Informazione

 
Sulla neutralità (sic) dello Stato italiano in tema di nazismo
 
1) ANPI nazionale: "Sulla condanna del nazismo non ci possono essere dubbi"
2) ANPI Alessandria: Dura condanna dell'astensione italiana sulla Risoluzione ONU contro la glorificazione del nazi-fascismo
3) L'Europa non rinnega più il nazismo (Dante Barontini)
4) Repetita juvant: Sul nazismo la UE si astiene (Italo Slavo per JUGOINFO)
 
 
Sullo stesso tema:
 
Il documento dell'Onu con il voto di ogni paese: Y=yes, N=no, A=astenuto
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Evropska Unija na strani nacizma (Testi, libri e video consigliati / Geehrte Kollaborateure…)
 
 
 
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http://www.anpi.it/sulla-condanna-del-nazismo-non-ci-possono-essere-dubbi/
 
"Sulla condanna del nazismo non ci possono essere dubbi"

Si è appreso, nei giorni scorsi, che in una Commissione dell’ONU è stato posto in votazione un documento di condanna del nazismo. Gli Stati si sono divisi; il documento è stato approvato, ma con significativi voti contrari e/o di astensione.
Ci ha colpito - spiega il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia - in particolare, vedere i Paesi europei, a partire dall’Italia, schierati sulla linea dell’astensione, così come il vedere, tra i voti contrari, anche quello degli Stati Uniti.
Le spiegazioni sono assolutamente insufficienti. Sulla condanna del nazismo, soprattutto in una fase in cui ci sono tanti rigurgiti di neo-nazismo, non ci possono essere dubbi, esitazioni o contrarietà, perché si è trattato di quello che alcuni hanno definito come “ il male assoluto” e tutti dovrebbero essere impegnati a non dimenticarlo.
In particolare - sottolinea il presidente nazionale dell'Anpi, Carlo Smuraglia -  ci sembra grave che non si sia pronunciata a favore l’Europa (e, per quanto ci riguarda più da vicino, l’Italia), che ha vissuto praticamente in tutti gli Stati, l’orrore, la brutalità, la violazione dei diritti umani, da parte del nazismo. Non ci possono essere ragioni di opportunità, e tanto meno ragioni collegate alle presunte finalità di chi ha promosso l’iniziativa, che possano valere, in questo caso.
Quand’anche si dubitasse delle ragioni che hanno indotto a formulare quella proposta e quand’anche si ritenesse che anche lo Stato proponente meriterebbe un giudizio severo, per quanto riguarda i diritti umani, questo non toglierebbe che si trattava di esprimere una condanna severa del fenomeno nazista. Contro il nazismo e il fascismo, dopo le terribili esperienze vissute in Italia e in Europa, non si può fare a meno di schierarsi sempre in qualunque occasione; altrimenti perfino questa doverosa condanna rischierebbe di finire in un limbo di ambiguità, francamente non ammissibile e non accettabile quando si tratta di fenomeni devastanti come il nazismo.
 
 
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http://www.marx21.it/italia/antifascismo/24851-la-dura-condanna-dellastensione-italiana-sulla-risoluzione-onu-contro-la-glorificazione-del-nazi-fascismo.html
 
La dura condanna dell'astensione italiana sulla risoluzione ONU contro la glorificazione del nazi-fascismo
Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Alessandria

L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato lo scorso 22 novembre una mozione presentata dalla Russia che condanna i tentativi di glorificazione dell'ideologia del nazismo e la conseguente negazione dei crimini di guerra commessi dalla Germania nazista.

La Risoluzione esprime "profonda preoccupazione per la glorificazione in qualsiasi forma del movimento nazista, neo-nazista e degli ex membri dell'organizzazione "Waffen SS", anche attraverso la costruzione di monumenti e memoriali e l'organizzazione di manifestazioni pubbliche".

Il documento rileva anche l'aumento del numero di attacchi razzisti in tutto il mondo.

Una iniziativa giusta, si dirà, visti i continui rigurgiti fascisti e nazisti ai quali si assiste sempre più spesso in diversi quadranti del mondo.

E invece no. Perché solo 115 dei Paesi rappresentati alle Nazioni Unite hanno votato a favore della mozione, mentre in passato il numero dei sì era stato assai più consistente, ad esempio 130 due anni fa. Incredibilmente ben 55 delegati, tra i quali il Governo italiano, si sono astenuti e 3 rappresentanti - quelli degli Stati Uniti, Canada e Ucraina - hanno addirittura votato contro.

La Vicepresidente nazionale dell'ANPI, Carla Nespolo ha inviato il seguente comunicato stampa, condiviso dall'ANPI Provinciale di Alessandria.

" L'astensione del Governo Italiano sulla risoluzione dell' ONU, approvata a maggioranza, che sancisce il rifiuto del neonazismo nel mondo e respinge "ogni forma di negazione dei crimini nazisti", è un atto grave e inaccettabile.

L'Italia è il Paese in cui la Resistenza al fascismo e al nazismo è stata tra le più forti ed estese d'Europa.

La Costituzione Italiana è, per specifica decisione dei Padri Costituenti, una Costituzione Antifascista.

Tanti partigiani, tanti giovani e tante donne, hanno lottato, sofferto e in molti casi hanno lasciato la vita, per sconfiggere nazismo e fascismo.

Vergognosa è l'astensione dell'Italia!

Il fatto che tanti altri Paesi Europei si siano astenuti, rappresenta una svolta pericolosa e regressiva nella stessa politica estera europea, ma non giustifica in alcun modo la scelta del Governo Italiano che ancora una volta ha rinunciato ad un ruolo di protagonista in Europa.

La decisione degli Stati Uniti d'America, del Canada e dell'Ucraina, di votare contro tale risoluzione, se mai, dimostra un'inaccettabile subalternità europea ed italiana, alla volontà americana.

Nè vale a giustificare tale scelta, il fatto che tale risoluzione sia stata proposta dalla Russia.

Tra l'altro si tratta di un documento molto simile ad altri, presentati nel 2011e nel 2012, e sempre votati all'unanimità o quasi, dall'Assemblea dell'ONU.

Persino Israele, Paese notoriamente amico degli Stati Uniti, ha votato a favore del rifiuto dell'ideologia fascista e nazista. 

L'Italia si è astenuta! E questo è inaccettabile e deplorevole.

L'ANPI eleva alta e forte la propria voce, contro tale voto, che umilia la nostra storia democratica e offende la Resistenza, i suoi protagonisti e i suoi valori."

 
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L'Europa non rinnega più il nazismo
 
di Dante Barontini, 23 Novembre 2014
 
La decisione di non votare una risoluzione Onu di condanna del nazismo da parte dei paesi dell'Unione Europea è un'autentica “svolta ideologica” nella storia del continente. Non è possibile sottovalutare il peso di questa decisione, che immaginiamo avrà coinvolto tutti i primi ministri della Ue, i capi di stato, i ministri degli esteri, a partire ovviamente dalla “signora Pesc”, Federica Mogherini. C'è stato dunque un consenso unanime sulla scelta dell'astensione, pensata come un compromesso tra la posizione estrema di Usa, Canada e Ucraina (contrari) e quella dei favorevoli (tutto il resto del mondo).

Decisione infame ma notevole, visto che la risoluzione includeva anche la condanna di “ogni forma di negazione dei crimini nazisti”, a cominciare naturalmente dall'Olocausto.

Dalle cancellerie europee si dirà - forse, come tardiva giustificazione - che questa risoluzione, presentata dalla Russia, era poco più che una ripetizione di analoghe risoluzioni approvate all'unanimità o quasi dall'Assemblea dell'Onu (già nel 2010 e nel 2012); e che, quindi, si trattava stavolta solo di una furbesca mossa propagandistica del Cremlino per raccogliere una condanna indiretta del nuovo regime ucraino, sorto dal golpe sponsorizzato da Stati Uniti e Unione Europea. 

Possiamo senza sforzo convenire. Ma proprio questa motivazione rivela il peso tutto ideologicodella svolta pro-nazista della Ue, che con questo voto si sposta in blocco dal fronte democratico antinazista e quello “neutrale”, ovvero indifferente. O peggio.

In pratica questa motivazione spiega che “il merito” non conta nulla (la condanna del nazismo), la cosa più importante è contrastare l'avversario (la Russia) e sostenere l'alleato (l'Ucraina di Poroshenko e Pravy Sektor).

Non ci sono dunque più valori di libertà da difendere, non c'è più il “male assoluto”? Diciamo che con questo voto il concetto di “male assoluto”, storicamente e unitariamente identificato nel nazifascismo, non possiede più dei contorni valoriali riconosciuti e riconoscibili da tutti; ma diventa semplicemente l'etichetta da affibbiare al “nemico di turno”. L'integralismo islamico-sunnita dell'Isis può essere nominato come il nuovo "male assoluto", mentre i nazifascisti in carne-ossa-spranghe-fucili – in qualsiasi paese alleato dell'Occidente – non lo sono più. Se per caso ci fossero nei nazifascisti in un paese dichiarato “nemico” allora quello stigma potrebbe tornare nuovamente di moda; ma solo per il campo nemico, non per “i nostri alleati”.

