Informazione


L'ULTIMA SUI CARABINIERI

12 mar - Per i Carabinieri Fiume non fu mai italiana   
Nonostante le rassicurazioni, le conferme ed i controlli, l'Arma dei Carabinieri (indegnamente) c'è caduta di nuovo: Fiume, Pola e Zara non furono mai italiane e quindi nessun Esule può risultare nato in Italia. E' quanto si evince da un esposto presentatoci da Anna Rosa C, nata a Fiume nel 1937, recatasi alla stazione dei Carabinieri di La Storta (Roma) per denunciare il furto di alcuni documenti. L'Appuntato scelto è stato diplomaticamente malleabile: "vuole risultare nata in Jugoslavia (Serbia-Montenegro) o in Kosovo?" Alle rimostranze mosse dall'Esule fiumana, nessun esito positivo: o così o niente. Come spesso accade, l'Esule, presa quasi per un'immigrata (ma almeno non clandestina) si è guardata e riguardata quella carta d'identità dove risulta nata semplicemente a Fiume, ma che in tanti sembrano voler dolosamente ignorare. 
E pensare che già nell'ottobre 2008 la Prefettura di Bari, su pressione dell'ANVGD, aveva tirato le orecchie all'Arma per un caso simile ivi capitato, invitandola a provvedere in merito. Solo 4 mesi prima l'Arma aveva assicurato che stava facendo delle verifiche interne. Ma il fatto sfiora il paradosso se si pensa che addirittura il 10 dicembre 2007 il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri scrisse all'ANVGD assicurando che "il Sistema automatizzato per la ricezione delle denunce in uso all'Arma dei Carabinieri riconosce il nome italiano dei Comuni ceduti ad altri Stati a seguito del Trattato di Pace". E per essere sicuri che tale sistema funzionasse a pieno regime, il Comando specificò all'ANVGD che "sono state diffuse in ambito istituzionale specifiche indicazioni per utilizzare correttamente le funzioni offerte dal citato sistema automatizzato". 
Sconcertante, quindi, quanto capitato all'Esule fiumana, parimenti a quanto continua a capitare un po' dappertutto in Italia. L'ANVGD sta provvedendo a presentare un ulteriore esposto al Comando dell'Arma, senza escludere la possibilità di una segnalazione all'autorità giudiziaria per falso in atto pubblico e omissione d'atti d'ufficio.

Bollettino dell'associazione neoirredentista italiana ANVGD)



(italiano / srpskohrvatski)

Da: Živadin Jovanović

Oggetto: 65 godina od pobode nad fasizmom

Data: 18 marzo 2010 16:49:19 GMT+01:00


Živadin Jovanović
Predsednik Beogradskog foruma za svet ravnopravnih
Kneza Miloša 82
11000  Beograd
 
Tel. + 381 11 26 44 293

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APPELLO

Il 9 maggio di quest'anno si compiono i 65 anni dalla vittoria sul fascismo. Il manifestarsi dell'ideologia fascista e nazista ha lasciato conseguenze tragiche che superano le tragedie note nella storia della recente civilizzazione. Le cause di questo male non furono solo la natura genocida del fascismo e della sua ideologia, ma anche gli incomprensibili compromessi attuati durante la sua nascita e la sua crescita. L'insegnamento del trattato di Monaco del 1938 ha ancora un significato al giorno d'oggi, nonostante la distanza temporale. Nel mondo c'è una crisi mondiale simile a quella degli anni '30 del passato secolo. Le Nazioni Unite e l'ordine internazionale, le cui basi risalgono al 1945, sono minacciati in modo analogo a come lo fu la Società delle Nazioni, e si fanno passi verso la politica dell'arroganza agressiva, dell'egemonismo e della dominazione, che non lasciano presagire nulla di buono.
Tuttavia, a suo tempo il mondo desideroso di libertà ha trovato le forze per unificarsi e, a prezzo di enormi vittime, combattere e distruggere il male che stava minacciando il progresso e i valori basilari della civilizzazione.  La vittoria sul nazismo trae le sue radici dall'Europa contemporanea, dal mondo, dallo sviluppo democratico, economico, culturale della moderna civilizzazione. In tutto ciò si situa anche il grande contributo della Serbia, come parte dell'ex Stato unitario: la Jugoslavia. Partecipando a questa lotta dagli albori, il popolo serbo ha dato un enorme contributo alla difesa dell'Europa, al tracollo del fascismo e alla costruzione delle fondamenta di un mondo di pace, sicurezza e progresso. Il popolo serbo in questa lotta ha avuto un enorme numero di vittime, che sono state accresciute dal genocidio perpetrato nel campo di concentarmento di Jasenovac e Gradiska, passando per Auschwitz e Buchenwald,  fino a Mathausen e molti altri ancora.
Resteranno ricordo indelebile le folli esecuzioni di migliaia di civili, tra cui studenti e scolari, eseguite dagli occupanti fascisti e dagli aiutanti locali, a Kragujevac, Kraljevo, Novi Sad, Sabac e in molti altri luoghi della Serbia.
Tenendo conto di tutto questo, l'Unione serba dei combattenti nella guerra di Liberazione partigiana, il Forum di Belgrado per un mondo di eguali e il Club dei generali ed ammiragli dell'esercito serbo, ritengono che la Serbia come Stato, il popolo serbo e tutti i cittadini della Serbia hanno il dovere morale di festeggiare in modo organizzato e adeguato i 65 anni dalla vittoria delle forze alleate antifasciste sul nemico fascista. Sarebbe imperdonabile che per trascuratezza o incomprensione o per altri motivi si sminuisse il grande contributo della Serbia alla vittoria sul fascismo, per la libertà e il progresso dell'intera Europa.
Indirizziamo l'appello a tutte le istituzioni statali, dal Presidente, al Governo e al Parlamento, fino agli organi delle province autonome, locali e regionali, affinchè manifestino i loro programmi di festeggiamenti di questo significativo anniversario, in modo da celebrare questa grande data per la Serbia emancipatrice e per l'Europa in modo onorevole. La Serbia ha il dovere morale di conservare le sue tradizioni di emancipazione, in quanto esse sono parte del patrimonio europeo.
Indirizziamo l'appello agli storici, ai pubblicisti, ai media, perchè contrastino con tutte le forze il revisionismo dei fatti storici, per quanto riguarda le cause, le conseguenze e le responsabilità nella II Guerra mondiale, da un lato, e dall'altro per quanto riguarda i veri partecipanti alla lotta antifascista. Ci aspettiamo pertanto che i combattenti dell'Esercito di Liberazione e i reparti partigiani siano riconosciuti come gli UNICI alleati della coalizione antifascista, come i veri portatori della lotta antifascista e del patrimonio della vittoria.
Un rapporto  non limpido con l'unico movimento di liberazione, che eroicamente ha condotto una guerra quadriennale e ha ottenuto la vittoria sugli occupanti e i loro complici, rappresenterebbe un peccato imperdonabile verso le vittime e uno stravolgimento della storia, a danno del presente e del futuro della Serbia.
Chiediamo ai mezzi di comunicazione di seguire tutte le celebrazioni di questa ricorrenza molto importante.
 
Belgrado, 18 marzo 2010
Unione dei combattenti della lotta di Liberazioe della Serbia
Forum di Belgrado
Club di generali e degli ammiragli dell'Esercito della Serbia

(traduzione di T.B.)


Il giorno 18/mar/10, alle ore 17:31, Coord. Naz. per la Jugoslavia ha scritto:


Dal Forum di Belgrado giunge questo Appello in vista delle celebrazioni per il 65.mo anniversario della Liberazione.
Prego chi può di farci avere una traduzione o almeno una sintesi in italiano, hvala,
Andrea
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СУБНОР Србије
Београдски форум за свет равноправних
Клуб генерала и адмирала Војске Србије

А П Е Л
 
 
Деветог маја ове године се навршава 65 година од победе над фашизмом. Појава фашизма и нацистичке идеологије оставили су трагичне последице које надилазе све познате трагедије у историји новије цивилизације. Узроци том злу нису били само у геноцидној природи фашизма и његове идеологије, већ и у недопустивим узмицањима и неразумним компромисима чињеним у периоду његовог настајања и успона. Поуке Минхенског споразума из 1938.  имају пуно значење и данас, упркос временској дистанци од шест и по деценија. Свет је поново захватила светска криза слична оној из 30-тих година прошлог века, Уједињене нације и међународни правни поредак чије су основе постављене 1945. су озбиљно угрожени слично Друштву народа, а политици агресивне ароганције, доминације и хегемонизма чине се злослути уступци. 
Суочен са опасношћу пред којом се нашао, слободољубиви свет је, ипак,  смогао снаге да се заједнички, уз огромне жртве,  супротстави и уништи зло које је претило прогресу и основним цивилизацијским вредностима савременог човечанства. Победа над фашизмом и нацизмом уграђена је у темеље савремене Европе и света, у демократски, привредни и културни развој савремене цивилизације. У све то је уграђен и  велики допринос Србије, као дела бивше заједничке државе - Југославије.  Учествујући у тој борби од самог почетка, народ Србије је дао неизмерни допринос одбрани Европе, слому фашизма и изградњи основа мира, безбедности и напретка. У тој борби народ Србије је поднео огромне људске жртве које су увећане геноцидом извршеним над њим у конц-логорима од Јасеновца и Градишке, преко Аушвица и Бухенвалда до Матхаузена и многих других.  Остаће у неизбрисивом сећању безумне егзекуције хјиљада цивила, укључујући ђаке и студенте, које су фашистички окупатори и домаћи помагачи извршили  у Крагујевцу, Краљеву, Новом Саду, Шабцу и многим другим местима Србије.
Имајући све то у виду, Савез бораца Народно-ослободилачког рата Србије, Београдски форум за свет равноправних и Клуб генерала и адмирала Војске Србије истичу да  Србија као држава и српски народ и сви грађани Србије имају моралну обавезу да 9. маја ове године организовано и  достојанствено обележе 65-ту годишњицу победе савезничких анти-фашистичких снага над фашизмом. Било би неопростиво да се због небриге, несхватања или било којег другог раѕлога, умањује или замагљује огроман допринос Србије  победи над фашизмом, за слободу и напредак читаве Европе. 
Упућујемо апел свим државним институцијама, од Председника, Владе и и Народне скупштине, до органа аутономних покрајина, регионалне и локалне самоуправе, да благовремено утврде и објаве своје програме обележавања ове значајне  годишњице и да тај велики датум слободарске Србије, Европе, и света обележе достојанствено. Србија има моралну дужност да афирмише и чува своје слободарске традиције утолико пре што су оне нераздвојни део демократске и слбодарске баштине Европе. 
Упућујемо апел историчарима, публицистима и средствима јавног информисања да се супротставе свим покушајима извртања историјских чињеница о узроцима, последицама и одговорностима за Други светски рат, с једне стране, као и о истинским снагама борбе против фашизма, с друге стране. Очекујемо да се, без  замагљивања историјских догађаја, припадници Народоно-ослободилачке војске и партизанских одреда јасно  идентификују као једини савезници антифашистичке коалиције, као носиоци антифашистичке борбе и баштиници величанствене победе. Немушти однос према јединственом, народно-ослободилачком покрету који херојски водио четворогодишњу борбу за слободу и однео победу над окупатором и његовим помагачима, представљао би неопростив грех према жртвама и прекрајање историје на штету садашњости и будућности Србије. 
Позивамо средства јавног информисања да професионално пропрате све активности у обележавању ове веома значајне годишњице.

