Informazione

(slovenscina / italiano)


INIZIATIVE SUL "GIORNO DEL RICORDO"


* Trieste, 5/2: “La più complessa vicenda del confine orientale” / “Najbolj zapletena zadeva na vzhodni meji”
* Bassano (VI), 6/2: Foibe. Storia Mito Memoria 
* Torino, 7/2: Confini orientali: fascismo, foibe, esodo
* Torino, 8/2: 3° Presidio Antifascista per la Pace e la verità storica
* Bologna, 10/2: E allora... le foibe ?!
* Parma, 10/2: Foibe e fascismo - X edizione
* Arezzo, 10/2: Foibe, io ricordo... tutto!!


=== Trieste, febbraio 2015
alle ore 18.00 in via Tarabochia 3

Convegno-dibattito sul tema:

il Giorno del Ricordo
“la più complessa vicenda del confine orientale”

Relatori:

Vincenzo CERCEO:
L’amministrazione del Comune di Trieste nei 42 giorni

Claudia CERNIGOI:
la Foiba di Basovizza, tra vicende processuali e creazione della storia di regime

Sandi VOLK:
Chi e perché viene ricordato, analisi delle “medaglie del ricordo”


 Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra europea Federazione provinciale di Trieste
 Partito Comunista d’Italia Federazione di Trieste


--- Trst, Dne 5. februarja 2015,
ob 18.uri v Ul. Tarabochia 3

SKUPŠČINA Z RAZPRAVO ntemo:

Dan Spomina
“Najbolj zapletena zadeva na vzhodni meji”

Posegi:

Vincenzo CERCEO:
Uprava Občine Trst v 0s0h 42 dneh

Claudia CERNIGOI: 
Bazovski šoht med sodnimi obravnavami in ustvarjanjem režimske zgodovine

Sandi VOLK:
Koga se spominjajo in zakaj, analiza “spominskih medalj”

STRANKA KOMUNISTIČNE PRENOVE-EVROPSKA LEVICA pokrajinska federacija Trst "
Komunistična Stranka Italije - Tržaška federacija



=== Bassano del Grappa (VI), venerdì 6 febbraio 2015
alle ore 20.30 presso la Sala Bellavitis, via Beata Giovanna 65

FOIBE / Storia Mito Memoria 

INCONTRO CON LO STORICO SANDI VOLK

Negli ultimi anni in Italia si è sollevato un acceso dibattito pubblico attorno alla costruzione di una verità ufficiale sulla questione delle Foibe. In questo contesto stereotipi consolidati ed interessi politici contingenti hanno invaso il terreno della ricerca storica. Grazie al contributo di Sandi Volk, attraverso un esercizio di rigorosa contestualizzazione storica, ci proponiamo di individuare e discutere quelli che appaiono elementi di mistificazione, falsificazione e propaganda.



=== Torino, sabato 7 febbraio 2015
alle ore 9:30 presso il Museo Diffuso della Resistenza, Corso Valdocco 4a

A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Torino
Ente Morale dal 1945

Incontro pubblico sui

Confini orientali: fascismo, foibe, esodo

Sabato 7 Febbraio 2015
h 9.30-12.30

Museo Diffuso della Resistenza 
Torino, corso Valdocco 4/a

Intervengono:

Claudia Cernigoi, ricercatrice storica e giornalista

Eric Gobetti, storico e ricercatore

Introduce: Ezio Montalenti, Presidente ANPI Provinciale di Torino

Coordina: Fulvio Gambotto, responsabile Commissione Formazione ANPI Provinciale di Torino 

Per l'occasione è esposta una mostra documentaria dal titolo "Fascismo, foibe, esodo" curata dalla Fondazione Memoria della Deportazione.

Per info: www.anpitorino.it



=== Torino, domenica 8 febbraio 2015

ore 14.30-17.00 in piazza Nazario Sauro

A.N.P.I. - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Ente Morale dal 1945
ANPI Provinciale di Torino

3° Presidio Antifascista per la Pace e la verità storica

Difendiamo la memoria contro tutti i neofascismi

Concerto acustico degli EGIN

Vin brulè
Esposizione mostra "Testa per dente" curata da Pol Vice
Esposizione mostra "Fascismo, foibe, esodo" curata dalla Fondazione Memoria della Deportazione
Interventi e letture
Testimonianze della Resistenza Italiana e Jugoslava

Per info: www.anpi.it



=== Bologna, 10 febbraio 2015

alle ore 15:30 presso la Facoltà di Economia, Aula 3
Piazza Scaravilli

E ALLORA... LE FOIBE ?!
Revisionismo di Stato e bombardamento mediatico

Conferenza-dibattito con

CLAUDIA CERNIGOI 
giornalista e ricercatrice storica

ANGELO D'ORSI
storico, Università di Torino 

FEDERICO TENCA MONTINI
autore del libro "Fenomenologia di un martirologio mediatico"

