Informazione

Subject: testo di Collon
Date: Fri, 14 Mar 2003 19:20:49 +0100
From: "Enrico Giardino" <forumdac@...>


Cari amici,
Credo di fare cosa utile nell'allegarvi una mia traduzione-sintesi
dell'ultimo documento di Collon (14-3-03) sulla situazione balcanica.

---

Chi ha ucciso Djindjic?

...si chiede M. Collon - un acuto ed attento osservatore della
geopolitica mondiale nei Balcani - nel suo documento del 14 marzo
2003 (diffuso in rete in inglese); e quali saranno ora le
ripercussioni nella regione?
Sherlock Holmes avrebbe molto da fare nel trovare l'assassino, dal
momento che è difficile trovare amici di Djindjic. Seselj aveva detto
di avere le prove che Djindjic era il capo della mafia.


Chi ha portato al potere Djindjic? Non certo il popolo come ci dicono
i media occidentali (era molto impopolare per aver sostenuto
l'aggressione Nato), ma l'Occidente. Esso - dopo 9 anni di embargo,
dopo altri 9 anni di campagna mediatica antiserba, dopo 78 giorni di
bombardamenti - aveva condotto una campagna antiMilosevic a suon di
milioni di dollari. Lo stesso sta accadendo con Chavez in Venezuela.
Nessuno ci parla più della situazione tragica dei Balcani, ma là i
lavoratori stanno resistendo al tradimento ed alla privatizzazione-
demolizione dello Stato - anche sociale.
Questa lotta sta mettendo in crisi il gruppo di potere messo su dagli
occidentali.
L'uccisione di Djindjic non è opera di un patriota che si vendica per
il suo tradimento. Due sono le ipotesi più plausibili:
1. rivalità interne alla cricca dominante
2. omicidio mafioso.
Djindjic aveva rovesciato Milosevic capeggiando una coalizione di 18
partiti il cui unico collante era l'opportunismo. Una volta al potere
aveva favorito i suoi amici scontentando i più. Aveva impedito una
indagine sulla mafia, provocando le dimissioni di alcuni Ministri di
Kostunica.
Tutti i protetti dell'Occidente sono legati al traffico illegale
(droga, armi e prostituzione). Il clan di Izetbegovic in Bosnia
rubacchiò milioni di dollari sugli "aiuti internazionali". L'UCK -
secondo le stesse fonti occidentali - ha ridotto il Kosovo ad un
mercato di droga, armi e prostituzione.
Nel video "I dannati del Kosovo" viene denunciato il connubio
Nato-mafia.
Djindjic è anche responsabile di una serie di atti illegali contro
Kostunica ed i suoi Ministri, da lui allontanati dal Governo
illegalmente e nonostante il giudizio della Corte Suprema. Analoga
illegalità - condannata inutilmente dalla Suprema Corte - riguarda il
rapimento di Milosevic ed il suo trasferimento alla Corte dell'Aja. Si
può dire quindi che l'uomo di fiducia dell'Occidente era
semplicemante un gangster politico. Ma l'uccisione di Djindjic può
derivare da uno stato di conflitto tra USA e Germania, datato 1991.
Ecco tre indizi al riguardo :
1.La Germania forzò nel 1991 la disgregazione della Jugoslavia
assumendo il controllo dei regimi di Slovenia, Croazia e Bosnia.
L'obiettivo tedesco è quello di trasportare il petrolio mediante il
Reno ed il Danubio. Gli USA invece vogliono trasportarlo con un
oleodotto più a sud che attraversi Bulgaria, Macedonia ed Albania
(perciò la loro grande base militare di Camp Bondsteel). Sorpresi
dalla "rapidità tedesca", gli USA avevano bisogno di tempo per
rientrare in gioco. Così - promettendo ad Izetbegovic una sua vittoria
militare - gli chiesero di non firmare il piano di pace "europeo":
questo allungò di due anni la guerra con relativo aumento delle
vittime e dei disastri.
2. Gli USA nel 2000 avevano promesso a Djindjic crediti ed aiuti, poi
mai corrisposti: il destinatario se ne era lamentato pubblicamente,
inviando un "avvertimento" a Washington.
3. Perché potenze prima alleate si trovano oggi divise sull'Irak? Da
un lato USA ed U.K., dall' altro Francia e Germania. La ragione sta
negli interessi opposti delle compagnie petrolifere in Irak - ESSO, BP
e SHELL contro la Total (Francia) - ed in Iran , dove la Germania è il
primo competitore delle compagnie USA. La eliminazione della
"stampella tedesca " in Jugoslavia (Djindjic) sarebbe allora una
"ritorsione" contro Francia e Germania contrarie alla aggressione USA
in Irak.
Cosa potrà succedere ora nei Balcani? Tre ipotesi:
1. Kostunica potrebbe riguadagnare il potere perduto;
2. Un regime reazionario e fascista potrebbe agire contro
l'opposizione dei lavoratori e popolare;
3. I Balcani cadono in una nuova e più caotica destabilizzazione.
Tutto ciò è il risultato catastrofico della "missione umanitaria" di
stabilizzazione. Nel 2001 si è avuta una guerra in Macedonia, la
regione del Sandzak potrebbe infiammarsi per cause "esterne". In
Kosovo l'UCK - protetto dagli USA - fa fuggire serbi, rom ed ebrei.
Una situazione - sobillata da USA - che infastidisce Germania e
Francia: queste hanno bisogno di "stabilità". Un gioco pericoloso da
guerra mondiale.
E la sinistra europea emergerà dal silenzio? Saprà riconsiderare la
catastrofe in atto nei Balcani?

[chi fosse in grado di tradurre questo articolo con estrema urgenza e'
pregato di contattarci: jugocoord@...]


Subject: The Quisling Of Belgrade
Date: Thu, 13 Mar 2003 22:26:46 -0800 (PST)
From: Rick Rozoff


http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,913918,00.html

The quisling of Belgrade

The murdered Serbian prime minister was a reviled
western stooge whose economic reforms brought misery

Neil Clark
Friday March 14, 2003
The Guardian

-[T]here is evidence that underworld groups,
controlled by Zoran Djindjic and linked to US
intelligence, carried out a series of assassinations
of key supporters of the Milosevic regime, including
Defence Minister Pavle Bulatovic and Zika Petrovic,
head of Yugoslav Airlines.
-When a man has sold his country's assets, its
ex-president and his main political rivals, what else
is there to sell? Only the country itself.
-The lesson from Serbia for today's serial regime
changers is a simple one. You can try to subjugate a
people by sanctions, subversion and bombs. You can, if
you wish, overthrow governments you dislike and seek
to impose your will by installing a Hamid Karzai,
General Tommy Franks or a Zoran Djindjic to act as
imperial consul. But do not imagine that you can then
force a humiliated people to pay homage to them.


Tributes to Zoran Djindjic, the assassinated prime
minister of Serbia, have been pouring in. President
Bush led the way, praising his "strong leadership",
while the Canadian government's spokesman extolled a
"heralder of democracy" and Tony Blair spoke of the
energy Djindjic had devoted to "reforming Serbia".

In western newspaper obituaries Djindjic has been
almost universally acclaimed as an ex-student
agititator who bravely led a popular uprising against
a tyrannical dictator and endeavoured to steer his
country into a new democratic era.

But beyond the CNN version of world history, the
career of Zoran Djindjic looks rather different. Those
who rail against the doctrine of regime change should
remember that Iraq is far from being the first country
where the US and other western governments have tried
to engineer the removal of a government that did not
suit their strategic interests. Three years ago it was
the turn of Slobodan Milosevic's Yugoslavia.

In his recent biography of Milosevic, Adam LeBor
reveals how the US poured $70m into the coffers of the
Serb opposition in its efforts to oust the Yugoslav
leader in 2000. On the orders of Secretary of State
Madeleine Albright, a covert US Office of Yugoslav
Affairs was set up to help organise the uprising that
would sweep the autocratic Milosevic from power.

At the same time, there is evidence that underworld
groups, controlled by Zoran Djindjic and linked to US
intelligence, carried out a series of assassinations
of key supporters of the Milosevic regime, including
Defence Minister Pavle Bulatovic and Zika Petrovic,
head of Yugoslav Airlines.

With Slobo and his socialist party finally toppled,
the US got the "reforming" government in Belgrade it
desired. The new President Vojislav Kostunica received
the bouquets, but it was the State Department's man,
Zoran Djindjic, who held the levers of power - and he
certainly did not let his Washington sponsors down.

The first priority was to embark on a programme of
"economic reform" - new-world-order-speak for the
selling of state assets at knockdown prices to western
multinationals. Over 700,000 Yugoslav enterprises
remained in social ownership and most were still
controlled by employee-management committees, with
only 5% of capital privately owned. Companies could
only be sold if 60% of the shares were allocated to
workers.

Djindjic moved swiftly to change the law and the great
sell-off could now begin. After two years in which
thousands of socially owned enterprises have been sold
(many to companies from countries which took part in
the 1999 bombing of Yugoslavia), last month's World
Bank report was lavish in its praise of the Djindjic
government and its "engagement of international banks
in the privatisation process".

But it wasn't just state assets that Djindjic was
under orders to sell. Milosevic had to go too, for a
promised $100m, even if it effectively meant
kidnapping him in contravention of Yugoslav law, and
sending him by RAF jet to a US-financed show trial at
the Hague. When a man has sold his country's assets,
its ex-president and his main political rivals, what
else is there to sell? Only the country itself. And in
January this year Djindjic did just that. Despite the
opposition of most of its citizens, the "heralder of
democracy" followed the requirements of the
"international community" and after 74 years the name
of Yugoslavia disappeared off the political map. The
strategic goal of its replacement with a series of
weak and divided protectorates had finally been
achieved.

Sometimes, though, even the best executed plans go
awry. Despite the western eulogies, Djindjic will be
mourned by few in Serbia. For the great majority of
Serbs, he will be remembered as a quisling who
enriched himself by selling his country to those who
had waged war against it so mercilessly only a few
years earlier. Djindjic's much lauded reforms have led
to soaring utility prices, unemployment has risen
sharply to over 30%, real wages have fallen by up to
20% and over two-thirds of Serbs now live below the
poverty line.

It is still unclear who fired the shots that killed
Zoran Djindjic. The likelihood is that it was an
underworld operation, his links to organised crime
finally catching up with him. But, harsh though it
sounds, there are many in Serbia who would willingly
have pulled the trigger. On a recent visit to
Belgrade, I was struck not only by the level of
economic hardship, but by the hatred almost everyone I
met felt towards their prime minister, whose poll
ratings had fallen below 10%.

The lesson from Serbia for today's serial regime
changers is a simple one. You can try to subjugate a
people by sanctions, subversion and bombs. You can, if
you wish, overthrow governments you dislike and seek
to impose your will by installing a Hamid Karzai,
General Tommy Franks or a Zoran Djindjic to act as
imperial consul. But do not imagine that you can then
force a humiliated people to pay homage to them.

· Neil Clark is writing a book about the recent
history of Yugoslavia

neil.clark@...

ARTEL GEOPOLITIKA by www.artel.co.yu
office@...
Datum: 13. mart 2003. g.


Poslanici koalicije "Povratak" i nasi aktuleni
politicari "otkrili" tajne poteza Mihaela Stajnera i
siptarskih separatista

Beograd, 13.03.2003.
Sladjan Nikolic

Mihael Stajner ce ako nasa drzava ne ucini nista 26. marta
prosiriti ovlascenja kosovskoj vladi i institucijam, navodno zbog
stabilizacije. Sta to znaci? Obezbedjivanje prava manjinskim
zajednicama, ostvarivanje multietnickog drustva, obaveze u
odrzavanju bezbednosti i u oblasti spoljne politike ce i posle
ovog datuma ostati u kompetenciji UNMIK-a. Sva ostala
ovlascenja ce sef UNMIK-a, Mihael Stajner preneti na Vladu
Kosova.