Questa svolta ha una lunga storia, che data ormai dall'inizio degli anni '80. Durante tutto questo periodo lo stigma nazista ha continuato ad essere usato, anche a sproposito, per indicare il nemico di turno. Ricordiamo soltanto alcuni di questi “nuovi Hitler” che hanno costellato i discorsi dei presidenti statunitensi e quindi anche le prime pagine dei media occidentali. Il derelitto Noriega, agente Cia caduto in disgrazia e dittatore di Panama, è stato il primo ad avere avuto il dubbio onore di essere etichettato in questo modo. Poi è diventato un riflesso condizionato e irriflesso della propaganda, investendo Saddam Hussein (più volte, fino alla morte), Milosevic, Gheddafi, iraniani, dittatorelli africani o asiatici; con qualche penoso quanto infame tentativo di estendere lo stigma anche su rivoluzionari di sinistra (Chavez, per esempio), presto rientrato per manifesta insussistenza.

Questo voto di Stati Uniti e Unione Europea all'Onu mette perciò fine a una chiave retorica che ha caratterizzato tutto il dopoguerra occidentale e dichiara la fine dell'unità (molto conflittuale, naturalmente) del mondo nato dalla guerra contro il nazifascismo. Da oggi in poi “l'Occidente” dichiara di prepararsi a combattere "l'Oriente" e quindi annulla al proprio interno i confini – non sempre molto rigidi – entro cui erano stati rinchiusi i nazifascisti. C'è bisogno anche di topi e carogne, di criminali e serial killer, se questo è l'obiettivo...

Ci sembra notevole che questa svolta avvenga sotto l'egida del “primo presidente afroamericano” della storia. E' una prova che "il mito della razza" era effettivamente solo un mito bastardo ("la razza ce l'hanno i cani", disse la più immensa testa del '900). E ci sembra notevole anche il fatto che sia stata così repentina da spiazzare anche il principale alleato occidentale in Medio Oriente. Israele ha infatto votato a favore della mozione russa; con tutta la buona volontà criminale del suo governo, infatti, proprio non poteva votare contro o astenersi su una condanna dei killer dell'Olocausto.

Ci sembra altresì interessante (per essere notevoli ci vuole un po' di statura) che questa svolta non abbia ricevuto, fin qui, alcuna espressione critica da parte del primo presidente della Repubblica proveniente dalle fila dell'ex Pci. Sempre sollecito ad esternare il proprio pensiero su ogni aspetto dell'attualità politica, dovremmo interpretare il suo silenzio - se perpetuato - come assenso. Con tutte le conseguenze del caso, anche sul piano della sua stessa legittimità costituzionale. Su Renzi e i suoi ministri, invece, la Costituzione esprime già un giudizio implicito, anche se irriferibile...

Il mondo che va alla guerra non ha più bisogno delle vesti idologiche adottate – spesso a fatica e per opportunismo – in tempi di “pace armata”. E l'anima più vera del nazismo – lo sterminio industrializzato – è assolutamente “interna” alla logica del capitale. Quindi, può benissimo esser tollerata. Potrebbe persino tornare utile, se non si troveranno soluzioni “liberal-democratiche” alla crisi...

p.s. Il documento dell'Onu con il voto di ogni paese: Y=yes, N=no, A=astenuto
 
 
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Sul nazismo la UE si astiene
 
Dunque, sul nazismo la Unione Europea si astiene. 
 
Non ci si venga a dire che lo fa "perché non vuole allinearsi alla Russia": è proprio su temi di principio come quello del nazismo che tali miserie decadono e all'ONU si vota al di là degli schieramenti. Peraltro, se proprio avesse voluto distinguersi, la UE avrebbe almeno potuto presentare un'altra, sua propria mozione sullo stesso tema. 
E invece no. Sul nazismo l'Unione Europea si astiene. 
 
Si astiene per il semplice motivo che al nazismo *dentro* l'Europa, da quasi un quarto di secolo, la UE (ex CEE) si appoggia, per poter perseguire le proprie politiche di consolidamento imperialista e allargamento, in una ottica di umiliazione dei popoli slavi e aggressività anti-russa. Una politica che è nazista in senso stretto, in senso storico: l'unico senso pieno da attribuire alle parole che usiamo. E' la politica di Hitler e Mussolini, che aggredirono i Balcani e le terre sovietiche trattandole da "colonia interna", con un loro specifico progetto europeista ("Nuovo Ordine Europeo"). 
 
Cosa cambia oggi? La UE, ex CEE, ha appoggiato il nazismo di Tudjman in Croazia nel 1991 così come nel 2014 sta appoggiando il nazismo della coalizione golpista messa al potere in Ucraina, mentre sostiene schieramenti politici nazionalisti che riabilitano la simbologia nazista e l'apartheid anti-russo nei paesi Baltici… o l'apartheid anti-serbo in Kosovo. 
Si tratta di nazismo in senso filologico. Poiché la principale funzione del nazifascismo come movimento storico, sulla scena europea, fu – dobbiamo ripeterlo – l'aggressione contro i paesi slavi e la Russia.
 
Questo succede mentre alla televisione italiana viene trasmessa la fiction propagandistica su Altiero Spinelli. 
 
Tale circostanza pone in ulteriore risalto l'ipocrisia della classe dirigente italiana e della Unione Europea.
La fiction si inserisce nella campagna mediatica che da alcuni mesi è in corso sulle televisioni dello Stato italiano, partita con un bombardamento di spot ("Di Europa si deve parlare") che da un lato tessono le lodi delle funzioni economiche della UE, dall'altro esplicitamente presentano la costruzione della UE come questione "di pace o di guerra" dell'epoca presente, con toni sostanzialmente ricattatori, con riferimenti ambigui e omertosi al centenario della Prima Guerra Mondiale… Non è per caso che la fiction su Spinelli è diretta da Alberto Negrin, specialista delle produzioni televisive commissionate politicamente – qualcuna più interessante, qualcun'altra peggio che mistificatoria e, a tutti gli effetti, fascista (es. "ll cuore nel pozzo", 2005). 
Il fatto che persino la stampa più allineata alle politiche UE abbia criticato la fastidiosa retorica di questa ultima produzione su Spinelli (cfr. Aldo Grasso sul Corriere della Sera del 25/11/2014 – http://www.corriere.it/spettacoli/14_novembre_25/altiero-spinelli-l-europa-fiction-che-gronda-retorica-a94799d8-746a-11e4-ab92-90fe0200e999.shtml ) la dice lunga sulla sua natura propagandistica e ideologica.
 
Il progetto di unità europea non ha necessariamente una fondazione antifascista, tutt'altro. L'Europa in costruzione non è quella che vogliamo noi, e non è nemmeno quella di Altiero Spinelli. Questa Europa assomiglia piuttosto a quella teorizzata nella Europaeische Revue (Rivista Europea) del Terzo Reich. E coerentemente, essa sul nazismo si astiene.
 
Italo Slavo per JUGOINFO
 
 


http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipem29-015449.htm
www.resistenze.org - osservatorio - italia - politica e società - 29-11-14 - n. 522

Le delocalizzazioni italiane nei Balcani

Klodian Muco* | economiaepolitica.it

24/11/2014

Le riflessioni sulla perdita di competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali sono da lungo tempo all'ordine del giorno. Si è soliti attribuire questa situazione alla pressione fiscale eccessiva e al costo del lavoro nel mercato italiano. Su questa rivista sono spesso apparsi dei contributi che hanno individuato le ragioni di questo tracollo in altri fattori, come l'assenza di una vera politica industriale e delle innovazioni. Fatto sta che le imprese italiane spesso spostano la produzione in altri paesi: le aziende che operano nei settori ad alta intensità di lavoro non specializzato cercano situazioni in cui il costo del lavoro sia minore.

I lavori empirici più recenti identificano il costo del lavoro come il fattore più importante per spiegare la frammentazione internazionale della produzione; così facendo una parte degli insegnamenti tipici del ragionamento di Marx tornano implicitamente alla luce (si veda ad esempio il lavoro di Helg e Tajoli, 2005).

Quando si parla del costo del lavoro, non bisogna concentrarsi solo sul salario, perché ad esempio non sempre un salario molto basso coincide con un costo del lavoro molto basso. Infatti, nell'ultimo decennio oltre ventisettemila aziende italiane hanno delocalizzato la produzione all'estero, creando oltre 1.5 milioni di posti di lavoro esteri e lasciando allo stato una fattura da 15 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali (1).

A ben vedere, soltanto il 10% di queste aziende sono andate oltre i confini europei (soprattutto in Asia) mentre la restante parte sono rimaste in Europa, in Austria, Svizzera, Germania, e soprattutto nei paesi balcanici i quali nell'ultimo decennio stanno dimostrando una forte potenzialità di crescita e appaiono sufficientemente stabili sotto l'aspetto istituzionale.

