Informazione


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Claudia Cernigoi
Data: 28 dicembre 2010 19.46.58 GMT+01.00
Oggetto: aggiornamento sito

Per finire in gloria il 2010 ho inserito questo articolo nel nostro sito
buona lettura!
Claudia
 


MATCH INZERILLI VERSUS SPETIC A TRIESTE.

Il 9 dicembre scorso, a Trieste, in occasione della presentazione del nuovo libro del giornalista Silvio Maranzana (“La (dis)unità d’Italia. Guerra anticomunista sul fronte orientale dagli Arditi a Gladio”, ed. Italo Svevo), si è svolto un confronto a due tra il generale gladiatore Paolo Inzerilli, ed il giornalista senatore Stojan Spetič, già consulente della Commissione parlamentare Mitrokhin.
Senza storia i primi due interventi: quello della sociologa Ornella Urpis che ha candidamente esordito dicendo di non sapere nulla dell’argomento ma di essere intervenuta solo perché amica dell’autore; ancora peggio quello dello storico Diego Redivo che ha esposto una singolare teoria (che noi avevamo sperato fosse soltanto sua personale, ma ci hanno detto che in realtà ha anche altri seguaci) in merito al decorso della storia del 900. 
Semplificando (se abbiamo capito bene, altrimenti, se abbiamo frainteso, chiediamo scusa e pubblicheremo smentita): tutti i conflitti nazionalistici ed ideologici sarebbero sorti dopo la Prima guerra mondiale, dove essendo il comunismo sviluppatosi in un paese “slavo” (la Russia) questo avrebbe creato una “attrattiva” nei confronti delle altre popolazioni “slave” che avrebbero in tal modo “alimentato” la propria lotta nazionalistica e questo fattore, assieme allo sfascio dell’Impero austroungarico, avrebbe provocato le contrapposizioni tra il neonato regno di Jugoslavia e l’Italia. Questa analisi, che non tiene conto di tutte le motivazioni sociali, economiche e geopolitiche della situazione creatasi dopo la rivoluzione industriale e dopo la prima guerra mondiale, ci ha davvero lasciato basiti, ma tant’è, è vero che noi non siamo storici accademici e spesso nemmeno riconosciuti come ricercatori storici.
Torniamo ora al clou della serata, cioè il match vero e proprio, che ha visto un particolarmente brioso Stojan Spetič attizzare il pacato generale Paolo Inzerilli su alcuni argomenti “caldi”.
La prima osservazione fatta da Spetič è stata che nella nostra zona per descrivere quanto avvenuto tra la Seconda guerra mondiale e l’inizio degli anni ’90 più che di “guerra fredda” si sarebbe dovuto parlare di “guerra a bassa intensità”, visto che qui si sono trovati a lavorare servizi di vari Stati, la Gladio, l’organizzazione “O”, il Noto servizio e chi più ne ha più ne metta, dove il pretesto per il mantenimento di queste strutture in zona era quello della difesa dei confini mentre, dato che il confine orientale dopo il 1945 non era sicuramente più in discussione, in realtà si trattò di un gioco interno al Paese, una scusa per condurre una lotta al di là della legalità contro avversari come il PCI e più genericamente le sinistre, una lotta contro il cosiddetto “pericolo comunista” in Italia. 
Spetič ha anche evidenziato come nella Benecjia (la cosiddetta “Slavia veneta”, ovvero le alte valli del Natisone, al confine tra il Friuli e la Slovenia), dove i comunisti erano una sparuta minoranza, la comunità slovena, cattolica e di destra, fu pesantemente repressa.
La definizione di bassa intensità ha trovato d’accordo il generale Inzerilli, che però ha tenuto a precisare che solo nella zona di Trieste vi sono state tensioni motivate dalla presenza di più etnie, in altre parti la convivenza tra etnie non ha mai creato problemi. Ma va evidenziato che Inzerilli ha esordito dicendo “la parola alla difesa”, come se avesse interpretato le osservazioni del senatore come delle “accuse”. In effetti il generale si è mostrato, oltre che sulla difensiva, anche piuttosto reticente e “giustificativo”, in un modo che ci ha ricordato l’intervento fatto da un altro gladiatore, Giorgio Mathieu, a Trieste lo scorso gennaio (nel corso della presentazione del libro “Gladio” di Pannocchia e Tosolini), teso a ribadire l’estraneità di Gladio a tutto quanto possa essere accaduto in Italia nell’ambito della strategia della tensione. Essendo noi seguaci della vecchia teoria della “scusa non richiesta colpa manifesta”, ogni volta che ci troviamo di fronte interventi così sfacciatamente giustificazionisti, non possiamo fare a meno di drizzare le orecchie ed accettare col beneficio del dubbio le dichiarazioni di Inzerilli.

All’osservazione di Spetič che tra i documenti inseriti nell’istruttoria di Mastelloni si trova un ordine trovato alla caserma Ariete di Udine dove si diceva a 3700 “membri” (Spetič ha ribadito di non essere in grado di dire se fossero membri di Gladio – stante che tutti gli interessati ribadiscono che i “gladiatori” non erano più di 622 – o di quale altra struttura) che in caso di bisogno si dovevano “eliminare i comunisti ed i preti slavi” dalle valli del Natisone, ordine questo diverso da quello diffuso nel resto d’Italia che prevedeva di internare i comunisti e non eliminarli.
Su questo Inzerilli ha commentato che se fosse stato per lui avrebbe radiato dall’albo dei generali il generale che aveva ordinato un tanto, ma non ha smentito né confermato l’esistenza e la genesi di questo documento. 
Poi Spetič ha asserito che dopo il 1948 la Jugoslavia era diventata un alleato degli “occidentali” e quindi non veniva più considerata probabile un’eventuale invasione da parte dei paesi del patto di Varsavia attraverso la “soglia di Gorizia”, ma piuttosto attraverso il Brennero, passando dalla neutrale Austria, valutando che l’Armata jugoslava e la Difesa popolare avrebbero tenuto bloccati gli eserciti del patto di Varsavia se avessero voluto invadere l’Italia attraverso la Jugoslavia.
A questo Inzerilli ha ribattuto che, mentre il cambio politico di Tito fu un dato di fatto, l’Italia non aveva cambiato idea sulla possibilità di essere invasa ed ha definito una “boiata pazzesca” il documento che parlava della possibilità di ingresso dal Brennero, non c’era alcuna sicurezza che l’esercito jugoslavo fosse fedele a Belgrado ma che una buona parte di esso avrebbe collaborato con l’Urss.
Spetič ha poi parlato di vari piani per creare incidenti di frontiera in modo da aumentare la tensione al confine, ed ha citato la nota “Operazione Delfino” del 1966 (della quale ha diffusamente parlato il settimanale “Avvenimenti” nel numero del 22/1/92) operazione che ipotizzava il malcontento dei triestini per le politiche economiche del governo ed in questa circostanza la creazione di un’alleanza tra cittadinanza e non meglio identificati “slavi” che avrebbero dato vita ad una insurrezione da reprimere (insorgenza, nella terminologia gladiatoria). In preparazione a questa insorgenza erano previste azioni eversive provocatorie, che creassero un malcontento nella sinistra, e qui Spetič ha parlato di fatti realmente avvenuti (tra il 1961 e il 1962, specifichiamo), come un attentato al prof. Schiffrer (esponente socialista che aveva fatto parte del CLN triestino); un attentato dinamitardo che distrusse parzialmente la sede del PCI; un fallito attentato alla redazione del quotidiano in lingua slovena Primorski Dnevnik. Noi aggiungiamo che per tutte queste azioni i colpevoli furono identificati in un gruppo di estremisti di destra, inseriti in due gruppi definiti “diretta emanazione del MSI” dagli inquirenti, e cioè Avanguardia Nazionale ed i grottisti del GEST, tra i quali brillava quell’Ugo Fabbri che ha più volte definito la propria attività “orgogliosamente eversiva”.
(Delle attività del GEST e dei suoi adepti, grottisti neri abbiamo accennato, anche se l’argomento richiederebbe uno studio apposito, nel dossier “1972” disponibile in questo stesso sito).
La risposta di Inzerilli è stata che la “Operazione Delfino” era in realtà una semplice esercitazione a tavolino tra quadri che ricoprivano i ruoli di “rossi” e di “neri” (una sorta di Risiko per alti ufficiali?), ma in realtà non era successo niente di quanto scritto, e che questa è stata l’unica esercitazione del genere in 35 anni di attività della Gladio.
Come al solito, quando ci troviamo a sentire queste cose nell’ambito delle relazioni sull’attività della Gladio, noi ci poniamo un paio di problemi. Perché da un lato ci viene descritta l’esistenza della struttura Gladio come necessaria per “garantire la resistenza” nel nostro Paese in caso di attacco da parte dell’Armata Rossa (resistenza che l’esercito regolare del nostro Paese non avrebbe potuto gestire, secondo quanto detto da Franco Tosolini nel corso del sopra citato convegno di gennaio scorso), mentre da un’altra parte c’è questa “minimizzazione” del ruolo della struttura, come nel caso della descrizione della “Operazione Delfino” da parte di Inzerilli, cioè alcuni ufficiali che, strapagati con le nostre tasse, passano le giornate a fare wargames da tavolino.
Sarebbe bello ci spiegassero quale, di queste due descrizioni, delinei la realtà della struttura Gladio.
Il fatto è che, come ha puntualizzato Spetič, la stesura dell’“Operazione Delfino risale alla primavera del 1966, ma a Trieste nell’ottobre del 1966 avvenne una vera e propria rivolta, perché la politica economica del governo aveva sancito la chiusura del Cantiere San Marco, con ripercussioni in termini di licenziamenti tali da mettere in ginocchio l’intera economia cittadina. Ed in quell’occasione la cittadinanza scese in piazza, tirò su barricate, si svolsero degli scontri che non degenerarono in tragedie non sappiamo se per mera fortuna o se per la lungimiranza di chi organizzò l’ordine pubblico. E dato che durante questi scontri si trovarono uniti rivoltosi di sinistra con rivoltosi di destra (per la distruzione del circolo del sindacato ACLI del rione operaio di San Giacomo furono successivamente identificati diversi attivisti di destra), non ci sarebbe stato nulla di strano se tra le migliaia che furono in piazza in quei giorni ve ne fosse stato anche qualcuno facente parte della struttura Gladio.

Successivamente Spetič ha parlato dell’ordine che prevedeva che gli infiltrati della Gladio che venivano scoperti avrebbero dovuto venire “eliminati” per non svelare l’esistenza dell’organizzazione: a questo il generale ha ribattuto che un tanto si legge nell’istruttoria di Casson, ma che non gli risulta che sia mai stato dato l’ordine di “eliminare” chicchessia, e dato che era lui a firmare gli ordini, avrebbe dovuto essere a conoscenza di una cosa del genere. Non è che una risposta data così sia del tutto esaustiva, anche perché (parere personale, ovviamente) sarebbe quantomeno originale che il responsabile di un tale ordine lo ammettesse così platealmente.
Spetič ha poi sollevato la questione dei Nasco, cioè dei depositi di esplosivo della Gladio, e nello specifico quello di Aurisina, che sarebbe diventato un deposito di scambio tra esplosivo jugoslavo (Vitezit) contrabbandato dagli ustaša per fare attentati in Italia (vi sono fondati sospetti che l’esplosivo di piazza Fontana fosse appunto il Vitezit) ed esplosivo italiano inviato in Jugoslavia per fare attentati lì. 
Inzerilli ha risposto sul Nasco dicendo che il deposito era chiuso, l’esplosivo sigillato, che non si trovava in grotta ma in un bunker e che parte dell’esplosivo era stato spostato in una scarpata da alcuni ragazzini che avevano scoperto il bunker e poi ritrovato successivamente; che l’esplosivo che c’era dentro non era italiano né jugoslavo, ma americano ed all’epoca in Italia questo tipo di esplosivo l’aveva solo la Gladio. Il generale ha poi attaccato Spetič per questa “teoria” che sarebbe stata, secondo lui, “presa da Cucchiarelli” (Paolo Cucchiarelli nel “Segreto di Piazza Fontana”, edito da Ponte alle Grazie, sostiene che l’esplosivo usato per la strage sarebbe stato il Vitezit, ipotesi che tra l’altro ci sembra essere al vaglio della magistratura), che secondo lui è inattendibile ed è stato molto contento che la stampa straniera non abbia preso in considerazione questo libro ed ha concluso affermando di averla ampiamente contestata ritenendola un’ipotesi come un’altra, ma per quanto lo riguarda “non sta in piedi” e “carte alla mano tutto questo è falso”.
Non crediamo sia così semplice definire “tutto falso” quanto sollevato da Spetič, né la “teoria” di Cucchiarelli, visto che, ammesso e non concesso che l’esplosivo dei Nasco fosse effettivamente solo esplosivo Nato, il problema che è stato posto non era che l’esplosivo del Nasco fosse stato usato per la strage di Milano, quanto il fatto che il Nasco venisse usato come deposito di scambio di esplosivo, ad uso e consumo di neofascisti italiani e jugoslavi.
Ed in questo contesto di misteri triestini Spetič ha anche ricordato la morte misteriosa di un giovane carabiniere, Bojan Claudi, che si era trovato a fare dei controlli presso un’altra cavità dove si svolgevano strani traffici di esplosivi, e rimase ucciso “per un incidente” nel 1974. Aveva forse visto qualcosa che non doveva vedere? si chiede il senatore, girando la domanda al pubblico.
Si è poi toccato l’argomento dei Nuclei di difesa dello Stato, che secondo Inzerilli erano “una istituzione molto strana”, che aveva dei compiti simili a quelli della Gladio (lotta contro l’invasore e contro il comunismo), ma questi reclutavano civili (gli “esterni”) che non dovevano essere né di destra né di sinistra (anche qui ci sono tornate in mente alcune affermazioni fatte da Tosolini nel corso della presentazione del suo libro “Gladio”, e cioè a domanda se avesse fatto ricerche su un eventuale passato in RSI o collaborazionista dei gladiatori, ha risposto di non avere fatto ricerche perché questa sarebbe stata una domanda sterile, dato che sicuramente sarebbero stati esclusi dall’arruolamento nella Gladio estremisti di destra e di sinistra mentre i socialisti venivano tranquillamente inseriti). Gli NDS nati secondo Inzerilli all’interno della III Armata, furono sciolti tra il 1972 ed il 1973, quando fu sciolta anche la III Armata (va detto che il giudice Salvini ha parlato di probabile scioglimento) ed erano protetti da una parte dei servizi (Inzerilli ha tenuto a precisare che non era la “sua” parte); che degli NDS avevano fatto parte Vincenzo Vinciguerra (l’autore confesso dell’attentato di Peteano, che provocò la morte di tre carabinieri) ed Amos Spiazzi (ufficiale dell’esercito pluriinquisito in un’infinità di indagini relative alla strategia della tensione, ma sempre uscito pulito dai giudizi cui è stato sottoposto), mentre lui, Inzerilli, è sempre stato estraneo agli NDS.

Su un altro punto il generale Inzerilli si è invece un po’ adombrato, quanto Spetič ha chiesto se lo svelamento dei nomi dei 622 gladiatori fosse stato finalizzato a rendere nota una struttura ormai bruciata per proteggerne delle altre, che andavano invece tenute nascoste perché ben più importanti, come la struttura detta “Anello”, (o “Noto servizio”, di cui avrebbe fatto parte anche un nostro concittadino, il dottor Giovanni Maria Pedroni).
Inzerilli ha subito ribattuto di avere “corretto la presentazione” di un libro scritto da una giornalista (qui gli sfuggiva il nome di Stefania Limiti, autrice de “L’Anello della repubblica” edito da Chiarelettere, ma va detto che in tutto il suo intervento il generale ha fatto meno nomi possibile) e che quello che l’aveva colpito nel leggere il libro era che “non esiste un pezzo di carta, non esiste un documento”, che queste cose potrebbero essere anche vere ma senza documenti non sono credibili, e tutti coloro che avrebbero parlato sono morti.
Ora, a prescindere dal fatto che non risulta che Inzerilli abbia “corretto” alcunché della presentazione del libro sull’Anello, va ricordato che quanto riportato nel libro fa parte di indagini giudiziarie ed anche se la gran parte dei testimoni sono morti, non è che una volta morto il testimone la sua testimonianza non ha più valore se essa è stata rilasciate in vita all’autorità giudiziaria, quindi anche in questa risposta possiamo notare una sorta di arrampicata sugli specchi da parte del generale.

Infine una breve annotazione sul fatto che Inzerilli ha più volte ribadito di avere più amici a sinistra che non a destra e che per esempio adesso sta curando la cronologia del sito di un “rifondarolo”, quello della Fondazione Cipriani (dove Luigi Cipriani, che era stato parlamentare demoproletario morì prima che si costituisse il partito della Rifondazione comunista, ma tant’è). Dato che per motivi miei di ricerca (inserisco qui una nota personale, by permission) frequento spesso il sito della Fondazione Cipriani, ho domandato al generale se la cronologia che egli cura è un’altra rispetto a quella curata nel sito dall’ex terrorista di destra Vincenzo Vinciguerra.
Non avrei mai immaginato che di fronte ad una domanda simile il generale si inalberasse dicendo che solo lui cura la cronologia, che Vinciguerra non c’entra e che basta aprire il sito per verificare chi è l’autore della cronologia.
In effetti aprendo il sito si legge:

http://www.fondazionecipriani.it/Kronologia/introduzione.htm
Genesi della Cronologia, Autori e ringraziamenti.
Questa storia italiana, esposta in forma cronologica, è nata come frutto dell\'ingegno e degli studi storici di Vincenzo Vinciguerra, prigioniero politico condannato al carcere a vita per la sua rivendicazione dell\'attentato di Peteano di Sagrado 

Senza entrare nel merito della qualifica di “prigioniero politico” data ad un terrorista assassino confesso, quanto riportato sopra smentisce indubbiamente Inzerilli. 
Ma perché il generale, che aveva dato dimostrazione di pacatezza durante tutto il dibattito (salvo essere un po’ più sanguigno nei suoi attacchi a Cucchiarelli e Limiti) se l’è presa tanto a cuore per una quisquilia simile?



(di seguito l'intervento di Živadin Jovanović, presidente del Forum di Belgrado per un mondo di eguali, alla cerimonia di chiusura delle iniziative per il 65.mo anniversario della Liberazione dal nazifascismo - Mosca 17/12/2010)


No to rewriting the history - by Živadin Jovanović


Mr. Chairman,
Dear Friends,


First of all, I would like to thank the organizers of this extremely important Conference for the kind invitation and worm hospitality. It is indeed great honor to participate in the final events dedicated to the 65th anniversary of the Victory over Fascism and Nazism, under auspices of Federal Council of the Federal Assembly of the Russian Federation. Heroic City of Moscow, symbolizes the greatest contribution of the former Soviet Union to the victory over Fascism and Nazism.

The Belgrade Forum for a World of Equals, an independent, non-party and non-profit organization, as well as the general public in Serbia, are profoundly worried by continued attempts of rewriting the history of the 20thcentury, distortion of the outcome of the Second World War and undervaluation of historic importance of the verdicts of the Nuremberg Trial., While appearing in various forms, fields and degrees, depending on the concrete circumstances, this process seems to be encompassing the whole of Europe and beyond, thus becoming global phenomena. It is necessary to note that it is progressing in parallel with some other processes such as transition of the former socialist countries and global economic crises compared by many scholars with the crises of the 30-ties of the last century. Another simultaneous process, worth mentioning is degradation of the role of United and the international Law Order established after the Second World War.  
At the same time Europe and the world are undergoing the process of militarization, expansion of military installations towards East Europe is cross-netted by more foreign military basis today than at the time of the highest Cold War confrontation. World arms’ expenditure has risen to unprecedented 1.5 trillion USD per year, while military-industrial complex is privileged in decision making process and regarded as savor from further economic downfall.
Current world economic crises has already led to further widening of the gap between rich and poor, internationally and within individual countries, including reachest ones. High unemployment, misery and discontent have become worldwide reality causing deep social, political and moral problems, xenophobia and racism, including. From time to time, the public is told that certain nations have missionary role to “help” other nations to “democratize”, to adopt their system and values even by use of force if they deem it necessary. 
These developments and practices represent very fertile soil for revival of ideologies of Nazism and Fascism, falsification of history, rehabilitation of those responsible for atrocities and war crimes during the Second World War undervaluation of the liberation struggle against Fascist occupiers.   
Attempts to revise the outcome of the Second World War can be traced, with different extent and forms, in various fields, but first of all, in mass-media, education and history-science. They are also present in arts (films), TV series, sports, popular music. Some political parties in various European countries, as well as some national and international institutions, one way or the other, do contribute to revision of history, rehabilitation of collaborators, quislings’ formations and their leaders. In some instances, national and international judiciary is manipulated and abused for the same purposes.

Having regard aforesaid, revival of the Nazi and Fascist ideologies on such large scale can hardly be considered spontaneous. Therefore, it would be useful to explore and answer some questions, such as – what are the sources of financing of the revival of Nazi and Fascist ideologies? Then, is there a political will to adopt global response to the process of revival of these ideologies, or how to come to such a response?    
Rehabilitation of Nazism and various quislings’ formations is particularly disturbing in the Balkans where the crimes of Fascist occupiers and their helpers were horribly cruel setting up death camps, encouraging civil war, redrawing state borders to install satellite states (“Independent State of Croatia”, “Greater Albania” from 1941-1945). Particularly worrying are false interpretations that the current attempts to rehabilitate quisling formations and downplay the role of anti-Nazi and anti-Fascist movements and Liberation struggle are part and parcel of democratization, reconciliation and modern, future oriented policies.
Yugoslav crisis of the 90-es gave a rise to revision of history. In fact, destruction of Yugoslavia was revision of the results not only of the Second, but also of the First World War, even of the Balkan wars. 
Serbia has particular reasons to be worried about rewriting the history.
First, Serbia, within Yugoslavia, gave great contribution to the victory over Nazism and Fascism. However, people’s liberation struggle against occupying Fascist forces, close cooperation with other allied forces, particularly with Red Army of USSR, is often undervalued, neglected or distorted in mass media, education and political practice.
Second, Serbia suffered enormous human losses, far the most of 1.7 million of human losses of Yugoslavia. In fact, Serbs were the victim of genocide. Only in the concentration camp of Jasanovac, located in the Hitler’s puppet state “Independent State of Croatia” about 700.000 of Serbs, Jews and Gypsies were killed. There is a tendency to neglect, downplay, or distort real proportions of enormous human losses, in one hand and to downplay responsibility for unprecedented crimes against humanity, opn the other hand.
Third, attempts to rewrite the history concerns the results of the First World War, the set of Versailles agreements (Trianon). These attempts sometimes go thus far as to even accuse Serbia for the outbreak of the First World War as Richard Holbrook did in his book on Dayton! 
And forth, during the last twenty years Serbia has been experiencing “in vivo” the revision of history of the 20-th century, the results of the two World Wars and even, results of the Balkan Wars: the second and third Yugoslavia has been destroyed in coordination of internal separatist forces and their foreign protectors, through the bloody civil wars. The role of neo-Nazi ideologies and its followers in separatists movements in this regard should not be neglected (“Ustashi” and others).

Kosovo and Metohija, the symbol of Serbia’s statehood, religion and culture, has been occupied through brutal 1999 NATO military aggression. While

under UN mandate and contrary to the UN SC resolution 1244 this Serbian territory has been stolen from Serbia and handed over to the leaders of international organized crimes, who are responsible, inter alia, for massive abduction of human beings and sale of human organs . 
Serbian nation which had lived in Yugoslavia for over 70 years has been fragmented – part turned into refugees, part into new, openly discriminated national minorities, and part still remains deprived of the basic human rights in Kosovo and Metohija. Some Serbs are living in 21-rst century barbed-wired ghettos. Monuments of Serbian culture, 150 medieval monasteries and churches, even centuries old graveyards, have been destroyed while the Province has been under UN mandate. About 500.000 Serbian refugees and displaced persons are still in Serbia without the right to safe return to their ancestral homes in Croatia and Kosovo and Metohija. 
In spite of all this, in the course of the last 20 years major western powers and huge propaganda machinery have been portraying Serbia as the culprits of the outbreak of civil wars in Croatia and Bosnia, for 1999 NATO aggression, for unilateral, illegal secession of Kosovo and Metohija 2008 - even for ethnic cleansing of Serbs from their homes and for genocidal crimes committed against them. The corporate capital dominated mass media attributed collective responsibility to Serbs and portrayed the late president Slobodan Milosevic as a dictator worse then Adolf Hitler himself. Hague tribunal established without legal basis in the UN Charter, in practice, turned into a political instrument of condemning Serbia’s civil and military leadership, rewriting the history of the Balkan, justifying NATO military aggression which led to unilateral secession of 15 per cent of Serbia’s state territory. 
Support to the secessionist forces in former Yugoslav republics, in Kosovo and Metohija and satanization of Serbia and Serbs, is perceived by major part of Serbian public, by many other friendly nations, by independent-minded scholars in Europe, USA and the world, unjust, imperial practice in line with the slogan “divide et impera”, as revenge, be it for resisting to globalist hegemony, be it for Serbia’s historically verified contribution to the victory of Allies in both World Wars. 
Nowadays, Serbia is undergoing blackmail to accept loosing Kosovo and Metohija in exchange for membership to EU! Apparently, in the interest of peace and stability! It should be noted however, that this is not immoral and illegal only, but dangerously counterproductive in relation to the peace and stability. It seems as if the 1938 Sudetes lesson has been forgotten.   

Our priorities should be:

  • Creative and active position in defending results of the two World Wars through encouraging historians, writers, journalists, schools in preserving  the truth and resisting all kind of distortions and falsifications of the history;
  • Government agencies should provide all necessary conditions for scientific institutions and civic organizations willing to engage in realization of concrete projects for uncovering the roots and objectives of falsification of history;
  • Active role in all governmental and non-governmental forums, especially within the system of United Nations (ECOSOC, UNRESCO), through IPU and other parliamentary assembles;
  • Upgrading awareness of the youth and students on the crucial importance of safeguarding the truth of the past and tragic consequences of Fascism and Nazism;
  • Examining the role of education and viability of channeling certain initiatives through UNESCO;
  • Strengthening the basic principles of the International World and Law Order established after the Second World Order, especially, reinforcing the prime role of UN Security Council, notwithstanding necessity for further development and adjustments of international institutions

Dear Friends,

Let me conclude, that Serbia and Russia have shared, more or less, the same ideals of freedom, independence and dignity, same destiny throughout the history, always being allies and never enemies one to the other. I am sure that this  historic experience will be guiding our peoples in the future in  common endeavors for Europe and the World without Nazism and Fascism.

Thank you.


---
Gift for Mr. Chairman:
The book The Twilight of the West - NATO aggression - Never to forgethttp://www.en.beoforum.rs/index.php/books-belgrade-forum-for-the-world-of-equals.html


    1Address at the International Conference “World without Nazism: Global Goal of the entire Humanity”, held in Moscow on December 17th, 2010, under auspices of  Federation Council of the Federal Assembly of the Russian Federation 

    2Report of Hon. Dick Marty, Reporter of the Board for legal issues of the Parliamentary Assemble of the Council of Europe submitted to the Assembly in December 2010 for consideration and adoption at the session convened for January 25th, 2011.



    Arrestato Ivo Sanader

    1) News:
    - Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
    - Arrestato ex premier croato Sanader

    2) Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre (Drago Hedl)


    === 1 ===

    Ex premier Sanader indagato, in fuga da Croazia
    (ANSA, 9 dicembre 2010)

    L'ex primo ministro croato, Ivo Sanader, e' da oggi formalmente indagato per corruzione, abuso di potere e associazione a delinquere: il parlamento di Zagabria all'unanimita' gli ha revocato l'immunita', autorizzando anche il suo arresto e la detenzione cautelare chiesti dai magistrati.
    L'affare ''mani pulite'' croato, come e' stata battezzata dalla stampa la vasta campagna anti-corruzione lanciata un anno fa dalla premier, Jadranka Kosor, contro i vertici politici ed economici del Paese, ha raggiunto, secondo gli analisti, il suo ''grande capo''. Sanader sarebbe indagato in almeno tre casi di corruzione per aver ordinato o favorito, quand'era primo ministro dal 2004 al luglio 2009, il prelievo di denaro pubblico da vari ministeri e agenzie statali. Liquidi poi trasferiti nei fondi neri del suo partito o sui conti privati di politici. A suo carico ci sarebbero testimonianze di suoi ex colleghi e collaboratori, particolarmente quella dell'ex capo delle dogane e tesoriere della Comunita' democratica croata (Hdz, conservatori), Mladen Barisic, secondo la stampa uno dei pentiti-chiave.
    Nel luglio del 2009 a sorpresa, senza il minimo preannuncio e senza alcuna spiegazione, Sanader si dimise dalla carica di primo ministro e leader dell'Hdz, lasciando le redini del Paese alla sua fedelissima collaboratrice, e fino ad allora vice-premier, Jadranka Kosor. Dopo un tentativo fallito nel gennaio di quest'anno di riprendere almeno una parte del potere, tra i due politici vi e' stata la rottura totale, e Sanader e' stato espulso dal partito, che per due volte aveva guidato alla vittoria elettorale, demonizzato dai suoi ex ministri e amici.
    Sanader ha piu' volte detto di essere vittima di una resa dei conti politica, di essere innocente, accusando la premier di essere incapace, e di gestire il Paese in modo antidemocratico. L'annuncio di stamane non e' stata una sorpresa per l' opinione pubblica in Croazia, sopratutto dopo gli arresti eccellenti degli ultimi mesi, tra i quali quello del suo ex vice Damir Polancec e di decine di politici e uomini d'affari vicini all'ex primo ministro.
    La vera sorpresa comunque e' la sua fuga, per ora apparente, messa in atto solo alcune ora prima dell'autorizzazione dell' arresto. Verso le 11:45 Sanader e' entrato in Slovenia, accompagnato da una delle due figlie. Nel pomeriggio avrebbe pero' risposto via sms ai giornalisti di essere partito per un viaggio pianificato in precedenza, ma di essere pronto a rispondere a tutte le domande della magistratura. Il presidente della repubblica Ivo Josipovic, con riferimento alla fuga di Sanader, ha parlato di ''una seria sconfitta del sistema'', chiedendo le dimissioni del ministro degli Interni, Tomislav Karamarko.

    ---

    Arrestato ex premier croato Sanader

    ANDREA MARSANICH (Il Piccolo, 11 dicembre 2010)

    ZAGABRIA - L’ ex premier croato Ivo Sanader, 57 anni, indagato in patria per associazione a delinquere, corruzione e abuso di potere, è stato arrestato ieri pomeriggio, poco prima delle 16, a Salisburgo, in Austria. La notizia è stata confermata dal ministero degli Interni croato, che giovedì aveva emesso un mandato di cattura internazionale nei riguardi di colui che viene ritenuto il capo della piovra della corruzione in Croazia. Il mandato era stato spiccato non appena il Parlamento croato, il Sabor, aveva deciso all’unanimità di revocare l’immunità al deputato indipendente dalmata, ex presidente della Comunità democratica croata (Hdz), chiamato in causa per una serie di scandali. Secondo voci ufficiose, l’arresto sarebbe avvenuto ai caselli autostradali in località Sankt Michael, nelle vicinanze di Salisburgo.
    Sanader è stato quindi al Tribunale regionale di Salisburgo. L’estradizione dell’ ex primo ministro alla Croazia potrebbe però avere serie complicazioni nel caso in cui Sanader possedesse la cittadinanza austriaca.
    Infatti la Costituzione non consente l’estradizione dei cittadini austriaci. Non stupisce dunque la scelta di Sanader, se effettivamente cittadino austriaco, di trovare rifugio nel Paese alpino. In caso contrario, Sanader dovrebbe venire estradato alla Croazia ma in tempi non brevi dato che Vienna ha la più lunga procedura d’ estradizione dei Paesi dell’ Europa comunitaria.
    È stata una giornata molto concitata, quella di ieri in Croazia, con una ridda di voci sul luogo scelto da Sanader dopo aver lasciato il valico di confine croato – sloveno di Bregana. C’ era chi sosteneva fosse fuggito in aereo a Londra, altri sostenevano che fosse in Slovenia, probabilmente a Bled, e c’era anche chi propendeva per la soluzione austriaca, rivelatasi veritiera. Sia come sia, in Croazia lo attende il processo per i casi Fimimedia ed Azienda elettrica statale (Hep).
    Quest’ultimo scandalo vede Sanader coinvolto nella vendita a basso costo di energia elettrica da parte dell’ Hep al Gruppo Dioki (produzione petrolchimica), di cui è proprietario Robert Jezic, titolare del quotidiano Novi List di Fiume ed ex presidente della società calcistica fiumana Rijeka. Jezic è stato arrestato giovedì sera e ieri sottoposto a lungo interrogatorio nella sede zagabrese dell’Uskok, l’Ufficio croato per la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata. Jezic ha respinto tutte le accuse, ma il giudice ha disposto nei suoi confronti la custodia cautelare di 30 giorni. Intanto ieri Wikileaks ha pubblicato quattro cablogrammi dell’ambasciata americana a Zagabria inviati al Dipartimento di Stato americano. Si è così venuto a sapere che già lo scorso gennaio il procuratore capo della Croazia, Mladen Bajic, informò l’ambasciata Usa che l’ex primo ministro era indagato per corruzione in seguito alla politica di lotta alla corruzione che la premier Jadranka Kosor aveva ingaggiato nei quartieri alti della politica croata. Nei documenti, l’ambasciatore James Foley parlava di indagini contro Sanader e alti esponenti governativi, definiti intoccabili dal diplomatico.
    Secondo informatori dell’ambasciata, Sanader – subito dopo essersi dimesso da primo ministro nel luglio 2009 – avrebbe tentato di bloccare alcune inchieste contro politici e imprenditori. Un atteggiamento che avrebbe finito per far litigare Sanader e la sua ex fida alleata, Jadranka Kosor. La Kosor avrebbe chiesto appoggio politico e le dovute risorse alla procura, mentre Sanader avrebbe interpretato questa linea come una minaccia a se stesso e ai suoi alleati del partito al potere, l’Accadizeta.
    L’epilogo è noto: tra i due ci fu rottura totale, con Sanader espulso dall’Hdz e quindi demonizzato non solo dalla stampa ma soprattutto dai suoi ex ministri. 


    === 2 ===

    (en francais: Croatie : l’ancien Premier ministre Ivo Sanader reste détenu en Autriche


    Ivo Sanader, l’ex premier dietro le sbarre


    L’ex premier croato Ivo Sanader è stato arrestato la scorsa settimana dopo aver tentato la fuga all’estero. In carcere in Austria, l’ex primo ministro è accusato di essere direttamente coinvolto in numerosi casi di corruzione che stanno sconvolgendo la Croazia

    L’ex premier croato Ivo Sanader aveva tentato, con una vergognosa fuga, di evitare di venire perseguito penalmente per la sottrazione di ingenti quantità di denaro pubblico, accusa che gli viene rivolta dalla magistratura croata.
    Sanader è fuggito dalla Croazia giovedì scorso, subito dopo che al parlamento era giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare che lo aveva protetto sino ad allora dall’arresto. Per Sanader, la richiesta della revoca è stato un chiaro segnale di cose gli sarebbe spettato, motivo per cui da Zagabria si è diretto immediatamente verso la Slovenia, in direzione del passaggio di frontiera di Bregana, a soli trenta chilometri dalla capitale croata. L’intenzione dell’ex primo ministro era di fuggire negli Stati Uniti, dove negli ultimi mesi aveva ottenuto un incarico come docente presso la prestigiosa Columbia University. Ma il suo piano è fallito.
    Quando, alcune ore dopo la fuga in Slovenia, il parlamento croato gli ha definitivamente revocato l’immunità  per poter procedere al suo arresto, la polizia ha spiccato un mandato di cattura. Appena si è saputo della fuga di Sanader, gli Stati Uniti – come ha confermato più tardi l’ambasciatore a Zagabria James Foley – hanno collaborato immediatamente con la Croazia, sospendendogli il visto. Nonostante il volo prenotato da Monaco per Washington, Sanader, venendo a sapere che il visto non era più valido, ha capito subito che doveva cambiare piano. In panico è tornato dalla Germania verso l’Austria, con l’intenzione di trovare rifugio nel paese in cui, prima della sua carriera politica croata, aveva lavorato per diversi anni e dove aveva conservato parecchie conoscenze. Ma la polizia austriaca lo ha fermato sull’autostrada nei pressi di Salisburgo, comminandogli 14 giorni di carcere in attesa dell'estradizione.
    Benché nelle ultime settimane si fosse largamente parlato della possibilità di arresto di Sanader, nessuno si aspettava, nel caso in cui fosse accaduto, che l’ex premier avrebbe tentato la fuga. Solo pochi giorni fa era rientrato dagli Stati Uniti e all’inizio della scorsa settimana si era fatto vedere ad una seduta del Sabor (parlamento croato, ndt.). Dalle persone a lui vicine si apprende che lui stesso non credeva lo avrebbero arrestato, ma la cosa è diventata palese appena al Sabor è giunta la richiesta di revoca dell’immunità parlamentare.