Medju najbitnijim ovlascenjima su povecanje ingerencije
Kosovske policijske sluzbe, ukljucivanje Kosovara ( o politickim
posledicama upotrebe pojma "Kosovar" autor ovog teksta je
pisao u studiji Osvrt na knjigu 'Kosovo - kratka istorija' Noela
Malcolma . Studija je poslata i nekim nasim akademicima
medjutim oni nisu nasli za shodno da i sa svoje strane upozore
javnost.) u oblasti prava zajednica, zatim strukture upravljanja
finansijama, finasijska regulativa, monetarna poltika i pravna
pitanja. Pokrajinska vlada ce imati ovlascenja i u oblasti
Kosovskog zastitnog korpusa, medjunarodnih sporazuma, odnosa
sa spoljnim subjektima, prelaz robe i zivotinja preko drzavne i
administrativne granice, preduzeca u drzavnoj i javnoj svojini,
zeleznica, upravljanje frekvencijama civilne avijacije i drugo. U
delu koji se odnosi na Kosovski zastitni korpus predvidja se
povecanje uloge Kosovara u operativnom upravlajnju tom
organizacijom.U vezi sa medjunarodnim sporazumima, navodi
se ucestvovanje i pracenje izvrsavanja medjunarodnih ugovora
preko zajednickih mehanizama, sto znaci da ce Vlada Kosova
pratiti i izvrsavati medjunarodne ugovore preko "zajednickog
rezima" koji ce uspostaviti predstavnik generalnog sekretara, u
ovom slucaju Mihael Stajner. Predvidjeno je da se u
ovlascenjima koja ce preuzeti Vlada Kosova nadju i funkcije koje
se odnose na pravosudni sistem na Kosovu, ali bez samostalnosti
pravosudja. Takodje, sira ovlascenja Vladi Kosova prenece se i u
oblasti poljoprivrede, kulture, obrzavanja, zdravstva, rada i
socijalne politike, javnih sluzbi, finansija i privrede. Predvidjeno
je i da Vlada Kosova ucestvuje u radu zajednickog tela sa
UNMIK-om u gradjenju odnosa sa "subjektima spolja"

Dr. Rada Trajkovic poslanik a do skoro i sef koalicije "Povratak"
u izjavi za "Glas javnosti" od 11.03.2003 u vezi toga izmedju
ostalog kaze da su Stajnerovi potezi su sasvim u suprotnosti sa
Rezolucijom 1244 i da on njima vodi Kosovo u nezavisnost.
Gospodja Rada Trajkovic je sasvim u pravu, jedino je steta sto je
do ovog saznanja da je prosirivanje ovlascenje kosovskoj vladi i
institucijama jos jedan korak do nezavisnosti, dosla isuvise
kasno, kad je zaustvljanje procesa predaje ovlascnja gotovo
nemoguce. Gospodja Trajkovic trazi da svi poslanici koalicije
"Povratak" zamrznu svoje funkicije kako ne bi dali legitimitet
Stajnerovim namerama. Ovakav potez nece znaciti nista, mogu
poslanici koalicije "Povratak" da zamrzavaju svoje funkcije
koliko god hoce, oni su u kosovskoj skupstini samo dekor, to je
isuvise slab pritisak na Mihaela Stajnera da povuce svoju odluku.

Ono sto je takodje steta, jeste da gospodja Rada Trajkovic, citava
koalicija "Povratak", nasi aktuleni politicari kako na vlasti tako i
u opoziciji, brojni politicki analiticari sto je danas unosno
zanimanje nisu primetili da je od dolaska KFOR-a i UNMIK-a
siptarskim institucijama postepeno predavani atributi drzavne
suverenosti Srbije i SRJ, i da je ovo samo nastavak tog
kontinuiranog procesa. Drzavna suverenost ima cetri atributa -
zakonodavnu, sudsku, izvrsnu vlast i bezbednost gde spadaju
granice i vojska. Prve tri su prakticno vec predate, kosovskom
parlamentu, vladi i sudstvu. Sve je to uz nadzor medjunarodne
zajednice, ali to ne moze vecno da traje. Predaja cetvrte funkcije
- bezbednosti, Siptarima takodje je zapoceta. Ovo je konstatovao
i pokojni dr. Zoran Djindjic, Premijer Vlade Srbije, koji je ubijen
u brutalnom teroristickom aktu, u intervjuu listu "Novosti" od
petka, 7. 03.2003. godine. Jedino je steta, sto je ova konstatacija
dosla malo prekasno kad su tri funkcije vec predate, cetvrta je na
putu a Stajner prosiruje ovlascenja kosovskoj vladi i
institucijama.

Drzava Srbija u proteklom periodu u kom su jedna po jedna
funkcija drzavne suverenosti Srbije i SRJ predavane kosovskim
institucijama, a koji je pokojni Premijer ocenjivao kao period od
cetri godine, nije ucinila nista da ovaj proces "poremeti". Od te
cetri godine DOS je na vlasti tri i ako neko hoce da kaze da je za
sve kriva bivsa vlast to moze da bude samo licemerje; autor ovog
teksta misljenja je da su i jedni i drugi zasluzni za predavanje
ovih funkcija kosovskim institucijama. Ko je i koliko zasluzan to
je manje bitno i mozda je stvar koju mogu meriti dokoni
kafanski stratezi - bitno je ono sto je fakat, a to je da su Siptari
preuzeli jednu po jednu funkciju drzavne suverenosti SRJ i Srbije
s trendom daljeg preuzimanja.

Sta znaci "poremetiti predaju funkcija"? U ovoj zemlji mnogi se
pominjali Makijavelija ali uglavnom u negativnom kontekstu.
Verovatno su samo preleteli preko "Vladaoca" i iz njega izvukli
pouke imanentne svom psiholoskom profilu. Da su malo bolje
prostudirali knjigu verovatno bi zapazili da je Makijaveli bio pre
svega rodoljub i da je osnovna pouka njegove knjige - uciniti sve
i ne birati sredstava kako bi se porazio onaj ko ugrozava
domovinu. "Poremetiti" u politici a pre svega u spoljnoj poitici
znaci remetiti saveze, kompromitovati vodece licnosti, sklapati
saveze sa korisnima, stvarati afere, nervozu i zbunjenost u
protivnickim redovima i sl. O tome je jos i mnogo pre
Makijavelija pisao kineski strateg Sun Cu Vu i to su opste
poznate stvari po kojima i danas funkcionise diplomatija i
obavestajne sluzbe kao produzena ruka spoljne politike. Mozda
obicnom citaocu ovog teksta ovo zvuci grozno ali to je fakat, to
su pravila igre i ko ne igra po njima gubi.

I da ne bude kao u izreci "svi generali su pametni posle rata" i da
neko autora ovog teksta ne poistoveti sa generalom kojim ima
pametne ideje o tome kao je trebalo voditi bitke i ratu koji je vec
zavrsen, jedno kratko podsecanje. U tekstu "Moguce varijante
razvoja situacije posle izbora na Kosovu i Metohiji , pisanom
neposredno pred izbore na KiM, autor ovog teksta je upozorio na
sve ovo sto su nasi politicari kostatovali nazalost posle dve
godine kada je za mnogo toga kasno. Procena je pisana na osnovu
javnih ali i na osnovu izvora koji su dolazeci do informacija
rizikovali mnogo toga s jednim ciljem - da se upozori sta ce se
desavati i koji su osnovni pravci politickog delovanja siptarskih
politicara kao osnova za adekvatno reagovanje od strane nasih
politicara. Verovatno ovu procenu oni nisu ni citali, jer kako
ocekivati kad po istrazivanju lista BLIC NEWS u skupstini
politicari najveci deo vremena na Internetu provode posecujuci
sexi sajtove.
Najvazniji zakljucci iz procene "Moguce varijante razvoja
situacije posle izbora na Kosovu i Metohiji":

" Zajednicki imenitelj Rugove, Tacija i Haradinaja je njihova
ideja o nezavisnosti Kosova i Metohije. Ono sto ih razlikuje jeste
metod ostvarenja tog cilja. To znaci da ce predstojeci izbori
posmatrani u okviru albanskih politickih partija ustvari
predstavljti politicku borbu tri frakcije albanskog
separatistickog pokreta.
" Osnovni pravci politickog delovanja bilo da koja od ovih
frakcija pobedi bice usmereni prema UN, SAD, Evropskoj uniji,
SRJ i na samo Kosovo i Metohiju. Zajednicki imenitelj
politickog delovanja prema UN, SAD i EU bice dokazivanje da
privremene institucije koje budu proizasle iz izbora mogu same
da upravljaju Kosovom i Metohijom. Politicko delovanje prema
UN podrazumeva i postepeno preuzimanje ingerencija
UNMIK-a i njihovo prebacivanje u nadleznost privremenih
institucija.
" U pokrajini jos uvek formlano vazi pravni sistem SRJ,
ekonomski i drugi sistemi koji cine jedno drustvo takodje su bar
formalno prisutni, s toga ce njihovo delovanje na unutrsnjem
planu biti usmereno na izgradnju pravnog i drugih sistema koji
nece imati nikakvih dodirnih tacaka sa SRJ.
" S obzirom da buducoj skupstini Kosova i Metohije nije
izbegnuta majorizacija, srpski poslanici u njoj nece imati
adekvatne mehanizme zastite od strategije ostvarenja
nezavisnosti koja podrazmeva korak po korak odsecanje jedne po
jedne veze sa SRJ i koja ce se ostvarivati na unutrsnjem planu
" Ono cega se albanski separtatisticki pokret plasi je eventualna
podela Kosova i Metohije stoga ce njihovo politicko delovanje
unutar same pokrajine biti usmereno na zakonska resenja kojim
bi se izricito zabranila bilo kakva podela teritorija po etnickom
ili bilo kom drugom principu.
" Svoj glavni oslonac albanski separatisticki pokret jos uvek vidi
u SAD iako je doslo do smene administracije u Beloj kuci.
" U sustini ovako razgranata mreza albanskog lobija u SAD nece
delovati samo neposredno u realizaciji ciljeva nezavisnog
Kosova, vec ce primenjivati i strategiju posrednog nastupanja,
rasplamsavajuci krize na nasem prostoru, otvarajuci neka od
neresenih pitanja u odnosima sa svetom (odnos sa Hagim npr.) i
sl. Sve to u cilju pritisaka kako bi se pozicije Savezne Republike
Jugoslavije prema pitanju Kosova i Metohoje sto vise oslabile.
" I na kraju ovih izvoda, ono sto je pokojni Premijer Srbije dr.
Zoran Djindjic konstatovao u pomenutom intervjuu: Da se i ovo
vec dogodilo (misleci na predaju funkcije bezbednosti) realno bi
se postavilo pitanje: o cemu cemo posle kada se formalno otvori
itanje "konacnog statusa" uopste imati da diskutujemo?". U vezi
s tim zakljucak iz procene koja je pisana pred izbore na KiM:
Prema zamisli albanskog separatistickog pokreta ovakava
strategija politickog delovanja na unutrasnjem i spoljnom planu,
obilato koriscenje lobija, propagandih agencija za promociju i
strategija korak po korak, trebalo bi da medjunarodnu zajednicu
i Saveznu Republiku Jugoslaviju dovedu do svrsenog cina, da
priznaju neminovnost stvarnosti-nezavisno Kosovo. Ova
strategija nije vremenski ogranicena s tim sto je njen osnovni
cilj u nacelu: u naredne tri godine uveriti medjunarodnu
zajednicu da privremene unstitucije u kojima ce dominirati
Albanci mogu same bez icije podrske da upravljaju Kosovom i
Metohijom.

I da ne bude zabune, na neke od ovih cinjenica su upozoravali
predstavnici SNV, dr. Marko Jaksic i dr. Milan Ivanovic kao i
gospodin Momcilo Trajkovic. Koliko god su mogli pokusavali
su da sprece prenosenja funkcija drzavne suverenosti Srbije i SRJ
na kosovske institucije i kosovsku vladu, uporavali na pogubnost
izlaska na izbore i da ce Srbi u toj skupstini biti samo dekor.
Medjutim, drzavna politika je bila drugacija, verovatno zato sto
tada oni koji je i danas vode, nisu uspali da kostatuju ono sto su
konstatovali ovih dana, da Stajnerove odlike vode ostvarenju
siptarskog separatistickog sna - Nezavisnog Kosova uz
simbolican broj Srba.

Stvari su barem sasasvim ciste, sa dve i vise godina zakasnjenja
konstatovano je da da predavanje jedne po jedne funkcije
kosovskim institucijama od strane UNMIK-a vodi KiM u
nezavisnot. Imamo Stajnera koji je najavio prosirivanje
ovlascenja kosovskoj vladi i institucijama. Gradjanima Srbije
ostaje da vide hoce li drzavni organi Srbije uspeti da osujete
nameru Stajnera za koju su konstatovali da je jos jedan korak do
nezavisnosti KiM. Autor ovog teksta je pesimista po tom pitanju
i stoprocentno je siguran da ce ako se ovako nastavi Stajner
uspeti u toj nameri. Osim toga, ubistvo dr. Zorana Djindjica ce
umonogome zbog fokusiranosti drzavnih organa na ovaj brutalni
akt uticati da oni ne nadju model za sprecavanje Stajnerove
odluke.

Ono sto takodje podgrejava taj pesimizam, jeste da je prokojni dr.
Djindjic zastupao stav: Niko nema ni medju Albancima ni u
svetu, prava da nam kaze : Milosevic je potrosio sva vasa prava i
vi pocinjete od nule". Kao i to da je potrebno da napravimo
nekoliko diplomatskih i politickih krugova oko Kosova i
Metohije. Medjutim, od koje diplomatije ocekivati da tako nesto
pravi, kad predstavnici nase ambasade na "Medjunarodnom
institutu za politiku"u Becu, na tribini posvecenoj Kosovu i
Metohiji izrazavaju solidarnost sa mladim Siptarom Krasnicijem
koji govori o tome da Srbija zbog Miloseviceve politike nema
prava na KiM. Da zlo bude vece, oni su cak tokom tribine
negodovali i ucutkivali nase intelektulace koji su branili stav
koji je zastupao upravo pokojni dr. Zoran Djindic - govorili da je
Milosevic za sve kriv i da mi moramo da ispastamo kao
Nemacka posle Drugog svetskog rata. Verovatno o ovome naseg
pokojnog Premijera niko iz SID-a nije obavestio, jer i kako bi
kad je na celu ove sluzbe covek koji nije znao ni da mu "Crvene
beretke", dok je bio sef SDB-a, pripremaju pobunu a pomenute
diplomate su iz redova stranke ministra spoljnih poslova.

http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,913918,00.html


IL QUISLING DI BELGRADO (*)

Il Primo Ministro serbo assassinato era un ignobile servitore
occidentale le cui riforme economiche hanno portato miseria

Neil Clark
The Guardian (Gran Bretagna)
venerdi 14 marzo 2003


I tributi a Zoran Djindjic, il Primo Ministro della Serbia
assassinato, sono arrivati a pioggia. Ha aperto la strada il
presidente Bush lodando la sua forte leadership, mentre il portavoce
del governo canadese lo ha esaltato come "baluardo della democrazia" e
Tony Blair ha parlato della "energia" che Djindjic aveva dedicato a
"riformare la Serbia".

