Informazione
2) Trieste: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba / Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»
http://ukraineantifascistsolidarity.wordpress.com/2014/11/17/london-antifascists-gather-to-protest-remembrance-of-ukrainian-war-time-nazi-collaborators/
http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=488:il-tragico-anniversario-di-talerhof&catid=2:non-categorizzato
- Scritto da Georgij Poljakov
"Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato ".
William Faulkner, Requiem per una monaca
Sono passati un centinaio di anni da quando è stato creato il primo campo di concentramento in Europa (1): in Galizia, destinato ai russi e ai credenti ortodossi.
Il 4 Settembre 2014 ha segnato il centenario della tragedia dei campi di concentramento di Talerhof [Thalerhof] e Terezin [Theresienstadt], dove decine di migliaia di vittime hanno trovato una morte violenta, martirizzati per la loro fede ortodossa, per il rifiuto di tradire le proprie convinzioni, per il rifiuto di chiamarsi ucraini.
L'Anno 2014 – carico di presentimenti e di violenza – coincide in modo molto simbolico con due anniversari tragici della nostra storia; cento anni dall'inizio della prima guerra mondiale, e cento anni da quando il sangue dei martiri è stato versato nei campi di concentramento di Terezin e Talerhof. Sì, il 4 settembre 1914, quando cancelli dell'inferno di Talerhof si sono spalancati, è diventato un giorno di dolore, non solo per i russini ortodossi della Transcarpazia, vittime di una tirannia orribile per mano dei servi del Vaticano, ma per l'intero universo russo nel suo complesso. Non è un puro caso che la prima mega-guerra e il primo campo di concentramento abbiano contaminato contemporaneamente la nostra esistenza, come due corna di Satana: l'improvviso attacco infido che ha portato allo sterminio di creature di Dio su scala inimmaginabile. La guerra e il campo – creati nella stessa fabbrica, con sede negli inferi, sono divenuti i principali strumenti di annientamento della razza umana nell'era industriale.
Nel 1914-1917 il governo dell'Austria-Ungheria, con il sostegno esplicito della Germania e con la partecipazione diretta della Polonia, si è impegnato nello sterminio sistematico delle popolazioni ortodosse di Transcarpazia, Galizia e Bucovina. I ricercatori hanno stimato che la popolazione russina dell'Impero austro-ungarico contrava tra 3,1 e 4,5 milioni di persone all'inizio del XX secolo. Queste persone sono state sottoposte alle peggiori persecuzioni, scherni, umiliazioni, torture e orribili stragi. Decine di migliaia di russini hanno pagato con la vita la loro fedeltà alla loro fede e al loro patrimonio, per il loro diritto a rimanere russi.
La seconda metà del XIX secolo aveva visto la rinascita della cultura russina in Austria-Ungheria. Il popolo ancora una volta divenne consapevole del proprio posto in una cultura pan-russa, di appartenere a un indivisibile universo – dalla Kamchatka alle montagne dei Carpazi russi. In realtà, la leadership delle organizzazioni nazionali russine in Bucovina, Galizia e Transcarpazia era nelle mani dei partigiani dell'idea di una "grande" Russia unita. Chiamare se stessi o altri "ucraini" non era un dato etnico, ma piuttosto una sorta di etichetta politica, che descriveva la minoranza anti-russa.
I governanti dell'impero austro-ungarico, profondamente preoccupati da un'improvvisa rinascita dell'Ortodossia, risposero con arresti di massa tra i russi di Transcarpazia e Bucovina. Come antidoto ai sentimenti filo-russi il governo imperiale aveva creato, e quindi incoraggiato, la crescita della cosiddetta "scoperta etnica di sé" – le nozioni di etnicità "ucraina" e di nazione ucraina tra le parti della popolazione sensibili a tale sovversione. Gli "ucraini" sono stati così creati da menti polacche e austriache come mezzo per spostare i fedeli ortodossi verso una variante artificiale del cattolicesimo e un nuovo linguaggio "ucraino" creato artificialmente. Ma i campi di concentramento di Terezin e Talerhof hanno mostrato il vero volto della '"illuminata" reazione cattolica europea alla rinascita della fede ortodossa nel loro cortile. Questa è stata la reazione del prototipo della moderna Unione Europea, non ancora coperta dalla foglia di fico della "tolleranza" e simili inutili verbosità, contro la rinascita dell'universo russo, la Terza Roma scelta da Dio, la Santa Rus'.
Nel libro scritto da Javorskij, dal titolo "Il terrore in Galizia nel 1914-15", leggiamo questa terribile testimonianza: "Arrestavano chiunque, senza un giusto processo, chiunque si definiva russo, che portava un nome russo; chiunque teneva, anche in segreto, un giornale russo, un libro, un'icona o addirittura una cartolina. Hanno arrestato allo stesso modo intellettuali o contadini, uomini o donne, anziani o bambini, malati o sani. I loro obiettivi principali erano, ovviamente, i chierici ortodossi, i sacerdoti – quei capi disinteressati di congregazioni, "il sale della terra", l'essenza delle terre galiziano-russe. Hanno sostenuto il peso della crudeltà – tormentati, torturati, derisi, incessantemente inviati di prigione in prigione, a morire di fame e di sete, picchiati fino a quando perdevano i sensi, incatenati, giustiziati per fucilazione o per impiccagione... innumerevoli vittime innocenti, sofferenze senza limiti, il martirio di bagni di sangue, fiumi di lacrime degli orfani".
