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“Jugoslavia distrutta dall’Occidente, serbi demonizzati”. Intervista a Radovan Karadzic
gen 9th, 2015In seguito al disgregarsi di quella che dal 29 aprile 1945 era stata la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, governata per gran parte della sua storia dal Maresciallo Josip Broz Tito, presidente fino alla morte sopraggiunta il 4 maggio 1980, le differenze fra le varie etnie presenti nel paese portarono alla nascita di nazionalismi costantemente repressi dal regime socialista e ora invece fomentati dalle politiche dei nuovi governi delle diverse entità costituenti la Federazione. È il caso soprattutto di quello serbo e di quello croato, guidati rispettivamente da Slobodan Milosevic e Franjo Tudjman, i quali attraverso il controllo della stampa diedero inizio ad una campagna mediatica che fomentò l’odio interetnico e portò in pochi anni serbi e croati a vedersi l’un l’altro come nemici da annientare.
L’obbiettivo di Milosevic di costituire una Grande Serbia, uno stato che riunisse entro i propri confini tutti i serbi dell’ex Jugoslavia, e l’analogo progetto di Tudjman per una Grande Croazia portarono i due popoli allo scontro armato, sia nelle regioni croate di Krajina e Slavonia, che furono occupate dall’Armata Popolare Jugoslava (di fatto l’esercito di Belgrado) che, soprattutto, in Bosnia ed Erzegovina, un paese la cui popolazione era suddivisa in maniera pressoché equivalente tra cittadini croati, serbi e musulmani, distribuita su tutto il territorio nazionale in maniera promiscua. Cosa evidente al punto tale che, per quanto fosse grossomodo possibile individuare aree in cui un gruppo era prevalente, la presenza di altre etnie nella zona era comunque tutt’altro che trascurabile.
Questo fatto portò, oltre alle devastazioni della guerra, a violenti episodi di pulizia etnica da parte delle forze occupanti contro quei gruppi che nell’area erano minoritari.
La guerra si concluse il 14 dicembre 1995 con la firma dell’Accordo di Dayton, in cui era prevista la cessazione delle ostilità, l’intangibilità delle frontiere così come erano definite al tempo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, il ritorno della Slavonia, ancora in mano ai serbi, alla Croazia e la divisione della Bosnia ed Erzegovina in due entità amministrative, la Federazione Croato-Musulmana, consistente nel 51% del territorio nazionale e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (Republika Srpska), che avrebbe controllato il 49% della superficie del paese.
Uno dei protagonisti di questo conflitto fu Radovan Karadzic, primo presidente della Republika Srpska che ricoprì questo ruolo dal 7 aprile 1992 fino al 19 luglio 1996, anno in cui venne emesso dall’Interpol un mandato contro di lui per crimini contro l’umanità.
Personaggio di primo piano negli avvenimenti che interessarono la Bosnia ed Erzegovina, fu arrestato nel luglio 2008 dopo oltre 12 anni di latitanza; detenuto al carcere speciale dell’Aja è ora sotto processo al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Icty) con l’accusa di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Stigmatizzato duramente dai suoi detrattori, soprattutto da quelli che in quella guerra furono i suoi nemici, Notizie Geopolitiche lo ha intervistato per conoscere qual è invece la sua versione dei fatti.
– Dottor Karadzic, qual è stato secondo Lei il motivo scatenante e chi sono stati i responsabili della guerra che portò alla devastazione della Bosnia Erzegovina e dell’intera Jugoslavia nel periodo ’91, ’95?
Altre popolazioni erano composte da tribù analoghe, organizzate in stati piccoli e non sostenibili, mentre la Jugoslavia è stata creata dal Libero Regno di Serbia e Montenegro poco dopo la caduta dell’impero turco e subito dopo la dissoluzione di quello austroungarico e tedesco.
I rimanenti paesi Slavi del Sud, liberati dall’esercito serbo dal “K-und-K” (kaiserlich und königlich, usato anche come sinonimo per intendere l’amministrazione asburgica n.d.r.), hanno aderito e partecipato attivamente alla creazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, che più tardi venne ribattezzato Regno di Jugoslavia.