Nei necrologi dei giornali occidentali Djindjic è stato quasi
universalmente acclamato come un ex-agitatore di studenti che
coraggiosamente guidò una rivolta popolare contro una dittatura
tirannica e tentò di guidare il suo paese verso una nuova era
democratica.

Ma al di là della versione "tipo CNN" della faccenda, la carriera di
Zoran Djindjic appare piuttosto differente. Coloro che non danno peso
al senso del cambiamento di regime dovrebbero ricordare che l'Iraq non
è il primo paese dove gli USA e altri governi occidentali hanno
provato ad architettare la rimozione di un governo che non
soddisfaceva i loro interessi strategici.
Tre anni fa fu il turno della Jugoslavia di Slobodan Milosevic.

Nella sua recente biografia su Milosevic, Adam LeBor rivela come gli
USA versarono 70 milioni di dollari nelle casse dell'opposizione serba
e dei suoi sostenitori per osteggiare il leader jugoslavo nel 2000.
Agli ordini del segretario di Stato Madaleine Albright, un ufficio
americano segreto per gli affari jugoslavi fu istituito per aiutare ad
organizzare la rivolta che avrebbe spazzato via l'autocratico
Milosevic dal potere.

Allo stesso tempo è evidente come gruppi mafiosi controllati da Zoran
Djindjic e legati all'Intelligence americana abbiano eseguito una
serie di assassinii di sostenitori-chiave del regime di Milosevic,
inclusi il Ministro della Difesa Pavle Bulatovic ed il capo
dell'aviazione civile jugoslava Zika Petrovic.

Con Slobo ed il suo partito socialista finalmente caduti, gli Usa
hanno avuto il governo "riformatore" che desideravano. Il nuovo
presidente Vojislav Kostunica prese il "bouquet" ["prese ufficialmente
l'incarico", ndT], ma fu l'uomo del Dipartimento di Stato, Zoran
Djindjic, a tenere le redini del potere - e certamente a non
abbandonare i suoi sponsor di Washington.

La prima priorità fu quella di intraprendere un programma di "riforme
economiche" - dal sapore di nuovo ordine mondiale - per la vendita dei
beni statali, a prezzi stracciati, alle multinazionali occidentali.
Più di 700.000 imprese jugoslave erano rimaste a partecipazione
statale, e la maggior parte erano ancora controllate da comitati di
impiegati, con solo il 5% del capitale privato. Le compagnie potevano
vendere solo se il 60% degli introiti erano allocati tra i lavoratori.

Djindjic cambiò rapidamente la legge e la grande svendita poteva
adesso incominciare. Dopo due anni in cui migliaia di imprese a
partecipazione statale furono vendute (molte alle compagnie dei paesi
che presero parte ai bombardamenti della Jugoslavia del 1999), nella
relazione dell'ultimo mese la Banca Mondiale e' stata generosa di
encomi verso il governo-Djindjic ed il suo "coinvolgimento delle
banche internazionali nel processo di privatizzazione".

Ma non erano solo i beni statali che Djindjic aveva l'ordine di
svendere. Anche Milosevic doveva andare, in cambio di 100 milioni di
dollari promessi, anche se effettivamente cio' significava rapirlo, in
contravvenzione alla legge jugoslava, e spedirlo con un jet della RAF
al processo-spettacolo dell'Aia, finanziato dagli USA. Quando un uomo
ha venduto i beni del suo paese, il suo ex-presidente ed i suoi
principali rivali politici, cosa c'è ancora da vendere se non il paese
stesso? E nel gennaio di quest'anno Djindjic ha fatto proprio questo.
Nonostante l'opposizione di molti dei suoi cittadini, il "baluardo
della democrazia" ha seguito la richiesta della "Comunità
Internazionale" e dopo 74 anni il nome della Jugoslavia è scomparso
dalle cartine politiche. L'obbiettivo strategico della sua
sostituzione con una serie di protettorati deboli e divisi era
finalmente stato raggiunto.

A volte però anche i piani eseguiti in modo ineccepibile decadono.
Nonostante gli elogi occidentali, Djindjic verrà rimpianto da pochi in
Serbia. Per la maggior parte dei Serbi egli sarà ricordato come un
traditore che si è arricchito vendendo il proprio paese a coloro che
gli scatenarono contro la guerra, così spietatamente, solo pochi anni
prima. Le riforme di Djindjic più lodate hanno condotto ad un rialzo
dell'inflazione, la disoccupazione è salita oltre il 30%, i salari
reali si sono svalutati di oltre il 20% e oltre i due-terzi dei serbi
ora vivono al di sotto della soglia della povertà.

Non è ancora chiaro chi ha sparato i colpi che hanno ucciso Zoran
Djindjic. Verosimilmente è stata un'operazione di malavita, alla fine
i suoi legami con il crimine organizzato gli si sono ritorti contro.
Ma, sebbene risulti cinico, ci sono molti in Serbia che avrebbero
premuto il grilletto. In una recente visita a Belgrado, fui colpito
non solo dal livello dello stento economico, ma anche dall'odio che
quasi tutti nutrivano verso il loro Primo Ministro, la cui popolarità
era scesa sotto il 10%.

La lezione dalla Serbia, per quelli che cambiano regimi uno dopo
l'altro, è una lezione semplice. Si può provare a soggiogare un popolo
con le sanzioni, le sovversioni e le bombe. Si possono, volendo,
rovesciare governi che non piacciono e cercare di imporre il proprio
volere insediando un Hamid Karzai, un Generale Tommy Franks o uno
Zoran Djindjic, affinchè svolgano il ruolo di "consoli imperiali". Ma
non si creda di poter forzare un popolo umiliato a rendere a questi
omaggio.

(Neil Clark sta scrivendo un libro sulla recente storia della
Yugoslavia).

neil.clark@...

---

(*) "Quisling", dal nome di un proverbiale collaborazionista norvegese
dei nazisti.

Traduzione di Matteo Zamboni, che ringraziamo calorosamente. Revisione
a cura del CNJ.

1. Attentat auf "Zoran den Deutschen": Betroffenheit im Hause
Hunzinger (W. Mueller)

2. Juergen Elsaessers Beitraege in der "Jungen Welt"


=== 1 ===

Date: Fri, 14 Mar 2003 17:50:08 +0100 (CET)
From: wolfgang mueller


Allen, die noch irgendwelche Zweifel an der Rolle von
"Zoran dem Deutschen" im Rahmen des mehr als
10jährigen Krieges des deutschen Imperialismus gegen
die einst Sozialistische Republik Jugoslawien haben,
deren Höhepunkt mit dem 78tägigen Bombardement ab dem
24. März 1999 sich in den kommenden Tagen zum 4. mal
jährt, empfehle ich, die folgende Traueranzeige und
darin angegebene Website zu lesen.

Dann wird auch klar warum sich heute der
"Friedenskanzler" und seine "Friedensregierung" so
sehr gegen einen Irakkrieg zur Wehr setzen.
Offensichtlich hat das Haus Huntzinger und die
"Friedrich-Ebert-Stiftung" im Irak noch nicht die
nötigen Schießbudenfiguren gefunden, die in chicke
Boss- oder Brioni- Klamotten gesteckt, mit günstigen
Krediten und notfalls auch echten Gräfinnen
ausgestattet, für die geräuschlose Abwicklung der
großen Geschäfte der deutschen Rüstungsmaffia um
Daimler-Chrysler, etc, und auch noch die dreckigste
Schweinerei gegen die eigene Bevölkerung zu haben
sind.

Oder aber, das jetzige Regime unter Saddam (mit
Tirolerhut) erfüllt diese Aufgabe zur vollsten
Zufriedenheit um die Herren Ludolf von Wartenberg,
Karl Kolb, Jürgen Schremp & Co, dass ein
"Regime-Change" mit erheblichen Profiteinbußen für die
deutsche Industrie verbunden wäre.

Lesenswert dazu auch der angehängte Artikel von Jürgen
Elsässer aus der JUNGEN WELT vom 14.03.2003.
W.M.


Von: Hunzinger Information AG [mailto:info@...]
Gesendet: Donnerstag, 13. März 2003 11:51
Betreff: Attentat auf Ministerpräsident Prof. Dr.
Zoran Djindjic:
Betroffenheit im Hause Hunzinger Information.


Mit dem Attentat auf Serbiens Regierungschef verlieren
wir einen besten Freund. Wir trauern mit seiner
Familie und der mutigen Demokratiebewegung im früheren
Jugoslawien.

Hier Stationen der Zusammenarbeit schon mit dem
Oppositionsführer und späteren Ministerpräsidenten:
www.hunzinger.de/djindjic

HUNZINGER INFORMATION AG
action press - eine der weltgrößten
Pressebildagenturen · Hunzinger
PR · infas-Meinungsforschung
Holzhausenstraße 21
60322 Frankfurt am Main
Telefon (069) 15 20 03-20
Telefax (069) 15 20 03-33
E-Mail info@...
Homepage www.hunzinger.de


=== 2 ===

http://www.jungewelt.de/2003/03-13/005.php

junge Welt vom 13.03.2003
Ausland

Jürgen Elsässer

Fischers Mann in Belgrad

Zoran Djindjic soll in Deutschland beliebter als
in Serbien gewesen sein. Das hat seine Gründe
(Teil 1)

In Belgrad hat sukzessive ein »Staatsstreich«
stattgefunden. Der Terminus stammt aus einer
Protesterklärung der Demokratischen Partei
Serbiens (DSS), der Partei des früheren
jugoslawischen Präsidenten Vojislav Kostunica.
Der serbische Premier Zoran Djindjic habe eine
»Diktatur« eingeführt und bediene sich
»Mafiamethoden wie seinerzeit Slobodan
Milosevic«, hieß es weiter. Die harten Worte sind
angemessen, wenn man sich die Skandalgeschichte
der Djindjic-Regierung vergegenwärtigt, seit sie zu
Beginn des Jahres 2001, nach dem Sturz von
Slobodan Milosevic im Oktober 2000, die Geschäfte
übernommen hat:

- Die Auslieferung Milosevics am 28. Juni 2001 an
das UN-Kriegsverbrechertribunal in Den Haag
erfolgte gegen schriftliche Zusagen Djindjics und,
was juristisch entscheidend ist, gegen das Veto des
obersten Verfassungsgerichtes. Kritiker sprachen
von »Kidnapping«.

- Am 3. August 2001 wurde der ehemalige
Geheimdienstoffizier Momir Gavrilovic auf offener
Straße erschossen, nachdem er Kostunicas Beratern
Material über »Verbindungen zwischen
Regierungsmitgliedern und dem organisierten
Verbrechen« übergeben hatte. Aus Protest traten
die DSS-Minister aus dem Djindjic-Kabinett zurück.

- Am 14. März 2002 wurde Momcilo Perisic,
Stellvertreter Djindjics als serbischer Premier, bei
der Lieferung von Geheimdokumenten an den
Balkan-Chef der CIA in flagranti festgenommen.
Djindjic protestierte zunächst gegen die Aktion des
militärischen Abschirmdienstes KOS, mußte seinen
Vize aber fallenlassen, nachdem KOS Videobänder
über dessen CIA-Kontakte präsentierte.

- Am 29. Juli 2002 schloß die Djindjic-hörige
Mehrheit im Regierungsbündnis DOS die
Kostunica-Partei DSS aus der DOS-Koalition aus,
erkannte ihr alle 21 Sitze im serbischen Parlament
ab und besetzte die freiwerdenden Mandate mit
eigenen Leuten. Auch in diesem Fall wurde ein
Votum des jugoslawischen Verfassungsgerichtes
ignoriert.

- Bei den serbischen Präsidentschaftswahlen
deklassierte Kostunica den Kandidaten des
DOS-Bündnisses Miroljub Labus im
Stichentscheid am 13. Oktober 2002 im Verhältnis
2:1 und konnte das Amt trotzdem nicht antreten,
weil die erforderliche Wahlbeteiligung nicht
erreicht wurde. Ein weiterer Wahlgang Anfang
Dezember scheiterte an derselben Bestimmung.
Daraufhin strengte die Kostunica-Partei eine
Verfassungsklage an: Die Djindjic-Regierung habe
die Wählerlisten mit über 800 000 Geisterwählern
aufgebläht; würde man diese herausrechnen, sei das
Quorum nicht verfehlt worden. Die Klage wurde
abgewiesen. Seit Jahresende führte
Parlamentspräsidentin Natasa Micic interimistisch
auch das Amt des serbischen Präsidenten - rein
zufällig eine Vertraute von Djindjic.

