Informazione


Finché c'è guerra non c'è speranza

1) Rete No War: L'ITALIA SI DISSOCI DALL'ADDESTRAMENTO TURCO-STATUNITENSE DI JIHADISTI FUTURI E PRESENTI IN SIRIA
2) Comitato contro la guerra – Milano: APPELLO (CNJ ONLUS aderisce ed invita ad aderire)
3) Mosca: armi nucleari USA in Europa sono in contrasto con gli accordi
4) Manlio Dinucci: Il boom dell’industria bellica / Il declino dell’impero Usa 


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(ricevuto da M. Correggia, con invito a far "circolare anche a mezzo social network per chi li usa, e chi vuole come gruppo scriva al Gentiloni cose analoghe. Siccome tutti stanno in silenzio, se parlano anche in pochi, qualche effetto c'è. Email da usare x Gentiloni: segrmin.gentiloni @esteri.it e gabinetto @esteri.it )

Oggetto: da Rete No War al ministro Paolo Gentiloni con richiesta di incontro

L'ITALIA SI DISSOCI DALL'ADDESTRAMENTO TURCO-STATUNITENSE DI JIHADISTI FUTURI E PRESENTI IN SIRIA

Egregio ministro degli Esteri, Le scriviamo per invitarLa a dissociarsi dalla dissennata decisione da parte degli Stati uniti e della Turchia di addestrare (ulteriori) 5mila militanti di gruppi armati cosiddetti "moderati" in Siria, affinché combattano contro l'autoproclamato "Stato islamico" e al contempo contro il governo di Damasco. 

Le scriviamo come cittadini italiani e come membri di Rete No War, rete pacifista molto attiva negli ultimi anni contro le molteplici azioni sbagliate dei governi occidentali, azioni reiterate che in particolare sugli scenari libico e siriano hanno portato - è ormai di un'evidenza abbagliante - all'affermarsi dello sconvolgente terrorismo sedicente islamico. 

L'errore è stato troppo spesso ripetuto. Come Lei ben sa, la Nato in Libia ha finito per fare da forza aerea di gruppi jihadisti. E in Siria, gruppi armati dell'opposizione hanno goduto dal 2012 dell'appoggio economico, logistico e diplomatico da parte del gruppo di sedicenti "Amici della Siria" (fra questi Arabia saudita, Qatar, Turchia, Usa, Francia e Gran bretagna...e purtroppo Italia). L'addestramento da parte turca-statunitense non è niente di nuovo. E' un errore reiterato.

E  che risultato ha dato? Anche gruppi di opposizione chiamati "moderati", spesso si sono alleati o sono passati con al Nusra o con Daesh in un continuo sistema di porte girevoli; in altri casi, sconfitti sul campo, hanno comunque ceduto le armi a quei gruppi terroristi. Abbiamo documentato più volte questo fenomeno. Così, anche questa volta le persone addestrate e le relative armi molto probabilmente finiranno nelle mani di terroristi.

Ministro, questo addestramento turco-statunitense è un ennesimo attentato ai siriani. E' una garanzia che questa guerra che ha distrutto un paese continuerà a lungo. 

E' evidente il doppio gioco di chi parla di negoziati ma alimenta la guerra. L'Italia deve dissociarsi dagli "Amici della Siria" e dalle sue politiche. L'Italia deve rimuovere le sanzioni che peggiorano la tragedia del popolo siriano. L'Italia deve impegnarsi per il dialogo. Basta con i falsi di guerra. 

Ci riferiamo anche all'intervento armato dell'Arabia saudita in Yemen. I sauditi, fonte inesauribile di finanziamento di gruppi jihadisti che poi confluiscono nell'Isis, ha messo su una coalizione per schiacciare i ribelli sciiti yemeniti houti, che non sono terroristi. 

Come mai invece i ribelli siriani, che hanno dimostrato di passare facilmente a gruppi jihadisti e terroristi, sono coccolati dall'Occidente oltre che dai petromonarchi?

Le chiediamo un incontro per discutere di questi argomenti. 

Grazie

Rete No War  (per contatti 331-2053435)


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Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS aderisce ed invita ad aderire all'appello di seguito riportato:

Comitato contro la guerra – Milano

 

Questo appello nasce dalla volontà dei soggetti promotori di mobilitarsi contro la politica di aggressione, condotta dalla NATO – USA in testa, che ha già provocato una violenta rottura degli equilibri in tutto il Medio Oriente, in parte del continente africano, in Europa.

 

Il risultato ad oggi, sotto gli occhi di tutti, sono le guerre in corso in Iraq, Siria, Libia, Ucraina costate decine e decine di migliaia di morti ed un’emergenza umanitaria per milioni di profughi.

 

Stiamo assistendo alla solita commedia, il cui copione è ben noto: ancora una volta finanziamenti degli USA e, allo stesso tempo, mercenari, filonazisti, jihadisti, golpisti, consiglieri militari della NATO. Migliaia di morti civili sono il tragico risultato.

 

Per il momento una guerra devastante tra la NATO e la Federazione Russa è stata scongiurata, ma accuse, sanzioni (che tra l’altro si stanno ritorcendo contro i lavoratori italiani ed europei), manovre militari fatte per provocare, stanno portando il mondo su una strada molto pericolosa.

 

Risulta incredibile che chi ha provocato questi disastri, oggi faccia finta di volerli risolvere, così come il fatto che si discuta il possibile finanziamento per 15 miliardi di euro al governo ucraino, arrivato al potere attraverso un colpo di stato e responsabile di massacri nell’est del paese.

 

Infine risulta inaccettabile che non si consideri appieno come il Qatar, l’Arabia Saudita, la Turchia e gli USA abbiano dato un contributo determinante alla formazione di gruppi jihadisti, la cui massima espressione è attualmente l’ISIS.

 

Noi organizzazioni di diverso orientamento e differenti sensibilità, sentiamo il dovere di chiamare alla mobilitazione contro il pericolo di queste guerre, che avrebbero ripercussioni imprevedibili a livello mondiale.

Chiediamo l’impegno di quanti aderiranno a scendere in piazza prima che sia troppo tardi.

La prima vittima della guerra è la verità. 

La guerra è contro i lavoratori. Non un soldo per la guerra

 

Per infocomitatocontrolaguerramilano@... - comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com - cell. 3383899559

 

È IN CORSO LA RACCOLTA ADESIONIad ora sono pervenuteRete NoWar-RomaForum contro la guerra - Venegono, Ass. “La Casa Rossa” - Milano, Banda BassottiMarx21.it, Ass. Cult. Stella Alpina - Novara, Ass. Italia-Cuba - Milano, PCdI Milano,PCdI LombardiaPC Provincia di MilanoCoordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUSComitato Altra Europa zona 8 - Milano, Ass.  Un'Altra StoriaSez. ANPI "Bassi - Viganò" - Milano, Sez. PCdI "Laika" - Milano, Giovani Comunisti– Milano, Sez. ANPI Porta Genova - Milano, PCdI Federazione di Pescara, Sez. PCdI “Gagnoni” - zona 5 Milano, Redazione di ALBAinformazioneLa Scintilla – Milano, PRC “Luca Rossi” – Affori Milano, Rete disarmiamoli - nodo di vicenza,  Nella Ginatempo (Sociologa e scrittrice del Movimento per la pace), Patrick Boylan (PeaceLink, Rete NoWar-Roma, Cittadini statunitensi per la pace e la giustizia), Tiziano Cardosi (Comitato No tunnel TAV Firenze), Anna Migliaccio (Comitato Centrale PCdI), Anita Fisicaro (Rete Nowar-Roma), Ugo Giannangeli (Avvocato), Maurizio Musolino (Segreteria Nazionale PCdI), Vladimiro Vaia(economista), Bianca Riva (NO TAV Valsusa), Gabriella Vaccaro,Angelo Baracca (Firenze), Nunzia Augeri (ricercatrice storica - PCdI), Paolo D'Arpini (Rete Bioregionale Italiana), Elio RindoneGian Piero Riboni (Comitato per Milano zona 8), Maurizio Quattrocchi (ingegnere), M.Gabriella Guidetti (Rete NoWar Roma), Claudia Berton (insegnante e scrittrice, Verona), Vincenzo Brandi (Rete No War e Comitato No Nato), Elio Varriale (Istituto della Memoria in Scena - FI), Sergio Tecla Introini, Massimo Ponchia (Rubano - PD), Monica Zoppè (PI), Roberto Galtieri, Presidente ANPI Belgique, Elio NocerinoCamillo BoniIvo Batà(Fronte Palestina Milano), Francesca Iacobucci (Fronte Palestina Milano), Maria Cristina Bandeira Santos (Fronte Palestina Milano), Jonathan Chiesa (Coord. Com. "Altra Europa con Tsipras" - zona 9), Giovanni Sarubbi (direttore www.ildialogo.org)


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Mosca: armi nucleari USA in Europa sono in contrasto con gli accordi

24.03.2015
Paesi non nucleari della NATO partecipano a “missioni congiunte”

Il portavoce del ministero degli Esteri della Russia, Aleksander Lukashevich, ha dichiarato che la presenza delle armi nucleari degli Stati Uniti in Europa è in contrasto con il trattato di non proliferazione e che i tentativi di Washington di negarlo sono inconsistenti.
Il diplomatico ha detto  che il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jen Psaki, sta travisando i fatti, quando dice che le armi nucleari americane in Europa sono "costantemente sotto il controllo degli USA e non vengono mai passate ad altri Stati".
"In realtà le cosiddette "missioni nucleari congiunte" della NATO prevedono la partecipazione dei paesi non nucleari dell'alleanza alla pianificazione nucleare e all'addestramento delle truppe all'uso delle armi nucleari che viene effettuato adoperando aerei, equipaggi, infrastruttura aeroportuale e servizi di terra degli Stati in questione", — ha spiegato Lukashevich, precisando che le ultime esercitazioni di questo tipo, Steadfast Noon, sono state svolte in autunno dell'anno scorso in Italia.
Lukashevich ha fatto ricordare che l'Articolo 1 del Trattato di non proliferazione proibisce agli Stati nucleari di passare a chiunque, in modo diretto o indiretto, il controllo degli armamenti e degli altri congegni nucleari esplosivi, mentre l'Articolo 2 impone ai paesi non nucleari il divieto di assumere tale controllo esplicitamente o in modo indiretto, da chiunque sia ceduto.


