Informazione

(english / italiano)

Da Talerhof a Gorlovka e ritorno. Hitler e Mussolini in Ucraina e Donbass

1) 4 settembre 1914-2014: Il tragico anniversario di Talerhof, primo campo di concentramento per i russi dell'Ucraina
2) La campagna di Russia di Mussolini (La Voce della Russia, 2011)
3) Ephraim Zuroff principale cacciatore di criminali nazisti, getta una grave accusa sulla nuova dirigenza ucraina 
4) L'Ucraina elimina la Grande Guerra Patriottica dai libri di testo
5) BREVI: In Ucraina occidentale esortano a non frequentare la Chiesa del Patriarcato di Mosca / Indottrinamento razzista dei bambini da parte della parlamentare Irina Farion / Gorlovka 1941-2014 / Kiev distrugge intenzionalmente le chiese ortodosse del Donbass / A scuola di nazismo in Ucraina


Vedi anche:

MUSSOLINI E HITLER IN RUSSIA, 1941
Cinegiornale d'epoca ci mostra Hitler e Mussolini in Donbass mentre visitano le truppe impegnate nella costruzione dell'Unione… (oops) del Nuovo Ordine Europeo

I BOIA UCRAINI
1) Misha, il "Boia di Bolzano" in Italia
2) Trieste: i “boia” ucraini della Risiera di San Sabba / Demjanjuk condannato: «Contribuì allo sterminio»

LONDON, NOV. 17, 2014: ANTIFASCISTS GATHER TO PROTEST REMEMBRANCE OF UKRAINIAN WAR TIME NAZI COLLABORATORS


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http://www.civg.it/index.php?option=com_content&view=article&id=488:il-tragico-anniversario-di-talerhof&catid=2:non-categorizzato

Il tragico anniversario di Talerhof

Scritto da Georgij Poljakov


"Il passato non è mai morto. Non è nemmeno passato ".

William Faulkner, Requiem per una monaca 

 

Sono passati un centinaio di anni da quando è stato creato il primo campo di concentramento in Europa (1): in Galizia, destinato ai russi e ai credenti ortodossi. 

 


Il 4 Settembre 2014 ha segnato il centenario della tragedia dei campi di concentramento di Talerhof [Thalerhof] e Terezin [Theresienstadt], dove decine di migliaia di vittime hanno trovato una morte violenta, martirizzati per la loro fede ortodossa, per il rifiuto di tradire le proprie convinzioni, per il rifiuto di chiamarsi ucraini.

L'Anno 2014 – carico di presentimenti e di violenza – coincide in modo molto simbolico con due anniversari tragici della nostra storia; cento anni dall'inizio della prima guerra mondiale, e cento anni da quando il sangue dei martiri è stato versato nei campi di concentramento di Terezin e Talerhof. Sì, il 4 settembre 1914, quando cancelli dell'inferno di Talerhof si sono spalancati, è diventato un giorno di dolore, non solo per i russini ortodossi della Transcarpazia, vittime di una tirannia orribile per mano dei servi del Vaticano, ma per l'intero universo russo nel suo complesso. Non è un puro caso che la prima mega-guerra e il primo campo di concentramento abbiano contaminato contemporaneamente la nostra esistenza, come due corna di Satana: l'improvviso attacco infido che ha portato allo sterminio di creature di Dio su scala inimmaginabile. La guerra e il campo – creati nella stessa fabbrica, con sede negli inferi, sono divenuti i principali strumenti di annientamento della razza umana nell'era industriale.

Nel 1914-1917 il governo dell'Austria-Ungheria, con il sostegno esplicito della Germania e con la partecipazione diretta della Polonia, si è impegnato nello sterminio sistematico delle popolazioni ortodosse di Transcarpazia, Galizia e Bucovina. I ricercatori hanno stimato che la popolazione russina dell'Impero austro-ungarico contrava tra 3,1 e 4,5 milioni di persone all'inizio del XX secolo. Queste persone sono state sottoposte alle peggiori persecuzioni, scherni, umiliazioni, torture e orribili stragi. Decine di migliaia di russini hanno pagato con la vita la loro fedeltà alla loro fede e al loro patrimonio, per il loro diritto a rimanere russi.

La seconda metà del XIX secolo aveva visto la rinascita della cultura russina in Austria-Ungheria. Il popolo ancora una volta divenne consapevole del proprio posto in una cultura pan-russa, di appartenere a un indivisibile universo – dalla Kamchatka alle montagne dei Carpazi russi. In realtà, la leadership delle organizzazioni nazionali russine in Bucovina, Galizia e Transcarpazia era nelle mani dei partigiani dell'idea di una "grande" Russia unita. Chiamare se stessi o altri "ucraini" non era un dato etnico, ma piuttosto una sorta di etichetta politica, che descriveva la minoranza anti-russa.

I governanti dell'impero austro-ungarico, profondamente preoccupati da un'improvvisa rinascita dell'Ortodossia, risposero con arresti di massa tra i russi di Transcarpazia e Bucovina. Come antidoto ai sentimenti filo-russi il governo imperiale aveva creato, e quindi incoraggiato, la crescita della cosiddetta "scoperta etnica di sé" – le nozioni di etnicità "ucraina" e di nazione ucraina tra le parti della popolazione sensibili a tale sovversione. Gli "ucraini" sono stati così creati da menti polacche e austriache come mezzo per spostare i fedeli ortodossi verso una variante artificiale del cattolicesimo e un nuovo linguaggio "ucraino" creato artificialmente. Ma i campi di concentramento di Terezin e Talerhof hanno mostrato il vero volto della '"illuminata" reazione cattolica europea alla rinascita della fede ortodossa nel loro cortile. Questa è stata la reazione del prototipo della moderna Unione Europea, non ancora coperta dalla foglia di fico della "tolleranza" e simili inutili verbosità, contro la rinascita dell'universo russo, la Terza Roma scelta da Dio, la Santa Rus'.

Nel libro scritto da Javorskij, dal titolo "Il terrore in Galizia nel 1914-15", leggiamo questa terribile testimonianza: "Arrestavano chiunque, senza un giusto processo, chiunque si definiva russo, che portava un nome russo; chiunque teneva, anche in segreto, un giornale russo, un libro, un'icona o addirittura una cartolina. Hanno arrestato allo stesso modo intellettuali o contadini, uomini o donne, anziani o bambini, malati o sani. I loro obiettivi principali erano, ovviamente, i chierici ortodossi, i sacerdoti – quei capi disinteressati di congregazioni, "il sale della terra", l'essenza delle terre galiziano-russe. Hanno sostenuto il peso della crudeltà – tormentati, torturati, derisi, incessantemente inviati di prigione in prigione, a morire di fame e di sete, picchiati fino a quando perdevano i sensi, incatenati, giustiziati per fucilazione o per impiccagione... innumerevoli vittime innocenti, sofferenze senza limiti, il martirio di bagni di sangue, fiumi di lacrime degli orfani".

Questo è stato un genocidio, una pulizia etnica diretta ai russi, agli ortodossi. Avevano luogo su base regolare rastrellamenti di interi villaggi, uomini, donne, anziani, bambini... Oltre 100.000 russini etnici sono stati fisicamente sterminati dall'Impero. È un fatto significativo che, fino all'inverno del 1915, il campo di concentramento di Talerhof non aveva caserme. I detenuti hanno vissuto i loro ultimi giorni a cielo aperto, con sole, pioggia o neve. Sono stati impiccati, fucilati o uccisi a colpi di baionetta. Prima delle esecuzioni sono stati sottoposti a orribili torture - dita, labbra, orecchie tagliate. Altri 150.000 sono morti negli stessi campi – non per le esecuzioni, ma di malattia, freddo e fame. Centinaia di migliaia sono riusciti a fuggire andando in esilio. L'unico "crimine" di chi era perseguitato: il rifiuto di diventare "ucraini", il rifiuto di riconoscere il papa come loro sovrano, il rifiuto di tradire la loro fedeltà alla fede ortodossa, all'etnia e alla lingua russa. 

Questo terribile crimine non è qualcosa che all'Europa moderna piace ricordare. Uno dei pochi memoriali, una lapide nel cimitero Lichakovskij a Leopoli, ha inciso sulla pietra: "Alle vittime di Talerhof – Rus' galiziana". Allora, la Russia non era intervenuta per salvare la vita dei propri fratelli in Ucraina occidentale. Ora, un secolo dopo, la storia si ripete; gli eventi seguono il vecchio scenario familiare di un'imminente tragedia. La guerra e i campi [di filtrazione], come due corna, puntano ancora una volta su vittime familiari, identificate da due tratti – russi e ortodossi. Nei mille anni del permanente stato di guerra tra ortodossia e cattolicesimo, Oriente e Occidente, Cristo e Anticristo, il secolo scorso è stato il più sanguinoso di tutti. Mentre scriviamo queste righe, orde di nuovi Cainsi, ucraini fratricidi e posseduti, stanno versando il sangue dei loro fratelli nel Donbass, e nuovi campi di filtraggio sono in costruzione a Zhdanovka (regione di Donetsk) e Martynovka (nei pressi di Nikolaev). Secondo le dichiarazioni ufficiali, queste allusive strutture, circondate da alte mura e filo spinato, sono destinate a "ospitare temporaneamente gli immigrati clandestini." Ma Mikhail Koval, un generale di alto rango dell'esercito ucraino, ha dichiarato pubblicamente un obiettivo diverso: "Effettueremo una filtrazione completa della popolazione. Dovremo utilizzare alcune tecniche di filtrazione per assicurarci che nessuno, comprese le donne, che nutra simpatie separatiste rimanga... Naturalmente separeremo gli uomini e le donne per il trattamento .... Dopo la filtrazione re-insedieremo quelli ritenuti affidabili in regioni remote... Daremo un'occhiata da vicino anche a tutti i partecipanti alla "guerra delle informazioni". Le nostre forze speciali compiranno la ricerca dei computer, dei collegamenti telefonici, degli amici ... "

Così il 1914 si ripete. La Russia troverà questa volta la forza spirituale e il coraggio di alzarsi e fermare l'attacco da parte delle forze delle tenebre? Il giorno del nostro giudizio dipende dal risultato.

Nota

(1) In Europa, ma non nel mondo: i primi 'campi di concentramento' moderni sono stati stabiliti dagli inglesi durante la seconda guerra boera.

 

Traduzione Padre Ambrogio       -    da ortodossiatorino



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La campagna di Russia di Mussolini 1

di Anna Gromova e Aurelio Montingelli, 24 luglio 2011

Da Mosca La Voce della Russia. La campagna di Russia di Mussolini. Italiani, brava gente? Prima puntata. Il 10 luglio del 1941 Mussolini invia in Russia il Corpo di spedizione italiano. Questa e’ la data ufficiale, ma dalla stampa sovietica emerge una realta’ alquanto diversa.

