Informazione




Linta: decisione della Corte costituzionale della Croazia è scandalosa 

13. 01. 2015. - 20:04 -- MRS – Il presidente della coalizione delle associazioni dei profughi serbi Miodrag Linta ha detto che è scandalosa la decisione della Corte costituzionale della Croazia di annullare la sentenza contro Branimir Glavas nei processi „Garage” e “Nastro adesivo”. Quella corte non difende più la Costituzione della Croazia, ha detto Linta. La coalizione ha comunicato che il nuovo Presidente della Croazia Kolinda Grabar Kitanovic dovrebbe chiedere pubblicamente che siano processate tutte le persone che hanno commesso crimini di guerra, a prescindere dalla loro nazionalità. La Corte costituzionale della Croazia ha annullato le sentenze nei processi „Garage” e “Nastro adesivo” contro Branimir Glavas, con le quali egli è stato condannato a otto anni di carcere per i crimini che ha commesso contro i civili serbi a Osijek nel 1991. Sono state annullate anche le sentenze contro altre sei persone che hanno preso parte a quei delitti.


Linta: vittime serbe sono state offese e umiliate ancora una volta 

22. 01. 2015. - 12:18 -- MRS – Il presidente della coalizione delle associazioni dei profughi serbi Miodrag Linta ha dichiarato che le vittime serbe sono state offese e umiliate ancora una volta con la decisione delle autorita’ croate di rilasciare in liberta’ Branimir Glavas, il quale e’ stato condannato per crimini di guerra contro la popolazione serba a Osijek in Croazia. Ci auguriamo che la Cassazione della Croazia esaminera’ di nuovo le accuse e le prove contro Glavas e che egli sara’ condannato alla pena piu’ pesante, 20 anni di carcere. Se non sara’ presa una decisione simile sara’ ovvio che la Croazia abbia deciso di proteggere i suoi criminali di guerra. L’Unione europea deve chiedere alla Croazia di rispettare gli obblighi che ha assunto durante le trattative sull’adesione all’Unione, ha detto Linta. Glavas e’ stato rilasciato ieri in liberta’ dal carcere a Mostar. La Corte costituzionale della Croazia ha annullato la sentenza della Corte suprema, la quale ha condannao Glavas per crimini di guerra, ed ha chiesto che sia condotto nuovo processo.


Linta: Croazia è l’unico membro dell’Unione europea che protegga i suoi criminali di guerra

28. 01. 2015. - 19:29 -- MRS – Il presidente della Coalizione delle associazioni dei profughi serbi Miodrag Linta ha dichiarato che la decisione della Corte circondariale di Zagabria di annullare il mandato di cattura contro Branimir Glavas, il quale è stato recentemente rilasciato in liberà, è l’ennesima offesa contro le vittime serbe in Croazia. Linta ha invitato l’Unione europea, l’Osce e il Consiglio europeo a esercitare pressioni sulla Croazia, la quale deve finalmente cominciare a processare e condannare le persone che hanno commesso crimini di guerra. Le persone condannate non devono essere rilasciate in libertà, ha detto Linta. Egli ha ricordato che la Corte circondariale ha spiccato il mandato di cattura contro Branimir Glavas una decina di giorni fa, dopo che la Corte costrituzionale della Croazia ha deciso di annullare la sentenza con la quale egli è stato condannato per i crimini che ha commesso contro i civili serbi in Osiejak nel 1991 e il 1992. E’ innaccettabile la decsione della corte croata di liberare una persona che ha commesso pesanti crimini di guerra. In questo modo la corte croata ha comunicato ai serbi che quei crimini potranno ripetersi in futuro. La Croazia è l’unico membro dell’Unione europea che protegga i suoi criminali di guerra, ha dichiarato Linta.

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(ovaj tekst na s-h-om: 
Glavaš na slobodi, hoće li biti i oslobođen krivnje? - Drago Hedl  30 januar 2015


Glavaš libero, sarà anche assolto?

Drago Hedl | Osijek  30 gennaio 2015

Una sentenza della Corte costituzionale croata ha permesso a Branimir Glavaš di uscire dal carcere bosniaco dove scontava una pena per crimini di guerra. Martedì scorso il Tribunale di Zagabria ha tolto il mandato di cattura che gli impediva di fare ritorno in Croazia. Domenica 1 febbraio è atteso il suo rientro a Osijek
Branimir Glavaš, ex generale dell’esercito e un tempo uno dei più potenti politici della Croazia, condannato nel 2008 a dieci anni di reclusione per gravi crimini di guerra commessi a Osijek, è tornato in libertà a seguito di una decisione della Corte costituzionale croata.
Fino a tre giorni fa la sua libertà era limitata al solo territorio della Bosnia Erzegovina, paese dove stava scontando la pena. Martedì scorso, tuttavia, il Tribunale di Zagabria ha revocato il mandato di cattura nei suoi confronti, dando seguito alla decisione della Corte Costituzionale, e Branimir Glavaš potrà dunque rientrare in Croazia. L'arrivo dell'ex generale a Osijek è previsto per il prossimo 1 febbraio.
La Corte suprema della Croazia, obbligata ora dalla decisione della Corte costituzionale a riaprire il caso, potrebbe confermare la precedente condanna, ma anche ridurla o aumentarla. Potrebbe inoltre ordinare al Tribunale della contea di Zagabria di avviare un nuovo processo, oppure annullare la sua sentenza e in questo modo assolvere Glavaš da tutte le accuse. La Corte costituzionale - dopo più di quattro anni trascorsi senza alcuna azione sul caso Glavaš - ha infatti ora stabilito che nel procedimento a suo carico ci sarebbero stati difetti procedurali che avrebbero violato i diritti dell'imputato.
Alcuni giuristi contattati da OBC ritengono che la Corte suprema probabilmente deciderà di confermare la decisione precedente (che nel frattempo era stata ridotta a otto anni di reclusione) o, nello scenario migliore per Glavaš, ridurre ulteriormente la pena al numero di anni già scontati in carcere: cinque.

Euforia, vendetta e paura

La liberazione di Glavaš, e la possibilità che in un nuovo processo possa essere assolto da ogni accusa, ha suscitato reazioni opposte in Croazia, e soprattutto a Osijek.
Tra i suoi sostenitori (amici di guerra e membri del suo partito) si è diffusa una vera e propria euforia, ma anche un desiderio di vendetta. Sulla sua pagina Facebook, Glavaš ha pubblicato una fotografia di cinque persone impiccate, accompagnata dal testo dell’ottavo comandamento – "Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo" – aggiungendo che la punizione di Dio è arrivata per coloro che hanno violato i suoi comandamenti. In seguito si è scusato per tale comportamento ma il messaggio - molto chiaro - è ormai stato mandato.
Le famiglie delle vittime sono invece rimaste sconvolte dal fatto che Glavaš sia in libertà e che, in un nuovo processo, il sistema giudiziario croato potrebbe assolverlo da tutte le accuse. Ritengono che la giustizia in quel caso non sarebbe soddisfatta poiché, in caso di assoluzione, nessuno risulterà colpevole per i gravi crimini di guerra innegabilmente commessi.

