Informazione
La notizia di oggi è che la polizia ha arrestato tre persone, in provincia di Torino ma anche in Albania con l'accusa di essere reclutatori e miliziani dell'Isis, mentre perquisizioni sono state effettuate a carico di sospetti simpatizzanti dell'Isis in Piemonte, Lombardia e Toscana.
Gli arresti sono scattati contro due cittadini albanesi, zio e nipote. Il primo è residente in Albania mentre il secondo vive in provincia di Torino, mentre il terzo arrestato, è un ventenne cittadino italiano di origine marocchina. Quest'ultimo viene accusato di essere l'autore del documento di propaganda dell'Isis, un testo di 64 pagine scritto in italiano, apparso di recente sul web e intotalato “Lo stato islamico, una realtà che ti vorrebbe comunicare”.
Diventa difficile, a questo punto, non mettere in connessione questa notizia con un contesto regionale più ampio e che investe direttamente il cortile di casa dell'Unione Europea, ovvero i Balcani.
Il Ministro degli Esteri albanese, Ntitmir Bushati, aveva affermato nell'ottobre scorso che in alcune zone del paese erano presenti individui addestrati a compiere atti di terrorismo. Le zone individuate erano quelle dei distretti di Librazhdi e di Elbasan, dove sarebbero presenti numerosi nuclei salafiti e alcuni imam che cercano di radicalizzare i giovani. In certi casi i jihadisti locali fornirebbero rifugio temporaneo a miliziani provenienti dai paesi limitrofi che fanno scalo in Albania per poi imbarcarsi su voli per Istanbul con destinazione finale Siria. Non solo. Secondo un documento dell'Ispi (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), “l’Albania risulta poi essere punto di partenza anche per alcuni jihadisti europei che utilizzano l’Italia come luogo di transito”. Sempre secondo fonti locali sarebbero due le vie battute: una via mare, su navi appartenenti a privati albanesi che attraccherebbero nel porto di Durazzo. L’altra via è quella aerea; i volontari partirebbero da aeroporti italiani secondari per raggiungere Tirana e dopo alcuni giorni di sosta, proseguirebbero per la Turchia e da lì, come noto, verso il teatro di guerra in Siria e Iraq.
Nel settembre del 2014 in Bosnia sono stati arrestati 16 jihadisti tra cui Bilal Bosnic, un predicatore piuttosto noto nel mondo islamico più radicale. Gli arrestati sono stati accusati di aver reclutato, organizzato e finanziato il trasferimento di jihadisti verso la Siria e l’Iraq per combattere nelle file di gruppi terroristi quali dell’Isis. Nelle perquisizioni sono spuntate fuori armi, munizioni, attrezzature militari, tessere sim, computer e altre apparecchiature informatiche.
Il predicatore Bilal Bosnic era noto anche in Italia per i sermoni di incitamento alla jihad in città come Roma, Siena, Como, Pordenone, Cremona, Bergamo.
L'operazione in Bosnia – denominata operazione “Damasco”, ha rivelato l’esistenza di una rete terroristica radicata sul territorio della repubblica ex jugoslava “liberata” dalla Nato, quella stessa Nato che nel 1995 bombardò soprattutto le postazioni serbo-bosniache e sostenne la comunità musulmana (circa il 40%) e croata contro quella serba. Da allora la Bosnia è praticamente commissariata dalla Nato e dall'Unione Europea che per anni hanno tollerato e agevolato la penetrazione di jiahdisti in questa enclave della periferia d'Europa. Un reportage di Lettera 43 racconta che l'influenza fondamentalista islamica nella capitale Sarajevo appare ancora relativa. “Donne e ragazze musulmane escono la sera, bevono alcol e fumano senza problemi. Mi sembra difficile", spiega agli inviati un giornalista di origini serbe, "che qui a Sarajevo attecchisca il radicalismo islamico". Ma la situazione è diversa nelle città bosniache come Srebrenica e Tuzla, dove, secondo alcuni, sarebbero sorti campi di addestramento per jihadisti da spedire in Siria e Iraq o sugli altri fronti della jihad. La cosa non dovrebbe sorprendere perchè negli anni Novanta, in Bosnia, erano arrivati centinaia di combattenti islamici – molti dalla Cecenia o dal Maghreb– per partecipare alla guerra civile contro i serbi e sostenuti dalla Nato che agevolò in ogni modo l'afflusso di jihadisti nel teatro balcanico, in Bosnia come in Kosovo e Albania. I finanziamenti erano assicurati soprattutto dal network saudita (inclusa Al Qaida) e dalla Turchia. Il flusso e poi l'insediamento in loco degli jihadisti, è stato agevolato da Mustafa Ceric, il gran muftì di Sarajevo sino al 2012, e da Alia Iztbegovic, l'ex presidente bosniaco sostenuto economicamente, politicamente e militarmente dalla Nato.
