Informazione


NON SCHERZAVA AFFATTO

Edi Rama: le imprese italiane investono da noi perché non ci sono i sindacati. Renzi: scherza

DALLA NOSTRA INVIATA TIRANA È alto come un pivot della pallacanestro il premier albanese Edi Rama. Matteo Renzi sembra addirittura basso accanto a lui, in questa parata delle grandi occasioni che ieri ha chiuso il semestre italiano di presidenza della Ue e ha spalancato all'Albania le porte sull'Unione. (...) E se non fosse stato per la tragedia del traghetto Norman Atlantic che aleggiava nell'aria, la conferenza stampa congiunta a Tirana sarebbe stata un ping pong di battute, e di cortesie, ma anche di serrate e improvvise alleanze fra i due premier amici davanti a quelle domande da respingere al mittente, con decisione. Una domanda, in particolare, arriva a turbare l'armonia e giunge per bocca di un giornalista albanese. Matteo Renzi ascolta la domanda con l'auricolare e aspetta la traduzione. Edi Rama la capisce in viva voce. Ma è Renzi che risponde per primo. «Scusate tanto, volevo chiedere al mio premier ma anche al premier italiano: è vero che voi due, presidenti del Consiglio di sinistra, fate riforme che sono di destra?». Il sorriso sparisce dal volto di Renzi: «No, non è vero», la risposta secca che non ammette repliche. Edi Rama si adegua su tutta la linea: «No, non è vero». (...) Rama ha poi preso la palla al balzo per un affondo ironico: «Non voglio mettere in difficoltà il mio amico Matteo dicendo agli imprenditori italiani di venire ad investire in Albania perché qui da noi non ci sono i sindacati e perché le tasse sono al 15 per cento». Questa volta il sorriso di Renzi non si è spento. Questa volta è facile per lui parare il colpo, arrivato dal fuoco amico: «It's a joke. Sta scherzando». 

di Arachi Alessandra
Corriere della Sera, 31 dicembre 2014

*** Norman Atlantic: muoiono anche due lavoratori albanesi (30/12/2014)
Due marinai del rimorchiatore albanese Illiria sono morti durante le manovre per l'aggancio del traghetto Norman Atlantic, al largo di Valona. I due sono stati colpiti da un cavo che si è spezzato durante le manovre di aggancio. Si chiamavano Petrit Jahja, 59 anni ed Edmond Ilia, 57 anni.

*** Norman Atlantic: albanesi incaricati da nonsisachi tentano lo "scippo" del relitto (30-31/12/2014)
Il procuratore distrettuale di Bari, avvisa: “Temiamo che qualcuno sia interessato al relitto. Ma adesso nessuno può impossessarsene senza commettere un reato penalmente rilevante”. Attorno alla Norman ci sono altri due rimorchiatori albanesi, di ignota provenienza. (...) “Si tratta di mezzi non attrezzati e con personale poco preparato”, dichiara Volpe. Infatti è nel corso delle operazioni condotte da queste due navi che stamattina sono morti due marinai albanesi, colpiti da un cavo d’acciaio spezzato.  
"Non sappiamo a chi rispondessero i rimorchiatori che hanno cercato di portare la nave verso l'Albania. Certamente non a noi", dice il portavoce della società olandese Smit Salvage, leader mondiale nel soccorso di navi in difficoltà. "Quelle imbarcazioni non lavorano per noi. Sono arrivati dall'Albania, forse sono stati coinvolti dalla guardia costiera di quel Paese, anche se non ne siamo sicuri. Di certo non hanno niente a che fare con la Smit". E i due operai albanesi di un rimorchiatore morti? "Non avevano niente a che fare con noi. Non porteremmo di certo la nave verso l'Albania di nostra iniziativa. Noi ci muoviamo rispettando le disposizione che arrivano dalle autorità italiane e dal proprietario del traghetto".



(srpskohrvatski / italiano)

L'Occidente baluardo di libertà e diritti?

1) D. Losurdo: Dopo Parigi, l'Occidente come baluardo della libertà di espressione e dei diritti individuali?
2) FLASHBACK: Kaotičan svijet Ezia Maura – direktora novina „Repubblica“. Smjesta dajte oružje toj novini!


Si vedano anche, sulla strage del Charlie Hebdo e reazioni conseguenti :

Quando Israele volò fino a Londra per sparare ad un vignettista… (10 gennaio 2015)

La firma dei killer, noti alla polizia e ai servizi segreti (Manlio Dinucci,  8.1.2015)
http://ilmanifesto.info/la-firma-dei-killer-noti-alla-polizia-e-ai-servizi-segreti/

Da tempo Charlie Hebdo non faceva più ridere, oggi fa piangere (Quartiers libres, 8 Gennaio 2015)

Un colpo alla Francia e all'Europa (Giulietto Chiesa, mercoledì 7 gennaio 2015)
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114319&typeb=0&Un-colpo-alla-Francia-e-all-Europa

Charlie Hebdo: la guerra e la guerra santa (di Francesco Santoianni, 7/1/2015)
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2839

Il Punto di Giulietto Chiesa: Parigi, trappola sanguinosa (07/01/2015)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=p9mpDJgmncg


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Dopo Parigi: l'Occidente come baluardo della libertà di espressione e dei diritti individuali?

di Domenico Losurdo (10/1/2015)

Sull’onda dell’attacco terroristico di Parigi, i media occidentali in coro si atteggiano a campioni della libertà di espressione. Che ipocrisia ripugnante! Riporto qui una pagina dal mio libro: «La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra»  [DL].