    Corruzione e arresti eccellenti


    Nella serie di scandali di corruzione che da mesi ormai sconvolgono la Croazia, Sanader viene nominato come la testa della piovra criminale. Quando il 1° luglio dello scorso anno in modo del tutto incomprensibile e senza alcuna spiegazione aveva dato le dimissioni, si era rimasti stupiti. Si diceva glielo avesse chiesto il cancelliere tedesco Angela Merkel, cosa mai confermata, anche se secondo alcune indiscrezioni la Merkel era venuta a sapere dei casi di corruzione che coinvolgevano l’ex primo ministro. Pare che Angela Merkel si fosse offesa personalmente perché aveva appoggiato Sanader durante la sua ultima campagna elettorale, nel 2007. Angela Merkel, insieme ad una serie di altri politici europei, aveva infatti partecipato ad uno spot di propaganda elettorale che era andato in onda innumerevoli volte sulla tv croata, cosa che aveva aiutato non poco Sanader.
    Dopo l’inaspettata uscita di scena di Sanader , il successore da lui stesso nominato, l’attuale premier Jadranka Kosor, ha aperto la strada alla magistratura sui numerosi scandali di corruzione . Presto in carcere sono finiti i direttori delle più grandi aziende statali, come l’Azienda elettrica croata, le Autostrade croate, la Forestale, la Banca postale croata, ma anche i vertici della grande industria alimentare Podravka di cui lo Stato è proprietario di maggioranza. In carcere è finito pure il vice premier Damir Polančec , che è in attesa di processo per gravi reati penali, mentre per quelli minori è in attesa di verdetto. All’inizio di dicembre, l’ex ministro della Difesa e degli Interni, Berislav Rončević, è stato condannato a quattro anni di carcere per la fornitura di camion militari, con cui aveva danneggiato lo Stato per circa 10 milioni di kune (1,3 milioni di euro).


    Le mazzette a Sanader e l’affaire Hypo Banka


    La maggior parte di questi scandali, in modo diretto o indiretto, sembra essere collegata a Sanader. La magistratura, per ora, lo accusa di aver ordinato, durante una riunione coi direttori delle aziende statali, che tutte le pubblicità di queste aziende dovessero passare attraverso la ditta Fimi Media, la cui proprietaria era la fidanzata del capo della dogana croata, Mladen Barišić. Questi era stato il tesoriere dell’HDZ (Unione democratica croata) e Fimi Media avrebbe consegnato a Barišić una parte di denaro che le aziende statali le avevano versato per finte o reali campagne pubblicitarie. Barišić proprio per questo motivo è stato arrestato quest’autunno, ed ha ammesso durante l’interrogatorio di aver portato con una borsa nella villa di Sanader la maggior parte dei 42 milioni di kune (circa 5,7 milioni di euro) che aveva ricevuto, mentre la restante parte era rimasta nelle casse del partito di governo HDZ.
    Il pubblico ministero accusa Sanader anche di aver ordinato all’ex direttore dell’Azienda elettrica croata Ivan Mravak (arrestato ed in attesa di giudizio) di fornire di elettricità a basso costo l’azienda del suo amico Robert Ježić. Ježić, anch’egli sotto arresto, è il proprietario della grande azienda Dioki specializzata in materie plastiche e prodotti petrolchimici, ed anche proprietario del quotidiano di Fiume “Novi list”.
    Ora Ivo Sanader, rinchiuso nel carcere austriaco, aspetta l’estradizione per la Croazia. Anche se il suo avvocato ha dichiarato che Sanader non si opporrà a quest'ultima, il che potrebbe significare che arrivi in Croazia entro un paio di settimane, già sono state avanzate varie speculazioni sul fatto che potrebbe anche non finire così. Infatti Sanader, secondo quanto scrivono i media croati, sarebbe pesantemente coinvolto anche in uno scandalo riguardante la Hypo banka di Klagenfurt, su cui in Austria si sta indagando a fondo. Non è quindi escluso che l’Austria, ora che l’ex premier croato è agli arresti, voglia sapere delle sue relazioni con politici e banchieri austriaci e dei loro affari poco puliti che hanno fatto in Croazia, motivo per cui potrebbe decidere di trattenerlo più a lungo di quanto Zagabria desideri.




    L' INTERVISTA 
    SOTTO PROCESSO ALL' AJA PER GENOCIDIO, L' IMPUTATO DALLA CELLA RACCONTA LA MEDIAZIONE DI STANISIC, AGENTE DEI SERVIZI DI MILOSEVIC E CONTATTO DELLA CIA

    «Un patto segreto con gli Usa» 
    Ecco tutta la verità di Karadzic

    L' ex leader serbo di Bosnia: «Firmai la resa in cambio dell' immunità» Srebrenica? Non ho mai ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. La verità deve ancora venire a galla 
    L' Europa non conceda altro spazio alla Turchia nei Balcani: diventeremmo un cordone sanitario verso i regimi musulmani

    Rinchiuso nel carcere di Scheveningen all' Aja dal luglio del 2008, Radovan Karadzic, l' ex leader dei serbi di Bosnia sotto processo per genocidio, ha concesso al Corriere questa intervista esclusiva dove, per la prima volta, entra nei particolari del presunto «accordo» con Richard Holbrooke, il superdiplomatico americano appena scomparso che negoziò la pace in Bosnia. L' intervista scritta era da una settimana al vaglio del Tribunale internazionale per i crimini nell' ex Jugoslavia ed è stata autorizzata ieri, censurata solo nella parte riguardante le fasi della cattura di Karadzic a Belgrado. 

    Radovan Karadzic, lei ha sempre sostenuto che gli americani le garantirono l' immunità. Ci può spiegare come? 

    «Il 18 luglio 1996 ci fu una riunione a Belgrado per discutere il mio futuro politico. La chiese Holbrooke a Milosevic. Io non partecipai, ma furono presenti due rappresentanti della Repubblica Serba di Bosnia, Momcilo Krajisnik, presidente del Parlamento, e il ministro degli Esteri Aleksa Buha. Rimasi nel mio ufficio a Pale. Parlai diverse volte al telefono con i nostri inviati e con Milosevic, ma mai con gli americani. I negoziati durarono tutta la sera, diverse proposte vennero discusse al telefono o inviate per fax a Pale. Alla fine, raggiungemmo un accordo. Io mi sarei dimesso da presidente della Republika Srpska, dalla guida del partito Sds, mi sarei ritirato a vita privata senza partecipare alle imminenti elezioni, in cambio della garanzia che non sarei stato perseguito dall' Aja: i termini dell' accordo mi furono comunicati per telefono. Holbrooke schizzò un accordo che comprendeva solo i miei obblighi. Quando vidi la bozza, mi rifiutai. Volevo che anche la sua parte fosse messa per iscritto». 

    In che modo l' hanno convinta? 

    «Fu quando Milosevic parlò con me per telefono. Mi spiegò che gli Usa non avrebbero mai messo la loro parte dell' accordo nero su bianco per motivi politici. Di più, Holbrooke aveva detto che per un po' dagli Usa dovevo aspettarmi solo dura retorica, e che l' impegno non sarebbe stato reso pubblico: l' America non poteva rovinarsi le sue relazioni nella regione. Quando insistetti ancora, Milosevic mi rassicurò che queste persone rappresentavano le grandi potenze, e che le grandi potenze non mettono la loro firma su ogni pezzo di carta. Disse che tutto ciò che Holbrooke ci aveva promesso in passato l' aveva onorato. Bisogna anche ricordare che Holbrooke parlava non solo in nome degli Usa, ma dell' intera "comunità internazionale": era l' inviato del Gruppo di Contatto, "benedetto" dall' Onu. In base a queste rassicurazioni, acconsentii. Nella notte tra il 18-19, Jovica Stanisic capo dei servizi segreti di Milosevic, ma anche contatto della Cia, come si scoprì al suo processo, ndr volò da Belgrado a Pale. In qualità di messaggero, come sempre. Era un uomo di Stato, tutti i suoi contatti erano ufficiali. Firmai e lui tornò a Belgrado. Allora, non avevo nessun dubbio sulla promessa che non sarei stato perseguito dall' Aja e che Holbrooke avesse l' autorità per mantenerla. Mi sono fidato e ho eseguito la mia parte». 

    Quando ha parlato per l' ultima volta a Milosevic? 

    «Nel 1998, o forse 1997. Politicamente, eravamo totalmente differenti. Era intelligentissimo, ma ideologicamente vicino al comunismo, ed io sono stato un dissidente per quattro decenni. Credeva nell' autorità e agiva unilateralmente, mentre io cercavo il dialogo e il consenso. Nondimeno, ci rispettavamo. Ho imparato molto guardando il suo processo, ha fatto un buon lavoro, ma molti testimoni hanno mentito». 

    Come vede le relazioni tra la Serbia e il Kosovo? 

    «Sono stupefatto dal precedente creato dal Kosovo. Gli albanesi sono andati lì in massa fuggendo dal regime di Enver Hoxa, e in virtù di questo è stato consentito loro di prendersi il Kosovo. Se i messicani continueranno a riversarsi in California, la potranno strappare agli Stati Uniti?». 

    Molti dicono che Sarajevo, la città che per lo scrittore Danilo Kis viveva «nel sottile equilibrio di religioni e nazioni, nella loro reciproca diffidenza e attrazione», sia morta con la guerra. Cos' è per lei Sarajevo? 

    «La gente della mia regione andava a studiare a Belgrado: io scelsi Sarajevo perché mi piaceva. E mi piace ancora, ma senza il marchio fondamentalista sopra. La gente nata a Sarajevo non la riconosce più, non c' è equilibrio. Sarajevo in passato era una città totalmente serba, costruita su suolo serbo. Non rinunceremo mai a Sarajevo, è nostra, l' amiamo». 

    Lei parlava di islamizzazione ben prima dell' 11 settembre... 

    «Non era affatto difficile vedere questo sviluppo. Soprattutto dopo che avevamo visto dove Izetbegovic leader dei musulmani, ndr stava portando la sua comunità. Non c' era possibilità di sopravvivere. Non ho mai sospettato il musulmano bosniaco medio di essere un terrorista, ma se anche uno su mille lo fosse stato, questo significa duemila terroristi in Bosnia, oltretutto con aspetto europeo. La comunità internazionale ha fatto un grosso errore nel sostenere uno Stato islamico in Bosnia». 

    Come vede la sempre maggiore influenza della Turchia nei Balcani e soprattutto in Bosnia? 

    «Non vorrei ci fosse l' intenzione di concedere spazio alla Turchia nei Balcani come consolazione per le chiusure alla sua entrata in Europa. In questo caso il Sud-Est europeo con la Turchia diventerebbe una sorta di Europa di "terza classe" e un "cordone sanitario" verso i regimi islamici». 

    Srebrenica. Si rimprovera qualcosa? 

    «Niente, perché non ho voluto, né saputo, tanto meno ordinato che qualcuno venisse ucciso se non durante i combattimenti. E la verità deve ancora venire a galla». 

    Cosa legge e cosa scrive in cella? 

    «Non ho tempo, purtroppo, per la buona letteratura. Sono alle prese con il terzo milione di pagine del mio processo». 

    La Chiesa ortodossa l' ha protetta? 

    «Non avevo contatti, se non andando a messa. Ma chi mi conosceva non sapeva dov' ero, chi sapeva dov' ero non sapeva chi ero. Se sei veramente religioso, non puoi separare le tue azioni da Dio. Quando ero di fronte a un dilemma, ho chiesto a Dio cosa voleva che facessi. Provatelo, e troverete una risposta nel vostro cuore». 

    Come crede che la ricorderà la storia? E tra tutti i ruoli che ha avuto - medico, poeta, guaritore olistico, uomo politico - quale sarà il ruolo che ricoprirà in futuro? 

    «Non ho mai pensato al futuro. Come disse Gesù Cristo, basta a ciascun giorno il suo affanno. Quanto ai ruoli, tranne quello del medico e poeta, non li ho mai voluti. Li ho dovuti assumere come un obbligo, perché quando la tua libera volontà appartiene a qualcuno come io appartengo al mio popolo serbo, non devi sottrarti al tuo dovere. Quanto al futuro, il mio spero sia quello di nonno. Anzi, di un ottimo nonno». 

    Mara Gergolet 
    Marzio G. Mian 

    Pagina 19 (16 dicembre 2010) - Corriere della Sera


    [Sulle posizioni di Karadžić si veda anche: 
    Parla Radovan Karadžić - estratti dal libro IL CORRIDOIO. Viaggio nella Jugoslavia in guerra, di Jean Toschi Marazzani Visconti




    (english / deutsch)

    Richard Holbrooke, the man who destroyed international diplomacy, has died

    1) Diana Johnstone on/über Richard Holbrooke
    2) HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES
    3) Richard Holbrooke's Deathbed Conversion (D. Swanson's Blog)
    4) FLASHBACKS: 
    - November 2010: Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach
    - April 2007: "Kosovo to be independent with or without U.N."
    - June 2003: Holbrooke advocates independence for Kosovo and Montenegro
    5) WHO'S WHO IN THE BALKANS: RICHARD HOLBROOKE


    === 1 ===


    Nachruf Richard Holbrooke

    Von DIANA JOHNSTONE

    Übersetzung: Cathrin Schütz

    Es gehört eigentlich zum guten Ton, einen eben verstorbenen Menschen von scharfer Kritik zu verschonen. Doch Richard Holbrooke selbst hat ein Beispiel für die Verletzung dieser Etikette geliefert. Als er erfuhr, daß Slobodan Milosevic im Gefängnis verstorben war, zögerte Holbrooke nicht, ihn als mit Hitler und Stalin vergleichbares „Monster“ zu bezeichnen.
    Das war grobe Undankbarkeit, denn Holbrooke hat mehr oder weniger allein Milosevic den größten Erfolg seiner Karriere zu verdanken – das Friedensabkommen von Dayton, das 1995 den Bürgerkrieg in Bosnien-Herzegowina beendete. Das ging aus Holbrookes Memoiren To End a War (Random House, 1998 und in Deutsch bei Piper „Meine Mission – Vom Krieg zum Frieden in Bosnien, d.Ü.) hervor.
    Doch Holbrookes größte Begabung war es, die Wirklichkeit in ein für ihn vorteilhaftes Licht zu rücken, wobei ihm die Kollaboration der Medien gewiß war.
    Der Friedensvertrag von Dayton wurde als heldenhafter Sieg des Friedens dargestellt, den der geniale Holbrooke dem sturen Milosevic abgerungen hat, welcher von den USA „an den Verhandlungstisch gebombt werden mußte“. In Wirklichkeit wußte die US-amerikanische Regierung ganz genau, daß Milosevic um Frieden in Bosnien bemüht war, um Serbien von den lähmenden Sanktionen zu befreien. Es war der bosnisch-muslimische Präsident Alija Izetbegovic, der den Krieg mit militärischer Hilfe der USA weiter führen wollte.
    In Wirklichkeit haben die USA die Serben bombardiert, um Izetbegovic an den Verhandlungstisch zu bekommen. Und das Abkommen, das im Herbst 1995 erreicht wurde, unterschied sich kaum von jenem, das im März 1992 von den drei ethnischen Gruppen unter der Vermittlung der Europäischen Gemeinschaft erzielt worden war und welches den gesamten Krieg hätte verhindern können, wäre es nicht durch Izetbegovic sabotiert worden, der ermutigt vom US-Botschafter Warren Zimmermann seine Unterstützung für das Abkommen zurücknahm. Kurz gesagt, waren die USA beileibe nicht der große Friedensengel auf dem Balkan. Sie hatten zunächst die muslimische Kriegspartei darin bestärkt, für ihr Ziel eines von ihnen kontrollierten bosnischen Zentralstaat zu kämpfen, und setzten sich dann für eine geschwächte bosnische Föderation ein – nach fast vier Jahren Blutvergießen, das die Bevölkerung aller Habe und Zuversicht beraubte.
    Den wahren Grund für all das hat Holbrooke in To End a War klar benannt. Es ging darum, vorzuführen, daß die Europäer unfähig waren, ihre ureigensten Angelegenheiten zu regeln und die Vereinigten Staaten die „unentbehrliche Nation“ blieben. In seinem Buch wird auch deutlich, daß die muslimischen Führer jeglicher Art von Kompromiß merkwürdig ablehnend gegenüber standen, und nur die Bereitschaft von Milosevic, Zugeständnisse zu machen, die Dayton-Verhandlungen vor dem Scheitern rettete – und Holbrooke zum Helden machte.
    Holbrookes Diplomatie sollte beweisen, daß das diplomatische Vorgehen der Europäer zum Scheitern verurteilt war. Sein Sieg war eine Niederlage für die Diplomatie. Das Schauspiel der Bombardierungen im Zusammenhang mit Dayton sollte vor Augen führen, daß nur die Androhung oder Anwendung der militärischen Macht der USA Konflikte beenden konnte.
    Milosevic hatte gehofft, daß seine Zugeständnisse zum Frieden und zur Aussöhnung mit den USA führen würde. Wie sich herausstellte, wurde er dafür, daß er Holbrooke den größten Erfolg seiner Karriere beschert hatte, nur mit der Bombardierung seines Landes durch die NATO von 1999 belohnt, mit dem Ziel, Serbien das Kosovo zu entreißen und Milosevics Sturz aus dem Amt vorzubereiten. Holbrooke selbst spielte dabei eine herausragende Rolle. Im Sommer 1998 posierte er plötzlich ohne Schuhe mit bewaffneten albanischen Separatisten für eine Foto-Session, die bis dahin vom State Department als „Terroristen“ geführt worden waren, und wenig später verkündete
    er gegenüber Milosevic, daß sein Land bombardiert werden würde, wenn er nicht die Sicherheitskräfte aus der Provinz abzöge, was soviel bedeutete, wie das Kosovo den Terroristen zu überlassen, die Holbrooke zu Freiheitskämpfern geadelt hatte.
    In seiner langen Karriere hat Holbrooke an vielen Fronten gekämpft, von Vietnam bis Afghanistan. 1977, nachdem Indonesien in Osttimor eingefallen war und begann, die Bevölkerung dieser eheamligen portugiesischen Kolonie zu massakrieren, wurde Holbrooke von und USA dorthin entsandt, angeblich um für „Menschenrechte“ einzutreten, aber in Wirklichkeit, um die Suharto- Diktatur gegen die Osttimoresen zu bewaffnen. Mal wurde die Regierung gegen die Rebellen aufgerüstet, mal Rebellen gegen die Regierung, aber was wie ein Widerspruch erscheinen mag, ist die konsequente zynische Ausnutzung und Eskalation tragischer lokaler Konflikte zur Ausdehnung der US-Weltmacht.
    Holbrooke und Milosevic wurden beide 1941 geboren. Als Milosevic 2006 starb, gab Holbrooke für die BBC eine umfassende Erklärung ab, die keine Silbe menschlicher Anteilnahme enthielt. „Dieser Mann hat den Balkan in Schutt und Asche gelegt,“ so Holbrooke.
    „Er war ein Verbrecher, der vier Kriege, 300.000 Tote, 2.5 Millionen Vertriebene auf dem Gewissen hat. Manchmal haben Monster – wie Hitler und Stalin – den größten Einfluß auf die Geschichte, und so verhält es sich auch mit diesem Herrn.“
    Holbrooke stellte sich selbst als der Gute dar, der um des guten Zwecks willen mit dem Bösen verhandelt hat. Bei den Verhandlungen mit Milosevic „ist einem bewußt, daß man einem Monster gegenüber sitzt, das einen schrecklichen Platz in den Geschichtsbüchern einnehmen wird und so viel Tote zu verantworten hat.“
    Wer war hier das Monster? Niemals, auch nicht in Den Haag, wo Milosevic infolge unterlassener ärztlicher Behandlung starb, wurde bewiesen, daß er für die tragischen Opfer des jugoslawischen Zerfallsprozesses verantwortlich war. Holbrooke seinerseits wurde nie vor Gericht gestellt wegen all der Toten in Vietnam, Osttimor, Afghanistan, Irak und, ja, im ehemaligen Jugoslawien, die wenigstens teilweise auf das Konto der von ihm ausgeführten US-Politik gingen.
    Sich selbst als moralische Instanz aufspielend, beurteilte Holbrooke den serbischen Politiker weder als Nationalisten, noch als Kommunisten, sondern einfach als Opportunisten, dem es nur um Macht und Reichtum für sich selbst ging.
    In Wirklichkeit gab es nie einen Beweis dafür, daß Milosevic nach Reichtum für sich selbst gestrebt oder ihn erhalten hätte, während Holbrooke unter anderem Vizevorsitzender von Credit Suisse First Boston, Geschäftsführer von Lehman Brothers, Vizevorsitzender der Beteiligungsfirma Perseus LLC und Vorstandsmitglied der Amercian International Group (AIG) war, letzteres gerade zu der Zeit, als „die Firma“, laut Wikipedia, „hoch spekulative Kreditversicherungsgeschäfte tätigte, die den Steuerzahler Hunderte Milliarden kosten könnten, wenn verhindert werden soll, daß AIG das Finanzsystem zugrunde richtet."
    Milosevic stand jahrelang vor Gericht, ohne seine Verteidigung vorbringen zu können, bis er unter beunruhigenden Umständen starb. Holbrooke war mit diesem Ende völlig zufrieden: „Ich wußte bereits, als er in Den Haag ankam, daß er nie wieder das Tageslicht erblicken würde, und ich denke, daß ihm auf eine seltsame Weise Gerechtigkeit widerfahren ist, denn er starb in seiner Zelle, und das war genau richtig.“
    Es gibt noch viele weitere Beispiele für Holbrookes Lügen und seine betrügerische Manipulation des Leids auf dem Balkan sowie seiner vollkommen zynischen Ausnutzung der Tragödien in Vietnam, Osttimor, Irak und Afghanistan. Dennoch sollte seine Bedeutung nicht überschätzt werden. Moralische Monster haben nicht immer einen großen Einfluß auf die Geschichte, wenn sie lediglich glanzlose Werzeuge einer wildgewordenen bürokratischen Militärmaschine sind.

    Dieser Nachruf erschien am 15.12.2010 unter dem Titel „Holbrooke or Milosevic: Who is the Greater Murderer?“ in der Onlineausgabe von Counterpunch: http://www.counterpunch.org/

    ---


    Richard Holbrooke, 1941-2010, Opportunist Extraordinary

    by Diana Johnstone


    It is usually considered polite to avoid sharp criticism of someone who has just died. But Richard Holbrooke himself set a striking example of the breach of such etiquette. On learning of the death in prison of Slobodan Milosevic, Holbrooke did not hesitate to describe him as a "monster" comparable to Hitler and Stalin.

    This was rank ingratitude, considering that Holbrooke owed his greatest career success – the 1995 Dayton Accords that ended the civil war in Bosnia-Herzegovina – almost entirely to Milosevic. This was made quite clear in his memoir To End a War (Random House, 1998).

    But Holbrooke’s greatest skill, made possible by media complicity, was to dress up reality in the costume favorable to himself.

    The Dayton Peace Accords were presented as a heroic victory for peace extracted by the brilliant Holbrooke from a reluctant Milosevic, who had to be "bombed to the negotiating table" by the United States. In reality, the U.S. government was fully aware that Milosevic was eager for peace in Bosnia to free Serbia from crippling economic sanctions. It was the Bosnian Muslim leader Alija Izetbegovic who wanted to keep the war going, with U.S. military help. In reality, the U.S. bombed the Serbs in order to get Izetbegovic to the negotiating table. And the agreement reached in the autumn of 1995 was not very different from the agreement reached in March 1992 by the three ethnic groups under European Community auspices, which could have prevented the entire civil war, if it had not been sabotaged by Izetbegovic, who withdrew his agreement with the encouragement of the then U.S. ambassador Warren Zimmermann. In short, far from being the great peacemaker in the Balkans, the United States first encouraged the Muslim side to fight for its goal of a centralized Bosnia, and then sponsored a weakened federated Bosnia – after nearly four years of bloodshed which left the populations bereft and embittered.

    The real purpose of all this, as Holbrooke made quite clear in To End a War, was to demonstrate that Europeans could not manage their own vital affairs and that the United States remained the "indispensable nation". His book also made it clear that the Muslim leaders were irritatingly reluctant to end war short of total victory, and that only the readiness of Milosevic to make concessions saved the Dayton talks from failure -- allowing Holbrooke to be proclaimed a hero.

    The functional role of the Holbrooke’s diplomacy was to prove that diplomacy, as carried out by Europeans, was bound to fail. His victory was a defeat for diplomacy. The spectacle of bombing plus Dayton was designed to show that only the threat or application of U.S. military might could end conflicts.

    Milosevic had hoped that his concessions would lead to peace and reconciliation with the United States. As it happened, his only reward for handing Holbrooke the victory of his career was to have his country bombed by NATO in 1999 in order to wrest from Serbia the province of Kosovo and prepare Milosevic’s own fall from office. Holbrooke played a prominent role in this scenario, suddently posing shoeless in a tent in the summer of 1998 for a photo op seated among armed Albanian secessionists which up to then had been characterized by the State Department as "terrorists", and shortly thereafter announcing to Milosevic that Serbia would be bombed unless he withdrew security forces from the province, in effect giving it to the ex-terrorists transformed by the Holbrooke blessing into freedom fighters.

    In his long career from Vietnam to Afghanistan, Holbrooke was active on many fronts. In 1977, after Indonesia invaded East Timor and set about massacring the people of that former Portuguese colony, Holbrooke was dispatched by the United States supposedly to promote "human rights" but in reality to help arm the Suharto dictatorship against the East Timorese. Sometimes the government is armed against rebels, sometimes rebels are armed against the government, but despite appearances of contradiction, what is consistent throughout is the cynical exploitation and exacerbation of tragic local conflicts to extend U.S. imperial power throughout the world.

    Holbrooke and Milosevic were born in the same year, 1941. When Milosevic died in 2006, Holbrooke gave a long statement to the BBC without a single syllable of human kindness. "This man wrecked the Balkans," said Holbrooke.

    "He was a war criminal who caused four wars, over 300,000 deaths, 2.5million homeless. Sometimes monsters make the biggest impacts on history - Hitler and Stalin - and such is the case with this gentleman."

    Holbrooke presented himself as goodness dealing with evil for a worthy cause. When negotiating with Milosevic, "you're conscious of the fact that you're sitting across the table from a monster whose role in history will be terrible and who has caused so many deaths."

    Who was the monster? Nobody, including at the Hague tribunal where he died for lack of medical treatment, has ever actually proved that Milosevic was responsible for the tragic deaths in the wars of Yugoslav disintegration. But Holbrooke was never put on trial for all the deaths in Vietnam, East Timor, Afghanistan, Iraq and, yes, former Yugoslavia, which resulted at least in part from the U.S. policies he carried out.

    From his self-proclaimed moral heights, Holbrooke judged the Serbian leader as an opportunist without political convictions, neither communist nor nationalist, but simply "an opportunist who sought power and wealth for himself."

    In reality, there has never been any proof that Milosevic sought or obtained wealth for himself, whereas Holbrooke was, among many other things, a vice chairman of Credit Suisse First Boston, managing director of Lehman Brothers, vice chairman of the private equity firm Perseus LLC, and a member of the board of directors of AIG, the American International Group, at a time when, according to Wikipedia, "the firm engaged in wildly speculative credit default insurance schemes that may cost the taxpayer hundreds of billions to prevent AIG from bringing down the entire financial system."

    Milosevic was on trial for years without ever being to present his defense before he died under troubling circumstances. Holbrooke found that outcome perfectly satisfying: "I knew as soon as he reached The Hague that he'd never see daylight again and I think that justice was served in a weird way because he died in his cell, and that was the right thing to do."

    There are many other instances of lies and deceptions in Holbrooke’s manipulation of Balkan woes, as well as his totally cynical exploitation of the tragedies of Vietnam, East Timor, Iraq and Afghanistan. But still, his importance should not be overstated. Moral monsters do not always make a great impact on history, when they are merely the vain instruments of a bureaucratic military machine running amok.



    ===  2 ===

    HOLBROOKE ADMIRERS: GEORGE SOROS, THACI "THE SNAKE", GEORGIAN REACTIONARIES

    ---

    Holbrooke and Soros

       Posted by: "Tim Fenton" 
       Date: Tue Dec 14, 2010 3:35 pm ((PST))

    Amongst a lot of gushing, sycophantic and hollow praise for Holbrooke, BBC Radio 4's flagship news programme, Today, this morning had the Britain's former ambassador in Kabul, Sir Sherard Cowper-Coles, examine Holbrooke's impact on US foreign policy. Listen to this clip where he inadvertently reveals (if you didn't know) that  George Soros was an important friend of this arch war criminal:

    http://www.yugofile.org.uk/mp3s/20101214_today_holbrooke_soros.mp3

    ---

    http://www.monstersandcritics.com/news/europe/news/article_1605579.php/Kosovar-leader-says-people-lost-a-friend-in-Holbrooke

    Deutsche Presse-Agentur - December 14, 2010

    Kosovar leader says people lost 'a friend' in Holbrooke

    Pristina: Kosovo caretaker Prime Minister Hashim Thaci on Tuesday expressed condolences to the US on the death of diplomat Richard Holbrooke, who was 'a friend' of the people of Kosovo. 
    Thaci, whose Democratic Party won Sunday's snap elections, sent a telegram to President Barack Obama saying that 'For citizens of Kosovo, the death of Richard Holbrooke is a loss of a friend, of a voice that protected the interest of the Republic of Kosovo.' 
    Holbrooke was a staunch supporter of Kosovo Albanians in their fight against Belgrade's rule in the late 1990s. 
    The conflict in Kosovo spurred US into leading NATO in its intervention against Serbia in 1999, eventually paving the way to the secession of the province in 2008. 
    Thaci's remarks came amid a so far muted response in the Balkan region to the news of Holbrooke's death. 
    In Sarajevo, one reaction came from the international community's representative in Bosnia, Valentin Inzko, who credited Holbrooke for the Dayton peace accord. 
    In Belgrade, Serbian state television RTS only quoted Peter Robinson, a lawyer in The Hague for former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic, as saying that Karadzic felt 'sorrow and regret' over the news of Holbrooke's death. 
    On trial facing genocide charges at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY), Karadzic has claimed that Holbrooke in 1996 had promised him immunity from prosecution for his actions during the Bosnian war. 
    Robinson said Karadzic was hoping to get Holbrooke to testify at the ICTY proceedings. 

    ---

    http://rustavi2.com/news/news_text.php?id_news=39678&pg=1&im=main&ct=0&wth=

    Rustavi 2 - December 16, 2010    

    Richard Hollbrooke posthumously awarded with Saint George’s Victory Order

    As per the decree of the President of Georgia, Richard Holbrooke, U.S. Special Envoy for Pakistan and Afghanistan, has been posthumously awarded with the Saint George’s Victory Order. 
    The statement published on the official website of the Administration says: ‘Due to the decision made by the President of Georgia, United States Special Envoy for Afghanistan and Pakistan Richard Holbrooke is awarded with Saint George`s Victory Order posthumously for promoting peace and democracy throughout the world, for his personal contribution to strengthening Georgian-U.S. relations, for his special support provided to Georgia’.
    The U.S. diplomat died at the age of 69.


    === 3 ===

    http://davidswanson.org/content/richard-holbrookes-deathbed-conversion

    David Swanson's Blog - December 14, 2010

    Richard Holbrooke's Deathbed Conversion
     
    For all the talk of strategic counterinsurgency that oozes out of Washington, and all the manuals explaining that 80% of our investment in a nation-building operation should be civilian, we've been investing about 3% of our efforts in Afghanistan into a civilian project the leader of which has described it as a way to support the military. That leader was, until he died yesterday, Richard Holbrooke.

    Asked at a U.S. Senate hearing earlier this year what in the world he was doing and toward what end in Afghanistan, Holbrooke repeatedly failed to produce an answer. That could explain his deathbed conversion and his final words to his surgeon: "You've got to stop this war in Afghanistan." As if his doctor could do what he refused to play any role in.
    Before any more makers of war break their own hearts and beg for forgiveness, they should follow the examples of people like Ann Wright and Matthew Hoh and get out of this dirty business themselves while they have some life left in them.
     
    This short excerpt from War Is A Lie is relevant here:
     
    When, in 1995, Croatia had slaughtered or “ethnically cleansed” Serbs with Washington’s blessing, driving 150,000 people from their homes, we weren’t supposed to notice, much less drop bombs to prevent it. The bombing was saved for Milosevic, who — we were told in 1999 — refused to negotiate peace and therefore had to be bombed. We were not told that the United States was insisting on an agreement that no nation in the world would voluntarily agree to, one giving NATO complete freedom to occupy all of Yugoslavia with absolute immunity from laws for all of its personnel.
     
    In the June 14, 1999, issue of The Nation, George Kenney, a former State Department Yugoslavia desk officer, reported:
     
    “An unimpeachable press source who regularly travels with Secretary of State Madeleine Albright told this [writer] that, swearing reporters to deep-background confi dentiality at the Rambouillet talks, a senior State Department official had bragged that the United States ‘deliberately set the bar higher than the Serbs could accept.’ The Serbs needed, according to the official, a little bombing to see reason.”
     
    Jim Jatras, a foreign policy aide to Senate Republicans, reported in a May 18, 1999, speech at the Cato Institute in Washington that he had it “on good authority” that a “senior Administration official told media at Rambouillet, under embargo” the following: “We intentionally set the bar too high for the Serbs to comply. They need some bombing, and that’s what they are going to get.”
     
    In interviews with FAIR (Fairness and Accuracy in Reporting), both Kenney and Jatras asserted that these were actual quotes transcribed by reporters who spoke with a U.S. official.
     
    Negotiating for the impossible, and falsely accusing the other side of noncooperation, is a handy way to launch a “defensive” war. Behind that scheme in 1999 was special U.S. envoy Richard Holbrooke.
    ***
    And here's something Sam Husseini wrote in December 2008:
     
    Shortly before the bombing of Yugoslavia began in late March 1999, Richard Holbrooke met with Yugoslav President Slobodan Milosevic. By his own account, Holbrooke delivered the final ultimatum to Milosevic -- that if Yugoslavia didn't agree to the Rambouillet text, NATO would begin bombing.
     
    The Rambouillet text called for a defacto occupation of Yugoslavia. On major U.S. media, after the bombing of Yugoslavia began, Holbrooke claimed that what was called for in the Rambouillet text, despite Serbian protests, "isn't an occupation". Several weeks later, when confronted by a journalist familiar with the Rambouillet text, Holbrooke claimed: "I never said that". This was a lie, it was also a tacit admission that the Rambouillet text did call for an occupation (why else would Holbrooke deny saying it when he had?) So the U.S. demanded that Yugoslavia submit to occupation or be bombed -- and Holbrooke lied about this crucial fact when questioned about the cause of the war.
     
    Here are the specifics:The Rambouillet text of Feb. 23, 1999, a month before NATO began bombing, contained provisions that provided for NATO to basically occupy the entire Federal Republic of Yugoslavia (FRY), not just Kosovo. Excerpts from Appendix (B) (I attempted to draw attention to this at the time when I became aware of it.):

    7. NATO personnel shall be immune from any form of arrest, investigation, or detention by the authorities in the FRY. 
    8. NATO personnel shall enjoy... free and unrestricted passage and unimpeded access throughout the FRY including associated airspace and territorial waters.
    11. NATO is granted the use of airports, roads, rails and ports without payment...
    15. [NATO shall have] the right to use all of the electromagnetic spectrum...
    On April 6, 1999, about two weeks after the bombing began, Holbrooke appeared on the Charlie Rose show and was asked about what started the war. (Video is here, approximate times in the interview are provided):

    [3:45] "The 81 pages of the Rambouillet agreement, which the Serbs rejected, contain all the elements of a really solid interim solution. ... Although Rambouillet itself was rejected, the principles embodied in the Rambouillet agreement make a hell of a lot of sense. ..." 
    [13:00] "The [Yugoslavian government] decision was to trigger the bombing of their own country instead of accepting this very reasonable political offer." ...
    [14:00] Asked how to explain the actions of the Serbs, Holbrooke claims the Serbs said: "The choice you've given us is to have our sacred soil violated by an invading force. I said this isn't an invasion, it isn't an occupation, it's an international peacekeeping force that will save the Serb minority in Kosovo. ..."
    [15:00] "We walked the last mile for peace."
    [17:00] "The bombing must continue and must intensify until the Yugoslav leadership realizes they have to change their positions."
    On April 23, 1999, journalist Jeremy Scahill of Democracy Now questioned Richard Holbrooke as he was leaving the Overseas Press Club's 60th anniversary dinner:
     
    Holbrooke: "One question." 
    Jeremy Scahill: "You've said, since you gave the ultimatum to President Milosevic, that the Rambouillet accords do not call for the occupation of Yugoslavia. In --"
    Holbrooke: "I never said that. That's the end of that. You got the wrong person and the wrong quote. That's your question."
    Scahill: "Do the Rambouillet accords ... Are the the Rambouillet accords a call for the occupation of Yugoslavia -- how do you reconcile that with Appendix B?"
    Holbrooke: "I was not at Rambouillet. You'll have to address it to the people --"
    Scahill: "You delivered the ultimatum, you're familiar with with the text --"
    Holbrooke: "I did not discuss that detail with him. That's your question."
    Scahill: "You haven't answered the question though."
    Holbrooke: "I have answered the question. Good night." (See the April 23, 1999 Democracy Now, especially beginning at 29:00.)
    It's tempting for many to think that the current Bush administration and the 2003 invasion of Iraq are totally unique. They're not, the methods of the U.S. government lying its way into a war are long standing and many of the culprits are still very much part of the political structure.


    === 4 ===

    http://www.b92.net/eng/news/world-article.php?yyyy=2010&mm=11&dd=25&nav_id=71118

    Danas - November 25, 2010

    Ex-UN envoy slams Holbrooke's Afghanistan approach 

    BELGRADE: America's special representative for Afghanistan is implementing wrong, "Bosnian" methods in Afghanistan, says a former UN envoy.
    Norwegian diplomat Kai Eide, who served as special UN envoy in Kabul until March 2010, told Belgrade's Danas newspaper that he unsuccessfully tried to spur Washington to sack Holbrooke.
    "Even though the (1995) Dayton negotiations were a precondition for peace in Bosnia-Herezgovina, Richard Holbrooke used intimidation methods during that process, and he is attempting to do the same in Afghanistan now," Eide noted. 
    The diplomat stated that Washington had "clearly made a mistake" when they appointed Holbrooke, describing him as a person who stands in the way of improved relations between the Afghan authorities and the international community. 
    "A person who implements such tactics gains lifelong enemies, considering that Afghanis, like people in the Balkans, are very proud. It's a pity that Holbrooke, who interfered in the election process in Afghanistan and who is attempting to bully the citizens of that country, still holds his position," said Eide. 
    The Norwegian diplomat also told the daily that he personally unsuccessfully tried to influence the U.S. State Department to sack their Afghanistan envoy. 
    Asked to appraise the current situation in Afghanistan, Eide said that it is "clear that neither NATO nor the Taliban can win", and that further military escalation represents "the wrong path". 
    "I believe that the only solution is a political dialogue with the rebels. First, a temporary ceasefire should be declared in some areas, since the existing strategy, that has been almost entirely militarized, is not working. In other words, unless different methods are used, there will be no success," Eide concluded.  