I fatti

Nel 2008, insieme ad altri cinque membri dell’Esercito croato, Glavaš è stato accusato di crimini commessi contro civili, per la maggior parte appartenenti alla minoranza serba. Durante il processo, due di questi crimini sono emersi per la loro particolare crudeltà, i media li hanno definiti come il caso “Garage” e il caso “Nastro adesivo”.
Nel primo caso, civili serbi venivano condotti nei garage situati a poca distanza dall’ufficio militare di Glavaš e in seguito interrogati, torturati, bastonati, alcuni anche costretti a bere l’acido solforico delle batterie delle auto. Il caso “Nastro adesivo” era invece relativo all’assassinio di civili serbi, portati nella cantina di una casa nel centro di Osijek dove, dopo essere interrogati e fisicamente torturati, venivano legati col nastro adesivo e in seguito portati sulle sponde della Drava per essere uccisi con un colpo alla nuca.
Il processo a Glavaš, e l’inchiesta che l’ha preceduto, si è svolto tra molte difficoltà. Glavaš e i suoi sostenitori, nonché gli avvocati che l’hanno rappresentato in tribunale, sostenevano che si trattava di un processo politico montato dietro il quale stava l’allora premier Ivo Sanader e il vertice del suo HDZ. Fino al 2005, Glavaš è stato uno dei più potenti politici in Croazia: generale dell’Esercito (il grado gli è stato cancellato dopo la condanna per crimini di guerra), più volte eletto al parlamento e inoltre prefetto di una circoscrizione. Tuttavia, la sua vera forza risiedeva nel fatto che era stato uno dei fondatori dell'HDZ di Franjo Tuđman, il partito che ha vinto le prime elezioni pluripartitiche nel 1990. In più, Glavaš è riuscito a costruire il mito di se stesso come comandante della difesa di Osijek a cui più di tutti si dovrebbe il fatto che la città non ha sperimentato il destino di Vukovar.
Tuttavia nel 2005 Glavaš è entrato in conflitto con Ivo Sanader e, insieme ai suoi collaboratori più vicini, è stato espulso dall'HDZ. Subito dopo ha fondato un proprio partito ottenendo i voti sufficienti per entrare in parlamento. Non molto tempo dopo, è stata avviata l’inchiesta sui crimini di guerra commessi a Osijek.
Nel maggio 2008, dopo essere stato condannato a 10 anni di carcere, Glavaš fugge in Bosnia Erzegovina dove vive tranquillamente in una casa di famiglia fino al 2010 quando, in base ad un accordo vigente tra Croazia e Bosnia, viene incarcerato e inizia a scontare la pena comminata nel carcere di Zenica. A breve riesce poi ad essere trasferito nel carcere di Mostar, dove ottiene un trattamento meno duro e nel quale rimane fino al 20 gennaio scorso, quando la Corte costituzionale croata gli ha di fatto restituito la libertà.

Tutte le opzioni aperte

Nel frattempo, la Corte suprema gli aveva ridotto la pena da dieci a otto anni. Mentre si aspettava la decisione della Corte costituzionale, la Croazia è stata scossa dallo scandalo riguardante un presunto tentativo dei sostenitori di Glavaš di corrompere alcuni giudici. Tre persone tra i suoi sostenitori sono state condannate, ma l’indagine non ha mai rivelato chi erano i giudici coinvolti.
La stessa Corte suprema adesso dovrebbe avviare la revisione del caso. Date tutte le peripezie legate all’inchiesta e al processo a Glavaš, nonché quanto accaduto dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, tutte le opzioni restano aperte, inclusa la possibilità che Glavaš venga assolto da ogni accusa.







CHI HA POTUTO FARE IL PRESIDENTE E CHI NO


1) Gheddafi, Napolitano: «Adesso un paese libero» (20/10/2011)


2) Prodi: «Da Tripoli a Kiev questa Europa è assente su tutto» (di Marco Ballico - Il Piccolo, 14 febbraio 2015)

L’ex premier boccia senz’appello la politica Ue sulle grandi crisi: «Il ruolo dell’Italia nello scacchiere comunitario? Esistere...»
<< D: La Libia è nel caos. (...) Se l’aspettava?
R: Non poteva esserci diversa conseguenza di una guerra sciagurata voluta sconsideratamente dalla Francia e che l’Italia ha seguito in modo folle e incomprensibile. (...)
D: Come distribuisce le responsabilità della vicenda ucraina tra Stati Uniti e Putin?
R: L’invasione della Crimea è un fatto molto serio e molto grave. Ma c’era un impegno quando cadde l’Unione Sovietica di non portare la Nato verso quei confini. L’atto finale del mio governo, nel 2008 alla riunione di Bucarest, vide l’Italia, assieme a Germania e Francia, votare contro la proposta di Bush di inserire Ucraina e Georgia nella Nato. Negli ultimi tempi l’Europa ha invece solo subito la politica americana, salvo in questi ultimissimi momenti di rinascita di una politica tedesca.
D: La via delle sanzioni contro Mosca?
R: Registro che non colpiscono gli Stati Uniti. Siamo andati a traino di una politica che non era né nel nostro interesse né in quello della pace. >>




Scandalo e vituperio per i "negazionisti delle foibe"!

0) Il giorno del ricordo a uso e consumo della Terza Repubblica (Davide Conti, 11/2/2015)

1)  Sulla iniziativa del 10 febbraio 2015 a Bologna 
– Incontro sulle foibe, negata l'aula in Ateneo: "E' propaganda politica" (La Repubblica)
– Foibe tra propaganda e falsi miti. Intervista a Claudia Cernigoi (LiberaTV)
– Bologna, l’Università nega un’assemblea antirevisionista! (FalceMartello)
– Bologna, vietato denunciare il revisionismo sulle foibe. L’Università revoca l'aula (Contropiano)
– Bologna. Vietato convegno sulle foibe, studenti occupano all'università (Noi Restiamo)
– Basta con la censura sulle Foibe, No al revisionismo di Stato (Rete dei Comunisti Bologna)
– D’Orsi risponde a Orsi “Mentre in economia la moneta buona scaccia la cattiva, nell’ambito della ricerca storica sta accadendo il contrario, e la menzogna sta vincendo” (Noi Restiamo)

2) Voci stonate e linciaggio politico-mediatico 
– Onorio Rosati, consigliere Pd della Lombardia: "Non parteciperò al Giorno del Ricordo"
– Choc Foibe a Orvieto, per il consigliere comunale di SEL [Tiziano Rosati] è solo mitologia
–  Bassano, Assemblea Antifascista e Spazio Sociale La Deriva replicano alle critiche del leghista Finco


Vedi anche:

Negazionismo, Senato approva ddl. Non sarà reato di opinione (11 febbraio 2015)
La norma è passata con 234 sì, 8 astenuti e 3 no. Ora il testo approda alla Camera. Plauso dalla Comunità ebraica. Gattegna (UCEI): "Pagina importante della storia del nostro Paese"...

Il reato di negazionismo e le questioni del Confine Orientale (di Marco Barone, 11/02/15)
... Contestare il dogma, falso, dei 350 mila esuli, e ricondurlo a cifre ben inferiori, con documentazione storica provata, è minimizzazione? Contestare i 16.500 infoibati, poiché la cifra reale è di gran lunga inferiore, è minimizzazione? Il ridimensionamento è minimizzazione? Quale deve essere la fonte storica attendibile ? E chi lo deve decidere? ...