Da Mosca La Voce della Russia.
La campagna di Russia di Mussolini.
Italiani, brava gente?
Prima puntata.
Il 10 luglio del 1941 Mussolini invia in Russia il Corpo di spedizione italiano. Questa e’ la data ufficiale, ma dalla stampa sovietica emerge una realta’ alquanto diversa.
Il 2 luglio del 1941 Ilia Erenburg, una delle penne piu’ caustiche della letteratura sovietica, affida alle pagine del giornale “Krasnaja Zvezda” (Stella rossa), organo ufficiale del ministero della difesa un articolo intitolato “Piccolo feulleiton. Un servizievole lacche’”.
Leggiamo qualche stralcio:
Oggi Adolf Hitler potra’ dormire tranquillamente. Benito Mussolini ha deciso di mandargli in aiuto una divisione italiana. Per attraversare il Prut i romeni senza paura non sono bastati. Adesso ci vogliono gli invincibili italiani.
I francesi sogliono dire: “Anche la fanciulla piu’ bella non puo’ darti piu’ di quanto abbia”.
Mussolini pronuncia discorsi bellicosi, canta serenate e dispiega bandiere.
Ma a Hitler tutto questo non basta. Lui ha bisogno di soldati, che tra l’altro sappiano combattere.
Qualcuno gia’ dice per celia o forse no, che Mussolini avrebbe gia’ l’idea di costruirsi un Arco di trionfo tutto per se’, accanto a quelli della storia.
L’opera si puo’ fare. Ma chi ci passera’ sotto?
I soldati che Mussolini manda in combattimento di regola non fanno ritorno, perche’ preferiscono darsi prigionieri.
Certamente, gli italiani non sono vigliacchi. Sanno e possono combattere, ma non vogliono morire ne’ per Hitler e ne’ per il suo lacche’.
 Cento anni fa, i milanesi si levarono al grido “Fuori i tedeschi!” e conquistarono l’indipendenza.
I fascisti italiani hanno venduto il paese a Hitler.
Il popolo italiano si prepara ad una nuova guerra di liberazione”.
In questo articolo pubblicato una settimana prima della partenza ufficiale dei soldati italiani per la Russia troviamo gia’ la linea che la stampa sovietica seguira’ nei confronti delle truppe che tre dittatorelli avrebbero gettato in un conflitto troppo grande per loro.
Le “loro imprese” saranno sempre guardate con ironia nel momento in cui si esprime ai rispettivi popoli la massima solidarieta’ e... una speranza.
In questo articolo Erenburg gia’ prevede che il popolo italiano dara’ vita ad una nuova guerra di liberazione e scaccera’ il nemico tedesco dal suolo nazionale.
Ma la strada che portera’ alla Resistenza,  sara’ lunga e dolorosa.
Il 10 luglio di quel fatidico 1941, sempre la Krasnaja Zvezda pubblica un articolo sull’Italia che nonostante la coincidenza delle date, racconta un episodio di quella Resistenza che sta gia’ nascendo se non nelle strade, nei cuori di chi non si era mai arreso alla tirannide.
 “L’agenzia Tass comunica da Ginevra che sono stati portati da Milano alcuni volantini diffusi nel capoluogo lombardo dopo il discorso alla radio di Stalin...
Quel discorso era stato pronunciato alla radio da Stalin in persona che con accenti nuovi si era rivolto al popolo sovietico dopo 11 giorni di silenzio che aveva fatto nascere in patria timori terribili, che all’estero si erano ingigantiti a dismisura.
Ascoltiamolo:
Compagni! Cittadini! Fratelli e sorelle! Combattenti dell’esercito e della Marina. Sono io a rivolgermi a voi, amici miei. 
La proditoria aggressione della Germania nazista alla nostra patria continua. Nonostante l’eroica resistenza dell’Armata Rossa, nonostante che le migliori divisioni nemiche abbiano gia’ trovato sui campi di battaglia la loro tomba, il nemico continua ad andare avanti. Le truppe hitleriane sono riuscite ad impadronirsi della Lituania, di gran parte   della Lettonia, della Bielorussia occidentiale, di parte dell’Ucraina occidentale. L’aviazione fascista allarga la sua sfera di azione e bombarda Murmansk, Orscia, Moghiliov, Smolensk, Kiev, Odessa, Sebastopoli.
I comunisti italiani hanno visto nel discorso di Stalin un programma di azione. L’Unione Sovietica non si pieghera’ mai.
Dall’aggressione di Hitler all’Unione Sovietica, prosegue “Krasnaja Zvezda”, le organizzazioni antifasciste hanno stampato e diffuso nelle maggiori citta’ italiane decine di volantini e di appelli ai vari ceti sociali e all’esercito. 
Il discorso di Stalin, racconta un giornalista giunto fortunosamente da Milano, e’ caduto su un terreno fertile. E’ risuonato come un grido d’allarme. 
E un appello ad annientare il fascismo. 
Ogni italiano sente doppiamente il giogo fascista. Soffre per la cricca fascista dominata dal duce e da tutta la banda dei suoi familiari. E soffre per i nazisti tedeschi che hanno praticamente gia’ soggiogato l’Italia e spadroneggiano con la superbia dei conquistatori medievali.
Come ha raccontato questo ignoto giornalista, sarebbero gia’ iniziate le espulsioni nel Partito nazionale fascista, perche’ molti dei suoi aderenti si sarebbero abbandonati  a “discorsi indecorosi”.
***
Avete ascoltato “La campagna di Russia di Mussolini”.
Un  programma di Aurelio Montingelli e Anna Gromova. Prima puntata.
 Alla prossima!
Per saperne di più: http://italian.ruvr.ru/radio_broadcast/53659446/53659702/

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9/11/2014

Ephraim Zuroff principale cacciatore di criminali nazisti, getta una grave accusa sulla nuova dirigenza ucraina



La dichiarazione del Vice Ministro degli Esteri della Federazione Russa Gennadij Gatilov sulla questione della rinascita del fascismo in Ucraina dovrebbe essere considerata dalle Nazioni Unite, ha trovato un’abbastanza prevedibile risposta positiva fra chi realmente e non solo a parole combatte contro il nazismo.
Ephraim Zuroff, direttore del Simon Wiesenthal Center (con sede in Israele, un’organizzazione non governativa dedicata all’individuazione e al perseguimento dei criminali di guerra nazisti), in un recente intervento ha detto che «in Ucraina dal momento dell’acquisizione della sua indipendenza i crimini nazisti non sono stati indagati, per non parlare di portare i criminali di guerra nazisti in tribunale».
Zuroff ha anche osservato come negli ultimi anni da parte dell'Unione europea, degli Stati Uniti e di alcuni paesi dell'Europa orientale si è fatto un «sistematico tentativo» non solo per imbiancare le azioni di complici dei nazisti in paesi come la Croazia, l'Ucraina, la Lettonia e l'Estonia, ma anche per equiparare il regime nazista al regime che esisteva durante la guerra in URSS. «Ciò avrà gravi conseguenze in quanto si tratta di un tentativo di riscrivere la storia e presentare la repressione del regime sovietico come genocidio. In questo modo si fa passare la tesi l'Olocausto non fu l’unico esempio di annientamento intenzionale di un'intera nazione (genocidio) e questo non lo possiamo accettare» ha detto Zuroff.
È interessante notare come nel periodo del Majdan e dopo che i sostenitori occidentali del Majdan hanno cercato di allontanare le accuse di nazismo dal Majdan in generale ed anche dall’odioso partito "Svoboda" (fino al 2004 - Partito Nazional Sociale di Ucraina, fondato nel 1991 da Oleg Tjagnibok e Andrej Parubj). Per questo si sono pubblicizzati fortemente i contatti del leader di "Svoboda" Oleg Tjagnibok e degli altri leader del Majdan con l'ambasciata israeliana e la lealtà alle attività del Majdan da parte delle organizzazioni ebraiche. Si offre un semplice e sbagliato sillogismo: "il nazismo - è l'ideologia antisemita, Tjagnibok e Parubj hanno rapporti con gli ebrei, quindi Tjagnibok e Parubj non sono nazisti».
Ma questo sillogismo è sbagliato per diversi motivi. In primo luogo, il nazismo può essere rivolto non solo contro gli ebrei, ma contro altre nazioni. In secondo luogo, Tjagnibok e Parubj non hanno fatto nulla per prendere le distanze dai crimini dei loro precursori ideologici - l'Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e l'Esercito insurrezionale ucraino (UPA) durante la seconda guerra mondiale. Al contrario sempre più partiti ucraini sono orgogliosi di questo rapporto (Parubj entrò in Parlamento nella lista del blocco Jatsenjuk). Ephraim Zuroff diede immediatamente una valutazione di questa loro posizione che, recentemente, è diventata anche la posizione del Presidente Petro Poroshenko.
«Se ai bambini ucraini viene insegnato a scuola che Bandera e Shuchevich sono eroi è una lezione sbagliata ... Si può ricordare come i leader UPA sono stati chiamati eroi da Poroshenko pochi giorni fa. E non dimenticate che sotto Jushchenko, Bandera e Shukhevych hanno ricevuto riconoscimenti postumi di Eroe di Ucraina» ha detto Zuroff.

 



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L'Ucraina elimina la Grande Guerra Patriottica dai libri di testo

Redazione Contropiano, 27 Novembre 2014

Il regime nazionalista e russofobo installatosi a Kiev con il golpe di febbraio continua la sua opera di revisione della storia dell'Ucraina cancellando feste e celebrazioni ereditate dall'epoca sovietica ed improntate ad un sentimento antifascista e sostituendole con nuove giornate dedicate ai leader e ai movimenti ultranazionalisti che negli anni '40 del secolo scorso collaborarono attivamente con gli invasori tedeschi e sparsero il terrore nel paese dando la caccia a comunisti, antifascisti, russi ed esponenti delle minoranze. Naturalmente il sistema d'istruzione ucraino non poteva rimanere immune da quest'ondata revisionista, con il governo che ha deciso di cancellare la dizione di 'grande guerra patriottica' in riferimento alla resistenza dei popoli dell'Unione Sovietica - Ucraina compresa - contro i nazifascisti. Di seguito la notizia per come è stata riportata dall'agenzia di stampa Interfax: 