... Vediamo quale sorte nel corso della guerra contro la Jugoslavia è stata riservata alla libertà di stampa e di espressione. Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1999, a conclusione di un’azione preordinata e rivendicata dai più alti comandi, gli aerei statunitensi ed europei distruggevano l’edificio della televisione serba, uccidendo e ferendo gravemente decine di giornalisti e impiegati che vi lavoravano. Non si tratta affatto di un caso isolato: «Nel momento probabilmente più difficile per il fronte dei ribelli, la NATO torna a bombardare pesantemente l’area di Tripoli nel tentativo di frenare la propaganda di Gheddafi»; le bombe colpivano questa volta la televisione libica, messa a tacere mediante la distruzione delle strutture e l’uccisione dei giornalisti (Cremonesi 2011d). Oltre a violare la Convenzione di Ginevra del 1949, che vieta gli attacchi deliberati contro la popolazione civile, tali comportamenti calpestavano la libertà di stampa e la calpestavano sino al punto di condannare a morte i giornalisti televisivi jugoslavi e libici colpevoli di non condividere l’opinione dei vertici della NATO e di ostinarsi a condannare l’aggressione subita dal loro paese. 
È nota la risposta che a tutto ciò amano fornire i vertici politici e militari dell’Occidente nonché i difensori d’ufficio dell’Impero: schierandosi a favore di Milosevic o di Gheddafi (e indirettamente della loro politica «genocida») i giornalisti serbi e libici non si limitavano a esprimere un’opinione ma istigavano a un reato e quindi commettevano un crimine. Avrebbe potuto essere l’occasione per un dibattito sul ruolo della stampa e dei media in generale: qual è il confine che separa la libertà di opinione e di informazione dall’incitamento al crimine? Per fare solo un esempio, non c’è dubbio che le testate giornalistiche, le radio, le televisioni cilene, alla vigilia dell’11 settembre messesi al servizio della CIA e da essa lautamente finanziate, hanno svolto un ruolo golpista e criminale, si sono rese corresponsabili dei crimini perpetrati dal regime imposto da Augusto Pinochet e dai governanti di Washington (Chierici 2013, p. 39). Questo dibattito non ha mai avuto luogo. Se si fosse svolto, prima di essere assassinati, i giornalisti serbi avrebbero potuto obiettare ai loro accusatori: quali responsabili di crimini dovevano essere bollati, nella loro stragrande maggioranza, i giornalisti occidentali; essi giustificavano o celebravano l’azione della NATO (scatenata contro la Jugoslavia senza l’approvazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e quindi contraria al diritto internazionale) e i suoi bombardamenti (spesso all’uranio impoverito), che sistematicamente distruggevano infrastrutture civili e non risparmiavano persone innocenti e donne e bambini. E in modo analogo, con qualche piccola variante, prima di essere assassinati, avrebbero potuto argomentare i giornalisti libici. 
Al dibattito è stato preferito il ricorso alle bombe, in ultima analisi il ricorso al plotone di esecuzione. A decidere sovranamente cos’è un’opinione e cos’è un reato sono l’Occidente e la NATO, coloro che dispongono dell’apparato militare (e multimediale) più potente; i più deboli possono esprimere la loro opinione solo a loro rischio e pericolo. Cosa pensare di una «libertà di espressione» che può essere sovranamente cancellata dai padroni del mondo proprio quando essa sarebbe più necessaria, in occasione di guerre e di aspri conflitti? 
In tema di libertà di espressione e di stampa c’è una circostanza che dà da pensare: fra i giornalisti ai giorni nostri più famosi sono da annoverare Julian Assange, che con WikiLeaks ha portato alla luce fra l’altro alcuni crimini di guerra commessi dai contractors statunitensi in Irak, e Gleen Greenwald, che ha richiamato l’attenzione sulla rete universale di spionaggio messa in piedi dagli USA: il primo, tempestivamente accusato di violenza sessuale e timoroso di essere estradato oltre Atlantico, si è rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra; il secondo, pur non essendo sottoposto ad alcun provvedimento giudiziario, sembra terrorizzato e a Rio de Janeiro «vive cambiando in continuazione tetto, numeri di telefono ed e-mail» (Molinari 2013b). È da aggiungere che la fonte del primo giornalista (Bradley Manning) è in carcere, dove rischia di trascorrere il resto della sua vita, mentre la fonte del secondo (Edward Snowden), pur rifugiato a Mosca, non si sente affatto al sicuro e vive in una sorta di clandestinità. 
I media occidentali in coro esprimono la loro indignazione per il comportamento dell’ISIS. E di nuovo ripugnante risulta loro ipocrisia. Il fondamentalismo islamico non solleva obiezioni quando infuria contro la Libia di Gheddafi e la Siria di Assad, cioè contro i paesi presi di mira dall’Occidente. Sempre dal mio libro «La sinistra assente. Crisi, società dello spettacolo, guerra» riprendo un paragrafo: 


Il ritorno delle donne di conforto» e della schiavitù sessuale 

Proprio a tale proposito la barbarie del sussulto neocolonialista attualmente in corso si rivela con particolare evidenza. In Medio Oriente le rivoluzioni anticoloniali hanno comportato un netto avanzamento dell’emancipazione femminile, imposta però a una società civile ancora largamente egemonizzata da costumi patriarcali e maschilisti tanto più pervicaci in quanto santificati da una secolare tradizione religiosa. È su questa cultura e questi ambienti che l’Occidente ha fatto leva per riaffacciarsi prepotentemente su un’area da esso a lungo dominata. I risultati sono devastanti: in Libia «la sezione costituzionale della Corte suprema di Tripoli reintroduce la poligamia in nome della legge musulmana». Non si tratta di una svolta inaspettata. Nel «discorso della vittoria» da lui pronunciato il 28 ottobre 2011, il leader imposto dagli aerei NATO e dai miliziani e dal denaro delle monarchie del Golfo si era affrettato «ad annunciare che nella “nuova Libia” ogni uomo avrebbe avuto il diritto di sposare sino a quattro mogli nel pieno rispetto del Corano». Sì: 

«A suo dire, era questo uno dei tanti provvedimenti mirati a cancellare per sempre il retaggio della dittatura di Gheddafi. Quest’ultimo, specie nella prima fase più socialista e “nasseriana” del suo quarantennio al potere, aveva cercato di concedere alcune migliorie allo status delle donne, introducendole massicciamente nel mondo del lavoro e appunto limitando, per quanto era possibile in una società tribale come quella libica, la poligamia» (Cremonesi 2013a). 