Promuovono
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS
Campagna Noi Restiamo Bologna
Partito Comunista d'Italia 
Rete Dei Comunisti Bologna
Ass. Il Manifesto in Rete 
Sinistra Classe Rivoluzione 
Sempre in Lotta 

per contatti: jugocoord(a)tiscali.it

Scarica la locandina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/bologna100215.jpg


=== Parma, Martedì 10 febbraio 2015

alle ore 20.45 presso il Cinema Astra

Foibe e fascismo - X edizione

Evento organizzato da ANPI-ANPPIA-Comitato Antifascista e Antimperialista per la Memoria storica di Parma.

20:45 - Al violino CRTOMIR SISKOVIC.
21:00 . Conferenza "Resistenza, revisionismo, rovescismo" con ANGELO D'ORSI (storico dell'Università di Torino).
21:30 - Film "Pokret!" (regia di G. Callisti - ANPI Viterbo videointervista a italiani partigiani in Jugoslavia).
22:00 - Conferenza "Foibe fra storia e mito" con CLAUDIA CERNIGOI (giornalista e ricercatrice storica).
22:45 - All'arpa SIMONA MALLOZZI.

Ingresso gratuito



=== Arezzo, martedì 10 febbraio 2015
alle ore 21:00 presso il Centro giovani “Onda d'urto”, via F. Redi

FOIBE
IO RICORDO...TUTTO!!

La verità contro il revisionismo storico

ne parliamo con:
Davide Conti
(storico e autore di “Occupazione italiana dei Balcani”)

Presentazione della mostra
“Testa per dente”

A seguire serata punkrock con
Na Juris

promuovono: 
Coordinamento Antifascista Antirazzista Toscano - Arezzo
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS








L'INNOCENTE


Ha detto Sergio Mattarella ...

... nel corso della Informativa urgente alla Camera sulla partecipazione dell'Italia alla aggressione armata contro la Repubblica federale di Jugoslavia, 24 marzo 1999:
<< Sappiamo tutti che l'ONU (...) non ha espressamente autorizzato un intervento armato in Kosovo. È anche a tutti nota la ragione per cui ciò non avviene: la ferma opposizione dei paesi con diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. Come è noto, l'Italia si batte da anni per una riforma del Consiglio di sicurezza che lo renda più democratico e rappresentativo, ponendo le premesse per un superamento del diritto di veto... >>

[In merito si veda anche la polemica in Commissioni riunite, 18 marzo 2003:

... in risposta a una interrogazione parlamentare, 27 settembre del 2000:
<< ... a Sarajevo ... non vi è mai stato uso di uranio impoverito >>

[In merito si vedano ad esempio:
Depleted Uranium Contaminates Bosnia-Herzegovina (ENS, March 25, 2003)
Depleted uranium in Bosnia's water (Apr 30, 2003)
Depleted Uranium in Bosnia and Herzegovina:Post-Conflict Environmental Assessment (UNEP, March 2003)

... intervistato dal Corriere della Sera, 5 giugno 1999:
<< La fine della guerra poteva essere raggiunta solo puntando su una pace giusta... Non vogliamo l' indipendenza di quella regione, ne' cambiare l' assetto territoriale della Jugoslavia. >>

[In merito si veda la dichiarazione alla stampa di Massimo D'Alema, che nel febbraio 2008 annuncia il riconoscimento dello "Stato" del Kosovo da parte dell'Italia:

... esprimendosi in merito al colpo di Stato dei nazionalisti serbi contro il governo delle sinistre, Ottobre 2000:
<< Scompare, nel nostro continente, l'ultimo regime fondato su una visione nazionalistica ed espansionistica a discriminante etnica e su principi ed ideologie ereditati dal totalitarismo' >>

[In merito alla discriminante etnica, si veda il nostro 


Su Mattarella e i bombardamenti anticostituzionali contro la Jugoslavia si vedano anche:

La composizione del governo D'Alema I (21 ottobre 1998)

Conferenza stampa di Solana e Clark, a Bruxelles (25 marzo 1999)
... Anche il vicepresidente del Consiglio italiano Sergio Mattarella, intervendo brevemente, questa mattina, al Senato, ha confermato che la Nato va avanti ...