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En francais: Le boom de l’industrie de guerre
Par Manlio Dinucci, Il Manifesto / Mondialisation.ca, 17 mars 2015
http://www.mondialisation.ca/le-boom-de-lindustrie-de-guerre/5437240


Il boom dell’industria bellica

di  Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 16.3.2015
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

Il com­mer­cio inter­na­zio­nale di arma­menti è cre­sciuto come volume del 16% in cin­que anni e con­ti­nuerà ad aumen­tare: lo con­fer­mano i dati dif­fusi il 16 mar­tzo 2015 dal Sipri [ http://www.sipri.org/media/pressreleases/2015/at-march-2015 ]. Prin­ci­pali espor­ta­tori restano gli Stati uniti (col 31% dell’export mon­diale), seguiti da Rus­sia (27%), Cina [ http://www.ilmanifesto.info/xi-jinping-senza-pieta-al-gabbio-anche-lex-capo-dellintelligence/ ] (pas­sata dal sesto al terzo posto col 5%), Ger­ma­nia, Fran­cia, Gran Bre­ta­gna, Spa­gna, Ita­lia [ http://www.ilmanifesto.info/tredici-miliardi-per-gli-f-35/ ], Ucraina e Israele.
L’Ita­lia – il cui export mili­tare è cre­sciuto di oltre il 30% in cin­que anni e aumen­terà ulte­rior­mente gra­zie alla ricon­ver­sione di Fin­mec­ca­nica [ http://www.ilmanifesto.info/renzi-gioca-alla-battaglia-navale/ ]dal civile al mili­tare – è quindi l’ottavo espor­ta­tore mon­diale di arma­menti, che for­ni­sce soprat­tutto a Emi­rati Arabi Uniti, India e Turchia.
Prin­ci­pali impor­ta­tori mon­diali sono India, Ara­bia Sau­dita, Cina, Emi­rati Arabi Uniti, Paki­stan, Austra­lia, Tur­chia, Stati Uniti (che impor­tano arma­menti tede­schi, bri­tan­nici e cana­desi). In forte aumento l’import mili­tare delle monar­chie del Golfo (71% in cin­que anni), e in gene­rale del Medio­riente (54%), e quello dell’Africa (45%).
Nes­suno cono­sce però il reale volume e valore dei tra­sfe­ri­menti inter­na­zio­nali di armi, diversi dei quali avven­gono in base a tran­sa­zioni poli­ti­che. Il tutto sotto il para­vento del Trat­tato sul com­mer­cio di arma­menti, varato solen­ne­mente dall’Onu due anni fa.
Que­sta è solo la punta dell’iceberg della pro­du­zione di arma­menti, per la mag­gior parte desti­nata alle forze armate degli stessi paesi produttori.
In testa gli Stati Uniti, che stan­ziano (stando alle sole cifre del bud­get del Pen­ta­gono) circa 95 miliardi di dol­lari annui per l’acquisto di arma­menti: una enorme quan­tità di denaro pub­blico che, river­sata nelle casse delle mag­giori indu­strie bel­li­che Usa (Lockheed-Martin. Boeing, Ray­theon, Nor­th­rop Grum­man, Gene­ral Dyna­mics, Uni­ted Tech­no­lo­gies), per­mette loro di col­lo­carsi al primi posti su scala mondiale.
Poi­ché il busi­ness delle armi aumenta man mano che cre­scono le ten­sioni e le guerre, l’esplosione della crisi ucraina e il con­se­guente con­fronto Nato-Russia hanno rap­pre­sen­tato una for­tuna per i grossi azio­ni­sti delle indu­strie bel­li­che sta­tu­ni­tensi ed europee.
Nell’esercitazione Nato che si svolge que­sto mese in Polo­nia, gli Usa schie­re­ranno una bat­te­ria di mis­sili Patriot «quale deter­rente all’aggressione sul fianco orien­tale». In realtà soprat­tutto per­ché la Polo­nia deve deci­dere entro l’anno se acqui­stare i mis­sili Patriot, pro­dotti dalla sta­tu­ni­tense Ray­theon, o quelli ana­lo­ghi del con­sor­zio franco-italiano Euro­sam: un affare da 8 miliardi di dol­lari, nel qua­dro di uno stan­zia­mento di 42 miliardi (quasi 40 miliardi di euro) deciso da Var­sa­via per poten­ziare le sue forze armate. La Polo­nia intende anche acqui­stare tre nuovi sot­to­ma­rini da attacco, arman­doli di mis­sili da cro­ciera (a duplice capa­cità con­ven­zio­nale e nucleare) for­niti dalla Ray­theon o dalla fran­cese Dcns.
Stesso busi­ness in Ucraina: Washing­ton ha annun­ciato una nuova for­ni­tura a Kiev, da 75 milioni di dol­lari, di mate­riali mili­tari «non-letali», tra cui cen­ti­naia di blin­dati «non-armati» che pos­sono essere facil­mente armati con sistemi pro­dotti in Ucraina o impor­tati. Poro­shenko ha annun­ciato, il 13 marzo, che il governo di Kiev ha fir­mato con­tratti per impor­tare «armi letali» da 11 paesi dell’Unione euro­pea, tra cui cer­ta­mente l’Italia. In piena atti­vità anche le indu­strie bel­li­che russa e cinese.
Per con­tro­bi­lan­ciare la forza navale Usa, che dispone di circa 300 navi da guerra com­prese 10 por­tae­rei, la Rus­sia sta costruendo simul­ta­nea­mente quat­tro sot­to­ma­rini nucleari e la Cina si sta dotando di una seconda por­tae­rei pro­dotta nazio­nal­mente. Così il mondo fab­brica gli stru­menti della sua distruzione.

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Il declino dell’impero Usa 
 
Manlio Dinucci
, su Il Manifesto del 24.3.2015
L'arte della guerra. La rubrica settimanale di Manlio Dinucci

Washington ce l’ha messa tutta per impedire che i suoi alleati entrassero nella Banca d'investimenti per le infrastrutture asiatiche (Aiib), creata dalla Cina, ma non ce l’ha fatta: Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia (4 dei membri del G7) hanno aderito e altri, compresa l’Australia, seguiranno. 
A preoccupare Washington è il progetto complessivo in cui rientra l’Aiib. Esso ha come epicentro l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco): nata nel 2001 dall’accordo strategico cino-russo per controbilanciare la penetrazione Usa in Asia Centrale, si è estesa all’ambito economico, energetico, culturale e ad altri.  Ai sei membri (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) si sono aggiunti, per ora in veste di osservatori, India, Iran, Pakistan, Mongolia e Afghanistan e, come partner di dialogo, Bielorussia, Sri Lanka e Turchia. La Sco, che comprende un terzo della popolazione mondiale e salirà a circa la metà quando ne faranno parte gli attuali paesi osservatori, dispone di risorse e capacità lavorative tali da farne la maggiore area economica integrata del mondo. 
La Sco è collegata al Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che ha deciso di creare una propria Banca per lo sviluppo e un proprio Fondo di riserva. Questi organismi finanziari e la Banca asiatica possono col tempo soppiantare in gran parte la Banca mondiale e il Fmi che, per 70 anni, hanno permesso agli Usa e alle maggiori potenze occidentali di dominare l’economia mondiale attraverso i prestiti-capestro ai paesi indebitati e altri strumenti finanziari. 
I nuovi organismi possono allo stesso tempo realizzare la dedollarizzazione degli scambi commerciali, togliendo agli Stati uniti la capacità di scaricare il loro debito su altri paesi stampando carta moneta usata cone valuta internazionale dominante, anche se la convertibilità del dollaro in oro, stabilita nel 1944 a Bretton Woods, ha avuto fine nel 1971. Più affidabili come valuta internazionale sono altre monete, come il renminbi cinese: Londra sta per diventare la base per lo sviluppo di strumenti finanziari denominati in renminbi. 
Non potendo contrastare con strumenti economici tale processo, che accelera il declino degli Stati uniti restati finora la maggiore potenza economica mondiale, Washington getta la spada sul piatto della bilancia. Rientra in tale strategia il putsch di piazza Maidan che, creando un nuovo confronto con la Russia, ha permesso agli Usa di rafforzare ulteriormente la Nato, principale strumento della loro influenza in Europa. 
Nella stessa strategia rientra il crescente spostamento di forze militari Usa nella regione Asia/Pacifico in funzione anticinese. Emblematica la strategia per «la potenza marittima del 21° secolo», appena pubblicata dalla U.S. Navy. Essa sottolinea che l’importanza economica di questa regione, dove è in corso «l’espansione navale» della Cina, «impone di fare crescente affidamento sulle forze navali per proteggere gli interessi statunitensi», tanto che «nel 2020 sarà concentrato nella regione circa il 60% delle forze navali e aeree della U.S. Navy». 
Le potenze europee, mentre aderiscono per interesse economico alla Banca asiatica creata dalla Cina, collaborano alla strategia Usa per impedire con la forza militare che la Cina, insieme alla Russia, sovverta l’attuale «ordine economico» mondiale. Il gruppo franco-tedesco-spagnolo Airbus creerà una rete satellitare militare sulla regione Asia-Pacifico. E la Francia, che ha scavalcato la Gran Bretagna quale più stretto alleato Usa, ha inviato nel Golfo la nave ammiraglia Charles de Gaulle, ponendola sotto comando Usa. 