I serbi, i croati ed i musulmani, soprattutto quelli residenti in Bosnia ed Erzegovina, e coloro che parlano lo stesso dialetto del linguaggio serbo-croato (stokavski) sono grossomodo lo stesso popolo, cresciuto sotto due imperi confinanti.
I serbi, principalmente cristiani ortodossi (benché ci fossero serbi di religione cattolica o musulmana) ed i croati, in gran parte romani cattolici, entrambi hanno sofferto differenti occupazioni straniere ed entrambi hanno portato avanti differenti lotte per la libertà.
Il confine tra i due mondi, Est ed Ovest, era nel mezzo dei paesi Slavi Meridionali, sul fiume Drina. Se si leggono le opere del premio Nobel serbo Ivo Andric, probabilmente il più grande scrittore europeo del XX secolo, si può imparare su di noi molto di più che da qualsiasi altro libro di storia.
Nonostante fossero molto vicini, si può dire un unico popolo, i serbi ed i croati però, invece che fratellanza tra loro, svilupparono una sorta di antagonismo.
Gli sloveni erano invece un po’ differenti, ma andavano comunque molto d’accordo con i serbi.
La ragione principale del fallimento della Jugoslavia è stato il fatto che la formazione di un tale paese era un bisogno più sentito dai nostri alleati occidentali che non dai gruppi etnici che di fatto lo costituivano. In particolare Francia e Gran Bretagna volevano escludere il blocco tedesco (Germania ed Austria) dalla geopolitica del mare Adriatico e quindi ci spinsero alla creazione di uno stato comune. Naturalmente la Germania aveva un interesse completamente opposto.
Quindi i serbi altro non sono che le vittime della loro fedeltà agli alleati occidentali, i quali sono poi apparsi non così leali quanto invece lo era la Germania con i suoi protetti. Per questo i serbi dovrebbero essere grati per il ristabilimento delle relazioni serbo-tedesche, tanto più che non è idiosincratico con la loro vicinanza ai russi. Uno dei primi e più grandi europei tra i serbi è stato Vuk Karadzic (XIX secolo), il creatore della moderna cultura serba, e lui era particolarmente vicino ad Austria e Germania, essendo personalmente amico dei più grandi scrittori europei dell’epoca, come Goethe ed i fratelli Grimm. A differenza che con i governi che hanno in passato amministrato la Germania, i serbi hanno molto in comune con il popolo e la cultura tedesca.
La causa scatenante di questa guerra è stato il nuovo ordine mondiale, stabilito a Malta dai due presidenti Gorbachev e Bush padre: i nostri alleati occidentali, conclusa vittoriosamente la Guerra Fredda, non hanno più sentito la necessità dell’esistenza della Jugoslavia e così l’hanno sacrificata.
I serbi erano conosciuti come i “Guardiani delle Porte”: i custodi dell’Europa contro gli ottomani. Durante la Prima Guerra Mondiale la resistenza serba (partigiani e cetnici) costituì un grande problema per la macchina da guerra di Hitler. Mi sembra abbastanza da parte dei Serbi! L’ultimo che ha marciato senza una guerra e con un accordo sul territorio serbo verso il Medio Oriente fu Federico Barbarossa durante la Terza Crociata; noi siamo posti in un punto strategico e molto sensibile del territorio europeo.
I serbi e la Jugoslavia furono le prime vittime di questo nuovo ordine mondiale e la colpa per la sua distruzione grava tutta sulle spalle di Germania, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Con il loro prematuro riconoscimento dell’illegale ed unilaterale secessione di Slovenia, Croazia e, in seguito, della Bosnia (le quali avrebbero potuto ottenere la loro indipendenza in maniera regolare in Parlamento invece che con una guerra) hanno dato il via agli eventi catastrofici che ci sono costati, ed ancora ci costano, così tanto. Ora possiamo solo sperare di poter ristabilire relazioni amichevoli, come hanno fatto i paesi scandinavi, in maniera pacifica e tramite un accordo”.
– Si parla sempre dei crimini commessi dai serbi contro la popolazione croata e musulmana; può parlarci invece di quali furono i soprusi subiti dalla popolazione serba in quegli anni?
“Un particolare capitolo di questa crisi è la stampa; è stato preparato in maniera estremamente meticolosa un sistema di “demonizzazione” e stigmatizzazione dei serbi, ed è stato così esemplare che, in futuro, chiunque sarà in grado di prevedere cosa può succedere ad una nazione che venga trattata nello stesso modo.