Nel 2010 come accaduto per altri Paesi dell'Europa anche i paesi balcanici hanno risentito degli squilibri causati dalla crisi economica e finanziaria internazionale con ripercussioni pesanti sulle economie sia in termini di crescita sia in termini di debito pubblico accumulato. Per uscire da questa crisi la maggior parte di essi ha intrapreso con risultati piuttosto positivi, un processo di riforme interne, teso ad avvicinare i suoi impianti istituzionali, amministrativi e giuridici agli standard occidentali. La Slovenia e la Croazia sono diventati anche parte dell'UE (2).

Come accaduto per la Francia e la Germania, anche una buona parte delle imprese italiane hanno spostato la produzione nell'area balcanica. Ciò è dipeso anche dal rapporto che l'Italia ha con i paesi dell'area balcanica per tradizione politica e per posizione geografica.

Le caratteristiche socio-economiche italiane e quelle dell'altra sponda dell'adriatico appaiono molto diverse: infatti, le economie dei paesi balcanici sono di dimensione molto modeste se paragonate all'Italia: il PIL nominale complessivo di questi paesi è 191 miliardi di dollari, circa un decimo di quello italiano che è pari 2029 miliardi di dollari (FMI, 2012). Sotto il profilo demografico, l'area balcanica ha circa quarantuno milioni di abitanti, circa il settanta percento dell'Italia (BM, 2012).

Secondo un studio condotto dalla Confindustria Balcani (3) nel 2012, il salario medio in Romania è di 350 euro mentre in Albania è ancora più basso, 250 euro. Il salario medio nell'area balcanica è di 411 euro, circa tre volte in meno rispetto al salario medio in Italia. Ma il livello dei salari non è l'unico vantaggio per spostare la produzione nell'area balcanica. Anche le condizioni fiscali sono molto attraenti per gli imprenditori stranieri. Per queste ragioni un grande numero di imprese italiane si è spostato nell'area in questione: 17.700 imprese di cui 15.700 solo in Romania. Nelle imprese italiane con sede nell'area balcanica lavorano oltre 900.000 persone, di cui 800.000 soltanto in Romania (Confindustria Balcani, 2012). Questo trend negli ultimi anni sta cambiando: secondo stime non ufficiali, l'entrata della Romania nell'UE ha determinato la "fuga" delle imprese italiane in altri paesi non aderenti all'UE, come per esempio l'Albania.

Il capitale va a caccia di condizioni istituzionali più consone all'estrazione del plusvalore, avrebbe detto Marx. In effetti, questo fenomeno fa riflettere molto: le aziende che spostano la produzione all'Est non chiedono solo una manodopera a bassissimo costo e relativamente specializzata ma vogliono anche una manodopera poco tutelata. Le imprese che oggi delocalizzano in Albania non cercano competenze professionali particolari, che spesso e volentieri sono mantenute nel paese d'origine. Le imprese italiane spostano la produzione in Albania per sfruttare il basso costo del lavoro; per sfruttare la vicinanza geografica, infatti un ordine nell'area balcanica arriva in Italia entro 48 ore; il prodotto spesso viene ultimato in Italia e raramente viene emesso sul mercato dell'area balcanica (4). Ai vantaggi legati al basso costo del lavoro si aggiungono quelli legati all'impianto normativo. Inoltre, gli imprenditori spesso affermano che il mercato dell'area balcanica non facente parte dell'UE è una realtà in espansione e ricca di potenzialità, soprattutto per i settori labor intensive come ad esempio il mercato del Call-Center e dell'abbigliamento tessile. Ma va aggiunto che nei balcani non si spostano solo imprese interessate a una concorrenza di prezzo; anche imprese come GEOX, Benetton, Armani che fanno concorrenza qualitativa hanno spostato una parte rilevante della loro produzione nell'area balcanica.

Dunque, l'area balcanica offre enormi possibilità per l'economia italiana sia dal punto di vista commerciale, visto che parliamo di un mercato di oltre 40 milioni di consumatori, sia dal punto di vista della produzione e della delocalizzazione. Secondo alcune stime fate da Confindustria Bulgaria, l'export italiano verso l'area balcanica nel 2008, ha sfiorato il valore di 19 miliardi di euro per attestarsi a 17,67 nel 2012 (sostanzialmente il medesimo valore delle esportazioni italiane verso i paesi BRIC, pari a 17,35 miliardi di euro nel 2012). Durante questo periodo si nota un calo generale delle quote d'esportazione dell'Italia verso i paesi aderenti all'UE: le quote verso la Romania sono passate da 6,22 miliardi (2008) a 5.81 miliardi (2012); quelle verso la Bulgaria da 1,93 miliardi di euro (2008) a 1,59 miliardi di euro (2012) e per finire quelle verso la Croazia da 3,13 miliardi di euro (2008) a 1.98 miliardi di euro (2012). Invece, le quote d'esportazione verso i paesi balcanici non aderenti all'UE sono aumentate progressivamente.

Contemporaneamente, stando ai dati riportati dall'UNCTAD, l'Italia costituisce un mercato di sbocco di primaria importanza per tutti i paesi dell'area in questione, con una quota che supera il 15% e in alcuni casi il 50% (è il caso dell'Albania). Il surplus commerciale dell'Italia con l'area balcanica nel 2012 ha superato la quota dei tre miliardi di euro.

Un altro aspetto da indagare consiste nel fatto che le aziende che delocalizzano la produzione nei Balcani non sempre creano un legame duraturo con il paese di arrivo. Non emergono insomma quelle che Hirshman definiva connessioni a monte e a valle: nel paese ospitante le delocalizzazioni straniere – anche quelle italiane – aiutano ad aumentare velocemente l'occupazione, ma l'impatto sulla crescita economica balcanica spesso non è rilevante. Infatti i nostri imprenditori e gli altri che investono da quelle parti restano fin quando un altro paese non offra maggiori occasioni di profitto, e ciò certo non garantisce uno sviluppo sostenibile e duraturo.

* Università dell'Insubria e University of Gjirokastra

1) Soltanto la FIAT negli ultimi anni ha tagliato oltre 15000 dipendenti in Italia per sostenere le assunzioni in altri paesi come USA, Polonia ecc; la GEOX che conta 30000 dipendenti in giro per il mondo, in Italia ha soltanto 2000 dipendenti.

2) L'integrazione all'UE è considerata nel dibattito politico interno ai paesi balcanici l'unica soluzione per ottenere una crescita economica sostenibile.

3) Confindustria Balcani nasce nell'ottobre del 2010 per riunire le associazioni di imprese italiane nell'area sotto l'egida di Confindustria.

4) Secondo un'indagine svolta dall'United Nations Conference on Trade and Development e Roland Berger Strategy Consultans sulle strategie di delocalizzazione delle imprese europee, il 40% di queste imprese pratica l'outsourcing.




MILIONI DI EURO PER LA PULIZIA ETNICA

La Regione Friuli - Venezia Giulia versa "milioni di euro [a] una nota casa editrice di Udine in prima fila nella crociata negazionista della pulizia etnica titina". Lo scrive Alessandra Danieli su Il Secolo d'Italia:

La notizia è ovviamente falsa e fuorviante.

Innanzitutto, la questione riguarda soli 20mila euro di contributo alla casa editrice KappaVu "per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana", compito che la KappaVu svolge egregiamente:

In secondo luogo, nessuno degli autori della KappaVu, tantomeno l'editrice, hanno mai intrapreso alcuna "crociata negazionista" – epiteto che anni fa, quando l'Italia ripudiava il nazifascismo (oggi non più), era specifico per i negazionisti dello sterminio nazista.

In terzo luogo, le ricerche storiche degli autori della KappaVu dimostrano – semmai ce ne fosse stato bisogno – che non è mai esistita alcuna "pulizia etnica titina", tant'è vero che la Jugoslavia nata da quella guerra eroica contro il nazifascismo era un paese multinazionale nel quale anche i cittadini italiani che optarono per viverci godettero di tutte le prerogative politico-culturali a loro spettanti. Le "pulizie etniche" sono state sempre e solo una specialità dei nazionalismi e dei fascismi, non certo dei partigiani comunisti, internazionalisti per fondamento ideologico e pratica di lotta.
Il lavoro della KappaVu si colloca dunque, questo si, nel solco di un impegno anti-revisionista di difesa della memoria e dei valori della Resistenza comune dei partigiani jugoslavi e italiani, contro la diffamazione bipartisan in corso oramai da anni:

Ed è esattamente questo che dà fastidio.