   

Београд, 18. 03. 2010.      
Савез бораца Народно-ослободилачког рата Србије 
Београдски форум за свет равноправних
Клуб генерала и адмирала Војске Србије

(italiano / srpskohrvatski)

Gli jugoslavi e Srebrenica

Insieme abbiamo combattuto, liberato e costruito la nuova Jugoslavia. Insieme l' abbiamo distrutta e ci siamo divisi. La criminale pulizia etnica è stata la caratteristica base di questa divisione. Le colpe di questo male e crimine contro i popoli e le nazionalità jugoslave sono evidenti. Testimonianza ne sono le tombe degli uccisi, le donne stuprate, le case e le chiese distrutte e saccheggiate, gli appartamenti espropriati, i profughi...
Si dice che "il crimine è individuale"! Si,"malo morgen" ["a domani", nel senso di "ne riparleremo"]. Il popolo  alle elezioni del 1990 ha portato al potere questi criminali, perciò è responsabile.  Ed ancora, più o meno dappertutto, li tengono al potere.
Gli Usa hanno ingaggiato i balisti [=nazionalisti, dal nome dell'organizzazione irredentista storica "Balli Kombetaer"] albanesi già dal 1989, e così hanno cominciato con la distruzione della Jugoslavia. I balisti non sarebbero stati capaci da soli in questa impresa, perciò il punto d' appoggio l' hanno spostato nella Slovenia, che li ha sostenuti ampiamente. La danza macabra perciò l' hanno iniziata gli sloveni di Rupnik con l' uccisione delle reclute militari della JNA [Armata Popolare della Jugoslavia] e con la  perfida cacciata dei "terroni" (serbi, rom, croati, albanesi).
Hanno continuato i croati. Loro avevano già tale esperienza della II Guerra mondiale. In  Bosnia ed Erzegovina è stato il peggio: massacravano e uccidevano sia i cetnizi filo-Draza [Mihajlovic, storico leader del movimento cetnico], sia i fascisti musulmani, che gli ustasa croati. Perciò in questa Repubblica è stato commesso il più grande delitto - a Srebrenica.
Il VMRO  ed i balisti in Macedonia si sono uniti al banchetto in ritardo, come pure i cetnizi seguaci di Djurisic in Montenegro, ma hanno fatto in tempo ad iscriversi all' albo dei criminali.
Soltanto i seguaci di Horty in Vojvodina sono stati assenti, avendo valutato che nella regione non ci sono le condizioni per ripetere il massacro di Novi Sad dei giorni di guerra del 1941- 1945.
I serbi hanno avuto sfortuna perchè la pulizia etnica non è stata effettuata soltanto dal partito al potere ma anche dall' opposizione che si voleva arraffare il potere. Primi nelle uccisioni si sono dimostrati i seguaci di Draskovic poi quelli di Arkan e di Seselj. Ce l' avevano con i musulmani, i croati, gli ungheresi, con la JNA in quanto "esercito antiserbo". I partiti DS e DSS che a loro modo si sono inseriti in questo trend etnico - Zoran Djindjic si faceva fotografare vicino a un bue arrostito e ai capi cetnizi serbi in Bosnia-Erzegovina, mentre Vojislav Kostunica sorridente teneva nelle mani eroiche un kalasnikov.
Dietro tutto a questo c'è una Europa di malaffare. Essa anche recentemente ha ordinato al governo serbo di emanare  una risoluzione di pentimento per Srebrenica, per poter così nascondere la sua propria colpevolezza e responsabilità nello spargimento di sangue in Jugoslavia, nel divampare di nuovo odio tra le nazionalità e di scontri tra di noi. Questo viene appoggiato anche dai protagonisti nazionali, dal monte Triglav al fiume Vardar. E si cerca di adossare tutto alla Serbia, concretamente al "sistema dittatoriale comunista" di Milosevic e a quello prima, di Tito, perchè la Serbia è ancora per diverse ragioni l' erede della RSF di Jugoslavia.
Cosi verrebbe la resa dei conti ideologica e politica con il socialismo e con la RSFJ: non c'è migliore dimostrazione del fatto che il capitalismo non è eterno e non è la fine della storia. Questo è un esempio chiaro di  anticomunismo e antijugoslavismo.
Il governo serbo, pronto a emanare questa risoluzione, dimostra quanto sia dipendente dell' UE. La motivazione per cui con questa risoluzione entreremmo a far parte della famiglia dei "popoli civilizzati" è ridicola. I numerosi delitti austriaci, tedeschi, bulgari, compiuti contro i serbi nella I Guerra mondiale, e gli stessi delitti compiuti dagli italiani e dagli ungheresi nella II Guerra mondiale, dimostrano che questa è innanzitutto una famiglia di barbari, e non di gente civile. Cosa poi dire dei bombardamenti del 1999! Gli Stati che per 3 mesi hanno gettato bombe e missili sulla RFJ non sono nemmeno sulla soglia della civilizzazione. Essi sono gli ultimi degni di fare della morale sul genocidio.
Se c'è un pentimento, esso può essere soltanto comune. Ci ammazzavamo a vicenda - a vicenda dobbiamo chiederci scusa, oppure non se ne farà niente! Continueremo con la pulizia etnica e questa è la nostra quotidianità. Nessuna risoluzione ci potrà  rappacificare - fintantochè non verranno cacciati i partiti ed i lacchè nazionalisti e sciovinisti dalla vita pubblica e politica.
Questo è un processo che richiede del tempo e nel quale i comunisti e gli jugoslavi sono i benvenuti, perchè sono tra i pochi che non hanno insaguinato le loro mani col sangue innocente dei loro - fino al giorno prima - fratelli e vicini.

Stevan Mirkovic, presidente Centro Tito
Belgrado, 20.1.2010

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Jugosloveni i Srebrenica

Zajedno smo se borili,oslobodili i stvorili novu Jugoslaviju, zajedno radili i živeli u miru, zajedno smo je ubili i razdvojili se. Zločinačko etničko čišćenje je osnovna karakteristika tog razdvajanja.Krivica za to zlo i zločine svakog od jugoslovenskih naroda i narodnosti vidi se kao na dlanu. Dokazi su grobnice pobijenih, silovane žene, spaljene i opljačkane kuće i crkve, oteti stanovi,izbeglice. Kaže se „zločin je pojedinačan“. Malo sutra. Narod je na izborima  199o. doveo na vlast te zločince i odgovoran je. I još ih, manje više, svuda drži na vlasti.
SAD su angažovanjem Albanaca balista pokušali da  1989. započnu
rušenje SFRJ. Balisti nisu bili dorasli ovom poduhvatu pa je težište preneto na Sloveniju, koja je baliste najvatrenije podržavala.Zato su smrtonosni pir počeli Slovenci rupnikovci ubijanjem vojnika JNA i perfidnim i bezobzirnim proterivanjem „južnjaka“ (Srba, Roma, Muslimana,Albanaca).Nastavili su Hrvati ustaše.Imali su i najviše iskustva u tome iz 2.svetskog rata. U BiH je bilo najstrašnije – klali su i ubijali dražinovci, muslimanski fašisti i ustaše. Zato se tamo i dogodio najstrašniji zločin – Srebrenica. Vmrovci i balisti u  Makedoniji uključuju se u nacionalistički pir sa zakašnjenjem , kao i Djurišićevi četnici u C.Gori, ali stižu na vreme da se upišu u knjigu zločinaca. Jedino su se  hortijevci pritajili ocenivši da u Vojvodini nema uslova da ponove novosadski masakr iz ratnih dana 41.-44.
Srbi su imali nesreću da etničko čišćenje ne vrši samo država, dakle partija na vlasti (SPS) već i  opozicione partije da bi se vlasti dočepale. Prvo su se ubijanjima „proslavili“ Draškovićevi četnici, pa Arkanovci, Šešeljevci. Meta su bili Muslimani , Hrvati i Madjari i JNA kao „antisrpska vojska“. I DS i DSS se na svoj način uključuju u ovaj etnički trend – Z.Djindjić se slika kraj pečenog vola sa vodjama srpskih četnika u BiH a V.Koštunica sa osmehom drži „kalašnjikov“ u junačkim rukama! 
Iza svega toga stoji stara kurva Evropa. Ona je nedavno  i  naredila srpskoj Vladi da donese pokajničku rezoluciju o Srebrenici da bi sakrila svoju krivicu i odgovornost za krvoprilića u Jugoslaviji i ponovo razbuktala medjunacionalnu mrznju i sukobe medju nama. To podržavaju i domaći akteri te drame od Triglava do Vardara. I sve se želi svaliti na ledja Srbije , konkretnije na „diktatorski komunistički sistem“ S.Miloševića i onaj raniji Titov, jer je Srbija još uvek po mnogo čemu naslednica SFRJ. Time bi se konačno izvršio ideološki i politički obračun sa socijalizmom i SFRJ , koji su najbolji dokaz da kapitalizam nije večan i nije kraj istorije.Čisti antikomunizam i antijugoslovenstvo.
Spremnost srpske Vlade da donese takvu rezoluciju pokazuje koliko je ona zavisna od EU. Obrazloženje da ćemo tom rezolucijom stupiti u porodicu „civilizovanih naroda“ je komična. Masovni zločini Austrijanaca, Nemaca i Bugara nad Srbima u I SR, istih i Italijana i Madjara u 2.SR pokazuju da je to pre porodica varvara nego civilizovanih ljudi.A tek bombardovanje 1999!Države koje su tri meseca zasipale SRJ aviobombama i raketama nisu ni na pragu civilizacije.One su poslednje koje mogu nekome držati moralnu pridiku o genocidu.
Ako ima kajanja ono može biti samo zajedničko.Zajedno smo ubijali -  zajedno se kajemo ili ništa od toga. Nastavljamo sa etnočišćenjem  i to je naša svakodnevnica. Nikakve rezolucije i unije nas ne mogu pomiriti – samo sklanjanje iz  javnog i društvenog života nacionalističkih i šovinističkih protuva i partija. A to je duži proces u kome su komunisti i Jugosloveni dobro došli jer su medju retkima koji  nisu uprljali ruke nevinom krvlju svoje svoje dojučerašnje braće i komšija.

Stevan Mirković, predsednik Centra Tito
20.1.2010.



Jeudi, 18 Mars 2010 10:06  
La Chine publie un rapport sur les droits de l'homme aux Etats-Unis
Xinhua   


La Chine a riposté aux critiques américaines contenues dans un rapport sur les droits de l’Homme, en publiant son propre document sur les droits de l’Homme aux Etats-Unis. « Comme les années précédentes, le rapport américain est plein d’accusations contre la situation des droits de l’Homme dans plus de 190 pays et régions, dont la Chine, mais ferme les yeux sur, ou évite et même dissimule les abus massifs des droits de l’Homme sur son propre territoire », a déclaré le Bureau de l’Information du Conseil des Affaires d’Etat (gouvernement chinois) dans son rapport sur les droits de l’Homme aux Etats-Unis.




Le Rapport sur les droits de l’Homme aux Etats-Unis en 2009 a été publié en réponse au rapport 2009 sur la situation des droits de l’Homme dans le monde, publié le 11 mars 2009 par le Département d’Etat américain.

Le rapport est « préparé pour aider les gens à travers le monde à comprendre la situation réelle des droits de l’Homme aux Etats-Unis », indique le rapport.

Le rapport a passé en revue la situation des droits de l’Homme aux Etats-Unis en 2009 à travers six thèmes : vie, propriété et sécurité personnelle ; droits civils et politiques ; droits culturels, sociaux et économiques ; discrimination raciale ; droits des femmes et des enfants ; violations des droits de l’Homme par les Etats-Unis contre d’autres pays.

Il critique les Etats-Unis pour avoir utilisé les droits de l’Homme comme « outil politique pour s’ingérer dans les affaires intérieures d’autres pays et diffamer l’image d’autres pays au profit de ses propres intérêts stratégiques ».

La Chine conseille au gouvernement américain de tirer des leçons de l’histoire, avoir lui-même une attitude correcte, d’oeuvrer pour améliorer sa propre situation des droits de l’Homme, et de rectifier ses actions dans le domaine des droits de l’Homme.

Il s’agit de la 11e année consécutive que le Bureau de l’Information du Conseil des Affaires d’Etat publie un article sur les droits de l’Homme aux Etats-Unis, en réponse au rapport annuel du Département d’Etat américain.

« A un moment où le monde souffre d’un grave désastre sur le plan des droits de l’Homme, causé par la crise financière mondiale provoquée par la crise des subprimes américaine, le gouvernement américain ignore toujours ses propres problèmes graves en matière de droits de l’Homme et se réjouit d’accuser d’autres pays. C’est vraiment dommage », indique le rapport.

Espionner les citoyens


Bien qu’il prône la « liberté d’expression », la « liberté de la presse » et la « liberté sur Internet », le gouvernement américain surveille et limite sans aucun scrupule la liberté des citoyens quand il s’agit de ses propres intérêts et besoins, indique le rapport.

Les droits des citoyens sur l’accès aux informations et de leur distribution sont sous stricte supervision, ajoute le rapport.

Selon les médias, l’Agence de sécurité nationale des Etats-Unis a commencé en 2001 à installer des appareils d’écoute spécialisés dans tout le pays pour surveiller les appels, les fax, les emails et recueillir les communications intérieures.

Les programmes d’écoute visaient tout au début les Américains d’origine arabe, mais se sont élargis ensuite à tous les Américains.

Après les attaques du 11 septembre, le gouvernement américain, sous prétexte d’anti-terrorisme, a autorisé ses départements d’intelligence à pirater les communications par email de ses citoyens et à surveiller et supprimer, à travers des moyens techniques, toute information sur Internet qui pourrait menacer les intérêts nationaux des Etats-Unis.

Les statistiques montrent qu’entre 2002 et 2006, le FBI a recueilli des milliers d’informations sur les appels téléphoniques de citoyens américains.

En septembre 2009, le pays a établi un organe de supervision de sécurité sur Internet, renforçant les inquiétudes des citoyens américains sur une utilisation éventuelle du gouvernement américain de la sécurité d’Internet comme prétexte pour surveiller et s’ingérer dans les systèmes personnels.

La soi-disant « liberté de la presse » aux Etats-Unis est en fait complètement subordonnée aux intérêts nationaux et manipulée par le gouvernement américain, souligne le rapport.