Questo è stato un genocidio, una pulizia etnica diretta ai russi, agli ortodossi. Avevano luogo su base regolare rastrellamenti di interi villaggi, uomini, donne, anziani, bambini... Oltre 100.000 russini etnici sono stati fisicamente sterminati dall'Impero. È un fatto significativo che, fino all'inverno del 1915, il campo di concentramento di Talerhof non aveva caserme. I detenuti hanno vissuto i loro ultimi giorni a cielo aperto, con sole, pioggia o neve. Sono stati impiccati, fucilati o uccisi a colpi di baionetta. Prima delle esecuzioni sono stati sottoposti a orribili torture - dita, labbra, orecchie tagliate. Altri 150.000 sono morti negli stessi campi – non per le esecuzioni, ma di malattia, freddo e fame. Centinaia di migliaia sono riusciti a fuggire andando in esilio. L'unico "crimine" di chi era perseguitato: il rifiuto di diventare "ucraini", il rifiuto di riconoscere il papa come loro sovrano, il rifiuto di tradire la loro fedeltà alla fede ortodossa, all'etnia e alla lingua russa.
Questo terribile crimine non è qualcosa che all'Europa moderna piace ricordare. Uno dei pochi memoriali, una lapide nel cimitero Lichakovskij a Leopoli, ha inciso sulla pietra: "Alle vittime di Talerhof – Rus' galiziana". Allora, la Russia non era intervenuta per salvare la vita dei propri fratelli in Ucraina occidentale. Ora, un secolo dopo, la storia si ripete; gli eventi seguono il vecchio scenario familiare di un'imminente tragedia. La guerra e i campi [di filtrazione], come due corna, puntano ancora una volta su vittime familiari, identificate da due tratti – russi e ortodossi. Nei mille anni del permanente stato di guerra tra ortodossia e cattolicesimo, Oriente e Occidente, Cristo e Anticristo, il secolo scorso è stato il più sanguinoso di tutti. Mentre scriviamo queste righe, orde di nuovi Cainsi, ucraini fratricidi e posseduti, stanno versando il sangue dei loro fratelli nel Donbass, e nuovi campi di filtraggio sono in costruzione a Zhdanovka (regione di Donetsk) e Martynovka (nei pressi di Nikolaev). Secondo le dichiarazioni ufficiali, queste allusive strutture, circondate da alte mura e filo spinato, sono destinate a "ospitare temporaneamente gli immigrati clandestini." Ma Mikhail Koval, un generale di alto rango dell'esercito ucraino, ha dichiarato pubblicamente un obiettivo diverso: "Effettueremo una filtrazione completa della popolazione. Dovremo utilizzare alcune tecniche di filtrazione per assicurarci che nessuno, comprese le donne, che nutra simpatie separatiste rimanga... Naturalmente separeremo gli uomini e le donne per il trattamento .... Dopo la filtrazione re-insedieremo quelli ritenuti affidabili in regioni remote... Daremo un'occhiata da vicino anche a tutti i partecipanti alla "guerra delle informazioni". Le nostre forze speciali compiranno la ricerca dei computer, dei collegamenti telefonici, degli amici ... "
Così il 1914 si ripete. La Russia troverà questa volta la forza spirituale e il coraggio di alzarsi e fermare l'attacco da parte delle forze delle tenebre? Il giorno del nostro giudizio dipende dal risultato.
Nota
(1) In Europa, ma non nel mondo: i primi 'campi di concentramento' moderni sono stati stabiliti dagli inglesi durante la seconda guerra boera.
Traduzione Padre Ambrogio - da ortodossiatorino
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/53659446/53659702/
Ephraim Zuroff principale cacciatore di criminali nazisti, getta una grave accusa sulla nuova dirigenza ucraina
Il regime nazionalista e russofobo installatosi a Kiev con il golpe di febbraio continua la sua opera di revisione della storia dell'Ucraina cancellando feste e celebrazioni ereditate dall'epoca sovietica ed improntate ad un sentimento antifascista e sostituendole con nuove giornate dedicate ai leader e ai movimenti ultranazionalisti che negli anni '40 del secolo scorso collaborarono attivamente con gli invasori tedeschi e sparsero il terrore nel paese dando la caccia a comunisti, antifascisti, russi ed esponenti delle minoranze. Naturalmente il sistema d'istruzione ucraino non poteva rimanere immune da quest'ondata revisionista, con il governo che ha deciso di cancellare la dizione di 'grande guerra patriottica' in riferimento alla resistenza dei popoli dell'Unione Sovietica - Ucraina compresa - contro i nazifascisti. Di seguito la notizia per come è stata riportata dall'agenzia di stampa Interfax:
Il Ministero dell'Istruzione e della Scienza dell'Ucraina appoggia pienamente l'idea dell'Istituto della Memoria Nazionale di sostituire la dizione "Grande Guerra Patriottica" con "Seconda Guerra Mondiale", ha detto il Ministro dell'Istruzione Sergej Kvit.
