Informazione

(english / italiano)

EULEX e TPIJ, due scandali giuridici

1) ROMA 8/12: "UOMINI E NON UOMINI". Presentazione del libro di Goran Jelisic

2) NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI. Di Andrea Martocchia (segretario CNJ-onlus)

3) Su EULEX in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro. Di Ennio Remondino

4) British fraud hunter exposes EU staff on the take… in her own anti-corruption unit (Daily Mail)


Sullo scandalo EULEX si vedano anche:

EULEX: abuse, bribery, financial crime

EULEX corrotta per Kosovo criminale


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Roma, Lunedì 8 dicembre 2014
nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" – http://www.piulibripiuliberi.it/
Eur, Palazzo dei Congressi
ore 15.00-15.45 in SALA CORALLO (data la breve durata si raccomanda puntualità)

Presentazione del libro di 

Goran Jelisic 

UOMINI E NON UOMINI
La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo

(Zambon 2013)

Intervengono: 
Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo)
Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista)

Scarica il volantino dell'iniziativa: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/roma081214.pdf 
Vai alla Scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia.htm#jelisic2013
Leggi la recensione di A. Martocchia: https://www.cnj.it/MILOS/testi.htm#jelisic_rec_am


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L'articolo che segue uscità sul prossimo numero de La Città Futurahttp://www.lacittafutura.it


NE' PACE NE' GIUSTIZIA NEI BALCANI

La fase storica post-Ottantanove si caratterizza per la inversione di quella tendenza, che si riteneva o si sperava fosse via via consolidata durante la Guerra Fredda, alla composizione pacifica delle controversie internazionali ("pace") ed alla regolazione normativa condivisa dei rapporti tra gli Stati ("diritto internazionale"). In tal senso, i Balcani, area dell'Europa che più di ogni altra è trattata come "territorio di conquista" dalle grandi potenze, sono stati da subito lo spazio di sperimentazione di nuove pratiche eversive. Laggiù, due pilastri del vecchio ordine internazionale sono stati fatti saltare in aria con la potenza perforante delle bombe all'uranio impoverito: il primo è la Pace, alla quale è stata preferita la guerra; il secondo è la Giustizia internazionale, alla quale è stata preferita la rappresentazione di pratiche giudiziarie "ad hoc", estemporanee e fittizie, espressione della protervia dei vincitori contro i vinti.

Il caso della violazione flagrante e reiterata del diritto internazionale nei Balcani merita una disamina accurata, per la quale rimandiamo a un nostro saggio in preparazione (1). Qui vogliamo lanciare un paio di spunti di riflessione e di analisi.

Il caso EULEX

Il Kosovo è un territorio strappato ad uno Stato sovrano con la violenza di una guerra di aggressione, che è stato trasformato in protettorato a tutti gli effetti, pur con la maschera di sovranità conferita da una illegittima dichiarazione di indipendenza che nemmeno la totalità dei paesi UE ha riconosciuto. 
Era scontato che per mettere sotto tutela occidentale, anche dal punto di vista giuridico-amministrativo, una simile creazione neocoloniale, fosse necessario istituire organismi di controllo giuridico illegittimi e profondamente corrotti sin dalla loro creazione. Già nel 2008 i magistrati Luca M. Baiada e Domenico Gallo, avanzando giuste questioni di principio, ponevano un Quesito al CSM ed al CMM sulla legalità della "missione PESD" e sulla opportunità di inviare magistrati italiani (2).
Non ci ha perciò sorpreso punto il recentissimo scandalo scoppiato in sede EULEX, la missione giudiziaria europea in Kosovo: il magistrato inquirente Maria Bamieh, avvocato di nazionalità inglese, ha avviato una indagine sui suoi stessi colleghi, sospettati di corruzione e di avere insabbiato inchieste importanti perché andavano a toccare quel grumo di potere mafioso e terrorista, derivato dalla alleanza tra NATO e UCK, che vige da 15 anni in Kosovo. Tra gli altri, l'avvocato ha puntato l'indice sul magistrato italiano Francesco Florit. Però la Bamieh non ha potuto portare fino in fondo la sua azione poiché è stata impedita a tutti i livelli: addirittura, attualmente i sospettati sono rimasti inquirenti e giudici, mentre lei, dopo aver denunciato pubblicamente alcune circostanze, è stata allontanata dall’incarico e da EULEX. La denuncia della Bamieh è allora ulteriormente salita di tono: nella sua incredibile intervista a Russia Today (3), l'avvocato, con volto gonfio e voce bassa di chi è apparentemente devastavo dagli psicofarmaci, denuncia anche pratiche di mobbing e bossing sul posto di lavoro.
Le cose in realtà stanno ben peggio di quanto affermato da Bamieh. Altri osservatori e testimoni delle azioni dell'EULEX in Kosovo da anni rivelano casi di mala giustizia, corruzione e mafia in quel contesto, ma vengono regolarmente ignorati. Andrea Lorenzo Capussela ha posto una serie di domande alla Bamieh (4), chiedendole perché lei stessa non abbia dato seguito a denunce da lui presentate in passato. 

Ennio Remondino ha fatto notare (5) che questo caso "seppellisce comunque la credibilità residua" dell'EULEX. D'altronde, negli anni scorsi già avevamo fatto notare lo scandalo della impunità garantita ai banditi veterani dell'UCK, assurti a posizioni di potere nel Kosovo colonizzato, anche per colpe EULEX (6) oltreché per le colpe dello scandaloso "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia. Per una missione che è costata finora circa 750 milioni di euro di fondi comunitari, non c'è male.

Il "Tribunale ad hoc" dell'Aia

E veniamo dunque proprio al "Tribunale ad hoc" istituito all'Aia sotto gli auspici di Madleine Albright e George Soros. Ha ragione Ugo Giannangeli, che nella sua Postfazione al nuovo libro "Uomini e non uomini" (*) scrive: «Ho letto il libro di Goran Jelisic e sono rimasto allibito». "Allibito" è la parola giusta. Giustamente nella Postfazione Giannangeli parla del carattere eminentemente politico - e perciò giuridicamente obbrobrioso - del "processo" subito da Jelisic: «Non che di aberrazioni giudiziarie non ne abbia viste, ma poco sapevo del funzionamento del Tribunale dell'Aja».

Le cronache del "Tribunale penale internazionale ad hoc per i crimini commessi sul territorio della ex Jugoslavia" (TPIJ) non possono che lasciare allibito chiunque vi si avvicini per caso e senza parzialità o preconcetti. Non è un caso se sul "Tribunale ad hoc" è uscito un numero assolutamente esiguo di testi analitici. Pochi gli articoli della grande stampa, tutti copia-e-incolla dei dispacci d'agenzia venuti dall'estero, e pochissimi anche i libri. Tra questi ultimi, oltre al recentissimo libro di Jelisic, dobbiamo ricordare solamente: «Imputato Milosevic. Il processo ai vinti e l'etica della guerra», di Massimo Nava (Fazi 2002), e il "nostro" «In difesa della Jugoslavia. Il j’accuse di Slobodan Milošević di fronte al “Tribunale ad hoc” dell’Aia» (Zambon, 2005). Sarebbe invece importante, a venti anni dalla creazione di tale istituzione para-legale, operare una ricognizione degli studi specifici effettuati a livello accademico, delle Testi di laurea o dottorato dedicate al "Tribunale" o che usano gli Atti del "Tribunale" come fonte di ricostruzione storica dei tragici fatti jugoslavi… 
Che qualcosa non funzioni, lo testimoniano anche solo i proscioglimenti "eccellenti" che negli anni hanno riguardato tutti i personaggi di spicco, veri responsabili politico-militari, appartenenti alle parti e ai partiti secessionisti croati, musulmani e albanesi. Ramush Haradinaj e Hasim Thaci a tutt'oggi comandano nel protettorato del Kosovo. Nel novembre 2012 la corte dell’Aja ha scagionato persino i generali croati Ante Gotovina e Mladen Markac, pianificatori della pulizia etnica delle Krajine. Il boia Nasir Oric, comandante delle milizie musulmane che a ripetizione fecero strage di serbi nei dintorni di Srebrenica tra il 1992 e il 1994, è stato completamente assolto (sic) nel 2008 quando era già libero avendo scontato solo una pena ridicola nel carcere dell'Aia. La notizia più recente è la liberazione dell'ex presidente della autoproclamata "Repubblica croata di Erzeg-Bosnia" Dario Kordic. Mandante della strage di Ahmici, un villaggio a forte componente musulmana presso Vitez, dove un centinaio di non-croati furono liquidati il 16 aprile del 1993, ed in custodia dal 1997, Kordic ha scontato la pena a Graz, cioè in un paese (l'Austria) che ha in tutti i modi sostenuto il separatismo e nazionalismo croato. Recentemente è potuto rientrare a Zagabria tra i festeggiamenti di rappresentanti politici e della chiesa cattolica.
Per alcune delle assoluzioni di cui sopra un anno fa scoppiò uno scandalo, presto silenziato, attorno alla figura di Theodor Meron, "presidente" del "Tribunale", cittadino statunitense, già consigliere giuridico del governo israeliano e ambasciatore israeliano in Canada e alle Nazioni Unite. Il giudice danese Harhoff accusò Meron di avere "effettuato pressioni sui suoi colleghi" per compiacere l'establishment militare americano e israeliano. (7)

Sulla vera natura del "Tribunale ad hoc" scrivevamo nel 2005 (8): «La "giustizia" del "Tribunale ad hoc" è dunque quella di una parte in causa contro l'altra: il contrario esatto del super partes. Il TPIJ, analogamente al famigerato Tribunale Speciale dell'Italia fascista, è uno strumento politico totalmente sotto controllo dei vincitori, cioè degli aggressori, devastatori ed invasori della Jugoslavia.» Ci confortava nel giudizio la sincera dichiarazione di Jamie Shea, portavoce della NATO durante i bombardamenti sulla Jugoslavia della primavera del 1999: «La NATO è amica del Tribunale, è la NATO che detiene per conto del Tribunale i criminali di guerra sotto accusa… Sono i paesi della NATO che hanno procurato i fondi per istituire il Tribunale, noi siamo tra i più grandi finanziatori.» 
Più in dettaglio, del "Tribunale ad hoc" analizzavamo i meccanismi giuridici: «Noti giuristi e commentatori hanno spiegato come, nel suo funzionamento, il TPIJ violi tutti i principi del diritto internazionale. In sostanza, esso non rispetta la separazione dei poteri, né la parità fra accusa e difesa, né tantomeno la presunzione di innocenza finché non si giunge ad una condanna: la regola 92 del TPIJ stabilisce che le confessioni siano ritenute credibili, a meno che l'accusato possa provare il contrario, mentre in qualsiasi altra parte del mondo l'accusato è ritenuto innocente fino a quando non sia provata la sua colpevolezza. Il TPIJ formula i propri regolamenti e li modifica su ordine del Presidente o del Procuratore, assegnando ad essi carattere retroattivo: attraverso una procedura totalmente ridicola, il Presidente può apportare variazioni di sua propria iniziativa e ratificarle via fax ad altri giudici (regola 6). Il regolamento stesso non contempla un giudice per le indagini preliminari che investighi sulle accuse. Il "Tribunale ad hoc" utilizza testimoni anonimi, che si possono dunque sottrarre a verifiche da parte della difesa; secreta le fonti testimoniali, che possono essere anche servizi segreti di paesi coinvolti nei fatti. Esso usa la segretezza anche sui procedimenti aperti (regola 53); ricusa o rifiuta a proprio arbitrio di ascoltare gli avvocati della difesa (regola 46), allo stesso modo dei tribunali dell'Inquisizione; può rifiutare agli avvocati di consultare documentazione probatoria (regola 66); può detenere sospetti per novanta giorni prima di formulare imputazioni, con l'evidente scopo di estorcere confessioni. Dulcis in fundo, i giudici si arrogano persino il diritto, d'accordo con la "pubblica accusa", di revisionare la trascrizione del dibattimento, censurandola.»

La gran parte di queste pratiche è puntualmente confermata nel suo libro da Goran Jelisic, il quale porta quei casi esemplari che sono le sue esperienze dirette. Esperienze drammatiche, a fronte delle quali chiunque impazzirebbe. Jelisic invece raccoglie il suo dolore, i suoi shock, e riesce a farne un libro, a rivendicare semplicemente la umanità sua e dei suoi compagni di prigione, anche quelli di diverso colore politico-etnico. Di qui il titolo, poiché «esistono solo due nazioni: gli uomini e i non uomini» (p.87). E sulla base di questo spontaneo senso di umanità in carcere si fraternizza spesso (non sempre) anche con il nemico di ieri.
Jelisic spiega ulteriori discutibili prassi adottate dal "Tribunale". Racconta casi precisi, di testimoni "imboccati" dai giudici, o del modo in cui vengono imposti gli avvocati difensori e come questi ultimi inducano l'imputato a commettere errori dei quali pagherà poi care le conseguenze. Fa alcuni esempi di materiale probatorio grossolanamente falsificato (addirittura estratti da un film di Arnold Schwarzenegger: p.223). Jelisic racconta come gli inquirenti cercarono in tutti i modi di fagli dire che a Brcko erano stati uccisi seimila musulmani: «Ero sbalordito da tale richiesta. In seguito, ogni volta che volevano spingermi a dire qualcosa, spegnevano la telecamera. Si vedeva che avevano una bella esperienza d'interrogatori nei servizi segreti o come agenti» (p.144; p.170). Jelisic spiega che di fronte a sue "ammissioni" era sempre pronto uno sconto di pena… Alcune sue presunte vittime verranno però invece ritrovate vive e vegete (p.169; p.308). 