In risposta alle contestazioni di Ramon Mantovani in Commissione Difesa (5 luglio 2000)




Campi di concentramento per zingari

1) Tra Auschwitz e Agnone, l’eredità del Porrajmos (di  E. Martini, su Il Manifesto del 25.1.2015)
2) Rita e gli esperimenti nazisti sui bimbi Rom (di S. Pasta, su Il Corriere - Città Nuova del 28.1.2015)


LEGGI ANCHE:

Alcuni campi di concentramento per zingari, incluso quello di Agnone (CB), sono elencati alla nostra pagina sull'internamento degli jugoslavi:

Per ulteriori approfondimenti si vedano anche gli articoli
Paola Cecchi: Sui Rom morti durante la II Guerra Mondiale
Elena Romanello: Ricordata per la prima volta (2010) la rivolta degli zingari nei lager
Tatiana Sirbu: The Deportation of Roma to Transnistria
Giovanna Boursier: La persecuzione degli zingari da parte del Fascismo
alla nostra pagina dedicata: 

I VIDEO:

Sinti survivor Karl Stojka on his arrival in Auschwitz-Birkenau (USC Shoah Foundation, 26 gen 2015 – IN ITALIANO / DEUTSCH) 
Sinti survivor Karl Stojka describes his arrival in Auschwitz-Birkenau in 1943...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=zWYg5Uk0VHk

Piero Terracina on the Zigeunerlager (Gypsy camp) in Auschwitz-Birkenau (USC Shoah Foundation, 26 gen 2015 – IN ITALIANO)
Holocaust survivor Piero Terracina talks about the Gypsy family camp known as the Zigeunerlager (Gypsy camp) in Auschwitz-Birkenau and describes the night of the camp liquidation...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=f_poSK-a8hs

Roma survivor Tulo Reinhart on deportations of Roma in Italy during WWII (USC Shoah Foundation, 26 gen 2015 – IN ITALIANO)
Roma survivor Tulo Reinhart talks about deportations of Roma in Italy during WWII...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=L0Us9oSjtEI


=== 1 ===

http://ilmanifesto.info/tra-auschwitz-e-agnone-leredita-del-purrajmos/

REPORTAGE

Tra Auschwitz e Agnone, l’eredità del Porrajmos

di  Eleonora Martini,  25.1.2015

Giornata della memoria. La «Devastazione» di Rom e Sinti in Germania e in Italia. Una storia quasi sconosciuta a causa dei pregiudizi italiani e per il ritardo con il quale Berlino ha riconosciuto lo sterminio razziale

Per tutta la vita Glazo si è sfor­zato di imma­gi­nare l’inimmaginabile: «Da tanto tempo ho il desi­de­rio di andare a vedere Ausch­witz, dove è morto il bisnonno, e le zie, e le cugine… dove è stata ster­mi­nata parte della mia fami­glia. L’anno che viene ci andrò». Per quest’anno Glazo si accon­tenta di posare quei suoi occhi, azzurri come il vetro del bic­chiere da cui viene il suo nome sinto-tedesco, sulle foto che il più gio­vane dei suoi figli gli mostra al ritorno del Viag­gio della memo­ria, orga­niz­zato dalla Regione Toscana. Come suo figlio, molti dei 650 stu­denti e inse­gnanti imbar­cati lunedì scorso sul treno Firenze/Auschwitz hanno rico­no­sciuto il nome di qual­che parente, nel lungo elenco espo­sto nel Blocco 13 del primo Campo.

In fuga perenne

Fu suo zio a sopran­no­mi­narlo Glazo, «da glas, bic­chiere, per­ché i sinti sono come gli indiani d’America, danno alle per­sone il nome delle cose che li cir­con­dano». Ma c’è stato un tempo in cui quelli come Paolo Gal­liano, classe 1949, di Prato ma mila­nese di nascita, per sal­varsi la vita hanno dovuto pren­dersi un cognome a caso. Così fece suo padre, il liu­taio Nello Leh­mann, sce­gliendo il nome di un vio­lino di ori­gine napo­le­tana e sfug­gendo così al Por­ra­j­mos, la «Deva­sta­zione», lo ster­mi­nio delle mino­ranze rom e sinte. Suo nonno Carlo Ludo­vico Leh­mann, anch’egli liu­taio, all’inizio del ’900 lasciò Ber­lino con i suoi cin­que figli per sfug­gire alla repres­sione della poli­zia tede­sca. Discen­dente della nume­rosa fami­glia Lehmann-Reinhardt che ancora oggi «conta circa 3500 per­sone in tutta Ita­lia e alcune cen­ti­naia in giro per l’Europa», Paolo Gal­liano è cre­sciuto giro­vago tra arti­sti, arti­giani e musi­ci­sti, e si è sta­bi­liz­zato a Prato solo una tren­tina di anni fa, «per i miei figli». Per tutta la vita ha ascol­tato le sto­rie dei suoi parenti dai nomi tede­schi — anche Rosen­feld, Win­ter, Hof­f­mann — impri­gio­nati nei campi di con­cen­tra­mento per zin­gari di Agnone o di Bol­zano e poi spe­diti a Mathau­sen o diret­ta­mente ad Ausch­witz. «Non è tor­nato nes­suno, solo una volta ho cono­sciuto una cugina di mio padre che aveva sul brac­cio il numero degli inter­nati e mi rac­con­tava di aver visto tutta la sua fami­glia in fila verso i forni cre­ma­tori». La parente del signor Gal­liano è una dei rari testi­moni diretti del “geno­ci­dio degli zin­gari”, mira­co­lo­sa­mente scam­pata e libe­rata dai sovie­tici nel giorno di cui ricorre domani il set­tan­te­simo anniversario.

