Informazione
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/220786538091920
<una vibrante rievocazione della rivolta antinazista e della successiva occupazione titina che sconvolsero Trieste nella primavera del 1945>.
Molti storici citano questo testo a dimostrazione dei "crimini" commessi dai "titini". Testo che cita una serie di "testimonianze" riferite all'autore da altri che spesso riferiscono cose dette ancora da qualcun altro e via... e che sembrano le classiche esagerazioni degenerate che la gente si inventa quando deve descrivere azioni violente beandosi sadicamente nel raccontare cose peraltro anche poco credibili.
Ma non è di questo che vogliamo parlare ora. Quello che vogliamo evidenziare è il sentimento razzista di questa persona, che si considerò "profugo" dall'Istria, perché nato a Semedella (vicino a Capodistria), andò a Torino negli anni '20 per studiare e trovò lavoro alla Stampa, si trasferì a Trieste durante la guerra e dopo la guerra andò a vivere a Venezia.
Ecco come questo "artista" descrive gli "slavi".
<Sono piccoli in genere, questi sloveni; notevolmente più bassi di quella che è la statura media dei triestini e degli istriani.
Osservo loro e poi i cittadini che mi passano accanto: sì c'è una differenza di statura, oltre che somatica e di costituzione, che sorprende. Ho sempre avuta l'impressione che gli jugoslavi fossero più alti; ma quelli che avevo presenti dovevano essere quasi tutti croati o dalmati o intellettuali (! Lombroso, aiutaci tu! n.d.r.) Questi sloveni della campagna - e qui posso constatarlo perché ne ho, per la prima volta, alcune centinaia sotto gli occhi, uniformemente bassi e ossuti, biondicci e scabri - sembrano non cresciuti qui vicino ma di tutt'altri paesi, a paragone dei triestini che sono alti e baldi (baldi anche ora - sono fatti così - nonostante le angosce di questi giorni impresse su tutti i volti).
Questa differenza risalta più ancora nelle ragazze. Le slovene, di corporatura corta e muscolosa (il fisico di tante servotte, pulitissime, oneste e formidabili lavoratrici, e delle cosiddette "donne del latte") sono esattamente l'opposto delle nostre triestine, dai torsi slanciati e dalle gambe lunghe>.
Interrompiamo qui, sorvolando sulla descrizione delle voci "stridule e lamentose così diverse da quelle delle donne nostre" e sul fatto che marciando non cantano, forse perché "non hanno inni?", domandandoci chi diavolo abbia visto marciare il Nostro, dato che se c'è un popolo che non può fare a meno di cantare, in ogni occasione celebrativa, sono gli Sloveni, che hanno forse più inni di qualsiasi altro popolo...
... e vediamo come possa il razzismo andare di pari passo con l'astio di classe, perché la "bruttura" degli sloveni, uomini e donne, secondo il ricco possidente intellettuale Q.G. è dovuta sostanzialmente al fatto che si è trovato di fronte la classe lavoratrice, contadini, operai, le "servette" che non possono competere con le "triestine" nullafacenti del ceto del Nostro.
Che vede, in queste persone che marciano in città, un pericolo per il suo vivere da parassita alle spalle degli "sloveni della campagna" che hanno fatto ricchi i suoi antenati di Semedella. Tutta la propaganda che il CLN di Trieste (il CLN, non il PNF, si badi) ha costruito contro la resistenza comunista ed internazionalista di Trieste non è solo una questione di razzismo, è anche una questione di classe. Ed i risultati li vediamo ancora oggi, nei testi storici di Pupo e Spazzali, nella memorialistica di Fabio Forti, nelle elucubrazioni ideologiche di Stelio Spadaro.
La Macedonia rimborsa in anticipo il suo debito con il FMI
da www.viedellest.eu
Macedonia - 25 febbraio 2015
di Piero Purini, con la collaborazione del gruppo di lavoro «Nicoletta Bourbaki» – 10/3/2015
Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943). Odradek, Roma 2008
Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. Roma, Odradek 2011
Quando le foibe ed il caso simbolo di Norma Cossetto vennero usati per salvare i criminali di guerra italiani
Du Sandžak à Vienne : le parcours d’un islamiste radical des Balkans
Par R.T.
Mirsad Omerović, père de 5 enfants, originaire de la ville de Tutin dans le Sandjak de Novi Pazar, était plus connu sous le pseudonyme d’Ebu Tejma. Selon les informations données par les autorités autrichiennes, la veille de son arrestation il avait salué ses parents, leur indiquant son intention de se rendre en Syrie.
