Informazione

1. CRONACA della manifestazione svoltasi all'Aia il 28 giugno 2003

2. Notizie sulla manifestazione svoltasi in contemporanea a Mosca (dal
sito del PCFR)

3. Dichiarazione di un gruppo di socialisti croati in appoggio alla
battaglia di Slobodan Milosevic all'Aia (gennaio 2003)


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CRONACA DELLA MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE svoltasi all'Aia (Olanda)
lo scorso 28 GIUGNO, per la abolizione del "Tribunale ad hoc per i
crimini commessi sul territorio della ex-Jugoslavia" (ICTY) e la
liberazione di Slobodan Milosevic.


PERCHE' LA MANIFESTAZIONE DEL 28 GIUGNO

Il 28 giugno e' "Vidovdan", la festa di San Vito, per i serbi e per
tutti i Balcani data-simbolo della lotta plurisecolare, e non conclusa,
per la indipendenza e la liberazione dal giogo straniero.
Nel 1389 quel giogo era rappresentato dall'Impero
Ottomano: quell'anno, attorno al 28 giugno appunto (il 15 nel vecchio
calendario ortodosso), si svolse la mitica battaglia di Campo dei Merli
(Kosovo Polje - vedi http://www.kosovo.com/kosbitka.html). Nel 1914 lo
straniero occupante era invece l'austriaco: il 28 giugno Gavrilo
Princip attentava alla vita dell'Arciduca Franz Ferdinand. Nel 1989,
nel seicentesimo anniversario di Kosovo Polje, in un discorso
celebrativo (molto citato a sproposito ma ben poco conosciuto - vedi
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1112)
Slobodan Milosevic, allora presidente della Lega dei Comunisti della
Serbia, incentrava l'attenzione sulla nuova fase di crisi che si era
aperta in Kosovo ed in tutta la Jugoslavia sottolineando in particolare
la sua possibile strumentalizzazione da parte di forze straniere
ostili, miranti alla ricolonizzazione dell'area attraverso la sua
destabilizzazione.

--- Ritratto di Milosevic:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/
milosevicportret.jpg ---

Le preoccupazioni di Milosevic si dimostreranno purtroppo ben fondate
nel corso degli anni successivi, con lo scoppio della guerra di
spartizione della Jugoslavia, fino ai bombardamenti della NATO sulla
Serbia ed alla ri-occupazione coloniale della stessa provincia del
Kosovo. Essa e' ridotta oggi a protettorato militare straniero e ad
inferno di terrorismo ed oppressione feroce contro le nazionalita'
minoritarie e contro gli albanesi antifascisti.
Negli stessi anni, lo stesso Milosevic - prima presidente della Serbia
e poi della federazione jugoslava -viene usato dai media
internazionali, gestiti in Occidente, come "bersaglio" e capro
espiatorio pressoche' esclusivo della tragedia in atto.
Il 28 giugno 2001, infine, egli viene consegnato all'ITCY con una
azione "coperta" illegale condotta dai settori piu' filo-NATO presenti
nel nuovo governo-fantoccio della Serbia, andato al potere con un colpo
di Stato il 5 ottobre 2000.

Dunque il 28 giugno e' una data estremamente simbolica, tanto da
essere stata scelta anche dalla NATO per rapire Milosevic da Belgrado e
trasportarlo all'Aia. Essa e' stata scelta infine dal Comitato
Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic (ICDSM) per
manifestare contro l'ITCY esattamente due anni dopo il rapimento di
Milosevic.

Una analisi del carattere illegale dell'ITCY si puo' leggere su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2574

Un ottimo articolo sulle ragioni della manifestazione si puo' trovare
su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2575

Le richieste ufficiali dei manifestanti del 28 giugno si trovano invece
su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2602

Moltissimi altri materiali in diverse lingue, e link importanti,
sull'ITCY e su tutta la problematica sono distribuiti dalla nostra
mailing list JUGOINFO ed archiviati all'indirizzo:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages

I principali siti internet di aggiornamento sulla questione Milosevic /
ITCY sono:
http://www.sloboda.org.yu/
(Associazione Sloboda/Liberta', comitato jugoslavo in difesa di
Milosevic)
http://www.icdsm.org/
(sito ICDSM)
http://www.wpc-in.org/
(World Peace Council)
http://www.free-slobo.de/
(sezione tedesca dell'ICDSM)
http://www.geocities.com/b_antinato/
(Balkan antiNATO center)
http://www.slobodan-milosevic.org/
(sito indipendente su Milosevic)


LO SVOLGIMENTO DELLA MANIFESTAZIONE

La manifestazione dell'Aia e' stata indetta dalle sezioni europee
dell'ICDSM, ed organizzata in particolare dalla sezione tedesca (tre
pullman sono giunti da Berlino ed
Hannover) e dai sostenitori locali (olandesi) dell'ICDSM, che hanno
fatto un ottimo lavoro logistico (permessi, amplificazione,
appuntamenti "a latere", eccetera). Alla manifestazione hanno
partecipato circa 250 persone, provenienti da: Germania, Olanda, Regno
Unito, Austria, Francia, USA, Italia, Irlanda, Canada, Belgio,
Jugoslavia, Bulgaria, Grecia - in ordine "numerico" approssimativo, e
forse dimenticando qualche paese.

E' stata una manifestazione dal carattere fortemente internazionale
dunque oltreche' internazionalista. Assolutamente predominante la
presenza dei colori e delle bandiere della Jugoslavia federativa e
socialista, quelle cioe' con la "petokraka" (stella rossa partigiana)
al centro, di tutte le fogge e dimensioni; c'era poi qualche bandiera
serba, una bandiera greca e persino una della DDR. Tanti i cartelli e
gli striscioni, scritti in quattro o cinque lingue. Questi alcuni degli
slogan scritti o scanditi nel corso del corteo:
Del Ponte rapes the law - jail the rapers (Del Ponte stupra la legge -
arrestate gli stupratori)
Bush instead of Milosevic (European Peace Forum)
Jugoslawisch-Oesterreichische SolidaritaetsBewegung
Serbien muss zum dritten Mal Sterbien? (La Serbia deve morire per la
terza volta?)
Free Slobo Jail Bush (Slobo libero, Bush in galera)
Dimitroff hat gesiegt - Milosevic wird siegen (Dimitroff ha vinto -
Milosevic vincera')

Particolarmente efficace un cartello con la scritta:
"Ponte di Carla"
ed una foto di un ponte distrutto dalla NATO nel 1999:
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag-milosevic-1.html#11

E poi ancora:
NATO fasisti (NATO fascisti)
Slobo javi se (Slobo vieni fuori - intonato dinanzi al carcere)
Slobo slobodan (Slobo libero)

All'inizio, di fronte alla sede dell'ITCY, dalla camionetta che portava
l'amplificazione sono stati diffusi a lungo i motivi dei piu' bei canti
tradizionali ed inni serbi e jugoslavi (Tamo daleko, Hej slaveni,
Kozaracka, Mars na Drinu, eccetera). Poi
hanno parlato: Van der Klift (organizzazione ICDSM, olandese),
Gavrilovic (sezione britannica), Valkanoff (sezione bulgara), Mraovic
(sezione francese).
Quindi sono state lette le richieste ufficiali dei dimostranti
all'ITCY, alle autorita' dell'ONU ed a quelle europee. Hanno seguitato
a parlare Bernardini (sezione italiana), Collon (Belgio), Varkevisser
(Olanda).

Il corteo e' dunque partito verso le 15, ed ha attraversato una zona
residenziale, prima sul limitare di un grande parco pubblico, poi tra
villini, con poche persone per strada (dati il luogo, il giorno e
l'orario), per finire il tragitto dinanzi ad una specie di piccola
fortezza risalente al primo Novecento. E' questo il penitenziario di
Scheveningen, sito in una localita' residenziale e balneare limitrofa
alla citta' de L'Aia (una specie di Lido di Ostia per i romani) e noto
per essere gia' stato
utilizzato dai nazisti per imprigionare gli oppositori (corsi e ricorsi
storici...) nel corso della occupazione, nella II Guerra Mondiale, come
evidenziato da alcune lapidi e monumenti tutt'attorno al muro di cinta .

Giunti dinanzi al carcere ci sono stati momenti di commozione, sono
stati intonati dei canti, e poi hanno ripreso a parlare i
rappresentanti dell'ICDSM dalla camionetta dell'amplificazione:
Gavrilovic, Van der Klift, poi Hartmann (sezione tedesca), Krsljanin
(Ass. Sloboda, Belgrado), Kelly (sezione irlandese), Cottin
(International Action Center - IAC, USA), Verner (sezione tedesca).
E' stata data lettura al testo della lettera a Milosevic, consegnata
proprio in quell'istante alle autorita' del carcere (in inglese vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2613).

Le belle foto della manifestazione si possono vedere ai siti:
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag- milosevic-1.html
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag- milosevic-2.html
http://homepage.mac.com/jbeentjes/Demonstraties/PhotoAlbum30.html
http://mona-lisa.org/milosevic/


BILANCIO E CONSIDERAZIONI VARIE

La partecipazione alla manifestazione dunque non e' stata massiccia, ma
d'altronde nessuno si aspettava qualcosa di diverso: si deve tenere
conto del clima di terrore imperante in tutta Europa da anni, per cui
di fronte alla problematica jugoslava la prima reazione di solito e' un
brivido, la seconda il rifiuto di ascoltare; nel caso della comunita'
serba all'estero, tali e tanti sono i problemi per la vita di tutti i
giorni (il lavoro, la casa, il permesso di soggiorno) e la necessita'
di non compromettere la propria posizione, che sarebbe irragionevole
aspettarsi, in questa fase, una partecipazione politica maggiore.
Sostenere la causa jugoslava, oppure difendere il popolo serbo, o
infine chiedere la liberazione di Milosevic oggi in Europa equivale
quasi a schierarsi al fianco degli ebrei in Germania nel 1939. Le
opinione pubbliche sono state terrorizzate da un sistema mediatico che
ha lavorato tutto il tempo precisamente allo scopo di incutere terrore,
linciando moralmente e diffamando alcuni dei protagonisti della scena
politica jugoslava e serba; e non a causa di una vaga attitudine
faziosa, ma intenzionalmente, proprio nel quadro del piano strategico
di smembramento della Jugoslavia, per realizzare il quale le armi della
guerra psicologica sono state impiegate nella maniera piu' pervasiva e
sofisticata. Infatti, nessun giornalista di nessun paese si e' degnato
di venire a dare nemmeno una occhiata, figuriamoci poi rispetto al
riportare qualcosa... Alla Conferenza Stampa tenutasi il giorno prima
all'Aia era presente solamente qualche collaboratore del coraggioso
quotidiano berlinese Junge Welt, che ha anche pubblicato un ottimo
inserto tematico il giorno 18/6/2003 (vedi:
http://www.jungewelt.de/beilage/index.php?b_id=12).
Gli altri giornalisti ed organi di informazione hanno svolto per benino
il lavoro per cui vengono pagati: nascondendo cioe' la notizia della
manifestazione, prima, durante e dopo.

Rispetto a queste difficilissime condizioni al contorno, dunque, la
manifestazione e' pienamente riuscita, rivelandosi di fatto un grande
successo soprattutto dal punto di vista politico. Essa e' stata
combattiva e commovente insieme, ha avuto contenuti precisi ed ha
contribuito a creare un clima di affiatamento e collaborazione tra le
varie componenti di questo movimento internazionale. Nel corso della
manifestazione come nelle riunioni organizzative "a latere" e' stato
ribadito il legame tra la lotta degli jugoslavi e le lotte di tutti gli
altri popoli vittime dell'imperialismo e della ricolonizzazione; e'
stato sottolineato il legame esistente tra degenerazione del sistema
legale internazionale, attacco generalizzato ai diritti civili,
deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro, e guerra. E' stata
ricordata la situazione in cui versa oggi la Serbia, dove vige un
regime antipopolare e criminale di stampo "latinoamericano", del tutto
analogo purtroppo agli altri regimi instaurati nell'area con il
concorso della NATO.

La manifestazione e' stata dunque come una importante "riunione di
famiglia", alla quale tutti i parenti convengono con piacere e
convinzione. Molti degli intervenuti hanno sottolineato questo
sostanziale successo della iniziativa: come in tutte le cose - e' stato
detto giustamente - il passo piu' difficile da compiere e' il primo,
dopodiche' la meta' del cammino e' fatta. E questa manifestazione ha
rappresentato certamente un primo passo di enorme rilevanza. L'idea
adesso e' quella di rendere la manifestazione di "Vidovdan" all'Aia un
appuntamento fisso, da ripetersi ogni anno nello stesso spirito
jugoslavista, antimperialista ed antifascista.

In contemporanea alla manifestazione dell'Aia si sono tenute due
manifestazioni a Mosca (di cui una organizzata dal Partito Comunista
della Federazione Russa; particolarmente attivo in Russia sulla
questione e' il noto Alexandar Zinov'ev), una a New York (presso
l'International Action Center), una a Vienna (organizzata dal Movimento
di Solidarieta' Jugoslavo-Austriaco). A Parigi gli jugoslavisti sono
stati impegnati nella organizzazione di una mostra sul Kosovo,
allestita su di un battello sulla Senna. A Belgrado la ricorrenza di
San Vito e' capitata in un momento in cui si moltiplicano, e sono molto
partecipate e combattive, le manifestazioni dei lavoratori contro le
politiche liberiste ed autoritarie attuate dal governo filo-occidentale.
A Roma, come e' noto, si e' tenuta lo stesso giorno una significativa
manifestazione in difesa di Cuba, che ha visto impegnati molti dei
compagni coinvolti nelle questioni jugoslave.

--- Logo-vignetta sulla "vera faccia" della Giustizia dell'Aia:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/IMMAGINI/
justitiahag.jpg ---


LE DECISIONI PRESE

Dopo la manifestazione c'e' stata una riunione in un locale sulla
rotonda di Scheveningen, nel corso della quale sono stati discussi
molti punti importanti.

Cruciale e' la questione del finanziamento, non solo per le attivita'
dell'ICDSM, ma proprio per la difesa legale di Milosevic, i cui
avvocati e collaboratori non riescono piu' nemmeno a pagarsi i viaggi
per procurargli la documentazione (ricordiamo che Milosevic non
riconosce legittimita' all'ITCY e percio' non ha difensori ad
assisterlo ufficialmente nel "Tribunale"). Questa attivita' di
documentazione e sostegno e' pero' sempre piu' essenziale, poiche' il
"processo" sta entrando nella fase in cui, dopo la presentazione dei
"testimoni di accusa", Milosevic dovra' controbattere e presentare una
gran mole di materiali e testimoni per le sue contro-deduzioni.
Un accorato appello per il finanziamento e' dunque venuto dalla
Associazione Sloboda. Esso e' integralmente leggibile, in inglese, al
sito:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2612

Il conto bancario da utilizzare per i versamenti e' il seguente:
intestazione: Peter Betscher/ICDSM
numero: 102013409
banca: Volksbank Darmstadt
coordinate bancarie (BLZ): 508 90 000
causale: "defense"

In Jugoslavia bisogna invece rivolgersi a:
SLOBODA/FREEDOM ASSOCIATION
Rajiceva 16, 11000 Belgrade, Serbia and Montenegro
Telephone: +381 63 8862301
Fax: +381 11 630 549

Per l'attivita' futura dell'ICDSM e' stata riconfermata la "guida"
politica della sezione di Belgrado (l'Associazione Sloboda) ed i due
co-presidenti: Valko Valkanoff (Bulgaria) e Ramsey Clark (USA). I
comitati nazionali dovranno esprimere ciascuno un
rappresentante ufficiale all'interno del "consiglio direttivo"
dell'ICDSM. Si e' registrata con soddisfazione l'esistenza di comitati
nazionali con i quali ancora non era stata avviata alcuna
collaborazione, e che oggi risultano invece aderenti alla struttura
internazionale a tutti gli effetti, dall'Irlanda al Canada. In alcuni
paesi, come l'Italia e la Francia, nelle prossime settimane si
preciseranno le strutture ed i compiti delle rispettive sezioni
dell'ICDSM e se ne indicheranno i rappresentanti. Si e' infine decisa
la costituzione di gruppi tematici per lavorare sui diversi aspetti.

Al prossimo "Vidovdan", dunque: all'Aia, o meglio ancora a Belgrado, in
una nuova Jugoslavia!...

Andrea


=== 2 ===


MOSCA: MANIFESTAZIONE DI SOLIDARIETA’ CON MILOSEVIC

www.kprf.ru                                                             
                                           29 giugno 2003

 

In corrispondenza dell’analoga iniziativa svoltasi all’Aia, il 28
giugno a Mosca ha avuto luogo una manifestazione di solidarietà con
Slobodan Milosevic.

Il corteo, conclusosi davanti all’ambasciata olandese, organizzato dal
PCFR, da “Resistenza antiglobalista”, da “Russia Lavoratrice” e da
altre organizzazioni di sinistra russe, si è snodato all’insegna di
slogan che chiedevano la liberazione dell’ex presidente jugoslavo e lo
scioglimento del Tribunale dell’Aia.

L’iniziativa si è conclusa con l’approvazione di una risoluzione, di
cui proponiamo la traduzione.

 

“Risoluzione del meeting di protesta contro il processo illegale a
carico del Presidente della Jugoslavia Slobodan Milosevic”

28 giugno 2003, Mosca

Esattamente due anni fa il Presidente Slobodan Milosevic veniva
prelevato illegalmente dalla Jugoslavia e consegnato al Tribunale
dell’Aia privo di ogni legittimità.

Nel periodo di detenzione, sotto il controllo di forze USA-NATO, non si
è riusciti a presentare contro Slobodan Milosevic NEPPURE UNA PROVA
della sua partecipazione ai cosiddetti “crimini di guerra”.

Comunque si continua a tenerlo rinchiuso nelle prigioni dell’Aia in
condizioni pesanti, che rappresentano una minaccia per la sua vita e la
sua salute. Inoltre, dall’inizio di quest’anno si è esercitata sul
Presidente Milosevic, oltre a quella fisica, anche una pressione
morale. Vengono inquisiti anche membri della sua famiglia e stretti
collaboratori.

Tutto ciò non rappresenta che una vendetta per l’inflessibile difesa
del suo paese dall’espansione della NATO, per il suo rifiuto di
piegarsi ai diktat dell’oligarchia mondiale, guidata dagli USA.

Noi, partecipanti al meeting, affermiamo il nostro pieno appoggio alla
coraggiosa posizione di Slobodan Milosevic di fronte all’illegale
processo dell’Aia. Sosteniamo la lotta delle forze progressiste delle
repubbliche di Jugoslavia. Esprimiamo solidarietà ai partecipanti alle
dimostrazioni che si stanno svolgendo all’Aia e a Belgrado in appoggio
a S. Milosevic.

Facciamo appello al governo della Russia perché faccia ogni possibile
sforzo per dichiarare l’illegittimità della condanna di un leader di un
paese nostro amico e la sua immediata liberazione.

Facciamo appello all’ONU perché sciolga senza indugi questo tribunale
illegittimo, creato in violazione della Carta delle Nazioni Unite. 

Facciamo appello al governo olandese perché intervenga contro l’uso del
territorio del suo paese per “processi” illegali e per sentenze contro
prigionieri politici.

Facciamo appello a tutte le forze di sinistra e patriottiche perché
appoggino le nostre richieste:

IL TRIBUNALE DELL’AIA DEVE ESSERE LIQUIDATO!

LIBERTA’ A SLOBODAN MILOSEVIC E AI SUOI COLLABORATORI! 


=== 3 ===


Un'altro contributo al sostegno per la liberazione di Milosevic

COSA DISTINGUE L'UOMO DALL'ANIMALE
Dichiarazione di socialisti croati

"Darwin non sapeva quale amara satira avesse scritto quando affermo'
che la libera concorrenza, la lotta per la sopravvivenza, che gli
economisti odierni esaltano come il più alto obiettivo storico
raggiunto, è una situazione normale nel regno animale.
Soltanto una organizzazione consapevole della produzione e
distribuzione sociale può sollevare gli uomini al di sopra del regno
animale. Lo sviluppo storico rende questa organizzazione necessaria e
possibile".
(Marx ed Engels; Raccolta di scritti).