Con tutto con tutto il rispetto per i veri ed onesti giornalisti… ma quanti di questi erano davvero tali, non si può sapere! Forse alcuni di loro scrivevano in maniera imparziale, ma i loro editori hanno cambiato quegli articoli in maniera da compiacere il governo ed i suoi interessi. È una leggenda quella che i media influenzano la politica dei governi. E’ vero l’esatto opposto, i governi trovano sempre un modo per influenzare i mezzi di comunicazione: non c’è nessuna esitazione, nessun pudore, nessun senso di responsabilità.
Sui media di alcuni paesi amici chiunque poteva leggere incredibili descrizioni dei serbi come mostri, cannibali, bastardi, creature che si meriterebbero ogni tipo di punizione possibile, come accadde alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, quando i serbi furono denigrati e minacciati di essere annientati.
Perché accadde? Perché era una sorta di preparazione della popolazione e dell’opinione pubblica dei paesi interessati a tutti gli atti illegali e criminali che sarebbero stati compiuti contro questa “orribile” nazione. Il pubblico è troppo assuefatto per chiedersi cosa il loro governo gli stia servendo tramite la stampa, sono pochi in ogni nazione gli spiriti sufficientemente liberi ed autonomi per giudicare con la loro mente ed essere degni di fiducia; ci sono molti intellettuali, giornalisti e politici indipendenti, ma sono troppo pochi per costituire una speranza per questo stanco mondo.
In questa guerra i serbi hanno subito più danni da un’informazione falsa che dalle bombe della Nato e se questo mondo si riprenderà e guarirà dalla sua debolezza, le prime cose che dovrebbero essere recuperate sono l’onore e la decenza, alla pari di un sistema economico in cui ci sia una corrispondenza tra moneta e riserve auree.
Stiamo soffrendo a causa di una sorta di terrore indotto dalle più alte istituzioni finanziarie e dalle loro manipolazioni di denaro falso, per parole non vere ed indegne, dietro alle quali non c’è né onore né nessun senso di responsabilità; addirittura non vengono rispettati nemmeno i trattati internazionali, come l’accordo di Helsinki sul rispetto delle frontiere. Quando verrà il tempo, gli storici ed il pubblico si divertiranno sapendo quello che è accaduto durante il XX secolo.
I principali media non hanno mai parlato delle palesi messe in scena di falsi incidenti volte a denigrare i serbi, alcune di queste poi, che non sono state precisamente un successo, non sono nemmeno più oggetto di accusa contro gli imputati serbi perché, altrimenti, tutti gli altri avvenimenti verrebbero visti sotto una luce diversa di fronte a tali goffe montature.
Questa è stata una guerra civile, non un’aggressione esterna; durante tre anni e mezzo di conflitto ci furono vittime civili e militari tra tutti i gruppi etnici ma, in proporzione, il tasso più alto è stato tra i serbi. Gli esperti dell’accusa hanno calcolato vittime civili corrispondenti al 2.6% della popolazione musulmana; i musulmani hanno combattuto sia i serbi che i croati ed anche contro gli stessi musulmani europeisti di Fikret Abdić. Sappiamo che tra i serbi questa percentuale è invece pari al 2.8%, mentre tra i croati assume un valore di molto inferiore.
Tra le vittime di etnia serba ci sono stati tantissimi civili, in particolare bambini, anziani e donne in quantità notevolmente superiore che negli altri due gruppi. Molti villaggi serbi senza difese sono stati interamente rasi al suolo ed ogni abitante ucciso, i serbi al contrario non hanno mai compiuto atti simili, nessun centro abitato a maggioranza serba situato in territorio croato-musulmano è sopravvissuto oltre il mese di settembre del 1992, mentre nella parte serba della Bosnia erano invece presenti numerosi villaggi e quartieri i cui residenti erano cittadini unicamente musulmani. Nell’esercito serbo era anche presente un’unità composta da soli musulmani che combattevano non “per i serbi” ma “assieme ai serbi” per i comuni valori europei di democrazia e secolarismo.