(a cura di Italo Slavo. Altre info:



(srpskohrvatski / italiano)

Dichiarazioni di Putin e Lavrov

1) Intervista a Vladimir Putin alla vigilia della visita ufficiale in Turchia (28 novembre 2014)
2) Putin: Jugoslaviju su razvalili, Rusiju neće uspeti  (Tanjug 04. 12. 2014.)
3) Sergej Lavrov alla XXII Assemblea del Consiglio per la politica estera e difensiva Mosca, 22 novembre 2014
4) Bugiardi: "Putin finanzia Le Pen e l'estrema destra francese. E potrebbe mandare soldi anche a Salvini"
5) I 10 LUOGHI COMUNI DEI MASS MEDIA OCCIDENTALI PER VEICOLARE L'OPINIONE PUBBLICA CONTRO LA RUSSIA DI PUTIN


Vedi anche:

Vladimir Putin a "Politika": << Il ‘vaccino’ al virus nazista perde efficacia in Europa >>
https://aurorasito.wordpress.com/2014/10/17/putin-il-vaccino-al-virus-nazista-perde-efficacia-in-europa/
ORIG.: ЕКСКЛУЗИВНИ ИНТЕРВЈУ: ВЛАДИМИР ПУТИН, председник Руске Федерације (Politika, 16.10.2014.)
http://www.politika.rs/rubrike/Svet/Obamin-pristup-Rusiji-je-neprijateljski.sr.html

Ucraina, sanzioni, UE: intervista del presidente Putin alla Tv tedesca ARD (16 novembre 2014)
Trascrizione originale: Interview: Putin und der russische Standpunkt

Elementi per un profilo di Vladimir Putin
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8161
Include: Top 10 powerful quotes from Putin’s historic Crimea address (March 19, 2014)

Putin si scaglia contro i revisionisti della Seconda Guerra Mondiale
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8034
http://www.tribunodelpopolo.it/russia-putin-si-scaglia-contro-i-revisionisti-della-seconda-guerra-mondiale/
http://en.ria.ru/russia/20140703/190798678/Putin-Says-Legal-Initiative-to-Counter-Nazism-Timely.html
http://comunicati.russia.it/vladimir-putin-ha-accusato-l-ucraina-e-lettonia-dell-espansione-del-neonazismo.html
http://rt.com/politics/official-word/196284-ukraine-putin-nazi-europe/


=== 1 ===

http://italian.ruvr.ru/2014_11_28/Intervista-del-presidente-della-Federazione-Russa-Vladimir-Putin-3668/

Intervista del presidente della Federazione Russa Vladimir Putin


28 novembre 2014

Alla vigilia della visita ufficiale in Turchia del prossimo 1° dicembre, il presidente russo Vladimir Putin ha rilasciato un'intervista alla agenzia di stampa turca Anadolu. Rilevando l'importanza delle relazioni tra i 2 Paesi, il presidente russo ha sottolineato come siano solide e non dipendano dalla situazione attuale.

Quali compiti specifici nel campo della politica, economia e cultura delle relazioni russo-turche metterà in risalto durante la riunione del Consiglio di cooperazione?
Con il presidente della Repubblica di Turchia Recep Tayyip Erdogan abbiamo in programma di discutere i principali temi della cooperazione russo-turca, tra cui la realizzazione dei progetti strategici congiunti nel settore energetico, riassumeremo i risultati della nostra collaborazione nel corso dell'anno passato, indicheremo gli obiettivi per il futuro e, naturalmente, ci scambieremo le opinioni sulle principali questioni internazionali e regionali.
La Turchia è stata e rimane un importante partner commerciale estero della Russia. Nel 2013 la bilancia commerciale tra i due Paesi ha raggiunto i 32,7 miliardi di dollari. Il volume totale degli investimenti russi diretti cumulati in Turchia è di oltre 1,7 miliardi di dollari, mentre quello turco in Russia è vicino al miliardo, è nel nostro comune interesse consolidare questa tendenza positiva.
Negli ultimi decenni la Turchia è uno dei Paesi più visitati dai turisti russi. Il fatto è agevolato dall'esistenza di un sistema senza visti per i viaggi brevi. Durante l'intero 2013, la Turchia è stata visitata da circa 4,3 milioni di russi, mentre nel periodo gennaio-settembre di quest'anno da 4,1 milioni. Ci auguriamo che lo svolgimento nei nostri Paesi dell'Anno Incrociato del Turismo possa aumentare in modo significativo il flusso di turisti per entrambi, saremo sempre contenti dei nostri ospiti turchi.
Tale comunicazione intensiva e su diversi livelli è la garanzia di come le relazioni russo-turche siano solide e non dipendano dalla situazione attuale, in esse si conserva la continuità. Naturalmente le nostre posizioni su alcune questioni non sono del tutto coincidenti e possono anche divergere. E' naturale per gli Stati che perseguono una politica estera indipendente. Allo stesso tempo, ed è la cosa più importante, comprendiamo l'importanza del partenariato tra i nostri Paesi e popoli e il desiderio comune di continuare un dialogo reciprocamente vantaggioso che la Russia apprezza molto.
La Turchia si prepara al periodo invernale per i consumi di gas naturale. Quali piani ha relativamente all'aumento delle forniture di gas e alla revisione dei prezzi per la Turchia?
Negli ultimi decenni il settore energetico riveste il ruolo di locomotiva della nostra cooperazione economica e commerciale. La Turchia è il secondo maggior acquirente in termini di volume (dopo la Germania) di gas naturale russo, che viene inviato attraverso il "corridoio occidentale", con il transito attraverso il territorio di Ucraina, Moldavia, Romania e Bulgaria, nonché attraverso il gasdotto "Blue Stream". L'anno scorso, la Russia ha fornito alla Turchia 26,6 miliardi di metri cubi ed entro la fine di quest'anno probabilmente supereremo il valore precedente.
Ci rendiamo conto di quanto siano importanti le risorse energetiche russe per lo sviluppo economico e sociale della Turchia. Pertanto risponderemo sempre positivamente alle richieste sulle esportazioni. Nel mese di ottobre è stato raggiunto un accordo per aumentare da 16 a 19 miliardi di metri cubi l'anno le forniture attraverso il gasdotto "Blue Stream" e per svolgere i lavori necessari a tal proposito.
Nell'ambito della diversificazione del partenariato economico con la Turchia, abbiamo intenzione di identificare le direzioni strategiche, compreso il settore high-tech, tra cui il nucleare.
Quali opportunità la Russia vede per stimolare la crescita del volume d'affari tra i 2 Paesi?
Apprezziamo molto l'indipendenza delle decisioni della Turchia, anche per quanto riguarda le questioni di cooperazione economica con la Russia. I partner turchi non sacrificano i propri interessi per il bene di ambizioni politiche di terze parti.
La posizione del vostro governo apre nuovi orizzonti per aumentare gli scambi bilaterali, in particolare i produttori agricoli turchi saranno in grado di occupare le nicchie lasciate libere sul mercato alimentare russo. Giudichiamo positivamente l'intenzione di aumentare le esportazioni verso la Russia di carne, latticini e pesce, verdure e frutta.
Faccio notare che le sanzioni unilaterali introdotte dagli Stati Uniti, Unione Europea, Giappone, Australia ed altri Paesi contro di noi sono illegittime. Tale pressione provoca non solo perdite economiche dirette, ma anche minaccia la stabilità internazionale.
I tentativi di parlare con la Russia col linguaggio di ultimatum e sanzioni sono assolutamente inaccettabili e inutili. In ogni caso la nostra risposta è sempre stata e sarà equilibrata e terrà conto dei diritti e degli obblighi della Russia ai sensi dei trattati internazionali, tra cui il WTO.
Come valuta l'attuale situazione in Siria? La Russia ha proposte che contribuiscano ad accelerare il processo di normalizzazione in questo Paese?
La situazione in Siria, come prima, desta motivo di seria preoccupazione. Siamo ben consapevoli di quanto sia pesante l'onere della Turchia di sopportare un conflitto sanguinoso nel Paese confinante. Inoltre la principale minaccia per l'ulteriore peggioramento della situazione in questo Paese e negli altri Stati vicini è legata alle attività del cosiddetto Stato Islamico e di altri gruppi radicali, sui quali a suo tempo avevano attivamente puntato diversi Paesi occidentali.
Consideriamo la lotta contro i terroristi e gli estremisti nelle regioni del Medio Oriente e del Nord Africa, tra cui ovviamente la Siria, come una delle priorità della comunità internazionale. Siamo convinti che gli sforzi per contenere questa minaccia debbano coordinarsi sulla base delle decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, del rigoroso rispetto del diritto internazionale, del principio di sovranità nazionale e della non interferenza negli affari interni dei Paesi e soprattutto sulla trasparenza.
Da parte nostra, continueremo a sostenere il governo di Siria, Iraq e di altri Paesi della regione nella lotta contro il fondamentalismo. Fin dall'inizio della crisi siriana, la Russia si è sempre prodigata per far trovare una soluzione politico-diplomatica tra gli stessi siriani sulla base del comunicato di Ginevra del 30 giugno 2012, ovvero per il dialogo interno e senza precondizioni o imposizioni dall'esterno.
Continueremo a fare tutto il necessario per aiutare il popolo siriano a superare gli eventi più tragici e a trovare la pace e la stabilità. Sono predisposti per questo scopo i nostri contatti con i rappresentanti del governo siriano, con i vari gruppi di opposizione, con i partner internazionali e regionali, tra cui naturalmente con i turchi.
Intervista pubblicata non integralmente
Testo integrale sul sito http://www.kremlin.ru/news/47104


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(Ezio Stancich‎ ci segnala: 
Dal discorso di Putin tenuto ieri da Vladimir Putin: a chi credeva che la Jugoslavija fosse implosa a causa delle sue contraddizioni interne, il tempo ha invece dimostrato quanto da noi asserito già dall'inizio della sua frantumazione. La Jugoslavija è stata distrutta dall'esterno con l'aiuti di traditori interni e agenti esteri e le prove di quanto da noi asserito sono ogni giorno più evidenti…)

http://www.blic.rs/Vesti/Svet/516547/Putin-Jugoslaviju-su-razvalili-Rusiju-nece-uspeti

Putin: Jugoslaviju su razvalili, Rusiju neće uspeti 

Tanjug | 04. 12. 2014.