Ma una operazione analoga è stata condotta dalla Nato (Usa e Ue con pari responsabilità) anche nel Kosovo. Anche qui i bombardamenti della Nato contro la Serbia hanno spianato il terreno alla secessione del paese a maggioranza albanese e musulmana. Nei fatti si è costituita una enclave fuori controllo dove i gruppi jihadisti hanno trovato lo spazio per organizzarsi. Il governo del Kosovo solo recentemente – anche a causa del cambio di alleanze degli Usa e degli europei nello scenario mediorientale – è corso ai ripari.
Ad agosto dello scorso anno una operazione della polizia del Kosovo aveva portato in carcere 40 sospetti jihadisti (mentre altri 17 sono risultati irreperibili). Altre tre erano stati arrestati a giugno e altri 11 arrestati sette mesi prima. Alcuni sono molto giovani, nati addirittura nel 1994 e molti hanno meno di 30 anni. Ai giovani disoccupati kosovari vengono offerti fra 20mila e 30mila euro per andare a combattere con i jihadisti dell'Isis in Siria e Iraq ha denunciato pochi giorni fa il segretario della comunità islamica in Kosovo, Resul Rexhepi. Il Parlamento del Kosovo ha approvato pochi giorni una legge che vieta ai propri cittadini di partecipare a conflitti all'estero nel tentativo d'impedire ai suoi giovani di andare a unirsi ai gruppi jihadisti in Siria o in Iraq. La norma prevede fino a 15 anni di carcere per chiunque violi il divieto di prendere parte a conflitti armati all'estero. Il ministro dell'Interno di Pristina stima che circa almeno 300 persone dal Kosovo si siano recate a combattere insieme alle milizie dello Stato islamico in Iraq e Siria (Isis).
Mentre tutti gli sguardi, le attenzioni e le flotte militari convergono sulla Libia, le cancellerie occidentali evitano di rendere conto dei danni che hanno provocato negli ultimi venti anni anche nel vicino est, alle frontiere della stessa Unione Europea. La distruzione della federazione jugoslava, perseguita sistematicamente dalla Germania prima e da Usa e Unione Europea poi, ha consentito la nascita di enclavi out of control nei Balcani, zone dove i finanziamenti concorrenti di Turchia e Arabia Saudita hanno riprodotto scenari conflittuali e alleanze definitesi anche in Medio Oriente. Ma portandole vicino ai confini, anzi dentro il cortile di casa.
“NA MORE CON AMORE”
3a edizione! (anno 2015)
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia- ONLUS
NOVI "HLADNI" RAT. Agresija NATO 15 godina kasnije
// La nuova guerra "fredda". La aggressione NATO 15 anni dopo //
Interventi dei partecipanti al Meeting internazionale tenuto nel marzo 2014 a cura del Forum di Belgrado
provenienti dall' Irlanda, Venezuela, Austria, Francia, Russia, USA, Germania, Ucraina, Grecia, Canada, Bielorussia, Italia, Danimarca, Cipro, Turchia, Croazia, Serbia, Rep. Ceca, ecc. Altre info: https://www.cnj.it/24MARZO99/2014/index.htm#skup
Edizione Beoforum. In cirillico.
Il libro costa 15 euro + spese di spedizione. Per ordini: jugocoord @ tiscali.it
ХИТЛЕРОВО ПОНАШАЊЕ КАО АЛИБИ ЗА АГРЕСИЈУ НАТО ПРОТИВ СРБИЈЕ (СРЈ)
У ТВ емисији РТС-а, „Упитник“ која је емитована 24. марта 2015., поводом 16. годишњице агресије НАТО, у којој су учествовали министар правде Никола Селаковић, председник Београдског форума Живадин Јовановић и председник Управног одбора Атлантског савета Владан Живуловић, господин Живуловић је изједначио понашање НАТО 1999. према Србији (СРЈ) са понашањем Хитлера уочи Другог светског рата. Живуловић је, поред осталог, рекао:
„Наш народ каже, `сила Бога не моли`, па ако ћемо сада, легалитет свих тих акција, када погледамо историју, Хитлер никог није питао, кренуо је у обрачун, НАТО није питао никога када је кренуо на Србију, односно Југославију...“
Целу емисију „Упитник“ можете погледати на линку РТС-а:
http://www.rts.rs/page/tv/ci/story/17/%D0%A0%D0%A2%D0%A1+1/1868505/%D0%A3%D0%BF%D0%B8%D1%82%D0%BD%D0%B8%D0%BA.html
(Цитирани део од 17:48 до 18:05 )
Београд, 25.03.2015.