Fin 2009, le Congrès américain a passé un projet de loi pour imposer des sanctions contre plusieurs chaînes satellite arabes pour la diffusion de contenus hostiles aux Etats-Unis et incitant à la violence.


Hégémonie sous prétexte de "liberté sur Internet"


Les Etats-Unis renforcent leur hégémonie sous prétexte de « liberté sur Internet », souligne le rapport.

Actuellement, on compte 13 serveurs racines dans le monde d’Internet. Aux Etats-Unis se trouvent le seul principal serveur racine et neuf des douze autres serveurs racines, explique le rapport.

Les Etats-Unis profitent de leur contrôle sur les ressources d’Internet pour s’immiscer dans les affaires intérieures des autres pays sous divers moyens.

Les Etats-Unis possèdent une troupe spéciale de pirates informatiques, des pirates d’élite qu’ils ont recrutés dans le monde entier, ajoute le rapport.

Lors des troubles qui ont suivi les élections en Iran en été dernier, le camp de réformistes battu et ses partisans ont utilisé des moyens d’Internet comme Twitter pour diffuser leurs messages, rappelle le rapport.

Le département d’Etat américain a demandé aux opérateurs de Twitter de reporter sa maintenance prévue afin d’aider l’opposition à créer un élan favorable dans l’opinion public, poursuit le rapport.

En mai 2009, une société d’Internet, encouragée par le gouvernement américain, a bloqué ses services de messagerie instantanée dans cinq pays, dont Cuba, fait remarquer le rapport.

 

La discrimination raciale est un problème chronique

 

La discrimination raciale reste un problème chronique aux Etats-Unis, affirme le rapport.

La population noire et les autres minorités sont les groupes les plus pauvres des Etats-Unis.

Selon un rapport publié par le Bureau américain du recensement, le revenu médian réel des ménages américains, en 2008, ont été de 50 303 dollars américains, mais les revenus moyens des ménages hispaniques et noirs étaient d’à peu près 68% et 61,6% de ceux des ménages blancs non hispaniques.

Le revenu moyen des groupes minoritaires était d’environ 60% à 80% de celui des groupes majoritaires sous les mêmes conditions d’éducation et de compétence, ajoute le document.

Les minorités ethniques font l’objet d’une grave discrimination raciale sur les plans de l’emploi et du lieu de travail, inique ce rapport.

Les groupes minoritaires sont les plus touchés par le chômage. D’après le quotidien USA Today, le taux de chômage aux Etats-Unis en octobre 2009 était de 10,2%. Le taux des sans-emploi parmi les Américains d’origine africaine a atteint 15,7%, celui des Hispaniques, 13,1% et celui des Blancs, 9,5%.

Les groupes minoritaires sont victimes de discrimination dans l’éducation. Selon un rapport publié par le Bureau américain du recensement, 33% des Blancs non-hispaniques sont diplômés de l’université. La proportion des Noirs n’est que de 20% et de 13% chez les Hispaniques.

La discrimination raciale dans l’application de la loi et le système judiciaire est très marquée. Selon le Département américain à la Justice, fin 2008, dans la population noire, 3 161 hommes et 149 femmes sur 100 000 ont été condamnés à de la prison.

Un rapport publié par la police de New York, parmi les personnes impliquées dans les fusillades avec la police en 2008, 75% étaient Noirs, 22% Hispaniques et 3% Blancs.

Les crimes de haine ethnique sont fréquents. Selon des statistiques publiées par le Bureau fédéral américain des enquêtes, un total de 7 783 crimes relatifs à la haine ethnique ont été commis en 2008 aux Etats-Unis, dont 51,3% pour discrimination raciale, 19,5% pour raison religieuse et 11,5% en raison de conflits entre personnes de nationalités différentes.

La violence répandue aux Etats-Unis


La violence répandue aux Etats-Unis menace la vie, la propriété et la sécurité personnelle des Américains, indique le rapport.

En 2008, les Américains ont éprouvé 4,9 millions de crimes violents, 16,3 millions de crimes contre la propriété et 137 000 vols personnels, et le taux de crimes violents est de 19,3 victimes pour 1 000 personnes âgées de 12 ans et plus.

Chaque année, environ 30 000 personnes succombent à des accidents impliquant des armes à feu. Selon un rapport du FBI, il y a eu 14 180 victimes de meurtre en 2008, affirme le rapport.

Les campus sont des zones de plus en plus touchés par les crimes violents et les fusillades. La fondation américaine U.S. Heritage Foundation a rapporté que 11,3% des lycéens à Washington D.C. avaient reconnu avoir été « menacés ou blessés » par une arme durant l’année scolaire 2007-2008.

Abus de pouvoir


La police américaine fait souvent preuve de violence sur la population et les abus de pouvoir sont communs chez les exécuteurs de la loi, indique le rapport.

Les deux dernières années, le nombre de policiers new-yorkais placés sous révision pour avoir engrangé trop de plaintes a augmenté de 50%.

Dans les grandes villes américaines, la police arrête, interpelle et fouille plus d’un million de personnes chaque année, le nombre augmentant brusquement par rapport à il y a quelques années.

Les prisons aux Etats-Unis sont encombrées de détenus. Environ 2,3 millions de personnes ont été placées en garde à vue, soit un habitant sur 198, selon ce rapport.

De 2000 à 2008, la population carcérale américaine s’est accrue en moyenne annuelle de 1,8%.

Les droits fondamentaux des prisonniers aux Etats-Unis ne sont pas bien protégés. Les cas de viol de détenus commis par les employés de prison ont été largement rapportés, ajoute le document.

Selon le département américain de la justice, les rapports sur les délits sexuels à l’égard des détenus commis par les travailleurs de prison dans les 93 prisons fédérales du pays ont doublé au cours des huit années passées.

D’après une enquête fédérale sur plus de 63 000 prisonniers fédéraux ou de l’Etat, 4,5% ont avoué avoir été abusés sexuellement au moins une fois durant les 12 mois précédents.

Nombre croissant de suicides en raison de la pauvreté


Selon le rapport, la population pauvre est la plus importante depuis onze ans.

Le journal Washington Post a rapporté que 39,8 millions d’Américains vivaient dans la pauvreté fin 2008, en hausse de 2,6 millions par rapport à 2007. Le taux de pauvreté en 2008 était de 13,2%, le plus haut niveau depuis 1998.

La pauvreté a entraîné une forte croissance du nombre de cas de suicides aux Etats-Unis. Selon les informations, on enregistre chaque année 32 000 cas de suicides aux Etats-Unis, presque le double des cas de meurtre, dont le nombre est de 18 000, fait savoir le rapport.

Violation des droits des travailleurs


La violation des droits des travailleurs est très grave aux Etats-Unis, indique le rapport.

Selon le journal New York Times, environ 68% des 4 387 travailleurs à bas revenus interrogés lors d’une enquête disent avoir connu une réduction de salaires et 76% d’entre eux ont fait des heures supplémentaires sans être payés correctement.

Le nombre de personnes sans assurance santé n’a cessé d’augmenter pendant huit ans consécutifs, poursuit le rapport.

Les chiffres publiées par le Bureau de recensement des Etats-Unis montrent que 46,3 millions de personnes n’avaient pas d’assurance santé en 2008, représentant 15,4 % de la population totale, en comparaison avec les 45,7 millions en 2007, représentant une hausse consécutive pendant huit ans.

Femmes et enfants, souvent victimes de violence


Les femmes sont souvent victimes de violence et d’agression sexuelles aux Etats-Unis et les enfants sont exposés à la violence et vivent dans la crainte, indique le rapport.

Selon les informations, les Etats-Unis enregistrent le plus fort taux de viols parmi les pays qui fournissent ce genre de statistiques, soit 13 fois de plus que l’Angleterre et 20 fois plus que le Japon.

Reuters a rapporté que selon des interviews de 40 femmes militaires, 10 disent avoir été violées, cinq ont été attaquées sexuellement, y compris une tentative de viol, et 13 ont été victimes de harcèlement sexuel.

Selon USA Today, 1 494 jeunes de moins de 18 ans ont été assassinés en 2008 aux Etats-Unis.

Une enquête, menée entre janvier et mai 2008 par le Département américain à la Justice auprès de 4 549 enfants et adolescents âgés de 17 ans ou moins, a montré que, l’année précédente, 60% des enfants interrogés avaient été exposés de façon directe ou indirecte à la violence.

Piétiner la souveraineté et les droits de l'homme d'autres pays


Les Etats-Unis, avec leur forte puissance militaire, ont poursuit leur hégémonie dans le monde en piétinant la souveraineté d’autres pays et violé leurs droits de l’Homme.

En tant que plus important vendeur d’armes du monde, ses contrats ont aggravé énormément l’instabilité du monde. Les Etats-Unis ont augmenté leurs dépenses militaires qui étaient déjà les plus importantes du monde, de 10% en 2008 à 607 milliards de dollars, soit 42% du total mondial, a indiqué l’agence de presse américaine Associated Press (AP).

Au début de 2010, le gouvernement américain a annoncé un contrat de ventes de 6,4 milliards de dollars à Taiwan, malgré les fortes protestations du gouvernement et du peuple chinois, ce qui a sérieusement porté atteinte aux intérêts de la sécurité nationale de la Chine et excité une forte indignation parmi le peuple chinois.

Les guerres en Irak et en Afghanistan ont imposé un lourd fardeau sur le peuple américain et causé d’énormes pertes humaines et économiques aux peuples d’Irak et d’Afghanistan, indique le rapport.

L’abus sur les prisonniers est l’un des plus grands scandales concernant les droits de l’Homme aux Etats-Unis.

Selon une enquête menée par le Département de la Justice des Etats-unis, 2 000 soldats Talibans qui s’étaient rendus sont morts étouffés par les forces armées afghanes contrôlées par l’armée américaine, indique le rapport.

Les Etats-Unis construisent des bases militaires dans le monde entier et des violations des droits de l’Homme des habitants de ces endroits sont souvent observés.

Les Etats-Unis possèdent actuellement 900 bases militaires dans le monde. Plus de 190 000 militaires et 115 000 autres personnes y sont stationnés.

Ces bases causent de graves dégâts et pollutions à leur environnement. Des substances toxiques causées par des explosions de bombes coûtent la vie à des enfants du voisinage.

Selon certaines informations, vers la fin de la présence des bases militaires américaines de Subic et de Clark, jusqu’à 3 000 plaintes sur le viol de femmes philippines ont été déposées contre des militaires américains, mais elles ont été toutes rejetées, ajoute le rapport.

 

Source: Changement de société 





La Corte Europea dei Diritti Umani ha accolto due giorni fa un ricorso contro la Croazia per la segregazione in classi elementari separate dei bambini rom tra il 1996 e il 2000. Ricordiamo che nello stesso periodo non c'erano classi separate per i bambini serbi perchè questi erano stati tutti espulsi dal paese con le operazioni di pulizia etnica "Lampo" e "Tempesta".

Da: Roma Virtual Network 
Data: 18 marzo 2010 9:46:16 GMT+01:00
Oggetto: [Romano Liloro] ERTF Press Release

European Roma and Travellers Forum 
Press Release

ERTF says: Segregation is wrong yet remains widespread

Strasbourg 18 March: The European Roma and Travellers Forum welcomes the judgment of the European Court of Human Rights of 16th March 2010 which finds that Croatia violated the European Convention on Human Rights by placing Roma children in segregated classes in primary school.

The applicants are 15 Croatian nationals of Roma origin who were born between 1988 and 1994 and live in Orehovica, Podturen and Trnovec in northern Croatia. The case concerned the applicants’ complaint that they had been segregated at primary school because they were Roma. The applicants attended primary school in the villages of Macinec and Podutren at different times between the years 1996 and 2000. They participated in both Roma-only and mixed classes before leaving school at the age of 15. The applicants complained  that they had been denied their right to education and discriminated against in this respect

The Court maintained that the right to primary education is a civil right under Article 2 of Protocol No 1 (right to education) and applicable to this case. It held that the segregation of Roma children is in violation of Article 14 (prohibition of discrimination) taken in conjunction with Article 2 of Protocol No. 1 (right to education), as well as of Article 6 §1 (right to a fair trial within a reasonable time), given the undue delay before the Constitutional Court.

So, although at first glance, this judgement appears to be reassuring news and a positive step in the right direction, it should not overshadow the reality that in many Council of Europe Member States such segregation practices remain in force in one form or another. Yet why should Roma children be seperated in school from their non-Roma classmates? Why should Roma children be placed in “special schools” or classes for children with mental disabilities (despite not having any mental disability themselves)? Why should Roma children be segregated in mainstream Roma-only schools or classes? Why?

The ERTF believes that these tough questions should be asked, especially since we are not just talking about past or current practices but, even more alarmingly, possible future practices.

For example, the European Roma and Travellers Forum cannot but express its deepest concerns regarding the recent proposal by the Slovak Prime Minister to his government to set up a programme aimed at placing as many Roma children as possible in boarding schools and gradually separating them from their regular family lives.