Lo ster­mi­nio

Una sto­ria quasi sco­no­sciuta, quella del Por­ra­j­mos, rispetto alla Shoa ebraica. Eppure, come spiega Luca Bravi, ricer­ca­tore di Sto­ria presso l’Università di Chieti che ha accom­pa­gnato in viag­gio gli stu­denti toscani, «sono morti in tutto circa mezzo milione di Rom e Sinti, circa l’80% della popo­la­zione pre­sente nei ter­ri­tori occu­pati dal Reich in quel periodo». E «non è un con­teg­gio pre­ciso per­ché all’inizio del 1942, prima dei campi di ster­mi­nio veri e pro­pri, come gli ebrei, gli zin­gari veni­vano fuci­lati sul posto, appena arre­stati». Solo «ad Ausch­witz sono morti in 23 mila e lo sap­piamo per­ché un pri­gio­niero riu­scì a sal­vare il libro mastro dove veni­vano anno­tati i nomi delle per­sone che vive­vano nello Zigeu­ner­la­ger di Bir­ke­nau prima della sua liqui­da­zione totale, che avvenne nella notte del 2 ago­sto 1944 con l’uccisione in massa di circa 2 mila persone».

La «razza pericolosa»

Abo­mini com­messi in nome dell’«igiene raz­ziale» garan­tita in Ger­ma­nia dalle unità del Reich dirette dallo psi­chia­tra infan­tile Robert Rit­ter che, rac­conta ancora Bravi, «dedicò anni a stu­diare la peri­co­lo­sità sociale di que­ste popo­la­zioni, indi­vi­duata in una carat­te­ri­stica ere­di­ta­ria che era l’istinto al noma­di­smo e l’asocialità». Stesse tesi soste­nute in Ita­lia dall’antropologo Guido Lan­dra, i cui “studi” soste­ne­vano le leggi raz­ziali di Mus­so­lini. Tra il 1940 e il ’43 il regime fasci­sta emana l’ordine di arre­sto di tutti i Rom e Sinti ita­liani e non, e il loro tra­sfe­ri­mento in spe­ci­fici campi di con­cen­tra­mento. «Se non fosse arri­vato l’8 set­tem­bre quelle per­sone sareb­bero sicu­ra­mente tran­si­tate verso i campi di ster­mi­nio tede­schi, i col­le­ga­menti c’erano e i docu­menti pro­vano que­sta linea­rità — spiega Bravi — Molti rom e sinti però anche dopo il ’43, quando il sistema dei campi fasci­sti salta com­ple­ta­mente, rie­scono a fug­gire e vanno verso il nord. Qui, nelle zone di com­pe­tenza della Repub­blica sociale, ven­gono arre­stati, messi sui vagoni e inviati nei campi austriaci, tra i quali Mathau­sen». Qual­cuno, però, «fa in tempo ad unirsi ai par­ti­giani, come dimo­strano le sto­rie del pie­mon­tese sinto Amil­care Debar o di Wal­ter Vampa Cat­ter, Lino Ercole Festini e Renato Mastini, i tre cir­censi, gio­strai e tea­tranti tru­ci­dati dalle Ss tra i dieci mar­tiri nell’eccidio del Ponte dei Marmi di Vicenza».