Several hundred people gathered in front of the former military headquarters in Belgrade on Tuesday to commemorate the 16th anniversary of North Atlantic Treaty Organisation's (NATO) bombing of the country, then a part of the Federal Republic of Yugoslavia...
http://sputniknews.com/photo/20150324/1019921016.html
da www.glassrbije.org – 27. 03. 2015. – Il mito sull’invisibilità del caccia statunitense F-117 A è stato distrutto in un villaggio della Serbia settentrionale sedici anni fa, quando le unità anitiaeree dell’esercito serbo l’hanno colpito e distrutto durante i bombardamenti della NATO contro la Federazione jugoslava. L’aereo il „Falco della notte“ ha avuto la fama di essere invisibile dopo molte azioni in Libano, Panama, Iraq e in altri Paesi. L’aereo F-117 A è caduto il 27 marzo del 1999 nel villaggio Budjanovci, tre giorni dopo l’inizio dell’aggressione della NATO. L’aereo è stato colpito alle ore 20 e 42 minuti con due proiettili „Neva“ del terzo divisione della trecentocinquantesima brigata della difesa antiaerea, i cui membri sono riusciti a identificarlo grazie al coraggio, l’addestramento e le innovazioni tecniche.
Manifestazione di massa a Belgrado nell’anniversario delle prime bombe sulla città. La destra ultranazionalista irrompe nella piazza. La stampa italiana si accorge solo di loro
Carlo Perigli, inviato a Belgrado
Il suono delle sirene invade di nuovo le strade, il rumore dei caccia che sorvolano la città precedono di qualche secondo le esplosioni, quelle bombe “umanitarie” che per 78 giorni martoriarono senza sosta il popolo serbo. Per pochi secondi Belgrado rivive il dramma di quei giorni, i volti dei presenti si fanno scuri, gli occhi diventano lucidi, in un’atmosfera che tocca anche il più disinteressato dei turisti. Nessuno dimentica, nessuno tace, si rimane in silenzio soltanto per un minuto, intorno alle 19, ora in cui, esattamente 16 anni prima, l’Angelo Misericordioso – nome dato dalla Nato all’operazione militare – iniziò ad abbattersi sull’allora Repubblica Federale di Jugoslavia, spazzando via oltre 2000 vite innocenti. Sullo sfondo, le rovine dell’ex ministero federale della Difesa; sul palco, allestito a pochi metri, i bambini intonano l’inno nazionale, a precedere il discorso del primo ministro Aleksandar Vucic.
È soltanto la chiusura di una giornata il cui tempo è stato scandito dai presidi svolti in diversi punti della città; di fronte alla sede della Rts – Radio Tv Serba – dove una lapide ricorda i 16 lavoratori morti la notte del 22 aprile, quando la Nato decise di spegnere a suon di missili quella fastidiosa emittente, le cui immagini contraddicevano la bontà di quell’aggressione, assurda dal punto di vista morale e illegittima da quello legale; al parco Tasmajdan, distante poche decine di metri, dove si è reso omaggio al monumento eretto per ricordare tutti i bambini uccisi dalla guerra; in piazza della Repubblica, dove, come ogni anno, il Movimento Socialista ha steso un telo, sul quale alcuni passanti, tra i quali molti bambini, hanno iniziato a disegnare messaggi contro la guerra. Un’atmosfera piacevole, purtroppo rovinata dal corteo degli ultra-nazionalisti del Partito Radicale Serbo, la cui entrata in piazza ha nei fatti impedito lo svolgersi dell’iniziativa. Solamente qualche piccolo attimo di tensione, dopodiché il corteo, composto perlopiù da giovani e giovanissimi, ha lasciato la piazza, insieme alle loro bandiere delle “Aquile Bianche” e ad una manciata di celtiche cucite sulle giacche, l’ennesima dimostrazione di quanto possa essere assurdo il revisionismo storico che vuole dipingere i cetnici della II guerra mondiale come contrapposti militarmente all’invasore italo-tedesco.