Orwell insegna

1) Sorvegliati per decreto (Carlo Lania, Il Manifesto)
2) Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale (Contropiano / Il Fatto Quotidiano)
3) L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare (Michael Krieger) 
4) Brigata British Army per la guerra sul web (Ennio Remondino)


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Sorvegliati per decreto

di Carlo Lania, su Il Manifesto del 25.3.2015

Terrorismo. La polizia potrà fare controlli sulle comunicazioni e i dati contenuti nei computer


La neces­sità di con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale rischia di tra­sfor­marci tutti e a nostra insa­puta in sor­ve­gliati spe­ciali. Il peri­colo, per niente teo­rico, è con­te­nuto nel decreto anti­ter­ro­ri­smo varato dal governo e in discus­sione alla Camera. Salvo cor­re­zioni dell’utimo minuto, il testo licen­ziato dalle Com­mis­sioni Difesa e Giu­sti­zia pre­vede infatti la pos­si­bi­lità per la poli­zia di uti­liz­zare pro­grammi che con­sen­tono di con­trol­lare da «remoto» le comu­ni­ca­zioni e i dati pre­senti in un sistema infor­ma­tico, ma anche di effet­tuare inter­cet­ta­zioni pre­ven­tive sulle reti infor­ma­ti­che. Una pos­si­bi­lità che al momento non è limi­tata ai soli sospetti di ter­ro­ri­smo, ma estesa a tutti i cit­ta­dini indi­scri­mi­na­ta­mente. «Una svi­sta» per il depu­tato di Scelta civica Ste­fano Quin­ta­relli che per primo ha denun­ciato i rischi di un nuovo e più esteso Grande fra­tello dal quale sarebbe impos­si­bile difen­dersi. La spe­ranza è che ora l’aula inter­venga cor­reg­gendo il tiro e intro­du­cendo paletti che limi­tino i con­trolli a soli sog­getti sospetti tute­lando di più la pri­vacy dei cittadini.

Ma non si tratta dell’unica novità intro­dotta dalle com­mis­sioni. Un emen­da­mento del rela­tore Pd Andrea Man­ciulli e chia­mato «anti-Greta e Vanessa» dal nome delle due volon­ta­rie rapite e poi rila­sciate in Siria, intro­duce per la prima volta la respon­sa­bi­lità indi­vi­duale per quanti deci­dono di recarsi in Paesi con­si­de­rati a rischio dalla Far­ne­sina. Un modo per sco­rag­giare viaggi in aree con­si­de­rate peri­co­lose e come tali indi­cate sul sito del mini­stero degli Esteri. «Resta fermo — spe­ci­fica la norma -, che le con­se­guenze dei viaggi all’estero rica­dono nell’esclusiva respon­sa­bi­lità indi­vi­duale e di chi si assume la deci­sione di intra­pren­dere o di orga­niz­zare i viaggi stessi».

Ieri, mer­co­ledì, il decreto è stato bloc­cato in attesa di un parere del governo su alcun emen­da­menti per i quali manca la coper­tura di spesa.

La situa­zione dovrebbe sbloc­carsi oggi, ma visti i 250 emen­da­menti pre­sen­tati dalle oppo­si­zioni, palazzo Chigi sta valu­tando la pos­si­bi­lità di un ricorso al voto di fidu­cia in modo da poter licen­ziare il testo mar­tedì pros­simo. Già oggi, però, si saprà se saremo desti­nati a per­dere una grossa fetta della nostra libertà. A rischio non c’è infatti solo il con­te­nuto di una con­ver­sa­zione tele­fo­nica, ma tutto ciò che abbiamo inse­rito nel nostro com­pu­ter rite­nen­dolo al sicuro da occhi indi­screti: foto­gra­fie, scritti, fil­mati, regi­stra­zioni, appunti di lavoro, cor­ri­spon­denza con gli amici.

Tutta una vita a dispo­si­zione di chi sarà addetto ai con­trolli. Tec­ni­ca­mente que­sto sarà pos­si­bile gra­zie a cap­ta­tori infor­ma­tici (Tro­jan, Key­log­ger, snif­fer ecc.) che dopo essere stati sca­ri­cati casual­mente con­sen­ti­ranno alle auto­rità di sicu­rezza di acce­dere ai nostri dati senza limiti di tempo. «Con que­sto emen­da­mento l’Italia diventa, per quanto a me noto, il primo paese euro­peo che rende espli­ci­ta­mente ed in via gene­ra­liz­zata legale e auto­riz­zato la “remote com­pu­ter sear­ches“ e l’utilizzo di cap­ta­tori occulti da parte dello Stato!», scrive Quin­ta­relli sul suo sito [ http://stefanoquintarelli.tumblr.com/post/114529278225/una-svista-rilevante-nel-provvedimento ]. «L’uso di cap­ta­tori infor­ma­tici quale mezzo di ricerca delle prove — pro­se­gue — è con­tro­verso in tutti i paesi demo­cra­tici per una ragione tec­nica: con quei sistemi com­pio una delle ope­ra­zioni più inva­sive che lo Stato possa fare nei con­fronti dei cittadini».

E’ oppor­tuno ricor­dare come solo due giorni fa il garante per la pri­vacy Anto­nello Soro ha espresso pre­oc­cu­pa­zione [ http://garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3807700 ] per la man­cata pro­por­zio­na­lità esi­stente nel decreto tra le esi­genze della pri­vacy e della sicurezza.

Il decreto pre­vede inol­tre altre misure fina­liz­zate con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale. Si va dallo stan­zia­mento di 40 milioni di euro per la mis­sione mare sicuro nel Medi­ter­ra­neo, all’affidamento al pro­cu­ra­tore nazio­nale anti­ma­fia anche delle inda­gini sul terrorismo.

Pre­vi­sta inol­tre la reclu­sione dai 5 agli 8 anni di car­cere per i foreign fighters, l’aggravante se reati come l’arruolamento e la pro­pa­ganda ven­gono effet­tuati via web e la per­dita della patria pote­stà per i con­dan­nati per asso­cia­zione ter­ro­ri­stica che abbiamo coin­volto dei minori nella rea­liz­za­zione del reato. Infine il decreto con­sente l’arresto in fla­granza per gli sca­fi­sti, i pro­mo­tori, gli orga­niz­za­tori e i finan­zia­tori dei viaggi dei migranti. oltre all’assuzione di 150 cara­bi­nieri e all’aumento di 300 unità del con­tin­gente impie­gato nell’operazione stade sicure.


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Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale

Redazione Contropiano, 26 Marzo 2015 

Con la scusa dell'Isis viene formalizzato uno Stato di polizia integrale. Il decreto "antiterrorismo" approvato in Commissione, alla Camera, costituisce un gigantesco passo avanti verso il controllo totale sulle comunicazioni di qualunque cittadino di questo paese (ma anche di altri, visto che la Rete e i social network sono uno degli obiettivi principali del testo). "Preventivamente", ossia in assenza di qualunque reato o sospetto giustificato da indizi.

La polizia sarà infatti autorizzata utilizzare programmi ("trojan") per acquisire "da remoto" le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l'intercettazione preventiva sulle reti informatiche. Di fatto, si potrà impossessare del computer o dello smartphone che usiamo, da casa o dal lavoro, e fare quello che vuole; anche depositarvi "prove false", in assoluta assenza di qualsiasi controllo terzo e, ovviamente, in barba qualunque diritto di difesa. Sembra quasi che questo decreto intervenga a inquadrare legislativamente pratiche già in atto. Anche questa non è una novità. Ma la ripetizione è un'aggravante, non un'attenuante.

La cosa stupefacente, ma non troppo, è che quasi nessun parlamentare abbia osato eccepire alcunché a un'invasione di questa portata nella vita di ognuno. E' insomma evidente che su questa materia non ci si fanno più troppe domande: ci sono i jihadisti tagliagole alle nostre porte, che volete che sia un po' di privacy in meno?

Il problema, appunto, non è un po' di privacy in meno - ormai quasi tutti postano di tutto su Facebook e altrove, in forma accessibile a chiunque - ma il dominio assoluto del potere poliziesco sui singoli e sui gruppi. Non è una convinzione soltanto nostra, "veterocomunisti che vedono spie dappertutto", ma addirittura di un ex generale della Guardia di Finanza specializzzato, appunto, nelle indagini informatiche. L'intervista, realizzata da Il Fatto Quotidiano - è riportata in fondo a questo articolo.

Dov'è il salto di qualità? Non solo nel "controllo totale" delle nostre comunicazioni (pratica fin qui illegale, ma che sappiamo essere comune per gli investigatori di questo paese come per i servizi Usa (se lo "scandalo Datagate" vi ha insegnato qualcosa). Ma nel fatto che, impossessandosi via software dei nostri strumenti di comunicazione, diventa possibile "agire al nostro posto". E quindi addebitarci qualsiasi infamia convenga al potere.

Troppo sostettosi? Beh, non dite che non avete mai sentito di poliziotti/carabinieri che infilano buste di droga nelle tasche di qualcuno che vogliono arrestare... E, per restare alla cronaca di queste ore, immaginatevi cosa potrebbero fare due "agenti delle forze dell'ordine" come i due carabinieri arrestati in Campania per una rapina al supermercato.

