Informazione


CATTIVI AUSPICI PER L'ANNO NUOVO


Abbiamo commesso l'errore di acquistare il Calendario 2010 de Il Manifesto, "il primo calendario da collezione con tutte le immagini dei rivoluzionari". (*) 

Di Tito si scrive che *inventò* la Jugoslavia...
E' noto invece che lo Stato unitario degli slavi del sud (jugo-slavi) era stato auspicato già da correnti di pensiero ottocentesche ("illirismo"), analoghe al Risorgimento italiano, e si era poi formato in seguito alla I Guerra mondiale, assumendo formalmente sin dal 1929 il nome di "Regno di Jugoslavia".
La personalità "rivoluzionaria" di Tito andrebbe piuttosto riconosciuta per il fatto che egli fu l'unico leader politico europeo ad avere condotto la guerra di guerriglia a fianco dei partigiani nella guerra di Liberazione, fino alla vittoria e alla creazione di una Jugoslavia Federativa e Socialista.

E chi hanno messo al fianco di grandi personalità come Tito, Ho Chi Min, eccetera? Giacinto Pannella! Persino indicandolo come "antimilitarista"!...
In realtà, "Marco" Pannella  è un noto guerrafondaio. Ha appoggiato *tutte* le guerre di aggressione della NATO e degli USA, propagandandole con i suoi interventi mediatici. Al "Manifesto" hanno anche dimenticato che si è fatto immortalare nell'uniforme degli ustascia croati per presentarsi al suo idolo, il fascista Tudjman. (**)

(segnalato a cura di Ivan Istrijan e Italo Slavo)


(english / italiano)

Continuazione del dibattito sul Kosovo a L'Aia


1) Germania e Albania contro l'Argentina
2) L'Austria per l'indipendenza del Kosovo, l'Azerbaigian e la Bielorussia contro
3) Intervista: Thomas Fleiner, "La Risoluzione 1244 è l'unico atto che vieta la secessione"
4) China: Kosovo declaration violates intl. law 
5) Continuazione del dibattito sul Kosovo a L'Aia
6) ICJ hears Russian, U.S. arguments 
7) L'Aia: Le opinioni contrapposte della Russia e degli Stati Uniti

Vedi anche: 
E' iniziata la difesa del Kosovo e Metohija dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia

Altre news in inglese, serbocroato ed italiano ai siti:


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Germania e Albania contro l'Argentina

Il Kosovo può tornare alla situazione antecedente la dichiarazione di indipendenza solo con la forza, hanno affermato i rappresentanti della Germania e dell'Albania, mentre il rappresentante dell'Argentina ha impugnato il diritto di autodeterminazione degli albanesi come la minoranza etnica
 
I rappresentanti di Germania e Albania che ieri hanno sostenuto le loro argomentazioni a favore dell'indipendenza del Kosovo, hanno ribadito la tesi sul diritto del "popolo albanese" all'autodeterminazione dopo molti anni di repressione a cui era stato esposto. Hanno definito assurdo l'invito di Belgrado per nuovi negoziati, affermando che il ritorno allo stato antecedente la dichiarazione di indipendenza sarebbe possibile solo con l'uso della forza.

Gli interessi della Serbia ieri, presso il Palazzo della Pace, sono stati rappresentati dall'Argentina, il cui rappresentante ha menzionato situazioni simili in cui i negoziati sono durati per decenni, mentre nel caso del Kosovo si è smesso con la ricerca di una soluzione dopo soli due anni di negoziati.

Il rappresentante dell'Arabia Saudita, che ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, cioè l'ambasciatore del paese all'Aia, Abdullah Alšagrud, ha impiegato solo pochi minuti dei 45 minuti a disposizione per dire che hanno sostenuto l'indipendenza del Kosovo "perché così aveva deciso il popolo".

La consulente giuridica del ministero tedesco degli Affari Esteri, Susanna Vasum-Rainer, ha dichiarato che l'odierno Kosovo è già uno Stato, poiché dispone del popolo, del territorio e del potere. Il tentativo di cambiare questa situazione, secondo lei, potrebbe destabilizzare l'intera regione.

Affermando che la popolazione del Kosovo è un popolo, e siccome un popolo ha il diritto all'autodeterminazione, il membro del team dell'Albania professor Terry Gill, ha concluso che non vi è alcun divieto di secessione. Egli ritiene assurdi gli appelli del governo democratico in Serbia per nuovi negoziati sulla soluzione finale per il Kosovo, perché il 1999 non va dimenticato. E' assurdo, ha detto, che il governo serbo sia disposto a restituire l'autonomia a Kosovo.
"Per i cittadini del Kosovo questo è inaccettabile. Essi non ci credono e non vogliono restare in Serbia", ha detto Gill.

Rispondendo a queste opinioni, la portavoce dell'Argentina, Susan Ruiz-Cerutti, ha sottolineato il fatto che sono occorsi settant'anni per la soluzione del problema in Sud Africa, ed un secolo intero per la restituzione di Hongkong alla Cina.

Rivolgendosi al tribunale e dicendo di agire a nome degli argentini morti nelle missioni di pace nell'ex Jugoslavia, la Cerutti ha sottolineato che obiettivo del suo paese è difendere il diritto internazionale. L'Argentina, ha detto, non avrebbe mai votato per la Risoluzione 1244 se questa avesse in qualche modo sospeso o reso alla RFJ temporanea la sua sovranità nel Kosovo. In quella risoluzione, ha sottolineato la Cerutti, non c'è una singola parola che si riferisca al diritto degli albanesi-kosovari all'autodeterminazione, perché loro, da minoranza etnica, non godevano di questo diritto, e questo è stato anche l'atteggiamento della comunità internazionale durante la crisi jugoslava.

L'esperto per le relazioni internazionali Dr. Alexander Fatić dice che l'argomento della Serbia sull'integrità territoriale non rappresenta un contenzioso sotto l'aspetto del principio fondamentale del diritto internazionale, ma rileva che non si dovrebbe neanche trascurare l'argomentazione albanese sul diritto di un popolo all'autodeterminazione nel caso di persecuzione.

"La Serbia si trovava in una situazione strana perché ha insistito sulla violazione della sovranità territoriale, ma non ha negato l'esistenza delle persecuzioni. Tuttavia, taceva sul fatto che questa attiva l'altro lato del diritto internazionale - il diritto di un popolo all'autodeterminazione," ha detto Fatić.

Rispondendo alle affermazioni di alcuni esperti di diritto internazionale secondo cui la repressione non può essere motivo di secessione, Fatić afferma che il diritto internazionale in materia di diritti umani è definito su due livelli - il livello della Carta delle Nazioni Unite che rappresenta il livello più debole di tutela dei diritti umani, e il livello della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che fornisce un più elevato livello di protezione. Perciò, dice, sta alla Corte di Giustizia di valutare se il tipo di persecuzione che c'era sul Kosovo, rientri nei requisiti di uno o di un altro livello di protezione dei diritti umani.

In aggiunta agli argomenti che i sostenitori e oppositori dell'indipendenza del Kosovo presenteranno, secondo le parole di Fatić, è importante quali paesi rappresentano gli interessi della Serbia e quali sono per gli interessi albanesi kosovari. Il fatto che gli interessi di Pristina sono rappresentati da parte di alcuni tra i paesi più influenti del mondo può essere una chiara indicazione che il parere della Corte non sarà inequivocabilmente a favore della Serbia. Fatić è convinto che il risultato finale sarà un status congelato tra la Serbia e il Kosovo, simile alla situazione in cui si trovano la Cina e Taiwan, che di fatto funziona come uno Stato indipendente sebbene la Cina non lo riconosca.

L'ex ministro degli esteri della Jugoslavia Vladislav Jovanovic concorda con Fatić che sarà di grande impatto sulla Corte sapere chi difenderà l'indipendenza del Kosovo.

"Questo tribunale si è opposto solo una volta agli Stati Uniti nella controversia con il Nicaragua, emanando il verdetto a favore del Nicaragua, mentre l'America si era immediatamente ritirata dalla Corte. Si pone la questione se il giudice deciderà ancora una volta in maniera indigesta all'America", dice Jovanovic, che ha rimproverato l'approccio troppo ottimistico del team legale.

Jovanovic valuta che gli argomenti della controparte albanese sono gonfiati, e in particolare il loro parere che nella Risoluzione 1244 non sta scritto da nessuna parte che non hanno diritto di autodeterminazione.

"Questo non ha senso perché, se si dice che la Jugoslavia, come paese precursore della Serbia, mantiene la sovranità della Serbia su quel territorio, poi questo esclude il diritto all'autodeterminazione. Come abbiamo previsto, loro per lo più insistono sull'aspetto umanitario, come pure gli Stati che li sostengono. Gli Albanesi saranno in linea con la dichiarazione di Madeleine Albright che durante i bombardamenti ha dichiarato che la Serbia ha perso il diritto morale sul possesso del Kosovo a causa di quello che le si attribuiva di aver compiuto," dice Jovanovic.

Egli avverte, inoltre, che con tutto questo ci si dovrebbe aspettare che il tribunale, nel pronunciare il parere farà riferimento alle decisioni del Tribunale dell'Aja, di cui alcune sono molto negative per la Serbia.

J. Cerovina

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Che cosa ha effettivamente detto Ovada

La dichiarazione di Hisashi Ovada, Presidente della Corte Internazionale di Giustizia, che, come riferito dai giornalisti, durante il collegamento video Mosca-L'Aia ha annunciato che il parere della Corte non sarà univoco nel "sì" o "no" a favore o contro l'indipendenza del Kosovo, ha provocato le critiche degli esperti in diritto internazionale. Dall'Ufficio di Ovada, tuttavia, è arrivata una smentita in cui si afferma che le sue dichiarazioni erano estrapolate dal loro contesto, ma non è stato negato che lui non abbia detto qualcosa del genere. Quale fosse la formulazione utilizzata dal Presidente della CIJ, lo si può apprendere dal sito web: http://rian.ru/press_video/20091119/194564062.html

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Obradović: Straordinaria esposizione argentina

L'AIA - Il capo della delegazione della Serbia Sasa Obradovic ha detto ieri che si aspettava l'attuale  corso del dibattito sulla legittimità della dichiarazione unilaterale di indipendenza. Egli ha definito "straordinario" l'esposé della rappresentante dell'Argentina. "Abbiamo sentito l'esposizione eccellente del rappresentante legale dell'Argentina, al quale li siamo molto grati. Nel corso dei prossimi giorni ci saranno delle esposizioni di più paesi che sosterranno la nostra posizione giuridica ", ha detto Obradovic secondo l'agenzia Beta.

La dichiarazione da parte delle autorità di Pristina "ha in qualche modo negato l'importanza del diritto internazionale", ha indicato Obradovic. "Temo che quasi equivalga ad uno scandalo giuridico, uscire dinanzi alla Corte internazionale dicendo che il diritto internazionale non tratta la questione della secessione, soprattutto per chi aspira ad essere il paese più giovane del mondo", ha detto Obradovic.

[pubblicato il: 03/12/2009]


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L'Austria per l'indipendenza del Kosovo, l'Azerbaigian e la Bielorussia contro

Le agenzie informano che i rappresentanti di Azerbaigian e Bielorussia ieri, durante il dibattimento dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, hanno ritenuto che la dichiarazione unilaterale di indipendenza è contraria al diritto internazionale e delle Nazioni Unite ed alla Risoluzione 1244, mentre il rappresentante dell'Austria ha affermato che l'auto-proclamata costituzione statale del Kosovo è legittima.

Sottolineando che il rispetto dell'integrità territoriale e della sovranità dello Stato sono i principi fondamentali del diritto internazionale, alla cui violazione le Nazioni Unite si oppongono sin dal periodo della propria costituzione, l'Ambasciatore dell'Azerbaigian presso le Nazioni Unite, Agshin Mehdijev, ha fatto ricordare che dal 1945 l'organizzazione mondiale non ha riconosciuto nessuna dichiarazione unilaterale di indipendenza a cui si sia opposto lo Stato centrale. Mehdijev ha detto che i soggetti che violano leggi interne dello Stato e dichiarano la secessione "non si possono considerare come Stati".

L'ambasciatrice della Bielorussia nei Paesi Bassi, Elena Gricenko, rappresentando il proprio paese nel dibattimento di ieri, ha concluso che non esiste alcun argomento giuridico convincente per la secessione del Kosovo. La rappresentante bielorussa ritiene che la secessione, secondo il diritto internazionale, è stata concessa ad ex colonie o nei casi in cui alla popolazione di minoranza con una lunga repressione sia stata negata la partecipazione al governo, il che non era il caso del Kosovo.

"La situazione in Kosovo non soddisfaceva i criteri tradizionalmente interpretati per il diritto all'autodeterminazione", ha detto Gricenko, ricordando che nella Jugoslavia gli albanesi del Kosovo avevano propri rappresentanti nella Presidenza di Stato, Parlamento, Banca centrale, Università, disponevano del diritto di veto a livello federale, e godevano degli stessi diritti delle altre unità federali ad eccezione del diritto di secessione dalla Serbia.

Il legale rappresentante dell'Austria Helmut Tihi ha detto che la dichiarazione unilaterale di indipendenza è in conformità con il diritto internazionale. Egli ha detto che nel diritto internazionale non esiste alcuna norma che vieti la dichiarazione di indipendenza o secessione.

"La dichiarazione è stata adottata da parte dei rappresentanti eletti, che hanno espresso la volontà del popolo del Kosovo, ed a questo il diritto internazionale non pone divieto", ha detto Tihi.

La creazione di nuovi Stati tramite la secessione, ha detto il rappresentante austriaco, è contraria al diritto internazionale solo in caso di uso illegittimo di forza esterna, di violazione dei trattati internazionali, come nel caso di Cipro, o quando li costituiscono i regimi delle minoranze razziste, per esempio nella ex Rhodesia (Zimbabwe).

Tihi ha valutato che la dichiarazione di indipendenza non ha compromesso neanche il principio di protezione della integrità territoriale ne' la sovranità della Serbia, in quanto si applica solo quando altri paesi violano l'integrità di un certo Stato, e non l'entità che esige la secessione.

Ha ricordato che la comunità internazionale non ha contestato la secessione dalla Jugoslavia di Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina, la cui indipendenza non è stata messa in discussione dalla Jugoslavia, e questi Stati sono stati ammessi nelle Nazioni Unite consensualmente.

Una volta sentite le argomentazioni orali di tutti i 28 Stati registrati per il dibattito, che durerà fino all'11 dicembre, la Corte Internazionale di Giustizia emanerà un verdetto sotto la forma di un consiglio non vincolante per gli Stati.

Il termine ultimo per il rilascio del parere non esiste, ed in pratica, il processo decisionale dei 15 giudici, guidati dal presidente della Corte, il giapponese Hisashi Ovada, si protrae per mesi. Bolivia, Brasile, Bulgaria, e Burundi porteranno propri argomenti nel corso dell'audizione odierna dinanzi alla Corte.

A. M.
[pubblicato il: 04/12/2009]


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Intervista: Thomas Fleiner, fondatore dell'Istituto per il federalismo in Fribourg

La risoluzione 1244 è l'unico atto che vieta la secessione

La competenza della Corte internazionale di giustizia è enorme, perché se emanasse il suo verdetto a favore della indipendenza, questo porterebbe alla distruzione del diritto internazionale
 

Il Kosovo è un caso unico, ma non nel senso in cui desiderano quelli che l'hanno riconosciuto come Stato indipendente. L'unicità del caso del Kosovo si riflette nel fatto che la Risoluzione 1244 è l'unico atto mai passato finora, che vieta la secessione del territorio di un paese, garantendo l'integrità territoriale della ex Jugoslavia. Un atto del genere non esiste, per esempio, in Quebec o Kashmir, ha detto in un'intervista per "Politika" Thomas Fleiner, professore svizzero di diritto costituzionale e fondatore dell'Istituto per il Federalismo a Fribourg, che si è recato a Belgrado su invito del Centro per la strategia nazionale.

Quali sono casi in cui le minoranze nazionali hanno il diritto di autodeterminazione?

Mai nella comunità internazionale finora vi è stato alcun caso di riconoscere ad un popolo il diritto all'autodeterminazione. I Curdi avevano invocato tale diritto, ma a tutt'oggi la comunità internazionale non ha dato loro il diritto di autodeterminazione, ovvero il loro Stato.

Esiste un principio nel diritto internazionale che sia al di sopra dei principi di integrità territoriale e di sovranità?

No, per quanto ne so. L'unico passo in questa direzione sarebbe la Dichiarazione delle Nazioni Unite sullo status delle popolazioni indigene del 2007, che per la prima volta garantisce al popolo autoctono i diritti collettivi di autonomia territoriale all'interno dello Stato, ma non il diritto alla secessione. Tuttavia, contro questa dichiarazione durante la votazione alle Nazioni Unite, avevano votato solo gli Stati che hanno riconosciuto il Kosovo, come per es. gli Stati Uniti e il Canada.

