerait sur le droit ». Le Forum estime que l’agression de l’OTAN contre la République fédérale de Yougoslavie en 1999 a été une erreur historique de l’Occident dont les conséquences en Europe se paient par la stagnation, l’instabilité et une certaine perte d’identité. Les soit disant négociations de Rambouillet avaient été organisées et gérées par les USA avec un seul objectif : convaincre le public, à l’ouest qu’il n’y avait pas d’autre moyen pour résoudre les problèmes au Kosovo-Métochie, que par un bombardement de la Serbie. Le gouvernement français a malheureusement joué un rôle malhonnête dans ce scénario de manipulations américaines.


"...l’agression de l’OTAN contre la République fédérative de Yougoslavie en 1999 a été une erreur historique de l’Occident dont les conséquences en Europe se paient par la stagnation, l’instabilité et une certaine perte d’identité..."


Ces erreurs sérieuses des USA et de l’UE dans l’approche du problème du Kosovo et de la Métochie resteront une plaie ouverte sur le « ventre mou » de l’Europe pour les décennies à venir.

L’approche du Forum de Belgrade embrasse les questions des droits de l’homme, des droits économiques, sociaux, culturels et autres qui sont d’une importance primordiale, particulièrement aujourd’hui alors que la grande majorité des peuples souffre des conséquences de la crise économique mondiale.

Le Forum a publié plus de 50 livres traitant des questions de sécurité, des relations internationales, des problèmes économiques et sociaux, du terrorisme international, de l’OTAN et de questions constitutionnelles. Il entretient d’importantes collaborations avec d’autres organisations indépendantes semblables à l’étranger.


Lepcf.fr : Le pouvoir en place actuellement à Belgrade et la plupart des organisations issues de la coalition d’opposition au gouvernement d’union nationale de Slobodan Milosevic, le « DOS », célèbrent ces jours-ci les évènements d’octobre 2000 en Serbie. Quelle est votre point de vue sur ces célébrations ?


ZJ : Je doute qu’il y ait réellement de bonnes raisons de célébrer quoi que ce soit. Pendant les dix années qui se sont écoulées, le gouvernement DOS et ses dérivés n’ont pas cessé de promettre une « vie meilleure », l’intégration dans l’Union européenne (présentée comme un paradis sur terre), emploi, démocratie...

En réalité, la grande majorité des quelques 8 millions d’habitants de la Serbie est confrontée aujourd’hui à des problèmes élémentaires de survie : de subsistance alimentaire, de paiement des charges obligatoires (les factures d’électricité et les autres services communaux, la scolarisation des enfants, les médicaments). La société serbe est aujourd’hui profondément divisée avec un fossé énorme entre la poignée des très riches et la masse vivant dans la pauvreté.

La sécession unilatérale de la province du Kosovo-Metohija a donné lieu à des ambitions séparatistes dans d’autres parties de la Serbie (en Raska, en Voïvodine, dans les quartiers sud de Bujanovac, Presevo et Medvedja).

Il convient de rappeler que le renversement du président Slobodan Milosevic a été l’objectif premier de l’agression militaire de l’OTAN en 1999, parce qu’il était perçu comme un obstacle à l’expansion de la politique impériale de Washington dans les Balkans. Ce but ne fut cependant pas atteint au bout des 72 jours de bombardement continu de l’ensemble du pays. En conséquence l’agression se poursuivit par d’autres moyens.


"Je doute fort qu’un gouvernement créé de cette façon puisse de quelque façon être indépendant et démocratique."


Il y a quelques jours de cela, l’ancien ambassadeur US William Montgomery, celui-là même qui, en 1999 et 2000, a coordonné les activités antigouvernementales en Serbie depuis son bureau spécial à Budapest, a confirmé que les États-Unis ont « investi » à l’époque plus de 100 millions de dollars US dans le processus de « démocratisation de la Serbie », ce qui en d’autre termes signifie - dans le renversement du gouvernement légitime de Serbie. Ce montant n’inclut pas les sommes versées à diverses ONG et autres mass-média « indépendants » par la « fondation George Soros pour une société ouverte » et diverses autres sources. Je doute fort qu’un gouvernement créé de cette façon puisse de quelque façon être indépendant et démocratique.


Lepcf.fr : En occident, ces évènements, comme le saccage et le pillage spectaculaire du parlement fédéral ou encore la persécution de députés et élus de gauche pendant les mois d’octobre et novembre 2000, furent présentés (quand ils ne furent pas cachés au public) par les médias français comme des actes « libérateurs » qui allaient ouvrir la perspective d’un avenir radieux et démocratique pour les citoyens de la République de Yougoslavie. Qu’en est-il vraiment d’après vous 10 ans après ?


ZJ : La Serbie est confrontée à de graves problèmes socio-économiques : dette extérieure élevée (environ 35 milliards dollars US aujourd’hui contre 10 Milliards en 2000 pour la Serbie et le Monténégro réunis), chômage élevé (environ 20 %) et la corruption généralisée.

Pour la grande majorité de la population la vie en Serbie est très difficile. Les prétendus « Révolutionnaires » d’Octobre 2000 se sont eux-mêmes mués en caciques, bureaucrates et autres magnats qui ne se préoccupent plus que de la façon de s’enrichir grâce au processus de privatisation et de transition.

La plus grande partie de la population est désorientée et surtout préoccupée par la satisfaction des besoins quotidiens élémentaires en nourriture et en vêtements.

Cette masse aux abois n’est plus en mesure de penser et d’exprimer son opinion sur des questions relatives aux intérêts nationaux et étatiques.

La jeunesse est désespérée, elle n’a pas d’emploi, et elle ne voit pas de perspective. Les prix ne cessent pas de grimper et les revenus chutent. Le salaire mensuel moyen est d’environ 300 euros, la pension de retraite d’environ 150 euros.


"après la « révolution » du 5 Octobre 2000, environ 50.000 cadres supérieurs et fonctionnaires des services publics, de l’économie et du secteur bancaire ont presque instantanément été licenciés et laissés pour compte sans aucun revenu ni indemnités"


Les prix augmentent chaque jour. Cette semaine, par exemple, le prix de l’électricité a augmenté de 30 %. Plus de 10 % de la population totale vit en dessous du seuil de pauvreté et souffre de carence alimentaires. Environ 200.000 enfants souffrent de malnutrition et de nombreuses soupes populaires sont fermées souvent en raison de manque de moyens financiers.

Le pouvoir en place prétend que ces problèmes trouvent leurs racines dans deux arguments massue : premièrement qu’ils sont une conséquence de « l’ère Milosevic » et deuxièmement qu’ils sont une conséquence de la crise mondiale. Les gouvernants actuels ne détiendraient ainsi aucune part de responsabilité dans l’état actuel des choses, bien qu’ils détiennent le pouvoir depuis plus de dix ans maintenant.

La manière dont les médias occidentaux ont présenté les événements en Serbie et en particulier le coup d’État du 5 Octobre 2000 est bien connue. Aujourd’hui, les mass médias les plus influents de Serbie servent les intérêts du Capital, ils se présentent sans vergogne comme les garants de la liberté de la presse. Ce que cette « presse libre » omet de noter par exemple, c’est qu’après la « révolution » du 5 Octobre 2000, environ 50.000 cadres supérieurs et fonctionnaires des services publics, de l’économie et du secteur bancaire ont presque instantanément été licenciés et laissés pour compte sans aucun revenu ni indemnités.

Dans de nombreux cas, ces fonctionnaires ont été démis de leur fonction sous la menace des armes et remplacés par des partisans de la coalition DOS, c’est-à-dire des gens financés par des « ONG » occidentales, organisés en groupes dormants ou actifs, comme ceux qui s’illustrèrent dans l’incendie du bâtiment du Parlement ou dans d’autres actes similaires. Un certain nombre de postes ministériels furent cédés à des émigrés serbes de l’étranger (y compris de France) qui bien qu’ayant des passeports et des diplômes de l’Ouest, avaient de bien modestes connaissances des réalités actuelles de la Serbie.

Après l’assassinat du premier ministre Zoran Djindjic en 2003, environ 12.000 personnes furent emprisonnées, y compris de nombreux journalistes. Certains furent emprisonnés pendant de nombreux mois sans qu’on ne leur ait jamais notifié les charges retenues contre eux.


Lepcf.fr : Peut-on aujourd’hui dresser un bilan détaillé de 10 années de gouvernement dit « démocratique » sur le plan des libertés constitutionnelles et de la concentration de pouvoir qui étaient, d’après les médias occidentaux, les principaux points noir de l’ère Milosevic ?


ZJ : Prenez, par exemple, la liberté de la presse. Pendant toute la durée de la présidence de Slobodan Milosevic, la grande majorité des médias de masse : presse imprimée, électronique, radiophonique et télévisuelle développait les thèses de l’opposition. Il est indiscutable que ces médias de masse ont été financés par des gouvernements étrangers, des fondations, comme celle de Soros et autres ONG.

Aujourd’hui, on ne peut guère plus trouver de médias d’opposition en Serbie. La politique éditoriale de tous les médias actuels est plus ou moins identique : elle est ostensiblement contrôlée par le gouvernement ou par le grand Capital. Les moyens d’information gouvernementaux et publics sont verrouillés.

Selon la Constitution, la démocratie exige la division et l’équilibre, notamment entre les pouvoirs législatif, judiciaire et exécutif, considérés comme des pouvoirs d’État indépendants. Dans la pratique, l’exécutif contrôle les pouvoirs législatif et judiciaire.

Au début de cette année, dans le cadre d’une prétendue « réforme du système judiciaire » le gouvernement a procédé à une révocation technique de tous les juges d’instruction, révocation ou remise à 0 des compteurs qui devait être suivie par leur réélection selon un processus relativement peu clair, tellement peu clair que près de 700 magistrats se sont retrouvés du jour au lendemain sans emploi.

Des évictions de masse qui ne furent justifiée par aucune raison précise. Une grande partie de l’opinion pense cependant que ces évictions "techniques" sont en fait politiques et qu’elles ciblent les magistrats les moins loyaux au parti au pouvoir actuellement (ndlr la Demokratska Stranka, membre de l’Internationale Socialiste). Le cas des juges serbes révoqués a non seulement fait l’objet d’un recours auprès de la Cour constitutionnelle de Serbie, déjà lourdement surchargée de travail par d’autres questions, mais il est aussi devenu un point d’intérêt à Strasbourg et à Bruxelles.

La concentration de pouvoir dans les mains du président actuel de la République de Serbie est une clé pour comprendre la sorte de démocratie promue dans notre pays.

En plus d’être le chef suprême de l’État, le président du conseil national de sécurité et le président du parti majoritaire dans le gouvernement, il nomme le gouverneur de la Banque nationale, il a son quota de juges affidés à la Cour constitutionnelle et il décide des piliers et stratégies de la politique étrangère. Les conseillers de son bureau sont nommés membres de divers organismes, notamment des conseils d’administration de grands médias de masse...

Le fossé séparant le peuple et le gouvernement n’a jamais été aussi profond qu’aujourd’hui.

Quel est le sens de la démocratie dans ces circonstances ? Qui a profité du changement « démocratique » et des « libérations » d’Octobre 2000 ? Les citoyens de Serbie ? Les ouvriers, les paysans, les intellectuels et les jeunes ?


Lepcf.fr : Quelle est la situation économique de la Serbie actuellement en terme de production industrielle, de chômage, de produit intérieur brut ?


ZJ : En Serbie, il y a aujourd’hui un million de chômeurs, 1.5 million de retraités, 0.5 millions de réfugiés et déplacés dont 200.000 Serbes déplacés du Kosovo et Métochie.

Les jeunes de 20 à 35 ans représentent environ 35 % de tous les chômeurs. Les estimations officielles prévoient une augmentation du nombre de chômeur de plus de 100 000. Nul besoin de mentionner ici les milliers de salariés qui reçoivent leurs salaires avec d’énormes retards de plusieurs mois voire plusieurs années.

La « fuite des cerveaux » vers les pays occidentaux se poursuit. La privatisation des entreprises appartenant à l’État et celles relevant de la propriété sociale menée avec des méthodes criminelles a produit une poignée de magnats énormément enrichis et a plongé les masses dans la misère.

Les fonds tirés de ces privatisations n’ont absolument pas aidé à restructurer et moderniser la société ; ils furent très peu investis dans l’emploi et l’investissement productif, mais essentiellement employés à combler le déficit public en les versant au budget de l’État.

Ainsi ce sont l’administration et les services publics qui ont englouti en quelques années une richesse économique accumulée par toutes les générations qui se sont succédées dans les 18e, 19e et 20e siècles.

La dette extérieure de la République fédérale de Yougoslavie (Serbie et Monténégro) en 2000 s’élevait environ à 11 milliards de dollars US. Aujourd’hui cette dette s’élève à environ 37 milliards de dollars pour la Serbie seule.

Une balance des paiements extrêmement négative pousse la Serbie vers un endettement encore plus profond. Aujourd’hui la production industrielle est plus faible qu’à la fin des années 80. La croissance du PIB, qui dans les années 1996, 1997, 1998 s’élevait à un taux régulier de 6 %, est attendue pour cette année à une valeur de 1,5 %.


Lepcf.fr : Un rapport de l’UNESCO publié à la fin des années 2000 soulignait la dégradation sévère des systèmes éducatifs de tous les pays ex-socialistes qui pour beaucoup ont été soumis dès les années 1990 à un traitement de choc néolibéral fatal pour leur système éducatif. Qu’en est-il de l’Éducation en Serbie depuis 2000 ?


ZJ : L’éducation, notamment supérieure, est devenue un privilège des riches. Le manque récurrent de moyens pour les universités d’État, d’une part, et la prolifération rapide des écoles privées et « universités », d’autre part, a entraîné une dégradation brutale de la qualité de l’éducation.

Dans le domaine culturel, la promotion de la littérature et l’enseignement de l’histoire nationale par exemple subissent une dépréciation notable, souvent accompagnée de tentatives de falsification manifestes.

La Culture se voit instrumentalisée dans ce qui semble être une volonté de la soumettre à des grilles de lecture étrangères.

L’enseignement de l’Histoire de la Serbie s’appuie de plus en plus, même à l’école publique, sur des manuels scolaires dont les auteurs sont allemands, américains ou d’autres nationalités.


Lepcf.fr : Est-ce que l’arrivée au pouvoir de la coalition DOS a permis de démocratiser le système de santé ?


ZJ : Les services de santé du secteur public et les médicaments sont aussi devenus très coûteux. Avec cette croissance du chômage et de la pauvreté, beaucoup de gens sont incapables de payer les soins de santé et les médicaments.

Hôpitaux et centres de réadaptation sont aujourd’hui sous-dimensionnés, les dispensaires de l’intérieur du pays qui fonctionnaient depuis plus de 30 ou 40 ans, sont fermés apparemment par manque d’argent.

Le pourcentage des patients souffrant du cancer et de maladies coronaires en Serbie est parmi les plus élevés en Europe. Il est connu que lors de l’agression de 1999, l’OTAN déversa des tonnes de munitions à l’uranium appauvri sur le Kosovo-Métochie et d’autres parties de la Serbie.

Il est maintenant notoire que de nombreux soldats italiens, portugais et espagnols et d’autres ressortissants des pays membres de l’OTAN ayant servi au Kosovo et Métochie eurent à subir les suites d’une exposition à ces munitions radioactives au point d’en décéder.

De nombreux parlements européens ont même été amenés à étudier ce problème allant jusqu’à demander une juste réparation et l’interdiction de la production, du stockage et de l’utilisation de munitions à l’uranium appauvri.

La Serbie est étrangement l’un des seuls pays d’Europe à être resté silencieux sur cette question. Pourquoi ?


Lepcf.fr : .Comment la situation au Kosovo pèse-t-elle sur les questions de politique intérieure en Serbie ?


ZJ : La majorité de l’opinion serbe estime que l’UE et les USA ont tout fait pour priver la Serbie de sa souveraineté légitime sur le Kosovo-Métochie dans le but de récompenser les Albanais, principalement des dirigeants de l’UCK, pour leur coopération pendant l’agression de 1999. Il en va de même concernant la stratégie d’élargissement de l’OTAN vers l’Est.

Le gouvernement ne cesse de répéter qu’il est prêt à négocier avec Pristina sur les questions concernant la vie quotidienne, en particulier la vie des Serbes restés dans la province, mais qu’il ne reconnaîtra jamais l’indépendance du Kosovo. En fait, « les relations de bon voisinage », y compris avec le Kosovo, sont des conditions préalables à l’adhésion à l’UE.

L’opposition affirme que le gouvernement évolue vers une reconnaissance de la sécession, si ce n’est formellement, du moins de facto. Cette affirmation n’est pas infondée.

Le mois dernier, seulement deux jours avant le vote à l’assemblée générale des Nations Unies, le gouvernement serbe a abandonné sa propre proposition de résolution sur le Kosovo-Métochie et a accepté la version dictée conjointement par l’UE et les États-Unis et que le secrétariat général de l’ONU avait adopté le 10 Septembre 2010.

Cette résolution ne fait référence ni à la résolution du Conseil de sécurité 1244 (1999) garantissant l’intégrité et la souveraineté territoriale de la Serbie, ni à l’illégalité d’une sécession unilatérale.

Ce texte demande uniquement l’établissement d’un dialogue entre Belgrade et Pristina, avec les bons services de l’UE. Naturellement les USA, l’UE et Pristina ont applaudi cette « attitude coopérative » de Belgrade et cette résolution qui, d’après leur interprétation, exclut toute discussion sur la question du statut de la Province.


"Le génie diabolique s’est échappé de la lampe à huile. Il n’y retournera pas à n’importe quel prix."


Le problème du Kosovo et Métochie est un vieux problème. Dans son essence, il n’a jamais été le problème de la violation des droits de l’homme des Albanais, mais plutôt celui de 15 % de territoire serbe que certains voulaient et veulent toujours intégrer à un projet de grande Albanie…

En dehors de la sécession unilatérale illégale de la province du Kosovo-Metohija (Mars 2008), des tendances séparatistes s’expriment ailleurs dans le pays (districts du sud de Presevo, Bujanovac, Medvedja, région de Raska, Voïvodine).

Nous en sommes toujours à observer les pleins effets de la sécession unilatérale du Kosovo et Métochie, non seulement en Serbie et dans les Balkans mais aussi en Europe et dans d’autres parties du monde. L’Europe occidentale n’est est pas à sa première erreur. Le génie diabolique s’est échappé de la lampe à huile. Il n’y retournera pas à n’importe quel prix.