Ma lasciamo anche perdere il caso delle "rare mele marce" presenti in ogni corpo repressivo. Concentriamoci invece sul tipo di rapporto che in questo modo si stabilisce tra "potere" e singolo cittadino. Il primo può qualsiasi cosa, il secondo nulla, neanche difendersi.

Rapporto tanto più "inquietante" se si pensa che questo Parlamento è costituito interamente di individui "nominati" dai capi di partito (meno i Pentastellati che si sono affidati a comunque incerte primarie telematiche); che l'attuale governo è il terzo consecutivo non votato da nessuno ed obbediente a trattati e vincoli sovranazionali mai sottoposti all'approvazione popolare; che il premier non è neanche parlamentare, "lo abbiamo messo lì noi" (disse Marchionne, senza mai smentire), e qundi risulta quanto meno in deficit di legittimità democratica "preventiva" (è proprio il caso di dire).

Secondo il decreto, inoltre, il Pm potrà conservare i dati di traffico raccolti in questo modo fino a 24 mesi. I providers su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L'uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc) diventa un'aggravante che comporta l'obbligo di arresto in flagranza.

Messa così, ben pochi hanno qualcosa da eccepire. Ma chi decide cosa è "terrorismo" e cosa no? Se dobbiamo dar retta alla procura di Torino, per esempio, qualsiasi atto di resistenza o sabotaggio ai lavori del Tav in Val Susa sono qualificabili come tali (non però secondo i giudici di primo grado, sempre di Torino, che non hanno riconosciuto tale aggravante per i quattro ragazzi condannati per danneggiamento di un generatore). Ricordiamo - banalmente - che non esiste nessuna definizione condivisa a livello internazionale. L'Onu non ha mai trovato una maggioranza sufficiente ad approvare una formulazione inequivoca.

Così siamo nella situazione, assolutamente extra legem, per cui ogni Stato - o meglio: ogni governo di qualsiasi Stato - considera "terrorismo" quanti gli si oppongono (in forme non necessariamente armate, come si visto sopra), e magari riconosce come "freedom fighters" i combattenti che prendono di mira uno Stato considerato "nemico".

Non è una noovità, il mondo è stato sempre pieno di questo tipo di conflitti e anche delle retoriche conseguenti.

Ma, ripetiamo, nessuno aveva mai provato a legalizzare l'espropriazione dei mezzi di comunicazione dei cittadini per operarvi in loro vece. E successivamente incriminarli per quello che nessuno più può dimostrare di "non aver fatto" (che sarebbe comunque già un rovesciamento dell'"onere della prova" dall'accusa alla difesa).

Neanche il fascismo.

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Ultim'ora. Forse preoccupato da alcune reazioni interne (dalle parti dell'Nce e di Forza Italia, ma anche dentro il Pd, ci dovrebbe essere qualche preoccupazione per l'"eccessivo" potere concesso in questo decreto agli "investigatori") Matteo Renzi sembra aver deciso di stralciare la parte "Intercettazione via trojan dei computer" per rielaborarla in modo più attento.

Il premier di Pontassieve ha chiesto ed ottenuto lo stralcio dal testo di quel del passaggio. "Un tema delicato e importante", spiegano fonti di governo fin qui non attente all'importanza e alla delicatezza, che "verrà affrontato in maniera più complessiva nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione".

E son belle gatte da pelare, quelle per cui vorresti dare tutto il potere a giudici e poliziotti per apparire "duro", ma qualcuno deve strattonarti per la giacchetta ricordandoti che "così ci arrestano tutti"...

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L’ex Generale GdF Umberto Rapetto.Hanno istituito la legge marziale

di Pa. Za. - Il Fatto Quotidiano

Io sono sbigottito. Non ce l’hanno detto e hanno istituito il regime marziale?”. Umberto Rapetto – già generale della Guardia di Finanza, “colpevole” di aver indagato troppo sulle slot machine, soprannominato “lo sceriffo del web” – scorre il testo del dl antiterrorismo con gli occhi fuori dalle orbite.

Cosa la sconvolge di più?

Intanto, solo il fatto che si ponga l’attenzione su semplici sospettati di qualunque reato, non indagati, fa già venire meno le basi del diritto. E poi si autorizzano le perquisizioni senza alcun controllo.

Parla dell’accesso remoto ai computer?

Vorrebbero guardare nei computer attraverso dei grimaldelli come trojan: fa rabbrividire. Cioè, quello stesso Stato che manda a morire i processi, tira fuori le unghie con chi non potrà nemmeno dire “quella roba non era sul mio computer”.

Sta dicendo che non si potrà avere nessuna certezza sulla paternità dei dati estrapolati?

Dico che durante una perquisizione tradizionale io, o il mio legale, ho la possibilità di assistere e dunque non potrò mai negare l’evidenza delle prove raccolte. Qui invece, se l’accesso avviene da remoto senza alcun controllo, viene meno addirittura la certezza che quei documenti fossero realmente lì. Salta il diritto alla difesa. E poi chi l’ha detto che un dato, fuori da un determinato contesto, possa avere una rilevanza diversa? Facciamo un esempio. Io l’altro giorno ho visto on line i video di propaganda dell’Isis. Ho consultato quel materiale perché dovevo fare un’intervista, ma non sono né un loro fan né un istigatore. I comportamenti possono essere dettati da curiosità, diritto di cronaca e mille altre ragioni. Che il decreto non contempla. Ce lo dicano: o riconosciamo lo stato di guerra e allora le leggi marziali prevalgono sul diritto vigente, oppure non si può istituire una opportunità investigativa senza garanzie contro gli abusi. Il momento è delicato, ma servono regole che vadano al di là delle suggestioni emotive. Ci vogliono modalità di attuazione stringenti, oltre alla garanzia che il materiale sequestrato sia usato solo per quelle finalità. Non vorrei che finissero per vedere anche se sono vegetariano, quale collega odio e che squadra tifo.



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L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare

Ecco il 77° Battaglione: Londra lancia 1500 'Facebook Warriors' per diffondere disinformazione e realizzare una profonda 'infiltrazione cognitiva' dei social media

Redazione
giovedì 5 febbraio 2015 23:40
infowars.com

di Michael Krieger

Ecco il 77° Battaglione: l'esercito britannico sta mobilitando 1500 'Facebook Warriors' per diffondere la disinformazione Tornerà in vita una delle più discusse unità delle forze speciali inglesi della seconda guerra mondiale.
L'esercito britannico farà rivivere una delle più controverse unità delle forze speciali della seconda guerra mondiale, i Chindits, sotto forma di una nuova generazione di "guerrieri di Facebook" che scateneranno complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione. 

Preparatevi: i social media stanno per diventare molto più pericolosi di quanto sono già. Fate molta attenzione nel saltare a conclusioni, pensate sempre con la vostra testa e usate il vostro miglior buon senso. Le operazioni psicologiche (psy ops) del governo stanno per intensificarsi.

Il blog tecnologico Gizmodo ha riportato quanto segue:

Un nuovo gruppo di soldati, conosciuto come Facebook Warriors, secondo il Financial Times «scatenerà complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione». Questo reparto si chiamerà 77° battaglione, il cui numero ha anche un significato storico. FT riferisce:
I Chindits originali [77° Battaglione] erano un'unità partigiana guidata dallo spavaldo comandante britannico generale Orde Wingate, uno dei pionieri della moderna guerra non convenzionale. Operarono in profondità dietro le linee giapponesi in Birmania tra il 1942 e il 1945 e le loro missioni erano spesso di discutibile successo. 
Questi guerrieri di Facebook useranno simili tattiche atipiche, con mezzi nonviolenti, per combattere contro il loro nemico. Ciò sarà realizzato principalmente attraverso il "controllo del riflesso", una vecchia tattica sovietica che consiste nel diffondere informazioni opportunamente confezionate al fine di indurre l'avversario a reagire esattamente nel modo voluto. È un trucco piuttosto complicato, e l'esercito britannico lo metterà in atto solamente con questo corpo di 1500 persone (o più) usando Twitter e Facebook come mezzi per diffondere disinformazione, le verità della guerra vera, e incidenti false flag (sotto falsa bandiera) quasi come una raccolta comune di informazioni. A quanto si riferisce, il 77° Battaglione entrerà in azione nel mese di aprile.



Traduzione per Megachip a cura di Emilio Marco Piano.



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http://www.remocontro.it/2015/02/03/brigata-british-army-per-guerra-web/

Brigata British Army per la guerra sul web 

3 febbraio 2015
77a brigata, base a Hermitage, nel Berkshire, composta da 1.500/2.000 soldati armati di computer. Andiamo? 