Le foibe nella rappresentazione pubblica (di Gorazd Bajc, 10 febbraio 2015)
"Una ricerca basata su fonti in diverse lingue e una buona dose di coraggio intellettuale". Pubblichiamo la recensione di Gorazd Bajc al libro di Federico Tenca Montini: "Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi"

LA PAROLA AGLI ESPERTI!
Il "responsabile" (parola grossa...) di CasaPound Torino, in questa intervista dichiara che le foibe sono delle "rocce caucasiche"...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=zbHNYx0SkoI

FLASHBACK: PER IMPARARE LA STORIA USEREMO L’OLIO DI RICINO? NO, L’OLIO DI OLIVA! (C. Cernigoi, 2011)


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Il giorno del ricordo a uso e consumo della Terza Repubblica

Davide Conti *, 11 Febbraio 2015 

Quando nel 2004 venne isti­tuito il “Giorno del ricordo” per com­me­mo­rare le vit­time delle foibe e l’esodo giuliano-dalmata l’Italia della “seconda repub­blica” stava con­fu­sa­mente cimen­tan­dosi, attra­verso una con­ver­genza bipar­ti­san, nella riscrit­tura della sto­ria nazio­nale per legge.

La nar­ra­zione del pas­sato aveva da sem­pre rap­pre­sen­tato un ter­reno di scon­tro poli­tico tra i par­titi e l’uso pub­blico della sto­ria in chiave revi­sio­ni­sta aveva segnato non solo la crisi del para­digma fon­da­tivo della demo­cra­zia, l’antifascismo, ma soprat­tutto la piena legit­ti­ma­zione di una “dua­lità memo­riale”, quella dei vinti equi­pa­rata a quella dei vin­ci­tori, nella quale le ragioni e i torti delle parti in con­flitto veni­vano por­tate a sin­tesi da una sem­pli­fi­ca­zione di lin­guaggi, gesti sim­bo­lici ed ele­menti di fatto che lam­bi­vano la pari­fi­ca­zione di vit­time e carnefici.

L’istituzione del “Giorno del ricordo”, impro­pria­mente indi­cato nella ricor­renza della firma del Trat­tato di Pace di Parigi del 1947 visto che le vio­lenze delle foibe si veri­fi­ca­rono nel set­tem­bre ’43 e poi nel mag­gio ’45, si col­locò come fat­tore di “rie­qui­li­brio” memo­riale tra la sini­stra e la destra come se la sto­ria fosse una coperta con cui avvol­gere la pro­pria legit­ti­mità poli­tica anzi­ché fati­cosa veri­fica di fatti e pro­cessi complessi.

La riscrit­tura “con­di­visa” delle vicende sto­ri­che ita­liane com­portò l’oblio su que­stioni cen­trali della nostra iden­tità nazio­nale come il con­senso al fasci­smo, le leggi raz­ziali o i cri­mini di guerra com­piuti dalle truppe del regio eser­cito, e rima­sti impu­niti, in Jugo­sla­via, Gre­cia, Alba­nia, Urss e nelle colo­nie africane.

Le ragioni poli­ti­che di quello scia­gu­rato “patto sulla memo­ria” coin­ci­sero con le esi­genze dei par­titi della seconda repub­blica che riaf­fer­ma­rono su quel ter­reno la rispet­tiva legit­ti­mità a gui­dare il paese nella demo­cra­zia dell’alternanza.

Tutto ciò all’alba della nascente “terza repub­blica”, quella senza Senato elet­tivo e imper­niata sul Can­cel­lie­rato forte, potrebbe appa­rire addi­rit­tura supe­rato. Il fat­tore storico-memoriale sem­bra aver per­duto da un lato la cen­tra­lità valo­riale della legit­ti­mità demo­cra­tica, rap­pre­sen­tata dall’alterità fascismo-dittatura; antifascismo-libertà, e dall’altro quel signi­fi­cato gene­rale di let­tura e senso del rap­porto tra pas­sato e pre­sente in grado di con­net­tere tra loro vis­suti e vicende gene­ra­zio­nali tanto distanti a settant’anni dalla Liberazione.

In que­sto qua­dro, con la crisi della rap­pre­sen­tanza acuita da quella eco­no­mica, il con­flitto sulla memo­ria cam­bia forma e tende a risol­versi in un com­plesso uni­fi­cante quanto iden­ti­ta­ria­mente inde­fi­nito che forse meglio di ogni altra cosa si iden­ti­fica con la nozione del “par­tito della nazione”. L’oblio sui cri­mini di guerra ita­liani piut­to­sto che le stru­men­ta­liz­za­zioni poli­ti­che delle dram­ma­ti­che vicende del con­fine orien­tale e delle foibe sem­brano per­dere la loro stessa alte­rità, inglo­bate da una nar­ra­zione a-conflittuale, e ten­den­zial­mente vit­ti­ma­ria, che tutto tiene insieme e dun­que tutto equi­para in modo indolore.

Così, aperto il set­ten­nato con la visita alle Fosse Ardea­tine, il neo Pre­si­dente della Repub­blica cele­bra pochi giorni dopo il “Giorno del ricordo” e l’immagine com­ples­siva appare sem­pre più sfo­cata in un qua­dro della rap­pre­sen­ta­zione della sto­ria patria che abban­do­nando la rie­la­bo­ra­zione cri­tica del pas­sato si con­cen­tra sulla cen­tra­lità di un pre­sente senza storia.

* storico - da http://ilmanifesto.info


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(a cura di CNJ-onlus) La iniziativa del 10 febbraio 2015 a Bologna è stata un netto successo politico, non solo perché la volontà unanime di tutti gli organizzatori, dei relatori e dei partecipanti ha consentito di rompere la censura accademica (il Preside di Facoltà aveva revocato l'autorizzazione della sala, già concessa, a poche ore dall'evento), ma anche dato l'alto livello delle relazioni presentate. 
CLAUDIA CERNIGOI (nella registrazione a 14'15'') ha elencato casi precisi di falsificazione, nomi, cognomi e date da ricordare; FEDERICO TENCA MONTINI (nella registrazione a 45') ha fatto un ottimo excursus attraverso più di un ventennio di involuzione culturale e civile del nostro paese, per la quale la propaganda su "foibe ed esodo" rappresenta un perfetto collante bipartisan ("
Ricordare la tragedia delle ‪#‎Foibe‬ è un dovere per chiunque creda nella memoria come fondamento della ‪#‎Nazione‬": queste le parole inequivocabili di Mariastella Gelmini lo stesso giorno); ANGELO D'ORSI (nella registrazione a 70'15'') ha efficacemente smontato la... storiografia modello "Porta a Porta" invalsa da troppi anni, che alla conoscenza (episteme) preferisce la opinione (doxa) e che solo apparentemente equipara tutte le "opinioni" possibili, in realtà invertendo vittime e carnefici, aggrediti e aggressori. "Per noi il fascista era e rimane il vero straniero", ha concluso D'Orsi.
Ne è seguito un breve ma interessante DIBATTITO (nella registrazione a 101').
In merito ai contenuti espressi nell'iniziativa, ovviamente, nessuno spazio è stato concesso sui media: "Repubblica" ha dato voce al solo Preside di Economia, Renzo Orsi. Censura accademica e censura mediatica vanno a braccetto e si potenziano l'una con l'altra. 