Socialismo, nasserismo? È quello che di più odioso vi può essere agli occhi dell’Occidente neoliberista e neocolonialista; sennonché, la controrivoluzione neocoloniale è al tempo stesso la controrivoluzione antifemminista. 
Tra la massa di profughi, a soffrire in modo tutto particolare sono le donne, spesso destinate a essere vendute quali «spose». Vediamo quello che avviene in Giordania: «Tanti tassisti di Amman ormai si sono industriati. Attendono i ricchi sauditi e dei paesi del Golfo all’aeroporto o di fronte agli hotel a cinque stelle. Basta poco per capire cosa vogliono». Le ragazze e le donne siriane sono ricercate per la loro bellezza. E per di più: 

«Costano poco, bambine di 15 o 16 anni cedute dalle famiglie per cifre che possono restare nei limiti dei 1. 000 o 2. 000 euro. Una quisquilia, noccioline per gli uomini d’affari del Golfo. Sono abituati a spendere ben di più. Una notte in compagnia di prostitute ucraine in un albergo a Dubai può costare anche il doppio» (Cremonesi 2012b). 

E così, i membri dell’aristocrazia corrotta e parassitaria al potere nei paesi del Golfo, da sempre appoggiata dall’Occidente, possono trarre un duplice vantaggio dalla politica di destabilizzazione da loro perseguita in Siria: indeboliscono un regime laico e anzi blasfemo per il fatto di promuovere l’emancipazione delle donne; possono procurarsi a prezzi di svendita donne, ragazze e bambine di bellezza fuori del comune. Va da sé che, nelle aree della Siria conquistate dai «ribelli», le donne sono costrette a subire il ritorno all’Antico regime: esse devono coprire interamente il loro corpo e sono condannate alla segregazione e alla schiavitù domestica. 
Ma la tragedia delle donne medio-orientali non ha ancora toccato il suo culmine. Lo scoppio e l’aggravarsi della crisi in Siria hanno fatto emergere la terribile realtà della «jihad del sesso», che qui conviene descrivere a partire sempre dalle corrispondenze della più autorevole stampa occidentale. Convinte da autorità religiose e da predicatori fondamentalisti, soprattutto in Tunisia «prostitute bambine» e «ragazze di famiglie povere, minorenni e spesso analfabete» raggiungono clandestinamente la Siria per offrirsi ai guerrieri islamisti e allietarli tra una battaglia e l’altra, in modo da garantirsi l’accesso al Paradiso. Il lavoro delle «schiave tunisine» è duro: «Molte di loro hanno avuto rapporti sessuali anche con venti, trenta, cento mujaheddin». Alcune restano incinte, e la tragedia così si aggrava: «Nel Maghreb rurale, nei villaggi del Sud tunisino, una madre senza marito è solo una prostituta», per questa ragione spesso non più riconosciuta e rinnegata dagli stessi genitori. Ma chi sono i responsabili di tutto ciò? Non si tratta solo del fondamentalismo tunisino: a incitare alla «guerra santa del sesso» è anche uno «sceicco» dell’Arabia saudita (il paese che non bada a spese per armare i ribelli). D’altro canto, come i guerrieri, cosi le bambine e la ragazze chiamate a offrir loro conforto sessuale raggiungono la Siria «via Libia o Turchia»; e, «secondo un rapporto dell’ONU», a provvedere alle spese di trasporto sono i «soldi del Qatar» (Battistini 2013). 
Dunque, oltre ai guerrieri islamici veri e propri, che provengono da ogni angolo del mondo e dallo stesso Occidente, a destabilizzare e a tentare di rovesciare il regime siriano, protagonista di un importante processo di emancipazione della donna, sono ragazze e bambine (soprattutto tunisine) che subiscono una totale de-emancipazione. Siamo portati a pensare alle comfort women, alle donne coreane e cinesi nel corso della seconda guerra mondiale costrette a prostituirsi ai militari dell’esercito di occupazione giapponese bisognosi di «conforto». Se le comfort women propriamente dette erano commiserate dal popolo di appartenenza, le protagoniste o meglio le vittime della «guerra santa del sesso» sono disprezzate e persino ripudiate dal loro stesso popolo. Non c’è dubbio che l’Occidente è corresponsabile di questa infamia, promossa da predicatori e autorità dell’Arabia saudita, finanziata dal Qatar, resa possibile dalla complicità di Turchia e Libia. Si tratta di paesi che godono del sostegno politico o per lo meno della benevola tolleranza di Washington e di Bruxelles. La Turchia fa persino parte della NATO, e il suo governo «mantiene aperto il confine della Siria e consente ai combattenti [islamici] di avere un porto franco nel Sud del paese, mentre armi, denaro contante e altri rifornimenti affluiscono sul campo di battaglia» (Arango 2013). Tra questi «rifornimenti» rientrano evidentemente anche le ragazze e le bambine destinate alla prostituzione sacra e bellica. 
Se in questo caso, ad alimentare la «jihad del sesso» sono in teoria delle «volontarie», in altri casi emerge in tutta chiarezza la violenza della schiavizzazione sessuale. Leggiamo ancora sul «Corriere della Sera»: 

«I miliziani delle brigate islamiche in Siria hanno un sistema tutto loro per scegliere le donne curde. In genere avviene ai posti di blocco. Salgono sui bus civili con i mitra puntati, si fanno consegnare la lista dei passeggeri dal conduttore e cercano i nomi non arabi. Individuate le più giovani e carine le obbligano a scendere, le fanno genuflettere e poggiando il palmo della mano sulla loro testa le dichiarano “halal”, che nella tradizione indica la carne macellata secondo la legge coranica, così vengono “islamizzate”, purificate, pronte per congiungersi carnalmente con i cavalieri della guerra santa. Violenza di uno solo o di gruppo: le ragazze sono considerate “spose temporanee”. Possono essere trattenute per poche ore, oppure settimane. Alcune tornano a casa, altre alla fine vengono uccise […] A detta di Ipek Ezidxelo, 30 anni, attivista del Partito di Unione Democratica (Pyd), il più importante movimento armato nelle regioni curde siriane, gli estremisti qaedisti, specie gli afgani, ceceni e libici, farebbero a gara per catturare vive le combattenti curde» (Cremonesi 2013b). 