Il British Army istituirà a breve una nuova brigata per le ‘Psy Ops’, le Operazioni Psicologiche e le ‘Info Ops’ Information Operations. Campo di battaglia ipotetico anche RemoContro, i cosiddetti Social media, i blog, il giornalismo fatto in casa. Sì, perché noi siamo una potenza. E una minaccia

La notizia è di fonte militare, seriosissima. Vero è che lo spunto ci viene da Analisi Difesa che non si occupa di scemenze. Salvo inciampi di Ministero Difesa. «La 77a brigata, basata a Hermitage, nel Berkshire, sarà composta da 1.500/2.000 soldati reclutati tra le forze regolari e i riservisti (questi ultimi secondo un articolo pubblicato dall’Independent costituiranno almeno il 42 per cento degli effettivi) a partire dalla prossima primavera. I candidati ideali i militari con capacità giornalistiche ed esperti di social media». Da farci un pensierino. Ma noi di RemoContro non siamo inglesi.
«La 77esima brigata viene creata per riunire capacità esistenti e in fase di sviluppo essenziali per fare fronte alle sfide del conflitto moderno. La sua istituzione segna il riconoscimento che le azioni di altri (il nemico di una volta) in un campo di battaglia moderno possono essere condizionate anche in maniera non necessariamente violenta», ha spiegato un portavoce dell’esercito britannico citato dal Guardian. La scoperta che l’acqua calda brucia. La ‘bugia di guerra’ è antica come il mondo, da Tucidide a Omero, con la guerra di conquista achea di Troia la tarocca con le corna di Menelao.
A ispirare la creazione della brigata FB, viene detto, è stata l’esperienza accumulata nelle operazioni di ‘Counterinsurgency’ in Afghanistan. Ma anche quanto avvenuto lo scorso anno in Ucraina, in particolare in Crimea, e dalle azioni dell’Is in Siria e in Iraq. Proviamo a capire. Imperscrutabile il ruolo del web in chiave antitalebana. Disinformazia dai covi in Pakistan? Più facile da capire l’Ucraina, con dubbio: ma non sapevate e non eravate complici nell’uso di mercenari un po’ ‘nazi’ su quelle barricate? Per l’Isis, appare evidente l’uso ‘promozionale’ della ferocia per arruolare spostato.
La brigata ha assunto simbolo e numerazione della brigata ‘Chindits’ guidata dal generale Orde Wingate contro i giapponesi nella Birmania occupata nella Seconda guerra mondiale, che utilizzò tattiche di penetrazione a lungo raggio per condurre attacchi e sabotaggi dietro le linee nemiche. Londra segue la strada aperta da anni da Israele. Dalla guerra contro Gaza precedente l’esercito ha unità specializzate in operazioni sui social. 2006, nel Libano degli hezbollah sotto attacco israeliano mostrai in Tv delle vietatissime bombe a frammentazione e subii una sorta di linciaggio mediatico.
I Militari di Tsahal -l’esercito istraeliano- sono attivi su 30 piattaforme diverse, inclusi Twitter, Facebook, Uoutube, Instagram, in sei lingue diverse. «Questo consente di raggiungere un’audience che altrimenti non saremmo riusciti a coinvolgere», spiega un portavoce israeliano al quotidiano britannico precisando che diversi Paesi hanno preso informazioni per copiarne il modello. Nel nostro piccolo potremmo suggerire un libro ormai ‘clandestino’. «Nulla di vero sul fronte occidentale. Le bugie di guerra da Omero a Busch». Editore Rubbettino. Autore uno che ‘remacontro’.

e. r.  [Ennio Remondino]
Altre Fonti : Adnkronos, Independent, Guardian, Analisi Difesa




http://www.michelcollon.info/Les-USA-et-les-Saoud-au-secours-de.html?lang=fr

Les USA et les Saoud au secours de Daech et Al Qaeda au Yémen

Bahar Kimyongur
26 mars 2015

Dans le monde arabe et musulman, rien de nouveau. On se bat entre Arabes et musulmans au plus grand bonheur de leurs ennemis américains et israéliens. Les USA et les Saoud sont à l'offensive dans tous les pays qui leur résistent principalement en Syrie, en Irak et au Yémen.

[Photo: Les terroristes du Front al Nosra lié à Al Qaeda attaquent la ville d’‪‎Idlib‬ avec des missiles TOW livrés par les USA.]

En Syrie, les forces saoudiennes attaquent sur 2 fronts : le Nord et le Sud. 

Au Nord, la ville loyaliste et majoritairement sunnite d’Idlib est encerclée par des milices liées à Al Qaeda. Ces milices utilisent des armes américaines notamment des missiles TOW pour venir à bout de la résistance de l’armée syrienne et des forces populaires qui défendent leur ville et leurs terres. L’un des commandants Al Qaeda de l’opération d’Idleb est un cheikh saoudien dénommé Abdallah al Mouhaisni. 

Au Sud, c’est la ville antique de Bosra al Cham au cœur de laquelle trône un amphithéâtre romain, qui vient de tomber aux mains d’une coalition de groupes djihadistes pilotés par le Front al Nosra, filière d’Al Qaeda en Syrie. 

Alors que le commandement US se gargarise de discours antiterroristes, aucun avion de l’Axe US/UE/CCG (*) n’a été aperçu dans le ciel syrien au-dessus d’Idleb ou de Bosra al Cham. 

Comme le révèle la dépêche Reuters du 23 mars dernier signée Tom Perry, les armées occidentales ont même intensifié leurs livraisons d’armes à Al Qaeda sur le Front Sud. C’est par la frontière jordano-syrienne que ces armes, pour la plupart offertes par l’Arabie saoudite, le plus grand importateurs d’armes au monde, parviennent à la coalition anti-Assad du Front Sud. Israël n’est pas en reste puisque des sources officielles reconnaissent désormais fournir de l’aide aux forces anti-Assad dont Al Qaeda dans le Mont Bental sur le plateau du Golan (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 mars 2015). 

Ainsi donc, nos belles âmes occidentales éprises d’art et de raffinement, celles-là même qui se lamentent des destructions des musées et du patrimoine de l’Orient par les djihadistes de Daech ont offert à al Qaeda, Bosra al Cham, une ville antique classée au patrimoine mondial de l’UNESCO. 

En Irak, les USA sentent qu’ils perdent pied dans la résistance contre Daech. Forces kurdes, chiites et sunnites appuyées par le voisin et allié iranien ont réussi à former une alliance antiterroriste qui porte ses fruits. 

Plusieurs villes et villages des provinces de Salaheddine et Anbar ont ainsi pu être libérés de la présence terroriste. Craignant cette unité supra-ethnique et supra-confessionnelle, l’aviation US a bombardé cette nuit les positions de Daech dans la ville de Tikrit par crainte de perdre pied dans ce pays devenu allié de l’Iran. 

Cette intervention US à Tikrit a été conspuée par les milices chiites qui rejettent toute forme d’alliance avec Washington. 

Certains miliciens liés à l’Armée du Mahdi de Moqtada Sadr et aux Brigades du Hezbollah irakien ont même décidé de se retirer des combats. 

Sur le front de Tikrit, il y a donc non pas assistance comme le laissent entendre de nombreux analystes mainstream mais concurrence entre l’Iran et les USA, un peu comme celle qui exista entre l’Armée soviétique et les troupes du général Patton face à l’Empire hitlérien. 

Par hostilité atavique envers l’Iran, les Saoud ont longtemps encouragé Daech. Aujourd’hui, la dynastie wahhabite cultive l’attentisme avec une crainte grandissante face au prestige accumulé par Téhéran parmi les populations de Syrie et d’Irak vivant sous le joug de Daech. 

C’est finalement au Yémen, leur arrière-cour, que les Saoud ont décidé de lancer leurs bombardiers contre la résistance anti-Daech. 

Naguère terrain d’affrontement entre marxistes et panarabes d’une part et forces réactionnaires pro-Saoud d’autre part, le Yémen est aujourd’hui le théâtre d’une guerre entre les milices houthistes d’inspiration chiite d’une part. 

Ces derniers jours, les milices houthistes d’Ansar Allah ont mené une avancée spectaculaire vers Aden, la grande ville du Sud du Yémen où s’est refugié le président déchu et agent soudien Abd Rabbo Mansour Hadi. 

Contrairement à ce qu’affirment les médias occidentaux, les milices houthistes ne mènent pas une politique confessionnaliste mais remplissent une mission patriotique. 

Malgré leur identité confessionnelle, ils cultivent une vision panislamique et panarabe, gagnant ainsi de la sympathie d’une large frange de l’armée nationale yéménite, y compris de la Garde républicaine et de nombreuses tribus sunnites, ce qui explique leur incroyable progression. 

Alors que Daech a massacré près de 200 chiites dans une quadruple attaque kamikaze visant les mosquées vendredi dernier, alors qu’Al Qaeda dans la Péninsule arabique (AQPA) massacre à tour de bras, cette nuit, le régime wahhabite a lancé une opération militaire aérienne contre les forces rebelles du Yémen. 

Ce n’est pas le ministre saoudien de la défense, le prince Mohammed Bin Salman ou le Roi d’Arabie saoudite Salman Ben Abdel Aziz qui a annoncé l’entrée en guerre de son pays contre la souveraineté du Yémen mais l’ambassadeur saoudien à Washington. Le scénario est digne d’un film arabe de série B. 

Pour l’heure, les médias arabes, notamment Al Mayadeen, parlent d’une vingtaine de civils yéménites massacrés par les bombardements saoudiens. 

Du temps du héros tiers-mondiste égyptien Jamal Abdel Nasser, le régime collabo et décadent des Saoud combattait les forces de gauche arabes (marxistes, nationalistes, panarabes) avec l’appui US.

Après avoir détruit les derniers vestiges du socialisme arabe, les Saoud s’en prennent à présent aux seules forces de résistance panarabes encore debout, du Hezbollah libanais à Ansar Allah yéménite en passant par le Baas syrien. 

Dans un article alarmiste paru dans le Washington Post le 23 novembre 2012, la secrétaire d’Etat US de l’ère Bush Condoleezza Rice qualifiait l’Iran de « Karl Marx d’aujourd’hui ». 

Si l’Iran équivaut à Marx comme l’affirme la fauconne de l’impérialisme US, le régime des Saoud, lui, incarne depuis sa création en 1744 la contre-révolution et la tyrannie d’Adolphe Tiers, le fossoyeur de la Commune de Paris. 

(*) CCG : Conseil de coopération du Golfe. Alliance regroupant les 6 pétromonarchies du Golfe.