Yet it goes without saying that the separation of children from their families reinforces segregation and exclusion which, in turn, produce emotional and psychological harm in Roma children, in terms of lower self-esteem and self-respect and problems in the development of their identity.  So again, the ERTF asks, WHY? The European Roma and Travellers Forum urges the Slovak Prime Minister to withdraw his proposal.

Furthermore, ERTF echoes the recommendations outlined by many international human rights organizations to stop school segregation of Romani children and promote inclusive measures in education, by calling on all the Council of Europe Member States concerned to eliminate the systematic placing of Roma children in special schools and classes, to discontinue psychological testing as a means for assigning children into special education and to ensure inclusive education for all children.

“ERTF strongly believes that it is essential for state leaders to recognize that we have a common destiny in Europe where our children grow up together, knowing and respecting each other, incorporating all diverse backgrounds, and are given the proper educational tools to prepare them for success in our society. All children have the right to an education free from discrimination. Yet if we are to continue along a path of deepening separation and entrenched inequality, this will only diminish our common potential”, insisted Mr. Rudko Kawczynski, President of the European Roma and Travellers Forum.


* * *

The European Roma and Travellers Forum (ERTF), which has a partnership agreement with the Council of Europe and a special status with this institution, is Europe’s largest and most inclusive Roma  and Traveller organisation. It brings together Europe’s main international Roma-NGOs and more than 1,500 national Roma  and Traveller organisations from most of the Council of Europe member states.

European Roma and Travellers Forum 
c/o Council of Europe 
F – 67 075 Strasbourg

Tel.: 00 33 3 90 21 53 50 
Email: ertf@...



(francais / italiano)

B. Kouchner: quelli come la Del Ponte sono "bastardi assassini"

In risposta ad un giornalista della edizione in lingua serba di "Voice of America" che gli chiedeva del suo presunto coinvolgimento nel traffico di organi rivelato sul libro di Carla Del Ponte, il Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha urlato: "Che idiozie... lei è pazzo, vada a farsi curare... Quale casa gialla? Non sono esistite case gialle, non è mai esistito alcun traffico di organi. Quelli che dicono questo sono dei bastardi e degli assassini!"

IL VIDEO: 

Bernard Kouchner - The Yellow House - on serbian "organ harvest" propaganda!!! Kosovo - 1/03/2010
Kušner nazvao novinara ludakom - 3.3.2010

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8 MARZO 2010

Bernard Kouchner ha negato le accuse di Carla del Ponte

In visita ufficiale in Kosovo, il ministro degli affari esteri francese, Bernard Kouchner, è stato intervistato da un giornalista, il 1° marzo, circa le voci secondo cui sarebbe stato coinvolto nello scandalo del traffico di organi. Diversi media serbi hanno accusato il signor Kouchner di aver coperto tali azioni, quando era alto rappresentante delle Nazioni Unite nella regione (1999-2001).

"Il caso della casa gialla", riferendosi al colore della clinica clandestina dove gli organi stati espiantati a più di 300 civili serbi prigionieri, prima di essere assassinati, è stata attestata dall’ex procuratrice internazionale per i crimini di guerra Carla del Ponte, nel suo libro La Caccia. Io e i criminali di guerra [Feltrinelli, 2009]. Quattro anni dopo le vicende, gli investigatori dalla signora Del Ponte hanno individuato la casa gialla a Burrell (Albania), ma non sono riusciti a trovare elementi di prova per ricostruire la filiera.

Su proposta della delegazione russa, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha nominato il senatore svizzero Dick Marty, per aprire una nuova inchiesta.

Nel rispondere alla stampa, Bernard Kouchner non mostra alcuna compassione per le vittime e le loro famiglie. Assai stranamente, ha scelto di negare la complicità passiva a lui imputata, contestando l’esistenza del reato. Inoltre, egli definisce "bastardi assassini" coloro che hanno diffuso questa voce; dichiarazioni che includono anche Carla Del Ponte.

(Traduzione di Alessandro Lattanzio)

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5 MARS 2010

Bernard Kouchner dément les accusations de Carla del Ponte

En visite officielle au Kosovo, le ministre français des Affaires étrangères, Bernard Kouchner, a été interrogé le 1er mars par un journaliste à propos des rumeurs selon lesquelles il serait impliqué dans le scandale des trafics d’organe.

Plusieurs médias serbes ont accusé M. Kouchner d’avoir couvert ces agissements lorsqu’il était Haut représentant des Nations Unies dans la région (1999-2001).

« L’affaire de la Maison jaune », par référence à la couleur de la clinique clandestine où des organes étaient prélevés sur plus de 300 prisonniers civils serbes avant qu’ils ne soient exécutés, a été attestée par l’ancienne procureur du Tribunal pénal international Carla del Ponte dans son livre La caccia. Io e i criminali di guerra[Version française : La Traque, les criminels de guerre et moi (éd. Héloïse d’Ormesson, 2009)]. Quatre ans après les faits, les enquêteurs de Mme Del Ponte ont localisé la Maison jaune à Burrell (Albanie), mais n’ont pu y trouver d’indices permettant de reconstituer la filière.

Sur proposition de la délégation russe, l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe a mandaté le sénateur suisse Dick Marty pour ouvrir une nouvelle enquête.

En répondant à la presse, Bernard Kouchner ne manifeste aucune compassion pour les victimes et leurs familles. Fort étrangement il choisit de démentir la complicité passive qu’on lui impute en niant l’existence du crime. En outre, il qualifie de « salauds et d’assassins » ceux qui colportent cette rumeur ; des propos qui incluent Carla Del Ponte.


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Vecernje Novosti / B92

Kosovo : Kouchner voit rouge, « j’ai une tête à vendre des organes, moi ? »


Traduit par Persa Aligrudic et Philippe Bertinchamps

Publié dans la presse : 2 mars 2010
Mise en ligne : jeudi 4 mars 2010

Le ministre des Affaires étrangères français, Bernard Kouchner, était en visite le 26 février à Belgrade. L’intensification des rapports bilatéraux, le soutien de la France aux perspectives européennes serbes, l’engagement dans le développement de la région et l’amélioration des rapports entre Belgrade et Pristina, étaient à l’ordre du jour. Il a poursuivi son voyage au Kosovo, où, lors d’une conférence de presse, il a traité un journaliste de Voice of America de « fou ». Celui-ci lui demandait de commenter l’affaire de la « Maison jaune », portant sur le trafic d’organes de Serbes du Kosovo déportés en Albanie révélé par Carla Del Ponte.

Par Goran Čvorović

Dans l’annonce de sa visite Bernard Kouchner a souligné que malgré le genre de discordances entre Belgrade et Pristina, il y a des domaines où l’on peut parvenir à des ententes avec l’aide de la mission Eulex.

Bernard Kouchner dans son interview exclusive à Novosti a souligné également que l’indépendance du Kosovo est irréversible pour la France, mais que sa reconnaissance n’est pas une condition pour la Serbie de continuer les intégrations européennes

Vecernje Novosti (VN) : Quels sont les messages que vous apportez à Belgrade ?

Bernard Kouchner (BK) : Je viens pour dire aux citoyens de Serbie que nous sommes, et que nous serons avec eux, sur la voie de leur pays vers l’Union européenne. Nous avons été et nous serons actifs au sein de l’UE afin d’accélérer le rapprochement de la Serbie. Après la libéralisation du régime des visas et de l’entrée en vigueur de l’Accord provisoire, il faut désormais avancer vers le statut de candidat et l’ouverture des négociations à l’adhésion.


VN :
Comment estimez-vous les efforts actuels que fait la Serbie sur sa route vers l’UE ?

BK : Les efforts que fait la Serbie sont considérables et je le salue. Je connais l’engagement du Président Tadić et de tout le gouvernement afin que la Serbie continue ses avancées. Je me réjouis que ces efforts soient reconnus par tous les États membres lorsqu’ils ont décidé en décembre dernier de débloquer l’Accord provisoire en signe de reconnaissance pour les progrès de votre collaboration avec le Tribunal international pour les crimes en ex Yougoslavie. Mais il y a encore du chemin à faire pour atteindre la pleine collaboration avec le tribunal. La commission européenne est optimiste quant à la capacité de la Serbie de trouver rapidement des solutions aux divers problèmes techniques.

VN : Quand l’intégration à l’UE des pays des Balkans occidentaux, en particulier de la Serbie, aura-t-elle lieu ?

BK : Les progrès réalisés ces derniers mois ont été très importants en Serbie comme dans les autres pays de la région. Je pense en particulier à la libéralisation du régime des visas. L’intégration des pays pourrait, bien sûr, être plus rapide, mais soyons clairs : les délais nécessaires dépendent des progrès des pays candidats. C’est pourquoi il faut travailler, travailler et encore travailler. Le travail technique que l’on attend de tous les pays mais aussi le travail commun à la réconciliation qu’il reste à finir jusqu’au bout entre les pays de la région. La candidature de la Serbie, comme celle de ses voisins, sera évaluée selon ses mérites. Plus vite vous procéderez aux difficiles réformes, plus vite vous entrerez à l’UE. Je connais la détermination de votre gouvernement. J’ai confiance en lui pour qu’il redouble d’efforts et parvienne ainsi à s’intégrer à la famille européenne. Nous serons là pour l’aider dans chacune de ses étapes jusqu’à la conclusion des négociations.

VN :Comment voyez-vous le rôle stabilisant de la Serbie dans la région ?

BK : C’est un rôle crucial ! Ayant à l’esprit son histoire et son influence, la Serbie a une responsabilité particulière pour le renforcement de la paix et la poursuite du processus de réconciliation dans la région. Nous comptons sur elle pour modérer les rapports avec tous ses voisins, afin qu’ils continuent ensemble leur route vers l’Europe. A cet égard l’avancée a été importante ces dix dernières années, mais il reste encore beaucoup à faire pour que leurs rapports soient aussi forts et amicaux que ceux des pays de l’UE.

VN : Est-ce que la Serbie entrera dans l’UE avec ou sans le Kosovo ?

BK : L’indépendance du Kosovo est irréversible, il ne peut y avoir aucun doute à ce sujet. Naturellement, parmi les conditions à remplir pour l’adhésion, et que Belgrade connaît, il n’y a pas la reconnaissance de l’indépendance. Mais, c’est un fait que nous n’avons jamais caché car avec nos amis nous parlons franchement. La Serbie, comme tout autre pays candidat, doit régler ses problèmes avec ses voisins, tous ses voisins, avant d’entrer à l’UE, ses voisins qui ont également l’intention de devenir membres de l’UE.

Signature du partenariat stratégique

VN : Comment estimez-vous le niveau actuel des relations franco-serbes ?

BK : Nous avons de très bonnes relations bilatérales ! Les visites réciproques plus fréquentes entre Paris et Belgrade témoignent de nos étroites relations et de notre dialogue continu. Le secrétaire d’État chargé du commerce était chez nous, je suis là maintenant et j’espère que j’accompagnerai bientôt le Président Sarkozy en visite à Belgrade. Il faut en fait que nous allions plus loin : c’est l’objectif de l’Accord du partenariat stratégique et de la collaboration que souhaitent les présidents Sarkozy et Tadić, accord qui sera bientôt signé.

Bernard Kouchner s’emporte au Kosovo

Le mardi suivant, le ministre des Affaires étrangères s’est rendu au Kosovo, notamment dans l’enclave serbe de Gračanica.

Selon un bulletin de KIM Radio, la radio de l’enclave serbe de Gračanica, un journaliste de Voice of America, Budimir Ničić, a demandé au ministre français des Affaires étrangères Bernard Kouchner ce qu’il pensait de l’affaire dite de la « Maison jaune » qui avait éclaté à la suite d’allégations sur un trafic d’organes de Serbes du Kosovo kidnappés et déportés en Albanie en 1999.

En mars 2008, le Parquet de Serbie pour les crimes de guerre avait ouvert une enquête sur cette affaire. En janvier 2010, un rapporteur du Conseil de l’Europe, Dick Marty, se rendait au Kosovo accompagné de deux enquêteurs. Enfin, le 23 février dernier, un haut-fonctionnaire des Nations unies, Philip Alston, demandait à l’Albanie de coopérer pleinement à l’enquête.

Budimir Ničić a demandé au chef de la diplomatie française de réagir à des accusations de familles de victimes selon lesquelles il aurait pris part à ce trafic. Bernard Kouchner a répondu en s’esclaffant : « La ventes des organes ! Mais vous êtes malade, non ? J’ai une tête à vendre des organes, moi ? Mais vous êtes fou, vous croyez n’importe quelle connerie. Rada [Radmila Trajković, directrice de l’hôpital de Gračanica et représentante du Conseil exécutif du Comité national serbe du Kosovo et Metohija] et moi, on aurait volé des cadavres pour vendre des organes ? Mais à qui ? Ne croyez pas ces bêtises. ».