Rusija veruje u sebe, u to da mnogo može i da će sve ostvariti, rekao je danas ruski predsednik Vladimir Putin, ističući da Rusija nije dozvolila sebi da ide putem raspada po jugoslovenskom scenariju.

"Nas bi sa zadovoljstvom pustili po jugoslovenskom scenariju, razvalili su državu. Podrška separatizma u Rusiji i informativna i finansijska i svaka druga, bila je apsolutno očigledna. Ali se nismo predali. Nije im uspelo. Nismo dozvolili", kazao je Putin.

Ruski predsednik je kazao da je "besmisleno razgovarati sa Rusijom sa pozicija sile" i naveo da ni Adolfu Hitleru nije uspelo da rasturi i uništi zemlju. "Svi treba da se sete čime se to završava", kazao je on.

Putin je rekao i da SAD uvek direktno ili "iza kulisa" utiču na odnose Rusije sa susednim zemljama.

"Nekada ne znaš s kim je bolje da razgovaraš - sa vladama nekih država ili direktno sa njihovim američkim pokroviteljima i sponzorima", dodao je predsednik Rusije.  

Zahvaljujći Rusima na podršci i solidarnosti u trenucima kada se rešava

budućnost, Putin je rekao da je razgovor sa Rusijom sa pozicija sile besmislen.  

Obraćajući se pred Federalnom skupštinom Rusije Putin je rekao da politika obuzdavanja Rusije nije smišljena juče, već da se uvek sprovodi svaki put kada neko smatra da je Rusija postala suviše samostalna, preneo je TAS S.  

Putin je ponovio da sankcije štete svima, pa i onima koji ih uvode, kao i da Moskva ne namerava da ruši odnose sa Evropom i Amerikom.  

Nazivajući objedinjenje Krima i Sevastopolja sa Rusijom istorijskim, Putin je rekao da za Rusiju Krim ima ogroman civilizacijski i sakralni značaj i da su se tako Rusi prema tome odnosili i odnosiće se uvek.  

Prema Putinovim rečima, svaki narod ima neotuđivao pravo na sopstveni put razvoja i Rusija će se uvek prema tome postaviti sa uvažavanjem.  

To se, kako je istakao, odnosi i na Ukrajinu, ali je nazvao licemerjem da se razgovorima o ljudskim pravima prikriva prevrat u Ukrajini.  

Ne treba "političariti", već pružiti pomoć Ukrajini u reformama, rekao je Putin i dodao da njegove zapadne kolege "ne žure to da učine".  

Pritom je naveo da je Rusija kreditirala privredu Ukrajine za 32,5-33,5 milijardi dolara u poslednje vreme.


Neće biti trke za naoružanje

Predsednik Rusije rekao je  da Rusija neće ući u "skupu trku u naoružanju", ali da će u punoj meri osigurati svoju bezbednost.

"Mi ne nameravamo da ulazimo u skupu trku u naoružanju, ali ćemo pri tom sigurno i garantovano osigurati odbambenu sposobnost naše države u novim uslovima. To će biti učinjeno. Postoje i mogućnosti i nestandardna rešenja", kazao je Putin u Kremlju u godišnjem obraćanju naciji.

Dodao je da "tu nema sumnje" i da će to "biti učinjeno".

"Niko neće uspeti da postigne vojnu nadmoćnost nad Rusijom. Naša armija je savremena, sposobna, ljubazna, ali strašna. Za zaštitu naše slobode imamo dovoljno i snage i volje i hrabrosti", rekao je Putin, propraćen gromkim aplauzom.

Rekao je da će se Rusija truditi da u svetu "širi pravu istinu o zemlji, kako bi svi videli pravu sliku, a ne lažnu i falsifikovanu".  

Ovo je 11. Putinovo obraćanje, a u Kremlju se okupilo više od hiljadu zvanica - poslanici gornjeg i donjeg doma, članovi vlade, rukovodioci Ustavnog i Vrhovnog suda, gubernatori, predsednici skupština subjekata Federacije, predstavnici tradicionalnih konfesija, čelnici vodećih medija i društveni i javni radnici.


Rusija ima i kapital i naučnu bazu i talente

Predsednik Rusije izjavio je da će Rusija "biti otvorena za svet, investicije i zajedničke projekte". "To zavisi od nas samih. Ne treba očekivati da se posreći.

Pred nama je složeno vreme, napeto", rekao je Putin u Kremlju, dodajući da treba "stvoriti nove tehnologije i produkciju, rezervu stabilnosti u finansijskoj sferi".

On je kazao da Rusija ima i kapital i naučnu bazu i talente, što je "najbolji odgovor za spoljašnja ograničenja i unutrašnje probleme".

Kako je istakao Putin, Rusija treba u inostranstvu da kupuje samo "zaista unikatne produkte i tehnologiju" i da se orijentiše na domaće proizvodjače. Posebno je istakao važnost zamene strane tehnologije domaćom.

On je za jak pad rublje okrivio špekulante i zatražio od centralne banke i vlade da "sprovedu oštre koordinisane mere", kako bi špekulanti prestali da igraju na plavajućem kursu rublje.

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Predsednik Rusije izjavio je da su SAD i zapadne zemlje uvele sankcije Rusiji kako bi zaustavili rastuće mogućnosti Rusije.

"Uveren sam, da svega toga ne bi bilo, izmislili bi neki drugi povod da zaustave mogućnosti rastuće Rusije, da utiču. Politika zadržavanja se primenjuje decenijama. Čim mi postanemo jaki, ona se primenjuje", rekao je Putin.


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In english: 
Remarks by Foreign Minister Sergey Lavrov at the XXII Assembly of the Council on Foreign and Defence Policy, Moscow, 22 November 2014 
http://vineyardsaker.blogspot.it/2014/11/absolutely-crucial-statement-by-foreign.html

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http://comunicati.russia.it/dichiarazione-assolutamente-cruciale-del-ministro-degli-esteri-lavrov.html

Intervento del Ministro degli Esteri Sergej Lavrov alla XXII Assemblea del Consiglio per la politica estera e difensiva Mosca, 22 novembre 2014