Onorificenze e altre cronache dell'Italia fascista


0) Iniziative a ORVIETO (TR), 27-28 marzo 2015

1) Caso Mori: Lettera alla Gazzetta di Parma (G. Caggiati)
2) La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati (C. Cernigoi)
3) Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo (A. Fulloni)
4) Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno (G. Calisti)
5)  Perchè Porzus sì e Malga Silvagno no? (U. De Grandis)
6) Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke (ANPI)
7) La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no... (M. Barone)
 

Sul caso di Paride Mori si vedano anche:

Sulle onorificenze ai fascisti repubblichini e criminali di guerra italiani si vedano anche:

Sulla propaganda attorno ai fattti di Porzûs si vedano anche:

Su Simone Cristicchi e "Magazzino 18" si vedano anche:


=== 0: INIZIATIVE SEGNALATE ===

ORVIETO (TR)

...e questo è il fiore del Partigiano, morto per la Libertà!
Nell'Anniversario dell'Eccidio di Camorena, 29 marzo 1944 – 29 marzo 2015

VENERDI 27 MARZO 2015
alle ore 10:30 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
iniziativa riservata agli studenti
DRUG GOJKO

SABATO 28 MARZO 2015
alle ore 17:00 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
QUESTIONE ORIENTALE. Verità e mistificazione mediatica sulle foibe
Conferenza di ALESSANDRA KERSEVAN – storica


=== 1 ===

Lettera alla Gazzetta di Parma sul caso Mori

Egregio Direttore,

meraviglia non poco che famigliari e amici di Paride Mori, fascista combattente convinto e riconosciuto tale da loro stessi, insistano nel rivendicare per Mori una medaglia da parte della Repubblica italiana nata dalla Resistenza antifascista, che si prepara a celebrare il 70esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La contraddizione è stridente.

Famigliari e amici di Mori usano allora l’argomento dell’amor patrio profuso e dimostrato da Mori nel difendere l’Italia dalle “orde barbariche criminali dei partigiani comunisti slavi di Tito”. Ma nemmeno questo argomento regge.

Paride Mori fu combattente volontario, non più giovanissimo, col grado di capitano del Battaglione bersaglieri volontari «Mussolini» della R.S.I., la Repubblica Sociale Italiana di Salò guidata da Mussolini nata dopo l’8 settembre 1943 per iniziativa della Germania nazista e da questa sostenuta. I militari della RSI nelle zone del confine nordorientale con la Jugoslavia erano sotto il comando diretto dei Tedeschi. Non si può certo dire che combattere al servizio della Germania nazista sia una bella dimostrazione di amor patrio per l’Italia!

Gli jugoslavi di Tito, da parte loro, avevano tutte le ragioni per combattere contro l’Italia fascista che nell’aprile ’41 aveva aggredito e invaso, pochi giorni dopo la Germania nazista, la Jugoslavia senza che la stessa Jugoslavia avesse fatto alcun male all’Italia! Italia fascista che poi tenne occupati diversi territori della Jugoslavia e in modo feroce e crudele (p.e. Lubiana, città gemellata dal ’64 con la nostra Parma, dove nessuno parlava l’italiano, allora fu fatta provincia d’Italia e con uccisioni, massacri, campi di concentramento per tanti civili sloveni). Mentre la Resistenza jugoslava guidata da Tito divenne il più grande esercito popolare partigiano d’Europa, considerato e riconosciuto a livello internazionale innanzitutto dagli alleati inglesi, americani, sovietici, ecc.

“Italianità” e amor patrio per l’Italia, per l’Italia democratica antifascista che poi a guerra terminata scelse la Repubblica e scrisse la Costituzione del ’48, una delle più belle del mondo, semmai hanno dimostrato i quarantamila soldati italiani sul fronte jugoslavo che l’indomani dell’8 settembre ’43 decisero di combattere contro il nazifascismo come partigiani  italiani, col tricolore italiano, al fianco dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, così riscattando l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. Semmai a questi italiani, della “Divisione Italiana Partigiana Garibaldi” ecc., dovrebbero andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica nata dalla Resistenza. 

Giovanni Caggiati
21/3/2015


=== 2 ===

https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/221785531325354

Pagina FB de La Nuova Alabarda, 14/3/2015

Come NON si scrive la storia. La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati

Nel 2009 fu conferita alla sorella di Dario Pitacco l’onorificenza prevista dalla legge sul Giorno del ricordo, con questa motivazione: "sorpreso dai titini nel maggio del ’45, mentre cercava di issare il tricolore sulla torre del Municipio, dopo la liberazione della città da parte del CLN, fu imprigionato e non si ebbero più notizie" (sul Piccolo del 11/2/09, episodio che si trasforma così, sul Piccolo del 17/12/08: “il ragazzo ucciso dalle truppe slovene il 1° maggio 1945 per avere issato la bandiera italiana”).
Partendo quindi dal presupposto che non si sa se il giovane Pitacco sia stato ucciso sul posto o deportato, andiamo a leggere, nel diario del tenente colonnello Antonio Fonda Savio (che era il comandante di piazza del CVL durante l'insurrezione di Trieste e dovrebbe quindi essere considerato fonte attendibile, quantomeno non tacciabile di "filo-slavocomunismo) la descrizione di quanto avvenne tra il 30 aprile ed il 2 maggio al Municipio di Trieste.
<... incontro (pomeriggio del 30 aprile, n.d.r.) il maggiore Juraga della Guardia civica che con un piccolo reparto rientra dal Municipio. Egli mi riferisce che al palazzo municipale si erano presentate delle “stelle rosse” con l'intenzione di prenderne possesso, che egli ha discusso con loro e che dopo una breve permanenza esse se ne sono andate, ma che per evitare eventuali conflitti egli ha ritirato i suoi, lasciando a presidiare il Comune soltanto una decina di Vigili urbani. Poiché ritengo che il Municipio, per ragioni morali e materiali, debba essere tenuto più saldamente, ordino al maggiore Juraga di rioccupare il Municipio. Al caso le stelle rosse ritornassero, esse dovranno essere accolte cameratescamente quali collaboratori nella cacciata del tedesco. L’ordine viene eseguito immediatamente ed il reparto di patrioti assieme alle stelle rosse più tardi sopraggiunti, terrà fermamente il palazzo municipale fino alla sera del 2 maggio, difendendolo dai tedeschi e rispondendo fieramente al fuoco dei pontoni armati che dalle rive di piazza Unità lo bersagliano intensamente, arrecandovi non pochi danni>
(In A. Fonda Savio, "La resistenza italiana a Trieste e nella Venezia Giulia", a cura di R. Spazzali, Del Bianco 2006).
Sembra logico supporre che se un ragazzo del CVL fosse stato ucciso dai "titini" in quell'occasione, il comandante di piazza lo avrebbe annotato nel suo Diario. Non è forse più probabile che il giovane Pitacco sia stato ucciso dall'artiglieria tedesca che bersagliava il Municipio?


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http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml

Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo 

Le onorificenze concesse dal governo per celebrare le vittime delle Foibe. Tra i commemorati decine di repubblichini, di cui 5 accusati di uccisioni, torture e saccheggi 

di Alessandro Fulloni

Medaglie di onorificenza «in riconoscimento del sacrificio offerto alla Patria» per circa 300 combattenti di Salò (tra cui almeno 5 criminali di guerra accusati di avere torturato e ucciso a sangue freddo). Partiamo dall’inizio. Le decorazioni sono state concesse dai governi a partire dal 2004 in memoria delle vittime delle foibe come previsto dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo. La promosse l’esecutivo Berlusconi su proposta di un gruppo di parlamentari: in prevalenza Fi e An, ma non mancavano esponenti Udc e del centrosinistra. Oltre alla conservazione della memoria, il testo disciplina la consegna delle medaglie ai familiari delle vittime sino al sesto grado. Onorificenze estese a chiunque, tra Friuli e Slovenia, sia stato ucciso «per cause riconducibili a infoibamenti». Ovvero, nel periodo che va dall’8 settembre a metà del 1947, a seguito di «torture, annegamenti, fucilazione, massacri, attentati in qualsiasi modo perpetrati». Con queste «maglie» assai larghe, tra i commemorati sono stati inseriti profili controversi. Stando almeno a carte provenienti dall Jugoslavia ma anche dall’Italia.

Le carte dall’Italia e dalla Jugoslavia

Nell’elenco di coloro che hanno ricevuto quello stemma «in vile metallo» - così lo definisce il provvedimento che alla Camera venne approvato con soli 15 voti contrari e all’unanimità al Senato - compaiono cinque nominativi che secondo i documenti conservati a Belgrado, presso «l’Archivio di Jugoslavia», sono «criminali di guerra». Gente che - anche prima dell’8 settembre, raccontano quelle carte - a seconda dei casi ha ucciso e torturato civili italiani e jugoslavi, ammazzato a sangue freddo, incendiato case, saccheggiato, ordinato fucilazioni di partigiani e segnalato gente da spedire nei lager in Germania. Si tratta del carabiniere Giacomo Bergognini, del finanziere Luigi Cucè, dell’agente di polizia Bruno Luciani, dei militi Romeo Stefanutti e Iginio Privileggi e del prefetto Vincenzo Serrentino (il cui nome è citato anche nel relazione della commissione d’inchiesta parlamentare «sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti»). I primi tre, raccontano fonti diverse, sia italiane sia slave, «scomparsi» o «dispersi» a partire dai primi giorni del maggio 1945, verosimilmente gettati nelle foibe. Il quarto «ucciso da slavi». Il quinto «infoibato». Il sesto, prefetto a Zara (occupazione nazista, amministrazione Rsi) catturato dai partigiani di Tito e fucilato nel 1947 dopo essere stato condannato da un tribunale jugoslavo.