Come commenta l'argomento secondo cui agli albanesi appartiene un loro diritto alla secessione perché per molti anni sono stati oggetto di repressione da parte di Belgrado?

Se un tale motivo fosse accettato, sarebbe un precedente terribile che destabilizzerebbe la pace nel mondo, perché tutti quelli che hanno delle richieste irredentiste o secessioniste avvierebbero azioni terroristiche per provocare lo Stato di rispondere ad esse. Per poi avere il pretesto per chiedere la secessione. Inoltre, sarebbe lecito porsi la domanda di perché il Consiglio di Sicurezza e le Nazioni Unite abbiano emanato la Risoluzione 1244 con 
cui si garantisce l'integrità territoriale e la sovranità della Repubblica Federale di Jugoslavia, e non abbiano accettato queste argomentazioni sulla presunta repressione da parte dello Stato, per poi, in seguito, concedere l'indipendenza al Kosovo.

Come commenta l'argomento che nei giorni scorsi ha presentato la Germania dinanzi al tribunale, secondo cui il Kosovo rappresenta uno Stato, avendo un territorio, un governo ed un proprio popolo?

Questo atteggiamento ignora completamente la realtà del mondo. Perché la situazione in Kosovo sarebbe diversa da quella in Sudan, in Kashmir, o con i Curdi che possiedono il territorio, il popolo ed il governo. Un tale approccio ci porterebbe nella situazione in cui chi sta combattendo con le armi e controlla il territorio, potrebbe ottenere un proprio Stato. Sarebbe fine del mondo.

Se dal punto di vista giuridico è tutto chiaro, allora il Kosovo è diventato un caso politico?

Certamente. La decisione di riconoscere il Kosovo è esclusivamente politica.

Ciò significa che ora nella Corte di Giustizia si sta cercando di dare peso legale ad una decisione politica?

Spero di no. Non solo come esperto, ma come uomo cresciuto in uno Stato di diritto, mi duole che gli Stati legali abbiano abbandonato la legge e nel riconoscimento del Kosovo si facciano guidare da argomenti politici. Non è solo il caso della Serbia, ma dell'intero ordine giuridico internazionale. La competenza della Corte internazionale di giustizia è enorme, perché se si ritenesse che l'indipendenza è conforme al diritto internazionale, questo porterebbe al caos, all'anarchia e alla distruzione del diritto internazionale.

Jelena Cerovina

[pubblicato il: 05/12/2009]


=== 4 ===

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2009&mm=12&dd=07&nav_id=63568

Beta News Agency/Tanjug News Agency - December 7, 2009

China: Kosovo declaration violates intl. law 


THE HAGUE: The public hearing on the legality of the Kosovo Albanian UDI case before the ICJ continues today in The Hague for the fifth day.

China, Cyprus, Croatia and Denmark will state their opinions on the legality of the unilateral declaration of independence before the 15 judges of the International Court of Justice (ICJ) at the Peace Palace this Monday.

China reiterated its stance given in a written statement sent to the ICJ during the previous stage of the proceedings that the Kosovo Albanian proclamation was contrary to international law. 

"There is no doubt that after the breakup of the Socialist Federal Republic of Yugoslavia, Kosovo was a part of the Federal Republic of Yugoslavia, that is, Serbia. Integral parts of sovereign states, under international law, do not have a right to unilateral secession...while the principle of protection of territorial integrity is a cornerstone of international legal order," Beta news agency reported China's legal representative Xie Hanchin as saying. 

She added that sovereign states have a right to prevent unilateral secessions and protect their integrity, and that China also sees the unilateral proclamation as a violation of mandatory UNSC Resolution 1244, that guarantees the territorial integrity and sovereignty of the Federal Republic of Yugoslavia (SRJ). 

Serbia is the successor state to the SRJ. 

China rejected interpretations that the provision of the resolution that guaranteed integrity and sovereignty was "unbinding", with its legal representative telling the ICJ today that Beijing in 1999 insisted that this provision be included in the resolution, which came after NATO's illegal military attack. 

"For this reason China did not block Resolution 1244," Hanchin emphasized. 

According to this resolution, the future status of Kosovo was to be determined through an agreement reached by both sides, in a political process, but such a solution had to respect the territorial integrity of SRJ, that is, Serbia, she continued. 

The Chinese representative rejected claims coming from the countries which recognized Kosovo that the negotiating process had been exhausted, stressing that this could only have been ascertained by the UN Security Council, which was entitled to decide on the further measures. 

Hanchin also rejected statements that Kosovo's residents had a right to self-determination, explaining that such a right, under international regulations, is enjoyed only by peoples or territories of colonies or areas under foreign occupation. 

China also stood against claims that Kosovo's independence is now "fait accompli", because 63 countries recognized it. 

"The advisory opinion of the ICJ will therefore have direct influence on international law and relations," the Chinese legal representative said, and added that her country remains committed to building a lasting peace in the Balkans through political dialogue and seeking of a compromise solution, noting that unilateral acts do not contribute to that goal. 

China was the first permanent member of the UN Security Council that presented its arguments in the case, and this was also the first time that this country participated in an ICJ advisory opinion hearing . All five permanent UNSC member states will address the court. 

Cyprus is also set to speak in favor of Serbia's argument that the proclamation was in violation of international law. 

Denmark and Croatia will defend Kosovo Albanian position. 

In a written contribution on 70 pages, submitted to the ICJ previously during the proceedings, Cyprus stated that Kosovo has no right to statehood, as well as that the unilateral declaration of independence, made by the province's interim institutions, was contrary to international law. 

Kosovo only has those rights guaranteed to it by Resolution 1244, and a right to secession is not among them, Cyprus said. 

The Hague Court opened the public hearing on the legitimacy of the unilateral proclamation on December 1. The participating countries will be presenting their arguments until December 11.  


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Continuazione del dibattito sul Kosovo a L'Aia

7 Dicembre 2009 | 11:51 -> 14:17 | Fonte: FoNet, Beta

L'Aia - Dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, Cipro e la Cina hanno affermato che l'indipendenza del Kosovo è illegale, mentre la Danimarca e la Croazia hanno difeso la tesi opposta


La Cina nella sua prima apparizione davanti alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia, ha ritenuto che la dichiarazione unilaterale di indipendenza è contraria al diritto internazionale.

"Senza dubbio, il Kosovo, dopo la disgregazione della Jugoslavia, faceva parte della Jugoslavia, cioè della Serbia. I componenti degli Stati sovrani, secondo il diritto internazionale, non hanno il diritto di secessione unilaterale ... mentre il principio della tutela della integrità territoriale fa da pietra angolare dell'ordinamento giuridico internazionale ", ha detto il rappresentante legale della Cina, Sie Hanćin.

Nel quinto giorno di audizioni sulla legittimità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, Sie ha sottolineato che gli Stati sovrani hanno il diritto di impedire la secessione unilaterale per proteggere la propria integrità.

L'atteggiamento della Cina è che con la dichiarazione di indipendenza è stata violata la risoluzione vincolante 1244 che garantisce l'inviolabilità della integrità territoriale e la sovranità della Jugoslavia, ha sottolineato Sie.

La portavoce della Cina ha respinto l'interpretazione per cui questa Risoluzione era "non-vincolante", sottolineando che è stato il governo di Pechino, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ad insistere che la garanzia di integrità territoriale della Jugoslavia, dopo l'"illegale" attacco militare da parte della NATO, venisse inclusa nel documento.

"Per questo motivo la Cina non ha bloccato l'adozione della Risoluzione 1244", ha osservato la Sie Hanćin.

Secondo la risoluzione, ha ricordato, il futuro status del Kosovo doveva essere determinato con l'accordo di entrambe le parti nel processo politico, ma qualsiasi soluzione doveva rispettare l'integrità territoriale della Repubblica federale di Jugoslavia, ovvero della Serbia.

Respingendo l'affermazione degli Stati che hanno riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, che il processo negoziale sul Kosovo sarebbe esaurito, Sie ha sottolineato che questo poteva soltanto determinarlo il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, a cui spettava di decidere sulle ulteriori misure.

La rappresentante cinese ha respinto l'opinione che il popolo del Kosovo abbia il diritto di autodeterminazione, precisando che di tale diritto secondo le normative internazionali godono solo colonie, o i territori e le zone sotto occupazione straniera.

La rappresentante cinese ha respinto le affermazioni che l'indipendenza del Kosovo sarebbe un "fait accomplì", perché riconosciuta da 63 Stati.

Il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia avrà, pertanto, un "impatto diretto" sul diritto internazionale e sulle relazioni.

La Cina resta impegnata a costruire una pace duratura nei Balcani attraverso il dialogo politico e la ricerca di soluzioni di compromesso, ma le azioni unilaterali non contribuiscono a tal fine, ha concluso Sie Hanćin, consulente legale presso il Ministero degli Affari Esteri di Pechino.

Cipro ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia di applicare il diritto internazionale su questo caso, e ha detto che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo è illegale.

"I principi del diritto internazionale non supportano una dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo ... Né il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, né chiunque altro, ha il diritto di amputare una parte del territorio di uno Stato sovrano ", ha detto il legale rappresentante cipriota Polivijos Poliviju.

Negando che il Kosovo sia un "caso speciale", Poliviju ha avvertito che la Corte internazionale di giustizia, se adotta una posizione basata sulla specificità e si esprime positivamente sull'autonomia, "difficilmente sarà in grado di limitare tale constatazione solo al Kosovo".

"Un avvocato o un politico manipolatore potrebbero applicare questo verdetto a molti altri casi ... Se il tribunale prendesse la posizione che il Kosovo è un 'caso speciale', cesserebbe di essere un tribunale ... e questo non deve farlo", ha ribadito la Poliviju, aggiungendo che l'applicazione del diritto internazionale deve essere universale.

Il rappresentante di Cipro ha detto che violazioni dei diritti umani in Kosovo non danno il diritto alla popolazione locale di squartare uno Stato sovrano, poiché i suoi diritti andranno rispettati dentro la Serbia.

Un altro rappresentante cipriota, Von Lou, ha detto che la dichiarazione di indipendenza è in contrasto con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1244, con cui è stata istituita l'amministrazione internazionale temporanea nella provincia garantendo inoltre l'integrità territoriale della Jugoslavia.

"Nessuna parola nel documento implica che l'amministrazione internazionale potrebbe concludersi con la rimozione della sovranità della Serbia in Kosovo", ha sottolineato Lou, ricordando che la Serbia ha deciso di accettare la risoluzione sotto tali condizioni.

Secondo la risoluzione, nessuna delle due parti aveva il diritto di imporre unilateralmente soluzioni sul futuro status del Kosovo, ha ricordato Lou.

I rappresentanti della Croazia e della Danimarca, d'altra parte, hanno affermato che la dichiarazione di indipendenza non è in contraddizione con il diritto internazionale.

La portavoce della Croazia Andreja Metelko Zgombić, ha detto che il Kosovo era parte integrante della Jugoslavia, e quindi aveva il diritto di autodeterminazione, ovvero di dichiarazione dell'indipendenza.

Affermando che gli albanesi del Kosovo, sebbene facendo il 90 per cento della popolazione del Kosovo, sono stati vittime di anni di repressione da parte delle autorità serbe, Andreja Metelko Zgombić ha detto che la volontà del popolo deve essere l'elemento basilare per la determinazione dello status finale del Kosovo.

Dopo due anni di negoziati, le posizioni di Belgrado e Pristina non si sono ravvicinate. L'inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari, ha concluso che non vi è alcuna possibilità per un accordo sullo status finale del Kosovo, ha detto Andreja Metelko Zgombić, valutando che l'esistenza della Repubblica del Kosovo è un fatto del diritto internazionale ed è conforme con esso.

Il rappresentante della Danimarca Thomas Winkler, ha affermato che la dichiarazione di indipendenza non è in contraddizione con il diritto internazionale, perché la legge internazionale non vieta la dichiarazione di indipendenza.

Winkler ha detto che la Risoluzione 1244 sul Kosovo del Consiglio di sicurezza dell'ONU non ha escluso l'indipendenza come una possibile soluzione per lo status del Kosovo, né ha stabilito che la soluzione finale possa essere raggiunta solo con il consenso della Serbia.

Secondo Winkler, l'indipendenza del Kosovo è stata dichiarata dopo che si sono esaurite tutte le possibilità per una soluzione negoziale tra Belgrado e Pristina.

La maggior parte della popolazione del Kosovo, i cui diritti umani erano stati per anni violati da parte della Serbia, voleva l'indipendenza, ha detto Winkler.

Lui ha valutato che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo non può costituire un precedente sul quale le entità possano cercare la separazione dalla madre patria, causando l'instabilità nel mondo.

"Il Kosovo è un caso specifico, poiché alla sua popolazione sono stati violati i diritti umani per molti anni, è stato otto anni sotto l'amministrazione internazionale ed in Jugoslavia aveva uno status specifico che gli dava il diritto all'autodeterminazione", ha detto Winkler.


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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2009&mm=12&dd=08&nav_id=63587

Beta News Agency/B92 - December 8, 2009

ICJ hears Russian, U.S. arguments 


THE HAGUE: The public hearing on the Kosovo case continued this Tuesday in The Hague for the sixth day.

After yesterday's arguments presented by China – the first permanent member of the UN Security Council to participate in the proceedings – today the judges are hearing the arguments of Russia and the United States, and also Spain and Finland.

Moscow and Washington are heading two blocs in the United Nations – one favoring, and the other opposing the Kosovo Albanian unilateral proclamation of independence. 

This was the first time in the last 50 years that Russians and Americans face each other directly in an international court, reports said. 

The International Court of Justice (ICJ) hearing is set to continue until the end of this week, but the judges are expected to give their advisory opinion on the legality of the proclamation several months later. 

The case was forwarded to the court by the UN General Assembly last fall, at the request of Serbia. 

Russia: Declaration was illegal

Ambassador of the Russian Federation to the Netherlands, Kirill Gevorgian, who today acted as Russia's legal representative in the ICJ proceedings, said that the unilateral declaration was illegal, and stressed that UNSCR 1244 was still in force, guaranteeing Serbia's territorial integrity. 

Gevorgian also noted that general international law is preventing Kosovo from declaring independence, bearing in mind that the people of Kosovo do not enjoy a right to self-determination. 

Russia believes that Resolution 1244 is still in force and that all sides are obligated to respect it, and the guarantees for the territorial integrity and sovereignty of Serbia, the ambassador stressed. 

"Resolution 1244 is still in force and for this reason, no institution can proclaim independence. Russia believes that the unilateral resolution on the independence of Kosovo is contrary to Resolution 1244 and international law," the Russian representative said, according to a Beta news agency report from The Hague. 

Gevorgian stressed that Resolution 1244, which proscribes a Kosovo status solution through negotiations and with the consent of both sides, and prohibits unilateral moves, cannot be overturned by a decision of UN secretary-general's envoy Martti Ahtisaari to end the negotiations and recommend independence as the only solution. 

Ahtisaari, the ambassador told the ICJ judges, "not only missed a chance to secure an agreement but also came forward with his own solution, contrary to the position of one of the parties". 

Ahtisaari's failure does not mean that the process has been concluded, Gevorgian said, and added that the Security Council decides on that. 

While describing the status negotiations, the Russian representative today quoted the words of Kosovo Albanian representative Skender Hiseni, who said that the negotiations were led on "whether or not Serbia will accept Kosovo's independence". 

The temporary international regime in Kosovo could only have been ended by the UN Security Council, in keeping with Resolution 1244, the ambassador added. 

Gevorgian went on to say that unlike Ahtrisaari, the Security Council had decided to extend the negotiations and that Serbia was offering an ever increasing level of autonomy to the Albanians, including membership in international organizations. 

Rejecting claims coming from those countries who support the unilateral declaration that international law "does not regulate independence declarations", the Russian representative reminded that the UN Security Council declared Northern Cyprus and Rhodesia's independence to be illegal, since secession is forbidden outside the colonial context. 

Russia also pointed out that "severe violations of Albanians' human rights during the 1990s" cannot serve as justification for the unilateral proclamation made in 2008. 

"We often hear that international law is no law, that it does not apply to precedents, and that power is the law. This case is a chance to demonstrate that international law is in effect," Gevorgian concluded. 

Spain: Declaration against international law

Spain stated before the International Court of Justice (ICJ) today that the unilateral proclamation of Kosovo's independence goes against international law. 

“The unilateral Kosovo independence declaration cannot be in accordance with international law because it violated the principle of territorial integrity and sovereignty of Serbia, which is engraved in the UN Security Council Resolution 1244,” Spanish representative Concepcion Escobar Hernandez said. 