Sono felice di essere a questa Assemblea annuale del Consiglio per la politica estera e difensiva. È sempre un grande piacere per me incontrare le persone e sentire il potenziale intellettuale, che consente al Consiglio, ai suoi leader e rappresentanti di rispondere agli sviluppi globali e di analizzarli. La loro analisi è sempre libera da ogni isteria, e i suoi membri offrono argomentazioni fondate e solide, facendo un passo indietro, dal momento che i prigionieri degli eventi difficilmente possono adottare un punto di vista imparziale. Noi siamo inevitabilmente influenzati dagli sviluppi, e questo rende le vostre osservazioni, analisi, discorsi e suggerimenti di valore ancor maggiore per noi.
Per quanto ne so, l'Assemblea di quest'anno si concentrerà sulle prospettive per accelerare la crescita interna in Russia. Non c'è dubbio che gli sforzi concertati da parte della nostra società nel suo insieme per favorire lo sviluppo economico, sociale e spirituale globale siano un requisito fondamentale per rendere sostenibile il futuro della Russia. Detto questo, in virtù dei miei doveri professionali, devo concentrarmi sulle questioni di politica estera, che sono ancora rilevanti per il lavoro dell'Assemblea, dal momento che in questo mondo interconnesso, globalizzato, è impossibile isolare lo sviluppo interno dal mondo esterno. Il presidente della Russia Vladimir Putin ha fornito un'analisi dettagliata degli sviluppi internazionali in occasione della riunione del Club Valdai a Sochi, così come nelle sue interviste durante il suo viaggio in Asia. Per questo motivo, non voglio offrire osservazioni concettuali, perché è già stato detto tutto. Tuttavia, vorrei condividere con voi alcune considerazioni sulla base dei nostri sforzi di politica estera giorno per giorno. Non è mia intenzione offrire una visione completa e chiara, dal momento che in questa fase tutte le previsioni sono provvisorie, chiunque le faccia. Inoltre, i diplomatici cercano di influenzare gli sviluppi mentre questi hanno luogo, non di contemplarli.
Naturalmente, inizierò con l'Ucraina. Molto prima che il paese fosse gettato nella crisi, c'era una sensazione nell'aria che le relazioni della Russia con l'Unione Europea e con l'Occidente stavano per raggiungere il loro momento della verità. Era chiaro che non potevamo più continuare a gettare nel dimenticatoio i problemi nelle nostre relazioni e che bisognava fare una scelta tra un vero e proprio partenariato o, come dice il detto biblico, "rompere i vasi". È ovvio che la Russia ha optato per la prima alternativa, mentre purtroppo i nostri partner occidentali hanno preferito la seconda, consapevolmente o no. In realtà, sono andati tutti in Ucraina a sostenere gli estremisti, abdicando così ai propri principi di cambiamento democratico di regime. Che cosa ne è venuto fuori è stato un tentativo di giocare al pollo con la Russia, per vedere chi si impaurisce per primo. Come dicono i bulli, volevano che la Russia facesse "la figura del pollo" (non trovo una termine migliore per descriverla), per costringerci a ingoiare l'umiliazione dei russi e della gente di madrelingua russa in Ucraina.
L'onorevole Leslie Gelb, che conoscete fin troppo bene, ha scritto che l'accordo di associazione dell'Ucraina con l'Unione Europea non aveva nulla a che fare con un invito all'Ucraina ad aderire all'Unione Europea, ma mirava a breve termine a impedirle di aderire all'Unione Doganale. Questo è ciò che ha detto una persona imparziale. Quando hanno deliberatamente deciso di seguire il percorso dell'escalation in Ucraina, hanno dimenticato molte cose, e avevano una chiara comprensione di come tali mosse sarebbero state viste in Russia. Hanno dimenticato il consiglio di, diciamo, Otto von Bismarck, che aveva detto che denigrare i milioni di cittadino del popolo grande russo sarebbe stato il più grande errore politico.
Il presidente Vladimir Putin ha detto l'altro giorno che nessuno nella storia è ancora riuscito a sottomettere la Russia alla sua influenza. Questa non è una valutazione, ma un dato di fatto. Ma è stato fatto questo tentativo per placare la sete di espandere lo spazio geopolitico sotto il controllo occidentale, per una paura mercantile di perdere il bottino di quella che dall'altra parte dell'Atlantico si erano persuasi da soli che fosse stata la vittoria nella guerra fredda.
Il lato positivo della situazione di oggi è che tutto si è collocato al proprio posto e il calcolo dietro le azioni dell'Occidente è stato svelato, nonostante la sua disponibilità dichiarata di costruire una comunità sicura, una casa comune europea. Per citare (il cantante/cantautore) Bulat Okudzava, "Il passato sta diventando sempre più chiaro". La chiarezza è sempre più tangibile. Oggi il nostro compito non è solo di fare chiarezza nel passato (anche se questo deve essere fatto), ma soprattutto, di pensare al futuro.
I discorsi sull'isolamento della Russia non meritano seria discussione. Non ho bisogno di soffermarmi su questo punto davanti a questo pubblico. Naturalmente, possono danneggiare la nostra economia, e il danno è stato fatto, ma solo per fare del male a coloro che stanno prendendo misure adeguate e, cosa altrettanto importante, distruggendo il sistema di relazioni economiche internazionali, sui quali principi si fonda la nostra economia. Precedentemente, quando si applicavano sanzioni (io lavoravo presso la missione russa alle Nazioni Unite, in quel momento) i nostri partner occidentali, discutendo della Corea del Nord, dell'Iran e di altri stati, dicevano che era necessario formulare le restrizioni in modo tale da mantenerle entro limiti umanitari e non causare danni alla sfera sociale e all'economia, e mirare selettivamente solo all'elite. Oggi è tutto il contrario: i leader occidentali dichiarano pubblicamente che le sanzioni dovrebbero distruggere l'economia e innescare proteste popolari. Quindi, per quanto riguarda l'approccio concettuale per l'uso di misure coercitive l'Occidente dimostra inequivocabilmente che non si limita a cercare di cambiare la politica russa (cosa di per sé illusoria), ma cerca di modificarne il regime – e praticamente nessuno lo nega.
Il presidente Vladimir Putin, parlando di recente con i giornalisti, ha detto che i leader occidentali di oggi hanno un orizzonte di programmazione limitato. Di fatto, è pericoloso quando si prendono decisioni sui problemi fondamentali dello sviluppo del mondo e dell'intera umanità sulla base di brevi cicli elettorali: negli Stati Uniti il ciclo è di due anni, oltre a ogni volta in cui si deve pensare o fare qualcosa per vincere voti. Questo è il lato negativo del processo democratico, ma non possiamo permetterci di ignorarlo. Non possiamo accettare la logica in cui ci viene detto di dimetterci, rilassarci e dare per scontato che tutti devono soffrire perché ci sono elezioni negli Stati Uniti ogni due anni. Questo non è giusto. Non ci rassegniamo a questo perché la posta in gioco è troppo alta per la lotta contro il terrorismo, le minacce della proliferazione delle armi di distruzione di massa e molti conflitti sanguinosi il cui impatto negativo va ben al di là del quadro degli stati e delle regioni corrispondenti. Il desiderio di fare qualcosa per ottenere vantaggi unilaterali o per accattivarsi l'elettorato prima di un'altra elezione conduce al caos e alla confusione nelle relazioni internazionali.
Sentiamo ripetere quotidianamente il mantra che Washington è consapevole della propria esclusività e del suo dovere di sopportare questo peso, di guidare il resto del mondo. Rudyard Kipling ha parlato del "fardello dell'uomo bianco." Spero che non sia questo ciò che spinge gli americani. Il mondo di oggi non è bianco o nero, ma multicolore ed eterogeneo. La leadership in questo mondo può essere garantita non convincendo se stessi di un 'esclusività e di un dovere dato da Dio di essere responsabili peri tutti, ma solo con la capacità e l'abilità nella formazione di un consenso. Se i partner statunitensi impegnassero il loro potere verso questo obiettivo, questo sarebbe di valore inestimabile, e la Russia li aiuterebbe attivamente.
Tuttavia, finora, le risorse amministrative degli Stati Uniti continuano a operare solo nel quadro della NATO, e anche lì con forti riserve, e il suo mandato non si estende oltre l'Alleanza nord-atlantica. Una prova di questo è il risultato dei tentativi statunitensi di far seguire alla comunità mondiale la propria linea in connessione alle sanzioni e ai principi anti-russi. Ne ho parlato più di una volta e abbiamo ampia prova del fatto che gli ambasciatori e gli inviati americani in tutto il mondo cercano incontri al più alto livello per sostenere che i paesi corrispondenti sono tenuti a punire la Russia insieme a loro oppure ad affrontarne le conseguenze.Questo viene fatto in tutti i paesi, compresi i nostri alleati più stretti (questo la dice lunga sul tipo di analisti che ha Washington). La stragrande maggioranza degli stati con i quali abbiamo un dialogo continuo, senza alcuna restrizione e l'isolamento, come vedete, apprezza il ruolo indipendente della Russia sulla scena internazionale. Non perché sono contenti quando qualcuno sfida gli americani, ma perché si rendono conto che l'ordine del mondo non sarà stabile se a nessuno è permesso di dire la propria (anche se privatamente la stragrande maggioranza esprime la propria opinione, non vogliono farlo pubblicamente per paura di rappresaglie da parte di Washington).
Molti analisti ragionevoli capiscono che c'è un divario crescente tra le ambizioni globali del governo degli Stati Uniti e le reali potenzialità del paese. Il mondo sta cambiando e, come è sempre accaduto nella storia, a un certo punto l'influenza e la potenza di qualcuno raggiunge il proprio picco e poi qualcuno comincia a svilupparsi in modo ancora più rapido ed efficace. Si dovrebbe studiare la storia e procedere da basi reali. Le sette economie in via di sviluppo guidate dai BRICS hanno già un PIL maggiore del G7 occidentale. Si dovrebbe procedere dai fatti della vita, e non da un malinteso senso della propria grandezza.
È diventato di moda sostenere che la Russia sta conducendo una sorta di "guerra ibrida" in Crimea e in Ucraina. Si tratta di un termine interessante, ma vorrei applicarlo soprattutto agli Stati Uniti e alla loro strategia di guerra – è veramente una guerra ibrida non finalizzata tanto a sconfiggere il nemico militarmente quanto al cambiare i regimi negli stati che perseguono una politica che non piace a Washington. Comporta l'uso di pressioni finanziaria ed economiche, attacchi informatici, servendosi come intermediari di altri sul confine dello stato corrispondente e naturalmente di informazioni e di pressione ideologica attraverso organizzazioni non governative finanziate dall'esterno. Non è un processo ibrido diverso da quello che noi chiamiamo guerra? Sarebbe interessante discutere il concetto di guerra ibrida per vedere chi la sta conducendo e se si tratta solo di "omini verdi".
A quanto pare la cassetta degli attrezzi dei nostri partner americani, che sono diventati abili a usarla, è molto più grande.
Nel tentativo di stabilire la loro preminenza nel momento in cui stanno emergendo nuovi centri di potere economico, finanziario e politico, gli americani provocano contrasto in linea con la terza legge di Newton e contribuiscono alla nascita di strutture, meccanismi e movimenti che cercano alternative alle ricette americane per risolvere i problemi urgenti. Non mi riferisco all'antiamericanismo, e ancora meno alla formazione di coalizioni mirate contro gli Stati Uniti, ma solo al desiderio naturale di un numero crescente di paesi di proteggere i propri interessi vitali e di farlo nel modo che ritengono giusto, e non quello che viene loro dettato "da oltre lo stagno". Nessuno si metterà a fare giochi antiamericani solo per fare dispetto agli Stati Uniti. Siamo di fronte a tentativi di uso extra-territoriale della legislazione statunitense, al rapimento dei nostri cittadini, nonostante i trattati esistenti con Washington in base al quale questi problemi devono essere risolti attraverso l'applicazione della legge e degli organi giudiziari.