Ora più che mai siamo portati a pensare alle comfort women, ora più che mai la realtà della schiavitù sessuale è sotto i nostri occhi in tutta la sua ripugnanza! E di nuovo emerge il ruolo poco lusinghiero dell’Occidente, scarsamente interessato a richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale sulla tragedia delle donne curde e ancora meno interessato a bloccare l’afflusso in Siria degli stupratori provenienti dalla Libia «liberata» dalla NATO...


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Orig.: Il mondo caotico di Ezio Mauro. Presto, armi a Repubblica (Tommaso Di Francesco, Il Manifesto del 6.9.14)

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KAOTIČAN SVIJET EZIA MAURA – DIREKTORA NOVINA „REPUBBLICA“. SMJESTA DAJTE ORUŽJE TOJ NOVINI!


Posted by Novi Plamen on September 11, 2014 [Prevela Jasna Tkalec]

Kome sve danas Italija isporučuje oružje? Nakon što ga je davala Kurdima i slala ga u Libiju i u Siriju (što je sve nepovratno zavrsilo u rukama džihadista), nakon što smo pročitali udarni članak Ezia Maura, više nema nikakvih sumnji, treba smjesta isporučiti oružje novinama „Repubblica“! Bilo je zaista teško čitati jedan toliko smušen članak urednika, i što je najgore, članak što se naginje nad zaista opasnu prazninu. U jednom momentu posumnjali smo da se radi o nekom virusu ili o pogrešnoj upotrebi „kopiraj-priljepi”  koja je upala u ovo važno razmišljanje iz posljednjeg tužno dugačkog napisa Oriane Fallaci te da se radi o ko zna kojoj po redu pohvali „civiliziranog“ Zapada, kojeg opsjeda barbarski pakao sa svih strana, počevši sa islamom i završivši sa ostatkom cijelog postojećeg svijeta.
piše Tommaso di Francesco
Dakle za Ezia Maura započelo je Treće razdoblje Atlantskog pakta, nakon Prvog razdoblja, u vrijeme Hladnog rata te drugog razdoblja nakon Pada zida, kad je „izgledalo da će se otvoriti dugo stoljeće u kojem više neće biti neprijatelja demokracije, pošto je ova konačno pobijedila u dvadesetom stoljeću“.
Pa ipak, datumi ne odgovaraju: prvi NATO pakt nastaje preventivno godine 1949 (a Varšavski pakt tek 1951), a druga sezona Atlantskog pakta krenula je 1999 (deset godina nakon 1989!) u Washingtonu, u punom „humanitarnom“ ratu sa 78 dana avionskih napada odnosno bombardiranja bivše Jugoslavije.
Ta druga faza Nato-a rođena je u ekspanzivnom ratu: ni govora o bilo kakvoj „odbrani“.
No zar nije bila pobijedila demokracija? Zar nije trebalo napraviti reviziju tog zlosretnog Saveza, umjesto što je zadržana ideologija nužnog postojanja neprijatelja?
A sada ova treća faza, jučer rođena u Wallesu, zaista je neophodna: ma pogledajte samo Islamski Kalifat, sa njegovom scenografijom smrti.
No tko je koristio ove mesare i koljače u svim istinskim ratnim teatrima, od Afganistana do Bosne, ako to nije činio upravo Zapad, kako bi došao do pobjede u ratu protiv realnog socijalizma na umoru i za svoje vlastite geostrategije moći te za atlantsku ideologiju prvenstva u civiliziranosti? Koji odnos postoji sada između islamskog krvavog noža i i izraelskih i američkih kasetnih bombi ?
Nema nikakve sumnje. Sada je već postalo opće prihvaćeno da i demokracija „isključuje“, ona služi samo onima, koji imaju garancije, jer ona „nije više garancija za governance“, budući da su nacionalne države poslane dovraga u svim nadnacionalnim sjedištima. Svijet je „izvan kontrole“ i „nemoguća“ je razmjena između građana i države, između prava i „sigurnosti“. Naravno, vojne sigurnosti. Pa da li smo još, pita se Ezio Mauro, raspoloženi braniti demokraciju, koja je napadnuta?
Iako je iscrpljen i lišen sadržaja, Zapad se, po mišljenju Ezia Maura, mora braniti „pod svaku cijenu“. Pa i Putin – koji predstavlja kaos – mora odgovoriti na islamski izazov (kao da je Mauro smtenuo s uma Belan i to tri dana prije njegove godišnjice).
Dakle hajdemo u nove „humanitarne“ ratove i stvorimo još mnogo baza u Trećoem slavnom razdoblju Tri faze NATO-a, koji se našao uz samu Rusiju. Još jedan novi vojni zid. Stoga, pod svaku cijenu, dajte brže bolje oružje novinama „Repubblica“.
Izvor: „il Manifesto“



(english / srpskohrvatski / italiano)

Prossime iniziative su Ucraina e Donbass

1) Bologna 16/1: UCRAINA. LA SITUAZIONE ATTUALE
2) Rep. di San Marino, 23/1: LA ASTENSIONE DI SAN MARINO E DEI PAESI U.E. SULLA MOZIONE ONU IN MERITO ALLA GLORIFICAZIONE DEL NAZISMO
3) Novorossija, 9 Maggio: LA PROSSIMA CAROVANA DELLA BANDA BASSOTTI

4) FLASHBACK: Dichiarazione delle FARC-EP sulla Resistenza in Donbass


Leggi anche:

Controsemestre. Ai fascisti ucraini non piace che si parli di pace (Redazione Contropiano Nordest, 18 Novembre 2014) 
http://contropiano.org/politica/item/27586-controsemestre-ai-fascisti-ucraini-non-piace-che-si-parli-di-pace


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Bologna, venerdì 16 gennaio 2015
dalle ore 20 c/o Sala Polivalente GRAF
Piazza Spadolini n. 3 – Quartiere San Donato – Bologna

ANPPIA Bologna                                                                                                        

ANPI 
Com. prov. Bologna
Sezione Barca - Bologna
Sezione Lame - Bologna
Sezione Pratello - Bologna
Sezione San Donato – Bologna