"Personalmente lo sostengo, perché il mondo intero lo considera una tragedia. Si tratta della Seconda guerra mondiale. Per l'Ucraina quella non fu una Grande Guerra Patriottica. L'Ucraina fu vittima di una contesa tra stati totalitari. Naturalmente, i libri di testo attuali, quelli che sono, sono. Stiamo parlando dei nuovi libri di testo. E' una questione che riguarda gli storici; non si tratta del fatto che un funzionario incarica un altro di non far menzione. E' una questione che pongono gli storici. Verranno organizzati concorsi e ne usciranno i libri di testo", ha detto Kvit ai giornalisti, mercoledì, prima di iniziare la riunione di governo.
Alla vigilia il direttore dell'Istituto ucraino della Memoria Nazionale Vladimir Vyatrovic ha detto all'ucraina "Vesti", che dai libri di testo scolastici saranno rimosse "tutte le conseguenze della propaganda sovietica" e, soprattutto, "il mito della Grande Guerra Patriottica".
"Per noi, la seconda guerra mondiale è iniziata il 1 settembre 1939, e non abbiamo alcun diritto di restringerla alla Grande Guerra Patriottica – essa è stata molto peggiore e più tragica di quanto abbia cercato di dimostrare la propaganda sovietica" - ha detto Vyatrovic.
Una fonte del Ministero della Pubblica Istruzione ha dichiarato che "i programmi stanno già cambiando, ma per i nuovi libri di testo per ora non ci sono i sono soldi."
"Vesti" ricorda che con il presidente Viktor Yushchenko, il termine "Grande Guerra Patriottica" era già stato abolito, ma con Viktor Yanukovic era di nuovo comparso nei libri di testo.
fonte: Interfax.ru (Traduzione di Fabrizio Poggi)
In Ucraina occidentale esortano a non frequentare la Chiesa del Patriarcato di Mosca
http://comunicati.russia.it/in-ucraina-occidentale-esortano-a-non-frequentare-la-chiesa-del-patriarcato-di-mosca.html
7/10/2014 – Nella regione di Rivne nel quadro della campagna anti-russi i radicali stanno iniziando un’azione punitiva contro il clero.
Studenti ed insegnanti dell’Università nazionale ucraina "Accademia Ostrozhkij" hanno distribuito volantini che invitavano a non visitare le chiese sono la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa. I radicali stanno preparando un'azione punitiva diretta contro questi rappresentanti del clero.
- Ogni centesimo lasciato alla Chiesa del Patriarcato di Mosca è una pallottola per un soldato ucraino! Ucraina! Ogni candela accesa in una chiesa di Mosca è un bruciato vivo come tuo marito, fratello o sposo! viene detto in un volantino.
I radicali hanno avvertito i fedeli che il 14 ottobre nella regione si terranno azioni punitive contro il clero delle chiese del Patriarcato di Mosca. Tra l'altro, in quel giorno i cristiani ortodossi celebrano la grande festa della Protezione del Velo della Santa Vergine. Nelle chiese della Chiesa ortodossa russa e in tutto il mondo tradizionalmente si svolgo funzioni religiose pubbliche e processioni.
Ricordiamo come in Ucraina ci sono tre Chiese ortodosse, di cui solo una è canonica, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Le altre due la Chiesa del Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina da quasi 30 anni chiedono il riconoscimento ufficiale in tutto il mondo cristiano.
FONTE: http://lifenews.ru/news/142197
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Indottrinamento razzista dei bambini da parte della parlamentare Irina Farion
19/ott/2014 – Irina Farion, membro del parlamento ucraino e del partito filo nazista "Svoboda", entra in una scuola materna di Leopoli ed esorta i bambini di 3/4 anni ad usare i loro nomi in un modo "ucraino". "Tu sei Olena, non Aliona. Se vuoi essere Aliona, dovresti preparare le valigie ed andartene in Russia" - Dice la Farion ad una bambina. A marzo 2014, la nazista Farion è stata presa in considerazione per l'incarico di Ministro degli Affari Culturali dell'Ucraina.
Bandera, uno dei leader del movimento ultra-nazionalista Ucraino durante la seconda guerra mondiale, i cui membri collaborarono con i nazisti ed "operarono" nel campo di concentramento "Babi Yar" di Kiev, viene adesso chiamato "Eroe dell'Ucraina".
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/712083102206280
Gorlovka 1941-2014
Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 15/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/725213800893210
<< Continua la "tregua" nel Donbass, e con essa la strage dei bambini: a Gorlovka, nella Rep. Popolare di Donetsk, in seguito ai bombardamenti con i mezzi di artiglieria pesante GRAD, ieri sera sono state uccise sei persone, tra cui una bambina di quattro anni e un ragazzino di nove anni.
I fascisti ucraini hanno come sempre accade preso di mira quartieri residenziali, per contrinuare a disseminare morte e terrore tra la popolazione civile.