La Jugoslavia è stata, se non la prima, tra i primi Stati nella storia
a creare una consapevole organizzazione della produzione e della
distribuzione sociale, ottenendo risultati fondamentali. La Jugoslavia
è la prima che è insorta contro il nazifascismo e l'unica nel mondo che
ha attuato la rivoluzione socialista negando scientificamente il
socialismo
burocratico. La Jugoslavia è stata tra i fondatori delle Nazioni Unite
e promotrice del Movimento dei 130 Paesi Non Allineati, e cosi via.
Dunque, mentre finora la civiltà si era fondata sulla organizzazione
statale, nella quale lo Stato è soggetto mentre l'uomo oggetto e
strumento della politica statale, la Jugoslavia ha costruito una nuova
forma di civiltà nella quale gli uomini sono tutti soggetti e perché
insieme decidono sull'economia, la politica, la cultura, eccetera,
consapevolmente e
solidalmente costruendo il proprio futuro.
L'uomo alienato, con la sua coscienza deviata secondo la quale il
denaro ed il potere sarebbero il criterio alla base dei valori umani,
ha dichiarato la Jugoslavia "uno Stato artificiale e prigione dei
popoli", distruggendola con mostruosi delitti: sanzioni economiche,
diffusione di odio religioso e nazionale, illegali armamenti, la
aggressione da parte del Patto NATO, l'incitamento al separatismo;
tutto questo ha portato alla guerra civile e al massacro di gente, alla
distruzione di villaggi e città. Oltre 3 milioni di profughi e
senzatetto jugoslavi, 300 miliardi
di dollari di danni, e cosi via.
Tutti questi delitti sono stati addossati al presidente della
Jugoslavia, Slobodan Milosevic, il quale è stato arrestato e portato
(stile "Far West") al Tribunale dell'Aia.
La guerra in Jugoslavia non è stata condotta per la difesa della
libertà, della democrazia e dei diritti civili, ma per la difesa del
sopravvissuto sistema capitalista, e per mantenere l'uomo alla merce'
del capitale.
Ibrahim Rugova chiede "Kosovo-Repubblica" perché è stato pagato dai
capitalisti per distruggere la Jugoslavia e per inserire il proprio
popolo albanese nel sistema capitalista. Rugova non si rende conto di
aver potuto studiare, fino ai più alti livelli di istruzione, solamente
nella Jugoslavia socialista, e nella propria lingua, cosa che non
avrebbe potuto fare in nessuno Stato del mondo contemporaneo.
La distruzione della Jugoslavia, e l'attuale continua corsa agli
armamenti per la distruzione dell'Irak, confermano la verità scentifica
che l'uomo non si eleva al di sopra del mondo animale fintantoché
persegue "la ragione del più forte" e si aliena sempre più, andando
verso l'autodistruzione, verso la III Guerra Mondiale, verso una totale
catastrofe, in quanto non comprende la verità. Con la costruzione
della bomba atomica l'uomo contemporaneo ha messo sotto minaccia la sua
stessa esistenza.
Difendendo la Jugoslavia dall'aggressione NATO, Milosevic ha difeso il
futuro socialista ed ha lottato perché gli uomini non rimangano senza
una coscienza sociale, eternamente schiavi del capitale.
Perciò dobbiamo chiedere la liberazione di Milosevic ed il ritiro delle
truppe NATO dal Kosovo-Metohija.
Accusando Milosevic di crimini di guerra, il Tribunale dell'Aia sta
solo emulando l'Inquisizione medievale che aveva condannato Giordano
Bruno al rogo perché questi sosteneva la verità scientifica sul moto di
rotazione della Terra, la quale gira attorno il al Sole e non viceversa.

Pola, gennaio 2003
Un gruppo di socialisti della Croazia

Traduzione di Ivan, per il CNJ

Riceviamo e giriamo alla lista:


http://www.maidirezmaj.it

2° edizione della festa balcanica in sostegno dell'orfanotrofio Zmaj di
Belgrado

mercoledi' 9 luglio ore 20:00
c/o Circolo degli Artisti via Casilina Vecchia 42 Roma

concerto degli Ale Brider
musica, cena etnica, mercatino, mostra fotografica
entrata e consumazione 8 euro

I proventi saranno devoluti all'orfanotrofio J.J.Zmaj di Belgrado e
serviranno, in particolare, a finanziare un progetto in sostegno agli
educatori impiegati nell'istituto.
La "Casa dei bambini Jovan Jovanovic Zmaj" è l'istituto per l'infanzia
più grande di Belgrado. Ha ospitato negli ultimi 10 anni oltre 400
bambini, 90 dei quali dichiarati profughi. Attualmente ce ne sono 72.

info Donatella: 3484741876 Corrado: 3293907106


Per maggiori informazioni sull'istituto, e sul progetto portato avanti
dai volontari visitate il sito www.maidirezmaj.it

(english / italiano)

Hashim Taci, detto "il Serpente", evidentemente gode di protezioni
molto speciali.

Gia' leader dell'organizzazione terrorista UCK, egli e' oggi a capo di
un partito politico "democratico" che ha come primo punto del suo
programma la secessione della provincia (protettorato NATO) del
Kosovo-Metohija, e la creazione della Grande Albania su base razziale:
gli albanesi dentro, gli slavi fuori.
Questo signore pero' solo pochi anni fa, prima di fare carriera come
terrorista spalleggiato dalla NATO e poi addirittura "uomo politico
democratico" in stile statunitense, era noto tra i suoi compari con il
significativo soprannome di "Serpente" ed era ricercato dall'Interpol
per crimini comuni (specialmente spaccio di droga).
A fine giugno (2003), qualche persona onesta ha pensato giustamente di
arrestarlo (e' successo all'aereoporto di Budapest) e magari di
assicurarlo alla giustizia - ammesso e non concesso che quest'ultima
ancora esista in Occidente.
Che idea bizzarra!
Nel giro di poche ore "il Serpente" e' stato rilasciato grazie
all'intervento diretto dei suoi complici occidentali, ed in particolare
grazie a Michael Steiner, il governatore tedesco del protettorato, che
ha pensato cosi' di compiere ancora una delle sue infamie prima della
fine del suo mandato a capo dell'UNMIK. La portavoce della Del Ponte si
e' invece affrettata a spiegare che contro Thaci "non ci sono
abbastanza prove". Adesso "il Serpente" e' di nuovo a spasso e ride.
Ci saremmo stupiti del contrario. (I. Slavo)


HASHIM THACI TAKEN INTO CUSTODY BUT SOON RELEASED

PRISTINA, June 30 (Beta) - President of the Democratic Party of Kosovo
and one of the leaders of the former Liberation Army of Kosovo (KLA),
Hashim Thaci, spent several hours in custody at the Budapest airport
and was then released, Albanian sources in Pristina told Beta, quoting
anonymous UNMIK officials. 
        The Hungarian authorities, however, denied that Thaci, who
later resumed his trip to Paris, had been taken into custody in the
first place. 
        In 1997, a Serbian court tried Thaci for involvement in an
armed attack on a police patrol near Glogovac, central Kosovo, in which
three policemen were killed and several were wounded. The court
sentenced Thaci to ten years in prison. 
        In 2001, the new authorities delivered documentation on crimes
against Kosovo Serbs, including information on Thaci's activities and
the KLA units he was in charge of. 
        According to the Pristina media, UNMIK Chief Michael Steiner
talked to officials in the Hungarian Ministry of Foreign Affairs, and
the French foreign ministry also intervened. 
        The same sources say that EU High Representative Javier Solana
also held consultations with the Hungarian authorities. 
        The sources say UNMIK believes the Hungarian authorities
contacted Serbia and Montenegro officials, following Thaci's arrest,. 
        The Albanian media did not say whether Thaci had been arrested
on the charges brought against him in 1993, or a more recent
indictment. 
        "If he had been arrested on the charges brought in 1993 and
released in agreement with Serbia and Montenegro, it would bring a
tremendous political advantage to the authorities in Belgrade before
the start of talks between Pristina and Belgrade and boost confidence
between the negotiating parties," Pristina Albanian language media
announced. 
        In the meantime, a spokesman for the Hungarian border
authorities, Sandor Orodan, told BETA that the service had neither
arrested nor taken into custody anybody by the name of Hashim Thaci. "I
am absolutely certain about this," Orodon told BETA. 
        The security officer who was on duty at the time of the alleged
arrest also denied the information. The officer who wished to remain
anonymous told BETA that nothing of the sort had happened at Ferihegy
airport. 

STEINER CONFIRMED HE MEDIATED RELEASE ON TACHI 

        PRISTINA, July 1 (Tanjug) - UNMIK chief MIchael Steiner
confirmed  on Tuesday that he was one of the mediators, or one of the 
officials, who negotiated on Monday with the Hungarian Foreign 
Ministry the release of Democratic Party of Kosovo leader Hashim  Tachi
who was arrested in Hungary. 
        Steiner said at a news conference that he was glad the problem 
(release of Tachi) was resolved quickly and efficiently.


http://www.makfax.com.mk/news1-a.asp?br=43981

MakFax (Macedonia)
July 5, 2003

SCG: Artmann says Belgrade lacks evidence against
Thaqi

The Hague Tribunal’s spokeswoman Florence Artmann said
Belgrade has not enough evidence to back war crimes
charges against the former leader of the Kosovo
Liberation Army (KLA) Hashim Thaqi.
In an interview with Radio Deutsche Welle, Artmann
said the evidence on alleged war crimes carried out by
former KLA members, including the former KLA political
leader Hashim Thaqi (leader of the Democratic Party of
Kosovo DPK) are not enough to file an indictment
against any person mentioned in these documents.
Hungarian police arrested Thaqi upon arrest warrant
issued by Yugoslav authorities in 1997. Thaqi is
claimed to have been involved in killing of three Serb
policemen in Glogovac.
Thaqi was released shortly afterwards upon a request
of the UN administrator in Kosovo Michael Steiner, who
claimed that the arrest warrant had been issued by
non-legitimate regime of the former Yugoslav and
Serbian president Slobodan Miosevic.


http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=23567&style=headlines

Associated Press - July 4, 2003

Serbia to snub UN court and try Thaqi

BELGRADE -- Friday -- In a snub to the U.N. war crimes
tribunal, Serbian Justice Minister Vladin Batic said
today that Serbia would put a former ethnic Albanian
rebel leader on trial in a Serbian court.
Hashim Thaqi, president of Kosovo's leading opposition
party, the Democratic Party of Kosovo, and a former
commander of the Kosovo Liberation Army, will be tried
in a Belgrade court on charges of committing
atrocities against ethnic Serbs during the 1998-99
conflict, Batic said.
"We will try him in absentia," the Christain Democrat
leader explained. "Then, we will see how the
international community will react."
Batic accused The Hague Tribunal of showing anti-Serb
bias for having failed to indict Thaqi, saying: "There
are obviously some political reasons, rather then
legal, as to why he is not being indicted".
Batic said that the Serbian government had handed over
to The Hague Tribunal some 40,000 pages of witnesses
testimonies, photographs, video and audio tapes and
other evidence to back an indictment against Thaqi. He
claimed that the evidence is enough to charge him.

SERBIA PRESENTED AMPLE DOCUMENTATION ON TACHI TO HAGUE TRIBUNAL 

        BELGRADE, July 4 (Tanjug) - Commenting on the statement made
by  the Hague Tribunal spokeswoman Florence Hartmann that not enough 
evidence had been gathered against Kosovo Liberation Army (UCK)  leader
Hashim Tachi in order to put him on trial before the Hague  Tribunal,
Serbian Justice Minister Vladan Batic said that he refuses  to comment
statements made by a lay person, but that these  statements obviously
have a political sign. 
Batic observed that this statement followed the meeting between  Hashim
Tachi and Javier Solana, and that ample documentation on war  crimes
committed by Tachi, Ceku and Haradinaj was forwarded to the  Hague
Tribunal two years ago.  Batic told reporters in the Serbian parliament
that 40,000 pages of documents were sent to the Hague, including
testimonies of  witnesses, minutes, war plans, maps, photographs, sound
and video  tapes, DNA analyses, statements made by several hundreds of 
witnesses before the First Municipal Court in Belgrade, which was also
attended by investigators of the Hague Tribunal.
Batic recalled that Carla del Ponte had been announcing a  beginning of
the proceedings against Tachi and other Albanian war  criminals on
several occasions, and that those announcements,  including the
extensive evidence, deny Florence Hartmann.
        "The evidence material is so extensive that even a prosecution 
trainee from the most remote place on Earth would have brought  charges
against Tachi, Ceku and Haradinaj long time ago. Isn't the  evidence
that more than a thousand Serbs have been killed and  another thousand
kidnapped since the arrival of the UNMIK in Kosovo  enough, and the
fact that Hashim Tachi is the UCK leader," said  Batic. 
        Batic concluded that Tachi is the biggest war criminal in
Europe  since World War II, but that there are obviously some political
but  not legal and judicial reasons for failing to issue an indictment 
against him."         Batic said that the situation with Alija
Izetbegovic  is a similar one, recalling that Carla del Ponte had
admitted that  the investigation is over and that everything is clear
regarding the  crime committed in the Sarajevo Dobrovoljacka Street
eleven years  ago, but that there is still no reply to why an
indictment had not  been issued yet. 
        Batic also said that he had again raised the issue of
indictments  against Ceku, Tachi and Haradinaj during his last meeting
with Del  Ponte, receiving a reply from her that she would like to see
the  notes of the UCK leaders' conversation, which should be provided
by  the Security and Information Agency (BIA), and that due to the
fact  that Albanian witnesses are afraid to testify she needs more
time. 
        "Del Ponte had even invited me to the Hague to help her write
the  indictment, which best speaks against the statement made by
Florence  Hartmann." When asked about what else would be done, Batic
replied:  "Tachi will stand trial for war crimes here".
        "We shall put him on trial in absentia, and then we shall see
the  reaction of the international community," said Batic.

From: Michel Collon


Une remarquable analyse sur les “dissidents” cubains et la CIA


La Responsabilité des Intellectuels

Cuba, les États-Unis et les Droits de l'Homme
par James Petras - 1er Mai, 2003

Traduction "tout est dit, ou presque" par CSP
Diffusion autorisée et meme carrément encouragée
Merci de mentionner les sources
                              

Une fois de plus les intellectuels sont entrés dans le débat - cette
fois-ci sur les questions de l'impérialisme des États-Unis et des
droits de l'homme à Cuba. "Quel est l'importance du rôle des
intellectuels ?", me suis-je demandé en marchant devant le Puerto del
Sol à Madrid un dimanche après-midi ensoleillé (le 26 avril 2003). Puis
j'ai entendu des slogans anti-castristes scandés par quelques centaines
de manifestants résonner à travers la place presque vide. Malgré une
dizaine d'articles et de commentaires par des intellectuels de renom
dans les plus grands journaux de Madrid, et des heures de propagande à
la télévision et à la radio, plus le soutien accordé par les
bureaucrates des plus grands syndicats et partis politiques, à peine
700 à 800 personnes, la plupart des exilés Cubains, se sont présentées
pour attaquer Cuba. "A l'évidence," me suis-je dit, "les intellectuels
anti-Cubains n'ont que peu ou pas d'influence mobilisatrice, du moins
en Espagne."

Mais l'impuissance politique des écrivains anti-castristes ne signifie
pas que les intellectuels en général ne jouent pas un rôle important ;
ni que leur faible audience signifie qu'ils soient sans ressources,
surtout lorsqu'ils ont l'appui de la machine de propagande et guerrière
des États-Unis, qui amplifie et répand leurs paroles à travers le monde
entier. Afin de se faire une idée du débat qui fait rage entre les
intellectuels sur les questions des droits de l'homme à Cuba et de
l'impérialisme US, il est important d'examiner le rôle des
intellectuels, du contexte et des enjeux majeurs dans le cadre du
conflit entre les États-Unis et Cuba.

LE RÔLE DES INTELLECTUELS

Le rôle des intellectuels est de clarifier les enjeux majeurs et de
définir les principales menaces pour la paix, la justice sociale,
l'indépendance nationale et la liberté à chaque époque historique ainsi
que d'identifier et soutenir les principaux défenseurs de ces mêmes
principes. Les intellectuels ont la responsabilité de faire la
distinction entre les mesures de défense prises par des états et les
peuples soumis à une agression impérialiste et les méthodes agressives
des puissances impériales à la recherche de conquêtes. C'est le summum
de l'hypocrisie que de placer sur un pied d'égalité la violence et la
répression des pays impérialistes avec celles de pays du Tiers-monde
victimes d'attaques militaires et terroristes. Un intellectuel
responsable examine sans concessions le contexte politique et analyse
les relations entre une puissance impériale et ses fonctionnaires
salariés locaux, qualifiés de "dissidents", au lieu de lancer des
anathèmes selon son degré de myopie ou ses impératifs politiques
personnels.

Les intellectuels engagés qui prétendent parler avec une autorité
morale, surtout ceux qui se prétendent critiques de l'impérialisme, ont
la responsabilité politique de démystifier les manipulations du
pouvoir, de l'état et des médias, particulièrement lorsque la
rhétorique impériale s'exprime sur les violations des droits de l'homme
dans des états indépendants du Tiers-monde. Nous avons récemment vu
trop d'intellectuels occidentaux "progressistes" soutenir ou se taire
devant la destruction de la Yougoslavie par les États-Unis, du
nettoyage ethnique de plus de 250.000 serbes, gitans et autres au
Kosovo, et se rallier à la propagande US d'une "intervention
humanitaire".

Tous les intellectuels Etats-Uniens (Chomsky, Zinn, Wallerstein, etc.)
ont soutenu le soulèvement violent des intégristes en Afghanistan,
financé par les États-Unis, contre le gouvernement séculaire soutenu
par les Soviétiques - sous le prétexte que les Soviétiques avaient
"envahi" l'Afghanistan et que les fanatiques intégristes qui
envahissaient le pays des quatre coins du monde étaient des
"dissidents" venus défendre "l'auto-détermination" - une manipulation
réussie et avouée par l'ancien Conseiller à la Sécurité Nationale, Zbig
Bryzinski.

Hier comme aujourd'hui, des intellectuels prestigieux brandissent leurs
passés de "critiques" à l'égard de la politique étrangère des
États-Unis pour donner plus de poids à leur dénonciation unanime des
supposées entorses à la morale dont seraient rendus coupables les
Cubains. Ils mettent sur le même pied d'égalité, d'une part,
l'arrestation par Cuba de fonctionnaires à la solde du Département
d'État et l'exécution de trois pirates terroristes et, d'autre part,
les crimes de guerre génocidaires de l'impérialisme US. Ces pratiquants
des équivalences morales examinent Cuba avec un microscope et les
crimes États-uniens avec un télescope. Et c'est pour ça qu'ils sont
tolérés dans les milieux libéraux de l'empire.

IMPÉRATIFS MORAUX ET RÉALITÉS CUBAINES : MORALITÉ ET MALHONNÊTETÉ

Les intellectuels sont divisés sur le conflit entre les États-Unis et
Cuba : Benedetti, Sastre, Petras, Sanchez-Vazquez et Pablo Gonzalez
Casanova et beaucoup d'autres défendent Cuba ; des intellectuels de
droite tels que Vargas Llosa, Savater, et Carlos Fuentes ont prononcé
sans surprise leurs diatribes habituelles contre Cuba ; et une petite
armée d'intellectuels généralement considérés comme des progressistes -
Chomsky, Saramago, Sontag, Zinn, et Wallerstein - ont condamné Cuba,
tout en brandissant leurs Curriculums d'opposants critiques pour ne pas
être confondus avec les opposants de droite ou du Département d'État.
C'est ce groupe de "progressistes" qui a provoqué le plus de dégâts
dans le mouvement anti-impérialiste et c'est à eux que j'adresse mes
remarques.

Une morale qui s'appuie sur une propagande constitue un mélange
dangereux - particulièrement lorsque les jugements sont émis par des
intellectuels prestigieux de la gauche et que la propagande en question
émane de l'extrême droite de l'administration Bush.

Beaucoup de ces critiques "progressistes" reconnaissent, comme ça en
passant en sans entrer dans les détails, que les États-Unis ont eu une
attitude hostile et agressive envers Cuba, et ils reconnaissent
"généreusement" le droit de Cuba à l'auto-détermination - puis ils se
lancent dans une série d'accusations sans fondements et de déformations
sorties de tout contexte - le contraire aurait pu aider à clarifier le
débat et fournir une justification à ces "impératifs moraux".

Le mieux serait de revenir vérités premières. Les critiques de gauche
acceptent les définitions fournies par le Département d'État et
dénoncent la répression par le gouvernement Cubain d'individus, de
dissidents, y compris des journalistes, de propriétaires de
bibliothèques privées et de membres de partis politiques non-violents
qui tentent d'exercer leurs droits démocratiques. Ce que les
"progressistes" sont incapables de reconnaître, ou refusent de
reconnaître, c'est que les personnes arrêtées étaient des
fonctionnaires payées par le gouvernement des États-Unis.

Selon l'Agence pour le Développement International (AID), la principale
agence fédérale chargée de la distribution des dons et des prêts dans
l'intérêt de la politique étrangère des États-Unis, et dans le cadre du
Programme USAID Cuba (résultat de la loi Helms-Burton de 1996), AID a
distribué plus de 8.5 millions de dollars aux opposants Cubains depuis
1997 afin qu'ils puissent publier, organiser des réunions, faire de la
propagande pour le renversement du gouvernement Cubain en coordination
avec toute une variété d'ONG états-uniennes, d'universités, de
fondations et autres groupes qui servent de couverture. (voir le
contenu de programme USAID Cuba sur le site d'AID).