She added that “with the adoption of Resolution 1244, the Security Council did not vote in favor of Kosovo's independence, nor for then Federal Republic of Yugoslavia to lose sovereignty over the province.” 

Resolution 1244 was passed with “wise balance between the interests of the two sides” and founded on two basic principles – the territorial integrity and sovereignty of the Federal Republic of Yugoslavia and the right of ethnic Albanians for self-determination through self-administration and autonomy, Hernandez said. 

According to the resolution, a future status of Kosovo must be the result of a political process, and agreement between the two sides. 

“Spain believes that Resolution 1244 is still in power, and that the political process for seeking a solution is ongoing, until the Security Council passes a different decision,” Hernandez said. 

It can only be concluded, the Spanish representative continued, that without a new decision from the UN Security Council, the negotiations on Kosovo’s future status must continue. 

Hernandez also said that a unilateral act cannot be considered an “agreement” which Resolution 1244 envisioned. 

“Both sides have to agree on a solution and the UN Security Council must support it,” Hernandez underscored. 

She said that a unilateral secession is not allowed under international law, unless in case it concerns a colony. 

Hernandez backed this statement by quoting from last year's EU report on the conflict between Georgia and Russia. 

Spain gives great significance to the protection of human and minority rights, she said but rejected claims that repression of Kosovo Albanians during the 1990s justify unilateral secession. 

Spain’s stance is that this question was solved with the UN Security Council Resolution 1244, which enabled ethnic Albanians to enjoy a broad autonomy, Hernandez concluded.  


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L'Aia: Le opinioni contrapposte della Russia e degli Stati Uniti

8 Dicembre 2009 | 11:53 -> 13:59 | Fonte: Beta

L'Aia - Gli Stati Uniti e la Russia dinanzi alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia hanno presentato opinioni opposte sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo.

La Russia dinanzi alla Corte internazionale di giustizia ha affermato che la dichiarazione unilaterale di indipendenza non è legale, sottolineando che è ancora in vigore la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza che garantisce l'integrità territoriale della Serbia.

Il legale rappresentante della Russia Kirill Gevorgijan ha indicato che il diritto internazionale generale "impedisce al Kosovo di dichiarare l'indipendenza", perché il popolo del Kosovo non gode del diritto di autodeterminazione.

La Russia, pertanto, ritiene che la Risoluzione 1244 è tutt'ora valida e che tutti sono tenuti a rispettarla, così come le garanzie di integrità territoriale e la sovranità della Serbia, ha sottolineato Gevorgijan.

"La Risoluzione 1244 è tuttora in vigore e per questo motivo nessuna istituzione ha il diritto di dichiarare l'indipendenza. La Russia ritiene che la risoluzione unilaterale di indipendenza del Kosovo è in contrasto con la Risoluzione 1244 e con il diritto internazionale ", ha sottolineato il rappresentante di Mosca.

L'ambasciatore Gevorgijan ha sottolineato che la Risoluzione 1244 prevede che la soluzione dello status del Kosovo sia tramite negoziati tra le parti e vieta mosse unilaterali, ed essa non poteva essere "modificata con la decisione" di Martti Ahtisaari, l'inviato speciale del Segretario generale dell'ONU, di porre fine ai negoziati raccomandando l'indipendenza come unica soluzione.

Ahtisaari "non soltanto ha omesso di procurare un accordo, ma è anche uscito con una propria soluzione, contraria al punto di vista di una delle parti", ha detto Gevorgijan, sottolineando che il fallimento di Ahtisaari non significa che sia completato il processo decisionale del Consiglio di Sicurezza.

Nella sua descrizione di questi negoziati, l'ambasciatore della Russia si è servito delle parole del principale rappresentante del governo di Pristina, Skender Hiseni: "I negoziati sono stati condotti sulla questione se la Serbia accetterà o non accetterà l'indipendenza del Kosovo".

Il rappresentante russo ha sottolineato che il regime temporaneo internazionale in Kosovo, in conformità con la Risoluzione 1244, potrebbe essere terminato solo da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU.

Gevorgijan ha sostenuto che, contrariamente a Ahtisaari, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha deciso di prolungare i negoziati e che la Serbia, nel corso delle trattative con "la troika" internazionale, ha offerto un grado di autonomia del Kosovo sempre più alto, compresa l'adesione alle organizzazioni internazionali.

Negando le accuse dei paesi che sostengono il Kosovo dichiarando che il diritto internazionale "non disciplina" le dichiarazioni d'Indipendenza, Gevorgijan ha rammentato che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha dichiarato illegale l'indipendenza di Cipro del Nord e della Rhodesia, perché la secessione è vietata "al di fuori del contesto coloniale".

La Russia ha indicato che le gravi violazioni dei diritti umani degli albanesi durante gli anni novanta "non possono essere una giustificazione per una dichiarazione unilaterale di indipendenza nel 2008".

"Spesso si sente dire che il diritto internazionale non è un diritto, che non si applica alle eccezioni e che il potere funge da legge. Questo caso è un'occasione per dimostrare che il diritto internazionale ha validità", ha concluso Gevorgijan.

Ma proprio oggi, gli Stati Uniti hanno ritenuto che una dichiarazione di indipendenza non è in contraddizione con il diritto internazionale.

"Gli Stati Uniti chiedono alla Corte internazionale di giustizia di lasciare la dichiarazione di indipendenza intatta, come un'espressione della volontà del popolo del Kosovo, che sia rifiutando di dichiararsi sulla sua legittimità, o stabilendo che la legge internazionale non vieta la dichiarazione di indipendenza", ha detto rappresentante statunitense Harold Hongdju Ko nel Palazzo della Pace dell'Aia.

Hongdju ha fatto appello alla Corte di non affrontare la questione più ampia della autodeterminazione nel diritto internazionale, o, in caso contrario, di vedere il Kosovo come un "caso speciale".

"Non vi è alcuna contraddizione tra la dichiarazione pacifica di indipendenza del Kosovo e il diritto internazionale, compresa la Risoluzione 1244", ha detto Hongdju Ko.

A riprova di questo, il rappresentante americano, tra l'altro, ha detto che nove di 15 membri del Consiglio di Sicurezza che hanno votato per la Risoluzione 1244, in seguito hanno riconosciuto il Kosovo.

Il rappresentante degli Stati Uniti ha sottolineato che la dichiarazione unilaterale di indipendenza "deriva da un processo politico sorvegliato dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU", e che è pertanto in linea con la Risoluzione 1244

Hongdju Wo ha ricordato che l'inviato del segretario generale dell'Onu, Martti Ahtisaari, al termine di un processo di negoziazione privo di successo, ha detto che "l'indipendenza del Kosovo è l'unica soluzione possibile".

Gli Stati Uniti hanno indicato che con la Risoluzione 1244 non è stata garantita l'integrità territoriale della Serbia, ma quella della Jugoslavia, che ora non esiste, e soltanto durante il periodo intermedio di amministrazione internazionale in Kosovo.

Secondo Ko, la dichiarazione di indipendenza non ha violato alcun principio di integrità territoriale poiché, secondo il diritto internazionale, sono solo gli Stati che lo devono rispettare e non le entità interne.

Riferendosi alla sentenza del Tribunale dell'Aia nel caso di Milutinovic, il rappresentante degli Stati Uniti ha suggerito che la legittimità della dichiarazione d'indipendenza deriva anche dal fatto che per anni interi gli albanesi del Kosovo sono stati sottoposti ad una "campagna di violenza, sotto l'egida dello Stato, che ebbe il suo apice nel 1999 quando "10000 albanesi furono uccisi e circa un milione espulsi".

La legittimità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo è ora davanti alla Corte internazionale di giustizia, e dopo gli Stati Uniti, è stata sostenuta anche dalla Finlandia.

La legale rappresentante della Finlandia Paivi Kaukoranta, ha definiato la dichiarazione "un atto politico", basato su eventi del passato.

Chiamando l'indipendenza del Kosovo un "fatto", Kaukoranta ha detto che una dichiarazione di indipendenza è sempre in conflitto con la legge interna del paese madre.

Kaukoranta ha indicato che l'indipendenza del Kosovo è il risultato del fallimento delle trattative tra Belgrado e Pristina che il Consiglio di Sicurezza ha condotto ai sensi della Risoluzione 1244, con la mediazione del Segretario Generale dell'ONU, tramite il suo inviato speciale Martti Ahtisaari, ex presidente finlandese.

"Il diritto internazionale deve accettare che la storia porta alla creazione di nuovi Stati," ha indicato la portavoce della Finlandia.

Kaukoranta ha suggerito che il diritto degli albanesi del Kosovo alla secessione dalla Serbia deriva dall'incapacità o dalla mancanza di volontà delle autorità di Belgrado a permettere "la realizzazione del diritto all' auto-determinazione interna" attraverso una sostanziale autonomia e autogoverno in Kosovo.

Un altro rappresentante legale della Finlandia, Martti Koskeniemi, ha sottolineato che il diritto internazionale non si "interessa" delle dichiarazioni di indipendenza.

Il principio del rispetto dell'integrità territoriale si applica solo tra gli Stati e non per i soggetti interni, ha sostenuto Koskeniemi.

La Spagna, invece, ha affermato che la dichiarazione è stata illegale.

"La dichiarazione unilaterale di indipendenza non può essere in conformità al diritto internazionale in quanto viola il principio di integrità territoriale e la sovranità della Serbia, inscritta nella Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU", ha detto il legale rappresentante della Spagna, Concepción Escobar Hernández.

La Hernandez ha sottolineato che "con l'adozione della Risoluzione 1244, il Consiglio di Sicurezza non ha votato a favore dell'indipendenza, né ha voluto che l'allora Repubblica Federale di Jugoslavia perdesse la sovranità sulla provincia."

La Risoluzione 1244 ha adottato un "equilibrio sapiente fra gli interessi di entrambe le parti e due principi fondamentali - l'integrità territoriale e la sovranità della RFJ con il diritto degli albanesi di autodeterminarsi attraverso gli organi di governo e l'autonomia", ha sottolineato.

Il futuro status del Kosovo, secondo la Risoluzione, doveva rappresentare l'esito del processo politico, ovvero dell'accordo tra entrambe le parti, ha detto.

"La Spagna ritiene che la Risoluzione 1244 è ancora in vigore e che il processo politico per la ricerca di soluzioni è ancora in corso, finché il Consiglio di Sicurezza non adotta una decisione diversa", ha detto la portavoce della Spagna.

Si può solo concludere che, in assenza di una decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, i colloqui sul Kosovo debbano continuare, ha detto Hernandez. Ha avvertito che gli atti unilaterali non possono fungere da "accordo" previsto dalla Risoluzione 1244.
"La soluzione deve essere concordata tra entrambe le parti e sostenuta dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU", ha sottolineato la rappresentante della Spagna.

Secondo la rappresentante della Spagna, la secessione unilaterale è illegale secondo il diritto internazionale, tranne che nel caso delle colonie.

Una tale valutazione deriva secondo lei anche dal rapporto dell'Unione europea sul conflitto dello scorso anno tra la Georgia e la Russia.

Rilevando che la Spagna attribuisce grande importanza alla protezione dei diritti umani e delle minoranze, Hernandez tuttavia ha respinto la tesi secondo cui la repressione sugli albanesi del Kosovo nel corso degli anni Novanta abbia giustificato la secessione unilaterale.

La posizione della Spagna è che questo problema è risolto attraverso la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha consentito agli albanesi un'ampio auto-governo.

Durante i cinque giorni precedenti il dibattito, iniziato il 1 dicembre, quindici giudici hanno ascoltato gli argomenti delle autorità serbe, di Pristina e di 15 altri Stati.

Sentite le argomentazioni orali di 28 Stati, la Corte internazionale di giustizia rilascerà un  parere sotto forma di consiglio non vincolante per gli Stati.

Per l'adozione di un parere consultivo non ci sono limiti di tempo, in pratica le decisioni dei giudici, guidate dal presidente della Corte Hisashi Ovada, giapponese, si protraggono per mesi.

"Se la dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle istituzioni provvisorie di autogoverno del Kosovo sia in conformità del diritto internazionale": è questa la formulazione del quesito che alla Corte Internazionale di Giustizia nel mese di ottobre dello scorso anno è stato sottoposto dall'Assemblea generale dell'ONU, approvando una risoluzione su richiesta della Serbia.



IL CASO DI ANGELIKA 

Sui pogrom del 2008 contro i rom e sulle ricorrenti leggende dei "rapimenti di bambini" si vedano anche i documenti riportati o linkati alla pagina: https://www.cnj.it/AMICIZIA/rom.htm#pogrom08

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http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3494

Vi chiedo di dedicare la vostra attenzione a leggere il seguente messaggio riguardo una minore ed il suo caso - e ad intervenire
Di Fabrizio (del 07/12/2009 @ 09:33:39, in Italia, visitato 64 volte)

Da Roma_Daily_News

Londra, 1 dicembre 2009 - 2:15 pm

Cari Rom
Cari non-Rom, 
Care Persone appartenenti alla Razza Umana,
Nonostante il colore della vostra pelle, appartenenza nazionale, cultura, religione o preferenza sessuale

Vi sollecito

a dedicare la vostra attenzione nel leggere il seguente messaggio riguardo una minore, il suo caso ed a intervenire.

Il suo nome è Angelika, è nata in Romania e anche se ha appena compiuto 17 anni, ne aveva solo 15 al tempo dei fatti. Attualmente la ragazza è sotto la custodia delle autorità italiane. Secondo una recente decisione del Tribunale per i Minori di Napoli, perché è una ROMNI "totalmente inserita negli schemi appartenenti alla cultura romanì," pienamente "integrata in essa" ed inoltre incapace di analizzare concretamente le sue esperienze passate, così affronta "un concreto pericolo di -recidiva-".

La richiesta degli arresti domiciliari, sottoposta dal suo avvocato, è stata quindi rigettata dal Tribunale sulla base degli assunti sopra esposti.

Secondo la sentenza Angelika dovrebbe restare in penitenziario per 3 anni e 8 mesi; non può lasciare la prigione.

Attualmente è privata della sua libertà e rinchiusa nel tristemente famoso "Istituto Penitenziario Minorile di Nisida"[1] Napoli, circondato dal mare, dove rimarrà sino al compimento dei18 anni, quando probabilmente verrà trasferita in un penitenziario per donne adulte.

Angelika è vittima di una punizione esemplare, pubblicata e riconfermata durante un periodo estremamente duro per i Rom in Italia, quando sono stati promulgati decreti ad hoc, raccolte impronte digitali e dati biometrici, con sgomberi ed espulsioni portati avanti nonostante numerose raccomandazioni, leggi e trattati UE ed internazionali[2].

Di fronte a tutti i terribili eventi che riguardano Angelika, lei ha fortemente dichiarato la sua innocenza, ritenendo fermamente di non poter affermare di essere colpevole di crimini che non ha commesso.

Non ha mai inteso di rapire un bambino, dato che anche lei ha una figlia, Alessandra Emiliana, lasciata in Romania. Questo è probabilmente ciò che ha provato ad esprimere, nel suo stentato italiano, quando è stata arrestata. Non le è stata fornita nessuna traduzione nella sua lingua, quindi quanto è stato riportato è ciò che è stato inteso dal funzionario. E' detenuta senza confessione e non ha ottenuto alcuna facilitazione mostrando il suo pentimento.

Il suo avvocato ha perso tutti gli appelli ma molto presto, probabilmente a dicembre (fonte da confermare) dovrà portare questo caso così complicato di fronte alla Corte di Cassazione.

Questa è l'ultima possibilità non solo per la giovane, ma anche per i giudici italiani di capovolgere i precedenti ingiusti giudizi. Ma più importante, è l'ultima opportunità di intervenire contro questa ultima decisione razzista [3], apertamente riferita verso tutto il popolo Rom ed etichettando direttamente la "Romanipè" (identità romanì) come un'attitudine illecita.

La responsabilità è personale e le cariche istituzionali dovrebbero astenersi dal giudicare preventivamente o dalle misure punitive basate esclusivamente sulla loro opinione personale o su cosa credono sia o dovrebbe essere una "popolazione". I Rom non dovrebbero temere di essere assimilati a forza o tenuti in cattività solo perché "Rom".Gli imputati non dovrebbero essere considerati colpevoli sino a quando non ci siano prove sufficienti e obiettive contro di loro.