Per chi sottovaluta o irride il riferimento all'antifascismo della resistenza del Donbass, ricordiamo che queste zone furono teatro di durissimi combattimenti tra i sovietici e le truppe nazifasciste. Nel dettaglio, proprio la città di Gorlovka nell'autunno del 1941cadde sotto l'occupazione del Corpo di Spedizione Italiano in Russia, poi confluito nell'ARMIR, nella scellerata e criminale operazione di Mussolini contro l'URSS. >>
Fonti: http://itar-tass.com/mezhdunarodnaya-panorama/1574330
TESTO E VIDEO: http://www.tribunaitalia.it/2014/11/15/ucraina-donbass-bombardamenti-a-gorlovka-nuovi-morti-a-nord-di-donetsk-video-foto/
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Kiev distrugge intenzionalmente le chiese ortodosse del Donbass
29/11/2014 – Gli occupanti ucraini distruggono in modo mirato le chiese ortodosse del Donbass. Di questo informa, parlando in una conferenza stampa a Donezk, il vice-presidente del Supremo Consiglio della Repubblica popolare Denis Pushilin
Il vice presidente ha sottolineato che, dall'inizio delle operazioni punitive sul territorio del Donezk sono state distrutte, in tutto o in parte, 62 chiese di proprietà della Chiesa Ortodossa Ucraina del patriarcato di Mosca.
Pushilin ha sottolineato come questi dati il governo della RPD li abbia forniti al Metropolita di Donezk e Mariupol Ilarion, che si è rivolto alla dirigenza della RPD con la richiesta di evacuazione delle campane.
In precedenza, in rete, con riferimento a fonti presso la sede della «ATO» si ha avuto informazioni sull’ordine di distruzione delle chiese nel Donbass, allo scopo di costringere gli abitanti locali a sentire la loro «natura sbagliata» e sentirsi «abbandonati da Dio», ricorda il sito antifashist.com.
Fonte: http://novorossia.su/ru/node/10227
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Speciale Pandora TV (9/12/2014)
La sconcertante educazione al patriottismo in una scuola a Mykolaïv, Ucraina occidentale. Con il commento di Giulietto Chiesa.
http://www.pandoratv.it/?p=2461
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=TXhI0My9CSY
Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.
È un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, che potrebbe essere fortemente ridotto se l’Italia uscisse dalla Nato.
L’Alleanza Atlantica persegue una strategia espansionistica e aggressiva.
Dopo la fine della guerra fredda, ha demolito con la guerra la Federazione Jugoslava; ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia; ha occupato militarmente l’Afghanistan; ha demolito con la guerra la Libia e tentato di fare lo stesso con la Siria.
Ha addestrato forze neofasciste e neonaziste ucraine, organizzando il putsch di piazza Maidan che ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo pericoloso confronto con la Russia.
Ha iniziato a proiettare le sue forze militari nell’Oceano Indiano nel quadro di una strategia che mira alla regione Asia-Pacifico, provocando un confronto militare con la Cina.
In tale quadro, le forze armate italiane vengono proiettate in paesi esterni all’area dell’Alleanza, per missioni internazionali che, anche quando vengono definite di «peacekeeping», sono guerre finalizzate alla demolizione di interi Stati (come già avvenuto con la Federazione Jugoslava e la Libia).
Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.
L’appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.
La più alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.
L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.
Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.
L’Italia, uscendo dalla Nato, riacquisterebbe la piena sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.
Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO.
LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE.
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(VERSIONE IN INGLESE)
Why we must get out of NATO
Italy, as part of NATO, must allocate an average of $65 million a day to military spending, according to official NATO data, although the number according to SIPRI is $90 million per day. According to the commitments made by the government in the framework of the Alliance, Italian military spending will increase to over $120 million per day (100 million euro). This is a huge outlay of public funds that decreases funds available for social services. This loss could be greatly reduced if Italy were to get out of NATO.
The Atlantic Alliance pursues an expansionist and aggressive strategy. After the end of the Cold War, NATO led a war that demolished the Yugoslav Federation; it has incorporated all the countries of the former Warsaw Pact, three from the former Soviet Union and two from the former Yugoslavia; it has militarily occupied Afghanistan; and NATO has waged a war that demolished Libya and tried to do the same with Syria.
NATO has trained Ukrainian neo-fascist and neo-Nazi forces, while organizing the Maidan Square putsch that brought Europe to a situation similar to that of the Cold War, causing a new dangerous confrontation with Russia. NATO started to project its military forces in the Indian Ocean as part of a strategy aimed at the Asia-Pacific, provoking a military confrontation with China.
In this framework, the Italian armed forces are deployed to countries outside the Alliance for international missions. Even when these are defined as “peacekeeping,” they are wars aimed at the demolition of entire states (as was the case with the Yugoslav Federation and Libya).
If Italy gets out of NATO, it would extract itself from this strategy of permanent war, which violates our Constitution — in particular Art. 11 — and damages our real national interests.
NATO membership deprives the Italian Republic of its ability to make autonomous choices for foreign and military policy, democratically adopted by Parliament on the basis of Constitutional principles. The highest military post of NATO, that of Supreme Allied Commander in Europe, is always filled by a U.S. general appointed by the president of the United States. And the other key NATO commands are entrusted to senior U.S. officials. Thus NATO is under the command of the United States, which uses it for its own military, political and economic ends.