Secondo la loro dottrina della sicurezza nazionale, gli Stati Uniti hanno il diritto di usare la forza, sempre e ovunque, senza necessariamente chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per l'approvazione. Una coalizione contro lo Stato Islamico è stata costituita all'insaputa del Consiglio di Sicurezza. Ho chiesto al segretario di Stato John Kerry perché non sono andati per questo fine al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Mi ha detto che se l'avessero fatto, avrebbero dovuto convalidare in qualche modo lo stato del presidente siriano Bashar al-Assad. Naturalmente avrebbero dovuto farlo, perché la Siria è uno Stato sovrano ed è ancora un membro delle Nazioni Unite (nessuno l'ha esclusa dai membri delle Nazioni Unite). Il segretario di Stato ha detto che sarebbe stato sbagliato perché gli Stati Uniti sono in lotta contro il terrorismo e il regime di al-Assad è il fattore più importante che galvanizza i terroristi di tutto il mondo ed agisce come una calamita attirarli a questa regione nel tentativo di rovesciare il regime siriano.
Ritengo che questa sia una logica perversa. Se stiamo parlando di precedenti (gli Stati Uniti hanno una giurisprudenza basata sui precedenti), vale la pena ricordare il disarmo chimico in Siria, quando il regime di Assad era un partner del tutto legittimo degli Stati Uniti, della Russia, dell'OPCW e altri. Gli americani mantengono colloqui anche con i talebani. Ogni volta che gli Stati Uniti hanno la possibilità di beneficiare di qualcosa, agiscono in modo molto pragmatico. Io non sono sicuro del perché questa posizione ideologicamente guidata abbia preso il sopravvento questa volta e gli Stati Uniti abbiano scelto di credere che Assad non può essere un partner. Forse, questa non è tanto un'operazione contro lo Stato islamico quanto un tentativo di spianare la strada per far cadere al-Assad, con il pretesto di un'operazione antiterrorismo.
Francis Fukuyama ha scritto recentemente il libro Ordine politico e decadimento politico, in cui sostiene che l'efficienza della pubblica amministrazione negli Stati Uniti è in declino e le tradizioni di governance democratica sono gradualmente sostituite da metodi di dominio feudale. Questo succede quando qualcuno vive in una casa di vetro e lancia pietre.
Tutto questo sta accadendo tra le crescenti sfide e i problemi del mondo moderno. Stiamo assistendo ad un "braccio di ferro" continuo in Ucraina. Si stanno preparando problemi al confine sud dell'UE. Non credo che i problemi del Medio Oriente e del Nord Africa se ne andranno via da soli. L'UE ha formato una nuova commissione. Sono emersi nuovi attori stranieri, che dovranno affrontare una lotta seria riguardo a dove inviare le loro risorse di base: o per il mantenimento di schemi sconsiderati in Ucraina, Moldova, ecc, nell'ambito del partenariato orientale (come sostenuto da una minoranza aggressiva nell'UE), oppure per ascoltare i paesi dell'Europa meridionale e concentrarsi su ciò che sta accadendo dall'altra parte del Mediterraneo.
Si tratta di una questione importante per l'UE.
Finora, non sembrano guidati da problemi reali, ma piuttosto dal desiderio di afferrare rapidamente beni da un suolo appena smosso. Questo è deplorevole. L'esportazione di rivoluzioni – siano esse democratiche, comuniste o di altro tipo – non porta nulla di buono.
Le strutture statali, pubbliche e di civiltà sono in realtà disintegrando in Medio Oriente e Nord Africa. L'energia distruttiva rilasciata nel processo può bruciare stati che si trovano ben oltre questa regione. I terroristi (incluso lo Stato Islamico) pretendono uno status di nazione. Inoltre, stanno già cominciando a creare enti parastatali locali che si occupano di lavoro amministrativo.
In tale contesto, le minoranze, tra cui i cristiani, sono bandite. In Europa, parlare di questi problemi non è considerato politicamente corretto. Si vergognano quando all'OSCE li invitiamo a fare qualcosa insieme per questo problema. Si chiedono perché dovremmo concentrarci specificamente dei cristiani? E perché questo dovrebbe essere speciale? L'OSCE ha tenuto una serie di eventi dedicati a mantenere vive le memorie dell'Olocausto e delle sue vittime. Alcuni anni fa, l'OSCE ha iniziato a svolgere eventi contro l'islamofobia. Noi offriremo un'analisi dei processi che portano alla cristianofobia.
Il 4-5 dicembre, le riunioni dei ministri dell'OSCE si terranno a Basilea, dove presenteremo la proposta. La maggior parte degli Stati membri dell'UE elude questo argomento, perché si vergogna a parlarne. Così come si vergognavano di includere in quella che allora era la Costituzione europea elaborata da Valery Giscard d'Estaing una frase che l'Europa ha radici cristiane.
Se non ricordi o non rispetti le tue radici e tradizioni, come potrai rispettare le tradizioni e i valori di altre persone? Questa è logica semplice. Confrontando quello che sta accadendo oggi in Medio Oriente con un periodo di guerre di religione in Europa, il politologo israeliano Avineri ha detto che è improbabile che le attuali turbolenze finiscano con quello che intende l'Occidente quando parla di "riforme democratiche".
Il conflitto arabo-israeliano è destinato a morte certa. È difficile giocare su più scacchiere alla volta. Gli americani stanno cercando di ottenere questo risultato, ma per loro non funziona. Nel 2013, hanno impiegato nove mesi per risolvere il conflitto israelo-palestinese. Non voglio entrare nei motivi, che sono noti, ma hanno fallito anche in questo. Ora, hanno chiesto più tempo per cercare di realizzare alcuni progressi entro la fine del 2014, in modo che i palestinesi non vadano alle Nazioni Unite a firmare lo Statuto della Corte penale internazionale, ecc. Improvvisamente, è emerso che i negoziati sull'Iran sono in corso. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha buttato da parte la Palestina per concentrarsi sull'Iran.
Il segretario di Stato americano John Kerry e io abbiamo accettato di parlare di questo argomento qualche tempo prima. È importante capire che non si può tenere il problema dello Stato palestinese totalmente congelato per sempre. La sua mancata risoluzione per quasi 70 anni è stato uno dei principali argomenti di coloro che reclutano estremisti nei loro ranghi; "non c'è giustizia: si è promesso di creare due stati; quello ebraico è stato creato, ma non potranno mai creare uno stato arabo". Utilizzati in una strada araba affamata, questi argomenti suonano abbastanza plausibili, e cominciano a chiedere una lotta per la giustizia con altri metodi.
Il presidente russo Vladimir Putin, durante la riunione al Club Valdai di Sochi, ha detto che abbiamo bisogno di una nuova versione dell'interdipendenza. Questa è stata una dichiarazione di grande attualità. Le principali potenze devono tornare al tavolo dei negoziati e concordare un nuovo quadro che tenga conto degli interessi legittimi di base di tutte le parti principali (non posso dire come dovrebbe essere chiamato, ma dovrebbe essere basato sulla Carta delle Nazioni Unite), per concordare ragionevoli restrizioni autoimposte e una gestione dei rischi collettiva in un sistema di relazioni internazionali sostenute da valori democratici. I nostri partner occidentali promuovono il rispetto per lo Stato di diritto, la democrazia e l'opinione di minoranza all'interno dei paesi, mentre non difendono gli stessi valori negli affari internazionali. Questo lascia alla Russia un ruolo di pioniere nel promuovere la democrazia, la giustizia e il diritto internazionale. Un nuovo ordine mondiale non può che essere policentrico e deve riflettere la diversità delle culture e delle civiltà nel mondo di oggi.
Siete consapevoli dell'impegno della Russia a garantire l'indivisibilità della sicurezza negli affari internazionali e a sostenerla nel diritto internazionale. Non mi dilungherò su questo.
Vorrei sostenere il punto fatto da vostro Consiglio, la Russia non riuscirà a diventare una potenza grande, di successo e fiduciosa del XXI secolo senza sviluppare le sue regioni orientali. Sergej Karaganov è stato tra i primi a concettualizzare questa idea, e sono pienamente d'accordo. Portare la relazioni della Russia con i paesi dell'Asia e del Pacifico a un nuovo livello è una priorità assoluta. La Russia ha lavorato in questo senso nel corso della riunione dell'APEC a Pechino e al forum del G20. Continueremo a muoverci in questa direzione nel nuovo ambiente creato dal prossimo lancio dell'Unione Economica Eurasiatica il 1 gennaio 2015.
Siamo stati trattati come "subumani". Per oltre un decennio, la Russia ha cercato di stabilire rapporti di partnership con la NATO attraverso la CSTO (ОДКБ). Questi sforzi non sono stati solo per mettere la NATO e la CSTO "nella stessa lega". Di fatto, la CSTO si concentra sulla cattura di spacciatori di droga e migranti illegali in tutto il confine con l'Afghanistan, e l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico è la spina dorsale delle forze di sicurezza internazionali, che, tra le altre cose, avevano il compito di combattere la minaccia del terrorismo e di eliminare i suoi programmi di finanziamento, che prevedono il traffico di droga. Abbiamo provato di tutto: abbiamo supplicato e poi preteso un contatto in tempo reale, in modo che una volta che la NATO rileva una carovana trasporto di stupefacenti e non è in grado di fermarla, ci avverta attraverso il confine, in modo che questa carovana possa essere intercettata dalle forze della CSTO. Hanno semplicemente rifiutato di parlare con noi. Nelle conversazioni private, i nostri  sostenitori della NATO (e in realtà li definisco così in modo positivo) ci hanno detto che l'alleanza non può visualizzare la CSTO come partner paritario per motivi ideologici. Fino a poco tempo fa, abbiamo visto lo stesso atteggiamento condiscendente e arrogante per quanto riguarda l'integrazione economica eurasiatica. E questo, nonostante il fatto che i paesi che intendono aderire all'Unione Economica Eurasiatica abbiano tra loro molto più in comune in termini di economie, storia e cultura rispetto a molti stati membri dell'UE. Questa unione non intende creare barriere con alcuno. Abbiamo sempre sottolineato come questa unione dovrebbe essere aperta. Credo fermamente che possa dare un contributo significativo alla costruzione di un ponte tra Europa e Asia del Pacifico.
Non posso non menzionare il partenariato globale della Russia con la Cina. Sono state prese importanti decisioni bilaterali, aprendo la strada ad un'alleanza energetica tra la Russia e la Cina. Ma c'è di più. Ora possiamo anche parlare dell'alleanza tecnologia emergente tra i due paesi. Il tandem della Russia con Pechino è un fattore cruciale per garantire la stabilità internazionale e almeno un certo equilibrio nelle questioni internazionali, oltre a garantire lo stato di diritto internazionale. Faremo pieno uso delle nostre relazioni con l'India e il Vietnam, partner strategici della Russia, così come i paesi dell'ASEAN. Siamo aperti anche ad ampliare la cooperazione con il Giappone, se i nostri vicini giapponesi possono guardare ai loro interessi nazionali e smettere di guardare alle spalle ad alcuni poteri d'oltremare.
Non vi è dubbio che l'Unione europea è il nostro principale partner collettivo. Nessuno intende "spararsi in un piede" rinunciando alla cooperazione con l'Europa, anche se è ormai chiaro che i consueti affari non sono più un'opzione. Questo è ciò che i nostri partner europei ci dicono, ma neppure noi vogliamo operare alla vecchia maniera. Essi credevano che la Russia dovesse loro qualcosa, mentre noi vogliamo essere su un piano di parità. Per questa ragione, le cose non saranno mai più le stesse. Detto questo, sono sicuro che saremo in grado di superare questo periodo, si impareranno le lezioni ed emergerà una nuova base per le nostre relazioni.
L'idea di creare uno spazio economico unico e umanitario da Lisbona a Vladivostok può ora essere ascoltata qua e là e sta guadagnando trazione. Il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, ha detto pubblicamente (mentre noi lo abbiamo detto per molto tempo) che l'UE e la EAEU dovrebbero dialogare. La dichiarazione che il presidente Vladimir Putin ha fatto a Bruxelles nel gennaio 2014, quando ha proposto il primo passo per avviare i negoziati su una zona di libero scambio tra l'Unione Europea e l'Unione Doganale con un occhio al 2020, ora non è più vista come qualcosa di esotico. Tutto questo è già diventato parte della diplomazia e della politica reale. Anche se questo è finora solo oggetto di discussione, credo fermamente che un giorno raggiungeremo quella che viene chiamata "l'integrazione delle integrazioni." Questo è uno dei temi chiave che vogliamo promuovere in seno all'OSCE in occasione del Consiglio dei ministri a Basilea. La Russia sta per assumere presidenza dei BRICS e della SCO. Le due organizzazioni terranno i loro summit a Ufa. Si tratta di organizzazioni molto promettenti per la nuova era.Non sono blocchi (soprattutto i BRICS), ma gruppi i cui membri condividono gli stessi interessi, che rappresentano paesi di tutti i continenti che condividono un approccio comune per quanto riguarda il futuro dell'economia mondiale, della finanza e della politica.