    ---

    http://www.focus- fen.net/? id=n111191

    Focus News Agency (Bulgaria) - April 29, 2007

    Kosovo to be independent with or without U.N. 

    BRUSSELS - Kosovo will be independent with or without
    a United Nations resolution, and Russia should back an
    agreement to protect the Kosovo Serb minority, the
    United States said on Saturday.
    Assistant Secretary of State Dan Fried said it was
    possible the latest Russian criticism of U.N. mediator
    Marti Ahtisaari's plan for the final status of the
    breakaway Serbian province meant Moscow intended to
    block a resolution.
    "We hope that Russia understands that Kosovo is going
    to be independent one way or another," Fried told
    Reuters in an interview at a Brussels Forum on
    transatlantic relations.
    "It will either be done in a controlled, supervised
    way that provides for the well-being of the Serbian
    people, or it will take place in an uncontrolled way
    and the Kosovo Serbs will suffer the most, which would
    be terrible."
    Moscow has repeatedly said it will not accept a
    solution which is unacceptable to Serbia, which is
    adamantly opposed to any form of independence for
    Kosovo.
    A U.N. Security Council fact-finding mission, which
    visited Kosovo at Russia's suggestion, wrapped up its
    visit on Saturday saying they would deliberate on the
    proposal for its independence without setting
    deadlines.
    "Deciding on important issues should never be hostage
    to predetermined deadlines," Belgian ambassador and
    mission head Johan Verbeke told a news conference in
    Pristina.
    Ahtisaari, a former Finnish president, proposes
    supervised independence with a strong role for an
    international presence to protect minority rights.
    Fried acknowledged the European Union could be split
    over whether or not to recognize Kosovo if there was
    no U.N. resolution and Kosovo's overwhelming Albanian
    majority declared independence unilaterally.
    "I see absolutely no advantage to doing this any other
    way than through a Security Council resolution. I see
    merely disadvantages," Fried said. "The alternatives
    are all worse.
    "A divided Europe is a bad thing in general and a
    terrible thing in this particular case."
    ....
    Kosovo has been an international protectorate since
    NATO waged an air war in 1999 to drive out Serbian
    forces...
    Some 90 percent of the province's 2 million population
    are Albanians.
    "Kosovo is in the list of problems that do not improve
    with age and neglect. The situation there is not
    inherently stable," said Fried.
    Former U.S. ambassador to the United Nations Richard
    Holbrooke told the Brussels Forum the next few weeks
    would be a fundamental test of Russian President
    Vladimir Putin's view of his role in the world.
    "If he vetoes the Ahtisaari plan in the Security
    Council, there will be a unilateral declaration of
    independence by Kosovo. The United States will
    recognize them, I hope the same day ....Some of the EU
    will, some won't," Holbrooke said.
    "There will probably be violence on the ground and it
    will be Russia's fault."
    Swedish Foreign Minister Carl Bildt told the Forum he
    expected a period of "diplomatic trench warfare" over
    Kosovo at the United Nations and suggested the EU
    should take the lead in seeking a compromise solution,
    which would take time.

    Asked about Holbrooke's scenario of unilateral
    independence, he said: "That is playing with fire."

    ---

    http://www.realitymacedonia.org.mk/web/news_page.asp?nid=2667

    Reality Macedonia - July 14, 2003

    Richard Holbrooke: 'Full Independence' For Kosovo, Montenegro

    http://www.ptd.net/webnews/wed/cd/Qkosovo-serbia-montenegro.RQm-_DlC.html

    Kosovo, Montenegro should be independent: former US
    envoy

    PRISTINA, Serbia-Montenegro, July 12 (AFP) - The
    UN-administered southern Serbian province of Kosovo
    should be fully independent, former US ambassador to
    the United Nations Richard Holbrooke said in an
    interview published Saturday.
    "The correct outcome is clear to me - it's full
    independence for Kosovo," Holbrooke told Kosovo's
    leading daily newspaper "Koha Ditore".
    The veteran diplomat, who served as the US envoy to
    the UN during Bill Clinton's presidency, was one of
    the architects of the 1995 Dayton accords which ended
    the war in Bosnia and drew up a ceasefire between
    Belgrade and pro-independence ethnic Albanians in the
    Kosovo war in 1998.
    Holbrooke told the daily that the province, under UN
    administration since the end of the war in 1999,
    should be an "independent state with UN membership."
    He suggested the status of Kosovo should be decided at
    an international conference "between Pristina and
    Belgrade with the support and assistance of the United
    States", the European Union, Russia and the United
    Nations.
    Holbrooke also said the loose union of Serbia and
    Montenegro that replaced rump Yugoslavia in February,
    "cannot continue to exist as a single international
    entity."
    "Montenegro does not listen to Belgrade, they don't
    even use the same currency. It's time for us to
    recognize the reality: Montenegro should become an
    independent country just as Kosovo should," Holbrooke
    told the daily.
    Kosovo has been under UN and NATO control since June
    1999 after a military campaign by NATO brought an end
    to a crackdown by Serb forces on the ethnic Albanian
    majority seeking independence from Belgrade.
    The province is legally part of Serbia and Montenegro,
    but its future political status is yet to be decided.
    Kosovo's ethnic Albanians, who make up 90 percent of
    the population of the province, seek full
    independence, while the minority Serbs and Belgrade
    want the province to remain part of Serbia.

    ---

    http://www.dw-world.de/english/0,3367,1429_W_918835,00.html

    Deutsche Welle - July 13, 2003

    Holbrooke calls for independent Kosovo

    The former American UN ambassador Richard Holbrooke
    has called for independence for the predominately
    Moslem Serb province of Kosovo. Holbrooke is quoted in
    the newspaper Koha Ditore in Pristina saying lasting
    peace required a separation from Serbia. Kosovo, which
    is 90 percent ethnic Albanian, has been administered
    by the U.N. since 1999. Holbrooke stressed, however,
    that the Serb minority there would need special
    protection. The U.S. diplomat negotiated the Dayton
    peace agreement in 1995 which ended the war in Bosnia.

    ---

    http://www.b92.net/english/news/index.php?&nav_category=&nav_id=23705&order=priority&style=headlines

    Beta - June 12, 2003

    Holbrook advocates independence for Kosovo

    PRISTINA -- Saturday - Richard Holbrook, the former US
    ambassador and negotiator prior to the bombing of
    Yugoslavia in 1999, said in comments published today
    that independence for Kosovo and membership of the
    United Nations is the only way to bring lasting peace
    to the region.
    In an interview with Pristina daily Koha Ditore,
    Holbrook said that four years had passed since the end
    of the conflict and in that Kosovo had developed its
    own independent character with the support of the
    international community. "Now its time to move to the
    second phase," he claimed.
    The former US ambassador to the UN said the Security
    Council would not rule on the final status of Kosovo.
    Instead, the future of the province should be decided
    by international mediation that will unfold between
    Pristina and Belgrade with the support and presence of
    America, the European Union and the UN, he explained.
    Holbrook added that, for him, the rights result is
    clear - "the total independence of Kosovo."


    === 5 ===

    WHO'S WHO IN THE BALKANS
    Doc. 2 - Richard Holbrooke
    Source: cdsmireland@... - 4/14/2004

    RICHARD HOLBROOKE

    Reprinted from 
    chronicles

    (Message over 64 KB, truncated)


    "Befreiter" Kosovo: Organhandel, Auftragsmorde, Apartheid

    1) Teil des Westens geworden (german-foreign-policy.com)

    2) KOMMENTARE:
    - Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt (K. Trümpy)
    - Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher (N. Mappes-Niediek)
    - Thaci ein gemeiner Verbrecher? (W. Pirker)
    - Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger? (J. Paas)
    - Korruption, Erpressung und Organhandel. Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein (A. Förster)

    3) Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty (P. Mühlbauer)

    4) FLASHBACK:
    - Carla del Ponte verklagt (Vesna Peric Zomonjic und Cathrin Schütz, 3.4.08)
    - Stunde der Gangster (Werner Pirker, 5-6.4.2008)
    - "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte (K.Trümpy, ICDSM Schweiz, 8.4.2008)


    Siehe auch: "Mafia-Vorwürfe gegen Hashim Thaci"

    === 1 ===


    Teil des Westens geworden
     
    16.12.2010

    PRISTINA/BERLIN
     
    (Eigener Bericht) - Zum wiederholten Male werden schwerste Vorwürfe gegen das von Berlin unterstützte Sezessionsregime im Kosovo laut. Wie der Sonderberichterstatter der Parlamentarischen Versammlung des Europarates, Dick Marty, in einer soeben veröffentlichten Untersuchung schreibt, ist der gegenwärtige Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, nicht nur seit über zehn Jahren an führender Stelle in den Schmuggel von Waffen und Rauschgift involviert. Thaçi steht laut Marty darüber hinaus im Verdacht, am Handel mit menschlichen Organen beteiligt zu sein. Zu den Empfängern der Organe sollen auch Deutsche gehört haben. Als Verdächtiger wird zudem der Arzt Shaip Muja benannt, ein enger Berater von Thaçi. Beide waren bereits im Frühjahr 1999 gemeinsam in der Führung der UÇK-Miliz aktiv, als diese während des NATO-Überfalls auf Jugoslawien als Bodentruppe des westlichen Kriegsbündnisses operierte. Martys Bericht wirft nicht nur ein grelles Licht auf die inzwischen mehr als elfjährige Protektoratsherrschaft des Westens über das Kosovo, bei der Berlin eine zentrale Stellung innehat. Peinlich für die Bundesregierung ist auch, dass der Sonderberichterstatter sich auf ausführliche Quellen stützen kann, die ihr schon seit Jahren bekannt sind, ohne dass Konsequenzen gezogen worden wären - detaillierte Berichte der deutschen Auslandsspionage.

    Organhandel

    Auslöser der Untersuchung, mit der die Parlamentarische Versammlung des Europarates vor zwei Jahren den Schweizer Abgeordneten Dick Marty beauftragt hat, war eine Buchveröffentlichung der ehemaligen Chefanklägerin für das Internationale Jugoslawien-Tribunal Carla del Ponte. Del Ponte beschrieb in ihrem Buch, wie sie schon Anfang 2001 über glaubhafte Hinweise in Kenntnis gesetzt worden war, denen zufolge im Sommer 1999 nach der Besetzung des Kosovo durch die NATO zwischen 100 und 300 Menschen aus der serbischen Provinz in den Norden Albaniens verschleppt worden seien. Dort hätten ihnen Ärzte Organe entnommen. Die Organe seien über einen Flughafen nahe der albanischen Hauptstadt Tirana ins Ausland geschmuggelt, die Opfer ermordet worden.[1] Del Ponte gibt an, damals Untersuchungen aufgenommen zu haben, allerdings stets auf eine Mauer des Schweigens gestoßen zu sein - und dies nicht nur bei den Behörden in Tirana und bei Albanern im Kosovo, sondern auch bei den westlichen Besatzern. Das trifft auch auf die Jahre 2002 bis 2003 zu, als der jetzige Sonderbeauftragte der Bundesregierung für Afghanistan und Pakistan, Michael Steiner, als Chef der UN-Verwaltung im Kosovo (UNMIK) firmierte.

    Medicus

    Entscheidende Aufschlüsse für die Untersuchung brachte unter anderem ein Vorfall vom November 2008. Damals fiel auf dem Flughafen in der kosovarischen Hauptstadt Priština ein junger Mann aus der Türkei in Ohnmacht. Als Flughafenmitarbeiter ihn zu verarzten suchten, fanden sie auf seinem Unterleib eine frische, auffällige Narbe. Ermittler wurden eingeschaltet; am nächsten Tag entdeckte die Polizei nur wenige Kilometer entfernt eine "Klinik" mit dem Namen "Medicus", in der illegale Organentnahmen betrieben wurden. An diesem Dienstag hat in Priština der Prozess in dieser Sache begonnen. Unter den Personen, die von den Organentnahmen profitierten und sich in Priština neue Organe einsetzen ließen, sollen sich auch Deutsche befunden haben. Zu den Angeklagten gehören neben dem Arzt Yusuf Sonmez, den Beobachter als einen der berüchtigtsten Organhändler der Welt bezeichnen, vor allem bekannte Mediziner aus dem Kosovo, daneben ein hochrangiger Beamter aus dem kosovarischen Gesundheitsministerium.[2]

    Die "Drenica-Gruppe"

    Besondere Brisanz erhält das Verfahren durch den Bericht, den Dick Marty an diesem Donnerstag einem Ausschuss der Parlamentarischen Versammlung des Europarates vorstellen wird. Marty gibt an, über klare Hinweise zu verfügen, dass beide Fälle von Organhandel - der bereits von del Ponte beschriebene Fall vom Sommer 1999 und der Fall "Medicus" - miteinander zusammenhingen. Den Fall vom Sommer 1999 jedoch bringt Marty mit dem gegenwärtigen Premierminister des Kosovo, Hashim Thaçi, in Verbindung. Zum damaligen Zeitpunkt, berichtet er, stand ein Gefangenenlager der UÇK im albanischen Ort Fushë-Krujë unter der Kontrolle der "Drenica-Gruppe", einer die UÇK beherrschenden Clique, die als besonders brutal und in verschiedenen Geschäften der Organisierten Kriminalität höchst erfolgreich galt. Dieser Gruppe wurde schon damals unter anderem UÇK-Chef Thaçi zugerechnet. Die Gruppe habe in Fushë-Krujë die Organentnahmen und die anschließenden Morde organisiert und die Organe über den Flughafen der nahe gelegenen albanischen Hauptstadt Tirana abgewickelt, ergibt sich aus dem Marty-Bericht. Ihr gehöre auch der Arzt Dr. Shaip Muja an, der seit mehr als einem Jahrzehnt unter anderem in Organhändler-Netzwerke verstrickt sei. Muja ist heute enger Mitarbeiter von Premierminister Thaçi.[3]

    Westliche Werte

    Sowohl Thaçi als auch Muja kooperieren spätestens seit 1999 mit den NATO-Staaten. Muja war im Frühjahr 1999 als Chef der UÇK-Logistik in Tirana tätig; über ihn konnte man damals in deutschen Medien erfahren, in seinem "eleganten, dunklen Anzug" wirke er "ausgesprochen zivil", er wolle nichts anderes, als im Kosovo den "westlichen Werten" Geltung zu verschaffen und ein "Teil des Westens" zu werden.[4] Thaçi arbeitete nicht nur während des NATO-Angriffs auf Jugoslawien mit den westlichen Kriegsmächten eng zusammen, er bereitete auch seine politische Karriere mit einem Besuch in Berlin vor. Anfang 2006 hielt er sich zu Verhandlungen in der deutschen Hauptstadt auf, unter anderem im Auswärtigen Amt. Eingeladen hatte ihn die Friedrich-Ebert-Stiftung (SPD). 2007 wurde er zum Premierminister des Kosovo gewählt. Erst letzten Sonntag fanden im Kosovo erneut Wahlen statt, die Thaçis Partei gewonnen haben will. Beobachter verweisen darauf, dass einzelne Wahllokale Wahlbeteiligungen von bis zu 149 Prozent verzeichneten. Treffen Martys Recherchen zu, handelt es sich bei solchen Merkwürdigkeiten jedoch um lächerliche Randerscheinungen.

    "Kein Interesse an staatlicher Ordnung"

    Über Thaçi kann sich Berlin nicht im Unklaren sein. Bereits im Jahr 2005 wurden Auszüge aus einem Bericht des Bundesnachrichtendienstes bekannt, in dem es hieß, über "Key-Player" wie ihn bestünden "engste Verflechtungen zwischen Politik, Wirtschaft und international operierenden OK-Strukturen im Kosovo". Die "dahinter stehenden Netzwerke" hätten keinerlei "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung, durch die ihre florierenden Geschäfte beeinträchtigt werden können."[5] Zwei Jahre später bestätigte eine im Auftrag der Bundeswehr verfasste Analyse diesen Befund.[6] Dass ein "Key-Player", dessen "Netzwerken" kein "Interesse am Aufbau einer funktionierenden staatlichen Ordnung" nachgesagt wird, auch im Amt des Premierministers von der Bundesrepublik Deutschland unterstützt wird, entbehrt nicht eines gewissen Zynismus: Schließlich gehört Berlin zu den tonangebenden Mächten unter den westlichen Besatzern des Kosovo, die vorgeben, dort staatliche Strukturen aufbauen zu wollen. Zuletzt hat die Bundesregierung dem Kosovo vor zwei Jahren umfangreichere Hilfe versprochen; zugesagt wurden 100 Millionen Euro. Der Nutzen der Finanztransfers bleibt im Dunkel: Die Arbeitslosigkeit im Kosovo ist mit offiziell 45 Prozent die höchste in ganz Europa, fast zwei Fünftel der Bevölkerung leben laut Angaben der Weltbank bis heute in Armut. Selbst das Bundesentwicklungsministerium gibt an, im Kosovo sei "wirtschaftlicher Aufschwung (...) noch nicht zu verzeichnen".[7]
    [1] Carla del Ponte: La Caccia. Io e i Criminali di Guerra, Milano 2008
    [2] At family farm, grim claims of organ culling from captured Serb soldiers; www.guardian.co.uk 25.11.2008. Kosovo physicians accused of illegal organs removal racket; www.guardian.co.uk 14.12.2010
    [3] Committee on Legal Affairs and Human Rights: Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo. Draft report, 12 December 2010
    [4] "Wir wollen ein Teil des Westens werden"; Tagesspiegel 07.04.1999
    [5] Rechtsstaat? Lieber nicht!; Die Weltwoche 43/2005. S. dazu Die Mafia als Staat
    [6] s. dazu Aufs engste verflochten
    [7] Kosovo: Situation und Zusammenarbeit; www.bmz.de

    === 2 ===

    Hashim Thaci von Schweiz aufgepäppelt


    15 Dezember 2010


    Hashim Thaci wurde in der 90er-Jahren in der Schweiz von Serben-Hassern und sonstigen Ignoranten hingebungsvoll aufgepäppelt. Heute wurde nun bekannt, dass Thaci, vor einer Woche als Präsident des Kosovo wiedergewählt, in schwerste Verbrechen und mafiöse Machenschaften verwickelt war und dies weiterhin ist. Jedem einigermassen Wissbegierigen (Internet!) ist dies längst bekannt.
     
    Im Sommer 1999, nach dem Ende der NATO-Aggression gegen Serbien-Montenegro, wurde Thaci von Joseph Deiss, unserem damaligen Aussenminister, feierlich empfangen. Heute ist Deiss Präsidenten der UNO-Generalversammlung. Jean Ziegler, sonst ein fortschrittlicher Geselle, nimmt bezüglich Jugoslawien eine eindeutig NATO nahe Position ein. Von 2000 bis 2008 war er UN-Sonderberichterstatter für das Recht auf Nahrung. Heute sitzt er im Beratenden Ausschuss des UN-Menschenrechtsrats. Beide Politiker haben anscheinend den Wink aus den USA verstanden und sich entsprechend eingerichtet. Eine weitere Politikerin, die in diesem Sinne den USA sehr verständnisvoll gegenüber steht, ist unsere aktuell amtierende Aussenministerin Micheline Calmy-Rey. Als Vertreterin der neutralen Schweiz legte sie sich besonders vehement für die Abspaltung des Kosovo von Serbien ins Zeug. Mit welchem Posten sie später belohnt wird, weiss man noch nicht. Nicht vergessen sollte man Carla del Ponte, ihres Zeichens willige Vollstreckerin der NATO-Befehle am sogenannten Jugoslawien-Tribunal in Den Haag. Heute schiebt sie in Argentinien als Botschafterin eine ruhige Kugel.
     
    Eine ehrbare Ausnahme und Retter der Ehre der Schweiz ist Dick Marty.  Seine zukünftige Karriere, er ist seit 1998 Abgeordneter des Europarats, sehe ich weniger rosig. 2005 wurde Marty beauftragt, die Untersuchungen zu den vermuteten geheimen Gefangenentransporten und Gefangenenlagern in Europa zu leiten. Im Bericht des Tessiner FDP-Ständerats Dick Marty zuhanden des Europarats werden nun die Vorwürfe gegen Thaci publik gemacht.
     
    Kaspar Trümpy, ICDSM Schweiz

    ---


    Ein Verbrecher, aber unser Verbrecher

    Norbert Mappes-Niediek


    Was für ein Zufall: Kaum ist die Wahl im Kosovo vorbei, da holt die Vergangenheit den Sieger Hashim Thaci ein: Er soll in den Handel mit Organen gefangener Serben verwickelt gewesen sein. Ein paar Tage eher, und dieser Vorwurf hätte das politische Ende für den Mann samt seiner Leute bedeutet. Nun aber darf er weiter als Premier regieren. Die jetzt erhobenen Anschuldigungen des Europarat-Sonderberichterstatters Dick Marty müssen Thaci keineswegs den Kopf kosten. Eine kriminalistische Untersuchung ersetzt der Bericht nicht.

    Über Thaci kursieren seit mehr als zehn Jahren die schlimmsten Gerüchte. Ein Bericht des BND präsentiert ihn als "Kopf der Mafia". In zehn Jahren hat niemand die Vorwürfe gegen Thaci gründlich untersucht, weder die Uno noch Brüssel, obwohl die juristischen Mittel gegeben waren.

    Hinter dem Timing stehen die heimlichen Herren im Kosovo: die westlichen Botschafter. Sie wollen die fragwürdigen Figuren an der Staatsspitze zwar nicht loswerden, aber in Schach halten. Gefällige, erpressbare Figuren heranzuzüchten, ist allemal leichter, als funktionierende Institutionen aufzubauen. Für das Kosovo und ganz Südosteuropa sollte eigentlich ein demokratisches Muster zur Anwendung kommen. Dessen Risiken aber scheuen die Westmächte im Kosovo. Aber erst wenn die Bandenchefs den internationalen Rückhalt verlieren, haben die Kosovaren wirklich die Chance, ihre Quälgeister loszuwerden.

    ---

    Mafiastaat


    Thaci ein gemeiner Verbrecher?


    Von Werner Pirker

    junge Welt, 16.12.2010,  www.jungewelt.de

    Die selbsternannte Republik Kosovo ist ein Mafiastaat. Das wissen nicht nur die Gegner dieses illegalen Gebildes, sondern auch dessen Befürworter. Daß die organisierte Kriminalität die Staatsmacht am Amselfeld ausübt, ist eine kaum noch bestrittene Tatsache. Daß die aus den UCK-Strukturen hervorgegangenen Gangsterbanden vor keinem noch so scheußlichen Verbrechen zurückschrecken, hat sich ebenfalls schon herumgesprochen. Daß auch der Organhandel in den Geschäftsbereich der Unabhängigkeitspaten fällt, war schon seit langem vermutet worden. Nun hat der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty einen Bericht vorgelegt, in dem der kosovo-albanische Premier Hashim Thaci und weitere frühere UCK-Feldkommandeure beschuldigt werden, am Handel mit Organen serbischer Gefangener sowie an Auftragsmorden und anderen Verbrechen beteiligt gewesen zu sein.

    Welch eine Republik da heranwächst, war bereits unmittelbar nach dem NATO-Bombenkrieg gegen Jugoslawien zu erkennen gewesen, als die UCK den Abzug der serbischen Sicherheitskräfte dazu nutzte, wüste Pogrome gegen Serben und andere ethnische Minderheiten zu entfesseln. Zehntausende wurden drangsaliert und vertrieben, viele ermordet. Das Albanisierungsprogramm beinhaltete auch die Zerstörung unzähliger serbischer Kulturdenkmäler. Die KFOR-Truppen, die ihre Aufgabe wohl in der Verhinderung eines »serbischen Völkermordes an den Albanern« sahen, beobachteten dann auch entsprechend entspannt das mörderische Treiben der albanischen Mehrheitsbevölkerung gegen die Minderheiten.

    Hashim Thaci, der brutale Boß des Drenica-Clans, und nicht der urbane Schöngeist Ibrahim Rugova war in Rambouillet von der antiserbischen Kriegsallianz zum Chefalbaner ausersehen worden. Vom bewaffneten Dorflumpen zum Staatsmann. Ein Bandit ist Thaci indes immer geblieben.

    Daß sich im zurückgebliebensten Winkel des Balkans der Kampf um die Neuverteilung des Eigentums auf wenig zivilisierte Weise abspielen würde, war vorhersehbar. Auch daß die Clanstrukturen sich zu Ma fiastrukturen auswachsen würde. Hashim Thaci wird von Marty, einem früheren Staatsanwalt, als Chef einer »kleinen, aber unvorstellbar mächtigen Gruppe von UCK-Mitgliedern« bezeichnet, die seit 1998 die organisierte Kriminalität unter ihre Kontrolle gebracht habe. Die Hauptantriebskraft des bewaffneten Sezessionskampfes der Kosovo-Albaner war somit die kriminelle Energie. Es ging um die Aneignung des verselbständigten Gesellschaftseigentums. Hinter schwülstiger nationalistischer Romantik verbirgt sich nackter, in jeder Hinsicht krimineller Eigennutz. Das war der Grund, warum Thaci und Kumpane zu keiner anderen Lösung als der vollständigen Unabhängigkeit von Serbien bereit waren, obwohl der Kosovo-Bevölkerung von Belgrad ein äußerst großzügiges Autonomieangebot gemacht wurde. Das wiederum war der Grund, warum die Aggressionsgemeinschaft auf die Thacis setzte. Mit denen aber immer weniger Staat zu machen ist.
     
    ---

    Marty-Bericht im Rechtsausschuss des Europarats

    Kosovos Premier - Mafiaboss und Wahlbetrüger?

    Organhandel, Auftragsmorde, Folter - für all diese Verbrechen soll der jüngst gewählte kosovarische Ministerpräsident Thaci verantwortlich sein, als er Ende der 90er-Jahre die Rebellenarmee UCK anführte. Der Europaratsabgeordnete Marty erhebt in seinem Bericht schwerste Vorwürfe, mit denen sich heute der Rechtsausschuss des Europarats befasst.

    Von Jörg Paas, BR-Hörfunkstudio Wien

    Ein schlichtes Wohngebäude mit gelbem Anstrich irgendwo in Nordalbanien, in Medienberichten gelegentlich das "Gelbe Haus" genannt: Hier soll es vor mehr als zehn Jahren zu unvorstellbaren Gräueltaten der kosovarischen Rebellenarmee UCK gekommen sein. Gefangene wurden angeblich getötet, den Leichen Organe entnommen und diese dann auf dem Schwarzmarkt verkauft. Verantwortlich für all dies soll, wie der Schweizer Europaratsabgeordnete Dick Marty schreibt, der damalige Rebellenführer und heutige Premier des Kosovo, Hashim Thaci, sein.

    "Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"

    Die Anschuldigungen sind nicht neu - weder was den Sachverhalt noch was die Person betrifft. Immer wieder taucht das "Gelbe Haus" in den Medien auf, Politiker werden danach gefragt. Im März zum Beispiel der damalige französische Außenminister Bernard Kouchner. Zur fraglichen Zeit Ende der 90er-Jahre war er Sondergesandter der Vereinten Nationen im Kosovo. "Herr Minister, was wissen Sie über das 'Gelbe Haus' und über Organhandel?" Seine Antwort - lautes Gelächter: "Was? Organhandel? Sind Sie krank, Monsieur?  Glauben Sie nicht solche Dummheiten!"
    Tatsächlich ist schwer vorstellbar, dass ausgerechnet im unterentwickelten Norden Albaniens medizinisch höchst aufwendige Organentnahmen stattgefunden haben könnten. Aber wer weiß? Im Kosovo sind die Lebensbedingungen kaum besser, und dort ist vor kurzem eine private Klinik unter dem Vorwurf des Organhandels geschlossen worden.

    Organisiertes Verbrechen - Thaci mittendrin

    Dass der einstige Rebellenführer Thaci Kontakte zum organisierten Verbrechen unterhält und diese auch nach seinem Eintritt in die hohe Politik und Diplomatie nie wirklich aufgegeben hat, steht für viele Beobachter im Kosovo völlig außer Frage - auch wenn er nach außen den freundlichen Staatsmann gibt, der sich für gute Beziehungen mit jedermann einsetzt.
    Dick Marty, der Berichterstatter des Europarates, wirft der internationalen Gemeinschaft vor, im Wunsch nach der Schaffung von Stabilität im Kosovo die Augen vor dem kriminellen Hintergrund einiger Politiker zu verschließen - insbesondere offenbar beim Premierminister. Als im Kosovo noch serbische Gerichte das Sagen hatten, 1998, wurde Thaci wegen Terrorismus und der Beteiligung an mehreren Morden in Abwesenheit zu zehn Jahren Haft verurteilt. Aus serbischer Sicht ist er also auf jeden Fall ein Verbrecher.

    Serbien und Kosovo vor schwierigen Verhandlungen

    Was alle anderen Vorwürfe betrifft, mangelte es in der Vergangenheit noch stets an Zeugen und an Beweisen. Dennoch ist der Flurschaden für die aktuelle Politik schon jetzt groß: Serbien und Kosovo sollen schon bald Verhandlungen über technische Fragen beginnen. Dazu zählt auch das Schicksal der Vermissten. Wie soll das gehen, wenn der Premier auf der einen Seite angeklagt ist, für die Vermissten selbst verantwortlich zu sein.
    Die Anschuldigungen kommen für Thaci außerdem zu einem äußerst ungünstigen Zeitpunkt. Zwar ging seine Demokratische Partei PDK aus der Parlamentswahl am Sonntag wieder als stärkste politische Kraft hervor, aber die Manipulationen durch Doppelwähler und Stimmenkauf ausgerechnet in Thacis Heimatwahlkreis Skenderaj waren einfach zu offensichtlich. Jetzt steht er gleich doppelt in schlechtem Licht da - als mutmaßlicher Mafiaboss und Wahlbetrüger.

    ---


    Für EU und USA dürfte der Fall Thaci eigentlich nicht neu sein

    Andreas Förster

    BERLIN. Ist der wiedergewählte kosovarische Ministerpräsident Hashim Thaci
    Kopf einer Mafia-Bande, die an Morden, illegalem Organhandel und anderen
    schweren Verbrechen beteiligt ist? Auf entsprechende Vorwürfe, die in einem
    jetzt vorgelegten Bericht des Europarats zusammengefasst sind, haben
    EU-Politiker und die US-Regierung verwundert reagiert. Dabei müssten sie
    angesichts der seit Jahren von westlichen Geheimdiensten und Denkfabriken
    angefertigten Berichte über die Verquickung von Politik und Organisierter
    Kriminalität im Kosovo doch bestens im Bilde sein.

    Der Schweizer Jurist Dick Marty hatte in der vergangenen Woche einen im
    Auftrag des Europarats verfassten Bericht veröffentlicht, in dem er Thaci
    und andere Führer der kosovarischen Befreiungsarmee UCK beschuldigt, in den
    Jahren 1998 bis 2000 am Handel mit Organen serbischer Gefangener beteiligt
    gewesen zu sein. Am Samstag kündigte Serbien an, Thaci wegen der Vorwürfe
    nicht anklagen zu wollen. Er selbst weist die Anschuldigungen zurück.

    Nichts wirklich Neues: Schon ein im Jahr 2007 vom Institut für europäische
    Politik (IEP) verfasster Report über die Sicherheitslage im westlichen
    Balkan etwa kommt zu dem Schluss, dass besonders im Kosovo engste
    Verbindungen zwischen führenden politischen Entscheidungsträgern und den
    dominierenden kriminellen Clans der Provinz existieren, die nahezu alle
    wesentlichen gesellschaftlichen Schlüsselpositionen besetzt halten.
    Ausdrücklich erwähnt wird hier neben zwei anderen Spitzenpolitikern auch
    Thaci, der "auf internationaler Ebene über weit reichende kriminelle
    Netzwerke verfügt".

    Das in Berlin ansässige und von der Europäischen Kommission mitfinanzierte
    IEP hatte für seinen von der Bundeswehr in Auftrag gegebenen Bericht 70
    deutsche und internationale Balkan-Experten, EU-Beamte, Angehörige von
    Polizei, Nachrichtendiensten und Streitkräften sowie politische
    Entscheidungsträger befragt. Aus deren Aussagen ergibt sich im IEP-Bericht
    ein niederschmetterndes Bild der gesellschaftlichen, wirtschaftlichen und
    politischen Situation des Kosovo: Das multiethnische Gesellschaftsmodell sei
    gescheitert, es herrsche ein "enorme Armutsdimension", der Justizbereich
    gelte als hoch korrupt. Eine nachhaltige Wirtschaftsbelebung des zerrütteten
    Landes sei unrealistisch, weil ausländische Investoren abgeschreckt werden
    von "der grassierenden Korruption, der teilweise offenen
    Schutzgelderpressung sowie der breiten Übernahme staatlicher
    Kontrollfunktionen seitens krimineller Akteure", heißt es im IEP-Bericht.
    Hinzu käme, das international verflochtene Gruppen der Organisierten
    Kriminalität (OK) vom Kosovo aus ihre Aktivitäten in ganz Westeuropa
    steuern.

    Die Studie zitiert eine Untersuchung des Europarats, wonach
    "kosovo-albanische OK-Elemente ... die überwiegend in den Bereichen
    Drogenschmuggel, Menschenhandel und Geldwäsche aktiv (sind), eine
    'ernsthafte Bedrohung für die EU' darstellen". Nach seriösen Schätzungen
    belaufe sich der Umsatz der kosovarischen OK-Gruppen auf 1,5 Millionen Euro
    pro Tag, was aufs Jahr gerechnet einem Viertel des durch internationale
    Gebertransfers künstlich hochgehaltenen Bruttosozialproduktes des Landes
    entspreche. Unter den Augen der internationalen Gemeinschaft hätten sich so
    aus früheren UCK-Strukturen Multi-Millionen-Euro-Organisationen entwickeln
    können, die sowohl über Guerilla-Erfahrung als auch über
    Geheimdienstexpertise verfügen, so das bittere Fazit.


    === 3 ===

    Thaci-Partei droht Sonderermittler Dick Marty

    Peter Mühlbauer 17.12.2010

    Trotz der durch den Europarats-Bericht gefestigten Erkenntnisse zu Menschenschlachtungen, Organhandel und der Kontrolle des Kosovo durch das Organisierte Verbrechen weigert sich die EU-Außenbeauftragte, strafrechtliche Ermittlungen einzuleiten

    Das, was der Europarats-Sonderbeauftragte Dick Marty (1), der 2006 (2) mit einem bemerkenswerten Befund zu CIA-Geheimgefängnissen Aufsehen erregte hatte, gestern in einem Berichtsentwurf (3) zum Organhandel im Kosovo vorstellte (4), ist größtenteils nicht neu (5): Whistleblower, NGOs und kritische Medien berichteten seit Langem davon, dass in dem Gebiet mit völkerrechtlich umstrittenen Status das Organisierte Verbrechen herrscht. Neu ist, dass diese Erkenntnis nun auch von offizieller Stelle so formuliert wurde, dass sich die Partei des Ministerpräsidenten Hashim Thaci bemüßigt fühlte, zu drohen, man werde "alle möglichen und notwendigen Schritte" gegen die "Verleumdung" einleiten.

    Allerdings ist wahrscheinlicher, dass Thaci eine Anwaltskanzlei mit besten Kontakten zu deutschen Politikern und zu Albanerclans beauftragt, als dass er Marty enden lässt wie die serbischen Kriegsgefangenen und Zivilisten, die man zum Zwecke des Organverkaufs wie Schlachtvieh tötete und ausnahm, was der ehemalige Staatsanwalt in seinem Bericht jetzt offiziell bestätigte.
    Einer der Köpfe, die die Verbrechen zu verantworten haben, ist dem Berichtsentwurf nach der Ministerpräsident des Kosovo, der sich vor wenigen Tagen zum Sieger der am 12. Dezember abgehaltenen Parlamentswahl erklärte. 

    Dem offiziellen Wahlergebnis (6) nach siegte Thacis "Demokratische Partei" PDK mit etwa 36 Prozent der Stimmen. Die bisher mit ihr koalierende "Demokratische Liga" (LDK) kam danach auf knapp 24, die extremnationalistische Großalbanienpartei Vetëvendosje (7) auf über 12, die "Allianz für die Zukunft des Kosovo" (AAK) des in Den Haag als Kriegsverbrecher angeklagten (8) Ramush Haradinaj (9) auf ungefähr 11 und die vom Oligarchen Behgjet Pacolli geführte "Allianz für ein neues Kosovo" (AKR) auf sieben Prozent. Alle diese Parteien sind mehr oder weniger eng mit dem Organisierten Verbrechen verbunden, weshalb ein hochrangiger BND-Mitarbeiter 2008 (10) von "Organisierter Kriminalität als Staatsform" sprach. 

    Eine für das deutsche Verteidigungsministerium angefertigt und als "Verschlusssache" eingestufte Studie des Instituts für Europäische Politik (IEP) (11) kam bereits Anfang 2007 zu dem Schluss, dass das Kosovo "fest in der Hand der Organisierten Kriminalität" ist, die "weitgehende Kontrolle über den Regierungsapparat" hat. Dieser Studie zufolge gilt Thaci in Sicherheitskreisen als "noch wesentlich gefährlicher als Haradinaj", da der einstige UCK-Chef auf internationaler Ebene über weiter reichende kriminelle Netzwerke verfügt". Die Studie führt aus, wie "parallel zum öffentlichen Ordnungswesen" die "Dominanz des clanbasierten und auf den Grundprinzipien patriarchaler Altersautorität fußenden Herrschaftssystems" wuchs, während der NATO-Angriffe einen "exponentiellen Machtzuwachs erfuhr, und nach dem Zusammenbruch der jugoslawischen Ordnung zur alleinigen gesellschaftlichen Autorität im Kosovo avancierte." Anschließend kam es zur Herausbildung von clangesteuerten politkriminellen Netzwerken, die seither maßgeblich die ökonomischen Geschicke des Kosovo kontrollieren und konkurrierende legal aufwachsende Strukturen notfalls mit Waffengewalt eliminieren [...] Unter dem Deckmantel der Etablierung politischer Parteien verfestigten rivalisierende Clans [ihre] Machtstrukturen und konnten in Folge mehrerer Wahlen sowie aufgrund der politischen Anerkennung seitens internationaler Institutionen wie UNMIK und KFOR eine bislang unübertroffene Machtfülle erlangen.