NATO membership reinforces Italy’s subjection to the United States, exemplified by the network of U.S./NATO military bases in our country that has turned our country into a U.S. aircraft carrier in the Mediterranean. Particularly serious is the fact that, on some of these bases there are U.S. nuclear bombs and that Italian pilots are also trained how to use them. Italy thus violates the Non-Proliferation Treaty, which it has signed and ratified.
By getting out of NATO, Italy would regain its full sovereignty: it would then be able to act as a bridge of peace both to the South and toward the East.
Support the campaign to get Italy out of NATO.
PEACE NEEDS YOU, TOO.
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(Translation: John Catalinotto)
PASSATO, presente e futuro del movimento CONTRO LA GUERRA
EDT | solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
02/12/2014
Il 2 dicembre 1914, Karl Liebknecht, deputato socialdemocratico (SPD), è l'unico a votare contro i crediti di guerra al Reichstag, il Parlamento tedesco.
Il 4 agosto precedente, si era levato per la prima volta contro questi prestiti denunciando il carattere imperialista della guerra iniziata. Ma, conformandosi alla disciplina del gruppo socialdemocratico, non aveva votato contro.
Dopo 4 mesi di macelleria, Liebknecht supera l'ostacolo ed esprime il suo voto contrario, con un atto di grande coraggio che diventa storico. Egli rompe con la Sacra Unione tedesca e smentisce la SPD, unendosi al Partito socialdemocratico russo, guidato da Lenin, e ad alcuni dirigenti di partiti socialisti europei nel rifiuto e nella denuncia della guerra imperialista, conformandosi alle risoluzioni, calpestate dagli apparati riformisti dell'Internazionale socialista, tra cui quelle del Congresso straordinario di Basilea del novembre 1912 in cui si legge:
"Se viene minacciata una guerra, è un dovere della classe operaia dei paesi coinvolti, è un dovere dei loro rappresentanti in Parlamento, con l'assistenza dell'Ufficio internazionale, di compiere ogni sforzo per impedire la guerra con tutti i mezzi che si ritengono più opportuni e che variano naturalmente dall'acutezza della lotta di classe e dalla situazione politica generale. Qualora la guerra scoppiasse comunque, essi hanno il dovere di interferire per farla cessare rapidamente e usare con tutta la loro forza la crisi politica ed economica creata dalla guerra, per mobilitare gli strati popolari più profondi e affrettare la caduta del dominazione capitalista".
Riportiamo nel seguito la traduzione dell'intervento Karl Liebknecht nel Reichstag il 2 dicembre 1914. Nel 1916 fu imprigionato. Con Rosa Luxemburg e altri, il 1° gennaio 1919 Liebknecht stava per fondare, e diventare dirigente, del Partito comunista tedesco (KPD). Il 15 gennaio 1919, saranno entrambi vilmente e brutalmente assassinati durante la rivolta Spartachista dalle forze di repressione guidate dal socialdemocratico Noske.
Dichiarazione di Karl Liebknecht al Reichstag il 2 dicembre 1914
"Motivo il mio voto al progetto che ci è oggi sottoposto nel modo seguente.
"Questa guerra, che nessuna delle popolazioni coinvolte ha voluto, non è scoppiata per il bene del popolo tedesco o di altri popoli. Questa è una guerra imperialista, una guerra per la dominazione capitalista del mercato mondiale e per il dominio politico dei paesi importanti per portarvi il capitale industriale e bancario. Dal punto di vista del rilancio degli armamenti, è una guerra preventiva causata congiuntamente dai partiti della guerra tedeschi e austriaci nella oscurità del semi-assolutismo e della diplomazia segreta.
"E' anche un'impresa di carattere bonapartista tendente a demoralizzare, a distruggere il movimento operaio in crescita. E' quello che hanno dimostrato, con chiarezza sempre maggiore e, nonostante una cinica messa in scena destinata ad indurre in errore le coscienze, gli eventi degli ultimi mesi.
"La parola d'ordine tedesca: 'contro lo zarismo', proprio come la parola d'ordine inglese e francese: 'contro il militarismo', è servita come mezzo per attivare gli istinti più nobili, le tradizioni e le speranze rivoluzionarie del popolo a vantaggio dell'odio contro i popoli. Complice dello zarismo, la Germania, fino a ora modello della reazione politica, non ha nessuna qualità per svolgere il ruolo di liberatrice dei popoli.
"La liberazione del popolo russo, come del popolo tedesco deve essere l'opera di questi popoli stessi.
"Questa guerra non è una guerra difensiva per la Germania. Il suo carattere storico e la sequenza degli avvenimenti ci vietano di fidarci di un governo capitalista, quando dichiara di chiedere i crediti per la difesa della patria.
"Una pace rapida e che non umili nessuno, una pace senza conquiste, questo è quello che bisogna esigere. Ogni sforzo diretto in questo senso deve essere ben accolto. Solo l'affermazione continua e simultanea di questa volontà in tutti i paesi belligeranti potrà fermare il sanguinoso massacro prima del completo esaurimento di tutte le popolazioni interessate.
"Solo la pace basata sulla solidarietà internazionale della classe operaia e sulla libertà di tutti i popoli può essere una pace duratura. E' in questo senso che il proletariato di tutti i paesi deve compiere, anche durante la guerra, uno sforzo socialista per la pace.
