1.
Motivazioni ed adesioni
2. Gli
interventi
3. I
documenti video
4. Un
antifascismo inattuale??
5. Le
iniziative successive
L'incontro internazionale PARTIGIANI! si è tenuto a Roma,
nell'arco di una giornata e mezzo, presso la Casa delle Culture
in Trastevere, con la partecipazione di ospiti provenienti da
varie regioni d'Italia e dall'estero.
In merito hanno riferito organi di
stampa di vari paesi - ad esempio i croati "Novi List" e "La
Voce del Popolo", di Rijeka/Fiume, e la Radiotelevisione
della Repubblica di Albania. In qualità di promotori
dell'iniziativa proviamo a raccontarla qui, abbozzando anche se
possibile un provvisorio bilancio dal lato politico.
1.
MOTIVAZIONI ED ADESIONI
Avevamo deciso di cogliere l'occasione del 60.mo anniversario
della Liberazione per organizzare, con il contributo di tutti i
soggetti interessati e sensibili,
una iniziativa di testimonianza e di informazione
incentrata sul carattere internazionale ed internazionalista
della lotta partigiana in Europa (1941-1945). Una
iniziativa senza precedenti nel panorama italiano e non solo
italiano, dai contenuti non rituali, dunque piuttosto ambiziosa.
Allo scopo ci siamo avvalsi di svariati contatti esistenti tra
le nostre organizzazioni promotrici e realtà antifasciste di
numerosi paesi.
Inizialmente promosso da Radio Città Aperta (
RCA), Coordinamento
Nazionale per la Jugoslavia (
CNJ),
Gruppo
Atei Materialisti Dialettici (
GAMADI),
e Rivista
Contropiano,
l'
appello per PARTIGIANI! ha
catalizzato via via numerose
adesioni
e contributi. Hanno aderito alcune sezioni dell'ANPI e comitati
antifascisti, organizzazioni internazionaliste e contro la
guerra, gruppi comunisti e realtà culturali, partiti politici
come il greco KKE e lo jugoslavo NKPJ. E poi: storici di
prestigio come Angelo Del Boca e Nicola Tranfaglia, molti ex
combattenti e dirigenti partigiani - si pensi a Giovanni Pesce,
a Leon Landini, a Ferdinando De Leoni o a Ettore Bonavolta -, ed
ancora riviste e case editrici, artisti, e persino corali quali
il Coro delle Mondine di Novi (Modena) ed il Coro Partigiano
"Pinko Tomazic" (Trieste).
Tra i
messaggi di adesione e di saluto
ricordiamo alcuni tra i più significativi, pervenuti
dal Pôle de Reinassance Communiste en France,
dal Coro Partigiano Triestino, dal partigiano
Nerino Gobbo "Gino", dal Comitato
Antifascista di Oleggio (Novara), dall'Associazione Rom e Sinti
"Aven Amentza", e dal Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia, al
cui rappresentante è stato negato il visto dal Consolato
italiano a Belgrado.
Nel corso della "due giorni" sono intervenuti anche
rappresentanti del popolo
palestinese, di quello cubano e di quello della Repubblica
Popolare Democratica di Corea. Hanno preso la parola in
particolare Bassam Saleh per la comunità palestinese del Lazio e
Maria Fierro per Italia-Cuba. Della vicenda coreana è stato
ricordato il legame strettissimo con la lotta di liberazione dal
nazifascismo in Europa: proprio 60 anni fa, infatti, la Corea si
liberava dal giogo del Giappone pagando un prezzo terribile in
termini di vite umane e di distruzioni. Ma dopo pochissimi anni,
l'aggressione statunitense costringeva il popolo coreano ad
impegnarsi in una nuova guerra di Liberazione, insieme
drammatica ed eroica, che purtroppo non può dirsi ancora
terminata.