L’Occident et principalement les États-Unis, la Grande-Bretagne et l’Allemagne ont financé et appuyé l’armement et l’entraînement des terroristes de l’UCK de 1997 à 1999. Aujourd’hui, ces mêmes pays qui ont formellement institué un gouvernement illégal sur 15 % du territoire de la République de Serbie et ont approuvé la création d’une armée d’anciens terroristes, exigent maintenant de la Serbie la reconnaissance de cette sécession comme une sorte de monnaie d’échange pour une admission dans l’UE.

L’ancien ambassadeur des USA à Zagreb, Budapest et Belgrade, William Montgomery reconnaît dans son dernier livre que l’agression de l’OTAN de 1999 était une erreur en raison du trop grand nombre de victimes civiles et parce que les Balkans continuent à être instables.

L’agression de l’OTAN n’a rien résolu, bien au contraire, elle a créé de nouveaux problèmes, elle a encouragé les séparatistes albanais en Macédoine, en Grèce et au Monténégro, ainsi que d’autres mouvements séparatistes en Europe et ailleurs dans le monde.

Le Kosovo, la Bosnie et la Macédoine sont autant de « patates chaudes » et de dossiers épineux que les USA souhaitent dès à présent transmettre à l’UE.


Lepcf.fr : En 2006, le gouvernement de la République de Serbie signa l’accord SOFA octroyant aux forces armées américaines présentes sur le territoire serbe, entre autres droits, un statut diplomatique. En 2007, le Ministre Draskovic, passa un accord permettant cette fois-ci le transit des forces de l’OTAN dans des termes qui furent en réalité ceux du protocole secret de Rambouillet présenté par Albright et refusé à juste titre par le Gouvernement dont vous faisiez partie. Est-ce que ces accords ne signifient pas en d’autres termes que la Serbie est devenue si ce n’est un membre objectif de l’OTAN du moins un candidat à long terme, ce malgré l’inscription en 2008 dans la constitution serbe du principe de neutralité ?


ZJ : À mon avis, la Serbie devrait être neutre et devrait poursuivre une politique étrangère équilibrée. De bonnes relations et des coopérations avec les pays voisins sont dans l’intérêt de la stabilité et du développement de la Serbie.

Des concessions exclusives aux États-Unis, tels que les accords auxquels vous faites allusion, dépouillent les mots de liberté, souveraineté et dignité de tout sens.


Lepcf.fr : Comment jugez vous alors la position du gouvernement serbe actuel qui a essayé en vain d’obtenir de la cours pénale internationale qu’elle se prononce sur la légalité de la déclaration d’indépendance du Kosovo qui viole semble-t-il les accords de Kumanovo incarnés par la résolution 1244 de l’ONU ?


ZJ : La Cour Internationale de Justice a seulement donné un avis formel concernant l’acte de déclaration en évitant de répondre à la question fondamentale suivante : est-ce que la sécession unilatérale d’une minorité nationale est en conformité avec le droit international, ou non ?

Dans ce cas particulier, la sécession des Albanais de Serbie est une violation flagrante non seulement des principes fondamentaux du droit international, mais aussi de la résolution du Conseil de sécurité 1244 (1999) de l’ONU garantissant la souveraineté et l’intégrité territoriale de la RFY, à savoir la Serbie.

À mon avis, la Serbie, tout en acceptant un dialogue sur certaines questions, devrait néanmoins défendre fermement le caractère durable de la résolution 1244 et demander sa mise en œuvre effective.

Le fait que les USA, la Grande-Bretagne et l’Allemagne, pour ne citer que ces quelques pays, aient exprimé un désaccord sur ce point, ne devrait pas faire capituler la Serbie. D’autant plus, qu’une telle position de la Serbie bénéficie d’un soutien continu d’une majorité des pays membres de l’ONU, dont la Russie et la Chine qui sont des membres permanents du Conseil de Sécurité de l’ONU.

Cette résolution du conseil de sécurité de l’ONU reste un acte juridique contraignant incontournable pour tous. Sa valeur juridique est supérieure à un avis consultatif émanant de la Cours Internationale de Justice ou de toute autre institution internationale.

Cette question territoriale ne doit pas être instrumentalisée dans les discussions entre l’UE et la Serbie à propos d’une éventuelle adhésion à l’UE.


Belgrade, novembre 2010.

(A écouter aussi cette autre interview de Zivadine Jovanovic réalisé par Michel Collon en mars 2009 :  http://www.youtube.com/watch?v=b3h72lJ07Rs )


Conversations with Fidel Castro: The Dangers of a Nuclear War


Conversations with Fidel Castro: The Dangers of a Nuclear War

By Fidel Castro Ruz and Michel Chossudovsky

Global Research, November 13, 2010

Introductory Note

From October 12 to 15, 2010, I had extensive and detailed discussions with Fidel Castro in Havana, pertaining to the dangers of nuclear war, the global economic crisis and the nature of the New World Order. These meetings resulted in a wide-ranging and fruitful interview.

The first part of this interview published by Global Research and Cuba Debate focuses on the dangers of nuclear war.

The World is at a dangerous crossroads. We have reached a critical turning point in our history.

This interview with Fidel Castro provides an understanding of the nature of modern warfare: Were a military operation to be launched against the Islamic Republic of Iran, the US and its allies would be unable to win a conventional war, with the possibility that this war could evolve towards a nuclear war.

The details of ongoing war preparations in relation to Iran have been withheld from the public eye.

How to confront the diabolical and absurd proposition put forth by the US administration that using tactical nuclear weapons against Iran will  "make the World a safer place"? 

A central concept put forth by Fidel Castro in the interview is the 'Battle of Ideas". The leader of the Cuban Revolution believes that only a far-reaching "Battle of Ideas" could  change the course of World history. The  objective is to prevent the unthinkable, a nuclear war which threatens to destroy life on earth.

The corporate media is involved in acts of camouflage. The devastating impacts of a nuclear war are either trivialized or not mentioned. Against this backdrop, Fidel's message to the World must be heard;  people across the land, nationally and internationally, should understand the gravity of the present situation and act forcefully at all levels of society to reverse the tide of war.

The "Battle of Ideas" is part of a revolutionary process. Against a barrage of media disinformation, Fidel Castro's resolve is to spread the word far and wide, to inform world public opinion, to "make the impossible possible", to thwart a military adventure which in the real sense of the word threatens the future of humanity.  

When a US sponsored nuclear war becomes an "instrument of peace", condoned and accepted by the World's institutions and the highest authority including the United Nations, there is no turning back: human society has indelibly been precipitated headlong onto the path of self-destruction.

Fidel's "Battle of Ideas" must be translated into a worldwide movement. People must mobilize against this diabolical military agenda.

This war can be prevented if people pressure their governments and elected representatives, organize at the local level in towns, villages and municipalities, spread the word, inform their fellow citizens regarding the implications of a thermonuclear war, initiate debate and discussion within the armed forces.

What is required is a mass movement of people which forcefully challenges the legitimacy of war, a global people's movement which criminalizes war. 

In his October 15 speech, Fidel Castro warned the World on the dangers of nuclear war:

"There would be “collateral damage”, as the American political and military leaders always affirm, to justify the deaths of innocent people. In a nuclear war the “collateral damage” would be the life of all humanity. Let us have the courage to proclaim that all nuclear or conventional weapons, everything that is used to make war, must disappear!"

The "Battle of Ideas" consists in confronting the war criminals in high office, in breaking the US-led consensus in favor of a global war, in changing the mindset of hundreds of millions of people, in abolishing nuclear weapons.  In essence, the "Battle of Ideas" consists in restoring the truth and establishing the foundations of World peace.


Michel Chossudovsky, Global Research, Centre for Research on Globalization (CRG),

Montreal, Remembrance Day, November 11, 2010. 



“The conventional war would be lost by the US and the nuclear war is no alternative for anyone.  On the other hand, nuclear war would inevitably become global”
 
“I think nobody on Earth wishes the human species to disappear.  And that is the reason why I am of the opinion that what should disappear are not just nuclear weapons, but also conventional weapons.  We must provide a guarantee for peace to all peoples without distinction
 
“In a nuclear war the collateral damage would be the life of humankind.  Let us have the courage to proclaim that all nuclear or conventional weapons, everything that is used to make war, must disappear!”
 
“It is about demanding that the world is not led into a nuclear catastrophe, it is to preserve life.” 

Fidel Castro Ruz, Havana, October 2010.




CONVERSATIONS




Professor Michel Chossudovsky
: I am very honored to have this opportunity to exchange views concerning several fundamental issues affecting human society as a whole. I think that the notion that you have raised in your recent texts regarding the threat against Homo sapiens is fundamental.

What is that threat, the risk of a nuclear war and the threat to human beings, to Homo sapiens?

Commander in Chief Fidel Castro Ruz: Since quite a long time –years I would say- but especially for some months now, I began to worry about the imminence of a dangerous and probable war that could very rapidly evolve towards a nuclear war.

Before that I had concentrated all my efforts on the analysis of the capitalist system in general and the methods that the imperial tyranny has imposed on humanity.  The United States applies to the world the violation of the most fundamental rights.

During the Cold War, no one spoke about war or nuclear weapons; people talked about an apparent peace, that is, between the USSR and the United States, the famous MAD (Mutual Assured Destruction) was guaranteed.  It seemed that the world was going to enjoy the delights of a peace that would last for an unlimited time.






Michel Chossudovsky
: … This notion of “mutual assured destruction” ended with the Cold War and after that the nuclear doctrine was redefined, because we never really thought about a nuclear war during the Cold War.  Well, obviously, there was a danger –as even Robert McNamara said at some point in time.

But, after the Cold War, particularly after September 11 [2001],  America's nuclear doctrine started to be redefined.

Fidel Castro Ruz: You asked me when was it that we became aware of the imminent risk of a nuclear war, and that dates back to the period I talked to you about previously, barely six months ago.  One of the things that called our attention the most regarding such a war danger was the sinking of the Cheonan during a military maneuver. That was the flagship of the South Korean Navy; an extremely sophisticated vessel.  It was at the time when we found on GlobalReasearch the journalist’s report that offered a clear and truly coherent information about the sinking of the Cheonan, which could not have been the work of a submarine that had been manufactured by the USSR more than sixty years ago, using an outdated technology which did not require the sophisticated equipment that could be detected by the Cheonan, during a joint maneuver with the most modern US vessels. 

The provocation against the Democratic Republic of Korea added up to our own earlier concerns about an aggression against Iran.  We had been closely following the political process in that country. We knew perfectly well what happened there during the 1950s, when Iran nationalized the assets of the British Petroleum in that country- which at the time was called the Anglo Persian Oil Company.

In my opinion, the threats against Iran became imminent in June [2001], after the adoption of Resolution 1929 on the 9th of June, 2010, when the United Nations Security Council condemned Iran for the research it is carrying out and the production of small amounts of 20 per cent enriched uranium, and accused it of being a threat to the world.  The position adopted by each and every member of the Security Council is known: 12 member States voted in favor –five of them had the right to veto; one of them abstained and 2 –Brazil and Turkey- voted against. Shortly after the Resolution was adopted --the most aggressive resolution of of them all-- one US aircraft carrier, embedded in a combat unit, plus a nuclear submarine, went through the Suez Canal with the help of the Egyptian government.  Naval units from Israel joined, heading for the Persian Gulf and the seas nearby Iran.

The sanctions imposed by the United States and its NATO allies against Iran was absolutely abusive and unjust.  I cannot understand the reason why Russia and China did not veto the dangerous Resolution 1929 of the United Nations Security Council.  In my opinion this has complicated the political situation terribly and has placed the world on the brink of war.

I remember previous  Israeli attacks against the Arab nuclear research centers.  They first attacked and destroyed the one in Iraq in June 1981.  They did not ask for anyone’s permission, they did not talk to anybody; they just attacked them and the Iraqis had to endure the strikes.

In 2007 they repeated that same operation against a research center that was being built by Syria.  There is something in that episode that I really don’t quite understand:  what was not clear to me were the underlying tactics, or the reasons why Syria did not denounce the Israeli attack against that research center where, undoubtedly, they were doing something, they were working on something for which, as it is known, they were receiving some cooperation from North Korea.  That was something legal; they did not commit any violation.

I am saying this here and I am being very honest: I don’t understand why this was not denounced, because, in my opinion, that would have been important. Those are two very important antecedents.

I believe there are many reasons to think that they will try to do the same against Iran:  destroy its research centers or the power generation centers of that country.  As is known, the power generation uranium residues are the raw material to produce plutonium.





Michel Chossudovsky
:  It is true that that Security Council Resolution has to some extent contributed to cancelling the program of military cooperation that Russia and China have with Iran, especially Russia cooperates with Iran in the context of the Air Defence System by supplying its S-300 System.

I remember that just after the Security Council’s decision, with the endorsement of China and Russia, the Russian minister of  Foreign Affairs said: “Well, we have approved the Resolution but that is not going to invalidate our military cooperation with Iran”. That was in June.  But a few months later, Moscow confirmed that military cooperation [with Iran] was going to be frozen, so now Iran is facing a very serious situation, because it needs Russian technology to maintain its security, namely its [S-300] air defence system.

But I think that all the threats against Russia and China are intent upon preventing the two countries from getting involved in the Iran issue. In other words, if there is a war with Iran  the other powers, which are China and Russia, aren’t going to intervene in any way; they will be freezing their military cooperation with Iran and therefore this is a way [for the US and NATO] of extending their war in the Middle East without there being a confrontation with China and Russia  and I think that this more or less is the scenario right now.

There are many types of threats directed against Russia and China. The fact that China’s borders are militarized –China’s South Sea, the Yellow Sea, the border with Afghanistan, and also the Straits of Taiwan- it is in some way a threat to dissuade China and Russia from playing the role of powers in world geopolitics, thus paving the way and even creating consensus in favour of a war with Iran which is happening under conditions where Iran’s  air defence system is being weakened.   [With the freeze of its military cooperation agreement with Russia] Iran is a “sitting duck” from the point of view of its ability to defend itself using its air defence system.

Fidel Castro Ruz:  In my modest and serene opinion  that resolution should have been vetoed.  Because, in my opinion, everything has become more complicated in several ways.

Militarily, because of what you are explaining regarding, for example, the commitment that existed and the contract that had been signed to supply Iran the S-300, which are very efficient anti-aircraft weapons in the first place. 

There are other things regarding fuel supplies, which are very important for China, because China is the country with the highest economic growth.  Its growing economy generates greater demand for oil and gas.  Even though there are agreements with Russia for oil and gas supplies, they are also developing wind energy and other forms of renewable energy. They have enormous coal reserves;  nuclear energy will not increase much, only 5% for many years. In other words, the need for gas and oil in the Chinese economy is huge, and I cannot imagine, really, how they will be able to get all that energy, and at what price, if the country where they have important investments is destroyed by the US.  But the worst risk is the very nature of that war in Iran.  Iran is a Muslim country that has millions of trained combatants who are strongly motivated.

There are tens of millions of people who are under [military] orders,  they are being politically educated and trained, men and women alike.  There are millions of combatants trained and determined to die.  These are people who will not be intimidated and who cannot be forced to changing [their behavior]. On the other hand, there are the Afghans –they are being murdered by US drones –there are the Pakistanis, the Iraqis, who have seen one to two million compatriots die as a result of the antiterrorist war invented by Bush.  You cannot win a war against the Muslim world; that is sheer madness.  

Michel Chossudovsky:  But it’s true, their conventional forces are very largeIran can mobilize in a single day several million troops and they are on the border with Afghanistan and Iraq, and even if there is a blitzkrieg war, the US cannot avoid a conventional war that is waged very close to its military bases in that region.

Fidel Castro Ruz: But the fact is that the US would lose that conventional war. The problem is that nobody can win a conventional war against millions of people; they would not concentrate their forces in large numbers in a single location for the Americans to kill them.

Well, I was a guerrilla fighter and I recall that I had to think seriously about how to use the forces we had and I would never have made the mistake of concentrating those forces in a single location, because the more concentrated the forces, the greater the casualties caused by weapons of mass destruction….


From left to right: Michel Chossudovsky, Randy Alonso Falcon, Fidel Castro Ruz

Michel Chossudovsky
: As you mentioned previously, a matter of utmost importance: China and Russia’s decision in the Security Council, their support of Resolution 1929, is in fact harmful to them because, first, Russia cannot export weapons, thus its main source of income is now frozen.  Iran was one of the main customers or buyers of Russian weapons, and that was an important source of hard currency earnings which supported Russia`s consumer goods economy thereby covering the needs of the population. 

And, on the other hand China requires access to sources of energy as you mentioned. The fact that China and Russia have accepted the consensus in the UN Security Council, is tantamount to saying: “We accept that you kill our economy and, in some ways, our commercial agreements with a third country”.  That’s very serious because it [the UNSC Resolution] not only does harm to Iran; is also harms those two countries, and I suppose –even though I am not a politician –that there must be tremendous divisions within the leadership, both in Russia and in China, for that to happen, for Russia to accept not to use its veto power in the Security Council.

I spoke with Russian journalists, who told me that there wasn’t exactly a consensus within the government per se; it was a guideline.  But there are people in the government with a different point of view regarding the interests of Russia and its stance in the UN Security Council.  How do you see this?

Fidel Castro Ruz: How do I see the general situation? The alternative in Iran –let me put it this way –the conventional war would be lost by the US and the nuclear war is not an alternative for anyone. 

On the other hand, nuclear war would inevitably become global.  Thus the danger in my opinion exists with the current situation in Iran, bearing in mind the reasons you are presenting and many other facts; which brings me to the conclusion that the war would end up being a nuclear war.


Filming of Fidel's message on October 15. From left to right: Fidel Castro, TV crew, Michel Chossudovsky, Randy Alonso Falcon

Michel Chossudovsky
: In other words, since the US and its allies are unable to win the conventional war, they are going to use nuclear weapons, but that too would be a war they couldn’t win, because we are going to lose everything.

Fidel Castro Ruz: Everyone would be losing that war; that would be a war that everyone would lose. What would Russia gain if a nuclear war were unleashed over there? What would China gain?  What kind of war would that be? How would the world react? What effect would it have on the world economy? You explained it at the university when you spoke about the centralized defence system designed by the Pentagon.  It sounds like science fiction; it doesn’t even remotely resemble the last world war.  The other thing which is also very important is the attempt [by the Pentagon] to transform nuclear weapons into conventional tactical weapons. 