SCARICA LA REGISTRAZIONE AUDIO INTEGRALE (MP3, 127', 60MB): https://www.cnj.it/audio/Bologna100215.mp3

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Incontro sulle foibe, negata l'aula in Ateneo: "E' propaganda politica"

Il collettivo "Noi restiamo" occupa lo spazio e accusa: "Attacco grave". La replica: "Nessuna censura, ma non accettiamo attività di parte"

di ILARIA VENTURI
10 febbraio 2015

BOLOGNA - Nel giorno del ricordo per non dimenticare l'orrore delle Foibe scoppia un caso in Ateneo. Con un'aula occupata, ad Economia, dal gruppo della campagna "Noi restiamo" per tenere un'iniziativa "contro il revisionismo storico sui fatti intorno all'espansione imperialista che l'allora regno d'Italia compiva sul suo confine nord-orientale ai danni della popolazione slava". L'aula era stata inizialmente concessa, a fronte di una richiesta per celebrare il giorno del Ricordo, istituito per commemorare le oltre diecimila vittime gettate nelle cavità carsiche ai confini orientali del nostro Paese tra il 1943 e il 1945 per ordine del dittatore jugoslavo Tito. "Ma quando è uscito il manifesto dell'iniziativa alcuni docenti mi hanno avvertito infuriati", spiega Renzo Orsi, presidente della Scuola di Economia. "Era propaganda politica, una iniziativa di parte, a senso unico, senza contraddittorio, per propagandare le Foibe come faso storico, per noi inaccettabile. Così ho negato l'uso dell'aula, come ho sempre fatto in questi casi".
"E allora le Foibe? Revisionismo di Stato e bombardamento mediatico", il titolo del manifesto firmato dal collettivo - con le sigle Partito comunista d'Italia, Rete dei comunisti, Sinistra, classe e rivoluzione, l'associazione "Il manifesto in rete" e Sempre in lotta" - che in Facebook ha gridato alla censura. "Parlare in chiave storica e contestualizzare momenti sensibili della nostra storia viene vietato, si chiude la bocca a chi si oppone al revisionismo. E' un attacco grave".
Il gruppo ha poi occupato l'aula. "Si sono infiltrati mentre erano in corso degli esami - racconta il professor Orsi - e poi sono rimasti. Non sono un censore, sono andato per chiedere di aprirsi almeno al confronto, ma non ne hanno voluto sapere. L'università non può accettare un confronto che non sia democratico, a più voci". L'economista ricorda come sia "ben noto che la ricerca storica, fin dagli anni '90, ha sufficientemente chiarito questi avvenimenti, al punto che nel 2004, con apposita legge, è stato istituito il 10 febbraio come giorno del ricordo per celebrare le foibe".

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FOIBE TRA PROPAGANDA E FALSI MITI
Intervista di Jacopo Venier alla giornalista e storica Claudia Cernigoi (10/2/2015)
Nel giorno del Ricordo l'Università di Bologna tenta di negare l'aula per tenere una conferenza sul tema delle Foibe ma gli studenti occupano lo spazio per consentire l'iniziativa. Abbiamo sentito una delle oratrici, Claudia Cernigoi, giornalista e ricercatrice di Resistenza Storica, e le abbiamo chiesto una valutazione sulle operazioni politiche in corso intorno alla ricostruzione revisionista della memoria e della storia del confine orientale.

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Fonte: pagina FB "FalceMartello", 10/2/2015
https://www.facebook.com/falcemartello/posts/927098453977066

Bologna e giornata del ricordo delle foibe: l’Università nega un’assemblea antirevisionista!
La “giornata del ricordo” è stata istituita nel 2004 per ricordare le foibe, e da allora la campagna di revisionismo e nazionalismo è dilagato nelle Tv, nelle scuole e nelle università, con tanto di pennivendoli chini alla causa del recupero della “memoria”. Non è passato neanche un mese dall’attento a Charlie Hebdo che ha fatto dire a tutti di essere dei difensori della libertà d’espressione e ci troviamo di fronte all’ipocrisia dell’Università di Bologna.
Per il 10 febbraio Sinistra Classe Rivoluzione e Sempre in Lotta, insieme al Cordinamento Nazionale per la Jugoslavia e altre realtà di sinistra di Bologna, hanno promosso un’iniziativa da tenersi nell’università, tra i relatori c’erano anche gli storici Claudia Cernigoi e Angelo D’Orsi. L’intento era chiaramente quello di mettere in luce la questione delle foibe e i crimini del fascismo nei Balcani, volutamente taciuti nelle commemorazioni ufficiali.
Questa mattina il preside della facoltà di economia ha deciso di negare lo spazio perché l’iniziativa era “politica”. E’ stata una chiara presa di posizione con l’intento di negare la parola a chi nel clima di unità nazionale che si è creato in questi anni non si riconosce. L’assemblea è stata fatta comunque nell’aula prenotata grazie all’occupazione nella mattina di quello spazio e l’assemblea è riuscita.
Questa è la dimostrazione che la storia è storia di lotte di classe, come scrivono Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista, e che la storia ufficiale è quella della classe dominante e scritta per difendere i suoi interessi. Sinistra Classe Rivoluzione e Sempre in Lotta continueranno a lottare per invertire i rapporti di forza che ci porteranno a gettare nella spazzatura decenni di marciume revisionista.

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Bologna, vietato denunciare il revisionismo sulle foibe. L’Università revoca l'aula

Contropiano Bologna, 10 Febbraio 2015 

Aggiornamento - Intorno alle 13.30 l'aula 3 della facoltà di Economia dell’Alma Mater di Bologna è stata occupata da studenti e attivisti della Campagna Noi Restiamo. Mentre scriviamo una decina di attivisti delle diverse realtà promotrici dell'iniziativa stanno presidiando l’aula in attesa dell'arrivo dei relatori per poi proseguire con il dibattito come previsto prima della revoca dell'autorizzazione da parte del preside di Economia.
Il quale questa mattina si è fatto vivo con gli organizzatori ribadendo quanto comunicato alcune ore prima: “Si tratta di  una iniziativa di tipo politico per la quale non intendo concedere un’aula universitaria”. Ed è proprio in questa frase che si rende esplicita la complicità dell’Università con il suo asservimento all’ideologia dominante, economicamente e culturalmente, e nega quindi il suo ruolo di istituzione pubblica e di formazione indipendente. “E’ questa la 'libertà d’espressione' a cui esattamente un mese fa il premier Renzi faceva appello nella sua visita a Bologna dal palco dell’Aula Magna di Santa Lucia, richiamandosi ai valori di un occidente pronto alla guerra su tutti i fronti”, scrive Noi Restiamo in un comunicato.
Di base, il suo regolamento prevede la concessione di aule universitarie al fine di “valorizzare l’immagine dell’Alma Mater”, ma quanto accade oggi è la dimostrazione che così non è, quando si tratta di mettere in discussione la celebrazione e la base ideologica della cosiddetta "Giornata del ricordo", istituita nel 2004 per cancellare dalla memoria storica l’espansione imperialista che l’allora Regno d’Italia compiva sul suo confine Nord-Orientale ai danni della popolazione slava.

ore 12.00 - Era prevista per oggi pomeriggio l’iniziativa “E allora le foibe”, all’interno di un’aula della Facoltà di Economia dell’Alma Mater bolognese. Un incontro dibattito organizzato da varie realtà sia locali che nazionali come il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, Noi Restiamo, PCL, Rete dei Comunisti, Ass. Il manifesto, Sinistra classe rivoluzione e Sempre in Lotta.

Un’iniziativa diretta a contrastare l’ondata di revisionismo mediatico e istituzionale sulla questione delle foibe, di cui ricorre oggi il memoriale, e che il comune di Bologna affronterà venerdì con un approccio unilaterale e antistorico utilizzando uno spettacolo di Simone Cristicchi, da qualche anno improvvisatosi menestrello di una versione ufficiale che fa acqua da tutte le parti e che è frutto di un inaccettabile compromesso propedeutico allo sdoganamento politico dei fascisti.