Ma qual è la storia dietro il caso ed il processo ad Angelika? Perché non si ritiene che abbia avuto un giusto processo? Leggete ancora…

Le bugie dietro la storia:

Ponticelli, Napoli, la folla ha assaltato il campo nomadi abitato da famiglie rom rumene. Il fuoco bruciò le loro proprietà e miracolosamente non si verificarono morti o feriti. I Rom rumeni, scortati dalle forze di polizia, "scapparono" letteralmente da un linciaggio di massa. Un forte ed incontrollato vento di intolleranza soffiò per tutta l'Italia, manovrato sia politicamente che mediaticamente.

Rom e Sinti di tutta la penisola temettero attacchi e rappresaglie. Erano terrorizzati di lasciare i loro insediamenti, nel mandare i figli a scuola, di uscire per qualsiasi attività che in passato sarebbe stata normalmente e regolarmente intrapresa. Media e politici fomentavano di continuo sentimenti di odio razziale attraverso osservazioni stereotipate e promettevano pubblicamente agli Italiani di affrontare senza indugio la questione "zingara" con politiche a tolleranza zero.

A Napoli, tutta l'attenzione era orientata all'"emergenza spazzatura", la città era in effetti ricoperta da mucchi di spazzatura, ed il nuovo Primo Ministro aveva pianificato una serie di incontri perché tutta l'immondizia sparisse grazie al suo tocco magico. I residenti erano sul punto di perdere la pazienza, ma non fu tutta la cittadinanza ad attaccare i campi, solo alcuni gruppi di gente che stranamente abitava lo stesso quartiere dove Angelika si era messa nei guai.

Durante quei giorni Angelika era a Napoli. Era appena arrivata con suo marito Emiliano, di 21 anni, e suo fratello con la moglie ed il figlio di 8 anni. Subito aveva avuto problemi, accusata di aver rubato degli orecchini, la quindicenne era stata circondata dalla folla e salvata dalla polizia che l'aveva messa in custodia in una casa alloggio, da cui era presto scappata.

Il 10 maggio 2008, per un amaro gioco del destino, la polizia l'aveva nuovamente salvata dalla rabbia senza controllo della folla, ma nessuno degli assalitori fu mai identificato o accusato per quell'assalto. Invece, la minore venne arrestata con un'accusa estremamente infamante: "Tentativo di rapimento di un bambino", il figlio di Flora Martinelli, a Ponticelli, uno dei più turbolenti quartieri di Napoli.

Secondo il Gruppo EveryOne la versione dei fatti fornita dalle autorità e dai media era falsa. Fu data per innescare una "caccia allo zingaro". E le dinamiche appaiono totalmente non plausibili perché quanti hanno familiarità con Napoli sanno che è praticamente impossibile entrare in un appartamento di quelle zone evitando totalmente l'inaccessibile sorveglianza degli inquilini curiosi, specialmente quando chi passa di lì è Rom.

Dopo che ebbero luogo gli eventi, differenti versioni vennero offerte dalle persone coinvolte e vennero trasmesse alcune dichiarazioni attraverso i giornali. Emersero più volte delle discrepanze tra le descrizioni date da Flora Martinelli, suo padre e dai vicini.

Fonti differenti hanno riportato che la signora Martinelli prima dichiarò che la porta del suo appartamento era stata forzata, più tardi affermò che era stata lasciata aperta. Dopo aver scoperto che la porta era aperta, entrò per controllare la culla e ritornando "incrociò -la giovane rom con la bambino tra le braccia [...] non solo: ebbe il tempo di afferrarla e strapparle il bambino. Quindi la ragazza deve essersi mossa al rallentatore, permettendo al nonno del bambino, Ciro, di trattenerla al piano inferiore, afferrarla e schiaffeggiarla"[4]. Angelika era là da sola e le sarebbe stato impossibile rapire una bambina e camminare per oltre due km. senza essere vista o ripresa.

"In realtà Angelika conosceva una delle famiglie di Via Principe di Napoli, dove ebbe luogo tutto l'episodio [...] La chiamò al citofono e venne vista da alcuni inquilini. Pochi secondi dopo scattò la trappola e venne liberata la furia degli stessi - venne presa per strada, strattonata, schiaffeggiata e portata dalla polizia"[5].

Durante i processi, i magistrati basarono le loro decisioni soprattutto sulle affermazioni della signora Martinelli. I giudici sottolinearono che non c'erano ragioni per non crederle.

Due giornalisti fecero delle indagini in proprio, Marco Imarisio scrivendo per il "Corriere della Sera" e Miguel Mora per "El Pais", scoprendo entrambe che la signora Martinelli aveva precedentemente sulla fedina penale una registrazione di "falso ideologico" (bugia) [6], mentre suo padre Ciro - conosciuto anche come "O' Cardinale" - in precedenza era stato condannato a nove mesi per "organizzazione criminale" e affiliato al Clan Sarno, una famiglia di Camorra preminente a Ponticelli e caratterizzata per la sua abilità nell'ottenere pubblici favori[7].

In quei giorni in quell'area vennero riportati numerosi attacchi contro Rom e Rumeni. Forse la furia dei Sarno svegliata dal Cardinale? E' considerato "uomo d'onore"[8], e chi vorrebbe mancare di rispetto ad un "uomo d'onore" e tentare di sottrarre qualcosa da casa sua? Gli uomini d'onore lasciano la porta aperta, come i cancelli, perché nessuno mancherà loro di rispetto.

Ma Ponticelli era anche interessata ad un piano di rinnovamento, un massiccio, supercostoso enorme investimento, proprio dove erano accampati i Rom. Alcune fonti hanno affermato che i Rom dovevano andare via perché i lavori dovevano iniziare, erano impegnati troppi soldi, così come il Comune di Napoli, i politici ed il Comitato di Ponticelli, e compagnie con sede nel Lussemburgo i cui membri non possono essere nominati.[9]

Conclusione della storia: Angelika è ancora in prigione e attende l'ultimo appello alla Corte di Cassazione a dicembre, mentre le altre persone sono in libertà. I Rom hanno ottenuto sgomberi e terrore, hanno lasciato alle spalle le loro proprietà, i politici sono rimasti al loro posto e proseguono i progetti.

Una decisione è stata presa contro Angelika e tutti i Rom.

In troppi, Rom e non-Rom, guardano immobili senza prendere azione concreta.

Questa lettera è per sollecitare la vostra coscienza a muovere ed offrire aiuto.

Il silenzio è complicità e non posso fare molto altro che inviarvi queste osservazioni.

Forse qualcuno sentirà il dovere morale di intervenire.

Io sono qui, assieme ad altri attivisti, a vostra disposizione per ricevere i vostri commenti e proposte.

 Il tempo sta scadendo...

Elisabetta Vivaldi 
Philology and History of Eastern Europe (Serbo-Croatian and Anglo-Americano comparative studies)
LLM in Human Rights
kcerka_vjetra@...


[1] Nisida Penitentiary web site http://nisida.napoli.com/

[2] For more information check different documentary sources published and circulated during the past months.

[3] For more information the documents of the decisions are published on the web site www.osservazione.org .

[4] EveryOne Group,“Anti-gypsy sentiments out of control in Italy. The truth about the kidnapping in Naples” 18/05/2008

[5] EveryOne Group,“Anti-gypsy sentiments out of control in Italy. The truth about the kidnapping in Naples” 18/05/2008

[6] Lie to a public officer

[7] “Condannato a nove mesi per associazione a delinquere è un “collaboratore” del Clan Sarno, come riferiscono Marco Imarisio del Corriere della Sera e Miguel Mora de El Pais”. Immarisio M. e Mora M. in Ranaldi G., 30/11/2009, http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3481; Mora M., "REPORTAJE: XENOFOBIA EN ITALIA. Condenada a ser condenada"

[8] In Italia Dall’Estero: “O Cardinal è stato colui che ha afferrato la ragazza mentre scappava sull’uscio di casa. È un personaggio molto conosciuto, un ‘uomo d’onore’. Difficile pensare che qualcuno entri a rubare in casa sua, soprattutto sua nipote”.

[9] See also Mora M. and , Comitato Spazio Pubblico di Napoli, Italia Dall’Estero, Comune di Napoli official site.

FONTI:

Carmosino G., “Ponticelli Colpevole di Essere Rom in Clandestino” L’Espresso online 30/11/2009

http://clandestino.carta.org/2009/11/27/ponticelli-colpevole-di-essere-rom/ 

Comitato Spazio Pubblico di Napoli “Giù La Maschera: cosa c’è dietro sgomberi e caccia ai Rom di Ponticelli”http://www.osservazione.org/comunicatistampa/gi%F9%20la%20maschera.pdf  

EveryoneGroup “Caso Angelica V.: interrogazione parlamentare dei Radicali” 01/12/2009http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2009/12/1_Caso_Angelica_V.__interrogazione_parlamentare_dei_Radicali.html

EveryoneGroup “Report on the situation of the Roma people in Italy” 22/11/2008http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2008/11/22_Report_on_the_situation_of_the_Roma_people_in_Italy.html 

EveryoneGroup “Anti-gypsy sentiments out of control in Italy. The truth about the kidnapping in Naples” 18/05/2008http://www.everyonegroup.com/EveryOne/MainPage/Entries/2008/5/18_Anti-gypsy_sentiments_out_of_control_in_Italy._The_truth_about_the_kidnapping_in_Naples.html 

Fittipaldi E., “Rom vuol dire criminale” L’Espresso 30/11/2009 http://espresso.repubblica.it/dettaglio/rom-vuol-dire-criminale/2115931&ref=hpsp 

Fittipaldi E., “Et Voila: La razza nella sentenza” L’Espresso blog

http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/11/30/et-voila-la-razza-nella-sentenza/  

Italia dall’Estero http://italiadallestero.info/archives/3602  

Mohacsi V. (MEP), European Parliament 20/05/2008 http://www.youtube.com/watch?gl=DE&hl=de&v=EOrfa1Np1lI 

Mora M., “REPORTAJE: XENOFOBIA EN ITALIA.Condenada a ser condenada”http://www.elpais.com/articulo/reportajes/Condenada/ser/condenada/elpepusocdmg/20090201elpdmgrep_1/Tes  

MundiRomani “Lashi Vita” part I http://www.mundiromani.com/roma_woman/?film[film][keyvalue]=42#film  

MundiRomani “Lashi Vita” part II http://www.mundiromani.com/roma_woman/?film[film][keyvalue]=38#film 

OSCE Human rights body concerned about anti-Roma violence in Italy, Press Release 16/05/2008 http://www.osce.org/item/31147.html  

Pizzuti D., “I vespri napoletani di Ponticelli” 17/05/2008 http://www.osservazione.org/pizzuti.htm 

Ranaldi G., “Angelica” 30/11/2009 http://www.sivola.net/dblog/articolo.asp?articolo=3481 

Sigona N., “L’ultimo nemico pubblico: I rom Romeni” http://www.osservazione.org/emergenzaromromeni.htm  

Soccorso Legale Napoli “Processi Brevi e Processi Sommari”, Comunicato Stampa 25/11/2009

in Osservazione http://www.osservazione.org/napoli_angelika.htm  

Soccorso Legale Comunicato 13/01/2009 http://www.osservazione.org/documenti/condanna_soccorsolegale.pdf  

Sucardrom Blog, “Nisida Nisida così vicina così lontana” 16/05/2008 http://sucardrom.blogspot.com/2008/05/nisida-nisida-cos-vicina-cos-lontana.html  

Sucardrom Blog, “Nisida Nisida così vicina così lontana” 23/03/2009 http://sucardrom.blogspot.com/2009/03/nisida-nisida-cosi-lontana-cosi-vicina.html 

Sucardrom Blog, “Angelica ed il coraggio del dubbio” 30/03/2009 http://sucardrom.blogspot.com/2009/03/angelica-ed-il-coraggio-del-dubbio.html 

Sucardrom Blog ,“Un giorno da dimenticare” 11/05/09 http://sucardrom.blogspot.com/2009/05/un-giorno-da-dimenticare.html 

Vivaldi E., “Il Vento dell’Intolleranza” http://www.gfbv.it/3dossier/sinti-rom/vivaldi-it.html 

Zoppoli G., “Dietro i roghi di Ponticelli la speculazione urbanistica'' http://www.osservazione.org/napoli_ponticelli.htm 



(altre informazioni sulla/dalla Zastava alla pagina: https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm#autunno09 )

Comunicazione di Non bombe ma solo caramelle-onlus e Zastava Brescia - 20 novembre 2009:


Una delegazione dei lavoratori Zastava sarà a Brescia e a Trieste per informarci sulla situazione REALE della fabbrica, della città di Kragujevac e più in generale sulle REALI condizioni della Serbia.
I giorni 8 e 9 dicembre saranno a Brescia, mentre il 10 e 11 dicembre saranno a Trieste.

Saranno presenti:

Delic Radoslav
Presidente della Jedinstvena Sindikalna Organizacija ZASTAVA (Sindacato ZASTAVA)

Blagojevic Rajko
Vice presidente della Jedinstvena Sindikalna Organizacija ZASTAVA (Sindacato ZASTAVA)

Mihajlovic Zoran
Segretario sindacale Zastava Auto

Miletic Goran
Segretario sindacale Zastava Camion

Veljovic Rajka
Interprete e coordinatrice dell'ufficio  internazionale adozioni


### A BRESCIA

Come  molti  sapranno, da sabato 5 a domenica 13 dicembre si svolgerà l'annuale  appuntamento  con  la  Tenda  della  Solidarietà, a  Brescia in via  San  Faustino.  
Intorno  a  questo  avvenimento  farà  perno  il  programma degli impegni che li vedranno partecipi in iniziative di  informazione  e  sensibilizzazione sul  tema  della  solidarietà con  le  famiglie  dei lavoratori  ed ex  lavoratori  della  Zastava e  sugli  sbocchi  che  si  stanno prospettando  per  questa  azienda, essenziale per il futuro lavorativo di tanta gente.

Martedì 8 dicembre si prevede  la loro partecipazione al  pranzo  etnico  organizzato  dalla Tenda, con Rajka  nelle vesti di praparatrice di un piatto tipico di Kragujevac, che farà parte  del  menù  etnico  del giorno  insieme con le portate di altri  paesi  del mondo.

Successivamente,  nel pomeriggio dell' 8 dicembre, alle ore  16.30, presso  la  Sala Pia Marta (che si trova alle  spalle  della Tenda), si  svolgerà una  iniziativa pubblica  nel  corso  della quale  i  rappresentanti dei lavoratori della Zastava  informeranno  sulla situazione oggi esistente, soprattutto  dopo l'ingresso  della Fiat  come  proprietaria  di  maggioranza dell'azienda  Zastava-Auto.

La  sera  è  prevista  una  cena  solidale  presso  il  ristorante « Le  Ali », della  Coop Lavoratori Uniti di Urago d' Oglio.

Mercoledì 9 dicembre, nella mattinata, avverrà un incontro tra la delegazione sindacale serba e la segreteria della Cgil di Brescia. Seguirà l'inaugurazione della mostra fotografica realizzata da Bruno Maran, « Zastava – Anno Zero » presso la sede della Camera del Lavoro di Brescia, via F.lli Folonari, 20.

Infine nel pomeriggio la delegazione ripartirà alla volta di Trieste, dove l'attendono altre iniziative riguardanti la sensibilizzazione sulla condizione economica e sociale dei ceti popolari della Serbia e lo stato delle attività di solidarietà nei confronti di una popolazione della quale la maggior parte dei media sembrano essersi dimenticati.


### A TRIESTE

Giovedi 10 dicembre ore 11 conferenza stampa presso la sede della Regione in Piazza Oberdan, in modo da illustrare LA REALE SITUAZIONE della citta’ e della fabbrica, dopo le menzogne sparse a piene mani dalla stampa italiana poco piu’ di un mese fa.

Giovedi’ 10 alle 18 e 30 assemblea pubblica a San Giorgio di Nogaro a Villa Dora (volantino https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/Iniziativa_10_dic_09_SGN.pdf )

Venerdi 11 alle 16 e 30 presso la Sala Tessitori, in piazza Oberdan 5
incontro pubblico con i delegati e le strutture sindacali della FIOM CGIL del Friuli Venezia Giulia (volantino https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/IncontroTS111209.pdf ):

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FIAT OGGI = ZASTAVA DOMANI?