E' particolarmente importante l'informazione che Jelisic fornisce sulla sua vicenda "italiana". Innanzitutto, dopo la condanna egli è stato arbitrariamente assegnato ad una prigione italiana nonostante garanzie affatto diverse che gli erano state date. In Italia è passato per sei prigioni diverse, e si trova adesso a Massa, dove deve terminare di scontare una condanna a 30 anni (fino al 2028). Sebbene abbia fatto domanda per ottenere tre anni di indulto, concessi a tutti i detenuti dello Stato italiano, questi gli sono stati rifiutati con la motivazione che avrebbe commesso il crimine di genocidio, reato da cui invece è stato assolto; i suoi ricorsi non ottengono nemmeno risposta. Gli sono stati negati anche i permessi che invece, nelle carceri estere, sono stati spesso concessi ad altri condannati dell'Aia. Dal 2006, anno d'inizio del lavoro di traduzione e riscrittura delle sue memorie, la curatrice del libro non ha mai ottenuto il permesso di incontrarlo. 

Per riprendere una riflessione su queste vergogne, poco dibattute e quasi per nulla denunciate anche nei settori della sinistra più coerente e cosciente, la prossima occasione utile si presenterà a Roma, Lunedì 8 dicembre 2014 nell'ambito della Fiera della piccola editoria "Più Libri Più Liberi" (Palazzo dei Congressi dell'EUR, alle ore 15.00 in Sala Corallo). Lì, il libro di Goran Jelisic sarà presentato dal prefattore Aldo Bernardini (emerito di Diritto Internazionale all'Università di Teramo) e dalla curatrice Jean Toschi Marazzani Visconti (scrittrice e saggista).


Andrea Martocchia (segretario Coord. Naz. per la Jugoslavia onlus)


(1) Un saggio su questo tema è in preparazione per la rivista Marx21.
(6) Si vedano ad es.:
La EULEX garantisce l'impunità ad Ejupi, responsabile della strage dell'autobus di linea Nis Express (2009)
West refuses to probe organ trafficking – Russian envoy (2011)
Crimes de guerre au Kosovo : Eulex acquitte Fatmir Limaj (2012)
https://www.cnj.it/documentazione/kosova.htm#eulex2012
Trafic d’organes au Kosovo : les principaux suspects échappent toujours à Eulex (2013)

(*) Goran Jelisic: UOMINI E NON UOMINI. La guerra in Bosnia Erzegovina nella testimonianza di un ufficiale jugoslavo
A cura di Jean Toschi Marazzani Visconti
Prefazione di Aldo Bernardini, docente di Diritto Internazionale, Università di Teramo
Postfazione dell’Avv. Ugo Giannangeli
Francoforte: Zambon 2013
Formato: 130x210 Pagg. 320 - prezzo 15,00 € - ISBN 978-88-87826-91-3
La scheda del libro: https://www.cnj.it/documentazione/SchedeLibri/scheda-jelisic.pdf


=== 3 ===

http://www.remocontro.it/2014/11/26/eulex-in-kosovo-pendenti-accuse-sentenze-tassametro/

Su Eulex in Kosovo pendenti le accuse di sentenze – tassametro 

Colpevoli o innocenti che sia Eulex a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, ora tutti a casa

di Ennio Remondino - 26 novembre 2014

L’avvocato inglese Maria Bamieh è molto decisa e le sue accuse determinate, precise. Quindi, o la donna soffre di qualche disturbo che la fa sentire vittima, o un bel pezzo di uffici giudiziari di Eulex in Kosovo dovrebbero essere trasferiti semplicemente in carcere. O clinica o galera. Quando?


L’alternativa è drammatica e seppellisce comunque la credibilità residua della missione giudiziaria europea in Kosovo: o clinica psichiatrica o prigione. Il sito inglese ‘dailymail.co.uk’ ovviamente dà attenzione e credito alla denunci fatta dalla sua concittadina. Con un disegno kosoro di fattura anglosassone meritevole di attenzione: «Quindici anni dopo il conflitto, il Kosovo rimane una regione senza legge, con gangster, politici corrotti e criminali di guerra che minacciano l’integrità delle frontiere dell’UE». Traduzione dall’inglese, sia chiaro, pur se il Kosovo è prodotto americano.

Riassunto dei fatti: l’avvocato inglese Maria Bamieh è stata per sei anni inquirente con Eulex in Kosovo. Dava la caccia ai corrotti e se li è scoperti in casa (dice lei). Avvia un’indagine sui suoi stessi colleghi. Allontanati dal lavoro? No, loro restano inquirenti e giudici. Lei, la denunciante, è invece allontanata dall’incarico e da Eulex. Dicono sia perché ora è testimone di un eventuale crimine. Nel frattempo, in attesa dell’inchiesta ‘severissima’ promessa da Lady Pesch, il discredito sull’intera missione internazionale Ue in quella terra decisamente problematica, dilaga e seppellisce.

L’avvocata messa da parte ha tempo da vendere e qualche conto da saldare. In più sa come e dove colpire. E’ il suo mestiere. In tempi di crisi l’argomento ‘soldi’ è decisivo. «In questa missione la maggior del personale è di fatto part-time, ma ottiene uno stipendio a tempo pieno. Scompaiono il giovedì o venerdì mattina, volano a casa e riappaiono nel pomeriggio di lunedì o martedì mattina». Decisamente pelandroni i Signori Giudici Eulex. Fanno come i parlamentari in Italia. Nel frattempo l’Unione europea ha investito nella missione 750 milioni di fondi di fondi comunitaria. Tanti euro.

C’è già un’indagine ufficiale dell’Unione europea sulla vicenda, ma procede lenta. Forse perché lavorano tre giorni la settimana? Interessante come sono nato i sospetti della signora Bamieh. Un alto funzionario del ministero della salute del Kosovo finisce in carcere per corruzione. Tangenti chieste ad aziende farmaceutiche. S’è visto ben di peggio. Ad Ilir Tolaj, il detenuto, qualcuno fa arrivare in carcere un telefono: per passare il tempo. La guastafeste britannica se ne accorge e fa intercettare le telefonate del detenuto. E ne escono fuori delle belle. Anzi, delle brutte, bruttissime.

Tolaj riceveva chiamate di presunti intermediari del giudice italiano Francesco Florit e del procuratore capo, la cecoslovacca Jaroslava Novotna. Magistrati comprensivi pronti ad aiutare, dicono gli intermediari, lasciando intendere di un dovere di gratitudine concreta. Intermediari di corruzione o millantatori del nome di due integerrimi magistrati? Non lo sappiamo. Altri banditi ‘confessano’ alla avvocata british la richiesta di 300mila euro da parte dell’italiano. Prove decisive, per quanto noto ancora nessuna. Di certo soltanto la marea di fango su persone e sulle istituzioni.

C’è l’accusa, c’è la difesa dei due magistrati che negano, ma non c’è l’Ue. O almeno, non si coglie la percezione dell’urgenza di fare chiarezza sui fatti. O è mitomane l’accusatrice (chi l’ha indicata e poi mandata lì?), o sono ladri da galera un po’ di magistrati (stessa domanda, chi li ha segnalati e/o selezionati). L’impressione, per esperienza diretta di ‘Remocontro’ in quelle zone balcaniche, è di un ‘baraccone’ Ue da riformare per salvarlo. Troppi soldi, troppi incapaci, troppe lottizzazioni statali. Colpevoli o innocenti che siano a Pristina, per il solo fatto che si è creato quel pasticcio, tutti a casa.


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British fraud hunter exposes EU staff on the take... in her own anti-corruption unit

• Lawyer Maria Bamieh demanded corruption inquiry into her colleagues
• She was head of financial crime at Eulex rule of law mission in Kosovo
• Raised concerns about senior civil servant Ilir Tolaj from health ministry
• Her own boss, chief prosecutor Jaroslava Novotna, was also implicated 
• Tolaj has been jailed for tax evasion and falsifying documents 
• Ms Bamieh claims she was 'victimised' and 'punished' for speaking out
• She was suspended and escorted out of Eulex headquarters last month

By Adam Luck For The Mail On Sunday

Published: 22:05 GMT, 22 November 2014 | Updated: 14:41 GMT, 23 November 2014


When British lawyer Maria Bamieh was given the chance to help rebuild war-torn Kosovo with an elite EU anti-crime and corruption unit three years ago she jumped at the chance.

Fifteen years after the conflict, Kosovo remains a lawless region, with gangsters, corrupt politicians and war criminals threatening the integrity of the EU borders.

But Bamieh could hardly have known she would soon be demanding a corruption investigation into her own colleagues – or that she would then be escorted out of her office after becoming a whistleblower, and abruptly suspended.

Today, six years after taking the job, the 55-year-old says the investigations unit, known as Eulex, failed to pursue her allegations thoroughly and instead chose to ‘punish’ her for speaking out.

‘I have been subject to a campaign of victimisation and my career with Eulex is over. I may well not work again,’ she told The Mail on Sunday.

‘More to the point this affair raises wider questions about what Eulex has achieved over the six years of its existence and at what cost to the EU and the British taxpayer. 

'Our money is going into this mission and most of the staff work part-time but get a full-time salary. They disappear on Thursday or Friday morning, fly home and reappear on Monday afternoon or Tuesday morning.’

Her worrying story has not only rocked the anti-corruption unit, which has so far swallowed £750million of EU money, but could – if her allegations stick – envelop the EU in a major corruption scandal. 

There is already an official EU investigation into the affair. Ms Bamieh’s concerns reached a head during an investigation into a senior civil servant at the Kosovan health ministry.

The man, Ilir Tolaj, had been arrested and held in prison amid allegations he had demanded bribes from pharmaceutical companies in return for official contracts. He had also smuggled a phone into his cell.

‘I got a court order to intercept his calls because he was not entitled to have that phone,’ says Ms Bamieh. ‘We monitored the calls.’ And the results, gathered in May and June 2012, were disturbing.

It became clear Tolaj was taking calls from people claiming to be intermediaries or go-betweens between Italian judge Francesco Florit, who was seconded to Eulex, and Bamieh’s boss, the Czech chief prosecutor Jaroslava Novotna.

The intermediaries told Tolaj that the Italian judge would ‘do everything to help because he thinks that man [Tolaj] deserves to be helped.’

Bamieh was alarmed to find she was herself the subject of these illegal discussions. It was claimed, for example, that the Italian judge, had described Bamieh as ‘very difficult’ and that Florit had suggested he would get Bamieh replaced.

Another of the middlemen told Tolaj he would hold a meeting with Bamieh’s boss, her ‘chief… the Czech lady’. In one call, Tolaj offers the observation that, ‘I will analyse and see whether I can afford it or not’. The implication was all too clear: two senior colleagues in Eulex could well be compromised, wittingly or otherwise. Florit and Novotna have denied any wrongdoing to The Mail on Sunday.

Ms Bamieh continued: ‘I could not investigate or prosecute Novotna or Florit because I cannot be a prosecutor and witness.’

Eventually, she says, despite the concerns she had raised, she realised there was no proper investigation. 

Her suspicions grew stronger when she was approached by two men convicted of a 2009 bomb attack in the Kosovan capital Pristina amid allegations of a feud between a gangster and a police officer for the hand of a pop singer. It resulted in a fatal explosion.

The two convicted men, it seemed, had made their own approaches to the Italian judge. She said: ‘They told me they had paid money to Florit... and one of the family made a statement how he went to Albania with his lawyer to do negotiations with Florit and they were told that €300,000 was only enough for one of them to be cleared. 

But when I reported this all that happened was that I got punished. I began to be subject to a series of investigations for trivial offences such as car parking. In reality no one got investigated.’

Eventually she went on Kosovan television to outline her claims.

Kosovo broke away from Yugoslavia in 1999 and became a UN protectorate after its bloody war, which pitched the Serb minority against the majority ethnic Albanians. In 2008 the ethnic Albanian-led parliament declared unilateral independence and the UN unit was replaced by Eulex that same year.

Ms Bamieh claims she asked for protection because of her role as a whistleblower but when Eulux was downsized she was made redundant.


Although reinstated on appeal, she was suspended and escorted out of the Eulex headquarters last month after repeating her allegations.
Eulex accused her of leaking documents to the press, a charge Bamieh denies. Now back in London, the mother of one said: ‘I only went to the press after the story came out to clear my name.’

Eulex has announced a fresh investigation but in a sign of Brussels impatience with the unit the EU’s new foreign policy chief Federica Mogherini has despatched a lawyer to oversee the investigation.

‘For God’s sake, they need to call a lawyer to say how an anti-corruption unit should deal with corruption!’ she said. ‘They are meant to be a rule of law mission.’