Un’iniziativa, quella prevista per oggi pomeriggio, che avrebbe visto storici e scrittori - tra cui Claudia Cernigoi (giornalista e ricercatrice storica), Angelo d’Orsi (storico dell’Università di Torino) e Federico Tenca Montini (autore del libro "Fenomenologia di un martirologio mediatico") – fornire una ricostruzione storica, documentata e contestualizzata di ciò che avvenne al confine orientale italiano a partire dall’occupazione fascista dei territori slavi.

Questa mattina invece, l’Unibo ha improvvisamente revocato la prenotazione dell’aula, creando tra i promotori dell’iniziativa il sospetto che l’istituzione universitaria agisca in maniera subalterna rispetto a input politici e diktat provenienti dalla sfera politica, in barba alla ricerca storica e all’indipendenza intellettuale.

A metà mattinata, appena ricevuta l’incredibile notizia, i promotori dell’iniziativa di oggi pomeriggio hanno dato vita ad un presidio in Piazza Scaravilli, davanti alla facoltà di Economia, per denunciare l’inaccettabile voltafaccia dell’Università e chiedere con forza che l’Ateneo torni ad essere un luogo di confronto, di dibattito e di conoscenza e non feudo di diktat revisionisti.


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Bologna. Vietato convegno sulle foibe, studenti occupano all'università

Noi Restiamo - Bologna, 10 Febbraio 2015 

Al divieto gli studenti di Bologna aderenti alla campagna Noi Restiamo e ad altre realtà hanno risposto con l'occupazione e la conferma dell'iniziativa prevista per oggi pomeriggio e che invece l'Università aveva boicottato revocando l'utilizzo dell'aula. 
Di seguito il comunicato di Noi Restiamo:

"Oggi, 10 febbraio: giorno del ricordo, ovvero del revisionismo storico di matrice razzista e fascista, l’università di Bologna chiude la bocca a chi cerca di portare informazione e cultura in mezzo a questa colossale operazione di revisionismo storico.
Gli studenti della campagna Noi Restiamo occupano l’aula 3 di Piazza Scaravilli per permettere lo svolgimento di un’iniziativa di approfondimento storico regolarmente prevista nel pomeriggio.
Questa mattina il preside Orsi della Scuola di Economia ha deciso infatti di vietare l’iniziativa. E’ questa la "partecipazione studentesca" immaginata dal preside Orsi e dal rettore Dionigi, paladini di Renzi e dell’UniPD.
E’ questa la "libertà d’espressione" a cui esattamente un mese fa il premier Renzi faceva appello nella sua visita a Bologna dal palco dell’Aula Magna di Santa Lucia, richiamandosi ai valori di un occidente pronto alla guerra su tutti i fronti.
Un attacco grave che cade come una tagliola sopra le bocche di chi vuole portare analisi e informazione nel vivo del dibattito partecipato e democratico delle proprie città, con un metodo spaventosamente simile a quello utilizzato tre settimane fa dal prefetto di Milano per ostacolare un’assemblea degli/delle attivist* No Expo.
Oggi 10 febbraio, giorno che da qualche anno le istituzioni hanno deciso di dedicare al revisionismo storico sui fatti intorno all’espansione imperialista che l’allora Regno d’Italia compiva sul suo confine Nord-Orientale ai danni della popolazione slava, il professore Renzo Orsi, preside della Scuola di Economia, Management e Statistica dell’Università di Bologna ha pensato bene di iniziare la giornata affermando di voler negare la concessione di un’aula della Scuola da lui presieduta, nella quale è regolarmente prevista un’iniziativa di approfondimento storico, di informazione e dibattito proprio su queste tematiche. Un momento di studio extracurricolare al quale contribuiranno docenti universitari, giornalisti e scrittori con le loro relazioni, invitati da programma dagli organizzatori della onlus Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, e alla cui realizzazione la campagna giovanile e studentesca Noi Restiamo ha dato il suo contributo insieme a tante altre realtà. Negarne lo svolgimento con una presa di posizione autoritaria come quella portata avanti dalle istituzioni universitarie questa mattina è un atto in piena coerenza con le politiche dell’Unibo, ormai UniPD. In coerenza col rettorato di Dionigi (impegnato a creare un sistema di polizia dentro la zona universitaria e a rendere effettiva la Riforma Gelmini), con la presidenza di Orsi (la Scuola di Economia sta facendo da apripista nel taglio degli appelli a sfavore degli studenti in difficoltà e dei lavoratori precari) e di tutto il sistema ateneo, volto a creare un clima culturale e politico atto a favorire il ricatto ai lavoratori precari dell’Università, la competizione tra i giovani precari, la speculazione edilizia e la compatibilità con quel modello di memoria condivisa che non è altro che l’ideologia dei governi delle larghe intese e dell’estremismo di centro che da anni governano l’Unione Europea dell’austerità, della lotta di classe verso il basso e delle aggressioni militari.
Accorriamo numerosi all'Aula 3 di Piazza Scaravilli".


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Basta con la censura sulle Foibe, No al revisionismo di Stato

Grave la decisione dell’Università di Bologna di revocare l’autorizzazione per il Convegno sulle Foibe previsto per oggi pomeriggio.
Si vuole, e purtroppo non è un caso isolato in Italia, censurare ed ostacolare ogni voce non omologata alla versione revisionista che è diventata l’unica versione ammessa dalle istituzioni. 
La Giornata del ricordo è costruita intorno ad una ricostruzione antistorica, intrisa di rigurgiti nazionalistici e fascisti: per questo vengono negati spazi ad ogni sorta di momento di discussione e di analisi storica e politica che possa incrinare la retorica corrente sui fatti riguardo le Foibe, rimuovendo le atrocità delle occupazioni fasciste e naziste, il collaborazionismo, la coraggiosa resistenza italiana e slava.
Particolarmente grave i fatti di oggi vedano come protagonista di questo ennesimo episodio di censura un Preside dell’Università di Bologna, che avrà ritenuto a suo modo non politicamente corretto e opportuno ospitare una iniziativa di approfondimento non conforme alle veline istituzionali. Una dimostrazione lampante di come la tanto sbandierata libertà di opinione va bene solo se funzionale ai valori e agli interessi dei potenti di turno, dal PD di Renzi all’Unione Europea.
Esprimiamo solidarietà a tutti i partecipanti e organizzatori dell’evento a partire dal Coordinamento nazionale per la Jugoslavia.