La verità è l’esatto opposto di quanto presentato dai media e dai governi dei paesi occidentali e un giorno, sperando di essere ancora qui per vederlo, tutto questo verrà alla luce”.
– Crede che le forze della Federazione croato-musulmana ricevessero finanziamenti e sostegno da paesi o agenzie straniere che operavano in chiave anti serba?
“Non è un segreto che molti paesi occidentali hanno aiutato con tutti i mezzi la Federazione Croato-Musulmana: fornendo armamenti e denaro, con la loro propaganda, con il supporto da parte dell’intelligence, con ricognizioni satellitari, sparando bombe da aerei ed anche con l’artiglieria.
Alcuni di questi paesi occidentali, altrimenti in disputa con regimi islamici ostili, raggiunsero addirittura un accordo comune, perlomeno per aiutare l’impresa musulmana in Bosnia.
Anche molti paesi islamici, non importa se fondamentalisti, democratici o filo occidentali, hanno aiutato i nostri nemici; più tardi questi stessi regimi hanno vissuto la “Primavera Araba”, alcuni leader sono già stati rovesciati, ed altri a breve seguiranno il loro stesso destino ma non per il supporto fornito ai bosniaci musulmani, bensì perché questo è solo il modo in cui vanno le cose in un mondo senza regole. Molte nazioni sono state parte attiva in questa guerra, ma nessuna di queste, a parte la Repubblica Federale di Jugoslavia, è stata oggetto di alcuna sanzione”.
Foto. dall’alto in basso: Radovan Karadzic durante il processo (foto Michael Kooren/Afp/Getty); Radovan Karadzic (a destra) in compagnia del generale Ratko Mladic ai tempi della guerra in Bosnia ed Erzegovina (foto Reuters); Radovan Karadzic (a destra) in compagnia di Slobodan Milosevic, presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia (foto Anp); la suddivisione etnica della Bosnia ed Erzegovina, in arancione le aree a maggioranza serba, in viola quelle a maggioranza croata ed in verde quelle a maggioranza musulmana, la linea rossa indica i confini posti dal trattato di Dayton tra Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina e Federazione Croato-Musulmana (National Geographic).
Un particolare ringraziamento va all’avvocato Peter Robinson, che ha reso possibile l’intervista.
Nota: pur essendo stata posta una domanda sugli avvenimenti concernenti il massacro di Srebrenica, non è stato possibile ottenere alcuna dichiarazione a causa del processo ancora in corso in relazione a questi fatti.
Twitter: @giacomodolzani
SREBRENICA: 20 Years Later, And Still Searching
( And every year world sees Western and global leaders, gather to mourn. The same leaders that, in other occasion, issue cold blooded statement that they have been proud for murdering half a million Iraqi (Muslim) children, that kill wedding guests by drones in Afghanistan, Syrian or Libyan families.
With its leadership under indictment, the Bosnian Serb side had to content itself with being represented by Slobodan Milosevic, president of a, by then, foreign state.
On what basis did the tribunal make its charges of no less than »genocide«, if they now have to frantically run around to scrape up enough bodies to make their indictment plausible?
If they now have to try to “prov[e] that the soil around the bodies came from the original mass graves,” does it mean that what they had considered to be “the original mass graves” were either empty or with too few bodies to justify the indictments?
Were Karadzic and Mladic charged according to the principle: “Indict now. Look for evidence of a crime later”? “Charge the Serbs! If you don’t know what for, they do” – seems to be the modus operandi in International community.
Politicians have justified and based momentous decisions upon the supposition that the massacre is fact, decisions determining the welfare of the peoples of this region and beyond.
These and other allegations are in gross contradiction to other information published in the press.
Agreement on the evacuation: http://www.srebrenica-facts.com/downloads/evakuierung_95.jpg
UN statistics of August 4. 1995. In Tuzla they are registered 35'632 refugees from Srebrenica. There are reached number 25'000 + Army civilians and civilians who were followed Army during the breakthrough.
Why?
“Possible Mass Graves; Kasaba/Konjevic Polje Area, Bosnia; unclassified Jul. 95″.
(Message over 64 KB, truncated)
Ratko Mladic, now at The Hague facing charges of genocide, has largely been silent since his recent arrest. Back in 1995, however, he gave a candid interview explaining his side of the Srebrenica story, which RT can now reveal.