Richard Howitt, Labour MEP for East of England, said he had met senior EU officials about the case. ‘These allegations are credible and very serious,’ he said. ‘The EU has to have zero tolerance to corruption. It is clear the existing investigation is inadequate. It appears it could be a cover-up. Maria Bamieh has been let down badly.’




(english / italiano)

Aggiornamenti da Ucraina e Donbass / 4: Diventare colonia

1) Considerazioni giuridiche sulla situazione dell'Ucraina (Aldo Bernardini, settembre 2014)
2) Brevi
Censura contro le trasmissioni delle tv russe / Draft coalition agreement stipulates annulment of Ukraine's non-aligned status
3) Le riserve auree dell'Ucraina sono state saccheggiate / The Spoils of War and Regime Change (By Prof Michel Chossudovsky)
4) Biden e Nuland a Kiev / CyberBerkut Hackers Leak US Document Scans With Plans to Supply Weapons to Kiev 
5) La Nato si prende l'Ucraina: al governo banchieri stranieri e marionette Usa (Marco Santopadre, 3 Dicembre 2014)
6) Per i comunisti, l'Ucraina si sta trasformando in una colonia (KPU, 3 Dicembre 2014)


Vedi anche:

Ucraina: è scontro tra Usa e Ue sull’ingresso di Kiev nella Nato (di Marco Santopadre, 1 Dicembre 2014)
http://contropiano.org/internazionale/item/27842-ucraina-e-scontro-tra-usa-e-ue-sull-ingresso-di-kiev-nella-nato 

L’Ucraina vara un governo con ministri stranieri (selezionati da cacciatori di teste) (Il Sole24Ore, 3/12/2014)

Slava Ucraina (di Giulietto Chiesa, mercoledì 3 dicembre 2014)
Kiev dà la cittadinanza ucraina ai soldati stranieri e a tre ministri chiave. Ormai è un paese commissariato dagli USA. Ma non era Mosca a invadere?


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www.resistenze.org - popoli resistenti - ucraina - 05-10-14 - n. 514

Considerazioni giuridiche sulla situazione dell'Ucraina

Aldo Bernardini *

settembre 2014

Il colpo di stato di Kiev e i fatti concomitanti o immediatamente successivi in altra parte dell'Ucraina sono gli elementi decisivi per una corretta impostazione del problema giuridico.

Le circostanze della presa del potere a Kiev con la "deposizione" costituzionalmente illegittima del capo dello Stato Janukovic (mutamento dell'orientamento e della collocazione internazionale del nuovo regime e, all'interno, dei rapporti fra le principali componenti della popolazione; partecipazione attiva di forze dell'estrema destra e sostegno multiforme e concreto dai Paesi occidentali) suggeriscono in prima battuta non essersi trattato di un semplice cambio di governo, sia pure incostituzionale, bensì di un mutamento di regime con possibili conseguenze sull'identità del soggetto statale. Ciò non avrebbe compromesso in principio, in forza di successione, la posizione dell'Ucraina quale Stato costituito dal punto di vista del diritto internazionale, se il regime si fosse affermato come governo (di fatto) su tutta l'Ucraina. Ma questo non è stato.

Il regime illegittimo (tale ancor oggi, pur dopo le elezioni presidenziali, che fra l'altro non si sono svolte in tutta l'Ucraina) non ha mai esercitato il controllo effettivo su tutto il territorio nazionale. E nulla conta che si sia insediato nella capitale e sulle preesistenti strutture statali centrali, comunque al di fuori della legittimità costituzionale. In vaste zone del Paese (Crimea e regioni orientali russofone: Repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk) si sono stabiliti da subito poteri di fatto locali nell'alveo sostanziale della legalità preesistente, con il rifiuto degli indicati mutamenti di orientamento internazionale e interno. Se tali poteri locali si fossero posti anche formalmente nel quadro della preesistente legalità, imperniata sulla presidenza Janukovic, si sarebbe anzi qui potuta riconoscere la continuità dello Stato ucraino costituito, con un potere (legale) centrale, sia pure decurtato (di fatto) della parte controllata dal regime di Kiev, declassato pertanto questo chiaramente a potere di fatto locale (insorti).  Si è invece formata ad Est una costellazione di poteri locali che non si presentano come governo centrale mirante alla soppressione del regime di Kiev, bensì si costituiscono in forma autonoma per il mantenimento, se non altro nelle parti controllate, di quegli orientamenti e collocazioni che il regime di Kiev rovescia. Non certo dunque insorti o ribelli (tanto meno "terroristi"), ma poteri di fatto "autonomisti", la cui compresenza con il regime (di fatto) di Kiev (e per i caratteri sopradetti di questo) comporta che lo Stato Ucraina ha perduto il carattere di Stato unito costituito. I poteri di fatto dell'Est sono espressione –nel vacuum dunque dell'assenza di Stato costituito- di autocostituzione di nuovi soggetti e quindi di autodeterminazione. Stando così le cose, non v'è insomma potere centrale, e certo non lo è Kiev, che sia titolato a reprimere una pretesa insurrezione e a non subire in ciò ingerenze esterne. Il conflitto armato in corso in Ucraina è, giuridicamente, conflitto internazionale tra poteri di fatto indipendenti, che si verifica nel contesto di un processo de-costituente dello Stato unico e costituente dei nuovi poteri, non giunto tuttora ad un definitivo consolidamento ella nuova situazione proprio in ragione del perdurante conflitto.

L'esito di quella autodeterminazione può essere molteplice (salvo l'ipotesi della soccombenza): proclamazione di indipendenza (e poi eventuale confluenza in altro Stato: così la Crimea con la Federazione russa); ma anche partecipazione paritaria alla ricostituzione di uno Stato Ucraina integrale con, ad es., garanzia di autonomia (federale) per le diverse parti.

In sintesi: assenza di uno Stato centrale unico costituito; esistenza di due costellazioni di poteri di fatto concomitanti. Essendo accertato che il regime di Kiev è sorto con ampio sostegno (da ritenersi illecito) da parte di Stati esteri, l'ausilio eventuale di una potenza esterna ai poteri di fatto dell'Est, è –tanto più se essi vengono collocati nel solco dell'autodeterminazione - legittimo. Siffatto aiuto non richiede in alcun modo un consenso del regime di Kiev qualora avvenga nel territorio controllato dai poteri dell'Est, e non può certo parlarsi di "invasione" o "aggressione". Impropriamente infatti il regime di Kiev si presenta e viene considerato da taluni Paesi (in particolare da quelli occidentali) come governo centrale dell'Ucraina: si tratta, va ripetuto, di potere di fatto nella parte, e solo in quella, che esso fattualmente controlla.

* Aldo Bernardini, Professore emerito di diritto internazionale dell'Università di Teramo.


=== 2: BREVI  ===

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 13/11/2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/724319194316004

Oltre ai giornali accusati di "separatismo" e alla stampa comunista, la censura della giunta si è abbattuta contro le trasmissioni delle tv russe che raggiungevano l'Ucraina. I servizi golpisti hanno, dal loro insediamento, lavorato anche contro i siti web, decretando la chiusura di alcuni portali e l'arresto dei redattori.
Ora, il Ministero degli Interni sta elaborando un salto di qualità: bloccare l'accesso di informazioni dalla Russia anche via web, contando sull'aiuto degli Stati Uniti. Lo ha annunciato mercoledì 12 novembre durante una tavola rotonda dal titolo "Sicurezza delle informazioni su Internet" il consulente di Avakov, Anton Gerashchenko.

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Draft coalition agreement stipulates annulment of Ukraine's non-aligned status (Interfax-Ukraine, November 15, 2014)

Participants in negotiations on setting up a coalition at the Ukrainian parliament are considering the annulment of Ukraine's non-aligned status and the country's membership of NATO in a draft coalition agreement.
The Petro Poroshenko Bloc's website reported that the draft coalition agreement envisions the development and adoption of new versions of the Ukrainian National Security Strategy and Military Doctrine.
The draft agreement says that, among other things, "the Military Doctrine should contain the term 'potential enemy' and clearly determine criteria for recognizing a certain state or a group of states as a potential enemy."
In addition, the draft coalition agreement suggests amending the laws on the foundations of domestic and foreign policy and on the foundations of national security, including "the annulment of Ukraine's non-aligned status, the resumption of a political course toward integration into the Euro-Atlantic security space and membership of the North Atlantic Treaty Organization, and also the restoration of Ukraine's national sovereignty over the territory of Crimea as one of the strategic goals."
The draft coalition agreement stipulates that Ukraine's defense expenses must amount to at least 3% of its GDP.


=== 3 ===

Fonte: pagina FB "Fort Rus", 18/11/2014
https://www.facebook.com/725233754212794/photos/a.725414737528029.1073741828.725233754212794/731802110222625/?type=1&fref=nf 

Le riserve auree dell'Ucraina sono state saccheggiate 

La responsabile della Banca Nazionale Ucraina, la Signora Valeria Gontareva, ha dichiarato che una grande quantità delle riserve auree ucraine è "scomparsa". 
Secondo i dati della Banca Centrale Ucraina, le riserve in oro avrebbero dovuto essere superiori di 8 volte rispetto a quanto sia realmente presente.
Ovviamente nessuno funzionario del regime di Kiev ha idea di dove sia finito l'oro "scomparso". All'inizio di questo mese, la quantità di oro presente nelle riserve era pari ad appena 1 miliardo di dollari. 

La stessa responsabile della Banca Centrale ha ricordato che durante la presidenza di Yanukovych, le riserve auree erano cresciute. Questa quantità di oro è quindi scomparsa dopo il golpe di Febbraio. 

http://ukraina.ru/news/20141116/1011178918.html

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L'Ucraina ammette la "scomparsa" del suo oro (19/11/2014)

Riserve in oro Ucraina volate in aereo segretamente verso Fed di New York? (Fabia Scanisich, 17/03/2014)
Alcune segnalazioni rivelerebbero che le riserve in oro dell'Ucraina sarebbero state frettolosamente e segretamente trasferite in aereo verso gli Stati Uniti, dirette presumibilmente alla Federal Reserve di New York. Sul presunto trasporto aereo e la confisca delle riserve auree dell'Ucraina non c'è ancora nessuna conferma…
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http://www.globalresearch.ca/ukraines-gold-reserves-secretely-flown-out-and-confiscated-by-the-new-york-federal-reserve/5373446

Ukraine’s Gold Reserves Secretely Flown Out and Confiscated by the New York Federal Reserve?

The Spoils of War and Regime Change

By Prof Michel Chossudovsky

Global Research, April 19, 2014

A Russian Internet news site Iskra (“Spark”) based in Zaporozhye, eastern Ukraine,  reported on March 7, that  “Ukraine’s gold reserves had been hastily airlifted to the United States from Borispol Airport east of Kiev”.

This alleged airlift and confiscation of Ukraine’s gold reserves by the New York Federal Reserve has not been confirmed by the Western media. 

According to Iskra News:

At 2 a.m. this morning [March 7] an unmarked transport plane was on the runway at Borispol Airport (right) [east of Kiev]. According to airport staff, before the plane came to the airport, four trucks and two Volkswagen minibuses arrived, all the truck license plates missing.

Fifteen people in black uniforms, masks, and body armor stepped out, some armed with machine guns. They loaded the plane with more than 40 heavy boxes.

After that a mysterious man arrived and entered the plane.

All loading was done in a hurry.

The plane took off on an emergency basis.

Those who saw this mysterious special operation immediately notified the airport officials, who told the callers not to meddle in other people’s affairs.

Later a returned call from a senior official of the former Ministry of Revenue reported that tonight, on the orders of one of the new leaders of Ukraine, the United States had taken custody of all the gold reserves in Ukraine.” Сегодня ночью из “Борисполя” в США страртовал самолёт с золотым запасом Украины,  iskra-news.info. Zaporozhye, Ukraine, March 7, 2014, translated from Russian by the Gold Anti-Trust Action Committee Inc (GATA), emphasis added)

Following this disclosure, GATA’s Secretary Treasurer Chris Powell requested the New Federal Reserve and the US State Department to indicate whether the NY Fed had “taken custody” of Ukraine’s Gold.

A spokesman for the New York Fed said simply: “Any inquiry regarding gold accounts should be directed to the account holder. You may want to contact the National Bank of Ukraine to discuss this report.”

GATA’s similar inquiry of last night to the U.S. State Department has not yet prompted any reply.

Last night GATA called this issue to the attention of about 30 mainstream financial journalists and newsletter writers in the admittedly bizarre hope that they might pose the question as well.

1) The first rule of mainstream financial journalism and particularly financial journalism about gold is never to put a specific critical question about the monetary metal to any of the primary participants in the gold market, central banks. That is, nearly all gold market reporting is, by design, irrelevant distraction at best, disinformation at worst.

2) The true location and disposition of national gold reserves are secrets far more sensitive than the location and disposition of nuclear weapons. Chris Powell, Secretary/Treasurer
Gold Anti-Trust Action Committee Inc.

While the unconfirmed report regarding Ukraine’s gold reserves has not been the object of coverage by the mainstream financial news, the story was nonetheless picked up by the Shanghai Metals Market at  Metal.com. which states, quoting a report from the Ukrainian government, that Ukraine’s gold reserves had been “moved on an aircraft from … Kiev to the United States… in 40 sealed boxes” loaded on an unidentified aircraft.