Djindjics Machtpoker gegen Kostunica war deshalb
so dreist, weil er ohne dessen Unterstützung
niemals an die Schalthebel der Macht gekommen
wäre. »Nur weil Djindjic auf seine eigene
Kandidatur verzichtete und als Königsmacher den
wenig polarisierenden Kostunica favorisierte,
konnte die Opposition (...) die nötige Schlagkraft
mobilisieren«, kommentierte der Spiegel nach dem
Machtwechsel im Oktober 2000. »Ich bin für die
breite Masse bei uns nicht wählbar gewesen«,
räumt Djindjic selbst ein.

Die Frankfurter Rundschau nannte Djindjic den
»ersten serbischen Premier, der in Deutschland
beliebter als in Serbien ist«, auf den Straßen
Belgrads werde er als »nemacki covek«, als
»deutscher Mensch«, bisweilen auch als »Hitlers
Enkel« tituliert. Tatsächlich sind die
Deutschland-Kontakte des 1952 geborenen Djindjic
schon seit langem sehr intensiv: Als der
oppositionelle Student 1974 von der Tito-Polizei ins
Gefängnis gesteckt wurde, soll er auf persönliche
Intervention des damaligen Bundeskanzlers Willy
Brandt freigekommen sein. Anschließend setzte er
sein Studium in Frankfurt am Main bei Professor
Habermas fort und knüpfte erste Kontakte mit dem
damaligen Buchhändler Joseph Fischer. Nach seiner
Promotion in Konstanz kehrte Djindjic 1979 nach
Jugoslawien zurück. 1989 ermöglicht die SPD-nahe
»Friedrich Ebert-Stiftung« (FES) Djindjic einen
dreimonatigen Aufenthalt in der Bundesrepublik,
bei dem dieser »inspirierende Menschen,
Intellektuelle und Politiker« (Djindjic im Rückblick)
traf. Der so inspirierte Jungpolitiker gründet kurz
darauf in Serbien die Demokratische Partei (DS), in
der er von 1990 an Führungspositionen bekleidet.
Auch 1996 und 1998 referiert Djindjic bei der FES.

---

http://www.jungewelt.de/2003/03-14/005.php

junge Welt vom 14.03.2003
Ausland

Kampf um die Macht

Deutsche Politik und Wirtschaft hievten Djindjic in serbisches
Premiersamt (Teil 2 und Schluß)

Jürgen Elsässer

Nach dem Sieg der NATO im Bombenkrieg gegen Jugoslawien trat der
Kampf um die Macht in die heiße Phase. Die Friedrich-Ebert-Stiftung
(FES) schrieb in ihrem Arbeitsbericht über das Jahr 2000: »Die FES
hat als einzige politische Stiftung ihren Bürobetrieb in Belgrad auch
in Kriegs- und Konfliktsituationen fortgesetzt und trug durch
kontinuierliche Unterstützung der oppositionellen Kräfte zur
Vorbereitung der Wahlkampagne der demokratischen Opposition und
letztlich zum Machwechsel Anfang Oktober bei. Dabei konnte die FES -
in enger Zusammenarbeit mit deutschen Regierungskreisen - auf die
langjährige Partnerschaft mit wichtigen Leitfiguren des Umsturzes
zurückgreifen: Zoran Djindjic, General Vuk Obradovic, Zarko Korac,
Branislav Canak, Goran Svilanovic und die Wissenschaftler der Gruppe
G17 (um) Miroljub Labus.«

Wie die »Unterstützung zum Machtwechsel« aussah, konnte man im
Oktober 2000 im Spiegel nachlesen: Ab September 1999 trafen sich
unter der Ägide von Balkanpaktkoordinator Bodo Hombach (SPD) und auf
Einladung der FES regelmäßig im ungarischen Szeged die oppositionellen
Bürgermeister Serbiens mit Vertretern deutscher
Partnerstädte. »Die Städtepartnerschaften waren freilich nur ein
Trick, um zu kaschieren, daß Deutschland - wie andere Staaten - der
Opposition direkt unter die Arme greift.« Am 17. Dezember
1999 »versammelten Fischer und (die damalige US-Außenministerin)
Albright die namhaftesten jugoslawischen Oppositionellen am Rande
eines G-8-Treffens in einem fensterlosen Raum des Interconti-Hotels
an der Budapester Straße in Berlin. Mit von der Partie: Zoran
Djindjic und Vuk Draskovic. (...) Die wirklich kooperationswilligen
Milosevic-Gegner einigten sich auf den bis dahin weitgehend
unbekannten Kostunica als Präsidentschaftskandidaten.«

Neben der sozialdemokratischen Ebert-Stiftung hat auch der
christdemokratische Rüstungslobbyist Moritz Hunzinger eine wichtige
Rolle bei der Betreuung Djindjics gespielt. Hunzinger lebt davon,
Politiker mit Managern zusammenzubringen, besonders mit Managern aus
der Rüstungsindustrie. »Er dreht in diesem Bereich das größte Rad«,
sagt einer seiner Duzfreunde. Nach Stern-Recherchen zählt »die Crème
der deutschen Rüstungsindustrie zu seinen Kunden: laut Selbstauskunft
(Hunzingers) "alle" von Daimler-Chrysler Aerospace bis
Rheinmetall "plus 60 Zulieferer"«. Diese Kunden
leisten ȟblicherweise ... Monatspauschalen in unterschiedlicher
Höhe«, und mit diesem Geld finanziert Hunzinger parlamentarischen
Abende und politischen Salons.

Der Wahlspruch des großen Kommunikators: »In der Welt der Netzwerke
gibt es auf Dauer keine Leistung ohne Gegenleistung.« Wegen solcher
Kontakte auf Gegenleistungsbasis sind in Deutschland Köpfe gerollt.
Verteidigungsminister Rudolf Scharping wurde gefeuert, weil ihm
Hunzinger in zwei Tranchen 140 000 Mark überwiesen hatte, hinzu kamen
ein mit diesem Kapital getätigter Spekulationsgewinn von rund 20 000
Mark. Der grüne Bundestagsabgeordnete Cem Özdemir trat zurück,
nachdem bekanntgeworden war, daß er von Hunzinger einen zinsgünstigen
Kredit von 80 000 Mark in Anspruch genommen hatte.

Es ist ein offenes Geheimnis, daß die Referenten in Hunzingers
Salon »im Regelfall 20 000 Mark pro Vortrag« (Stern) erhielten.
Djindjic referierte zweimal, im November 2001 - dazu unten mehr - und
im Frühjahr 1998. Auch während des NATO-Angriffs auf Jugoslawien, im
April 1999, waren Scharping und Djindjic Gast im politischen Salon
Hunzingers - aber nicht als Referenten, sondern als Zuhörer und
Mitdiskutanten. Den Vortrag hielt General Klaus Reinhardt, der
spätere KFOR-Oberbefehlshaber. Bei dieser erlauchten Zusammenkunft
muß es zu konkreten Vereinbarungen über die Bombenziele in
Jugoslawien gekommen sein. Die Financial Times Deutschland stellte
dar, wie ein deutscher Wirtschaftskapitän sich in die Bombenplanung
einbringen konnte: Herbert M. Rudolph, ehemals Chef von Messer
Griesheim, einem führenden Unternehmen für Industriegase, »saß
während des Kosovo-Krieges in Hunzingers Salon und lauschte den
Vorträgen. In Gedanken war er woanders: Die NATO bombardierte
Restjugoslawien, und dort hatte Messer Griesheim wichtige Fabriken
und Depots. Nun war aber auch Verteidigungsminister Rudolf Scharping
zugegen und ein KFOR-Oberbefehlshaber (die FTD meinte offensichtlich
Reinhardt, der damals aber noch nicht KFOR-Oberbefehlshaber war, denn
diese gab es noch nicht). Schad? nix, dachte sich Rudolph. Und es
schadete sicher auch nichts, daß in Hunzingers Aufsichtsrat mit
Günther Kießling der ehemalige NATO-Oberbefehlshaber saß. Jedenfalls
vernichteten die Flieger in Serbien Ölraffinerien und Benzindepots,
die Anlagen von Messer Technogas blieben unbeschädigt, obwohl sie
wichtig für die Stahlproduktion des Landes waren.

Das Drehbuch für den Machtkampf mit Kostunica hatte Djindjic
offensichtlich am 29. November 2001 mit dem Hunzinger-Kreis
abgestimmt. Gleich sieben Minister hatte er mit zu dessen politischem
Salon gebracht, im Publikum saßen 226 Bundestagsabgeordnete - weitaus
mehr als an durchschnittlichen Plenartagen im Reichstag - und 37
Staatssekretäre beziehungsweise Ministerialdirektoren, Vertreter von
Bundeskanzleramt, Auswärtigen Amt und Geheimdiensten, dazu mehrere
Dutzend Vertreter der Wirtschaft.

Zwar sind Djindjics Ausführungen im offiziellen und im vermutlich
wichtigeren inoffiziellen Teil des Abends nicht veröffentlicht
worden. Immerhin ist aufschlußreich, was die Frankfurter Neue Presse
am übernächsten Tag preisgab: »"Wir haben in Serbien ein Autoritäts-
und Machtzentrum, wir haben dabei die Macht", sagt Djindjic im
Gespräch bei der Hunzinger-Information AG. Als das demokratische
Oppositionsbündnis DOS im Herbst 2000 daran gegangen sei, Milosevic
zu stürzen, habe man jemanden gebraucht, der beim ganzen Volk
Autorität besaß, das sei Kostunica gewesen. Man habe dessen Bedeutung
zunächst einmal bewußt "aufgeblasen", doch nach Regierungsantritt
habe sich Djindjics Demokratische Partei, die stärkste Kraft im DOS-
Bündnis, von der "Balkan-Politik" der kleineren Kostunica-Partei
Demokratische Partei Serbiens gelöst. (...) Damit sei klar, wer die
Macht in Serbien habe: die Regierung Djindjic und nicht Kostunica.«

Who Killed Djindjic?
And What Will Be the Repercussions in the Balkans?

Sherlock Holmes would have plenty of work to do in the Balkans. And
plenty of suspects on his hands because it would be difficult to find
anyone who was a friend of Zoran Djindjic. "You are the head of the
mafia, and I've got the proof!" said Vojislav Seselj, making his
accusation before a full session of Parliament. A lot of others
thought so, too. Where is Serbia going?

Michel Collon

Who put Zoran Djindjic in power? The mainstream media tells us that
the Serbian people did. In reality, his popularity rating was always
close to zero. Especially after he supported NATO while the bombs were
raining on his country.
Who put Djindjic in power? The West. Thanks to more than nine years
of a crushing embargo (dictated by the IMF in order to destroy
workers' self-management and to impose globalization), plus nine years
of an info-war demonizing the Serbian people, plus 78 days of NATO
bombardment and tens of millions of dollars spent on a destabilization
campaign to get rid of Milosevic, a campaign which was orchestrated by
the CIA in 2000. It's the same kind of campaign that is now being led
against Venezuelan President Hugo Chávez.
Since then, no one ever talks about Yugoslavia, a country to which
the West had generously offered the "free market," democracy and the
promise of NATO and EU membership in exchange for surrendering all of
its wealth to multi-national corporations. Not a word since 2000. Is
this the End of History, with globalization triumphant all the way to
Belgrade? And in Kosovo, where the forces of Globalization are
discretely privatizing 25% of the publicly-owned companies while
closing down the rest?
But History has never ended. The Serbian people are resisting
privatization and betrayal. The workers at the Zastava auto plant
just went on strike, refusing to be thrown into the garbage heap so
that a group of Canadian investors can get the upper hand in their
factory. They still judge NATO as it deserves to be judged, as "an
aggressor." Their pride is unbowed, and they are stirring up a crisis
for the group in power.

Two or Three Hypotheses

Who killed Djindjic? There are many hypotheses, even if at this stage
it is better to remain cautious. The professional method employed in
the assassination seems to exclude the idea of a patriot wanting to
avenge the betrayal and sell-out of his country. This is what
remains: 1) Rivalries at the core of the ruling clique; 2) The mafia
settling scores. Or both.
Djindjic toppled Milosevic while building a diverse coalition of 18
political parties, whose sole bonding element was opportunism. Once
the coalition gained power, Djindjic had to seize the reins of power
himself, which aroused frustration because the privatizations, for the
most part, profited his pals (see our article Two years later: where
is Yugoslavia?). Those who felt betrayed in his own camp were,
therefore, numerous and certainly would not have given him a nickel to
hire more body guards.
But who were these "pals" of Djindjic? A few months ago, he quashed
an investigation of the mafia and the cabinet ministers from
Kostunica's party responded by resigning in protest. Mention the word
mafia, and it conjures rivalries, noxious interests and the settling
of scores. We can't speculate on the question of where the bullet
came from, but we can recall precedents: All of the West's protégés
in the former Yugoslavia were tied to illegal trafficking, even though
the mainstream media remains discrete about it. The entourage of the
Bosnian Muslim President Izetbegovic pilfered millions of dollars of
"international aid." The KLA, according to European police agencies,
have turned Kosovo into a lazy Susan bearing drug trafficking, weapons
and prostitution. "NATO entered into a marriage of convenience with
the mafia," as we pointed out in our film, The Damned of Kosovo.