Today, October 13th, I was reading about the same thing in a news dispatch stating that the citizens of Hiroshima and Nagasaki were drawing up strong protests about the fact that the US had just carried out subcritical nuclear tests.  They’re called subcritical, which means the use of the nuclear weapon without deploying all the energy that might be achieved with the critical mass. 

It reads:  “Indignation in Hiroshima and Nagasaki because of a United States nuclear test.”… 

 “The Japanese cities of Hiroshima and Nagasaki that suffered a nuclear attack at the end of WW II, deplored today the nuclear test carried out by the US on September last, called sub critical because it does not unleash chain nuclear reactions. 

“The test, the first of this kind in that country since 2006, took place on September 15th somewhere in Nevada, United States.  It was officially confirmed by the Department of Energy of that country, the Japan Times informed.”

What did that newspaper say? 

“I deeply deplore it because I was hoping that President Barack Obama would take on the leadership in eliminating nuclear weapons”, the governor of Nagasaki, Hodo Nakamura, stated today at a press conference.

A series of news items related to that follows. 

“The test has also caused several protests among the citizens of Hiroshima and Nagasaki, including several survivors of the atomic bombs attacks that devastated both cities in August of 1945.

“We cannot tolerate any action of the United States that betrays President Barack Obama’s promise of moving forward to a world without nuclear arms, said Yukio Yoshioka, the deputy director of the Council for the Victims of the Hiroshima Atomic Bomb.

“The government stated that it has no intention of protesting.”  It relegates the protest to a social level and then said: “With this, the number of subcritical nuclear tests made by the United States reaches the figure of 26, since July 1997 when the first of them took place.”

Now it says: 

“Washington considers that these tests do not violate the Comprehensive Nuclear Test Ban Treaty (CTBT) since they do not unleash any chain reactions, and therefore do not release any nuclear energy, and so they can be considered to be laboratory tests.”

The US says that it has to make these tests because they are necessary to maintain the “security of its nuclear arsenal”, which is the same as saying: since we have these great nuclear arsenals, we are doing this in order to ensure our security.  

Michel Chossudovsky:  Let us return to the issue of the threat against Iran, because you said that the US and its allies could not win a conventional war.  That is true; but nuclear weapons could be used as an alternative to conventional warfare, and this evidently is a threat against humanity, as you have emphasized in your writings. 

The reason for my concern is that after the Cold War the idea of nuclear weapons with a humanitarian face was developed, saying that those weapons were not really dangerous, that they do not harm civilians, and in some way the nuclear weapons label was changed.  Therefore, according to their criteria, [tactical] nuclear weapons are no different from conventional weapons, and now in the military manuals they say that tactical nuclear weapons are weapons that pose no harm to civilians. 

Therefore, we might have a situation in which those who decide to attack Iran with a nuclear weapon would not be aware of the consequences that this might have for the Middle East, central Asia, but also for humanity as a whole, because they are going to say: “Well, according to our criteria, these [tactical] nuclear weapons [safe for civilians] are different from those deployed during the Cold War and so, we can use them against Iran as a weapon which does not [affect civilians and] does not threaten global security.”  

How do you view that?  It’s extremely dangerous, because they themselves believe their own propaganda.  It is internal propaganda within the armed forces, within the political apparatus.

When tactical nuclear weapons were recategorized in 2002-2003, Senator Edward Kennedy said at that time that it was a way of blurring the boundary between conventional and nuclear weapons. 

But that’s where we are today; we are in an era where nuclear weapons are considered to be no different from the Kalashnikov. I’m exaggerating, but somehow nuclear weapons are now part of the tool box –that’s the word they use, “tool box” –and from there you choose the type of weapon you are going to use, so the nuclear weapon could be used in the conventional war theatre, leading us to the unthinkable, a nuclear war scenario on a regional level, but also with repercussions at the global level.

Fidel Castro Ruz: I heard what you said on the Round Table [Cuban TV] program about such weapons, presumably harmless to people living in the vicinity of the areas where they are to be targeted,  the power [explosive yield] could range from one-third of the one that was used in Hiroshima up to six times the power [explosive yield] of that weapon, and today we know perfectly well the terrible damage it causes.  One single bomb instantly killed 100,000 people.  Just imagine a bomb having six times the power of that one [Hiroshima bomb], or two times that power, or an equivalent power, or 30 per cent that power.  It is absurd. 

There is also what you explained at the university about the attempt to present it as a humanitarian weapon that could also be available to the troops in the theatre of operations.  So at any given moment any commander in the theatre of operations could be authorized to use that weapon as one that was more efficient than other weapons, something that would be considered his duty according to military doctrine and the training he/she received at the military academies.   

Michel Chossudovsky:  In that sense, I don’t think that this nuclear weapon would be used without the approval, let’s say, of the Pentagon, namely  its centralised command structures [e.g. Strategic Command]; but I do think that it could be used without the approval of the President of the United States and Commander in Chief.  In other words, it isn’t quite the same logic as that which prevailed during the Cold War where there was the Red Telephone and...

Fidel Castro Ruz: I understand, Professor, what you are saying regarding the use of that weapon as authorized by the senior levels of the Pentagon, and it seems right to me that you should make that clarification so that you won’t be blamed for exaggerating the dangers of that weapon.

But look, after one has learned about the antagonisms and arguments between the Pentagon and the President of the United States, there are really not too many doubts about what the Pentagon decision would be if the chief of the theatre of operations  requests to use that weapon because he feels it is necessary or indispensable. 

Michel Chossudovsky: There is also another element.  The deployment of tactical nuclear weapons now, as far as I know, is being undertaken by several European countries which belong to NATO.  This is the case of Belgium, Holland, Turkey, Italy and Germany.  Thus, there are plenty of these little nuclear bombs very close to the theatre of war, and on the other hand we also have Israel.

Now then, I don’t think that Israel is going to start a war on its own; that would be impossible in terms of strategy and decision-making.  In modern warfare, with the centralization of communications, logistics and everything else, starting a major war would be a centralized decision.  However, Israel might act if the US gives Israel the green light to launch the first attack.  That’s within the realm of possibilities, even though there are some analysts who now say that the war on Iran will start in Lebanon and Syria with a conventional border war, and then that would provide the pretext for an escalation in military operations.

Fidel Castro Ruz: Yesterday, October 13th, a crowd of people welcomed Ahmadinejad in Lebanon like a national hero of that country.  I was reading a cable about that this morning.

Besides, we also know about Israel’s concerns regarding that, given the fact that the Lebanese are people with a great fighting spirit who have three times the number of reactive missiles they had in the former conflict with Israel and Lebanon, which was a great concern for Israel because they need –as the Israeli technicians have asserted – the air force to confront that weapon.  And so, they state, they could only be attacking Iran for a number of hours, not three days, because they should be paying attention to such a danger.  That’s the reason why, from these viewpoints, every day that goes by they are more concerned, because those weapons are part of the Iranian arsenal of conventional weapons. For example, among their conventional weapons, they have hundreds of rocket launchers to fight surface warships in that area of the Caspian Sea.  We know that, from the time of the Falklands war, a surface warship can dodge one, two or three rockets.  But imagine how a large warship can protect itself against a shower of weapons of that kind.  Those are rapid vessels operated by well-trained people, because the Iranians have been training people for 30 years now and they have developed efficient conventional weapons. 

You yourself know that, and you know what happened during the last World War, before the emergence of nuclear weapons.  Fifty million people died as a result of the destructive power of conventional weaponry. 

A war today is not like the war that was waged in the nineteenth century, before the appearance of nuclear weapons.  And wars were already highly destructive.  Nuclear arms appeared at the very last minute, because Truman wanted to use them.  He wanted to test the Hiroshima bomb, creating the critical mass from uranium, and the other one in Nagasaki, which created a critical mass from plutonium.  The two bombs killed around 100,000 persons immediately.  We don’t know how many were wounded and affected by radiation, who died later on or suffered for long years from these effects. Besides, a nuclear war would create a nuclear winter. 

I am talking to you about the dangers of a war, considering  the immediate damage it might cause.  It would be enough if we only had a limited number of them, the amount of weapons owned by one of the least mighty [nuclear] powers, India or Pakistan.  Their explosion would be sufficient to create a nuclear winter from which no human being would survive.  That would be impossible, since it would last for 8 to 10 years.  In a matter of weeks the sunlight would no longer be visible.  

Mankind is less than 200,000 years old.  So far everything was normalcy.  The laws of nature were being fulfilled; the laws of life developed on planet Earth for more than 3 billion years.  Men, the Homo sapiens, the intelligent beings did not exist after 8 tenths of a million years had elapsed, according to all studies.  Two hundred years ago, everything was virtually unknown.  Today we know the laws governing the evolution of the species.  Scientists, theologians, even the most devout religious people who initially echoed the campaign launched by the great ecclesiastical institutions against the Darwinian Theory, today accept the laws of evolution as real, without it preventing their sincere practice of their religious beliefs where, quite often, people find comfort for their most heartfelt hardships.

I think nobody on Earth wishes the human species to disappear.  And that is the reason why I am of the opinion that what should disappear are not just nuclear weapons, but also conventional weapons.  We must provide a guarantee for peace to all peoples without distinction, to the Iranians as well as the Israelis.  Natural resources should be distributed.  They should!  I don’t mean they will, or that it would be easy to do it.  But there would be no other alternative for humanity, in a world of limited dimensions and resources, even if all the scientific potential to create renewable sources of energy is developed. We are almost 7 billion inhabitants, and so we need to implement a demographic policy.  We need many things, and when you put them all together and you ask yourself the following question:  will human beings be capable of understanding that and overcome all those difficulties? You realize that only enthusiasm can truly lead a person to say that he or she will confront and easily resolve a problem of such proportions. 

Michel Chossudovsky:  What you have just said is extremely important, when you spoke of Truman.  Truman said that Hiroshima was a military base and that there would be no harm to civilians.

This notion of collateral damage; reflects continuity in [America’s] nuclear doctrine ever since the year 1945 up until today.  That is, not at the level of reality but at the level of [military] doctrine and propaganda.  I mean, in 1945 it was said: Let’s save humanity by killing 100,000 people and deny the fact that Hiroshima was a populated city, namely that it was a military base.  But nowadays the falsehoods have become much more sophisticated, more widespread, and nuclear weapons are more advanced.  So, we are dealing with the future of humanity and the threat of a nuclear war at a global level. The lies and fiction underlying [US] political and military discourse would lead us to a Worldwide catastrophe in which politicians would be unable to make head or tails of their own lies.  

Then, you said that intelligent human beings have existed for 200,000 years, but that same intelligence, which has now been incorporated in various institutions, namely the media, the intelligence services, the United Nations, happens to be what is now going to destroy us.  Because we believe our own lies, which leads us towards nuclear war, without realizing that this would be the last war, as Einstein clearly stated. A nuclear war cannot ensure the continuation of humanity; it is a threat against the world. 

Fidel Castro Ruz: Those are very good words, Professor.  The collateral damage, in this case, could be humanity. 

War is a crime and there is no need for any new law to describe it as such, because since Nuremberg, war has already been considered a crime, the biggest crime against humanity and peace, and the most horrible of all crimes.

Michel Chossudovsky.-  The Nuremberg texts clearly state: “War is a criminal act, it is the ultimate act of war against peace.” This part of the Nuremberg texts is often quoted. After the Second World War, the Allies wanted to use it against the conquered, and I am not saying that this is not valid, but the crimes that they committed, including the crimes committed against Germany and Japan, are never mentioned.  With a nuclear weapon, in the case of Japan.

Michel Chossudovsky.-  It is an extremely important issue for me and if we are talking about a "counter-alliance for peace", the criminalization of war seems to me to be a fundamental aspect. I’m talking about the abolition of war; it is a criminal act that must be eliminated.

Fidel Castro Ruz -  Well, who would judge the main criminals?

Michel Chossudovsky.- The problem is that they also control the judicial system and the courts, so the judges are criminals as well. What can we do?

Fidel Castro Ruz   I say that this is part of the Battle of Ideas.

It is about demanding that the world not be spearheaded into a nuclear catastrophe, it is to preserve life. 

We do not know, but we presume that if man becomes aware of his own existence, that of his people, that of his loved ones, even the U.S. military leaders would be aware of the outcome; although they are taught in life to follow
 orders, not infrequently genocide, as in the use of tactical or strategic nuclear weapons, because that is what they were taught in the [military] academies.
     

As all of this is sheer madness, no politician is exempt from the duty of conveying these truths to the people. One must believe in them, otherwise there would be nothing to fight for.        

Michel Chossudovsky
(Message over 64 KB, truncated)



Da: Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr @ alice.it>

Oggetto: Comunicato Stampa.  NO  a via 'martiri delle foibe' , SI a una via ai partigiani italiani all'estero

Data: 17 novembre 2010 22.52.09 GMT+01.00


NO  all’intitolazione di una via di Parma ai “martiri delle foibe”
SI    all’intitolazione di una via di Parma ai partigiani italiani all’estero
 
Il Comune di Parma, con la riunione di lunedì 15 novembre ‘10 della Commissione Toponomastica presieduta dall’assessore Fecci, ha deciso l’intitolazione di una via della città ai cosiddetti “martiri delle foibe”.
Esprimiamo la nostra netta contrarietà di democratici antifascisti di Parma a questa scelta.
Vittime delle foibe, al confine nordorientale dell’Italia con l’allora Jugoslavia, sono stati nel settembre-ottobre 1943 e nel maggio 1945 alcune centinaia di italiani in gran parte militari, capi fascisti, dirigenti e funzionari dell’amministrazione dell’Italia occupante  la Jugoslavia , collaborazionisti. Si è trattato nel complesso di circa seicento vittime (escludendo dispersi e fucilati in guerra, deportati e morti in campi di concentramento, ecc.) per mano di partigiani jugoslavi, conseguenza dell’odio popolare e della rivolta nei confronti dell’Italia fascista che aveva dagli anni ’20 sottomesso e oppresso le popolazioni slave delle zone di confine e poi aggredito militarmente e occupato interi territori della Jugoslavia fino a fare della slovena Lubiana una provincia d’Italia.
Dalla foiba di Basovizza, assunta a simbolo di tutte le foibe, sono state rinvenute le spoglie di una decina di uomini soltanto, e tutti militari tedeschi.
Riportiamo alcuni nominativi di italiani  riconosciuti  quali “martiri delle foibe”.
Cossetto Giuseppe, infoibato nel ’43 a Treghelizza, possidente, segretario del fascio a S. Domenica di Visinadacapomanipolo MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già squadrista sciarpa Littorio;
-  Morassi Giovanni, arrestato a Gorizia nel maggio ’45 e scomparso, Vicepodestà e Presidente della Provincia di Gorizia;
Muiesan Domenico, ucciso nel ’45 a Trieste, irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, squadrista delle squadre d’azione a Pirano;
- Nardini Mario, ucciso nel ’45 a Trieste, capitano della MDT (Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già XI Legione MACA (milizia fascista speciale di artiglieria controaerei);
- Patti Egidio, ucciso nel ’45, pare infoibato presso Opicina, vicebrigadiere del 2° Reggimento MDT, già MVSN, GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), squadrista;
- Polonio Balbi Michele, scomparso a Fiume il 3 maggio ’45, sottocapo manipolo del 3° Reggimento MDT;
- Ponzo Mario, morto nel ‘45 in prigionia, colonnello del Genio Navale, poi inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà del Comitato di Liberazione Nazionale (antifascista) di Trieste, arrestato per spionaggio sul movimento partigiano jugoslavo in favore del fascista Ispettorato Speciale di PS (Pubblica Sicurezza, sottoposta direttamente ai tedeschi);
Sorrentino Vincenzo, arrestato nel maggio ’45 a Trieste, condannato a morte da tribunale jugoslavo e fucilato nel ’47, ultimo prefetto di Zara italiana, membro del Tribunale Speciale della Dalmazia che comminava condanne a morte con eccessiva facilità secondo gli stessi comandanti militari italiani (“girava per  la Dalmazia , e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite”).
E’ assolutamente grave, mistificatorio, e inaccettabile che persone come queste, fascisti e criminali fascisti, vengano ricordate definendole “martiri” e attribuendo loro riconoscimenti come l’intitolazione di una via cittadina.
Chiediamo alla Giunta Comunale di Parma città delle Barricate antifasciste del ’22 e medaglia d’oro della Resistenza di desistere dal proposito di realizzare “via martiri delle foibe”.
Chiediamo al Comune di Parma di dedicare una via ai quarantamila soldati italiani che l’indomani dell’8 settembre ’43 si unirono alla Resistenza jugoslava e combatterono insieme con l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, la metà di loro dando la vita in quell’epica lotta nei Balcani, per
la liberazione  dal nazifascismo e il riscatto dell’Italia dell’onta in cui il fascismo l’aveva gettata.

COMITATO ANTIFASCISTA  E  PER  LA MEMORIA STORICA  – PARMA



Sul libro di Alessandro Di Meo si veda anche: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/urlokosovo.htm

Da: Alessandro Di Meo 
Data: 15 novembre 2010 10.58.42 GMT+01.00
Oggetto: L'Urlo del Kosovo a Roma

Venerdì sera, 19 novembre, dalle ore 21,30, presso il laboratorio Fusolab in via G. Pitacco 29 a Roma, presentazione del libro e del documentario: L'Urlo del Kosovo
(vedi anche: http://www.unponteper.it/bottega/description.php?II=315&UID=20101115104640 ).

Parole, suoni, emozioni ma anche allegria e... rakija per tutti!
alessandro

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            visita: http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com/

               "Deve esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
                      dove non soffriremo e tutto sarà giusto...
"
                             (francesco guccini - cyrano)

Un ponte per... associazione di volontariato per la solidarietà internazionale
                        Piazza Vittorio Emanuele II, 132 - 00185 - Roma
    tel 06-44702906  e-mail:
posta@... web: www.unponteper.it



(srpskohrvatski/italiano)

Lo scorso 7 novembre si è tenuto a Belgrado un incontro dei Partiti comunisti e operai di tutte le repubbliche jugoslave. In merito diffondiamo il seguente rapporto di Vladimir Kapuralin, responsabile per le relazioni internazionali del Partito Socialista Operaio (SRP) di Croazia. 