After more than 10 years in hiding, today Mladic looks more like an ill old man than the person who was allegedly responsible for the largest mass murder in Europe since WWII.
In 1995, just one month after the Srebrenica massacre and three weeks after The Hague Tribunal pressed charges against Mladic, a Western TV crew managed to meet with the general for an interview. But despite the obviously high level of importance and the exclusivity, the interview was never aired.
The tapes remained in Bosnia and Herzegovina in private archives and only now is the conversation being released to the public after RT managed to gain access to the materials.
According to the Tribunal, the Srebrenica massacre refers to the killing of more than 8,000 Bosnian Muslims, mainly men and boys, in and around the town of Srebrenica in Bosnia and Herzegovina in 1995.
The killing was allegedly conducted by units of the Army of Republika Srpska under the command of General Mladic. In April 1993, the United Nations declared Srebrenica was a “safe area” under its protection. However the 400-strong contingent of Dutch peacekeepers failed to prevent the alleged massacre from happening.
In the interview, Ratko Mladic gave a different picture of those events: “I can tell you that in April-May 1993 an agreement on Srebrenica was signed. It clearly defined it as a safe demilitarized area where no armed military could be present except for the UN soldiers. But instead of disarming the Muslim formations, as they had committed themselves to doing under the agreement on Srebrenica singed by me and General Morillon, the United Nations forces turned those safe areas into terrorist and fundamentalist bases from where our villages and towns were attacked. Muslims from Srebrenica and Zepa burnt down more than 200 Serbian villages around those two places and killed en masse and massacred all the Serb civilian population in many other villages.”
The General also described in detail how sometimes the Bosnian Muslims were armed with the help of Iran under the supervision of the UN peacekeeping contingent.
“Sometimes, they even used helicopters to airlift weapons from Iran and other combat hardware. We knocked down one such helicopter on the outskirts of Zepa two or three months ago,” he said.
Mladic claimed that, despite knowing about the shipments of arms to the Bosnian Muslims and their alleged attacks on the civil Serb population, he held his forces back: “The Muslims attacked the enclave of Sarajevo, also a safe area, though it was not defined as such by any kind of agreements of the two parties. They massacred everybody whom they captured alive and killed several of our soldiers in the villages of Visnjica and Banja Lucica. The Muslim attack was carried out exactly from the exclusion zone on Mounts Igman and Bjelasnica, from which Republika Srpska had pulled out its forces in 1993, and which had been in confidence handed over to peacekeeping forces.”
According to the general, by that time the bubble of patience had been forced to grow for two years and at one point it finally burst.
“We retaliated with a counteroffensive in that area. We took maximum precautions to avoid casualties among civilians and representatives of the UNPROFOR, given the fact that NATO aviation was pounding air strikes on us, including civilian targets in the outskirts of Srebrenica and Zepa. We successfully finished that operation near Srebrenica and Zepa. With the help of the soldiers of the Dutch battalion, the representatives of the world community who were present in Srebrenica, and representatives of the UNPROFOR forces who were present in Zepa.”
Mladic also outlined that those who surrendered were handed over or, at the time of the interview, some were still planned to be handed over to the International Red Cross. And those who died had been buried according to Muslim traditions.
The interview moved to one of the most important aspects – the mass graves. Later, several sites with thousands of dead bodies were found in and around the Srebrenica area. These were the bodies of Bosnian Muslims who are thought to have been selectively picked and executed by Mladic’s forces from scores of refugees. In the interview, the general fiercely denies any accusation of executions having taken place.
“Only those who died in battle were buried. For hygienic reasons their bodies had to be collected and buried in appropriate places until the warring parties agreed to exchange the remains of the dead with each other,” he asserted.
Given that Mladic’s story was totally different from that put forward by The Hague Tribunal and most Western media, the correspondent asked how the general felt after being branded as a war criminal.
Mladic remained calm and said he had been partially following The Hague’s case against him, but claimed he did not feel like he needed to defend himself.
“I don’t recognize any trial except the trial by my own people. I don’t need to defend myself, because these idiotic accusations have come from those centers which have been churning out lies through PR and similar organizations, creating such a chaos in these territories that the world community doesn’t know, doesn’t see or simply doesn’t want to see a way out of all this,” he insisted.