Una memo­ria taciuta

Eppure del Por­ra­j­mos restano poche tracce nella memo­ria col­let­tiva. Per­ché, fa notare Bravi, «la memo­ria ha biso­gno di un con­te­sto sociale dispo­sto ad ascol­tare». In Ger­ma­nia, «lo ster­mi­nio raz­ziale degli zin­gari è stato rico­no­sciuto solo negli anni ’90 e il primo memo­riale è stato inau­gu­rato alla pre­senza di Angela Mer­kel vicino al Rei­ch­stag di Ber­lino solo due anni fa». In Ita­lia invece «la per­ma­nenza dello ste­reo­tipo dei Rom come nomadi, e quindi come peri­co­losi, ali­menta la poli­tica dei campi che con­ti­nua a tenere que­ste per­sone distanti, ad esclu­derle, anche dai diritti di cit­ta­di­nanza. I pre­giu­dizi di oggi sono esat­ta­mente lineari con quelli di allora». Ecco per­ché anche la ricerca sto­rica è «par­tita in ritar­dis­simo»: «Da noi i docu­menti c’erano ma solo nel 2013 sono venuti fuori, gra­zie al pro­getto Memors finan­ziato dall’Unione euro­pea che ha per­messo anche l’apertura del primo museo vir­tuale ita­liano sul tema, www​.por​ra​j​mos​.it».
Eppure, con­clude Bravi, «il rac­conto del geno­ci­dio dei Sinti e dei Rom c’è sem­pre stato all’interno delle comu­nità ma dif­fi­cil­mente viene ripor­tato all’esterno. Una volta chiesi a Glazo il per­ché di que­sta memo­ria taciuta, e lui mi rispose: “Per­ché non vogliamo che que­sta nostra sto­ria possa essere trat­tata come spaz­za­tura, come trat­tano noi”».


=== 2 ===

http://lacittanuova.milano.corriere.it/2015/01/28/maria-rita-e-gli-esperimenti-nazisti-sui-bimbi-rom/

28/1/2015

Rita e gli esperimenti nazisti sui bimbi Rom

Questa è una delle foto più note della follia nazifascista nei lager.

[FOTO: http://lacittanuova.milano.corriere.it/files/2015/01/Maria-Bihari-500x346.jpg ] 

Scattata nel 1941, ritrae Maria Bihari, una «zigeunerin» (zingara) di cinque anni. Conosciamo il volto di Maria – Miezi il nome con cui la chiamavano in famiglia – grazie ai cataloghi del Centro di Ricerca di Igiene Razziale del Ministero della salute nazista. Non sappiamo come sia morta, se gasata e cremata, o vittima degli esperimenti eugenetici.

Anche di Rita Prigmore, una sinti tedesca di Würzburg, non conoscevamo la storia.. La sua vita cambiò improvvisamente una sera qualsiasi mentre guidava in una stradina dello Stato di Washington. Un forte mal di testa, l’improvvisa perdita dei sensi, giusto il tempo di accendere le luci di emergenza e poi lo scontro con un palo della luce. All’ospedale i medici scrutarono le lastre, non capivano il motivo di quelle strane cicatrici sulle tempie. Rita chiamò sua madre in Germania e in un paio di giorni l’anziana donna arrivò al suo fianco e le raccontò della sua dolorosa infanzia nelle mani dei medici nazisti.
«Vivevamo in Germania da 600 anni – racconta – ed eravamo ben inseriti nella società». I nonni costruivano cesti per i viticoltori, il padre suonava il violino in una banda musicale molto affermata, la madre Theresia di giorno lavorava in una fabbrica di dolci mentre la sera era cantante e ballerina in uno dei teatri più prestigiosi della città. Racconta:

«Mio zio Kurt, il fratello maggiore di mia madre, era militare e faceva parte della squadra di motociclisti a cui spesso era chiesto di scortare il Führer. Per le sue qualità di soldato avevano deciso di promuoverlo, fu proprio nel corso delle ricerche sulla sua storia familiare che scoprirono che i genitori erano zingari: fu subito richiamato a Würzburg e venne sterilizzato. Aveva appena 25 anni».

Poco dopo, per evitare la deportazione nei lager, anche Theresia accettò la sterilizzazione:

«All’ospedale universitario – racconta Rita – si resero conto che aspettava due gemelli, me e mia sorella». Per evitare l’aborto, la costrinsero a firmare che avrebbero messo a disposizione i suoi bambini ai mdici del Reich. «Mia sorella Rolanda ed io siamo nate il 3 marzo 1943 e ci presero immediatamente».

Erano momenti terribili per i rom e sinti nei territori controllati dai nazisti: con un telespresso del 9 aprile 1942, l’Ambasciata italiana a Berlino informava Roma che «con recente provvedimento, gli zingari residenti nel Reich sono stati parificati agli ebrei e quindi anche nei loro confronti varranno le leggi antisemite attualmente in vigore». A Würzburg operava l’équipe del dottor Heyde, seguace di Mengele, specializzato negli esperimenti sui gemelli e in seguito capo del programma di eutanasia di Stato.

Alle neonate volevano cambiare il colore degli occhi e farli diventare azzurri. Dopo vari giorni, la madre riuscì a convincere un’infermiera che le mostrò Rita con un grosso cerotto sulla testa.

«Quando insistette per vedere anche mia sorella – racconta – la portò in bagno e le indicò Rolanda, con la testa fasciata. Era morta, le avevano fatto delle iniezioni di inchiostro negli occhi».