The unconfirmed source quoted by Metal.com, says that the operation to airlift Ukraine’s gold had been ordered by the acting Prime Minister Arseny Yatsenyuk with a view to safe-keeping Ukraine’s gold reserves at the NY Fed, against a possible Russian invasion which could lead to the confiscation of Ukraine’s gold reserves.

On March 10, kingworldnews, a prominent online financial blog site published an incisive interview with William Kaye, a Hong Kong based hedge fund manager at Pacific Group Ltd. who had previously worked for Goldman Sachs in mergers and acquisitions.  ‎

The Spoils of War and Regime Change

Of significance in this interview with William Kaye is the analogy between Ukraine, Iraq and Libya. Lest we forget, both Iraq and Libya had their gold reserves confiscated by the US. According to Kaye,  the destination was the New York Fed.

The National Bank of Ukraine (Central Bank) estimated Ukraine’s gold reserves in February to be worth 1.8 billion dollars. According to William Kaye: “That would amount to a very nice down payment to the $5 billion that Assistant Secretary of State Victoria Nuland boasted that the United States has already spent in their efforts to destabilize Ukraine, and put in place their own unelected  government.” (KingsWorldNews  emphasis added). Kaye also confirmed in the interview that Washington was behind the appointment of the new head of the National  Bank of Ukraine (NBU) Stepan Kubiv:

“This would have been his first major decision to transport that gold out of Ukraine to the United States. …Ukraine will … very likely never see that gold again.” (Read Complete interview at KingsWorldNews, March 10, 2014, emphasis added)

Acting prime Minister Arseniy Yatsenyuk accused the Yanukovych government of having stolen Ukraine’s gold reserves.  This statement was made on February 27th, less than week prior to the report on the alleged airlifting of Ukraine’s gold to the  New York, which is yet to be confirmed.



=== 4 ===

Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 21/11/2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

<< Sono arrivati questa mattina a Kiev, a un anno dall'inizio delle violenze sul Majdan che portarono al golpe di febbraio, il vice presidente USA Biden e V. Nuland, consigliere del segretario di Stato per l'Europa e l'Eurasia. 
Tra gli incontri di Biden: quelli con il presidente golpista e il premier (Poroshenko e Yatsenjuk) per discutere di "riforme" e della "situazione nel Donbass". Previsto anche un incontro con le organizzazioni americane cosiddette "non governative". Mentre la visita di Biden durerà solo oggi, la Nuland resterà a Kiev ospite dei golpisti fino al 23 novembre. 
Si tratta di una visita che non lascia presagire niente di buono, né per il Donbass né per il resto del paese, dove "riforme" significa privatizzare, aumento delle tariffe, svendita del patrimonio e asservimento ai dettami del FMI: riforme che assieme alla guerra hanno messo in ginocchio l'Ucraina. >>


Coca e petrolio (Oct. 17th, 2014)

Dopo il golpe di Kiev, il rampollo di casa Biden è entrato a far parte del consiglio d'amministrazione della Burisma, la maggiore compagnia energetica ucraina. 
Il curriculum del figlio di Joe Biden (vice presidente degli USA, uno degli architetti del majdan) ce lo racconta il Corriere della Sera: cacciato dalla marina USA perché cocainomane.
Forse la Burisma ha intenzione di passare dal gas e dal petrolio alla produzione di stupefacenti?

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Hackers Leak US Document Scans With Plans to Supply Weapons to Kiev (25.11.2014)
Despite earlier claims that US had no intention of supplying Ukraine with weapons, a recent leak of government documents has revealed plans to supply weapons to Kiev. The leak was published online by Ukrainian hackers group CyberBerkut…

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Fonte: pagina FB "Con l'Ucraina antifascista", 24/11/2014
https://www.facebook.com/ucrainaantifascista/posts/730116527069604

Durante la recente missione ucraina di Biden, il gruppo Cyber Berkut ha violato pc e dispositivi mobili di membri della delegazione statunitense svelando nomi e beneficiari di parte dei finanziamenti USA agli uomini della giunta.
Estremamente "singolare" la richiesta ufficiale da parte ucraina di far arrivare denaro su conti personali dei gerarchi…


25.11.2014 г. CyberBerkut gained access to the documents of Joseph Biden’s delegation officials

We, CyberBerkut, have already warned against inadmissibility of the Washington's interference in internal affairs of our country. Moreover, we repeatedly claimed our rejection of Kiev authorities’ antinational policy which had put Ukraine in dependence from the USA.

During two-day visit of Joseph Biden to Kiev on November 20-21 we gained access to confidential files of the State Department that had been stored on American delegation member’s mobile device.

Today we are ready to acquaint Ukrainian citizens, the USA and the world community with the documents that uncover the real volume and direction of American aid to “settle” the Ukrainian crisis.

After examination of just a several files there is the impression that the Ukrainian army is the branch of US Armed Forces. The volume of US financial assistance amazes with its scale. They also show the highest level of degradation of the Ukrainian Armed Forces. Besides, thousands of dollars go on personal accounts of military personnel and used by certain officers in personal needs. What will the American taxpayers say?  

Documents signed by Kiev and foreign authorities speak for themselves:

One of the most surprising documents. The Naval Command begs it's foreign masters to sponsor Ukrainian officers during military exercises headed by the Pentagon on the Ukraine territory. And what about national pride?
Besides, what's the point of transferring more than a half million UAH on a card account of LCDR Denis Stupak? It cannot be explained. Except for uncontrolled spending and enriching without paying taxes. Perhaps it would be very interesting for Ukrainian and American journalists to find this officer and ask him a couple of questions.
[PHOTO]
Here's another document concerning military exercises. This time the Army Academy Named After Hetman Petro Sagaydachnyi begs to recover exercise expenditure for meals and incidentals of its eleven officers and one civilian. They want up to 53,000 UAH.
And now attention! Why does the assignment allowance of Naval Forces officers come up to 1310 UAH per day, and assignment allowance of the Army Academy officers – 500 UAH per day? Are sailors hungrier? Or is it just blind cupidity?
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This is one of the documents confirming that the Ukrainian army becomes a branch of US Armed Forces. The amount of expenses is amazing. What is much astonishing, almost one million dollars is assigned for opening "linguistic laboratories" and purchasing text-books for them. Undoubtedly, it is what Ukrainian Armed Forces need today. They all need English to understand Washington's orders more quickly.
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This document contains signatures of Barak Obama and John Kerry. The USA will provide Ukrainian Armed Forces with counter-mortar radars. It is what Mr. Poroshenko proudly talked about. So it happened. Three radars worth a total of $400 000. It's a penny in comparison with what Ukrainian army will receive from Washington. From these documents it's not difficult to understand that US military assistance calculates in millions of dollars. And as we all know, he who pays the piper calls the tune.
[PHOTO]
The United States of America continue to assert that they are ready to provide Ukraine only with non-lethal commodities. But for some reasons members of Joseph Biden’s delegation have been given the document with the mark “for the Congress, final”. After reading of this document it’s getting clear that the junta is not going to comply with the Minsk agreements and observe the truce. They are ready to kill again!
400 sniper-rifles, 2000 assault-rifles, 720 hand-held grenade launchers, 200 mortars with more than 70 000 mines, 150 stingers, 420 antitank missiles and so on. That’s the plan of a peaceful settlement of the conflict in the South-East by Petro Poroshenko.
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For some reason, special attention is paid to Ukraine’s Naval Forces. On one hand it’s clear that there are no Naval Forces in Ukraine. On the other hand it points at aggressive plans of the USA and Kiev to prepare subversive operations not only in the South-East, but in Crimea. It’s hard to find another explanation. Otherwise, for what purpose does Ukraine need 150 combat divers?
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These are folks of the State Department working and having fun. They are feeling great.
[PHOTOS]

Archives with these and other documents are available for download by the links below:
best: http://www.mediafire.com/download/butobc70nzbp47g/best.7z
other: http://www.mediafire.com/download/pdx7fic7z3fe41g/other.7z

We are CyberBerkut! We will not forget! We will not forgive!


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http://contropiano.org/internazionale/item/27877-la-nato-si-prende-l-ucraina-al-governo-banchieri-stranieri-e-marionette-usa

La Nato si prende l'Ucraina: al governo banchieri stranieri e marionette Usa

Marco Santopadre, 3 Dicembre 2014

Scrivevano ieri agenzie di stampa e quotidiani vari che il nuovo governo ucraino, la cui formazione era questione di ore, sarebbe stato filo-occidentale. Ma in realtà sarà occidentale e basta, visto che a governare gli ucraini – almeno quelli che non si sono ribellati armi alla mano dopo il golpe di febbraio – saranno direttamente esponenti stranieri. Alcuni espressione diretta delle potenze occidentali che hanno sostenuto EuroMaidan prima e il regime change poi, altri provenienti da vari paesi dell’ex Urss e marionette di Usa e Nato.
A guardare la nuova lista dei ministri e dei responsabili frutto dell’accordo raggiunto dai cinque partiti di destra ed estrema destra entrati alla Rada grazie alle elezioni del 26 ottobre sembra di trovarsi di fronte una squadra di calcio tanti sono gli stranieri. Alcuni dei quali sono stati scelti per dirigere settori chiave, esplicitando così senza infingimenti la natura eterodiretta di quella che in tanti, in troppi, si ostinano ancora a definire una ‘rivoluzione’. 
Ad esempio a capo del ministero delle Finanze ci sarà la statunitense Natalia Jaresko, che ha il ‘pregio’ di essere di origini ucraine, e che è anche amministratore delegato di un fondo di investimenti del gruppo Horizon Capital. 
Il Ministero dell'Economia andrà invece a un lituano, il banchiere Aivaras Abromavicius, partner della società di investimenti East Capital, che conosce bene l’Ucraina avendoci lavorato negli ultimi 20 anni dopo aver ricoperto incarichi al Dipartimento di Stato americano. C’è da chiedersi quale sia stato il suo ruolo nel porre le condizioni per il sovvertimento del presidente Yanukovich, a febbraio.
A guidare il dicastero della Sanità andrà invece il georgiano Alexander Kvitashvili, di ferrea osservanza Nato, ex ministro della Salute e del Lavoro nel governo di Tbilisi ai tempi del presidente Mikhail Saakhasvili (oggi sotto processo in patria e rifugiato negli Usa).
Ai tre il presidente Poroshenko, che ha giustificato la novità con la necessità di combattere la corruzione, rimettere in sesto l'economia e difendere il paese "dall'aggressione russa", ha seduta stante concesso la cittadinanza ucraina, visto che legalmente non è possibile farsi governare da cittadini di un altro paese. Il miliardario ha anche promesso in parlamento un decreto “per concedere la cittadinanza ucraina agli stranieri che combattono” nel sud-est al fianco delle truppe di Kiev contro i miliziani separatisti e “gli aggressori russi”.

Avevamo già fatto notare la stranezza di un panorama politico di destra e presuntamente nazionalista che si fa dettare le condizioni dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea, dall’Alleanza Atlantica e dal Fondo Monetario Internazionale. Ma ora si è andati ben oltre l’immaginabile, con l’Ucraina ridotta a colonia amministrata non più attraverso delle “teste di legno” locali, ma direttamente dagli sponsor e dai padrini stranieri del nuovo regime. Banchieri e tecnocrati con un legame evidente con l’Alleanza Atlantica e il dipartimento di Stato di Washington. Non c’è che dire per quella che anche organizzazioni e media di sinistra hanno entusiasticamente descritto come una ‘rivoluzione antioligarchica’.

Incredibilmente, poi, la scelta dei “candidati stranieri” per il nuovo esecutivo ucraino è stata gestita da due società di selezione del personale, naturalmente straniere, la Pedersen & Partners e la Korn Ferry, che hanno trovato 185 potenziali candidati tra gli stranieri presenti a Kiev e tra i membri della comunità ucraina che lavorano all’Estero, in Canada, Stati Uniti e Regno Unito. Dopo i colloqui, i professionisti della selezione hanno ben 24 candidati, alcuni dei quali destinati a guidare alcuni ministeri, altri a gestire il governo come funzionari altamente qualificati (e influenti). Un lavoro di casting da far invidia a ‘X Factor’! Dietro il quale, ci informa un sarcastico Sole 24 Ore, c’è la mano e la supervisione della Fondazione Renaissence, “network globale di consulenza politica” al servizio del miliardario statunitense di origini ungheresi George Soros che avrebbe sborsato, secondo il quotidiano KyvPost, circa 80 mila dollari per finanziare le due società. 
Un personaggio che si è spesso vantato di aver alacremente lavorato per buttare giù il precedente governo ucraino che si opponeva alla firma del trattato di associazione con l’Ue e all’avvicinamento alla Nato e che ora esce allo scoperto.