    Zu ähnlichen Einschätzungen kommt auch der gestern offiziell vorgestellte Berichtsentwurf, der sich unter anderem auf Augenzeugenberichte und polizeiliche Erkenntnisse aus fünf Ländern stützt. Eine relativ neue Erkenntnis aus den zweijährigen Ermittlungen des Sonderermittlers ist lediglich, dass der Organhandel bis heute andauert. 

    In der Schweiz, dem Heimatland Martys, überlegt (12) man nach der Veröffentlichung des Berichtsentwurfs, die diplomatische Anerkennung des Kosovo rückgängig zu machen. Die EU-Außenbeauftragte Catherine Ashton sieht dagegen keinen Anlass zum Handeln. Auch strafrechtliche Ermittlungen, wie sie der Europarat fordert (13), plant man weder in Brüssel noch im Kosovo, dessen Justizsystem Norbert Mappes-Niediek 2002 wie folgt (14) beschrieb: "Wenn Kriminalität überhaupt bekämpft wird, dann von der jeweils gegnerischen Bande, die sich gerade die Kontrolle über die Staatsorgane gesichert hat". 

    _____  

    Links

    (1) http://www.dickmarty.ch/
    (2) http://www.coe.int/T/D/Kommunikation_und_politische_Forschung/Presse_und_Online_Info/Presseinfos/2006/20060607-329-PV-Marty.asp
    (3) http://assembly.coe.int/ASP/APFeaturesManager/defaultArtSiteView.asp?ID=964
    (4) mms://coenews.coe.int/vod/20101216_01_w.wmv
    (5) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/27/27883/1.html
    (6) http://www.kqz-ks.org/SKQZ-WEB/al/zgjedhjetekosoves/materiale/rezultatet/rezultatetfinaleperkuvendtekosoves.pdf
    (7) http://www.eurasischesmagazin.de/artikel/?artikelID=20060705
    (8) http://www.icty.org/cases/party/698/4
    (9) http://www.heise.de/tp/r4/artikel/24/24748/1.html
    (10) http://www.welt.de/politik/article2803781/Der-BND-in-den-Untiefen-des-Kosovo.html
    (11) http://www.iep-berlin.de/
    (12) http://www.tagesschau.sf.tv/Nachrichten/Archiv/2010/12/15/Schweiz/Schweizer-Politiker-stellen-Anerkennung-des-Kosovo-in-Frage
    (13) https://wcd.coe.int/wcd/ViewDoc.jsp?Ref=PR971%282010%29&Language=lanGerman&Ver=original&Site=DC&BackColorInternet=F5CA75&BackColorIntranet=F5CA75&BackColorLogged=A9BACE
    (14) http://www.zeit.de/2002/46/Der_Geschmack_von_Freiheit_und_Anarchie

    Telepolis Artikel-URL: http://www.heise.de/tp/r4/artikel/33/33867/1.html 
    Copyright © Heise Zeitschriften Verlag 


    === 4: FLASHBACK ===

    Carla del Ponte verklagt

    Von Vesna Peric Zomonjic (IPS), Belgrad und Cathrin Schütz
    Junge Welt, 3.4.08
     
    Die Geschichte klingt ungeheuerlich und empört seit Tagen die serbische Öffentlichkeit. Sie handelt von 300 jungen Serben und Roma, die im Sommer 1999, kurz nach dem NATO-Krieg gegen Jugoslawien, mutmaßlich von der Terrororganisation UCK (Kosovo-Befreiungsarmee) aus dem Kosovo entführt und nach Burrell in Albanien verschleppt wurden. Dort wurden die jungen Männer ermordet, ihre Körper regelrecht ausgeweidet und die Organe über Händler nach Westeuropa verkauft. 

    »Wir prüfen die Angaben und leiten eine offizielle Untersuchung ein«, erklärte nun der für Kriegsverbrechen zuständige serbische Staatsanwalt Wladimir Vukcevic. Er reagierte damit auf Veröffentlichungen der unabhängigen serbischen Nachrichtenagentur Beta. Diese hatte entsprechende Passagen aus dem auf italienisch publizierten Buch »Die Jagd: Ich und die Kriegsverbrecher« zitiert und damit für einen öffentlichen Aufschrei gesorgt.

    Die Buchautorin heißt Carla del Ponte, ehemals Chefanklägerin des Tribunals über Kriegsverbrechen im ehemaligen Jugoslawien (ICTY) und jetzige Botschafterin der Schweiz in Argentinien. Sie berichtet davon, wie sie und ihr Team beim ICTY 2001 Informationen über den Tod der rund 300 Serben und Roma erhielten und ihnen auch nachgingen. Die Rede sei davon gewesen, daß man den Entführten in einem gelben Haus außerhalb der Ortschaft Burrell Organe entnommen habe. Das beschriebene, inzwischen weiß getünchte Haus sei 2003 ausfindig gemacht und untersucht worden. Entdeckt habe man Blutspuren und diverse benutzte medizinische Utensilien, darunter Mull, eine Spritze, zwei Infusionsbeutel und leere Flaschen, die einst unter anderem Mittel zur Muskelrelaxation enthalten hätten. »Wir beschlossen, daß die Beweise nicht ausreichen. Ohne Leichname oder andere belastbare Hinweise, die zu Verdächtigen hätten führen können, gab es für die Anklage keine Möglichkeit zu weiteren Untersuchungen«, schreibt Del Ponte.

    Es sind diese Sätze, die Simo Spasic wütend machen. Spasic, Sprecher einer serbischen Vermißtenorganisation, erhob nun schwere Vorwürfe gegen Del Ponte. Er habe sie und ihr Team 2001 mehrfach getroffen und Beweise für die Verschleppung junger Kosovo-Serben und deren Ermordung in kosovo-albanischen Lagern vorgelegt. 2004 habe ihm das Büro der Chefanklägerin mitgeteilt, daß all die Menschen, nach denen er suche, tot seien. »So einfach war das«, kritisierte Spasic und kündigte eine Klage gegen Del Ponte an. Viele der Familien in seiner Organisation seien schockiert, weil Del Ponte erst heute mit ihrem Bericht über die Folter und Ermordung von Serben und den Organhandel an die Öffentlichkeit gegangen sei. 

    Del Ponte selbst nahm dazu jüngst in einem Interview der italienischen Tageszeitung La Stampa Stellung. Die Verfolgung von Kriegsverbrechen sei in der »modernen Welt« eine politische Angelegenheit, so Del Ponte. Deswegen sei es auch »kein Zufall«, daß das Buch erst herauskommt, nachdem der Kosovo seine Unabhängigkeit proklamiert hat. 

    In der Tat führt die Spur des Verbrechens in die kosovarische Hauptstadt Pristina. Dort regiert mit Hashim Thaci einer der ehemaligen UCK-Führer als Premierminister das seit Anfang März unabhängige Kosovo. Von ihm wird laut der Belgrader Zeitung The Press gesagt, daß er in der Vergangenheit höchstpersönlich kriminelle Geschäfte kontrolliert habe. Laut der russischen Zeitung Prawda »verdiente er Millionen von Dollar durch den Organhandel«.

    ---

    DEN HAAG IM »BEWEISNOTSTAND«
     
    Stunde der Gangster
     
    Von Werner Pirker
     
    Im Triumphzug ist Ramush Haradinaj, der in Den Haag wegen Kriegsverbrechen angeklagt war und »mangels an Beweisen« freigesprochen wurde, in das Kosovo zurückgekehrt. Ein anderes Urteil war bei diesem Tribunal, das seine Parteilichkeit längst hinreichend unter Beweis gestellt hat, auch nicht zu erwarten gewesen. Am albanischen Opfermythos darf nicht gerüttelt werden. Lediglich einem einzigen Mitglied der Terrorgruppe UCK wurden bisher seine Kriegsverbrechen mit sechs Jahren Haft in Rechnung gestellt.
    Eine Verurteilung Haradinajs, des geheimen Herrschers über die kriminelle Freihandelszone Kosovo und deren ehemaligen »Ministerpräsidenten«, aber hätte den Staat von Washingtons und Brüssels Gnaden in seiner Gangsterstruktur bloßgestellt. Aus dem gleichen Grund, aus dem Slobodan Milosevic vom Haager Tribunal in den Tod getrieben werden mußte, um die Wahrheit über die kriminelle Verschwörung gegen Jugoslawien nicht ans Licht kommen zu lassen, werden UCK-Banditen freigesprochen: Die verbrecherischen Voraussetzungen der albanischen Staatsgründung auf serbischem Boden sollen nicht ins öffentliche Bewußtsein dringen.
    Dabei wissen es die Verantwortlichen im Westen längst ganz genau, welche Schlange sie an ihrer Brust genährt haben. In einem internen UN-KFOR-Bericht wird die Gruppe Haradinaj als die mächtigste kriminelle Organisation im Kosovo bewertet. Ihr werden Drogen- und Waffenschmuggel sowie Menschenhandel vorgeworfen. Die albanische Bevölkerung in der vom Haradinaj-Clan beherrschten Region schwanke zwischen Heldenverehrung und ständiger Angst vor Repressalien, wird vermerkt. Das ließe sich vor allem daraus erklären, daß die UCK in ihrem »Unabhängigkeitskampf« mehr Albaner als Serben umgebracht hat.
    Das alles sah das Haager Tribunal als nicht erwiesen an. So wie Signora del Ponte die Ermordung von 300 jungen Roma und Serben, deren Eingeweide dem internationalen Organmarkt zugeführt wurden, trotz deutlicher Spurenhinweise nicht zur Kenntnis nehmen wollte. Die Schweizerin und ihr Apparat, die selbst den absurdesten Hinweisen auf serbische Verbrechen nachgingen und sie der antiserbischen Propaganda zukommen ließen, zeigten nicht nur an der Aufklärung dieses Verbrechens keinerlei Interesse, sondern waren auch um dessen Vertuschung bemüht. Del Ponte machte die serbischen Vorwürfe in ihren Memoiren bekannt, die erst erschienen sind, als die Organhändler einen Staat ihr eigen nennen durften. Zu ihnen gesellt sich nun auch Ramush Haradinaj. Eine wirklich friedliche Zukunft dürfte dem Kosovo damit nicht beschieden sein.
    Während fast die gesamte politische und militärische Führung Serbiens aus der Zeit des NATO-Krieges gegen Jugoslawien in Den Haag einsitzt, werden geschäftsstörende Maßnahmen gegen albanische Politgangster schnellstens wieder aufgehoben. Und den Serben wird ein Hang zu narzißtischer Kränkung vorgehalten, wenn sie sich ungerecht behandelt fühlen.
     
    junge Welt, 5./6. April 2008

    ---

    -------- Original-Nachricht --------
    Datum: Tue, 8 Apr 2008 00:24:14 +0200
    Von: "Y.&K.Truempy"
    Betreff: "Heikle Aussagen" von Carla del Ponte

    Wenn es um den Kosovo geht, werden Informationen selektiv weitergegeben:

    A.) 7. April 2008, 20:44, NZZ Online

    Del Ponte darf nicht an Buchpräsentation teilnehmen

    Heikle Aussagen der früheren Chefanklägerin

    Das eidgenössische Departement für auswärtige Angelegenheiten (EDA) lässt die frühere Chefanklägerin des Uno-Kriegsverbrechertribunals in Den Haag, Carla Del Ponte, nicht für ihr umstrittenes Buch werben. Es gebe darin Aussagen, die von einer Vertreterin der Schweizerischen Regierung nicht gemacht werden könnten, teilte das EDA am Montag mit.

    B.) Der Tagesanzeiger und Radio DRS werden schon konkreter:

    Die Veröffentlichung von Ausschnitten aus dem Buch hatte in der serbischen Presse für Aufregung gesorgt. Dabei ging es unter anderem um den von Del Ponte geäusserten Verdacht, wonach die Kosovo-Befreiungsarmee UCK Serben verschleppt und ihnen Organe entnommen haben soll. Hashim Thaci habe davon gewusst.

    C.) Leser der jungen Welt (auch auf diesem Kanal) wissen noch mehr:

    Hashim Thaci habe dabei Millionen verdient 

    Unsere famose Aussenministerin Micheline Calmy-Rey (Kosenamen: la vache qui rit) hat unsere hyper-kinetische Carla del Ponte (neuerdings Botschafterin in Argentinien) panikartig zurückgepfiffen, da der von der Schweiz gehätschelte Hashis Thaci betroffen ist. Zukünftige Interviews müssten mit dem EDA einzeln abgesprochen werden.

    Der vorauszusehende (Kronzeuge wurde in Montenegro von Kosovo-Mafia umgelegt, usw.) und jetzt tatsächlich erfolgte Freispruch des UCK-Kommandanten und ehemalige Kosovo-Premierminister Ramush Haradinaj am Kriegsverbrechertribunal in Den Haag hat bei Del Ponte offensichtlich letzte Reflexe eines übrig gebliebenen Gerechtigkeitssinns aktiviert (natürlich erst dann, wenn schon alles gelaufen ist..) Nachzulesen in: "La caccia. Io e i criminali di guerra" (Die Jagd - Ich und die Kriegsverbrecher)

    K.Trümpy, ICDSM Schweiz



    (francais / italiano)

    Traffico di organi umani in Kosovo

    1) Guerra umanitaria in Kosovo? Hanno espiantato organi e trafficato droga
    (Alessandro Marescotti)

    2) Hashim Thaci : Un chef mafieux à la tête du Kosovo
    (Daniel Salvatore Schiffer)

    3) Il capo del governo del Kosovo guidava il traffico di organi

    4) Sulla inchiesta della UE (Procuratore Jonathan Ratel) a proposito dello stesso traffico

    5) DUE DOCUMENTARI SUGLI ESPIANTI CLANDESTINI IN KOSOVO

    6) FLASHBACK:
    Le premier ministre kosovar accusé de trafic d'organes (lefigaro.fr / AFP 14/04/2008)


    A lire aussi / altri link:

    Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo
    by Dick Marty, Rapporteur Mr Dick Marty, Switzerland, Alliance of Liberals and Democrats for Europe 
    http://kitmantv.blogspot.com/2010/12/kosovo-pm-hashim-thachi-head-of-organ.html or
    http://www.nspm.rs/dokumenti/inhuman-treatment-of-people-and-illicit-trafficking-in-human-organs-in-kosovo.html

    Il ministro Bernard Kouchner nega l'esistenza del problema del traffico di organi gestito dall'UCK e irride chi gliene chiede conto:
    http://www.youtube.com/watch?v=7Y5cLMl7ZcA
    Kosovo : Kouchner voit rouge, « j’ai une tête à vendre des organes, moi ? »
    Trafic d'organes de l'UÇK : Bernard Kouchner est « sceptique »

    « Tout le monde au Kosovo sait ce qui s’est passé. Par peur, ils se taisent »

    Trafic d'organes de l'UÇK : « Le rapport ne dit rien de nouveau »

    Trafic d'organes de l'UCK : un scandale mondial

    Trafic d’organes : une bombe pour le Kosovo ?

    Kosovo : Thaçi impliqué dans l’organisation du trafic d’organes
     
    Trafic d’organes : le représentant du Conseil de l’Europe enquête au Kosovo 


    === 1 ===


    La verità nascosta

    Guerra umanitaria in Kosovo? Hanno espiantato organi e trafficato droga


    Una guerra voluta dalla Nato e che D'Alema difese perfino in un libro titolato "Gli italiani e la guerra"

    15 dicembre 2010 - Alessandro Marescotti


    E così oggi sappiamo che abbiamo fatto la guerra del Kosovo per far vincere i peggiori criminali.

    Lo dicevamo già da tempo, ma a darcene conferma oggi è il Consiglio d'Europa.

    "I leader di etnia albanese dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck) erano responsabili dei traffici di organi umani alla fine degli anni novanta. Lo afferma nel suo ultimo rapporto Dick Marty, che indaga su tali crimini per conto del Consiglio d’Europa".

    E questa non è una notizia "tendenziosa" lanciata da un giornale pacifista. La troviamo oggi sul sito web del quotidiano La Stampa.

    Che cosa è accaduto? "I membri indipendentisti dell’Uck rapivano serbi e altri civili per condurli in Albania, dove venivano loro espiantati gli organi che venivano poi venduti al mercato nero", continuiamo a leggere online su http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/380073

    Ci hanno raccontato nel 1999 che andavamo a fare una guerra umanitaria per liberare il Kosovo dalla "pulizia etnica".

    Ma ci siamo alleati con i trafficanti di droga dell'Uck, l'esercito indipedentista kosovaro che chiedeva a gran voce la "guerra umanitaria".

    I boss della droga hanno partecipato alle trattative prima della guerra.

    Ai negoziati francesi che portarono alla guerra c'era proprio Hashim Thaci, accusato si essere coinvolto anche in un traffico di armi e di droga.  E' oggi ritenuto un boss mafioso - secondo l'inchiesta del Consiglio d'Europa sul crimine organizzato che oggi campeggia su tutte le informazioni stampa (si veda http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo498267.shtml).

    Tachi dette un contributo determinante alla "guerra umanitaria" e in questo momento governa il Kosovo.

    Che nell'Uck ci fossero dei trafficanti di droga lo si sapeva ma lo si è taciuto perché mica potevamo dire che si faceva una guerra umanitaria con dei delinquenti incalliti.  Racconta Ennio Remondino, giornalista RAI autore del libro "La televisione va alla guerra" (ed. RAI-ERI), che fu trovata una notevole quantità di "polvere bianca" nel bagaglio di uno dei delegati kosovari dell'Uck a Rambouillet, durante le trattative svolte in Francia che decretarono il via libera alla guerra. "Non era farina o borotalco", annota Remondino nel capitolo "Borotalco" che nel libro è dedicato a questa paradossale vicenda. [Il testo al link: https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#polverebianca ]

    Ma era bene tacere e non indagare oltre.

    Si andava verso una guerra "giusta" e nessun dubbio doveva tormentare la coscienza degli italiani.

    D'Alema difese l'intervento armato perfino in un libro titotalo "Gli italiani e la guerra".

    Ancora oggi sul sito web di D'Alema si legge che con quella guerra l'Italia veniva "restituita al ruolo e al prestigio internazionali che merita; i cittadini italiani hanno dimostrato, ancora una volta, quanto profonda e radicata sia in loro la vocazione alla solidarietà".

    Lo si legge su http://www.massimodalema.it/pubblicazioni/kosovo.asp

    E così con quella guerra si è affermato Hashim Thaci, ora capo di governo.

    "Il capo del governo del Kosovo - anticipano il Guardian e la Bbc - viene indicato come il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Il rapporto, che conclude due anni di indagini e cita fra le sue fonti l'Fbi e altri servizi di intelligence, scrive che Thaci ha esercitato un "controllo violento" nell'ultimo decennio sul commercio di eroina" (cfr.http://www.tgcom.mediaset.it/mondo/articoli/articolo498267.shtm).

    Secondo le testimonianze raccolte dal rapporto del Consiglio d’Europa (Ce), venivano uccisi con un colpo di arma da fuoco alla testa i prigionieri di guerra serbi e altri civili vittime del traffico di organi di cui sarebbero responsabili i leader di etnia albanese dell’Esercito di liberazione del Kosovo (Uck).

    Forse sarebbe utile una nuova edizione aggiornata del libro di D'Alema sul Kosovo.


    === 2 ===

    http://www.agoravox.fr/actualites/international/article/hashim-thaci-un-chef-mafieux-a-la-86042

    Texte également paru, conjointement, sur deux autres sites français: à la une de "Mediapart" (lié au journal "Le Monde") et sur le blog de Daniel Salvatore Schiffer dans l'hebdomadaire du Nouvel Observateur ("NouvelOBs.com", blog "La Vérité des Masques").


    par Daniel Salvatore Schiffer

    jeudi 16 décembre 2010

    Hashim Thaci : Un chef mafieux à la tête du Kosovo



    Il n’est jamais trop tard, même s’il s’agissait là, pour ceux qui s’intéressent d’un peu plus près à la guerre en ex-Yougoslavie, d’un secret de polichinelle. Hashim Thaci, ex-commandant en chef de l’ancienne Armée de Libération du Kosovo (UCK) et actuel Premier Ministre, fraîchement réélu, de ce même pays, vient d’être très officiellement accusé, dans un rapport rédigé par le sénateur suisse Dick Marty pour le compte du très respectable Conseil de l’Europe, d’être le « parrain », certes caché mais d’autant plus redoutable, d’un réseau impliqué depuis 1999, date à laquelle s’intensifia l’offensive serbe dans cette région meurtrie des Balkans et en réponse à quoi l’OTAN mena alors sa campagne de bombardements, dans les pires trafics : d’ignobles et sanglants trafics d’armes, de drogue (héroïne et cocaïne) et d’organes, eux-mêmes prélevés, ignominie d’entre les ignominies, sur des prisonniers, civils pour la plupart, serbes. Ne manque plus en cette macabre et terrible liste, mais probablement est-ce là un oubli de la part du rédacteur de cet accablant rapport, que le trafic, peut-être plus abominable encore, d’êtres humains, dont on sait que la prostitution, y compris aux dépens de filles mineures, représente, pour la mafia albanaise, l’un des commerces les plus honteusement lucratifs.

    Ces informations, Carla Del Ponte, ex-procureure du Tribunal Pénal International pour l’ex-Yougoslavie (TPIY), les avaient certes déjà révélées en 2008. Mais avec les conséquences, extrêmement néfastes pour elle, que l’on sait : très sévèrement critiquée pour sa liberté de parole, elle fut aussitôt rappelée à l’ordre, sinon carrément réprimandée, par sa hiérarchie politico administrative (le département helvétique des affaires étrangères) et son livre, publié dans une maison d’édition italienne, ne trouva guère d’écho auprès des grands éditeurs européens. Censure !

    Pis : ce fut l’inénarrable docteur Bernard Kouchner en personne, alors responsable du Quai d’Orsay avant que d’y avoir fait lamentablement naufrage, qui, soucieux de préserver son ancienne image d’administrateur du Kosovo (où il fut, de juillet 1999 à janvier 2001, le Haut Représentant de l’ONU, baptisée en la circonstance « MINUK »), fit l’impossible pour démentir à tout prix, n’hésitant pas pour cela à manipuler l’opinion publique tout autant que les sphères médiatiques, les propos, pourtant déjà corroborés par d’indéniables preuves, de celle (Carla Del Ponte, précisément) dont, son désormais légendaire opportunisme ne lui faisant craindre ni la contradiction ni la vergogne, il avait cependant vanté les mérites, quelques années auparavant, lorsqu’elle fit arrêter, puis incarcérer dans la prison de La Haye, les criminels de guerre serbes (Milosevic et autre Karadzic).

    Davantage (et oserais-je le dire maintenant qu’il vient, il y a quelques jours à peine, de trépasser ?) : il n’est pas jusqu’à Richard Holbrooke, le fameux artisan des très bancaux mais néanmoins bienvenus Accords de Dayton (ceux-là mêmes qui mirent fin, en 1995, à la guerre de Bosnie) et célèbre diplomate américain dont Barack Obama s’est empressé de faire tout récemment l’éloge funèbre, qui, désireux lui aussi de ne pas entacher son œuvre au Kosovo (c’est en grande partie à lui, alors envoyé spécial de Bill Clinton dans les Balkans, que l’on doit les bombardements de l’OTAN contre la Serbie), ne se démenât comme un beau diable pour faire museler l’ex-procureure du TPIY, l’empêchant ainsi de s’adonner à toute ultérieure et embarrassante fuite quant aux turpitudes de ce Hashim Thaci au sein d’un Kosovo à l’indépendance alors naissante mais constituant surtout, pour une Amérique dont le pragmatisme politique n’a trop souvent que faire des valeurs morales, une importante place géostratégique dans cette partie de l’Europe.

    Car telle est bien, hélas pour notre sens éthique comme pour notre volonté démocratique, la vérité, aussi simple à avouer que difficile à admettre : c’est avec cet argent, particulièrement sale, que l’UCK a financé sa guérilla contre les Serbes. Pis : ce sont ces innommables crimes, les pires que l’(in)humanité puisse connaître - trafics d’armes, de drogue et d’organes, auxquels il conviendrait donc d’ajouter l’encore plus abjecte traite d’êtres humains, forme moderne d’esclavage - que bon nombre de gouvernements occidentaux se sont échinés à taire, sinon occulter, pendant plus de dix ans, avec la complicité de certaines chancelleries ou personnalités corrompues, pour mettre en œuvre leur efficace mais basse stratégie géopolitique.

    Du reste, ces accusations portées à l’encontre de Hashim Thaci ne sont, comme je l’ai suggéré plus haut, pas neuves. En l’an 2003 déjà, après que Belgrade eut lancé contre lui un mandat d’arrêt international, via Interpol, pour trafic de drogue justement, il fut brièvement arrêté à l’aéroport de Budapest, en Hongrie, avant que le Ministère français des Affaires Etrangères, encore lui, ne le fasse libérer sur le champ, contrevenant lui-même ainsi, pour corser l’affaire, aux lois de la justice internationale. Puis il y eut 2005, année où il fut enfin ouvertement soupçonné, par le TPIY cette fois, de crimes de guerre. Et ce parallèlement à l’arrestation, par cette même institution, de trois de ses principaux lieutenants lorsqu’il était à la tête de la milice kosovare (la tristement célèbre UCK, donc). Mais ce fut alors Madeleine Albright, ancienne Secrétaire d’Etat sous Bill Clinton, qui, l’ayant toujours protégé depuis qu’elle l’imposa lors des négociations, au château de Rambouillet, sur une éventuelle partition du Kosovo entre Serbes et Albanais, empêcha que ledit dossier d’inculpation suive, normalement, son cours politico-judiciaire.

    C’est dire, en effet, si la diplomatie occidentale, dont le sens de l’honneur lui fait parfois cruellement défaut, est au courant, depuis bien longtemps, des crimes et autres malversations, gravissimes s’il en est, de ce personnage, particulièrement peu recommandable et hautement infréquentable, qu’est
    Hashim Thaci.

    Mais il est vrai, malheureusement pour la vérité historique elle-même, qu’il n’y avait pas encore, à l’époque, WikiLeaks, ni un quelconque Julian Assange, pour oser dévoiler au grand jour, et se risquer à mettre ainsi en pleine quoique sombre lumière, les inqualifiables iniquités des puissants de ce monde !

    DANIEL SALVATORE SCHIFFER*

    * Philosophe, écrivain, auteur de « Requiem pour l’Europe - Zagreb, Belgrade, Sarajevo » (Ed. L’Âge d’Homme, 1993, où l’auteur relate notamment sa libération du camp de Manjaca, en Bosnie, où étaient retenus prisonniers, par les Serbes, près de 3.000 Bosno-Musulmans et quelques centaines de croates), « Les Intellos ou la dérive d’une caste - de Dreyfus à Sarajevo » (Ed. L’Âge d’Homme, 1995), « Les Ruines de l’intelligence - Les intellectuels et la guerre en ex-Yougoslavie » (Ed. Wern, 1997), « Les Déshérités ou le testament du Kosovo » (inédit, à paraître).


    === 3 ===

    Accuse del consiglio d’Europa

    Il capo del governo del Kosovo guidava il traffico di organi

    Boss di un racket disumano avviato durante la guerra»: uccidevano i prigionieri con un colpo di pistola alla testa


    MILANO - Il capo del governo del Kosovo, Hashim Thaci, sarebbe il boss di un racket che ha iniziato le sue attività criminali nel corso della guerra del Kosovo proseguendole nel decennio successivo. Secondo il rapporto stilato dalla commissione d’inchiesta del Consiglio d’Europa sul crimine organizzato il premier kosovaro sarebbe a capo di un gruppo mafioso albanese responsabile del traffico di armi, di droga e di organi umani nell’Europa dell’Est. Il rapporto, che conclude due anni di indagini e cita fra le sue fonti l’Fbi e altri servizi di intelligence, scrive che Thaci ha esercitato un «controllo violento» nell’ultimo decennio sul commercio di eroina. Uomini della sua cerchia sono accusati di aver rapito uomini e donne serbe al confine con l’Albania per ucciderli e privarli dei reni, venduti poi al mercato nero. Nel suo rapporto, lo svizzero Dick Marty - deputato elvetico all'Assemblea Parlamentare del Consiglio ed ex procuratore del Canton Ticino ora relatore per i diritti umani e le questioni giuridiche del Consiglio d'Europa - afferma che gli indipendentisti kosovari dell'Uck hanno gestito alla fine degli anni Novanta un traffico di organi ai danni di prigionieri serbi. Secondo Marty, tale traffico era controllato da una formazione dell'Uck denomonata «Gruppo di Drenica», capeggiata dall'attuale primo ministro kosovaro, Hashim Thaci. E vi sarebbero «numerosi indizi» che «gli organi venissero estratti da prigionieri di una clinica in territorio albanese, nei pressi di Fushe-Kruje (20 km a nord di Tirana)».

    RENI, EROINA E ARMI - Nel testo, disponibile su internet, si ricorda che del traffico di organi espiantati a prigionieri di guerra serbi fa menzione Carla Del Ponte, l'ex-procuratore del Tribunale penale internazionale per la ex-Jugoslavia, nel suo libro pubblicato in prima battuta in Italia La caccia - Io e i criminali di guerra. Un secondo e ultimo riferimento all'Italia fatto dal rapporto riguarda «analisti» del Sismi, il servizio segreto militare, e dell'intelligence tedesca, britannica, greca e della Nato che definirebbero «abitualmente» l'attuale premier kosovaro Hashim Thaci come «il più pericoloso tra i padrini della mala dell'Uck». I responsabili di questi traffici sarebbero i leader di etnia albanese dell'Esercito di liberazione del Kosovo (Uck). Secondo le testimonianze raccolte dal rapporto del Consiglio d'Europa, i prigionieri di guerra serbi e altri civili venivano uccisi con un colpo di arma da fuoco alla testa. Gli affari si facevano soprattutto con reni, venduti a cliniche private straniere. Un ruolo fondamentale avrebbe avuto in tutta la vicenda Shaip Muja, anch'egli ex comandante dell'Uck e ancora oggi stretto collaboratore politico di Thaci, responsabile delle questioni sanitarie.

    LO SDEGNO DI PRISTINA - A Pristina, dove Thaci con il suo Partito democratico del Kosovo ha vinto le elezioni legislative anticipate di domenica scorsa, il governo ha smentito seccamente il contenuto del rapporto di Dick Marty. Respingendo le accuse, una nota governativa lo ha definito «senza fondamento». Si tratterebbe di «invenzioni» finalizzate a coprire «di obbrobrio l'Uck e i suoi dirigenti». In una nota pubblicata nella notte si legge: «È evidente che qualcuno vuol fare del male al primo ministro Thaci dopo che i cittadini del Kosovo gli hanno dato chiaramente la loro fiducia per continuare il programma di sviluppo del Paese». Il governo ha quindi annunciato l'intenzione di adottare «tutte le misure possibili e necessarie per rispondere alle invenzioni e alle calunnie di Dick Marty, ivi comprese misure giudiziarie e politiche». In un comunicato il premier di Pristina preannuncia «tutti i passi necessari, compreso il ricorso a mezzi legali e politici» nei confronti dell'autore della relazione, Dick Marty.

    NEMICI DELL'INDIPENDENZA - «Faremo squalificare le calunnie del signor Marty», ammonisce il comunicato ufficiale, in cui si addebitano le accuse contenute nel rapporto ai «nemici dell'indipendenza» dell'ex regione serba a maggioranza albanese. «I cittadini kosovari e l'opinione pubblica internazionale nel suo complesso non credono alle diffamazioni messe in circolazione da chi si oppone all'indipendenza e alla sovranità del nostro Paese», si afferma, «e non permetteranno in alcun modo che certi demagoghi macchino la limpida lotta dell'Esercito di Liberazione del Kosovo e il sacrificio di tutti i cittadini della nostra patria». L'Esercito di Liberazione o Kla, di cui Thaci era comandante, sarebbe servito da copertura per gli affari illeciti da questi portati avanti prima, durante e dopo la guerra. Il comunicato governativo si conclude con un appello a tutti i 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, ai quali mercoledì a Parigi verrà presentato il Rapporto, affinchè «si oppongano con forza a questo documento diffamatorio».

    IL RICONOSCIMENTO - Il Pdk (Partito Democratico del Kosovo) guidato da Thaci, pur in calo di consensi, ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni anticipate di domenica scorsa nell'ex regione serba a maggioranza albanese. Per quanto difficile appaia la formazione di un nuovo esecutivo di coalizione a Pristina, l'incarico dovrebbe essere riconferito a Thaci e, una volta formata la compagine, si ripresenterà la questione dei negoziati con la Serbia, che continua a non riconoscere l'indipendenza kosovara, proclamata unilateralmente nel febbraio 2008.

    LA SODDISFAZIONE DI BELGRADO - Dal canto suo, Belgrado ha espresso grande soddisfazione per il Rapporto del Consiglio d'Europa sul presunto traffico di organi umani ai danni di cittadini serbi. Tale rapporto, ha detto il viceprocuratore serbo per i crimini di guerra, Bruno Vekaric, «è una grande vittoria della Serbia nella lotta per la verità e la giustizia». «Grazie all'aiuto del presidente, Boris Tadic, e agli sforzi continui degli organi giudiziari serbi, abbiamo conseguito la vittoria e abbiamo restituito la speranza alle famiglie delle persone rapite o dei dispersi», ha aggiunto Vekaric auspicando che la pubblicazione del rapporto del Consiglio d'Europa, «estremamente positivo», consentirà l'apertura di numerose inchieste sui traffici di organi in Kosovo e Albania, dove le autorità giudiziarie hanno ignorato per anni gli appelli a far luce su tale problema.

    I DUBBI DI MOSCA - In visita ufficiale a Mosca, il ministro degli esteri serbo Vuk Jeremic ha messo in dubbio che vi sia un futuro politico per Hashim Thaci. Secondo Jeremic il documento rivelerebbe «la terribile realtà» kosovara: «È un segnale che mostra come sia ormai tempo per il mondo civilizzato di smetterla di voltarle le spalle», ha detto. «Questo rapporto svela che cosa è il Kosovo, e chi è che lo guida». Dello stesso avviso di Jeremic è l'omologo russo Serghei Lavrov, il cui Paese parimenti non riconosce il Kosovo come Stato sovrano. Lavrov ha affermato di essere «molto allarmato» per quanto emerge dal rapporto Marty che, ha sottolineato, «non può restare secretato» poiché «tutti dobbiamo assicurare che gli sia data la più ampia diffusione possibile». Il capo della diplomazia russa ha quindi ribadito la posizione di Mosca, che si rifà ancora alla risoluzione adottata nel 1999 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si faceva del Kosovo una sorta di area neutrale sotto l'amministrazione del Palazzo di Vetro. «Noi», ha affermato ancora Lavrov, «sosteniamo la necessità di un dialogo diretto tra le autorità di Belgrado e quelle di Pristina, soltanto nel cui ambito è possibile trovare una soluzione a lungo termine per il Kosovo, fondata su un reale compromesso accettabile reciprocamente da ambedue le parti. In tale processo», ha ammonito, «qualsiasi intervento straniero va accuratamente valutato e soppesato».

    Redazione Online
    15 dicembre 2010


    === 4 ===


    Un procuratore dell’Unione Europea ha accusato cinque albanesi del Kosovo, un turco ed un israeliano di far parte di una rete internazionale impegnata nel traffico di organi umani.

    Nel documento, il procuratore Jonathan Ratel scrive che il gruppo criminale ha gestito un traffico di persone verso il Kosovo allo scopo di “rimuovere i loro organi per poi trapiantarli in altre persone”. L’inchiesta ha accertato che, soltanto nel 2008, venti cittadini stranieri sono stati fatti entrare nel paese con false promesse. “Le vittime venivano reclutate in altri paesi e portate in Kosovo attraverso l’aeroporto di Pristina dietro la falsa promessa che avrebbero ricevuto un compenso in denaro in cambio della rimozione in un rene”. Le cifre arrivavano fino 14mila euro, mentre invece gli acquirenti dovevano sborsare tra gli 80mila e i 100mila euro. I paesi di provenienza delle vittime sarebbero Moldavia, Kazakistan, Russia e Turchia. Tutte vivevano in condizioni di estrema povertà o difficoltà economica.

    Cinque albanesi del Kosovo, tra cui un ex funzionario del ministero della Sanità, sono ora accusati di traffico di esseri umani, esercizio abusivo dell’attività medica e abuso di potere. Nessuno di questi si trova in custodia cautelare, per il momento. Due stranieri – il medico turco Yusuf Sonmez e il cittadino israeliano Moshe Harel – sono ricercati dall’Interpol. Sonmez è ricercato e indagato in diverse altre nazioni, tra cui la Turchia, per traffico di esseri umani e rimozione di organi. Secondo il documento della UE uno dei cinque kosovari, il chirurgo Lutfi Dervishi, “era il leader” dell’organizzazione, insieme a Sonmez e Harel. Dervishi avrebbe organizzato una conferenza a Istanbul nel 2006, chiedendo se qualcuno dei partecipanti fosse in grado di trapiantare degli organi, e venne contattato da Sonmez sei mesi dopo.

    Dervishi e Sonmez avrebbero portato avanti le operazioni in una clinica privata di Pristina gestita dal figlio di Dervishi, Arban Dervishi, anche lui accusato di far parte della banda. Harel aveva il compito di “identificare, reclutare e trasportare le vittime”, e “assicurarsi che i pagamenti fossero stati eseguiti” prima degli interventi chirurgici. Sono indagati altri due medici, Sokol Hajdini e Driton Jilta.