“My people have never been occupiers,” was one of the main ideas put forward and reiterated by Ratko Mladic throughout the entire conversation. The general claimed he had been strictly protecting his nation, while the West and even Iran had sent weapons and “high-quality experts” to arm his enemies.
“Unfortunately, the bad image of the Serbs and the Serbian people in general created by some media outlets has led to unequal and biased approach to the sides in conflict by part of the world community who took the side of the Croats and Muslims, who actually started this bloody war in the territory of the former Yugoslavia,” Mladic said.
Currently, prosecutors at The Hague Tribunal are thinking about dividing the process against Ratko Mladic into two parts – Srebrenica in one separate trial and other war crimes the former general is accused of in another. However it is unclear exactly what the condition Mladic’s health is. Any information on that is made public only with his prior consent. According to his relatives, he is suffering from the effects of a stroke and had several heart attacks. Recently Mladic had hernia surgery and even refers to himself as “a very sick person”. The Tribunal’s chief prosecutor, Serge Brammertz, openly stated that the defendant’s health could deteriorate, which may affect the Tribunal’s ability to complete the trial.
An interview with wars crimes suspect Ratko Mladic carried by RT two weeks ago seems to have been news not only to the public, but also to the one international body which is supposed to be most aware Balkan war-related matters - The Hague Tribunal.
At least this is what RT judges from an inquiry about the interview and how it came into RT’s possession, ordered by a criminal investigator of the Tribunal.
RT will naturally co-operate with the investigation in the interests of justice, although the fact that such an important piece of evidence was missing from the Tribunal’s materials is somewhat surprising, especially since the interview dates back to 1995 and was done by a Western TV channel.
The interview with Mladic, a former general of the Yugoslav army and later the army of the Republika Srpska, was recorded shortly after the Srebrenica massacre, the mass killings of Bosnian Muslims which the Tribunal has defined as genocide. In it, Mladic voiced several serious allegations against the UN peacekeeping force.
“Instead of disarming the Muslim formations, as they had committed themselves to doing… the United Nations forces turned those safe areas into terrorist and fundamentalist bases from where our villages and towns were attacked,” he said
The ex-general also accused the UN of smuggling weapons into the supposedly demilitarized zone.
“Sometimes, they even used helicopters to airlift weapons from Iran and other combat hardware. We knocked down one such helicopter on the outskirts of Zepa two or three months ago,” he said.
Mladic, who was arrested in May 2011, is standing trial in The Hague for this episode and other alleged war crimes. He is the final prominent Serb leader to face this fate. The last Yugoslav President Slobodan Milosevic stood in the dock for five years before dying in the Tribunal’s custody, while the President of Republika Srpska Radovan Karadzic has been on trial in The Hague since his arrest in 2008.
The International Criminal Tribunal for former Yugoslavia (ICTY) was established in 1993, when the series of bloody armed conflicts in the Balkans was far from over. The UN Security Council formed the body to prosecute the gravest atrocities committed by all the warring parties.
Over the 18 years of its existence it has drawn a lot of criticism. It faced allegations of bias based on the fact that almost 70% of indictments it issued were against Serbs. Its fiercest critics called the Tribunal a political show rather than a court of law.
Some of ICTY’s sentences were seen as astoundingly mild, as was the case with Bosnian military commander Naser Oric, who was tried for raiding Serbian villages and torturing prisoners, and was sentenced to merely two years and then totally acquitted of all charges on appeal.
There is also criticism over the ICTY’s lack of will to investigate atrocities allegedly committed by non-Serbs. The most widely-publicized case is the allegation of trafficking of donor organs harvested from kidnapped Serbs during and shortly after the war in Kosovo. The suspected crimes had been investigated by the UN as early as 2004, but were not given due coverage until 2008, when former ICTY Chief Prosecutor Carla Del Ponte published a book on them.