Il Ministero dell'Istruzione e della Scienza dell'Ucraina appoggia pienamente l'idea dell'Istituto della Memoria Nazionale di sostituire la dizione "Grande Guerra Patriottica" con "Seconda Guerra Mondiale", ha detto il Ministro dell'Istruzione Sergej Kvit.
"Personalmente lo sostengo, perché il mondo intero lo considera una tragedia. Si tratta della Seconda guerra mondiale. Per l'Ucraina quella non fu una Grande Guerra Patriottica. L'Ucraina fu vittima di una contesa tra stati totalitari. Naturalmente, i libri di testo attuali, quelli che sono, sono. Stiamo parlando dei nuovi libri di testo. E' una questione che riguarda gli storici; non si tratta del fatto che un funzionario incarica un altro di non far menzione. E' una questione che pongono gli storici. Verranno organizzati concorsi e ne usciranno i libri di testo", ha detto Kvit ai giornalisti, mercoledì, prima di iniziare la riunione di governo.
Alla vigilia il direttore dell'Istituto ucraino della Memoria Nazionale Vladimir Vyatrovic ha detto all'ucraina "Vesti", che dai libri di testo scolastici saranno rimosse "tutte le conseguenze della propaganda sovietica" e, soprattutto, "il mito della Grande Guerra Patriottica".
"Per noi, la seconda guerra mondiale è iniziata il 1 settembre 1939, e non abbiamo alcun diritto di restringerla alla Grande Guerra Patriottica – essa è stata molto peggiore e più tragica di quanto abbia cercato di dimostrare la propaganda sovietica" - ha detto Vyatrovic.
Una fonte del Ministero della Pubblica Istruzione ha dichiarato che "i programmi stanno già cambiando, ma per i nuovi libri di testo per ora non ci sono i sono soldi."
"Vesti" ricorda che con il presidente Viktor Yushchenko, il termine "Grande Guerra Patriottica" era già stato abolito, ma con Viktor Yanukovic era di nuovo comparso nei libri di testo.

fonte: Interfax.ru (Traduzione di Fabrizio Poggi)


=== 5: BREVI ===

In Ucraina occidentale esortano a non frequentare la Chiesa del Patriarcato di Mosca 

http://comunicati.russia.it/in-ucraina-occidentale-esortano-a-non-frequentare-la-chiesa-del-patriarcato-di-mosca.html

7/10/2014 – Nella regione di Rivne nel quadro della campagna anti-russi i radicali stanno iniziando un’azione punitiva contro il clero.
Studenti ed insegnanti dell’Università nazionale ucraina "Accademia Ostrozhkij" hanno distribuito volantini che invitavano a non visitare le chiese sono la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa. I radicali stanno preparando un'azione punitiva diretta contro questi rappresentanti del clero.
- Ogni centesimo lasciato alla Chiesa del Patriarcato di Mosca è una pallottola per un soldato ucraino! Ucraina! Ogni candela accesa in una chiesa di Mosca è un bruciato vivo come tuo marito, fratello o sposo! viene detto in un volantino.
I radicali hanno avvertito i fedeli che il 14 ottobre nella regione si terranno azioni punitive contro il clero delle chiese del Patriarcato di Mosca. Tra l'altro, in quel giorno i cristiani ortodossi celebrano la grande festa della Protezione del Velo della Santa Vergine. Nelle chiese della Chiesa ortodossa russa e in tutto il mondo tradizionalmente si svolgo funzioni religiose pubbliche e processioni.
Ricordiamo come in Ucraina ci sono tre Chiese ortodosse, di cui solo una è canonica, la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Le altre due la Chiesa del Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina da quasi 30 anni chiedono il riconoscimento ufficiale in tutto il mondo cristiano.
 
FONTE: http://lifenews.ru/news/142197

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Indottrinamento razzista dei bambini da parte della parlamentare Irina Farion 

Abuso sui bambini da parte della parlamentare Ukro-nazista Irina Farion - Ita Subs
19/ott/2014 – Irina Farion, membro del parlamento ucraino e del partito filo nazista "Svoboda", entra in una scuola materna di Leopoli ed esorta i bambini di 3/4 anni ad usare i loro nomi in un modo "ucraino". "Tu sei Olena, non Aliona. Se vuoi essere Aliona, dovresti preparare le valigie ed andartene in Russia" - Dice la Farion ad una bambina. A marzo 2014, la nazista Farion è stata presa in considerazione per l'incarico di Ministro degli Affari Culturali dell'Ucraina. 
Bandera, uno dei leader del movimento ultra-nazionalista Ucraino durante la seconda guerra mondiale, i cui membri collaborarono con i nazisti ed "operarono" nel campo di concentramento "Babi Yar" di Kiev, viene adesso chiamato "Eroe dell'Ucraina".


"Svoboda" di Tjagnibok, assieme a "Udar" di Klichko e "Patria" della Timoshenko è stato uno dei partiti saliti al potere grazie all'appoggio e al sostegno dell'UE (Pittella e Ashton) e USA (Nuland, Biden, McCain).

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 19/10/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/712083102206280

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Gorlovka 1941-2014

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 15/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/725213800893210

<< Continua la "tregua" nel Donbass, e con essa la strage dei bambini: a Gorlovka, nella Rep. Popolare di Donetsk, in seguito ai bombardamenti con i mezzi di artiglieria pesante GRAD, ieri sera sono state uccise sei persone, tra cui una bambina di quattro anni e un ragazzino di nove anni.
I fascisti ucraini hanno come sempre accade preso di mira quartieri residenziali, per contrinuare a disseminare morte e terrore tra la popolazione civile.
Per chi sottovaluta o irride il riferimento all'antifascismo della resistenza del Donbass, ricordiamo che queste zone furono teatro di durissimi combattimenti tra i sovietici e le truppe nazifasciste. Nel dettaglio, proprio la città di Gorlovka nell'autunno del 1941cadde sotto l'occupazione del Corpo di Spedizione Italiano in Russia, poi confluito nell'ARMIR, nella scellerata e criminale operazione di Mussolini contro l'URSS. >>

Fonti: http://itar-tass.com/mezhdunarodnaya-panorama/1574330
TESTO E VIDEO: http://www.tribunaitalia.it/2014/11/15/ucraina-donbass-bombardamenti-a-gorlovka-nuovi-morti-a-nord-di-donetsk-video-foto/

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Kiev distrugge intenzionalmente le chiese ortodosse del Donbass

http://comunicati.russia.it/kiev-distrugge-intenzionalmente-le-chiese-ortodosse-del-donbass.html

29/11/2014 – Gli occupanti ucraini distruggono in modo mirato le chiese ortodosse del Donbass. Di questo informa, parlando in una conferenza stampa a Donezk, il vice-presidente del Supremo Consiglio della Repubblica popolare Denis Pushilin
Il vice presidente ha sottolineato che, dall'inizio delle operazioni punitive sul territorio del Donezk sono state distrutte, in tutto o in parte, 62 chiese di proprietà della Chiesa Ortodossa Ucraina del patriarcato di Mosca.
Pushilin ha sottolineato come questi dati il governo della RPD li abbia forniti al Metropolita di Donezk e Mariupol Ilarion, che si è rivolto alla dirigenza della RPD con la richiesta di evacuazione delle campane.
In precedenza, in rete, con riferimento a fonti presso la sede della «ATO» si ha avuto informazioni sull’ordine di distruzione delle chiese nel Donbass, allo scopo di costringere gli abitanti locali a sentire la loro «natura sbagliata» e sentirsi «abbandonati da Dio», ricorda il sito antifashist.com.

Fonte: http://novorossia.su/ru/node/10227

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A scuola di nazismo in Ucraina 

Speciale Pandora TV (9/12/2014)
La sconcertante educazione al patriottismo in una scuola a Mykolaïv, Ucraina occidentale. Con il commento di Giulietto Chiesa.
http://www.pandoratv.it/?p=2461
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=TXhI0My9CSY



(english / italiano)

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus aderisce ed invita ad aderire alla seguente PETIZIONE:
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Perché dobbiamo uscire dalla Nato

L’Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realtà superiore che il Sipri quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

È un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, che potrebbe essere fortemente ridotto se l’Italia uscisse dalla Nato.

L’Alleanza Atlantica persegue una strategia espansionistica e aggressiva.

Dopo la fine della guerra fredda, ha demolito con la guerra la Federazione Jugoslava; ha inglobato tutti i paesi dell’ex Patto di Varsavia, tre dell’ex Urss e due della ex Jugoslavia; ha occupato militarmente l’Afghanistan; ha demolito con la guerra la Libia e tentato di fare lo stesso con la Siria.

Ha addestrato forze neofasciste e neonaziste ucraine, organizzando il putsch di piazza Maidan che ha riportato l’Europa a una situazione analoga a quella della guerra fredda, provocando un nuovo pericoloso confronto con la Russia.

Ha iniziato a proiettare le sue forze militari nell’Oceano Indiano nel quadro di una strategia che mira alla regione Asia-Pacifico, provocando un confronto militare con la Cina.

In tale quadro, le forze armate italiane vengono proiettate in paesi esterni all’area dell’Alleanza, per missioni internazionali che, anche quando vengono definite di «peacekeeping», sono guerre finalizzate alla demolizione di interi Stati (come già avvenuto con la Federazione Jugoslava e la Libia).

Uscendo dalla Nato, l’Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l’Art. 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L’appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacità di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La più alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato è perciò, di fatto, sotto il comando degli Stati uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L’appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell’Italia agli Stati uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave è il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L’Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L’Italia, uscendo dalla Nato, riacquisterebbe la piena sovranità: sarebbe così in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

Sostieni la campagna per l'uscita dell'Italia dalla NATO.
LA PACE HA BISOGNO ANCHE DI TE.

Manda la tua adesione a comitatononato@...

inviando nel contempo la tua mail se vuoi essere contattato/a per aggiornamenti e iniziative.


(VERSIONE IN INGLESE)

Why we must get out of NATO

Italy, as part of NATO, must allocate an average of $65 million a day to military spending, according to official NATO data, although the number according to SIPRI is $90 million per day. According to the commitments made by the government in the framework of the Alliance, Italian military spending will increase to over $120 million per day (100 million euro). This is a huge outlay of public funds that decreases funds available for social services. This loss could be greatly reduced if Italy were to get out of NATO.

The Atlantic Alliance pursues an expansionist and aggressive strategy. After the end of the Cold War, NATO led a war that demolished the Yugoslav Federation; it has incorporated all the countries of the former Warsaw Pact, three from the former Soviet Union and two from the former Yugoslavia; it has militarily occupied Afghanistan; and NATO has waged a war that demolished Libya and tried to do the same with Syria.

NATO has trained Ukrainian neo-fascist and neo-Nazi forces, while organizing the Maidan Square putsch that brought Europe to a situation similar to that of the Cold War, causing a new dangerous confrontation with Russia. NATO started to project its military forces in the Indian Ocean as part of a strategy aimed at the Asia-Pacific, provoking a military confrontation with China.

In this framework, the Italian armed forces are deployed to countries outside the Alliance for international missions. Even when these are defined as “peacekeeping,” they are wars aimed at the demolition of entire states (as was the case with the Yugoslav Federation and Libya).

If Italy gets out of NATO, it would extract itself from this strategy of permanent war, which violates our Constitution — in particular Art. 11 — and damages our real national interests.

NATO membership deprives the Italian Republic of its ability to make autonomous choices for foreign and military policy, democratically adopted by Parliament on the basis of Constitutional principles. The highest military post of NATO, that of Supreme Allied Commander in Europe, is always filled by a U.S. general appointed by the president of the United States. And the other key NATO commands are entrusted to senior U.S. officials. Thus NATO is under the command of the United States, which uses it for its own military, political and economic ends.