Quant à savoir s’il était au courant de l’existence de la « Maison jaune », Bernard Kouchner a répondu au journaliste de Voice of America : « C’est quoi, les maisons jaunes ? Quelles maisons jaunes ? Pourquoi jaunes ? Monsieur, vous devriez aller consulter. Il n’y a pas eu de maisons jaunes, il n’y a pas eu de ventes d’organes. Les gens qui disent ça sont des salauds et des assassins ! », a-t-il déclaré avant de s’en aller.

Les allégations de trafics d’organes avaient été rendues publiques dans un livre publié par l’ancienne Procureur générale du Tribunal pénal international pour l’ex-Yougoslavie (TPIY) Carla Del Ponte, La Traque. Des centaines de civils serbes auraient été kidnappés en 1999 au Kosovo par l’Armée de libération du Kosovo (UÇK) et transportés vers le nord de l’Albanie où leurs organes auraient été prélevés et vendus au marché noir.

Les individus kidnappés auraient été séquestrés et opérés dans une maison aux façades jaunes.

Bernard Kouchner, qui fut Haut représentant des Nations unies au Kosovo entre 1999 et 2001, était en visite ce mardi dans la nouvelle commune de Gračanica. Il s’est rendu au monastère, puis à l’hôpital où il s’est entretenu avec Radmila Trajković.

Budimir Ničić s’est dit « blessé et insulté » par la réaction de Bernard Kouchner. De son côté, Radmila Trajković a affirmé « comprendre » que le ministre se soit emporté.


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BIRN

L’Albanie veut bien coopérer dans l’affaire du trafic d’organes

Traduit par Jacqueline Dérens

Publié dans la presse : 9 mars 2010
Mise en ligne : dimanche 14 mars 2010

Le ministre albanais des Affaires étrangères, Ilir Meta, a annoncé que Tirana acceptait de coopérer avec les institutions internationales dans l’affaire du trafic d’organes qu’aurait mené l’UCK. L’ancienne procureure du TPI, Carla Del Ponte a fait ressurgir cette affaire en l’évoquant dans ses mémoires.

Le ministre des Affaires étrangères albanais Ilir Meta a annoncé que son pays voulait bien coopérer avec les institutions internationales dans l’enquête sur l’affaire du trafic d’organes.

Dans un entretien avec l’agence de presse albanaise ATA, Ilir Meta a déclaré que le gouvernement albanais « a coopéré étroitement et sans réserves avec le Tribunal pénal international pour l’ancienne Yougoslavie, en particulier avec l’équipe qui s’est rendue en Albanie en 2003 pour enquêter sur des allégations qui se sont révélées infondées ».

Cependant, le rapporteur des Nations unies pour les droits de l’homme, Philip Alston, à la fin de sa visite en Albanie en février 2010 avait accusé l’Albanie d’entraver une enquête indépendante sur des soupçons concernant des combattants albanais qui auraient tué puis fait un trafic d’organes des Serbes prisonniers pendant le conflit au Kosovo en 1999.

Ilir Meta a qualifié ces accusations d’infondées, mais ajouté que le gouvernement albanais était déterminé à compléter la procédure d’enquête « une fois pour toutes ».

Après avoir recueilli preuves et témoignages auprès de plus de 130 témoins par le procureur de Serbie pour les crimes de guerre, la Serbie avait demandé une enquête sur des accusations selon lesquelles des combattants albanais auraient capturé près de 400 serbes au Kosovo puis les auraient tués en Albanie dans le but de vendre leurs organes au marché noir.

Carla Del Ponte, l’ancienne procureure générale du TPIY, parle à nouveau de ces allégations dans ses mémoires.

Tirana avait rejeté la requête de la Serbie l’an dernier, mais ces accusations réitérées avaient amené le Conseil de l’Europe à mandater l’ancien procureur suisse, Dick Marty, à ouvrir une enquête sur cette affaire, actuellement en cours.



(deutsch / english.

Sulla partecipazione del Montenegro alla occupazione neocoloniale dell'Afghanistan / On Montenegro and Afghanistan see also:
Clinton and Djukanovic: Montenegro in NATO... to provide soldiers for occupying Afghanistan / Montenegro as transit for drugs from Afghanistan / Monténégro : mercenaire en Afghanistan, un boulot qui rapporte gros


Montenegro drawing closer to NATO

1) Hilfstruppen (GFP 17.03.2010)
2) Hillary Rodham Clinton: Remarks With Montenegrin Prime Minister Milo Djukanovic After their Meeting (January 20, 2010)
3) Montenegro drawing closer to NATO (February 22, 2010)



=== 1 ===


Hilfstruppen
 
17.03.2010

PODGORICA/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Berlin verstärkt seine Truppen in Afghanistan um ein neues Kontingent aus Montenegro. Wie die Regierung des südosteuropäischen Landes mitteilt, hat sie vor wenigen Tagen Soldaten nach Nordafghanistan entsandt, wo sie unmittelbar deutschem Kommando unterstellt werden. Damit unterstützt die Mehrheit der Nachfolgestaaten Jugoslawiens, die ihre Eigenstaatlichkeit maßgeblich Deutschland verdanken, die westliche Besatzungspolitik am Hindukusch mit eigenem Militär. Montenegro, in den 1990er Jahren noch Ort erster Interventionen der Bundeswehr, kooperiert seit der Trennung von Serbien eng mit den deutschen Streitkräften und strebt den Beitritt zur NATO an. Mit der Militärkooperation sucht Berlin seinen in Montenegro nur schwachen wirtschaftlichen Einfluss auszugleichen: Ökonomisch hält dort heute wieder Russland, ein historischer Gegner Berlins in Südosteuropa, eine starke Position.

Fest in russischer Hand

Montenegro, das seine Eigenstaatlichkeit ebenso wie die anderen Nachfolgestaaten Jugoslawiens maßgeblich deutscher Unterstützung verdankt (german-foreign-policy.com berichtete [1]), steht heute unter starkem wirtschaftlichen Einfluss Russlands. Dazu trägt unter anderem die Aluminium-Fabrik Podgorica (Kombinat Aluminijuma Podgorica, KAP) bei, die dem Aluminiumriesen RusAl gehört. KAP erzielte vor der derzeitigen Wirtschaftskrise rund die Hälfte der Exporteinnahmen des kleinen Adriastaates. Gut 30.000 russische Staatsbürger haben Berichten zufolge Grundstücke oder Wohneigentum in Montenegro gekauft. Das Land wird überdies an die russische Erdgaspipeline South Stream angeschlossen.[2] Die Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) resümiert, die montenegrinische Wirtschaft sei "fest in russischer Hand".[3]

D-Mark und Euro

Demgegenüber ist der unmittelbare deutsche Wirtschaftseinfluss gering. Montenegro bezog im Jahr 2008 Waren im Wert von nur 150 Millionen Euro aus der Bundesrepublik, die damit nur den siebten Platz unter den Lieferanten des Landes einnimmt. Die montenegrinische Ausfuhr nach Deutschland bewegt sich im einstelligen Millionenbereich. Von Bedeutung ist allerdings, dass Montenegro den Euro nutzt. Im Herbst 1999, nur wenige Monate nach dem NATO-Überfall auf Jugoslawien, hatte die damalige jugoslawische Republik Montenegro die Deutsche Mark als Währung eingeführt - ein Schritt, der ökonomisch bereits die Abspaltung von Jugoslawien präjudizierte. Später folgte auf dieser Basis die Übernahme des Euro. Die Handelsvorteile, die sich daraus ergeben, kommen jedoch bislang weniger deutschen als italienischen Firmen zugute. Berlin ist dennoch um Einfluss bemüht: Die bundeseigene Gesellschaft für Technische Zusammenarbeit (GTZ) beriet Podgorica schon vor der Abspaltung von Serbien in Wirtschaftsfragen und unterhält zum selben Zweck seit 2007 in der montenegrinischen Hauptstadt ein eigenes Büro.

Die ersten Einsätze

Erfolgreicher gestaltet sich die deutsche Einflusspolitik auf militärischem Gebiet - also in dem Metier, das sich die Bundesrepublik in den 1990er Jahren mit ihren ersten Bundeswehr-Einsätzen in Jugoslawien erschloss. 1993 hatte die NATO-/WEU-Operation Sharp Guard vor der jugoslawischen Küste begonnen, um das Embargo gegen Jugoslawien durchzusetzen. Unter anderem patroullierte die deutsche Fregatte Emden damals vor der montenegrinischen Küste. AWACS-Flugzeuge mit zum Teil deutscher Besatzung vom Stützpunkt Geilenkirchen sowie zwei deutsche Seefernaufklärer vom Typ Breguet Atlantique überwachten die Adria. Im Jahr 1997 war Montenegro Ausgangsbasis für die Operation Libelle - die Evakuierung deutscher Staatsbürger aus Albanien, in deren Verlauf es zum ersten deutschen Scharmützel nach dem Zweiten Weltkrieg kam. Heute, nach Vollendung der Zerschlagung Jugoslawiens, sind deutsche Militärs erneut in Montenegro aktiv.

Mit deutschen Waffen

Noch 2006, im Jahr der montenegrinischen Sezession, nahm Deutschland neben der Ausbildung von Grenzschutz und Polizei auch die Zusammenarbeit mit dem Militärsektor des Landes auf und führte zunächst einen Workshop zur Kontrolle der montenegrinischen Rüstungsexporte durch.[4] Im Juni 2007 wurde ein erster deutscher Militärberater in Montenegro stationiert.[5] Zudem begann die deutsche Armee mit der Ausbildung montenegrinischer Offiziere; in einem ersten Schritt wurden vier bilaterale Jahresprogramme initiiert. Die Armee Montenegros ist unter anderem mit Waffen der deutschen Firma Heckler und Koch ausgerüstet. Damit steht sie jetzt auch für NATO-Einsätze bereit. Noch im Jahr seiner Sezession wurde der neue Staat in das NATO-Anbindungsprogramm Partnership for Peace aufgenommen, im Dezember 2009 sogar in den Membership Action Plan des westlichen Kriegsbündnisses. An dem Manöver "Combined Endeavor 2009", das zahlreiche NATO-Staaten in Bosnien-Herzegowina durchführten, nahmen neben deutschen und ungarischen auch montenegrinische Soldaten teil.

Nummer vier

Deutsche, ungarische und montenegrinische Soldaten kommen nun im Einsatz wieder zusammen - in Afghanistan. Schon 2007 hatte die montenegrinische Armee den Aufbau der afghanischen Streitkräfte mit der Lieferung von Waffen und Munition unterstützt.[6] Im vergangenen Jahr beschloss das Parlament in Podgorica dann die Entsendung von Soldaten an den Hindukusch. Wie ein Sprecher des Verteidigungsministeriums letzte Woche berichtete, hat dieser Einsatz jetzt begonnen: Montenegrinische Soldaten sollen in Nordafghanistan unter deutschem Kommando eine ungarische Basis sichern und brachen vor wenigen Tagen in die deutsche Besatzungszone auf. Damit nimmt der vierte Nachfolgestaat des ehemaligen Jugoslawien seine aktive Unterstützung für die westliche Kriegspolitik auf; Slowenien, Kroatien und Mazedonien sind bereits mit Militär in Afghanistan präsent, und zwar überwiegend in der deutschen Besatzungszone.[7] Die Eingliederung des einst widerspenstigen Jugoslawien in die deutsch-europäische Militärexpansion schreitet nach seiner Zerschlagung voran.

[1] s. dazu KooperationsraumDie Wiederauferstehung Jugoslawiens und "Danke, Deutschland!"
[2] Serbien schwimmt im South Stream mit; RIA Novosti 26.12.2008
[3] Russlands Rückkehr auf den Westbalkan; SWP-Studie S 17, Juli 2009. S. auch Kampf um den "Vorhof"
[4] Bericht der Bundesregierung über ihre Exportpolitik für konventionelle Rüstungsgüter im Jahre 2006
[5] Deutscher Bundestag Drucksache 16/6701
[6] NATO's relations with Montenegro; www.nato.int
[7] s. auch Nach NATO-Standards

=== 2 ===

http://www.state.gov/secretary/rm/2010/01/135465.htm

U.S. Department of State - January 20, 2010

Remarks With Montenegrin Prime Minister Milo Djukanovic After their Meeting

Hillary Rodham Clinton
Secretary of State
Treaty Room
Washington, DC


SECRETARY CLINTON: It’s a great pleasure to welcome the prime minister. We consider our partnership with Montenegro to be very strong, and we look forward to it becoming even more important in the future.

Prime Minister Djukanovic and I discussed a range of issues. We particularly focused on the Western Balkans and the role that Montenegro is playing to ensure stability. I congratulated the prime minister on Montenegro achieving MAP status with NATO, and pledged the United States’ support for Montenegro becoming an integral part of the Euro-Atlantic community.

I offered the support of the United States as Montenegro makes some of the reforms in the rule of law area that both NATO and the European Union are looking to see. And I thanked the Prime Minister for his country’s commitment to sending infantry troops to be part of the international force in Afghanistan.