"Acconsento ai crediti fin tanto che siano richiesti per opere capaci di superare la miseria esistente, anche se li trovo del tutto inadeguati.
"Sono anche d'accordo con tutto ciò che è fatto in favore della sorte dei nostri fratelli sui campi di battaglia, in favore dei feriti e dei malati per i quali io sento la più ardente compassione. Anche in questo caso, niente che venga chiesto sarà troppo ai miei occhi.
"Ma la mia protesta va contro la guerra, contro quelli che ne sono responsabili, quelli che la dirigono; va alla politica capitalistica che l'ha generata; la mia protesta è diretta contro i fini capitalisti che la guerra persegue, contro i piani di annessione, contro la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo, contro la dittatura militare, contro l'oblio completo dei doveri sociali e politici di cui si rendono colpevoli, anche oggi, il governo e le classi dominanti.
"Ed è per questo che respingo la richiesta dei crediti militari."
Karl Liebknecht
Berlino, 2 dicembre 1914
La quantità di appelli e documenti che si stanno moltiplicando sin dalle prime settimane di settembre, appena alla ripresa dell'ordinaria attività politica, sulle questioni della guerra e della pace, colpisce per molti motivi. Innanzitutto, la reciproca auto-referenzialità: una tale quantità di prese di posizione corrisponde ad una analoga mole di sigle, reti e tavoli, che lasciano l'impressione di una fatica ad incontrarsi davvero, sul terreno dell'analisi e della sintesi e di conseguenza a confrontare le reciproche differenze, di orientamenti e proposte, e tentare una efficace convergenza. Poi, non secondaria per importanza, la ricerca della via breve: il tentativo cioè di scavalcare le differenze mantenendo sul generico le prese di posizione e di giudizio, con l'obiettivo di offrire un ambiente accogliente per il numero più ampio di soggetti, evitando però, al tempo stesso, la fatica di confrontarsi nel merito e la chiarezza delle posizioni da assumere e da proporre pubblicamente.
Queste contraddizioni possono certo essere il prodotto dell'ambizione di conciliare le differenze e di costruire reti inclusive, con l'obiettivo di ricomporre ad unità, quanto più larga e rappresentativa possibile, le forze, ampiamente divise e frammentate, di quello che una volta chiamavamo “movimento per la pace e contro la guerra” o, più chiaramente, “contro la guerra senza se e senza ma”. Obiettivo giusto e necessario, per una ricomposizione strategica ed inderogabile. L'interrogativo che nasce è piuttosto se questa strada, oltreché percorribile, sia anche efficace: se serva cioè evitare il confronto nel merito, la fatica dell'approfondire e dell'argomentare, e mettere tra parentesi differenze talvolta sostanziali, per conseguire lo scopo del “tutti in piazza, tutti insieme”. Gli esempi, d'altro canto, non mancano. Ha sollevato molta discussione, all'interno del movimento per la pace, l'appello che promuove la prossima “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre) che, pur ponendo alcuni obiettivi chiari (il riconoscimento del diritto umano alla pace, la risoluzione pacifica dei conflitti, il rafforzamento democratico delle istituzioni internazionali), non menziona nessuno degli scenari di guerra in corso e non esprime nessuna valutazione sul ruolo delle potenze occidentali, non ultima l'Italia, nei fronti di guerra aperti.
La manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre), nel suo appello, ha il merito di segnalare il no alla guerra e la difesa delle vittime come prioritari, insieme con gli obiettivi storici delle campagne nonviolente (soluzione politica dei conflitti, disarmo e difesa civile non armata e nonviolenta), ma basta scorrere l'elenco dei soggetti animatori per intravedere differenze non da poco sulla valutazione della situazione nei diversi fronti della nuova guerra mondiale, dalla Siria all'Ucraina.
A sinistra, sul versante politico, si riflettono tutte queste incertezze e contraddizioni. Il documento del gruppo di lavoro «Mediterraneo, Pace, Migranti, Relazioni Europee» de “L'Altra Europa” verso la manifestazione del 21 settembre, da una parte riconosce il ruolo nefasto delle potenze imperialiste e delle petro-monarchie del Golfo nell'addestrare e finanziare, in Siria e in ogni dove, ogni sorta di banda, dall'altra, si attarda nel rammarico per il «mancato appoggio ai democratici in Siria», senza specificare in cosa sarebbe dovuto consistere questo appoggio e quali forze democratiche si sarebbe dovuto appoggiare. Non di rado, anche le forze reputate “moderate” nell'opposizione al governo siriano hanno invocato l'intervento armato per scalzare l'odiato Assad, mentre oggi sembrano del tutto ai margini, specie all'indomani della saldatura tra diversi fronti jihadisti e dello sfaldamento della Coalizione Nazionale Siriana, eterogenea galassia, ben poco non-violenta, finanziata dagli Stati Uniti e dagli “Amici della Siria”, che come afferma, addirittura, “Repubblica” «si è rivelata incapace di rappresentare un'alternativa al governo di Damasco, anche soltanto dall’esilio».