NATO membership reinforces Italy’s subjection to the United States, exemplified by the network of U.S./NATO military bases in our country that has turned our country into a U.S. aircraft carrier in the Mediterranean. Particularly serious is the fact that, on some of these bases there are U.S. nuclear bombs and that Italian pilots are also trained how to use them. Italy thus violates the Non-Proliferation Treaty, which it has signed and ratified.

By getting out of NATO, Italy would regain its full sovereignty: it would then be able to act as a bridge of peace both to the South and toward the East.

Support the campaign to get Italy out of NATO.

PEACE NEEDS YOU, TOO.

Register your support in an email to: comitatononato@...

(Translation: John Catalinotto)





PASSATO, presente e futuro del movimento CONTRO LA GUERRA

1) 2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra
2) Polemiche attorno alla manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre) e alla “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre)
- Con un minimo di attenzione e di coraggio (G. Pisa)
- Lettera aperta sul documento “Un Passo di pace” (V. Brandi)
- Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta (P. Boylan)


Vedi anche: 
Perché dobbiamo uscire dalla NATO / Why we must get out of NATO (Appello)


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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - storia - 03-12-14 - n. 522

2 dicembre 1914: Karl Liebknecht è il solo deputato del Reichstag tedesco a votare contro i crediti di guerra

EDT | solidarite-internationale-pcf.fr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

02/12/2014

Il 2 dicembre 1914, Karl Liebknecht, deputato socialdemocratico (SPD), è l'unico a votare contro i crediti di guerra al Reichstag, il Parlamento tedesco.

Il 4 agosto precedente, si era levato per la prima volta contro questi prestiti denunciando il carattere imperialista della guerra iniziata. Ma, conformandosi alla disciplina del gruppo socialdemocratico, non aveva votato contro.

Dopo 4 mesi di macelleria, Liebknecht supera l'ostacolo ed esprime il suo voto contrario, con un atto di grande coraggio che diventa storico. Egli rompe con la Sacra Unione tedesca e smentisce la SPD, unendosi al Partito socialdemocratico russo, guidato da Lenin, e ad alcuni dirigenti di partiti socialisti europei nel rifiuto e nella denuncia della guerra imperialista, conformandosi alle risoluzioni, calpestate dagli apparati riformisti dell'Internazionale socialista, tra cui quelle del Congresso straordinario di Basilea del novembre 1912 in cui si legge:

"Se viene minacciata una guerra, è un dovere della classe operaia dei paesi coinvolti, è un dovere dei loro rappresentanti in Parlamento, con l'assistenza dell'Ufficio internazionale, di compiere ogni sforzo per impedire la guerra con tutti i mezzi che si ritengono più opportuni e che variano naturalmente dall'acutezza della lotta di classe e dalla situazione politica generale. Qualora la guerra scoppiasse comunque, essi hanno il dovere di interferire per farla cessare rapidamente e usare con tutta la loro forza la crisi politica ed economica creata dalla guerra, per mobilitare gli strati popolari più profondi e affrettare la caduta del dominazione capitalista".

Riportiamo nel seguito la traduzione dell'intervento Karl Liebknecht nel Reichstag il 2 dicembre 1914. Nel 1916 fu imprigionato. Con Rosa Luxemburg e altri, il 1° gennaio 1919 Liebknecht stava per fondare, e diventare dirigente, del Partito comunista tedesco (KPD). Il 15 gennaio 1919, saranno entrambi vilmente e brutalmente assassinati durante la rivolta Spartachista dalle forze di repressione guidate dal socialdemocratico Noske.

Dichiarazione di Karl Liebknecht al Reichstag il 2 dicembre 1914

"Motivo il mio voto al progetto che ci è oggi sottoposto nel modo seguente.

"Questa guerra, che nessuna delle popolazioni coinvolte ha voluto, non è scoppiata per il bene del popolo tedesco o di altri popoli. Questa è una guerra imperialista, una guerra per la dominazione capitalista del mercato mondiale e per il dominio politico dei paesi importanti per portarvi il capitale industriale e bancario. Dal punto di vista del rilancio degli armamenti, è una guerra preventiva causata congiuntamente dai partiti della guerra tedeschi e austriaci nella oscurità del semi-assolutismo e della diplomazia segreta.

"E' anche un'impresa di carattere bonapartista tendente a demoralizzare, a distruggere il movimento operaio in crescita. E' quello che hanno dimostrato, con chiarezza sempre maggiore e, nonostante una cinica messa in scena destinata ad indurre in errore le coscienze, gli eventi degli ultimi mesi.

"La parola d'ordine tedesca: 'contro lo zarismo', proprio come la parola d'ordine inglese e francese: 'contro il militarismo', è servita come mezzo per attivare gli istinti più nobili, le tradizioni e le speranze rivoluzionarie del popolo a vantaggio dell'odio contro i popoli. Complice dello zarismo, la Germania, fino a ora modello della reazione politica, non ha nessuna qualità per svolgere il ruolo di liberatrice dei popoli.

"La liberazione del popolo russo, come del popolo tedesco deve essere l'opera di questi popoli stessi.

"Questa guerra non è una guerra difensiva per la Germania. Il suo carattere storico e la sequenza degli avvenimenti ci vietano di fidarci di un governo capitalista, quando dichiara di chiedere i crediti per la difesa della patria.

"Una pace rapida e che non umili nessuno, una pace senza conquiste, questo è quello che bisogna esigere. Ogni sforzo diretto in questo senso deve essere ben accolto. Solo l'affermazione continua e simultanea di questa volontà in tutti i paesi belligeranti potrà fermare il sanguinoso massacro prima del completo esaurimento di tutte le popolazioni interessate.

"Solo la pace basata sulla solidarietà internazionale della classe operaia e sulla libertà di tutti i popoli può essere una pace duratura. E' in questo senso che il proletariato di tutti i paesi deve compiere, anche durante la guerra, uno sforzo socialista per la pace.

"Acconsento ai crediti fin tanto che siano richiesti per opere capaci di superare la miseria esistente, anche se li trovo del tutto inadeguati.

"Sono anche d'accordo con tutto ciò che è fatto in favore della sorte dei nostri fratelli sui campi di battaglia, in favore dei feriti e dei malati per i quali io sento la più ardente compassione. Anche in questo caso, niente che venga chiesto sarà troppo ai miei occhi.

"Ma la mia protesta va contro la guerra, contro quelli che ne sono responsabili, quelli che la dirigono; va alla politica capitalistica che l'ha generata; la mia protesta è diretta contro i fini capitalisti che la guerra persegue, contro i piani di annessione, contro la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo, contro la dittatura militare, contro l'oblio completo dei doveri sociali e politici di cui si rendono colpevoli, anche oggi, il governo e le classi dominanti.

"Ed è per questo che respingo la richiesta dei crediti militari."

Karl Liebknecht
Berlino, 2 dicembre 1914


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Con un minimo di attenzione e di coraggio

18 SETTEMBRE 2014


La quantità di appelli e documenti che si stanno moltiplicando sin dalle prime settimane di settembre, appena alla ripresa dell'ordinaria attività politica, sulle questioni della guerra e della pace, colpisce per molti motivi. Innanzitutto, la reciproca auto-referenzialità: una tale quantità di prese di posizione corrisponde ad una analoga mole di sigle, reti e tavoli, che lasciano l'impressione di una fatica ad incontrarsi davvero, sul terreno dell'analisi e della sintesi e di conseguenza a confrontare le reciproche differenze, di orientamenti e proposte, e tentare una efficace convergenza. Poi, non secondaria per importanza, la ricerca della via breve: il tentativo cioè di scavalcare le differenze mantenendo sul generico le prese di posizione e di giudizio, con l'obiettivo di offrire un ambiente accogliente per il numero più ampio di soggetti, evitando però, al tempo stesso, la fatica di confrontarsi nel merito e la chiarezza delle posizioni da assumere e da proporre pubblicamente.

Queste contraddizioni possono certo essere il prodotto dell'ambizione di conciliare le differenze e di costruire reti inclusive, con l'obiettivo di ricomporre ad unità, quanto più larga e rappresentativa possibile, le forze, ampiamente divise e frammentate, di quello che una volta chiamavamo “movimento per la pace e contro la guerra” o, più chiaramente, “contro la guerra senza se e senza ma”. Obiettivo giusto e necessario, per una ricomposizione strategica ed inderogabile. L'interrogativo che nasce è piuttosto se questa strada, oltreché percorribile, sia anche efficace: se serva cioè evitare il confronto nel merito, la fatica dell'approfondire e dell'argomentare, e mettere tra parentesi differenze talvolta sostanziali, per conseguire lo scopo del “tutti in piazza, tutti insieme”. Gli esempi, d'altro canto, non mancano. Ha sollevato molta discussione, all'interno del movimento per la pace, l'appello  che promuove la prossima “Marcia della Pace” Perugia-Assisi (19 ottobre) che, pur ponendo alcuni obiettivi chiari (il riconoscimento del diritto umano alla pace, la risoluzione pacifica dei conflitti, il rafforzamento democratico delle istituzioni internazionali), non menziona nessuno degli scenari di guerra in corso e non esprime nessuna valutazione sul ruolo delle potenze occidentali, non ultima l'Italia, nei fronti di guerra aperti.

La manifestazione di Firenze “Un Passo di Pace” (21 settembre), nel suo appello, ha il merito di segnalare il no alla guerra e la difesa delle vittime come prioritari, insieme con gli obiettivi storici delle campagne nonviolente (soluzione politica dei conflitti, disarmo e difesa civile non armata e nonviolenta), ma basta scorrere l'elenco dei soggetti animatori per intravedere differenze non da poco sulla valutazione della situazione nei diversi fronti della nuova guerra mondiale, dalla Siria all'Ucraina.

A sinistra, sul versante politico, si riflettono tutte queste incertezze e contraddizioni. Il documento del gruppo di lavoro «Mediterraneo, Pace, Migranti, Relazioni Europee» de “L'Altra Europa” verso la manifestazione del 21 settembre, da una parte riconosce il ruolo nefasto delle potenze imperialiste e delle petro-monarchie del Golfo nell'addestrare e finanziare, in Siria e in ogni dove, ogni sorta di banda, dall'altra, si attarda nel rammarico per il «mancato appoggio ai democratici in Siria», senza specificare in cosa sarebbe dovuto consistere questo appoggio e quali forze democratiche si sarebbe dovuto appoggiare. Non di rado, anche le forze reputate “moderate” nell'opposizione al governo siriano hanno invocato l'intervento armato per scalzare l'odiato Assad, mentre oggi sembrano del tutto ai margini, specie all'indomani della saldatura tra diversi fronti jihadisti e dello sfaldamento della Coalizione Nazionale Siriana, eterogenea galassia, ben poco non-violenta, finanziata dagli Stati Uniti e dagli “Amici della Siria”, che come afferma, addirittura,  “Repubblica”   «si è rivelata incapace di rappresentare un'alternativa al governo di Damasco, anche soltanto dall’esilio».