Il passaggio parlamentare non ha rappresentato alcun problema. La Verkhovna Rada ha infatti detto si al nuovo esecutivo con ben 288 voti a favore, 62 più di quelli necessari. Vladymir Groisman, ex ministro dello sviluppo regionale e delfino di Poroshenko è stato nominato presidente del parlamento, terza carica dello Stato. Sono stati anche confermati al loro posto il ministro degli Esteri, Pavlo Klimkin, e il titolare della Difesa, Stepan Poltorakv, entrambi in quota Poroshenko e più vicini agli interessi dell’Unione Europea, che però esce con le ossa rotte da una tale ‘evoluzione’ dell’esecutivo di Kiev, di fatto quasi totalmente in mano al falco filo statunitense Arseni Iatseniuk che ora potrà contare sui nuovi ministri stranieri e sui funzionari che di fatto avranno il ruolo di orientare le scelte di settori e ministeri controllati nominalmente da esponenti di non stretta osservanza Usa.

Yatseniuk verrà sostenuto da un maggioranza parlamentare molto ampia, pari ai due terzi dei seggi necessari per le modifiche costituzionali che il nuovo regime vuole imporre, formata da una coalizione di cinque partiti di destra ed estrema destra: il Blocco Poroshenko, il Fronte Nazionale di Iatseniuk, Samopomich di Andrei Sadovy, il Partito radicale di Oleg Lyashko e Patria di Yulia Tymoshenko. Quanto questa maggioranza sarà solida e quanto gli interessi spesso opposti degli oligarchi e dei capi militari dei battaglioni punitivi di estrema destra riusciranno a convivere lo vedremo nelle prossime settimane.


=== 6 ===

http://www.marx21.it/internazionale/area-ex-urss/24842-per-i-comunisti-lucraina-si-sta-trasformando-in-una-colonia.html

Per i comunisti, l'Ucraina si sta trasformando in una colonia

3 Dicembre 2014
da www.kpu.ua 

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Dichiarazione di Petro Simonenko in merito alla designazione di ministri stranieri

La nomina di stranieri come ministri del governo rappresenta un'aperta violazione del principio di responsabilità politica. Poiché è assolutamente incomprensibile in che cosa consisteranno i rapporti tra la coalizione parlamentare e gli stranieri, sebbene abbiano acquisito la cittadinanza ucraina.

E' l'opinione espressa dal leader del Partito Comunista di Ucraina, Petro Simonenko.

Va notato che nel preambolo dell'accordo di coalizione sono scritte parole gravi: “Abbiamo la responsabilità politica di rispondere alle minacce che deve affrontare il nostro paese”.

“Lo hanno scritto per passare la responsabilità direttamente ai “cacciatori di teste”?! Rileva il leader comunista. “E allora perché ci si è così dati da fare per indire elezioni anticipate se poi i partiti entrati in parlamento non dispongono di candidati preparati e in grado di attuare riforme e assolvere alle funzioni del potere?! E' un comportamento che si presta ad un unico giudizio: è stato un inganno intenzionale degli elettori”.

In secondo luogo, ha continuato Petro Simonenko, l'attribuzione della cittadinanza ucraina non rimuove una serie di questioni giuridiche. “In Ucraina, la doppia cittadinanza è fuori legge. La legge rifiuta ministri stranieri come Natalya Jaresko cittadina degli Stati Uniti. Ciò significa che chi è al potere programma la palese violazione delle norme della legislazione ucraina”.

Inoltre, come ha ricordato il leader dei comunisti ucraini, la legge richiede l'obbligo per i funzionari ucraini della conoscenza e la padronanza della lingua ufficiale. “In quale lingua il ministro dello Sviluppo Economico e del Commercio interverrà di fronte alla Rada Suprema? In russo o in inglese? Sono curioso di vedere la reazione di quegli ultra-nazionalisti che si precipitavano sul podio mostrando i pugni, quando si parlava russo”.

Tuttavia, sebbene il lato formale della questione potrebbe essere arrangiato attraverso una semplificazione della procedura, rimane aperto il problema di come vengano tutelati gli interessi nazionali.

“Con il denaro dei contribuenti ucraini al governo ci sarà un ex dipendente del Dipartimento di Stato USA, Natalya Jaresko. Non stiamo forse permettendo l'accesso illimitato a informazioni sottoposte al segreto di Stato? Chi risponderà nel caso in cui questa persona, appena registrata come cittadina ucraina, dovesse trasferire ad altri le informazioni segrete? E a proposito, la cittadinanza concessa ha carattere temporaneo o permanente?”

E' vero, come ha osservato il leader del KPU, che la designazione di stranieri per la definizione delle riforme rientra in un ambito di liceità, ma tale pratica viene utilizzata solo nel caso essi siano impegnati in qualità di esperti, consulenti, consiglieri, ma non come membri del governo, vale a dire come persone che decidono direttamente la politica dello Stato: “E oltretutto in modo così massiccio. Per questa ragione, se vogliamo esprimere un giudizio sulle decisioni assunte dalle autorità, da un lato, siamo di fronte a una vera e propria manifestazione di impotenza, dall'altro alla consegna del controllo del potere direttamente all'estero”.

“Perché al governo sono stati invitati gli stranieri? Si chiede Petro Simonenko, dando questa risposta: “In realtà non stiamo parlando di quali riforme si intenda attuare. Qui stiamo parlando della legalizzazione del controllo straniero del paese”.

Va inteso che i centri di pressione straniera sull'Ucraina sono stanchi di “lavorare attraverso intermediari”, che si sono dimostrati inefficienti nella risoluzione dei compiti geopolitici che sono stati affidati loro: la loro corruzione costa troppo caro. Di qui l'idea di introdurre nell'apparato statale direttamente i propri agenti per assicurare il controllo esterno”.

Secondo il leader del Partito Comunista di Ucraina, non ci si deve stupire se dopo questo tipo di innovazione, verranno avanzate nuove “idee progressiste”. Ad esempio, l'idea dell'amministrazione coloniale.

“E anche la logica delle autorità ucraine è comprensibile. Non avendo la minima idea di come affrontare i problemi che si sono accumulati nel paese, semplicemente non intendono assumere le proprie responsabilità”.

Esattamente come è avvenuto con il precedente governo, si risponde semplicemente imprimendo un'accelerazione alla crisi politica, aumentando a dismisura la possibilità di un'esplosione sociale”, - ha dichiarato Petro Simonenko, aggiungendo che la legalizzazione del controllo esterno porterà a far si che un grande movimento sociale acquisirà un altro fondamentale aspetto: quello della lotta anticoloniale.

Ufficio stampa del Partito Comunista di Ucraina






(srpskohrvatski / francais / english / italiano)

Aggiornamenti da Ucraina e Donbass / 3: Petras, Wimmer, Schwarz

1) James Petras: All-Out War in Ukraine: NATO’s ‘Final Offensive’ / Una grande guerra sta per scoppiare in Ucraina
2) Willi Wimmer: L’OTAN souhaite vivement une intervention de la Russie en Ukraine orientale // Изазивање Русије  // Инструментализација ОЕБС-а и инсценација рата
3) Peter Schwarz: One year since the beginning of the crisis in Ukraine
Tomorrow [29/11/2014] marks the first anniversary of the Eastern Partnership Summit in Vilnius, where then Ukrainian President Viktor Yanukovych refused to sign an Association Agreement with the European Union…


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All-Out War in Ukraine: NATO’s ‘Final Offensive’

By James Petras

November 23, 2014 "ICH" -  There are clear signs that a major war is about to break out in Ukraine:  A war actively promoted by the NATO regimes and supported by their allies and clients in Asia (Japan) and the Middle East (Saudi Arabia).  The war over Ukraine will essentially run along the lines of a full-scale military offensive against the southeast Donbas region, targeting the breakaway ethnic Ukraine- Russian Peoples Republic of Donetsk and Lugansk, with the intention of deposing the democratically elected government, disarming the popular militias, killing the guerrilla resistance partisans and their mass base, dismantling the popular representative organizations and engaging in ethnic cleansing of millions of bilingual Ukraino-Russian citizens.  NATO’s forthcoming military seizure of the Donbas region is a continuation and extension of its original violent putsch in Kiev, which overthrew an elected Ukrainian government in February 2014.

The Kiev junta and its newly ‘elected’ client rulers, and its NATO sponsors are intent on a major purge to consolidate the puppet Poroshenko’s dictatorial rule.  The recent NATO-sponsored elections excluded several major political parties that had traditionally supported the country’s large ethnic minority populations, and was boycotted in the Donbas region.  This sham election in Kiev set the tone for NATO’s next move toward converting Ukraine into one gigantic US multi-purpose military base aimed at the Russian heartland and into a neo-colony for German capital, supplying Berlin with grain and raw materials while serving as a captive market for German manufactured goods.

An intensifying war fever is sweeping the West; the consequences of this madness appear graver by the hour.

War Signs:  The Propaganda and Sanctions Campaign, the G20 Summit and the Military Build Up

The official drum- beat for a widening conflict in Ukraine, spearheaded by the Kiev junta and its fascist militias, echoes in every Western mass media outlet, every day.  Major mass media propaganda mills and government ‘spokesmen and women’ publish or announce new trumped-up accounts of growing Russian military threats to its neighbors and cross-border invasions into Ukraine.  New Russian incursions are ‘reported’ from the Nordic borders and Baltic states to the Caucuses.  The Swedish regime creates a new level of hysteria over a mysterious “Russian” submarine off the coast of Stockholm, which it never identifies or locates – let alone confirms the ‘sighting’.  Estonia and Latvia claim Russian warplanes violated their air space without confirmation.  Poland expels Russian “spies” without proof or witnesses.  Provocative full-scale joint NATO-client state military exercises are taking place along Russia’s frontiers in the Baltic States, Poland, Romania and Ukraine.

NATO is sending vast arms shipments to the Kiev junta, along with “Special Forces” advisers and counter-insurgency experts in anticipation of a full-scale attack against the rebels in the Donbas.

The Kiev regime has never abided by the Minsk cease fire. According to the UN Human Rights office 13 people on average –mostly civilians –have been killed each day since the September cease fire. In eight weeks, the UN reports that 957 people have killed –overwhelmingly by Kiev’s armed forces.

The Kiev regime, in turn, has cut all basic social and public services to the Peoples’ Republics’, including electricity, fuel, civil service salaries, pensions, medical supplies, salaries for teachers and medical workers, municipal workers wages; banking and transport have been blockaded.

The strategy is to further strangle the economy, destroy the infrastructure, force an even greater mass exodus of destitute refugees from the densely populated cities across the border into Russia and then to launch massive air, missile, artillery and ground assaults on urban centers as well as rebel bases.

The Kiev junta has launched an all-out military mobilization in the Western regions, accompanied by rabid anti-Russian, anti-Eastern Orthodox indoctrination campaigns designed to attract the most violent far right chauvinist thugs and to incorporate the Nazi-style military brigades into the frontline shock troops.  The cynical use of irregular fascist militias will ‘free’ NATO and Germany from any responsibility for the inevitable terror and atrocities in their campaign.  This system of ‘plausible deniability’ mirrors the tactics of the German Nazis whose hordes of fascist Ukrainians and Ustashi Croats were notorious in their epoch of ethnic cleansing.

G20-plus-NATO: Support of the Kiev Blitz

To isolate and weaken resistance in the Donbas and guarantee the victory of the impending Kiev blitz, the EU and the US are intensifying their economic, military and diplomatic pressure on Russia to abandon the nascent peoples’ democracy in the south-east region of Ukraine, their principle ally.

Each and every escalation of economic sanctions against Russia is designed to weaken the capacity of the Donbas resistance fighters to defend their homes, towns and cities.  Each and every Russian shipment of essential medical supplies and food to the besieged population evokes a new and more hysterical outburst – because it counters Kiev-NATO strategy of starving the partisans and their mass base into submission or provoking their flight to safety across the Russian border.

After suffering a series of defeats, the Kiev regime and its NATO strategists decided to sign a ‘peace protocol’, the so-called Minsk agreement, to halt the advance of the Donbas resistance into the southern regions and to protect its Kiev’s soldiers and militias holed-up in isolated pockets in the East.  The Minsk agreement was designed to allow the Kiev junta to build up its military, re-organize its command and incorporate the disparate Nazi militias into its overall military forces in preparation for a ‘final offensive’.  Kiev’s military build-up on the inside and NATO’s escalation of sanctions against Russia on the outside would be two sides of the same strategy:  the success of a frontal attack on the democratic resistance of the Donbas basin depends on minimizing Russian military support through international sanctions.

NATO’s virulent hostility to Russian President Putin was on full display at the G20 meeting in Australia: NATO-linked presidents and prime ministers, especially Merkel, Obama, Cameron, Abbott, and Harper’s political threats and overt personal insults paralleled Kiev’s growing starvation blockade of the besieged rebels and population centers in the south-east.  Both the G20’s economic threats against Russia and the diplomatic isolation of Putin and Kiev’s economic blockade are preludes to NATO’s Final Solution – the physical annihilation of all vestiges of Donbas resistance, popular democracy and cultural-economic ties with Russia.

Kiev depends on its NATO mentors to impose a new round of severe sanctions against Russia, especially if its planned invasion encounters a well armed and robust mass resistance bolstered by Russian support.  NATO is counting on Kiev’s restored and newly supplied military capacity to effectively destroy the southeast centers of resistance.