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Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 24/11/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1572750359625144

"Putin finanzia Le Pen e l'estrema destra francese. E potrebbe mandare soldi anche a Salvini". A questa notizia - con cui i media di regime e i sinistrati russofobi stanno inondando la rete per far passare il governo russo come "amico dei fascisti mentre si copre con la foglia di fico di un finto antifascismo" - andrebbe quantomeno il Premio Goebbels del mese. 
In primo luogo perché si cerca di spacciare il flusso di denaro che arriverà al Fronte Nazionale come un "regalo ricevuto da Mosca", quando invece è un PRESTITO richiesto da un soggetto di diritto privato (un partito) ad una banca privata straniera, da restituire con relativi interessi. Questa è una pratica comunissima in Francia e nei paesi in cui non esiste o è limitato il finanziamento pubblico dei partiti (tema che metterebbe un articolato ragionamento a parte, al di là del populismo e strillate travagliste): decine di forze politiche e movimenti, strangolati dai debiti accumulati per gestire l'apparato , sono ricorsi a prestiti o, addirittura, a richieste di contributi volontari ad "imprenditori", magnati e padroni del vapore vari (guardate, per esempio, l'elenco dei finanziatori della Leopolda di Renzi). 
In secondo luogo, perché si cerca di far passare una semi-sconosciuta banca russa per un'articolazione diretta del potere del Cremlino e di Putin e Medvedev. Perfino i Goebbels del Corriere sono costretti a dire che la First Czech Russian Bank, cioè chi sta concedendo il prestito alla Le Pen, è "un piccolo istituto russo di proprietà di Roman Yakubovich Popov". Insomma, una specie di Cassa di risparmio "alla buona" delle nostre parti. Un minuscolo topolino rispetto ai colossi russi come Sberbank, VTB, Bank of Moscow, Rosbank, Nomos-bank, Uralsib, TransCreditBank e Vozrozhdenie Bank, che rientrano tra le 500 banche più solide al mondo ( http://m.it.rbth.com/economia/2013/02/21/banche_russe_nella_top500_22219.html ) 
Ma per i nostri disinformatori al servizio della Nato, gli stessi che stanno nascondendo la notizia della vergognosa astensione dell'Italia e di tutti i paesi UE sulla mozione all'ONU contro la glorificazione del nazismo, adesso "Putin sta finanziando i partiti fascisti, razzisti e xenofobi europei".

Come si evince dal nome della banca, si tratta di un istituto a capitale russo e ceco... E la Repubblica Ceca è un paese UE e Nato:
http://investing.businessweek.com/research/stocks/private/snapshot.asp?privcapId=34102710

Fonti:
http://www.corriere.it/esteri/14_novembre_24/arrivo-nove-milioni-banca-putin-l-ascesa-le-pen-ab2672fa-73a3-11e4-a443-fc65482eed13.shtml
http://www.repubblica.it/esteri/2014/11/25/news/il_bancomat_di_putin_per_i_nazionalisti_d_europa_in_fila_anche_la_lega_ogni_aiuto_ben_accetto-101347501/?ref=HREC1-6

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Fonte: pagina FB "Premio Goebbels per la disinformazione", 25/11/2014
https://www.facebook.com/premiogoebbels/posts/1572859539614226

"La banca di Putin e Medvedev finanzia i fascisti del Fronte Nazionale francese". Questa è la notizia che è rimbalzata sui media occidentali embedded in queste ore. Abbiamo già scritto sul tema, ma ci torniamo volentieri. 
Reputando superfluo sottolineare che questa pagina non ha nessuna simpatia per la Le Pen, il Fronte Nazionale ed gruppi di estrema destra e neofascisti, e neppure per i banchieri, ribadiamo che le cose non sono andate proprio come scritto dai Goebbels della disinformazione. Cioè, si tratta: 1) di un prestito, non un contributo o una sovvenzione, rilasciato da una banca privata ad un soggetto privato (un partito) ed il governo russo non c'entra nulla; 2) di un prestito rilasciato da una banca a capitale misto russo e ceco (e che la Repubblica Ceca è un paese UE e Nato). A questo, aggiungiamo che, se la "First Czech Russian Bank" fosse realmente la "banca ufficiale del Cremlino", Putin e Medvedev sarebbero proprio dei dilettanti allo sbaraglio, visto che si tratta di un istituto bancario di serie C o D, che occupa solo il 42esimo posto nella graduatoria (che alleghiamo) del rating delle banche russe.

Top 50 Russian Banks
http://www.rbcnews.com/ratings/ratings02.shtml


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Fonte: pagina FB de "La Scintilla",

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