Le programme USAID, contrairement aux pratiques habituelles, ne
transfert pas les fonds au gouvernement Cubain mais directement à ses
clients "dissidents" Cubains. Les critères pour bénéficier du
financement sont clairement énoncées - les bénéficiaires des paiements
et des prêts doivent avoir démontré un engagement clair en faveur du
projet US pour une "transformation du régime" vers une "économie de
marché" et la "démocratie" - sans doute proche de la dictature
coloniale en Irak. La loi Helms-Burton, tout comme le manifeste rédigé
par des progressistes états-uniens, "condamne l'absence de liberté à
Cuba, l'emprisonnement de dissidents innocents, et appelle à un
changement démocratique du régime Cubain".

Ce sont là des coïncidences étranges qui demandent une analyse. Les
journalistes Cubains qui ont reçu 280.000 dollars de Cuba Free Press -
une façade d'AID - ne sont pas des dissidents mais des fonctionnaires
salariés. Les groupes de "défense des droits de l'homme" cubains qui
ont reçu 775.000 dollars de Freedom House - façade de la CIA - ne sont
pas des dissidents - surtout lorsque leur mission consiste à promouvoir
une "transition" (renversement) du régime Cubain. La liste des dons et
des financements des "dissidents" cubains (fonctionnaires) par le
gouvernement des États-Unis est longue et détaillée et accessible à
tous les critiques moralisateurs progressistes. Le fait est que les
opposants emprisonnés par le gouvernement Cubain sont des
fonctionnaires payés par le gouvernement des États-Unis, payés pour
mettre en oeuvre les objectifs de la loi Helms-Burton en accord avec
les critères de USAID et sous la direction du chef de la Section des
Intérêts US à la Havane.

Entre le 2 Septembre 2002 et Mars 2003, James Cason, chef de la Section
des Intérêts US à la Havane, a tenu des dizaines de réunions avec ses
"dissidents" cubains dans sa résidence et dans son bureau, leur
fournissant des instructions et des indications sur ce qu'ils devaient
écrire, comment recruter, tout en attaquant le gouvernement Cubain en
des termes fort peu diplomatiques.

Les fonctionnaires Cubains de Washington recevaient du matériel
électronique et du matériel de communication de USAID, des livres et
autres matériels de propagande et de l'argent pour financer des
"syndicats" pro-US à travers leur couverture du "Centre Américain pour
la Solidarité Internationale du Travail". Il ne s'agit pas de
"dissidents" bien intentionnés, ignorants de l'identité de leur
bienfaiteur ou de leur rôle en tant qu'agents au service des
États-Unis, puisque le rapport d'USAID indique (dans la section
intitulée ""The US Institutional Context"), "le Programme Cuba est
financé à travers le Fonds de Soutien Économique - Economic Support
Fund - qui est destiné à soutenir les intérêts économiques et
politiques des États-Unis par la fourniture d'une aide financière aux
alliés (sic) et pays sur la voie de la démocratisation."

Aucun pays au monde ne tolère, ou ne désigne comme "dissidents", des
citoyens payés par, et travaillant pour, une puissance étrangère dans
le but de servir les intérêts impériaux de ce dernier. Ceci est
particulièrement vraie aux États-Unis, ou dans l'article 18, paragraphe
951 du Code US, "toute personne qui accepte d'opérer à l'intérieur des
États-Unis sous la direction ou le contrôle d'un gouvernement ou
officiel étranger sera inculpé de crime et risque une peine de 10 ans
de prison". Sauf bien-sur si ces personnes se font enregistrer comme
des agents étrangers ou si elles travaillent pour le gouvernement
Israélien.

Les intellectuels "progressistes" états-uniens ont manqué à leur devoir
d'analyste et de critique et prennent pour argent comptant les
affirmations du Département d'État selon lesquelles les fonctionnaires
payées par les États-Unis, et qualifiés de dissidents, lutteraient pour
la "liberté".

Certains défenseurs des agents-dissidents états-uniens prétendent que
les fonctionnaires ont été condamnés à de "lourdes peines
scandaleuses". Une fois de plus, la myopie empirique se mélange avec
une moralisation fallacieuse. Cuba est sur le pied de guerre.
L'administration Bush a déclaré que Cuba était sur la liste des cibles
militaires pouvant être soumises à une destruction massive et à une
guerre. Et au cas où nos intellectuels moralisateurs ne s'en seraient
pas rendus compte : Bush, Rumsfeld et les sionistes va-t-en-guerre de
l'Administration ont l'habitude de faire ce qu'ils annoncent.

L'absence totale de sérieux chez Chomsky, Zinn, Sontag et Wallerstein
laisse penser qu'ils ne perçoivent pas l'imminence d'une menace de
guerre de la part des États-Unis au moyen d'armes de destruction
massive, annoncée à l'avance. Ceci est particulièrement désespérant
lorsque l'on sait que beaucoup de ces critiques vivent aux États-Unis,
lisent la presse états-unienne et sont conscients de la rapidité avec
laquelle les annonces belliqueuses peuvent être suivies par des actions
génocidaires. Mais nos moralistes ne se sentent pas concernés par le
contexte, par les menaces US contre Cuba, imminentes ou prévues. Ils
sont surtout impatients de démontrer au Département d'État qu'ils
s'opposent non seulement à la politique étrangère des États-Unis mais
qu'ils condamnent aussi chaque pays, système ou dirigeant indépendant
qui s'oppose aux États-Unis. En d'autres termes : cher M. Ashcroft,
lorsque vous vous en prendrez aux "défenseurs" de la "terreur" Cubaine,
rappelez-vous que nous sommes différents, que nous aussi nous
condamnons Cuba et que nous aussi nous demandons un changement de
régime là-bas.

Ceux qui critiquent Cuba ignorent le fait que les États-Unis ont déjà
mis en marche une stratégie à deux voies, militaire et politique, pour
prendre le contrôle de Cuba. Washington fournit l'asile aux terroristes
pirates de l'air, encourageant ainsi les efforts de déstabilisation
d'une économie basée sur le tourisme, tout en travaillant étroitement
avec l'organisation terroriste de la Fondation Nationale
Cubano-Américaine qui cherche à assassiner les dirigeants Cubains. De
nouvelles bases militaires ont été construites dans la République
Dominicaine, en Colombie, au Salvador, et il y a l'extension du camp de
concentration à Guantanamo - le tout pour faciliter une invasion.
L'embargo US est sur le point être resserré avec le soutien des régimes
de droite de Berlusconi et d'Aznar en Italie et en Espagne.

L'activité agressive et ouvertement politique de James Cason, de la
Section des Intérêts, en coordination avec ses partisans Cubains
fonctionnaires-salariés-"dissidents", fait partie d'une stratégie
appliquée à l'intérieur du pays et destinée à affaiblir le soutien de
la population cubaine au régime et à la révolution. Les relations entre
les deux tactiques et leur convergence stratégique sont ignorées par
nos prestigieux intellectuels critiques qui préfèrent le confort de
pouvoir prononcer quelques banalités sur la liberté partout et pour
tous, même lorsqu'un psychopathe à Washington place un couteau sous la
gorge des Cubains. Non merci, Chomsky, Sontag, Wallerstein - Cuba a
raison de donner à ses agresseurs un coup de pied dans les parties et
de les envoyer couper de la canne à sucre pour gagner honnêtement leur
vie.

La peine de mort pour trois terroristes qui ont détourné un ferry est
sévère - mais tout comme la menace contre les vies des quarante
passagers Cubains qui ont frôlé la mort entre les mains de ces pirates.
Encore une fois, nos moralistes ont oublié de parler des actes de
piraterie aérienne et de tous les autres plans de détournement déjoués
à temps. Les moralistes ne comprennent pas pourquoi des terroristes
desperados cherchent à quitter Cuba par des moyens illégaux.

L'Administration de Bush a pratiquement supprimé le programme de visas
pour les Cubains qui désirent partir. Le nombre de visas accordés a
diminué de 9000 pour les quatre premiers mois de 2002 à 700 pour 2003.
Il s'agit d'une tactique intelligente pour encourager les actes
terroristes à Cuba et pour ensuite dénoncer les lourdes peines, tout en
rameutant les béni oui-oui de la chorale des "Amen" de l'élite
intellectuelle progressiste US et Européenne. Est-ce simplement
l'ignorance qui est à l'origine de ces condamnations contre Cuba ou y
a-t-il encore autre chose - un chantage moral par exemple ? - qui
voudrait obliger leurs collègues intellectuels Cubains à prendre
position contre le régime, contre le peuple, ou sinon courir le risque
de subir la désapprobation des intellectuels prestigieux et de se
retrouver encore plus isolés et stigmatisés en tant "qu'apologistes de
Castro".

Saramago a formulé des menaces précises d'abandonner ses amis Cubains
et d'embrasser la cause des fonctionnaires salariés Etats-Uniens. Il a
menacé implicitement de ne plus visiter Cuba et de boycotter les
conférences. N'est-ce pas une lâcheté morale que de prendre fait et
cause pour l'empire et de s'en prendre à Cuba lorsque celle-ci est
menacée d'une destruction massive et ceci pour la liberté de quelques
agents payés que n'importe quel pays au monde aurait fait arrêter ? Ce
qui est hautement malhonnête c'est d'ignorer totalement les grandes
réussites de la révolution dans les domaines de l'emploi, de
l'éducation, de la santé, de l'égalité, et de l'opposition héroïque et
sans concession de Cuba aux guerres impériales - le seul pays au monde
à les appeler ainsi - et sa capacité à résister à presque 50 ans
d'interventions. Ceci ne compte pas pour les intellectuels États-uniens
- c'est scandaleux !! C'est une honte. Ils font des concessions en
échange d'un peu de respectabilité. Et ceci après qu'ils aient "osé"
s'opposer à une guerre états-unienne en compagnie de seulement 30
millions de personnes à travers le monde. Ce n'est pas le moment pour
rééquilibrer la balance - en condamnant Cuba, en demandant un
changement de régime, en soutenant la cause des "libre-échangistes"
fonctionnaires-dissidents Cubains.

Souvenons-nous que les mêmes progressistes intellectuels ont soutenu
les "dissidents" en Europe de l'Est et en Russie qui étaient financés
par Soros et le Département d'État des États-Unis. Les "dissidents" ont
remis leur pays entre les mains de la mafia Russe, l'espérance de vie a
baissé de 5 ans (plus de 10 millions de Russes sont morts prématurément
suite à la destruction du système de santé), tandis que les
"dissidents" de l'Europe de l'Est fermaient les chantiers navals de
Gdansk, entraient dans l'OTAN et fournissaient des mercenaires aux
États-Unis pour conquérir l'Irak. Et jamais on n'entend de la part de
ces supporters des "dissidents" Cubains la moindre critique des
résultats catastrophiques de leurs diatribes anti-communistes et de
leurs manifestes en faveur des "dissidents" qui sont devenus les
soldats de l'empire US au Moyen Orient et en Europe centrale.

Nos moralistes américains n'ont jamais, je répète, jamais réfléchi sur
leurs échecs moraux, passés ou présents, parce que, voyez vous, ils
sont partisans de la "liberté partout", même lorsque les "mauvaises"
personnes prennent le pouvoir et que "l'autre" empire prend le dessus,
et que des millions meurent de maladies curables et que le champ de
l'esclavagisme blanc s'élargit. La réponse est toujours la même : "Ce
n'est pas ce que nous voulions - nous étions pour une société
indépendante, libre et juste - c'est seulement qu'en appelant à un
changement de régime, en soutenant les dissidents, nous n'avions jamais
pensé que l'Empire "raflerait tout", qu'il deviendrait l'unique
superpuissance et se lancerait dans la colonisation du monde."

Les intellectuels moralisateurs doivent reconnaître leurs
responsabilités et ne pas se cacher derrière des platitudes morales
abstraites, reconnaître leur complicité passée dans la construction de
l'empire et leurs responsabilités présentes dans les déclarations
scandaleuses contre Cuba. Ils ne peuvent pas ignorer les conséquences
de leurs paroles et de leurs actes. Ils ne peuvent pas se prétendre
innocents après tout ce que nous avons vu, lu et entendu sur les plans
de guerre des États-Unis contre Cuba.

Le principal auteur et promoteur de la déclaration anti-cubaine aux
États-Unis (signée par Chomsky, Zinn et Wallerstein) est Joanne Landy,
une auto-proclamée "socialiste démocrate", et partisane depuis toujours
d'un renversement violent du gouvernement Cubain depuis ces quarante
dernières années. Elle est actuellement membre de la Commission des
Relations Étrangères(CFR), une des principales institutions qui
conseillent le gouvernement des États-Unis sur la politique impériale
depuis plus d'un demi-siècle.

Landy a soutenu l'invasion par les États-Unis de l'Afghanistan et de la
Yougoslavie. Elle a soutenu le groupe terroriste albanais, l'UCK -
appelant publiquement à un soutien militaire ouvert - responsable du
meurtre de 2000 Serbes et du nettoyage ethnique de centaines de
milliers de Serbes et d'autres au Kosovo. Ce n'est pas une surprise que
de constater que la déclaration rédigée par cette extrémiste de droite
déguisée ne fait aucune mention des réussites sociales à Cuba ou d'une
opposition à l'impérialisme. Il faut noter aussi que Landy était
viscéralement opposée aux Chinois, aux Vietnamiens et autres
révolutions sociales lorsqu'elle montait les échelons de la CFR

Malgré tout leur esprit critique tant vanté, les intellectuels
"progressistes" ont ignoré la politique douteuse de l'auteur à
l'origine de la diatribe anti-Cubaine.

LE RÔLE DE L'INTELLECTUEL AUJOURD'HUI

De nombreux critiques de Cuba parlent de "principes" comme s'il n'y
avait qu'un seul jeu de principes applicables dans toutes les
situations quels que soient les acteurs et les conséquences. Réclamer
l'application de principes" tels que la "liberté" pour les personnes
impliquées dans le renversement du gouvernement Cubain avec la
complicité du Département d'État transformerait Cuba en un nouveau
Chili - où Allende fut renversé par Pinochet - et mènerait à la
destruction des acquis de la révolution.

Il y a des principes qui sont plus fondamentaux que la liberté de
quelques cubains fonctionnaires des États-Unis, tels que la sécurité
nationale et la souveraineté populaire. Il existe, surtout parmi la
gauche progressiste aux États-Unis, une certaine attirance pour les
victimes du Tiers-monde, ceux qui échouent, et une aversion pour les
révolutionnaires qui réussissent. Il semblerait que les intellectuels
progressistes états-uniens trouvent toujours un alibi pour éviter de
s'engager aux cotés d'une révolution. Pour certains, c'est le vieux
refrain du "stalinisme" - si l'état joue un rôle majeur dans
l'économie, ou s'il y a des mobilisations de masses - qu'ils qualifient
de "dictature plébiscitaire". C'est parfois les services de sécurité
qui luttent contre le terrorisme qu'ils qualifient "d'état policier
répressif".

Ces intellectuels vivent dans un des pays les moins politisés au monde,
avec un des appareils syndicaux les plus serviles et corrompus du monde
occidental. Ils n'ont pratiquement aucune influence politique en dehors
de quelques villes universitaires. Ces intellectuels états-uniens qui
se disent pratiques n'ont cependant aucune connaissance ou expérience
pratique des menaces et violences quotidiennes qui planent au-dessus
des gouvernements révolutionnaires et des militants en Amérique latine.
Leurs concepts politiques, à l'aune desquels ils approuvent ou
condamnent toute activité politique, n'existent que dans leurs esprits,
dans un cadre universitaire sympathique et progressiste où ils
bénéficient de tous les privilèges accordés par la liberté
capitalistes, sans courir aucun des dangers qu'affrontent les
révolutionnaires du tiers-monde.

Un peu de modestie, chers intellectuels prestigieux, critiques, et
prêcheurs de liberté. Posez-vous sincèrement la question de savoir si
vous aimeriez être piratés par une organisation terroriste basée à
Miami. Posez-vous la question si vous aimeriez vous asseoir dans un
grand hôtel touristique à la Havane au moment où une bombe explose -
cadeau des terroristes en train de siroter une bière avec le frère du
Président, Jeb. Essayez d'imaginer la vie dans un pays qui est le
premier sur la liste des cibles du régime impérial le plus violent
depuis l'Allemagne nazie - alors peut-être votre sensiblerie morale
accepterait de modérer vos critiques sur la politique sécuritaire
Cubaine et de relativiser vos sermons.

Je voudrais conclure en précisant mes propres "impératifs moraux" - à
l'attention des intellectuels critiques.

1 - Le premier devoir des intellectuels occidentaux est de s'opposer à
leurs propres dirigeants impérialistes et à leur conquête du monde.

2 - Le deuxième devoir est de clarifier les enjeux moraux dans la lutte
entre militaires impérialistes et résistance populaire/nationale et
rejeter l'attitude hypocrite qui consiste à mettre sur le même plan
d'égalité la terreur de masse des uns et les contraintes de sécurité
justifiées des autres, mêmes si elles sont parfois excessives.

3 - Définir les limites de l'honnêteté politique et individuel en
tenant compte des réalités et des enjeux avant de porter des jugements.

4 - Résister à la tentation de devenir un "héros moral de l'empire" en
refusant de soutenir des luttes populaires victorieuses et les régimes
révolutionnaires qui ne sont pas parfaits et qui ne jouissent pas de
toutes les libertés accordées à des intellectuels impuissants qui ne
représentent aucune menace et qui sont donc autorisés à se réunir,
discuter et critiquer.

5 - Refuser de se poser en tant que Juge, Procureur et Jury qui
condamnerait les progressistes qui ont le courage de défendre des
révolutionnaires. L'exemple le plus scandaleux est l'attaque
calomnieuse lancée par Susan Sontag contre le Prix Nobel Gabriel Garcia
Marquez, qu'elle a accusé de manquer d'intégrité et être un apologiste
de la terreur Cubaine (sic). Sontag a prononcé ces accusations
sanguinaires à Bogota, Colombie. Les escadrons de la mort Colombiens,
en complicité avec le régime, assassinent plus de syndicalistes et de
journalistes que dans n'importe quel autre pays au monde, et ils sont
loin être des "apologistes" du régime de Castro. C'est la même Sontag
qui a soutenu avec enthousiasme l'invasion impériale et le bombardement
de la Yougoslavie, qui a soutenu le régime intégriste Bosniaque et qui
est restée silencieuse devant le meurtre et le nettoyage ethnique des
Serbes et d'autres au Kosovo. Tu parles d'une intégrité morale ! Le
sens précieux de supériorité morale qu'on rencontre chez les
intellectuels New-Yorkais autorise Sontag à désigner Marquez aux
escadrons de la mort et à penser qu'elle vient de prononcer une
déclaration hautement morale.

Les intellectuels occidentaux ne devraient pas confondre leur propre
futilité politique et positions inconséquentes avec celles de certains
intellectuels latino-américains engagés. Il y a un espace pour un
dialogue constructif mais pas pour des attaques personnelles contre
ceux qui risquent leurs vies tous les jours.

Il est facile pour un intellectuel d'être un "ami de Cuba" pendant les
fêtes et les conférences, lorsque le risque est minime. Il est beaucoup
plus difficile être un "ami de Cuba" lorsque l'empire totalitaire
menace l'île héroïque et pèse de tout son poids sur ses défenseurs.

A une époque de guerres permanentes, de génocides et d'agressions
militaires, Cuba a besoin de la solidarité des intellectuels critiques,
qu'elle reçoit de partout en Europe et surtout d'Amérique latine.
N'est-il pas temps que nous, aux États-Unis, avec nos illustres et
prestigieux intellectuels et toutes nos majestueuses sensibilités
morales, reconnaissions l'existence d'une révolution vivante et
héroïque qui lutte pour se défendre contre l'agresseur US et que nous
laissions de coté nos déclarations qui n'ont d'importance que pour
nous, que nous soutenions la révolution et que nous rejoignions le
million de Cubains qui ont fêté le premier Mai avec leur dirigeant
Fidel Castro ?



CUBA SOLIDARITY PROJECT
http://cubasolidarite.fr.st

28 Juna u Hagu

1. Pismo Srba Dijaspore Predsedniku Milosevicu
2. PROGLAS GRADJANIMA SRBIJE (udruzenje SLOBODA)

ZAHTEVI Srba i drugih casnih gradjana Evrope
okupljenih na demonstracijama u Hagu na Vidovdan 2003. godine
mozete procitati na:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2602

Neke od SLIKA sa demonstracija u Hagu mozete videti na:
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag-milosevic-1.html
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag-milosevic-2.html
http://homepage.mac.com/jbeentjes/Demonstraties/PhotoAlbum30.html
http://mona-lisa.org/milosevic/

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)
http://www.slobodan-milosevic.org/ (an independent web site)


=== 1 ===


(uruceno posle demonstracija u Hagu na Vidovdan 2003)

Predsedniku Savezne Republike Jugoslavije, gospodinu Slobodanu
Milosevicu

Postovani gospodine Predsednice,

Kao gradjani i drzavljani vodecih Nato drzava u Evropi, koje su
ucestvovale u Agresiji na Saveznu Republiku Jugoslaviju, duboko smo
svesni cinjenice da je Vase ime ponimjano u zapadnim medijima znatno
cesce nego ukupno imena svih lidera na Balkanu. U kriticnim trenucima
prosle decenije Vase ime je globalno korisceno cesce nego ime americkog
predsednika, nesto sto se vrlo retko dogadjalo i najpoznatijim
drzavnicima Evrope.