And finally, I was delighted to receive an invitation to visit Montenegro sometime in the future, which I would very much hope to be able to fulfill.

PRIME MINISTER DJUKANOVIC (via interpreter) Ladies and gentlemen, before I begin, I would like to thank Secretary of State Clinton for the overall support that the U.S. has given Montenegro towards its European and Atlantic integration.

I would like to recall that during a difficult period in the Balkans in the 1990s, that we managed to build a strong mutual trust. That cooperation has helped us understand the values of the American society and has helped us restore Montenegrin independence in a situation and in conditions of full stability and to move today steadily towards European and Euro-Atlantic integration.

I wish to thank Secretary Clinton in support – for the support to Montenegro in pursuing our goal, which is membership action plan at NATO. And at the same time, I would like to say that we stand ready to work hard to fulfill all the obligations in the next stages of our integration. And I would like to announce with confidence that Montenegro will be the next state to become a new member of NATO. Our two challenges for the future are improving, enhancing the rule of law, and we stand committed to doing this in order to improve the quality of life of our citizens and achieve our European and Euro-Atlantic goals at – as early, as soon as possible.

And I would like to reiterate on this occasion too that Montenegro is and will remain a responsible and reliable partner to the U.S. and EU in dealing with the still outstanding issues in the Balkans. And we will also work closely with our partners in other places beyond our region, starting with Afghanistan.


=== 3 ===

http://www.nato.int/cps/en/SID-627EC3C5-76EE1877/natolive/news_61576.htm?

North Atlantic Treaty Organization - February 22, 2010

Montenegro drawing closer to NATO

On 22 February 2010, the Defence Minister of Montenegro, Mr. Boro Vucinic, paid a working visit to NATO HQ, where he met with the NATO Deputy Secretary General, Ambassador Claudio Bisogniero. 
Amb. Bisogniero praised Montenegro’s efforts and progress achieved in implementing an ambitious set of reforms. He reaffirmed NATO’s willingness to continue providing relevant assistance and expertise to Montenegrin authorities in this process. He also expressed satisfaction with Montenegro’s decision to become a contributor to the ISAF mission in Afghanistan.
Minister Vucinic stressed the strategic nature of his country’s path toward NATO membership and confirmed a determination to intensify efforts aimed at reaching relevant standards.
The interlocutors also discussed the situation in the Western Balkans region.




Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus aderisce convintamente ed invita tutti a partecipare alla manifestazione antimilitarista che si terrà a Roma nell'ottavo anniversario della barbara aggressione contro l'Iraq ed a pochi giorni dall'undicesimo anniversario dei vigliacchi bombardamenti contro Serbia e Montenegro:


CONTRO TUTTE LE GUERRE – PER LA PACE PREVENTIVA
19 marzo 2003 - 19 marzo 2010
Non in nostro nome
 
CHIEDIAMO
 
Il ritiro immediato di tutte le truppe occupanti dall’Afghanistan e dall’Iraq (inclusi i contractors)
La fine della pulizia etnica israeliana a Gerusalemme Est  e nelle altre città della Cisgiordania, dell’assedio di Gaza, della repressione in Kurdistan
Lo stop ai preparativi di guerra contro l’Iran 
 
Nell’anniversario dei bombardamenti sull’Iraq nel 2003 scendiamo in piazza in Italia come negli Stati Uniti per dire basta alla complicità dei nostri paesi con la guerra, le occupazioni e l’oppressione coloniale contro altri popoli.
Venerdi 19 marzo scendiamo in piazza in Italia insieme a chi il 20 marzo manifesterà nelle città degli Stati Uniti (Washington, San Francisco, Los Angeles, Chicago) per il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e dall’Iraq; insieme a chi in Gran Bretagna sostiene la battaglia di Joe Glenton e degli altri soldati che si rifiutano di continuare a uccidere ed essere uccisi in Afghanistan, insieme ai palestinesi che si stanno opponendo alla pulizia etnica israeliana a Gerusalemme e nelle altre città della Cisgiordania e all’assedio di Gaza, insieme al popolo curdo che resiste alla repressione turca.
 
CHIEDIAMO
 
La riduzione delle astronomiche spese militari – sempre in aumento – in favore di maggiori investimenti sociali e la sostituzione della cultura di guerra al terrorismo (che ha prodotto Guantanamo, prigioni segrete e soppressione di molti diritti civili) con una cultura fondata sulla pace, il diritto e l’equa condivisione delle risorse attraverso veri negoziati
 
Che il governo italiano ritiri le truppe nel mattatoio afghano, smantelli le armi nucleari stoccate nelle basi militari di Aviano e Ghedi, cessi di sperperare miliardi di euro per armamenti e di fornire ufficialmente armi, investimenti economici, collaborazioni scientifiche al governo israeliano condannato dalle istituzioni internazionali per la costruzione del Muro di segregazione, per i crimini di guerra a Gaza e l’occupazione coloniale dei Territori Palestinesi. Chiediamo la revoca degli accordi militari, commerciali, scientifici, culturali tra le istituzioni italiane e quelle israeliane;
 
Noi, in quanto cittadini italiani, statunitensi, europei, palestinesi, israeliani, curdi non accettiamo di essere considerati complici di questa politica di oppressione e di guerre preventive, chiediamo il ritiro delle truppe dall’Afghanistan e dall’Iraq, la cessazione di ogni complicità con gli apparati di guerra (basi militari, nuovi armamenti, spese militari), la revoca della partecipazione statunitense, italiana ed europea al vergognoso embargo contro la popolazione palestinese di Gaza ormai da quattro anni sotto assedio
 
Venerdi 19 marzo, ore 17.00  Manifestazione a piazza Montecitorio
 
Circolo Arci Arcobaleno, Statunitensi per la pace e la giustizia, Rete Disarmiamoli, Rete Sempreocontrolaguer ra, Forum Palestina, Un Ponte per..., Campagna Stop Agrexco, Coordinamento Kurdistan, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus ... (altre adesioni si stanno raccogliendo)





Avni Er, oppositore politico turco, è attualmente rinchiuso nel CIE di Bari Palese e a rischio di estradizione in Turchia.

Aggiornamenti:
La documentazione passata sul caso di Avni Er è sul nostro sito, alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/avni.htm

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Avni Er, giornalista turco, da circa tre settimane è trattenuto nel CIE di Bari.
 
A seguito della richiesta d'asilo politico, la scorsa settimana è stato ascoltato dalla competente Commissione Territoriale che dovrà decidere se accogliere la sua richiesta o rigettarla. Nell'immediatezza del suo trasferimento a Bari, è stato promosso un appello che ha raccolto un grande consenso. Hanno aderito associazioni come l'Arci, l'Asgi, Libera e il Cir, rappresentanti di organizzazioni come il Cnca, Sos razzismo, Centro Astalli, Save the cildren, Banca Etica e ancora uomini e donne della politica e del mondo universitario.
 
Allo stato attuale, non si sa ancora nulla sul futuro di Avni Er.

 

Esprimiamo preoccupazione per la sua vicenda e per l'eventuale trasferimento in Turchia, e temiamo per la sua vita.
Infatti contro Avni pendono due ordini di arresto in contumacia emessi dalla Autorità Giudiziaria turca: nella misura in cui l'interessato dovesse essere espulso verso detta Nazione, sarebbe immediatamente arrestato e condotto in carcere.
 
Il timore è pertanto giustificato da quelle che appaiono le condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti arrestati o condannati per motivi politici, i quali vengono sottoposti a durissime condizioni di vita all'interno delle carceri di "tipo F", ove l'utilizzo di trattamenti disumani e degradanti, il ricorso alla tortura fino alla morte rappresentano pratiche di uso quotidiano secondo quanto costantemente denunciato dalle Organizzazioni internazionali Amnesty International e Human Right Watch nonché dalla Associazione per i Diritti Umani turca (IHD), tanto che la stessa Corte di Giustizia Europea ha reiteratamente condannato detta Nazione a causa delle violazioni delle disposizioni di Diritto internazionali previste in materia perpetrate dalla Turchia

In Turchia la semplice manifestazione delle proprie opinioni politiche, ove le stesse siano difformi da quelle espresse dal regime vigente, comporta la immediata carcerazione preventiva e l'applicazione di sanzione detentive che in Italia e in tutte le Nazioni ove vige lo Stato di diritto non avrebbero e non hanno ragion d'essere.
 
La recente messa al bando del Partito per una società democratica (DTP) , l'arresto di oltre 1500 componenti di detta formazione politica (membri del parlamento, consiglieri regionali, provinciali e comunali, sindaci, ecc.), la privazione della libertà imposta ad oltre 3.000 minorenni aventi una età ricompresa tra i 14 ed i 17 anni - con l'accusa di aver compiuto atti terroristici e che costringe i minori a vivere la reclusione in strutture penitenziarie insieme ad imputati o condannati maggiorenni -, rappresenta la ennesima prova di forza del governo turco contro la popolazione kurda.
 
Il tutto nonostante da oltre un anno le forze politiche e la popolazione kurda cerchino di promuovere una soluzione pacifica del conflitto che ha fino ad oggi prodotto tante morti ed un esodo forzato della popolazione anche in conseguenza della distruzione di interi villaggi da parte delle forze militari turche.
 
Facciamo appello al Governo italiano affinchè Avni Er possa restare in Italia, che venga applicata la normativa internazionale a tutela dei Diritti Umani ratificata e resa esecutiva nel nostro Paese; che Avni Er non venga espulso e che gli sia garantita ogni forma di tutela con il rilascio di un permesso di soggiorno che gli permetta di evitare la morte e ricostruirsi una vita dignitosa in Italia, sulla base dei principi affermati dalla Costituzione (art. 10 Cost.) e dai Trattati e dalla Convenzioni internazionali ovunque vigenti .

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APPELLO PER AVNI ER
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Qualche giorno fa è stato trasferito nel CIE di Bari il cittadino turco Avni Er rispetto al quale il governo turco di Ankara ha avanzato tempo addietro formale richiesta di estradizione.
Avni Er è colpevole solo di aver svolto nel corso degli anni una puntuale denuncia delle violazioni dei diritti umani e della libertà d’informazione in Turchia.
Avni Er è un oppositore politico, accusato di appartenere al partito comunista DHKP-C . Il 1° aprile 2004 un’operazione repressiva ha provocato l’arresto di 82 persone in Turchia ed altre 59 persone tra Germania, Olanda, Belgio, Grecia ed Italia.
Tra loro giornalisti dell’opposizione, membri di organizzazioni democratiche e per la difesa dei diritti umani, avvocati ed artisti.
Avni Er, a seguito di un processo scandaloso durante il quale testimoniarono contro di lui, a volto coperto, i torturatori turchi, fu condannato dalla Corte di Assise di Perugia nel 2006, con successiva conferma della Corte d’Appello di Perugia.
Seguì una vasta campagna di mobilitazione e sensibilizzazione cui aderirono diverse associazioni nazionali (Arci, CRVG- Conferenza nazionale del volontariato della giustizia, Antigone) e vari esponenti politici; ci fu una dichiarazione a tutela dell’incolumità di Avni Er e per il rispetto delle norme internazionali a difesa dei diritti dell’individuo da parte dell’europarlamentare Giulietto Chiesa; ci furono molti ordini del giorno da parte del Consiglio provinciale di Lecce (19 marzo 2008), del Consiglio Regionale della Toscana, della Sardegna e della Campania.
Anche il Consiglio Regionale della Puglia, in data 24 giugno 2008, sottoscrisse una mozione contro l’estradizione di Avni Er in Turchia, con esplicito riferimento all’art.10 della Costituzione italiana che recita: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge“.
Ricordiamo che secondo associazioni internazionali ed autorevoli come Human Rights Watch, Amnesty International, nonché la Commissione ONU per i diritti umani ed il comitato Europeo per la prevenzione della tortura, in Turchia vi è il fondato timore di violazioni dei diritti, di trattamenti inumani e degradanti, di tortura.
Ricordiamo inoltre che il curdo Ocalan, nonostante il riconoscimento dell’asilo costituzionale rilasciato dal governo italiano, è da 11 anni detenuto in regime di isolamento totale nell’isola di Imrali. Infine, a dimostrazione della condizione politica in Turchia, citiamo il tentativo di qualche giorno fa dell’ennesimo colpo di stato manu militari.
Allo stato attuale, Avni Er ha inoltrato formale richiesta d’asilo nel nostro paese e, per quanto affermato, anche in considerazione che la Corte d’Appello d’Anversa il 7 febbraio 2008, impegnata a giudicare 11 militanti del DHKP-C, si è rifiutata di riconoscere tale organizzazione quale “gruppo terroristico”, prosciogliendo tutti gli imputati;
CHIEDIAMO 
a tutte le forze democratiche, ai partiti, alle associazioni, alla società, ai sindacati, di aderire e sottoscrivere l’appello in favore di Avni Er, affinchè GLI VENGANO RICONOSCIUTE TUTTE LE FORME DI TUTELA ED IL PRINCIPIO DI NON RESPINGIMENTO.