Western propaganda refers to Djindjic as "the man who installed
democracy." However, this is a completely disastrous estimation. He
dismantled the Yugoslav state simply to deprive his rival, Kostunica,
of a government position. He illegally excluded from Parliament
deputies from the largest party, the one headed by Kostunica. He
trampled the verdict of the Supreme Court that invalidated this
exclusion. He did the same thing when the Court rejected the
kidnapping and extradition of Milosevic to The Hague. He cut the
army's budget (including food for the soldiers) because it had
unmasked foreign spies in the heart of the government. The man on
whom the West had pinned its hopes for the future was simply a
political gangster.

Washington against Berlin?

The Serbia street called Djindjic "the guy who belongs to the
Germans." This morning, an Italian journalist asked us: "Could the
murder be tied to the rivalry between Washington and Berlin, which you
have spoken of for so many years?" This is not the kind of thing that
can be proven so easily . But it is, in any case, perfectly
possible. There are several clues:
Clue #1. Now is the time to recall why the war in Bosnia lasted so
long. In his memoirs, Lord Owen, the EU's special envoy to the
Balkans, wrote: "I have a great deal of respect for the United
States. But during the last four years (1992-1995), this country's
diplomacy is guilty of needlessly prolonging the war in Bosnia."
What does he see? He sees what we exposed in our book, Liar's Poker
(Poker menteur) : Berlin forced the break-up of Yugoslavia in 1991
and took control of the new regimes in Slovenia, Croatia and Bosnia.
Washington, at first taken aback by its suddenness, was forced to take
the cards back into its own hands. Yugoslavia, i.e., the Danube, is a
strategic route to the Middle East and the Caucasus, therefore, to oil
and gas. It is the route that all the great powers have always wanted
to control.
Berlin wants to transport its oil via the Danube and the Rhine. On
the other hand, Washington wants to construct a pipe line further
south, spanning Bulgaria, Macedonia and Albania because the U.S.
intends to control the energy supplies of its rivals, Europe and
Japan. There, they built a super military base, Camp Bondsteel, which
they count on using against Iraq.
In Bosnia, Washington ordered the Bosnian Muslim President,
Izetbegovic, not to sign any peace plan proposed by the Europeans,
promising him he could win the war on the ground. This strategy
accomplished its goals. In brief, the U.S. prolonged the war by two
years, and prolonged the suffering of all the different peoples living
in the region. The lowest blows are permitted in the rivalry between
great powers.

Clue #2: In 2000, Washington, which controls the credits that are
granted or withheld by the IMF, promised a flood of credits to help
the new regime and to maintain the electoral illusions disseminated
among the population. But no such credits materialized. In an
interview with Spiegel, a German weekly, Djindjic complained that he
was in danger because of it: "I warned the West." It was a warning.
All that one can say at this stage is that Djindjic's passing will be
regretted much more by Berlin than by Washington.

Clue #3. What is going on these days between the great allies who are
forever bound together, the U.S. on the one hand, and Germany and
France on the other? They are embroiled in the greatest dispute since
World War II. If Washington absolutely wants to attack Iraq, and then
Iran, it is also in order to weaken their European rivals. The
Anglo-American multinationals, Esso, BP, and Shell want to oust the
French corporation, Total, from Iraq. And Washington also wants to
oust its number one economic partner, Germany, from Iran. At the very
moment Berlin and Paris are upsetting Bush's plans, the blow dealt to
their Serbian pawn could very well be a warning in this cynical game
of chess, which is in fact a global war.

And Now?

What will be the consequences of Djindjic's disappearance from the
scene? 1. The Crisis at the heart of the regime will be exacerbated
and Kostunica will try to regain his lost power. Various clans will
confront one another to take control of the economy and illegal
trafficking. 2) A fascist threat is lying in wait for Serbia because
the new power will have a lot to do to break the resistance of the
workers. 3. The Balkans could once again be plunged into
destabilization.
Were the Balkans pacified by Western humanitarian intervention? The
myth is going to have a hard time sustaining itself. After the
protégés of the U.S. unleashed a war in Macedonia in 2001, the Sandzak
could flare up next with a new separatist menace based on
"nationalism," which would in reality be manipulated from outside the
country. In Kosovo, Washington continues to protect the KLA and its
policy of ethnic cleansing, which is driving Serbs out of Kosovo, as
well as Jews, Roma and Muslims, in short, all non-Albanian
minorities. This is disturbing to certain European powers that want
to stabilize the area and construct their "energy corridor." Other
neighboring regions could topple. A region where pipe line projects
are confronting each other would not be capable of staying calm for
long.
With this catastrophic summary, it is high time that the Western Left
emerges from its silence and draws up a balance sheet of four years of
NATO occupation in Kosovo. It is a catastrophe. At the very moment
Washington is preparing invasions and occupations, the truth must be
known and recognized once and for all. Let the debate finally begin!

Translated by Milo Yelesiyevich

By the same author:
- Two Years Later: Where Is Yugoslavia? (Deux ans après, où en est la
Yougoslavie ?)
- Kosovo, Test Your Knowledge (Kosovo, testez vos connaissances)
- Interview: What Is Now Going on in Kosovo? A New Film Breaks the
Silence (Interview : Que se passe-t-il à présent au Kosovo ? Un film
brise le silence).

[Questo testo in lingua italiana si puo' leggere alla URL:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE
Vladimir Kapuralin (Partito Socialista Operaio, Pola):
"La situazione economica e sociale nelle repubbliche ex-jugoslave
oggi. Il caso croato"]


Sastanak Italijanske Kordinacije za Jugoslaviju
Kontovel, kod Trsta, 16. novembra 2002.
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/sh_16_11.html



Referat Kapularin Vladimira (SRP - Socijalisticka Radnicka Partija
Hrvatske -, Pula):

Socijalna i Ekonomska Situacija u Bivsim
Jugoslovenskim Republikama - slucaj HRVATSKE


Avnojska Jugoslavija je u desetljecima nakon zavrsetka
II svetskog rata nesebicnim zalaganjem cjelokupnog
stanovnistva uspijela obnovit porusenu zemlju i
izgraditi ratom opustosenu privredu.Prema analizama
inozemnih strucnjaka i institucija bila je dulje vreme u
samom svjetskom vrhu po intenzitetu razvoja.
Brodogradnja je bila na trecem mijestu u svijetu, a
gradjevinska i industrijska poduzeca na
medjunarodnim su natjecajima dobivala realizaciju
velikih investiciskih projekata. Zemlja je napredovala i
na podrucju znanosti i kulture, a samoupravni
socijalizam uz visoki stupanj zaposlenosti, socijalne
sigurnosti i ostalih civilizacijskih dostignuca,
omogucavao je zivot dostojan covjeka. Zaokruzenju
civilizacijskih vrijednosti doprinosila je nezavisna i
nesvrstana vanjska politika, koja je uz snaznu i tada
dobro opremljenu armiju omogucavala istinski
suverenitet tipa "svoj na svome" i garantirala
gradjanima sigurnost, slobodu i neovisnost od vanjskih
subjekata.
Sve je to bilo postignuto uz vanjski dug koji je bio
sveden na 18-ak milijardi $, ili nesto iznad 800$ po
stanovniku.
Iako nije bilo visestranacja, a pripadnika tadasnje
partije bilo je oko 10% stanovnistva, velika vecina
gradjana
bila je lojalna toj i takvoj zemlji i vidila u njoj
perspektivu za sebe i svoju porodicu.
Dio gradjana koji je hteo postici vise otisao je u
inozemstvo iz ekonomskih razloga, ne prekidajuci
veze sa domovinom, ali treba naglasiti, da je otisao i
dio ljudi cija je ideologija porazena u II svjetskom ratu.
Njima su se u inozemstvu pridruzivali i pripadnici
poslijeratne generacije protivnika samoupravnog
socijalistickog poretka, te su zajedno planirali i
provodili neprijateljsku teroristicku djelatnost protiv
Jugoslavije, cesto logisticki poduprti od zemalja u koje
su emigrirali.
Krajem 80-tih i pocetkom 90-tih u Evropi dolazi do
tektonskih politickih procesa koje iz temelja mijenjaju
politicku situaciju. Padom Berlinskog zida, centri
svjetske kapitalisticke moci uobliceni u Svjetskoj
banci, Medjunarodnom monetarnom fondu i Svjetskoj
trgovackoj organizaciji predvodjeni sedmoricom
najrazvijenijih zemalja svijeta uz logisticku potporu
SAD i NATO krecu nezadrzivo prema ostvarenju
davno zacrtanog cilja, rusenju socijalistickih
drustvenih uredjenja u srednjoj i istocnoj Eropi, radi
ostvarivanja globalne dominacije. Na tom putu nasla
se i Jugoslavija.
U procesu dirigiranom izvana, a sprovedenom iznutra
dolazi do flagrantne secesije Slovenije i Hrvatske, a
zatim po principu eho efekta, Bosne i Hercegovine i
Makedonije. Pri tome treba naglasiti da centrima
svijetske moci nije bio primarni cilj rusenje
Jugoslavije nego samoupravnog socijalistickog
poretka, sto nije bilo moguce bez rusenja drzave. Taj
postupak je bio olaksan time sto su nacionalisticki i
desni subjekti koji su se pojavili na javnoj sceni uspjeli
uvjeriti gradjane da u kapitalizmu nece izgubiti nista
od postojecih prava, te da ce k tome dodati nove
vrijednosti.
U ekonomskom smislu rusenje Jugoslavije znacilo je
prestanak postojanja zajednickog trzista sa
desetljecima utvrdjenim i prilagodjenim tokovima
proizvoda i ostalih dobara, uz slobodnu cirkulaciju
ljudi i ideja. Za Hrvatsku je to znacilo preko noci
gubitak trzista za preko 54% svojih proizvoda koje je
prije secesije razmijenjivala na tom domacem trzistu, a
da nije pronadjen substitut za to trziste.
Oruzani sukobi koji su uslijedili nakon secesije imali
su za posledicu i fizicko unistavanje privredne
infrastrukture, a logicna poslijedica bila je i prestanak
frekvencije domacih i stranih gostiju sto je dovelo do
gasenja vrlo zive turisticke djelatnosti.
To je izazvalo prvi veliki val nezaposlenosti i pad
zivotnog standarda. Slijedeci se sastojao u prestanku
socijalistickog nacina privredjivanja i raspodjele i
uvodjenje kapitalistickog u njegovom najgorem obliku
- prvobitnoj akumulaciji kapitala.
Oslabljena preduzeca nisu se mogla ravnopravno nositi
sa razvijenim kapitalistickim subjektima u trzisnoj
utakmici. Novopeceni vlasnici koji su do vlasnistva
dosli na osnovu podobnosti nisu imali interesa, znanja
ni volje za razvoj proizvodnje, vec su cesto koristili
supstancu koja im je poklonjena.
Slijedeci se korak sastojao u stihijskoj rasprodaji
strancima svega sto vrijedi, a to je za posljedicu imalo
nova otpustanja radnika i daljnji pad zivotnog
standarda jer je strane investitore zanimalo iskljucivo
nase trziste i imovina, a ne razvoj. Tako je 94%
financijskog potencitala preslo u vlasnistvo stranih
banaka. Ostala je samo Narodna Banka Hrvatske koja
je emisiona banka. Prodane su telekomunikacije, dio
novinskih kuca, vrijedni i atraktivni turisticki objekti,
mnogi industrijski pogoni. Za rasprodaju je jos ostala
farmaceutska industrija, energetika, osiguravajuca
kuca i poljoprivredno zemljiste.
Rasprodajuci svakim danom sve vrednije privredne
objekte, tzv.obiteljsko srebro, preskupa i rastrosna
drzava pokusava doci do novca za svoje alimentiranje,
ali pokazalo se da to nije dovoljno, pa je paralelno
rastao i vanjski dug, koji sada vec iznosi oko
14.000.000.000$, sto cini preko 3.000$ po stanovniku.
Iznosi preko 60% BDP, a za otplatu kamata potrebno
je godisnje 1.000.000.000$
Ranjiva kakva je, Hrvatska je postala mnogima
dostupna destinacija za rijesavanje dotrajale,
prevazidjene i za zdravlje stetne industrijske i vojne
opreme. Zatim poligon za besplatnu vojnu obuku na
kopnu, moru i zraku.
U proteklih 12 godina, Hrvatska je nazadovala u
svakom pogledu i na svim podrucjima ljudske
dijelatnosti. Racuna se da je izgubila oko 700 000
radnih mjesta a nezaposlenost se krece oko 400 000.
Najveca je u Evropi i iznosi preko 20% radno
sposobnog stanovnistva.
Usporedbe radi, godinu dana prije dolaska Hitlera na
vlast, nezaposlenost je u Njemackoj iznosila 1/5
radnosposobnog stanovnistva. Jedan od Hrvatskih
specifikuma je da veliki dio radnika za svoj rad ne
biva placen od nekoliko mjeseci pa i do preko godine
dana. Ta kategorija gradjana brojala je u jednom
trenutku 150.000 ljudi.
Procjena je da je prilikom oruzaniog sukoba i nakon
njega minirano, poruseno ili popaljeno oko 50.000
kuca i gospodarskih objekata. Cijela naselja zbrisana su
sa lica zemlje. Protjerano je oko 250.000 gradjana
srpske nacionalnosti. Kompletni prijedeli ostali su
pusti. Lika koja cini oko 10% povrsine Hrvatske
sudjeluje sa 1% u ukupnoj populaciji. Procjena je
takodjer da je 100.000 mladih napustilo Hrvatsku
pocetkom 90-tih prvenstveno da bi izbjegli biti
uvuceni u rat kojega nijesu zeljeli niti smatrali svojim,
istovremeno rjesavajuci i vlastitu egzistenciju, za koju
kod kuce nisu imali perspektive. Nerealno je ocekivati
da ce se ti mladi ljudi u naponu produktivne snage u
dogledno vrijeme vratiti kuci.
Prema podacima iz 1998. gradjani su u prosjeku mogli
potrositi 25kn/dan sto je bilo manje od 4$. Potrosnja
od 5$/dan u svjetu se smatra granicom siromastva.
Zivotne prilike ustanovile su u Istri i Primorju, dakle u
predjelima koji su relativno blizu Italije, specificnu
socijalnu kategoriju, a to su zene razlicite zivotne dobi,
razlicitih profesija, cesto i vrlo obrazovane, mnoge i
narusenog zdravlja, koje su formulu za svoje i
prezivljavanje svojih obitelji pokusale naci sluzeci
stariju gospodu preko granice, obavljajuci mahom
najponizavajuce poslove. Pretpostavlja se da je tih zena
oko 10-tak hiljada.
Potrebno je dodat da su na taj nacin zaradjivale i nase
majke izmedju dva sv. rata u krajevima okupiranim od
Italije stime da su one radile u mijestu stanovanja, a
ove o kojima je danas rijec moraju to ciniti odvojene
od svojih obitelji.
Sve te pojave ostavile su u vecoj ili manjoj mijeri
neizbjezne tragove u emotivnoj sferi zivota svakog
pojedinca. Tako se kod ljudi izmjenjuju osjecaji
razocarenja, apatije, bijesa, nemoci, gadjenja, srdjbe,
rezignacije, bespomoci, sto utice na opce stanje
zdravlja ljudi, a u krajnjoj konsekvenciji i zivotnog
vjeka gradjana koji je u Hrvatskoj u proteklih 12
godina smanjen.

Hrvatska je deindustrijalizirana, investicija skoro da i
nema, ako izuzmemo gradnju cesta i crkvi.
Zdravstvena zastita je reducirana i dostupna onima
koji je mogu platiti. Skolstvo je takodje osiromaseno,
poseban je problem falsificiranje povjesti i njeno
prilagodjavanje nacionalistickim potrebama, sto moze
imati dalekosjezne posljedice, na oblikovanje stavova
mlade generacije, sto se ocituje u primjetnom
prihvacanju ustaske ikonografije.
Ono sto narocito zabrinjava je porast sredstava
ovisnosti kod mladih kao odgovor na izostanak zivotne
perspektive, a cijem sirenju doprinosi korumpiranost
niza institucija. Crkva ofanzivno nastupa i prisutna je
u svim podrucjima drustva, pocevsi od decjih vrtica.
Pravosudni sistem je blokiran sveprisutnom
korupcijom i nacionalistickom pragmom, te je
potpuno zakazao u slucajevima koji tretiraju zlocine
pocinjene na hrvatskoj strani za vrijeme oruzanih
sukoba i poslije njih.
Posebno neozbiljnu i za Hrvatsku vrlo rizicnu igru
vodi aktuelna vlada sa medjunarodnim institucijama,
posebno sa medjunarodnim sudom u Den Haagu.
Drsko prkoseci pokusajima medjunarodne zajednice da
procesuira pocinjene zlocine, sto Hrvatska uporno
izbjegava uciniti, podilazeci pritom retrogradnoj
nacionalistickoj desnici, dovodeci zemlju na rub
sankcija i medjunarodne izolacije.
Postavlja se pitanje koja su moguca rjesenja u takvoj
naocigled bezizlaznoj situaciji.
Ako podjemo od realne konstatacije da hrvatska
privreda nema u ovom trenutku proizvoda koje moze
ponuditi visoko sofisticiranom zapadnom trzistu, ali
ima proizvoda koje moze ponuditi trzistu koje se
nalazi istocno od nje, onda treba bez frustracija tu
mogucnost prihvatiti. To znaci da treba uspostaviti
vise vrsta integracijskih
veza najpre na juznoslavenskom prostoru, a zatim i
sire gdje je nekad bila prisutna, sto po procjenama dr.
Branka Horvata cini prostor od 150 miljuna potrosaca.
Medju vanjskim i domacim ekonomskim krugovima
taj prostor se jos naziva i Balkanska Unija.
Da bi to bilo moguce ostvariti, potrebno je trenutno
obustaviti daljnju rasprodaju i time razaranje domace
ekonomije. Gdje je god moguce, potrebno je oteto
vlasnistvo vratiti radnicima na upravljanje i stvoriti
uvjete za obnovu drustvenog vlasnistva i
samoupravljanja. Potrebno je ponovno poraditi na
obnovi vlastitog razvoja koristeci vlastitu pamet i
raspolozivi ljudski potencijal.
Taj proces u svakom slucaju nije lagan, ali ga svaki
izgubljeni trenutak cini tezim. U nedostatku kapitala
moze se poceti sa boljim koristenjem poljoprivrednih
potencijala koje imamo jer se tu rezultati ubiru vec
nakon godine dana, a isto vrijedi i za turisticku
djelatnost, naravno onaj dio koji jos nije rasprodan.


[Isti tekst na talijanskom jeziku:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/CONVEGNOTRIESTE
]

(italiano / srpskohrvatski - a cura di Ivan Istrijan)

[Solana "soli nam pamet"!]

Marija Kodric za "Nedeljni telegraf", 26.2.2003

Ekskluzivni intervju: Havijer Solana, nezaobilazan u svim kljucnim
desavanjima u nasoj zemlji poslednjih godina, govori za NT o proslosti
i buducnosti:

O DATUMU VASEG ULASKA U UE NISMO DONELI NIKAKVU ODLUKU.

Ne bih opisao bombardovanje kao "pametan politicki potez". To je bila
verovatno najteza odluka u mojoj karijeri.

Havijera Solanu, visokog predstavnika EU za evropsku bezbednost i
saradnju, Srbi pamte po dve stvari: bombardovanju Jugoslavije 1999.
godine (koje je odobrio kao tadasnji generalni sekretar NATO) i
stvaranju nove zajednicke drzave Srbije i Crne Gore. I o jednome i o
drugome govori u ekskluzivnom intervjuu za Nedeljni Telegraf.

(...) Kada Srbija i Crna Gora bude stala na noge i ozivela, mi u
Evropskoj uniji zelimo da budemo u mogucnosti da pocnemo nove
pregovore o blizim odnosima sa vama. (...)
Policijske snage EU i policija u regionu moraju blize da saradjuju.
(...)

Sudjenje Milosevicu je istorijsko.

P. - Gledate li sudjenje S. Milosevicu i sta mislite o tome?
O. - Nemam mogucnosti da redovno gledam sudjenje, ali naravno da sam
zainteresovan i da ga pratim. Sudjenje je, u pravom smislu reci,
istorijsko. Po prvi put je predsednik jedne zemlje optuzen za ratne
zlocine i zlocine protiv covecnosti. U tom smislu, ovo sudjenje
predstavlja pobedu pravde i nadu u svet u kojem niko, ni predsednik
drzave, nije iznad zakona. (...)

---

[Solana: ci sei o ci fai???]

Intervista esclusiva: Xavier Solana, immancabile nei momenti decisivi
per tutto quello che succede nel nostro paese, parla per "NT" del
passato e del futuro.

"Nedeljni Telegraf", settimanale, 26 febbraio 2002
Marija Kordic.

SULLA DATA DEL VOSTRO INGRESSO NELL'UE NON ABBIAMO
PRESO NESSUNA DECISIONE.

"Non citerei i bombardamenti come "una decisione politica
intelligente. E' stata credo la più difficile decisione della mia
carriera."
Xavier Solana - alto rappresentante dell'UE per la sicurezza e la
cooperazione europea - i serbi lo ricordano per 2 cose: il
bombardamento della Jugoslavia nel 1999 (che ha sostenuto in qualità
di allora Segretario generale della NATO); e la creazione del nuovo
Stato comune di Serbia e Montenegro.
Dell'uno e dell'altro parla in questa intervista esclusiva per NT.

Le prime parole sono rivolte agli accordi riguardo la creazione della
nuova unione della Serbia e Montenegro.

R. - Credo che i signori Djindjic, Djukanovic e Kostunica durante le
trattative hanno dimostrato molto coraggio nelle difficili decisioni
intraprese accettando il compromesso per il futuro del Paese. Però,
alla fine è il risultato che conta, in questo caso l'Accordo di
Belgrado.
D. - Lo Stato è sopravvissuto [sic] come Serbia e Montenegro grazie
agli sforzi dell'UE [sic]. Perché all'Unione Europea era così
importante conservare lo Stato comune, e se e in che modo l'UE, anche
nel futuro, darà sostegno alla comunità serbo-montenegrina?
R. - Tenete presente che anche la stessa UE si basa sulla stretta
collaborazione e integrazione in quegli stessi settori per i quali la
Serbia e il Montenegro saranno competenti: il mercato comune, la
politica del commercio, una stretta cooperazione in politica estera...
[e l'esercito?! ndT]. Perciò l'UE ha già assicurato l'aiuto tecnico e
giuridico [sic!] alla Serbia e Montenegro, per aiutarle nella
ricostruzione delle istituzioni e nei programmi politici necessari,
perché la nuova Comunità funzioni. Nel frattempo, quando la Comunità
starà su gambe solide e rivivrà, noi nell'UE vogliamo essere in grado
di iniziare nuove trattative per relazioni più strette con voi - cioé
incominciare le trattative sull'Accordo di stabilizzazione e
associazione. Questo creerebbe un futuro più concreto per la Serbia e
Montenegro nell'UE.
D. - Secondo Lei, sono reali i pronostici che spesso vengono citati:
la candidatura quest'anno perché la Serbia e Montenegro entrino a far
parte dell'UE entro il 2010 - anche se fino ad allora diventassero due
Stati indipendenti? Come vede l'avvicinamento della Serbia e
Montenegro all'UE?
R. - La posizione dell'UE è chiara: gli stati dell'Est europeo sono i
candidati potenziali per diventare membri dell'UE. Questo è stato
affermato anche al summit UE a Copenhagen nel dicembre scorso. Come
dissi, la nostra convinzione è che la Serbia e Montenegro hanno nel
futuro chance maggiori di diventare membri se entreranno insieme
piuttosto che separate. Il criterio per entrare a far parte dell'UE è
abbastanza rigoroso, quando la Serbia e il Montenegro adempieranno
alle riforme necessarie ed adotteranno le leggi rilevanti per
l'economia dell'UE. Naturalmente, noi vi aiuteremo in questo.
Ma in ogni caso questa sarà una vostra decisione. Dunque la data
dipende da voi.
D. - Quando possiamo aspettarci l'inizio delle trattative sullo status
definitivo del Kosovo [e Metohija, ndT]? E pronta l'UE a mediare tra
Belgrado e Pristina?
R. - Michael Steiner, il capo UNMIK a Pristina ha deciso gli standard
e criteri che devono esser osservati prima dell'inizio dei colloqui
sullo status del Kosovo. Noi siamo completamente per questa politica.
Perciò è troppo presto a parlare delle modalità dei colloqui.
D. - Alla Conferenza di Londra, nel novembre scorso, l'UE ha
dichiarato guerra alla criminalità organizzata. Allora siè parlato di
un forte legame tra il crimine organizzato e le strutture politiche
nei Balcani. Avete dei dati concreti riguardo questa corruzione e il
legame della criminalità organizzata con i politici della Serbia e
Montenegro? Come pensa l'UE di combatterlo?
R. - La criminalità è un'enorme problema nella regione balcanica, con
conseguenze dirette sugli Stati membri dell'UE. Ho detto a Londra che
perciò dobbiamo lottare insieme contro la criminalità organizzata,
usando tutti i mezzi e le informazioni che abbiamo. Il punto chiave è
costruire istituzioni politico-giuridiche forti ed indipendenti e
riformare e rafforzare la polizia. Nessuno dovrebbe essere al di sopra
della legge. Questo è innanzitutto il compito dei governi locali della
regione, ma anche noi della Comunità internazionale siamo pronti di
aiutare. La missione politica UE, che ora ha iniziato con il suo
lavoro nella Bosnia ed Erzegovina, è un buon esempio [sic! sic! sic!],
ma esistono anche altri programmi adattati a situazioni o problemi
particolari in ogni paese. Le forze di polizia UE e quelle dei paesi
della regione devono cooperare più strettamente.
D. - Sono passati 3 anni dai bombardamenti contro la Jugoslavia. Pensa
ancora che il bombardamento è stato una decisione giusta, un passo
politico intelligente? E' preoccupato dell'accusa contro la NATO al
Tribunale dell'Aia?
R. - Questa accusa, che il Tribunale ha respinto come infondata, non
mi preoccupa minimamente. Sono dispiaciuto [sic], però, che si è
dovuto bombardare, perché non avevamo altre opzioni. Non descriverei i
bombardamenti come "una decisione politica intelligente". E' stata una
difficile decisione politica, credo, la più difficile nella mia
carriera. L'abbiamo presa dopo attenta riflessione e cautele.

Il processo a Slobodan Milosevic è un fatto storico

D. - Sta seguendo il processo a S. Milosevic e cosa ne pensa?
R. - Non ho la possibilità di seguirlo regolarmente, ma naturalmente
sono interessato anche a seguirlo. Il processo, nel vero senso della
parola, è storico. Per la prima volta il presidente di uno Stato e'
accusato di crimini di guerra e crimini contro l'umanità. In questo
senso il processo rappresenta la vittoria della giustizia [sic] e la
speranza di un mondo nel quale nessuno, nemmeno il presidente dello
Stato è al di sopra della legge. [a parte quelli della NATO,
ovviamente]



[Tradotto da Ivan Istrijan per il CNJ.
Commento del traduttore:

Sarebbe doverosa, e pertinente, una domanda a questo individuo. Se,
con tutto quello che succede nel bel paese di Solana - intendendo la
Spagna, per una volta, e non la surreale "Unione" serbomontenegrina -
qualcuno decidesse che esso si deve chiamare "Stato iberico dei
Castigliani, dei Catalani e dei Baschi", Solana ne sarebbe contento?
Forse si, se a richiederlo fosse lo zio Sam!
A questo punto devo riportare i versi del poeta Djuro Jaksic, 1875:

"Europa?...
Marciume vecchio! Essere mostruoso...
Vecchia bambola grinzosa,
prostituta dichiarata,
che col suo occhio strabico
al tiranno fa l'occhiolino..." ]

L'AMICO AMERICANO / 5

"Bill Clinton Avenue": questo e' oggi il nome della strada principale
di Pristina. L'hanno rinominata cosi' tre anni fa, Rugova e soci, in
omaggio al grande artefice della "liberazione", cioe' della
devastazione del loro paese.
Degni di nota sono anche: il ristorante "Aviano", una copia della
Statua della Liberta' alta sei metri, il progetto di statua a Tony
Blair (del quale riferimmo alcuni mesi fa). Ed i nomi di alcuni
neonati: "Albright" oppure "Madeleine" per le bambine, "Tony Blair",
appunto, per i bimbi.


---


KOSOVO HONOURS ITS "SAVIOURS"

Key figures from the NATO bombing campaign are immortalised by
grateful ethnic Albanians.

By Fatos Bytyci in Pristina

Former American head of state Bill Clinton is on the road to
immortality in Kosovo after a three-and-a-half-long km boulevard was
named in his honour.

A 12-metre high photograph of him has also been erected as part of the
stretch's 427,000 euro upgrade.

Kosovo's president Ibrahim Rugova said that such recognition was the
least his people could do for a statesman who had garnered
international support for NATO's 1999 bombing campaign.

"This is a very small thing we have done, as the former US president
deserves much more," Rugova declared.

Indeed, Clinton's name lives on in many unique ways in the region,
which remains a United Nations protectorate three years on from the
conflict, with more than 32,000 international peacekeepers on its
soil.

Businessman Ramadan Aliu, who is originally from Macedonia, has
renamed his marble company after the former US leader. "Once heads of
states leave their posts, many of them are forgotten. I wanted to make
President Clinton immortal," he told IWPR.

A number of local bars and restaurants, meanwhile, have acquired names
associated with American, NATO and British "liberators" who freed
Kosovo from Yugoslav president Slobodan Milosevic's regime.

Aviano, the first restaurant every foreign visitor sees when they
leave Pristina airport, is named after NATO's Italian military base.
B52, BBC, Apache, Pentagon and Blair are also commonly used.

Elsewhere, the entrance to Pristina is now marked by a six-metre high
replica of New York's famous Statue of Liberty, created at a cost of
around 100,000 euros. "I can't say whether it will help trade because
it's only been here a few days, but it's looking nice," said Avni
Selmani, who manages a nearby hotel.

Pristina city council spokesperson Veli Bytyci said he has heard of
plans for many other projects to name streets or erect statues in
honour of foreign politicians, but ordinary Kosovars are also paying
their own personal tributes.

For example, Gezim, an Ashkali from Fushe Kosova, has called his
daughter Albright after former US secretary of state Madeleine
Albright. "Why not? She saved us from war, and also the name is nice,"
he said.

When Gjakova resident Shqipe Bardhi's daughter was born two months
after the end of the war, she named her Madeleine. "It was my
husband's idea. She helped us a lot. She was our saviour," said
Bardhi, adding that they plan to call their next child Clinton.

Staff at Pristina's civil registry office confirmed that there has
been a definite trend towards such tributes. "Only three days ago,
somebody named his son Tony Blair," said registry official Shefqet
Bucaj.

Kosovars identify so strongly with America that they were deeply
affected by the September 11 attacks on New York and Washington.
Local television at the time showed many in tears and today there are
a number of memorials bearing witness to the tragic events and
expressing solidarity with the victims and their families.

One photo of New York with two candles where the twin towers once
stood, reads simply, "America, we are with you."

With the conflict now behind them, the people of Kosovo are now
working to rebuild and strengthen local institutions, but are also
doing their best to see that those who helped them reach this point in
their history are not forgotten.

Fatos Bytyci is a journalist with Kosovo Radio and Television, RTK.


(Source: www.iwpr.net - BALKAN CRISIS REPORT No. 379)

Date: Wed, 12 Mar 2003 11:19:53 +0100
From: "Jedinstvena sindikalna organizacija Zastava" <sindikat@...>
Organization: Samostalni sindikat

Con riferimento ALL' APPELLO [...vedi sotto...] vi invitiamo a
bloccare tutte le attivita a proposito perche anche questa volta
purtroppo non ci siamo riusciti.

Nenad Aleksic e morto stanotte.

Ringraziamo chi ha dato il contributo, appena passa qualche
giorno di lutto contatteremo i genitori in merito ai contributi
versati e tutti ne saranno informati successivamente.

Per ulteriori informazioni contattare
Rajka Veljovi? - SINDACATO ZASTAVA

Tel + 381 34 335 762 (8h00-12H00)
E-mail: sindikat@...



--- In Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli., "Coordinamento Nazionale per
la Jugoslavia" ha scritto:

Date: Thu, 27 Feb 2003 14:33:41 +0100
From: "Jedinstvena sindikalna organizacija Zastava" <sindikat@p...>
Organization: Samostalni sindikat

APPELLO

A TUTTE LE PERSONE DI BUONA VOLONTA,
ASSOCIAZIONI, STRUTTURE SINDACALI ECC...

APPELLO PER VINCERE NELLA BATTAGLIA CON IL TEMPO

PER SALVARE UNA VITA

ALEKSIC NENAD, 26 anni di Kragujevac - Yugoslavia (SIC)
Indirizzo: Ru?ice Bojovic 6, 34000 Kragujevac - Yugoslavia
Infermiere, padre Dragan, madre Radmila

Le previsioni dei medici sono 10 giorni di vita se non venisse
sottoposto all' intervento chirurgico
TRAPIANTO DI CUORE (in Yugoslavia non fattibile).

Trapianto verra' fatto a Monaco di Baviera - Clinica Universitaria
Groshaden. Costi di trapianto cca 100.000 Euro. Nel caso che non sara'
fattibile (per i motivi economici) verranno incorporate "camere di
plastica" nel cuore - costo previsto 40.000 Euro.

Ogni contributo e' prezioso, goccia per goccia faremo mare. La vita al
costo preciso - da 100.000 a 40.000 Euro.


Allegato : Documentazione medico-sanitaria, Riferimenti della Banca
Yugoslava e quella Tedesca ***

Per ulteriori informazioni contattare Rajka Veljovic
SINDACATO ZASTAVA
Tel + 381 34 335 762 (8h00-12H00)
E-mail: sindikat@p...


*** I files JPG con la documentazione sono scaricabili al sito:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/files/NenadAleksic/

--- Fine messaggio inoltrato ---

Subject: Ospitalità bambini jugoslavi a Roma
Date: Thu, 13 Mar 2003 15:32:06 +0100
From: Alessandro Di Meo <alessandro.di.meo@...>
To: jugocoord@...


Anche quest'anno sta per partire l'organizzazione dell'iniziativa "C'è
un bambino che...", ospitalità di bambini jugoslavi profughi dalla
guerra del Kosovo, attualmente residenti a Kraljevo. L'iniziativa
nasce dal lavoro di alcuni dipendenti dell'università di Roma Tor
Vergata, in collaborazione con l'associazione Un Ponte per... e in
pieno accordo con la volontà espressa dal Rettore.

Il messaggio dello scorso anno, di diffusione dell'iniziativa, si
concludeva con un "C'è un bambino che... ti aspetta!". Dopo il
successo che l'iniziativa ha avuto nella scorsa estate, stavolta
possiamo concludere con un "C'è un bambino che... aspettiamo!"
L'ospitalità, infatti, ha coinvolto le famiglie partecipanti sia da un
punto di vista strettamente emotivo, i bambini sono bambini, sia da un
punto di vista più generale, legato alle conseguenze che ogni guerra
porta con se.

In questo momento storico particolare, poi, in cui nel mondo cresce la
distanza fra chi considera la guerra un mezzo nefasto ma 'necessario',
trasformandolo, a seconda del caso, in 'intelligente', 'preventivo',
a volte 'umanitario' e chi, invece, si dichiara contrario senza
tentennamenti o ripensamenti possibili, noi ci dichiariamo dalla parte
di questi ultimi in quanto la guerra, qualunque ne sia il motivo
scatenante, alla fine viene sempre fatta pagare ai più deboli!

Siamo convinti che, portando qui i volti, i sorrisi, le voci di
piccole vittime di una guerra che sembra dimenticata ma che, invece, è
ancora attualissima negli irrisolti problemi dell'area balcanica,
molti potranno confrontarsi direttamente col problema guerra, che
altrimenti rischia di diventare una cosa astratta, impersonale,
virtuale alla quale ci si abitua come se nulla fosse mentre,
purtroppo, è cosa drammaticamente materiale.

Come si fa a dire SI alla guerra e rimanere indifferenti davanti alle
sue vittime? Lo riteniamo improbabile. Siamo stati a trovare le
famiglie di questi ragazzini nel novembre scorso, con l'associazione
"Un Ponte per..." che anche quest'anno ci aiuterà nell'organizzazione.

La loro situazione di vita non è cambiata affatto da quando, quattro
anni fa, sono dovuti scappare in fretta e furia per sfuggire alle
rappresaglie. Vivono in modo precario, in situazioni di lavoro
difficoltose, facendo tesoro di aiuti portati loro con azioni concrete
di solidarietà come il viaggio di novembre o come i sostegni a
distanza (più problematico è riuscire ad attivare azioni strutturali,
come organizzazione in cooperative, corsi di preparazione
all'informatica, scambio di manufatti artigianali).

In questa ottica, riproporre l'iniziativa ci sembra fondamentale.
Sia come atto concreto di sensibilizzazione sulle tragedie della
guerra di una realtà grande come quella di Tor Vergata, inserita nel
vasto e importante territorio di una città come Roma, sia come atto di
amicizia e solidarietà con una realtà, quella dei profughi di
Kraljevo, disagiata e particolarmente a rischio.

Dare segnali di amicizia e solidarietà a dei bambini che hanno già
patito vicissitudini drammatiche quali la fuga dai luoghi più
familiari, l'abbandono e la perdita di affetti e amicizie, ne siamo
certi, può dare loro la sensazione, crescendo, che si può anche
credere alle belle favole. A noi, invece, può offrire qualche
strumento in più per credere meno ad altre, di favole, che
continuamente cercano di raccontarci.

Per adesioni e/o informazioni:
alessandro.di.meo@... (tel. 06-7259 3058 fax 06-7259 3057

...............ooooooooOOOOOOOOOOOooooooooo...............

"Deve esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto..."
(francesco guccini - cyrano)

Un ponte per...
Associazione Non Governativa di Volontariato per la Solidarietà
Internazionale - via della GUGLIA 69/a, 00186 ROMA
Tel 06.6780808 Fax 06.6793968
ONLUS Iscritta al Registro Volontariato Regione LAZIO DPGR 699.98
ONG idonea - decreto del Ministro Affari Esteri del 18.2.99
Partita IVA 04734481007 - Codice Fiscale 96232290583
C/C Postale n° 59927004
C/C Bancario n° 100790 Banca Popolare Etica, ABI 5018, CAB 12100
e-mail: posta@... sito web: http://www.unponteper.it

1. M. Collon: "Qui a tué Djindjic?"
2. A. Jejcic: "Non au régime d'exception à Belgrade!"


=== 1 ===


----- Original Message -----
From: Michel COLLON
Sent: Thursday, March 13, 2003 5:32 PM
Subject: Qui a tué Djindjic?

Qui a tué Djindjic?

Et quelles seront les répercussions dans les Balkans?

Sherlock Holmes aurait du travail à Belgrade. Et bien des suspects
sur les bras, car il serait difficile d'y trouver des amis de
Djindjic.
"Vous êtes le chef de la maffia, et j'en ai les preuves", venait de
lui lancer en plein parlement Vojislav Seselj. Beaucoup le pensaient
aussi. Où va la Serbie?

Michel Collon

Qui avait porté Zoran Djindjic au pouvoir? Le peuple serbe, nous
disaient les médias. En réalité, sa cote de popularité avait toujours
été proche du zéro (à l'inverse de Kostunica). Surtout après qu'il ait
soutenu l'Otan tandis que les bombes pleuvaient sur son pays.