Mi smo medjutim takodje primetili da se upotreba imena "Milosevic" u
Nato drzavama, u kojima zivimo, najcesce nije odnosila na Vas licno.

Postali smo narocito svesni cinjenice da su za vreme vojne Agresije na
Saveznu Republiku Jugoslaviju svi vodeci mediji u Nato drzavama tvrdili
da se ne bombarduje ni Jugoslavija, ni Srbija, ni narod u njima vec
iskljucivo Vi licno. A na teritoriju Savezne Republike Jugoslavije, a
ne na Vas licno, izruceno je preko 23.000 tona Nato bombi.

Uocili smo da je milion puta tvrdjeno da su sankcije, zbog kojih su
izgubili zivote na desetine hiljada dece i staraca u nasoj matici,
navodno uperene iskljucivo protiv osobe sa imenom "Milosevic".

Zbog toga mi vrlo dobro znamo da se sve zrtve Nato Agresije danas na
slican nacin povezuju sa Vasim imenom.

I dakako smo svesni da sa optuzivanjem Vas licno kao "ratnog zlocinca",
Nato Agresor, koji je istovremeno i gospodar tkz Tribunala koji Vas
drzi u zatvroru, zeli da dokaze da je navodno delovao samo protiv
"zlocinca".

Cinjenica je da je ovakva stalna i masovna upotreba, tacnije
zloupotreba, Vaseg imena imala uticaj na gradjane Nato drzava kao i na
nasu Dijasporu gde su mnogi prihvatili dezinformaciju Nato-medijske
propagandne masinerije poput americkog CNN-a, britanskog BBC-ija,
nemackog ZDF-a, francuskog TF1 kao i drugih. Nas cilj je da delujemo u
nasim sredinama da se obelodani istina kojom se preko Vaseg imena sudi
i drzavi i republici i narodu pa samim tim, na krajnje cinican nacin, i
samim zrtvama ekonomske, finansijske, kulturne i vojne agresije.

Tkz Tribunal se lazno predstavlja kao izvor pravde i istine za
teritoriju drzave protiv koje je njegov gospodar iz Washingtona vodio
prvi agresvini rat u Evropi posle 1945 godine. I bas zbog toga svaki
Vas nastup, iako pred nelegitimnim telom, iako pred Vasim kidnaperima,
ima svoju veliku istorijsku vaznost za interpretaciju dogadjaja
protekle decenije na Balkanu.

Mnogi medju nama, kao i nase kolege u Nemackoj, Francuskoj, Velikoj
Britaniji, Holandiji, Italiji i drugim evropskim drzavama procenjuju
Vase nastupe kao visokokvalitetne i izuzetno prodorne. Po mnogima od
nas Vi ste po svim normalnim zakonima pravosudja dobili mec protiv tkz
Tribunala diretknim nokautom vec prvog dana Vaseg nastupa, 14-og
februara 2002. Nato-britanski sudija gospodin Mej je nastavio tuzilacki
proces ali Vi ste, na iznenadjenje mnogih u svetu, ponovili Vas uspeh
od prvog dana. I dosada ste skoro svaki put dovodoli Vase tuzioce i
njihove svedoke u za njih
izgubljenu poziciju. I to pored toga sto se tuzilacki tim pripremao
pune tri godine, i imao preko 70 placenog osoblja na raspolaganju, dok
je Vama uskracena svaka normalna pomoc za odbranu. Cak Vam se cesto
preseca i mikrofon od tkz sudije iz Nato drzave, i to u kriticnim
trenucima kada ste doveli svedoke u cesto za tuzilastvo vrlo nezgodnu
poziciju.

Zelimo da Vam iskreno cestitamo na Vasoj izuzetnoj hrabrosti kao i na
dostojanstvu sa kojim ste od samog pocetka procesa nastupali. Za ovo
imamo potvrde i od velikog broja internacionalno poznatih ljudi i
eksperata od kojih su mnogi dosli na danasnje demonstracije da odaju
priznanje svojim
prisustvom kao i zvanicnim govorima.

Zahvaljuci Vasim nastupima, mi u Disajpori jos jasnije mozemo da
procenimo istorijske dogadjaje prosle decenije u vezi sa nasom maticom
i nas stav je jasan. Vi, kao i drugi optuzeni sa srpske i jugoslovenske
strane, ste krivi jer ste ostali dosledni drzavi kojoj ste dali vasu
lojalnost i zakletvu. Vasa krivica nam je poznata iz bliske i daleke
istorije balkanskih naroda:

Krivi ste jer ste se suprotstavili stranom agresoru u cilju odbrane
drzave i naroda!

Molimo Vas da prenesete nase pozdrave ostalim zatvorenicima koji se
nalaze u Hagu a posebno Predsedniku Republike Srpske Krajine gospodinu
Milanu Marticu, kao i Predsedniku Republike Srpske gospodinu Momcilu
Krajisniku.


Srbi Evropske Dijaspore pri Organizacionom Komitetu za Demonstracije u
Hagu
Vidovdan, 28 juni 2003


=== 2 ===


PROGLAS GRADJANIMA SRBIJE

http://www.artel.co.yu/sr/reakcije_citalaca/2003-06-27_1.html

Beograd, 28. jun 2003. godine
UDRUŽENJE "SLOBODA"

Na Vidovdan 2001. godine DOS-ov režim je počinio jedan od svojih
najve}ih zločina - kidnapovao je doskorašnjeg Predsednika Republike
Srbije i Savezne Republike Jugoslavije Slobodana Miloševi}a i predao ga
u ruke dželatima ilegalnog NATO-suda u Hagu. U vršenju ovog zločina
učestvovali su, kako su i sami priznali, ne samo najviši državni, već i
najviši partijski funkcioneri DOS-a.
Dovodjenjem u hašku tamnicu, Predsednik Slobodan Milošević je postao
prvi zatočenik "novog svetskog poretka", ali je istovremeno postao i
lider svih ljudi na svetu koji se bore za slobodu i pravdu, a protiv
hegemonije i nasilja. Haška borba Slobodana Miloševića jeste borba za
pravdu i istinu o svojoj zemqi i narodu, ali je jednako tako i borba
protiv tiranije moćnih, protiv ropstva i nasilja koje veliki i moćni
sprovode nad svima ostalima ukoliko im se nadju na putu ostvarenja
wihovih interesa i ciljeva.
Slobodan Milošević se u Hagu bori za slobodu Srbije i za slobodu
čovečanstva. U toj borbi on uživa svakim danom sve snažniju podršku
gradjana u zemlji i čitavom svetu. Svakom objektivnom čoveku danas je
jasno da Predsednik Milošević nije počinio nikakav zločin, već je
naprotiv predvodio svoju zemlju i svoj narod u borbi za slobodu, u
težnji da budu nezavisni i dostojanstveni. A borba za slobodu nikada
nije niti može da bude zločin. Zločin je agresija i porobljavanje i oni
su izvršeni protiv naše zemlke i našeg naroda. I taj zločin protiv naše
zemlje i naroda još uvek traje i odvija se i u Hagu i u Beogradu.
Pravda i istina su uvek na strani onih koji se za pravdu i istinu bore.
Pozivamo sve gradjane da nam se u toj borbi pridruže. Da snažno i
jedinstveno podržimo Predsednika Slobodana Miloševića i da zahtevamo
njgovo momentalno puštanje iz haške tamnice i povratak u zemlju.

SLOBODAN SLOBODAN - SLOBODNA SRBIJA !

DOPO LA CROAZIA, LA KOSSOVA E LA CECENIA
IL PARTITO RADICALE TRANSNAZIONALISTA ALZA IL TIRO

Se si vuole capire quanto certi interessi dei "radicali" siano
inquietantemente "paralleli" e consonanti con certi interessi
occidentali basta dare una occhiata a:

http://audio-5.radioradicale.it/ramgen/s1.9.11/
uni_punzi_0_20030628183219.rm?start="00:07:19"&end="00:58:58"

Il documento e' estramamente eloquente: tratta della minoranza etnica
"Montagnard" in Viet Nam, che si definisce "unica razza" e "unico
popolo". Sono stati utilizzati da Francia prima e poi USA nella
invasione e devastazione del Viet Nam.

Tutti gli intervistati ed i documenti presentati affermano (ed
esaltano) la collaborazione fra occupanti e popolazione Montagnard.
Addirittura c'e' chi si vanta di essere stato portato negli USA,
addestrato, e riportato a "liberare" il proprio paese
(chissa', magari a partecipare alla strage di Mai Lai).

A fronte di tutto cio' si protesta per la repressione del "regime"
vietnamita durante e dopo la guerra. Notate bene, l'arrivo dell'armata
popolare vietnamita a Saigon (oggi Citta' di Ho Chi Minh) viene
definito l'"inizio dell'occupazione" (sic!).

Ogni commento e' inutile. C'e' da augurarsi che il popolo vietnamita
sappia utilizzare tutta la sua saggezza e sagacia per affrontare questo
ulteriore tentativo di destabilizzazione.
E si rammenti sempre che la sua storia di resistenza all'imperialismo
e' un esempio per gli oppressi del mondo ed un incubo per gli
oppressori i quali ancora tremano al ricordo dei nomi dei luoghi (Dien
Bien Phu, Da Nang, Na Trang, Hue, Tet 1969.....) che hanno segnato la
loro sconfitta psicologica e politica prima ancora che militare.

Luca

URGENT APPEAL TO ALL FRIENDS OF FREEDOM AND JUSTICE IN THE BALKANS

 

Dear friends,

on behalf of SLOBODA/Freedom Association I am addressing you today
because we are facing the most serious financial crisis since the
beginning of the “trial” in The Hague which puts our work in serious
risk. As you know, the financial situation of the defense team of
Slobodan Milosevic always has been very critical and we were forced to
work in difficult circumstances. Since we have spent all our resources
and donations, we are now in a situation in which even the very
existence of President Milosevic’s only legal assistant in The Hague is
in question, not to mention the preparation of President Milosevics
defense case.

Due to this extreme worsening of the situation, we urgently need your
help!

·      THE “STATE OF EMERGENCY“ AND THE TRUE DICTATORSHIP IN SERBIA
PRODUCED A FEAR AMONG PEOPLE IN SERBIA WHO WERE FINACIALLY SUPPORTING
THE DEFENSE OF PRESIDENT MILOSEVIC IN THE PAST.

·      THE DEFENSE DEPENDS IN FULL ON VOLUNTARY WORK AND DONATIONS.

·      THE MONEY IS USED ONLY FOR IMMINENT TECHNICAL EXPENSES OF THE
DEFENSE. AT PRESENT IT IS THE STAY OF ONE LEGAL ASSISTANT TO PRESIDENT
MILOSEVIC AT THE HAGUE, PHONE CALLS, FAXES, INTERNET. AT PRESENT
THERE ARE NO FUNDS AT ALL TO PREPARE THE DEFENSE CASE. AT PRESENT EVEN
THE STAY AT THE HAGUE OF THE ONE AND ONLY ASSISTANT IS AT STAKE.

·      VICTORY IN THE STRUGGLE FOR THE TRUTH AT THE HAGUE IS A
PRECONDITION OF THE NATIONAL SURVIVAL.

  

TO MAKE DONATIONS,

YOU CAN SEND CASH OR CHECKS TO:

SLOBODA
Rajiceva 16
11000 Belgrade
Serbia and Montenegro

 

OR MAKE MONEY TRANSFERS (SWIFTS) TO THE FOLLOWING ACCOUNT:

 Peter Betscher/ICDSM,Account Number (Konto-Nr.): 102013409,
Bank: Volksbank Darmstadt,Bank Number (BLZ): 508 90 000,use:defense

Because the seriousness of the situation leaves no time, we have to ask
you to donate as much as you can immediately! To secure our future
activities, we also have to reach out with our appeal to more people.
We rely on you to spread this appeal and to help the collection of
further donations. Following, you will find a more specific description
of the situation which you are free to use to help the urgent
fundraising campaign.

THE DEFENSE AT THE HAGUE CAN’T CONTINUE WITHOUT YOUR AID - SAVE
MILOSEVIC’S STRUGGLE FOR THE TRUTH –

SAVE OUR HOPE!

 

Vladimir Krsljanin

SLOBODA/Freedom Association

Belgrade, July 4th, 2003


---
 

SLOBODA/FREEDOM ASSOCIATION

YUGOSLAV COMMITTEE FOR THE DEFENSE OF SLOBODAN MILOSEVIC

 

URGENT FUND RAISING APPEAL

DUE TO THE TREMENDOUS WORSENING OF THE FINANCIAL SITUATION OF THE
DEFENSE-TEAM OF SLOBODAN MILOSEVIC

 

TO ICDSM MEMBERS, NATIONAL COMMITTEES FOR THE DEFENSE OF SLOBODAN
MILOSEVIC, TO ALL SERBS AND YUGOSLAVS AND ALL PROGRESSIVE PEOPLE

 

Dear friends!

• After the trial chamber repeatedly accepted the demands of the
prosecution to prolong the prosecutions half-time, the second phase of
the heroic struggle of President Milosevic against the ruthless NATO
machinery at The Hague, the “case on Bosnia and Croatia”, will not
finish before the beginning of next year. The so-called "prosecution
case on Kosovo" was finished without any evidence. Our common demand
was - stop that dangerous farce and admit the truth seen to everybody -
even in accordance with the Rules of the so-called "tribunal" there is
no ground to continue! Our clear and well-founded demand was not
accepted. Knowing the enemy, we cannot count on justice and have to
proceed.
• From the start, the financial situation of abducted President
Milosevic and his support team (The Freedom Association - The Yugoslav
Committee) was much worse than the situation of any other Hague
prisoner, whose lawyers recognize the "tribunal" and receive
substantial financial backing by the “tribunal”. Our whole achievements
in preparing the facts necessary for President Milosevic's struggle are
based on voluntary work and submissions of Yugoslav patriots. Until
now, our small funds were enough to cover the stay at The Hague of one
legal assistant to President Milosevic. Our resources always were
completely insufficient, but now, we don’t even know how to continue
without urgent and substantial donations. After we used all available
sources at home, we are now facing a new situation in which even the
minimum of legal aid to President Milosevic is in serious danger!
• The ongoing phase implies parallel work on the "prosecution case on
Croatia and Bosnia" – preparing material for cross examinations,
analysis of the whole passed part of the "process", preparing the
Yugoslav and foreign witnesses for the "defense case", meaning to do
interviews here and abroad, collecting documents, and finally covering
a part of the expenses of the defense witnesses at The Hague. For this
to be accomplished we would need a minimum of 100.000 EUR every month.
• The Belgrade regime, in difference to the behavior of any normal
country and despite the Constitutional obligation to help it's citizens
in legal need abroad, and in difference even to Croatia and both
entities of Bosnia, it is not only leaving us without any financial
support nor access to state archives, but is producing obstacles to the
defense of President Milosevic at every step. During the state of
emergency, all opposition forces were heavily attacked and an
atmosphere of fear even worse than the aftermath of October the 5th was
created, so that people inside the country became afraid to support us.
• That's why we immediately need organized fund raising actions and
serious donations from abroad. Some of the methods that can be used
are: putting fundraising appeals as ads in newspapers, leaflets,
E-mails and web sites, with the instructions how to donate; creating
mechanisms for donations by credit cards in web sites; collecting small
donations during meetings and mass actions; selling books, posters and
other informative material; individually approaching persons and
organizations capable of providing serious aid. Please contact us if
any further clarification is needed.
• Our contacts:

SLOBODA/FREEDOM ASSOCIATION

Rajiceva 16, 11000 Belgrade, Serbia and Montenegro

Telephone: +381 63 8862301

Fax: +381 11 630 549

E-mail: slobodavk@...

 ---

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)
http://www.slobodan-milosevic.org/ (an independent web site)

1. Letter of Diaspora Serbs to President Milosevic

2. THE HAGUE DEMONSTRATION 28th JUNE 2003 (by Ian Johnson)

Excellent pictures of the Hague demos can be seen at:
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag-milosevic-1.html
http://www.arbeiterfotografie.com/galerie/reportage-2003/2003-06-28-
den-haag-milosevic-2.html
http://homepage.mac.com/jbeentjes/Demonstraties/PhotoAlbum30.html
http://mona-lisa.org/milosevic/

To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)
http://www.slobodan-milosevic.org/ (an independent web site)


=== 1 ===


Letter of Diaspora Serbs to President Milosevic

(handed after the Vidovdan - June 28 demonstrations at The Hague) 

To the President of the Federal Republic of Yugoslavia, Mr Slobodan
Milosevic


Dear Mr President,

As citizens and nationals of leading Nato member countries in Europe,
that have participated in the Aggression on the Federal Republic of
Yugoslavia, we are deeply aware of the fact that your name has been
used in the Western Media far more frequently than the names of all
other leaders in the Balkans taken together. At critical times during
the past decade, your name has been used globally more often than even
the name of the American president, a very rare situation to occur for
any statesman in Europe.

We have noticed, however, that the name "Milosevic" most frequently did
not refer to your own person.

We became particularly aware that, during the military Aggression on
the Federal Republic of Yugoslavia, all leading media outlets in Nato
states claimed that Nato was bombing neither Yugoslavia, nor Serbia,
nor the people inside them but exclusively you personally. And yet some
23,000 tons of Nato bombs were dropped not on you personally, but on
the territory and the people of the Federal Republic of Yugoslavia.

We noticed that on millions of occasions it was claimed that sanctions,
from which tens of thousands of children and old people in our country
of origin lost their lives, were allegedly directed solely against a
person with the name "Milosevic".

It is because of this that we are fully aware that all the victims of
Nato Aggression are linked to your name.

And we are especially aware that by accusing you personally as a "war
criminal", the Nato Aggressor, who is simultaneously also the owner of
the so-called Tribunal that keeps you imprisoned, aims to prove that he
only acted against a "criminal".

It is a fact that the continuous and massive use, more correctly
misuse, of your name has had its results with the citizens of Nato
states as well as with our own Diaspora where many accepted the
disinformation of Nato-media propaganda machines, such as those of the
American CNN, the British BBC, the German ZDF, the French TF1 and
others. Our aim is therefore to continue to act in our own environments
to highlight the stark truth that it is via your name that accusations
are being levelled against the state, the republic, the nation and
inevitably and most cynically, against all the victims of the
economic, financial, cultural and finally military aggression.

The so-called Tribunal fraudulently presents itself as the source for
truth and justice for the territory of a European country against which
its master in Washington has conducted the first aggressive war in
Europe since 1945.
It is because of this that every appearance by yourself, despite taking
place in front of an illegitimate body, despite this being before your
kidnappers, is of great historical importance for the interpretation of
events of the past decade's events in The Balkans.

Many amongst us including our German, French, British, Dutch, Italian
as well as other European and American colleagues judge your
appearances to be exceptionally penetrating and of the highest quality.
According to many of us you have already won your case against the
so-called Tribunal via a K.O. on your very first appearance on 14th
February 2002. The Nato-British judge Mr May allowed the process
against you to continue, and to the surprise of many in the world, you
repeated your performance of the first day. Something that you have
continually done since. So far you have on almost every occasion
managed to get your accusers and their witnesses into a losing position
for the prosecution. All this despite the fact that the prosecuting
team had time to prepare itself for three years and had over 70 paid
staff at its disposal. By contrast even the most elementary conditions
for presenting your case have been denied to you and even your
microphone has frequently been cut-off by the so-called judge, usually
in order to save the prosecution from further embarrassment.

We want to sincerely congratulate you on your outstanding courage and
the dignity with which you have presented your case. Of this we have
numerous confirmations from internationally known experts and
personalities, some of
whom have specially travelled to The Hague to be with us today, both as
speakers and participants.

Thanks to your appearances, we in the Diaspora can more clearly
evaluate the historical events connected to our erstwhile homeland, and
our position is clear. You, as well as others accused on the Serbian
and Yugoslav side, are guilty because you remained loyal to the state
to which you gave your oath and allegiance. Your guilt is known to us
from the near and distant history of the Balkan peoples:

Guilty because you stood up to the foreign aggressor in the defence of
country and people!

We would like to ask you to extend our greetings to all other
prisoners, and especially to the President of the Republika Srpska
Krajina, Mr Milan Martic as well as to the President of the Republika
Srpska, Mr Momcilo Krajisnik.


Serbs of the European Diaspora with the Organising Committee of the
Demonstrations in The Hague
Vidovdan,  28 June 2003


=== 2 ===


THE HAGUE DEMONSTRATION 28th JUNE 2003.