Grazie alla complicità di quell’infermiera, riuscì a scappare con la piccola sopravvissuta: «Si nascose nella cappella di Santa Rita, dove fui battezzata. Due giorni dopo, a casa ci attendeva la Gestapo. Per oltre un anno, mia madre non seppe più niente di me, finché ricevette una lettera della Croce Rossa in cui si diceva che poteva venirmi a prendere».

Dopo la guerra, la famiglia tornò a vivere nelle baracche insieme ad altri tedeschi che non erano sinti o rom, semplicemente avevano perso la casa con la guerra. L’ostilità verso il suo popolo non era finita; Rita lo racconta parlando di Erica: «Aveva la mia stessa età, andavamo insieme a scuola. Un giorno vennero a trovarci dei parenti dalla Francia: la sera ci sedemmo attorno al fuoco a prendere il caffè. Parlammo nella nostra lingua, il romanes. Il giorno dopo mi sono accorta che la mia migliore amica non parlava più con me; le chiesi perché e mi disse: “I vostri ospiti erano zingari, abbiamo sentito la vostra lingua e i miei genitori mi hanno detto che non devo aver più niente a che fare con voi”».
Cresciuta, Rita si sposò e andò a vivere negli Stati Uniti. Anni dopo, da quell’incidente ha riscoperto la storia della sua famiglia e con la Comunità di Sant’Egidio ha iniziato a girare l’Europa per testimoniare il genocidio dei rom e sinti (chiamato Porrajmos o Samudaripen). Lo sguardo della donna, che ha conservato gli occhi color verde smeraldo, è sul presente: «Sono sconvolta quando noi rom e sinti veniamo insultati con le stesse parole di allora, capita di sentirsi dire: “Nel Terzo Reich hanno dimenticato di gasarvi”».

Il 27 gennaio è la Giornata della Memoria, il giorno della liberazione di Auschwitz. Nel lager nazista, c’era lo Zigeunerlager, la sezione per famiglie zingare composta da 32 baracche circondate da filo elettrico. Dobbiamo soprattutto ad alcuni testimoni ebrei, come Piero Terracina, il racconto della sua liquidazione totale, avvenuta la notte del 2 agosto 1944, quando i violini non suonarono più e, dopo grida disperate, le camere a gas zittirono quella zona del campo. Quante furono le vittime? Le stime variano, di solito si afferma siano almeno 500mila. Probabilmente è una sottostima, ma risulta impossibile conteggiare individui non segnalati all’anagrafe e spesso uccisi per strada o nelle esecuzioni sommarie all’Est. Ma la difficoltà a stabilire il numero delle vittime testimonia anche l’oblio e il disinteresse: subito dopo la guerra, su questo genocidio calò il silenzio.

Per approfondire: Giving memory a future. Rom e sinti in Italia e nel mondo, realizzato dal Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali dell’Università Cattolica di Milano e dall’Usc Shoah Foundation. Il progetto è stato presentato il 27 gennaio 2015 al Senato (Giornata della Memoria) e il 16 ottobre 2013 alla Camera dei Deputati (Memoria della deportazione degli ebrei di Roma).



(srpskohrvatski / italiano)


GIUSEPPINA E' MENDACE


Da commento sul blog di Wu Ming:

<< Qualche mese fa ero alla coop a fare la spesa, e mi cade l’occhio su un libro esposto su uno scaffale (alla coop sono intellettuali, quindi vendono anche i libri). Si tratta di “Una grande tragedia dimenticata. La tragedia delle foibe” (che titolo originale) di tale Giuseppina Mellace. Mi colpisce la foto in copertina:
http://www.ansa.it/webimages/img_457x/2014/10/25/10ef3aa61b11d5d5d99d890e8db23734.jpg

Non è proprio proprio una foto, sembra piuttosto la rielaborazione grafica di una foto. 
Però cazzo. Quell’immagine mi ricorda qualcosa, sono sicuro di averla già vista. E non mi convince. Cerca che ti cerca, finalmente oggi ho trovato questo:

http://sh.wikipedia.org/wiki/Crne_trojke#mediaviewer/File:Crna_trojka_kolje.jpg

E ti credo che non mi convinceva! Quella foto non c’entra niente con le foibe. Infatti si tratta di tre cetnici che sgozzano un partigiano comunista a Belgrado. La foto proviene dagli atti del processo per collaborazionismo contro Draža Mihailović nel 1946. >>

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Izvor: FB-stranica "Četnici su sramota za srpski narod", 24/1/2015