AVRA’ FINALMENTE FINE LA LUNGA  SOFFERENZA DI  QUESTA  GRANDE FABBRICA DEI BALCANI, BOMBARDATA DALLA  NATO?
L’INGRESSO DELLA FIAT COME PROPRIETARIA DI MAGGIORANZA NON HA FINORA PORTATO A  RISULTATI  CONCRETI E RISCHIA DI PROVOCARE UNA NUOVA 
‘’GUERRA TRA POVERI’’ 
TRA LAVORATORI ITALIANI E DI ALTRI PAESI

NE  PARLIAMO  CON  I  RAPPRESENTANTI  DEL 
 SINDACATO  SAMOSTALNI  DI  KRAGUJEVAC (SERBIA) 
E LE RSU DELLA AUTOMOTIVE LIGHTING DI TOLMEZZO

Radoslav Delic
Presidente d Jedinstvena Sindikalna Organizacija (Sindacato ZASTAVA)
Rajko Blagojevic 
Vice presidente Jedinstvena Sindikalna Organizacija (Sindacato ZASTAVA)
Zoran Mihajlovic 
Segretario sindacale Fabbrica Zastava Auto
Goran Miletic 
Segretario sindacale Fabbrica Zastava Camion
Rajka Veljovic
Interprete e coordinatrice dell ufficio  internazionale adozioni del Sindacato ZASTAVA
RSU Automotive Lighting Tolmezzo
Gianpaolo Roccasalva 
Segretario regionale FVG FIOM CGIL

Sala Tessitori, Piazza Oberdan 5, Trieste
Venerdì, 11 dicembre 2009 ore 16.30

L’incontro pubblico è stato promosso ed organizzato da:
Non bombe ma solo caramelle ONLUS
FIOM-CGIL del Friuli-Venezia Giulia
Gruppo consiliare regionale La Sinistra L’ Arcobaleno
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a seguire CENA DI SOLIDARIETA’
venerdi 11 alle ore 20 presso la Casa del popolo in Via Ponziana 14 a Trieste.
Il costo sara’ di 15 euro (bevande escluse)
SERVE RIGOROSAMENTE la prenotazione. Potete telefonare a
Gilberto 3396587490
Claudia 3472337381





E' iniziata la difesa del Kosovo e Metohija dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia


- I rappresentanti della Serbia hanno dichiarato che fino ad oggi l'Assemblea Generale dell'ONU, il Consiglio di Sicurezza o qualsiasi altra istituzione internazionale non hanno mai accettato la secessione di una parte del territorio di un paese. 
- La dichiarazione di indipendenza non è stata né improvvisa né violenta, e non si può parlare di violazione del diritto internazionale, ha detto il rappresentante di Pristina, l'avvocato inglese Michael Wood.

 

I rappresentanti della Serbia hanno dichiarato che fino ad oggi l'Assemblea Generale dell'ONU, il Consiglio di Sicurezza o qualsiasi altra istituzione internazionale non hanno mai accettato la secessione di una parte del territorio di un paese. 
La dichiarazione di indipendenza non è stata né improvvisa né violenta, e non si può parlare di violazione del diritto internazionale, ha detto il rappresentante di Pristina, l'avvocato inglese Michael Wood.

La dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo e Metohija è contro tutti i principi del diritto internazionale, perché questo non riconosce il diritto di secessione unilaterale.

Con la vigente Risoluzione 1244, è esclusa qualsiasi soluzione dello status del Kosovo che non sia accettata da entrambe le parti e che non sia approvata dal Consiglio di Sicurezza, hanno detto ieri i rappresentanti della Serbia durante il primo giorno dei dibattimenti pubblici presso la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia.

Durante l'esposizione di tre ore, i rappresentanti serbi hanno presentato argomenti sul perché le istituzioni del Kosovo non avevano il diritto di emanare l'atto di secessione con cui, come i rappresentanti della Serbia hanno sottolineato, queste hanno minato le fondamenta del diritto internazionale.

Per contro, i rappresentanti di Pristina che dinanzi alla Corte rappresentano gli autori della Dichiarazione di Indipendenza, hanno sostenuto che l'indipendenza del Kosovo è irreversibile e che la dichiarazione con cui essa è stata proclamata, nel febbraio 2008, non rappresenta una violazione del diritto internazionale.

Come è stato anche annunciato, essi hanno espresso il parere che la dichiarazione di indipendenza è stata solo una conseguenza naturale degli eventi, dopo anni di repressione da parte delle autorità di Belgrado contro gli albanesi del Kosovo.

Rivolgendosi al Consiglio giudiziario, di 15 membri, presieduto dal giapponese Hisasi Ovada, il capo della delegazione serba, l'ambasciatore Dusan Batakovic, ha detto che il Consiglio di Sicurezza non ha abolito la sovranità della Serbia in Kosovo, cosa che non aveva nemmeno il diritto di fare, e viceversa con la Risoluzione 1244 ha sottolineato l'importanza che la sovranità e l'integrità territoriale in Kosovo e Metohija siano preservate.

La sfida per il diritto internazionale

La Risoluzione, ha detto, prevede che il futuro status del Kosovo sia determinato con negoziati e soluzioni politiche.

"La Serbia ha reagito in maniera pacifica alla dichiarazione di indipendenza, ma è determinata a difendere la sua sovranità e integrità territoriale", ha detto Batakovic, valutando che questo caso rappresenta una sfida per il diritto internazionale tanto che la maggior parte dei paesi del mondo non ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.

Il parere della Corte sulla questione se la dichiarazione di indipendenza sia in conformità con il diritto internazionale avrà un grande significato per le Nazioni Unite e costituirà una linea guida per l'operato di questo corpo dell'organizzazione internazionale, ha detto Batakovic.

Secondo l'avvocato Vladimir Djeric, sono stati gli organi ad interim del governo, formatisi in conformità con la Risoluzione 1244, a varare la decisione in merito alla dichiarazione unilaterale di indipendenza.

Tuttavia, la decisione dell'Assemblea firmata dal presidente del Kosovo e sostenuta dal primo ministro, non è in conformità con la Risoluzione ne' con il quadro costituzionale in vigore al momento di questa decisione, ha detto Djeric.

Per questo motivo, è indifendibile il tentativo da parte della delegazione di Pristina di ignorare questo fatto presentando dinanzi a questa Corte l'argomentazione che la decisione sulla dichiarazione di indipendenza non viene dagli organi della gestione provvisoria, ma "rappresentanti del popolo democraticamente eletti".

Senza diritto di autodeterminazione

Il professor Marcel Cohen ha posto la domanda su quali siano gli argomenti che convincerebbero il giudice che il Kosovo dovrebbe essere considerato un caso "unico", come propone una serie di paesi che danno il loro sostegno all'indipendenza.

Secondo Cohen, mai finora, neanche l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ne' il Consiglio di Sicurezza, o qualsiasi altra istituzione internazionale, ha accettato la secessione di una parte del territorio di un paese, come invece sostengono coloro che danno appoggio all'indipendenza del Kosovo.

E secondo Sasa Obradovic, gli albanesi del Kosovo non avevano il diritto di autodeterminazione perché non rappresentano un popolo distinto [gli albanesi hanno già un loro Stato-nazione, la Repubblica d'Albania, ndt], e la stessa provincia del Kosovo non possedeva i prerequisiti per l'autodeterminazione.

Andreas Zimmermann, professore tedesco del diritto internazionale, ha accusato il mediatore internazionale Martti Ahtisaari per il collasso del processo negoziale tra Belgrado e Pristina.
Ha ricordato che Ahtisaari, in un'intervista, ha definito la Serbia come un "ladro" nei confronti del Kosovo, ignorando il fatto che l'autorità serba nella provincia fu stabilita nel 1913.

Secondo le parole di Zimmermann, sarebbe un precedente pericoloso se i paesi in cui vengono inviate missioni internazionali, come è avvenuto con la Serbia dopo l'esperienza del Kosovo, trassero la conclusione che l'arrivo di forze di pace in realtà rappresenti un primo passo nella secessione delle regioni in crisi, alla ricerca di indipendenza.

Bataković, capo della delegazione serba, ha sottolineato che la Serbia condanna tutti i crimini commessi in Kosovo da persone che affermavano di agire per conto della Serbia e della RF Jugoslavia.

"Noi crediamo che tutti coloro che hanno commesso crimini devono essere portati davanti ai tribunali", ha detto Bataković, aggiungendo che davanti ai tribunali in Serbia sono già comparsi i poliziotti e militari che hanno commesso crimini in Kosovo.

Ha ricordato che la formazione paramilitare albanese UCK ha commesso gravi crimini contro i serbi, rom e albanesi leali allo Stato, e che, dopo il ritiro delle forze di governo durante l'estate 1999, il 60 per cento dei serbi, il 66 per cento dei Rom ed il 70 per cento dei Gorani, hanno abbandonato Kosovo.

In questo modo, i serbi sono diventati una minoranza nel loro stesso paese.

"Testardaggine della Serbia"

Respingendo le accuse dei rappresentanti della parte serba, secondo cui la parte albanese non era veramente interessata ai negoziati, Skender Hyseni ha affermato che  la delegazione albanese ha condotto "in buona fede" i negoziati sul futuro status del Kosovo, condotti a partire dal 2005 fino al 2007, ma questi sono falliti a causa della "testardaggine della Serbia che, riguardo al Kosovo, ha visto solo un pezzo di terra che doveva possedere", non tenendo conto degli interessi del popolo del Kosovo.

Il rappresentante americano delle autorità del Kosovo, Sean Murphy, ha negato davanti alla Corte l'affermazione della Serbia secondo cui la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo sarebbe in contraddizione con la Risoluzione 1244.

I rappresentanti della Serbia, ha detto, hanno omesso di indicare dove nella Risoluzione si menziona questo elemento.

Secondo l'avvocato inglese Michael Wood, la Dichiarazione d'Indipendenza non è stata né improvvisa né violenta, e non si può parlare di violazione del diritto internazionale. "Questa dichiarazione è stata un esito naturale di un processo politico che il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha iniziato nel 2005, e che si è concluso nel 2007," ha affermato Wood.

Egli ha sottolineato che l'indipendenza del Kosovo non può essere un precedente per altre regioni del mondo, perché, secondo la conclusione di Ahtisaari, "Il Kosovo è un caso unico e richiede una soluzione unica".

Durante i prossimi dieci giorni, argomenti a favore o contro l'indipendenza verranno esposti da parte di 28 paesi. Con particolare interesse è attesa l'esposizione della Cina, che affronterà la Corte il 7 Dicembre, della Russia e degli Stati Uniti, che confronteranno le loro opinioni nel giorno successivo, l'8 Dicembre.

J. C. ed agenzie

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Il Presidente Tadić: Mi aspetto un risultato positivo per la Serbia

Il presidente serbo Boris Tadić ha auspicato che il parere della Corte internazionale di giustizia sulla legittimità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo e Metohija, sarà positivo per la Serbia, perché "il fatto è che in questo caso è stato violato il diritto internazionale".

- Probabilmente la decisione sarà ampiamente definita e, soprattutto, mi aspetto un risultato positivo per la Serbia, perché il fatto è che è stato violato il diritto internazionale - ha detto Tadic.

Il presidente serbo ha sottolineato ai giornalisti che la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), oltre alle violazioni del diritto internazionale, deve tener conto del pericolo di un precedente di secessione a sfondo etnico, per l'ordine e la sicurezza internazionali.

- Qualora  si dichiarasse legittimo un tale atto che è, secondo la mia profonda convinzione, in contrasto con il diritto internazionale, potremmo essere testimoni di drammatiche crisi politiche in tutto il mondo, con esiti imprevedibili - ha detto Tadic.

Secondo Tadic, il caso del Kosovo e Metohija, della difesa della integrità territoriale della Serbia e degli interessi serbi legittimi, ha una eccezionale importanza internazionale e, pertanto, all'audizione dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia partecipano tutte le grandi potenze.

Tutti questi paesi, ha detto Tadic, sanno benissimo che, nel caso in cui la sentenza confermasse l'atto di secessione a sfondo etnico, il mondo non avrebbe più lo stesso aspetto di oggi.

- Credo che il giudice prenderà la sua parte di responsabilità. Noi continueremo a difendere i nostri interessi e l'obiettivo della Serbia è di riaprire i negoziati sul futuro status del Kosovo - ha detto Tadic sottolineando che la Serbia non riconoscerà l'autoproclamata indipendenza del Kosovo.

Commentando la dichiarazione del Presidente della PMI, Hisasi Ovada, per cui il parere dell'istanza giudiziaria sarà ambiguo, Tadic ha detto che il processo non è soltanto giuridico, ma rappresenta anche un confronto intellettuale a cui 15 giudici prendono parte "per cui, tali pareri sono sempre composti da diversi contenuti".

M. D.

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Jeremić: La Serbia ha dimostrato saggezza, equilibrio e forza

Più di due terzi del mondo, la giustizia storica, ed il diritto internazionale, sono dalla parte della Serbia ", ha detto il ministro degli Affari Esteri

L'Aia - Il Ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic ha dichiarato che la Serbia ha dimostrato saggezza, equilibrio e forza presso la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja nel dibattito sulla dichiarazione unilaterale di indipendenza, ed ha sottolineato che si tratta di una lotta "che non perderemo, se rimaniamo persistenti ed uniti. Più di due terzi del mondo, la giustizia storica, ed il diritto internazionale, sono dalla parte della Serbia. Questo lo abbiamo mostrato in aula, ha detto Jeremic, secondo quanto trasmesso dall'agenzia di stampa Beta.


Jeremic ha affermato che si tratta di una lotta "che non perderemo, se rimaniamo persistenti ed uniti." E' essenziale l'unità degli organi dello Stato, cittadini, partiti, e dei popoli, ha detto il ministro. Secondo le sue parole, nel 21mo secolo non è consentito lo smantellamento di un membro pacifico e democratico delle Nazioni Unite. Mi auguro che la Corte farà da difensore dei principi fondamentali del diritto internazionale, ha detto il ministro.

[pubblicato il: 02/12/2009]




TRST JE NAŠ! AL CINEMA.

Molti mi hanno chiesto di esprimere un parere sul cortometraggio “Trst je naš!” del giovane laureando regista sloveno Žiga Virc, che tanto scalpore ha suscitato a Trieste e non solo, al punto che lo stesso ministro Frattini ha preso posizione contro di esso. Devo dire che da parte mia, pur avendo sentito commenti positivi da parte di alcune persone del cui parere mi fido, sono andata a vederlo un po’ prevenuta, aspettandomi una presa in gira del movimento partigiano più che non un film di propaganda anti-italiana, come ipotizzato dall’Unione degli istriani.
Invece il film mi è piaciuto: è girato bene, gli attori sono molto bravi, è ironico senza essere offensivo, il finale è poetico se non addirittura un po’ commovente. In breve la storia: France, figlio di un partigiano che il primo giorno di scuola gli ha donato la propria titovka (il berretto partigiano con la stella rossa) perché ricordasse sempre la guerra di liberazione (storia che continua a ripetere a tutti, anche se ormai tutti lo sanno), è dedito ai wargames assieme ad un gruppo di amici che mettono in scena battaglie tra partigiani e nazisti, ed hanno lo scopo di “liberare” Trieste. Questo mentre la moglie gli rimprovera di non dare una mano nella gestione dell’azienda agricola, la figlia Mateja lo prende amabilmente in giro e la polizia cerca di convincerlo dapprima gentilmente, poi con le maniere forti a smettere con i “combattimenti” perché ci va di mezzo la vita politica locale. Ma quello che più preme a France, alla fine, è trasmettere i valori della lotta di liberazione alla figlia e quando, durante il combattimento decisivo per impedire ai “tedeschi” di mettere le mani su Trieste, arriva la polizia e cerca di arrestare France, Mateja in sella al suo cavallo si lancia tra i poliziotti e il padre, impedisce l’arresto e porta con sé la bandiera partigiana per metterla in salvo. France la guarda e dice ai suoi “compagni” che possono deporre le armi come vuole la polizia perché “Trst je naš”. Il messaggio che se ne ricava, a parer mio, è che “Trst” è il simbolo per indicare la presa di coscienza della giovane figlia, quindi France ha ottenuto il suo scopo. Deliziosa, infine, la scena di coda, quando France è a letto con la moglie che gli domanda se è contento di avere liberato Trieste e lui le risponde “sì, ma adesso dovremo pensare a liberare l’Istria”, con la moglie che sbarra gli occhi sconvolta. 
Finale che solo una persona coi paraocchi e in malafede può vedere come una rivendicazione irredentistica: intanto perché oggi l’Istria è in parte slovena e in parte croata, quindi l’Italia non c’entra per niente, e poi perché, considerando la frase nell’ambito del film, viene da pensare che se Trieste rappresentava la figlia, forse l’Istria rappresenta la moglie, e France vuole riuscire a convincere anche la moglie dopo avere convinto la figlia. 
Del tutto fuori luogo, quindi, le polemiche scatenate dall’Unione degli istriani e le asserzioni del ministro Frattini, che si sono inalberati senza avere visto il film e quindi senza essere in grado di valutare se in esso si offendevano i sentimenti di qualcuno. Se c’è in Italia chi “soffre” a sentire le parole “Trst je naš”, cosa dovrebbero dire gli istriani di Slovenia e Croazia quando in Italia si continua a ripetere “Istria italiana” “ricompriamoci l’Istria” e via di seguito? Nel film si fa riferimento al fatto che Trieste è sempre stata importante per il popolo sloveno, ma viene messo subito in chiaro dall’inizio che è una città italiana. Ma forse anche se certuni guardassero il film e ne capissero il vero significato ne sarebbero ugualmente scandalizzati, dato che alla fine il messaggio che passa è che, pur con tutte le debolezze un po’ maniacali del “jugonostalgico” France, egli ha ragione a voler trasmettere alla figlia i valori della lotta di liberazione. 
Ripeto, a me il film è piaciuto, e consiglio a chi ne ha l’occasione di andare a vederlo.