Hundreds of demonstrators gathered in the Netherlands
outside The Hague War Crimes Tribunal (ICTY) on Saturday 28th June to
demand the release of former Yugoslav president
Slobodan Milosevic and the other political prisoners who resisted the
78 day Nato bombing campaign conducted against the sovereign state of
Yugoslavia in 1999.
The Yugoslav organisers of the demonstration handed the ‘Tribunal’ a
list of demands which included the release of the
Yugoslav political prisoners, the abolition of the illegal Hague
‘Tribunal’, an end to interference in the internal affairs of
Yugoslavia and reparation payments to be made by the Nato governments
responsible for all damages caused by their war of aggression against
Yugoslavia.
The demonstration coincided with the 2nd anniversary of the kidnapping
of Slobodan Milosevic to The Hague and represented the growing
resistance to the occupation of Yugoslavia by forces beholden to the
United States.

Before commencing the march to The Hague Detention Unit where the
prisoners are held, the rally was addressed by speakers in four
languages, reflecting the international nature of the demonstration.
Once outside the Detention Unit itself further speakers explained to
the crowd the relevance of what happened to
Yugoslavia in 1999 to what is happening today, drawing attention to the
U.S. aim of creating a New World Order which would be at the expense of
working people internationally.
The Socialist Labour Party contingent expressed the SLP policy that the
so-called Hague War Crimes Tribunal should be
abolished and that all political prisoners who resisted Nato
should be released.
Sections of the colourful demonstration, waving Yugoslav flags and
anti-Nato banners and placards, chanted ‘Slobo…Slobodan…Yugoslavia’
(Slobo in Serbian meaning freedom) and at 5p.m. a letter of support
addressed to Mr Milosevic was handed in, bringing an end to what had
been an excellent and well organised event.

The wife of one of the prisoners, who was visiting her husband during
the rally, later told the demonstrators that some of the
prisoners could hear them and it had greatly lifted their
morale.
A short meeting after the demonstration, held on the pier at
Scheveningen, determined that defence committees, in addition to those
already established, for Slobodan Milosevic and the other Yugoslav
prisoners, would be set up in countries throughout Europe.

The resistance is growing.

(Ian Johnson July 2003)

Rescued from the Memory Hole

> http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm.html



Articles written when Kosovo was not famous...

Background material about Kosovo, especially the material disseminated by
mainstream channels, is deficient in many aspects, but perhaps the most startling
feature of many such articles is the singular way of examining the history of the
region. We are told that Kosovo is the cradle of Serbian nation and we learn about the
battle of 1389 and then, in most articles, with a gigantic leap that would make
envious any athlete, the article strides 600 years later, in 1989, when the Kosovo
autonomy was rescinded by Milosevic. What happened during these 600 years, pray
tell? Or, at least, what happened during the last few years before 1989?

It is now difficult to write about the recent past of Kosovo without taking into
account the war which is raging just now. So, it occurred to me that if I managed to
find articles written in the 80s, when Kosovo was not famous, at least these would be
free of any bias due to the later events.

A good friend who is also a wizard in database searching undertook the task and
here is the fruit of his labours, a bunch of older articles about Kosovo. Be warned,
the articles were not written for posterity. These were run-of-the-mill, "boring"
articles about contemporary events. But perhaps here lies their interest, for they
present the situation without any make-up. Anyway, here they are...


N.S.



Ass.Press: Minorities leaving Yugoslav province dominated by Albanians (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-1.html

CSM: Kosovo sparking a Yugoslav purge? (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-2.html

CSM: Kosovo - Marble sidewalks but troubled industries (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-3.html

Economist: Yugoslavia's home-grown bother (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-4.html

NYT: A storm has passed, others are gathering (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-5.html

WP: Emergency steps in face of ethnich disturbance (1981)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm81-6.html

FoF: Serbs in Kosovo exodus (1982)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm82-1.html

FT: Kosovo riots jolt the regions (1982)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm82-2.html

FT: Police in Kosovo (1982)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm82-3.html

NYT: Yugoslavs seek to quell strife (1982)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm82-4.html

BBC: Serbian Presidency discusses emigration from Kosovo (1985)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm85-1.html

Economist: Is fair unfair? (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-1.html

BBC: Serbian citizens from Kosovo protest (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-2.html

CSM: Tensions among ethnic groups in Yugoslavia (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-3.html

NYT: Minorities uneasy in Kosovo (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-4.html

NYT: Serbs fear the ethnic Albanians (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-5.html

Reuters: Kosovo revives Yugoslavia's ethnic nightmare (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-6.html

Xinhua: Further efforts are called for to stop Serbian migration from Kosovo (1986)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm86-7.html

Ass.Press: Serb, Montenegrin pupils boycott classes (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-1.html

NYT: Belgrade battles Kosovo Serbs (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-2.html

NYT: Protest by Serbs (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-3.html

Reuters: Serbs rally against alleged Albanian attacks (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-4.html

Reuters: Serbian demontrations add to Yugoslavia's woes (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-5.html

Xinhua: Federal police in Kosovo (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-6.html

Xinhua: Thousands of women demonstrate in Kosovo (1987)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm87-7.html

CSM: Ethnic groups struggle for same land (1988)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm88-1.html

NYT: Serbs vent anger at officials (1988)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm88-2.html

Reuters: Yugoslav leaders call for control in Kosovo (1988)
http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm88-3.html



> http://members.tripod.com/~sarant_2/ksm.html

Jugoslavia ovvero:
la coscienza sporca del centrosinistra


(Riflessioni e materiali sparsi, quattro anni dopo la interruzione
della aggressione della NATO e la occupazione militare della provincia
del Kosmet)


0. Preambolo: LA MEMORIA CORTA DI MASSIMO D'ALEMA

1. LA COMPOSIZIONE DEL PRIMO GOVERNO D'ALEMA
(21 ottobre 1998)

2. SERBIA: ORDIGNI NATO INESPLOSI IN 40 SITI, ANCHE IN FABBRICA
(ANSA del 14 febbraio 2003)

3. LE ANALISI
La "grande scacchiera" e la guerra della Nato
(Fausto Sorini su Liberazione del 5 giugno 1999)
La guerra del Kosovo, o dei Balcani...
(Angelo d'Orsi su "Liberazione)
E il dollaro va alla guerra contro l'euro
(Rita Madotto su Liberazione del 29 aprile 1999)

4. GLI UMORI DELLA BASE
Comunicato del Gruppo Zastava Trieste in occasione del quarto
anniversario dell'inizio della aggressione.
La macchia mai rimossa (Edgardo Bonalumi sul Manifesto del 26 marzo
2003).
Un commento di Roberto dalla lista Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli..
Uno scambio di vedute tra un iscritto del PRC ed uno del PdCI.

5. GUERRA CONTRO L'INFORMAZIONE
Chi ricorda la tv serba bombardata? L'informazione negata. Ieri come
oggi
(da L'Unita' del 25/3/2003)
Giornalismo target. Dalla tv di Belgrado all'Hotel Palestine. Quel
«vicino» 23 aprile
(Domenico Gallo sul Manifesto del 23 aprile 2003)

6. DIRITTO
Sull'immodificabilita' dell'articolo 11 della Costituzione Italiana e
sulla necessita' di perseguire penalmente ai sensi di legge i golpisti
e gli stragisti
(Peppe Sini sul bollettino La nonviolenza e' in cammino, dicembre 2002)
PROCESSIAMOLI!
Noi sottoscritti firmatari di questo appello accusiamo le massime
autorità della Repubblica in carica nel marzo 1999 - in particolare il
presidente del Consiglio dei Ministri Massimo D'Alema e i membri del
Governo...
(Sezione Italiana del "Tribunale Clark", 1999)


SI VEDANO ANCHE:

* JUGOINFO 12 marzo 2001:
La vigilia della guerra: Come gli Usa hanno operato, attraverso la Cia,
per trascinare l'Italia nell'aggressione contro la Jugoslavia (di
Domenico Gallo)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/823
oppure
http://www.lernesto.it/5-00/Gallo-5.htm
* JUGOINFO 7 giugno 2001:
Il governo D'Alema nacque per rispettare gli impegni Nato
(ex ministro della difesa Carlo Scognamiglio Pasini)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1035
* JUGOINFO 10 giugno 2001:
Attacco contro Milosevic: fu il mio governo a dire sì
(ex pres. del consiglio Romano Prodi)
Prodi diede solo le basi, noi inviammo gli aerei
(ex ministro della difesa Carlo Scognamiglio Pasini)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1042
* JUGOINFO 16 giugno 2001:
Onorevole Prodi, non tolga a D'Alema il "merito" della guerra!
(comunicato Peacelink - allegati atti governo Prodi)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1060
* JUGOINFO
Prodi non aveva i voti per rispettare gli impegni Nato
(ex- presidente e sen. a vita Francesco Cossiga)
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1067


=== 0. PREAMBOLO ===


LA MEMORIA CORTA DI MASSIMO D'ALEMA

<<Vorrei ricordare che quanto a impegno nelle operazioni militari noi
siamo stati, nei 78 giorni del conflitto, il terzo Paese, dopo gli USA
e la Francia, e prima della Gran Bretagna. In quanto ai tedeschi, hanno
fatto molta politica ma il loro sforzo militare non è paragonabile al
nostro: parlo non solo delle basi che ovviamente abbiamo messo a
disposizione, ma anche dei nostri 52 aerei, delle nostre navi. L'Italia
si trovava veramente in prima linea.>>

(On. Massimo D'Alema)

<<E' difficile definire le regole di appartenenza al giro nobile dei
grandi, non esiste uno statuto. Di fatto ti rendi conto di essere
entrato in una certa agenda di telefonate del presidente degli Stati
Uniti>>

(tratto da: M. D'Alema "Gli italiani e la guerra", Mondadori)

---

172 missioni in Kosovo dell'Aeronautica militare italiana

Dal "Giornale di Brescia", Sabato 10 Luglio 1999

A guerra conclusa, svelati dal colonnello Francesco Latorre
i numeri dell'operazione "Alled Force"

Sesto Stormo, 172 missioni per il Kossovo
Da Ghedi sono stati schierati in Puglia 85 uomini e 12 velivoli, per
418 ore di volo.
Missioni di ricognizione e di attacco a terra.

(...) L'altra sera il colonnello Latorre ha svelato tutti i numeri
della cosiddetta operazione Aled Force conclusasi il 10 Giugno con la
resa di Milosevic (sic). Lo ha fatto davanti ai militari del VI Stormo
e alle loro famiglie (cui e' andato il sincero ringraziamento del
comandante...) ma anche davanti al Generale Gargini, al prefetto, al
vicequestore e al comandante provinciale dei Carabinieri.
Il colonnello ha cominciato spiegando che, a causa della posizione
centrale in una zona perennemente in crisi (....), "l'Italia e'
considerata una sorta di portaerei nel Mediterraneo. Non a caso, nel
corso dell'Allied Force, l'85% delle missioni ha decollato dalle nostre
basi". (...)
Naturalmente, gli uomini e i mezzi del VI stormo hanno fatto la loro
parte. Anzi hanno fatto molto.
"L'impegno operativo del VI Stormo - ha detto Latorre - s'e'
concretizzato in missioni di ricognizione (2 sortite per due giorni la
settimana) e in missioni d'attacco effettuate in un primo periodo da
Ghedi, poi da una cellula schierata a Gioia del Colle (6/8 sortite
giornaliere per 6 giorni la settimana)".
(...) da Ghedi in Puglia sono arrivati 85 uomini, 12 velivoli e 12
laser pod. ll rischieramento ha consentito di effettuare 418 ore di
volo, che si traducono in 172 sortite: 6 di ricognizione e 166 di
attacchi veri e propri, sferrati contro obiettivi selezionati di tipo
prettamente militare: depositi di munizioni, caseme, aeroporti. V'e'
inoltre da specificare che, per gli attacchi, sono state utilizzate
bombe a puntamento laser e a caduta libera.
Il colonnello Latorre ha anche spiegato come tecnicamente avvenivano le
missioni. Dopo la preparazione alla base, "i nostri aerei decollavano
da Gioia del colle, quindi, fatto rifornimento in volo sull'Adriatico,
si mettevano in "zona d'attesa" su cieli non ostili, tipo la Macedonia
e l'Albania: l'attesa dipendeva dal fatto che si viaggiava in pacchetti
di
aerei e che ogni pacchetto aveva tempi precisi per entrare in azione.
Poi, quand'era il nostro turno, si andava sull'obiettivo, quindi,
seguendo rotte prestabilite, si tornava. Anche grazie alla preparazione
dei nostri equipaggi, tutto ha funzionato a meraviglia, tant'e' vero
che, nel 100% delle operazioni, uomini e mezzi sono rientrati alla base
(....)

Vedi anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/1026
Dal Corriere della Sera del 22 maggio 2001
«Così l' Italia vinse la sfida in Kosovo»
Il generale Usa Clark: «Volevo usare i vostri elicotteri per prendere
Pristina». In un libro di memorie elogi al governo di Roma...

---

http://www.panorama.it/italia/indiscrezioni/articolo/ix1-A020001018102

La memoria (corta) di D'Alema
"Panorama" del 17/3/2003

Mentre si avvicina il giorno cruciale nel quale il Parlamento deve
votare sulla concessione agli Usa delle basi italiane (e il
centro-sinistra prepara le barricate), a Montecitorio qualcuno ha
tirato fuori una interessante fotocopia.

«Chiedo al Parlamento di non sacrificare in un momento così cruciale il
valore della coesione politica nazionale possibile, di non sacrificare
la consapevolezza trasversale ai diversi schieramenti di una comune
responsabilità verso gli interessi del Paese. Credo sia essenziale, in
momenti come questi, la ricerca della più larga unità intorno
all'azione e al ruolo internazionale dell'Italia». Parole del
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di fronte al Parlamento
chiamato a decidere se appoggiare o no la linea del governo sulla crisi
irachena? Sbagliato: sono le parole risuonate alla Camera il 26 marzo
del 1999 (di fronte ad un intervento, quello in Kosovo, ugualmente
privo della copertura Onu) e pronunciate da Massimo D'Alema, allora
capo del governo ma adesso in prima fila nel contrastare l'appello di
Palazzo Chigi per una linea bipartisan.

Dopo il duro alterco sulla crisi irachena avvenuto tra D'Alema e il
ministro per i Rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, a
Montecitorio hanno cominciato a circolare tra i deputati del
centro-destra le fotocopie del vecchio discorso dalemiano. E tutti
hanno notato come molte delle affermazioni contenute in quel discorso
sono improntate esattamente allo stesso spirito di quelle che in queste
ore si sentono da parte degli esponenti del governo in carica.
Esempio: «E' certamente legittimo» disse il 26 marzo 99 l'attuale
presidente della Quercia «sostenere che, sul piano strettamente
giuridico, l'intervento della Nato avviene senza mandato specifico
delle Nazioni Unite. Al contempo è impossibile negare purtroppo che ciò
dipende da una sostanziale paralisi del Consiglio di sicurezza,
bloccato nelle sue deliberazioni dai reciproci veti dei suoi membri».
Commento di molti deputati di lungo corso: «Peccato che in politica non
si utilizzino più spesso gli archivi...».


=== 1 ===


La composizione del governo D'Alema I (21 ottobre 1998)


Governo D'Alema I

Presidente del Consiglio: Massimo D'Alema (Ds)
Vice Presidente: Sergio Mattarella (Ppi)
Sottosegretario alla presidenza: Franco Bassanini (Ds)
Bilancio e Tesoro: Carlo Azeglio Ciampi
Finanze: Vincenzo Visco (Ds)
Industria: Pier Luigi Bersani (Ds)
Esteri: Lamberto Dini (Ri)
Giustizia: Oliviero Diliberto (Pdci)
Interno: Rosa Russo Jervolino (Ppi)
Commercio estero: Piero Fassino (Ds)
Riforme costituzionali: Giuliano Amato
Beni Culturali Spettacoli e Sport: Giovanna Melandri (Ds)
Sanità: Rosy Bindi (Ppi)
Ambiente: Edo Ronchi (Verdi)
Funzione Pubblica: Angelo Piazza (Sdi)
Comunicazioni: Salvatore Cardinale (Udr)
Pubblica Istruzione: Luigi Berlinguer (Ds)
Ricerca Scientifica e Università: Ortensio Zecchino (Ppi)
Trasporti: Tiziano Treu (Ri)
Difesa: Carlo Scognamiglio (Udr)
Lavori Pubblici: Enrico Micheli (Ppi)
Lavoro e Mezzogiorno: Antonio Bassolino (Ds)
Pari opportunità: Laura Balbo
Solidarietà sociale: Livia Turco (Ds)
Politiche agricole: Paolo De Castro (Ulivo)
Rapporti parlamento: Guido Folloni (Udr)
Politiche comunitarie: Enrico Letta (Ppi)
Affari regionali: Katia Belillo (Pdci)

(21 ottobre 1998)


=== 2 ===


SERBIA: ORDIGNI NATO INESPLOSI IN 40 SITI, ANCHE IN FABBRICA

(ANSA) - BELGRADO, 14 FEB - Ordigni inesplosi dei raid
della Nato della primavera 1999 sono stati individuati in 40 siti
serbi, di cui uno e' il cortile di una grande fabbrica di Pancevo (10
chilometri a est di Belgrado) tuttora in attivita'. Lo ha detto il
direttore del centro di sminamento serbo Petar Mihajlovic, precisando
che ''la maggior parte delle bombe inesplose sono nei sotterranei
dell'ambasciata cinese a Belgrado, nel quartiere belgradese di
Zvezdara, sul monte Avala e nel sobborgo di Batajnica, dove c'e'
l'aeroporto militare''. Recentemente, i tecnici incaricati dei progetti
di bonifica del Danubio avevano indicato nove siti in prossimita' di
altrettante
cittadine e villaggi lungo il fiume. Per l'ambasciata cinese, esperti
americani avevano recentemente offerto aiuto nel disinnescare gli
ordigni, ma Pechino ha rifiutato. Secondo la stampa serba, la sede
diplomatica - bombardata nel maggio del 1999 con un bilancio di quattro
morti e dieci feriti - avrebbe nascosto un centro di comando delle
forze armate di Slobodan Milosevic o forse delle gallerie di
comunicazione con i centri del vecchio potere. (ANSA). OT14/02/2003
17:32