“Sfortunatamente oggi abbiamo vissuto una situazione poco piacevole – ha dichiarato a Popoff Nebojsa Petrovic, presidente della sezione di Belgrado del Movimento dei Socialisti e deputato all’Assemblea Nazionale – il Partito Radicale ha rovinato la manifestazione. Sta diventando chiaro a tutti il motivo per cui Seselj – presidente del partito, negli ultimi 10 anni recluso nelle prigioni dell’ICTY all’Aja – è tornato in Serbia. È assolutamente un elemento di disturbo – ha concluso – non è benvenuto nella società”. Un elemento di disturbo a cui la stampa italiana ha dedicato decine di articoli, appiattendo su di lui le commemorazioni del 24 marzo e tacendo sul resto, sulla stragrande maggioranza dei serbi, quelli che 16 anni fa sceglievano di diventare “bersagli umani” sui ponti di Belgrado e che ogni anno continuano a scendere in piazza, per chiedere a gran voce giustizia e verità.
Поводом обележавања 15 година рада Београдског форума за свет равноправних, 23.3.2015. у Сава Центру u Beogradu је отворена фото изложба о досадашњем раду Беофорума...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=cJXiyqxQeFQ
Беофорум - Фото изложба поводом 15 год. рада
Поводом обележавања 15 година рада Београдског форума за свет равноправних, 23.3.2015. у Сава Центру u Beogradu је приказана фото изложба о досадашњем раду Беофорума. Пред вама су снимци свих изложених паноа...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=dNUI-cwuGW0
Belgrade Forum for a World of Equals
23 March 2015
16th ANNIVERSARY OF NATO AGGRESSION
15 YEARS OF THE BELGRADE FORUM FOR A WORLD OF EQUALS
The 16th anniversary of the beginning of NATO aggression against Serbia (the Federal Republic of Yugoslavia) has been marked by the Roundtable “Not to Forget – No into NATO” held in the “Sava Center”, whereas 15 years since the establishment of the Belgrade Forum for a World of Equals has been marked by the exhibition of photographs and by promotion of the Belgrade Forum’s latest published book.
The Roundtable was convened by the Belgrade Forum, the Club of Serbian Generals and Admirals, and the SUBNOR of Serbia, as co-organizers. The participants of the Roundtable were: Živadin Jovanović, General Jovo Milanović, Aleksej Čagin, President of the Association of Russian Heroes, Dr. Momčilo Vuksanović, President of the Serbian National Council of Montenegro, Prof. Radoš Smiljković, Prof. Radovan Radinović, Milica Arežina, Dr. Stanislav Stojanović, Admiral Boško Antić, Đurđina Turković (Podgorica), Neven Đenadija (Banja Luka), Branislava Mitrović, Natalija Šatalina, and many others.
The gathering paid their tribute to all victims of the NATO aggression by a moment of silence. The audience comprised a large number of the co-organizers’ members and their friends from the independent and non-partisan associations, representatives of the local self-governments, representatives of the cultural, educational, and scientific institutions, Academicians from the SANU, representatives of the Serbian Orthodox Church, the Diaspora, and the diplomatic representatives from Russia and Belorussia.
The exhibition of photographs was opened and the Belgrade Forum’s latest edition was introduced by Živadin Jovanović. The event was accompanied by appropriate cultural program, performed by members of the Cultural Artistic Society “Kosovski Božuri”.
The exhibition will be open every day, until 30 March 2015.
Учесници округлог стола су:
1. Живадин Јовановић (Председник Београдског форума за свет равноправних)
2. Јово Милановић (Генерал-потпуковник)
3. Алексеј Чагин (Председник Асоцијације хероја Русије)
4. Наталија Шатилина
5. Проф. др Радош Смиљковић
6. Милица Арежина
7. Ђурђина Турковић
8. Др Станислав Стојановић
9. Невен Ђенадија (Бања Лука)
10. Бранислава Митровић
11. Бошко Антић (Адмирал)
12. Проф. др Радован Радиновић (Генерал)
13. Др Момчило Вуксановић
Коментари присутних:
1. Проф. Веселин Вујнић (Medical Physicist Inst. of Oncology and Radiology)
2. Проф. др Рајко Унчанин (Члан надзорног одбора Инжењерске коморе Србије)
3. Др Љубомир Грујић
Београд, Сава центар, 23. март 2015.
http://www.beoforum.rs/sve-aktivnosti-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/86-okrugli-sto-da-se-ne-zaboravi-ne-u-nato/678-okrugli-sto-16-godina-od-agresije-nato.html
FINDINGS AND CONCLUSIONS OF THE ROUND TABLE“NOT TO FORGET – NO INTO NATO”
Belgrade, Sava Center, 23 March 2015
NATO Aggression against Serbia (the FRY) in 1999is a crime against peace and humanity, a crime whose perpetrators have not been brought to justice.