    La clinica privata è stata chiusa nel 2008 in seguito a una prima inchiesta sulla banda, sospettando che un uomo turco avesse venduto il suo rene. Tutte le persone coinvolte e fermate si dichiararono innocenti. Poco dopo, il quotidiano di Belgrado Blic accusò Dervishi di avere a che fare con i sospetti che l’Esercito di liberazione del Kosovo fosse dietro il rapimento e l’uccisione e di civili serbi allo scopo di espiantare i loro organi. Le accuse derivavano dal contenuto del libro di Carla Dal Ponte, ex procuratore delle Nazioni Unite per crimini di guerra.


    === 5 ===


    TRAFFICO D'ORGANI: IL MISTERO DELLA CASA DI BURREL

    di Mario Sanna

    Traffico d'organi in Albania dopo la fine della guerra del Kosovo. E' questa una delle novita' piu' clamorose contenute nel libro 'La Caccia' dell'ex procuratore del Tribunale dell'Aja contro i crimini di guerra Carla Del Ponte. La Del Ponte nel libro scrive che "da fonti giornalistiche affidabili" il suo team investigativo è venuto a sapere che circa trecento serbi del Kosovo, rapiti durante la primavera del 1999, furono trasferiti nel nord dell'Albania. Questi prigionieri all'inizio furono rinchiusi in campi in luoghi come Kukes e Tropoje.
    Secondo le fonti giornalistiche, i prigionieri più giovani e vitali furono trasferiti nel carcere della cittadina di Burrel a nord di Tirana. Un gruppo di prigionieri fu incarcerato in una baracca dentro una "casa gialla" nelle campagne di Burrel, e una stanza di questa "casa gialla", come hanno descritto i giornalisti, serviva da sala operatoria in cui i chirurghi estraevano gli organi ai prigionieri. Gli organi in seguito, attraverso l'aeroporto di Rinas nei pressi di Tirana, venivano inviati alle cliniche chirurgiche all'estero dove venivano impiegati per essere impiantati ai clienti paganti. Gli esperti del tribunale dell'Aja hanno perquisito la casa sospetta di Burrel nel febbraio del 2004. Il gruppo investigativo di Rainews24 e' riuscito a raggiungere la casa oggetto dell'investigazione degli esperti del tribunale dell'Aja. L'inchiesta di Rainews24, attraverso le interviste dei protagonisti ricostruisce i passaggi salienti di questa storia. Nell'inchiesta vengono riportate anche le reazioni degli esperti serbi che hanno avviato ricerche sui loro connazionali scomparsi in Albania


    ---



    Il documentario di Cristian Elia e Nicola Sessa si intitola “La casa gialla” ed è la storia delle persone scomparse in Kosovo durante il conflitto del 1999. Un lavoro che si concentra sul dubbio, che rende se possibile ancora più dolorosa la perdita, che alcune persone scomparse siano state vittime di un traffico di organi.

    “Si tratta di famiglie serbe, prima usate dalla propaganda di Belgrado, poi dimenticate e sacrificate in nome della ragion di Stato – spiega Elia, uno dei registi, 34 anni, inviato di PeaceReporter, già inviato in Medio Oriente e Balcani – Questo lavoro vuole essere una riflessione sull’assenza, sul vuoto doloroso che la scomparsa di una persona cara lascia nelle vite di chi lo ha amato. I protagonisti potrebbero essere di qualsiasi Paese del mondo che ha conosciuto il dramma delle persone scomparse”.

    “Io ero già là del ’99 – prosegue il coregista – e abbiamo deciso di riprendere questa storia. Dopo tanti anni la parte di indagine era molto complicata; quello che diventava interessante era raccontare la storia delle famiglie di queste persone scomparse. È peggio della morte per loro”.

    La vicenda della casa gialla, ripresa nel titolo, è l’edificio dove avvenivano gli espianti. Nell’impianto accusatorio del film viene tutto esplicitato. “Oggi ci vive una famiglia – continua Elia – che nega tutto. Sono state rilevate molte tracce di sangue nella casa, ma loro si sono sempre difesi dicendo che macellavano animali in casa. Hanno preferito dimenticare tutti questa storia perché le persone che verrebbero inquisite sono oggi nella classe dirigente del Kosovo. Chi avrebbe la responsabilità intellettuale di questo non si è mai assunto la responsabilità. Ma questa è una storia che non si può dimenticare”.


    === 6: FLASHBACK ===

    Le premier ministre kosovar accusé de trafic d'organes 


    S.L. (lefigaro.fr) avec AFP
    14/04/2008 | Mise à jour : 15:10 | Commentaires  110


    Selon l'ex-procureure du Tribunal pénal international pour l'ex-Yougoslavie Carla Del Ponte, de hauts responsables albanais du Kosovo ont organisé le meurtre de centaines de prisonniers serbes, dont les organes étaient ensuite revendus. La Serbie souhaite une enquête.

    Des prisonniers systématiquement dépouillés de leurs organes quitte à les tuer, leurs reins, leurs poumons revendus à l'international, c'est le scénario de film d'horreur que révèle l'ex-procureure du Tribunal pénal pour l'ex-Yougoslavie Carla Del Ponte dans un livre à paraître dans le mois.

    Selon la procureure, qui a traqué durant huit ans les criminels de guerre de l'ex-Yougoslavie, environ 300 prisonniers, dont des femmes, des Serbes et d'autres ressortissants slaves, ont été transportés au courant de l'été 1999 depuis le Kosovo jusqu'en Albanie où ils étaient enfermés dans une sorte de prison.

    Là, «des chirurgiens prélevaient leurs organes. «Ces organes étaient ensuite envoyés depuis l'aéroport de Tirana vers des cliniques à l'étranger pour être implantés sur des patients qui payaient», écrit Carla del Ponte dans «La chasse, moi et les criminels de guerre». Et, précise-t-elle, leurs bourreaux n'hésitaient pas à aller plus loin. «Les victimes privées d'un rein étaient de nouveau enfermées dans une baraque jusqu'au moment où elles étaient tuées pour d'autres organes».


    De hauts dirigeants Albanais du Kosovo impliqués


    Toujours selon Carla del Ponte, «les dirigeants d'un niveau intermédiaire et élevé de l'UCK étaient au courant et étaient impliqués de manière active dans la contrebande des organes». Or, les responsables de l'organisation indépendantiste kosovare à l'été 1999 étaient Agim Ceku, premier ministre du Kosovo de mars 2006 jusqu'en janvier 2008, et Hashim Thaçi, actuel Premier ministre.

    Si les informations de la procureure sont exactes, le scandale est donc énorme. Mais, comme elle l'avoue elle-même, ses sources, des «journalistes fiables» et des membres de l'ONU, ne suffisent pas à enquêter. Elle déplore d'ailleurs, les «violences contre les témoins» prêts à évoquer les crimes de l'UCK durant la guerre du Kosovo.

    La Serbie annonce lundi après-midi qu'elle va demander au Tribunal pénal international (TPI) d'ouvrir «très rapidement» une enquête. A défaut, Begrade enquêtera de son propre chef.

    Le livre de Carla Del Ponte a déjà fait du bruit. Notamment en Suisse, dont l'ex-procureure est ambassadrice en Argentine. Berne a interdit à Del Ponte de présenter son ouvrage en Italie, estimant qu'il était incompatible avec son statut.




    Trafficking in human organs in Kosovo

    1) Kosovo and the myth of liberal intervention
    Far from being Tony Blair's 'good' war, the assault on Yugoslavia was as wrong as the invasion of Iraq
    Neil Clark (The Guardian - December 15, 2010)

    2) Dick Marty, Council of Europe, Committee on Legal Affairs and Human Rights: Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo 
    (EXCERPT - Dic.19: *the provisional report appears to have been erased from COE's website* )

    3) NEWS

    4) Became Part of the West (german-foreign-policy.com/)

    See also: 
    KLA goes on killing rampage (The Observer, 27 Jun 1999)
    http://www.guardian.co.uk/world/1999/jun/27/balkans2?INTCMP=SRCH
    http://www.guardian.co.uk/search?q=Thaci&section=
    Thaci, KLA named in human organ trade report  (B92, BBC, Tanjug, Guardian - December 14, 2010)


    === 1 ===

    http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2010/dec/15/balkans-report-blairs-liberal-intervention

    The Guardian - December 15, 2010

    Kosovo and the myth of liberal intervention

    Far from being Tony Blair's 'good' war, the assault on Yugoslavia was as wrong as the invasion of Iraq

    Neil Clark 


    'The United States of America and the Kosovo Liberation Army stand for the same human values and principles ... Fighting for the KLA is fighting for human rights and American values." So declared the neocon US senator (and current foe of WikiLeaks) Joseph Lieberman back in 1999 at the height of the US-led military intervention against Slobodan Miloševic's Yugoslavia.

    It would be interesting to hear what Senator Lieberman makes of the report of the Council of Europe – Europe's premier human rights watchdog – on his favourite band of freedom fighters. The report, which cites FBI and other intelligence sources, details horrific rights abuses it claims have been carried out by the KLA, the west's allies in the war against Yugoslavia 11 years ago.

    The council claims that civilians – Serbian and non-KLA-supporting Kosovan Albanians detained by the KLA in the 1999 hostilities – were shot in northern Albania and their kidneys extracted and sold on the black market. It names Hashim Thaçi, the former leader of the KLA and Kosovo's prime minister, as the boss of a "mafia-like" group engaged in criminal activity – including heroin trading – since before the 1999 war. The report is a damning indictment not only of the KLA but also of western policy. And it also gives lie to the fiction that Nato's war with Yugoslavia was, in Tony Blair's words, "a battle between good and evil; between civilisation and barbarity; between democracy and dictatorship".

    It was a fiction many on the liberal left bought into. In 1999 Blair was seen not as a duplicitous warmonger in hock to the US but as an ethical leader taking a stand against ethnic cleansing. But if the west had wanted to act morally in the Balkans and to protect the people in Kosovo there were solutions other than war with the Serbs, and options other than backing the KLA – the most violent group in Kosovan politics. They could have backed genuine multi-party negotiations, or offered to lift sanctions on Belgrade if a peaceful solution to the problem of Kosovo could be found.

    Instead, a virulently anti-Serb stance led the west into taking ever more extreme positions, and siding with an organisation which even Robert Gelbard, President Clinton's special envoy to Kosovo, described as "without any question, a terrorist group". In 2000 the Sunday Times revealed that, prior to the Nato bombing, US agents had been training the KLA. Shaban Shala, a KLA commander, claimed he had met British and US agents in north Albania in 1996.

    It was the KLA's campaign of violence against Yugoslav state officials, Serbian and Kosovan civilians in 1998, which led to an escalation of the conflict with the government in Belgrade, with atrocities committed on both sides. We were told the outbreak of war in March 1999 with Nato was the Serbian government's fault, yet Lord Gilbert, the UK defence minister, admitted "the terms put to Miloševic at Rambouillet [the international conference preceding the war] were absolutely intolerable … it was quite deliberate".

    The subsequent 78-day "humanitarian" bombardment of federal Yugoslavia massively intensified the ethnic cleansing of Kosovan Albanians by Yugoslav forces. Between 2,000 and 10,000 Kosovan Albanians were killed by these forces, with between 500 and 1,500 people killed by the Nato bombing.

    But even after Russian pressure forced a Yugoslav withdrawal from Kosovo, ethnic cleansing and rights abuses in the region continued. Under the Nato occupation an estimated 200,000 ethnic Serbs, Roma and other minorities from south Kosovo, and almost the whole Serb population of Pristina, have been forced from their homes.

    A report on Kosovo by Minority Rights Group International claimed: "Nowhere [in Europe] is there such a level of fear for so many minorities that they will be harassed or attacked, simply for who they are." And in October 2010, a report by Human Rights Watch stated that "Roma and related minority groups deported from western Europe to Kosovo face discrimination and severe deprivation amounting to human rights abuse". As for democratic advances, Sunday's elections in Kosovo, boycotted by the Serbian minority, have seen widespread allegations of fraud, with a turnout of 149% reported in one area.

    Far from being Tony Blair's "good war", Nato's assault on Yugoslavia was in its own way as immoral as the assault on Iraq. But as the Iraq war has become discredited, so it is even more important for the supporters of "liberal interventionism" to promote the line that Kosovo was in some way a success. The Council of Europe's report on the KLA's crimes makes that position much harder to maintain. And if it plays its part in making people more sceptical about any future western "liberal interventions", it is to be warmly welcomed.


    === 2 ===


    16/12/2010

    Legal Affairs and Human Rights

    PACE committee demands investigations into organ-trafficking and disappearances in Kosovo and Albania

    Strasbourg, 16.12.2010 – The Legal Affairs Committee of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE) has called for a series of international and national investigations into evidence of disappearances, organ trafficking, corruption and collusion between organised criminal groups and political circles in Kosovo* revealed this week in a report by Dick Marty (Switzerland, ALDE).
    According to a draft resolution unanimously approved today in Paris, based on Mr Marty’s report, the committee said there were “numerous concrete and convergent indications” confirming that Serbian and Albanian Kosovars were held prisoner in secret places of detention under Kosovo Liberation Army (KLA) control in northern Albania and were subjected to inhuman and degrading treatment, before ultimately disappearing.
    The committee added: “Numerous indications seem to confirm that, during the period immediately after the end of the armed conflict […], organs were removed from some prisoners at a clinic in Albanian territory, near Fushë-Kruje, to be taken abroad for transplantation”.
    “The international organisations in place in Kosovo favoured a pragmatic political approach, taking the view that they needed to promote short-term stability at any price, thereby sacrificing some important principles of justice,” the parliamentarians said.
    The committee called on EULEX, the EU mission in Kosovo, to persevere with its investigative work into these crimes, and on the EU and other contributing states to give the Mission the resources and political support it needed.
    It also called on the Serbian and Albanian authorities, and the Kosovo administration, to fully co-operate with all investigations on the subject.
    The Parliamentary Assembly is due to debate the report on Tuesday 25th January 2011 during its winter plenary session (24-28 January 2011).

    *All reference to Kosovo, whether to the territory, institutions or population, in this text shall be understood in full compliance with United Nations Security Council Resolution 1244 and without prejudice to the status of Kosovo.

     Video of Mr Marty's press conference (English)
    http://coenews.coe.int/vod/20101216_01_e.wmv
     Video of Mr Marty's press conference (original languages)
    http://coenews.coe.int/20101216/
     Draft resolution and explanatory memorandum (PDF)
     Dick Marty makes public his report

    ---
    Dic.19: *the provisional report appears to have been erased from COE's website*
    ---


    Inhuman treatment of people and illicit trafficking in human organs in Kosovo (Part 1)
    Rapporteur Mr Dick Marty, Switzerland, Alliance of Liberals and Democrats for Europe
    (Dick Marty, Council of Europe, Committee on Legal Affairs and Human Rights) WEDNESDAY, DECEMBER 15, 2010

    Report
    Restricted [provisional version]
    AS/Jur (2010) 46
    12 December 2010
    Ajdoc46 2010

    (...)

    3.2 KLA factionalism and the nexus with organised crime

    37. For more than two years after its initial emergence in 1996, the KLA was regarded as a marginal, loosely organised insurgency, whose attacks on the Yugoslav state were held by Western observers to amount to acts of "terrorism".

    38. Our sources close to the KLA, along with the testimonies of captured KLA members gathered by Serb police, confirm that the main locations at which KLA recruits congregated and trained were in northern Albania.

    39. It is well established that weapons and ammunition were smuggled into parts of Kosovo, often on horseback, through clandestine, mountainous routes from northern Albania. Serb police attributed these events to criminal raids on the part of bandits who wanted to carry out terrorist acts against Serbian security forces. The Albanian Kosovars and Albanian citizens who were involved in the smuggling operations presented them as heroic acts of resistance in the face of Serb oppression.

    40. The domestic strengthening of the KLA, in terms of its fighting capability as well as its credibility among the Kosovo Albanian population, seemed to play out, especially in the course of 1998, along the same trajectory as the escalating brutality of the Serb military and police clampdown.

    41. Yet only in the second half of 1998, through explicit endorsements from Western powers, founded on strong lobbying from the United States, did the KLA secure its pre-eminence in international perception as the vanguard of the Kosovar Albanian liberation struggle.

    42. This perceived pre-eminence was the KLA's most valuable, indispensable asset. It spurred the wealthiest donors in the Albanian Diaspora to channel significant funds to the KLA. It bestowed individual KLA representatives with an enhanced authority to speak and act on behalf of the Kosovar Albanians as a whole. And it cast the KLA's leading personalities as the most likely powerbrokers in the Kosovo that would emerge from the war.

    43. Indeed, the perception of KLA pre‑eminence - largely created by the Americans - was a self-fulfilling prophecy, the bedrock upon which the KLA achieved actual ascendancy over other Kosovar Albanian constituencies with designs on power, such as Ibrahim Rugova's Democratic League of Kosovo (LDK) and Bujar Bukoshi's "Government-in-exile".

    44. According to our insider sources, the KLA fought just as hard, and devoted arguably more of its resources and political capital, to maintain its advantage over its ethnic Albanian rival factions as it did to carry out co-ordinated military actions against the Serbs.

    45. At the same time it should be restated, for emphasis, that the KLA was not a single, unitary combatant faction in the manner of a conventional Army. There was no formally appointed overall leader, or "commander-in-chief", whose authority was universally recognised by the other commanders and whose orders were met with compliance among all the rank and file.

    46. Rather, as the struggle over Kosovo's future governance evolved, and a full-blown conflict approached, the KLA was divided by a deep-rooted internal factionalism.

    47. Important sources of division included divergent political ambitions, as well as disparate notions of the acceptable parameters of violent resistance, on the part of the KLA's most prominent personalities and leadership contenders.

    48. Thus there emerged in 1998 and 1999, and particularly in the wake of the death of the KLA's celebrated peasant commander Adem Jashari[16], several different KLA "splinter groups".

    49. Each of these splinter groups was led by one of the KLA's self-proclaimed founder members. Each group comprised a loyal core of recruits and supporters, often drawn from among a few closely affiliated clans or families, and / or concentrated in an identifiable geographical territory of Kosovo. Each group identified their own leader as the brightest hope to lead the KLA's fight against the Serbs, and by extension, to achieve self-determination for the Kosovar Albanian people, whilst co-operating with the other KLA commanders on the basis of expediency.

    50. Evidently it is the composition and leadership of these KLA "splinter groups", along with the pre‑existing popularity of the LDK, which carried over beyond the liberation struggle and have essentially shaped the post-conflict political landscape of Kosovo[17].

    51. Incumbency of the highest executive offices in Kosovo has been shared among former leading KLA commanders for the last decade, and most political campaigns have been contested on the basis of the candidates' respective contributions to the liberation struggle, as well as the extent to which they are seen as being able to promote the interests of the Kosovar Albanian people on an ongoing basis against known and unknown adversaries.

    52. The various KLA "splinter groups" I refer to have been found to have developed and maintained their own intelligence structures, among other forms of self-preservation. Through whatever means available to them, and clearly on the fringes of the legal and regulatory systems, the keenest purveyors of this de facto form of continued KLA warfare have conducted surveillance of, and often sought to sabotage, the activities of their opponents and those who might jeopardise their political or business interests.[18]

    53. Furthermore we found[19] that the structures of KLA units had been shaped, to a significant degree, according to the hierarchies, allegiances and codes of honour that prevail among the ethnic Albanian clans, or extended families, and which form a de facto set of laws, known as the Kanun, in the regions of Kosovo from which their commanders originated.

    54. Based on analytical information we received from several international monitoring missions, corroborated by our own sources in European law enforcement agencies and among former KLA fighters, we found that the main KLA units and their respective zones of operational command corresponded in an almost perfect mirror image to the structures that controlled the various forms of organised crime in the territories in which the KLA was active.

    55. Put simply, establishing which circle of KLA commanders and affiliates was in charge of a particular region where the KLA operated in Kosovo, and indeed in certain parts of the Republic of Albania, was the key to understanding who was running the bulk of the particular trafficking or smuggling activity that flourished there.

    56. Most pertinent to our research, we found that a small but inestimably powerful group of KLA personalities apparently wrested control of most of the illicit criminal enterprises in which Kosovar Albanians were involved in the Republic of Albania, beginning at the latest in 1998.

    57. This group of prominent KLA personalities styled itself as the "Drenica Group", evoking connections with the Drenica Valley in Kosovo[20], a traditional heartland of ethnic Albanian resistance to Serb oppression under Milosevic, and the birthplace of the KLA.

    58. We found that the "Drenica Group" had as its chief - or, to use the terminology of organised crime networks, its "boss" - the renowned political operator and perhaps most internationally recognised personality of the KLA, Hashim Thaqi[21].

    59. Thaqi can be seen to have spearheaded the KLA's rise to pre-eminence in the lead-up to the Rambouillet negotiations, both on the ground in Kosovo, and overseas. He also did much to foment the bitter internal factionalism that characterised the KLA throughout 1998 and 1999.

    60. On the one hand, Thaqi undoubtedly owed his personal elevation to having secured political and diplomatic endorsement[22] from the United States and other Western powers, as the preferred domestic partner in their foreign policy project in Kosovo. This form of political support bestowed upon Thaqi, not least in his own mind, a sense of being "untouchable" and an unparalleled viability as Kosovo's post-war leader-in-waiting.

    61. On the other hand, according to well-substantiated intelligence reports that we have examined thoroughly and corroborated through interviews in the course of our inquiry, Thaqi's "Drenica Group" built a formidable power base in the organised criminal enterprises that were flourishing in Kosovo and Albania at the time.

    62. In this regard, Thaqi reportedly operated with support and complicity not only from Albania's formal governance structures, including the Socialist Government in power at the time, but also from Albania's secret services, and from the formidable Albanian mafia.

    63. Many KLA commanders remained on Albanian territory, some even operating out of the Albanian capital Tirana, throughout the ensuing hostilities and beyond.

    64. During the period of the NATO aerial bombardment, which lasted several weeks, perhaps the principal shift in the balance of power in Kosovo occurred as a result of the influx of foreigners into the region, in both overt and implicit support of the KLA cause. Unable to gain access directly to the territory of Kosovo, most of this foreign support was channelled through Albania.

    65. In tacit acknowledgement of the safe harbour afforded to them by the sympathetic Albanian authorities, but also because it was more practical and more convenient for them to continue operating on the terrain with which they were familiar, several of the KLA's key commanders allegedly established protection rackets in the areas where their own clansmen were prevalent in Albania, or where they could find common cause with established organised criminals involved in such activities as human trafficking, sale of stolen motor vehicles, and the sex trade.

    66. Notably, in confidential reports spanning more than a decade, agencies dedicated to combating drug smuggling in at least five countries have named Hashim Thaqi and other members of his "Drenica Group" as having exerted violent control over the trade in heroin and other narcotics[23].

    67. Similarly, intelligence analysts working for NATO, as well as those in the service of at least four independent foreign Governments, made compelling findings through their intelligence-gathering related to the immediate aftermath of the conflict in 1999.[24] Thaqi was commonly identified, and cited in secret intelligence reports, as the most dangerous of the KLA's "criminal bosses".[25]

    68. Several further known members of Thaqi's "Drenica Group" have been indicated to us in the course of our research to have played vital roles as co‑conspirators in various categories of criminal activity. They include Xhavit Haliti, Kadri Veseli, Azem Syla, and Fatmir Limaj. All of these men have been investigated repeatedly in the last decade as suspects in war crimes or organised criminal enterprises, including in major cases led by prosecutors under UNMIK, the ICTY[26], and EULEX. To the present day, however, all of them have evaded effective justice.

    69. Everything leads us to believe that all of these men would have been convicted of serious crimes and would by now be serving lengthy prison sentences, but for two shocking dynamics that have consolidated their impunity: first, they appear to have succeeded in eliminating, or intimidating into silence, the majority of the potential and actual witnesses against them (both enemies and erstwhile allies), using violence, threats, blackmail, and protection rackets; and second, faltering political will on the part of the international community to effectively prosecute the former leaders of the KLA. This also seems to have allowed Thaqi - and by extension the other members of the "Drenica Group" to exploit their position in order to accrue personal wealth totally out of proportion with their declared activities.

    70. Thaqi and these other "Drenica Group" members are consistently named as "key players" in intelligence reports on Kosovo's mafia-like structures of organised crime.[27] I have examined these diverse, voluminous reports with consternation and a sense of moral outrage.

    71. What is particularly confounding is that all of the international community in Kosovo - from the Governments of the United States and other allied Western powers, to the EU-backed justice authorities - undoubtedly possess the same, overwhelming documentation of the full extent of the Drenica Group's crimes[28], but none seems prepared to react in the face of such a situation and to hold the perpetrators to account.

    72. Our first-hand sources alone have credibly implicated Haliti, Veseli, Syla and Limaj, alongside Thaqi and other members of his inner circle, in having ordered - and in some cases personally overseen - assassinations, detentions, beatings and interrogations in various parts of Kosovo and, of particular interest to our work, in the context of KLA-led operations on the territory of Albania, between 1998 and 2000.

    73. Members of the "Drenica Group" are also said to have asserted control of substantial funds placed at the disposal of the KLA to support its war effort.[29] In several instances this group was allegedly able to strike deals with established international networks of organised criminals, enabling expansion and diversification into new areas of "business", and the opening of new smuggling routes into other parts of Europe.


    === 3: NEWS ===

    ===========================
    SOURCE: Stop NATO
    http://groups.yahoo.com/group/stopnato
    ===========================

    http://en.rian.ru/world/20101130/161554707.html

    Russian Information Agency Novosti - November 30, 2010

    Kosovo to become NATO member within four years — acting PM
    "During my term, Kosovo will become a NATO member"

    SARAJEVO: Kosovo, which unilaterally proclaimed its independence from Serbia in 2008, may get NATO membership within four years, Kosovo's acting premier said.
    The Kosovo government, led by Hashim Thaci, had to resign after the parliament voted in favor of a no-confidence motion introduced by the opposition. However, Thaci hopes to regain the post as a result of the early parliamentary elections slated for December 12.
    "I hope that during the first 15 month of my second term [as prime minister] we would get a visa-free regime with the European Union. And, during my term, Kosovo will become a NATO member," he said in an interview with Austria's national daily, Der Standard.
    He also expressed readiness to resume dialog with Belgrade to discuss efforts to locate persons who went missing during the 1998-1999 conflict with Serbia. Pristina is also willing to discuss issues of infrastructure, transport, energy, communications and fight against organized crime.
    Thaci also said in the interview that Serbia and Kosovo would recognize each other's independence and get the European Union membership "as two sovereign states" as a result of the talks.
    The timeframe and agenda for the dialog between Belgrade and Pristina is yet to be set, but the talks are widely expected to begin after the December 12 elections.
    The UN International Court of Justice ruled on July 22 that Kosovo's declaration of independence from Serbia did not violate general international law. But Resolution 1244 on Serbia's territorial integrity remains in force.
    A total of 69 out of 192 UN member states have recognized Kosovo, which unilaterally proclaimed independence in February 2008. Serbia, Russia, China, India and some other countries have not recognized it, saying international law was violated.
    Kosovo's independence from Serbia is formally recognized by 22 out of 27 EU member states. Despite calls from the European Parliament to do so, Kosovo has not been recognized as a sovereign state by Greece, Cyprus, Slovakia, Romania and Spain.

    ---

    http://rt.com/news/crimes-shadow-kosovo-vote/

    RT - December 12, 2010

    Alleged crimes cast shadow over Kosovo vote

    Video: http://rt.com/news/crimes-shadow-kosovo-vote

    The voting in Kosovo is now over, and according to exit polls the two major parties are leading the race. 
    As election fever gripped Kosovo, candidates were promising to tackle unemployment and ethnic discrimination. But the Serb minority feared their vote would do little to bring down the barriers in the Albanian-dominated self-proclaimed state. 
    Polling was due to take place in early 2011, but the elections were brought forward, triggered by November’s parliamentary vote of no confidence in the governing coalition. 
    Candidates from 29 parties and independent lists are running for the 120 seats in Kosovo's parliament, with the two main parties expected to dominate the vote. They are Prime Minister Hashim Thaçi’s Democratic Party of Kosovo, the PDK, and its former coalition partner, the Democratic League of Kosovo, or the LDK. 
    However, the two parties are currently overwhelmed by rifts and internal fracturing. And more seriously, some members of the parties are under investigation for crimes ranging from corruption to abuse of office. 
    The leader of what is traditionally seen as Kosovo’s third largest party, the Alliance for the Future of Kosovo, Ramush Haradinaj, is currently awaiting a retrial by the UN war crimes tribunal in The Hague. 
    Critics argue that such men should not be allowed to stand as they damage the reputation and undermine the legitimacy of these elections.
    At the same time, some newer parties seem to have been able to make their mark. While older parties built their campaigns around the ongoing promise of EU and NATO membership, the new ones focused on the “bread and butter” issues of corruption and unemployment. 
    Kosovo has Europe’s youngest population, and unemployment runs as high as 50 percent, according to some estimates. Kosovo’s economy is one of the weakest in Europe and there is endemic corruption at all levels of public life. 
    However, the main problem is that Kosovo remains deeply divided between the majority Albanian community, which makes up some 90 percent of the population, and the much smaller Serbian community. 
    Although there was fear of a low turnout, it did not come true, and the elections are said to be successful. However, the majority of all those who cast their ballots are expected to be Albanians. 
    Whereas Albanians feel very optimistic about an election that they have called historical, the same feelings are not shared by the Serbian minority.
    The Serbs feel much more divided. Although they want to vote to bring about change, on the other hand they say they suffer daily discrimination and poor living conditions, which means they do not necessarily want to engage in Kosovo’s electoral system. 
    Serbs have 10 parliamentary seats allocated to them. 
    In the north of the province, Serbs were expected to heed the call from the Serbian government to boycott these elections. But those from the south might have gone to the polls. The Serbian government said it would not penalize Serbs who choose to vote, although Kosovo’s self-proclaimed independence is something that Serbia has said it will never accept. 
    On the whole, recent polls have shown that people in Kosovo – especially when compared with others living around the Balkans – have suffered a drastic loss of faith in all public institutions from the judiciary to the parliament.
    Serbia's Minister for Kosovo, Goran Bogdanovic, told RT that the region's Serbs had no chance of a better life because most candidates in the election are Albanians who are not sympathetic to them:
    “Almost all the Albanian lists contain people who, unfortunately, were under trial or participated in criminal actions, or committed crimes in the late 90s against the Serbian community on the territory of Kosovo and Metohija. If we really want to move towards reconciliation of Serbs and Albanians, we cannot count on such people in the future.”
    “In conversations with all state officials we emphasize that it’s a black hole. There is crime in the areas of money laundering and human, drugs and arms trafficking. And it’s no secret. All the international organizations working there know about it,” Goran Bogdanovic continued.
    The minister also stressed that, although Belgrade will never recognize Kosovo’s independence, Serbia is ready to discuss the issues problematic for both Serbs and Albanians.
    “In the current situation Albanians have received all they demanded, but on the other hand, Serbs have lost all they had. It’s absolutely unacceptable,” he concluded.
    Balkan political expert Misha Gavrilovich believes that the situation in Kosovo is a misrepresentation of the word “independence.” 
    “Many Kosovo Albanians will now realize that independence merely means independence from Belgrade, it does not mean what anybody would want in their position – namely, sovereignty over their own territory and the resources on that territory,” he told RT.
    “Many of those resources are owned by foreign companies; they have been effectively privatized and they’re no longer in the possession of people who live in Kosovo,” he said. “And once this realization happens, many will realize that there might be even more difficult times ahead.”

    ---

    http://english.ruvr.ru/2010/12/15/36855724.html

    Voice of Russia - December 14, 2010

    Kosovo PM is head of arms and human organ ring - report

    Kosovo’s Prime Minister Hashim Thaçi is the head of a "mafia-like" Albanian group responsible for smuggling weapons, drugs and human organs through eastern Europe, says a Council of Europe inquiry report on organized crime. 
    The report obtained by London’s Guardian newspaper identifies Mr. Thaçi as "the boss" of a network that began operating criminal rackets in the run-up to the 1999 Kosovo war, and has held powerful sway over the country's government ever since. 
    Members of Mr. Thaçi's inner circle are accused of secretly taking captives across the border into Albania after the war, where a few Serbs are said to have been murdered for their kidneys, which were sold on the black market.

    ---

    http://www.monstersandcritics.com/news/europe/news/article_1605579.php/Kosovar-leader-says-people-lost-a-friend-in-Holbrooke

    Deutsche Presse-Agentur - December 14, 2010

    Kosovar leader says people lost 'a friend' in Holbrooke

    Pristina: Kosovo caretaker Prime Minister Hashim Thaci on Tuesday expressed condolences to the US on the death of diplomat Richard Holbrooke, who was 'a friend' of the people of Kosovo. 
    Thaci, whose Democratic Party won Sunday's snap elections, sent a telegram to President Barack Obama saying that 'For citizens of Kosovo, the death of Richard Holbrooke is a loss of a friend, of a voice that protected the interest of the Republic of Kosovo.' 
    Holbrooke was a staunch supporter of Kosovo Albanians in their fight against Belgrade's rule in the late 1990s. 
    The conflict in Kosovo spurred US into leading NATO in its intervention against Serbia in 1999, eventually paving the way to the secession of the province in 2008. 
    Thaci's remarks came amid a so far muted response in the Balkan region to the news of Holbrooke's death. 
    In Sarajevo, one reaction came from the international community's representative in Bosnia, Valentin Inzko, who credited Holbrooke for the Dayton peace accord. 
    In Belgrade, Serbian state television RTS only quoted Peter Robinson, a lawyer in The Hague for former Bosnian Serb leader Radovan Karadzic, as saying that Karadzic felt 'sorrow and regret' over the news of Holbrooke's death. 
    On trial facing genocide charges at the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY), Karadzic has claimed that Holbrooke in 1996 had promised him immunity from prosecution for his actions during the Bosnian war. 
    Robinson said Karadzic was hoping to get Holbrooke to testify at the ICTY proceedings. 

    ---

    http://english.ruvr.ru/2010/12/15/36914740.html

    Voice of Russia - December 15, 2010

    PACE Recognizes Serbs' Plight

    Russia’s Foreign Minister urges the West not to silence the report of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE) about the crimes of the Kosovo leader Hashim Thachi. "The information about trafficking in human organs appeared long ago. And now, as I think, the investigation into the above-mentioned facts has been completed. This report must be open for everybody," Russia’s Foreign Minister stressed.
    According to PACE experts, Hashim Thachi is the leader of an Albanian Mafiosi group, which is responsible for the smuggling of arms, drugs, and human organs. The materials of the conducted investigation say that in the past decade Thachi has exercised control over the sale of heroin. The closest supporters of Hashim Thachi are involved in trafficking in human organs.
    The atrocities of the Albanian militants against peaceful Serb civilians were a secret for a long time. The former prosecutor of the International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia Carla Del Ponte was among the first in 2008 to make the atrocities public. In her book, “The Hunt: Me and the War Criminals”, she said that in 1999 she received information about the kidnapping of 300 Kosovo Serbs and about their transportation to Albania. There in secret clinics vital organs were taken from them and supplied to major clinics in Western Europe.
    The fact that Hashim Thachi was engaged in the criminal business is no secret at all, the German political analyst Alexander Rahr says.
    "Earlier Hashim Thachi worked in the criminal sphere. Simply, during the fight for independence and during the invasion of Kosovo by NATO’s forces and the Americans many notions changed their meaning. Hashim Thachi sided with America. He became the friend and ally of former US Secretary of State Mrs. Albright. In any case, from the point of view of the former Western authorities, this was how he whitewashed himself – he turned from a bad man into a hand-shaking politician", Alexander Rahr says.
    The PACE investigation has confirmed the exposures, which were mentioned by Russian diplomats more than once,
    The head of the Centre for the Study of the Modern Balkan Crisis Yelena Guskova says: "This is all well known. Serbia’s government compiled over a long period dossiers on many Kosovo leaders and then filed the documents to the appropriate bodies in Europe, to the tribunal of the Hague and to the USA. However, Kosovo is a “holy cow”, which the shepherd – in this case, the USA – allows nobody to touch. Therefore, the plan which America is actively pushing forward with has not been fulfilled to the end. Meaning the plan for Kosovo independence".
    The Western countries have deliberately turned a blind eye to the crimes committed by Albanian militants from the “Kosovo Liberation Army”, basing their approach on political considerations.  
    They were afraid that publicity to this effect would become an insurmountable obstacle on the way to the recognition of Kosovo’s independence, which was unilaterally declared by the Albanian separatists.
    For the time being, the leading NATO countries have given no comments on the PACE report. However, Pristina’s reaction was very nervous. At first, those in Pristina denied everything. And then they said that the Kosovo government and Hashim Thachi would take “all necessary measures against all those who are spreading lies and slander”. Seems to be a threat, though.

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=15&nav_id=71538

    Tanjug News Agency - December 15, 2010

    PACE set to discuss Marty document 

    BELGRADE: The Human Rights and Legal Affairs Committee with the Council of Europe Parliamentary Assembly (PACE) will meet on Thursday in Paris for a closed session. 
    The committee should adopt the report by CoE Rapporteur Dick Marty, in which the current Kosovo Prime Minister Hashim Thaci is qualified as the leader of a drug, arms and human organs trafficking group. 
    After the committee meeting, the Swiss investigator is scheduled to give a press conference. 
    If the report is adopted tomorrow, the PACE will discuss the document at its meeting on January 25. 
    The report has been in the works since April 2008, when 17 MPs signed a request for adopting a resolution that calls on the PACE to review some of the accusations brought to light by former chief Hague prosecutor, Carla Del Ponte. 
    They concerned 1999 kidnappings of Serb and other civilians from Kosovo, believed to have been taken by KLA members to northern Albania, where their vital organs were harvested. 
    The issue was then taken over by the Human Rights and Legal Affairs Committee, which appointed Dick Marty as its rapporteur in June 2008. 
    During the investigation, Marty visited Belgrade and Priština, and also Tirana, where he conferred with a number of officials, including prosecutors and representatives of justice ministries and ministries of foreign affairs, as well as members of international institutions such as EULEX and UNMIK. 
    Marty's report refers to Hashim Thaci as the head of the criminal network which started criminal activities following the 1999 war, and has influenced the government in Priština ever since.  