http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/serbiamontenegro.shtml


=== 3 : LE ANALISI ===


La "grande scacchiera" e la guerra della Nato

Fausto Sorini
Liberazione 5 giugno 1999

"La grande scacchiera" è il titolo di un recensissimo libro di
Zbigniew Brzezinski, già consigliere per la sicurezza nazionale del
presidente Carter, una delle teste pensanti della politica estera degli
Stati Uniti. Esso espone, con esemplare chiarezza e senza infingimenti
"umanitari", il quadro strategico globale entro cui collocare e
comprendere le ragioni essenziali dell'aggressione della Nato alla
Repubblica Federale
Jugoslava, fortissimamente voluta dagli Stati Uniti. "Il crollo
dell'Unione Sovietica - scrive l'autore - ha fatto sì che gli Stati
Uniti diventassero la prima e unica potenza veramente globale, con una
egemonia mondiale senza precedenti e
oggi incontrastata. Ma continuerà ad esserlo anche in futuro? Per gli
Stati Uniti, il premio geopolitico più importante è rappresentato
dall'Eurasia, il continente più grande del globo", che "occupa,
geopoliticamente parlando, una posizione assiale, dove vive circa il
75% della popolazione mondiale ed è concentrata gran parte della
ricchezza del mondo, sia industriale che nel sottosuolo. Questo
continente incide per circa il 60% sul PIL mondiale e per 3/4 sulle
risorse
energetiche conosciute ... L'Eurasia - sintetizza Brzezinski - è
quindi la scacchiera su cui si continua a giocare la partita per la
supremazia globale".
"Ma se la Russia - prosegue l'autore - dovesse respingere
l'Occidente, diventare una singola entità aggressiva e stringere
un'alleanza con il principale attore orientale (la Cina) ", e con
l'India, "allora il primato americano in Eurasia si ridurrebbe
sensibilmente". E così pure se i partner euro-occidentali, soprattutto
Francia e Germania, "dovessero spodestare gli Stati Uniti dal loro
osservatorio nella periferia occidentale" (così viene definita l'area
dell'Unione Europea), "la partecipazione americana alla partita nello
scacchiere eurasiatico si concluderebbe automaticamente". Quindi,
conclude Brzezinski, "la capacità degli Stati Uniti di esercitare
un'effettiva supremazia mondiale dipenderà dal modo con cui sapranno
affrontare i complessi equilibri di forza
nell'Eurasia: e la priorità deve essere quella di tenere sotto
controllo l'ascesa di altre potenze regionali (predominanti e
antagoniste) in modo che non minaccino la supremazia mondiale degli
Stati Uniti". "Per usare una terminologia che riecheggia l'epoca più
brutale degli antichi imperi, tre sono i
grandi imperativi della geo-strategia imperiale: impedire collusioni e
mantenere tra i vassalli la dipendenza in termini di sicurezza,
garantire la protezione e l'arrendevolezza dei tributari e impedire ai
barbari di stringere alleanze". Gli Stati Uniti vogliono in primo luogo
evitare che in Russia si affermi un
potere politico influenzato dai comunisti, avverso al liberismo
selvaggio che ha precipitato il Paese nella crisi più nera e volto a
ristabilire una collocazione internazionale della Russia non subalterna
all'Occidente. Per questo il deposto premier Primakov era ed è
considerato un avversario temibile: è
sostenuto da una Duma dominata dai comunisti, sorretto da un consenso
popolare dell'80%, favorito alle elezioni presidenziali dell'anno
prossimo, mentre il consenso degli uomini di fiducia degli Stati Uniti,
come Eltsin e Cernomyrdin è precipitato al 5-10%.
Anche per questo Eltsin lo ha destituito (rendendo ormai drammatico il
fossato tra paese reale e paese "legale", ai limiti di uno scontro
interno che potrebbe precipitare in forme drammatiche), dopo avergli
sottratto il dossier "guerra in Jugoslavia" per affidarlo a
Cernomyrdin. In modo che l'eventuale successo di una mediazione
diplomatica russa avvenga su una linea più docile alle volontà della
Nato, e che sia il nucleo eltsiniano (e non Primakov e la sua squadra)
a trarne i maggiori benefici di immagine, in vista delle prossime
scadenze elettorali in Russia. Gli Usa vogliono inoltre favorire una
evoluzione della Cina per cui le forze espressione di una nuova
borghesia interna legata al mercato internazionale (che auspica un
legame preferenziale e docile con gli Stati Uniti) prendano
gradualmente il sopravvento sulle forze sociali e politiche che restano
legate a un progetto originale e inedito di lunga transizione al
socialismo, con una economia mista in cui il pubblico resti comunque
prevalente sul privato. Il bombardamento pianificato dell'ambasciata
cinese a Belgrado, era certo un test per vedere fino a che punto la
Cina era in grado di assumere sulla guerra in Jugoslavia un profilo
forte e autonomo dagli Usa e la reazione degli studenti cinesi (da
molti considerati ormai succubi del modello americano) è stato un
segnale più che incoraggiante di tenuta di un orientamento
antimperialista, di dignità nazionale, di autonomia di valori, che
parla alle nuove generazioni del mondo intero. Ma quelle bombe si
proponevano, da parte dei
fautori della guerra totale contro la Jugoslavia, anche l'obbiettivo di
inasprire le relazioni internazionali e rendere impossibile in sede Onu
una risoluzione ragionevole e negoziata (non imposta dalla Nato) tra
tutte le parti in causa del conflitto balcanico. Anche sull'India,
potenza nucleare, gli Usa premono per sottrarla alla sua storica
collocazione di non
allineamento, che conserva forti radici nel Paese, per imporle una
linea di privatizzazioni selvagge e di smantellamento del ruolo dello
Stato in economia (tuttora consistente) e omologarla al modello
neo-liberale. In Europa si cerca di
impedire che si affermi un modello sociale diverso da quello neo-
liberale ed un sistema di sicurezza alternativo alla Nato e alla tutela
americana sull'Europa.
Tanto più se ciò dovesse prefigurare un quadro di cooperazione
economica, politica e militare di tutta l'Europa, dall'Atlantico agli
Urali, passando per i Balcani. Il che configurerebbe una entità
economica geopolitica e di sicurezza di prima grandezza nel panorama
mondiale e scalzerebbe l'influenza predominante degli Usa sul vecchio
continente. Proprio Primakov è stato e rimane uno dei più convinti
assertori di questo asse Russia-Unione Europea ad Ovest, e di un altro
asse Russia-Cina-India ad oriente, che marcherebbero una evoluzione
multipolare degli assetti planetari e degli stessi rapporti in seno
alle Nazioni Unite, minando il progetto americano di egemonia globale
unipolare, che comporta invece l'affossamento dell'Onu e la
trasformazione della nuova Nato a guida americana in regolatore supremo
di ogni controversia internazionale. Sul solo terreno della
competizione economica l'imperialismo americano non è in grado oggi di
dominare il mondo e di subordinare i suoi stessi alleati/concorrenti
come Unione Europea e Giappone. Gli Usa incidevano nel dopoguerra per
il 50% del PIL mondiale: oggi la percentuale si è dimezzata, ed è di
poco inferiore a quella dell'Unione Europea. Spostare la competizione
sul terreno militare, dove la potenza Usa è ancora di gran lunga
preponderante, significa usare la guerra come strumento di egemonia
economica e politica. Anche contro l'Europa: costringendola a subire
l'iniziativa e l'interventismo anglo-americano o ad entrare nel gioco
della grande spartizione delle zone di influenza, ma in posizione
subalterna. Come appunto è avvenuto con questa guerra.
Siamo partiti, in apparenza, da lontano, ma la conclusione è sintetica
e ci tocca da vicino. Il controllo dei Balcani è strategico nella
competizione per il controllo dell'Eurasia. I Balcani sono storicamente
la porta per l'Oriente; da lì passano
oggi oleodotti e gasdotti che trasportano le vitali risorse energetiche
tra Europa e Asia. Nella contigua regione del Mar Caspio, del Mar Nero,
del Caucaso gli scienziati stimano esservi giacimenti di petrolio e di
gas naturale tra i maggiori del mondo. L'allargamento della Nato ad Est
si propone di inglobare gradualmente tutti i paesi dell'Europa
centro-orientale e dei Balcani, incluse le repubbliche europee dell'ex
Unione Sovietica, per farne un grande protettorato atlantico: per
controllarne le risorse e circondare una Russia non ancora
"normalizzata" e dal futuro incerto. Mentre all'altro capo del
continente eurasiatico, proprio in queste settimane, è andata
strutturandosi una "Nato asiatica", che comprende, in un sistema
militare e di "sicurezza" integrato, gli Stati Uniti, il Giappone, la
Corea del Sud e strizza l'occhio a Taiwan, cui si
assicura "protezione". Che cosa accadrebbe domani se gli Stati Uniti
decidessero di dare vita ad una nuova UCK in Cecenia, in Daghestan; in
Tibet o magari a Taiwan? La Jugoslavia rappresentava, agli inizi degli
anni '90, un ostacolo alla normalizzazione dei Balcani. Facendo leva su
processi disgregativi interni e ataviche tensioni etniche e nazionali,
alimentate dalla crisi dell'esperienza socialista jugoslava (che
richiederebbe un discorso a parte), la Germania prima e gli Usa poi
hanno spinto per la disintegrazione del paese (attizzare il fuoco,
disgregare, per poi intervenire, assumere il controllo, colonizzare).
Da qui la secessione della Slovenia, della Croazia, della Macedonia,
della Bosnia, e la trasformazione dell'Albania in una grande base Nato
nel Mediterraneo.
Restava ancora da spappolare la Repubblica Federale Jugoslava, e
soprattutto l'indocile Serbia. Così fu aperto il dossier Kossovo, dove
certo non mancavano i presupposti per gettare benzina sul fuoco. E dove
la parte più estrema
del nazionalismo serbo, con forti appoggi nel governo di Belgrado,
aveva colpevolmente contribuito ad esasperare i rapporti con la
popolazione kossovara di origine albanese: a sua volta sospinta
dall'UCK, armata dagli americani, a precipitare la regione nella guerra
civile, per poi invocare
l'intervento "liberatore" della Nato.. Ma questa è storia dei giorni
nostri; anzi, cronaca.


> La guerra del Kosovo, o dei Balcani...
>
> Angelo d'Orsi (da "Liberazione)
>
> La guerra del Kosovo, o dei Balcani, che ha chiuso cronologicamente il
> Novecento, ha riproposto gli stessi meccanismi del Golfo, prova
> generale per la realizzazione del "nuovo ordine mondiale", con una
> peculiarità: si è trattato di un conflitto fomentato dall'Occidente,
> una guerra politicamente e giuridicamente evitabile, ma perseguita con
> lucidità dagli Stati Uniti e accetta più o meno volentieri
> dall'Europa. Peraltro, con la guerra a Milosevic, l'Europa per la
> prima volta da espressione geografica e koiné culturale si presentava
> come entità politica: si è trattato della prima guerra dell'Unione
> Europea, che ha così avuto un suo canonico "battesimo del fuoco",
> rimanendo perfettamente in linea con la tradizionale idea che senza
> sangue non si crea una nazione.
> Che poi la nazione europea abbia davvero potuto essere generata dal
> conflitto appare davvero dubbio, trattandosi anche di una guerra
> infraeuropea, di un'aggressione all'Europa da parte dell'Europa, per
> un verso, e di un attacco all'Europa proveniente d'Oltre Atlantico.
>
> In quella neoguerra, il ricorso all'uso politico della storia - forma
> estrema dell'uso pubblico della storia -, al suo inesauribile
> supermercato, è stato particolarmente forte e martellante. Filosofi,
> scienziati, politici e cultori professionali o dilettanti di storia
> sono stati mobilitati in massa per fornire alla classe politica e ai
> suoi propagandisti gli strumenti e gli argomenti di varia natura alla
> preparazione ideologica e alla successiva giustificazione
> dell'evento, che, nella buona sostanza, era semplicemente
> un'aggressione armata, condotta con mezzi aerei da cinquemila metri di
> altezza, da parte di una coalizione di diciannove Stati - quasi tutti
> i più potenti della Terra - contro una nazione di nove milioni scarsi
> di abitanti, più piccola della metà dell'Italia settentrionale. Di
> nuovo, come nel Golfo, ma con intensità assai maggiore e
> un'insistenza resa più facile da false analogie storico-geografiche,
> il ricorso al paradigma antifascista, alla più "giusta" delle guerre -
> quella condotta contro il nazifascismo da parte delle "democrazie" -
> serve a fare accettare all'opinione pubblica internazionale, europea
> soprattutto, un'azione militare inaccettabile sotto tutti i principi.
> Ancora una volta si riaffacciava il fantasma di Adolf Hitler, i cui
> panni erano fatti indossare al serbo Milosevic, con la connessa, falsa
> e moralmente ripugnante equiparazione della cosiddetta pulizia etnica
> (rimasta peraltro largamente indimostrata) al genocidio ebraico; e via
> di questo passo, in un incredibile repertorio fondato su false
> analogie, anacronismi, mezze verità e palesi menzogne: il tutto
> fornito da uomini di studio, di scienza, di cultura. E anche recenti,
> rigorosamente documentati lavori di studiosi autentici hanno finito
> per avallare, passando dal piano conoscitivo a quello valutativo, un
> giudizio di "colpevolezza" serba, pur con numerosi distinguo e con
> apprezzabili sforzi di corresponsabilizzazione degli altri attori,
> interni, ed esterni, in campo. Mentre, d'altro canto, statisti e
> commentatori professionali (pur con qualche lodevole eccezione, frutto
> talora di pentimento rispetto a posizioni pregresse), non si sono
> ritratti, nella "guerra al Terrore", dal riproporre una volta ancora
> l'equazione tra i "buoni" del momento, ossia gli americani e i loro
> alleati (succubi), e quelli del 1939-45 (ancora gli americani e i loro
> alleati), e, sul fronte opposto, i "cattivi", equiparati a Hitler e i
> suoi alleati (succubi).
>
> Insomma, anche quando non hanno agito in prima persona per costruzione
> di menzogne a fini di legittimare quel che era impossibile legittimare
> su ogni piano, gli intellettuali si sono assunti una responsabilità
> negativa, nel senso che non hanno fatto ciò che ad essi primariamente
> compete, o lo hanno fatto troppo poco, episodicamente: un'opera di
> demistificazione critica, di denuncia proprio delle manipolazioni,
> delle corruzioni e degli inquinamenti della verità, che, al comodo
> riparo di una storia bric-à-brac, sono alle nostre spalle, e,
> purtroppo, pur all'interno di un lento processo di presa di distanza
> dalle (dichiarate) ragioni del conflitto.
>
> Né sufficiente è apparsa la mobilitazione intellettuale davanti
> all'ultimo obbrobrio: la "guerra preventiva", estremo vulnus al
> diritto, alla logica, alla storia. Troppi chierici hanno taciuto,
> approvato, giustificato, colpevolmente.
>
> Pessimismo eccessivo? Catastrofismo (appunto)? Se si vuole una
> piccola nota di moderato ottimismo teorico si può ricordare che la
> teoria delle catastrofi applicata all'ambito politico - come per
> esempio fa Georges Sorel nelle sue Réflexions sur la violence (1908),
> riprendendo e sviluppando Marx a proprio modo - vede appunto una
> "catastrofe" a segnare il passaggio da un'epoca ad un'altra,
> superiore, per livello di civiltà. Tale sarà il passaggio dal
> capitalismo al socialismo; ma, egli aggiunge, non è poi certo e
> nemmeno necessario che ciò accada; basterà che l'evento catastrofico
> sia atteso come un mito vivificante per produrre conseguenze.
>
> Non abbiamo la fede di Sorel, ma piuttosto la passione per la ricerca
> e l'acribia: è piuttosto a Marc Bloch che si può guardare con
> reverente attenzione. Ponendoci sulla scia di un tale gigante della
> storia (dunque della ricerca appassionata della verità), ci chiediamo
> se un lavoro, insieme modesto e difficile, di scrupolosa raccolta di
> dati e di loro interpretazione (ci auguriamo corretta), non possa
> costituire un pur minimo contributo utile per evitare la "catastrofe".
>
> Con il che dall'accezione corrente del termine catastrofe ritorniamo
> alla sua origine: evento (perlopiù doloroso) o insieme di eventi che
> portano allo scioglimento della tragedia, fornendo un ammaestramento
> agli uomini (e alle donne). Non sta a chi scrive dire se qualche, pur
> piccolo e modesto "ammaestramento" possa uscirne per il lettore. Ma
> sia lecito almeno esprimere l'auspicio che in quel lettore sorga, da
> questo libro, il desiderio di capire e sapere di più.

http://digilander.libero.it/economiadiguerra/euro_kosovo_usa.htm

E il dollaro va alla guerra contro l'euro

Tina Menotti
(Rita Madotto)

Liberazione 29 aprile 1999

Della guerra della Nato in Kosovo ne sa piú Alan Greenspan - presidente
della Federal Reserve - che Bill Clinton. La natura di questa guerra,
infatti, è preminentemente economica e finanziaria. E il
disorientamento dei commentatori che
accettano passivamente la tesi della "guerra umanitaria" la dice lunga
sul processo di omologazione all'ideologia della superpotenza Usa
avvenuta negli ultimi due decenni e che non ha risparmiato la cultura
della "sinistra riformista". Il ruolo predominante degli Stati Uniti
nel decidere tempi e modalità della guerra è sotto gli occhi di tutti,
ed evidenzia che gli Usa non hanno alcuna fretta di chiudere il
conflitto, anzi hanno bisogno di allargarlo.

La rendita degli Usa

I Balcani e la pulizia etnica in Kosovo non sono la vera materia del
contendere, ma lo strumento attraverso cui gli Stati Uniti hanno deciso
di destabilizzare l'Europa: un'area economica che, dopo l'unificazione
monetaria, può minacciare la rendita di posizione degli Usa sui mercati
internazionali. Un'egemonia
incontrastata e rafforzata dal ruolo politico e militare degli Usa nel
mondo dopo la caduta del muro di Berlino. Erodere la supremazia del
dollaro significa, infatti, rompere quel meccanismo attraverso cui gli
Usa esportano sistematicamente le loro crisi economiche, godendo cosí
di un'economia in buona salute nonostante l'alto indebitamento delle
famiglie e il pazzesco indebitamento con l'estero. Lo scenario
economico che si è determinato negli ultimi due anni mostra con
chiarezza che tale rendita di posizione è seriamente minacciata.
Il terremoto finanziario partito dal Sud-est asiatico e il Giappone e
che ha investito la Russia e il Brasile è partito essenzialmente da
due fattori concomitanti. La liberalizzazione selvaggia del movimento
dei capitali, voluta dagli Usa per trovare collocazione alle ingenti
risorse finanziarie liberate dalle politiche di riduzione del debito
statale, che hanno determinato minori rendite sui titoli pubblici, e
soprattutto dalla
privatizzazione del sistema previdenziale. Ciò ha consentito ai
paesi emergenti forti indebitamenti a breve, mentre la veloce
rivalutazione del dollaro nell'estate del '97 (il secondo fattore
scatenante) ha fatto esplodere il debito estero di questi paesi
innescando la crisi a livello globale. I capitali sono ritornati sulle
piazze europee e su quella statunitense con l'effetto di alimentare
ancora di piú la bolla speculativa che da anni ormai incombe come una
bomba a orologeria. Greenspan metteva in guardia il sistema quando il
Dow Jones - l'indice azionario -
era a quota 6.500 (settembre). La successiva riduzione del tasso di
sconto per dar fiato al sistema del credito, dopo il crack del fondo
speculativo Long Term Credit Management che ha rischiato di innescare
una serie di fallimenti a catena, ha portato l'indice a oltre diecimila
punti. La sopravvalutazione dei corsi azionari oscilla cosí tra il 25 e
il 40% e ciò mette in crisi tutto il sistema. Crisi di questa natura
non sono una novità per il mercato ma la differenza con il passato l'ha
fatta il varo dell'euro: un progetto che, nell'intenzione dei
promotori, aveva la finalità di creare un mercato unico di merci e
capitali capace di competere con gli altri due blocchi economici, il
Giappone e le tigri asiatiche, e il Nafta (mercato unico del centro e
nord America).

La concorrenza dell'Ue

Una solida moneta europea, capace di reggere, per dimensione delle
riserve, alle ondate speculative indurrebbe molte banche centrali e
istituti finanziari a rivedere la composizione delle proprie riserve
valutarie.
L'euro farebbe concorrenza al dollaro e, visto il livello
dell'indebitamento estero degli Usa (le stime dicono che nel 1999 il
debito commerciale potrebbe superare i 200 miliardi di dollari), ne
segnerebbe il declino. Un lusso che gli Stati Uniti non possono
concedersi. Come contrastare questo processo? L'unica possibilità per
gli Stati Uniti è quella di destabilizzare l'Europa.
L'occasione della guerra nel cuore dell'Europa deve essere apparsa
troppo ghiotta alla leadership statunitense per non essere colta al
balzo: certo è che questo non verrà mai scritto in nessuna
"dichiarazione di guerra". Una guerra che
destabilizza è una guerra lunga che soddisfa gli appetiti del complesso
militar-industriale degli Usa. Un terzo delle spese di bilancio degli
Stati Uniti sono spese per la "difesa" e il peso dell'economia di
guerra sul Pil è sempre stato il piú alto tra tutti i paesi a
capitalismo avanzato. L'aumento della spesa attraverso gli
investimenti nel settore militare, in un contesto di deflazione
strisciante, è la strada maestra per rilanciare l'economia in un paese
che ha demolito qualsiasi meccanismo di redistribuzione del reddito.
E l'Europa? E i governanti europei, in maggioranza socialdemocratici? È
possibile che si siano fatti parte attiva del loro stesso
depotenziamento? Intanto l'Europa politica non esiste ed è questa la
prima grande sottolineatura di questa guerra. Su questo punto hanno
investito in primis gli strateghi
statunitensi. A livello dei singoli governi è prevalsa, poi, la
politica di piccolo cabotaggio e/o gli interessi delle lobby
dell'industria degli armamenti. Gran Bretagna in testa, dove agli
interessi di potenza nel settore armi si aggiunge la
storica allergia al progetto di unificazione monetaria che toglie
a Londra lo scettro di piú grande piazza finanziaria europea. Altro
elemento di debolezza dell'Europa sono i governi della sinistra
moderata, la cui unica preoccupazione sembra quella di legittimarsi e
a cui sfugge l'inganno della paradossale "guerra umanitaria". Hanno
"dimenticato" le finalità prime del varo dell'euro, avendo essi stessi
piegato la moneta unica a strumento eccellente delle politiche
restrittive di bilancio di questi ultimi cinque anni. Il risultato è
che l'Europa non ha alcun ruolo autonomo, il conflitto in corso l'ha
ridotta a una mera espressione geografica, e nessuno può pensare, in
queste condizioni, che la sua moneta di riferimento possa essere
considerata un "equivalente generale" affidabile.