This aggression was the introducing of the NATO’s global interventionism strategy under the harshest violation of the fundamental principles of the international law and the role of the United Nations, most notably, the Security Council. Thus, in the vital area of the peace and security, NATO has usurped the role of the United Nations.
NATO demonstrated a new principle: wherever the law presents an obstacle for the achievement of its goals of conquest, the law should be removed.
The panelists and all participants in the Round table have unanimously assessed that NATO, as an aggressive imperialist alliance, has nowhere in the world been a part of the solution, but rather the factor of conquests, contributor to divisions and conflicts, tearing the states apart, wreaking a “controlled” chaos (Afghanistan, Iraq, Syria, Yemen, Libya.
The gathering voiced are solute opposition to Serbia’s entry to the NATO military system through the means of accepting the “Individual Partnership Action Plan”, assessing this document as the single most serious blow to sovereignty, freedom and dignity of the nation, as abandonment of the status of military neutrality, and the act of surrendering the fate of the country into the hands of NATO.
By virtues of regulating not only the military issues, but also all areas of the economic, cultural, informative and social life in general, this IPAP is embodiment of NATO’s militaristic, authoritarian and imperialist concept. The official explanations, aiming at pacifying and misleading the public, were evaluated as utterly irresponsible, dismissive and indecent. The participants referred to the IPAP’s request to finalize the process of privatization, concluding that such request reveals the true nature of NATO as the leverage of the multinational corporate capital, whose goal is to establish the complete control over the economic, natural and human resources in the world.
The gathering sent a unanimous appeal to the authorities to suspend the preparations for the sale of Telekom, the EPS, the PKB, Dunav Insurance, the mines, the agricultural land, waters, and other national riches. A robust public sector in any country serves as a pillar of country’s democracy, independence, and the care for the future. The question was raised–what remains of freedom and democracy if all economic, financial and natural resources are handed over to the hands of the multinational companies of the western countries? What would remain for Serbia to administrate?
NATO aggression of1999and establishment of military camp “Bondsteele” in Kosovo and Metohija were the first step in the practical implementation of NATO’s conquest strategy in the East, its deployment to the Russian borders, and nailing the wedge in the relations between Europe and Russia. The civil war in Ukraine is the corollary of NATO’s strategy of Eastward expansion.
NATO and the leaders of some of its member states have publicly admitted that the aggression of 1999 had been committed in violation of the international law and the role of the United Nations Security Council. NATO and its member states are thus liable to compensate the war damage to Serbia (the FRY)in the amount of USD 100 billion.
President of Serbia, Mr.Tomislav Nikolić,in his last year’s speech in Užice on the occasion of the National Day of Statehood, stated request for the compensation for war damages caused by the aggression of NATO. This presumes that the Government of Serbia should take appropriate concrete steps in order to officially present this initiative raised by the President of the Republic, publicly stated on behalf of the nation, to NATO and its members, and to launch the relevant negotiations.
An appeal was made to the competent authorities to initiate activities to determine the exact number and names of the civilian victims of NATO aggression.
An appeal was made to the competent authorities to establish, in cooperation with expert and scientific institutions, the consequences of the use of weapons with the deleted uranium, and to take appropriate measures in order to eliminate a huge public concern over the mass scale of cancers and deformities in newborns, especially in Kosovo and Metohija, with a view to protecting the health of the people against any further tragic consequences.
The UNSCR 1244 and the Constitution of Serbia are the enduring basis for a peaceful and just political solution for the status of the Province of Kosovo and Metohija. Nobody is entitled to undervalue, violate, or replace this basis. Nobody is entitled to trade the rights Serbia has to Kosovo and Metohija as an integral part of the Serbian state territory, in exchange for any short-term interests, since this would be tantamount to undermining Serbia as a state.
The government institutions of Serbia are invited to promptly request satisfying of all obligations towards Serbia as set forth under UNSC Resolution 1244, and, in particular, the following:
-Free and safe return of 250,000 Serbs and non-Albanians to Kosovo and Metohija, as soon as possible,
-Return of specified contingents of Serbian military and the Police to Kosovo and Metohija
-Economic reconstruction of Serbia, as set forth under UNSC Resolution 1244,
-completing the decontamination of areas in which NATO had used weapons with depleted uranium, at the expense of NATO member states,
- Deactivation of the NATO’s unexploded ordnances – aircraft bombs, cluster bombs, and other ordnance, at the expense of NATO member states.
Finally, the gather requested the prompt reconstruction and completion of the ”Eternal Fire”, Monument to the victims of NATO aggression, in the Park of Friendship, Ušće, Novi Beograd.