    ---

    http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=15783010&PageNum=0

    Itar-Tass - December 15, 2010 

    West ignores crimes of Kosovo militants led by Thaci-PACE

    LONDON:  Western powers deliberately turned a blind eye to crimes committed by ethnic Albanian guerrillas of the Kosovo Liberation Army (KLA), including the murders of Serbs for trade in their organs. This conclusion made in a report prepared by an expert group of the Parliamentary Assembly of the Council of Europe (PACE), published by The Guardian on Wednesday. 
    Report is the result of an independent investigation conducted by a group of experts headed by PACE member Dick Marty – a liberal Swiss politician, former chief prosecutor of the Canton of Ticino. 
    Kosovo’s prime minister is the head of a “mafia-like” Albanian group responsible for smuggling weapons, drugs and human organs through eastern Europe, according to a Council of Europe inquiry report on organised crime, writes the newspaper. 
    The report of the two-year inquiry, which cites FBI and other intelligence sources, has been obtained by the Guardian. It names Thaci as having over the last decade exerted “violent control” over the heroin trade. Figures from Thaci’s inner circle are also accused of taking captives across the border into Albania after the war, where a number of Serbs are said to have been murdered for their kidneys, which were sold on the black market, the British newspaper writes. 
    While deploring Serb atrocities, Marty said the international community chose to ignore suspected war crimes by the KLA, “placing a premium instead on achieving some degree of short-term stability.” He concludes that during the Kosovo war and for almost a year after, Thaci and four other members of the Drenica group named in the report carried out “assassinations, detentions, beatings and interrogations.” This same hardline KLA faction has held considerable power in Kosovo's government over the last decade, with the support of western powers keen to ensure stability in the fledgling state. 
    Marty is critical of the western powers which have provided a supervisory role in Kosovo’s emergence as a state, for failing to hold senior figures, including Thaci, to account. His report criticises “faltering political will on the part of the international community to effectively prosecute the former leaders of the KLA,” writes The Guardian. 
    According to a preliminary draft resolution of the Assembly on Marty’s report, the PACE was extremely concerned to learn of the revelations of the former Prosecutor at the International Criminal Tribunal for the Former Yugoslavia (ICTY), who alleged that serious crimes had been committed during the conflict in Kosovo, including trafficking in human organs, crimes which had gone unpunished hitherto and had not been the subject of any serious investigation. In addition, according to the former Prosecutor, these acts had been committed by members of the “Kosovo Liberation Army” (KLA) militia against Serbian nationals who had remained in Kosovo at the end of the armed conflict and been taken prisoner. 
    According to the information gathered by the Assembly and to the criminal investigations now under way, numerous concrete and convergent indications confirm that some Serbians and some Albanian Kosovars were held prisoner in secret places of detention under KLA control in northern Albania and were subjected to inhuman and degrading treatment, before ultimately disappearing, it says. 
    Numerous indications seem to confirm that, during the period immediately after the end of the armed conflict, before international forces had really been able to take control of the region and re-establish a semblance of law and order, organs were removed from some prisoners at a clinic in Albanian territory, near Fushe-Kruje, to be taken abroad for transplantation. 
    This criminal activity, which developed with the benefit of the chaos prevailing in the region, at the initiative of certain KLA militia leaders linked to organised crime, has continued, albeit in other forms, until today, as demonstrated by an investigation being carried out by the European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX) relating to the Medicus clinic in Pristina. Although some concrete evidence of such trafficking already existed at the beginning of the decade, the international authorities in charge of the region did not consider it necessary to conduct a detailed examination of these circumstances, or did so incompletely and superficially. 

    ---

    http://english.ruvr.ru/2010/12/16/37024591.html

    Voice of Russia - December 16, 2010

    Kosovo PM implicated in organ-trafficking – PACE report 

    The territory of Albania was used by Kosovo militants for the traffic of organs of Serb prisoners, a PACE spokesman Dick Marty told a Paris news conference on Thursday. 
    The topic is currently on the table of a PACE panel, of which Marty is the chairman. 
    He warned Kosovo authorities from whitewashing those behind organ-trafficking, including Kosovo Prime Minister Hashim Thaci. 
    Marty pointed the finger at some major international organizations, which he said played down outrageous facts of organ-trafficking in Kosovo. 
    He said that a PACE report to this effect will see the light of day in the near future. 

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=16&nav_id=71564

    B92/Tanjug News Agency - December 16, 2010

    Marty: Everyone knew about shocking crimes 

    PARIS: Council of Europe (CoE) Rapporteur Dick Marty addressed reporters today as his draft report on human organ trafficking was adopted. 
    The Swiss, known for his exposure of illegal CIA-run prisons in Europe, put together a damning report on allegations that Serb and other civilians in Kosovo were kidnapped in the wake of the 1999 war, and taken to Albania where their organs were removed and sold in the black market. 
    The document names current Kosovo Albanian PM Hashim Thaci, formerly one of the leaders of the so-called Kosovo Liberation Army (KLA), as being responsible for these, and other serious crimes. 
    As the CoE Legal Affairs and Human Rights Committee met today in Paris to adopt the report and draft acresolution that is expected to be debated in late January, Marty spoke to journalists during a news conference. 
    He stressed that he was "particularly shocked" to find out during his two-year investigation that a large number of people, and organizations, knew about the crimes but "did not wish to talk about it". 
    Marty noted that his report "said nothing new", and that "everybody knew about the crimes of the KLA". 
    What is new, the Swiss explained, "is that someone has said it, and put it in writing". 
    Marty told reporters that his task was to determine the facts related to a book written by former Chief Hague Prosecutor Carla Del Ponte - who first publicly mentioned the organ trafficking allegations in early 2008 - and that his job was "very delicate", because many people chose not to talk to him or his associates. 
    "The report simply determines that disturbing things have happened, that there is serious evidence that indicates the crimes did happen, that the crimes were committed by KLA members, and that to this day, these crimes have not been punished," Marty said. 
    The CoE rapporteur added that "these crimes have never been the subject of a serious investigation." 
    "Another revelation is that they include the territory of Albania. In that absolutely chaotic period in 1999 and 2000, that is, after the end of (NATO) bombardment and establishment of UNMIK, the KLA exercised power in the entire territory (of Kosovo), and that is when the crimes were committed. People were kidnapped, deported to Albania. You are aware that EULEX has opened an investigation related to secret prisons, Kukesh in northern Albania is mentioned there." 
    Marty went on to say that some parts of his report document "open ties between organized crime and politics, including representatives of the government", and that he was "not guided by rumors, but described the crimes based on many testimonies, documents and objective findings". 
    "Finally, we arrived at the conclusion that these events were known to many intelligence services from many countries. This was known to the police, to a large number of people, who would privately say, 'yes, I am aware of that', but who, for the sake of political opportunism, would decide to remain silent," he continued. 
    "What has shocked me is that most facts in this report were known to a large number of organizations, and yet that there was silence about it until this day. I believe that a future of a country cannot be built without truth, without insisting on truth and memory. There will never be peace between various communities if the principle of 'not wanting to know' continues," Marty warned. 

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=16&nav_id=71563

    Tanjug News Agency - December 16, 2010

    Prosecutor: More evidence than in Marty report 

    BELGRADE: Serbian War Crimes Prosecutor Vladimir Vukčević says his office's organ trafficking investigation collected "far more evidence".
    He was comparing the effort of the prosecution with that of Council of Europe (CoE) Special Rapporteur for Human Rights Dick Marty. 
    The human organs trade concerns the so-called Kosovo Liberation Army (KLA), who are believed to have kidnapped Serb and other civilians in the province in 1999. 
    Vukčević refused to provide the names of the suspects, pointing out that results would be made known after the investigation was complete. 
    “I want to avoid bidding on a number of medical workers and people involved in the committing of the crimes under investigation. Therefore, I will not name anyone, especially since there is already a lot of speculation about this in the media,” Vukčević said at a press conference in Belgrade. 
    The conference, held in the Special War Crimes Court building, was related to Dick Marty's report in which Kosovo's Prime Minister Hashim Thaci was mentioned as one of the people responsible for body parts harvesting in Kosovo after the armed conflict there. 
    Vukčević stressed further progress in the investigation would not be possible without EULEX and the CoE cooperating, adding that it would not matter who raised charges against the people responsible for the crimes. 
    “The question who would stand the trial - we or EULEX or the Albanians - is less important - ours is to prove the atrocities were really committed, it is only important that the perpetrators be brought to justice,” Vukčević underlined.  

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=16&nav_id=71547

    B92/Tanjug News Agency - December 16, 2010

    Committee adopts Kosovo organ trafficking report 

    PARIS: Council of Europe (CoE) Rapporteur Dick Marty today in Paris officially presented his report on human organ trafficking in Kosovo and northern Albania.
    The draft report, detailing locations where members of the so-called Kosovo Liberation Army (KLA) took kidnapped civilians to have their vital organs removed and later sold, was adopted by the Legal Affairs and Human Rights Committee.
    In it, Kosovo Albanian Premier and former KLA leader Hashim Thaci has been named as the ringleader of a group that was involved in organ, drugs and arms trafficking. 
    Reports from Paris today said that the decision came despite "some attempts" to postpone it. 
    The Marty report confirms information obtained by the Serbian War Crimes prosecution that some 500 Serbs were kidnapped in Kosovo, to be killed in prison camps in Albania, where their organs were removed. 
    Deputy Prosecutor Bruno Vekarić says that the document will be a reason for justice systems in the region to "mobilize", while Serbian President Boris Tadić says the accusations from the report should be "checked". 
    After the closed-door debate of the committee in Paris today, a decision will be made whether to send a draft resolution to the CoE Parliamentary Committee (PACE). 
    Serbian representatives expect this to happen during the day. Amendments to the draft can then be submitted, while the debate on the resolution could take place on January 25. 
    CoE resolutions have "high moral value", but are not legally binding. 
    Nataša Vučković, a member of the Serbian delegation, said today the resolution will be on the assembly agenda in January and all members of the assembly can propose amendments to it. 
    The resolution, if adopted by the assembly, would be the first international legal document to describe the Kosovo Liberation Army as a terrorist organization involved in organ trafficking. 
    "The Serbian delegation commended Marty's courage in raising this issue and answering a whole series of questions that had been shrouded in silence and secrecy for a many years," Vučković noted. 
    Serbia's representatives stressed that it was necessary to find out the truth, for the victims, missing persons and their families, as well as to facilitate reconciliation and establish trust and peace in the region.  

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/crimes-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=16&nav_id=71552

    Beta News Agency - December 16, 2010

    Closing arguments in KLA war crimes case 

    BELGRADE: The War Crimes Chamber of the Higher Court in Belgrade will today hear closing arguments in the trial of the Gnjilane Group of the so-called KLA.
    A total of 17 ethnic Albanians have been charged with torture and vicious murder of Serb and other civilians in the town of Gnjilane, eastern Kosovo, in 1999.
    The judges will set the date for the reading of the verdicts, after the defense and the prosecution give their closing statements today. 
    Those undergoing trial in Belgrade were arrested in Preševo in late 2008, and include Aguš Memiši, Faton Hajdari, Ahmet Hasani, Nazif Hasani, Samet Hajdari, Ferat Hajdari, Kamber Sahiti, Selimon Sadiku and Burim Fazliju. 
    Eight more members of the so-called Kosovo Liberation Army (KLA) have been indicted, and they are Fazlija Ajdari, Redžep Aliji, Šaćir Šaćiri, Šefket Musliji, Sadik Aliji, Idriz Aliji, Šemsija Nuhiju and Ramadan Halimi. 
    However, they remain fugitives from justice, and their trial has been separated from the current one. 
    The defendants are standing trial for committing cruel murder of at least 80 civilians - Serbs, other non-Albanians, and some Albanians, while torturing 153 others, who were later released. 
    The prosecution believes that some of the group's victims died in their homes and in the streets, but most were taken to a basement of a boarding school in Gnjilane, where they were tortured and mutilated to death. 
    In order to cover up the crimes, the victims' bodies were butchered, placed in bags, and dumped into garbage, or into nearby Lake Livočko.  

    ---

    http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=15790648&PageNum=0

    Itar-Tass - December 17, 2010

    Russia regards Kosovo elections as illegal

    MOSCOW: Moscow regards the parliamentary elections in Kosovo as illegal, Alexei Sazonov, deputy director of the information and press department of the Russian Foreign Ministry, told journalists here on Friday. 
    “We do not regard as legal the elections to the Kosovo Assembly, held on December 12, 2010, because they were organised by the authorities of the self-proclaimed republic,” Sazonov explained. 
    According to Sazonov, “the success achieved at the elections by the extremely radical political parties of Kosovo Albanians evokes concern. The observers registered a number of serious violations during the elections.” 
    “The international organisations avoided the certification of the elections, in which the Serbs living in Kosovo played too small a role,” he said. 
    Aside from it, machinations with the lists of electors, the use of forged ballot papers and the casting of ballots several times by the same persons were also registered.

    ---

    http://www.novinite.com/view_news.php?id=123257
     
    Sofia News Agency - December 17, 2010
     
    Council of Europe Adopts Kosovo Organ Trafficking Report

    The human rights committee of the Council of Europe adopted Thursday a resolution requesting investigation of the traffic of drugs, weapons and human organs carried out by organizations in Kosovo under the heading of Hashim Thaci.
    Council of Europe Secretary-General Thorbjørn Jagland has called the information in the report "very serious and concerning" and has requested that the allegations not be left unanswered.
    Thaci, a former Kosovar PM, who just won snap elections over the weekend, was a combat leader of the controversial KLA that fought with Serbian authorities for independence with heavy backing from Western countries, especially the USA.
    Now the Council of Europe report, drafted by Swiss deputy Dick Marty, and passed by a large 2/3 majority, argues that Thaci and other Kosovar leaders organized the traffic not only of weapons and narcotic, but also of human organs, sometimes harevested from involuntary donors.
    “Numerous indications seem to confirm that, during the period immediately after the end of the armed conflict, organs were removed from some prisoners at a clinic in Albanian territory, near Fushë-Kruje, to be taken abroad for transplantation," reads the report.
    There has been substantial evidence that Serbians - and some Albanian Kosovars - had been secretly imprisoned by the KLA in northern Albania "and were subjected to inhuman and degrading treatment, before ultimately disappearing," the report says.
    In Kosovo, the government of Thaci dismissed the report as fabrications designed to smear its leaders.

    ---

    http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2010&mm=12&dd=17&nav_id=71582

    Tanjug News Agency - December 17, 2010

    Media see "Kosovo, state of horror" 

    LONDON: World media have given a lot of attention to adoption of CoE investigator Dick Marty’s report on human organ trade in Kosovo. 
    In it, Kosovo Albanian Prime Minister Hashim Thaci was named as the leader of a criminal group that used to kidnap people, remove their organs and sell them. 
    Commenting on the report which was adopted by the the CoE Parliamentary Assembly (PACE) Committee on Legal Affairs and Human Rights yesterday, London's Times newspaper wrote that Kosovo was “a horror state”. 
    The London-based daily dedicated one of its editorials entitled “The state of horror” to Kosovo, pointing out that the Kosovo PM was accused of heroin and human organ trafficking. 
    The Daily Mail points out that both Blair and the Clinton administration tended to ignore atrocities committed by Hashim Thaci’s so-called Kosovo Liberation Army (KLA), and describes Thaci as "a monster". 
    "Of the 2,000 people killed on both sides in the year before the U.S.-British bombing began, a significant minority were Serbs," according to the newspaper. 
    But it notes that a UN report later said that 90 Serb villages in Kosovo had been ethnically cleansed in the months leading up to March 1999. 
    In Moscow, Russian daily Kommersant quoted Head of the Russian delegation to PACE Leonid Slutsky who said that “Marty always carefully checks the information and uncompromisingly defends his position, even when it comes to the most serious issues” and that Russia would take a stand on Marty’s report after his visit to Moscow next w

    (Message over 64 KB, truncated)

    (english / deutsch / srpskohrvatski.
    Petizione internazionale per il rilascio di Dragoljub Milanovic, capro espiatorio del bombardamento della RTS a Belgrado.

    In merito a questa strage commessa dalla NATO nell'aprile 1999 si veda anche nel Rapporto di Amnesty International:
    nonché la pubblicazione "SEDÌCI PERSONE. Le parole negate del bombardamento della TV di Belgrado"
    di Corrado Veneziano - in DVD con il libro: “Se dici guerra umanitaria", a cura di Corrado Veneziano e Domenico Gallo, Besa ed., 2005)


    Freedom for Milanovic! Freiheit für Milanovic! Sloboda za Milanovica!


    --- english ---

    After visiting former RTS-head Dragoljub Milanovic in prison in the Serbian town of Pozarevac, Dr. Patrick Barriot and author Peter Handke initiated the following appeal:

    http://www.free-slobo.de/petmilan/petit-en.pdf

    PUBLIC PETITION 

    Freedom for Dragoljub Milanović!

    To the President of the Republic of Serbia To the Prime Minister of the Republic of Serbia To International and Serbian authorities concerned To human rights organizations

    At 2.06 a.m., in the night between April 22nd and 23rd 1999, NATO planes fired a heavily loaded missile at the building of Radio-Television Serbia located at 1, Aberdareva street. The explosion killed 16 RTS workers and caused enormous damage.
    Even though this was clearly the case of a war crime against the civilian population, even though it is well known, bearing in mind the NATO command system, who ordered this attack, and even though it can be easily learned who were the ones committing this crime, not one of them was held accountable for this monstrous act. Criminal proceedings launched in the Federal Republic of Yugoslavia against the NATO leaders, among other things also with regard to this crime, were terminated, the International Tribunal for Former Yugoslavia in the Hague found that there were no grounds for actions against the responsible persons with the NATO, and the European Court of Human Rights found it had no jurisdiction to deal with breaching of the RTS workersí right to life.
    The only person ever convicted for this crime is the then head of the institution that was the target of these air strikes, the RTS General Manager Dragoljub Milanović, a man who by some odd chance escaped the fate of sixteen of his employees. Thus to this heinous crime another crime was added, and shamelessness soared to its peak. In 2002 Dragoljub Milanović was sentenced to 10 years' imprisonment for a criminal offence "grave offence against public safety" under Article 194, paras. 1 and 2 of the then applicable Criminal Code of the Republic of Serbia. Such criminal offence, as was defined in the Criminal Code, could not have applied to Dragoljub Milanović even if the factual statements made against him had been true, which they were not. In these shameless proceedings, the key evidence for the assumed guilt of Dragoljub Milanović was the alleged "Order 37" issued by the Government, represented as state and military secret that Milanović allegedly refused to activate and move the employees to a reserve operation spot in Košutnjak, on the outskirts of Belgrade. However, such an order was not presented during the trial as a document, signed, stamped, registered and filed, but it seems that the text of that "order" was printed from some computer, bearing no signature or stamp, the text for which it not known who wrote it, when and to what purpose. According to the ìtestimonyî of Slobodan Perišić, the then RTS assistant general manager, who, back in early April 1998, had been assigned by Milanović all the powers related to defence and protection, along with the authority to sign documents, the original copy of that notorious order was burnt on October 5, 2000, along with his bag. Anyone with the slightest knowledge of administration matters is fully aware that not a single document, even if not of such importance, is never made just in one copy, but that the signed and stamped original copies of such a document would have to be kept also in the files of the authority proposing the adoption thereof, the authority adopting it, and the organisation it referred to. The last place where such a document, and at that its only original copy, could have been allowed to sit, a year and a half after the adoption, was Slobodan Perišićís bag.
    Therefore, the court sentenced Dragoljub Milanović to ten years imprisonment based on the piece of paper, printed probably from some computer, a paper that was not signed, stamped or filed! But even so, that piece of paper, the so-called "Order 37", contains point 6, granting the General Manager the right to approve its cancellation, in other words, the right not to execute this order.
    In addition to all this it should be taken into account that the Radio-Television of Serbia building is a civilian structure, that international humanitarian law prohibits military attacks against such type of facilities, that such attacks are a war crime, and that no one can be blamed for not foreseeing that somebody else will commit an illegal act, especially an act of such gravity such as a war crime. Otherwise the responsibility for oneís unlawful conduct transfers to the one who assumed and believed that law is to be upheld, which results in a negation of law. In Dragoljub Milanović's case an inversion just like that was performed, which undermines the very essence of law and justice.
    Furthermore, both before and after the beginning of NATO air strikes, the RTS building in Aberdareva was the venue for rendering technical services to numerous journalist teams from various countries, including the NATO member states, which meant that they used to spend considerable amounts of time in that location. It even so happened that the then minister for mass media in the Republic of Serbia Government, Aleksandar Vučić, was invited to make a live appearance on a famous TV show "Larry King Live" at the US TV station CNN (unlike the "Order 37", this is supported by clear material evidence, a telegram sent to Vučić by CNN). The minister's mother, Angelina Vučić, RTS journalist, was in the building in Aberdareva at the time of the strike, and by chance survived it, unlike her colleagues. Even Dragoljub Milanović himself, from the very beginning of bombing campaign, was in the building in Aberdareva every day, working until the small hours of the night. In the night of the hit, Milanović left the building a dozen or so minutes before the attack. Therefore it is obvious that no one, including Dragoljub Milanović, thought that NATO could in such a manner make such a drastic breach of humanitarian law, and with a highly destructive missile target the RTS building, clearly a civilian facility in the very centre of Belgrade, where a large group of civilians were present at the time.
    The courts involved in actions against Dragoljub Milanović ignored all these clear-cut facts, admitting an invalid, actually a non-existent piece of evidence, and by wrongly applying law, i.e. a Criminal Code article applicable to completely different situations, issued the condemning judgement.
    A particularly alarming fact is that even the parents and family members of some of the killed RTS workers became victims to cunning manipulation, and in grief and despair over the loss of their loved ones accepted the claim that their deaths were the fault of the RTS manager and Serbian Government, and not the ones ordering the missiles to be fired at the building in Aberdareva and the ones executing that order. Dragoljub Milanović started serving his prison sentence on April 1, 2003. Since the conditions for his conditional release from imprisonment have been met, in line with Article 46 of the applicable Criminal Code of the Republic of Serbia, Dragoljub Milanović applied to the court asking for parole. To this very day no answer was given with regard to this application. (note: Shortly after the draft of this petition, on 27th of September 2010, the Higher Court in Belgrade denied the request for premature release!)

    On account of all that was said above, we hereby request the following:
    We are asking for justice for Dragoljub Milanović! We demand his immediate release from prison!
    We are asking that those who ordered and executed the crime committed on April 23, 1999 by bombing the Radio-Television of Serbia building in Belgrade be held accountable! Only then will justice be served for victims of that crime!
    We are asking for the withdrawal of the monstrous message sent to all the criminals in the world by trying and convicting Dragoljub Milanović: kill freely, and your crimes will be attributed to the ones who are the very victims of your crimes!

    September 2010

    Signed
    Dr. Patrick Barriot, Colonel (CR), toxicologist, Faculty of Medicine, Montpellier, France
    Peter Handke, Chaville, Frankreich
    ...

    To sign, go to:   http://www.free-slobo.de/


    --- deutsch ---

    Nachdem sie den ehemaligen RTS-Chef Dragoljub Milanovic im Gefängnis in der serbsichen Stadt Pozarevac besuchten, initiierten Dr. Patrick Barriot und Autor Peter Handke den folgenden Aufruf:

    http://www.free-slobo.de/petmilan/petit-de.pdf

    AUFRUF

    Freiheit für Dragoljub Milanović!

    An den Präsidenten der Republik Serbien
    An den Premierminister der Republik Serbien
    An zuständige internationale und serbische Körperschaften und Behörden
    An Menschenrechtsorganisationen

    In der Nacht vom 22. auf den 23. April 1999 feuerten um 2.06 Uhr NATO-Bomber ein schweres Geschoss auf das in der Aberdareva-Straße Nr. 1 gelegene Gebäude von Radio-Televisija Srbija (RTS) ab. Durch die Explosion wurden 16 RTS-Mitarbeiter getötet und enorme Schäden verursacht.
    Obwohl dies eindeutig ein Kriegsverbrechen gegen Zivilisten darstellte und obwohl - in Anbetracht der bekannten NATO-Kommandostukturen - klar ist, wer die Befehlshaber sind, und sehr leicht feststellbar ist, wer dieses Verbrechen begangen hat, wurde nicht ein einziger von ihnen für diese monströse Tat zur Verantwortung gezogen. Juristische Verfahren gegen die NATO-Führung, die in der Republik Jugoslawien eingeleitet wurden, sind eingestellt worden, der Internationale Gerichtshof für das ehemalige Jugoslawien in Den Haag sah gar keinen Grund, gegen die Verantwortlichen innerhalb der NATO vorzugehen und der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte erklärte sich für nicht zuständig, juristische Schritte gegen diesen Verstoß gegen das Recht der RTS-Mitarbeiter auf Leben einzuleiten.
    Die einzige Person, die jemals für dieses Verbrechen verurteilt wurde, ist der damalige Chef der Institution, die Ziel dieser Luftschläge war, nämlich der Generaldirektor von RTS, Dragoljub Milanović, der nur durch Zufall dem Schicksal seiner 16 Mitarbeiter entging. Damit wurde diesem verabscheuungswürdigen Verbrechen ein weiteres hinzugefügt und der Gipfel der Schamlosigkeit erreicht.
    2002 wurde Dragoljub Milanović wegen "des schweren Angriffs auf die öffentliche Sicherheit" nach Artikel 194, §§ 1 und 2 des damals gültigen Strafgesetzes der Republik Serbien zu 10 Jahren Gefängnis verurteilt. So wie dieses Verbrechen im Strafgesetzbuch formuliert war, war es auf Milanović gar nicht anwendbar.
    Bei dieser schändlichen Verhandlung wurde als Hauptbeweis für seine Schuld der von der Regierung erlassene und als Staats- und Militärgeheimnis präsentierte "Befehl 37" herangezogen, die Mitarbeiter in eine Ersatzsendeeinrichtung nach Košutnjak außerhalb von Belgrad zu versetzen, dem sich Milanović angeblich widersetzte.
    Während der Verhandlung wurde allerdings dieser Befehl nicht als unterschriebenes, mit Stempel versehenes, registriertes und protokolliertes Dokument vorgelegt, sondern nur der Wortlaut dieses "Befehls", ohne Unterschrift und Stempel, wahrscheinlich von irgendeinem Computer kopiert, ein Text von den man nicht weiß, wer ihn wann und zu welchem Zweck verfasst hatte.
    Nach der "Aussage" von Slobodan Perišić, dem damaligen Assistenten des RTSGeneraldirektors, der schon am 10. April 1998 von Milanović mit allen die Verteidigung und Sicherheit betreffenden Vollmachten, inklusive der Berechtigung, Dokumente abzuzeichnen, ausgestattet worden war, wurde das Original dieses famosen Befehls am 5. Oktober 2000 samt seiner Aktentasche verbrannt. Wer auch nur annähernde Kenntnis von Verwaltungsvorgängen hat, weiß, dass kein einziges Dokument, sei es noch so unbedeutend, nur in einem einzigen Exemplar angefertigt wird, sondern dass eine unterschriebene und gestempelte Kopie des Dokuments bei der ausstellenden Behörde sowie der betroffenen Organisation aufbewahrt werden müssten. Der allerletzte Ort, an dem sich ein solches Dokument und seine Originalkopie eineinhalb Jahre nach seiner Ausstellung hätte befinden dürfen, ist Slobodan Perišićís Aktentasche.
    So verurteilte das Gericht Dragoljub Milanović zu zehn Jahren Gefängnis aufgrund eines Papiers, das höchst wahrscheinlich von irgendeinem Computer kopiert worden war, das weder unterzeichnet, noch gestempelt, noch archiviert war!
    Der sogenannte "Befehl 37" räumt sogar unter Punkt 6 dem Generaldirektor das Recht ein, die Außerkraftsetzung des Befehls zu erlauben, bzw. den Befehl nicht auszuführen.
    Darüber hinaus muss berücksichtigt werden, dass RTS eine zivile Einrichtung ist, und dass das internationale humanitäre Völkerrecht militärische Angriffe auf derartige Einrichtungen verbietet und als Kriegsverbrechen einstuft. Niemand kann dafür verantwortlich gemacht werden, nicht vorhergesehen zu haben, dass jemand eine illegale Handlung vornimmt, besonders eine so schwerwiegende wie ein Kriegsverbrechen. Sonst überträgt man die Verantwortung für gesetzeswidriges Handeln auf denjenigen, der vorausgesetzt und geglaubt hat, dass das Gesetz befolgt wird, was auf eine Negation des Gesetzes hinausläuft. In Dragoljub Milanovićs Fall wurde eine solche Umkehrung vorgenommen, und somit die ureigenste Bedeutung von Recht und Gesetz unterminiert.
    Desweiteren war sowohl vor als auch nach dem Beginn der NATO-Luftangriffe das RTS-Gebäude in Aberdareva Technikstützpunkt für zahlreiche Journalistenteams aus verschiedenen Ländern, inklusive NATO-Mitgliedsstaaten, die sich dort oft für längere Zeit aufhielten. Mehr noch - US-amerikanische Sender CNN hatte den damaligen Informationsminister der Republik Serbien, Aleksandar Vučić, in dieser Nacht um 3.00 Uhr, (Ankunft im RTS-Gebäude eine halbe Stunder früher,) zu einer Liveschaltung in die berühmte Fernsehshow "Larry King Live" eingeladen. (Im Gegensatz zum "Befehl 37" ist dies durch eindeutiges Beweismaterial in Form eines Telegramms von CNN an Vučić belegt). Die Mutter des Ministers, Angelina Vučić, eine RTS-Journalistin, befand sich zur Zeit des Angriffs auch in dem Gebäude in Aberdareva und überlebte nur durch Zufall. Auch Dragoljub Milanović selbst hielt sich seit Beginn der Bombardierungen täglich in dem Gebäude auf und arbeitete dort jeweils bis spät in die Nacht. In der Nacht des Anschlags verließ Milanović den Sender etwa 10 Minuten vor dem Angriff. Insofern hat niemand, auch nicht Dragoljub Milanović, sich vorstellen können, dass die NATO auf so drastische Weise gegen die
    Menschenrechte verstoßen würde und das RTS-Gebäude, eine eindeutig zivile Einrichtung im Zentrum von Belgrad, in dem sich zur Zeit des Angriffs viele Zivilisten befanden, direkt mit einer hochgradig zerstörerischen Bombe beschießen würde.
    Die mit der Anklage gegen Dragoljub Milanović befassten Gerichte ignorierten alle diese eindeutigen Tatsachen, ließen ein ungültiges und in Wahrheit nicht existentes Beweismittel zu und wandten fälschlich einen Artikel des Strafgesetzbuches an, der sich auf eine völlig andere Situation bezieht, um so zu einer Verurteilung zu kommen. 
    Besonders alarmierend ist die Tatsache, dass sogar Eltern und Verwandte einiger der getöteten RTS-Mitarbeiter Opfer perfider Manipulationen wurden und in ihrer Trauer und Verzweiflung über den erlittenen Verlust die Behauptung akzeptierten, dass der RTS-Generaldirektor und die Staatsspitze Serbiens schuld am Tod ihrer Angehörigen waren, und nicht diejenigen, die den Beschuss des Gebäudes in Aberdareva befohlen oder durchgeführt hatten.
    Dragoljub Milanović trat am 1. April 2003 seine zehnjährige Gefängnisstrafe an. Da er die Bedingungen für eine bedingte Haftentlassung gemäß Artikel 46 des
    serbischen Strafgesetzbuches erfüllt, hat er bei Gericht seine Begnadigung beantragt.
    Bis heute hat er darauf keine Antwort erhalten. (Nachtrag: Kurz nachdem dieser Aufruf verfasst wurde, hat das Höhere Gericht in Belgrad am 27. September 2010 Milanovićs Gesuch nach frühzeitiger Haftentlassung zurückgewiesen!)

    Unter Berücksichtigung des vorher Angeführten fordern wir folgendes:
    Wir fordern Gerechtigkeit für Dragoljub Milanović! Wir verlangen seine sofortige Freilassung aus dem Gefängnis!
    Wir fordern, dass die Befehlshaber und die Vollstrecker des Verbrechens, das am 23. April 1999 durch die Bombardierung des serbischen Radio-Televisionsgebäudes in Belgrad verübt wurde, zur Verantwortung gezogen werden! Nur so kann auch den Opfern dieses Verbrechens Gerechtigkeit widerfahren!
    Wir fordern, dass die schamlose Botschaft zurück genommen wird, die durch die Anklage und Verurteilung von Dragoljub Milanović an alle Kriminellen in der Welt ergeht: nehmt euch die Freiheit zu töten, und eure Verbrechen werden den Opfern zugeschrieben!

    September 2010

    Unterzeichner
    Dr. Patrick Barriot, Colonel (CR), toxicologist, Faculty of Medicine, Montpellier, France
    Peter Handke, Chaville, Frankreich
    ...

    Um zu unterzeichnen, gehen Sie zu:     http://www.free-slobo.de/

    ---


    junge Welt (Berlin), 23.04.2010

    »Die Mörder sind ungeschoren davongekommen«

    Eines der NATO-Opfer wurde verurteilt: Exchef des Belgrader Senders RTS seit acht Jahren im Knast. Gespräch mit Ljiljana Milanovic

    Interview: Cathrin Schütz

    Ljiljana Milanovic war Redakteurin des Belgrader Senders Radio Television Serbien (RTS), den ihr Mann Dragoljub Milanovic als Direktor leitete. Vor genau elf Jahren, am 23. April 1999 wurde das RTS-Gebäude von der NATO bombardiert, wobei 16 Menschen ums Leben kamen.
    Seit fast acht Jahren sitzt Ihr Ehemann im Gefängnis. Er wurde verurteilt, weil er es angeblich versäumt habe, vor dem Bombenangriff der NATO die Mitarbeiter zu evakuieren. Warum wird ihm angelastet, den Tod von 16 Menschen verschuldet zu haben?

    Dragoljub ist die einzige Person, die jemals wegen des Aggressionskrieges der NATO gegen Jugoslawien vor Gericht gestellt und verurteilt worden ist. Die wirklichen Täter wollen sich so ihrer Verantwortung entziehen -schließlich hat die NATO mit diesem Angriff ein Kriegsverbrechen begangen. Das Opfer wurde verurteilt, die Mörder kommen ungeschoren davon. 

    Ihr Mann wurde beschuldigt, er habe eine amtliche Anweisung mißachtet, die Mitarbeiter zu evakuieren ...

    Er wurde aufgrund eines Entwurfs verurteilt, den irgend jemand irgendwo ausgedruckt hat - vor Gericht wurde das Papier als »Order 37« präsentiert. Dieser Entwurf trägt weder Stempel noch Siegel, der Verfasser wurde nie identifiziert. Ein Zeuge behauptete in dem Verfahren, das Original sei am 5. Oktober 2000 verbrannt worden, als der vom Westen gesteuerte Mob das RTS-Gebäude in Brand setzte und meinen Mann dabei halbtot schlug.

    Nicht einmal in der Sicherungsdatei, in der alle »geheim« eingestuften Dokumente als Kopien gespeichert wurden, ist eine Version des Originals zu finden. Angeblich ist es bei der erwähnten Brandstiftung mit der Tasche des damaligen Sicherheitsbeauftragten von RTS, Slobodan Perisic, in Flammen aufgegangen. Mein Mann hatte ihm schon 1998 die Verantwortung für die Sicherheit übertragen. 

    Auf Basis eines solchen Nicht-Dokuments wurde Ihr Mann also für zehn Jahre eingesperrt?

    So ist es - aber das Papier verlangte ja nicht einmal die Evakuierung! Im Text heißt es, es liege im Ermessen des Direktors, ob und wann er die Arbeit in ein anderes Gebäude verlegt.

    Hintergrund für diese Absurditäten ist der »demokratische Wandel« in Serbien, also der am 5. Oktober 2000 vom Westen inszenierte Staatsstreich. Danach wurde die Anklage Serbiens gegen verantwortliche NATO-Politiker zurückgezogen - statt dessen kam der RTS-Chef vor Gericht. Der Prozeß war eine Propaganda-Show: Der Anklageteil war öffentlich, der Verteidigungsteil wurde geheimgehalten. Als der Oberste Gerichtshof das Urteil bestätigte, behauptete er wahrheitswidrig, die Öffentlichkeit sei von der Verteidigung gar nicht ausgeschlossen gewesen.

    Richtig ist allerdings, daß ich mich damals gezwungen sah, die Geheimhaltung zu durchbrechen, indem ich Journalisten Kopien von Dragoljubs Verteidigungsrede aushändigte. Daraufhin wurde ich selbst verurteilt -wegen Verrats von Staatsgeheimnissen. Ein kafkaesker Prozeß! 

    Wurde Ihr Mann stellvertretend für die Milosevic-Regierung verurteilt, die sich von den NATO-Staaten nichts vorschreiben lassen wollte?

    Natürlich, er war immerhin Direktor einer staatlichen Rundfunk- und Fernsehanstalt in der Zeit von Milosevic, als sich das Land gegen den NATO-Angriff verteidigte. Wir haben damals Bilder der durch Bomben getöteten und verwundeten Zivilisten in alle Welt gesendet. Die NATO hat diese Opfer damals zynisch als »Kollateralschaden« abgetan - wozu dann nur nicht die 16 getöteten RTS-Kollegen gerechnet wurden. 

    Aus Anlaß des zehnten Jahrestages des NATO-Angriffs hat 2009 erstmals eine internationale Delegation Ihren Mann im Gefängnis besucht - dabei waren der Schriftsteller Peter Handke und die Anwältin Tiphaine Dickson. Hatte die Visite Folgen?