UCRAINA: Situazione Attuale

Saluto di Renato Romagnoli - Presidente Anpi Provinciale Bologna
Saluto di Massimo Meliconi - Presidente Anppia Comitato di Bologna

Intervengono

Dr. ANDREA CATONE
co-direttore della rivista “MarxVentuno”, studioso di Storia Contemporanea

Prof. FRANCESCO BENVENUTI
Università di Bologna

Coordina
Dr. ANDREA MARTOCCHIA


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Repubblica di San Marino, 23 gennaio 2015, ore 17,30
Sala Conferenze - Hotel I-DESIGN - Via del Serrone, 124 - Murata 

Fonte: profilo FB di Epifanio Troìna, 5/1/2014

<< 23 gennaio a San Marino - si terrà conferenza sul voto di ASTENSIONE di San Marino e dei paesi dell’UE sulla mozione che condanna i tentativi di glorificazione dell’ideologia del nazismo e la conseguente negazione dei crimini di guerra commessi dalla Germania nazista. La Risoluzione dell'ONU esprime "profonda preoccupazione per la glorificazione in qualsiasi forma del movimento nazista, neo-nazista e degli ex membri dell'organizzazione "Waffen SS", anche attraverso la costruzione di monumenti e memoriali e l'organizzazione di manifestazioni pubbliche". 
Alla luce dei continui rigurgiti fascisti e nazisti ai quali si assiste sempre più spesso in diverse parti del mondo, l'astensione sulla risoluzione dell' ONU, approvata a maggioranza, è un atto grave e inaccettabile e dimostra la subalternità alla volontà usa. Questo è inaccettabile e deplorevole. Tale voto umilia la nostra storia democratica e offende la Resistenza, i suoi protagonisti e i suoi valori.
Si parlerà anche del Donbass e della guerra civile in atto per contrastare la giunta nazifascista di kiev. Interverrà Viktoria Shilova.
SIETE INVITATI ! >>

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Sullo stesso tema si leggano:

I neo-Nazi imperversano in Ucraina, ma il Nazismo non è più il "male assoluto"(per l'Occidente) (di M.G. Bruzzone, su La Stampa del 30/11/2014)
Una settimana fa l’assemblea generale dell’ONU ha approvato una mozione presentata dalla Russia che condanna i tentativi di glorificazione dell’ideologia nazista (...) ad astenersi sono stati i paesi dell’ Unione Europea...
http://www.lastampa.it/2014/11/30/blogs/underblog/i-neonazi-imperversano-in-ucraina-ma-il-nazismo-non-pi-il-male-assolutoper-loccidente-zftkpiBxOsdKkyAKDoZupI/pagina.html?refresh_ce

Sulla neutralità (sic) dello Stato italiano in tema di nazismo
I comunicati dell'ANPI / Sul nazismo la UE si astiene (Italo Slavo)

L'Anti-antifascismo di UE e USA
US, Canada & Ukraine vote against Russia’s anti-Nazism resolution at UN



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PTV News – Speciale – Intervista Banda Bassotti (27/12/2014)
Lo storico gruppo romano, dopo il ritorno dalla Russia, non rinuncia all’idea di una seconda Carovana antifascista verso il Donbass…
http://www.pandoratv.it/?p=2496
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=gguKcFOSTxQ

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Comunicato della Banda Bassotti (28 dic 2014)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=oeAq3a6uYJI

Con questo Comunicato rispondiamo all'invito ufficiale da noi ricevuto il 20 ottobre 2014 a firma del Primo Ministro della Repubblica Popolare di Lugansk. L’invito ci chiedeva di tornare in Donbass per un concerto antifascista a Lugansk.

COMUNICATO DELLA BANDA BASSOTTI

Dal nostro ritorno a Roma, vediamo che continua in Donbass una falsa tregua fatta di bombardamenti su civili. Come prima muoiono civili, bambini, anziani e partigiani della Novarussjia. Vengono bombardate scuole, autobus. Impedita la vita normale dove i bambini possano tornare a scuola, dove le famiglie possano tornare ad una vita normale. Esattamente come prima della cosiddetta tregua, l'unione europea, sponsorizzata dagli usa, invia carri armati, materiale da guerra al regime di Kiev.
Riteniamo un dovere per tutti noi Antifascisti sostenere la lotta del Popolo della Novarossija.
Siamo molto legati alla Storia dell'URSS e della attuale Russia, per questo abbiamo deciso come data di una nostra visita al Donbass il 9 maggio 2015 che in tutti i Paesi figli dell'Unione Sovietica è la Festa del Giorno della Vittoria.
Con questo Comunicato annunciamo pubblicamente che la Banda Bassotti organizzerà una Carovana Antifascista per prendere parte alla Festa del Giorno della Vittoria.
In Italia festeggeremo il 25 aprile, Giorno della Liberazione e in Novarossjia il 9 maggio rendendo omaggio a tutti quei patrioti che hanno combattuto il Nazifascismo. Porteremo con noi ancora una volta le nostre canzoni, la Falce ed il Martello e la Bandiera Rossa.
Chiediamo agli Antifascisti di contribuire alla costruzione della Carovana Antifascista.

BANDA BASSOTTI - ROMA - PIANETA TERRA - dicembre 2014
NO PASARAN!

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Italian punk band to organize an “antifascist caravan” (Jan 03, 2015 - by ZugNachPankowin)
Italian punk band “Banda Bassotti” is ready for a second Carovana Antifascista…
http://www.southfront.eu/italian-punk-band-to-organize-an-antifascist-caravan/


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IN ENGLISH: FARC-EP STATEMENT ON UKRAINE
True to our anti-imperialist and anti-fascist commitment, the Revolutionary Armed Forces of Colombia-People’s Army, FARC-EP, strongly condemns the vile aggression unleashed by the Kiev regime against the workers and dissident population of Ukraine. The Ukrainian people have been caught in the crossfire by the United States and the European Union…
http://workers.us5.list-manage.com/track/click?u=40da4c2268de414b49fa829df&id=083e529502&e=6386bdc711