=== 4 : GLI UMORI DELLA BASE ===


--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Gruppo Zastava - TS" ha scritto:

24 MARZO 1999 - 2003
"Chi e perché ha voluto distruggere la Jugoslavia"

Il 24 Marzo 1999 la NATO, l'Europa, gli USA, il governo D'Alema-Ulivo,
con l'appoggio delle destre e per conto delle potenze economiche
mondiali dominanti, nell'ambito di un disegno globale di
ricolonizzazione, scatenarono una micidiale pioggia di bombe sui popoli
della Federazione Jugoslava, violando Costituzione italiana, leggi e
trattati nazionale e internazionali. Migliaia di vittime sotto le
bombe, missili con uranio impoverito e grafite, il più grande disastro
ambientale mai avvenuto in Europa: 20.000 morti di tumore in 4 anni di
cui il 30% bambini. La Jugoslavia cancellata politicamente da un
governo fantoccio al servizio della NATO e dell'Unione Europea, che con
un consenso dell'8% applica oggi fedelmente le ricette liberiste con
licenziamenti e privatizzazioni.
L'aggressione italiana alla Jugoslavia, pur nella sua orrenda
specificità, non è stato un inizio né una fine: governi di centro-
sinistra e di centro-destra, in egual modo, hanno coinvolto il Paese in
altre aggressioni armate. L'esercito italiano è ad oggi impegnato in
Albania (2600 effettivi), Bosnia (1200), Serbia (Kosovo, 4900),
Macedonia (120), Afghanistan (1400), Eritrea (50), mentre l'Italia è
occupata militarmente da più di 140 basi USA e NATO.
Ma la "guerra umanitaria" alla Jugoslavia del 1999, preceduta da molti
altri "interventi di polizia internazionale" (Libano '82, Iraq '91,
Somalia '93, Albania '95) atti a tastare il polso alle potenze
"alleate" europee, è stata soprattutto il banco di prova generale USA
di una nuova politica egemonica, mirata a far saltare gli ultimi
residui del "diritto internazionale" ed a varare la politica USA delle
alleanze a "geometria variabile" definitivamente collaudato in
Afghanistan nel 2001, ed oggi tocca all'Iraq. E ancora una volta
l'Italia, sulla spinta dei suoi potentati economico-finanziari
bi-polari, vi vuole partecipare.
L'orizzonte, dopo e attraverso la distruzione della Jugoslavia, è
cambiato: dalle guerre "limitate" e "concordate" si è passati alla
guerra mondiale permanente. La feroce competizione fra gli stati
"alleati" membri del G8 sta sfociando inevitabilmente in nuove guerre,
costringendo gli Stati Uniti ad "alzare il tiro", pena la perdita
dell'egemonia mondiale.
Siamo di fronte ad uno scenario di guerra globale non solo militare e
non solo contro i popoli che rifiutano di farsi colonizzare. E' una
guerra sociale ed economica contro i lavoratori di tutto il mondo.
Contro i lavoratori italiani costretti a subire in questi ultimi 10
anni le politiche dei due poli che si sono alternate al governo: tagli,
privatizzazioni, bassi salari, cancellazione dei diritti.
C'è chi ha interesse che la data del 24 Marzo venga cancellata dalla
nostra memoria. Noi, invece, vogliamo farla vivere e contestualizzarla
dentro la giusta protesta, popolare e di massa, che in questo periodo
si esprime, finalmente in termini radicali, contro la guerra.
Invitiamo pertanto a partecipare alla giornata di mobilitazione di
domenica 23 Marzo, a ridosso del quarto anniversario dei bombardamenti
sulla Jugoslavia, contro la guerra, per la chiusura della base USA-NATO
di Aviano. Base da cui sono partiti, e partiranno, gli aerei con il
loro carico di morte.

GRUPPO ZASTAVA TRIESTE
(elaborato da un testo dei compagni romagnoli che ringraziamo per lo
spunto e per non aver dimenticato questa tragica data - yure)

---

«Colpito e terrorizzato»
La macchia mai rimossa

In questi giorni, come non bastasse l'incubo della guerra all'Irak, ci
tocca rivivere la vergogna della guerra del Kossovo, prevedibilmente e
non infondatamente rievocata dal centro-destra. Succede così divedere,
nelle tante maratone televisive, Melandri e Letta sostenere goffamente
che allora non fu violata la Costituzione, perché si agiva nell'ambito
Nato (cosa detta nello stesso giorno in cui Andreotti, al Senato,
dimostrava come persino il trattato della Nato fosse stato violato
nella guerra alla Jugoslavia). O di assistere al balbettio di Pecoraro
Scanio, il quale non trova di meglio che inventarsi che "allora era
d'accordo anche il Papa". Ed ecco, da Costanzo, l'esibizione di Massimo
D'Alema, che difende la sua guerra in un modo talmente supponente e
pretestuoso, da spingere il pubblico del Teatro Parioli, sempre così
benevolo verso l'Ulivo, ad indirizzare applausi liberatorii alle facili
confutazioni di un pensatore come Belpietro. E oggi riecco il Nostro
sulla Stampa, saldo come una roccia: "D'Alema non cambia idea". E' noto
che una memoria lunga è spesso d'ostacolo all'azione politica, nella
quale è utile a volte saper dimenticare: ma la ferita del Kossovo è
troppo recente e troppo profonda per essere archiviata o peggio,
rimossa. Anzi, è proprio in queste giornate drammatiche, dentro la
grande onda pacifista che ha sollevato il Paese, è proprio ora che
occorre ricordare, discutere, contestare quelle scelte, come garanzia
che non abbiano a ripetersi.E allora ripetiamolo fino alla noia:
l'Italia fu portata in una guerra di aggressione a uno Stato sovrano,
in violazione della Carta dell'Onu, del Trattato del Nord Atlantico,
della Costituzione repubblicana. Al Parlamento fu consentito votare
solo ad attacco già iniziato. Nei settantotto giorni di bombardamenti
devastanti i governi alleati si macchiarono di numerosi crimini di
guerra (uno per tutti: la strage proditoria di giornalisti, tecnici,
civili, compiuta con la scelta di bombardare la Torre sede della
televisione jugoslava a Belgrado). Bohumil Hrabal usava citare un
cartello esposto in una tintoria di Praga. C'era scritto: "Si avvisa la
Spettabile Clientela che alcune macchie non possono essere cancellate
senza intaccare le fibre del tessuto". La guerra del Kossovo è una di
queste macchie. E il tessuto va intaccato, con una riflessione
autocritica di fondo, o almeno con un rinnovamento della futura
leadership ristretta del centro sinistra che metta da parte i
principali responsabili di quel misfatto. Per ora il solo Cofferati,
che pure porta una responsabilità infinitamente minore, ha avviato un
ripensamento serio. Altri segnali non se ne vedono. Se su questo
terreno nulla dovesse cambiare di qui alle politiche, penso che non
saremmo in pochi ad incontrare qualche difficoltà a votare Ulivo,
indipendentemente dalle scelte che Rc deciderà di operare. Non tanto
per una condanna morale inappellabile riferita al passato, quanto per
una preoccupazione politica che riguarda il futuro: perché i D'Alema, i
Rutelli, i Fassino, ci stanno dicendo che, si ripresentassero
circostanze analoghe a quelle di allora, sarebbero pronti ad una nuova
guerra.

Edgardo Bonalumi
Il Manifesto - 26 marzo 2003
http://www.informationguerrilla.org/kossovo_e_la_sinistra.htm

------- Forwarded message follows -------
To: "no-ogm-ra" <Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.>
From: "amato.r"
Date sent: Tue, 15 Apr 2003 08:58:25 +0200
Subject: [no-ogm-ra] Re: Kosovo, gli ipocriti
Send reply to: Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.

----- Original Message -----
From: "glr"
Sent: Saturday, April 12, 2003 3:49 AM
Subject: Kosovo, gli ipocriti: La Melandri non c'era e se c'era
dormiva (Fwd) [JUGOINFO]

Gli ipocriti (2)
La Melandri non c'era e se c'era dormiva
___________

La contraddizione nelle dichiarazioni di D'Alema e altri esponenti DS è
quotidianamente sotto gli occhi e le orecchie di tutti, a me basta
ascoltare il giornale radio per sentirmi a disagio, e non credo di
essere il solo.
La mancanza di coerenza è il principale pericolo per la credibilità e
il futuro della Sinistra e deve superata.
Una netta sconfessione delle posizioni di allora e l'allontanamento dei
responsabili è indispensabile, per questo preciso motivo.
Errori così gravi non possono restare impuniti.
L'accusa di opportunismo e ipocrisia (ora o allora?) da parte
dell'opposizione e dell'elettorato, deve essere radicalmente
eliminata, eliminandone i fondamenti.
E' indispensabile e non più dilazionabile un chiarimento approfondito e
inequivocabile delle posizioni attuali dell'Ulivo rispetto alla
politica estera italiana e dei rapporti con l'"alleato" statunitense.

Roberto

---

Date: Mon, 20 Jan 2003 12:33:52 +0100
From: andrea
To: pci-epr
Subject: [Pci-epr] NO

Scusa Francesco, mi scusino gli iscritti a questa lista, ma la
ipocrisia del PdCI sulla questione della guerra e' veramente offensiva
ed inaccettabile. Non avete fatto nessuna autocritica sul vostro
comportamento nel 1999, sulla spaccatura del PRC e sulla partecipazione
ad un governo deciso a tavolino da Cossiga e Scognamiglio al solo scopo
di consentire la partecipazione italiana alla aggressione contro la
Jugoslavia (devo girare la documentazione al riguardo?), ed adesso
volete guidare voi il movimento contro la guerra??? (...)

Date: Mon, 20 Jan 2003 14:23:02 +0100 (NFT)
From: francesco
To: andrea, pci-epr
Subject: Re: [Pci-epr] NO

Caro Andrea,
rispondo pubblicamente (e non in privato, come sarebbe forse
piu' opportuno per la nostra vecchia amicizia) solo per evitare che le
compagne ed i compagni iscritti a questa lista possno avere
l'impressione che il PdCI, che io qui rappresento ufficialmente, non
sappia come affrontare queste critiche.
Nel merito quindi:

1) la partecipazione italiana alla guerra contro la Jugoslavia non
dipesa da alcun comportamento del governo D'Alema, perche' le
responsabilita' sono precedenti e collettive: essa infatti fu resa
inevitabile dalla improvvida decisione di cedere il comando delle
truppe italiane alla NATO nel caso "si fosse resa necessaria" una
operazione di "intervento umanitario" nella zona (le virgolette
specificano i termini
usati nella votazione parlamentare). Purtroppo, questa decisione fu
presa ALL'UNANIMITA' dalle Camere nell'ottobre del 1998 e fu votata
ANCHE DAL PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA: i Parlamentari che
successivamente hanno aderito al PdCI hanno riconosciuto, pochi mesi
dopo, che si tratto' di un tragico errore, dettato dalla mancanza di
approfondimento sulla situazione. I Parlamentari rimasti nel PRC hanno
solamente rimosso questo episodio e non ne hanno mai piu' parlato.
Tuttavia, da quel momento in poi, le operazioni NON SONO PIU' PASSATE
PER UN CONTROLLO PARLAMENTARE e neppure governativo in Italia: questo
e' stato, all'epoca e successivamente denunciato con forza dal PdCI,
che non ha mai riconosciuto, dalla sua nascita, ne' una validita' alla
cosiddetta "guerra umanitaria" del 1999 ne' alla demonizzazione della
Jugoslavia ne' a tutta la propaganda bellicista dell'epoca e successiva.

2) Quando la NATO (cioe' in pratica gli USA) diedero inizio alle
ostilita', senza che nessuno potesse piu' impedirlo (come e' noto, i
governi venivano informati, non coinvolti e neppure consultati) il PdCI
ha fatto tutto il possibile per far terminare il conflitto al piu'
presto e con il minore numero di vittime. So che sull'efficacia di
questi interventi abbiamo punti di vista diversi, perche' io continuo a
pensare che l'aver impedito il cosiddetto "intervento di terra" sia
stato utile, mentre, dalle diverse discussioni che abbiamo avuto
sull'argomento, so che tu pensi che se la NATO lo avesse tentato, si
sarebbe cacciata in un
"cul-de-sac" esiziale. Tuttavia nessuno puo' negare che questi
interventi ci furono e che ebbero un risultato: se si vuole, si tratta
di analizzare in dettaglio queso risultato ma non credo che si possa
fare per mail.

3) quanto alla nascita del PdCI, no, qui non discuto neppure: fu
un errore gravissimo, del quale scontiamo tutti ora le conseguenze, la
posizione di Bertinotti sul Governo Prodi, che non comprendeva alcun
punto sulla guerra (sai benissimo che l'ala trozkista di Rifondazione,
che faceva e fa parte integrante ed insostiuibile della maggioranza di
quel partito non ha mai avuto dubbi sulla realta' della "pulizia etnica
dei serbi", su quanto fosse cattivo Milosevic, ecc., tutte cose che
invece vanno adeguatamente ridiscusse) ma che riguardava solo il punto
assolutamente surrettizio della "svolta o rottura" sulla politica
sociale ed in particolare sulla legge relativa alle 35 h lavorative a
settimana.
Fu l'unica cosa da fare partecipare al governo che si formo' e sulla
nascita del quale chi vuol dare credito a Cossiga lo faccia pure (...)


=== 5 : GUERRA CONTRO L'INFORMAZIONE ===


CHI RICORDA LA TV SERBA BOMBARDATA?

mauri ti segnala questo articolo pubblicato sul sito
http://www.unita.it
e aggiunge il seguente commento:
<<Quando si dice di essere patetici,non sono sicuro di chi governava
nel 1999.Forse l'unita stava contro la NATO.
Forse le Bombe intelligenti non apprezzano la Televisione.
Forse La rai o la cnn o le reti mediaset sono la massima espressione
della libertà d'informazione...>>

Chi ricorda la tv serba bombardata? L'informazione negata. Ieri come
oggi
di an.ca.
 
Diritto internazionale e informazione. Durante la guerra, il primo
viene spazzato via definitivamente dai rapporti di forza, la seconda
scivola sempre più nella propaganda. Mentre si susseguono notizie e
smentite dall’ Iraq, la presentazione di “Sedicipersone”, un
documentario di Corrado Veneziano realizzato con la consulenza
giuridica del giudice Domenico Gallo, dà questo contributo alla
riflessione sulle implicazioni di un conflitto armato. In 32 minuti,
attraverso le testimonianze di giornalisti e operatori, italiani e
serbi, si ricorda il bombardamento del palazzo della Radio Televizija
Srbije, la tv nazionale di Belgrado. Alle 2 e 16 del 23 aprile di
quattro anni fa, 16 persone che erano all’interno dell’edificio
rimangono uccise.
 Su quell’episodio , sostiene Domenico Gallo, il Tribunale
internazionale per la ex-Iugoslavia e la Corte Europea «dissero ai
giudici di tacere». Secondo il primo protocollo della Convenzione di
Ginevra del 49 il bombardamento di un obiettivo non militare è vietato.
La Corte di Cassazione italiana nel febbraio 2002 affermò che il
bombardamento su un edificio all’estero non rientra nella giurisdizione
italiana. Se la vicenda giudiziaria è conclusa, ha proseguito Gallo, la
vicenda storica rimane ancora aperta.
I Cruise della Nato che colpiscono il palazzo dell’informazione di
Belgrado sono un simbolo, ha ricordato Paolo Serventi Longhi,
segretario della federazione nazionale della stampa, che induce ancora
una volta a riflettere su come si possa costruire una democrazia con le
bombe e cosa significhi fare informazione. Nei giorni successivi, quel
bombardamento fu presentato come un errore, - ha ricordato Tana de
Zelueta, parlamentare Ds- e solo grazie ad una indiscrezione trapelò
che quella operazione fu voluta.
Davanti alla telecamera, un parente delle vittime spiega l’effetto,
l’unico, di una guerra: svuotare le cose e le parole. Anche i giornali,
ha aggiunto Lucio Caracciolo direttore di Limes, nel suo intervento.
Infine la denuncia di Ennio Remondino, per anni inviato della Rai dai
Balcani. Ormai le guerre si fanno per convincere, non per vincere, ed
il grande sconfitto per Remondino sembra essere l’informazione. Per
Remondino, o sei trombettiere o ti bombardano.
 
se vuoi leggerlo online:
http://www.unita.it/index.asp?topic_tipo=&topic_id=24422
(assicurati che l'indirizzo qui sopra sia riportato per intero nel
browser)
Vieni a trovarci su http://www.unita.it

---

il manifesto - 23 Aprile 2003
GIORNALISMO TARGET

Dalla tv di Belgrado all'Hotel Palestine. Quel
«vicino» 23 aprile

DOMENICO GALLO

Ksenija Bankovic aveva 28 anni il 23 aprile del 1999 ed era molto
contenta del suo lavoro di assistente al montaggio, anche Jelika
Munitlak aveva 28 anni ed era contenta del suo lavoro di
truccatrice.Oggi, dopo quattro anni, Ksenija e Jelika hanno ancora 28
anni. Infatti sono state spogliate della vita alle ore 2,06 del 23
aprile 1999, assieme ad altre quattordici persone, come loro addette al
lavoro presso gli studi della Rts (Radio Televisione Serba) di
Belgrado. Un missile «intelligente» della NATO aveva deciso di
impadronirsi della loro vita e c'è riuscito, centrando, con precisione
millimetrica, l'ala centrale dell'edificio della televisione, dove
ferveva il lavoro dell'equipe tecnica. I vertici dell'Alleanza sono
così riuscite a spegnere per sempre il sorriso di Ksenija e di Jelika
che, chissà per quale oscura ragione, dava loro tanto fastidio.
Quattro anni fa l'opinione pubblica non era ancora abituata a
considerare le equipe televisive ed i giornalisti addetti al loro
lavoro come obiettivi militari, come bocche e come occhi da chiudere
per sempre, con l'argomento irresistibile del tritolo. Per questo,
all'epoca si levò un fremito di indignazione che raggiunse,
addirittura, i vertici politici coinvolti in quella sciagurata impresa.
Il ministro italiano degli Esteri dell'epoca, l'on. Dini, da
Washington, dove si era riunito il Summit dell'Alleanza per celebrare i
50 anni della Nato, dichiarò ai giornalisti italiani «è terribile,
disapprovo, non credo che fosse neppure nei piani». Ma fu
immediatamente sconfessato dal suo Presidente del Consiglio, l'on.
Massimo D'Alema, che dichiarò: «Non si può commentare ogni giorno dov'è
caduta una bomba», precisando che la sua reazione alla notizia
risultava «attenuata dal fatto che in Jugoslavia non esiste
una stampa libera» (Corriere della Sera, 24 aprile 1999). Così il 23
aprile del 1999, nel processo della modernizzazione che incombe sul
nostro tempo, è entrato una preziosa acquisizione giuridica: il diritto
alla vita dei giornalisti (e di tutti coloro che lavorano nel mondo dei
media) è un diritto affievolito, dipende dal grado di libertà di stampa
esistente in un determinato contesto. Quando la televisione costituisce
uno strumento di propaganda di un regime politico autoritario, allora
può essere silenziata con la giusta dose di tritolo. D'altronde è
proprio quello che sostenevano i portavoce della Nato, nel briefing
quotidiano con la stampa. Il colonnello Konrad Freytag, sempre nella
fatidica giornata del 23 aprile, dichiarava che la Nato aveva
continuato gli attacchi volti a indebolire gli apparati di propaganda
della Jugoslavia e per questo aveva colpito gli studi radiotelevisivi
della Tv di Belgrado: «la più
grande istituzione dei mass media in Yugoslavia, che orchestra la
maggior parte dei programmi di propaganda del
regime».
Anche in Iraq, come tutti sanno, non esisteva una stampa libera, per
questo le forze dell'Alleanza del bene, il giorno prima della
capitolazione di Baghdad hanno distrutto il terrazzo da cui trasmetteva
la Tv Al Jazeera, uccidendone l'inviato, ed hanno bombardato l'Hotel
Palestine, uccidendo altri due giornalisti, che non avevano capito bene
che il regime di Saddam non garantisce la libertà di stampa. L'esempio
della Rts ha fatto scuola. Sono passati solo quattro anni da
quell'evento, ma sembra che sia trascorso un secolo. In Jugoslavia del
regime di Milosevic non è rimasta più traccia alcuna: i dignitari del
regime o sono morti per faide interne o sono finiti in prigione
all'Aja. La stessa Jugoslavia non esiste più, ha cambiato nome: adesso
si chiama Serbia e Montenegro. Apparentemente ci sono tutte le ragioni
per aprire una casella negli scaffali della storia dove archiviare
definitivamente la guerra Nato di Jugoslavia e passare ad altro. Ma i
conti non tornano, questa stagione non riesce a concludersi, perché
sino ad oggi nessuno ci ha dato conto della atroce morte di Ksenija e
dei suoi compagni. Nessuno ha pronunziato una parola di giustizia che
consentisse ai morti di riposare in pace. Di fronte a questo evento sta
il silenzio assordante delle Corti e dei sistemi giudiziari di cui
l'Occidente mena gran vanto.
In primo luogo il silenzio di quell'organo che l'Onu aveva creato per
proteggere gli abitanti della ex Jugoslavia dalla barbarie della
guerra. Il Tribunale penale per i crimini commessi nella ex Jugoslavia
non ha detto una parola.
Non ha potuto, in quanto il suo Procuratore, Carla Del Ponte, ha deciso
di non chiedere ai suoi giudici di giudicare ed ha dichiarato, il 5
giugno del 2000 al Consiglio di Sicurezza dell'ONU di essere «molto
soddisfatta» per aver archiviato le denunzie relative ai crimini
commessi dai vincitori - accuse depositate da Amnesty International e
Human Right Watch. In secondo luogo il silenzio di quella Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo, che ha deciso, il 12 dicembre 2001,
pronunziandosi sul ricorso presentato dal papà di Ksenija Bankovic, di
non giudicare, decretando che i diritti dell'uomo non sono poi tanto
universali. In terzo luogo il silenzio della Cassazione, le cui Sezioni
unite civili hanno imposto, nel giugno del 2002, ai
giudici italiani di tacere, di non raccogliere il grido di dolore delle
vittime, per non disturbare la libertà di bombardamento del sovrano.
Com'è noto, al di sopra delle Sezioni Unite, c'è solo il Tribunale di
Dio. Quindi i sommi giudici credevano di mettere la parola fine a
questa vicenda, ma hanno commesso uno sbaglio. I morti non sono
d'accordo. Lo spettro delle sedici vittime innocenti (che tornano in
questi giorni d'attualità) continua ad aggirarsi nelle Cancellerie e
nelle Corti di Giustizia. I leaders politici, responsabili della morte
fisica, ed i magistrati, responsabili della morte giudiziaria, non se
ne potranno liberare e trasaliranno, vedendoseli comparire dinanzi,
come Macbeth quando vedeva riaffiorare lo spettro di Banquo.