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I Z V J E Š T A J

SA SAVJETOVANJA KOMUNISTIČKIH I RADNIČKIH PARTIJA SA NEKADAŠNJEG JUGOSLAVENSKOG PROSTORA

Na osnovu inicijative pokrenute 19. aprila 2009. godine, prilikom obilježavanja 90-e godišnjice osnivanja KPJ, o potrebi iznalaženja modela suradnje KP i RP nekadašnjih Jugoslavenskih republika, u Beogradu je u hotelu «Slavija» u nedelju 7. novembra o.g. održano prvo savjetovanje komunističkih i radničkih partija sa područja nekadašnje zajedničke države. Savjetovanju su se odazvali delegati iz Saveza Komunista BiH, Socijalističke Radničke Partije iz Hrvatske, Jugoslavenske Komunističke Partije Crne Gore, Komunističke Partije Makedonije i domaćina Komunista Srbije. Delegacije svih partija predvodili su njihovi predsjednici. Savjetovanju se nisu odazvali predstavnici komunističkih organizacija Slovenije, kao ni predstavnici Nove Komunističke Partije Jugoslavije iz Srbije. Za datum savjetovanja odabran je početak Velike Oktobarske Socijalističke Revolucije, kao vječite inspiracije i nezaobilaznog činioca, čija su iskustva, dosezi i poruke odigrali ključnu ulogu u formiranju klasne svijesti ugnjetavanih na početku XX st, osnivanju komunističkih i radničkih partija, pokretanju revolucija i oslobodilačkih gibanja u svijetu.
Ključni rezultat sastanka je osnivanje Koordinacionog Odbora, kojeg čine po dva predstavnika svake od prisutnih partija, uz otvorenu mogućnost pristupa novopridošlih članica. Mandat odbora traje dvije godine, koliko traje i njegovo sjedište, nakon čega prelazi u drugu republiku premaa dogovoru na osnovu konsenzusa. Za sjedište Koordinacionog Odbora u prvom mandatu određen je Beograd. Predviđeno je da se KO sastaje redovito dva puta godišnje, a odluke će se donositi konsenzusom.
Postignut je sporazum o izmjeni i protoku informacija i iskustava, sa ciljem bolje prepoznatljivosti na javnoj sceni što bi doprinjelo efikasnijoj artikulaciji vrijednosti rada, koje su potpuno napuštene od strane građanskih partija, nakon secesije 90-ih.
Dogovoren je koordinirani nastup na međunarodnim komunističkim, sindikalnim i mirovnim skupovima.
Iako se ona odvija unutar kapitalističkih okvira, delegati podržavaju širenje suradnje između novonastalih država na svim područjima ljudske djelatnosti, kako bi se ublažile traumatološke posljedice secesionističkih ratova u Jugoslaviji.
Delegati su položili vijenac na počivalište maršala Josipa Broza Tita u «kući cvijeća» i na spmenobilježje gdje je pred 91 godinu osnovana Komunistička partija Jugoslavije.
Delegati su izrazili žaljenje, što se na savjetovanje nisu odazvali predstavnici Nove Komunističke Partije Jugoslavije iz Srbije, a nastaviti će se kontakti radi uspostavljanja funkcionalne veze sa komunističkim organizacijama Slovenije.

10. XI 2010.
Kapuralin Vladimir
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Relazione
sull'incontro tra i partiti comunisti e operai dei territori ex-jugoslavi

In base all'iniziativa lanciata il 19 aprile 2009, nel 90° anniversario del KPJ (Partito Comunista Jugoslavo), vista la necessità di trovare modalità di cooperazione tra i partiti comunisti ed operai delle ex repubbliche jugoslave, a Belgrado nell'hotel "Slavija", domenica 7 novembre u.s. si è tenuta la prima consultazione tra i partiti comunisti e operai dei territori dell'ex Stato unitario.
Al convegno hanno partecipato delegati della Lega dei Comunisti della Bosnia-Erzegovina, del Partito Socialista Operaio della Croazia, del Partito comunista jugoslavo del Montenegro, del Partito Comunista della Macedonia nonché gli ospitanti Comunisti di Serbia. Le delegazione di tutte le parti sono state guidate dai loro presidenti. Al convegno non hanno preso parte rappresentanti delle organizzazioni comuniste di Slovenia, ne' i rappresentanti del Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia (NKPJ) della Serbia.
Per la consultazione è stata scelta la data d'inizio della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, come ispirazione eterna e fattore inevitabile, le cui esperienze, realizzazioni e messaggi giocarono un ruolo chiave nella formazione della coscienza di classe degli oppressi, all'inizio del ventesimo secolo, e la creazione di partiti comunisti e operai, iniziando un movimento rivoluzionario e di liberazione nel mondo.
Un risultato fondamentale dell'incontro è stato l'istituzione del Comitato di Coordinamento, composto da due rappresentanti di ciascuna delle parti partecipanti, con la possibile apertura a nuovi associati. Il mandato del Comitato dura due anni, tempo in cui resterà insediato in una certa sede, dopo di che si sposterà in una diversa repubblica con un accordo preventivo su una base consensuale.
La sede del Comitato di coordinamento inizialmente sarà Belgrado. Si prevede che il Comitato si riunirà regolarmente due volte l'anno; ogni decisione sarà presa consensualmente.
E' stato raggiunto un accordo sulle modifiche al flusso di informazioni ed esperienze, con l'obiettivo di un migliore visibilità nella sfera pubblica che possa contribuire a una più efficace articolazione del lavoro sulla base di quei valori, che sono stati completamente abbandonati dai partiti borghesi dopo la secessione degli anni '90.
È stato concordato di partecipare in maniera coordinata ai raduni internazionali comunisti, sindacali e pacifisti. Malgrado essa si svolga in una cornice capitalistica, i delegati sostengono l'espansione della cooperazione tra i nuovi Stati in tutti i campi dell'attività umana, allo scopo di mitigare gli effetti delle traumatiche guerre di secessione dalla Jugoslavia.
I delegati hanno deposto una corona di fiori sulla tomba del maresciallo Josip Broz Tito, nella "casa dei fiori" e sul luogo commemorativo dove 91 anni fa fu costituito Partito Comunista della Jugoslavia. 
I delegati hanno espresso il loro rammarico che all'appello non abbiano risposto i rappresentanti del NKPJ di Serbia, mentre si continueranno a mantenere i contatti per stabilire un rapporto funzionale con le organizzazioni comuniste della Slovenia.

10. XI 2010.
Kapuralin Vladimir
traduzione a cura di Dario (CU-FVG) e Ivan (CNJ-onlus)



NIENTE SARA' PERDONATO


Con "Perdonatemi la Jugosfera", Tim Judah compie tripli salti mortali pur di non chiamare la Jugoslavia con il suo nome:

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Balcani/Perdonatemi-la-Jugosfera

Quella stessa, identica, lui la deve chiama "Jugosfera"... << Per favore! La Jugoslavia è morta vent’anni fa! >>
Ecco dunque la << bizzarra idea di creare una nuova Jugoslavia >> ... << sotto un altro nome, naturalmente >>.
Naturalmente un corno. Tutt'altro che naturalmente.

Su di una cosa comunque siamo sostanzialmente d'accordo: << “jugo” può stare a significare allo stesso tempo paura e amore, rabbia e necessità, passato e futuro >>.

(Italo Slavo)

(english / italiano)

Due articoli di Michel Chossudovsky

1) Fake Anti-war Activism. The "Humanitarian Road" Towards an all out Nuclear War?

2) Fabbricando dissenso - Le elites del capitale globale controllano i movimenti popolari


=== 1 ===


Fake Anti-war Activism. The "Humanitarian Road" Towards an all out Nuclear War?

By Michel Chossudovsky

Global Research, November 4, 2010

Some of America's wars are condemned outright, while others are heralded as "humanitarian interventions". A significant segment of the US antiwar movement condemns the war but endorses the campaign against international terrorism, which constitutes the backbone of US military doctrine.

The "Just War" theory has served to camouflage the nature of US foreign policy, while providing a human face to the invaders. In both its classical and contemporary versions, the Just War theory upholds war as a "humanitarian operation". It calls for military intervention on ethical and moral grounds against "insurgents", "terrorists", "failed" or "rogue states".

Taught in US military academies, a modern-day version of the "Just War" theory has been embodied into US military doctrine. The "war on terrorism" and the notion of "pre-emption" are predicated on the right to "self defense." They define "when it is permissible to wage war": jus ad bellum.

Jus ad bellum has served to build a consensus within the Armed Forces command structures. It has also served to convince the troops that they are fighting for a "just cause". More generally, the Just War theory in its modern day version is an integral part of war propaganda and media disinformation, applied to gain public support for a war agenda. Under Obama as Nobel Peace Laureate, the Just War becomes universally accepted, upheld by the so-called international community.

The ultimate objective is to subdue the citizens, totally depoliticize social life in America, prevent people from thinking and conceptualizing, from analyzing facts and challenging the legitimacy of the US NATO led war.

War becomes peace, a worthwhile "humanitarian undertaking", Peaceful dissent becomes heresy.

The outbreak of the war on Yugoslavia in March 1999 was in many regards a watershed, a breaking point in the development of the "Just War" fought on "humanitarian" grounds. Many sectors of the Left both in North America and Western Europe embraced the "Just War" concept. Many "progressive" organizations upheld what they perceived as "a humanitarian war" to protect the rights of Kosovar Albanians. The war was described as a civil war rather than a US-NATO led bombing and invasion.

At the height of the NATO bombings, several "progressive" writers described the Kosovo Liberation Army (KLA), as a bona fide nationalist liberation army, committed to supporting the civil rights of Kosovar Albanians. The KLA was a terrorist organization supported by the CIA with links to organized crime. Without evidence, the Yugoslav government was presented as being responsible for triggering a humanitarian crisis in Kosovo. In the words of Professor Richard Falk:

"The Kosovo War was a just war because it was undertaken to avoid a likely instance of "ethnic cleansing" undertaken by the Serb leadership of former Yugoslavia, and it succeeded in giving the people of Kosovo an opportunity for a peaceful and democratic future. It was a just war despite being illegally undertaken without authorization by the United Nations, and despite being waged in a manner that unduly caused Kosovar and Serbian civilian casualties, while minimizing the risk of death or injury on the NATO side." 

(See 
http://www.wagingpeace.org/articles/2003/08/01_falk_interview.htm)

How can a war be "just despite it being illegally undertaken", resulting in the deaths of men, women and children? 

An illegal war, which constitutes a criminal act is upheld  as a humanitarian endeavor.

Several progressive media joined the bandwagon, condemning the "Milosevic regime" without evidence, while at the same time condoning the NATO led war and expressing mitigated support for the KLA. In the words of Stephen Shalom, in a ZNet article:

“I am sympathetic to the argument that says that if people [the KLA] want to fight for their rights, if they are not asking others to do it for them, then they ought to be provided with the weapons to help them succeed. Such an argument seemed to me persuasive with respect to Bosnia.” (quoted in Michael Karadjis, Bosnia, Kosova & the West, Resistance Books, 2000, p. 170).

Human Rights Watch (HRW), which is known to support US foreign policy "urged regime-change for Yugoslavia, either through President Slobodan Milosevic's indictment or a U.S. war to affect the same outcome." (Edward S. Herman, David Peterson and George Szamuely, Yugoslavia: Human Rights Watch in Service to the War Party, Global Research, March 9, 2007). According to a HRW Fred Abrahams published in the New York Herald Tribune:

“[T]he international community's failure to punish Milosevic for crimes in Croatia and Bosnia sent the message that he would be allowed to get away with such crimes again. It is now obvious that the man who started these conflicts cannot be trusted to stop them.” (Fred Abrahams, "The West Winks at Serbian Atrocities in Kosovo," International Herald Tribune, August 5, 1998. quoted in Edward S. Herman et al, op cit)

Punishing a head of State by waging war on his country?

In 1999, Milosevic was portrayed by the "progressive" British Weekly The Observer, as the "Butcher of Belgrade". (See Peter Beaumont and Ed Vulliamy, Ten years on, the end of the line, The Observer, 24 June 2001) 

The same reasoning was put forth in relation to Saddam Hussein, in the months leading up to the March 2003 bombing and invasion of Iraq. Saddam Hussein was described by the same author of the London Observer as the "Butcher of Baghdad": 

"Saddam's lonely childhood, bloody path to power and final, deadly miscalculation of his foreign enemies are charted by Peter Beaumont, foreign affairs editor" (See Peter Beaumont. The death of Saddam Hussein, The Observer, Sunday , December 31, 2006)

Meanwhile, the names of the "butchers of  Washington, London and Brussels", who waged a "Just War" on the people of Yugoslavia, Afghanistan, Palestine and Iraq are rarely mentioned.

Fake Anti-war Activism: Heralding Iran as a Nuclear Threat

Many people in the antiwar movement, while condemning the US administration, also condemn the government of President Ahmadinejad for its bellicose stance with regard to Israel.  The Jus ad Bellum reasoning used as a pretext to bomb Yugoslavia on humanitarian grounds is now being applied to Iran.

President Ahmadinejad allegedly wants Israel to be "wiped off the Map" as first reported by the New York Times in October 2005:

"Iran's conservative new president, Mahmoud Ahmadinejad, said Wednesday that Israel must be "wiped off the map" and that attacks by Palestinians would destroy it, the ISNA press agency reported.

Ahmadinejad was speaking to an audience of about 4,000 students at a program called "The World Without Zionism," .... His tone was reminiscent of that of the early days of Iran's Islamic revolution in 1979. Iran and Israel have been bitter enemies since then, and anti-Israel slogans have been common at rallies."(See Nazila Fathi, Wipe Israel 'off the map' Iranian says - The New York Times, 27 October 2005)

The alleged "Wiped Off the Map" statement by Iran's president was never made. The rumor was fabricated by the American media with a view to discrediting Iran's head of state and providing a justification for waging an all out war on Iran:


On October 25th, 2005 .... the newly elected Iranian President Mahmoud Ahmadinejad delivered a speech at a program, titled "The World Without Zionism"....

Before we get to the infamous remark, it's important to note that the "quote" in question was itself a quote— they are the words of the late Ayatollah Khomeini, the father of the Islamic Revolution. Although he quoted Khomeini to affirm his own position on Zionism, the actual words belong to Khomeini and not Ahmadinejad. Thus, Ahmadinejad has essentially been credited (or blamed) for a quote that is not only unoriginal, but represents a viewpoint already in place well before he ever took office.

THE ACTUAL QUOTE:

So what did Ahmadinejad actually say? To quote his exact words in farsi:

"Imam ghoft een rezhim-e ishghalgar-e qods bayad az safheh-ye ruzgar mahv shavad."

That passage will mean nothing to most people, but one word might ring a bell: rezhim-e. It is the word "Regime", pronounced just like the English word with an extra "eh" sound at the end. Ahmadinejad did not refer to Israel the country or Israel the land mass, but the Israeli regime. This is a vastly significant distinction, as one cannot wipe a regime off the map. Ahmadinejad does not even refer to Israel by name, he instead uses the specific phrase "rezhim-e ishghalgar-e qods" (regime occupying Jerusalem).

So this raises the question.. what exactly did he want "wiped from the map"? The answer is: nothing. That's because the word "map" was never used. The Persian word for map, "nagsheh", is not contained anywhere in his original farsi quote, or, for that matter, anywhere in his entire speech. Nor was the western phrase "wipe out" ever said. Yet we are led to believe that Iran's President threatened to "wipe Israel off the map", despite never having uttered the words "map", "wipe out" or even "Israel".

THE PROOF:

The full quote translated directly to English:

"The Imam said this regime occupying Jerusalem must vanish from the page of time".

Word by word translation:

Imam (Khomeini) ghoft (said) een (this) rezhim-e (regime) ishghalgar-e (occupying) qods (Jerusalem) bayad (must) az safheh-ye ruzgar (from page of time) mahv shavad (vanish from).

Here is the full transcript of the speech in farsi, archived on Ahmadinejad's web site: 

www.president.ir/farsi/ahmadinejad/speeches/1384/aban-84/840804sahyonizm.htm"  

(See the detailed article by Arash Norouzi, 
Israel: "Wiped off The Map". The Rumor of the Century, Fabricated by the US Media to Justify An All out War on Iran , Global Research  February 20, 2007)

What President Ahmadinjad was essentially calling for in his statement was "regime change" in Tel Aviv. (Compare Ahmadinejad's bland statement on regime change in Israel with that of former Deputy Defense Secretary Paul Wolfowitz, who called for "Ending states that sponsor terrorism”. 

This alleged "Wiped off the Map" statement has served not only to justify a pre-emptive attack against Iran but also to subdue and tame the antiwar movement.

While the danger of an all out war on Iran is a matter of concern, it is by no means a priority for the US, Canadian and European antiwar movements. In the US, there are very few antiwar events focussing on US-Israeli threats directed against Iran (See Main US antiwar collectiveUnited for Peace & Justice : IndexUnited for Peace & Justice : Events).

On the other hand, there is an ongoing campaign led by United Against Nuclear Iran" (UANI), calling on President Obama  and the US Congress to prevent Iran from developing nuclear weapons. (See UANI home page). The UANI collective, founded by Obama appointees Richard Holbrooke and Gary Samore, claims to be integrated by "human rights and humanitarian groups, the labor movement, political advocacy and grassroots organizations" (Coalition | UANI)

Notwithstanding Arash Norouzi's disproval, many in the antiwar movement, while condemning the US, continue to believe that Iran constitutes a threat and that the solution is "regime change".  The funding of NGOs (which are constituent members of major antiwar collectives) by tax exempt charities and corporate foundations, has also contributed to weakening antiwar activism in relation to Iran.  Iran is viewed by many within the antiwar movement as a potential aggressor. Its non-existent nuclear weapons are considered, a threat to global security.

A pre-emptive war using US made tactical nuclear weapons against Iran has been on the Pentagon's drawing board since mid 2003. Both president Obama and Secretary of State Hillary Clinton have stated that "all options are on the table" including the use of nuclear weapons against Iran, without realizing that the use of nuclear weapons could lead humanity into a global nuclear war as outlined by Fidel Castro in a recent speech:

"Today there is an imminent risk of war with the use of that kind of weapon and I don’t harbour the least doubt that an attack by the United States and Israel against the Islamic Republic of Iran would inevitably evolve towards a global nuclear conflict. (Fidel Castro Ruz, VIDEO: Fidel’s Message against Nuclear War: "In a Nuclear War the 'Collateral Damage' would be the Life of All Humanity.", Global Research, October 21, 2010)

War and the Economy

The war economy is presented as a means to generating employment. At the height of an economic crisis, trade unions are called upon not only pay lip service to job creation in the defence industry but also to soften their antiwar stance. In a twisted irony, according to the Washington Post, a war on Iran would have the added advantage of resolving the economic crisis and triggering a "war recovery":

"What else might affect the economy? The answer is obvious, but its implications are frightening. War and peace influence the economy.