Una vicenda emersa per caso

Uno scenario, questo dei combattenti Rsi ricordati dalle medaglie, emerso per caso dopo che lo scorso 10 febbraio al capitano dei bersaglieri Rsi Paride Mori - ucciso il 18 febbraio 1944 «in un agguato organizzato dai partigiani titini [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_16/bersagliere-rsi-che-combatteva-titini-governo-potrebbe-revocare-medaglia-giorno-ricordo-c70cfe9e-cc18-11e4-990c-2fbc94e76fc2.shtml, quelli con cui stava combattendo aspramente da mesi» per stare alle parole del figlio Renato - per mano ] del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio è stata dedicata la medaglia del Giorno del Ricordo. All’Anpi e in altre associazioni antifasciste si sono accorti però che Mori era sì un bersagliere. Ma repubblichino (il neologismo coniato da Radio Londra [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml). Circostanza di cui si appreso solo dopo che dal comune di Traversetolo, nel Parmense, dove il soldato era nato, il sindaco ha deciso di revocare ] la dedica di una strada al bersagliere di Salò inizialmente passata nell’indifferenza. 

Lunedì 23 la commissione decide sul dossier Mori

Da qui in poi, polemiche a non finire. A seguito delle quali è arrivato il mezzo ripensamento di Delrio che in un tweet ha chiarito che «se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato». Appunto: una decisione che potrebbe essere presa già lunedì 23, quando il gruppo di esperti (10 in tutto: tra cui rappresentanti degli studi storici della Difesa, degli Interni e della Presidenza del consiglio e da storici delle foibe) prenderà in mano il dossier Mori. 

I 300 militi della Rsi

Che però potrebbe rivelarsi il meno problematico. L’elenco aggiornato dei medagliati per il Ricordo comprende più di 1.000 persone. Molti di questi sono civili spariti nelle Foibe perché vittime di rappresaglie titine. E altri - i casi eventualmente da riconsiderare, una cifra che oscilla tra i 270 e i 300 a seconda delle fonti - militari inquadrati nelle formazioni di Salò. Carabinieri dell’esercito regio confluiti nella Rsi. Al pari di poliziotti e finanzieri. Militi, volontari nella Guardia Nazionale Repubblicana. Fascisti «idealisti e patrioti» come il capitano Mori che - è il ricordo del figlio - risulta «essersi opposto ai rastrellamenti ordinati dai tedeschi: lui combatteva i titini, non gli italiani». 

I 5 criminali di guerra

Ma nella lista ci sono almeno 5 criminali di guerra, secondo quanto stabilito dalla giustizia jugoslava. Il carabiniere Bergognini - era l’8 agosto 1942 - partecipò a un raid nell’abitato di Ustje, in Slovenia. Case incendiate, famiglie radunate nel cimitero, picchiate. Sino a che 8 uomini «vennero presi, torturati di fronte a tutti e uccisi con il coltello o con il fucile». Il finanziere Cucè spedì nei lager e fece fucilare «diversi patrioti antifascisti» torturando gente così come fecero l’agente Luciani e i militi Privileggi e Stefanutti. Testimonianze (che sono riferite ai loro reparti) raccontano di «occhi cavati, orecchie tagliate, corpi martoriati, saccheggi nelle case». Serrentino, tenente nella Grande guerra, fiumano con D’Annunzio, fece fucilare decine di persone nella città di Zara, di cui era prefetto. Vicende, queste delle efferatezze commesse dai fascisti medagliati, ricostruite da due storici in lavori diversi: Milovan Pisarri (italiano che vive a Belgrado) e Sandi Volk (sloveno residente a Trieste). 

«A Belgrado i documenti dell’esercito regio»

Pisarri - lavori sulla Shoah e uno in uscita sul Porrajmos, l’Olocausto dei nomadi - ha raccolto i dossier sui criminali di guerra italiani studiando documenti a Belgrado, all’Archivio Jugoslavo. Scuote la testa, ora: per le mani si è ritrovato non solo le accuse basate sulle testimonianze delle vittime. Ma anche« fascicoli in italiano, ordini e disposizioni provenienti soprattutto dall’esercito regio in rotta nei Balcani». Materiale «ancora da studiare, importantissimo». Volk (che è componente della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale) si è invece occupato del conteggio dei repubblichini commemorati nel Giorno del Ricordo. «Con quelli di quest’anno si arriva a 300. Il 90 per cento apparteneva a formazioni armate al servizio dei nazisti dato che il Friuli dopo l’8 settembre era divenuto “Zona d’Operazioni Litorale adriatico”, amministrata direttamente dai tedeschi e non facente parte della Rsi». Le formazioni fasciste «non potevano avere nemmeno le denominazioni che avevano a Salò ed erano alle dirette dipendenze dell’apparato nazista». 

Il carabiniere che rifiuta di consegnare le armi

L’elenco asciutto delle motivazioni racconta tanto: anche di scelte devastanti, meditate, che legano caso, ideali ed eroismo. Quella del carabiniere Bruno Domenico, ad esempio. Che l’8 settembre (il giorno dell’armistizio, dunque Salò deve ancora nascere) nella stazione dell’Arma di Rovigno, in Istria, «rifiuta di consegnare le armi ai partigiani comunisti italo croati». Lo incarcerano assieme ad altre 16 persone: e di lui non si sa più nulla. Almeno 56 sono i finanzieri di Salò medagliati per il Ricordo. I loro nomi compaiono sul sito delle Fiamme Gialle: tutti dispersi, verosimilmente uccisi da «partigiani titini» o «bande ribelli» [ http://newgdf.gdf.gov.it/chi-siamo/museo-storico/giorno-del-ricordo/conferimenti-onorificenza ]. Spiccano le storie del maresciallo Giuseppe D’Arrigo: viene a sapere che la brigata che comanda è stata interamente catturata. Al che indossa la divisa e raggiunge i titini, per stare vicino ai suoi uomini trattandone magari la liberazione. Ma viene fucilato il 3 maggio 1945. La stessa sorte toccata a Giuseppe D’Arrigo che si unisce ai partigiani jugoslavi intenzionato a combattere i tedeschi: ma pure lui viene passato per le armi. Ennio Andreotti viene catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre. In qualche modo si libera il 1° settembre 1944. Da questo giorno risulta disperso. «Fu presumibilmente catturato dai partigiani titini e soppresso». 

@alefulloni
23 marzo 2015


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Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno

È' stata trovata una svastica, subito cancellata, ad imbrattare la lapide in memoria di Ugo Forno, il dodicenne romano, che a Roma il 5 giugno del 1944 attaccava, assieme ad altri partigiani, un gruppo di guastatori tedeschi  mentre erano nell'intento di far saltare un ponte sull'Aniene,mettendoli in fuga; moriva eroicamente, assieme al ventunenne Francesco Guidi, a causa di un colpo di mortaio sparato dai nazisti in ritirata. 
La stampa e le Istituzioni parlano giustamente di 'sfregio' alla memoria, di 'offesa' alla città.
Ora chiedo polemicamente, a tutti gli antifascisti 'da cerimonia' , ma specialmente ai rappresentati delle Istituzioni, che si scandalizzano per questi fatti: chi cancellerà lo sfregio, l'offesa, rivolta a tutti i Partigiani Italiani, rappresentata dalle decine di riconoscimenti concessi dallo Stato a fascisti repubblichini comprovati e morti in guerra, ed in certi casi anche già condannati per crimini di guerra?

Giuliano Calisti
Vicepresidente CP ANPI Viterbo

http://www.ugoforno.it/storia.html



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https://resistenzatradita.wordpress.com/2015/03/20/perche-porzus-si-e-malga-silvagno-no/


“Per Porzus hanno fatto un processo fiume; di questo fatto, non meno grave, la giustizia non si è mai occupata, nemmeno per dare un esempio, per dimostrare che la strada della lotta armata è irta di difficoltà, può subire torbidi rigurgiti che non erano certo previsti dai programmi e dagli ideali di coloro che la intrapresero.
Mi si dirà: e tu perché non hai parlato? Sì, ho parlato prima e dopo la liberazione, in alto loco. Mi hanno solo risposto: scrivi. Ho scritto. La prima e lunga relazione l’ho stesa subito dopo i fatti, con Aramin. Morì sepolta”.