Panelists and participants of the Round table sent the appeal to the relevant institutions not to use the funds from the Republic Budget to finance anyone acting contrary to the national and state interests, and, in particular, those who advocate the recognition of the forcibly invaded Province of Kosovo and Metohija, and those advocating the relinquishing of the policy of the country’s military neutrality.
Belgrade, 23March 2015
Comitato contro la guerra – Milano
Questo appello nasce dalla volontà dei soggetti promotori di mobilitarsi contro la politica di aggressione, condotta dalla NATO – USA in testa, che ha già provocato una violenta rottura degli equilibri in tutto il Medio Oriente, in parte del continente africano, in Europa.
Il risultato ad oggi, sotto gli occhi di tutti, sono le guerre in corso in Iraq, Siria, Libia, Ucraina costate decine e decine di migliaia di morti ed un’emergenza umanitaria per milioni di profughi.
Stiamo assistendo alla solita commedia, il cui copione è ben noto: ancora una volta finanziamenti degli USA e, allo stesso tempo, mercenari, filonazisti, jihadisti, golpisti, consiglieri militari della NATO. Migliaia di morti civili sono il tragico risultato.
Per il momento una guerra devastante tra la NATO e la Federazione Russa è stata scongiurata, ma accuse, sanzioni (che tra l’altro si stanno ritorcendo contro i lavoratori italiani ed europei), manovre militari fatte per provocare, stanno portando il mondo su una strada molto pericolosa.
Risulta incredibile che chi ha provocato questi disastri, oggi faccia finta di volerli risolvere, così come il fatto che si discuta il possibile finanziamento per 15 miliardi di euro al governo ucraino, arrivato al potere attraverso un colpo di stato e responsabile di massacri nell’est del paese.
Infine risulta inaccettabile che non si consideri appieno come il Qatar, l’Arabia Saudita, la Turchia e gli USA abbiano dato un contributo determinante alla formazione di gruppi jihadisti, la cui massima espressione è attualmente l’ISIS.
Noi organizzazioni di diverso orientamento e differenti sensibilità, sentiamo il dovere di chiamare alla mobilitazione contro il pericolo di queste guerre, che avrebbero ripercussioni imprevedibili a livello mondiale.
Chiediamo l’impegno di quanti aderiranno a scendere in piazza prima che sia troppo tardi.
La prima vittima della guerra è la verità.
La guerra è contro i lavoratori. Non un soldo per la guerra
Per info: comitatocontrolaguerramilano@... - comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com - cell. 3383899559
È IN CORSO LA RACCOLTA ADESIONI, ad ora sono pervenute: Rete NoWar-Roma, Forum contro la guerra - Venegono, Ass. “La Casa Rossa” - Milano, Banda Bassotti, Marx21.it, Ass. Cult. Stella Alpina - Novara, Ass. Italia-Cuba - Milano, PCdI Milano,PCdI Lombardia, PC Provincia di Milano, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia ONLUS, Comitato Altra Europa zona 8 - Milano, Ass. Un'Altra Storia, Sez. ANPI "Bassi - Viganò" - Milano, Sez. PCdI "Laika" - Milano, Giovani Comunisti– Milano, Sez. ANPI Porta Genova - Milano, PCdI Federazione di Pescara, Sez. PCdI “Gagnoni” - zona 5 Milano, Redazione di ALBAinformazione, La Scintilla – Milano, PRC “Luca Rossi” – Affori Milano, Rete disarmiamoli - nodo di vicenza, Nella Ginatempo (Sociologa e scrittrice del Movimento per la pace), Patrick Boylan (PeaceLink, Rete NoWar-Roma, Cittadini statunitensi per la pace e la giustizia), Tiziano Cardosi (Comitato No tunnel TAV Firenze), Anna Migliaccio (Comitato Centrale PCdI), Anita Fisicaro (Rete Nowar-Roma), Ugo Giannangeli (Avvocato), Maurizio Musolino (Segreteria Nazionale PCdI), Vladimiro Vaia(economista), Bianca Riva (NO TAV Valsusa), Gabriella Vaccaro,Angelo Baracca (Firenze), Nunzia Augeri (ricercatrice storica - PCdI), Paolo D'Arpini (Rete Bioregionale Italiana), Elio Rindone, Gian Piero Riboni (Comitato per Milano zona 8), Maurizio Quattrocchi (ingegnere), M.Gabriella Guidetti (Rete NoWar Roma), Claudia Berton (insegnante e scrittrice, Verona), Vincenzo Brandi (Rete No War e Comitato No Nato), Elio Varriale (Istituto della Memoria in Scena - FI), Sergio e Tecla Introini, Massimo Ponchia (Rubano - PD), Monica Zoppè (PI), Roberto Galtieri, Presidente ANPI Belgique, Elio Nocerino, Camillo Boni, Ivo Batà(Fronte Palestina Milano), Francesca Iacobucci (Fronte Palestina Milano), Maria Cristina Bandeira Santos (Fronte Palestina Milano), Jonathan Chiesa (Coord. Com. "Altra Europa con Tsipras" - zona 9), Giovanni Sarubbi (direttore www.ildialogo.org)
Il diplomatico ha detto che il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Jen Psaki, sta travisando i fatti, quando dice che le armi nucleari americane in Europa sono "costantemente sotto il controllo degli USA e non vengono mai passate ad altri Stati".