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http://www.nuovacolombia.net/Joomla/documenti-analisi/5665-il-fascismo-e-la-nato-non-passeranno-solidarieta-alla-resistenza-antifascista-del-donbass.html
SOLIDARIETA’ ALLA RESISTENZA ANTIFASCISTA DEL DONBASS

Fedeli alla loro vocazione antimperialista e antifascista, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, FARC-EP, condannano categoricamente la vile aggressione scatenata dal governo di Kiev contro i lavoratori e la popolazione insubordinata dell’Ucraina.
Il popolo ucraino è bersagliato dal fuoco incrociato di Stati Uniti e Unione Europea, i primi in un’escalation guerrafondaia di accerchiamento e provocazione nei confronti della Russia, e la seconda nella sua smania di annettersi l’Ucraina. Entrambi bramano un’ulteriore espansione della NATO verso l’est, certamente con il proposito, assai mal dissimulato, di impadronirsi dei corridoi e dei giacimenti minerari ed energetici.
Nessuno, sano di mente, può dubitare che dietro le cosiddette “rivoluzioni arancioni” prima, ed il golpe dei Maydan poi, ci siano i lupi imperialisti camuffati da pecorelle democratiche e difensori dei diritti umani.
Il suddetto golpe ha portato al potere una cricca oligarchica con settori neonazisti, che ha scatenato un’impressionante e violenta caccia alle streghe non soltanto contro i comunisti, ma anche ai danni degli oppositori e degli abitanti russofoni in generale.
Nonostante l’assalto, la risposta popolare si è ingigantita a partire dalla resistenza antifascista delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, contro le quali il governo dell’oligarca Poroshenko, telediretto da Washington e Bruxelles, ha lanciato un’operazione di accerchiamento e sterminio con ogni tipo di armamento e decine di migliaia tra soldati e mercenari. Operazione che ha ucciso o ferito gravemente migliaia di persone innocenti, e che fustiga la popolazione civile del Donbass che i fascisti vogliono annichilire non solo con bombardamenti, ma anche attraverso la fame e la sete.
Nelle ultime settimane stiamo assistendo alla controffensiva armata delle milizie antifasciste capeggiate dal Fronte Popolare di Liberazione dell’Ucraina, della Novorossja e dei Subcarpazi russi, la cui lotta per la libertà e la giustizia sociale sta propinando duri colpi ai contingenti di Kiev, diversi dei quali finiscono per sbandare.
Manifestiamo la nostra solidarietà internazionalista al popolo ucraino ed ai combattenti antifascisti ed antioligarchici del Donbass, e chiamiamo i popoli del mondo a mobilitarsi per contrastare qualsiasi tentativo dell’imperialismo di imporre ulteriori guerre neocoloniali e regimi antidemocratici.
Oggi come ieri, il fascismo non passerà!

Commissione Internazionale delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, FARC-EP
15 settembre 2014




(english / srpskohrvatski / deutsch / italiano)

Voci dissenzienti dalla Repubblica Ceca

1) Czech president Zeman calls Yatsenyuk ‘Premier of war’ / Il presidente ceco compara la marcia di Capodanno 2015 a Kiev a quella dei nazisti / Nationalisten-Aufmarsch in Kiew: Zeman sieht Parallele zu Hitler-Deutschland 
2) Ufficiale di Praga Marek Obrtel rifiuta le medaglie Nato / Češki veteran s KiM odbija NATO odlikovanje: « Stidim se Zapada » / ‘Ashamed to have served criminals’: Czech veteran returns NATO medals / Oberstleutnant Obrtel gibt vier Medaillen an “kriminelle Vereinigung” N.A.T.O. zurück


Vedi anche,

sulla marcia nazista-europeista del Capodanno 2015 a Kiev:

Ukraine nationalists march in Kiev to honour Bandera
Erneut Angriff auf russische Journalisten in Kiew

sulla recente polemica del presidente ceco Zeman contro le "Pussy Riot":

Czech President Faces Live Radio Ban for Use of Swearwords: Spokesperson (29.11.2014)
Czech president could face live radio ban after ‘Pussy Riot are c**ts’ remark (1/12/2014)
Tschechien: Rundfunkrat will Präsident Zeman’s Reden zensieren (von PetraPez, 2/12/2014)


=== 1 ===

‘Premier of war’: Czech president says Yatsenyuk not seeking peaceful solution for E. Ukraine (RT, January 03, 2015)
Czech President Milos Zeman has slammed Ukrainian Prime Minister Arseny Yatsenyuk, calling him “a prime minister of war” because he is unwilling to peacefully solve the civil conflict in the country...


"Premier di guerra": il presidente della Repubblica Ceca dice Yatsenyuk non cerca una soluzione pacifica per l'Ucraina orientale

Il presidente ceco Milos Zeman ha condannato il primo ministro ucraino Arseny Yatsenyuk. Zeman dice che è "un primo ministro della guerra", perché non è disposto a risolvere pacificamente il conflitto civile, anche se Commissione europea ha raccomandato.
Yatsenyuk vuole risolvere il conflitto ucraino "con l'uso della forza", ha aggiunto il leader ceco.
Secondo Zeman, l'attuale politica di autorità di Kiev ha due "facce".
Il primo è il "volto" del presidente del paese, Petro Poroshenko, che "può essere un uomo di pace."
La seconda "volto" è quello di Yatsenyuk, che ha una posizione intransigente verso le forze di autodifesa in Ucraina orientale.
Zeman ha detto di non 'crede che il colpo di Stato di febbraio, durante la quale l'allora presidente Viktor Yanukovich è stato deposto dal potere, è stata una rivoluzione democratica a tutti.
"Maidan non era una rivoluzione democratica. Credo che l'Ucraina è in uno stato di guerra civile", ha detto Zeman.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, almeno 4.317 persone sono state uccise e 9.921 feriti nel conflitto in Ucraina orientale, da aprile, quando le autorità di Kiev hanno lanciato una cosiddetta operazione antiterrorismo nella regione.
(trad. Peter Iiskola)