NATO has decided on an ‘all-or-nothing campaign’:  to seize all of Ukraine or, failing that, destroy the restive southeast, obliterate its population and productive capacity and engage in an all-out economic (and possibly shooting) war with Russia.  Chancellor Angela Merkel is on board with this plan despite the complaints of German industrialists over their huge loss of export sales to Russia.  President Hollande of France has signed on dismissing the complaints of trade unionists over the loss of thousands French jobs in the shipyards.  Prime Minister David Cameron is eager for an economic war against Moscow, suggesting the bankers of the City of London find new channels to launder the illicit earnings of Russian oligarchs.

The Russian Response

Russian diplomats are desperate to find a compromise, which allows Ukraine’s ethnic Ukraine- Russian population in the southeast to retain some autonomy under a federation plan and regain influence within the ‘new’ post-putsch Ukraine.  Russian military strategists have provided logistical and military aid to the resistance in order to avoid a repeat of the Odessa massacre of ethnic Russians by Ukrainian fascists on a massive scale. Above all, Russia cannot afford to have NATO-Nazi-Kiev military bases along its southern ‘underbelly’, imposing a blockade of the Crimea and forcing a mass exodus of ethnic Russians from the Donbas.  Under Putin, the Russian government has tried to propose compromises allowing Western economic supremacy over Ukraine but without NATO military expansion and absorption by Kiev.

That policy of conciliation has repeatedly failed.

The democratically elected ‘compromise regime’ in Kiev was overthrown in February 2014 in a violent putsch, which installed a pro-NATO junta.

Kiev violated the Minsk agreement with impunity and encouragement from the NATO powers and Germany.

The recent G20 meeting in Australia featured a rabble-rousing chorus against President Putin.  The crucial four-hour private meeting between Putin and Merkel turned into a fiasco when Germany parroted the NATO chorus.

Putin finally responded by expanding Russia’s air and ground troop preparedness along its borders while accelerating Moscow’s economic pivot to Asia.

Most important, President Putin has announced that Russia cannot stand by and allow the massacre of a whole people in the Donbas region.

Is Poroshenko’s forthcoming blitz against the people of southeast Ukraine designed to provoke a Russian response – to the humanitarian crisis?  Will Russia confront the NATO-directed Kiev offensive and risk a total break with the West?

James Petras is a Bartle Professor (Emeritus) of Sociology at Binghamton University, New York. Latest book: “The New Extractivism. A Post-Neoliberal Development Model or Imperialism of the Twenty-First Century?” Henry Veltmeyer and James Petras. Zed Books. http://petras.lahaine.org/


--- TRADUZIONE:


Una grande guerra sta per scoppiare in Ucraina

Prof. James Petras


Il potenziamento militare di Kiev e l'escalation delle sanzioni contro la Russia sono le due facce della strategia della Nato

Ci sono chiari segnali che una grande guerra sta per scoppiare in Ucraina, scrive James Petras, Professore (emerito) di Sociologia all'Università di Binghamton, New York, una guerra promossa attivamente dai Paesi della NATO e sostenuta dai loro alleati in Asia (Giappone) e Medio Oriente (Arabia Saudita). La guerra per l'Ucraina correrà lungo le linee di una offensiva militare su vasta scala contro la regione sudorientale del Donbas e prenderà di mira le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk con l'intenzione di deporre i governi democraticamente eletti, disarmare le milizie popolari, eliminare la resistenza, smantellare le organizzazioni rappresentative popolari e condurre una pulizia etnica di milioni di cittadini bilingue. La prossima offensiva militare della NATO nella regione del Donbas, prosegue il Prof. Petras, è la continuazione e l’estensione del colpo di stato avvenuto a Kiev nel febbraio del 2014.
 
Il governo di Kiev, i suoi nuovi 'eletti' e i loro sponsor della NATO sono pronti ad una nuova purga per consolidare la presidenza di Poroshenko. Le recenti elezioni hanno escluso alcuni importanti partiti politici che avevano tradizionalmente sostenuto le grandi minoranze etniche del paese, e sono state boicottate nella regione del Donbas. Questa elezione farsa ha reso l’idea della prossima mossa della NATO  per la conversione dell’Ucraina in una gigantesca base militare americana rivolta verso il cuore del territorio russo e in una neo-colonia per la capitale tedesca, che rifornirà Berlino di grano e materie prime mentre sarà intenta a trasformarsi in un mercato per i manufatti tedeschi.
 
Il rullo di tamburi che precede una escalation nella guerra in Ucraina, guidata da Kiev e le sue milizie fasciste, riecheggia nei mass media occidentali, ogni giorno. Sempre più media e portavoce pubblicano o annunciano notizie inventate di crescenti minacce militari russe ai suoi vicini e invasioni transfrontaliere in Ucraina. Nuove incursioni russe sono 'segnalate' dai confini nordici agli Stati baltici fino al Caucaso. La Svezia ha creato un nuovo livello di isteria per un misterioso sottomarino "russo" al largo delle coste di Stoccolma, che non ha mai identificato o individuato. Estonia e Lettonia sostengono che aerei da guerra russi hanno violato il loro spazio aereo senza prove. La Polonia espelle "spie" russe senza prove o testimoni.  Esercitazioni militari su vasta scala dei paesi Nato sono in corso lungo le frontiere della Russia con i Paesi baltici, la Polonia e l'Ucraina. 
 
La NATO sta inviando ingenti spedizioni di armi a Kiev, insieme a consulenti delle "Forze Speciali" ed esperti di contro-insurrezione in previsione di un attacco su larga scala contro i ribelli del Donbas.
 
Kiev non ha mai rispettato il cessate il fuoco di Minsk. Secondo l'ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite 13 persone in media – prevalentemente civili -sono stati uccisi ogni giorno da quando il cessate il fuoco di settembre è entrato in vigore. In otto settimane l'ONU riferisce che 957 persone sono uccise –in maggioranza dalle Forze Armate di Kiev.
 
Kiev ha tagliato tutti i servizi sociali e pubblici di base ai popoli delle Repubbliche, inclusa l'elettricità, il carburante, gli stipendi pubblici, le pensioni, le forniture mediche; banche e trasporti sono stati bloccati.
 
La strategia è quella di strangolare ulteriormente l'economia, distruggere le infrastrutture, forzare l’esodo di massa dei profughi bisognosi dalle città densamente popolate oltre il confine con la Russia e poi a lanciare assalti massicci sui centri urbani e sulle postazioni dei ribelli.
 
Kiev ha lanciato una mobilitazione militare a tutto campo nelle regioni occidentali, accompagnata da campagne di indottrinamento anti-russe progettate per attrarre i più violenti teppisti sciovinisti di estrema destra e incorporare le brigate militari nelle truppe d'assalto. L'uso cinico della milizie fasciste irregolari 'libera' Nato e Germania da ogni responsabilità per il terrore inevitabile e le atrocità nella loro campagna. Questo sistema rispecchia la tattica dei nazisti tedeschi.
 
Per isolare e indebolire la resistenza nel Donbas e garantire la vittoria di Kiev, l'UE e gli USA stanno intensificando la loro pressione economica, militare e diplomatica sulla Russia affinché abbandoni le regioni del sud-est dell'Ucraina.
 
Ogni escalation delle sanzioni economiche contro la Russia è stata progettata per indebolire la resistenza del Donbas. Ogni spedizione russa di forniture mediche essenziali e cibo alla popolazione assediata evoca un nuovo e più isterico sfogo - perché contrasta la strategia di Kiev e della NATO di far morire di fame i partigiani e costringere la loro base alla sottomissione o alla fuga verso la sicurezza attraverso il confine con la Russia.
 
Dopo aver subito una serie di sconfitte, Kiev e i suoi strateghi della NATO hanno deciso di firmare un 'protocollo di pace', il cosiddetto accordo di Minsk, per arrestare l'avanzata della resistenza del Donbas nelle regioni meridionali e per proteggere i soldati e le milizie di Kiev isolate nelle regioni orientali. L'accordo di Minsk è stato progettato per consentire a Kiev di ricostruire il suo esercito, riorganizzare il suo comando e incorporare le milizie di estrema destra nelle sue forze militari in cista di una 'offensiva finale'. Il potenziamento militare di Kiev e l'escalation delle sanzioni contro la Russia sono le due facce di una stessa strategia: il successo di un attacco frontale alla resistenza democratica del bacino del Donbas dipende dalla riduzione del sostegno militare russo per via delle sanzioni internazionali a cui Mosca è sottoposta.
 
L’ostilità della NATO nei confronti del presidente russo Putin si è manifestata in pieno in occasione della riunione del G20 in Australia. Le minacce economiche del G20 contro la Russia, l'isolamento diplomatico di Putin e il blocco economico del Donbas sono un preludio alla soluzione finale della NATO - l'annientamento fisico della resistenza nel Donbas, della democrazia popolare e dei legami economico-culturali con la Russia.
 
Kiev dipende dai suoi mentori della NATO per imporre un nuovo round di sanzioni severe contro la Russia, soprattutto se la sua invasione pianificata incontrerà una resistenza di massa ben armata e sostenuta dalla Russia. La NATO conta sulla restaurata capacità militare di Kiev per distruggere efficacemente i centri di resistenza nel sud-est.
 
La NATO ha deciso per una guerra totale: controllare tutta l’Ucraina o, in alternativa, distruggere il sud-est separatista, cancellare la sua popolazione e la capacità produttiva e impegnarsi in una guerra economica a tutto campo con la Russia.  
 
I diplomatici russi sono alla disperata ricerca di un compromesso che permetta alla popolazione ucraina di etnia russa nel sud-est ucraino di mantenere una certa autonomia nel quadro di un progetto di federazione e riconquistare influenza all'interno del governo ucraino. Strateghi militari russi hanno fornito aiuto logistico e militare alla resistenza, al fine di evitare il ripetersi di episodi come il massacro di Odessa. Soprattutto, la Russia non può permettersi di avere basi militari della NATO lungo il suo “ventre molle” meridionale. Sotto Putin, il governo russo ha cercato di proporre compromessi che consentano la supremazia economica occidentale l'Ucraina, ma senza l'espansione militare della NATO e l'assorbimento di Kiev.
 
Tale politica di conciliazione ha ripetutamente fallito.
 
Il 'governo del compromesso' di Kiev è stato rovesciato a febbraio da un colpo di stato violento che ha installato un governo favorevole alla Nato.
 
Kiev ha violato l'accordo di Minsk impunemente, incoraggiata dalle potenze della NATO.
 
La recente riunione del G20 in Australia è stata caratterizzata da un coro unanime contro il presidente Putin. Il cruciale incontro privato di quattro ore tra Putin e Merkel si è risolto in un fallimento quando la Germania si è unita al coro della NATO.
 
Putin ha risposto alle manovre militari lungo i confini della Russia accelerando la versione russa del pivot to Asia. Più importante, il presidente Putin ha annunciato che la Russia non permetterà il massacro di un intero popolo della regione del Donbas.
 
Il Professor Petras conclude il suo intervento su 'Information Clearing House' ponendosi questi interrogativi: “Una nuova offensiva di Poroshenko contro il popolo del sud-est dell'Ucraina progettata per provocare una risposta russa alla crisi umanitaria è imminente? Come risponderà la Russia all'offensiva di Kiev sostenuta dalla NATO? Mosca rischierà una rottura totale con l'Occidente?”



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In english: NATO desperately longs for Russian invasion into Eastern Ukraine (by Willi Wimmer)


Horizons et débats (Suisse), 24 novembre 2014 (No 28)

L’OTAN souhaite vivement une intervention de la Russie en Ukraine orientale

par Willy Wimmer
, ancien secrétaire d’Etat au ministère de la Défense fédérale allemande

Ces derniers jours, il est flagrant de constater comment les médias d’Etat allemands restent à la traîne des événements. Chaque soir, l’arsenal des opi

nions médiatiques est moralisateur, ennuyeux, toujours politiquement correct. Si l’on regarde au-delà des frontières de son propre pays, il existe un secret de polichinelle. Soit les négociations avec l’Iran sur la question nucléaire, prévues de se terminer entre les 18 et 24 novembre, réussissent à désamorcer les conflits régionaux, soit nous devons nous résigner – malgré nous – à voir apparaître la mèche allumée du prochain grand conflit global.

Il y a des développements que nous préférerions et d’autres, à quelques heures de vol de chez nous, semblant éventuellement pouvoir limiter le conflit. La rencontre des pays riverains de l’Asie-Pacifique dans la capitale chinoise de Pékin nous a clairement montré qu’une limitation des dégâts serait possible.

Soit on donne une chance à la raison et au respect du fléau de la guerre, soit on laisse mûrir les choses pour les «résoudre» par les armes. Depuis des décennies, le monde ne s’est plus trouvé dans une situation aussi dramatique et qui pourrait se poursuivre jusqu’à la fin de l’année 2014.

Nous autres Européens, ainsi ceux qui se rangent du côté de l’«Occident», ne devraient pas oublier la situation morale, économique, financière et politique présente à la fin de la guerre froide et de la réunification allemande. Et aujourd’ hui? On ne peut que constater qu’il y a rarement eu, au cours de l’ histoire, une meilleure situation pour lutter contre la misère dans le monde – et nous l’ avons gâchée. L’ Occident a jeté par dessus bord, uniquement par sa propre faute, l’ excellente situation de départ de jadis avec laquelle il aurait pu faire face aux plus grands défis. Pourquoi? Parce que nous nous retrouvions, pour de multiples raisons, dans une union avec une puissance qui, depuis plus d’une décennie, se débat littéralement de tous les côtés en violant sciemment toutes les règles en vigueur pouvant nous assurer la possibilité de construire un monde plus pacifique. Nous étions à ses trousses. Aujourd’hui, il ne nous reste plus qu’à prier que le conflit en Ukraine orientale n’empire pas avant la fête de Noël.