Il doppio standard della politica euro-atlantica impedisce, purtroppo, di riconoscere che, in Siria, alle ultime elezioni parlamentari (maggio 2012) ha votato il 51% degli aventi diritto, mentre alle ultime elezioni presidenziali (giugno 2014) ha votato il 73%, di cui l'89% per il presidente uscente. Tutti “al soldo del regime”?

Occorrerebbe forse un minimo di attenzione e un minimo di coraggio in più, nell'approfondire le questioni collegandosi ai popoli che resistono all'aggressione dell'imperialismo, e nel sottrarsi ad un giudizio mainstreaming che, seppure comodo e confortante, quasi mai centra il punto e riesce a cogliere nel segno.

Gianmarco Pisa


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http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2746

Vincenzo Brandi, Rete NoWar Roma

Nel lungo documento ("Un passo di pace – Campagna per la difesa non armata e non violenta")  molto generico, sciatto, ed omissivo, che è alla base della contestatissima manifestazione di Firenze, balza subito agli occhi, configurandosi forse come uno dei fatti  più significativi che caratterizzano il documento, l’omissione totale di ogni accenno alla tragica situazione della Libia oggi preda di scontri intestini tra bande jihadiste e caduta nel caos e nella disperazione più completi. Nessuna critica viene indirizzata all’intervento della NATO che è servito a distruggere il paese e nessuna autocritica per la totale inerzia mostrata dai gruppi “pacifisti” di cui sopra tre anni fa quando la Libia fu aggredita da una coalizione tra la NATO e le petromonarchie reazionarie del Golfo, sfruttando anche palesi bugie alimentate dai nostri mass-media per giustificare l’attacco.
L'unica concreta proposta nel documento è la richiesta di stanziamenti governativi per il finanziamento della "nuova difesa civile (pag.1), ovvero per la formazione e l'organizzazione di "corpi e interventi civili di pace” (pag.2). Questi fantomatici corpi dovrebbero fare azioni di interposizione nel caso di conflitti e dovrebbero dipendere da un apposito Dipartimento (si suppone in ambito del Ministero della Difesa) creato ad hoc. Ovviamente si suppone che le organizzazioni firmatarie (Rete italiana disarmo, Sbilanciamoci, Tavolo interventi civili di pace, e Rete della pace comprendente ACLI – CGIL – ARCI – AGESCI – Legambiente – Associazione per la Pace – Rete della Conoscenza – Unione degli universitari)  facciano la parte del leone nei finanziamenti che il governo amico di Renzi si suppone dovrebbe concedergli.
Sul punto del "disarmo" (pag. 6) il documento si dichiara critico verso l'acquisto degli F-35 (ormai diventato un argomento abbastanza scontato anche in certi ambienti di governo), ma significativamente non precisa nemmeno se l'acquisto dovrebbe essere annullato o solo ridotto. Ci si propone solo genericamente di …. intervenire nel dibattito in corso.
Sull'export militare e la legge 185/90 (che vieta di esportare armi nei paesi in guerra) si chiede solo …… un approfondimento del tema attuato con dibattiti parlamentari …. 
Si fanno poi solo delle chiacchiere banali sul controllo del commercio degli armamenti. L'unico punto di una certa rilevanza all'interno di un documento – ripetiamo: sciatto e generico – è una presa di posizione contro il MUOS.
A proposito delle basi militari della NATO in Italia (pag. 8), si prendono in considerazione solo quelle della Sardegna (non delle altre decine sparse in tutta Italia) e non si fa nessuna analisi sul ruolo attualmente molto aggressivo ed estremamente pericoloso della NATO, pronta ad aggressioni armate (Afghanistan, Libia, Yugoslavia, ecc.) e ad estendere le basi, anche missilistiche, dell’alleanza ad Est, fin dentro il cortile di casa della Russia,.
Sulla situazione in Iraq (pag. 9) non si fanno analisi approfondite sulle responsabilità occidentali e delle monarchie semifeudali del Golfo loro alleate nella crescita del terrorismo islamico radicale, e quindi sulle forze realmente in campo e sulle prospettive geopolitiche. Ci si limita ad invocare genericamente aiuti umanitari ed a lanciare uno scontato appello per il rafforzamento del ruolo dell'ONU (dimostratosi inefficace e di pura facciata in troppe occasioni). Comunque, come unico punto positivo, si chiede di non inviare armamenti alle parti in conflitto.
Sulla Palestina (pag.10), il testo fa riferimento solo agli eventi del 1967 (e non alla questione originarie del Sionismo, della Nakba del 1948 e della natura coloniale e confessionale dello stato di Israele). Fa intravvedere come unica soluzione l'ormai tramontata soluzione dei "due stati". Parla di embargo sulle armi di entrambe "le parti in conflitto" mettendo sullo stesso piano aggrediti e aggressori e in pratica chiedendo l'embargo sulle armi ai difensori di Gaza (visto che le armi ad Israele di fatto nessuno le nega). Infine il boicottaggio dovrebbe riguardare solo i prodotti delle colonie, e non tutti quelli israeliani, come chiedono i Palestinesi. L'unico interlocutore devono essere  "i comitati popolari per la resistenza popolare non violenta" della Cisgiordania, e quindi non i “cattivoni” di Hamas che praticano la resistenza armata di fronte alle aggressioni israeliani e i “prigionieri” palestinesi che chiedono una nuova Intifada.
Le due pagine sulla Siria (pp. 12-13) sono tra le peggiori. Si accredita ancora la leggenda di una fantomatica rivolta iniziale non violenta che si sarebbe trasformata in guerra civile per colpa del regime sanguinario che ha usato le armi contro la popolazione distruggendo Homs e Aleppo. Non si parla dei continui rifornimenti di finanziamenti ed armi da parte del gruppo “amici della Siria” formato da USA, paesi NATO e petromonarchie del Golfo, ai “ribelli” direttamente o indirettamente legati ad Al Queda, Si parla di non documentate torture fino alla morte nelle carceri del regime. Si parla di truppe di Hezbollah, iraniane e persino sciite irachene che combattono per il regime e non si fa menzione delle decine di migliaia jihadisti stranieri entrati in Siria, specie dalla Turchia, bastione fondamentale della NATO. Si  alimenta ancora l'equivoco di un'opposdizione armata "moderata" (ESL), senza dire che le formazioni con cui è alleata (Al Nusra, Al Sham) sono una costola di Al Queda. Si fa capire che l'ISIS è una formazione a parte (senza parlare del patto di non aggressione stipulato tra ISIS e le formazioni "moderate") e si parla in continuazione di una fantomatica "società civile" da appoggiare. Non si citano le nette vittorie elettorali, con larga affluenza popolare, del governo in carica. 
Sulla guerra in Congo (pag.14) si prende un atteggiamento neutrale tra gli aggressori provenienti da Ruanda e Uganda (sostenuti dagli USA) ed il governo del paese regolarmente eletto. Non si parla del fallimento dell’ONU che, presente con ben 19000 soldati nel Congo, non ha fatto praticamente nulla per fermare la strage (finora 4 milioni di morti). Condivisibile è invece la posizione a favore dei Saharawi (pag. 15), peraltro anche questa ormai abbastanza scontata in Italia.
Assolutamente pessimo il pezzo sull'Ucraina (pag. 17) in cui il golpe nazista organizzato e rivendicato dagli USA è divenuto "rivolta popolare" contro un governo corrotto. Si parla di una feroce repressione iniziale da parte del passato governo senza mai dire che era stato democraticamente eletto. Si denuncia "il crescente coinvolgimento di truppe regolari russe" nell'Est, prendendo aperta posizione a favore delle narrazioni statunitensi, europee e della NATO. Non si parla del pericolosissimo disegno della NATO di metter le mani sull’intera Ucraina. Si conclude con le solite banalità sui necessari aiuti umanitari (senza dire che finora solo la Russia ne ha forniti) e si parla di fantomatici "giovani attivisti per i diritti umani" il cui miracoloso intervento potrebbe far scattare la pace.
Purtroppo il documento dimostra ancora una volta come lo schieramento di presunte organizzazioni “pacifiste” presenti a Firenze, o di altre organizzazioni simili, previlegi i rapporti con il nostro governo, coinvolto in numerose guerre di aggressione, e con la NATO (come dimostra anche l’incredibile comunicato firmato qualche tempo fa da Lisa Clark in cui si gettava su Putin e sulla Russia ogni responsabilità per il pericoloso clima di guerra fredda che le crisi in Ucraina, Libia, Africa centro-occidentale e Vicino Oriente stanno ricreando).

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Pacifismo istituzionale italiano: il più ignorante del pianeta

Patrick Boylan rivela l'ipocrisia e l'inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice delle guerre, silenzioso, un MinCulPop della retorica pacifista…

Redazione - venerdì 26 settembre 2014


Intervista a Patrick Boylan*

Alla Manifestazione nazionale "Facciamo insieme un passo di pace" (Firenze, 21 settembre 2014) è andato come osservatore Patrick Boylan. In questa intervista rivela il livello di ipocrisia e di inazione del pacifismo istituzionale italiano, sempre più complice, silenzioso, un vero MinCulPop della retorica pacifista..


REDAZIONE: Sei andato come osservatore, a titolo personale, alla Manifestazione nazionale Facciamo insieme un passo di pace tenutasi domenica scorsa (21 settembre 2014) a Firenze, nel magnifico piazzale Michelangelo che sovrasta la città. L'iniziativa è stata indetta dalla Rete della Pace, dalla Rete Italiana per il Disarmo, da Sbilanciamoci e dal Tavolo Interventi Civili di Pace per "dare voce a chi resiste e si oppone in modo nonviolento alle guerre, alle pulizie etniche, alle politiche di guerra, ai regimi dittatoriali, al razzismo, all'apartheid." Che impressione ti ha fatto? 

PATRICK BOYLAN: Terrificante. Un'enorme dispiegamento di mezzi per incanalare nel nulla l'angoscia che provocano nella gente le guerre sempre più vicine a noi: in Afghanistan, in Siria e in Iraq, in Ucraina, in Libia... Tranne per gli interventi sulla Palestina, l'evento sembrava costruito per smorzare le angosce, senza proporre azioni di contestazione - ad esempio: atti di disubbidienza civile che obbligano i manovratori delle guerre ad uscire allo scoperto.
Confesso che, da statunitense, mi sono assai stupito che gli USA non siano stati quasi mai nominati: un primato per una manifestazione contro la guerra nella nostra epoca. Ma non sono stati nominati, o solo raramente, nemmeno i governi presenti e passati italiani e degli altri paesi europei.
Eppure le truppe USA ed europee occupano ancora l'Afghanistan, no? L'aviazione USA ed europea ha devastato con le bombe la Libia ieri e ricomincia a farlo ora in Iraq e in Siria, no? 
Sappiamo che il conflitto in Ucraina è stato innescato da un golpe armato a Kiev preparato nelle caserme NATO della Polonia, dove venivano addestrate milizie neonaziste ucraine. Quindi sono stati gli USA e gli europei ad innescare il conflitto in Ucraina, no?
Ma non si direbbe, a sentire i discorsi dal palco di domenica scorsa. I conflitti appena elencati sarebbero allora da considerarsi eventi tragici apparentemente senza autori. Guerre scatenate senza colpe, per autogenesi. Eventi rievocati per suscitare la commozione, ma non la mobilitazione.