Look back at FDR and the Great Depression. What finally resolved that economic crisis? World War II.

Here is where Obama is likely to prevail. With strong Republican support in Congress for challenging Iran's ambition to become a nuclear power, he can spend much of 2011 and 2012 orchestrating a showdown with the mullahs. This will help him politically because the opposition party will be urging him on. And as tensions rise and we accelerate preparations for war, the economy will improve.

I am not suggesting, of course, that the president incite a war to get re-elected. But the nation will rally around Obama because Iran is the greatest threat to the world in the young century. If he can confront this threat and contain Iran's nuclear ambitions, he will have made the world safer and may be regarded as one of the most successful presidents in history." (David Broder, The War Recovery, Washington Post, October 31, 2010) 


© Copyright Michel Chossudovsky, Global Research, 2010 

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Fabbricando dissenso - Le elites del capitale globale controllano i movimenti popolari

di Michel Chossudovsky*

su www.rebelion.org del 12/11/2010

Tradotto da Marcello Gentile per l'Ernesto online

The Real Agenda
in http://www.rebelion.org/noticia.php?id=116109

Tradotto da Marcello Gentile per l'Ernesto online

Ospitiamo come contributo al dibattito sugli sviluppi del movimento che si oppone alla globalizzazione imperialista, un interessante intervento del professor Michel Chossudovsky.

*Michel Chossudovsky, economista canadese, dirige il Centre for Research on Globalization ed è professore di economia all'Università di Ottawa. Ha insegnato in numerose università di altri paesi ed ha collaborato a diversi prgrammi delle Nazioni Unite. Autore di numerose pubblicazioni, è considerato uno dei massimi esperti mondiali in tema di globalizzazione.

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Il Foro Sociale Mondiale e il Foro Economico Mondiale, le ONG e i movimenti di opposizione alla globalizzazione sono controllati dalle stesse forze contro le quali protestano 

La fabbricazione del consenso implica la manipolazione e la formazione dell'opinione pubblica. Si stabilisce l'approvazione e l'accettazione dell'autorità e della gerarchia sociale. Si cerca il rispetto dell'ordine sociale costituito.

I movimenti popolari sono controllati dalle elites del capitale globale che usa i suoi leaders, che si inginocchiano di fronte ai controllori.

La fabbricazione del consenso è la presentazione, all'opinione pubblica, della narrazione principale dei mezzi di comunicazione, delle loro bugie e falsità. Sotto l'illusione del capitalismo attuale, deve prevalere l'illusione della democrazia. E' nell'interesse delle elites corporative accettare il dissenso e la protesta come una caratteristica del sistema nella misura in cui non mettano in pericolo l'ordine sociale costituito. Il proposito non è reprimere il dissenso, al contrario, dar forma e modellare il movimento di protesta, per stabilire i limiti del dissenso. Per mantenere la loro legittimità, le elites economiche favoriscono forme di opposizione limitate e controllate, con il fine di prevenire lo sviluppo di forme radicali di protesta, che potrebbero colpire le fondamenta stesse e le istituzioni del capitalismo globale. In altre parole "la fabbricazione della dissenso" agisce come "una valvola di sicurezza", che protegge e sostiene il nuovo ordine mondiale. Per essere efficace, tuttavia, il processo di "fabbricazione della dissenso" deve essere meticolosamente regolato e sovrinteso da coloro che sono oggetto stesso del movimento di protesta.

Il finanziamento del dissenso

Come è stato possibile creare e mantenere il processo di fabbricazione della dissenso? Essenzialmente "finanziando il dissenso", cioè, mediante lo spostamento di risorse

finanziare da coloro che sono oggetto del movimento di protesta a coloro che stanno nell'organizzazione del movimento di protesta. La cooptazione non si limita a ottenere i favori dei politici. Le elites economiche - che controllano grandi fondazioni - sovrintendono anche al finanziamento di numerose organizzazioni non governative e della società civile, che storicamente sono state coinvolte nel movimento di protesta contro l'ordine economico e sociale costituito. I programmi di molte organizzazioni non governative e movimenti popolari dipendono in gran parte tanto dai fondi pubblici, quanto da quelli privati, comprese le fondazioni Ford, Rockefeller, McCarthy e via dicendo. Il movimento No global si oppone a Wall Street e ai giganti del petrolio controllati da Rockefeller e altri.

Tuttavia, le fondazioni e organizzazione benefiche di Rockefeller e altri, generosamente fondano reti progressiste anticapitaliste, come pure ecologiste (in opposizione alle grandi compagnie petrolifere) con il fine ultimo di supervisionare e dare forma alle loro diverse attività. I meccanismi di "fabbricazione della dissenso" richiedono un contesto di manipolazione, un processo di pressione e la sottile cooptazione degli individui che stanno nelle organizzazioni progressiste, incluse coalizioni contro la guerra, ambientaliste e il movimento no global. Considerando che i mezzi di comunicazione "fabbricano consenso", la complessa rete delle organizzazioni non governative (compresi segmenti dei media alternativi) è utilizzata dalle Elites corporative per modellare e manipolare il movimento di protesta. Grazie alla deregolamentazione del sistema finanziario negli anni 90 e al rapido arricchimento degli enti finanziari, il finanziamento attraverso le fondazioni e organizzazioni benefiche è andato alle stelle. Per ironia della sorte, parte degli utili fraudolenti di Wall Street negli ultimi anni sono stati riciclati e dati esentasse a fondazioni e organizzazioni benefiche. Questi insperati utili non solo sono stati utilizzati per corrompere politici, ma sono stati anche indirizzati alle organizzazioni non governative, istituti di ricerca, centri comunitari, gruppi religiosi, ambientalisti, mezzi di comunicazione alternativi, gruppi per i diritti umani, ecc. “La fabbrica del dissenso” funziona anche nel caso di “corporazioni di sinistra” e “mezzi di comunicazione progressista” , finanziati da ONG o direttamente dalle fondazioni. L'obiettivo è la “fabbricazione del dissenso” e la definizione di limiti “politicamente corretti” dell'opposizione. A loro volta, molte ONG sono spesso infiltrate da informatori che operano per conto delle agenzie di intelligence occidentali. Inoltre, un segmento sempre maggiore di mezzi di comunicazione alternativi progressisti in internet, è diventato dipendente dal finanziamento di fondazioni imprenditoriali e organizzazioni benefiche.

Attivismo a pezzi

I movimenti di protesta popolari sono direttamente controllati da fondazioni e "organizzazioni benefiche" che finanziano le loro attività.

L'obiettivo delle elites è stato quello di frammentare il movimento popolare in un gran mosaico di soggetti. La guerra e la globalizzazione non sono al primo posto dell' attivismo nella società civile. L' attivismo tende a manifestarsi a pezzi. Non c’è integrazione tra i movimenti contro la globalizzazione e quello contro la guerra. La crisi economica non si considera in relazione alle guerre sponsorizzate da paesi potenti come gli USA. Il dissenso si è diviso. Movimenti indipendenti che pretendono di impugnare differenti cause (ambiente, globalizzazione, pace, diritti della donna, cambio climatico) sono generosamente finanziati per impedire l' apparizione di un movimento di opposizione di massa coerente. Questo mosaico già caratterizzava la lotta contro il vertice del G7 e nei summit dei popoli negli anni 90.

Il movimento no global

Il summit anti-globalizzazione a Seattle nel 1999 fu visto come una vittoria del movimento no global: “una coalizione storica” di attivisti per far fallire il vertice della Organizzazione Mondiale del Commercio, la scintilla che ha scatenato un movimento globale anti-capitalista. Seattle fu, di fatto, un importante snodo nella storia del movimento di massa. Più di 50.000 persone di origini diverse, organizzazioni della società civile, dei diritti umani, dei sindacati e ambientaliste si erano riunite in una battaglia comune. Il loro obiettivo era smantellare il programma neoliberale con le sue basi istituzionali incluse. Però Seattle segnò anche un cambiamento importante. Con l'apparizione del dissenso in tutti i settori della società, il vertice del WTO necessitava disperatamente della partecipazione simbolica dei leaders della società civile "al suo interno" per apparire "democratico". Mentre migliaia di persone convergevano su Seattle, quello che accadde dietro le quinte, fu una vittoria per il neoliberalismo. Un pugno di organizzazioni che si opponevano formalmente al WTO contribuirono a legittimare l'architettura del commercio mondiale del WTO. Invece di sfidare il WTO in quanto organismo intergovernativo illegale, accettarono di portare avanti il dialogo nel summit tra i governi occidentali e il WTO. Partecipanti accreditati delle ONG furono invitati a mischiarsi in un clima amichevole agli ambasciatori, ai ministri del commercio, ed ai magnati di Wall Street in molti degli eventi ufficiali, inclusi i numerosi cocktails e ricevimenti.

Il programma nascosto era indebolire e dividere il movimento di protesta e orientare il movimento anti-globalizzazione verso aree che non mettessero in pericolo gli interessi dell'istituzione commerciale. Finanziati da fondazioni private (come Ford, Rockefeller, Rockefeller Brothers, Charles Stewart Mott, la Fundación para la Ecología Profunda), questi "accreditati" della società civile si sono caratterizzati come gruppi di pressione, in qualità di rappresentanti e per conto del movimento popolare. L'essere stati diretti da autorevoli attivisti, legò le mani al movimento. In ultima analisi si contribuì (senza saperlo) a indebolire il movimento anti-globalizzazione, accettando la legittimità di ciò che è nella sostanza un'organizzazione illegale (l' accordo del summit di Marrakech del 1994 che portò alla creazione del WTO il 1 Gennaio del 1995). I leaders delle ONG avevano piena consapevolezza della provenienza del denaro. Tuttavia, negli USA e nella comunità europea le ONG, le fondazioni e le organizzazioni benefiche sono considerate come organismi filantropici indipendenti, separate dalle imprese, cioè, la Fondazione Rockefeller Brothers, ad esempio, si considera separata e distinta dal dominio della famiglia Rockefeller, dalle sue banche e delle sue compagnie petrolifere. Con le retribuzioni e i costi operativi a carico delle fondazione private, è diventata una routine accettata (cioè quella di accettare i finanziamenti dal “nemico” di classe-nota del traduttore) .

In una logica ambigua, la battaglia contro il capitalismo è stata una baruffa dei capitali delle fondazioni esenti da imposte, contro il capitalismo. Alle ONG è stata messa una camicia di forza, la loro esistenza dipende dalle fondazioni. Le loro attività sono state controllate da vicino. In una logica ambigua , la natura dell'attivismo anti-capitalista è stata posta indirettamente sotto il controllo dei capitalisti attraverso le loro fondazioni indipendenti.

“Vigilanti progressivi”

In questa saga , le elites imprenditoriali i cui interessi sono debitamente protetti dal FMI, dalla Banca Mondiale e dal WTO, fondano (attraverso le loro diverse fondazioni e istituzioni caritatevoli) le organizzazioni che stanno all'avanguardia nel movimento di protesta contro il WTO e le istituzioni finanziarie con base a Washington. Con l'appoggio del denaro delle fondazioni, si sono creati diversi "cani da guardia" nelle organizzazioni non governative per controllare l'applicazione delle politiche neoliberali, ma senza sollevare la questione più ampia di come i “gemelli” Bretton Woods e WTO, attraverso le loro politiche, hanno contribuito all'impoverimento di milioni di persone. Il programma del SAPRIN (Structural Adjustment Particpatory Review International Network) fu stabilito dal Devolopment Gap, organo dell' USAID (Unites States Agency for International Development) e dalle ONG finanziate dalla Banca Mondiale con sede a Washington DC. E' ampiamente documentato che l' imposizione del Programma di Aggiustamento Strutturale (PAS) da parte del FMI e della Banca Mondiale nei paesi in via di sviluppo, costituisce una forma palese d'ingerenza negli affari interni di stati sovrani per conto delle istituzioni creditrici. Invece di sconfessare la legittimità della "medicina economica letale" del FMI e della Banca Mondiale, il SAPRIN ha cercato di stabilire un ruolo di partecipazione per le organizzazioni non governative, lavorando mano nella mano con l'USAID e la Banca Mondiale. L' obiettivo era quello di dare un "volto umano" all'agenda politica neoliberale, invece di rifiutare il quadro proposto dal FMI e dalla Banca Mondiale: il SAPRIN è la rete globale della società civile che prese il suo nome dal SAPRI (Structural Adjustment Particpatory Review International), che nacque dalla Banca Mondiale e dal suo presidente, Jim Wolfensohn, nel 1997. SAPRI è concepito come un esercizio tripartito per riunire le organizzazioni della società civile, i loro governi e la Banca Mondiale nell'esame congiunto dei Programmi di Aggiustamento Strutturale (PAS) e nella ricerca di nuove opzioni politiche. Si tratta di legittimare un ruolo "attivo" della società civile nell'assunzione delle decisioni economiche, visto che è concepito per indicare le aree nelle quali i cambiamenti nella politica economica e nel processo di formulazione di politiche economiche sono richiesti. (http://www.saprin.org/overview.htm página web de SAPRIN). Allo stesso modo, l' Osservatorio del Commercio (prima OMC Watch), che opera a Ginevra, è un progetto dell' Istituto di Politica Agricola e Commerciale di Minneapolis (IATP), che è generosamente finanziato da Ford, Rockefeller, Charles Stewart Mott, e via dicendo.

Fonte: http://activistcash.com/organization_financials.cfm/o/16-institute-for-agriculture-and-trade-policy

L'Osservatorio del commercio ha il mandato di sovrintendere l' Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), il Trattato di Libero Commercio (TLC) e la proposta Area di Libero Commercio delle Americhe (ALCA). L' Osservatorio del Commercio serve anche per ottenere dati e informazioni, così come per promuovere la "governabilità" e la "responsabiltà". Mai in queste iniziative si fa il rendiconto sulle vittime delle politiche del WTO da parte dei protagonisti delle riforme neo-liberali. Le funzioni dell'Osservatorio del Commercio in nessun modo sono una minaccia per il WTO. Al contrario: la legittimità delle organizzazioni e degli accordi commerciali non viene messa in discussione.

Il Forum Economico Mondiale

Il movimento popolare è stato sequestrato. La selezione degli intellettuali.

Il Forum Economico Mondiale è composto da rappresentanti delle elite, accademici e vari artisti come il cantante degli U2, Bono, che si occupano di rappresentare il falso senso di inclusione dei gruppi "senza voce".

I dirigenti sindacali e i leaders delle organizzazioni della società civile (tra questi Oxfam, Amnesty International, Greenpeace) sono di solito invitati al Forum Economico Mondiale di Davos, dove si mescolano con i potenti del mondo; gli attori economici e politici. Questo miscuglio delle elites imprenditoriali del mondo con "progressisti", scelti non certo a caso, fa parte del rituale che crea e conserva il processo di "fabbricazione del dissenso". Il trucco consiste nel selezionare personalmente i leaders della società civile, dei quali “possiamo fidarci” e integrarli in un “dialogo”, tagliarli dalle loro radici, in modo che si sentano di essere “cittadini globali” che agiscono in nome dei loro compagni di lavoro, ma che lo facciano in maniera tale da essere al servizio degli interessi dell'Establishment e delle imprese: “ La partecipazione delle ONG nella riunione annuale di Davos è la prova dell'intenzione di integrare una vasta gamma dei principali attori della società....nella definizione e nella promozione del programma globale....Crediamo che il Forum Economico Mondiale offra alla comunità degli affari l’ambito ideale per realizzare attività di collaborazione con gli altri attori principali (ONG) dell'economia mondiale per migliorare lo stato del mondo, che è la missione del Forum" (Forum Economico Mondiale , comunicato stampa, 05 gennaio 2001).

Il Forum Economico Mondiale non rappresenta in generale tutta la comunità imprenditoriale. E’ un incontro elitario: i suoi membri fanno parte delle grandi imprese mondiali (con un minimo di fatturato annuale di 5 miliardi di dollari). Le organizzazioni non governative (ONG) sono viste come partner “parti interessate”, così come un conveniente “portavoce dei senza voce che spesso sono esclusi dalle decisioni che vengono prese” (Forum Economico Mondiale – Organizzazioni Non Governative, 2010)

“Loro [le ONG], associati nel forum, producono una gran varietà di documenti collaborando a migliorare lo stato del mondo e sono come un ponte tra le imprese, il governo e la società civile, mettono in connessione i politici responsabili con i loro popoli, contribuendo a soluzioni pratiche…” La società civile”associata” con imprese multinazionali per conto dei “senza voce”. Chi sono quelli che rimangono “esclusi”? I dirigenti sindacali sono anche loro cooptati nella distruzione dei diritti dei lavoratori. I dirigenti della Federazione Internazionale dei Sindacati (IFTU), della AFL-CIO, la Confederazione Europea dei Sindacati,, del Canadian Labour Congress (CLC), e via dicendo, sono soliti essere invitati ad assistere alle riunioni annuali del Forum Economico Mondiale di Davos, così come alle riunioni regionali. Inoltre partecipano al Forum Economico Mondiale i leaders delle comunità del lavoro che si concentrano sui modelli di comportamento mutuamente accettabili per il movimento operaio. Il Forum Economico Mondiale “stima che la voce del lavoro è importante per il dialogo sulle questioni della dinamica della globalizzazione, la giustizia economica, la trasparenza e la responsabilità, per garantire un sistema finanziario mondiale sano” (Forum Economico Mondiale-I leaders del lavoro, 2010).” “La garanzia di un sistema finanziario mondiale sano” portato avanti dalla truffa e dalla corruzione. Non si menziona la questione dei diritti dei lavoratori.

Il Forum Sociale Mondiale: “Un altro mondo è possibile”

Il summit di Seattle contro la globalizzazione nel 1999 pose le basi per lo sviluppo del Forum Sociale Mondiale. 

Il Forum Sociale Mondiale costituisce uno degli inganni più grandi al movimento d’opposizione alla globalizzazione e al capitalismo globale delle elites.