Qui alors avait porté Djindjic au pouvoir? L'Occident. Grâce à 9
années d'un embargo épuisant (dicté par le FMI pour liquider
l'autogestion et imposer la globalisation). Plus 9 années d'une
guerre médiatique de diabolisation. Plus 78 jours de bombardements
de l'OTAN. Plus des dizaines de millions de dollars d'une
campagne de déstabilisation orchestrée par la CIA en 2000 pour
chasser Milosevic. Le même genre de campagne qui a jusqu'à
présent échoué contre Chavès.

Depuis, on ne nous parlait plus jamais de la Yougoslavie, ce pays
à qui l'Ouest avait généreusement offert le « marché libre », la
démocratie, et la promesse d'une entrée dans l'Otan et l'UE contre
l'abandon de toutes ses richesses aux multinationales. Depuis 2000,
plus un mot. Etait-ce la fin de l'Histoire, la globalisation ayant
triomphé jusqu'à Belgrade? Et au Kosovo où l'on venait,
discrètement, de privatiser 25% des entreprises en fermant tout le
reste?

Mais l'Histoire n'est jamais terminée. Le peuple serbe résistait
aux privatisations et aux trahisons. Les ouvriers de Zastava venaient
de faire grève, refusant d'être jetés à la poubelle pour qu'un groupe
canadien puisse faire main basse sur leur usine. L'Otan était
toujours qualifié comme il le mérite, à savoir « agresseur ». La
fierté restait debout attisant la crise du groupe au pouvoir.

Deux ou trois hypothèses?

Qui a tué Djindjic? Plusieurs hypothèses même si, à ce stade, il
convient de rester prudent. La méthode professionnelle employée
semble exclure l'idée d'un patriote voulant venger son pays trahi.
Restent: 1. Les rivalités au sein de la clique au pouvoir. 2. Un
règlement de comptes maffieux. Ou les deux ensemble.

Djindjic avait renversé Milosevic en construisant une coalition
hétéroclite de 18 partis dont le seul ciment était l'arrivisme. Une
fois arrivé au pouvoir, il s'était empressé de le confisquer,
suscitant le dépit car les privatisations profitaient surtout à ses
copains (voir notre article "Où en est la Yougoslavie?"). Les déçus de
son propre camp étaient donc nombreux et n'auraient sans doute pas
payé cent dinars pour augmenter le nombre de ses gardes du corps.

Mais qui étaient ces « copains » de feu Djindjic? Il y a
quelques mois, il avait étouffé une enquête sur la maffia et
les ministres du parti de Kostunica avaient démissionné
pour protester. Qui dit maffia, dit rivalités, intérêts lésés et
règlements de comptes. On ne spéculera pas sur la
question d'où viennent les balles. Mais on rappellera des
précédents: les protégés de l'Occident en ex-Yougoslavie
ont tous été liés à de sombres trafics, même si les médias
restent bien discrets là aussi. L'entourage du président
bosniaque Izetbegovic a détourné des millions de dollars
d' « aide internationale ». L'UCK, signalent tous les
services policiers européens, a transformé le Kosovo en
plaque tournante des trafics de drogue, armes et
prostitution. « L'Otan a fait un mariage de raison avec la
maffia », indiquions-nous dans notre film "Les Damnés du Kosovo" [1].

Dans la propagande occidentale, Djindjic était « l'homme qui
instaure la démocratie ». Or, ce bilan est tout aussi désastreux. Il a
supprimé l'Etat yougoslave juste pour priver de poste son rival
Kostunica. Il a illégalement fait exclure du parlement les députés du
plus grand parti, celui de Kostunica. Il a foulé aux pieds le jugement
de la Cour Suprême invalidant cette exclusion. Il avait fait pareil
lorsque la même Cour a rejeté la livraison - kidnapping de Milosevic
vers La Haye. Il a privé l'armée de ses budgets (y compris pour la
nourriture des soldats) parce que celle-ci avait démasqué des espions
étrangers au sein du gouvernement. L'homme providentiel de
l'Ouest était juste un gangster politique.

Washington contre Berlin?

En Serbie, la rue appelait Djindjic « l'homme des Allemands ». Ce
matin, une journaliste italienne nous a demandé: « Le meurtre
pourrait-il être lié à la rivalité Washington et Berlin dont vous avez
tant parlé depuis des années?» Ce n'est pas le genre de choses qui se
prouve facilement. Mais c'est en tout cas parfaitement possible.
Quelques indices?

Indice n° 1 : C'est le moment de rappeler pourquoi la guerre en
Bosnie a duré si longtemps. Dans ses mémoires, Lord Owen, envoyé
spécial européen, écrivit: « Je respecte beaucoup les Etats-Unis.
Mais durant ces dernières années (92-95), la diplomatie de ce pays
est coupable d'avoir prolongé inutilement la guerre en Bosnie. » [2]

Que visait-il? Ce que nous avons exposé dans notre livre Poker
menteur [3]: En 91, Berlin a fait éclater la Yougoslavie et pris le
contrôle des nouveaux régimes en Slovénie, Croatie et Bosnie.
D'abord prise de vitesse, Washington s'est efforcée de récupérer les
cartes en mains. La Yougoslavie, c'est le Danube, route stratégique
vers le Moyen-Orient et vers le Caucase, donc vers le pétrole et le
gaz. La voie que toutes les grandes puissances ont toujours voulu
contrôler.

Berlin veut amener son pétrole via le Danube et le Rhin. Par
contre, Washington veut construire un pipe-line plus au sud à
travers la Bulgarie, la Macédoine et l'Albanie. Car les Etats-Unis
entendent contrôler l'approvisionnement énergétique de leurs
rivaux, Europe et Japon. Ils ont construit au Kosovo la super-base
militaire de camp Bondsteel qu'ils comptent utiliser contre l'Irak.[4]

En Bosnie, Washington avait donc ordonné au président
bosniaque Izetbegovic de ne signer aucun accord de paix proposé par
les Européens en lui promettant de gagner la guerre sur le terrain.
Ce qui fut fait. Bref, les USA ont prolongé la guerre de deux années
et aussi les souffrances de toutes les populations. Dans la rivalité
entre grandes puissances, les pires coups sont permis.

Indice N° 2 : En 2000, Washington, qui contrôle les crédits accordés
ou non par le FMI, avait promis des flots de crédits pour aider le
nouveau régime et maintenir les illusions électorales créées dans la
population. Mais rien ne venait. Dans une interview au Spiegel, un
hebdo allemand précisément, Djindjic s'était plaint d'être ainsi mis
en danger: « J'avertis l'Occident ». Prémonitoire. Tout ce qu'on
peut dire à ce stade, c'est que Djindjic sera davantage regretté à
Berlin qu'à Washington.

Indice N° 3 : Que se passe-t-il ces temps-ci entre les grands alliés
de toujours, USA d'un côté, Allemagne et France de l'autre? La plus
grande dispute depuis la 2ème guerre mondiale. Si Washington veut
absolument attaquer l'Irak, et puis l'Iran, c'est aussi pour affaiblir
ses rivaux européens. Les multinationales anglo-américaines Esso,
BP, Shell veulent évincer d'Irak la société française Total. Et aussi
évincer d'Iran son partenaire économique numéro un: l'Allemagne.
Au moment où Berlin et Paris dérangent Bush, le coup porté à leur
pion serbe pourrait très bien être un avertissement dans cette
cynique partie d'échecs que constitue la guerre globale.

Et maintenant?

Quelles seront les conséquences de la disparition de Djindjic? 1. La
crise au sein du régime va encore s'aggraver. Kostunica tentera de
récupérer son pouvoir perdu. Les divers clans vont s'affronter pour
prendre le contrôle de l'économie et des trafics. 2. Un danger
fasciste guette la Serbie car le nouveau pouvoir aura fort à faire
pour briser les résistances ouvrières. 3. Les Balkans pourraient
replonger dans la déstabilisation.

Les Balkans pacifiés par l'intervention humanitaire de l'Ouest?
Le mythe aura du mal à se maintenir. Après la guerre déclenchée en
Macédoine en 2001 par les protégés des Etats-Unis, c'est le Sandjak
qui pourrait s'embraser avec une nouvelle menace de séparatisme à
base « nationaliste », en réalité manipulée de l'extérieur. Au
Kosovo, Washington continue à protéger l'UCK et son nettoyage
ethnique qui chasse les Serbes, mais aussi les Juifs, les Roms, les
Musulmans, bref toutes les minorités non albanaises. Ca gêne de
plus en plus certains puissances européennes qui aimeraient
stabiliser la zone et construire leur « corridor énergétique ».
D'autres régions voisines pourraient basculer. Une région où
s'affrontent les projets de pipe-lines ne saurait rester calme
longtemps.

Avec ce bilan catastrophique, il serait temps que la gauche
occidentale sorte de son silence et dresse le bilan de quatre années
d'occupation OTAN au Kosovo. C'est une catastrophe. Au moment
où Washington prépare d'autres occupations, la vérité doit
absolument être connue et reconnue. Que le débat s'ouvre enfin!

13 mars 2003


(Existe aussi en anglais, espagnol...)
==========================================
Voir aussi, du même auteur :
www.lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org
- Deux ans après, où en est la Yougoslavie ?
- Kosovo, testez vos connaissances
- Interview : Que se passe-t-il à présent au Kosovo ? Un film
brise le silence.
==========================================

[1] Les Damnés du Kosovo, film de Michel Collon et Vanessa
Stojilkovic, disponible en vidéo en français, espagnol, italien,
néerlandais, anglais, serbe... cfr: lesdamnesdukosovo.chiffonrouge.org
[2] El Pais, 12 novembre 1995.
[3] Michel Collon, Poker menteur, EPO, Bruxelles, 1998, chap. 9.
En anglais: Liars' Poker. En espagnol: El juego de la mentira.
[4] Voir Les Damnés du Kosovo. Et Michel Collon, Monopoly,
Bruxelles, 2000, p. 98, 120, 122.



=== 2 ===


Non au régime d'exception à Belgrade!

Avec l'assassinat de Zoran Djindjic ce 12 mars 2003 s'achève en Serbie
une période historique qui débuta le 5 octobre 2001 dans les
circonstances qu'on connait. Ce jour là, avec l'aide de l'étranger et
le soutien logistique de la mafia un groupe de politiciens serbes
rassemblés au sein de l'Opposition Démocratique Serbe (DOS) s'empara
du pouvoir.

Ce double parrainage devait orienter l'action des démocrates serbes et
du gouvernement, qu'ils constituèrent sous la présidence de Zoran
Djindjic.
Ainsi, ceux-ci ont-ils donné aux investisseurs occidentaux la
possibilité de mettre main basse sur nombre d'usines parmis les plus
importantes du pays.
Ainsi, ont-ils instauré la loi de la terreur en violant le
constitution et en abandonnant toute morale et éthique dans la
conduite des affaires publiques.

Ce qui devait arriver est arrivé: le pays est en ruine, ses
institutions sont démantelées. Sans Président de la République, depuis
hier sans Premier ministre, avec un parlement dépourvu de toute
légitimité démocratique, avec un état fédéral démantelé, la Serbie et
le peuple serbe se retrouvent dans à une situation dramatique lourde
de tous les dangers.

Désormais, la question se pose: la Serbie et son peuple vont-ils
renouveler leur démocratie pour reconstruire leur pays ruiné ou bien
vont-ils succomber à la terreur fasciste pour le plus grand bien des
tenants de l'impérialisme occidental et de la mafia locale.

Il faut croire que l'Opposition Démocratique Serbe au pouvoir à
Belgrade a tranché la question en instaurant la loi martiale dès hier
soir. De la sorte, essaie-t-elle de se maintenir à la tête du pays
pour assurer par la contrainte la continuation dans la voie
catastrophique qu'elle inaugura il y a deux ans et demi. Poursuivre
l'oeuvre désastreuse entreprise le 5 octobre 2001, quelques soient les
moyens employés, telle est l'unique ambition de ceux qui
insensiblement s'apprètent à revétir l'ignoble acoutrement gris olive
comme on dit en serbe.

Bien évidemment, la conduite des autorités belgradoises recontre
l'assentiment de l'ensemble des ennemis du peuple serbe avec à sa tête
Javier Solana, George W. Bush et quelques autres. Toutefois, s'il a su
garder son calme à l'annonce de l'asssassinat de Zoran Djindjic, le
peuple serbe ne saurait se soumettre à la loi du silence. Partout dans
le pays, chaque jour depuis des mois, de dix à quinze mille
travailleurs font grève et manifestent, c'est dire que la révolte des
classes laborieuses ne cesse de s'exprimer. Elle continuera, comme à
Kragujevac, où sont situées les usines automobiles Zastava. Après des
jours et des jours de manifestations, la ville entière attend avec
fermeté la venue prochaine du ministre de l'économie Bozidar Djelic.
Loi martiale ou pas, ce qui compte pour les habitants cette ville de
Serbie centrale c'est leur usines. Et le message qu'ils ne cessent de
clamer depuis des semaines en parcourant le pays exprime déjà
l'opposition populaire aux projets séditieux.

Barrer la route à la sédition, telle est la tâche des patriotes serbes
à présent. En informant le public francais sur la réalité tragique de
l'affrontement qui se déroule dans ce pays ami, en dénoncant la mise
en place d'un régime d'exception on défend la démocratie en Serbie et,
par voie de conséquence, on la défend également chez nous.

A. Jejcic, Paris