Omerović aka Ebu Tejma est accusé de faire partie d’un réseau terroriste qui collectait des fonds et recrutait des volontaires pour combattre dans les rangs de l’État islamique en Syrie. Il avait vécu dans la communauté salafiste de Gornja Maoča en Bosnie-Herzégovine, et il était très proche de Nusret Imamović et Bilal Bosnić, les chefs du mouvement wahhabite bosnien, eux aussi impliqués dans le recrutement de volontaires pour la jihad en Syrie.
Le nom d’Abu Tejma était sorti de l’ombre lors de la disparition de deux adolescentes autrichiennes d’origine bosniaque, Samra Kesinović (17 ans) et Sabina Selimović (15 ans). Les deux filles étaient parties en avril dernier pour aller se battre en Syrie, et leurs familles avaient immédiatement accusé Mirsad Omerović, très actif à cette époque dans la mosquée Altun-Alem de la capitale autrichienne, de les avoir subjuguées.
Omerović était un membre connu de cette « congrégation d’Altun-Alem », dirigé par son frère, connu sous le nom de Sheikh Adam. Bien connu de la police et des médias autrichiens, le groupe menait une politique active de radicalisation des musulmans d’Autriche, et on le soupçonne d’avoir organisé le départ de volontaires du djihad.
Touche pas à mon prophète : à Novi Pazar, 5 000 musulmans en colère contre Charlie Hebdo
Qualifiant la civilisation moderne de « faillite morale et religieuse », l’imam a affirmé que « ce que faisaient les journalistes de Charlie Hebdo en disait long sur eux-mêmes ».
« Nous ne touchons pas ce qui est sacré chez les autres. Nous respectons Jésus, Moïse et tous les autres envoyés de Dieu », a souligné l’imam. « Les musulmans du Sandžak se sentent moralement obligés de sortir aujourd’hui pour dire que chacun d’entre eux donnerait sa vie pour Mahomet. »
Irfan Malić a décrit les attentats de Paris comme « un assassinat », plutôt qu’une attaque terroriste. « Les musulmans ne sont pas des terroristes et n’ont rien à voir avec le terrorisme, même si ceux qui ont commandé les caricatures sont à blâmer pour les assassinats de Paris, car ils ont insulté 1,5 milliard de musulmans. »
« Si un, deux ou trois [individus] ont réagi, ils doivent être jugés, s’ils sont coupables [...] Ne blâmez pas l’islam et tous les musulmans. »
Le rassemblement a duré une heure et demie. « Plus on utilise le prophète dans un tel contexte, plus l’islam se renforcera », a averti l’imam.
Plus tôt dans la journée, le mufti de Serbie (et rival) Muhamed Jusufspahić avait de son côté fermement condamné les actions de l’État islamique.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/10/kosovo-comunita-islamica-i-20-i-30-mila-euro-nostri-giovani-per-unirsi-isis/1494638/
Kosovo, comunità islamica: “Tra i 20 e i 30 mila euro ai giovani per unirsi a Isis”
Tra i 20 e i 30 mila euro. E’ quanto viene offerto ai giovani disoccupati kosovari per sposare la causa dello Stato Islamico e andare a combattere in Siria e Iraq. A sostenerlo è il segretario della comunità islamica in Kosovo Resul Rexhepi, citato dal quotidiano di Pristina Bota sot.
Secondo Rexhepi, la precaria situazione economica e l’alto tasso di disoccupazione hanno contribuito in larga misura alla radicalizzazione di un gran numero di giovani kosovari. Il salario medio in Kosovo non supera i 200 euro mensili e la disoccupazione giovanile si attesta al 55%. Una situazione questa nella quale l’estremismo islamico ha facilmente attecchito, attirando un gran numero di adepti. I circa due milioni di abitanti del Kosovo – proclamatosi indipendente dalla Serbia il 17 febbraio 2008 – sono a larghissima maggioranza (più del 90%) di etnia albanese e religione musulmana [a seguito delle politiche di pulizia etnica e apartheid praticate congiuntamente da UCK e NATO sul territorio, ndCNJ].
Negli ultimi mesi si registra in Kosovo un esodo di massa, con decine di migliaia di persone che lasciano il Paese alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita in stati Ue del nord Europa, a cominciare da Austria, Germania, Svezia e Francia.