Rete dei Comunisti Bologna
10 febbraio 2015

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D’Orsi risponde a Orsi “Mentre in economia la moneta buona scaccia la cattiva, nell’ambito della ricerca storica sta accadendo il contrario, e la menzogna sta vincendo”

11 febbraio 2015

Dopo l’articolo di ieri in cui Repubblica Bologna riportava un’intervista al prof. Orsi (il quale in giornata aveva tentato di vietare lo svolgimento di un’iniziativa in Università), riportiamo la nostra posizione e le parole che ci ha rilasciato il prof. D’Orsi (che di quell’iniziativa è stato magistrale relatore)

Ci rincresce profondamente constatare che il prof. Orsi, preside della Scuola di Economia, Management e Statistica, abbia frainteso la nostra volontà di creare un dibattito serio e storicamente puntuale su quanto accaduto lungo il confine italo-jugoslavo durante la guerra di Liberazione, scambiando il convegno per una sterile celebrazione del “Giorno del Ricordo”. Ovviamente non era questo il nostro intento, e di certo non volevamo raggirarlo; infatti siamo rimasti stupiti quando ci è stata revocata la concessione dell’aula in cui tenere il suddetto convegno, per di più poiché trattavisi di un approfondimento storico proprio sul merito delle questioni che durante questa data vengono affrontate.
Tale revoca è avvenuta perché “si tratta di una iniziativa di tipo politico per la quale non intendo concedere un’aula universitaria”, come ci ha comunicato il preside della facoltà, lamentando inoltre la mancanza del famigerato contraddittorio, strumento sempre utile per tappare la bocca a chi chiede di avere voce e per screditare convegni ed iniziative (e non ci è stato affatto richiesto di “aprirci almeno al confronto”, cosa che sarebbe comunque avvenuta dopo la revoca).
Guarda caso però, se ne fa uso sempre e soltanto quando qualcuno pretende di andare oltre le versioni ufficiali e le mistificazioni, cercando quella verità che dovrebbe essere ciò a cui ogni ricercatore, studioso o intellettuale di sorta dovrebbe tendere. Mentre Orsi non perde comunque un secondo a ribadire con pericolosa leggerezza che in questi anni la ricerca storica ha “sufficientemente chiarito questi fatti”: cioè? D’altra parte, volendo essere l’iniziativa aperta (per questo la scelta di un’aula universitaria) anche il preside sarebbe potuto venire ad assistere e “a fare il contraddittorio”, anche se gli accademici storici che hanno tenuto l’incontro gli avrebbero spiegato che non bastano certo quattordici anni a completare una ricerca storica, e che certamente questa non può essere conclusa con una legge.
A tal proposito il prof. D’Orsi ci tiene a specificare che “forse sarebbe meglio se gli economisti facessero gli economisti e lasciassero agli storici lo spazio che compete loro, per un reciproco rispetto della deontologia che dovrebbe caratterizzare entrambe le accademie”. E aggiunge: “questa moda di intendere il dibattito storico come tribuna in cui prevedere un contraddittorio, una serata di Porta a Porta in cui a Cernigoi [giornalista e ricercatrice storica, ndr] si opponga magari Parietti, è una visione distorta contro cui gli storici seri si battono da anni. La ricerca storica prevede una sua metodologia, non è il regno della doxa ma dell’episteme, tramite la quale tentare di raggiungere la verità per ciò che è stata”. Più specificatamente “sui fatti intorno alla questione delle foibe non è stato dimostrato assolutamente nulla di nuovo. Si sta solo operando un rovesciamento della verità, una raccolta di fandonie e senso mistificatorio senza fatti concreti che sostengano qualcosa di diverso da ciò che già era noto. Purtroppo mentre in economia, come il prof. Orsi sa bene, la moneta buona scaccia la moneta cattiva, negli ambiti culturali e della ricostruzione storica sta avvenendo il contrario, la moneta cattiva sta cacciando quella buona, e la menzogna sta vincendo sulla realtà”.
Fa specie quindi che sia proprio l’istituzione universitaria a tentare di impedire lo svolgimento di quello che è stato un convegno storico e di approfondimento sulla questione foibe e sull’istituzione del Giorno del Ricordo.
Fa specie che a negare lo spazio per un dibattito pubblico sia quella stessa Università da cui il nostro premier Matteo Renzi ha inaugurato l’anno accademico inneggiando alla libertà d’espressione e ricordando i morti di Charlie Hebdo.
Fa specie che questo avvenga a poca distanza dalla decisione spaventosamente simile assunta alcune settimane fa dal prefetto di Milano, quando il tentativo di boicottaggio e criminalizzazione ha colpito la convocazione di un’assemblea pubblica delle/gli attivist* No Expo.

Sulla giornata del ricordo e sulle foibe si è parlato molto, troppo anzi; e troppo spesso a sproposito, in modo dozzinale ed ideologico, senza documenti, senza portare alla discussione fatti ma solo congetture, ipotesi, opinioni, assurte a verità di stato con la legge n.92 del 30 marzo 2004, quando venne istituita questa ignobile ricorrenza che dimentica colpevolmente i venticinque anni di occupazione italiana e fascista prima, e tedesca e nazista poi, di quelle zone, che dimentica l’italianizzazione forzata, la chiusura delle scuole, il razzismo esplicito verso gli slavi, le violenze, gli abusi, i campi di concentramento, le fucilazioni di massa e le torture.
Si ricordano solo gli italiani. Non importa se fossero gerarchi fascisti, collaborazionisti delle SS, o criminali di guerra.
E quindi ci viene propinata la “memoria condivisa”, ci viene detto che repubblichini e partigiani erano in fondo uguali, che i morti italiani sono morti di tutti, e quindi sono patrioti, anche se erano torturatori di partigiani o stupratori, anche se incendiavano case o fucilavano civili disarmati.
Ebbene, noi ieri abbiamo voluto rivendicare il diritto al dissenso, il diritto a non accettare supinamente una “realtà di stato” che ricostruisce una storia artefatta ed ideologica in cui gli italiani sono sempre “brava gente”, indipendentemente da chi fossero realmente. Non ci piegheremo alla logica della memoria condivisa che mette sullo stesso piano vittime e carnefici, torturati e torturatori, oppressi ed oppressori. Non lo facciamo quando si guarda al passato, e continueremo a non farlo nel rispetto di quei tragici avvenimenti del presente in cui purtroppo la cultura istituzionale persevera nel mantenere un approccio distorto, ipocritamente equidistante e interessato in maniera neanche troppo celata, come nei confronti dell’occupazione dei territori palestinesi e dell’aggressione alla popolazione del Donbass.
Questa logica ha portato allo sdoganamento dei neofascisti di Casapound e Forza Nuova, che sono da anni liberi di organizzare eventi e convegni dai temi più beceri, o possono impunemente propagandare la loro ideologia nelle piazze di Bologna, mandare in coma un compagno a Cremona, ammazzare due senegalesi a Firenze, pestare a morte un ragazzo a Verona, accoltellare, sprangare e compiere ogni sorta di nefandezza. Tanto poi verrà sempre fatto passare (e quindi immagazzinato nella testa delle persone) come “rissa da bar”, “gesto di un folle”. E questo porta a sviare la realtà dei fatti, così come si è riusciti a sviare la realtà storica sulla vicenda delle foibe: non ci sono oppressi ed oppressori ma solo gli “italiani brava gente”.
Per questo la nostra coerenza, stanti l’ipocrisia e la mistificazione attualmente dominanti in ogni faziosità propinata come “super partes” dalle istituzioni, ci obbliga a scegliere una strada partigiana, in direzione contraria a quella di un potere costituito che riesce sempre più a superare a destra le posizioni dei fascisti che tanto bene sguazzano nell’Unione Europea dell’austerità e della lotta di classe dall’alto, e che riesce al contempo a dare loro nuova linfa e nuova legittimità. Con questa stessa determinata posizione continuiamo a contrastare fascismi vecchi e nuovi al fianco di quella parte sana di società che vi si oppone aldilà delle retoriche, e proseguiremo sulla via intrapresa finora, la quale segnerà la sua prossima tappa per le strade di Roma sabato 28 febbraio, quando la calata dei Lanzichenecchi capeggiati da Salvini sarà contrastata da una mobilitazione popolare e di massa nel solco dei migliori valori della resistenza partigiana.


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Choc Foibe a Orvieto, per il consigliere comunale di Sel è solo mitologia

E la Rete si ribella e chiede le dimissioni di Tiziano Rosati, ma lui replica: «Le vittime vanno onorate tutte, ma occorre combattere chi cerca di semplificare e stigmatizzare la realtà»

ARTICOLO | MAR, 10/02/2015 - 18:21 | DI STEFANIA TOMBA

Un post revisionista sulle foibe. E il web si indigna, tanto più perchè a scriverlo anzi a conviderlo, è stato un consigliere comunale di maggioranza, Tiziano Rosati di Sel.
In un passaggio significativo il testo recita: «Con la giornata del 10 febbraio si istituzionalizza la mitologia di una popolazione italiana cacciata dalla sua terra, quando in realtà i territori dell’Istria e della Dalmazia, che con la Prima Guerra Mondiale l’Italia aveva occupato militarmente, non erano mai stati abitati da popolazioni italiane, se non in minima parte».
Nella giornata del Ricordo è immediata la reazione della rete contro il consigliere comunale del quale si arrivano a chiedere le dimissioni.
Sdegno e vergogna sono espresse da Fratelli d'Italia, Azione giovani, Scelta Civica tramite singoli rappresentanti che condanno in coro la presa di posizione definita unanimente «inaccettabile».
Agli attacchi Rosati così risponde: «E' dovere civico di ognuno di noi, oggi e tutti i giorni dell'anno, tenere viva la memoria di quanto accadde, onorando le vittime della barbarie umana che, nel nome della patria, spinse l'Europa a guerre sanguinarie per tutto il corso del novecento: la tragedia delle foibe e degli esuli del confine orientale deve essere parte integrante della nostra memoria storica.
Credo che sia però altrettanto doveroso - scrive Rosati - combattere chi cerca di semplificare e stigmatizzare la realtà al solo fine di nascondere e far passare in secondo piano le vicende storiche che determinarono quegli atroci fatti. Le responsabilità dell'Italia e del regime fascista nella gestione di quella che fu una vera e propria pulizia etnica ai danni del popolo slavo, non può essere taciuta e deve diventare anch'essa parte della nostra memoria, se vogliamo davvero rendere giustizia ai morti di cui oggi tutti si riempiono la bocca».

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Foibe, Onorio Rosati, consigliere Pd della Lombardia: "Non parteciperò al Giorno del Ricordo". E scoppia la polemica (FOTO)

L'Huffington Post
Pubblicato: 10/02/2015

E' polemica in Regione Lombardia sulla commemorazione delle vittime delle foibe che si è tenuta in mattinata al Consiglio regionale, in occasione del Giorno del ricordo. Il consigliere regionale del Partito democratico Onorio Rosati sulla sua pagina Facebookha stamani annunciato che non avrebbe partecipato. La replica è arrivata a margine della commemorazione dall'assessore lombardo al Territorio Viviana Beccalossi (FdI) che si è detta "basita" per il post di Rosati e si è augurata "che chieda scusa perché aveva il dovere istituzionale di partecipare o comunque di rispettare una Giornata istituita per legge". "L'Italia non può avere morti di serie A e di serie B - ha continuato Beccalossi - e mi piacerebbe che ci fosse una pacificazione dopo tanti anni". A intervenire è anche Giorgia Meloni, su twitter: "Mi aspetto che Renzi prenda le distanze da affermazioni del consigliere".

"Fermo restando il diritto alla memoria da parte delle vittime delle foibe, sappiamo che questa vicenda storicamente è molto controversa e molto divisiva all'interno del nostro Paese", ha affermato Rosati, interpellato dai giornalisti a Palazzo Pirelli. Per Rosati la Giornata del Ricordo "istituita dal governo Berlusconi" è stata "fortemente strumentalizzata dalla destra italiana neofascista e il fatto che risponda l'assessore Beccalossi mi pare sia una conferma".

A chi gli ha domandato se le tragedie delle Foibe e della Shoah siano paragonabili, il consigliere democratico ha risposto: "Assolutamente no, con la Shoah siamo in presenza di un genocidio che per caratteristiche e per quantità ha rappresentato e rappresenta un fatto che non ha paragoni nella storia e dall'altra parte siamo in presenza di fatti cruentissimi legati alla guerra e al periodo immediatamente successivo, che come tali vanno considerati". La polemica poi si trasferisce su twitter: "Renzi, devi prendere pubblicamente le distanze da tal Onorio Rosati", gli chiede un utente. Un altro: "Qualche buonista come Onorio Rosati non ricorda. Pd complimenti"; e così via, tanti altri attacchi diretti al consigliere del Partito democratico.

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Foibe, La Deriva replica alle critiche di Finco

12 febbraio 2015 Società

Avendo l’incontro da noi organizzato sollevato polemiche e discussioni, pensiamo sia utile esprimere alla città il nostro punto di vista in merito a tutto questo polverone. Ci interessa sopratutto riprendere le affermazioni che il consigliere regionale leghista Finco si è preso la libertà di esprimere, pur non avendo partecipato alla serata. Evidentemente abbiamo qualcosa da dire a proposito delle “foibe”, dato che da anni interveniamo sul tema con assemblee ed incontri con ricercatori, storici, giornalisti ed esperti, come molti altri gruppi in Italia. Di questa complessità non si fa certo carico il sig. Finco che, a testa bassa, carica lo storico e ricercatore da noi invitato per l’occasione, da lui arbitrariamente apostrofato come “scrittore negazionista non desiderato in città”.

Ricordiamo al consigliere che, qualsiasi sia la sua opinione in merito, Sandi Volk non è uno scrittore ma uno storico, che da anni si occupa della storia del confine orientale durante la II guerra mondiale. Il suo intervento a Bassano ha inquadrato il “fenomeno foibe” su un piano di lungo periodo, avvalendosi di un lavoro meticoloso e ampiamente documentato. È questo modo di procedere che opponiamo alle semplificazioni ideologiche espresse dal consigliere negli ultimi giorni. Inoltre nel comunicato il consigliere regionale arriva a minacciare persecuzioni contro chiunque interpreti il “Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo” in modo diverso da quello di cui si fa promotore. Questo atteggiamento denigratorio e persecutorio non è certo una novità, caso mai ci sorprende un po’ che un esponente leghista si affidi così ciecamente alle norme dello stato italiano.

Vorremmo peraltro ricordargli che la legge venne promulgata “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”; non il semplice “ricordo delle sue vittime” come afferma Finco. Gli ricordiamo che la stessa legge afferma che in occasione della Giornata del Ricordo “è altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende”.

Proprio delle vittime si è parlato, con una analisi riguardo alle persone alla cui memoria lo stato italiano concede il riconoscimento in questa giornata. Dai dati finora disponibili si tratta di 267 persone, purtroppo (ma preferiamo per fortuna) molto lontane dalle decine di migliaia vagheggiate dal consigliere Finco. Si è parlato delle modalità – alquanto discutibili – di attribuzione dei riconoscimenti con alla mano i dati biografici di coloro alla cui memoria vengono attribuiti. Se avesse partecipato all’incontro il consigliere avrebbe potuto sentire un’analisi della vicenda dell’esodo fuori dagli stereotipi prodotti dalla persistente strumentalizzazione politica, di cui evidentemente anche lui è promotore. Non c’è stata nessuna negazione, ma il tentativo di capire, fuori da luoghi comuni e semplificazioni, cosa sia accaduto.

La narrazione delle foibe è stata recuperata dal primo governo Berlusconi (precisamente da Alleanza Nazionale) nell’ambito di un vasto progetto culturale volto a ridefinire la percezione del fascismo e della Guerra di Liberazione, così da legittimare gli eredi politici dell’esperienza di Salò, svalutando la Resistenza. L’apice di questo progetto viene raggiunto nel 2004 con l’istituzione del “Giorno del ricordo delle foibe e dell’esodo”, due settimane dopo la ricorrenza della “Giornata della memoria”, nel tentativo di elevare questi fatti poco conosciuti in ambito nazionale ad una dignità pari a quella degli stermini perpetrati dai fascisti e dai nazisti. Accostare lo sterminio nazista ad altri fenomeni di uccisione di massa avvenuti con differenti modalità, tecniche ed in altri contesti è uno dei principali metodi utilizzati dal negazionismo, quello vero, per sminuire i crimini nazifascisti.

Resta da precisare che questa ricorrenza ha avuto ripercussioni significative sui rapporti con Croazia e Slovenia, tanto da generare una grave crisi diplomatica con quei paesi, che spinse il presidente Napolitano, in occasione della ricorrenza del 2009, a precisare: “questo riconoscimento umano e istituzionale non ha nulla a che vedere col revisionismo storico, col revanscismo e col nazionalismo […] la memoria che coltiviamo innanzitutto è quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilità storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra”. Infine, per quanto riguarda i comunicati emessi in questi giorni da un paio di componenti della destra neofascista, preferiamo non entrare nemmeno nel merito. Sarebbe tempo perso.

Assemblea Antifascista Bassanese – Spazio Sociale La Deriva



(english / italiano)

COSI' LA FEDERAZIONE RUSSA INVASE L'UCRAINA


In dicembre alcuni deputati ucraini avevano sottoposto al senatore USA Jim Inhofe prove inequivocabili della criminale invasione di carri armati della Federazione Russa: si tratta di fotografie degli eventi in Ossezia del Sud (2008), opportunamente truccate.
Il legittimo presidente di questo grande paese democratico che è l'Ucraina, Petro Poroshenko, ha allora pensato bene al summit di Monaco di Baviera di presentare una ulteriore e più forte evidenza: ha sventolato davanti alle telecamere passaporti russi che sarebbero stati presi ai soldati invasori. Alla richiesta formale della Federazione Russa di visionare le copie dell'interno dei passaporti, le autorità europeiste di Kiev hanno fatto orecchie da mercante. 
A scongiurare allora il pericolo che le chiacchierate di Minsk abbiano qualche effetto nella direzione della pace in Europa, in questi giorni gli organi di stampa anche italiani [ http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/ucraina_carri_armati_russi_invadono/notizie/1176890.shtml ] stanno dando ampio risalto all'annuncio del portavoce delle forze armate ucraine, Andrii Lisenko, secondo cui stavolta «il nemico [sic] continua a rafforzare le sue posizioni a nord nella regione di Lugansk ... nella notte del 12 nella zona di Izvarino hanno attraversato il confine russo-ucraino circa 50 carri armati, 40 complessi missilistici Grad, Uragan e Smerch, e 40 blindati». Stavolta ci possiamo mettere la mano sul fuoco. (a cura di IS)


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Poroshenko presents 'proof of Russian involvement' in Ukraine war at Munich Security Conference (RT, 7 feb 2015)
While addressing the Munich security conference, Ukrainian President Petro Poroshenko held up five red Russian passports and one military ID he claimed had been discovered on Ukrainian territory, citing them as the “best evidence” of Russian troop presence in Ukraine...

‘Political comedy’: Poroshenko’s ‘Russian army evidence’ raises eyebrows (by Bryan MacDonald - February 08, 2015)
Ukraine's President Petro Poroshenko holds Russian passports to prove the presence of Russian troops in Ukraine as he addresses during the 51st Munich Security Conference at the 'Bayerischer Hof' hotel in Munich February 7, 2015...

Moscow demands copies of ‘Russian soldiers IDs’ shown in Munich (February 08, 2015)
The Russian Foreign Ministry says Kiev is reluctant to hand over copies of what it claims to be documents, proving Russian military presence in Ukraine...

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http://rt.com/news/232067-fake-photos-russian-army/

Busted: Kiev MPs try to fool US senator with ‘proof’ of Russian tanks in Ukraine (PHOTOS)

Published time: February 13, 2015


MPs in Kiev hoodwinked a US senator, presenting his office with photos of columns of Russian military hardware allegedly roaming Ukrainian territory. The photos turned out to have been taken during the conflict in South Ossetia back in 2008.
The photos were “presented to the Armed Services Committee from a delegation from Ukraine in December,” told The Washington Free Beacon Senator Jim Inhofe’s communications director Donelle Harder.
The Americans planned to publish the photos with credits to the Ukrainian MPs, and “they were fine with that,” the spokesperson said.
Yet, after thorough checking, images of the Russian convoys turned to be taken years ago, in 2008 during Georgia - South Ossetia war.
“We are currently making calls to our sources,” Harder said.
“The Ukrainian parliament members who gave us these photos in print form as if it came directly from a camera really did themselves a disservice,” Senator Inhofe said in a statement.
“I was furious to learn one of the photos provided now appears to be falsified from an AP photo taken in 2008,” the lawmaker wrote.
At the same time the revealed forgery “doesn’t change the fact that there is plenty of evidence Russia has made advances into the country with T-72 tanks and that pro-Russian separatists have been killing Ukrainians in cold blood,” the US senator maintains.
The list of members of the Ukrainian delegation that attempted to fool Senator Jim Inhofe does not include high-ranking Ukrainian officials, with probably the sole exception of the commander of the Donbass volunteer battalion Semyon Semenchenko, who visited Washington demanding arms and training for his servicemen.
The Washington Free Beacon said it “regrets the error,” and claims it has obtained new “exclusive” photos of “Russian military forces have been more involved in the arming and training” of the eastern Ukraine self-defense militia. The new photos, allegedly “taken between August 24 and September 5 in the midst of a Russian-backed incursion into Eastern Ukraine … clearly display Russian troops entering Ukraine with advanced military hardware and weapons.”
Senator Inhofe expressed the hope that the new, particularly graphic images, could “act as a wake-up call to the Obama administration and American people” and push the US Congress to back up Senator Inhofe’s bill to supply the Ukrainians with American lethal aid.
Having compared Russians with Islamic State (also known as ISIS, or ISIL), Senator Inhofe said that Ukrainian troops “don’t have anything to defend themselves against these [Russian] tanks,” and called on Congress to give “them the equipment and the weaponry they need.”
“The Obama admin is so slow to recognize” and identify the problems “taking place around the world,”Inhofe said. “They just don’t want people to believe these things are happening,” he acknowledged, adding: “There’s no better way to do that and draw attention to it than letting people see these pictures.”
Writer and journalist John Wight has told RT that the West has to ramp up the demonization of Russia to influence public opinion.
"There is a policy agenda with regard to Russia, with regard to NATO expansion, with regard to the expansion of the EU, with regard to isolating Russia – and everything is tailored to fit that policy agenda, including the truth. So anything that can be done to enlist support, the key determining factor of course is public opinion both in the UK and the US in particular, which has just had a decade of war. The public is war weary. So they have to ramp up the demonization of Russia. They have to fabricate Russia’s intentions and Russia’s actions in order to enlist that support of public opinion when it comes to possibly intensifying the conflict, which I fear we are in danger of seeing happen."