Primi firmatari:
ARCI, Ass. Gruppo Lavoro Rifugiati (Bari), Reteantirazzista (Bari), Undesiderioincomune (Bari), Ass. Saro-wiwa (Bari) Rifondazione Comunista (Bari), Magda Terrevoli (assessore regione Puglia), Silvia Godelli (assessore regione Puglia), Piero Manni (consigliere regione Puglia), Patrizio Gonnella (Antigone), Fulvio Vassallo Paleologo (Università di Palermo), Walter Peruzzi (dir. Guerre e Pace), Paola Altrui (Roma), Patrizia Sentinelli, Loredana de Petris, Massimiliano Smeriglio (assessore Provincia di Roma), Gianluca Peciola (consigliere Provincia di Roma), Onofrio Romano (Università di Bari), Monica mc Britton (Università del Salento), Stefano Cristante (Università del Salento), Vito Lisi, veterinario di Tricase, Michele Rizzi (candidato alla presidenza della Regione Puglia), Massimo Bonfatti (presidente dell’organizzazione per il volontariato”Mondo in cammino”), Donato Pellegrino (consigliere regionale PSI), Vinicio De Vito (coordinamento regionale “Sinistra e Libertà”), Pati Luceri (docente del Liceo Stampacchia di Tricase), Gino Stasi (responsabile di Medicina Democratica, Brindisi), Bobo Aprile (responsabile COBAS di Brindisi), Simone Chiga (presidente Laboratorio delle idee, Zollino), Riccardo Rossi (Rete 28 Aprile, CGIL), Circolo aziendale ferrovieri”Spartaco Lavagnini” – Firenze, Circolo giovanile di Rifondazione comunista – Casamassima, Senza Confine (Roma), Sabino De Razza (segret. provinc. PRC – Bari), Teresa Masciopinto (Bari), Associazione Solidarietà Proletaria (ASP) – Napoli, Circoscrizione dei soci di Banca Etica Bari, Nicola Fratoianni, Onofrio Introna (ass. regione Puglia), Corsina De Palo (insegnante – Bari), Mara Clemente, Silvia Cigoli, Tonia Guerra (segreteria regionale PRC – Puglia), ...




MILANO: Dopo l'ennesima morte di un ragazzino in un rogo della povertà, lunedì 15 alle 18.00 a Palazzo Marino in consiglio comunale con il braccio listato a lutto, per dire BASTA agli sgomberi e chiedere un utilizzo a fini di politiche abitative e attive del lavoro dei 13 MILIONI stanziati per i Rom. Si invita a portare anche lumini e mazzi di fiori. 
Se puoi cerca di venire e di trasmettere questo messaggio ai tuoi contatti. (a cura di Ivana K. e Consuelo P.)



Ancora un bambino vittima della caccia al Rom a Milano

 

Enea Emil è l’ennesimo bambino rom morto nel rogo provocato dalla stufa che doveva riscaldarlo. Viveva in un rifugio di fortuna dopo essere stato sgomberato con la sua famiglia dal campo di via Triboniano dove, se non altro, avrebbe avuto quel minimo che garantisce la sopravivenza di un essere umano e una piccola speranza per il proprio futuro.

Penso che la perdita della vita e del futuro di un bambino, stroncati in questo modo a Milano, la città dell’ EXPO, benestante e “accogliente”, significa una grande sconfitta della nostra società.

Come donna e madre, cittadina di questo paese e di questa città invito tutti coloro che hanno ancora un po’ di umanità nei loro cuori di non rimanere muti davanti alla politica feroce degli sgomberi e della “caccia al rom” che quotidianamente lascia centinaia  di bambini al freddo e senza riparo, una politica che ritengo direttamente responsabile della morte di Emil. Questo mio appello è motivato dall’amore nei confronti del mio popolo, ma anche dall’amore per questo paese che sento mio e nel quale vorrei che a ciascuno, a cominciare dagli ultimi, venisse riconosciuta la dignità di  essere umano.

 

Dijana Pavlovic

Vicepresidente Federazione Rom e Sinti insieme

dijana.pavlovic@ fastwebnet. it

 

Milano, 13 marzo 2010






Breaking Yugoslavia

interview

by Diana Johnstone

Global Research, March 10, 2010
New Left Project - 2010-03-03



Diana Johnstone is the author of ‘Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO and Western Delusions’. She spoke to NLP on the wars in the former Yugoslavia, western involvement and the trial of Slobodan Milosevic.
 
What was your view of Yugoslavia before its dissolution. What was admirable about that society? What was not so admirable?
 
Every society has its good and bad points, and I am not qualified to make an overall judgement of such a complex society as former Yugoslavia.
 
From my personal experience, what was not admirable was that in Tito’s lifetime it was a personal dictatorship. Tito didn’t run everything, but he had the right of final decision in case of conflict. The harshest repression was reserved for communists loyal to the Soviet Union after Tito’s break with Stalin in 1948. But repression is not all that is wrong with a dictatorship, a system which encourages hypocrisy and lack of recourse for unfair or unwise measures. Nevertheless, despite the undemocratic regime, it was always easy to find critical intellectuals in Yugoslavia who thought for themselves and said what they thought.
 
Yugoslavia’s "self-managed socialism" was certainly an improvement over the Soviet model. It provided full employment, which is what people most acutely miss today. It is noteworthy that many former critics of the socialist system today declare that the so-called free market democracy they have now is much worse.
 
As the only European member of the Non-Aligned Movement, Yugoslavia enjoyed privileged relations with Third World countries, notably in the Arab world. The Yugoslav passport was welcome everywhere, and Yugoslavs enjoyed their freedom to travel throughout the world as citizens of a country whose international prestige was great for its size.
 
Tito’s policy toward the great ethnic diversity of Yugoslavia had been to give considerable cultural and linguistic rights to each group, a policy which is pursued today by Serbia – although not by Croatia and Slovenia. (For example, Serbia provides bilingual schools using the mother tongue of Hungarian, Romanian, Bulgarian, Albanian and Slovak minorities.)
 
If, in 1990, there had been a national referendum on the subject, I have little doubt that an overwhelming majority of Yugoslavs would have voted to maintain the federation. But elections were held only within the various republics, enabling the bureaucracies of Croatia and Sloveniato promote their secessionist projects.
 
You argue that Western governments bear significant responsibility for the wars in the former Yugoslavia by encouraging the secession of the constituent republics. Was the West not merely supporting those states in their struggle for self-determination?
 
There is nothing in international law or diplomatic practice that justifies secession from an existing state on grounds of "self-determination". There is great confusion and hypocrisy on this point. First one can point to comparisons: Why did the United States not support the struggle of the Basques against Spain, which has been going on much longer? Why did they not support Corsicans against France, Scottish nationalists against Britain, the Kurds against Turkey – a violent struggle with deep historic roots, including Western promises to Kurds after World War I? Why did they not support the separatist "Padania" movement that was growing about the same time in northern Italy, seeking separation from the poorer south of Italy – a movement that had a great deal in common with the Slovenian separatist movement? The answer is obvious: theUnited States does not support separatist movements in countries they consider their allies. The targets are either countries they consider rivals, like Russia or China, or countries that are too weak to resist, and where they can obtain totally dependent client states from the breakup – which is what happened with Yugoslavia.
 
Second there are the simple facts of the matter. History, to start with. Former Yugoslavia was not formed by conquest, but by a voluntary association after World War I as the Kingdom of Serbs, Croats and Slovenes. The Croats and Serbs speak essentially the same south Slavic language, and Slovenian is quite similar. This association was sought by Croatian leaders who wished to leave Austro-Hungarian rule and who actually coined the word "Yugoslavia", meaning land of southern Slavs. Since Serbia already existed as an independent country, Serb leaders were wary of this union, but accepted it under urging from the Western powers, France and Britain.
 
After Tito’s death in 1980, Yugoslavia entered an extremely clumsy phase of political transition, which was distorted by severe economic regression caused by the debt crisis. Since Tito’s method of rule had been to respond to unrest by decentralization rather than by democratization, the local Communist parties in each republic of the federal state, as well as the autonomous provinces within Serbia, enjoyed considerable autonomy. Rivalry between the party bureaucracies undermined national unity. The dynamic thus tended toward dissolution rather than democratization. This trend was encouraged by outside forces (German and Austrian organizations represented by the heir to the Austro-Hungarian Empire, Otto von Habsburg, who was very active in this phase) which supported secession of the parts of Yugoslavia which had belonged to the Austro-Hungarian Empire before World War I, Croatia and Slovenia.
 
Now, assuming that "self-determination" would lead to dissolution of the federation, there was the crucial issue of how this would be done. The Serbs interpreted the constitution to argue that Yugoslavia was a political union of three peoples – Serbs, Croats and Slovenes, who would have to negotiate the terms of secession. The Slovenes and especially the Croats maintained that the constituent units were the "republics" in the boundaries set for them by Tito during World War II, which left sizeable Serb populations in both Croatia (about 12%) and Bosnia-Herzegovina (a relative majority up until the 1971 census). Germany persuaded the United States and the European Union to accept the Croatian claim without ever seriously considering the Serbian argument. This was unacceptable to the Serb minority in Croatia who had been persecuted by Nazi-sponsored independent Croatia during World War II, and whose "self-determination" was thereby denied. This was the cause of the civil war in Croatia.
 
Both Slovenia and Croatia enjoyed full equality and autonomy within Yugoslavia. In no way could they be considered oppressed minorities. Tito was a Croat as was the last functioning prime minister of Yugoslavia, Ante Markovic, not to mention a disproportionate number of senior officers in the Yugoslav armed forces. As the richest part of YugoslaviaSlovenia’s desire to secede was based almost solely on the desire to "jump the queue" and join the rich EU ahead of the rest of the country, which it succeeded in doing. The Croatian secessionism movement was nationalistic, with strong racist overtones, and was strongly supported by a Croatian diaspora with crucial political influence in Germany and inWashington (in the office of Senator Bob Dole). In the absence of any legal justification for unnegotiated secession, nationalist leaders in bothSlovenia and Croatia provoked units of the Yugoslav army stationed in their territory and used the inevitable response as their justification for seceding. This succeeded only because it was supported by Western governments and media – otherwise the Yugoslav army would have held the country together. Instead, the collapsing Yugoslav army effort to preserve the federation, as it was supposed to do, was denounced as a "Serbian invasion". Serbian president Slobodan Milosevic handled this crisis badly, but he did not, as accused, instigate the dissolution ofYugoslavia.
 
You have suggested that there are certain continuities between the policies of the German government and the objectives of the Third Reich in the Balkans. Can you describe those continuities for us?
 
Even before the Third Reich, the government of Kaiser Wilhelm and even more the democratic Weimar Republic supported self-determination of ethnic minorities, and the Federal Republic of Germany continues to do so today, for reasons of national interest and ideology. The "revenge" against Serbia, and detachment of former Austro-Hungarian territories within Yugoslavia, harks back to World War I. Of course, the Third Reich cut Yugoslavia into pieces, and on that point the 1991 German policy was more than disturbingly reminiscent, it was essentially the same.Germany has reasons for wanting to bring Slovenia and Croatia into its own sphere of influence. In a sense I am more critical of Western governments which followed the German policy without bothering or daring to evaluate the situation clearly for themselves. As this turned out to be disastrous, they had to blame the devil Milosevic for everything, in order to cover their own mistakes.
 
Why did the United States so strongly support Bosnian secession?
 
I think this support was the product of a number of factors. One, pointed out by former State Department official George Kenney, was the influence of media reports, in turn heavily influenced by a propaganda campaign run by Ruder Finn public relations agency on behalf of the government of Croatia, and later the Bosnian Muslims, which succeeded in presenting the Serbs as "new Nazis". This public relations campaign was hugely successful with the public and politicians alike. American foreign policy-making can be vulnerable to the propaganda of lobbies, and the Croatian lobby was active and influential. The Bosnian lobby was smaller but very well connected, notably through Mohammed Sacirbey, the American son of a colleague of Bosnian Muslim leader Alija Izetbegovic who chose him to be Bosnia’s ambassador to the United States. There was a natural class affinity between American officials like Richard Holbrooke and the Bosnian Muslims, who had been the upper class under theOttoman Empire and presented themselves as more anti-communist than the Serbs.
 
A second element was that since Germany was emerging as the sponsor of Croatia, the United States could have its own client state by supporting the Bosnian Muslims. Some US leaders thought that siding with the Muslim party in Bosnia would make a good impression in the Muslim world, counterbalancing US support to Israel. The late influential Congressman Tom Lantos, who was chairman of the House foreign affairs committee, called US support for the Bosnian Muslims and Kosovo independence "just a reminder to the predominantly Muslim-led governments in this world" that "the United States leads the way for creation of a predominantly Muslim country in the very heart of Europe." Support to Bosnian Muslims was strongly advocated by the pro-Israel neo-conservatives. It is hard to believe that neo-con guru Richard Perle served as advisor to Muslim leader Izetbegovic at the Dayton peace talks with no private agenda of his own. The Clinton administration found it natural to do a favor to the Afghan mujahidin (which then included Osama bin Laden), whom they had supported and used against the Soviet Union, by helping them fight the Orthodox Christian Serbs in the Bosnian civil war.
 