"In realtà le cosiddette "missioni nucleari congiunte" della NATO prevedono la partecipazione dei paesi non nucleari dell'alleanza alla pianificazione nucleare e all'addestramento delle truppe all'uso delle armi nucleari che viene effettuato adoperando aerei, equipaggi, infrastruttura aeroportuale e servizi di terra degli Stati in questione", — ha spiegato Lukashevich, precisando che le ultime esercitazioni di questo tipo, Steadfast Noon, sono state svolte in autunno dell'anno scorso in Italia.
Lukashevich ha fatto ricordare che l'Articolo 1 del Trattato di non proliferazione proibisce agli Stati nucleari di passare a chiunque, in modo diretto o indiretto, il controllo degli armamenti e degli altri congegni nucleari esplosivi, mentre l'Articolo 2 impone ai paesi non nucleari il divieto di assumere tale controllo esplicitamente o in modo indiretto, da chiunque sia ceduto.
En francais: Le boom de l’industrie de guerre
Par Manlio Dinucci, Il Manifesto / Mondialisation.ca, 17 mars 2015
http://www.mondialisation.ca/le-boom-de-lindustrie-de-guerre/5437240
L’Italia – il cui export militare è cresciuto di oltre il 30% in cinque anni e aumenterà ulteriormente grazie alla riconversione di Finmeccanica [ http://www.ilmanifesto.info/renzi-gioca-alla-battaglia-navale/ ]dal civile al militare – è quindi l’ottavo esportatore mondiale di armamenti, che fornisce soprattutto a Emirati Arabi Uniti, India e Turchia.
Principali importatori mondiali sono India, Arabia Saudita, Cina, Emirati Arabi Uniti, Pakistan, Australia, Turchia, Stati Uniti (che importano armamenti tedeschi, britannici e canadesi). In forte aumento l’import militare delle monarchie del Golfo (71% in cinque anni), e in generale del Medioriente (54%), e quello dell’Africa (45%).
Nessuno conosce però il reale volume e valore dei trasferimenti internazionali di armi, diversi dei quali avvengono in base a transazioni politiche. Il tutto sotto il paravento del Trattato sul commercio di armamenti, varato solennemente dall’Onu due anni fa.
Questa è solo la punta dell’iceberg della produzione di armamenti, per la maggior parte destinata alle forze armate degli stessi paesi produttori.
In testa gli Stati Uniti, che stanziano (stando alle sole cifre del budget del Pentagono) circa 95 miliardi di dollari annui per l’acquisto di armamenti: una enorme quantità di denaro pubblico che, riversata nelle casse delle maggiori industrie belliche Usa (Lockheed-Martin. Boeing, Raytheon, Northrop Grumman, General Dynamics, United Technologies), permette loro di collocarsi al primi posti su scala mondiale.
Poiché il business delle armi aumenta man mano che crescono le tensioni e le guerre, l’esplosione della crisi ucraina e il conseguente confronto Nato-Russia hanno rappresentato una fortuna per i grossi azionisti delle industrie belliche statunitensi ed europee.
Nell’esercitazione Nato che si svolge questo mese in Polonia, gli Usa schiereranno una batteria di missili Patriot «quale deterrente all’aggressione sul fianco orientale». In realtà soprattutto perché la Polonia deve decidere entro l’anno se acquistare i missili Patriot, prodotti dalla statunitense Raytheon, o quelli analoghi del consorzio franco-italiano Eurosam: un affare da 8 miliardi di dollari, nel quadro di uno stanziamento di 42 miliardi (quasi 40 miliardi di euro) deciso da Varsavia per potenziare le sue forze armate. La Polonia intende anche acquistare tre nuovi sottomarini da attacco, armandoli di missili da crociera (a duplice capacità convenzionale e nucleare) forniti dalla Raytheon o dalla francese Dcns.