Il doppio standard della politica euro-atlantica impedisce, purtroppo, di riconoscere che, in Siria, alle ultime elezioni parlamentari (maggio 2012) ha votato il 51% degli aventi diritto, mentre alle ultime elezioni presidenziali (giugno 2014) ha votato il 73%, di cui l'89% per il presidente uscente. Tutti “al soldo del regime”?
Occorrerebbe forse un minimo di attenzione e un minimo di coraggio in più, nell'approfondire le questioni collegandosi ai popoli che resistono all'aggressione dell'imperialismo, e nel sottrarsi ad un giudizio mainstreaming che, seppure comodo e confortante, quasi mai centra il punto e riesce a cogliere nel segno.
Gianmarco Pisa
Si fanno poi solo delle chiacchiere banali sul controllo del commercio degli armamenti. L'unico punto di una certa rilevanza all'interno di un documento – ripetiamo: sciatto e generico – è una presa di posizione contro il MUOS.
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Entro pochi giorni la decisione sul trasferimento in Italia del Memoriale di Auschwitz
Pubblichiamo integralmente il testo di un comunicato diffuso nella tarda mattinata del 21 ottobre 2014 dall'ANED.
La direzione del Museo statale del Lager di Auschwitz ha disposto dal luglio 2012 la chiusura del Blocco 21 del Lager che ospita il Memoriale ai deportati italiani realizzato per conto dell’Associazione degli ex deportati nel 1979 rendendolo inaccessibile al pubblico, e oggi ne ha ordinato lo smantellamento. Si tratta di un’eccezionale e innovativa opera d’arte, forse la prima multimediale contemporanea, frutto dell’ingegno e della passione di uomini di indiscusso valore internazionale, come Primo Levi, Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Nelo Risi, Pupino Samonà e altri.
L’Associazione che riunisce gli ex deportati, i familiari dei deportati uccisi e chi intende salvaguardare la memoria della deportazione denuncia che nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi ha ottemperato all’elementare dovere di difendere quell’opera d’arte, rilevante bene culturale che ha onorato l’Italia nel mondo, dal tentativo di una prevaricazione politica su un’opera di cultura. Una prevaricazione tanto più grave, in quanto attuata da un paese nostro partner nell'Unione Europea.
La libertà di pensiero e di espressione di cui godiamo nel nostro paese e in Europa discendono anche dal sacrificio e dal martirio degli 8000 ebrei e dei 32000 uomini e donne italiani deportati perché oppositori del fascismo e del nazismo, ma l’Italia nulla ha fatto contro una violazione dell’espressione artistica e della verità storica proprio là dove tanti deportati hanno sofferto e sono stati uccisi.
L’ANED, proprietaria esclusiva del Memoriale, ha rigettato e rigetta con riprovazione ogni tentativo di riscrivere la storia e ogni ipotesi di censura dell’opera, che va salvaguardata nella sua integrità, nel rispetto del progetto originario.
Preso atto con indignazione ed enorme rammarico dell’impossibilità indisponibilità della Direzione del Museo di Auschwitz di continuare a accogliere il Memoriale italiano proprio mentre si preparano le celebrazioni del 70° della liberazione, l’ANED ha in corso avanzati negoziati con la Presidenza del Consiglio, con la Regione Toscana e con alcuni Comuni per salvare il Memoriale trovandogli una nuova dignitosa collocazione in Italia, dove possa continuare a testimoniare la Memoria della Deportazione ed essere meta di pellegrinaggi, soprattutto da parte di scuole di ogni ordine e grado.
Rispettando i tempi imposti dalla direzione del Museo, che ha disposto lo smantellamento dell’opera entro il prossimo mese di novembre, l’ANED conferma che entro fine ottobre deciderà tra le diverse opzioni, con l’obiettivo di riallestire ed esporre nuovamente al pubblico l’opera al più presto, e comunque entro il 2015.
L’Aned rivendica il diritto dell’Italia a mantenere anche in avvenire una propria installazione al Blocco 21 del campo di Auschwitz e conferma il proprio inalienabile diritto di concorrere alla progettazione e alla realizzazione del nuovo allestimento, nel ricordo di tutti i deportati italiani.
La Presidenza Nazionale dell’ANED
http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2014/11/18/shoah-appello-dei-ricercator-salviamo-memoriale-italiano-auschwitz-foto_pQgervAmqE7YFDOvz0y96L.html?refresh_ce
No alla rimozione del memoriale italiano dal campo di sterminio di Auschwitz. A schierarsi senza mezzi termini per il mantenimento del Memoriale italiano nel Blocco 21 "elemento integrante dell'opera, che rischia di essere trasferito dalla sua sede naturale per volontà e decisione del Museo di Auschwitz, del governo Polacco e per il disinteresse del governo Italiano" l'Associazione Gherush92, Committee for Human Rights, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il consiglio Economico e Sociale delle nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani e risoluzione dei conflitti.
Secondo l'Associazione la rimozione del Memoriale "è un crimine contro l’umanità, una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani". "Il Memoriale Italiano - spiega all'Adnkronos Valentina Sereni, presidente di Gehrush92 - è la più importante e rappresentativa opera d’arte italiana del Novecento, il cui valore è riconosciuto, fra gli altri, dall’Accademia di Brera. E’ realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito Unesco 1979, ne fa parte integrante e, pertanto, è patrimonio mondiale dell’umanità".