REDAZIONE: E quale sarebbe un esempio di mobilitazione alla quale il Comitato Organizzatore di domenica avrebbe potuto chiamare la gente in piazza?

PATRICK BOYLAN: Avrebbe potuto proporre alla piazza di chiedere ai ministri Mogherini e Pinotti di bloccare gli invii delle armi italiane in Siria e a Kiev. Di censurare la CIA e la NATO per il loro golpe in Ucraina e di ritirare l'ambasciatore italiano da Kiev. Di risarcire finalmente la Libia per i bombardamenti illegali italiani nel 2012, anche con lo scopo di scoraggiare azioni simili in futuro. Di condannare il Presidente Obama per il suo uso illegale dei droni e quindi di chiudere la sua base droni a Sigonella. Di ritirare subito le truppe italiane dall'Afghanistan e di uscire dalla Coalizione, sotto la guida degli USA, che si appresta a condurre una "lunga guerra" in Iraq, cioè, a rioccuparlo.

REDAZIONE: Quindi, a Firenze, niente rivendicazioni - almeno, dal palco?

PATRICK BOYLAN: Solo quando si è parlato della Palestina, gli intervenuti hanno osato fare nomi e cognomi e proporre azioni di contestazioni concrete - per denunciare i governanti israeliani presenti e passati di aggressione imperialista in Palestina, e per denunciare l'Italia di connivenza nel concedere a Israele armamenti e suolo nazionale per i suoi esercizi militari. Questo spezzone della manifestazione di domenica ha fatto dunque un passo in avanti verso la giusta direzione, per quanto sia rimasto troppo reticente sulle origini ideologiche del conflitto israelo-palestinese. Semmai lo spezzone poteva essere criticato - ma solo ironicamente, s'intende - per il suo grande successo come spettacolo - con selezioni musicali, letture di poesie, video interviste, tutte svolte con molta professionalità - al punto che il momento di denuncia si è trasformato in momento di intrattenimento e la gente è andata via, contenta dello spettacolo, ma senza consegne precise da mettere in pratica l'indomani per realizzare l'ampio elenco delle proposte. 
Anche gli altri spezzoni di "Un passo di Pace", quelli che riguardavano le altre guerre nel mondo, hanno mancato di dare al pubblico "consegne precise", da mettere subito in pratica. Hanno mancato persino d'indicare le controparti da contestare. Eppure i mandanti di quelle guerre hanno precisi nomi e cognomi, che vanno individuati e detti.

UN DISCORSO SENZA PELI SULLA LINGUA ... SUL CONFLITTO IN UCRAINA 

REDAZIONE: Allora vuoi togliere i peli dalla lingua e dirci tu qualche nome e qualche fatto?

PATRICK BOYLAN: Certo. Ad esempio, quel fatto grosso che ho nominato prima. Oggi, in Europa, c'è un governo arrivato al potere tramite un golpe neonazista - un golpe pilotato dalla sottosegretaria statunitense Nuland e dal senatore McCain, il falco che dirige molte delle operazioni di destabilizzazione degli USA. Si tratta del governo ucraino del golpista Jacenjuk e del suo successore Poroshenko. Un governo che, da sei mesi, d'intesa con Washington, bombarda le case dei propri cittadini nelle città dell'est, con la scusa che bisogna "stanare gli indipendentisti" - come gli israeliani che bombardano le case a Gaza, uccidendo soprattutto civili, "per stanare Hamas". Del resto, come Israele, il governo di Kiev definisce i suoi avversari meri "terroristi" (anche chi è intervenuto dal palco di Firenze ha usato questo termine offensivo per indicare gli indipendentisti).
Ora, mentre ci sono state alcune - seppure troppe poche - proteste ufficiali in Europa contro la barbarie di Tel Aviv, non c'è stata nessuna protesta ufficiale europea contro la barbarie di Kiev. Il motivo? Semplice. I governi europei sono stati complici nel golpe - fino al collo - ed ora sono favorevoli all'uso dei mezzi militari contro i civili del Donbass, dal momento che quei civili vengono considerati dei burattini di Putin. Mentre essi non lo sono affatto e comunque bombardare i civili rimane un crimine di guerra.
Ma ve lo immaginate se, in Italia, gli indipendentisti veneti, sostenuti da un'Austria nostalgica del suo impero perduto, avessero preso le armi e occupato piazza San Marco? Ve lo immaginate se il governo italiano, per stanarli, avesse autorizzato il bombardamento di Venezia, ammazzando civili a frotte e distruggendo metà della città? Sarebbe successo il finimondo, perché non è così che si pone fine ad un moto indipendentista, almeno in Europa. Certo, Donetsk non ha i tesori d'arte che ha la città di Venezia; ma, come Venezia, ha comunque delle vite umane che vanno pure salvaguardate. E tuttavia, domenica scorsa a Firenze, non c'è stata neanche una sola parola di condanna per i bombardamenti dei civili che continuano ancora nel cuore dell'Europa, nonostante la tregua - ieri sera la città è stata colpita di nuovo, più volte. Nessuna contestazione dei Ministri Mogherini e Pinotti che continuano a fornire aiuti militari al governo di Kiev. Nessuna proposta di manifestazione davanti ai loro ministeri.
C'è stata solo una condanna della Russia che avrebbe "sconfinato" in Ucraina a sostegno degli indipendentisti.

REDAZIONE: Beh, sconfinare nel territorio di un altro stato sovrano è illegale secondo il diritto internazionale; la condanna sembra doverosa.

PATRICK BOYLAN: Sicuramente: e se lo sconfinamento fosse provato, sarebbe certamente un'illegalità da punire. E severamente. Solo che, con tutta la sua tecnologia avanzata, la NATO ha saputo offrire ai giornali solo foto fatte da una ditta esterna che non indicano nemmeno le coordinate GPS; quindi senza valore di prova.
Comunque, tagliamo corto: supponiamo che le accuse di sconfinamento siano vere: probabilmente è così, anche se non ci sono le prove. Il punto vero rimane comunque un altro. Gli Stati Uniti, l'Italia, la Francia, il Regno Unito ritengono di avere titolo per rimproverare alla Russia di aver "sconfinato" alcuni chilometri nell'Ucraina dell'est. Non ti sembra ipocrita, questo? Un caso di palese malafede?

REDAZIONE: E perché?

PATRICK BOYLAN: Ma mi faccia il piacere! L'Italia e i suoi alleati "sconfinano" da tredici anni in Afghanistan - e non occorrono le prove, lo ammettono! Anzi, l'Italia e i suoi alleati hanno fatto di più. Hanno fatto proprio ciò che accusano Putin di voler fare in Ucraina (ma che non fa): ossia, hanno invaso ed ora occupano l'intero paese. Come hanno invaso e occupato l'intero Iraq per undici anni, senza alcun mandato ONU, prima di essere costretti ad andarsene. Ed ora si preparano la rivincita: con la scusa dell'ISIS, progettano di "sconfinare" di nuovo per occupare l'Iraq e forse "sconfinare" per occupare anche la Siria. Sono proprio questi i paesi che puntano ora il dito e che condannano lo sconfinamento della Russia in Ucraina - che altro non è che il tentativo di recuperare un pezzo di quanto l'Occidente le ha sottratto con il golpe NATO, illegale, del 21 febbraio 2014. (E' illegale perché la carta dell'ONU proibisce colpi di Stato in paesi terzi e perché i Patti Fondativi del 1997 collocano l'Ucraina fuori dalle alleanze militari, ivi compresa la NATO.)

REDAZIONE: Beh, due torti non fanno una ragione. Se Putin ha sconfinato, va punito - l'hai detto tu.

PATRICK BOYLAN: E lo riconfermo. Mandiamo dunque Putin davanti al Tribunale Penale dell'Aia, e al più presto! Lasciamo che i giudici decidano se le prove fotografiche siano attendibili o meno. Siete d'accordo su questo, anche voi?

REDAZIONE: Sì...

PATRICK BOYLAN: Ma dopo Bush. E Cheney, Rumsfeldt, Rice, ecc. E dopo Obama con i suoi droni che "sconfinano" in Algeria e nello Yemen ecc. e ammazzano pure e le sue forze speciali che "sconfinano" in una trentina di paesi, soprattutto africani, per fare azioni clandestine. E dopo Renzi, Hollande e Cameron che hanno rinnovato la presenza delle loro truppe sconfinanti in Afghanistan, di cui molti rimarranno fino a chissà quando. E dopo i Presidenti del Consiglio italiano, francese, britannico nel 2012: loro hanno "sconfinato" in Libia, non solo con bombardieri ma anche con forze speciali terrestre, con i pezzi d'artiglieria, veicoli blindati - l'ONU ha autorizzato l'interdizione al volo, non i bombardamenti o le truppe sul terreno.
Quindi tutti in galera! E i più colpevoli per prima, secondo chi ha sconfinato di più e fatto più danni. Siete d'accordo?

REDAZIONE: Beh...

PATRICK BOYLAN: Ma concludiamo questo discorso sull'Ucraina. Come si può vedere, ci sarebbe molto da dire sulla guerra in questo paese. Ma domenica scorsa, alla manifestazione per la pace, di tutto questo neanche un accenno. Gli organizzatori hanno fatto commuovere il pubblico per le sofferenze inflitte dalla guerra in Ucraina, ma senza fornire gli elementi per capirne le cause. O meglio, attribuendo tutta la colpa a Putin. Così il pubblico è andato via come è arrivato, senza sospettare minimamente le responsabilità occidentali - cioè, le loro. Gente anestetizzata, dunque, che la nostra Rete NoWar di Roma non potrebbe mai mobilitare. Se diamo loro un volantino "contro il golpe NATO nel cuore dell'Europa" ci guardano come marziani e sbuffano: "Ma che vogliono questi qui? Esagerati!!"

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che, alla manifestazione "Un passo di Pace", si è parlato della guerra soprattutto in astratto, come se non riguardasse le decisioni concrete del governo italiano e dei suoi alleati.
L'unico governo a peccare sarebbe stato quello russo. 

PATRICK BOYLAN: In linea di massima, sì, con l'eccezione del conflitto israelo-palestinese, che ho appena menzionato.
Faccio un altro esempio: alla manifestazione si è accennato agli orrori dell'ISIS ma, di nuovo, come se fosse un fenomeno che nascesse dal nulla. Nessuno ha condannato gli Stati Uniti per aver creato l'ISIS per rovesciare il regime siriano. Eppure ci sono le foto del capo dell'ISIS in trattativa con il senatore McCain.

DISCORSI AMBIGUI: DECIDERE SUGLI F35 SENZA CHIEDERSI A COSA SERVONO

REDAZIONE: Quindi l'impressione ricavata dalla manifestazione è che l'amico americano e il governo amico italiano non avrebbero responsabilità per le guerre nel mondo. O per la crescente militarizzazione della nostra società. E' così?