Così Amerigo Clocchiatti “Carlo” si espresse sulla mancata inchiesta giudiziaria per i fatti di Malga Silvagno. Per Giuseppe Crestani “Bepi”, Ferruccio Roiatti “Spartaco”, Tomaso Pontarollo “Masetti” e “Zorzi” (partigiano veneziano non identificato) non c’è stata giustizia. Ugo De Grandis, nel libro che ha dedicato a questa vicenda “maledetta” e ignorata per anni, ha descritto così le vere motivazioni di questo voluto oblio:

Non ci vuol molto ad individuare i motivi che bloccarono la prosecuzione dell’inchiesta nella nuova linea politica inaugurata da Togliatti già al suo rientro in Italia, nel marzo 1944, dopo un esilio durato quasi vent’anni. Con il cambio di prospettiva politica, passato alla storia come “svolta di Salerno”, il leader comunista decretò la necessità dell’unificazione delle forze antifasciste per superare il drammatico frangente della guerra civile, abbandonando la pregiudiziale antimonarchica per poter entrare nel governo Badoglio. Con questa concessione il PCI riuscì a scavalcare i repubblicani, che sulla questione monarchia/repubblica non erano, al contrario, inclini ad alcun compromesso.
La “svolta” segnò il passaggio dalla fase rivoluzionaria a quella legalitaria del PCI che aspirava, grazie al suo contributo fondamentale all’abbattimento del fascismo, a diventare un partito di governo. Prevalse, quindi, la volontà di fornire un’immagine compatta della Resistenza, esente da contrasti e divisioni interne, un movimento corale dal quale sarebbero usciti i quadri dirigenti della nuova società italiana che stava sorgendo dalle ceneri del fascismo. La volontà di non rimanere esclusi dalla vita politica nazionale giunse ad imporre scelte non condivisibili dalla maggioranza dei militanti, se non impopolari, quali la mano tesa ai “fascisti rossi”, ai “compagni in camicia nera”, in altre parole ai reduci che avevano abbracciato la RSI attirati dal suo programma di riforme sociali: un serbatoio di voti che anche gli altri partiti tentarono di accaparrarsi.
Poco più di un anno dopo la Liberazione, il 22 giugno 1946, mentre in tutta Europa le Corti d’Assise condannavano a pene severe, molto spesso capitali, gli accusati di collaborazionismo con i nazisti e pareggiavano in un bagno di sangue i conti col passato, l’allora Ministro di Grazia e Giustizia Togliatti emanò il provvedimento di amnistia che, aprendo le porte delle celle a migliaia di esponenti del passato regime in nome della pacificazione nazionale, contribuì di fatto a restaurare la magistratura e i corpi di polizia dell’ancien regime.
Il risultato tangibile fu l’avvio di un’offensiva antipartigiana che condusse in carcere migliaia di ex combattenti della libertà, mentre altri cercarono rifugio alla persecuzione e alla negazione di un meritato posto di lavoro in una lunga e travagliata emigrazione in paesi lontani.
La volontà di gettare alle ortiche anche gli ultimi ardori rivoluzionari motivò, infine, il voto favorevole dei comunisti all’Articolo 7 della Costituzione, che ribadiva l’indipendenza tra Stato e Chiesa già sancita dai fascistissimi Patti Lateranensi del febbraio 1929. Una decisione che spiazzò gli stessi democristiani. La parola d’ordine allora era: pacificazione, non solo tra fascisti ed antifascisti, ma anche e soprattutto tra le diverse forze politiche che avevano partecipato alla sconfitta del fascismo. Il dissidio durato in Italia ben 23 anni, gli ultimi due dei quali di vera e propria guerra civile, doveva essere quanto prima accantonato per ricostruire insieme la martoriata nazione. Sarebbe stato mai possibile, in un clima politico siffatto, portare in un’aula di tribunale un fatto di sangue tra partigiani?
Questo non fu, tuttavia, l’unico motivo del silenzio: da parte dei comunisti si registrò un invalicabile imbarazzo nel trattare un episodio che aveva rivelato profonde crepe nell’organizzazione del primo periodo di lotta partigiana. L’eccidio di Malga Silvagno era la cartina al tornasole di una concezione ingenua della guerriglia, rivelava l’impreparazione e la superficialità di chi aveva abbandonato a se stessi quattro militanti comunisti in mezzo ad un gruppo di una ventina di resistenti apolitici, manovrati da elementi di dubbia fede antifascista e con i quali si erano manifestate sin dall’inizio profonde incomprensioni che avrebbero dovuto far prevedere, prima o poi, il tragico epilogo.

Tutte le foto e il testo sono tratti da “Malga Silvagno – Il giorno nero della Resistenza vicentina” di Ugo De Grandis



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http://www.anpiroma.org/2015/03/comunicato-stampa-albano-cittadini.html

Comunicato Stampa - Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke. "Segnali inquietanti, le istituzioni correggano una palese ingiustizia"

3/17/2015 02:37:00 PM  Anpi Roma   

Comunicato Stampa

Ad Albano cittadini rinviati a giudizio per aver manifestato contro Priebke.
Anpi Roma: "Segnali inquietanti, fidiamo nel buon senso delle istituzioni per correggere una palese ingiustizia"

“L'Anpi Provinciale di Roma è fortemente preoccupata per ciò che sta accadendo ad Albano, dove cittadini antifascisti sono indagati dalla Polizia per aver manifestato il 15 ottobre scorso contro l'apertura di una sede di Forza Nuova e contro qualsiasi commemorazione di Priebke in città – ha dichiarato Ernesto Nassi, presidente dell’Anpi Provinciale di Roma - Dopo il mandato di comparizione per 23 antifascisti avvenuto nelle settimane scorse, altre 5 persone, tra le quali un militante dell'Anpi, sono rinviate a giudizio per aver partecipato alla manifestazione di protesta contro la presenza della salma del criminale nazista ad Albano nel 2013.”
 
“Le incriminazioni le riteniamo ingiuste perché in Italia esiste la Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del partito fascista e due leggi che proibiscono l'apologia di fascismo, le leggi Scelba e Mancino. Nonostante ciò sono gli antifascisti ad essere perseguitati, facendoci tornare in mente un clima di tensione politica che pensavamo superato.”
 
“L’Anpi di Roma esprime tutta la solidarietà possibile ai cittadini antifascisti coinvolti in atti giudiziari, sperando che quanto accaduto non appartenga ad un disegno politico. Vi sono infatti altri inquietanti segnali che sembrano andare in una direzione pericolosa. Il Sindaco di Affile, Ercole Viri, responsabile della vergognosa vicenda del mausoleo intitolato a Graziani, è stato insignito in Campidoglio di una medaglia (Premio Duelli – Gallitto) per il suo impegno sulla memoria. E pochi giorni fa il Governo ha consegnato una medaglia alla memoria del fascista repubblichino Paride Mori, per il ‘suo sacrificio verso la Patria’.”
 
Quanto a Priebke – conclude Ernesto Nassi- ricordo che Albano ha avuto il partigiano ebreo Marco Moscati assassinato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Credo sia chiaro quale possa essere il giusto risentimento dei cittadini di quella città. Fidiamo nel buon senso delle istituzioni, per correggere una palese ingiustizia.”
Ernesto Nassi, presidente ANPI Provinciale di Roma
Roma, 17 marzo 2015

ANPI Roma - via S. Francesco di Sales 5 - 00165 ROMA – www.anpiroma.org


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http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/03/la-cittadinanza-onoraria-cristicchi-per.html

La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no

22/03/15

Quanti sono i film che sono stati girati a Trieste? E finanziati anche dalla Regione? Ma si potrebbe parlare anche di musica, anche di letteratura, e così via discorrendo. Quanti artisti, storici, intellettuali frequentano Trieste? Hanno dichiarato di voler vivere a Trieste o di essere rimasti incantati dalla nostra Trieste? D'altronde è difficile non essere travolti dalla meraviglia che è questa città. Ma qui non è né di meraviglia, né di arte, né di bellezza che stiamo parlando. E' più che evidente che la richiesta di cittadinanza onoraria per Cristicchi a Trieste è una chiara operazione nazionalistica e politica. Certo, è vero che la mozione come presentata è incentrata molto sul ruolo rivestito da Trieste, poi a dirla tutta minimale, nel noto spettacolo Magazzino 18, diventato contenitore di oggetti abbandonati, o meglio masserizie, ma abbandonate. 
E' vero che lo spettacolo che porta il nome di quel magazzino è una produzione del Teatro Stabile del FVG, ma, come scritto in premessa, certamente sono ben altri, se questo è l'intento, che poi non è, con il quale si vuole riconoscere la cittadinanza onoraria a Cristicchi, che meriterebbero tale importante riconoscimento. Ma, il punto è che Cristicchi è diventato il megafono di una storia, una storia ben nota e conosciuta, ma spettacolarizzata e raccontata così come  lo volevano e desideravano i soliti noti, quelli che da anni si prodigano per fare emergere mistificazioni storiche e faziosità che non rispondono alla verità, a quella verità che nuoce gravemente al nazionalismo nostrano.  
D'altronde basta vedere quello che è accaduto durante questa ultima ricorrenza per il giorno del ricordo, foto di partigiani fucilati o civili, e fatti passare per italiani fucilati dai partigiani jugoslavi, si è addirittura detto che in Istria venivano perseguitati perché cristiani o perché le maestre si rifiutavano di indottrinare i propri figli al comunismo, per comprende il quadro della situazione.
Magazzino 18 è uno spettacolo di parte e come tale non può meritare certamente il suo autore una cittadinanza onoraria, perché la cittadinanza onoraria deve rappresentare tutti i triestini e non solo una parte di essi. Poi, se proprio proprio la si deve conferire, visto che pare essere rinato il periodo del compromesso storico e vista la chiara matrice politica e nazionalistica di tale riconoscimento, allora la si deve altresì richiedere e riconoscere ad esempio per gli storici che si battono contro il revisionismo storico, e contro le strumentalizzazioni a cui sono stati soggetti migliaia di esuli. Anche loro hanno parlato di Trieste, anche loro hanno reso alto il nome di Trieste, anche loro e forse solamente loro hanno cercato di dare dignità a Trieste contrastando ogni menzogna e mistificazione storica, ogni calunnia e falsità che ha avuto un solo scopo, demonizzare chi al prezzo della propria vita ha liberato questa città dall'occupazione nazifascista, la cui unica colpa era quella di essere comunista e jugoslavo ma se fosse stato italiano ed anticomunista sicuramente tutta la storia del confine orientale per come ci è stata raccontata in questi decenni sarebbe sicuramente diversa ed anche le "foibe" probabilmente sarebbero state ricondotte alla loro reale consistenza e portata. 
Ma così non è stato in una città che non ha neanche una via dedicata al primo maggio.
Dunque la cittadinanza onoraria a Cristicchi in Trieste? Anche no.
E forse è il caso che si inizi a prendere posizione su ciò, prima che il tutto passi sommessamente o sotto silenzio.
Per una rilettura di Magazzino 18 suggerisco questo link commenti inclusi: