Informazione
http://www.german-foreign-policy.com/en/fulltext/58833
http://www.euractiv.com/sections/global-europe/juncker-nato-not-enough-eu-needs-army-312724
EurActiv – March 10, 2015
Juncker: NATO is not enough, EU needs an army
The European Union needs its own army to face up to Russia and other threats, as well as to restore the bloc's standing around the world, EU Commission President Jean-Claude Juncker told a German newspaper yesterday (8 March).
Arguing that NATO was not enough because not all members of the transatlantic defence alliance are in the EU, Juncker said a common EU army would send important signals to the world.
"A joint EU army would show the world that there would never again be a war between EU countries," Juncker told the Welt am Sonntag newspaper.
"Such an army would also help us to form common foreign and security policies and allow Europe to take on responsibility in the world."
Juncker said a common EU army could serve as a deterrent and would have been useful during the Ukraine crisis.
"With its own army, Europe could react more credibly to the threat to peace in a member state or in a neighbouring state," he said.
"One wouldn't have a European army to deploy it immediately. But a common European army would convey a clear message to Russia that we are serious about defending our European values."
Commission quizzed over EU army
The European Commission today (9 March) fielded questions after the executive's president, Jean-Claude Juncker said an EU army would eventually be needed for the bloc to be taken seriously. Reporters at the Commission's midday briefing asked Chief Commission Spokesman Margaritas Schinas if Juncker'...
[…]
The 28-nation EU already has battle groups that are manned on a rotational basis and meant to be available as a rapid reaction force.
But they have never been used in a crisis.
EU leaders have said they want to boost the common security policy by improving rapid response capabilities.
But Britain, along with France, the two main military powers in the bloc, has been wary of giving a bigger military role to the EU, fearing it could undermine NATO.
German Defence Minister Ursula von der Leyen welcomed Juncker's proposal. "Our future as Europeans will at some point be with a European army," she told German radio.
Nell’agenda politica europea continuano a riverberarsi gli echi dell’intervista del presidente della Commissione Europea Junker, che ha evocato la necessità di un esercito europeo. La proposta di Juncker ha trovato qualche prevedibile resistenza nella stessa Unione europea, soprattutto da parte degli stati più legati agli Stati Uniti. Si segnalano infatti il no scontato del premier inglese, David Cameron e della Polonia. La Francia nicchia ma non nella sostanza. Essendo l’unica potenza dell’Eurozona (la Gran Bretagna ne è fuori) a possedere le armi nucleari, non nasconde l’ambizione di voler essere l’azionista di riferimento di un esercito europeo. Al contrario la ministra della Difesa tedesca Von der Leyden è stata invece tra i primi ad esprimersi favorevolmente verso il progetto evocato domenica scorsa da Juncker su un esercito europeo, spiegando che “il nostro futuro di europei esigerà un giorno che ci dotiamo anche di un esercito comune”. In Germania, da almeno due anni stanno cambiando di molto gli orientamenti sulla politica militare. Qualcosa si era intuito già nella annuale Conferenza sulla Sicurezza a Monaco dello scorso anno.
Il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, quando ha presentato la legge di bilancio per il 2015, ha annunciato che la Germania aumenterà la spesa per la difesa. Schauble non ha dettagliato le cifre, ma la decisione è presa ed è emblematica. In piena guerra fredda la Germania spendeva per la difesa il 3,2% del Pil. Ne tre decenni successivi, le spese militari si erano ridotte, scendendo all'1,4% del Pil nel 2013, che corrispondono però ad una spesa di 48,8 miliardi di dollari (secondo altre fonti come l’Istituto Internazionale di Studi Strategici sarebbero invece 43,9 miliardi di dollari). La Francia ad esempio ne spende 53,1 per la Difesa. Dal settembre 2014, la Germania, al pari degli altri membri della Nato, si è impegnata a portare le spese nella difesa al 2% del Pil. Il ministro della Difesa, Ursula Von der Leyen, ha inoltre costituito una commissione composta da duecento esperti militari per ridefinire la strategia delle forze armate tedesche del XXI Secolo. Juncker nell'intervista al giornale tedesco Die Welt am Sontag ci ha tenuto a spiegare che: “L'immagine dell'Europa ha sofferto drammaticamente anche in termini di politica estera: non sembra che siamo presi completamente sul serio”. Per Juncker dunque la debolezza della politica estera europea dipende dal fatto che l'Europa non ha un esercito proprio, ma ha aggiunto anche qualcosa di più: “La Nato non può bastare, visto che non tutti i Paesi membri dell'Alleanza atlantica sono anche della Ue. Una forza armata europea, invece, mostrerebbe al mondo che non ci saranno mai più guerre tra gli Stati membri, aiuterebbe a disegnare una politica estera e di sicurezza comune, e permetterebbe all'Europa di assumersi le sue responsabilità nel mondo”.
Era il 1996 quando Helmut Kohl, in una conferenza all’università di Lovanio disse che “l’integrazione europea sarebbe stata una questione di pace o di guerra nel XXI Secolo”. Un concetto ribadito da Kohl dieci anni dopo in una intervista al Corriere della Sera. E ancora dieci anni dopo, il 22 febbraio scorso, durante un colloquio in Vaticano, è stata Angela Merkel ad affermare che “La pace in Europa? Non è un fatto scontato”.
Molti di questi aspetti, anche sul piano del crescente sganciamento dell’Unione Europea dagli Usa e dalla Nato, soprattutto in materia di tecnologie satellitari, droni, settore aereospaziale, sono stati analizzati nel recente forum della Rete dei Comunisti a Bologna su “Il piano inclinato degli imperialismi”. Il cerchio di fuoco dei conflitti che circonda l’Europa (da Est a Sud) non solo non lascia affatto indifferenti gli apparati dirigenti della Ue ma sta rafforzando le ambizioni globali della stessa Unione Europea per dotarsi di tutti i “fattori di egemonia” necessari ad un polo imperialista: quello economico, quello ideologico e infine quello militare. Un nuovo status che preoccupa molto gli Stati Uniti, i quali vedono configurarsi la possibilità di un polo rivale nella competizione globale. Ma è una ambizione che deve preoccupare – e molto – anche i popoli dell’Europa dell’Est e della regione afro-mediterranea. Quanto sta già accadendo con gli interventi militari europei nell’Africa Centrale o quanto avvenuto contro la Libia nel 2011, indicano che le questioni della pace e della guerra in Europa stanno cambiando di passo e di segno. Continuiamo a ritenere che sia un errore – anzi un grosso guaio – che questo “dettaglio” nella strutturazione dell’Unione Europea continui ad essere sottovalutato. Combattere ed indebolire il “proprio imperialismo” è un compito dal quale nessuna forza internazionalista o che lotti per la pace dovrebbe sottrarsi.
Dossier di articoli su questo argomento:
Dalla Germania ripartono le ambizioni all’esercito europeo
Esercito europeo? Indispensabile per le ambizioni globali della Ue
Alla Polonia non piace l’esercito europeo. Meglio la Nato
Berlino annuncia l’aumento delle spese militari
Germania. Troppo grande per non avere una politica militare
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/220786538091920
<una vibrante rievocazione della rivolta antinazista e della successiva occupazione titina che sconvolsero Trieste nella primavera del 1945>.
Molti storici citano questo testo a dimostrazione dei "crimini" commessi dai "titini". Testo che cita una serie di "testimonianze" riferite all'autore da altri che spesso riferiscono cose dette ancora da qualcun altro e via... e che sembrano le classiche esagerazioni degenerate che la gente si inventa quando deve descrivere azioni violente beandosi sadicamente nel raccontare cose peraltro anche poco credibili.
Ma non è di questo che vogliamo parlare ora. Quello che vogliamo evidenziare è il sentimento razzista di questa persona, che si considerò "profugo" dall'Istria, perché nato a Semedella (vicino a Capodistria), andò a Torino negli anni '20 per studiare e trovò lavoro alla Stampa, si trasferì a Trieste durante la guerra e dopo la guerra andò a vivere a Venezia.
Ecco come questo "artista" descrive gli "slavi".
<Sono piccoli in genere, questi sloveni; notevolmente più bassi di quella che è la statura media dei triestini e degli istriani.
Osservo loro e poi i cittadini che mi passano accanto: sì c'è una differenza di statura, oltre che somatica e di costituzione, che sorprende. Ho sempre avuta l'impressione che gli jugoslavi fossero più alti; ma quelli che avevo presenti dovevano essere quasi tutti croati o dalmati o intellettuali (! Lombroso, aiutaci tu! n.d.r.) Questi sloveni della campagna - e qui posso constatarlo perché ne ho, per la prima volta, alcune centinaia sotto gli occhi, uniformemente bassi e ossuti, biondicci e scabri - sembrano non cresciuti qui vicino ma di tutt'altri paesi, a paragone dei triestini che sono alti e baldi (baldi anche ora - sono fatti così - nonostante le angosce di questi giorni impresse su tutti i volti).
Questa differenza risalta più ancora nelle ragazze. Le slovene, di corporatura corta e muscolosa (il fisico di tante servotte, pulitissime, oneste e formidabili lavoratrici, e delle cosiddette "donne del latte") sono esattamente l'opposto delle nostre triestine, dai torsi slanciati e dalle gambe lunghe>.
Interrompiamo qui, sorvolando sulla descrizione delle voci "stridule e lamentose così diverse da quelle delle donne nostre" e sul fatto che marciando non cantano, forse perché "non hanno inni?", domandandoci chi diavolo abbia visto marciare il Nostro, dato che se c'è un popolo che non può fare a meno di cantare, in ogni occasione celebrativa, sono gli Sloveni, che hanno forse più inni di qualsiasi altro popolo...
... e vediamo come possa il razzismo andare di pari passo con l'astio di classe, perché la "bruttura" degli sloveni, uomini e donne, secondo il ricco possidente intellettuale Q.G. è dovuta sostanzialmente al fatto che si è trovato di fronte la classe lavoratrice, contadini, operai, le "servette" che non possono competere con le "triestine" nullafacenti del ceto del Nostro.
Che vede, in queste persone che marciano in città, un pericolo per il suo vivere da parassita alle spalle degli "sloveni della campagna" che hanno fatto ricchi i suoi antenati di Semedella. Tutta la propaganda che il CLN di Trieste (il CLN, non il PNF, si badi) ha costruito contro la resistenza comunista ed internazionalista di Trieste non è solo una questione di razzismo, è anche una questione di classe. Ed i risultati li vediamo ancora oggi, nei testi storici di Pupo e Spazzali, nella memorialistica di Fabio Forti, nelle elucubrazioni ideologiche di Stelio Spadaro.
La Macedonia rimborsa in anticipo il suo debito con il FMI
da www.viedellest.eu
Macedonia - 25 febbraio 2015
di Piero Purini, con la collaborazione del gruppo di lavoro «Nicoletta Bourbaki» – 10/3/2015
Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943). Odradek, Roma 2008
Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. Roma, Odradek 2011