Claudia Cernigoi

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Oggi 30.11 la prima a Lubiana / Trst je naš - Brezplačna ljubljanska premiera v Kinodvoru - Danes, 30. 11. ob 17:30 si lahko brezplačno ogledate kratki igrani film v režiji Žige Virca

Da fine novembre c'e' anche la versione con sottotitoli in italiano. Per informazioni: info@....

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Trst je nas - panico alla Farnesina!


"Quel film sloveno offende gli esuli". Farnesina contro "Trieste è nostra"

http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/slovenia-film/slovenia-film/slovenia-film.html


Popremjerski intervju z režiserjem / Intervista con il regista Žiga Virc

TRAILER:

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Data: mercoledì 2 dicembre 2009
Ora: 20.55 - 22.00

Proiezione del film "Trst je naš" sul 1. canale televisivo sloveno. 

Predvajanje filma "Trst je naš" na 1. kanalu TV Slovenija

V letu 2009 se skupina vojaških navdušencev pod vodstvom komandanta Franceta (Gojmir Lešnjak - Gojc) odloči zavzeti Trst. Ta skupina, ki uprizarja bitke, to naredi na popolnoma fiktivni lokaciji. Tak hobi pa ni všeč Francetovi ženi Mariji (Silva Čušin) ter hčerki Mateji (Anja Drnovšek). Hčerka kot predstavnica mlade generacije ne more razumeti navdušenja svojega očeta nad partizanstvom, bitkami in Titom. Francetu stopi na pot tudi slovenska policija s komandirjem Branetom (Dario Varga) na čelu. Brane namreč Francetu več ne dovoli uprizarjanja bitk... Ali bo mlada generacija sprejela zgodovino in ali bo Trst naš?



Jugoslavenski glas - Voce jugoslava

"Od Triglava do Vardara..."   "Dal monte Triglav al fiume Vardar..."

Svakog drugog utorka, od 14,00 do 14,30 sati,
na Radio Città Aperta, i valu FM 88.9 za regiju Lazio, emisija:
JUGOSLAVENSKI GLAS

Emisija je u direktnom prijenosu. Moze se pratiti  i preko Interneta:
http://www.radiocittaperta.it
Kratke intervencije na telefon +39-06-4393512.
Pisite nam na jugocoord@...,
Trazimo zainteresirane za usvajanje djece na daljinu, t.j. djacke
stipendije za djecu prognanika. Podrzite ovaj glas, kupovanjem nasih 
brosura, video kazeta i t.sl. Odazovite se.

Ogni due martedì dalle ore 14,00 alle 14,30:
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio. Si può seguire, come del
resto anche le altre trasmissioni della Radio,  via Internet
http://www.radiocittaperta.it
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della
necessità) ed in diretta. Brevi interventi telefonici allo 06-4393512.
Scriveteci all'indirizzo email: jugocoord@...
Sostenete questa voce libera e indipendente acquistando video
cassette, libri, bollettini a nostra disposizione.
Cerchiamo anche interessati ad adozioni a distanza (borse di studio). 


Programma       1.XII. 2009         Program

In occasione del 29 Novembre, Giornata della RSFJ, ed a proposito della Resistenza - 
conversazione con Andrea.
Dalla Croazia, il compagno Vladimir Kapuralin scrive: 
"La Chiesa contro la giornata dell' antifascismo".
Dalla Serbia, un articolo di Stevan Mirkovic: "I rinnegati"
---
Povodom 29. Novembra Dana Republike i partizanskog otpora
razgovaramo sa Andreom
Iz Hrvatske: "Crkva protiv dana antifasizma", clanak druga Kapuralina
Iz Srbije, Stevan Mirkovic: "Poturice"




Pisa snodo delle attività guerrafondaie USA e italiane

1) Il Business attorno al Camp darby: sinergie tra militare e civile (COBAS Pisa)

2) Pisa città a rischio (Manlio Dinucci)

vedi anche: 

Camp Darby si allarga con l’aiuto del sindaco Pd (di Manlio Dinucci)

Polvere di Nobel sulla torre pendente e i quattro mori?


=== 1 ===

Il Business attorno al Camp darby: sinergie tra militare e civile

Tra il 1630 e il 1650 i Medici decisero di collegare la città di Pisa con il nascente porto di Livorno; ecco come nasce il Fosso dei Navicelli che fino agli anni trenta del secolo scorso fu utilizzato per trasporti di materiali pesanti fino a quando non venne distrutto e reso impraticabile dai bombardamenti Usa.
Il nuovo Piano regolatore prevede uno sviluppo di tutta l'area dei Navicelli e non solo in funzione della cantieristica, sono infatti previsti nuovi insediamenti, un ampiamento del porto.
Come leggiamo sul sito www.navicelli.it La Navicelli S.p.a, è una società interamente a capitale pubblico, costituita al fine di gestire il Porto pisano, il Canale dei Navicelli e più in generale tutte le aree demaniali, su delega del Comune di Pisa con convenzione del 28 dicembre 2000.  Le attività svolte dalla Navicelli S.p.a nell’area del canale dei Navicelli, riguardano l’amministrazione del patrimonio demaniale di terreni e fabbricati, l’assegnazione delle concessioni demaniali, la loro gestione e controllo. Inoltre sono previste l’esecuzione di opere di manutenzione, dragaggio ed escavazione dei fondali compresa la rimozione dei material sommersi,
Ma le mire della Navicelli spa (in realtà Comune e Provincia detengono ciascuna il 33,3% delle azioni e il resto delle quote è di proprietà della Camera di Commercio) sono ben altre.
Ecco spuntare la Sviluppo Navicelli, un consorzio che vede raggruppati il consorzio nautica Pisana e  la Borrello spa che ha iniziato la costruzione del nuovo porto a Marina di Pisa  in "un'area di 200 mila metri quadrati dove, oltre al bacino portuale vero e proprio ed ai servizi strettamente collegati alla nautica sono previsti un albergo, un'area commerciale e una zona residenziale. Il porto potrà accogliere 475 imbarcazioni e si aprirà direttamente in mare" come troviamo scritto sul portale della società. L'Amministratore delegato della Borrello rappresenta altre proprietà sul litorale (alberghi per esempio) e recentemente per conto di Sviluppo Navicelli Spa, "Stefano Bottai ha offerto la propria disponibilità a ospitare Ikea nell'area di sviluppo artigianale-industriale del Canale. Per me-dice l'AD di Borrello  spa, Stefano Bottai (ex consigliere comunale della DC) può venire già domani mattina. Ikea ha bisogno di 15.000 metri quadrati di territorio. Ce ne sono 80.000 disponibili nell'area dopo lo svincolo dell'autostrada, verso Sud, dietro il My Hotel, in pratica confinanti con la nuova rotonda di immissione sull'Aurelia che è stata costruita da poco".
il Comune  di Pisa costruisce infrastrutture che poi servono a società private per grandi opere speculative. Ikea è stata rifiutata a Vecchiano perchè il suo impatto era giudicato negativo sulla economia locale, ecco allora arrivare una offerta alternativa.
In questo contesto, dove gli interessi economici sono variegati e vanno dalla cantieristica all'edilizia, dagli alberghi al Porto, arriva l'ampliamento della base di Camp Darby.
Nel 1990-91 durante la guerra nel Golfo transitarono da Camp Darby 20 mila tonnellate di munizioni, altre 22 mila invece durante i combattimenti della Tempesta del Deserto. Nel 1999 per la campagna del Kosovo furono smistate 16 mila tonnellate, pari al 60 per cento degli ordigni schierati dalla coalizione atlantica. Nei giorni del Natale 1998, alla vigilia del conflitto balcanico, sui moli tirrenici sono sbarcate 3278 cluster bomb. Camp Darby è una base nevralgica per la logistica USA, lo dicono riviste e pubblicazioni USA e europee. Il disegno americano è da anni noto: trasportare armi via mare utilizzando i Navicelli. Contro la ipotesi di ampliamento della base di Camp Darby si espressero con ordini del giorno i Consigli Comunali di Collesalvetti e di Pisa, la stessa regione Toscana ha parlato a più riprese di riconversione della base. Forti preoccupazioni provengono dalle associazioni ambientaliste che ricordano come l'area di Camp Darby sia nella lista delle zone da bonificare e si ricorda l'aumento dei tumori in prossimità delle basi militari e dei poligoni di Tiro (altro che ridente macchia mediterranea...)
A distanza di pochi anni i pacifisti istituzionali indossano l'elmetto e annusano un enorme giro di affari. Per questo il Sindaco  di Pisa, Marco Filippeschi, propone, per conto di interessi economici forti che hanno sorretto la sua Giunta e quella dell'Onorevole Fontanelli che l'ha preceduto, una partecipazione Usa ai lavori dei Navicelli. Uno scambio tra la militarizzazione dei territori e la nascita di un grande polo industriale. Nel frattempo si dimentica che l'area della cantieristica, gli alberghi e i nuovi stabilimenti nell'interporto di Guasticce sono autentici laboratori della precarietà dove il la forza lavoro è o interinale o a tempo determinato, dove si fa un ampio uso di cassa integrazione e dove dominano i sub appalti al ribasso. Non c'è che dire la militarizzazione dei territori, il controllo sociale e la precarietà del lavoro e della esistenza sono gli scenari futuri per la città di Pisa e quella di Livorno,. E' questa l'idea di sviluppo del Partito democratico.

CONFEDERAZIONE COBAS PISA


=== 2 ===

UNA CITTA’ A RISCHIO – Più missioni all’estero, più pericolo

Pisa, un aeroporto a conduzione militare  

Manlio Dinucci 

I viaggiatori che ieri pomeriggio cercavano informazioni sui voli nel sito dell’aeroporto di Pisa venivano pregati di riprovare più tardi, poiché «si sono verificati dei problemi tecnici». A provocarli non era stata una interruzione della linea Internet, ma il fatto che era precipitato al decollo un aereo militare C-130J, piombando su una vicina linea ferroviaria, e che per questo l’intero aeroporto era stato chiuso. Morti i cinque militari a bordo, ma il bilancio avrebbe potuto essere ben più grave. Spesso, infatti, i C-130 e altri aerei sorvolano a bassa quota la città di Pisa. Ciò è dovuto all’intensificata attività della 46a aerobrigata, che effettua oltre 10mila movimenti annui di velivoli militari. Se ne aggiungono oltre 40mila di velivoli civili. A dirigere l’intero traffico è il personale della 46a aerobrigata. «Il radar e la torre di controllo - sottolinea Il Tirreno (31-3-2009) - sono gestiti da militari e questo dà garanzie di affidabilità all’aeroporto, mettendolo al riparo da scioperi e interruzioni del servizio». Quello di Pisa è dunque un aeroporto a conduzione militare che, allargato al settore civile, è in continua espansione. 

Il ruolo della 46a brigata è cresciuto di pari passo con l’aumento delle missioni militari all’estero. A tal fine essa è stata dotata di aerei da trasporto C-130J (versione aggiornata del C-130H) della Lockheed Martin. L’Italia è stata nel 1997, durante il governo Prodi,  uno dei primi paesi ad acquistarli: da allora ne ha ricevuti 22, al costo di oltre 60 milioni di dollari l’uno (più le spese operative). Impiegato dalla 46a aerobrigata di Pisa, questo velivolo (lungo circa 30 metri e con una apertura alare di 40) costituisce l'ossatura della componente da trasporto dell'aeronautica militare. Essa è stata la prima a impiegarlo in teatri operativi: i C-130J  trasportano  in continuazione truppe e materiali in Afghanistan, in Libano e nei Balcani. Come informa un comunicato della Lockheed Martin (17 febbraio 2009), i C-130J dell’aeronautica italiana hanno effettuato oltre 75mila ore di volo. Durante la celebrazione per il raggiungimento di questo record, che presto salirà a 100mila ore di volo, il vice-presidente della Lockheed per il programma del C-130 ha donato alla 46a aerobrigata un modello di grandi dimensioni dell'aereo che sarà posizionato nel Centro nazionale di addestramento, gestito dalla stessa Lockheed a Pisa. Su questo, sottolinea il comunicato, si basano «le forti relazioni tra l’Italia e la Lockheed Martin, ulteriormente sviluppate dalla partecipazione italiana al programma del caccia F-35 Lightning II Joint Strike Fighter». 

L’aeroporto di Pisa è così divenuto uno dei principali nodi della movimentazione di personale e materiale militari. Si aggiunge a questo il fatto che lo stesso aeroporto viene usato, insieme al porto di Livorno, dalla vicina base statunitense di Camp Darby, che rifornisce le forze terrestri e aeree nell’area mediterranea, africana e mediorientale. Non è dato sapere quanti e quali sono i voli per trasportare materiali e uomini della base, ma sicuramente sono molti. Ad esempio, quando nell’agosto 2008 Camp Darby è stata attivata per l’invio di «forniture umanitarie» in Georgia, il trasporto è stato effettuato dal Fleet Logistic Support Squadron 46, che ha trasferìto nell’aeroporto di Pisa personale e aerei dalla base navale di Marietta, nello stato Usa della Georgia. Questa fu, naturalmente, presentata come una «missione umanitaria».

Nella stessa chiave viene in genere presentata l’attività della 46a aerobrigata. Ad esempio, il giornale sopracitato scrive che «il lavoro più significativo si è svolto sul fronte umanitario, in cui si è distinta la brigata aerea in maniera particolare, a partire dal gennaio 2008, quando all’aeroporto militare sono atterrati numerosi bambini afghani affetti da labiopalatoschisi, che sono stati sottoposti a interventi chirurgici e rimpatriati in collaborazione con la Croce Rossa».  Per questo un gruppo di parlamentari del Partito democratico, tra cui l’ex sindaco di Pisa Paolo Fontanelli, ha presentato al governo una interrogazione in cui si chiedono maggiori fondi per la 46a aerobrigata, «distintasi sia per l’attività svolta nei più impegnativi teatri operativi, sia per i tanti interventi a fini umanitari». 

(il manifesto, 24 novembre 2009)




Da: andreamartocchia

Oggetto: per Antonello Piroso

Data: 23 novembre 2009 14:29:51 GMT+01:00

A: antonello.piroso  @...
Cc: jugocoord    @...

(seguirà copia cartacea con allegato. Distinti saluti A.M.)


LETTERA APERTA

All'att.ne del dott. Antonello Piroso:

Le scriviamo stupefatti dopo avere assistito alla sua introduzione della puntata di venerdi 23 ottobre 2009 della trasmissione televisiva Niente di Personale (1). Abbiamo dovuto prendere atto che, dopo tanti anni, non c'è ancora la volontà - da parte degli opinion makers e dei giornalisti più influenti, tra cui certamente possiamo annoverare anche lei - di raccontare la tragedia jugoslava, e bosniaca in particolare, con obiettività e onestà. Si preferisce continuare ad usare il linguaggio delle esagerazioni e della demonizzazione dell'altro, impedendo così non solo la analisi storica e politica ragionata, ma anche il conseguimento di una pace vera.

La sua è stata una invettiva pesantissima contro i leader politici e militari dei serbi  di Bosnia: una invettiva che potrebbe pronunciare solo chi ha deciso di arruolarsi - tuttora! - con una delle parti in causa nella guerra fratricida bosniaca. Come tanti altri esempi di demagogia militare, la sua invettiva è stata basata su affermazioni in parte false, in parte esagerate.
Lei ha citato ad esempio una ridicola leggenda, secondo cui Mladic sgozza un maiale davanti ai caschi blu per intimidirli, e ha detto che in seguito a tale minaccia  i caschi blu olandesi con un generale francese a capo sequestrano le armi ai musulmani e lasciano campo libero a Mladic a Srebrenica. 
Proprio su Srebrenica era incentrato il suo intervento - soprattutto esso era mirato a pubblicizzare quel discutibile film che porta il titolo  Risoluzione 819. Il film non è totalmente basato sui documenti, come lei ha affermato. Ad esempio, in trasmissione avete fatto vedere alcune sequenze tra le quali quella di una colonna di profughi musulmani con mezzi ONU mentre viene bombardata dai serbi - un fatto che non ha alcuna corrispondenza reale. 
Giacomo Battiato, mediocre regista di fiction su commissione, con questo suo film ha cercato di spacciare una versione dei fatti di Srebrenica ancora più esagerata della vulgata solita. Il suo scopo è esplicito: sulla pagina di Liberazione del 5 novembre 2008 dedicata al film, Battiato spiegava che la NATO avrebbe dovuto bombardare gli abitanti serbi della Bosnia ancora prima... Nell'articolo si affermava che i serbi stuprarono tutte le donne musulmane di Srebrenica mentre ne sterminavano tutti i maschi dai 7 ai 70 anni, e si commentava: questo è non un capolavoro, ma un film necessario... Certamente, necessario a mantenere vivo l'odio nei confronti del nemico! Per questo servizio reso all'odio e all'affermazione del nostro punto di vista coloniale (divide et impera), a Giacomo Battiato è stato conferito il primo premio al festival del cinema di Roma.