=== 6 : DIRITTO ===


-------- Original Message --------
Subject: La nonviolenza e' in cammino. 454
Date: Mon, 23 Dec 2002 02:15:02 +0100
From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac@...>
To: "centro di ricerca per la pace" <nbawac@...>

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E,
01100 Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac@...

(...)

RIFLESSIONE. PEPPE SINI:
ANCORA SULL'IMMODIFICABILITA' DELL'ARTICOLO 11
DELLA COSTITUZIONE ITALIANA E SULLA NECESSITA' DI PERSEGUIRE PENALMENTE
AI SENSI DI LEGGE I GOLPISTI E STRAGISTI

Poiche' si persiste in un equivoco e una resa sciocchi e pusillanimi
sara' utile ripetere una volta di piu' quanto segue.
1. L'articolo 11 della Costituzione fa parte di quei "principi
fondamentali" (articoli 1-12) che costituiscono i "valori supremi" in
cui si sostanzia e su cui si fonda la Costituzione della Repubblica
Italiana.
L'ultimo articolo della Costituzione, il 139, stabilisce che tutta la
Costituzione puo' essere modificata secondo le procedure da essa stessa
previste, tranne la sua forma repubblicana. La Corte Costituzionale in
un memorabile pronunciamento di qualche decennio fa ha fornito
l'interpretazione autentica - e quindi inequivocabile e cogente - di
quanto disposto dall'articolo 139 Cost. sopra richiamato. Ovvero che
della
forma repubblicana sono elementi fondanti ed imprescindibili i valori
supremi definiti nei principi fondamentali.
Cosicche' l'articolo 11 della Costituzione non e' modificabile se non
con un colpo di stato. Ma chi fa un colpo di stato e' un fuorilegge e
va perseguito penalmente ai sensi di legge.
2. Il fatto che ripetutamente dal 1991 ad oggi l'articolo 11 della
Costituzione sia stato violato da governi, parlamenti e capi dello
stato golpisti e stragisti non significa che esso non vale piu', cosi'
come il fatto che vengano commessi degli omicidi in Italia non
significa che l'articolo del codice penale che punisce l'omicidio sia
da considerarsi per questo abolito.
3. Coloro che si arrendono ai golpisti e agli stragisti sono dei
vigliacchi e dei complici. Coloro che predicano la rassegnazione
all'illegalita' dei potenti sono dei provocatori che, per torpore
morale o perche' assoldati dai golpisti stragisti, vogliono renderci
tutti favoreggiatori del colpo di stato dei gangster al potere.
4. E' invece dovere morale e civile del movimento per la pace, ma anche
di ogni persona di volonta' buona e di ogni cittadino onesto, difendere
la vigenza della Costituzione della Repubblica Italiana, difendere lo
stato di diritto, la democrazia, la legalita', e denunciare coloro che
l'articolo 11 della Costituzione hanno gia' violato e coloro che hanno
gia' annunciato di apprestarsi a farlo di nuovo.
Dobbiamo denunciare alle competenti magistrature i golpisti stragisti e
chiedere che le forze dell'ordine intervengano per metterli in
condizione di non nuocere ed assicurarli all'amministrazione della
giustizia.
5. Ovviamente questo non basta; ma il fatto che non basti non ci esime
dal farlo: dobbiamo contrastare la guerra e i suoi apparati e i suoi
folli e criminali promotori anche con l'azione diretta nonviolenta,
anche con la disobbedienza civile di massa, anche con lo sciopero
generale, certamente; ma dobbiamo contrastarli anche in nome della
legge, con la forza del diritto stabilito nel nostro ordinamento
giuridico, denunciando i golpisti e gli stragisti alla magistratura per
i delitti di attentato alla Costituzione e crimini di guerra e contro
l'umanita'.

(Numero 454 del 23 dicembre 2002)


> P R O C E S S I A M O L I !!
>
> Il 31 luglio 1999 hanno avuto inizio a New York le attivita' del
> "TRIBUNALE INTERNAZIONALE INDIPENDENTE CONTRO I CRIMINI DELLA NATO IN
> JUGOSLAVIA", promosso da Ramsey Clark, con la stesura di 19 punti di
> accusa contro la NATO ed i governi occidentali.
>
> Le attivita' del "Tribunale" hanno trovato seguito in molti altri
> paesi del mondo. In Italia il primo novembre 1999 alla presenza di
> Ramsey Clark ha preso il via la sezione italiana del Tribunale. Nel
> corso di questi mesi, confortati dal crescente interesse suscitato e
> dalle numerose iniziative di presentazione del "Tribunale Italiano" in
> molte citta', abbiamo potuto verificare con dati oggettivi la
> veridicita' delle nostre accuse.
>
> A completamento del lavoro svolto in questi mesi, noi sottoscritti
> firmatari di questo appello accusiamo le massime autorità della
> Repubblica in carica nel marzo 1999 - in particolare il presidente del
> Consiglio dei Ministri Massimo D'Alema e i membri del Governo per la
> partecipazione alla guerra illegale e il Presidente della Repubblica
> Oscar Luigi Scalfaro per non aver difeso la Costituzione - nonchè i
> loro successori per quanto attiene ai crimini in continuità con
> l'aggressione armata, ciascuno secondo la personale
> responsabilità scaturente dalle diverse competenze, azioni e
> omissioni:
>
> - per avere collaborato attivamente all'aggressione contro la
> Repubblica Federale Jugoslava, paese sovrano da cui non era venuta
> nessuna minaccia nè all'Italia nè ai suoi alleati;
>
> - per aver liquidato e vanificato con l'aggressione militare le
> iniziative internazionali tendenti a favorire la soluzione con mezzi
> pacifici dei problemi esistenti nel Kosovo;
>
> - per avere violato tutti i principi del diritto internazionale e in
> particolare la Carta delle Nazioni Unite, i principi del Tribunale di
> Norimberga, le Convenzioni di Ginevra e i protocolli aggiuntivi sulla
> tutela delle popolazioni civili, nonchè lo stesso trattato istitutivo
> della NATO;
>
> - per aver consentito che dal proprio territorio partissero attacchi
> contro istallazioni e popolazioni civili, condotti su obiettivi e con
> armi appositamente studiate per infliggere il massimo danno, anche
> protratto nel tempo, alle persone e alle loro condizioni di vita
> (attacchi deliberati contro strutture civili, bombe a grappolo);
>
> - per aver consentito l'utilizzo massiccio di proiettili e missili
> all'uranio impoverito, causando danni incalcolabili e per un tempo
> indeterminato alle popolazioni della Federazione Jugoslava, con enormi
> rischi attuali anche per i volontari civili e per i militari italiani
> impegnati nel Kosovo.
>
> - per aver partecipato al bombardamento di impianti chimici e
> farmaceutici, causando deliberatamente danni ambientali di
> enorme rilevanza, tali da configurare una vera e propria guerra
> batteriologica, chimica e nucleare;
>
> - per aver danneggiato l'economia della Costa Adriatica con la
> chiusura degli aeroporti civili e per aver consentito e cercato di
> occultare lo smaltimento di ordigni bellici nelle acque territoriali
> italiane e in quelle immediatamente adiacenti, causando danni alle
> persone, all'ambiente, all'economia;
>
> - per aver violato la Costituzione italiana e ignorato le procedure
> che essa impone in caso di stato di guerra, guerra che non può mai
> essere intrapresa dall'Italia ma solo combattuta per difendere
> dall'aggressione altrui il nostro paese e i paesi di cui l'Italia sia
> impegnata a condividere la
> difesa;
>
> - per avere attivamente collaborato ad affamare e sacrificare la
> popolazione della Jugoslavia, sia nel corso della guerra sia con
> l'imposizione di misure di embargo internazionalmente illegittime;
>
> - per avere attivamente collaborato a esercitare pressioni e ingerenze
> contro un paese sovrano e le sue legittime istituzioni;
>
> - per avere inviato truppe e personale civile a governare territori
> ridotti di fatto a nuovi protettorati e colonie, senza peraltro
> impedire nel Kosovo la persecuzione sistematica e l'espulsione della
> popolazione di etnia serba e di altre etnie non albanesi, nonchè degli
> stessi abitanti di etnia albanese considerati non affidabili o
> dissidenti dal nuovo potere di fatto
> ivi insediato in violazione della risoluzione 1244 dell'ONU;
>
> - per aver usato la Missione Arcobaleno come operazione di promozione
> e legittimazione della guerra, e per avere allo stesso fine attivato o
> favorito una disinformazione e propaganda di guerra;
>
> - per avere rinunciato all'esercizio della sovranità del nostro paese
> e al diritto-dovere di controllo delle attività che vi svolgono
> comandi, strutture e mezzi militari stranieri;
>
> - per avere acconsentito a modificare, senza nessuna decisione del
> Parlamento, lo "status" politico e giuridico della NATO.
>
> ...

www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 26-06-03


Sloveni e italiani uniti nella lotta alla dittatura

Di Maria Bernetic

Tratto da “L’antifascista” rivista dell’ANPPIA - dicembre 1976 n°12 -
lire100


Se il fascismo, fin dal suo nascere, infierì ferocemente contro il
movimento antifascista in tutto il paese, ben più e con particolare
violenza scatenò il suo furore contro le popolazioni italiane e slave
delle nuove province appena annesse all’Italia.
Bande armate saccheggiarono e devastarono fin dal 1919 in ogni luogo da
Postumia a Fiume, da Trieste a Pola. Migliaia di operai e contadini
furono bastonati a sangue, centinaia di antifascisti assassinati,
villaggi interi distrutti ed incendiati. Migliaia di cittadini furono
costretti ad abbandonare le loro case e le famiglie per andare per il
mondo o in galera.

Le prigioni di Trieste, di via Tigor, dei Gesuiti e del Coroneo erano
gremite di perseguitati antifascisti, che si opponevano alle violenze
squadriste per difendere i diritti acquisiti nei lunghi anni di lotta
per la loro emancipazione. Erano operai, giovani e donne.
In breve tempo il fascismo distrusse patrimoni immensi, culturali,
politici, economici e sociali.
Come il terrore delle squadre e bande armate fasciste, anche la
emanazione delle leggi eccezionali e l’istituzione del Tribunale
speciale si riveleranno incapaci di soffocare nelle masse popolari
l’aspirazione alla libertà ed alla emancipazione.
Gli antifascisti continuano ad opporsi al fascismo, cambiando il metodo
e le forme di lotta. Si passa dalla lotta di scontro frontale alla
lotta clandestina. La resistenza sarà attiva e conseguente nei suoi
ideali di democrazia e progresso sociale.

Il segretario dei giovani comunisti, italiani e sloveni di tutta la
Venezia Giulia, il compianto compagno Albino Vodopivec, ci teneva le
riunioni che erano molto animate. Decidemmo che bisognava passare
dell’attività semiclandestina a quella della lotta illegale
clandestina. Ma purtroppo l’entusiasmo giovanile spesso prevaleva sulle
regole cospirative, che il più delle volte non venivano osservate. Per
queste ragioni il nostro gruppo fu ben presto scoperto e già dopo la
prima più significativa azione.

Il primo maggio del 1927, Trieste era stata inondata di giornali e
manifestini. I giornali andavano nelle fabbriche; nelle piazze e nei
principali caffè cittadini apparivano i manifestini. Allora si stampava
con mezzi primitivi: inchiostro, telaio, rullo. Molti giovani vennero
mobilitati e nei punti più visibili della città e sull’altopiano
triestino, furono esposte le bandiere rosse con la falce e il martello.
L’apparizione di questi simboli antifascisti, influì positivamente su
larghi strati della popolazione e animò gli operai e le operaie dei
cantieri e delle fabbriche triestine e i contadini sull’altipiano
carsico.

I capi della squadra fascista di Trieste erano inferociti. I
seviziatori Gavazzi, Biscazza e Paletti, erano sicuri di aver soppresso
l’organizzazione del partito comunista con gli arresti del 1926.
Incominciarono la caccia all’uomo, le perquisizioni domiciliari, fermi
ed arresti.
La nostra più grande preoccupazione, in quel momento, era di mettere in
salvo i documenti, la macchina da scrivere, gli strumenti per
continuare a stampare e di far sparire ogni materiale compromettente.

Mentre i poliziotti stavano facendo la prima perquisizione in casa
della compianta compagna Angela Juren, grazie alla presenza di spirito
di una vicina di casa, venne calato un sacco di materiale
compromettente dalla finestra che dava sull’altro lato della strada. È
da notare che il fatto non venne denunciato da coloro che videro questa
impresa e il materiale fu salvo.
Ma la maggioranza dei compagni finirono in galera. Quando ci trovammo
nelle loro mani, gli sbirri, si vendicarono caricandoci di botte e ci
mandarono al Tribunale Speciale. I sei compagni subirono le condanne
maggiori, dai tre ai dodici anni. A due anni di reclusione fummo
condannate io e la Juren.

Anche nelle più difficili circostanze, l’attività antifascista
proseguì. I condannati politici reduci dalle galere, dal confino,
dall’esilio che legalmente o illegalmente tornavano in Italia,
riprendevano il loro posto di lotta. I comunisti erano gli animatori e
gente di vari ceti sociali si univa ai nostri compagni. Così con grande
precauzione si allargava la schiera organizzata dell’antifascismo.
Naturalmente si pagava sempre un alto prezzo, come documentano le
sentenze del tribunale speciale. Io venni nuovamente arrestata nella
primavera del 1939 e deferita al Ts con un gruppo di 25 compagni
accusati di “condurre un’efficace attività su tutto il territorio
nazionale”. La condanna inflittami fu di sedici anni. Il processo durò
cinque giorni. Nel paese la situazione era molto tesa, il regime
fascista si preparava ad entrare in guerra e ciò si ripercuoteva
nell’aula giudiziaria. I discorsi che facevano i giudici fascisti erano
intenzionalmente fatti per demoralizzare gli imputati antifascisti in
attesa di giudizio. Quando il presidente mi chiese le generalità,
stizzito dal mio non intimorito comportamento soggiunse: “inutile
chiederle. È tempo perso”. Intendeva alludere che ero “incorreggibile”.

Dopo la sentenza venni inviata insieme alla compagna Regina
Franceschino- di Udine- nel penitenziario di Perugina. Le altre due
compagne condannate insieme a noi furono inviate a Trani.
Il fascismo entrò in guerra. Le condizioni dei condannati politici nei
penitenziari peggiorarono. Le conseguenze delle effimere vittorie come
delle vere sconfitte della guerra nazifascista si ripercuotevano nelle
carceri. Avevamo fame, ma più fame ancora avevamo di notizie di ciò che
succedeva nel mondo.
Il 7 febbraio del 1943 ebbi la lieta sorpresa: mio fratello Carlo venne
a trovarmi. Anch’egli aveva subito parecchi fermi ed arresti dal 1940
in poi. Al colloquio, nonostante la severa sorveglianza, riuscì a
trasmettermi notizie incoraggianti. Nel nostro lessico famigliare mi
raccontò che l’organizzazione antifascista nelle fabbriche e sul Carso
era attiva, lottava contro la dittatura e la guerra. L’opposizione al
nazifascismo andava allargandosi fra i lavoratori. Nel congedarsi Carlo
mi promise che a Pasqua avrei avuto nuovamente la visita dei famigliari.

Per le feste di Pasqua, il 18 aprile, la compagna Zora Perello
(studentessa universitaria a Trieste- condannata a 18 anni di
reclusione- morta in un campo di concentramento) ed io aspettavamo la
consueta visita dei parenti. Era arrivata soltanto la madre di Zora. Io
non ebbi notizie. Mi chiamarono solo in portineria per ritirare il
pacco che i miei famigliari mi avevano mandato. Ritornando in cella
notai la reticenza di tutte le mie compagne. In quell’istante intuii
che qualcosa di grave era successo ai miei famigliari. Fu un momento
penoso per tutte la cara Valeria Julg, facendosi coraggio incominciò
raccontandomi quanto segue:
Nel corso della prima metà di febbraio a Trieste una serie di atti di
terrorismo e violenze fasciste si erano svolte principalmente nel rione
S. Giacomo, dove abitava la mia famiglia. La sera del 12 febbraio due
individui- uno di questi vestiva la divisa della milizia fascista-
cercarono mio fratello. Non trovandolo a casa si presentarono
all’abitazione di mia sorella, chiedendo di Carlo Bernetti
(originariamente Bernetic; i fascisti avevano imposto il cambiamento
del nome), invitandolo a seguirli al commissariato di Pubblica
sicurezza. Nell’atrio del portone ci erano altri due squadristi. Era
buio poiché vigeva l’oscuramento. Mio fratello venne immobilizzato ed
in quell’istante uno accese la lampadina tascabile e Carlo ebbe il
tempo di riconoscerlo: era il noto squadrista triestino Mario forti.
Immediatamente venivano sparati quattro colpi di rivoltella che lo
colpirono ed i quattro aggressori si allontanarono ritenendo che la
vittima fosse già morta. Mia madre e i parenti già preoccupati,
sentendo gli spari, accorsero e lo trovarono in una pozza di sangue.
Mia madre ebbe il coraggio di gridare ed inveire contro gli assassini
fascisti. La gente era impaurita e un grande silenzio si fece nella
notte. Carlo venne ricoverato all’ospedale con prognosi riservata.
Riuscì a cavarsela e dopo un mese fu dimesso dall’ospedale. Ma la
vicenda non era ancora finita. Nell’aprile, sempre per misure di
pubblica sicurezza, Carlo fu arrestato e tradotto al battaglione
speciale di lavoro all’Aquila, composto in maggioranza da antifascisti
giuliani, sloveni e italiani.

Ma il racconto non era finito. Zora si fece coraggio e mi dette una
notizia ancora più triste e dolorosa. Allo spargimento di sangue e alla
tremenda aggressione a suo figlio, il cuore di mia madre non aveva
potuto resistere. Dal 1920 lei aveva avuto il coraggio di combattere
contro tante avversità e di superare momenti dolorosi quando gli agenti
dell’OVRA arrestavano i suoi figli; ara convinta che bisognava lottare
contro il fascismo. Si sacrificava, lavorando notte e giorno,
privandosi del necessario, per aiutare non soltanto noi ma anche altri
compagni che avevano bisogno dell’aiuto materiale e morale. Era slovena
ma mai ha fatto differenza per alcuno, di qualsiasi nazionalità . Nella
lotta contro il fascismo aveva dato tutto, fino al suo ultimo respiro.
Le sue ultime parole, alle mie sorelle che le erano accanto al suo
capezzale, furono: “non abbandonate e non dimenticate Carlo e Maria,
aiutateli sempre”.
Così mia madre è morta vittima del fascismo come tante altre madri che
si sono sacrificate per i loro figli nella lotta contro la violenza e
l’ingiustizia fascista.

(Segnalato da B. Bellone)


> Da: "bellone"
> Data: Lun 23 Giu 2003 21:54:40
> Oggetto: l'antifascista
>
> Carissimi,
>
> sul numero di giugno dell’antifascista si ricorda agli iscritti
> dell’ANPPIA che il giornale potrebbe avere problemi economici. Una
> soluzione è certamente l’aumento del numero di abbonati.
>
> La rivista mensile è seria ed interessante.
>
> Io la consiglio.
>
> Il costo: undici Euro all’anno.
>
> Il numero di ccp: 36323004
>
> Riscrivo per verifica ccp: 36323004
>
> Intestato a “L’antifascista”
>
> Indirizzo: Corsia Agonale 10 - 00186 Roma
>
>  
>
> È la voce degli antifascisti italiani, ricordatelo!
>
> Di quelli che hanno combattuto.
>
>  
>
> Cordialmente
>
> Boris

Kosovska bitka / The Kosovo battle

LINK: http://www.kosovo.com/kosbitka.html