La prima riunione del Forum Sociale Mondiale ebbe luogo nel gennaio 2001 a Porto Alegre in Brasile. A questo incontro internazionale parteciparono decine di migliaia di attivisti delle organizzazioni di base e ONG. La riunione del FSM, con le ONG e le organizzazioni progressiste fu in simultanea con il Forum Economico Mondiale di Davos (WEF). L’ intenzione era quella di rappresentare la voce dell’opposizione al sistema finanziario. Fin dal principio il Forum Sociale Mondiale fu un’ iniziativa di ATTAC Francia e di varie organizzazioni non governative brasiliane. “… Nel febbraio del 2000, Bernard Cassen, direttore della ONG francese ATTAC, Oded Grajew, capo di un’organizzazione di impresari brasiliani, e Francisco Whitaker, capo di un’associazione di organizzazioni non governative brasiliane, si riunirono per discutere la proposta di un “evento mondiale della società civile”; nel marzo del 2000, che garantì il sostegno formale del governo municipale di Porto Alegre e del governo statale del Rio Grande do Sul, entrambi controllati in quel momento dal Partito dei Lavoratori brasiliano (PT). … Un gruppo di ONG francesi, comprese ATTAC, gli Amici de L'Humanité, e gli Amici di Le Monde Diplomatique, sponsorizzarono un foro sociale alternativo a Parigi intitolato “Un anno dopo Seattle”, al fine di preparare un’ agenda per le proteste che si sarebbero realizzate per il summit dell’Unione Europea a Nizza. Gli oratori chiesero “il riorientamento” di certe istituzioni internazionali come il WTO, il FMI, la Banca Mondiale, … per creare una “globalizzazione dal basso” e “la costruzione di un movimento internazionale dei cittadini, non per distruggere il FMI ma per riorientare le sue missioni” . (Unità di ricerca per l’ economia politica, Economia e Politica del Forum Sociale Mondiale,Global Research, 20 gennaio 2004.) Fin dall’inizio, nel 2001, il FSM fu sostenuto dal finanziamento della Fondazione Ford, che è noto abbia legami con la CIA fin dagli anni ’50: “la CIA usa le fondazioni filantropiche come il mezzo più efficace per destinare grandi somme di denaro ai progetti dell’Agenzia, senza allertarne i beneficiari sulle sue origini. ” (James Petras, la Fondazione Ford e la CIA, Global Research, 18 settembre 2002)

La stessa procedura dei summit finanziati dai donatori che caratterizzò gli anni 90 (summit popolari) fu usata per il Forum Sociale Mondiale (FSM): “… altri finanziatori del FSM (o ‘partner’, come si dice nella terminologia del FSM) come la Fondazione Ford, -- basti dire che ha sempre lavorato nella più stretta collaborazione con gli USA e la CIA per far avanzare gli interessi strategici nord americani - ; la Fondazione Heinrich Boll, che è controllata dal partito dei Verdi tedesco, partner del [2003] governo tedesco di allora e sostenitore delle guerre in Jugoslavia e in Afghanistan (ii suo leader Joschka Fischer è l’[ex] ministro degli esteri tedesco), e le maggiori agenzie di finanziamento come la Oxfam (Regno Unito), la Novib (Paesi Bassi), la ActionAid (Regno Unito), e via dicendo. Con stupore, un membro del consiglio internazionale del FSM riporta che i “considerevoli fondi” ricevuti da queste agenzie “non hanno finora sollevato alcun dibattito significativo (negli organi del WSF) sulle possibili relazioni di dipendenza che potrebbero generarsi”. Tuttavia ammette che “per ottenere i fondi dalla Fondazione Ford, gli organizzatori avevano dovuto convincere la fondazione che il partito dei lavoratori (PT) non era coinvolto nel processo”. Vale la pena qui segnalare due punti. Primo, questo stabilisce che i finanziatori furono in grado di puntare i piedi e di determinare il ruolo delle diverse forze nel FSM – che dovevano essere ‘convinte’ delle credenziali di coloro i quali sarebbero stati coinvolti. Secondo, se i finanziatori si opposero alla partecipazione del completamente addomesticato partito dei lavoratori, si sarebbero altrettanto strenuamente ravvisati verso le forze genuinamente anti-imperialiste. Che lo fecero fu chiaro, basta vedere chi fu incluso e chi escluso dalla seconda e terza riunione del FSM… La questione del finanziamento [del FSM] non figura nemmeno nella carta dei principi del FSM, adottata nel giugno 2001. I marxisti, essendo materialisti, direbbero che si dovrebbe guardare alla base materiale del forum per capirne la natura. (Non c’è certo bisogno di essere marxisti per capire che “chi paga comanda”). Tuttavia il FSM non è d’accordo. Può accettare fondi da istituzioni imperialiste come la Fondazione Ford, mentre lotta contro “il dominio del mondo da parte del capitale globale e di qualsiasi forma di imperialismo” . (Unità di ricerca per l’ economia politica, Economia e Politica del Forum Sociale Mondiale,Global Research, 20 de enero 2004)

La Fondazione Ford ha fornito un sostegno essenziale al Forum Mondiale Sociale, con i contributi indiretti attraverso “organizzazioni associate” come la Fondazione McArthur, la Fondazione Charles Stewart Mott, la Fondazione Friedrich Ebert Stiftung, la Fondazione W. Alton Jones , la Commissione Europea, vari governi europei (compreso il governo laburista di Tony Blair), il governo canadese, così come una serie di organismi delle Nazioni Unite (tra cui UNESCO, UNICEF, UNDP, la ILO e la FAO). Oltre al sostegno essenziale iniziale della Fondazione Ford, molte delle organizzazioni della società civile partecipanti ricevono finanziamenti dalle grandi fondazioni e da istituti di beneficenza. A loro volta, le ONG statunitensi e europee funzionano come agenzie di finanziamento secondarie, dirigendo il denaro delle Fondazioni Ford e Rockefeller verso le loro associate nei paesi in via di sviluppo, compresi i movimenti contadini e quelli per i diritti umani. 
Il consiglio internazionale (IC) del FMS è composto dai rappresentanti delle ONG, dai sindacati, dalle organizzazioni dei media alternativi, dagli istituti di ricerca, molti dei quali sono pesantemente finanziati dalle fondazioni e dai governi. (si veda Forum Sociale Mondiale). Lo stesso sindacato che suole essere invitato a mescolarsi ai direttori esecutivi di Wall Street al Forum Economico mondiale di Davos (WEF), come l’AFL-CIO, la Confederazione Europea dei Sindacati e il Canadian Labor Congress (CLC) fa anche parte del consiglio internazionale (IC) del FSM. Tra le ONG finanziate da importanti fondazioni c’è l’ Istituto di Politica Agricola Commerciale (IATP) che sovrintende l’Osservatorio del Commercio di Ginevra nel Consiglio Internazionale del Forum. 
Il Funders Network on Trade and Globalization (FTNG ), che ha lo status di osservatore del consiglio internazionale del FSM riveste un ruolo chiave. Mentre stanzia il sostegno finanziario per il FSM, funge anche da centro di interscambio per le grandi fondazioni. Il FTNG si descrive come “un’alleanza di portatori di aiuto impegnati a costruire comunità giuste e sostenibili in tutto il mondo”. I membri di questa alleanza sono la Fondazione Ford, la Rockefeller Brothers, la Heinrich Boell, la C.S.Mott, la Fondazione Merck Family, l’Open Society Institute, Tides, tra gli altri. (Per l’elenco completo delle agenzie di finanziamento del FTNG vedere finanziatori del FNTG). Il FTNG funge da ente per la raccolta fondi per conto del FSM. I governi occidentali ostacolano i summit contro la globalizzazione e reprimono il movimento di protesta. Per ironia della sorte, le sovvenzioni, incluso il denaro dell’Unione Europea, vanno a finanziare gruppi progressisti (incluso il FSM) coinvolti nell’organizzazione di proteste contro gli stessi governi che finanziano le loro attività: “Anche i governi sono stati finanziatori significativi dei gruppi di protesta. La Commissione Europea, ad esempio, finanziò due gruppi che hanno mobilitato un grande numero di persone per protestare ai summit dell’UE di Goteborg e Nizza. La lotteria nazionale britannica, che è controllata dal governo, ha contribuito a finanziare un gruppo al centro del contingente britannico in entrambe le proteste”. (James Harding, Contro il capitalismo, FT.com, 15 ottobre 2001) 

Si tratta di un processo diabolico: il governo ospitante finanzia il summit ufficiale, così come le riunioni delle ONG che partecipano attivamente al contro-summit. Inoltre finanzia le operazioni della polizia anti-sommossa, che ha il mandato di reprimere i partecipanti al contro-summit, compresi i membri delle ONG direttamente finanziate dal governo. L’ obiettivo di queste operazioni combinate, comprese le azioni violente delle forze di polizia, è quello di screditare il movimento di protesta e di intimidirne i partecipanti. L’obiettivo generale è di trasformare il contro-summit in un rituale del dissenso, che serve a difendere gli interessi del summit ufficiale e del governo ospitante. Questa logica è prevalsa in numerosi contro-summit dagli anni ’90. 
Al Summit del 2001 a Quebec City, il finanziamento del governo federale canadese alle ONG e ai sindacati è stato concesso a certe condizioni. Un grande segmento del movimento di protesta è stato escluso di fatto dal Summit dei popoli. A loro volta gli organizzatori concordarono con le autorità provinciali e federali che la marcia di protesta fosse diretta verso un luogo remoto a circa 10 km fuori dalla città, anziché verso la zona del centro storico dove si trovava il summit ufficiale dell’ALCA, circondato da un perimetro recintato con mattoni fortemente sorvegliato dai servizi di sicurezza privati. Questi servizi di sicurezza furono pagati con i soldi dei contribuenti. “Anziché marciare verso il perimetro recintato e le riunioni del Summit dell’ALCA, gli organizzatori della manifestazione scelsero di marciare dal Summit dei Popoli, attraverso zone residenziali in buona parte vuote fino al parcheggio di uno stadio in una zona remota lontana diversi chilometri dal centro. Henri Masse, presidente della Federation des travailleurs et travailleuses du Quebec (FTQ), spiegò: “lamento che siamo così lontani dal centro cittadino… ma era una questione di sicurezza”.

I leaders delle ONG contro i propri compatrioti

La fondazione del Forum Sociale Mondiale (FSM) è stata senza dubbio un punto di riferimento storico, che ha riunito decine di migliaia di attivisti impegnati. È stato un evento importante che ha consentito l’ interscambio di idee e la creazione di legami di solidarietà. 
Quello che è in gioco è il ruolo ambivalente dei leader delle organizzazioni progressiste. La loro intima relazione con i circoli interni del potere, i finanziamenti da parte delle imprese e dei governi, le agenzie di soccorso, la Banca Mondiale, ecc. mina le loro relazioni e le loro responsabilità nei confronti della base. L’obiettivo del “dissenso fabbricato” è proprio questo: allontanare i leaders dalle loro basi, come un modo efficace di mettere a tacere e indebolire le azioni popolari. La maggioranza delle organizzazioni di base che partecipano al Forum Sociale Mondiale, comprese le organizzazioni contadine, dei lavoratori e le organizzazioni degli studenti fermamente impegnate nella lotta contro il neoliberalismo, non erano a conoscenza del rapporto del Consiglio Internazionale del FSM con il finanziamento, negoziato alle loro spalle da un pugno di leader delle ONG vincolate con le agenzie di finanziamento ufficiali e private. Il finanziamento alle organizzazioni progressiste non è incondizionato. Il suo obiettivo è di “pacificare” e manipolare il movimento di protesta. Precise condizioni sono stabilite dalle agenzie di finanziamento. Se non si rispettano, i pagamenti si interrompo. Il FSM si definisce come “un luogo di incontro aperto per la riflessione, di dibattito democratico sulle idee, di formulazione di proposte, di libero interscambio di esperienze e di connessione delle azioni efficaci, da parte di gruppi e movimenti della società civile che si oppongono al neoliberalismo e al dominio del mondo da parte del capitale e di qualsiasi forma di imperialismo, e siamo impegnati a costruire una società imperniata sulla persona umana”. (vedere Forum Sociale Mondiale, 2010) 

Il FSM è un mosaico di iniziative individuali che non minaccia direttamente né sfida la legittimità del capitalismo globale e delle sue istituzioni. Si riunisce annualmente. È caratterizzato da moltissime sessioni e laboratori. Riguardo a questo, una delle caratteristiche del FSM è stata quella di mantenere l’impostazione del “fai da te” caratteristica dei summit popolari contro i G7 finanziati dai donatori degli anni ’90. Questa struttura apparentemente disorganizzata è voluta. Mentre favorisce il dibattito su tutta una serie di temi, l’ ambito del FMS non è propizio per l ‘articolazione di una piattaforma comune e coerente per un piano di azione diretto a far fuori il capitalismo globale. Inoltre, la guerra iniziata dagli USA in Medio Oriente e in Asia Centrale che scoppiò alcuni mesi dopo l’inaugurazione della sede del FSM a Porto Alegre nel gennaio 2001, non è stata un tema centrale delle discussioni del forum. Quello che prevale è un’estesa e complessa rete di organizzazioni. Le organizzazioni di base nei paesi in via di sviluppo sono inconsapevoli del fatto che le loro ONG associate negli Stati Uniti o nell’Unione Europea, che forniscono loro l’appoggio finanziario, sono esse stesse finanziate dalle grandi fondazioni. Il denaro impone restrizioni nelle azioni di questi movimenti popolari. Molti di questi leaders delle ONG sono persone impegnate e ben intenzionate che agiscono dentro un quadro che stabilisce i limiti della dissidenza. I leaders di questi movimenti vengono spesso cooptati, senza nemmeno rendersi conto, a causa del finanziamento delle imprese,di avere le mani legate.

Il Capitalismo globale finanza il movimento anti-capitalista: una relazione assurda e contraddittoria

“Un altro mondo è possibile”, ma non può essere realizzato in maniera significativa nell’ambito dell’ attuale accordo. 

È necessaria una riorganizzazione del Forum Sociale Mondiale, della sua struttura organizzativa, delle suoi meccanismi di finanziamento e della sua leadership.

Non può esserci un movimento di massa significativo quando il dissenso è generosamente finanziato dagli stessi interessi corporativi che hanno come obiettivo limitare ed eliminare il movimento di protesta. Usando le parole di McGeorge Bundy, presidente della Fondazione Ford (1966-1979), “tutto ciò che la Fondazione Ford ha fatto si potrebbe considerare come la costruzione di un meccanismo per un mondo sicuro per il capitalismo’”




(english / italiano)

Mercenari USA dietro alla aggressione croata nelle Krajine

1) U.S. mercenaries were behind Croatian offensive in Balkan War (Ron Grossman in "Chicago Tribune", 2010)
2) La privatizzazione della guerra (Ken Silverstein su "The Nation", 1997)


=== 1 ===

*** Una coraggiosa famiglia di serbi della Krajina, oggi esuli a Chicago, ha iniziato una causa legale contro la ditta di mercenari MPRI per la collaborazione da questa fornita alla "Operazione Tempesta", cioè alla pulizia etnica che costrinse la famiglia a scappare dalla propria patria nell'agosto 1995. ***


U.S. mercenaries were behind Croatian offensive in Balkan War


Ron Grossman
  
недеља, 05. септембар 2010.
(Chicago Tribune, September 5, 2010)

Class-action suit: U.S. mercenaries were behind Croatian offensive in Balkan War
Serbian immigrants seek answers about the horror
 