Ma lei stesso, Piroso, in trasmissione ha salutato quei terribili bombardamenti - quando finalmente abbiamo deciso di intervenire con i bombardamenti - e ha giustificato retoricamente a priori eventuali atti di vendetta personale - se qualcuno si facesse giustizia ... potremmo solo dire che non vale occhio per occhio.... Eppure lei sa bene che la NATO per quei bombardamenti usò armi all'uranio impoverito, e che la vendetta contro i serbi è stata più che spietata: tutti i quartieri a maggioranza serba di Sarajevo sono stati  etnicamente ripuliti in seguito a Dayton, agli albori del 1996. Non le basta?

Torniamo un attimo solo su Srebrenica, perchè è questo lo slogan più ricorrente nel vostro modo di presentare, e distorcere, la tragedia bosniaca degli anni Novanta.

Lei ha detto tra l'altro che Karadzic e Mladic a Srebrenica avrebbero fatto ammazzare 9000 musulmani - almeno 8000 - qualcuno dice 10000... Allora, quanti ne avrebbero fatti ammazzare? Evidentemente lei non sa che Naser Oric, comandante della 28° Legione Musulmana di stanza nella città dal 1992 al 1995 ha fatto uccidere circa 3500 civili serbi della zona, vittime delle sue razzie nei villaggi attorno a Srebrenica. Forse ignora che lo stesso Oric  e il suo stato maggiore nel 1995 sono stati richiamati espressamente a Sarajevo abbandonando la difesa della città quando era evidente che i serbi avrebbero attaccato… Un’altra stranezza: nel maggio 1996 la SFOR statunitense arrestò a Milici dieci terroristi islamisti del cosiddetto gruppo Laste, sospettati di aver trucidato tre Serbi, otto di loro risultavano nell'elenco della CRI fra quei 8-9-10mila ammazzati nel 1995! (2) Lei evidentemente non sa nulla delle incongruenze e delle assurdità della vulgata giornalistica che ha prevalso in questi anni sui fatti di Srebrenica. Noi non possiamo fare altro che consigliarle qualche lettura (3): sta alla sua coscienza, buona o cattiva, o almeno alla sua indubbia professionalità di giornalista trarre delle conclusioni. 


I firmatari:
Jean Toschi Marazzani Visconti, giornalista e saggista (Milano)
Andrea Martocchia (Bologna)
Ivan Pavicevac (Roma)
Alessandro Di Meo (Roma)
Marino Andolina, pediatra (Trieste)
Ivana Kerecki (Milano)
Barbara Bee (Milano)
Tatjana Djordjevic, giornalista (Milano)
Jelena Vasiljev, artista (Milano)
Dragan Pejic (Milano)
Licia Croce, studente (Milano)
Tamara Zivkovic (Milano)
Miriam Pellegrini Ferri, partigiana (Ciampino RM)
Spartaco Ferri, partigiano (Ciampino RM)
Dragomir Kovacevic, traduttore e interprete (Casale Monferrato)
Zoran Borovac (Milano)
Alessandro Arbitrio (Milano)
Jovana Popovic (Perugia)
Fabrizio Zanellato, impiegato (Milano)
Nada Starcevic, filosofa-psicoterapeuta (Milano)
Sergio Manes, editore (Napoli)
Zivkica Nedanovska (Ravenna)
Gilberto Vlaic (Trieste)
Enrico Vigna (Torino)
Jovan Jovanovic, giornalista (Monza)
Andrea Catone (Bari)
Alberto Tarozzi, docente di sociologia (Bologna)
Enzo Lepre, avvocato (Milano)
Aldo Bernardini, ordinario di diritto internazionale (Roma)
Rosa D'Amico, Pinacoteca Nazionale (Bologna)


NOTE
(3) L'Italia è una provincia distratta ed ignorante, ma siamo riusciti ugualmente a produrre almeno una buona pubblicazione su Srebrenica:
Gruppo di ricerca su Srebrenica: Il Dossier nascosto del "genocidio" di Srebrenica (Edizioni La Città del Sole, Napoli 2007)
Si tratta della versione in lingua italiana della ricerca di un gruppo di studiosi indipendenti, pubblicata anche in inglese e francese. Gliene alleghiamo una copia-omaggio assieme a questa nostra lettera...
In lingua tedesca sono le analisi più recenti ed aggiornate:
Alexander Dorin: Srebrenica. Die Geschichte eines salonfähigen Rassismus (Kai Homilius, Berlin; 2009)
Germinal Civikov: Srebrenica. Der Kronzeuge (Promedia, Wien; 2009)
Una raccolta di articoli è alla pagina: https://www.cnj.it/documentazione/srebrenica.htm



(english / francais)


--- ENGLISH ---

www.globalresearch.ca/PrintArticle.php?articleId=16181
The Pentagon Budget: Largest Ever and Growing

By Sara Flounders

Global Research, November 19, 2009

On Oct. 28, President Barack Obama signed the 2010 Defense Authorization Act, the largest military budget in U.S. history.

It is not only the world's largest military budget but is larger than the military expenditures of the whole rest of the world combined. And it is growing nonstop. The 2010 military budget--which doesn't even cover many war-related expenditures--is listed as $680 billion. In 2009 it was $651 billion and in 2000 was $280 billion. It has more than doubled in 10 years.

What a contrast to the issue of health care!

The U.S. Congress has been debating a basic health care plan--which every other industrialized country in the world has in some form--for more than six months. There has been intense insurance company lobbying, right-wing threats, and dire warnings that a health care plan must not add one dime to the deficit.

Yet in the midst of this life-and-death debate on medical care for millions of working and poor people who have no health coverage, a gargantuan subsidy to the largest U.S. corporations for military contracts and weapons systems--a real deficit-breaker--is passed with barely any discussion and hardly a news article.

Physicians for a National Health Program estimates that a universal, comprehensive single-payer health plan would cost $350 billion a year, which would actually be the amount saved through the elimination of all the administrative costs in the current private health care system--a system that leaves out almost 50 million people.

Compare this to just the cost overruns each year in the military budget. Even President Obama on signing the Pentagon budget said, "The Government Accountability Office, the GAO, has looked into 96 major defense projects from the last year, and found cost overruns that totaled $296 billion." (whitehouse.gov, Oct. 28)

Harry Madoff's $50-billion Ponzi scheme, supposedly the biggest rip-off in history, pales in comparison. Why is there no criminal inquiry into this multibillion-dollar theft? Where are the congressional hearings or media hysteria about $296 billion in cost overruns? Why are the CEOs of the corporations not brought into court in handcuffs?

The cost overruns are an integral part of the military subsidy to the largest U.S. corporations. They are treated as business as usual. Regardless of the party in office, the Pentagon budget grows, the cost overruns grow and the proportion of domestic spending shrinks.

ADDICTED TO WAR

This year's military budget is only the latest example of how the U.S. economy is kept afloat by artificial means. Decades of constantly reviving the capitalist economy through the stimulus of war spending has created an addiction to militarism that U.S. corporations can't do without. But it is no longer large enough to solve the capitalist problem of overproduction.

The justification given for this annual multibillion-dollar shot in the arm was that it would help to cushion or totally avoid a capitalist recession and could curb unemployment. But as Workers World Party founder Sam Marcy warned in 1980 in "Generals Over the White House," over a protracted period more and more of this stimulant is needed. Eventually it turns into its opposite and becomes a massive depressant that sickens and rots the entire society.

The root of the problem is that as technology becomes more productive, workers get a smaller and smaller share of what they produce. The U.S. economy is more and more dependent on the stimulant of superprofits and multibillion-dollar military cost overruns to soak up a larger and larger share of what is produced. This is an essential part of the constant redistribution of wealth away from the workers and into the pockets of the superrich.

According to the Center for Arms Control and Non-Proliferation, U.S. military spending is now significantly more, in 2009 inflation-adjusted dollars, than it was during the peak years of the Korean War (1952: $604 billion), the Vietnam War (1968: $513 billion) or the 1980s Reagan-era military buildup (1985: $556 billion). Yet it is no longer enough to keep the U.S. economy afloat.

Even forcing oil-rich countries dependent on the U.S. to become debtor nations with endless weapons purchases can't solve the problem. More than two-thirds of all weapons sold globally in 2008 were from U.S. military companies. (Reuters, Sept. 6)

While a huge military program was able in the 1930s to pull the U.S. economy out of a devastating collapse, over a long period this artificial stimulus undermines capitalist processes.

Economist Seymour Melman, in books such as "Pentagon Capitalism," "Profits without Production" and "The Permanent War Economy: American Capitalism in Decline," warned of the deterioration of the U.S. economy and the living standards of millions.

Melman and other progressive economists argued for a rational "economic conversion" or the transition from military to civilian production by military industries. They explained how one B-1 bomber or Trident submarine could pay the salaries of thousands of teachers, provide scholarships or day care or rebuild roads. Charts and graphs showed that the military budget employs far fewer workers than the same funds spent on civilian needs.

These were all good and reasonable ideas, except that capitalism is not rational. In its insatiable drive to maximize profits it will always choose immediate superprofit handouts over even the best interests of its own long-term survival.

NO "PEACE DIVIDEND"

The high expectations, after the end of the Cold War and the collapse of the Soviet Union, that billions of dollars could now be turned toward a "peace dividend" crashed against the continued astronomical growth of the Pentagon budget. This grim reality has so demoralized and overwhelmed progressive economists that today almost no attention is paid to "economic conversion" or the role of militarism in the capitalist economy, even though it is far larger today than at the highest levels of the Cold War.

The multibillion-dollar annual military subsidy that bourgeois economists have relied on since the Great Depression to prime the pump and begin again the cycle of capitalist expansion is no longer enough.

Once corporations became dependent on multibillion-dollar handouts, their appetite became insatiable. In 2009, in an effort to stave off a meltdown of the global capitalist economy, more than $700 billion was handed over to the largest banks. And that was just the beginning. The bailout of the banks is now in the trillions of dollars.

Even $600 to $700 billion a year in military spending can no longer restart the capitalist economy or generate prosperity. Yet corporate America can't do without it.

The military budget has grown so large that it now threatens to overwhelm and devour all social funding. Its sheer weight is squeezing out funding for every human need. U.S. cities are collapsing. The infrastructure of bridges, roads, dams, canals and tunnels is disintegrating. Twenty-five percent of U.S drinking water is considered "poor." Unemployment is officially reaching 10 percent and in reality is double that. Black and Latino/a youth unemployment is more than 50 percent. Fourteen million children in the U.S. are living in households below the poverty level.

HALF OF MILITARY COSTS ARE HIDDEN

The announced 2010 military budget of $680 billion is really only about half of the annual cost of U.S. military expenditures.

These expenditures are so large that there is a concerted effort to hide many military expenses in other budget items. The War Resisters League annual analysis listed the real 2009 U.S. military expenses at $1,449 billion, not the official budget of $651 billion. Wikipedia, citing several different sources, came up with a total military budget of $1,144 billion. Regardless of who is counting, it is beyond dispute that the military budget actually exceeds $1 trillion a year.

The National Priorities Project, the Center for Defense Information and the Center for Arms Control and Non-Proliferation analyze and expose many hidden military expenses tucked into other parts of the total U.S. budget.

For example, veterans' benefits totaling $91 billion are not included in the Pentagon budget. Military pensions totaling $48 billion are stuck into the Treasury Department budget. The Energy Department hides $18 billion in nuclear weapons programs in its budget. The $38 billion financing of foreign arms sales is included in the State Department budget. One of the largest hidden items is the interest on debt incurred in past wars, which totals between $237 billion and $390 billion. This is really an endless subsidy to the banks, which are intimately linked to the military industries.

Every part of these bloated budgets is expected to grow by 5 to 10 percent a year, while federal funding to states and cities is shrinking by 10 to 15 percent annually, leading to deficit crises.

According to the Office of Management and Budget, 55 percent of the total 2010 U.S. budget will go to the military. More than half! Meanwhile, federal block grants to states and cities for vital human services--schools, teacher training, home-care programs, school lunches, basic infrastructure maintenance for drinking water, sewage treatment, bridges, tunnels and roads--are shrinking.

MILITARISM BREEDS REPRESSION

The most dangerous aspect of the growth of the military is the insidious penetration of its political influence into all areas of society. It is the institution that is the most removed from popular control and the most driven to military adventure and repression. Retired generals rotate into corporate boardrooms, become talking heads in major media outlets, and high-paid lobbyists, consultants and politicians.

It is not a coincidence that along with having the world's largest military machine, the U.S. has the world's largest prison population. The prison-industrial complex is the only growth industry. According to the U.S. Justice Department's Bureau of Justice Statistics, more than 7.3 million adults were on probation or parole or incarcerated in 2007. More than 70 percent of the incarcerated are Black, Latino/a, Native and other people of color. Black adults are four times as likely as whites to be imprisoned.

Just as in the military, with its hundreds of thousands of contractors and mercenaries, the drive to maximize profits has led to the growing privatization of the prison system.

The number of prisoners has grown relentlessly. There are 2.5 times more people in the prison system today than 25 years ago. As U.S. capitalism is less and less able to provide jobs, job training or education, the only solutions offered are prisons or the military, wreaking havoc on individuals, families and communities.

The weight of the military pushes the repressive state apparatus into every part of society. There is an enormous growth of police of every kind and countless police and intelligence agencies.

The budget for 16 U.S. spy agencies reached $49.8 billion in fiscal year 2009; 80 percent of these secret agencies are arms of the Pentagon. (Associated Press, Oct. 30) In 1998 this expense was $26.7 billion. But these top secret agencies are not included in the military budget. Nor are the repressive agencies of immigration and border control.

U.S. armed forces are stationed at more than 820 military installations around the world. This doesn't count hundreds of leased bases and secret listening posts and many hundreds of ships and submarines. 

But the more the military machine grows, the less it can control its world empire because it offers no solutions and no improvements in living standards. Pentagon high-tech weapons can read a license plate on a car from a surveillance satellite; their night vision goggles can penetrate the dark; and their drones can incinerate an isolated village. But they are unable to provide potable water, schools or stability to the nations attacked.

Despite all the Pentagon's fantastic high-tech weapons, the U.S. geopolitical position is slipping year after year. Regardless of its massive firepower and its state-of-the-art weaponry, U.S. imperialism has been unable to reconquer the world markets and position of U.S. finance capital. Its economy and its industries have been dragged down by the sheer weight of maintaining its military machine. And as the resistance in Iraq and Afghanistan has shown, that machine cannot match the determination of people to control their own future.

As the mighty U.S. capitalist economy is able to offer less and less to working people here in the U.S. , that level of determined resistance is sure to take root here as well.


Disclaimer: The views expressed in this article are the sole responsibility of the author and do not necessarily reflect those of the Centre for Research on Globalization. The contents of this article are of sole responsibility of the author(s). The Centre for Research on Globalization will not be responsible or liable for any inaccurate or incorrect statements contained in this article.

© Copyright Sara Flounders, International Action Center, 2009 

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--- FRANCAIS ---


Lundi, 16 Novembre 2009 13:01  
  Le budget du Pentagone : le plus élevé de tous les temps et en augmentation constante
Sara Flounders   

Le 28 octobre, le président Barack Obama a signé le décret d’autorisation de la Défense pour 2010, c’est-à-dire le plus gros budget militaire de l’histoire des EU. Il n’est pas seulement le plus gros budget militaire au monde, il est en même temps plus important que l’ensemble des dépenses militaires du reste de la planète.

Et, d’année en année, il ne cesse de croître. Le budget militaire de 2010 – qui ne couvre même pas toute une série de dépenses ayant trait à la guerre – a été fixé à 680 milliards de dollars. En 2009, il était de 651 milliards alors qu’en 2000, il n’était encore que de 280 milliards. Il a donc plus que doublé en dix ans.

 

Quel contraste avec la question des soins de santé !