More generally, some argue, the Tribunal’s activities have not served the interests of reconciliation in the Balkans. It is viewed with suspicion by Serbs and Croats alike, who doubt the ICTY’s integrity and call its decisions biased, although in cases where both parties are involved, the direction of the alleged bias would often be opposite depending whose side you talk to.
http://www.corriere.it/lettere-al-corriere/15_luglio_03/-DA-SARAJEVO-AL-KOSOVO-GLI-ULTIMATUM-ALLA-SERBIA_bd6973fc-2142-11e5-be97-5cd583b309bb.shtml
DA SARAJEVO AL KOSOVO GLI ULTIMATUM ALLA SERBIA
Ho appena terminato la lettura del libro di Christopher Clark I sonnambuli edito in Francia da Flammarion e in Italia da Laterza. L’autore, nel riportare le incredule reazioni del Segretario agli Esteri britannico Edward Grey e quelle di Winston Churchill per la durezza dell’ultimatum presentato dagli austriaci ai serbi a seguito dell’attentato in cui trovarono la morte a Sarajevo l’erede al trono imperiale Francesco-Ferdinando e la moglie Sofia, sottolinea che il testo era molto più moderato di quello presentato alla Serbia jugoslava nel 1999 sotto la forma di Accordo di Rambouillet per obbligarla ad accettare le decisioni prese sul Kosovo.
Pierpaolo Merolla , p.merolla @ telenet.beL’ultimatum austriaco del luglio 1914 fu scritto per apparire a Belgrado inaccettabile. Vienna chiedeva alla Serbia di pubblicare sul proprio maggiore giornale una solenne deplorazione, di interrompere le attività di tutte le pubbliche istituzioni in cui l’impero austro-ungarico era oggetto di critiche, di eliminare la letteratura didattica in cui si rivendicavano terre appartenenti all’Impero austro- ungarico, ad accettare che ispettori di polizia austriaca collaborassero sul territorio della Serbia alle indagini sul movimento sovversivo, ad arrestare urgentemente un funzionario di polizia che sembrava essere coinvolto nell’attentato. E terminava chiedendo che la risposta giungesse a Vienna non oltre le 6 pomeridiane del 25 luglio. Forse la reazione jugoslava sarebbe stata diversa se la Serbia non avesse saputo di potere contare sul sostegno della Russia. Ma alcune misure avrebbero pesantemente ferito, se accettate, la sovranità serba. Quanto all’ultimatum contenuto nell’accordo alleato di Rambouillet del marzo 1999, la ricostruzione del testo è resa più complicata dalla esistenza di allegati che sarebbero stati comunicati ai serbi tardivamente e di cui la Russia, a quanto pare, non era al corrente. Uno di questi, in particolare, prevedeva che la Jugoslavia concedesse alle truppe della Nato il diritto di passaggio in tutto il suo territorio nazionale, nello spazio aereo e nelle acque territoriali. Le intenzioni americane, comunque, divennero chiare dal momento in il segretario di Stato americano Madeleine Albright invitò a Rambouillet una delegazione dell’Uck, il movimento della resistenza kosovara che gli Stati Uniti, in altre circostanze, avevano considerato terroristico. Invitandolo alla conferenza, sia pure in anticamera, il segretario di Stato americano promuoveva l’Uck a partner necessario di ogni possibile soluzione. Su questo tema è apparso un articolo di Noam Chomski (Monde Diplomatique del marzo 2000). Chomski è filosofo della lingua, professore del Massachusetts Institute of Technology e noto per le sue per frequenti critiche alla politica americana. In questo caso mi sembra avere ragione quando constata che esistevano ancora, per il futuro del Kosovo, strade percorribili e compromessi possibili. Ma gli Stati Uniti avevano deciso di passare all’azione. L’aspetto più sorprendente di questa vicenda fu l’atteggiamento di alcuni fra i maggiori Paesi europei. Il primo ministro francese era Lionel Jospin, leader del Partito socialista e molto discusso in passato per le sue presunte simpatie trozkiste. Il cancelliere tedesco era Gerhard Schröder che negli anni giovanili aveva fornito una assistenza legale a Horst Mahler, membro della banda Baader Meinhof. Il presidente del Consiglio italiano era Massimo D’Alema, già presidente della Federazione dei giovani comunisti. Non tutti avevano gli stessi poteri, ma tutti avevano un passato molto progressista. Forse erano davvero convinti che la guerra del Kosovo fosse un episodio di «ingerenza umanitaria». Forse volevano dimostrare agli americani che si erano lasciati alle spalle gli ideali della gioventù.