Zivka Mijic, 46, talks about her family's narrow escape from Croatia in the Balkan War. She and her family now live in Stickney. (Zbigniew Bzdak, Chicago Tribune)
Zivka Mijic doesn't burden people with her troubles — which would be impractical anyway, unless the other person spoke Serbian — but she does want the tragic story of what brought her family to a Chicago suburb told in federal court.
"If I had even a spoon from over there, I'd hang it on the wall to remember," Mijic, 46, said. Her son Branislav Mijic, 23, was translating. Alternating between his mother's words and his own, Branislav explained why the Mijics have no souvenirs of their homeland.
On Aug. 4, 1995, artillery shells started falling on a village in Krajina, where the Mijics lived in what had been Yugoslavia before ethnic conflicts tore it apart. The Mijics harnessed theirhorses Soko and Cestar to a wagon and joined the crowd of fleeing villagers. It was 2 in the morning, the artillery fire lighting up a neighbor who had been traveling with them. He was decapitated by an incoming shell.
"If you weren't there, you can't feel what it was like," said Zivika, who lives with her husband, Nedeljko, 46, three sons and a sister in a modest home in Stickney, no different from neighboring ones except for the bitter memories it houses. In a way, the Mijics' saga is a common denominator of the immigrant experience: Driven abroad by war, poverty or oppression, families rebuild their lives in America.
But there is an unexpected, albeit difficult to prove, twist to the Mijics' story: The class-action lawsuit recently filed in Chicago, to which Zivka is a party, alleges that American mercenaries were behind their suffering.
As her lawyers see it, during the Balkan War of the 1990s, America began to "outsource" some of the dirty work of war and diplomacy to private contractors. They allege that behind the early morning attack that the Croats dubbed "Operation Storm" was a northern Virginia-based consulting company called MPRI Inc., made up of former high-ranking U.S. military officers that included a chief architect of Operation Desert Storm a few years earlier in Iraq.
What the Mijics and other Serbs in Croatia went through, their lawyers allege, was a proving grounds for the kind of brutal strategy orchestrated later in Iraq by the now infamous Blackwater Worldwide company, another private military contractor whose security guards were charged by the Justice Department in 2008 with killing at least 17 Iraqi civilians during a firefight the year before.
"MPRI is the granddaddy of Blackwater," said Robert Pavich, one of the lawyers representing Mijic and other Serbs.
MPRI was acquired in 2002 by another defense contractor, L-3 Communications. Officials from L-3 say the lawsuit is baseless.
"The suit is without merit, and L-3 intends to vigorously defend itself against these charges. Beyond that, the company has no additional comment at this time," said L-3 spokeswoman Jennifer Barton in an e-mailed statement.
Since the events, the company has consistently denied involvement in the Krajina offensive. But it has benefited from speculation that it took part in it, said a former senior U.S. diplomat deeply knowledgeable in the Balkan Wars.
"The perception that they did run it helped turn them from a small company to a major contractor," the diplomat said. "Afterwards, everyone wanted them to do what they thought MPRI had done in Croatia."
The Mijics see the lawsuit as a chance to regain a little of what they had lost.
"Everything we had was taken from us," said Branislav.
The Mijics lived comfortably as farmers in Yugoslavia, a nation cobbled together out of incompatible parts after World War I. Serbs and Croats, Catholics, Orthodox Christians and Muslims were thrown together, despite centuries of mutual antagonisms. When the country began to disintegrate during the early 1990s, it wasn't possible to separate the pieces neatly, and warring communities mutually committed atrocities.
The Mijic family lived in Krajina, a Serbian enclave inside what became Croatia, which the Croatians were determined to eliminate in 1995.
"Upwards of 180,000 Serbs would flee the province under duress, the worst single incident of ethnic cleansing in the entire sequence of Yugoslav wars," R. Craig Nation, a historian at the U.S. Army War College, wrote about Operation Storm in his study "War in the Balkans, 1992-2002."
The Mijics experienced the Croatian offensive as 13 days of terror on roads clogged with refugees fleeing to Serbia, with little food to eat and only rainwater to drink.
"Sometimes you could only go 20 feet," explained Branislav, who was 8 then but has vivid memories of the bloody journey. "When bombs fell on the column, dead horses and people and wrecked cars blocked the way."
The Croatian army, described in the lawsuit as "a rag-tag rifle-carrying infantry" was ill-equipped for the bombing task, said Anthony D'Amato, another attorney on the case.
The army previously had performed poorly during the wars that followed the collapse of the Yugoslav state, he said. The maneuver in Krajina required pinpoint targeting to avoid hitting Croatian villages and U.N. peacekeeper bases. Striking crowds of civilians on a road is no mean military feat. Where did the Croatians come by their newfound skill?
"They hired MPRI," said D'Amato, a Northwestern University law professor who has participated in a number of war-crimes lawsuits.
Such historical disputes often remain unresolved for decades, the relevant documents kept under seal in government archives. But as a private corporation, MPRI's files are subject to subpoena, and it did have a contract with the Croatian military in 1995.
Peter Galbraith, U.S. ambassador to Croatia at the time, acknowledged the contract's existence as a witness in the recent trial of Slobodan Milosevic at the Hague War Crimes Tribunal. Croatian leaders are currently on trial there, and testimony and previously unavailable documents produced at those trials makes the suit against MPRI possible.
For example, Slobodan Prajak, a Croatian military official currently on trial in the Hague, explained who was in charge of the operation by testifying: "…that's why we have the organization MPRI in Croatian army, with the top American generals whom we paid and who helped us to prepare Storm and Flash."
The notion that a U.S.-backed company would secretly orchestrate a successful Croat offensive in what at the time had been a Serbian-dominated conflict isn't far-fetched, given the military and diplomatic situation, D'Amato argued.
Richard Holbrooke, a U.S. assistant secretary of state, was looking for a formula to end the fighting.
"As diplomats we could not expect the Serbs to be conciliatory at the negotiating table as long as they had experienced nothing but success on the battlefield," Holbrooke wrote in a memoir, "To End a War."
Whether MPRI was also hired to direct the Croatian offensive could be answered in a courtroom at the Dirksen U.S. Courthouse.
The Mijics and their attorneys are so far taking heart in the fact that a federal judge in a similar lawsuit filed against MPRI in Maryland — alleging that its personnel tortured detainees in Iraq while serving another U.S. contract during the mid-2000s — recently allowed that case to go forward. MPRI is appealing that ruling.
For the Mijics, the wait occurs amid the trappings of a new life, where a gigantic television set in their living room symbolizes their having made it to the American middle class.
But it was a difficult and long passage. They made it through the shelling to the relative safety of Serbia, only to be resettled later in Kosovo. There, they were caught up in the fighting between ethnic Albanians and government forces.
In 2000, the family arrived in the Chicago area, where Nedejko Mijic eventually opened a landscaping business.
In her simply furnished home, Zivka sometimes dreams of the happy times before Operation Storm. On other nights, her mind revisits the incoming shells and their perilous flight.
"You wake up too soon from the good dreams," she said.


=== 2 ===


La privatizzazione della guerra
 
di Ken Silverstein

articolo pubblicato da "The Nation", 28 luglio 1997, tradotto nel n. 47, marzo 1998 di Guerre&Pace


La storia degli interventi politici e militari dell'America abbonda di inganni e scandali, con attori oscuri, avidi interessi e sforzi per tenere il pubblico al di fuori di quelle che di natura dovrebbero essere decisioni pubbliche. Ora questi sforzi hanno fatto un salto di qualità, per portata e dimensioni, che non ha precedenti. La privatizzazione, il processo mediante il quale le responsabilità del governo vengono trasferite nelle mani di aziende che non devono rendere conto a nessuno, è entrata ora anche nelle sale dei signori della guerra.
Senza che se ne parlasse o discutesse, il governo ha inviato società private - per la maggior parte dagli stretti legami con il Pentagono e con personale composto da esponenti delle Forze Armate in pensione - a fornire assistenza militare e nel campo dell'ordine pubblico a alleati esteri degli Stati Uniti. Il governo ha anche ampiamente esteso l'impiego di ditte private che forniscono supporto alle sue operazioni militari all'estero, ivi incluse le azioni antidroga top-secret nell'America Latina e le attività di spionaggio e di addestramento militare per i "clienti" degli USA.
Queste ditte non sono a loro volta per niente ansiose di parlare delle loro attività. Nè lo è l'Ufficio del Dipartimento di Stato per il Controllo sulle Attività Commerciali nel Settore Difesa, che ha il compito della supervisione della maggior parte di questo campo di attività emergente e che ha respinto la mia richiesta di un'intervista per questo servizio. Un funzionario del Dipartimento di Stato mi ha detto di potermi fornire informazioni molto scarse anche sul background generale, a causa delle necessità di proteggere le "informazioni di proprietà" delle società coinvolte (una scappatoia che rende il Freedom of Information Act in effetti del tutto privo di incidenza in quest'area). Il risultato é che la maggior parte delle informazioni rimane nascosta dietro gli appelli del governo al segreto o chiusa a chiave nei libri contabili delle società.

Ma sulla base delle testimonianze di chi ha parlato - e la maggior parte di queste persone ha accettato di farlo solo a condizione di non essere nominati - risulta chiaro che decine di società, che vanno da giganti dell'alta tecnologia con un giro d'affari da 1 miliardo di dollari, come la SAIC, a piccole imprese gestite da marines in pensione, offrono addestramento militare e tutta la relativa assistenza a governi stranieri, su proposta degli Stati Uniti. "I programmi vengono messi a punto per perseguire i nostri obiettivi di politica estera", spiega un ex-alto ufficiale della Defense Intelligence Agency (la DIA, i servizi segreti dell'esercito americano). "Se non c'é l'approvazione del governo, le società non si muovono".
Tra le imprese di primo piano ci sono la Military Professional Resources Inc. (M.P.R.I.) che sta addestrando due eserciti dei Balcani e sta cercando di espandersi in Africa; la Vinnell, che addestra la Guardia Nazionale in Arabia Saudita; la Betac, che lavora a stretto contatto con il Comando per le Operazioni Speciali, un ufficio riservato del Pentagono che si occupa di azioni segrete nel Terzo Mondo.
Un illuminante esempio della collaborazione tra aziende e governo in queste attività é stato dato il 24 giugno scorso, quando la DIA ha sponsorizzato un incontro a porte chiuse, intitolato "La privatizzazione delle funzioni di sicurezza nazionale nell'Africa sub-sahariana". Vi si sono trovati fianco a fianco la M.P.R.I. e altri appaltatori privati degli Stati Uniti, oltre a Eeben Barlow, direttore della nota società sudafricana Executive Outcomes, che negli ultimi anni ha fornito mercenari ai governi di Angola e Sierra Leone e Timothy Spicer della Sandline International, una società britannica il cui ingaggio lo scorso gennaio da parte del governo del Papua Nuova Guinea ha irritato l'esercito di questo stato, provocando un golpe. Spicer era accompagnato dal rappresentante della Sandline negli Stati Uniti, Bernie McCabe, un ex- funzionario delle Forze Speciali dell'Esercito. La DIA ha cercato di non dare grande ufficialità a questo evento, ma un partecipante mi ha detto, "Tutti i funzionari si sono dichiarati in quell'occasione d'accordo con le società private riguardo al fatto che questo tipo di attività andrà fortemente intensificandosi nei prossimi anni".

Il governo difende il suo ricorso a società private e dice che non permetterebbe mai loro di inviare mercenari a supporto di un governo estero, come fanno invece la Executive Outcomes e la Sandline. "Fornire un addestramento militare é molto più che insegnare a qualche tizio come sparare diritto", dice un funzionario del Dipartimento di Stato, che ha parlato a condizione che il suo nome non venisse citato. "Le società offrono istruzioni su come gestire una forza militare in una democrazia, in subordinazione al controllo civile e nel rispetto dei diritti umani". Questa spiegazione suona sospettosamente simile alla giustificazione addotta dal Pentagono per la School of the Americas a Fort Benning, nello stato della Georgia, nella quale migliaia di soldati dell'America Latina sono stati addestrati, come veniva sostenuto, a rispettare i diritti umani, solo per poi lanciarsi in travolgenti carriere di criminali di guerra una volta tornati a casa. Una spiegazione alternativa é che il ricorso ad appaltatori militari privati consente agli Stati Uniti di perseguire i propri interessi geopolitici senza dovere dispiegare il proprio esercito, un sistema molto utile nei casi in cui l'addestramento viene fornito a regimi con un curriculum agghiacciante in fatto di diritti umani. "E' politica estera per procura", afferma Dan Nelson, ex-alto consulente per la politica estera del deputato Richard Gephardt e ora professore alla Old Dominion University. "Le aziende vengono utilizzate per svolgere compiti che il governo, per motivi di bilancio o di delicatezza politica, non può svolgere in prima persona".
L'attuale situazione differisce sia per portata che per dimensioni dalle pratiche adottate in passato, di cui l'esempio più noto venuto alla luce è quello dello scandalo Iran/contra. Oggi, le società più pesantemente coinvolte non sono ritagli della CIA utilizzati principalmente in operazioni segrete, ma aziende da diversi milioni di dollari con interessi diversificati. Il loro lavoro viene approvato nel corso dello svolgimento delle normali attività di enti governativi e messo in atto non da persone locali del paese estero addestrate dalla CIA, ma da alti funzionari militari americani appena usciti dalle forze armate. Prima di offrire assistenza ai governi stranieri, le società devono innanzitutto chiedere una licenza dall'Ufficio per i Controlli sulle Attività Commerciali nel Settore della Difesa presso il Dipartimento di Stato. "Le richieste di licenza vengono esaminate con grande attenzione", mi ha raccontato un funzionario della SAIC. "Anche quando si è ancora allo stadio dei colloqui, si passa a un vaglio molto stretto".

Lo snellimento della burocrazia militare della Guerra Fredda - il livello degli effettivi é sceso del 30 per cento dalla fine di quest'ultima - ha spinto un numero enorme di veterani militari, dai ranghi più alti a quelli dei semplici fanti, nel settore privato. Le uniche capacità professionali che molte di queste persone sono in grado di offrire sul mercato sono le loro esperienze militari e paramilitari.
James Woods, che é andato in pensione come Viceassistente del Segretario alla Difesa per gli Affari Africani nel 1994 e attualmente lavora a Washington come lobbysta della Cohen & Woods International, mi ha raccontato che intere unità guidate da ex-membri delle Forze speciali stanno tentando di vendere addestramento militare a governi esteri. Queste società, molte delle quali si sono insediate presso basi militari nazionali, "consistono essenzialmente in un militare in pensione seduto in una camera di appartamento con un fax e un Rolodex", spiega. "Servono come ponte di collegamento con l'ampio gruppo di militari in pensione. Nei periodi tra una missione e l'altra non hanno molto da fare".
Questi "soldati di ventura", pur continuando a occupare una nicchia di mercato, stanno incontrando sempre maggiori difficoltà a rimediare qualcosa che vada al di là dei piccoli contratti di consulenza su operazioni antiterrorismo o di incarichi limitati per offrire protezione a VIP in trasferta. Per i progetti di più ampio respiro, i guerrieri "freelance" hanno decisamente perso terreno rispetto alle società che hanno buone connessioni con le alte sfere del governo e l'elite dei funzionari militari in pensione. Come mi ha detto un funzionario del Pentagono incaricato della selezione del personale, "la privatizzazione é un modo come l'altro per ricompensare gli ex-alunni". E' sempre la stessa porta girevole:

* Alla M.P.R.I., ventidue funzionari dell'azienda sono ex-esponenti militari di alto rango. Tra di essi vi é il Gen. Carl Vuono, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito durante l'invasione del Panama e la Guerra del Golfo, il Gen. Ed Soyster, gi` capo della DIA, e il Gen. Frederick Kroesen, ex-comandante delle forze USA in Europa.

* La Vinnell é di proprietà della B.D.M., una megazienda di Beltway controllata dal Carlyle Group, una società di investimento diretta dall'ex-Segretario di Stato James Baker, dall'ex-capo del bilancio della Casa Bianca Richard Darman e dall'ex-Segretario alla Difesa Frank Carlucci. Il presidente della B.D.M., Philip Odeen, ha guidato la task force del Pentagono incaricata di riorganizzare il settore militare per il ventunesimo secolo.

* Del consiglio di amministrazione della SAIC hanno fatto parte due ex-segretari alla Difesa, William Perry e Melvin Laird, e due ex-capi della CIA, John Deutch e Robert Gates.

La privatizzazione comporta per il governo tutta una serie di vantaggi. Oltre a fornire un motivo plausibile per negare la paternità delle trame estere, consente a Washington di apportare tagli al personale militare, conservando allo stesso tempo la capacità di influenzare e dirigere missioni di portata enorme. Società che lavorano in appalto possono addestrare un intero esercito straniero. Il Programma Internazionale di Addestramento ed Educazione Militare del Pentagono (IMET) fornisce invece generalmente istruzioni a non più di qualche decina di soldati. La maggiore tra le operazioni dell'IMET in corso é quella in Honduras, dove 266 soldati e ufficiali sono in corso di addestramento. "Le società private aumentano la nostra capacità di fornire addestramento all'estero", afferma il Tenente Generale Larry Skibbie, che attualmente lavora all'America Defense Preparedness Association. "Continueremo a vedere un intensificarsi di questo fenomeno, mentre proseguiranno i tagli alle nostre forze in uniforme".
Nel campo dell'addestramento militare é la M.P.R.I. a fare la parte del leone. La società, che ha sede ad Alexandria, in Virginia, é stata fondata nel 1987 da un generale dell'esercito in pensione, Vernon Lewis. Un opuscolo riporta orgogliosamente che la M.P.R.I. - la quale mantiene un archivio computerizzato con i nomi di 2000 membri delle forze armate in pensione - offre la "migliore esperienza aziendale militare del mondo e dispone di "unità operative e/o rappresentanti sul campo presso sedi militari in tutti gli Stati Uniti e all'estero".

L'anno scorso il governo bosniaco ha dato incarico alla M.P.R.I. - che ha avuto la meglio, in un'offerta d'appalto, sulla SAIC e la B.D.M. - di addestrare le sue forze armate. Il programma, il cui costo é di 400 milioni di dollari, viene pagato in gran parte dall'Arabia Saudita, dal Kuwait, dal Brunei e dalla Malaysia. L'obiettivo di questo programma di addestramento, che é supportato da ampie forniture di armamenti da parte degli Stati Uniti all'esercito bosniaco, secondo quanto si afferma é quello di fare da deterrente rispetto all'esercito serbo, meglio armato. Ma essendo l'esercito serbo in gravi difficoltà, molti osservatori della regione sono sempre più preoccupati della possibilità che un esercito bosniaco riaddestrato e dotato di nuove armi possa sentirsi incoraggiato ad attaccare le forze serbe dopo che le forze multinazionali si saranno ritirate, come si prevede che debbano fare nel 1998.
La M.P.R.I. ha offerto consulenze anche ai militari croati, una relazione che é cominciata nell'aprile del 1995, in occasione di uno dei periodi di combattimento più intensi della guerra balcanica. La M.P.R.I. ha inviato in Croazia un team guidato da un certo numero di ufficiali in pensione, tra cui il Gen. Vuono, il Gen. Richard Griffits e il Gen. Crosbie Saint, che dal 1988 al 1992 ha comandato l'Esercito USA in Europa. Un portavoce del Dipartimento di Stato, John Dinger, ha detto che la M.P.R.I. ha aiutato i croati a evitare "eccessi o atrocità nelle operazioni militari". Il portavoce della M.P.R.I., il capo della DIA in pensione Ed Soyster, mi ha detto che la società ha semplicemente "offerto consulenza sul ruolo dell'esercito in una società democratica".
"I croati desiderano aderire alla NATO," ha aggiunto, "e se si vuole essere ammessi a un club bisogna avere lo stesso aspetto dei membri".
Solo alcuni mesi dopo che la M.P.R.I. ha cominciato le sue attività in Croazia, l'esercito di questo paese - fino ad allora raffazzonato e incapace - ha lanciato una serie di sanguinose offensive contro le forze serbe. Quella più importante é stata l'Operazione Tempesta di Tuoni, cioé l'aggressione contro la regione della Krajina, durante la quale i villaggi serbi sono stati saccheggiati e bruciati, uccidendo centinaia di civili e scacciando dalle loro case circa 170.000 persone.
Roger Charles, un tenente colonnello in pensione e ricercatore militare della Marina americana, che é stato premiato per la sua opera dalla Investigative Reporters and Editors Association, é convinto che la M.P.R.I. abbia svolto un importante ruolo nella campagna di Krajina. "Nessun paese può passare dalle milizie composte da canaglie raccolte per la strada alla messa in atto di un'offensiva militare professionale, senza avere ricevuto aiuto", afferma Charles, che ha analizzato per lungo tempo le attività della M.P.R.I. "I croati hanno fatto un buon lavoro di coordinamento dei mezzi blindati, dell'artiglieria e della fanteria. Non é qualcosa che si impara mentre si riceve un addestramento sui valori democratici".
Un ufficiale di collegamento croato ha raccontato alla stampa locale che solo alcune settimane prima dell'offensiva il Generale Vuono ha tenuto un incontro segreto ad alto livello nell'isola di Brioni, di fronte alla costa della Croazia, con il Gen. Cervenko, l'architetto della campagna di Krajina. Nei cinque giorni che hanno preceduto l'attacco, si sono tenute almeno dieci riunioni tra il Generale Vuono e gli ufficiali che hanno partecipato alla campagna.