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Tschechiens Präsident spricht von "Bürgerkrieg" in der Ukraine (03.01.15)
...Während der ukrainische Präsident Petro Poroschenko ein „Mann des Friedens“ sein könnte, sei der Premier Arsenij Jazenjuk „eher ein Mann des Krieges“, der die Krise in dem Land mit Gewalt lösen wolle...
http://www.tt.com/home/9447324-91/tschechiens-pr%C3%A4sident-spricht-von-b%C3%BCrgerkrieg-in-der-ukraine.csp   
  
Tschechiens Präsident Zeman nennt Jazenjuk „Premier des Krieges“ (03.01.15)
...Zeman räumte ein, dass seine Ukraine-Äußerungen seiner eigenen Popularität in Tschechien geschadet haben, führte dies jedoch darauf zurück, dass viele Tschechen über die Ereignisse vom vergangenen Jahr in Kiew sehr schlecht informiert seien...
http://de.sputniknews.com/politik/20150103/300499346.html  

‘Something wrong with Ukraine, EU’: Czech leader condemns ‘Nazi torchlight parade’ (RT, January 04, 2015)
The chilling slogans and a flagrant demonstration of nationalist symbols during the neo-Nazi march in Kiev reminded the Czech President Milos Zeman of Hitler's Germany. He said something was “wrong” both with Ukraine and the EU which didn’t condemn it…

Falsche "Idealisierung" der Ukraine (05.01.15)
...Tschechiens Präsident Milos Zeman hat sich gegen eine »Idealisierung« der Ukraine ausgesprochen. »Viele schlecht informierte Leute idealisieren die Ukraine. Sie glauben, dass sich etwas wie eine Samtene Revolution ereignet habe«...
http://www.neues-deutschland.de/artikel/957331.falsche-idealisierung-der-ukraine.html
 
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Il presidente ceco compara una marcia dei nazionalisti ucraini per Bandera a quella dei nazisti

5/1/2015

Il presidente della Repubblica ceca, Milos Zeman, ha criticato la processione con le torce organizzata il primo gennaio scorso in Ucraina e si è dichiarato preoccupato della totale assenza di posizione dell'Ue al riguardo.
Miloš Zeman, in un'intervista alla radio Frekvence 1, ha chiamato all'attenzione sull'”estetica nazista” della processione dei nazionalisti ucraini che si è tenuta il primo gennaio. La marcia è stata organizzata in onore del leader nazionalista ucraino Stepán Bandera, figura che, secondo il presidente, era il referente di Reinhard Heydrich, capo della Gestapo e Luogotenente della Boemia e della Moravia durante la seconda guerra mondiale.  
Secondo Zeman, la processione con le torce è stata “organizzata assolutamente nella stessa maniera che le marce dei nazisti nella Germania governata da Hitler”. “Qualcosa di molto grave sta avvenendo in Ucraina. Ma è ancora peggiore il fatto che sta il tutto continui senza che l'Ue esprima la minima protesta contro queste azioni”, ha concluso.

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Nationalisten-Aufmarsch in Kiew: Zeman sieht Parallele zu Hitler-Deutschland 

05.01.2015 – Der tschechische Präsident Milos Zeman hat den jüngsten Fackelzug der Rechtsextremen in Kiew mit Aufmärschen während der Diktatur des Nationalsozialismus in Deutschland verglichen. 
„Es stimmt etwas nicht mit der Ukraine: Am 1. Januar wurden dort Aufmärsche zum Andenken an Stepan Bandera organisiert, der nebenbei gesagt wie Reinhard Heydrich (von 1941 bis 1942 stellvertretender Reichsprotektor in Böhmen und Mähren – Red.) aussieht“, sagte Zeman dem Radiosender Frekvence 1.
Der Fackelaufmarsch am 1. Januar 2015 in Kiew sei „genauso wie die Nazi-Aufmärsche zu Zeiten Hitlerdeutschlands organisiert“ worden. „Dann habe ich zu mir selbst gesagt, dass mit dieser Ukraine etwas Schlimmes passiert“, so Zeman. „Etwas Schlimmes passiert aber auch mit der Europäischen Union, von der es keinen Protest gegen diese Aktion gegeben hat.“
Am 1. Januar haben mehrere tausend Anhänger der Swoboda-Partei und des „Rechten Sektors“ in Kiew einen Fackelmarsch zum 106. Geburtstag des umstrittenen Nationalistenchefs Stepan Bandera abgehalten.


=== 2 ===


Ufficiale di Praga rifiuta le medaglie Nato

Sta facendo molto discutere in Repubblica ceca una storia che ha come protagonista Marek Obrtel, ex ufficiale medico dell'esercito di Praga, impegnato in passato in missioni di peacekeeping in Bosnia-Erzegovina, Kosovo e Afghanistan. Obrtel che, in una lettera aperta, ha chiesto nei giorni scorsi al ministero della Difesa di Praga di riprendersi le medaglie da lui guadagnate durante le operazioni all'estero compiute nell'ambito di operazioni Nato. Un coinvolgimento di cui oggi Obrtel «si vergogna profondamente», ha scritto l'ex tenente colonnello. Questo perchè l’Alleanza atlantica si sarebbe trasformata in una «organizzazione criminale, guidata dagli Usa e dai suoi perversi interessi», la giustificazione di Obrtel, che ha poi chiarito ai media di Praga che l'impulso a riconsegnare le onorificenze è nato «dai recenti sviluppi politici» e dalla sua opposizione alle «politiche Usa verso la Russia, l'Ue e tutti i Paesi liberi». (m. man.)