Stesso business in Ucraina: Washington ha annunciato una nuova fornitura a Kiev, da 75 milioni di dollari, di materiali militari «non-letali», tra cui centinaia di blindati «non-armati» che possono essere facilmente armati con sistemi prodotti in Ucraina o importati. Poroshenko ha annunciato, il 13 marzo, che il governo di Kiev ha firmato contratti per importare «armi letali» da 11 paesi dell’Unione europea, tra cui certamente l’Italia. In piena attività anche le industrie belliche russa e cinese.
Per controbilanciare la forza navale Usa, che dispone di circa 300 navi da guerra comprese 10 portaerei, la Russia sta costruendo simultaneamente quattro sottomarini nucleari e la Cina si sta dotando di una seconda portaerei prodotta nazionalmente. Così il mondo fabbrica gli strumenti della sua distruzione.
Manlio Dinucci, su Il Manifesto del 24.3.2015
Washington ce l’ha messa tutta per impedire che i suoi alleati entrassero nella Banca d'investimenti per le infrastrutture asiatiche (Aiib), creata dalla Cina, ma non ce l’ha fatta: Gran Bretagna, Germania, Francia e Italia (4 dei membri del G7) hanno aderito e altri, compresa l’Australia, seguiranno.
A preoccupare Washington è il progetto complessivo in cui rientra l’Aiib. Esso ha come epicentro l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (Sco): nata nel 2001 dall’accordo strategico cino-russo per controbilanciare la penetrazione Usa in Asia Centrale, si è estesa all’ambito economico, energetico, culturale e ad altri. Ai sei membri (Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan) si sono aggiunti, per ora in veste di osservatori, India, Iran, Pakistan, Mongolia e Afghanistan e, come partner di dialogo, Bielorussia, Sri Lanka e Turchia. La Sco, che comprende un terzo della popolazione mondiale e salirà a circa la metà quando ne faranno parte gli attuali paesi osservatori, dispone di risorse e capacità lavorative tali da farne la maggiore area economica integrata del mondo.
La Sco è collegata al Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), che ha deciso di creare una propria Banca per lo sviluppo e un proprio Fondo di riserva. Questi organismi finanziari e la Banca asiatica possono col tempo soppiantare in gran parte la Banca mondiale e il Fmi che, per 70 anni, hanno permesso agli Usa e alle maggiori potenze occidentali di dominare l’economia mondiale attraverso i prestiti-capestro ai paesi indebitati e altri strumenti finanziari.
I nuovi organismi possono allo stesso tempo realizzare la dedollarizzazione degli scambi commerciali, togliendo agli Stati uniti la capacità di scaricare il loro debito su altri paesi stampando carta moneta usata cone valuta internazionale dominante, anche se la convertibilità del dollaro in oro, stabilita nel 1944 a Bretton Woods, ha avuto fine nel 1971. Più affidabili come valuta internazionale sono altre monete, come il renminbi cinese: Londra sta per diventare la base per lo sviluppo di strumenti finanziari denominati in renminbi.
Non potendo contrastare con strumenti economici tale processo, che accelera il declino degli Stati uniti restati finora la maggiore potenza economica mondiale, Washington getta la spada sul piatto della bilancia. Rientra in tale strategia il putsch di piazza Maidan che, creando un nuovo confronto con la Russia, ha permesso agli Usa di rafforzare ulteriormente la Nato, principale strumento della loro influenza in Europa.
Nella stessa strategia rientra il crescente spostamento di forze militari Usa nella regione Asia/Pacifico in funzione anticinese. Emblematica la strategia per «la potenza marittima del 21° secolo», appena pubblicata dalla U.S. Navy. Essa sottolinea che l’importanza economica di questa regione, dove è in corso «l’espansione navale» della Cina, «impone di fare crescente affidamento sulle forze navali per proteggere gli interessi statunitensi», tanto che «nel 2020 sarà concentrato nella regione circa il 60% delle forze navali e aeree della U.S. Navy».
Le potenze europee, mentre aderiscono per interesse economico alla Banca asiatica creata dalla Cina, collaborano alla strategia Usa per impedire con la forza militare che la Cina, insieme alla Russia, sovverta l’attuale «ordine economico» mondiale. Il gruppo franco-tedesco-spagnolo Airbus creerà una rete satellitare militare sulla regione Asia-Pacifico. E la Francia, che ha scavalcato la Gran Bretagna quale più stretto alleato Usa, ha inviato nel Golfo la nave ammiraglia Charles de Gaulle, ponendola sotto comando Usa.