Con l'iniziativa PARTIGIANI! abbiamo provato a superare
l'angusta dimensione nazionale in cui per decenni è stata
sostanzialmente confinata la memoria dell'epopea partigiana. Un
"confinamento" dovuto a tante ragioni: un certo opportunismo
"patriottardo", la strumentalizzazione della memoria per
interessi nazionali e specifici, differenziazioni ideologiche
(quali quelle tra i movimenti comunisti dei vari paesi, che oggi
appaiono fortemente anacronistiche), o persino semplice
ignoranza delle vicende storiche.
Nel nostro paese, ad esempio, l'enfatizzazione della funzione
della Resistenza come liberatrice del territorio dall'occupante
tedesco e "fondatrice" della Repubblica antifascista ha indotto
in passato a trascurare le vicende drammatiche eppure allo
stesso tempo gloriose dei partigiani italiani mobilitati
all'estero, e quelle dei partigiani provenienti da altri paesi
che hanno immolato le loro vite per liberare il suolo italiano.
Analogamente in altri paesi: si pensi ad esempio alla Francia,
dove la Liberazione è stata forse soprattutto il frutto del
sacrificio di militanti di origine non-francese, tra cui
moltissimi italiani, la cui vicenda è pressochè ignorata da
entrambi i lati del confine.
Non si è trattato solo quindi una "analisi comparativa" delle
varie Resistenze, ma anche una analisi del loro reciproco
intrecciarsi, legarsi e potenziarsi a vicenda: una analisi del
loro carattere internazionale ed internazionalista. Una analisi
possibile solo liberando il dibattito politico e storiografico
sulla Resistenza da censure, falsificazioni, rimozioni ed
omissioni che sussistono ed anzi purtroppo si acuiscono, in
questa triste fase segnata a livello internazionale dal
revanscismo di quelli che la II Guerra Mondiale l'hanno persa
sul campo, ma vorrebbero trasformare quella sconfitta militare e
morale di allora in una vittoria politica dell'oggi, da
conseguire "a tavolino", in maniera storiograficamente disonesta
ed eticamente indegna.
2. GLI
INTERVENTI
Dopo l'
apertura formale della
iniziativa da parte di Miriam Pellegrini Ferri, già
partigiana di Giustizia e Libertà ed ora presidentessa del
G.A.MA.DI. - che ha tra l'altro sottolineato il ruolo
fondamentale svolto dalla
Armata Rossa sovietica per la Liberazione dell'Europa dal
nazifascismo - della
Resistenza italiana hanno parlato
Spartaco Ferri - che da
partigiano della Garibaldi, iscritto al Partito Comunista
clandestino fin dal 1943, dopo azioni di militanza clandestina
in Roma, combattè in Appennino e fu imprigionato -, e
Rita Roda, con una riflessione sulla
lotta partigiana vista dai giovani di oggi.
Franco Alunni, autore di una
importante testimonianza scritta, ha ricordato i fatti di
Porta San Paolo, avvenuti a Roma subito dopo l'8 settembre 1943.
Con un toccante ricordo di
Carla
Capponi, nota combattente scomparsa da pochi anni,
Miriam Pellegrini Ferri ha consentito un approfondimento
ulteriore delle vicende della Resistenza romana e dei suoi
grandi protagonisti.
In gran parte incentrato sulla Resistenza a Roma anche
l'intervento di
Ferdinando De
Leoni - già presidente dell'ANPI regionale del Lazio -,
che ha però allargato la riflessione, con
vis polemica ed inevitabile
amarezza, sulla scandalosa situazione italiana attuale.
Come ricordare il sacrificio dei partigiani, si è chiesto De
Leoni, se oggi sono gli eredi del fascismo al governo?
La successiva sessione ha trattato delle
vicende simmetriche dei partigiani sulle due
sponde del mare Adriatico.
Di
Giuseppe Maras, che
fu
comandante della Divisione
Garibaldi che inquadrava molte migliaia di
italiani
combattenti contro il nazifascismo in Jugoslavia dopo
l'8 settembre 1943, è ricorso il 12 maggio 2005 il terzo
anniversario della scomparsa. Nel corso del convegno,
attraverso il ricordo del figlio Armando
ed avvalendosi anche di una efficace
testimonianza audio/video,
"Pino" è sembrato presente, quasi impegnato a discutere insieme
a noi del senso delle sue battaglie. Di Maras, nelle parole del
figlio, è emerso un ritratto inedito, intimo, dell'uomo e del
padre oltrechè dell'eroe, un ritratto che ha commosso molti dei
presenti alla iniziativa, che lo conobbero personalmente.