    Der Besuch hat Dragoljub sehr viel bedeutet. Wir beide hatten das Gefühl, nicht allein zu stehen. Seine Haftbedingungen wurden indes nicht besser. Er kann zweimal im Monat für ein, zwei Stunden Besuch von Familienangehörigen erhalten. Ausgang wird ihm im Gegensatz zu mehrfachen Mördern seit Jahren verweigert. Es gibt aber auch einen Hoffnungsschimmer: Die irische Aktivistin June Kelly hat es vermocht, die irische Sektion von Amnesty International (AI) nach dem Solidaritätsbesuch für diesen Fall zu interessieren. Nun wurde die AI-Zentrale in London beauftragt, den Fall zu untersuchen.


    --- srpskohrvatski ---

    Слобода за Драгољуба Милановића!

    Председнику Републике Србије Председнику Владе Републике Србије Надлежним властима у Србији и иностранству Организацијама за заштиту људских права

    У ноћи између 22. и 23. априла 1999. године, у 2 сата и 6 минута иза поноћи, авиони НАТО-а испалили су разорну ракету на зграду Радио-телевизије Србије у Абардаревој улици број 1 у Београду. Од те експлозије погинуло је 16 радника РТС и нанета је огромна материјална штета.
    Иако је јасно да се ради о ратном злочину против цивилног становништва, иако се зна, имајући у виду командни систем НАТО, ко су били наредбодавци и иако је утврдиво ко су били непосредни извршиоци тог злочина, нико од њих није одговарао за овај монструозни чин. Кривични поступци који су покренути у СР Југославији против челника НАТО, између осталог и због овог злочина, обустављени су, Тужилаштво Међународног суда за бившу Југославију у Хагу нашло је да нема места покретању поступка против одговорних лица из НАТО, а Европски суд за људска права се огласио ненадлежним за бављење кршењем права на живот радника РТС.
    Једина особа која је осуђена због овог злочина је тадашњи први човек установе која је била мета ових ваздушних удара, генерални директор РТС Драгољуб Милановић, човек који је пуким случајем избегао судбину поменутих шеснаесторо својих запослених. Тиме је ужасни злочин допуњен новим злочином, а бесрамље достигло свој врхунац. Драгољуб Милановић је 2002. године првноснажно осуђен на 10 година затвора за кривично дело "Тешко дело против опште сигурности" из члана 194. став 1. и 2. тада важећег Кривичног закона Републике Србије. То кривично дело, онако како је одређено у Кривичном закону, не би могло да буде примењено на Драгана Милановића чак и да су тачне чињеничне тврдње које су му стављене на терет, а оне нису тачне. Као кључни доказ о наводној кривици Драгољуба Милановића у овом срамном поступку употребљена је наводна Владина "наредба 37", представљена као државна и војна тајна, коју је Милановић наводно одбио да активира и пресели раднике на резервно место рада у Кошутњаку. Међутим, таква наредба није презентирана у поступку као документ, потписан, оверен, заведен и архивиран, већ је изгледа из некаквог компјутера извучен текст те "наредбе", без потписа и печата, текст за који се не зна ко га је, када и у коју сврху писао. Оргинал те фамозне наредбе је према Ñсведочењуì Слободана Перишића, на кога је, као помоћника директора РТС, Милановић пренео сва овлашћења из домена одбране и заштите са правом потписа још 10. априла 1998. године, изгорела је 5. октобра 2000. године заједно са његовом торбом. Свако ко ма и мало познаје функционисање администрације зна добро да се ниједан документ, чак и малог значаја, не сачињава само у једном примерку, већ да би потписани и оверени оригинални примерци те врсте документа свакако морали да постоје и у архивама органа који је предложио његово усвајање, органа који га је усвојио и организације на коју се односи. Последње место на коме би такав документ, и то његов једини оригинарни примерак, смео да се налази, и то годину и по дана након усвајања, је торба Слободана Пперишића.
    Суд је дакле Драгољуба Милановића осудио на 10 година затвора на основу папира, који је највероватније извучен из накаквог компјутера, који је непотписан, неоверен и који није архивиран! Али чак и у том папиру, тој тзв. Ñнаредби 37ì, постоји тачка 6 која даје право генералном директору да одобри њено обустављање, тј. да се наредба не изврши.
    Треба при свему овоме имати у виду да је зграда Радио Телевизије Србије цивилни објекат, да међународно хуманитарно право забрањује војне нападе на такву врсту објеката, да такви напади представљају ратни злочин и да се никоме не може ставити на терет то што није предвидео да ће неко други да изврши неки противправан акт, посебно акт у рангу ратног злочина. У противном, одговорност за нечије противправно понашање се преноси на онога ко је полазио од претпоставке и веровао да се право поштује, а то онда постаје негација права. У случају Драгољуба Милановића, управо је извршена таква инверзија, којом се удара у саму суштину права и правде.
    Иначе, у згради РТС у Абардаревој 1, и пре и након почетка ваздушних напада НАТО, техничке услуге су користиле и значајно време у том објекту проводиле бројне новинарске екипе из различитих земаља, укључујући и државе чланице НАТО. Чак је и тадашњи министар информисања у Влади Републике Србије Александар Вучић имао позив да се те ноћи, 23. априла 1999. године у 3 сата (уз долазак ради припрема око пола сата раније), из зграде РТС у Абардаревој 1 укључи уживо у познату емисију "Larry King Live" на америчкој телевизијској станици CNN (о томе, за разлику од Ñнаредбе 37ì, постоји јасан материјални доказ, телеграм који је CNN упутио Вучићу). Министрова мајка, Ангелина Вучић, новинар РТС, у моменту бомбардовања била је у згради у Абардаревој 1 и тек пуким случајем није настрадала заједно са својим колегама. И сам Драгољуб Милановић је од почетка бомбардовања свакодневно, до касних ноћних сати, боравио у згради у Абардаревој 1. У ноћи када је зграда погођена, Миалновић је из ње изашао коју десетину минута пре напада. Дакле јасно је да нико, укључујући и Драгољуба Милановића, није претпостављао да би НАТО могао тако драстично да прекрши хуманитарно право и да директно, ракетом огромне разорне моћи, гађа зграду РТС, без икакве сумње цивилни објекат у центру Београда, у коме се налазила већа група цивилних лица.
    Све ове чињенице судови који су поступали у поступку против Драгољуба Милановића су пренебрегли, искористили су невалидни, заправо непостојећи доказ и неправилном применом права, тј. члана Кривичног закона који се односи на сасвим друге ситуације, дошли до осуђујуће пресуде.
    Посебно је застрашујућа чињеница да су чак и родитељи и чланови породица неких од страдалих радника РТС постали жртве перфидне манипулације, те су у стању бола и очаја због губитка најближих, прихватили тврдњу да су за њихову смрт криви директор РТС и државни врх Србије, а не они који су наредили испаљивање пројектила на зграду у Абардаревој 1 и они који су то наређење извршили.
    На издржавање затворске казне, Драгољуб Милановић је ступио 1. априла 2003. године.
    Како су се стекли услови за његов условни отпуст предвиђени чланом 46 важећег Кривичног законика Републике Србије, Драгољуб Милановић се обратио суду тражећи условно отпуштање са издржавања казне. Суд се до дана данашњег није огласио у вези са овим захтевом. (Напомена: Ускоро после писања ове петиције, 27. септембра 2010, Виши суд у Београду је одбацио молбу за условни отпуст!)

    Због свега наведеног, упућујемо следећи захтев: 
    ТРАЖИМО ПРАВДУ ЗА ДРАГОЉУБА МИЛАНОВИЋА! МАКАР И ЗАКАСНЕЛУ ПРАВДУ! НА ПРВОМ МЕСТУ ТРАЖИМО ДА ОН ОДМАХ БУДЕ ПУШТЕН ИЗ ЗАТВОРА! ТРАЖИМО ДА ЗА ЗЛОЧИН КОЈИ ЈЕ ИЗВРШЕН 23. АПРИЛА 1999. ГОДИНЕ БОМБАРДОВАЊЕМ ЗГРАДЕ РАДИО ТЕЛЕВИЗИЈЕ СРБИЈЕ У АБАРДАРЕВОЈ 1 У БЕОГРАДУ ОДГОВАРАЈУ НАРЕДБОДАВЦИ И ИЗВРШИОЦИ ТОГ БОМБАРДОВАЊА! ЈЕДИНО ТАКО ЋЕ ПРАВДА БИТИ ЗАДОВОЉЕНА И ПРЕМА ЖРТВАМА ТОГ ЗЛОЧИНА! ТРАЖИМО ДА СЕ ПОВУЧЕ БЕСРАМНА ПОРУКА КОЈУ СУ СУЂЕЊЕ ДРАГОЉУБУ МИЛАНОВИЋУ И ОСУДА КОЈА МУ ЈЕ ИЗРЕЧЕНА УПУТИЛИ СВИМ ЗЛОЧИНЦИМА НА СВЕТУ: СЛОБОДНО УБИЈАЈТЕ, А ВАШИ ЗЛОЧИНИ БИЋЕ ПРИПИСАНИ ОНИМА КОЈИ СУ И САМИ ЖРТВЕ ТИХ ЗЛОЧИНА!

    Септембар 2010. 

    Потписници:
    Др Патрик Барио, пуковник, токсиколог, Медицински факултет, Монпеље, Француска
    Петер Хандке, Шовил, Француска
    ...

    Za potpise idite na: http://www.free-slobo.de/




    Nobel per la guerra e per l'opportunismo

    1) Nobel per la guerra:
    Il bellicismo nel Premio Nobel della Pace

    2) Nobel per l'opportunismo:
    La Serbia e il Nobel

    Sulla questione del discreditatissimo "premio Nobel per la pace", assegnato quest'anno all'attivista per la disgregazione della Cina Liu Xiaobo, si veda anche:


    === 1 ===


    Il bellicismo nel Premio Nobel della Pace

    di Manuel E. Yepe*

    su www.argenpress.info del 17/12/2010


    Traduzione di l'Ernesto online

    *Manuel E. Yepe, giornalista cubano specializzato in temi di politica internazionale, scrive sulle più autorevoli testate di tutto il mondo

    Il Comitato del Premio Nobel per la Pace dal 2009 sta mettendo in pratica l'agenda strategica militarista del suo presidente, il norvegese Thorbjoem Jagland. e le sue dichiarazioni più recenti.

    E' ciò che sostiene in un articolo diffuso dall'organizzazione pacifista Global Network Against Weapons & Nuclear Power in Space il giapponese Yoichi Shimatsu, specialista in tema di energie rinnovabili, che abitualmente scrive su pubblicazioni riguardanti questioni europee e che è stato editore del settimanale giapponese Japan Times Weekly di Tokyo e giornalista della catena Bon Ocean di Pechino.

    Thorbjoem Jagland è stato primo ministro, ministro degli esteri, presidente del Storting (parlamento norvegese) ed è attualmente presidente del Consiglio d'Europa, un organismo che ha sostenuto l'Unione Europea e la NATO durante la Guerra Fredda. E' un veterano del Partito Laburista Norvegese che, secondo Shimatsu, ha assunto una posizione simile a quella del britannico Tony Blair come promotore dell'integrazione dell'Unione Europea nella stretta alleanza con Washington, per assicurare una forte leadership occidentale negli eventi internazionali.

    Ha fatto parte del Comitato permanente della difesa ed è stato insigne partecipante alle conferenze parlamentari della NATO, e in questa organizzazione promotrice di guerre si è identificato sempre nel corso della sua carriera politica.

    Sebbene la Norvegia sia un paese relativamente piccolo, svolge un ruolo militare significativo, data la sua posizione strategica, vicino a quella che è stata la Flotta Sovietica dell'Artico (oggi Flotta del Mare del Nord), a Murmansk, nella penisola di Kola.

    Shimatsu ricorda che in Norvegia tutti gli uomini sono soldati e possiedono un fucile, e che la frontiera della Norvegia con la Russia nel Mare di Barents ha costituito la linea del fronte durante la Guerra Fredda.

    Attualmente, la Norvegia svolge un ruolo rilevante nelle contraddizioni che si manifestano tra i paesi tecnologicamente avanzati e quelli del terzo mondo, perché ha truppe di terra in Afghanistan, navi che custodiscono le coste della Somalia contro la pirateria nella regione, partecipa alla corsa spaziale del Pentagono come parte dei sistemi missilistici anti-balistici, e possiede la tecnologia anti-sottomarini più avanzata del mondo.

    La Norvegia possiede una quantità di soldati nella NATO proporzionalmente maggiore di qualsiasi altro dei 28 Stati membri. Jagland è portavoce degli strateghi della NATO, e in tale funzione, reclama l'ampliamento dell'alleanza occidentale per evitare il risorgere delle potenzialità militari della Russia e della Cina e l'avvicinamento ad esse del Brasile e dell'India poiché ritiene che le sfide dell'Occidente siano cambiate dopo il collasso dell'URSS, poiché ora il nuovo nemico potenziale è la coalizione economica che è nota come BRIC, di cui fanno parte, Brasile, Russia, India e Cina.

    Shimatsu riferisce che, in una conferenza di parlamentari europei che ha avuto luogo lo scorso anno, l'attuale presidente del Comitato del Premio Nobel per la Pace ha sostenuto con crudezza: “Quando non siamo capaci di fermare una tirannia, la guerra comincia. E' per questo che la NATO è indispensabile. La NATO è l'unica organizzazione militare multilaterale che si radichi nel diritto internazionale. E' un'organizzazione che le Nazioni Unite possono usare, quando è necessario, per fermare una tirannia, come abbiamo fatto nei Balcani.”

    Jagland si riferiva naturalmente alla campagna di bombardamenti, invasione, occupazione, alla fine dell'ultimo decennio del XX secolo, contro la ormai scomparsa Repubblica Federativa di Jugoslavia.

    Per riassumere il suo pensiero, Jagland ha detto qualcosa di totalmente incompatibile con il suo incarico alla testa del Comitato del Premio Nobel per la Pace: “Se in qualsiasi parte del mondo i tiranni non possono essere rovesciati con mezzi pacifici, la guerra è inevitabile e la NATO avvierà questa guerra.”

    Da far rabbrividire come queste sono state le sue parole all'annuncio dell'assegnazione del Premio Nobel per la Pace al cinese Liu Xiaobo: “Noi abbiamo il dovere di parlare quando altri non lo possono fare. Dobbiamo avere il diritto di criticare la Cina per far avanzare le forze che vogliono che la Cina sia più democratica.”

    Yoichi Shimatsu segnala che l'espressione “far avanzare” sulla bocca di Jagland gli ricorda gli eufemismi nei testi giapponesi che parlavano di “avanzate” delle truppe giapponesi nel territorio di altri paesi dell'Asia continentale. Così si maschera una mentalità militarista.

    Secondo quanto sostiene lo scrittore giapponese, selezionando i suoi premiati più recenti, Barack Obama e Liu Xiaobo, il Comitato del Premio Nobel della Pace ha inteso proporre un'agenda strategica che coincide con il pensiero politico di Thorbjoem Jagland., suo presidente dal 2009, conosciuto dai suoi avversari in Norvegia come “il nostro George Bush”.



    === 2 ===


    La Serbia e il Nobel


    14 dicembre 2010 


    All’inizio le autorità di Belgrado avevano annunciato che la Serbia non avrebbe inviato un suo rappresentante alla cerimonia del premio Nobel assegnata al dissidente cinese Liu Xiaobo, che sta scontando una pena a 11 anni nella prigione di Jinzhou, per “istigazione alla sovversione” e per aver promosso il manifesto ‘Carta’08, il documento favorevole alla democrazia firmato da 2000 cinesi. E che la decisione era stata presa da Vuk Jeremić, il ministro degli Esteri, senza alcuna consultazione con il presidente Boris Tadić che a sua volta dichiarava di non voler rilasciare nessun commento ufficiale visto che la sua opinione personale non coincide con la decisione di Jeremić.
    Successivamente era anche stato sottolineato che i diritti umani sono una priorità della Serbia che spera di far parte dell’Unione europea, ma che la tutela dei rapporti con la Cina fosse ancora più importante.
    Alla fine, dopo le dure critiche dell’Unione europea e la “incomprensione” di un gesto simile da parte di un paese che è candidato ad entrare nell’Ue, la Serbia ha fatto marcia indietro e ha inviato alla cerimonia l’ombudsman Saša Janković. Così, ancora una volta, si è venuta a creare una situazione in cui la Serbia si è presentata come un paese indeciso e diviso, fortemente influenzato dagli interessi economici e dagli alleati storici da una parte, ma anche dalla Unione europea dall’altra. Un paese che fa un passo avanti e due indietro. E che non sa da che parte stare.

    Diritti umani sì, ma la Cina è più importante


    Sin dallo scorso 8 ottobre il governo di Pechino, dopo aver definito la scelta operata dal Comitato per il Nobel un’“oscenità” nonché un’interferenza negli affari giuridici cinesi, aveva messo in atto pressioni politiche e ricatti economici a livello mondiale per far sì che in tanti disertassero la cerimonia.
    Inizialmente i paesi che non avrebbero dovuto partecipare alla consegna erano 19, tutti “amici” della Cina e legati ad essa da interessi economici, tra i quali anche la Serbia. Il ministro degli Affari esteri serbi, Vuk Jeremić, aveva dichiarato che non ci sarebbe stato nessuno alla cerimonia perché anche se la Serbia presta un’attenzione  particolare alla difesa dei diritti umani, i suoi rapporti con la Cina rappresentano uno dei primi interessi nazionali della politica estera di Belgrado .
    “La Serbia presta grande attenzione al rispetto e alla difesa dei diritti umani che sono uno dei requisiti per l’integrazione del paese nell’Unione Europea, tuttavia i rapporti con la Cina sono troppo importanti e tutte le decisioni prese dalle autorità statali sono legate agli interessi nazionali del paese. La Cina è anche uno dei quattro pilastri della nostra politica estera, insieme a Russia, Usa e Unione europea”, aveva dichiarato il ministro serbo.
    Questa sua decisione aveva diviso sia l’opinione pubblica sia i partiti politici in Serbia. Jelko Kacin,rapporteur  del Parlamento europeo per la Serbia ha dichiarato che il paese si dimostra ancora una volta troppo “servile” verso la Cina e che un candidato per l’Unione europea non si può permettere un comportamento simile, manifestando a tal punto il proprio servilismo.


    Critiche al comportamento della Serbia


    Čedomir Jovanović, leader del partito serbo LDP, aveva interpretato la decisione di Jeremić come una vergogna per il paese.“Russia e Cina sono due potenze che il mondo accetta così come sono, ma non accetteranno mai una piccola Serbia grazie a questo comportamento ed anche la Cina non ci apprezzerà di più per questo gesto”, sottolineava Jovanović. Critiche alla decisione di Belgrado di disertare la cerimonia sono venute anche dal Comitato dei giuristi per i diritti umani (Yucom), secondo il quale la Serbia, intendendo di boicottare la cerimonia, mostra di essere ancora lontana da una posizione di autentico rispetto dei diritti umani e dei valori caratteristici delle società europee moderne e democratiche. [SIC]
    Laszlo Varga, Presidente della Commissione per l’integrazione europea dell’Assemblea nazionale serba, aveva definito la decisione della Serbia come catastrofica, aggiungendo che se la Serbia mira a far parte della comunità europea non dovrebbe mettersi al fianco dei paesi che in nessun modo rispondono ai criteri di paesi democratici. “E’ un messaggio estremamente negativo” aveva sottolineato Varga, ribadendo che “in Serbia non è ancora maturata l’idea che l’Ue non è solo un’unione economica ma soprattutto un’unione di valori”. 
    Štefan Füle, Commissario europeo per l’allargamento e la politica europea di vicinato, si era dimostrato preoccupato e deluso per la decisione della Serbia perché tutti i paesi dell’Unione europea avrebbero partecipato alla cerimonia. Invece il capo della delegazione per i Balcani del Parlamento europeo, Eduard Kukan riteneva che il boicottaggio del premio Nobel, come anche l’ultimo rapporto sulla “non collaborazione” della Serbia con il tribunale dell’Aja, sono solo delle informazioni negative che arrivano a Bruxelles. Con una nota Bruxelles, infatti, aveva ricordato a Belgrado che democrazia e diritti umani sono valori fondanti del Vecchio continente, da tutelare ovunque nel mondo.
    “In Europa ci sono dei valori. Chi non li rispetta, non può farne parte”, forse è proprio questa dura posizione di Bruxelles nei confronti dei paesi che avrebbero boicottato la cerimonia, che alla fine ha spinto Serbia a mandare il suo rappresentante. Il primo ministro Mirko Cvetković aveva deciso l’invio dell’ombudsman dopo essere stato a Bruxelles per incontrare alti esponenti dell’Ue. “Spero che la Cina capirà che sono stato alla cerimonia non per portare un messaggio politico ma perché i diritti umani e la democrazia sono importanti per la Serbia”, ha dichiarato Saša Janković.

    Addio Jeremić?


    Il settimanale “Vreme”  scrive che Belgrado ancora una volta si è dimostrata poco seria e soggetta alle pressioni di tutti: da una parte Bruxelles per quanto riguarda la risoluzione sul Kosovo davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, e dall’altra la Cina, quando c’è qualcosa che non piace a Pechino. E poi, aggiunge il settimanale belgradese, “E’ poco serio che la Serbia prima non voglia partecipare alla cerimonia ma alla fine accetti, con l’ombudsman Saša Janković che era lì come emissario personale del premier Mirko Cvetković e non in qualità di rappresentante ufficiale dello Stato. Così si crea l’immagine di un paese che ancora una volta non sa cosa vuole.”
    Il 18 dicembre in Serbia ci saranno le elezioni nel Partito democratico (Ds). Il leader democratico e  presidente, Boris Tadić, ha ripetuto tante volte di non essere soddisfatto del lavoro di alcuni ministeri e che è urgente ridimensionare il governo. Le ultime notizie che arrivano da Belgrado confermano l’intenzione di Boris Tadić di sostituire Jeremić per “aver preso decisioni importanti per il paese senza prima consultarlo”.
    “Si parla di una mia sostituzione da quando sono diventato ministro. Io sto solo facendo il mio lavoro e penso siano dannose queste speculazioni perché inviamo un segnale negativo al mondo e il messaggio è ancora una volta quello della mancanza d’unità sugli obiettivi e le priorità della politica estera della Serbia”, ha dichiarato Jeremić.
    Si riscaldano così i vecchi stereotipi sulla Serbia come un paese che non ha abbastanza coscienza quando si tratta di diritti umani. E che vorrebbe far parte dell’Europa ma non è ancora pronta fino in fondo ad accettare i valori della comunità europea. [SIC]

    ---

    Commenti

    nemmeno gli stereotipi hanno lo stesso valore...

    Martedì, 14 Dicembre 2010 15:45:02
    Jasmina

    Perdonami Sanja, quali valori europei? Quelli che arestano Assange ma poi vorebbero insegnare la Cina e Russia i diritti umani? Non è che anche tu hai uno stereotipo sui valori europei?




    HASHIM THACI AND FRIENDS: PHOTO GALLERY


    L'attuale << premier >> dello << Stato >> del Kosovo, Hashim Thaci, nome di battaglia "il Serpente" per i suoi complici i tagliagole dell'UCK, è un criminale e la cosa è universalmente nota da più di 10 anni (Massimo D'Alema è l'unico al mondo a non saperlo). La seguente galleria fotografica illustra quali amicizie abbiano consentito a questo criminale di atteggiarsi a << premier >> di uno << Stato >>.


    Da: Rick Rozoff 
    Data: 16 dicembre 2010 23.18.58 GMT+01.00
    A: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
    Oggetto: Hashim Thaci and friends: Photo gallery


     
     
     
     
    Secretary of Defense Robert M. Gates Press Conference 
     
     
     
     
     
     
     
     
    Fatmir Sejdiu U.S. President George W. Bush (R) shakes hands with Kosovar President Fatmir Sejdiu (C) and Prime Minister Hashim Thaci (L) during a meeting in the Oval Office of the White House July 21, 2008 in Washington, DC. This was the first official visit of Sejdiu and Thaci to Washington after Kosovo declared its independence.
     
     

    ===========================
    Stop NATO
    http://groups.yahoo.com/group/stopnato

    Blog site:
    http://rickrozoff.wordpress.com/

    To subscribe, send an e-mail to:
    rwrozoff@...
    or
    Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.

    Daily digest option available.
    ==============================



    Miro Bajramovic
    (english / srpskohrvatski / italiano)

    Crimini contro i serbi in Croazia. Arrestato Merčep

    1) Miro Bajramovic's interview to Feral Tribune, 1997
    on War Crimes by Merčep's killers Against Ethnic Serb Civilians in the early 1990s 
    [Intervista di Feral Tribune a Miro Bajramovic, uno dei killer di Pakračka Poljana al servizio di Merčep]

    2) "Ecco come massacravamo i civili serbi" 
    (Nuova Unità, 1997)

    3) Ubijen kod Siska, nađen kraj Kovina
    [Ucciso nel 1991 presso Sisak, gettato nel fiume Sava, il corpo trovato dopo 6 mesi nel Danubio vicino a Smederevo, infine sepolto dalla famiglia nel 2008. Una delle tante storie dei serbi uccisi in Croazia...]

    4) 
    Perché Tomislav Merčep non è stato mai processato? 
    [Zašto Tomislav Merčep nikada nije procesuiran?]
    (novossti.com, januar 2010.)

    ---

    10 dic 2010 - ZAGABRIA - Tomislav Merčep, sottosegretario agli Interni nei primi anni Novanta e comandante di alcune formazioni militari famigerate durante la guerra in Croazia (1991-1995), è stato arrestato stamane a Zagabria per crimini di guerra commessi contro la popolazione serba. Lo riferiscono i media croati.
    Merčep è considerato uno dei più famigerati criminali di guerra, ma finora è sfuggito alla giustizia grazie a cavilli legali e forse anche per la scarsa volontà politica di processarlo. Secondo fonti giudiziarie, è sospettato di essere responsabile in qualità di comandante di uccisioni e torture di civili serbi nel 1991 nella Pakračka Poljana, una zona rurale della Slavonia, nel est del Paese. Fino ad ora sono state identificate 40 vittime. In alcuni casi la sua responsabilità sarebbe anche diretta, ovvero avrebbe personalmente ordinato e eseguito alcune uccisioni.

    U Zagrebu priveden Tomislav Merčep (www.glassrbije.org)
    U Hrvatskoj je jutros priveden Tomislav Merčep, nekadašnji ratni pomoćnik ministra unutarnjih poslova, javila je Hrvatska radio-televizija, navodeći da se uz Merčepovo ime vezuje više ratnih zločina

    ---

    Sui crimini commessi dalle bande di Merčep segnaliamo anche:

    Rapporto Merčep (Drago Hedl, 18 gennaio 2007)


    === 1 ===


    Miro Bajramovic's interview to Feral Tribune, 1997

    [ La seguente traduzione della intervista di Feral Tribune a Miro Bajramovic, killer di Pakračka Poljana al servizio di Merčep, era originariamente apparsa sul sito srpskapolitika.com . Una diversa traduzione, a cura del Comitato Helsinki di Croazia per i diritti umani, è leggibile alla pagina:

    The following translation of the interview by Feral Tribune to Miro Bajramovic, a killer who worked for Merčep in the Pakrac Valley, originally appeared on srpskapolitika.com . A different translation, by the Croatian Helsinki Committee for Human Rights, can be read at: 

    ---


    Testimony of Croatian War Crimes in [the early] 1990s Against Ethnic Serb Civilians

    [ Received from Mary Mostert ('Banner of Liberty', www.bannerofliberty.com).
    Some (minor) corrections are made in the text translation from Croatian 
    (see below), and a few comments added in brackets and marked with my 
    initials, 'PT'. So: comments from the translator are in *parentheses* 
    '(...)', whereas my comments are in *brackets* '[...]'. The comments 
    before and after the translated 'Feral Tribune article itself are Mary 
    Mostert's.

    Predrag Tosic ]

    ********************************************************************************

    To my Serb Readers.

    This was sent to me by Igor, one of you on this list, in Croatian with a
    brief English note that asked me to have someone translate it into English.
    So, I sent it to Alex, another reader, who translates many things for me
    that are in the News in Belgrade so my American readers can learn what is
    happening there. This is a very valuable service. The American people 
    know very little of the Serb side of the story - and I'm beginning to 
    think that perhaps part of the problem has been that very few Americans 
    read Serbian and not many Serbs translate what is going on into English.

    I am of the WWII generation and this made me think of the first stories I
    read, after WWII when the American soldiers reached and liberated Nazi
    concentration camps. The incredible horror of those camps has stayed with
    me my entire life. This is a horrible story but I think it is a story 
    that the Western World needs to learn about.

    Mary Mostert

    Testimony of Croatian War Crimes in 1990s Against Serbian Civilians

    [The civilians referred to in the title are ethnic Serbs in the Krajina 
    region of today's Croatia. ]

    http://www.bannerofliberty.com/Serbs,BosniaKosovo/11-2-2006.1.html

    By Miro Bajramovic

    The following text is a testimony of Croatian war crimes against Serbian
    civilians during the 1990s. Please be advised of reader discretion.

    How Serbs were murdered at the Pakrac Field (Pakračka Poljana)

    Warning: The text is a testimony of an Ustashi (Croatian Nazi) and it is in
    its original (beastly) form, and may be extremely unpleasant for sensitive
    persons.

    http://www.srpskapolitika.com/index.html (Serbian Politics)

    Translated by: Alex, Belgrade

    Note by Alex: The translation is complete, the only problem appeared with
    the months. The months in Croatian are totally different than in Serbian, so
    the only mistake could be with the names of the months. Everything else has
    been translated fully and completely, with some additional information in
    the parentheses).

    Miro Bajramovic, former member of the so-called Merčep Unit, openly
    testifies about the crimes that he and his war comrades had committed in
    Pakrac, Gospic, Zagreb, Slani...

    Feral Tribune Magazine - Croatia

    Sept. 1, 1997

    Serbian Civilians Murdered

    Gospic, November 1991


    My name is Miro Bajramovic and I am personally responsible for the death of
    86 people. This is the fact that I got to bed with every night, and that I
    awake with every morning - that is, if I can sleep at all. I have, by my own
    hands, murdered 72 people, including 9 women. We (the Croats) did not make a
    difference, for us they (the Serbs) were all Chetniks and enemies. It was
    really difficult to burn the first house and kill the first man. After that
    it all followed a pattern.

    I met Tomislav Merčep in 1991 in Dalj. Since then we were in war together.
    We've been through a lot together. Our Unit was called "The Rains of
    Autumn", officially known as The First Zagreb Special Unit Under
    Jurisdiction of the (Croatian) Ministry of Internal Affairs. The Croatian
    defenders and people know very well who "The Rains of Autumn" are.

    MURDERS AT GOSPIC AND SLANO

    Before we departed for the Pakrac Field (Pakračka Poljana), sometime in
    (September?) 1991, we were at Gospic. At Gospic, it was enough for you to be
    a Serb, and for you to cease to exist. Our group killed between 90 and 110
    people down there, because we stayed there for a short time, not even a
    month. For (the town of) Gospic, the order was: "ethnic cleansing"; we
    killed the director of the Post Office, the Hospital, restaurant owners and
    various other Serbs. Murders were done by a bullet to the forehead, because
    we did not have time. I repeat, from the top, there came an order to
    decrease the percentage of Serbs at Gospic.

    We went to Slano 4 times and murdered 13 persons, all Serbs. Out of those
    13, I killed 8. My group consisted of (the following people): Sinisa Rimac,
    Miroslav Brisevac, Igor Mikula and the little Gordana, whose last name I
    cannot recall.

    THE PAKRAC FIELD - "PROCESSING" THE PRISONERS

    We arrived at the Pakračka Poljana, (translated as the Pakrac Field)
    sometime in 1991, after we returned from Gospic. We held the prisoners at
    the basement of the Middle School, and, in case there were more of them, we
    put them in the classrooms. For them, the worst nights were those when we
    "processed" them in groups, meaning that we tried to find the best way
    possible to inflict as much pain as possible upon them, so that they would
    admit more. You know what's the best way? You burn the prisoner - with a
    flame from a bottle of gas and then you spray some vinegar on them, mostly
    on the genitals and the eyes. Then there is a small inductor, an outside
    telephone, and you connect the Serb to that. It's a current flowing in one
    direction, it can't kill a man, but it can make an unpleasant feeling in a
    man. Then you ask the connected Serb where he is from, and he says - from
    Dvor Na Uni [the town of Dvor on the Una river -- PT], and then you dial 
    Dvor Na Uni with the telephone.

    We stuck up five-wired cables, inside the prisoners' anal holes, we would 
    leave them there for a few hours so that they could not sit down. We 
    opened their wounds and placed salt or vinegar on them. Basically, we did 
    not allow them to stop bleeding. Also, all of them had to learn the 
    Croatian National Anthem "Lijepa Nasa" (free translation: "Our Beautiful 
    Homeland") on the same date, and the commander of the prison, Mijo Jolic, 
    made them sing it. He, today, just like Suljic, owns restaurants across 
    Croatia.

    As I recall all those tortures, I wonder how they (members of the Unit)
    managed to think of all that. For example, the most painful thing to do was
    to stick small metal nails underneath one's fingernails. Add to that
    3-phased electricity and nothing is left of a man. Ashes! Under such
    tortures, people confessed to everything they knew, and to everything that
    was demanded of them. In the beginning, we acted as some sort of democratic
    policemen, we would give the Serbs paper on which they would write down
    everything they knew, and we asked them to list as many names and locations
    as possible.

    Tomislav Merčep commanded at the (Pakrac) Field, and I was second in
    command. Merčep knew it all. He did not participate personally in the
    executions, but he read everything we wrote in our reports, even though most
    of the information was spoken verbally. He knew of every murder, because he
    was the commander and because he was a harismatic person to us. A few times
    he told us: "Tonight, clean all that shit". That meant that the prisoners
    were to be murdered. If you disobeyed the order, then you were a traitor and
    we at the Pakrac Field murdered equally Croats as well as Serbs. Even the
    Croats at the Field were terrified of us. The village would listen to the
    cries and screams coming out from the prison, the people could not sleep,
    but they did not dare say anything to us. They knew that, if they asked
    questions, they could end up in prison themselves.

    I once said that all those whom I have killed, have died happy, because I
    would write down on a tiny piece of paper that they could pass through our
    guards, and they would venture home feeling happy. Then I would take them
    down with a sniper. They died with a smile.

    Murdered Serbs at Sisak, May 1995

    We did not classify Serbs into military and civilian; if we found a gun
    hidden anywhere, to us he was a Chetnik. Serbs could barely survive, because
    people don't say for nothing - where we passed, the grass did not grow back.
    As far as I know, more than 50 Serbs were brought to the (Pakrac) Field from
    Zagreb, and those who were close to Merčep had brought them - Rimac, Suljic,
    Mikula, Hodak, myself.

    How long we kept the prisoners [alive -- PT] varied. It mostly depended on 
    how long would it take to wear them down. Mostly, before killing them, we 
    would keep them between 2 and 5 days. Even if they survived, they would 
    not be normal people any more. Serbs who were good and loyal, were used 
    to dig graves, but we told them that they were digging covers (holes) for 
    the machineguns. One of the prisoners once said that it must have been his 
    15th or 16th cover (hole). We killed him on the spot, because it was not 
    his duty to count, but to dig.

    We were very greedy at the time. The 30 of us went 50 meters in front of the
    first tank, we would cleanse and murder everyone we would see. Behind us
    came some who were called "Merčep's people" who looted and burned homes.
    People such as Mardjeralo and Rukavina. Merčep told us to take away 
    everything from the Serbs, and the money that we found must be given to 
    the headquarters for buying arms. But, Trusic, Merčep, Rukavina also known 
    as The Priest and Nedeljko Posavec split the money amongst themselves. How 
    do I know this? A day before the killing of Pavo Mlinarica, Posavec and 
    Rukavina shot each other, because they did not split the money into equal 
    parts. Posavec was removed from the Unit, but the money was not taken from 
    him, and I am talking about [at least] 100,000 German Marks, or [possibly] 
    much more.

    I could not say that, at the Pakrac Field, mass executions took place. There
    were groups of 7 to 10 people. Basically, it all depended on the number of
    people currently imprisoned. Sometimes we murdered people in their homes,
    and then the homes would be blown up. No bodies. There were lots of such
    houses, most of them in the village of Bujavica.

    In those days, the mindset was as follows: kill the Serb's child, because it
    [would otherwise keep] grow[ing] even at a [temperature of] minus 20 
    degrees Centigrade.

    Back in those days, I did not feel that the Serbs were humans like us, and 
    that they were someone's fathers, brothers, children... No, we did not 
    kill children, except for Suljic, he killed Alexandra Zec. According to my 
    estimates, at the (Pakrac) Field, altogether about 280 people were 
    murdered and that [number] would include about 10 women. Except for Marina 
    Nuic, I remember a woman named Nada from Kusonje who was infiltrated among 
    us. There was also an old woman in whose house a sniper had been found. 
    Except for that old woman, all the other women were raped and then killed. 
    That is the truth.

    THE MURDER OF THE ZEC FAMILY

    I don't understand one thing - how come the Zec family consisted of
    harismatic people? It is known that Mihajlo Zec worked for the enemies, 
    the Serbs, although he was a member of HDZ (Franjo Tudjman's rulling 
    party, the Croatian Democratic Union) and tried to help the Croatian Army. 
    The fact remains that we guarded the intersections in the Dobrovac village 
    near Lipik, and so we learned that Milorad Zec, Mihajlo's brother, comes 
    home to sleep every night from Subotska (Subotica? - a town in Serbia?). 
    And so one night we waited for him in his home in Dobrovac.

    We could discuss the "operative processing" of a person, but there are no
    secrets there - beatings, harrassments, forced confessions, in any way
    possible. It was then that he told us about his brother Mihajlo - what he
    was doing and for whom.

    Upon my arrival to Zagreb, I gave the order for the detention of Mihajlo
    Zec, and I received that order from Tomislav Merčep. Mihajlo Zec was more
    valuable to us alive, than dead. But, the group that was to take Zec in for
    questioning, was joined by Munib Suljic, on his own will and not on anyone's
    order, who was high and drunk that night. I told Sinisa Rimac that only
    in the case of resistance should he murder Mihajlo. He tried to escape,
    Rimac let him (although I do not get it - how can a young man, 19 years old,
    not catch up with a [much older -- PT] man and overpower him, but, okay, 
    maybe it all happened in a second), and then Mihajlo was shot.

    Then, out of a blue van with no licence plates, because we detained people
    in Zagreb in unmarked uniforms and vehicles, came Munib Suljic, who returned
    to get little Alexandra and Mrs. Zec. He took them to the Panorama Hotel,
    then to Sljeme, where he murdered them.

    A few days ago, the Nacional published Suljic's denial. He claimed that he
    had never committed that murder. The truth is that Suljic, upon being
    arrested, had told the whole story, and the whole confession - he went with
    the police investigators from Djordjiceva Street to Sljeme and he
    finger-pointed at the graves. Then he admitted that he had done it. The
    saddest thing is that he threatened Nebojsa-Hodak-Cena, Igor Mikula, Sinisa
    Rimac and the little Snjezana Zivkovic from Gospic, and he made Mikula fire
    20 bullets into little Alexandra and Mrs. Zec. Just to make sure. And then
    he made those men bury the bodies. That was their role in the affair. Rimac
    confessed during the investigation: "I killed Mihajlo Zec, and do not get me
    involved with anything else". This is the truth. Today, Mihajlo Zec is being
    made into some kind of hero, and people say that he died for no good 
    reason, and I often wonder, if I were making some newspaper, I would write 
    more about Marina Nuic, because she died for nothing and was innocent.

    GIVING THE ORDERS

    I would deny the words of Ivan Vekic in the latest edition of the Feral
    Tribune. He is lying, he knew it all. I could tell him how many orders our
    Unit had received from him. He would say: "I am demanding from you to make
    this happen... and this... and this..." We would never return without
    accomplishing the tasks, that being, most of the time, murders. His order
    was to murder Milos Ivosevic, and because of him the only Serb who survived
    the (Pakrac) Field was also to be murdered - Stefan Brajanovic. I repeat,
    Ivan Vekic knew it all.

    I have spent in prison from the 2nd (of January?) to the 30th (of April?) 
    1992. It was so sad for me when Croatia was recognized on the 15th of 
    (January?) and I was at the Remetinec prison. We were released when Sheks 
    became public prosecutor, but we were let go in 2 groups. Mikula, Hodak, 
    Snjezana Zivkovic, Suljic and Rimac stayed about 40 days longer in prison 
    because of [the murder of] the Zec family. The first month in prison was 
    cruel. No, nobody could touch us, because, had there been any physical 
    torture against us, the police building at Djordjiceva Street would not 
    exist. Merčep had big influence, he organized our defence, and also Ivan 
    Vekic, who today says a lot of nonsense. In those days, he was on our 
    side. Maybe I have mentioned this before, but I repeat that investigating 
    judges Jovanovic and Horvatinovic were okay and were not interested in 
    details.

    I am a big [religious] believer. I hold on my hand the ring from 
    Medjugorje (the place of worship in Croatia where it is believed that the 
    Mother of God appears every once in a while). God forgives everything to a 
    point. I think I have thus far been punished enough for everything that I 
    have committed. My life's satisfaction would be for my children's 
    existence, because I know very well what will happen to me after this 
    story, so I would just like someone to look after my children. I really 
    have a wonderful marriage and a wonderful family, two wonderful little 
    children. My wife knows about everything that I had done, because this is 
    the only way we can (continue to) live together.

    I do not feel better now that I have told you everything. I am afraid 
    [from the former members] of my Unit. These are all experienced 
    professionals, who do not miss often. And I know that I won't escape the 
    Hague Tribunal.

    * ________________________________________

    The testimony that you have just read is that of Miro Bajramovic, Tomislav
    Merčep's deputy, and is about the crimes of Croatian policemen and
    paramilitary units against the Serbian civilians. At the time the depicted
    events took place, the secessionist Croatia was still part of the legal and
    recognized entity of Yugoslavia.

    Most Western media have, in some way of another, reported about this. But,
    the Swedish media refused to make one word of this public. Swedish TV News,
    "Aktuellt", had refused to even mention a single word of this planned murder
    of innocent Serbian civilians in Croatia. The murder was planned by the top
    of the tops of the Croatian authority system.

    Website: http://www.bannerofliberty.com


    === 2 ===



    L'articolo che segue è stato pubblicato sul numero di novembre 1997 della rivista Nuova Unità


    CRIMINI E PULIZIA ETNICA IN CROAZIA
    Ecco come massacravamo i civili serbi

    Miro Bajramovic, ex-vicecomandante dell'unità paramilitare di Tomislav Merčep denominata "Pioggie d'autunno", testimonia dei crimini commessi da lui e dai suoi commilitoni nel 1991 a Pakrac, Gospic, Zagabria, Slano (vicino a Dubrovnik). La sua confessione, apparsa recentemente su Feral Tribune (1/9/1997) di Spalato ha smosso le acque della palude croata. Ne riportiamo qui alcuni stralci.

    Ecco quanto dichiara Bajramovic, classe 1957, nato a Zenica in Bosnia-Erzegovina e giunto a Zagabria, dove si è impegnato nell'industria "Rade Koncar" ed ha avuto così la possibilità di laurearsi in ingegneria: «L'ordine era di ridurre il numero dei serbi! Io personalmente ho ammazzato 72 persone (a Pakračka Poljana), tra cui 9 donne. Non facevamo nessuna distinzione, non chiedevamo nulla. Loro per noi erano cetnici e nemici. Fu difficile compiere il primo passo, cioè bruciare la prima casa ed ammazzare la prima persona. Poi tutto "va da se'"... Conosco i nomi e cognomi di tutte le persone che ho ucciso...»Continua poi nella descrizione della "lavorazione" dei prigionieri a Pakračka Poljana (la piana di Pakrac): « I prigionieri li tenevamo nello scantinato della scuola. Per loro i peggiori momenti erano le notti, quando li "lavoravamo", il che significa cercare i peggiori metodi per farli soffrire. Sapete qual è il metodo migliore? Bruciare il prigioniero con la bombola a gas e poi cospargerlo con l'aceto. Questo lo si fa particolarmente sui genitali e sul viso. Poi un altro metodo era utilizzando l'induttore del telefono da campo. Si tratta di corrente continua che non uccide, ma fa un brutto effetto... [qualcosa di simile raccontava un militare italiano in Somalia, ndt.]. Si inserisce il conduttore sul serbo e gli chiedi da dove viene. Lui risponde: "Da Dvor, sul fiume Una". Poi tu chiami Dvor... Oppure ai prigionieri infilavamo un grosso cavo nel sedere, lasciandoli così per ore, così non potevano sedersi... Io non torturavo i prigionieri, li interrogavo soltanto, ma c'erano di quelli che godevano in questo sadismo, come per esempio Munib Suljic [nome musulmano, ndt.]...»
    Bajramovic descrive poi l'uccisione della famiglia Zec a Zagabria, padre, madre e figlia (accusa già mossa all'epoca ma insabbiata dall'allora Ministro della Giustizia Seks) e di alcuni croati, tra cui Marina Nuic, accusata di voler attentare addirittura alla vita di Merčep. «Marina era una bellissima ragazza, dai capelli neri. È stata torturata e stuprata da Munib Suljic e poi uccisa. Mi disse soltanto: "Miro, fa' che mi uccidano subito". Io posso indicare dove è stata sepolta, neanche i suoi genitori finora lo sanno. È sepolta nel luogo che si chiama Janja Lipa, vicino alla piana di Pakrac. Vorrei incontrare i suoi genitori perchè anch'io sono padre e vorrei sempre sapere tutto di mia figlia... Andammo a Slano e lì liquidammo 13 serbi. Io ne ho uccisi otto...
    [Nota del traduttore: Slano è una località vicino Dubrovnik e, come in tutte le località dei dintorni, le squadracce facevano razzie e distruzioni. Quando giunse quella che era ancora l'Armata Popolare, le squadracce si rintanarono nella città di Dubrovnik. I media ce li presentavano come i difensori della città accerchiata e "bombardata" dall'Armata. Con tutti quei "bombardamenti" doveva essere stata rasa al suolo. Ha visto qualcosa di queste distruzioni l'ex-Ministro Sig.ra Boniver? Sapeva lei chi fossero i cittadini condotti al di fuori della città e imbarcati sulla stessa nave con la quale lei era arrivata?! Abbiamo letto, non io personalmente, delle sue "lacrime di coccodrillo" versate nel libro su Dubrovnik da lei pubblicato.
    Prosegue il racconto di Bajramovic:] ...Tomislav Merčep era il comandante. Lui non era presente alle esecuzioni, ma leggeva tutti i nostri rapporti. Una volta disse: "Pulite stasera tutta 'sta merda", il che significava trucidare i prigionieri... Io sono un grande credente, porto sulla mano l'anello-rosario di Medjugorije [un altro dei luoghi dell'Erzegovina tristemente noto ai serbi nella Guerra di Liberazione, dove "apparve" negli anni '80 la Madonna - ndt.]. Iddio perdona tutto, ma fino ad un certo limite [il nostro è stato condannato ad alcuni mesi di carcere per la sparizione dei soldi sottratti ai serbi e non consegnati ai "capi" per l'acquisto delle armi; oppure pensa alla malattia che lo sta uccidendo? - ndt.] Credo di essere stato punito abbastanza per quello che ho fatto... Cerco lavoro, uno qualunque, anche come manovale... Sarei soddisfatto se ai miei bambini fosse assicurata l'esistenza. Anche i miei figli mangiano, come quelli di Merčep, che ha due appartamenti a Zagabria e una casa sull'isola di Brac, o il Suljic, che possiede ristoranti in Croazia...
    [Richiamiamo l'attenzione del lettore sull'articolo "L'isola delle tenebre", a proposito dell'isola di Brac, pubblicato da Nuova Unita' all'inizio del 1997 - ndt.]
    Ho molto riflettuto su quello che ho detto, pensando che questo Stato si ricorderà di me. Spero che il Presidente Tudjman, dopo la mia confessione, mi chiami e mi chieda: "Perchè tutto questo?". Gli dirò: "Soltanto per i miei figli" (...)»

    La confessione di Bajramovic non è soltanto un'autodifesa per i crimini commessi sui civili, "ma anche un atto d'accusa contro le alte sfere della politica croata, Tudjman incluso, che prima hanno ordinato la pulizia etnica e poi hanno protetto gli esecutori". Appunto per questo non sono mancate le polemiche, le solite difese, con frasi tipo: "Io non lo conosco... Il Bajramovic è un ubriacone..." e varie controaccuse tra i politici stessi:
    Josip Boljkovac, allora Ministro degli Interni, che già nel 1990 complottava contro l'Armata Popolare e che, sugli avvenimenti di Pakrac, dice: "citare il mio nome è un lapsus";
    l'Unione dei Combattenti Volontari Croati: "Quella testimonianza è una grande menzogna";
    la corte del Tribunale: "ci sono motivi di dubitare che alcuni crimini sano stati commessi";
    Ivan Stajduhar, capo della polizia di Karlovac (altra città croata assai ben "ripulita"), su Merčep: "Mi offriva il suo aiuto, ma l'ho respinto";
    il Capo Gabinetto del Presidente Tudjman, e suo collaboratore, attaccato da Merčep sulla rivista "Globus" e da questi definito "criminale": "L'attacco di Merčep lo ritengo un attacco alla mia persona come politico e collaboratore del Presidente".


    Cosa ne pensa Tomislav Merčep?
    La sua replica alle accuse si potrebbe dedurre anche solo da una frase detta in tivu': "Risponderemo in un modo che potrà anche non essere legale... Non deve più succedere che anche l'ultimo ubriacone accusi lo Stato croato e la gente che ha sofferto per preservarlo..." e attaccando direttamente Sarinic: "Il portavoce del Presidente cerca di distruggermi politicamente. Sono una persona civile che vuole dimostrare la verità, ma ora il bicchiere ha traboccato e non sopporterò più le insinuazioni... I volontari croati non sopporteranno più le umiliazioni... Ogni uomo che ha partecipato alla difesa della Croazia è un mio amico, e aiuterò ognuno di loro fino all'ultima goccia del mio sangue, anche quando non hanno ragione... Possono processarmi [in Croazia, ndt.], ma non condannarmi... Processato è stato d'altronde anche Gesù Cristo, no?..."

    Vogliamo ricordare ai lettori di Nuova Unità che, nel tentativo di mostrare le verità anche "dall'altra parte", distribuivamo articoli o dispacci come quello della Sicurezza dello Stato Croato, inviato allo stesso Presidente Tudjman e altri capi di partiti, sul ritiro di Merčep da Vukovar, la cosiddetta "Stalingrado croata", per le malefatte e la "pulizia" che lì si stava svolgendo. Tutti dimostrarono scarso interesse per queste verità.
    Ne aveva scritto qualcosa Il Piccolo di Trieste, nell'articolo "Balcani, l'ultima: minaccia di morte la moglie di un giornalista di Zagabria [che scriveva sull'uccisione della famiglia Zec, ndt.] - Stragi e prodezze del rude deputato Merčep (...) Ci risiamo con Tomislav Merčep, deputato alla Camera delle regioni del Sabor, e fortemente sospettato di essere al centro di numerosi delitti contro la popolazione civile, specie di etnia serba, perpetrati in Lika, Slavonia e altre località..."
    Ricordiamo anche ai funzionari della RAI il filmato di Milena Gabanelli su Mixer, riguardo le stragi di Vukovar, giornalista-reporter allontanata poi per lunghi anni dalla televisione.
    E Tudjman? Ora è preoccupato a preparare la sua successione, giacchè anche il suo braccio destro, il Ministro Susak, non gode di ottima salute. Ogni tanto gli viene indirizzata qualche sgridata dal "gendarme del mondo" perchè non collabora con il Tribunale dell'Aja, o qualche minaccia di restrizioni economiche, oppure di esclusione da varie organizzazioni appena nate (SI SA contro chi) e così via... Però tutto rimane lì. Non dimentichiamo che "Dio è con i croati" o "Gott mit uns"... con la benedizione del Vaticano.

    Un esame critico, uno dei migliori o forse anche l'unico, è di Jelena Lovric, nell'editoriale su Glas Istre - Novi List del 9 settembre scorso:
    «La Croazia si è trovata la prima volta faccia a faccia con i propri crimini. Credula nella sua difesa pulita, convinta che i suoi croati non possono commettere dei crimini. Bajramovic ha costretto la Croazia a confrontarsi con la verità. Finora, anche quando i croati erano invitati a presentarsi davanti al Tribunale dell'Aja, venivano proclamati eroi nazionali e dichiarati difensori della causa giusta. Qui non c'è nessun eroismo. Il crimine commesso è chiaro, sporco e crudele... Il racconto è raccapricciante perchè Bajramovic, provenendo dalle viscere del male, non dimostra nessun pentimento per aver ammazzato alcune decine di persone. Lui è principalmente amareggiato perchè con le sue azioni non si è arricchito come gli altri, non ha ottenuto materialmente niente. La testimonianza di Bajramovic riguarda ogni croato. Essa è lo specchio della Croazia, la Croazia che taceva e che, di nuovo, deve vergognarsi del suo silenzio. Esterrefatti dal racconto di Bajramovic, ora tutti insieme - il governo, l'opposizione, i media - reciteranno la parte di quelli che non sapevano niente di tutto ciò.
    Della liquidazione dei serbi di Croazia non sapevano nulla solo coloro che non volevano sapere.»

    Abbiamo voluto sottolineare alcune date, località e nomi proprio per ricordare, per l'ennesima volta: tutto quello che è successo e succede su quei territori non è forse un revanscismo di quelle stesse forze reazionarie, locali e straniere, che hanno voluto sottomettere un intero popolo e distruggere la Jugoslavia socialista?! Su questo ritorneremo in uno dei prossimi articoli. Qui ricordiamo soltanto e ancora una volta alcuni momenti raccapriccianti: la foto del 1942, scattata vicino a Banja Luka, in Bosnia. Ci sono gli ustascia croati e, tra di loro, un musulmano, che tengono in mano la testa mozzata di un serbo; e la foto del 1992, sempre in Bosnia, dove un mujahedin espone il suo macabro "trofeo", la testa di un serbo. Ed ora, in questo racconto... la storia si ripete.

    Ivan Pavicevac (Roma, 23 settembre 1997)

    ---

    NOTE del CRJ:

    Tomislav Merčep è stato dal 1990 uno dei personaggi meno presentabili del partito di governo HDZ. Plenipotenziario dell'HDZ per la zona di Vukovar, già due mesi e mezzo prima della salita al potere di questo partito, il 24 marzo 1990, sotto il suo comando veniva costituita la futura 204a Brigata della Guardia Nazionale Croata (GNC). All'interno della Brigata, che comprenderà anche soldati mercenari stranieri, all'inizio del 1991 viene costituito un "Gruppo per le liquidazioni silenziose".
    Prima vittima di questo gruppo fu Zeljko Ostojic, che pochi mesi prima aveva rivelato ai servizi segreti federali l'esistenza di gruppi paramilitari come questo e dei loro piani per l'epurazione etnica della Slavonia Orientale, cioè della zona che comprende anche Vukovar. Il 21 gennaio Ostojic viene ucciso nel suo appartamento a Borovo Naselje, un sobborgo di Vukovar.
    Ostojic aveva avuto un ruolo importante nella produzione di una videocassetta che documentava l'importazione illegale di armi dall'Ungheria per armare le truppe della GNC, operazione guidata dal futuro Ministro della Difesa croato Martin Spegelj. La videocassetta fu trasmessa dalla televisione della Serbia mezz'ora prima che Ostojic venisse fatto fuori.
    La fortuna politica di Merčep, dunque, nasce in concomitanza con i fatti di Vukovar. Ritenuto un eroe della battaglia di Vukovar, Merčep è stato a lungo deputato dell'HDZ nel parlamento croato (Sabor).
    [fonte: Il dramma bellico di Vukovar di D. Vilic e B. Todorovic, ed. Ministero dell'Informazione della Repubblica di Serbia, Belgrado 1995]

    La vicenda di Milena Gabanelli è raccontata dalla stessa protagonista nel libro La sconfitta dei media, di Marco Guidi - ed. Baskerville, Bologna 1993.

    '); //-->


    === 3 ===

    [Ucciso nel 1991 a Sisak, gettato nel fiume Sava, il corpo trovato dopo 6 mesi nel Danubio vicino a Smederevo, infine sepolto dalla famiglia nel 2008. Una delle tante storie dei serbi uccisi in Croazia...]

    http://www.novossti.com/2010/12/ubijen-kod-siska-naden-kraj-kovina/

    Ubijen kod Siska, nađen kraj Kovina

    Broj 573

    Tagovi: Milan CvetojevićSisakubojstva

    Datum objave: 10.12.2010. Piše: Mirna Jasić


    Mošćenica kod Siska, topao dan 19. septembra 1991. Milan Cvetojević radi u dvorištu porodične kuće. Tri osobe, odjevene u maskirne uniforme bez oznaka, gologlave, s pištoljima za opasačima, dolaze po njega i odvode ga na obalu Save, u obližnju Hrastelnicu, gdje ga ubijaju mecima u potiljak.

    Ubojstvo Milana Cvetojevića tek je jedna od nekoliko stotina sisačkih ratnih priča u kojoj počinitelji nisu odgovarali. Sve sudske instance u Hrvatskoj presudile su da je taj slučaj zastario jer se ne vodi kao ratni zločin i da porodica žrtve ne može dobiti odštetu; dok čekaju odluku suda iz Strasbourga, razmišljaju kako će platiti 30.800 kuna sudskih troškova.

    “Vi ste odveli tatu!”

    Milan je rođen 1935. u Donjem Javornju kod Dvora. Bravarski zanat izučio je u Sisku, nakon čega se zaposlio u Željezari, pa 1963. prešao u Rafineriju i doškolovao se za visokokvalificiranog majstora energetskih postrojenja. U penziju je otišao 1991, samo dva mjeseca prije no što će ga brutalno ubiti. Nakon vjenčanja s voljenom Miljom iz Velikog Gradca, živio je u Mošćenici u porodičnoj kući koju je sam izgradio. Život su im uljepšale kćeri Snježana i Svjetlana. Bio je iznimno vrijedan čovjek, a prijatelji ga pamte kao velikog veseljaka. No, vedra mu narav nije pomogla da izbjegne lošu sudbinu. Toga dana, kad su ubojice upali u dvorište, supruga i kći nisu odmah shvatile što se zbiva. Upravo su doručkovale u kući.

    - Milan im je predao pištolj, za koji je imao urednu dozvolu. Mislile smo da će vojnici nakon toga otići, no kad smo vidjele da s njima sjeda u plavi “fiat 128″, pojurile smo iz kuće. Dok su dvojica otišla po susjeda Radu Crevara, mi smo onoga u maskirnoj uniformi koji je ostao s Milanom pokušale ubijediti da ga tu ispitaju. I nalog smo tražile, no bio je neumoljiv. Kazao je da ga odvode na informativni razgovor i da će se vratiti za sat-dva. Uspjela sam Milanu donijeti još samo lijek iz kuće. Tada sam ga zadnji put vidjela – sjeća se Milja Cvetojević.

    Sutradan, nakon neprospavane noći, Milja je već u sedam ujutro bila na policiji u Sisku, gdje su joj rekli kako njen suprug u policiju nije doveden. Nekoliko dana kasnije, Milja i Svjetlana u gradu su prepoznale jednog od “maskirnih”.

    - Vi ste odveli moga tatu! – rekla mu je Svjetlana, no on joj je odgovorio da se zabunila i otišao dalje.

    Popis odvedenih

    Tijekom višegodišnje potrage, Milja je prošla Sisak uzduž i poprijeko, prateći tragove na koje su je upućivali.

    - Bila sam i u komandi kod tržnice, gdje se smjestila garda. Pokazali su mi popise s imenima desetaka Srba koji su odvedeni, no Milanova među njima nije bilo. Često sam odlazila u policiju s fotografijama, no uvijek bez rezultata. Jednom me primio Vladimir Milanković, ali je kazao da ne zna za Milana. U više sam navrata tražila da me primi Đuro Brodarac, no do sastanka nikad nije došlo, iako sam se uredno prijavljivala i satima čekala. Jedan mi je Petrinjac ispred njegova ureda rekao da i ja odem u Krajinu. Bila sam i kod stare kasarne na obali Kupe. Molila sam vojnike da mi ga pokažu, da ga barem vidim ako je kod njih ili da mu bar dadu čistu odjeću koju sam ponijela. Ondje je doista bio zatočen neki Cvetojević, no to nije bio moj Milan – priča Milja.

    U februaru 1992. u gradu je srela susjeda Radu Crevara, koji je uspio pobjeći sa stratišta na obali Save. Prepričao joj je posljednje sate njezina muža: prvo su ih odvezli u Dom u Odri, a potom u Jodno u Sisku.

    - Nakon ispitivanja, još istoga dana, odvezli su ih na Savu. Prije smaknuća, dali su im cigarete. Shvativši što im se sprema, Rade je skočio u vodu i pritajio se u grmlju. Milan nije znao plivati, otimao se, ali je ustrijeljen s četiri metka u potiljak. Ubojice su mislili da se Crevar utopio, no on je drugi dan preko poznanika dospio do Đure Brodarca. S obzirom na to da su se znali od ranije, Brodarac mu je savjetovao da se ne vraća kući u Mošćenicu i da se pritaji kod kćeri u Sisku – govori Milja.

    Sudbinu muževa tijela doznala je tek nakon rata, kad joj je netko od povratnika u poštanski sandučić stavio list “Pančevac”, u kojem je pisalo da je na obali Dunava kod Kovina nedaleko Smedereva, šest mjeseci nakon ubojstva, pronađeno tijelo Milana Cvetojevića.

    Sahranjen tek 2008.

    - Otišla sam u Kovin i pronašla grob, među visokom travom bio je postavljen stupić s imenom. Dala sam napraviti betonsku grobnicu. Redovito sam posjećivala Milanov grob do ekshumacije. Na prepoznavanje je išlo nas 11 porodica, čiji su bližnji zakopani u grobove u Kovinu. Na fotografijama sam prepoznala muževu odjeću i obuću. Milan je, konačno, mir pronašao 8. septembra 2008. godine, kad smo ga sahranili na pravoslavnom groblju Sv. Nikole u Petrinji – kaže Milja.

    Zagrebački odvjetnik Luka Šušak podigao je 2005. godine u ime Milje i njenih kćeri  tužbu protiv Republike Hrvatske, tražeći odštetu zbog smrti Milana Cvetojevića. Sudovi u Petrinji i Sisku odbili su tužbu s obrazloženjem da je “zahtjev za naknadu štete zastario”. Presude je potvrdio Vrhovni sud, a Ustavni je ocijenio da “podnositeljicama tužbe nisu povrijeđena ustavna prava”. Majka i kćeri nadaju se da će pravdu uspjeti izboriti na Evropskom sudu za ljudska prava. Dotad skupljaju opomene zbog neplaćanja sudskih troškova: ne plate li ih uskoro, slijedi im ovrha.

    - Milanovo ubojstvo je ratni zločin, a ratni zločin nikad ne zastarijeva. No sudovi ubojstvo mog muža nisu tako okvalificirali, jer su počinitelji nepoznati. Dosad još nitko nije osuđen za ratne zločine u Sisku, pa takve slučajeve prebacuju u one koji zastarijevaju, kao da nam žele poručiti: “Ubili smo ga, sada nam još platite za to” – zaključuje Milja Cvetojević.


    === 4 ===


    na srpskohrvatskom: Zašto Tomislav Merčep nikada nije procesuiran? (novossti.com, januar 2010.)


    ---

    Perché Tomislav Merčep non fu mai processato?

    http://www.novossti.com/
    Numero 526


    15.01.2010. 
    Saša Kosanović


    Molto tempo fa, quando lo incontrai per la prima volta, l'allora comunista Milan Bandić era una persona semplice e diretta e questo mi ha impressionato. Ora è una brutta cosa quando qualcuno divide i croati in rossi e neri, questo è inaccettabile, dobbiamo ripristinare la dignità del popolo croato sostenendo il candidato presidenziale Milan-centofacce-Bandic: questo ha detto, rimanendo in piedi, Tomislav Merčep, l'uomo che è diventato un simbolo dei crimini di guerra in Croazia, ma anche un simbolo del rapporto della giustizia croata con i crimini di guerra in generale. Dei Croati.

    In molti hanno scritto nei giorni scorsi della comparsa di Milan Bandic in compagnia di un uomo che ha segnato con il sangue di tante persone tutti i luoghi in cui ha messo piede durante la Guerra patriottica, un uomo per cui l'elenco delle vittime delle azioni dei suoi commilitoni è superato in lunghezza solamente dall'elenco dei funzionari di ogni rango del HDZ, della polizia e dell'esercito croato (HV), che ripulivano quelle tracce di sangue dopo il suo passaggio, presumibilmente per preservare la facciata della famosa Guerra patriottica o per confermare il mantra secondo cui "in una guerra di difesa non c'è nessun crimine di guerra", ovvero quello ancora migliore secondo cui bisogna fare distinzione "tra crimine di guerra e crimine di guerra".


    L'uomo del candidato


    Perché Tomislav Merčep è ancora in libertà? Perché Tomislav Merčep, dopo gli eventi di Vukovar, si trova tuttora [gennaio 2010] in libertà? Perché Tomislav Merčep, dopo l'uccisione della famiglia Zec, si trova ancora in libertà? Perché Tomislav Merčep, dopo gli eventi accaduti a Gospic, si trova tuttora in libertà? Perché Tomislav Merčep, dopo gli eventi accaduti a Pakračka Poljana, si trova tuttora in libertà?

    La risposta a tali quesiti è nota solo a Milan il Veggente, perché la risposta a queste domande non può essere normale. Non può essere normale che un uomo che era là dove è stato fatto, ed ha fatto, ciò che ha fatto, continui ancora a ridere in faccia alle vittime, alla giustizia, a tutte le persone normali in questo paese. Non può essere normale che un uomo simile si faccia vedere in compagnia dei candidati presidenziali. In realtà, questo può essere normale se il candidato è Milos Bandic, un eclettico; se il suo consigliere di difesa è un tale Miro Laco, il padrino del criminale di guerra Mirko Norac, che vive in un appartamento conferitogli da una certo comitato di Susak, la cui specialità era il saccheggio delle abitazioni militari... Allora si, gli può dare sostegno anche uno come Merčep.

    La carriera del Presidente dell'Associazione dei volontari croati della Guerra patriottica, Tomislav Merčep, cinicamente assomiglia a tante altre carriere di quegli anni. Egli, infatti, prima della guerra era sconosciuto. Non si può dire che sia stato uno sconosciuto assoluto, ma non si può neanche dire che fosse un qualcuno. Era, insomma, un uomo mediocre che viveva in un villaggio vicino a Vukovar, e guidava la Renault 4. Era  l'ingegnere edile a capo di un certo cantiere per una ditta di costruzioni. Poi venne la guerra e con essa l'opportunità che quei centimetri, che madre natura gli aveva negato, si compensassero con il grande potere che gli derivava dalla mansione che svolgeva alla vigilia del Grande Massacro: presidente dell' HDZ Vukovar, il signor Tomislav Merčep. Figlio mio, nientemeno, e cosa vuoi di più!

    Non è difficile immaginarsi Merčep che ogni mattina, preparandosi per il lavoro e guardandosi allo specchio, si va ripetendo: "Il presidente dell' HDZ di Vukovar, Tomislav Merčep!" E poi, così piccino, si solleva sulle punte dei piedi per sembrare più alto, fino a rendersi conto che è adesso il più grande in circolazione ...

    E' diventato ancora più grande da quando si è convinto di poter fare quello che vuole e nessuno gli si è potuto opporre perché lo ha protetto il partito. Poi è iniziata le barbarie. Naturalmente, gli obiettivi principali erano i serbi, e i croati ribelli, così come mezzo secolo prima. Dapprima ci fu il saccheggio. Prima hanno attaccato i serbi ricchi e le loro proprietà.


    Con dinamite industriale, micce, cartucce...


    Merčep, come ha scritto in seguito "Feral Tribune", prese da una cava 500 kg di dinamite, dieci metri di micce a combustione lenta, mille metri di cavi di detonazione e 200 capsule di innesco. "Feral" ha pubblicato documenti che dimostrano che a rifornirlo di dinamite era Branimir Glavas che, a differenza di lui, oggi è un criminale di guerra condannato.

    "Inviami 50 chili di salame e la quantità più grande che puoi di capsule", scriveva in un'occasione all'amico Branimir Tomica, visto che a Vukovar il numero di case serbe e negozi che dovevano essere minati superava di gran lunga la quantità di dinamite a disposizione. In quell'epoca "eroica", che la storiografia ufficiale nazionale omette come se non fosse mai accaduta, sono stati uccisi decine di cittadini di nazionalità serba. Secondo alcune fonti, il bilancio delle vittime si esprimeva con numeri a tre cifre. E' stato un tempo in cui i leader di SDS e HDZ non lasciavano niente al caso, perché doveva essere la guerra...

    E' incredibile, ma sui crimini del "Napoleone di Vukovar", come i media guerrafondai chiamavano Merčep, si è saputo fino a Zagabria. In particolare ha fatto scalpore la lettera di un commissario del governo per Vukovar, Marin Bilog Vidic, che il 18 ottobre 1991 scrive al Presidente Tudjman e al primo ministro Francesco Greguric di come Merčep si fosse circondato di oscura gentaglia ed ex-criminali, che seminavano il terrore nella città, conducendo serbi noti e benestanti agli interrogatori presso la Segreteria della Difesa Nazionale, il cui capo nel frattempo diventava Merčep. Dopo gli interrogatori molti sparivano, e si sussurrava di cadaveri che galleggiavano nel Danubio - così era scritto nella lettera.

    "Non per dire che a Vukovar non galleggiasse proprio nessun cadavere, ma erano meno di quanti avrebbero potuto essere", dirà più tardi Merčep, forse aspettandosi la gratitudine dai parenti dei serbi sopravvissuti... Pare che lo stesso Blago Zadro, che protesse molti serbi durante i più feroci combattimenti a Vukovar, una volta arrestò Merčep e alcuni dei suoi militi. Purtroppo, dopo un colloquio telefonico con Josip, Merčep fu rilasciato. Alla fine lo arrestò di nuovo il controverso membro della Polizia Ferdinand Jukic, che lo condusse via da Vukovar, nascosto nel bagagliaio dell'automobile e portato a Zagabria. Si ritiene che Tomica abbia preso un po' troppo sul serio il suo evidente ruolo da guerrafondaio.


    Il terrore dell' "autore ignoto"


    Naturalmente, né Franjo Tudjman né la sua mano destra Gojko Susak hanno pensato di arrestare Merčep. Infatti è stato promosso consigliere del Ministro degli Affari Interni Ivan Vekic. Sicuramente i consigli di Merčep erano preziosi perché l' "autore ignoto" che imperversava allora in tutta la Croazia, seminava il terrore tra i serbi, facendo saltare in aria le loro proprietà, licenziando e sfrattando, uccidendo e umiliando la gente, costringendoli a fuggire dal proprio paese. A quel tempo Merčep alla Fiera di Zagabria costituisce una sua propria unità, con la quale si reca sul campo di battaglia della Slavonia occidentale. Più precisamente, non solo sul campo di battaglia, ma accanto al campo di battaglia, nei villaggi vicino a Pakrac. Il terrore che hanno instaurato tra i serbi è stato descritto solo in parte nel processo a Sinisa Rimac e ad alcuni camerati di Merčep che sono stati poi condannati per diversi omicidi.

    In quanti siano morti a Pakračka Poljana ancora non si sa. E' noto soltanto che attraverso le camere di tortura nella regione sono stati fatti passare tanti serbi, provenienti da Zagabria e Pakrac - dapprima saccheggiati, di molti di loro si perdono poi le tracce. In una delle azioni ordinarie dei soldati di Merčep - Sinisa Rimac, Munib SuljicIgor Mikola e Nebojsa Hodak - nel 1991 è morta anche la famiglia del macellaio zagabrese Mihajlo Zec. Il ricco macellaio Zec è stato rapinato e ucciso nella sua casa a Trešnjevka; sua moglie e la figlia di 12 anni, Alessandra, sono state portate sul monte Sljeme, fucilate e sepolte. Questo crimine è stato presto scoperto, e di più disgustoso c'è soltanto il modo in cui gli assassini sono stati tutti rimessi in libertà. Il ruolo principale in questa vergogna giudiziaria, senza precedenti rispetto alla già forte... concorrenza nel sistema giudiziario croato, che ancora si ricorda delle istruzioni di Milan Vukovic, lo ha svolto Vladimir Seks, Pubblico ministero dell'epoca. Li ha rilasciati a causa di errori procedurali, perché pare siano stati interrogati senza la presenza di un avvocato!

    "Ci sarà bisogno di voi ragazzi" ha detto Franjo Tudjman ai camerati di Merčep dopo il loro rilascio. La morte ha impedito a Tudjman di recarsi all'Aia, dove avrebbe dovuto un pochino chiarire questa ed altre sue simili dichiarazioni.


    Appartamento a Zagabria, villetta, terreni...


    In quel 1991 eccezionalmente produttivo, Tomislav Merčep si recò a Gospic, città che aveva la sfortuna di essere al centro del territorio del gruppo di azione militare e intelligence, riunito intorno a Nikola Stedul, nonché di una organizzazione marginale ma pericolosissima: Il Movimento Croato per la Costituzione dello Stato. Non si è mai chiarito quale fosse la parte assegnata ai camerati di Merčep nei crimini commessi a Gospic - dal criminale Tihomir Oreskovic, e dall'allora 23enne cameriere di provincia Mirko Norac, che - almeno per quanto ne sa l'autore di queste righe - è noto per essere stato l'unico alto comandante militare ad essere giudicato colpevole di aver personalmente ucciso dei civili. Perchè fosse più grande il suo eroismo, Norac ha ucciso una donna, una madre, presa in una fila di decine di cittadini di Gospic, sparandole un colpo in testa. Sei anni dopo, un complice ne ha parlato. Miroslav Bajramovic, secondo la confessione fatta al giornalista di "Feral", non poteva sopportare la pressione psicologica che gli creava il fatto che Ivica Dikic, membro dell'unità di Merčep, avesse ucciso decine di civili. Dopo la sua scioccante confessione fu aperto il fascicolo contro alcuni ex-soldati di Merčep. Il nome di Tomislav Merčep, anche questa volta, non risultava; anche questo processo è finito con un fiasco - tutti sono stati assolti, nonostante la montagna di prove.

    Sette anni fa, i giornali croati brulicavano di informazioni su come le accuse dell'Aia contro Merčep fossero ormai pronte, e che era solo una questione di giorni perché arrivassero a Zagabria. Più tardi si disse che il suo caso era stato trasmesso al sistema giudiziario croato - in altre parole, gettato nel dimenticatoio.

    Nel frattempo, Tomislav Merčep vive la sua vita. Molto tempo fa ha lasciato l'HDZ, ed ha fondato un partito, il Partito popolare croato, nel 2000. Si è candidato per la presidenza. Ed ora riceve milioni di euro l'anno per la sua Associazione dei volontari. Questo convinto antifascista di famiglia partigiana, durante governo di Racan, partecipava ai banchetti nelle Giornate dell'Antifascismo. In un'intervista ha detto che a sua moglie regala i ciclamini. Quindi, vivacchia. Un appartamento a Zagabria, una casa nel Donji Dragonosac, un cottage in riva al mare, terreni a Lukovo Sugarje... Insomma, non manca niente...

    Non si sa di che cosa abbia paura Tomislav Merčep. Una cosa è certa: non ha paura che la Procura della Repubblica lo citi in giudizio per i crimini di guerra che lui avrebbe ordinato, che sarebbero stati commessi dai cani da guerra di cui si era attorniato. E

    (Message over 64 KB, truncated)