"Non è un’istallazione museale temporanea - sottolinea - ma un’opera d’arte monumentale di importanza internazionale, plastica, pittorica, musicale, testuale ideata e realizzata da artisti di attestata esperienza e comprovata celebrità. Il suo contesto naturale, il Blocco 21 e il campo di Auschwitz, è parte dell’opera d’arte così come i testi, le pitture, la musica, l’architettura del monumento".
Il Memoriale in onore degli Italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, voluto dall’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, è stato realizzato grazie alla collaborazione di alcuni importanti nomi della cultura italiana del Novecento. Il progetto architettonico è dello studio BBPR e inserisce nelBlocco 21 di Auschwitz I una lunga spirale all’interno della quale il visitatore cammina come in un tunnel. La spirale è rivestita all’interno con una tela composta da 23 strisce dipinte da Pupino Samonà seguendo la traccia di un testo scritto da Primo Levi. Dalla passerella lignea che conduce il visitatore nel tunnel sale la musica di Luigi Nono, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. Nelo Risi contribuì alla realizzazione con la sua competenza di regista.
Secondo l'Associazione "l’idea stessa che il Museo di Auschwitz desideri rimuovere l’opera perché a suo avviso sarebbero oggi da privilegiare installazioni di natura descrittiva o pedagogica non dovrebbe entrare in conflitto con le installazioni del passato. Si rischia - avverte Sereni - di sconfinare in una deriva ideologica mai palesata a parole. Se la presenza della falce e martello nel Memoriale danno fastidio così come l’immagine di Antonio Gramsci lo si dicesse apertamente aprendo un dibattito sulla storia".
"Un dibattito - conclude Sereni - che potrebbe essere chiuso subito da due considerazioni che prescindono da qualsiasi valutazione sul socialismo reale: è innegabile che Auschwitz sia stato liberato dall’Armata Rossa e che Antonio Gramsci sia stato un perseguitato politico e uno dei principali intellettuali europei del ‘900".
La rimozione dell’opera d’arte dal suo naturale contesto, quindi, secondo l'Associazione, "equivale alla distruzione dell’opera stessa, creata per aggiungere ad un luogo della memoria l’ulteriore e dolorosa diretta testimonianza di artisti deportati nei campi di sterminio. Come si può ipotizzare di sfrattare le parole di Primo Levi da quel luogo? Come si può concepire che un capolavoro dell’arte contemporanea, il cui valore potrebbe essere paragonato alla Guernica di Picasso, possa essere estirpato dal solo e unico luogo in cui la sua efficacia artistica, storica, emotiva può essere esercitata?".
"Dal 2011 - ricorda la presidente di Gherush92 che nei giorni scorsi ha incontrato rappresentanti del governo polacco per bloccare la rimozione del Memoriale e ottenere la sua immediata riapertura al pubblico - è impedito l’accesso del pubblico all’opera. Tale inspiegabile censura - evidenzia Sereni - costituisce una forma di revisionismo storico di base politico-ideologica in un luogo dedicato alla memoria e il governo polacco dovrebbe tenere in considerazione che impedire l’accesso e la fruibilità dell’opera è una conclamata violazione dei Diritti Umani così come sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo".
Dicendosi "sconcertati dalla leggerezza con cui il governo Italiano sta gestendo la situazione" l'associazione chiede "che tutti i governi e le organizzazioni internazionali interessate si adoperino per l’immediata riapertura del Memoriale Italiano con la garanzia che l’installazione non sia rimossa ma al contrario sia considerata ciò che è: un’inestimabile opera della memoria patrimonio dell’umanità". Gherush92 si appella quindi al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, alla Corte Penale Internazionale, alla Corte Internazionale di Giustizia, all’Unesco, al Governo Polacco e al Governo Italiano affinché il Memoriale Italiano non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz
INVIA CON LA TUA FIRMA E I TUOI DATI ISTITUZIONALI IL SEGUENTE MESSAGGIO IN CHIARO (cioè come A), ai seguenti indirizzi: segrmin.gentiloni@...; centromessaggi@...; ambaroma@...
gherush92@... , Stefania.Quaglio@... , redazione.internet@... , erica.dadda@...
***
On.le Paolo Gentiloni
Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia
ambaroma@...
Premesso che:
- il Memoriale Italiano di Auschwitz ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell’opera d’arte;
- il Memoriale, e la sua collocazione nel Blocco 21, possiede un alto valore artistico, educativo e di testimonianza diretta;
- il Memoriale è stato ideato e realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito UNESCO 1979, e, facendone parte integrante, va considerato patrimonio mondiale dell’umanità;
- strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell’opera e del suo significato;
- i motivi ideologici e politici, che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano dati e responsabilità storiche, incontrovertibili, dello sterminio e della liberazione, di cui il Memoriale stesso è un documento;
- ravvedo nella rimozione del Memoriale violazioni dei Diritti Umani, del Diritto Internazionale, del Diritto di Proprietà Intellettuale e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nonché una violazione della Convenzione Internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici.
Chiedo che:
il Memoriale non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz, sua parte integrante, e che venga immediatamente riaperto al pubblico, restaurato e integrato con apparati didattici esplicativi e congrui.