Un altro partigiano italiano della Divisione Garibaldi è stato
ricordato da Ivan Pavicevac: si tratta di
Ovidio Gardini, che fu
attivo divulgatore della memoria e dei valori della pace e
fratellanza fra i popoli fino agli ultimi momenti della sua
vita, come attestato da alcune lettere e documenti audio
presentati nel corso della iniziativa.
Nel
cortometraggio
"Teska
breda", recentissima realizzazione a cura di
Tamara e Boris Bellone e di Piera Tacchino, è contenuta invece
la testimonianza di
'Vinko'
Giuglar, oggi anziano contadino della Val di Susa, che
nel 1943, ritrovatosi al seguito dell'esercito occupante
italiano in Jugoslavia, fu fatto prigioniero dai tedeschi. Dopo
essere riuscito a sfuggire ai campi di prigionia ed ai lavori
forzati, si unì ai partigiani di Tito entrando direttamente
nella Terza Brigata Dalmatinska e partecipando alla liberazione
di Knin.
Una storia simmetrica è quella dei
partigiani jugoslavi in Italia:
generalmente ex internati nei lager per slavi sul territorio
italiano, dopo la caduta del fascismo furono liberati e si
unirono alla lotta sulla nostra penisola, svolgendo in numerose
occasioni un ruolo-guida, di vera e propria direzione militare -
ad esempio in Appennino, tra Lazio, Umbria e Marche.
Alessandra Kersevan,
storica ed editrice friulana, autrice di significativi testi
sulle vicende al confine orientale, ha parlato dei
campi di
concentramento per slavi sul territorio italiano, ed in
particolare del campo di Gonars, sul quale ha pubblicato di
recente un testo ben documentato, fornendo dettagli che hanno
lasciato profondamente impressionata la platea.
Si è entrati a questo punto nel vivo della discussione sulla
Resistenza jugoslava.
Vitomir Grbac,
giornalista e scrittore fiumano, autore di
"Bijela
Smrt" (La morte bianca) ha raccontato del sacrificio
dei partigiani della marcia di Matic Poljana (nella Lika, catena
montuosa nell'odierna Croazia). Grbac era allora, con i suoi 16
anni, tra i più giovani combattenti nella Divisione di Tito. Nel
suo libro descrive la marcia nella Lika, durante la quale
morirono assiderati una quindicina di partigiani. Alla marcia
partecipava anche Antonija-Tonica Dovecar, una giovane incinta
di 7 mesi, che fu portata in salvo e che dopo poche settimane
diede alla luce il piccolo Ratimir (significativo il suo nome:
"è nato in guerra, e che viva nella pace"). Il memoriale di
"Matic Poljana" è stato recentemente cambiato di nome dalle
autorità revisioniste ed anticomuniste della Croazia. Tonkica è
ancora viva: più anziana di Grbac, ma ancora lucida. Il piccolo
Ratimir, sorridente con
la "titovka" bianca in testa all'età di 2-3 anni nella foto
pubblicata nel libro, oggi professore alla Facoltà di
navigazione a Portoroz in Slovenia, era anch'egli presente in
sala!
Giacomo Scotti, nel
corso di un intervento molto atteso, ha svelato particolari meno
noti della Resistenza sul confine orientale; rivelando tra
l'altro che i primi resistenti italiani in verità non furono
quelli che dopo l'8 settembre 1943 presero le armi contro il
nazifascismo: bensì quelli che, in Istria e Venezia Giulia, al
fianco degli slavi ed inquadrati nelle loro formazioni,
già nel 1941 partecipavano ad azioni antifasciste.