In un certo senso, il fatto che la M.P.R.I. abbia diretto la campagna di Krajina o meno è secondario. "Una volta che si é fornito addestramento non c'é modo di controllare come le abilità che avete insegnato vengono usate", dice Loren Thompson, uno specialista militare presso l'Alexis de Tocqueville Institution, un'organizzazione conservatrice. Dato il curriculum della Croazia nel ventesimo secolo, afferma - soprattutto la sua collaborazione con i nazisti - "non siamo sicuri che sia desiderabile che questo paese abbia un esercito professionale".
La M.P.R.I. nega di avere aiutato i croati ad armarsi, ma anche in questo caso si trovava in una posizione per svolgere come minimo un ruolo indiretto. Secondo un funzionario governativo in pensione, che fa da intermediario per gli accordi relativi agli acquisti di apparecchiature militari, Zagabria ha comprato armamenti da un commerciante di armi tedesco, Ernst Werner Glatt, fino ad almeno l'anno scorso. Negli anni '80, Glatt era il mercante d'armi preferito dalla CIA, che lo ha scelto per vendere armi ai contras in Nicaragua e ai mujahedin in Afghanistan, tra gli altri. Glatt é arrivato a fornire 200 milioni di dollari di armi all'anno, denaro che gli è servito per acquistare una tenuta in Virginia, che ha chiamato Aquila Nera, un simbolo della Germania nazista.
Durante lo stesso periodo Soyster, che ora lavora presso la M.P.R.I., lavorava per la DIA, che assegnava anch'essa l'appalto di affari a Glatt. Quest'ultimo ha ricevuto somme enormi dalla DIA nel corso degli anni '80 affinché si procurasse armi sovietiche da spedire negli Stati Uniti, da dove venivano inviate a strutture militari che lavoravano per gli USA in America Latina, Asia e Africa. Dopo che Soyster si é ritirato, lui e Glatt sono diventati soci d'affari in almeno un contratto per la vendita di armi.

Il coinvolgimento nei balcani della M.P.R.I. é un caso eloquente di "ricompensa per gli ex-alunni". Il Tenente Gen. James Chambers ha servito per trentasei anni nell'Aviazione, con l'incarico per un certo tempo di direttore delle operazioni estemporanee in Bosnia. Dopo il suo pensionamento, é diventato vicepresidente della M.P.R.I. Il Gen. John Sewall, che ora lavora per la società in Croazia, prima di andare in pensione é stato consulente speciale del Pentagono per la Federazione Musulmano-Croata, creata nel 1994 su iniziativa degli Stati Uniti. L'anno successivo, Sewall e un altro ufficiale hanno effettuato numerosi viaggi in Bosnia e Croazia. Gli osservatori europei ritengono che la loro missione fosse quella di offrire consulenze militari, un'attività allora bandita da un embargo delle Nazioni Unite. "Se non sono coinvolti in qualche programma di pianificazione militare, cosa ci fanno ll?" si é lamentato all'epoca un comandante francese, "dobbiamo forse credere che Sewall e i suoi siano dei turisti?". [...]




NATO's "new concept" ? 11 years old !

1) NATO NEW CONCEPT 11 YEARS OLD (Zivadin Jovanovic)

2) Focal points of the new NATO strategy to be considered and adopted at the NATO summit in Lisbon, 19-21 November 2010


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NATO NEW CONCEPT 11 YEARS OLD

Friday, 05 November 2010 10:30 zuka2en

Zivadin Jovanovic November 3rd, 2010. 
Belgrade Forum for a World of Equals

In the eve of the NATO Lisbon summit there is a need to recall that eleven years ago Serbia (FRY) was a testing ground and first victim of so called new concept of NATO strategy which is to be formally endorse in Lisbon this November (19/20). 
It is expected that the leaders of NATO members will, among other things, authorize themselves to undertake military actions beyond the area of their own territories, in fact, all over the globe. Their actions do not have to be of defensive but offensive whenever they consider this to be in their interest. NATO will not seek authorization of the UN Security Council for the use of military force. It imposes itself above UN, OSCE and all other international bodies. Division of burden and tasks with European Union will be the pillar of the new NATO strategic concept. 
All this and much more, was evidently tested in Serbia (FRY) in 1999. 
During 72 days of continuous military aggression NATO left thousands of dead, two thirds civilians, economy completely destroyed, environment polluted by depleted uranium missiles, hundreds of thousands of displaced. Even today, some of the buildings in the heart of Belgrade remain in ruins while over 200.000 of Serbs from Kosovo and Metohija cannot return to their homes. 
NATO countries supported unilateral illegal secession of Kosovo and Metohija from Serbia (February 2008), then they led the process of recognition of illegal creature of theirs. 
In the 90-ties many NATO countries had been financing, training and arming terrorist KLA. In return, KLA was their ground force in the time of aggression. Today NATO is arming, training and financing illegal Army of ilegal Kosovo and Metohija composed of elements of former terrorist KLA. USA, Britain, Germany and Turkey are leading participants in this process. 
No wonder that Kosovo and Metohija  is perceived by some as NATO-state, by others as a narco-state. In any case, military base “Bondstil” in Kosovo remains the largest USA base in Europe (some claim in the world). The Province, with about 9.000 KFOR (NATO) tropes continues to be recruiting ground for drag mafia and transit route of heroin from Afghanistan to Central and Northern Europe. 
The last weekend “representatives” of Albanians from Serbia, FYROM (Macedonia), Greece and Montenegro gathered in Tirana from where they formally proclaim their common objective – to establish Greater Albania. All Albanians in one state! 
Thus, NATO aggression on Serbia in 1999, NATO strategy in general, led to raise of secessions, legitimization of interventions, undermining of the role of UN and international law. NATO made Balkan region of lasting instability. Is this the role of NATO that Europe and the world want to see in the future?


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PEACE YES, NATO NO!

Friday, 05 November 2010 10:26 zuka2en

Focal points of the new NATO strategy 


to be considered and adopted at the NATO summit in Lisbon, 19-21 November 2010. 

1. NATO insists on nuclear weapons as absolute necessity for the politics of deterrence. Nuclear weapons are to be continuously deployed and modernized, the British Trident Fleet Ballistic Missiles as well as the American strategic nuclear weapons. All plans concerning the withdrawal of nuclear weapons from Europe and the abandonment of nuclear sharing are cancelled.

2. The essence of the new NATO doctrine is the takeover of US plans concerning an American missile defense as a central NATO project. Europe is to be protected by an antiballistic missile defense shield. This is said to be the only way to realize the concept of deterrence and security in the 21st century.

3. The war in Afghanistan is seen as the topical challenge of NATO and shall be continued with reinforced efforts of civil-military cross-linkages until the war is won.

4. All member states are asked to intensify their defense mechanisms and to render them more effective.

5. Although NATO does not perceive itself to police the world, it does understand itself as an interventional force if its member states’ “interests” (worldwide, but particularly within the European-Asian area) are endangered. These interests explicitly include the protection of the member states’ “natural resources” and trade routes.

6. Another aim is the Eastern expansion of NATO – yet not as distinctly phrased as in previous official documents. The Eastern expansion shall include new partnership alliances with the former Southern Soviet republics as well as Indonesia and Malaysia, and also Australia and New Zealand. Japan is to be integrated in an innovative partnership.

7. According to the new strategy paper, EU-Europe is seen as partner and second pillar of NATO with a military alliance of its own, with which a “burden sharing”, a division of tasks and duties, is envisaged. This involves a significant revaluation of the EU military and defense policy as laid down in the Lisbon Treaty.

8. The need to reinforce electronical warfare is emphasized, regarding both NATO’s own action and recruitment realm and the scope of response to attacks directed at computers, communications- and power networks. The so-called “cyber war” usually includes the depletion of democratic civil rights and a further militarization of research (as regards security related topics).

9. Furthermore, the strategy paper highlights the “new” role of NATO, which shall manifest itself inter alia in the fight against global warming and other global challenges. The “security” against the consequences of climate change (migration flows) is to be ensured militarily.

10. All these challenges are classified as part of the “war against terrorism”. This war is among other things exploited for the feigned legitimation of global interventional operations of NATO.



(italiano / english)

‘Free market’ brings disaster to Eastern Europe

1) I rumeni dicono oggi, che è meglio vivere sotto il comunismo che sotto il capitalismo
2) ‘Free market’ brings disaster to Eastern Europe


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I rumeni dicono oggi, che è meglio vivere sotto il comunismo che sotto il capitalismo


02/11/2010
By sitoaurora

James Cross Patria Grande 01 Novembre 2010


Secondo un recente sondaggio effettuato in Romania, la maggioranza della popolazione sostiene che la vita era migliore con il Partito comunista al potere che sotto il capitalismo di oggi. La maggior parte degli intervistati ha dato una visione positiva del comunismo, e più del 60% l’ha considerata una “buona idea” in linea di principio. Gli intervistatori hanno osservato un significativo aumento delle affinità con l’ideologia comunista, rispetto ad un analogo sondaggio di quattro anni prima.
Condotta tra agosto e settembre di quest’anno dall’Istituto Rumeno di sondaggi CSOP, l’indagine ha mostrato che oltre il 49% ritiene che la vita era migliore sotto il governo dell’ex leader comunista Nicolae Ceausescu, mentre solo il 23% pensa che la vita sia meglio oggi. Il resto ha dato una risposta neutra o ns/nc.
I motivi addotti per la valutazione positiva del periodo comunista erano principalmente economici, un 62% ha indicato la disponibilità dei posti di lavoro, il 26% le condizioni di vita dignitose e il 19% l’alloggio universalmente garantito.
L’indagine è stata sponsorizzata dall’organizzazione IICM (Istituto per la Ricerca dei Crimini del Comunismo e la memoria dei rumeni esiliati), finanziata con fondi pubblici al fine di contribuire al lavoro per “educare” la gente sui mali del comunismo. Tra le delusioni più amare che i risultati del sondaggio hanno fornito a questa organizzazione, si contavano le risposte alla domanda sul fatto che gli intervistati e le loro famiglie avrebbero sofferto sotto il regime comunista.
Solo il 7% degli intervistati ha dichiarato di aver sofferto sotto il comunismo, con un ulteriore 6% che non ha subito lesioni personali, ma sostiene che ne abbia avuto un familiare. Ancora una volta, le ragioni erano principalmente economiche: La maggior parte riguardava la penuria che si è verificato negli anni 1980, quando la Romania ha lanciato un programma di austerità per rimborsare il debito estero. Una piccola parte di quella minoranza che aveva sofferto durante il periodo comunista, credeva che fosse stata danneggiata dall’avere le proprietà nazionalizzate, e una manciata (il 6% di chi ricordava esperienze negative sotto il comunismo) ha detto che mentre i comunisti erano al potere loro, o un membro della famiglia, era stato arrestato ad un certo punto.
Torcendo a discrezione i risultati dell’indagine, l’IICM ha notato che molti degli interpellati (41% e 42% rispettivamente) è d’accordo con l’affermazione che il regime comunista era o criminale o illegale. Una minoranza significativa (37% e 31%) è in disaccordo con queste affermazioni in modo esplicito, e il resto erano neutrale o silenzioso.
Inoltre, sebbene la maggior parte dei partecipanti ha accolto favorevolmente il comunismo -solo il 27% ha dichiarato di non essere d’accordo in linea di principio con esso-, la maggior parte di coloro che hanno dato un parere definitivo, pensano anche che le idee comuniste non sono mai state attuate nel modo migliore, prima del cambio di regime del 1989. Il 14% ha dato la risposta inequivocabile che il comunismo era una buona idea e che l’aveva attuato nella migliore in Romania. Inoltre, una buona parte dei rumeni è indeciso se il comunismo fosse o meno legale e una legittima forma di governo, e una vasta maggioranza di coloro che dicono che il comunismo è stato attuato in modo non corretto, tuttavia, è univoco quando ritiene che il sistema attuato dal Partito Comunista Rumeno, con tutti i suoi difetti, ha offerto una vita migliore alle persone, di quanto oggi ha offerto il capitalismo.


Obiettivi comunisti

Prima dell’ascesa al potere dei comunisti in Romania, la maggior parte della popolazione era analfabeta e non  aveva accesso alle cure sanitarie. Solo una minoranza della popolazione rurale, che era il predominante, hanno avuto accesso ai servizi igienici o di potenza disponibile fornitura. Il tasso di mortalità infantile sono stati tra i peggiori in Europa, e la prognosi di vita era inferiore a 40 anni, a causa della fame e altre malattie. Il regime di destra rumeno, alleato di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, nel quadro di alleanza capitalista, ha inviato la maggior parte della popolazione ebraica del paese nei campi di sterminio nazisti.
Portati al potere dalla vittoria sovietica sulla Germania nazista nel 1945, i comunisti rumeni, finora un gruppo clandestino illegale in lotta contro il governo pro-fascista rumeno e i nazisti, ammontavano a poche migliaia. Riuscirono anche a mobilitare l’entusiasmo del popolo nel ricostruire il loro paese devastato dalla guerra. Eliminarono praticamente l’analfabetismo, migliorarono e ampliarono in maniera massiccia i servizi sanitari e, come rilevato dai lavori del CSOP, un alloggio e un dignitoso tenore di vita diventarono accessibile a tutti.
Incoraggiati da questi successi, il governo comunista guidato da Nicolae Ceausescu prese dei prestiti negli anni ‘70, per l’acquisto di costose attrezzature industriali dall’Occidente, per aumentare il tasso di crescita economica del Paese, con la speranza che i paesi occidentali avrebbero aumentato le importazioni di prodotti rumeni. Questa strategia non riuscì, e poi fu attuato un programma di austerità per pagare il debito pubblico, portando ad un crescente risentimento.
Nicolae Ceausescu e sua moglie Elena furono fucilati il giorno di Natale del 1989. La loro condanna a morte è stata emessa dopo un processo sommario ordinato dai nuovi leader riformisti del paese, furono giudicati colpevoli di crimini contro il popolo rumeno.
Ma nonostante questa convinzione, e anche se l’opinione generale si riflette nei risultati del sondaggio del CSOP, è che il sistema comunista, come applicato in Romania, abbia fallito, solo una piccola minoranza degli intervistati nel sondaggio (15%), dice che l’ex leader comunista Nicolae Ceausescu era un pessimo leader. La maggior parte è neutrale o indecisa, e il 25% afferma che la leadership di Ceausescu era stato buona per il paese.
Nel valutare i risultati del sondaggio, rileva IICM che i romeni sono ben lungi dall’essere unici nella loor valutazione positiva del comunismo del secolo scorso. Según una encuesta realizada en varios países del Centro y el Este de Europa en 2009 por el Centro de Investigación estadounidense Pew, el porcentaje de población en países exsocialistas que considera la vida bajo el capitalismo peor de lo que fue durante el período comunista, es la siguiente: Secondo un sondaggio condotto in diversi paesi dell’Europa centrale e orientale, nel 2009, dal Pew Research Center degli USA, la percentuale della popolazione nei paesi ex socialisti che ritengono che la vita sotto il capitalismo è peggiore che durante il periodo comunista, è la seguente:
Polonia: 35%
Repubblica Ceca: 39%
Slovacchia: 42%
Lituania: 42%
Russia: 45%
Bulgaria: 62%
Ucrania: 62%
Ungheria: 72%
Particolarmente significativo nei risultati del sondaggio CSOP/IICM del 2010 in Romania, è che mentre acquisiscono più esperienza della vita sotto la “economia di mercato“, la gente diventa sempre più negativa rispetto al capitalismo e più positiva nei confronti del comunismo. Nella precedente indagine, condotta nel 2006, il 53% ha espresso un parere favorevole al comunismo, nel 2010, la percentuale di favorevoli è salita al 61%.
I risultati del sondaggio del CSOP non sono sorprendenti, se vi ricordate cosa è successo da quando vi è stata la reintroduzione del capitalismo: povertà crescente, aumento della disoccupazione e dell’insicurezza. Il sistema sanitario rumeno è in crisi, e i lavoratori del settore pubblico hanno visto i loro salari ridursi del 25%. [1]


NOTA:
[1] Le informazioni tecniche su questo sondaggio: 1133 persone dai 15 anni in su sono stati intervistati tra il 27 agosto e il 2 settembre 2010. Le interviste sono state condotte sulla base di un questionario standardizzato, faccia a faccia a casa. Margine di errore: 2,9%.

James Cross è un collaboratore regolare alla rivista elettronica redantliberationarmy.worpress.com

Traduzione di Alessandro Lattanzio – Aurora03.da.ru


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Even CIA statistics show

‘Free market’ brings disaster to Eastern Europe


PART 2

By Caleb T. Maupin 
Published Aug 15, 2010 10:26 PM


The Central Intelligence Agency, a ruthless enforcer of Wall Street’s drive for profits, publishes “The World Factbook.” It gives updated statistics for every country, some of which measure quality of life and societal health, such as life expectancy, infant mortality, literacy, unemployment and industrial production. In this series, Workers World examines some surprising conclusions, all using the CIA’s own statistics. Even though these statistics often understate gains compared to United Nations figures, they can’t help but show that countries benefit by breaking with imperialism.

When the Soviet Union dissolved and the socialist countries of Eastern Europe experienced counterrevolutions, the press proclaimed that the “free market” would bring prosperity to the people there. The media claimed that the collapse of the USSR was due not to 72 years of hot and cold war against the socialist regime, but to an inherent flaw in socialism.

They claimed that now that capitalism had returned to the USSR and Eastern Europe, prosperity and increased quality of life would ensue.

Statistics show that the actual results of the massive counterrevolutions were otherwise.

Belarus is the only country in the former USSR still attempting to maintain a socialist economic model. The rest of the former USSR and Eastern Europe have largely succumbed to the economics of the “free market.”

National infant mortality rates are universally recognized as basic quality of life barometers. The socialist economy of Belarus has achieved a relatively low infant mortality rate of 6.34 deaths per 1,000 births in the first year. Estonia, Hungary, Slovakia, Lithuania and Poland all have higher infant mortality than socialistic Belarus. The infant mortality rate in capitalist Ukraine is 8.73.

Capitalist Georgia, whose pro-Western regime attacked Russia in 2008, has a very high infant mortality rate of 15.67, while Bulgaria’s infant mortality is 17.26.

The highest infant mortality in Eastern Europe is suffered by Romania. Romania was the victim of a brutal capitalist counterrevolution in 1989 and its president was executed. Under the free market, the infant mortality rate has climbed to 22.09.

It seems that the restoration of capitalism in Eastern Europe has hardly been an “economic miracle.” Almost 20 years after the collapse, Eastern Europe has entered the “free world” of high infant mortality and shorter life expectancies.

It seems that Belarus, dubbed “the last Soviet Republic” by Western media, and demonized for its refusal to adopt capitalist economics, has a much better quality of life than the regimes that “reformed” themselves into the system of free-market chaos and impoverishment.

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