Ce n’était pas un avantage pour la Fédération de Russie de devenir, à la fin de la guerre froide et de l’Union soviétique, une «plume dans le vent». Ainsi elle a longtemps manqué comme élément de «co-ancrage» pour un ordre de stabilité européen. Les décideurs à Moscou comme ceux à Bonn et à Berlin ne purent que constater la manière avec laquelle Washington détruisait tout ce qui se présentait à lui. L’Occident – nous inclus – ne fut pas capable de développer des données constructives après avoir réussi à résoudre une confrontation dans une des grandes régions du monde. Et maintenant? Nous avons été ébahis en voyant que la Fédération de Russie réapparait sur la scène internationale à la suite des guerres violant le droit international menées contre Belgrade, Bagdad, Damas et Tripolis à l’aide de nouveaux procédés américains clairement dirigés contre la Russie.

Actuellement, tout semble indiquer que l’ Occident, dominé par les Etats-Unis, ne sait pas comment se comporter ni face au mutisme russe ni face au retour de la Fédération de Russie en tant que puissance globale. L’ Union européenne s’ aligne naturellement sur l’ A mérique, exactement comme la nouvelle «cheffe de la diplomatie européenne» nous l’a signalé.

Toute personne, telle Mme Mogherini, déclarant déjà dans sa première prise de position en public, qu’ à l’ avenir la politique de l’UE face à Moscou serait définie de commun accord avec l’OTAN, illustre clairement le peu de liberté d’ expression qu’ elle exige.

Mme Mogherini ne cache pas que les sanctions nous ayant été octroyées par Washington – et dont nous portons le fardeau principal – n’auront aucune influence sur le gouvernement russe. Mais pourquoi, sommes-nous néanmoins soumis à ces sanctions, pourquoi les avons-nous mises en vigueur?

L’Occident ne réussit plus à faire avaler ses sanctions aux populations étonnées et de plus en plus méfiantes. Veut-on nous faire croire qu’ avec cette tentative d’ influencer Moscou et Kiev, l’Occident a pris des mesures stabilisantes? Certainement pas, car tout le monde sait à quel point ces sanctions sont un procédé partial envers Moscou, allant dans la même direction que le procédé occidental utilisé pour le coup d’Etat de Kiev. Pour utiliser une image propre au domaine militaire, on pourrait dire que les sanctions sont utilisées dans le même but qu’on engage des divisions de blindés supplémentaires pour assurer son offensive contre à un pays pacifique – la Fédération de Russie.

On n’avait nul besoin des appels téléphoniques rendus publics de la secrétaire d’Etat américaine Mme Nuland pour comprendre la stratégie générale de l’Occident en Ukraine. L’ Occident n’ avait rien à redire contre le président Ianoukovitch et le festival des oligarques en Ukraine tant qu’il paraissait prêt à signer les accords de libre-échange avec l’Union européenne. Ces dernières semaines, de nouveaux et d’anciens commissaires européens ont expliqué à quel point la politique européenne était erronée dans ce contexte. Partout que du gâchis.

Dans la nuit ayant suivi les meurtres de Kiev, on a – avec l’accord des hommes occidentaux de l’ombre – mis le feu aux régions de l’ Ukraine occidentale choisies comme point de départ pour s’attaquer à la Russie ensuite. On n’a pas été assez vigilants en décidant de se servir des forces relevant, dans cette région, de la peste médiévale: anciens et nouveaux nazis. C’ est vraiment étonnant et honteux de voir ceux qui se taisent à Kiev comme chez nous et ceux qui minimisent l’ engagement de formations militaires avec un tel passé à la frontière de la Russie. C’est effarant de voir quelles personnalités gardent le silence.

Pourtant, nos gouvernements doivent savoir une chose: on ne peut cautionner tous ceux qui continuent à croire à leurs paroles et aux médias sous leur coupe au sujet de leurs informations sur la région d’Ukraine orientale.

(Traduction Horizons et débats


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Изазивање Русије (Вили Вимер)


Вили Вимер

Ових дана је веома упадљиво у којој мери немачки медији трчкарају иза догађаја. Вечерња батина која формира јавно мњење, као и увек je до те мере пасторално прожета да од толике политичке коректности човек просто не зна који положај уопште да заузме у студију.

Осврнемо ли се на догађаје изван граница сопствене земље, видећемо да о њима цвркућу и врапци на грани. Преговори са Ираном о атомском програму од 18. до 24. новембра ће се завршити или на начин да нарастајући регионални конфликти деескалирају, или ћемо се помирити са тим да гледамо како ће, без нашег утицаја, бити повучен oроз за следећи глобални конфликт. При томе се догађају ствари које су нам важније и које нам привидно ”скидају с врата” конфликт, удаљен од нас само неколико часова лета.

И сусрет земаља региона Пацифика у главном граду Кине јасно је показао да нам могућности избора нису велике: или ће бити дата шанса разуму и страху од несреће која нас очекује, или ће ствари сазрeвати у правцу избијању великог рата. Свет се десетинама година није суочио са оваквом ситуацијом пред којом се налазимо на крају 2014. године.

Ми у Европи и други који се сврставају у ”Запад” не би при томе требало да сметнемо с ума свој морални, привредни, фанансијски и политички положај по завршетку Хладног рата и након поновног уједињења Немачке. А где смо данас? Ретка је оваква прилика која нам допушта да се активно супротставимо великим проблемима света, а ми смо је, како данас јасно видимо, проиграли.

Запад је искључиво својом кривицом упропастио сјајну почетну позицију у суочавању са сваком врстом изазова. Зашто? Зато што смо из много разлога у нужном савезу са једном силом која више од десет година у дословном смислу те речи свесно ”разбија све око себе”, обеснажујући сва правила која дају шансу свету да живи у миру. Ми смо увезани са њом конопцима за вучу. Данас можемо једино да се молимо да нам конфликт у Источној Украјини не донесе неке друге падавине осим Божићног снега.

Није било ни од какве користи од тога што је Руска Федерација по завршетку Хладног рата и нестанком Совјетског Савеза постала ”пaучина на ветру” и на дуже време престала да буде један од стубова поретка европске стабилности. И они у Москви и ми у Бону и Берлину били смо присиљени да посматрамо како Вашингтон гази све што се нашло испред његових цеви. Запад, а са њиме и ми, није могао да уради ништа конструктивно да би успешно превазишао конфронтацију у једном региону од глобалног значаја. И, шта сад? Сад нам дословно застаје дах што је Руска Федерација поново стала на политичку бину света након што је била принуђена да у случају међународноправно недопустивих ратова против Београда, Багдада, Дамаска и Триполија болно искуси нови амерички приступ усмерен и против ње саме.

Данас све говори у корист тезе да се Запад, којим доминира Америка, није снашао ни са некадашњом руском занемелошћу, нити са садашњим повратком Руске Федерације као силе која делује на глобалном плану. Наравно, Европска Унија се одлучно укључила у ову екипу на шта нова ”висока представница ЕУ за сопљну политику” већ сада јасно указује Комисији Европске Уније коју је Вашингтон циљано уздрмао кризом преко њеног председника Јункера. Када неко као Могерини већ у првој изјави даје јасно до знања да ће политику према Москви усклађивати договарањем са НАТО, онда нам она открива колико мало жели да буде питана. А и што би када ми носимо главни терет наметнух санкција!?

Могерини уопште не крије да санкције које нам је наметнуо Вашингтон уопште не утичу на руско руководство. Па зашто се уопште још увек придржавамо ових санкција и зашто смо их уопште увели? Западу неће још дуго полазити за руком да заварава изненађену и санкцијама све више погођену јавност. Да ли је Запад санкцијама позитивно утицао на Москву и Кијев, на мере које воде стабилизацији? Нипошто! Зато што свако у Европи и на кугли замаљској зна до које мере су санкције једнострани кораци против Москве у поређењу са пристрасношћу Запада у корист Кијева. Речено војним језиком санкције се могу упоредити са додатном тенковском дивизијом која треба да осигура офанзиву своје восјке против једне мирољубиве земље, у овом случају Руске Федерације.

Чак није потребно ни објављивање телефонских позива америчке секретарке Нуланд да би се схватила општа западна стратегија у Украјини. Запад није имао никакву замерку против председника Јануковича и бала олигарха у Украјини све док се чинило да је он спреман да потпише одговарајуће уговоре са Европском Унијом. Нови и бивши комесари Европске Уније су последњих недеља појаснили до које мере је европска политика у овим питањима била погрешна. Право смеће, куда год да погледамо!

Још у ноћи када је окончано убијање по Кијеву, у договору са западним људима из сенке, циљано су подметнути пожари у одређена подручја Украјине како би могле да се предузму акције против Русије. Није ту било много скрупула у ангажовању бивших и садашњих нациста, оних снага које у овом региону делују онако како је деловала куга у Средњем веку. Колико је било изненађујуће, толико је било и срамно ко у Кијеву и код нас о томе ћути, или умањује значај слања војних формација овакве провинијенције на руску државну границу. Просто је невероватно ко је све пристао на ово ћутање.

Међутим, једну ствар би требало да знају наше владе. Нема помоћи ономе ко верује њима и медијима на које оне утичу када су у питању вести које нам стижу из конфликтних подручја Украјине.

 
Са немачког превела Бранка Јовановић


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http://www.beoforum.rs/forum-prenosi-beogradski-forum-za-svet-ravnopravnih/623-instumentalizacija-oebsa.html

ИНСТРУМЕНТАЛИЗАЦИЈА ОЕБС-а И ИНСЦЕНАЦИЈА РАТА

Вили Вимер

И данас, након ”Олимпијског рата” Грузије против Русије у лето 2008., као и револуционарних догађаја у Украјини, уочавамо да су државе које су заинтересоване да унапред спрече избијање конфликата или да их реше ако се већ догоде, следе циљ да да развију формате преговора који би им омогућили да се носе са овим задатком. Са организацијом КЕБС/ОЕБС био је створен један такав формат преговора који је био веома успешан и самим тим и најбољи доказ какав у дипломатији постоји. Међутим, рат против Савезне Републике Југославије одстранио је ОЕБС-у ”кичму” као озбиљном форуму држава потписница уговора о његовом стварању и резултирао је његовом безначајношћу која траје и данданас. И не постоји ни једна индиција да ће се овакво стање у догледној будућности променити.

Пре него шо је НАТО почео рат бомбама углавном су САД и Велика Британија убациле бројне шпијуне у ОЕБС-ову посматрачку мисију која је бројала више хиљада чланова. Њихов задатак је био да, након повлачења посматрача са Косова, прецизно означе циљеве бомбардерима. И пре тога су представници ових држава умели да тако отежу са избором персонала ове мисије и да га одлажу тако да она ни у једном тренутку нија достигла планирану снагу због чага нису били достигнути они њени циљеви који би били достигнути у случају њеног благовременог појачања. У случају ОЕБС-ове мисије, коју је водио амерички представник Вилијам Вокер, показала се једна до тада непозната специјалност америчког начина деловања. Лично ми је посведочио Вокеров француски заменик да су извештаји, које је требало да саставе посмтрачи мисије и да их доставе самом ОЕБС-у и његовим чланицама, били неколико недеља пре избијања рата предочени представнику САД-а и да ихе је америчка страна тако мењала према потребама у одређеној ситуацији да су у централу ОЕБС-а у Бечу стизали извештаји који су се ретко слагали са наводима посматрача ОЕБС-а са лица места али су стварали утисак непристрасног извештавања.

Ова стартегија поузданог електронског маркирања циљева пре налета бомбардера примењена је и у самом Београду што није био само случај бомбардовања Телевизије са веома тешким последицама. На све се тада мислило, па и на време након бомбардовања. Тако је зграда Генералштаба прекопута амбасаде Немачке погођена бомбом огромне снаге али која није експлодирала. Њен детонатор до сада није деактивиран и неће бити, док се тога посла не прихвате амерички специјалисти. То се није догодило, тако да огромна штета не прети само великој згради Генералштаба већ и једној од главних артерија Београда.

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[1]Тадашњи заменик Вилијема Вокера био је Габријел Келер, каснији амбасадор   Француске у Србији. (прим, прев.)


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One year since the beginning of the crisis in Ukraine


28 November 2014


Tomorrow, Saturday, marks the first anniversary of the Eastern Partnership Summit in Vilnius, where then Ukrainian President Viktor Yanukovych refused to sign an Association Agreement with the European Union. One year later Ukraine is embroiled in a civil war that has claimed more than 4,000 lives. NATO is on the verge of an armed conflict with Russia that threatens humanity with nuclear annihilation.

How did this come about? Western propaganda answers this question with five letters: PUTIN.