Scotti, storico, giornalista e scrittore, autore di
numerosissimi lavori dalla saggistica alla poesia, rappresenta
oggi quasi la "memoria vivente" degli italiani di Jugoslavia:
cioè di quella comunità che dopo il 1945 è rimasta lì per
contribuire alla costruzione di una società diversa e più
giusta, avendo come vessillo il tricolore bianco-rosso-e-verde
con la stella rossa al centro - proprio il vessillo cioè dei
partigiani della Garibaldi. Impegnato negli ultimi anni tra
l'altro
a chiarire le vicende delle
"foibe" facendo luce sulle esagerazioni e sulla
disinformazione in merito, Scotti ha recentemente subito pesanti
intimidazioni dalla destra al governo in Italia. Le minacce dei
fascisti non sono purtroppo una novità per lui: in passato fu
pesantemente attaccato anche dall'estrema destra croata, quella
di Franjo Tudjman, per averne denunciato i crimini (si veda
anche il suo libro "Operazione Tempesta").
Ancora in merito al problema del revisionismo storico, e sulla
crescente opera di diffamazione della Resistenza da parte di
destre revansciste e sinistre opportuniste insieme, è seguito
l'intervento di
Claudia
Cernigoi, redattrice del notiziario triestino La Nuova
Alabarda ed autrice di testi di ricerca storica quali
"Operazione foibe, tra storia e mito". Eloquente il titolo dell'
intervento - "Attacco alla resistenza,
riscrittura della storia" - pervenuto in forma scritta a
causa di una indisposizione dell'ultimora dell'autrice.
Ne è seguito un
dibattito, nel corso del quale è stato
denunciato il falso mito degli "italiani brava gente", e
l'impunità della quale ha goduto la classe dirigente italiana
già implicata con il nazifascismo e responsabile di crimini di
guerra. Si è rimarcata la necessità di operare una netta
distinzione, all'interno di ogni popolo e comunità nazionale,
tra collaborazionisti del nazifascismo e suoi oppositori -
schieramenti spesso distinguibili semplicemente per la diversa
condizione sociale. La guerra di Liberazione non fu tra le
nazionalità in quanto tali, bensì piuttosto tra le classi:
quelle agiate e possidenti da una parte, collaborazioniste o che
comunque trassero profitto dal potere nazifascista, e quelle
subalterne dall'altra, impegnate in una lotta unitaria,
internazionale ed internazionalista appunto, contro
l'oppressione, nazionale e sociale, che ha sempre caratterizzato
tutte le forme di fascismo.
La giornata della domenica
si è aperta con una sessione sulla
Resistenza in Albania. Essa
è stata condotta da
Miriam
Pellegrini Ferri, grande conoscitrice di quel paese, che ha
letto alcuni documenti sul contributo in quella lotta
degli
italiani, in gran parte
inquadrati nella Brigata Gramsci ma non solo.
Di grande spessore l'intervento di
Xhemil Frasheri, veterano della LANÇ - Movimento
Antifascista di Liberazione Nazionale albanese - e tuttora
lucidissimo critico della deriva filo-imperialista e fascistoide
della odierna Repubblica di Albania. Storico e saggista, già
docente di storia contemporanea all'Università di Tirana e
collaboratore dell'Accademia delle Scienze di Albania fino ai
primi anni Novanta, Frasheri ha sottolineato in particolare il
ruolo dei comunisti guidati da Enver Hoxha nella guerra
vittoriosa prima, e nella ricostruzione e modernizzazione del
paese poi. L'Albania usciva infatti dal conflitto in drammatiche
condizioni di distruzione e di arretratezza sociale, a causa di
secoli di regime feudale.
È intervenuto dopo di lui
Hulusi
Hako, anch'egli veterano della LANÇ, che ha tra l'altro
stigmatizzato le difficoltà frapposte oggi alla libera
circolazione in Europa, richiamando dunque la condizione
drammatica dei lavoratori immigrati in Italia.