PATRICK BOYLAN: Si. Fatta eccezione per alcuni interventi - ma erano pochi - che hanno chiamato in causa il governo Renzi. Per esempio, per la sua scelta di confermare l'acquisto degli F35.
Solo che la questione degli F35 è stata trattata come se fosse un problema meramente contabile. Gli F35 costerebbero troppo in un tempo di crisi, ecco il problema. Come dire, se costassero meno, allora l'Italia potrebbe pure acquistarli per bombardare e sottomettere altri paesi, non ci sarebbero obiezioni.
Invece la vera obiezione - che qualcuno ha anche mosso, ma in sordina - è l'uso per il quale questi velivoli sono destinati. Vengono acquistati per poter attaccare all'estero (molti saranno attrezzati per i soli portaerei), non per difendere il suolo italiano. Mentre la Costituzione italiana proibisce le guerre di attacco. Vengono acquistati per portare bombe atomiche, in violazione dei patti di non proliferazione - un ritorno alle angosce della Guerra Fredda e al rischio dell'annientamento reciproco totale, dovuto a qualche errore umano.
Quindi impostando la discussione sugli F35 solo in termini contabili, gli intervenuti si sono esonerati dal discutere ciò che dovrebbero essere le finalità dell'aeronautica italiana, complessivamente. Nel 2012, l'aeronautica italiana ha compiuto più di 400 bombardamenti della Libia: era forse un'azione meno cruenta e meno anticostituzionale perché svolta con i vecchi F16 anziché con i nuovi F35? Quei bombardamenti hanno ridotto la Libia, una volta fiorente, in rovine e la popolazione nella miseria. "Ma è stato necessario per cacciare il crudele dittatore Gheddafi e dare la democrazia al popolo" dicevano e continuano a dire il governo e i mass media, per coprire il vero scopo dei bombardamenti, ossia "ricacciare la Libia nel medioevo" per poter appropriarsi del suo petrolio a prezzi stracciati. Infatti, l'Occidente non pensa più a creare in Libia le basi per la democrazia che aveva promesso: alle ultime elezioni è andato a votare solo il 18% della popolazione. Piuttosto che il voto, la gente vuole il pane, quello che l'aviazione militare nostra ha tolto loro per chissà quanto tempo ancora. Possiamo almeno sperare che avranno entrambe le cose in futuro? Ne dubito, almeno fin quando durerà il petrolio.
Ma vogliamo smettere di parlare dei costi degli F35 e parlare di questo, per favore? Cioè, dell'uso dell'aviazione italiana per bombardare e sottomettere altri paesi? Non sarebbe un tema degno per un incontro di pacifisti? Niente da fare: il tema delle guerre di aggressione italiane e dei suoi alleati non è all'ordine del giorno. Come i pacifisti del 2012 hanno dato il loro silenzio assenso alla distruzione della Libia, i pacifisti di oggi continuato a dare il loro silenzio assenso alla sua putrefazione. Nessuna protesta nel 2012, nessun pentimento nel 2014.
Ora l'Italia entra in una nuova Coalizione a guida USA che si accinge a "salvare" gli iracheni e i siriani. Dio mio! Proprio loro, i bombaroli della Libia! Ancora una volta a voler "salvare" un paese con i loro missili Tomahawk e le loro bombe Hellfire! Ci sarebbe da gridare dai tetti!! Ma alla Manifestazione per la pace di Firenze, neanche una parola.

REDAZIONE: Quindi stai dicendo che quello che tu chiami il pacifismo istituzionale - m'immagino che tu ti riferisca alle associazione che hanno organizzato la manifestazione di domenica scorsa - funzionerebbe come appannaggio del governo. Come un MinCulPop per la pace.

PATRICK BOYLAN: Diciamo che queste organizzazioni dipendono dal governo per i loro finanziamenti e quindi tendono a tenerselo buono. A volte lo contestano ma entro limiti abbastanza stretti. Pertanto alla manifestazione di Firenze, come dicevo prima, il pacifismo istituzionale non ha voluto contestare il governo Renzi per aver rinnovato la presenza militare italiana in Afghanistan e per aver annunciato che intende prolungare quella presenza anche dopo il 2014 col pretesto di effettuare solo addestramenti. Sono 13 anni che quel martoriato paese subisce le nostre bombe e i nostri rastrellamenti da Gestapo. Ma nessuno ne parla più. Nemmeno ad una manifestazione per la pace.
Con una eccezione: a Firenze domenica scorsa c'è stato il bellissimo intervento di Cecilia Strada di Emergency - degna figlia di suo padre. Il suo intervento è stato un raggio di luce nel buio. Schietto ma profondo, ha esaminato il significato della guerra anche in Afghanistan, puntualizzandone le responsabilità. Non a caso gli organizzatori le hanno tolto la parola, "per ragioni di tempo", prima che potesse finire - un chiaro riconoscimento del valore di quanto stava dicendo. E poi c'è stato anche Alex Zanotelli che vi ha fatto qualche accenno, più discreto ma efficace. E nient'altro.

DISCORSI INGANNEVOLI: SOSTENERE LA GUERRA... IN NOME DELLA PACE

REDAZIONE: Quindi quando dici che il pacifismo istituzionale contesta sì il governo "ma entro limiti abbastanza stretti", intendi dire "quasi per nulla".

PATRICK BOYLAN: Diciamo relativamente poco. Ti faccio un altro esempio.
Alla manifestazione di Firenze il governo Renzi non è stato contestato neppure per la sua adesione al Gruppo di Londra, la combriccola che organizza le forniture di armi ai guerriglieri jihadisti della Siria. Eppure il programma di "Un Passo di Pace" - l'hai ricordato tu all'inizio - proclama di voler sostenere solo chi "si oppone in modo nonviolento ai regimi dittatoriali."
Solo che, nel caso della Siria, l'Occidente non ha mai voluto sostenere l'opposizione nonviolenta, come il Coordinamento democratico siriano, perché troppo di sinistra. Se arrivasse al potere sarebbe, per l'Occidente, troppo poco accomodante. Quindi l'Occidente ha preferito incitare i giovani a prendere le armi - "per difendere i manifestanti" - sperando così di poter determinare, attraverso la fornitura selettiva delle armi, l'egemonia di una fazione dei ribelli sugli altri, quello più filo-Occidentale.
Che orrore, dunque, vedere apparire sul palco di "Un Passo di Pace" l'individuo che il Comitato Organizzatore ha designato per parlare della Siria. Si tratta di un esponente siriano che gira l'Italia da tre anni, a tenere comizi - anche presso circoli pacifisti - per convincere gli italiani che l'unico modo per rovesciare il presidente siriano Assad è con le armi. E quindi che bisogna fornirle. Egli cerca poi di rimuovere le reticenze dei pacifisti raccontando gli orrori commessi da Assad, in primis le uccisioni dei manifestanti siriani in piazza.
Ma - un momento - non era il presidente al-Sisi dell'Egitto che, un anno fa, ha fatto uccidere 1000 manifestanti in piazza in un colpo solo, un record in assoluto, di tutti i tempi, nel medio oriente? E che poi ha fatto condannare a morte 600 imputati in un processo lampo durato un giorno? Anche questo un record in assoluto. Non importa, per l'oratore sembrava contare solo la rimozione di Assad, costi quel che costi. E si capisce perché. Mentre al-Sisi ha accettato la NATO nel suo paese, Assad lo rifiuta e, anzi, ospita le navi russe. Non solo, ma costruisce gasdotti con l'Iran che competano con quelli statunitensi e israeliani. Fornisce armi a Hezbollah. Per l'oratore siriano, dunque, e sicuramente per chi sponsorizza eventualmente le sue tournée di propaganda, è Assad, non al-Sisi, il capo di stato cruente che va rimosso, senza indugio e con le armi.
Per fortuna, la platea, capendo la strumentalizzazione dell'intervento anti-Assad, ha protestato, costringendo l'oratore a tagliare corto. Ma l'ambiguità della scelta del Comitato organizzatore rimane un dato di fatto.

REDAZIONE: Ma perché, secondo te, con tutto quello che sta succedendo in Siria ora, il Comitato ha fatto venire quell'individuo ad una manifestazione per la pace?

PATRICK BOYLAN: Dovresti chiedere a loro. Se io dovessi azzardare un'ipotesi, direi che è perché in questo momento, Mogherini e Pinotti stanno trattando nuove consegne di armi italiane ai guerriglieri in Siria, quindi serve erigere una cortina fumogena per coprire questo malaffare. Discorsi anti-Assad, che lo descrivono come un mostro da eliminare a tutti i costi, servono all'uopo, stroncano sul nascere qualsiasi protesta da parte dei pacifisti. Perciò, con l'invito di quell'individuo, il Comitato organizzatore ha forse voluto - dico forse - dare una mano al "governo amico".

REDAZIONE: Quindi una manifestazione per la pace ma tutta imperniata sulla difesa della politica estera italiana - in Ucraina, in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria...

PATRICK BOYLAN: Qualche critica occasionale c'è stata pure, ma il senso globale dell'evento è stato quello. Sai, i ceti dominanti - quelli che traggono profitti dalle guerre e accrescono il proprio potere subordinando la politica estera italiana a quella guerrafondaia statunitense - hanno comunque bisogno di mantenere un certo consenso nel paese. Devono governare le angosce che le loro guerre creano. E quindi a loro serve un movimento per la pace che faccia sfogare l'emotività della gente ma senza proporre azioni concrete di contestazione delle scelte governative.

REDAZIONE: Ma allora, se la pensi così, perché non sei intervenuto tu con un discorso che proponesse azioni di contestazione da intraprendere?

PATRICK BOYLAN: Non sono stato invitato a parlare e non erano previsti interventi liberi dal pubblico - anzi, c'erano recinzioni e gorilla per impedire che il pubblico potesse avvicinarsi al palco. È stata la prima volta che io ho visto una cosa simile ad una manifestazione di pacifisti per pacifisti.
Comunque ho distribuito, a molti dei partecipanti, un volantino con il discorso che avrei potuto fare. Quindi se l'hanno letto, avranno sentito un'altra campana. Il volantino è diviso in tre parti. Ognuna descrive un tema in poche righe, poi indica un link che devi digitare nel tuo browser per vedere il resto.

REDAZIONE: E quali sono i tre temi?

PATRICK BOYLAN: Il primo è l'annuncio dell'iniziativa recente di un noto attivista per la pace negli Stati Uniti - e un amico mio - David Swanson. Ha lanciato otto azioni concrete per contrastare la propaganda guerrafondaia dei governi e dei mass media e mi ha chiesto di farle conoscere anche in Italia.
Il secondo è un esempio di ciò che io considero un discorso chiaro sulle guerre e sulla pace. Ho appena accusato la manifestazione di Firenze di eccessiva genericità. Ebbene, do un esempio di come gli intervenuti avrebbero potuto parlare - nella fattispecie, sulla questione ISIS - se non avessero avuto peli sulla lingua.
Il terzo tema è: "Perché sembra sempre pi

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Memoriale italiano di Auschwitz: APPELLO


Sullo stesso tema si veda anche:

Chiuso il Memoriale degli Italiani ad Auschwitz (2011)

Il Memoriale italiano di Auschwitz sarà ospitato a Firenze dentro l'EX3 (24/9/2014)
L'opera d'arte in memoria delle vittime dell'Olocausto, chiusa al pubblico dal 2011, era stata "sfrattata" dal Block 21 e ora viene accolta in Toscana

Cittadini contro la distruzione del Memoriale italiano di Auschwitz - Blocco 21

Progetto GlossaXX1


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Entro pochi giorni la decisione sul trasferimento in Italia del Memoriale di Auschwitz



Pubblichiamo integralmente il testo di un comunicato diffuso nella tarda mattinata del 21 ottobre 2014 dall'ANED.

La direzione del Museo statale del Lager di Auschwitz ha disposto dal luglio 2012 la chiusura del  Blocco 21 del Lager che ospita il Memoriale ai deportati italiani realizzato per conto dell’Associazione degli ex deportati nel 1979 rendendolo inaccessibile al pubblico, e oggi ne ha ordinato lo smantellamento. Si tratta di un’eccezionale e innovativa opera d’arte, forse la prima multimediale contemporanea, frutto dell’ingegno e della passione di uomini di indiscusso valore internazionale, come Primo Levi, Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Nelo Risi, Pupino Samonà e altri.

L’Associazione che riunisce gli ex deportati, i familiari dei deportati uccisi e chi intende salvaguardare la memoria della deportazione denuncia che nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi ha ottemperato all’elementare dovere di difendere quell’opera d’arte, rilevante bene culturale che ha onorato l’Italia nel mondo, dal tentativo di una prevaricazione politica su un’opera di cultura. Una prevaricazione tanto più grave, in quanto attuata da un paese nostro partner nell'Unione Europea.

La libertà di pensiero e di espressione di cui godiamo nel nostro paese e in Europa discendono anche dal sacrificio e dal martirio degli 8000 ebrei e dei 32000 uomini e donne italiani deportati perché oppositori del fascismo e del nazismo, ma l’Italia nulla ha fatto contro una violazione dell’espressione artistica e della verità storica proprio là dove tanti deportati hanno sofferto e sono stati uccisi.

L’ANED, proprietaria esclusiva del Memoriale, ha rigettato e rigetta con riprovazione ogni tentativo di riscrivere la storia e ogni ipotesi di censura dell’opera, che va salvaguardata nella sua integrità, nel rispetto del progetto originario.

Preso atto con indignazione ed enorme rammarico dell’impossibilità indisponibilità della Direzione del Museo di Auschwitz di continuare a accogliere il Memoriale italiano proprio mentre si preparano le celebrazioni del 70° della liberazione, l’ANED ha in corso avanzati negoziati con la Presidenza del Consiglio, con la Regione Toscana e con alcuni Comuni per salvare il Memoriale trovandogli una nuova dignitosa collocazione in Italia, dove possa continuare a testimoniare la Memoria della Deportazione ed essere meta di pellegrinaggi, soprattutto da parte di scuole di ogni ordine e grado.

Rispettando i tempi imposti dalla direzione del Museo, che ha disposto lo smantellamento dell’opera entro il prossimo mese di novembre, l’ANED conferma che entro fine ottobre deciderà tra le diverse opzioni, con l’obiettivo di riallestire ed esporre nuovamente al pubblico l’opera al più presto, e comunque entro il 2015.

L’Aned rivendica il diritto dell’Italia a mantenere anche in avvenire una propria installazione al Blocco 21 del campo di Auschwitz e conferma il proprio inalienabile diritto di concorrere alla progettazione e alla realizzazione del nuovo allestimento, nel ricordo di tutti i deportati italiani.


                                                                                 La Presidenza Nazionale dell’ANED



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http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2014/11/18/shoah-appello-dei-ricercator-salviamo-memoriale-italiano-auschwitz-foto_pQgervAmqE7YFDOvz0y96L.html?refresh_ce

Shoah, appello dei ricercatori: "salviamo il Memoriale italiano di Auschwitz"

Articolo pubblicato il: 18/11/2014

No alla rimozione del memoriale italiano dal campo di sterminio di Auschwitz. A schierarsi senza mezzi termini per il mantenimento del Memoriale italiano nel Blocco 21 "elemento integrante dell'opera, che rischia di essere trasferito dalla sua sede naturale per volontà e decisione del Museo di Auschwitz, del governo Polacco e per il disinteresse del governo Italiano" l'Associazione Gherush92, Committee for Human Rights, organizzazione di ricercatori e professionisti che gode dello status di consulente speciale per il consiglio Economico e Sociale delle nazioni Unite e che svolge progetti di educazione allo sviluppo, diritti umani e risoluzione dei conflitti.

Secondo l'Associazione la rimozione del Memoriale "è un crimine contro l’umanità, una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani". "Il Memoriale Italiano - spiega all'Adnkronos Valentina Sereni, presidente di Gehrush92 - è la più importante e rappresentativa opera d’arte italiana del Novecento, il cui valore è riconosciuto, fra gli altri, dall’Accademia di Brera. E’ realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito Unesco 1979, ne fa parte integrante e, pertanto, è patrimonio mondiale dell’umanità".

"Non è un’istallazione museale temporanea - sottolinea - ma un’opera d’arte monumentale di importanza internazionale, plastica, pittorica, musicale, testuale ideata e realizzata da artisti di attestata esperienza e comprovata celebrità. Il suo contesto naturale, il Blocco 21 e il campo di Auschwitz, è parte dell’opera d’arte così come i testi, le pitture, la musica, l’architettura del monumento".

Il Memoriale in onore degli Italiani caduti nei campi di sterminio nazisti, voluto dall’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti, è stato realizzato grazie alla collaborazione di alcuni importanti nomi della cultura italiana del Novecento. Il progetto architettonico è dello studio BBPR e inserisce nelBlocco 21 di Auschwitz I una lunga spirale all’interno della quale il visitatore cammina come in un tunnel. La spirale è rivestita all’interno con una tela composta da 23 strisce dipinte da Pupino Samonà seguendo la traccia di un testo scritto da Primo Levi. Dalla passerella lignea che conduce il visitatore nel tunnel sale la musica di Luigi Nono, Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. Nelo Risi contribuì alla realizzazione con la sua competenza di regista.

Secondo l'Associazione "l’idea stessa che il Museo di Auschwitz desideri rimuovere l’opera perché a suo avviso sarebbero oggi da privilegiare installazioni di natura descrittiva o pedagogica non dovrebbe entrare in conflitto con le installazioni del passato. Si rischia - avverte Sereni - di sconfinare in una deriva ideologica mai palesata a parole. Se la presenza della falce e martello nel Memoriale danno fastidio così come l’immagine di Antonio Gramsci lo si dicesse apertamente aprendo un dibattito sulla storia".

"Un dibattito - conclude Sereni - che potrebbe essere chiuso subito da due considerazioni che prescindono da qualsiasi valutazione sul socialismo reale: è innegabile che Auschwitz sia stato liberato dall’Armata Rossa e che Antonio Gramsci sia stato un perseguitato politico e uno dei principali intellettuali europei del ‘900".

La rimozione dell’opera d’arte dal suo naturale contesto, quindi, secondo l'Associazione, "equivale alla distruzione dell’opera stessa, creata per aggiungere ad un luogo della memoria l’ulteriore e dolorosa diretta testimonianza di artisti deportati nei campi di sterminio. Come si può ipotizzare di sfrattare le parole di Primo Levi da quel luogo? Come si può concepire che un capolavoro dell’arte contemporanea, il cui valore potrebbe essere paragonato alla Guernica di Picasso, possa essere estirpato dal solo e unico luogo in cui la sua efficacia artistica, storica, emotiva può essere esercitata?".

"Dal 2011 - ricorda la presidente di Gherush92 che nei giorni scorsi ha incontrato rappresentanti del governo polacco per bloccare la rimozione del Memoriale e ottenere la sua immediata riapertura al pubblico - è impedito l’accesso del pubblico all’opera. Tale inspiegabile censura - evidenzia Sereni - costituisce una forma di revisionismo storico di base politico-ideologica in un luogo dedicato alla memoria e il governo polacco dovrebbe tenere in considerazione che impedire l’accesso e la fruibilità dell’opera è una conclamata violazione dei Diritti Umani così come sanciti dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo".

Dicendosi "sconcertati dalla leggerezza con cui il governo Italiano sta gestendo la situazione" l'associazione chiede "che tutti i governi e le organizzazioni internazionali interessate si adoperino per l’immediata riapertura del Memoriale Italiano con la garanzia che l’installazione non sia rimossa ma al contrario sia considerata ciò che è: un’inestimabile opera della memoria patrimonio dell’umanità". Gherush92 si appella quindi al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, alla Corte Penale Internazionale, alla Corte Internazionale di Giustizia, all’Unesco, al Governo Polacco e al Governo Italiano affinché il Memoriale Italiano non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz


=== APPELLO:

INVIA CON LA TUA FIRMA  E I TUOI DATI ISTITUZIONALI IL SEGUENTE MESSAGGIO IN CHIARO (cioè come A), ai seguenti indirizzi:  segrmin.gentiloni@...centromessaggi@...ambaroma@...

INVIA NASCOSTO  (cioè come Ccn) per la documentazione, ai seguenti indirizzi: 
gherush92@... , Stefania.Quaglio@... , redazione.internet@... , erica.dadda@...
 
 ***
On.le Paolo Gentiloni
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
 
On.le Matteo Renzi 
Presidente del Consiglio 
centromessaggi@...
 
S.E. Woiciech Ponikiewski 
Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia 
ambaroma@...
 
 
Premesso che: 
- il Memoriale Italiano di Auschwitz ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell’opera d’arte;
- il Memoriale, e la sua collocazione nel Blocco 21, possiede un alto valore artistico, educativo e di testimonianza diretta;
- il Memoriale è stato ideato e realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito UNESCO 1979, e, facendone parte integrante, va considerato patrimonio mondiale dell’umanità;  
- strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell’opera e del suo significato; 
 - i motivi ideologici e politici, che hanno portato  alla censura e alla chiusura del Memoriale  e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano dati e responsabilità storiche, incontrovertibili, dello sterminio e della liberazione, di cui il Memoriale stesso è un documento;
 - ravvedo nella rimozione del Memoriale violazioni dei Diritti Umani, del Diritto Internazionale, del Diritto di Proprietà Intellettuale e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nonché una violazione della Convenzione Internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici.
 
 Chiedo che:
 il Memoriale non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz, sua parte integrante, e che venga immediatamente riaperto al pubblico, restaurato  e integrato con apparati didattici esplicativi e congrui.