But perhaps the main cause should be seen in the main effect: to reassert United States supremacy in Europe. The August 1995 NATO bombing "marked a historic development in post-Cold War relations between Europe and the United States", wrote Richard Holbrooke in his memoirs, citing columnist William Pfaff who alone seemed to get the point: "The United States today is again Europe’s leader: there is no other." (Richard Holbrooke, To End a War, Random House, 1998, p.101.) By the policy of an "even playing field", the United States created a stalemate between the Bosnian parties which allowed Holbrooke to take charge of what he called "the Bosnian end game" at Dayton. The United States was able to pose as "the indispensable nation".
 
Some have accused you of downplaying or even denying the Srebrenica massacre. How do you respond to such accusations?
 
First of all, I think these accusations are designed primarily to distract public attention from the main focus of my writing on Yugoslavia, and in particular my book, Fools’ Crusade: Yugoslavia, NATO and Western Delusions. That focus is political. As the title indicates, my book is not about Srebrenica. It is about the historical and political background, and the deception and self-deception involved in media coverage and Western policy-making that led to the illegal NATO war of aggression in 1999. The only reason I wrote about Srebrenica at all is that I could not very well avoid the subject, but I stated from the start I was not writing about what happened at Srebrenica (on which I claim no special knowledge) but about the political uses of it. I am not a war correspondent but a political analyst. The trouble is that some people do not welcome political analysis of the Balkan conflicts, and use Srebrenica to ban it. If mothers are weeping, how can anyone engage in such a heartless exercise as political analysis? Judging complex events solely on the basis of images and emotions, which are often deceptive, is infantile. But we are living in a period of infantile regression.
 
For instance, the wives and mothers of the men who were killed deserve sympathy, but is their individual grief any greater if their son was one of several hundred or one of several thousand? Why this insistence on a particular number, which has not been clearly proved? Isn’t it possible, and even likely, that the genuine grief of mourning women is exploited for political ends? How many people are in a position to know exactly what happened at Srebrenica? Where are the documents, where are the photographs? Yet people who know nothing are ready to consider it scandalous if someone says openly, "I don’t know exactly what happened."
 
I do know that from the very start of the Yugoslav tragedy, there were significant massacres of Serb civilians (for instance, in the town ofGospic in Croatia) that were studiously ignored in the West. But I do not care to engage in competitive victimhood.
 
As for Srebrenica, certainly any execution of prisoners is a war crime and deserves punishment, even if the figure of 8,000 is certainly exaggerated, since it includes men who died in ambush while trying to escape, or even men who actually did escape. But whatever the number of victims, a single massacre of military-age men while sparing women and children cannot in my opinion be correctly described as "genocide" – unless the term "genocide" is redefined to fit the single case of Srebrenica. And this is precisely what was done by the International Criminal Tribunal on former Yugoslavia (ICTY) in The Hague. In order to convict General Radislav Krstic (who was not even present at the scene) of complicity in "genocide", the ICTY judges ruled in August 2001 that killing a large number of Muslim men from Srebrenica was "genocide" because of the "patriarchal" nature of their society. Women and children survivors were too insignificant in such a patriarchal society to matter! This preposterous verdict simply confirmed the obvious fact that ICTY is working for those who set it up, choose its judges and pay its expenses: that is, essentially, NATO. It is there to justify the NATO interpretation of the conflicts in former Yugoslavia, by putting the entire burden of blame on the Serbs. Unless an Orwellian future bans free historical inquiry, I am confident that my critical appraisal of ICTY will be justified by history.
 
Why do you believe NATO carried out its bombing war against Serbia?
 
The essential reason was to save NATO from obsolescence after the collapse of the Soviet bloc, whose supposed threat had been its ostensible raison d’être. The United States came up with a new "humanitarian mission", and the large-scale NATO bombing of Yugoslavia in 1999 served to prove that NATO could get away with it, without United Nations authorization. This was "the war to start wars". It is regularly cited by apologists as "the good war" which proves that "human rights" constitute the most efficient excuse for aggression. It was indeed a perfect little war, waged safely from the air with all the casualties on the ground, whether Serb or Albanian.
 
How do you view the UK’s role in the conflicts of the former Yugoslavia?
 
As absolutely shameful. The British foreign office certainly had experts able to understand the complexities of the Yugoslav situation, and indeed the conservative government hesitated. Lord Carrington and then Lord Owen, if supported, might have brokered an early peace inBosnia. But Tony Blair preferred to strut the stage of "humanitarian intervention", and most of the left swallowed the wild tale according to which the world’s most powerful military alliance was henceforth motivated by sentimental concern for the underdog.
 
What did you make of the trial of Slobodan Milosevic?
 
That trial actually aroused my first admiration for Slobodan Milosevic. He defended himself, and his country, with great courage and intelligence, and successfully disproved most of the charges against him, even though he died before the defense could make its case. The ICTY was set up largely to convict Milosevic, and would surely have found a way to do so regardless of the evidence. His death spared them that trouble. Of course, Western media failed totally to report fairly on the proceedings.
 
You speak of your admiration for Milosevic "defending his country" in the Hague. But is there not a wider and more fundamental sense in which Milosevic’s rule was by no means beneficial for Serbia? V. P. Gagnon Jr. has written about how Milosevic used war as a tool against movements for democratic reform, by effectively changing the subject to whether people were pro or anti-Serb at any point where these movements became too strong. Karel Turza and Eric Gordy have written about the deleterious effect that Milosevic’s rule had on Serbian society and culture. Little of this speaks of a man worthy of admiration, even from a Serbian perspective. Was Milosovic defending Serbia, or just defending his regime?
 
When I said that Milosevic on trial in The Hague aroused my first admiration for the man, I was obviously making the distinction between Milosevic as President and Milosevic as prisoner of a biased tribunal that had been set up to convict him. However unfortunate his policies as president, he became a victim when he was illegally shipped off to The Hague, in a rather sordid deal between prime minister Zoran Djindjic, who violated Serbian law in the hope of economic rewards, and the NATO powers, who needed the trial in order to justify their 1999 bombing campaign.
 
What is meant by "democratic reforms"? Milosevic did introduce a multi-party system, which is the basic democratic reform. Whatever his faults, it is by no means clear that his political adversaries in the early 1990s would have been better for the Serbian people than he was. Now that Serbia has Western-approved "democratic" governments, major industries have been sold to Western corporations, the media are more uniform than ever, and the economic situation of the majority of the population has worsened considerably.
 
Many people in Serbia who hated Milosevic when he was in office admired his defense at The Hague. His self-defense was automatically a defense of his country, since the totally arbitrary (and unproven) charge of a "joint criminal enterprise" in effect implicated collective guilt, since the alleged enterprise had no defined limits.
 
Little blame for the Balkan wars appears to attach to the Serb side in your account. Yet Bosnian Serb figures such as Vojislav Šešelj, Radovan Karadžić and Ratko Mladić have stated publically that there was a drive for a Greater Serbia. Doubtless there have been many attempts to reduce the conflict to nothing more than a case of Serbian aggression, but while correcting for that is it not also important to still leave room for attaching the appropriate level of blame to the Serbian side?
 
Testifying at the Milosevic trial, Vojislav Šešelj stated clearly that Milosevic was not in favor of Greater Serbia, and that he had slandered him politically for that very reason, because Šešelj himself did favor Greater Serbia. The meaning of "Greater Serbia" is complicated, and I have dealt with it in my book, "Fools’ Crusade". But Serbs were divided on the matter, and Milosevic for one did not advocate a "Greater Serbia". Milosevic was competing with politicians such as Vuk Draskovic and Zoran Djindjic, whom the West considers "democratic", but who were far more nationalistic than he was. No Serbian politician could be totally indifferent to Serb populations cut off from Serbia by the disintegration ofYugoslavia. Nevertheless, starting in 1992, Milosevic signed onto a series of potential peace accords that left Serbs outside of shrinkingYugoslavia, and were clearly incompatible with a greater Serbia.
 
I do not presume to attach "appropriate levels of blame" to the various Yugoslav parties. I simply point out certain facts, and the only blame that really interests me is that of the Western powers and especially of the United States. That is my responsibility as an American citizen. It is the United States that exploited the tragedy to strengthen NATO, and the people of Yugoslavia who suffered and are still suffering.
 
Many of our readers will find it hard to accept your expressing admiration for Milosovic. Its well understood that the West portrays its enemies dishonestly (take Saddam’s mythical WMD, for example). But to praise the "courage" of a man widely seen (including by those who are no fans of Western power) as having a lot of blood on his hands goes a good deal further than this. Is your choice of words here really appropriate?
 
I am not going to change what I say because many of your readers, as you allege, have a limited capacity to understand the complexities of human character. Of course, all leaders of countries involved in wars can be said to "have blood on their hands". The stereotype of an inhuman Milosevic is a fictional propaganda creation, like the long line of "Hitlers" the West keeps discovering. But supposing the man was utterly ruthless, does that preclude courage? I fear our "humanitarian" age is adopting an unprecedentedly simplistic notion of what people are – either innocent lambs or savage beasts. Look at many of the heroes of ancient tragedy, who were complicated enough to be ruthless and courageous, and often displayed a mixture of good and bad qualities. If we are incapable of recognizing the humanity of our chosen enemies (and Milosevic was a chosen enemy, who actually liked the United States where he had lived as a banker, and never even slightly threatened the West), then there can be no peace in the world.
 
What have been the consequences for the constituent republics of becoming independent states?
 
In general, secession is beneficial to the bureaucrats. Someone who was only a minor official in a large country gets to be Cabinet Minister, or ambassador. So secession was a good thing for members of the bureaucracy in each statelet. It has also been good for a minority who live off crime and corruption. For the rest of the population, it was beneficial primarily to Slovenia, whose leaders succeeded in getting into the European Union ahead of the others. Of course it was not beneficial to the small population of Yugoslavs who were not ethnic Slovenians and found themselves living in Slovenia without any civil status.
 
Croatia has the advantage of strong German support, but so far this has not yielded all the economic benefits hoped for. Most of the Serb population has been driven out, which is of course satisfying to the racist Croat nationalists, and does not seem to disturb the Western leftist multiculturalists.
 
Otherwise, people who once were citizens of an independent, medium-sized European country find themselves confined in small mutually hostile statelets, dependent on outside powers and poorer than before. Outside intervention has served to exacerbate ethnic hatreds, and continues to do so, notably in Bosnia and Kosovo.
 
The political situation of most of the successor states is precarious and further tragedy is almost certain.
 

 Global Research Articles by Diana Johnstone

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IN QUESTA CIVILISSIMA EUROPA UN "GIORNO DEL RICORDO" NON LO SI NEGA A NESSUNO

http://www.lernesto.it
 
In Lettonia le autorità consentono l’esaltazione delle SS e proteggono i criminali di guerra. Nell’indifferenza dei governi dell’Unione Europea.
Da qualche anno, nell’ignoranza pressoché totale dell’opinione pubblica europea, il 16 marzo è celebrato in Lettonia (repubblica ex sovietica appartenente all’Unione Europea) come “giornata del ricordo” della legione lettone delle Waffen SS, che ha partecipato, integrata nell’armata hitleriana, non solo alle operazioni di repressione della Resistenza, ma anche allo sterminio di decine di migliaia di ebrei e di appartenenti alle minoranze nazionali. Fin dal 2008, il lugubre rituale del “ricordo” si concretizza nell’organizzazione di marce, a cui prendono parte i criminali reduci del collaborazionismo e i loro simpatizzanti neofascisti. Adunate che godono della protezione delle autorità locali. Lo stesso presidente della Repubblica ebbe a dichiarare nel 2008 che “non considerava nazisti” i veterani della legione SS lettone. La vergognosa “sceneggiata”, che la dice lunga sulle caratteristiche “democratiche” dell’attuale
corso politico lettone e che dovrebbe suscitare l’indignazione di tutti i democratici e gli antifascisti europei, si ripeterà molto probabilmente anche il prossimo 16 marzo. E molto probabilmente anche questa volta passerà inosservata dalle nostre parti. Eppure, in questa occasione, non sono mancate le proteste del locale movimento antifascista. Il Consiglio delle Organizzazioni non governative ha chiesto al sindaco della capitale lettone, Riga, di proibire la manifestazione. E’ prevista, in concomitanza con la marcia, una mobilitazione delle organizzazioni antifasciste e dei partiti di sinistra, esattamente come è avvenuto in passato, quando l’adunata dei nazisti lettoni è stata vivacemente contestata dai manifestanti democratici.Come mostra il video girato il 16 marzo dello scorso anno.
 
http://www.youtube.com/watch?v=JrZ_xUbhp0I