Di grandissimo interesse infine la sessione sulla
Resistenza
greca, animata da un prezioso intervento di
Dora Moscu, responsabile del
Dipartimento di Storia del KKE (partito comunista di Grecia). La
vicenda dei partigiani greci fu diversa e più drammatica di
quella dei partigiani di tanti altri paesi europei, ed è tuttora
poco nota per il suo carattere politicamente "scomodo".
Dopo il tracollo dell'invasore italiano - che si era reso
responsabile di gravi crimini, tra i quali centinaia di migliaia
di morti per una carestia che si sarebbe potuta evitare -, la
Grecia fu sotto il tallone tedesco; e dopo la cacciata dei
tedeschi, i partigiani furono aggrediti, bombardati ed infine
massacrati a decine di migliaia dalle truppe inglesi e dai
settori reazionari monarchici, che usarono ogni mezzo (fino alle
decapitazioni) per impedire che la Grecia entrasse nell'orbita
sovietica. La guerra civile terminò nel 1947, e nei decenni
successivi nel paese una democrazia di facciata si alternò ai
regimi fascisti filo-NATO dei "colonnelli". Una storia amara e
scandalosa, che in Occidente non viene narrata.
3. I
DOCUMENTI VIDEO
La due-giorni di dibattito è stata accompagnata da alcune altre
proiezioni significative, oltre a quelle già citate.
Innanzitutto il
film "La Villeggiatura", di Marco Leto (con
A. Celi, A.M. Merli, R. Herlitzka, Italia 1973), che racconta la
vicenda del professor Franco Rossini - ispirato alla figura di
Carlo Rosselli - al confino in un'isola del Sud. Resi già
difficili dalla diversa estrazione sociale, i rapporti tra
Rossini e gli altri confinati sembrano guastarsi ancora di più
quando il professore, che dispone di soldi, può prendersi in
affitto una villa e chiamare presso di sé i familiari. Ma quando
un altro confinato, il comunista Scagnetti, muore assassinato in
una finta rissa, egli si schiera decisamente con i proletari ed
evade con alcuni di loro dall'isola... Un film che sviluppa
dunque la tematica dei rapporti sociali e del conflitto di
classe nel percorso resistenziale.
Se ne è parlato direttamente con
Adalberto Maria Merli, attore protagonista del
film, che ha ricordato anche, amaramente, la difficile vicenda
di questa pellicola, la cui circolazione fu in tutti i modi
boicottata in Italia subito dopo l'uscita e che a tutt'oggi è
stata proiettata troppo poco, nonostante ad esempio abbia vinto
all'epoca il più prestigioso premio della critica francese.
Altro film proiettato a latere del dibattito è stato
"Ne okreci
se sine" ("Non voltarti figlio"), di Branko Bauer (RFS
di Jugoslavia, 1956), nella versione originale in serbocroato
corredata da sottotitoli in italiano a cura della
sezione piemontese del
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia. A questi ultimi ci
si può rivolgere anche per gli altri video, e per alcuni
dei più famosi film della cinematografia jugoslava, dei quali si
stanno curando le versioni sottotitolate in italiano per
facilitarne la circolazione nel nostro paese. "Non voltarti
figlio" è ambientato in Croazia nel 1941-1944: ambientato in una
Zagabria resa agghiacciante dalla violenza razzista ustascia,
narra di un padre che, sfuggito all'internamento nel campo di
sterminio di Jasenovac, cerca di recuperare il giovanissimo
figlio ai valori della fratellanza e della libertà, facendolo
passare insieme a sé con i partigiani. Un film emozionante, in
grado anche di chiarire, a noi oggi, gli aspetti "politicamente
scomodi" e dunque rimossi della storia jugoslava contemporanea.
Sui crimini italiani in Grecia è stato proiettata parte di
un lungo
video inedito, a cura di Piera Tacchino, che raccoglie
le testimonianze di anziani protagonisti e storici greci.
Sempre ai crimini italiani nelle zone di occupazione è dedicato
il
documentario
"Fascist
Legacy" ("L'eredità fascista") di Ken Kirby, del quale
per ragioni di tempo sono stati proiettati solo alcuni estratti.