Le Congrès américain a ergoté autour d’un plan des soins de santé de base – une chose que possèdent tous les autres pays industrialisés sous une forme ou une autre – durant plus de six mois. Il y a eu d’intenses pressions de la part des compagnies d’assurances, des menaces de la droite et des mises en garde sévères : le plan des soins de santé ne pourrait accroître le déficit d’un seul cent.

Pourtant, au beau milieu de ce débat d’une importance vitale pour les soins médicaux des millions de travailleurs et de pauvres qui ne bénéficient d’aucune couverture de soins, une subvention gargantuesque aux plus importantes des sociétés américaines a été adoptée sans qu’il y ait pratiquement de discussion et d’articles dans la presse, alors que la chose concerne des contrats militaires et des systèmes d’armement, lesquels génèrent chaque fois de véritables déficits.

L’organisation Médecins pour un programme national de santé estime qu’un plan de santé entièrement financé par l’État coûterait 350 milliards de dollars par an, ce qui, en fait, équivaudrait au montant économisé avec l’élimination de tous les frais administratifs de l’actuel système privé de soins de santé – un système qui exclut presque 50 millions de personnes.

Comparez cela aux dépassements du budget militaire chaque année. Même le président Obama a déclaré, en signant le budget du Pentagone : « Le Bureau gouvernemental des comptes (GAO - Government Accountability Office), a examiné 96 importants projets de défense de l’an dernier et a découvert que les dépassements totalisaient 296 milliards de dollars. » (voir : whitehouse.gov  , 28 octobre 2009)

La pyramide de Ponzi à 50 milliards de dollars de Bernard Madoff, dont certains prétendent qu’elle est la plus grosse arnaque de l’histoire, semble minable, en comparaison. Pourquoi n’y a-t-il pas d’enquête pénale sur ce vol de plusieurs dizaines de milliards de dollars ? Où sont les questions du Congrès ou les manifestations d’hystérie médiatique sur ces 296 milliards de dépassements ? Pourquoi les PDG des sociétés ne sont-ils pas amenés menottés au tribunal ?

Les dépassements de frais font partie intégrante des subventions militaires aux plus grandes des sociétés américaines. Ils sont traités comme des affaires ordinaires. Qu’importe le parti au pouvoir, le budget du Pentagone grossit, les dépassements de frais grossissent et la proportion des dépenses domestiques rétrécit. 

Accro à la guerre


Le budget militaire de cette année n’est que le dernier exemple de la façon dont l’économie américaine est maintenue à flot à l’aide de moyens artificiels. Des décennies de relance constante de l’économie capitaliste via le stimulus des dépenses de guerre ont créé une dépendance morbide vis-à-vis du militarisme, au point que les entreprises américaines ne peuvent plus s’en passer. Mais ce moyen n’a plus l’ampleur suffisante pour résoudre le problème capitaliste de la surproduction.

On a justifié ce coup de seringue annuel de plusieurs centaines de milliards de dollars en disant qu’il contribuerait à amortir ou à éviter complètement une récession capitaliste et à résorber le chômage. Mais rappelons la mise en garde du fondateur du Workers World Party, Sam Marcy, en 1980, dans « Generals Over the White House » (Les généraux sont au-dessus de la Maison-Blanche), lorsqu’il parlait d’une très longue période pendant laquelle ces stimulants allaient être de plus en plus nécessaires. Finalement, il se fait qu’ils ont un effet diamétralement opposé et qu’ils se muent en un dépresseur massif qui contamine et pourrit toute la société.

La racine du mal réside dans le fait que la technologie devient plus productive, que les travailleurs ont une part de plus en plus restreinte de ce qu’ils produisent. L’économie américaine dépend de plus en plus du stimulant des superprofits et des dépassements des coûts militaires (296 milliards de dollars !) pour absorber une part de plus en plus grande de ce qui est produit. C’est une partie essentielle de la redistribution constante de la richesse loin des poches des travailleurs et directement dans celles des gens richissimes. 

Selon le Centre du contrôle des armements et de la non-prolifération, les dépenses militaires américaines sont aujourd’hui considérablement plus élevées, en dollars 2009 ajustés à l’inflation, qu’elles ne l’étaient au plus fort de la guerre de Corée (1952 : l’équivalent de 604 milliards de dollars actuels), de la guerre du Vietnam (1968 : 513 milliards) et de la mise sur pied de l’ère militaire sous Reagan, dans les années 80 (1985 : 556 milliards). Et, pourtant, cela ne suffit plus à maintenir l’économie américaine à flot.

Même en forçant les pays riches en pétrole dépendant des EU à devenir des nations débitrices via des achats sans fin d’armes, on ne pourra résoudre le problème. Plus de deux tiers de toutes les armes vendues dans le monde en 2008 provenaient de sociétés militaro-industrielles américaines. (Reuters, 6 septembre 2009)

Alors que, dans les années 30, un gigantesque programme militaire était en mesure de tirer l’économie américaine d’un effondrement dévastateur, sur une longue période, ce stimulant artificiel sape les processus capitalistes.

L’économiste Seymour Melman, dans des ouvrages comme « Pentagon Capitalism » (Le capitalisme pentagonal), « Profits without Production » (Des bénéfices sans produire), « The Permanent War Economy : American Capitalism in Decline » (Une économie de guerre permanente : le capitalisme américain en déclin), mettait en garde contre la détérioration de l’économie américaine et du niveau de vie de millions de personnes.

Melman et d’autres économistes progressistes étaient partisans d’une « conversion économique » rationnelle ou d’un passage de la production militaire à la production civile par les industries militaires. Ils expliquaient comment un seul bombardier B-1 ou un sous-marin Trident pouvait payer les salaires de milliers d’enseignants, fournir des bourses ou des soins ambulants ou reconstruire des routes. Cartes et graphiques montraient que le budget militaire emploie beaucoup moins de travailleurs que les mêmes sommes dépensées pour couvrir les besoins civils.

C’étaient toutes des idées valables et raisonnables, hormis le fait que le capitalisme n’a rien de rationnel. Dans sa pulsion insatiable à vouloir maximiser les profits, il choisira les aumônes du superprofit immédiat et laissera de côté même les meilleurs intérêts de sa survie à long terme.

Pas de « dividende de paix »

Les grands espoirs, après la fin de la guerre froide et l’effondrement de l’URSS, de voir des milliards de dollars se muer désormais en « dividendes de paix » se sont écrasés face à la croissance astronomique continue du budget du Pentagone. Cette pénible réalité a tellement démoralisé et submergé les économistes progressistes qu’on n’accorde quasiment plus d’attention aujourd’hui à la « conversion économique » ou au rôle du militarisme dans l’économie capitaliste, même s’il est infiniment plus important aujourd’hui qu’aux moments les plus forts de la guerre froide. 

Les centaines de milliards de dollars des subventions militaires annuelles sur lesquelles ont compté les économistes bourgeois depuis la Grande Dépression pour amorcer la pompe et réenclencher une fois de plus le cycle de l’expansion capitaliste ne suffisent plus, aujourd’hui. 

Une fois que les sociétés sont devenues dépendantes des centaines de milliards de dollars de subventions, leur appétit n’a plus connu de limites. En 2009, dans un effort pour écarter la liquéfaction complète de l’économie capitaliste mondiale, on a refilé plus de 700 milliards de dollars aux banques les plus importantes. Et ce n’a été que le début. Le renflouage des banques se chiffre aujourd’hui en milliers de milliards de dollars. 

Même 600 ou 700 millions de dollars par an de dépenses militaires ne peut plus relancer l’économie capitaliste ni engendrer la prospérité. Pourtant, l’Amérique des entreprises ne peut s’en passer.

Le budget militaire s’est accru dans des proportions si importantes qu’il menace maintenant de submerger et de dévorer la totalité du budget social. Son poids réel met à plat les fonds nécessaires à chaque besoin humain. Les villes américaines s’écroulent. L’infrastructure des ponts, routes, barrages, canaux et tunnels se désintègre. Vingt-cinq pour cent de l’eau potable américaine est considérée de « piètre qualité ». Le chômage atteint officiellement 10 pour cent et, en réalité, il est le double de ce chiffre. Le chômage chez les jeunes Afro- et Latino-américains dépasse les 50 pour cent. Quatorze millions d’enfants aux EU vivent dans des ménages situés en dessous du niveau de pauvreté.  

La moitié  des dépenses militaires sont cachées

Le budget militaire annoncé pour 2010, 680 milliards de dollars, ne représente en réalité qu’environ la moitié du coût annuel des dépenses militaires américaines.

Ces dépenses sont si importantes qu’il y a un effort concerté pour cacher de nombreuses dépenses militaires dans d’autres éléments du budget. L ‘analyse annuelle de la Ligue des opposants à la guerre a répertorié les véritables dépenses militaires américaines pour 2009 et les a évaluées à 1.449 milliards de dollars, et non pas l’officiel budget de 651 milliards. Wikipedia, citant diverses sources, est arrivé à un budget militaire total de 1.144 milliards. Mais qu’importe qui compte, il ne fait absolument aucun doute que le budget militaire dépassée aujourd’hui les 1.000 milliards de dollars.

Le Projet des priorités nationales, le Centre d’information sur la Défense et le Centre du contrôle des armements et de la non-prolifération analysent et dénoncent de nombreuses dépenses militaires cachées qu’on a planquées dans certaines autres parties du budget total des EU.

Par exemple, les allocations des vétérans, qui totalisent 91 milliards de dollars, ne sont pas reprises dans le budget du Pentagone. Les pensions militaires (48 milliards au total) sont répertoriées dans le budget du département du Trésor. Le département de l’Énergie cache dans on budget 18 milliards de dollars de programmes d’armes nucléaires. Les 38 milliards du financement des ventes d’armes étrangères est compris dans le budget du département d’État (= ministère des Affaires étrangères). L’un des postes cachés les plus importants représente les intérêts des dattes encourues lors des guerres passées : 237 milliards et 390 milliards de dollars. C’est en réalité un subside sans fin aux banques et celles-ci sont étroitement liées aux industries militaires.

Chaque partie de ces budgets goitreux est censée augmenter de 5 à 10 pour cent par an, alors que le financement des États et des villes par le fédéral diminue annuellement de 10 à 15 pour cent, ce qui amène des crises de déficit.

Selon le Bureau de la gestion et du budget, 55 pour cent du budget total américain pour 2010 ira à l’armée. Plus de la moitié ! Pendant ce temps, des pans entiers des dotations fédérales aux États et villes sur le plan des services humains vitaux – écoles, formation des enseignants, programmes de soins à domicile, repas scolaires, entretien des infrastructures de base de la distribution d’eau potable, entretien des égouts, des ponts, des tunnels et des routes – diminuent à vue d’œil.

Le militarisme nourrit la répression

L’aspect le plus dangereux de la croissance de l’armée est la pénétration insidieuse de son influence politique dans tous les domaines de la société. C’est l’institution la plus éloignée du contrôle populaire et la plus encline à l’aventurisme militaire et à la répression. Des généraux retraités font une tournante dans les conseils d’administration des sociétés, deviennent des vedettes du crachoir dans les principaux organes médiatiques, des lobbyistes, conseillers et hommes politiques grassement payés.

Ce n’est pas une coïncidence si, non contents de posséder la plus importante machine de guerre du monde, les EU ont également la plus importante population carcérale de la planète. Le complexe carcéro-industriel est la seule industrie à connaître une croissance. Selon le Bureau de la statistique du département américain de la Justice, plus de 7,3 millions d’adultes étaient en probation, en liberté sur parole ou incarcérés en 2007. Plus de 70 pour cent des personnes incarcérées sont des Afro- ou Latino-américain(e)s, des Amérindiens et autres personnes de couleur. Les adultes noirs risquent quatre fois plus la prison que leurs homologues blancs.

Exactement comme pour l’armée, avec ses centaines de milliers de contractuels et de mercenaires, la frénésie à vouloir maximiser les profits a abouti à une privatisation croissante du système carcéral.

Le nombre de détenus a augmenté sans relâche. Il y a 2,5 fois plus de gens dans le système carcéral actuel qu’il y a 25 ans. Comme le capitalisme américain est de moins en moins en mesure de procurer des emplois, des formations à l’emploi ou un enseignement tout court, les seules solutions proposées sont les prisons ou l’armée, provoquant ainsi la désolation chez les individus ou au sein des familles et des communautés.

Le poids de l’armée pousse l’appareil répressif de l’État vers toutes les couches de la société. Il y a une augmentation énorme des polices en tous genres et d’innombrables agences de police et de renseignement. 

Le budget de 16 agences de renseignement américaines atteignait 49,8 milliards de dollars, pour l’année fiscale 2009 : 80 pour cent de ces agences secrètes de renseignement sont des bras du Pentagone. (Associated Press, 30 octobre 2009). En 1998, ces dépenses étaient de 26,7 milliards de dollars. Mais ces agences ultrasecrètes ne sont pas reprises dans le budget militaire. Pas plus que les agences de répression de l’immigration et de contrôle des frontières.

Les forces armées américaines sont stationnées dans plus de 820 bases militaires disséminées dans le monde entier. Et ce chiffre n’inclut pas les centaines de bases louées, de postes clandestins d’écoute et ainsi que les centaines de navires et de sous-marins.

Mais plus la machine militaire prend de l’ampleur, moins il est possible de contrôler son empire mondial, parce qu’elle n’offre pas de solutions ni n’améliore les niveaux de vie. Les armes high tech du Pentagone peuvent lire une plaque minéralogique de voiture à partir d’un satellite de surveillance, leurs lunettes de lecture nocturne peuvent pénétrer l’obscurité la plus profonde et leurs drones peuvent incendier un village isolé. Mais elles sont incapables de fournir de l’eau potable, des écoles ou la stabilité aux nations qu’elles attaquent.

En dépit de toutes ces armes du Pentagone à la technologie fantastique, la position géopolitique américaine se dégrade d’année en année. En dépit de sa puissance de feu massive et de son armement à la pointe de l’art, l’impérialisme américain a été incapable de reconquérir les marchés mondiaux et la position du capital financier américain. L’économie et l’industrie des EU ont été entraînées vers le gouffre par le simple poids du maintien en état de la machine militaire. Et, comme l'a montré la résistance en Irak et en Afghanistan, cette machine ne peut rivaliser avec la détermination des peuples à vouloir contrôler eux-mêmes leur propre avenir.

Puisque la puissante économie capitaliste américaine n’est capable que de proposer de moins en moins aux travailleurs d’ici, aux EU, il est certain que ce niveau de résistance déterminée va s’enraciner également.

Source: Workers World

Traduit par Jean-Marie Flémal pour Investig'Action 

Images: 
1- Rencontre de George W. Bush et de Barack Obama dans le bureau ovale de la Maison blanche , le 10 novembre 2008 par Eric Draper
2- Bombardier B52 par USAF 
3- Latuff 



GREATER THAN SKANDERBEG

(Dopo la statua di Clinton a Pristina - vedi: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6575 , http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6561 -, è prevista a breve l'erezione di una grande statua al criminale di guerra George W. Bush nella città albanese di Fushe-Kruje)

http://www.reuters.com/article/lifestyleMolt/idUSTRE5AJ3YZ20091120

Reuters - November 21, 2009

Albanian town plans statue of Bush


TIRANA: The small Albanian town of Fushe-Kruje plans to erect a statue of former U.S. President George W. Bush to commemorate his June 2007 visit, when he was feted as a hero in an outpouring of love for America.

Mayor Ismet Mavriqi said seven Albanian sculptors had entered the competition for the statue he plans to unveil in Bush Square in the town center on June 10, 2010, the third anniversary of Bush's visit.

"If had the final say, I would very much like a three-meter statue, probably in bronze, that captures his trademark way of walking with energy," Mavriqi told Reuters on the phone.

The municipality has already finished the blueprints for rebuilding the square where the statue will stand, he added.

A cafe in Fushe-Kruje and a street in the capital Tirana are already named after Bush.

When Bush visited Fushe-Kruje, he dived into a throng of waiting Albanians and enjoyed a rock-star reception - a stark contrast with the noisy protests that dogged him elsewhere on that European trip.

The bakery and the cafe where Bush stopped to talk with the owners and a barber, a shepherd and a tailor whose businesses were funded by U.S. micro-loans, have become landmarks visited by Albanians, ethnic Albanians from Kosovo and foreigners.

Albanians have a special affection for the United States, which they credit not only with ending their Cold War isolation but also with leading NATO in 1999 [to wage war against Yugoslavia].

Kosovo, which declared independence from Serbia last year, set up a giant statue of former U.S. president Bill Clinton to thank him for his role in NATO's 1999 air war.

Bush, on the first U.S. presidential visit to post-communist Albania, backed independence for Kosovo and urged Kosovo Albanians to be patient. 

The United States was one of the first countries to recognize Kosovo's independence.