Revizija i falsifikovanje Drugog svetskog rata nije samo osobenost naših (ex-yu) prostora. Ova pojava vrlo je zastupljena i u Italiji. Tamošnje neofašističke strukture nastoje da umanje zločine italijanskog fašizma nad jugoslovenskim narodima forsiranjem priča o tzv. komunističkim zločinima nad Italijanima u Istri i Slovenačkom primorju. Fojbe su postale sinonim za tzv. komunističke zločine, iako je prilična manjina italijanskih fašista pobacana u fojbe (kraške jame) od strane partizana, dok ih je većina ubijena streljanjem. Naravno, neofašisti nastoje da sve one koje su streljali partizani proglase nevinim žrtvama terora, što je providna propaganda. 
Prošle godine pojavila se još jedna knjiga na ovu temu gde je termin "Foibe" inkorporiran u patetični naslov. O kvalitetu ove knjige dovoljno govori činjenica da je autorka bila toliko glupa da je iskoristila poznatu sliku četničkih koljača (koju mi imamo na cover-u) kako bi prikazala "partizane" kako kolju nevine Italijane.

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Giuseppina Mellace la Nuova Pirina

LA NUOVA PIRINA! (recensione di un libro sulle foibe di Giuseppina Mellace del quale per obiezione di coscienza non citiamo il titolo).