03 gennaio 2015

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Na srpskohrvatskom:

Češki veteran s KiM odbija NATO odlikovanje: « Stidim se Zapada » (Ponedeljak 29.12.2014. - Beta)
Bivši češki vojni lekar, veteran iz misija na Kosovu, u BiH i Avganistanu, zatražio je od češkog ministra odbrane da mu oduzme odlikovanja NATO jer se ne slaže s politikom Zapada prema Rusiji i jer se stidi zapadnog vojnog saveza kao « zločinačke organizacije »…

Zakasnela pravda za Srbe (Sreda 31.12.2014.- J. Arsenović)
Bivši češki vojni lekar Marek Obrtel zatražio je od ministra odbrane svoje zemlje da mu oduzme NATO odlikovanja zato što se ne slaže s politikom Zapada prema Rusiji i jer se stidi Alijanse kao « zločinačke organizacije »…

Češki potpukovnik: Vraćam ordenje zločinačkoj NATO alijansi (E. V. N. | 03. januar 2015.)
Bivši češki vojni lekar, potpukovnik Marek Obrtel, koji je služio na Kosovu, u BiH i Avganistanu zatražio je u otvorenom pismu ministru odbrane da mu se ordenje oduzme…

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In english:

‘Ashamed to have served criminals’: Czech veteran returns NATO medals (RT, December 30, 2014)

Army doctor to return medals in protest against NATO (Czech News Agency / Prague Post, December 30, 2014)
Former Czech military doctor and reserve Lieutenant Colonel Marek Obrtel called on Defense Minister Martin Stropnický to strip him of the medals he received for taking part in NATO operations in protest against the U.S. policy on Russia, daily Právo writes today…
http://www.praguepost.com/czech-news/43556-monday-news-briefing-dec-30-2014

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Oberstleutnant gibt vier Medaillen an “kriminelle Vereinigung” N.A.T.O. zurück


Von PETRAPEZ  31. DEZEMBER 2014

Offener Brief an den Verteidigungsminister und die Regierung der Tschechischen Republik – Antrag auf Widerruf der Auszeichnungen in militärischen Operationen der AČR unter der Schirmherrschaft der N.A.T.O.


Es gibt sie noch, Menschen mit Gewissen, die nicht nur voller Groll in der Zimmerecke vor sich hin grummeln, sondern offen ihre Missbilligung mit einem grossen Paukenschlag über einen Militärapparat zum Ausdruck bringen, dem sie ihr Einkommen und Karriere verdankten.

Mit dieser guten Nachricht beenden wir das alte Jahr und starten zuversichtlich in das kommende. Möge dem guten Beispiel von Oberstleutnant Marek Obrtel so viel wie möglich folgen.

Marek Obrtel war tschechischer Militärarzt. Seine Einsatzgebiete waren die Kriege in Kosovo und Bosnien-Herzegovina und anderen Ländern des ehemaligen Jugoslawien sowie in Afghanistan. In Afghanistan war Obrtel Leiter des 11. tschechischen Militärkrankenhauses.

In einem dreiseitigen Brief an die tschechische Regierung und das Verteidigungsministerium, den er als Offenen Brief gleichzeitig an das Parlament weiterleitete um die Öffentlichkeit darüber in Kenntnis zu setzen, zeigte sich der Oberstleutnant tief beschämt darüber, an den internationalen Friedensmissionen der Nordatlantischen Allianz teilgenommen zu haben. Eine der Überschriften des in Abschnitte gegliederten Briefes heisst “Frost kommt aus dem Weissen Haus, das heisst von der N.A.T.O.” 

Marek Obrtel nannte darin die N.A.T.O. eine kriminelle Vereinigung mit grausamen Interessen und erbat den Modus zur Rücknahme seiner ihm verliehenen N.A.T.O.-Medaillen. Die von der U.S.A. geführte Allianz verfolge perverse Interessen und eine imperialistische Politik in künstlichen Konflikten auf der ganzen Welt auf der höchsten Stufe der Verderbtheit und des Machtrausches.

Weiter schrieb Obrtel, dass er seinen Dienst im guten Glauben mit allen ihm zur Verfügung stehenden Kräften ausführte und sein Bestes gegeben hatte, denn einen solchen Einsatz übt man nicht nur halb aus. “Aber immer mehr, besonders in Zusammenhang mit dem Kosovo-Konflikt, begann ich zu erkennen, dass unser Weg nicht richtig ist.”

Der Militärarzt schrieb weiter in dem Brief, dass jedes freie Land, das sich den Machtinteressen der U.S.A. widersetzt und seine Identität, die Ökonomie und Souveränität verteidigt, von der Landkarte getilgt werden müsse.

Der Militärarzt führte aus, dass er die Möglichkeit hatte, mit den Einheimischen zu sprechen. Dadurch wurde er in die Lage versetzt, eine Analyse und Bewertung der Situation aus allen möglichen Blickwinkeln führen zu können. 

“Immer, wenn ich das Gefühl bekam, dass “etwas nicht stimmt”, tröstete ich mich durch die Arbeit als Arzt und das es meine Aufgabe ist, den Kranken, Verletzten und Betroffenen, einschliesslich der lokalen Bevölkerung, wo unsere Truppen sie sahen, zu helfen.”

In den Gesprächen wurde Obrtel die “Absurdität” der Schritte der N.A.T.O. und die jüngsten Entwicklungen, die er als einen neuen Kalten Krieg bezeichnete, bewusst.

Das Verteidigungsministerium der Tschechischen Republik hat auf diesen Brief geantwortet, dass es kein Gesetz gibt, verliehene Medaillen wieder zurückzunehmen, aber er kann sie jederzeit zurückgeben, wenn er sie aufzugeben wünscht.

Der vollständige Brief, der auch auf die Rolle der C.I.A. und die Entwicklung der N.A.T.O. seit ihrer Gründung eingeht, wurde zwei Tage vor Weihnachten, am 22. Dezember 2014, auf der Parlamentwebsite PARLAMENTNI Liszty.cz unter “Marek Obrtel: Hluboce se stydím za zločineckou organizaci, jakou je NATO. Vracím vyznamenání” veröffentlicht.

In der Republik Tschechien wird seit Veröffentlichung des Briefes eine heftige Diskussion geführt. Dabei outen sich die Politiker, die als Kriegstreiber den Kurs der N.A.T.O. vehement verteidigen. Unter dem Artikel Veterán, který vrátil medaile a mluvil o „zločinném” NATO: Do debaty se zapojil generál a exministr obrany. A šlo se až na dřeň vom 30.Dezember 2014 kann die spannende Diskussion der Politiker in unserem Nachbarland verfolgt werden. 

Wir wünschen allen Leserinnnen und Leser ein gutes neues Jahr. Möge es uns mit vereinten Kräften gelingen, den Kriegsmoloch zu stoppen und die Verantwortlichen endlich zur Rechenschaft zu ziehen.