Prodotto dalla BBC, il documentario racconta e documenta i
crimini di guerra italiani nei Balcani ed in Africa, e il loro
successivo insabbiamento. Se ne è discusso con
Massimo Sani, curatore di
una edizione italiana che la RAI non ha mai trasmesso: la RAI ha
preferito infatti seppellire il nastro in qualche cassetto per
non turbare le cattive coscienze nazionali. La seconda parte del
video, che meriterà di essere proiettata a Roma in qualche
prossima occasione, spiega d'altronde proprio le modalità e le
ragioni di questa opera di insabbiamento, che ha consentito ai
criminali di guerra italiani di uscire indenni e, talvolta,
persino di riciclarsi e trovare nuovamente un ruolo ed un posto
come classe dirigente nell'Italia del dopoguerra.
4. UN
ANTIFASCISMO INATTUALE??
Appare paradossale dover spiegare quale sia l'opportunità di
organizzare iniziative dedicate al 60.mo anniversario della
Liberazione. Tuttavia, purtroppo, la condizione oggettiva,
storica e politica, nella quale ci troviamo è davvero anomala, e
ci impone dunque di ribadire cose che sarebbero scontate.
Persino nel corso del processo di costruzione di PARTIGIANI!
abbiamo rilevato atteggiamenti timorosi, quasi regnasse un
malessere, addirittura una diffidenza verso la tematica
resistenziale "in se". Come se, a tanti decenni dallo
svolgimento dei fatti e mentre tanti temi urgentissimi e gravi
premono sulle nostre coscienze civili, l'antifascismo "in senso
stretto" non bastasse più a se stesso, ed avesse bisogno di
essere completamente ridefinito.
Ci hanno obiettato infatti: celebrare la Resistenza va bene, ma
essa "va attualizzata"; è inutile fare antifascismo "d'antan";
bisogna evitare l'"eurocentrismo", bisogna collocare quella
Resistenza europea di 60 anni fa nell'ambito delle tante
resistenze (al plurale) dei popoli, prima durante e dopo la II
Guerra Mondiale, in ogni continente, a cominciare ovviamente da
quei popoli che hanno combattuto e combattono adesso
fondamentali lotte di liberazione dal colonialismo e
dall'imperialismo.
Come è evidente dal resoconto degli interventi al convegno,
anche queste problematiche sono state ben presenti; allo stesso
tempo però abbiamo dovuto e voluto evitare ogni tentazione
"tuttologica", che avrebbe distolto necessariamente la nostra
attenzione dal 60.mo anniversario della Liberazione. Ci
chiediamo da cosa nasca in effetti questo "desiderio di fuga",
questa tendenza a volgere lo sguardo altrove, verso un
antifascismo inteso solo "in senso lato", come se l'antifascismo
storico, l'"antifascismo in senso stretto", quello vittorioso in
Europa nel 1941-1945, quello su cui (almeno sulla carta) sono
state fondate le istituzioni ed il vivere comune di paesi come
il nostro, non avesse più molto da dire.
Certo, il ricordo di quelle vicende del 1941-1945 non può
limitarsi al puro rito celebrativo o al freddo approfondimento
storiografico: attitudini queste che, entrambe, rischiano
davvero di relegare la Resistenza in un cassetto della memoria,
in uno spazio anacronistico che non avrebbe più nulla a che fare
con il presente. Ma sarebbe ben strano se quell'antifascismo "in
senso stretto" non avesse più niente da dirci proprio oggi,
mentre la Costituzione antifascista della nostra Repubblica
viene umiliata e stravolta, a cominciare dal suo Articolo 11, e
mentre soldati italiani sono impegnati nella occupazione
militare di alcuni dei territori che furono occupati anche
allora, sotto il nazifascismo - si pensi ai Balcani - e
tentazioni neocolonialiste muovono tutto l'Occidente.
Come cartina di tornasole, guardiamo all'attitudine della
controparte verso quel passato: guardiamo ad esempio
all'andamento delle cerimonie ufficiali per il 60.mo, guardiamo
a Mosca, alle polemiche di questi giorni, al fatto che nei paesi
Baltici vengono autorizzate le cerimonie dei veterani delle SS,
e la storia viene ovunque riscritta, ribaltandola. Di seguito
alcuni titoli dal principale quotidiano tedesco, la Frankfurter
Allgemeine Zeitung, del 6 maggio 2005: "Bush rispetta il
boicottaggio dei baltici" (con riferimento alla non
partecipazione di questi alle celebrazioni di Mosca). "Il 9
maggio portò una nuova occupazione" (intendendo l'aggregazione
all'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche). Ed ancora
titoli ambigui sulle "maggiori pulizie etniche del XX secolo",
intendendo quelle presunte a danno dei tedeschi dopo il 1945...
Il 9 maggio sarebbe infatti per la Germania "il giorno della sua
più grande catastrofe... il giorno della sua morte": questa
l'opinione dei portavoce del complesso militare-industriale
germanico, anno 2005.
Ecco che cosa è diventata l'Europa negli ultimi anni, ecco chi è
che la governa: innanzitutto in casa nostra, dove una classe
politica compromessa con il fascismo è oggi al potere. E poi
guardiamo appena fuori dalla finestra, ad esempio nei Balcani,
dove hanno ripreso il potere quei settori (ustascia croati,
cetnici serbi, islamisti bosniaci, balisti albanesi) che avendo
perso la II Guerra Mondiale speravamo fossero finiti per sempre
nell'immondezzaio della storia.
Infine, guardiamo al modo in cui vengono ridefiniti i confini
interni ed esterni del nostro continente.
Proprio oggi, dunque, mentre settori revanscisti ed imperialisti
invertono in Europa gli esiti della II Guerra Mondiale,
ritroviamo pienamente il senso di quella lotta internazionale ed
internazionalista che fu dei partigiani.
La paura di parlare della Resistenza - la Resistenza al
singolare, quella europea di 60 anni fa - va invece a braccetto
con certe smanie di rimozione del Novecento, con i tentativi di
dimenticarne la storia per cancellarne le conquiste.
Qualche decennio fa nessuno si sarebbe mai sognato di dover
spiegare, quasi fosse una eccezionale scoperta, che non furono
certo i partigiani a macchiarsi di crimini contro l'umanità,
bensì che l'odio nazionale e l'odio etnico erano coltivati
regolarmente tra le fila dei nazifascisti, avvezzi per intima
ispirazione ideologica a combattere guerre nazionalistiche e
praticare pulizie etniche. Ad ispirare la lotta dei partigiani
era al contrario un desiderio di giustizia, di fratellanza e di
pace fra i popoli. Curioso doverlo ribadire. Ma non possiamo
fare altrimenti: dobbiamo infatti constatare che gli attacchi di
stampo revisionista, provenienti purtroppo non solo da destra,
mirati ad infangare o comunque a gettare nell'oblio la lotta
eroica dei partigiani contro il nazifascismo, sono incessanti.
Negli ultimi mesi, alcuni progetti di legge presentati dalla
destra al governo, hanno inteso addirittura equiparare i
partigiani a chi ha militato nelle formazioni collaborazioniste
dei fascisti e dei nazisti - questi ultimi, dunque, al servizio
dell'occupante straniero: altro che "patrioti"!
Ma particolarmente insistenti sono state ultimamente proprio le
campagne di disinformazione con le quali si è cercato di negare
il carattere multinazionale ed internazionalista della
Resistenza, dipingendo i partigiani come bande di violenti
impegnati in aggressioni contro questa o quella nazionalità o,
addirittura, in "pulizie etniche". Assai discutibile e
tendenziosa ci è apparsa ad esempio l'istituzione per l'Italia
di una specifica "Giornata della Memoria delle vittime
dell'Esodo e delle Foibe" (10 febbraio). Riteniamo poi
ingiustificabile la trasmissione in TV, tra assurdi programmi
dedicati a riabilitare figure irrimediabilmente compromesse col
fascismo (a partire dai familiari del duce), di fiction con le
quali vengono diffuse concezioni bugiarde e razziste sulla
guerra di Liberazione sul confine orientale ("Il cuore nel
pozzo"). Ed inopportune o insufficienti sono le prese di
posizione in proposito di esponenti democratici e della
sinistra, anche comunista: tutti ricordiamo viceversa,
purtroppo, le parole di qualche leader opportunista,
ex-comunista, sui "ragazzi di Salò", sull'"espansionismo slavo"
ed i "territori perduti", o sulla "angelizzazione della
Resistenza".