A tre anni di distanza dalla prematura dipartita del sedicente storico Marco Pirina, abbiamo avuto la gioia di conoscere Giuseppina Mellace, prof. di storia che non riesce a parlare in un italiano comprensibile e che sembra avere anche problemi con l’aritmetica. Mellace si è dimostrata nel corso della presentazione a Gorizia della sua risma di carta stampata in copertina dura (definirla “libro” sarebbe un po' azzardato) la vera, tangibile, coerente epigona del mai abbastanza compianto Pirina, riuscendo in alcuni punti persino a superare il maestro.
La prima cosa interessante che abbiamo appreso è che Mellace non voleva fare un libro sulle foibe, ma scrivere della “violenza delle donne” (dato che lo ha ripetuto sempre così, ci abbiamo messo un po’ a capire che intendeva dire “violenza sulle donne”), sia operata dai “titini” (sempre parlato di “titini” e di “slavi”, sia chiaro, per lei la Jugoslavia non è mai esistita), sia dagli altri. Che poi il libro si sottotitoli “la verità sulle foibe” è stata una scelta editoriale che lei non ha condiviso (anche se, da quanto è dato capire, ha firmato il contratto e il libro).
Quindi ha parlato delle violenze delle donne comprendendo anche le donne violentate ed uccise dai nazisti, ed anche dagli italiani. Ha anche parlato dell’uccisione di una bambina di 8 anni “che aveva l’unica colpa di voler espatriare”, che così come detta sembrava essere stata compiuta dai "titini", mentre nel libro si vede che la bambina è stata uccisa da militari italiani nella primavera del 1943.
Dati questi presupposti si potrebbe già parlare di frode in commercio (diamine, io compro un libro per saper la verità sulle foibe e devo trovare anche la descrizione delle violenze fatte sugli slavi che sono notoriamente un popolo inferiore? fossi un’acquirente, protesterei), ma alla fine il “lavoro” sembra l'ennesima ristampa delle opere di Rocchi e Pirina, con un pizzico di Papo e una spruzzata di La Perna, il tutto omogeneizzato con le teorie di Pupo, ma privo del benché minimo controllo critico.
Ad esempio, nell’elenco delle foibe, subito dopo la “foiba di Orle” (dalla quale non si sa quanti cadaveri sarebbero stati recuperati) si passa alla “foiba di Gropada presso Orle” con la storia di Dora Čok (che l’autrice ha pronunciato Schock, dimostrando una volta di più la sua professionalità e preparazione), come se non avesse capito che si tratta della stessa foiba.
E, a dis/onore dell'esimia prof., quando le ho detto in separata sede che si trattava della stessa foiba e quindi avrebbe potuto risparmiare qualche riga non citandole tutte e due (ciò perché si era lamentata che non poteva scrivere un'enciclopedia Treccani, aveva già scritto 500 pagine, e non poteva approfondire altre cose), mi ha risposto (testuale): “questa è una sua opinione, e come tale io mi tengo la mia”. Scusi, ho detto, se io dico che l’Italia è entrata in guerra il 15 maggio 1915 e lei mi corregge dicendo che era il 24 maggio, io le posso rispondere che si tratta di una sua opinione? esiste un catasto grotte, casomai lei non lo sapesse.
Ma non è solo questo quanto la prof. non sa. Ad esempio, pur citandomi come riduzionista se non proprio negazionista, mai una volta che abbia scritto il mio nome giusto: perché l'aveva visto citato così, ha detto. Ah, allora lei non ha letto nulla di quanto ho scritto e mi dà della riduzionista così tranquillamente? Lei che si permette di scrivere, non si sa citando quale fonte, che da Basovizza sono stati recuperati 1000 civili, 500 finanzieri e probabilmente 1000 tedeschi (dove il probabilmente è un po’ oscuro, o sono stati recuperati o no, se l'italiano non è un'opinione, ma pare che qua siano tutte opinioni), dove quintuplica il numero di finanzieri che la stessa Guardia di finanza dichiara come scomparsi e che oltretutto non sono stati infoibati a Basovizza, per non parlare dei mille civili, che proprio non ci sta, dopo questo ha il coraggio di dire che io sono una “riduzionista”? eh, certo, perché se qualcuno spara cifre enormi a casaccio senza cognizione di causa, mentre i numeri sono altri, e qualcun altro ripristina i dati storici (non opinioni, dati), il secondo diventa riduzionista e negazionista.
D’altra parte, essendo la presentazione avvenuta nei giorni di Carnevale, come al solito Arlecchino si svela ridendo. Intanto, abbiamo appreso che la fonte della prof. (pressoché unica) è Marino Micich con l’Istituto di studi fiumani. Mellace ha detto di essere anche venuta a Trieste, ma non ha capito dove, perché ha parlato di un “istituto di storia contemporanea, quello sulla salita"...; cara prof., quasi tutto è sulle salite qua a Trieste, ma l’istituto di storia contemporanea (quello universitario) sta nella pianeggiante zona vicino alle rive. Forse si riferiva all'istituto di storia del movimento di liberazione? ma quando una persona non sa neppure dov’è andata a cercare informazioni, l’affidabilità delle sue “ricerche” è quantomeno dubbia. 
È stato però quando ha parlato della politica di italianizzazione del fascismo (condotta dal fascismo, sarebbe più giusto dire, ma noi citiamo pedissequamente) che l’autrice ha svelato il suo pensiero interiore. È vero, ha detto, che sono stati un po’ duri ed hanno voluto fare troppo in fretta, perché non hanno considerato che solo sul litorale le città erano interamente italiane, ed avrebbero dovuto agire con più calma... (l’elogio della pulizia etnica soft?) e questo ha indotto negli “slavi” l’equazione italiano = fascista, per il quale motivo poi si sono vendicati orribilmente con le maestre, “appese per i capelli” (ma dove e quando, di grazia, che questa storia neppure su Pirina l’avevamo letta?), che a volte per insegnare l’italiano a chi non lo aveva mai parlato forse esageravano (sì, in effetti, punizioni corporali sui bambini che non sapevano esprimersi in italiano possono essere considerate “esagerazioni”, sarebbe interessante conoscere le metodologie didattiche di cotanta prof.).
Per essere brevi, aggiungiamo soltanto che grazie a Mellace per la prima volta abbiamo appreso che Tito voleva fare il comunismo non solo in Jugoslavia ma in tutti i Balcani ed esportarlo anche in Grecia (anche se a noi risulta che la Grecia aveva già i suoi gruppi comunisti armati che combattevano per conto proprio) e che era per realizzare questo progetto che aveva bisogno di cacciare tutti gli italiani in modo da creare una Jugoslavia unita.
Infine è riuscita a superare Pirina compilando un elenco di 400 donne da lei definite “infoibate” ma tra le quali risultano non solo molte che furono invece deportate dai nazisti o uccise dai fascisti, e tantissimi nomi privi di ogni altra indicazione, di nascita e di luogo, data, modalità della “scomparsa”: dopo questa pirinata, ha fatto di più: ha inserito tra i nomi delle donne “infoibate, deportate, scomparse...” anche (attenzione, perché i titini sapevano essere davvero feroci) molte donne che per avere fatto attività antistatale sono state punite con una ... MULTA! (noi che viviamo in democrazia sappiamo bene come nelle patrie galere stiano, in attesa di processo, diversi attivisti Notav che non hanno fatto altro che esprimere il loro dissenso a quell’opera).
Chiudiamo con una nota di colore: come Cristicchi nel suo spettacolo Magazzino 18 fa pronunciare al suo protagonista Persichetti la parola esodo con l’accento sulla “o” (esòdo) perché “di queste cose non si è mai parlato” (ma visto che l’esodo, prima di essere quello istriano, era anche quello che ha dato il nome ad un libro della Bibbia, viene da chiedersi cosa abbiano studiato a scuola questi intellettuali), così il giornalista Covach che ha presentato il libro ha detto che in Italia si sente ancora dire foìbe (con l’accento sulla “i”) invece di foibe, a riprova che l’argomento non è conosciuto. Ora, nella nostra lunga carriera di foibologi non abbiamo mai sentito pronunciare foìbe da nessuna parte, ma tant’è, forse si confondono con quelli che ancora pronunciano Frìuli invece di Friùli…

marzo 2014