The Russian president thinks in “spheres of influence,” breaks international law, endangers “the framework of peace in Europe” and seeks to annex not only Ukraine, but also Georgia, Moldova and the Baltic states, according to the accusations of German Chancellor Angela Merkel.

A flood of propaganda spread by the media 24 hours a day tries to convince the public that only the villain in the Kremlin is preventing Ukraine from developing into a prosperous oasis of democracy, and Europe into a paradise of peace.

The WSWS has absolutely no sympathy for the Russian president. He is a right-wing nationalist who represents the interests of Russian oligarchs and is diametrically opposed to the socialist and internationalist goals for which we stand. But to make Russia responsible for the escalation of the crisis in the last twelve months stands reality on its head.

Among the few western voices to contradict the official propaganda is the professor of political science at the University of Chicago, John J. Mearsheimer. In the September/October issue of the journal Foreign Affairs, he states that Putin is not the aggressor. “The United States and its European allies share most of the responsibility for the crisis. The taproot of the trouble is NATO enlargement, the central element of a larger strategy to move Ukraine out of Russia’s orbit and integrate it into the West.”

Mearsheimer continues: “Putin’s pushback should have come as no surprise…. His response to events (in Ukraine) has been defensive, not offensive.” He points out that the United States would “not tolerate distant great powers deploying military forces anywhere in the Western Hemisphere, much less on its borders. Imagine the outrage in Washington if China built an impressive military alliance and tried to include Canada and Mexico in it.”

Mearsheimer, a proponent of the school of international relations theory known as neorealism, examines the conflicts among states, but does not deal with the economic and social issues that also play a role in the Ukraine crisis. However, his assertion that the US has encircled Russia to maintain its position as a world power, while Germany is striving to become one, is correct.

The penetration of Eastern Europe by NATO and the EU has a further dimension. It aims to transform Ukraine and eventually Russia itself into a kind of semi-colony—a reservoir of cheap labor and raw materials for Western companies, a market for their products and a source of profits for hedge funds and Western banks. To this end they require a regime that is subordinate to NATO and the EU and brutally suppresses the working class.

This was the aim of the Association Agreement that Yanukovych refused to sign a year ago and which, after his overthrow, was accepted by the new regime.

The Agreement protects the assets of Ukrainian oligarchs and opens up Ukraine to western corporations and banks while luring the political elite and a small layer of the middle class with bribes from the EU. To the broad mass of the population it has nothing to offer but unlimited quantities of “Greek medicine”—austerity programs prescribed by the IMF and the EU, massive cuts in spending on social welfare, education, health and administration, and the closure and privatization of factories.

Initially Yanukovych supported the Association Agreement, but eventually decided against it because he feared for his political future. He feared a social explosion if he implemented the cuts demanded by the EU in what was already a desperately poor country. For its part, Russia offered Ukraine cheap loans, while the EU insisted on immediate drastic savings.

In order to bind Ukraine to the EU and NATO despite this, it was necessary to organize a coup and to mobilize fascist forces. From the start, the protests on the Maidan were under the influence of western backed forces. US Deputy Assistant Secretary of State Victoria Nuland later admitted that the US had invested over $5 billion in such forces since 1991.

At first, just a few thousand took to the streets, and there was no evidence of a widespread sentiment in favor of the EU. Public opinion polls show that during the last ten years only 30 to 40 percent of the Ukrainian population favored EU integration, with about the same number favoring integration with Russia.

The spokesmen of the protests were familiar figures: Arseny Yatsenyuk, a representative of the US sponsored Orange Revolution of 2004; Vitaly Klitschko, who lived in Germany, a professional boxer with close ties to the CDU-affiliated Konrad Adenauer Foundation; and Oleh Tjahnibok, leader of the fascist Svoboda party. In what was a complete break with diplomatic norms, government members and parliamentary deputies from NATO countries mixed publicly with demonstrators who blocked government buildings and demanded the overthrow of the elected president.

When Yanukovych refused to yield to the demonstrators’ demands, armed right-wing groups began to dominate events on the Maidan. Svoboda transported its followers into Kiev from its strongholds in the west of the country. Virtually out of nowhere, the Right Sector, an alliance of neo-Nazis and paramilitary militias emerged. The conflicts became more brutal, snipers killed dozens of people. It has not been settled until this day if they were part of the security forces of the regime or political provocateurs from the ranks of the opposition.

On February 21 Yanukovych agreed to an interim government and early elections. Threatened by right-wing militias, he took flight the very same night. On February 22 his opponen

(Message over 64 KB, truncated)



http://contropiano.org/internazionale/item/27820-la-moldavia-al-bivio-scenario-ucraino-per-chisinau


La Moldavia al bivio. Scenario ucraino per Chisinau?

di Giovanni Di Fronzo, 30 Novembre 2014

Oggi si gioca un’altra partita importante nell’ambito dello scontro fra potenze che segna l'inizio del XXI secolo: si tengono, infatti le elezioni nella piccola Repubblica di Moldavia, il paese più povero d’Europa secondo la Banca Mondiale, altro vaso di coccio fra i vasi di ferro, come la confinante Ucraina, con la cui storia politica recente vi sono non poche similitudini. Anche quella moldava, infatti, è un’economia che si è completamente destrutturata alla caduta dell’URSS: come settore di rilievo è rimasto quasi esclusivamente quello agricolo, mentre al comando del paese è salita un’elite finanziaria per nulla legata allo sviluppo della produzione e del mercato interni; la principale risorsa del paese, a tutt’oggi, è rappresentata niente  meno che dalle rimesse economiche inviate dai numerosi emigranti!

La forza politica egemone per molto tempo è stata il Partito Comunista della Repubblica di Moldavia, diretto erede dell’ala moldava del PCUS e facente parte del Partito della Sinistra Europea di Tsipras; tale partito dal 2001 al 2009 ha espresso il Presidente della Repubblica (eletto dal Parlamento) nella persona del Segretario Vladimir Voronin. I Governi del Partito Comunista sono stati segnati da un atteggiamento di equilibrio fra l’apertura graduale verso l’Unione Europea e l’esigenza di tenere in vita il settore agricolo locale che però è uscito stritolato da un percorso accelerato di avvicinamento al polo imperialista europeo; comunque, gli assetti fondamentali del padronato moldavo non sono stati intaccati, come ci si aspetterebbe da un governo gestito da un partito comunista, anzi il suo atteggiamento è parso più simile a quello cerchiobottista dell’ucraino Yanukovic. 
Il primo momento di inasprimento dello scontro si ha nel 2009, quando il Parlamento neo-eletto va in empasse e non riesce ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica allorché tutti i partiti filo-imperialisti si alleano per impedire la rielezione di Voronin, nonostante il Partito Comunista sia ancora saldamente il primo partito.
Ne scaturisce una sorta di rivoluzione colorata o di piccola Maidan moldava, in cui i manifestanti, guidati dalle componenti politiche filo-occidentali, danno l’assalto al Parlamento, forzandone lo scioglimento per dare luogo a nuove elezioni. Stavolta la coalizione dei partiti filo-imperialisti, pur dovendo fronteggiare il Partito Comunista ancora in maggioranza relativa, riesce a dar vita ad un proprio Governo e ad eleggere un proprio Presidente, Timofti; l’accelerazione nell’integrazione europea, presentata come la panacea di tutti i mali da una martellante propaganda culmina con la firma di un trattato di associazione all’UE, simile a quello imposto a Poroshenko. 
Il risultato principale di tale trattato è quello di distruggere il settore agricolo moldavo, che nulla può nella competizione con i colossi europei; la situazione economica precipita ulteriormente con l’imposizione di controsanzioni a tale settore da parte della Russia in conseguenza della crisi ucraina, nella quale gli avventuristi dirigenti moldavi hanno improvvidamente giocato il ruolo di falchi filo-imperialisti: quello russo, infatti, era il principale mercato di assorbimento dei prodotti moldavi.

Così gli agricoltori, assieme ad altri settori popolari, sono scesi in piazza in massa negli ultimi mesi, dando vita a grosse manifestazioni e blocchi stradali con annesse minacce di marciare nella capitale Chisinau.

Ora siamo giunti alla resa dei conti, atteggiamenti di equilibrismo non paiono più possibili dall’inasprimento della competizione globale. Da una parte ci sono il Partito Democratico, il Partito Liberal-Democratico (l’uno osservatore del Partito Socialista Europeo, l’altro membro del Partito Popolare Europeo, quindi una grande coalizione in salsa moldava) e il Partito Liberale, favorevoli all’integrazione piena nell’UE e, pertanto, espressione dell’elite padronale finanziaria e parassitaria, dall’altra parte vi sono il Partito Socialista della Repubblica di Moldavia (che non ha associazioni internazionali) e il partito Patria, favorevoli invece ad un programma di massiccio intervento dello stato in economia, alla salvaguardia dei settori produttivi, di incremento dello stato sociale e, soprattutto, di associazione del paese all’Unione Doganale, accordo di integrazione economia cui, attualmente, partecipano Russia, Bielorussia e Kazakistan e che nel 2015 diventerà Unione Euroasiatica, ampliandosi ulteriormente. In mezzo ai due schieramenti c’è il Partito Comunista, il cui programma è poco chiaro sulla politica estera, in quanto ripropone l’equilibrismo proposto durante gli otto anni di governo (non tenendo conto delle accelerazioni degli ultimi tempi) e sembra, quindi non aver abbandonato l’aspirazione all’integrazione europea: sull’accordo di associazione con l’UE si dice semplicemente che il paese “non era pronto” a firmarlo, senza esprimerne una contrarietà di principio. Secondo un sondaggio condotto dall’Institute of Public Policy, finanziato da Soros, quindi non sospettabile di voler orientare i consensi in direzione di partiti fortemente indirizzati verso un’alleanza con la Russia, come il Partito Socialista e Patria, questi ultimi e il Partito Comunista potrebbero ottenere insieme dai 53 ai 55 seggi, mentre i tre partiti favorevoli all’integrazione europea sarebbero a quota 47-50, su 101. Tuttavia, la strada per approdare ad un’alleanza fra comunisti, socialisti e Patria, la quale porterebbe a disdire il trattato di associazione con l’UE, sarebbe fortemente orientata verso la Russia come partner politico-economico privilegiato e, forse, secondo l’organizzazione rivoluzionaria ucraina Borotba (http://borotba.su/european_integration_for_the_elite-_who_will_win_the_elections_in_moldova.html), sarebbe persino in grado di intaccare lo strapotere degli oligarchi locali, appare impervia. Secondo molti analisti politici, infatti, il Partito Comunista sarebbe più orientato ad una clamorosa alleanza con i partiti filo-imperialisti; al momento, come si può leggere anche sui siti ufficiali, la dialettica fra comunisti e socialisti è molto molto aspra e non lascia per nulla intravedere una futura alleanza: sono in ballo accuse di voler modificare i regolamenti e le soglie di sbarramento in extremis a danno dei socialisti.
Se lo scenario della super-alleanza filo UE di democratici, liberali, liberal-democratici e comunisti dovesse inverarsi, il Partito Comunista scriverebbe una pagina nerissima nella storia della Sinistra Europea, che potrebbe anticipare altre pagine nere (dove per pagine nere si intende di subalternità all’imperialismo europeo) in altri paesi del continente. 
Alla luce di questi eventi, quella dell’attitudine verso l’UE, riforma o rottura, si pone sempre più come una linea di demarcazione all’interno della sinistra di classe e radicale europea: atteggiamenti di equilibrismo, consapevolmente o meno, diventano sempre di più la foglia di fico della subalternità di fatto all’imperialismo europeo.

Al di là di questi risvolti, la tensione in Moldavia è palpabile, una nuova situazione di empasse sembra possibile, come non è da escludere una precipitazione “di tipo ucraino” dello scontro; anche qui la situazione è complicata dal fattore etnico, che ricalca in parte le divisioni politiche: ad una grande maggioranza di rumeni (70%), si affiancano forti minoranze di ucraini e russi; i partiti filo-imperialisti guardano maggiormente ai rumeni, mentre i partiti filo-russi si pongono anche come espressione organica delle popolazioni di etnia e cultura russa; più trasversale è il Partito Comunista.

Ulteriore fattore di tensione è rappresentato dalla questione ancora aperta della Transnistria, che ha da sempre complicato i rapporti con Mosca (e con l’Ucraina): la piccola regione a maggioranza russa al confine con l’Ucraina, si è dichiarata uno stato indipendente di fatto (inalberando, per altro, la bandiera della Moldavia Socialista) nel 1990 senza alcun riconoscimento internazionale; su di essa la Moldavia rivendica piena sovranità e, nei primi anni ’90, ha compiuto anche sanguinosi attacchi militari, provocando il dispiegamento di un contingente russo sulla frontiera con la regione indipendentista a seguito di un precario accordo ancora attualmente vigente. Dopo il referendum che ha segnato l’annessione della Crimea alla Federazione Russa, il Governo de facto della Transnistria ha chiesto di fare altrettanto, provocando l’inasprimento delle tensioni fra Chisinau e Mosca.

Staremo a vedere come evolverà questo scontro, che può rappresentare l’ennesima miccia in grado di far deflagrare un ennesimo conflitto di vaste proporzioni alla periferia dell’Unione Europea.