I fatti storici che abbiamo ricordato e documentato nel nostro
convegno, ed in primo luogo l'impegno comune, fianco a fianco,
di combattenti di diversa origine nazionale sui vari fronti
della Guerra di Liberazione, sbugiardano le tesi revisioniste,
ma ci impongono anche di interrogarci sulla drammatica
degenerazione politica e culturale del presente.
5. LE
INIZIATIVE SUCCESSIVE
Nell'intervento di chiusura della iniziativa,
Sergio Cararo (per Radio
Città Aperta) ha posto un quesito doloroso eppure inevitabile. A
questi compagni che hanno combattuto, ed ai quali va la nostra
ammirazione e persino invidia per avere partecipato a tante
battaglie vittoriose, auguriamo di vivere altri cento anni. Ma
non possiamo non porci oggi il problema di come tenere viva la
sensibilità antifascista per il futuro, di come coinvolgere le
nuove generazioni. Una legge biologica destina infatti queste
donne e questi uomini che hanno combattuto a lasciarci, e resta
il problema di quale eredità trasmettere, e come. La generosa
domanda di impegno politico dei giovani trova, sul "mercato"
politico reale, gli sbocchi ed i mezzi che trova, non altri: la
risposta al quesito non può essere altro, dunque, che una
risposta in termini politici ed organizzativi, tutti ovviamente
da precisare.
Alessandro Hobel,
intervenendo a nome dell'Archivio Storico del Movimento Operaio
e del centro Culturale La Città del Sole di Napoli, ha invitato
tutti quelli che hanno contribuito a costruire l'iniziativa
PARTIGIANI! ad intenderla come un punto di partenza per un
lavoro di testimonianza e di in/formazione da protrarre nel
tempo, coinvolgendo le realtà attive a livello locale e gli
studenti.
Le iniziative incentrate sul carattere internazionale ed
internazionalista della Resistenza, nel 60.mo anniversario della
Liberazione, non sono state molte. Si è trattato di solito
evidentemente di omaggi resi a luoghi-simbolo, quali i monumenti
ai caduti nelle zone di confine, o tributi resi da realtà
istituzionali o para-istituzionali.
Nel nostro caso, a partire da una esigenza tutta spontanea e
senza alcun sostegno di tipo istituzionale, siamo riusciti a
mobilitare per un giorno e mezzo una sala-teatro nel centro di
Roma, stimolando e raccogliendo numerose testimonianze che
restano disponibili, e potranno innanzitutto motivare tante
simili iniziative nel futuro. Iniziative per le quali non sarà
certo necessario attendere qualche prossimo anniversario: anzi,
è proprio l'attualità urgente di certi temi, interni ed
internazionali, a richiedere che i valori della lotta partigiana
siamo riproposti continuamente.
Una
prima iniziativa "gemella" di PARTIGIANI! si è svolta subito
dopo, il lunedi 9 maggio, a Bussoleno (Torino), con il
patrocinio del Comune. Intitolata
"La Resistenza: dentro e fuori i confini",
essa ha visto intervenire Giacomo Scotti, Fulvio Perini
(sindacalista) ed Ugo Berga (ANPI).
Noi
rimaniamo a disposizione per ogni contatto, contributo ed idea
che vogliate farci pervenire. E mettiamo ovviamente a
disposizione tutte le testimonianze ed i materiali che abbiamo
raccolto. Per entrare in contatto con noi: