Informazione


ONORANZE USA-E-GETTA


LACOTA (UNIONE ISTRIANI): "REVOCARE ONORIFICENZA A TITO"

IL MARESCIALLO ERA STATO NOMINATO CAV. GRAN CROCE NEL 1969 (ANSA) - TRIESTE, 27 AGO - Dopo la decisione del governo di chiedere al Quirinale la revoca, per indegnita', dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce conferita nel 2011 da Giorgio Napolitano al presidente siriano Bashar al-Assad, l'Unione degli Istriani scrive al Governo Monti chiedendo che ''la stessa onorificenza venga tolta al maresciallo Tito, i cui crimini contro centinaia di migliaia di italiani, tedeschi, ungheresi, e di varie nazionalita' jugoslave, sono stati definitivamente acclarati e condannati''. L'onorificenza era stata concessa al maresciallo Tito nel 1969 dall'allora presidente della repubblica Giuseppe Saragat. ''Non e' accettabile, non puo' esserlo per nessun motivo - afferma in una nota il presidente Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota - che lo Stato onori contemporaneamente le vittime di una bestiale pulizia etnica, come quella subita dai giuliano-dalmati, e il persecutore che la mise in pratica: un simile atteggiamento tradisce la moralita' dello Stato''. Il Presidente dell'Unione degli Istriani chiedera' un incontro con il sottosegretario Staffan De Mistura, affinche' ''non si debba trascorrere un altro 10 Febbraio, Giorno del Ricordo, con ancora in piedi una simile, disumana situazione''. (ANSA). 27-AGO-12 17:11 


LACOTA (UNIONE ISTRIANI): "SONO L'UNICO ITALIANO CHE HAIDER HA INVITATO A PRANZO"


Stralcio da Ansa del 12 ottobre 2008: "Non solo la Carinzia e l'Austria, ma l'intera Europa perde un leader politico di grande intuito e carisma, certamente populista ma in senso positivo": lo ha affermato il presidente dell'Unione degli Istriani, Massimiliano Lacota, a proposito della morte di Joerg Haider. Lacota - informa una nota - aveva pranzato ieri a Klagenfurt con Haider." 
 
Stralcio da "Il Piccolo" del 13 ottobre 2008: «Sono l’unico italiano che Haider ha salutato dal palco, venerdì mattina, nella piazza gremita di Klagenfurt. E l’unico che ha invitato a pranzo» ricorda Lacota. E spiega: «Il governatore mi aveva ufficialmente invitato a partecipare ai festeggiamenti nella piazza del Landhof in occasione della ricorrenza del 10 ottobre, assai sentita in Carinzia». Detto, fatto: «C’era un sacco di gente e Haider era molto soddisfatto. Si è presentato in abiti tradizionali con la madre a braccetto, arrivata in Carinzia dall’Alta Austria, nonostante camminasse un po’ a fatica, con l’aiuto dei bastoni».
L’occasione, del resto, era speciale: la madre Dorothea compiva novant’anni e Haider voleva festeggiarla, insieme a tutta la famiglia, nella tenuta del Baerental. Venerdì notte, quando si è schiantato con la sua auto, stava tornando a casa proprio in vista del «raduno» del giorno dopo, cui non sarebbe mancata la figlia Ulriche che vive a Roma ed è sposata con un italiano. «Haider, quando ci siamo visti in piazza, mi ha presentato la madre che non avevo mai conosciuto prima» continua, intanto, Lacota. Poi, si sono rivisti tutti a pranzo e il presidente dell’Unione degli istriani racconta di un governatore come sempre iperattivo. Impegnato in un valzer frenetico di saluti e telefonate. «Ci siamo lasciati attorno alle 15 dopo aver messo insieme una serie di iniziative comuni. La prima - continua Lacota - doveva tenersi già il 18 ottobre, a Klagenfurt, quando ci saremmo rivisti in occasione della firma di un protocollo di collaborazione tra l’Unione degli istriani e le associazioni patriottiche di Carinzia». 





LADRI DI LAMPADE



Il presidente della Lega nazionale di Trieste, avvocato Paolo Sardos Albertini, ha denunciato che nella notte tra il 19 e il 20 agosto sarebbe stata asportata la “lampada votiva” collocata sul cippo realizzato da Tristano Alberti che riproduce lo spaccato della “foiba” di Basovizza, nell’area del monumento nazionale.
Non è la prima volta che questa lampada viene rubata. Fu donata nel 1961 da una non meglio identificata Opera Mondiale delle Lampade della Fraternità (cui aderirebbero, stando a quanto scritto in un opuscolo diffuso nel 1959, “le 32 maggiori Associazioni combattentistiche e d’Arma italiane, nonché le Associazioni Combattentistiche qualificate di 19 nazioni”; nel 1957 San Benedetto fu nominato da papa Pio XII patrono degli speleologi e protettore della pace, ed ogni anno si trovano sulla sua tomba, al monastero di Montecassino, “vincitori e vinti dell’ultima guerra” per accendere assieme una “lampada della fraternità”) sotto il patrocinio della quale si svolse il 2/11/59 la prima cerimonia a Basovizza, dove era stata da poco chiusa l’imboccatura dell’ex pozzo minerario.
La lampada fu posta assieme al cippo con lo spaccato della “foiba” e benedetta da padre Flaminio Rocchi.

Quanto segue è ricostruito attraverso la stampa dell’epoca e la cronologia di “Nazionalismo e neofascismo al confine orientale” pubblicato a Trieste dall’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel 1975.
Il 7/1/62 la lampada votiva fu “asportata con il favore delle tenebre”; le indagini dei Carabinieri portarono qualche mese (8 aprile) dopo al ritrovamento di essa, assieme ad alcune lettere bronzee asportate anch’esse dal cippo di Basovizza nelle abitazioni di Armando Turco e di un certo P. N., di cui non si hanno altri dati (forse era minorenne all’epoca dei fatti).
I due non erano però nostalgici “slavo comunisti”, anzi: facevano parte di un gruppo speleologico legato all’estrema destra, il GEST (Gruppo Escursionisti Speleologi Triestini), e furono scoperti in seguito alle indagini per un attentato incendiario ai danni dell’abitazione del professor Carlo Schiffrer (socialista, già esponente del CLN giuliano), nel corso del quale era rimasta ferita la suocera novantenne.
L’attentato era stato rivendicato dal MIN (Movimento Italiano Nazionale) ed i responsabili identificati in un altro speleologo del GEST, Ugo Fabbri ed i futuri attivisti di Avanguardia nazionale e Ordine nuovo Manlio Portolan e Claudio Bressan, che poi saliranno agli “onori” delle cronache per le indagini in cui furono coinvolti relativamente alla “strategia della tensione”.
Il MIN era comparso a Trieste all’inizio del 1959 con alcuni volantini incitanti alla difesa contro “l’avanzata delle orde slave” a “qualsiasi costo e qualsiasi mezzo”; tra le loro azioni ricordiamo oltre all’attentato a Schiffrer, lanci di bombe contro una sede del PCI e contro una torretta confinaria jugoslava, un attentato al consolato austriaco di Trieste (11/4/59), ed un lancio di volantini contro il bilinguismo corredati da una bomba carta all’interno dell’aula del consiglio comunale di Trieste, bomba che ustionò, ironia della sorte, la consigliera missina Ida De Vecchi (tanto per restare in tema, Fabbri asserì che sarebbe stato incaricato proprio da lei, che negli anni ’60 presiedeva l’Associazione caduti e dispersi della RSI, di partecipare al “recupero delle salme degli infoibati”).
Per questo lancio furono identificati Fabbri e Giuseppe Baldo, ma Fabbri avrebbe poi addossato a Turco, dopo il suicidio del giovane avvenuto il 14 aprile, “le maggiori responsabilità” relativamente agli attentati sopra descritti.
Ciò che colpisce come coincidenza nell’attività del MIN e del GEST è che siano stati proprio loro attivisti (tra l’altro due speleologi del GEST avrebbero compiuto un’esplorazione nel Pozzo della miniera di Basovizza proprio poco prima che venisse chiuso con la lapide) ad asportare la lampada votiva dalla “foiba” di Basovizza, a lanciare una bomba carta contro Ida De Vecchi, che era una delle persone ad affermare di essere state “testimoni oculari” degli “infoibamenti” di Basovizza (la signora De Vecchi in quei giorni si trovava prigioniera a Gorizia, quindi non è attendibile) ed a compiere un attentato a Schiffrer, che fu uno dei membri del CLN che avevano smentito di avere firmato un documento riguardante i presunti massacri di Basovizza. Tutto legato a quella foiba, dunque?

Chiuse le indagini, la lampada votiva fu ricollocata al suo posto nel cippo di Alberti, ed a distanza di 50 anni (quasi un anniversario…) è stata nuovamente rubata.
Da chi, stavolta? Dagli stessi che hanno anche imbrattato il cippo della foiba 149 di Monrupino, con una scritta in sloveno? Strana scritta, fatta con una mascherina ed uno spray; “prontamente” cancellata da anonimi ma segnalata con una foto in alcuni comunicati del Comitato 10 febbraio e del Movimento Irredentista Italiano (MII), che hanno poi fatto una commemorazione assieme ad un’associazione di Alpini il 21 agosto.
Nel comunicato diffuso il giorno successivo, il Comitato 10 febbraio parlò di un nuovo imbrattamento avvenuto subito dopo la pulizia del cippo, inviando una foto nella quale si vede il cippo imbrattato di vernice nera con la scritta Ozna, e così descritto:
“A distanza di poche ore dall’esser ripulita dalle scritte rosse in sloveno trovate il giorno 15 agosto, viene nuovamente imbrattata, completamente, di nero e con esplicita sigla di ben noto apparato repressivo titino, evidentemente ancora esistente”.
(in http://www.triesteprima.it/trieste/44-cronaca/5608-comitato-10-febbraio-qsui-danneggiamenti-dei-monumenti-ai-martiri-delle-foibe-non-bisogna-stare-in-silenzioq.html)
Che l’Ozna sia ancora esistente è un’affermazione talmente grottesca da non meritare altri commenti, ma dobbiamo osservare che la foto è una vecchia foto del 2006, che si riferisce ad un altro imbrattamento. Che non si sia trattato di un errore di invio di foto ma di una bufala vera e propria (per non parlare di diffusione di notizie false atte a turbare la pacifica convivenza) appare chiaramente dal comunicato diffuso dal MII il 23 agosto, nel quale si legge anche:
“Vogliamo inoltre smentire le notizie circolate in questi giorni di un nuovo danneggiamento al monumento alla foiba di Monrupino. In rete e sui giornali sono state diffuse le foto del vilipendio del 2003 (sic), quando con della vernice nera venne imbrattato il monumento con falce, martello, stella di rito e la scritta OZNA. Gli organi di stampa si sono confusi, dando modo ai soliti ignoti di strumentalizzare le denunce precedenti”.
(in http://movimentoirredentistaitaliano.wordpress.com/2012/08/23/il-monumento-di-monrupino-torna-a-brillare/)
Ma qui non si sono confusi gli organi di stampa, è stato il Comitato 10 febbraio ad inviare la notizia e la foto sbagliate.
Perché tutta questa confusione? O dovremmo definirlo un “gioco sporco”?
Aggiungiamo una curiosa coincidenza: il MII parla anche di alcune “lettere della scritta situata alla base della croce, divelte in gran numero” che non si è potuto ancora ripristinare. Ricordate che anche nel 1962 erano state trovate in casa dei membri del MIN alcune “lettere” divelte dal cippo di Basovizza?

Torniamo all’imbrattamento dell’ottobre 2006, intorno al quale pure fu fatta confusione, dato che i primi comunicati dicevano che era stata imbrattata la “foiba” di Basovizza, e di essa aveva parlato in consiglio comunale l’allora assessore Paris Lippi (di antica storia missina); mentre in realtà l’imbrattamento era avvenuto alla 149, ed interrogato in merito Lippi aveva serenamente risposto “erroneamente è stata riportata la foiba di Basovizza come monumento lordato dai barbari incivili inneggianti al comunismo, al posto della foiba 149. Il succo non cambia”.
Nel frattempo, però, per diversi giorni sulla stampa locale e regionale erano apparsi svariati interventi e prese di posizione dal tenore revanscista e razzista, come se per un imbrattamento, per quanto possa essere considerato un atto deprecabile, fosse giusto criminalizzare un’intera classe politica ed un intero popolo (nella fattispecie gli antifascisti e gli sloveni, accusati in toto di essere i responsabili di tale azione).
Quindi, come al solito di fronte a certi eventi, non possiamo fare a meno di ricordare quei vecchi adagi di saggezza popolare, dal cui prodest? al la prima gallina che canta è quella che ha fatto l’uovo…

Claudia Cernigoi

Agosto 2012





In merito alla inveterata leggenda dei rom che rapiscono i bambini, e sui pogrom che dal 2008 si susseguono in Italia contro i campi rom, si vedano tutti i link da noi raccolti:


In particolare sulla montatura razzista e camorrista contro Angelika, del campo rom di Ponticelli successivamente devastato da un'orda di italiani razzisti, ricordiamo:

Italia, i media fomentano pogrom contro i rom. Opera nomadi: i rom rubano i bambini? Non esistono prove

Il caso di Angelica, ragazza Rom accusata del tentato rapimento di una bambina di sei mesi avvenuto a Napoli, nel quartiere Ponticelli, è una montatura
http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o11920http://www.everyonegroup.com/it/EveryOne/MainPage/Entries/2008/5/18_Follia_antizigana_in_Italia._EveryOne_sul_rapimento_di_Napoli.html

La documentazione video raccolta dalla equipe di Riccardo Iacona per il programma Presa Diretta:
Caccia agli zingari (in onda domenica 22 febbraio 2009 alle 21.30, Durata: 01h 35' 16'') 
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-4a7c8533-7b4a-43c1-882e-b430d6cabfe1.html?p=0

Una lettera-appello di Elisabetta Vivaldi (pubblicata su http://www.sivola.net/
contro la persecuzione giudiziaria di Angelika, ingiustamente accusata del falso rapimento della bimba di Ponticelli (NA), corredata da ottime fonti

La vincita al lotto che bruciò i campi rom di Ponticelli

Su altri pogrom a Ponticelli, di matrice camorristica, si veda la notizia recente (10 luglio 2012):

Clan Casella-Circone bruciò un campo rom per odio razziale [nel 2012]: 18 arresti

Video: Napoli, rogo al campo nomadi: arrestati 18 presunti camorristi


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14/08/2012 
Fonte: il mattino 
Autore: leandro del gaudio

"Sono Rom, ma non ladra di bambini la mia verità sui roghi di Ponticelli". Angelica libera 4 anni dopo


Il suo nome è entrato negli annali come esempio - più unico che raro - di cittadina rom condannata per sequestro di persona. Si chiama Angelica Varga, sta per compiere venti anni, gli ultimi quattro trascorsi in cella: una vicenda personale legata a un pezzo di storia di Napoli, con tanto di attenzione mediatica nazionale.
Ricordate? Metà maggio del 2008, sabato mattina, una stradina di Ponticelli. Poi: la ragazzina arrestata per sequestro di persona, la rabbia popolare, l’espulsione di oltre ottocento rom dal quartiere orientale. E ancora: un giudice che non scarcera Angelica, perché di «etnia rom», quindi incline a compiere delitti analoghi», la sentenza definitiva e il suo caso diventa un primato da giurisprudenza: una ladra di bambini, l’incubo metropolitano messo su carta bollata, con tanto di firma di un giudice.

Un caso chiuso. Quattro anni e mezzo dopo, Angelica si racconta. È stata scarcerata da poco, proprio negli stessi giorni in cui a Ponticelli venivano arrestati alcuni presunti camorristi che «con odio razziale» incendiavano i campi rom (storia del 2010) per impedire che i piccoli zingari frequentassero le scuole del quartiere. Storie simili, anche secondo Angelica Varga, che su una panchina del centro di Napoli si racconta: «Desidero cose elementari: la verità, poi un lavoro qui a Napoli, una famiglia, l’integrazione. Ma anche una cultura dell’integrazione a Napoli, che - come la mia storia insegna - non esiste ancora».

C’è una sentenza, una verità giudiziaria, lei ha rapito una bambina in fasce, punto. Qual è la sua versione?
«Ero a Napoli da un mese e mezzo, ero da poco arrivata da Bistrita (Transilvania, Romania), la mia città natale. La mattina uscivo con una mia amica di poco più grande, che faceva piccoli sbagli. Mi portò con lei in una casa, voleva rubare qualche oggetto di valore. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale, che venimmo bloccati da un uomo. La mia compagna riuscì a scappare, io finii in cella. Non parlavo italiano, ma ero tranquilla, mi dicevo: non ho portato via niente, ora mi rilasciano. Invece, quindici giorni di cella e ho capito: sequestro di persona, rapimento, stavo impazzendo».

Eppure, lei in quella stanza ci è entrata. Ha accarezzato quella bimba nel carrozzino, l’ha abbracciata?
«Mai. Non l’ho neppure vista quella bambina. Non siamo entrate in casa, non ci riuscimmo. Facemmo appena in tempo a salire una rampa di scale che fummo bloccate, la mia compagna scappò via, io rimasi lì senza immaginare cosa mi sarebbe toccato vivere».

Poi, mentre lei era in cella, a Ponticelli è scoppiato il finimondo: un quartiere in fiamme, raid incendiari, un popolo in fuga. Venne a sapere cosa stava accadendo?
«Lo seppi in cella, me lo dissero le altre ragazze, che provavano a sostenermi. È stato orribile e assurdo. Sono stati espulsi tutti, in una notte è stato spezzato il progetto di integrazione che tante famiglie avevano intrapreso. Non c’erano solo ladri in quegli accampamenti, ma anche ragazzi che andavano a scuola, c’era mio fratello, i miei parenti: via tutti, dalla notte al giorno. Hanno trovato una scusa orribile per cacciarci, per allontanarci. E io sono stata quattro anni e mezzo in cella».

Un mese fa sono stati arrestati alcuni presunti camorristi di Ponticelli: per «odio razziale» hanno scatenato incendi nel 2010, non volevano gli zingari a scuola dei loro figli.
«Conosco questa storia. Credo sia molto simile alla mia, perché al di là dell’episodio che mi ha visto condannata, credo che qualcuno abbia soffiato sul fuoco, credo che qualcuno aspettasse un pretesto - come il rapimento di un bambino - per scatenare la guerriglia contro di noi».

Ripetiamo: per i giudici lei è responsabile di quel rapimento, la sentenza è definitiva, se potesse incontrare la mamma della bimba rapita per pochi minuti, cosa le direbbe?
«Nutro ancora troppa rabbia per quello che mi è successo, voglio guardare avanti, niente polveroni polemici».

Cosa fa da quando è libera?
«Voglio ringraziare i miei legali, gli avvocati Liana Nesta e Cristian Valle che hanno creduto in me e hanno provato a difendermi anche contro i pregiudizi. Ho trovato attorno a me tanta solidarietà, ora provo a ripartire. Ho vent’anni, vorrei un lavoro (so fare la parrucchiera), una vita normale da cittadina napoletana. Nel frattempo, quando posso, faccio anche un po’ di volontariato».

In che senso?
«Parlo bene italiano, spesso mi reco in alcuni campi rom dell’hinterland assieme ad altri volontari, dove cerco di svolgere un ruolo in un più ampio progetto di integrazione».

È andata anche a Ponticelli?
«No, lì non sono mai tornata. Mi fa troppo male rivedere quei posti, per anni ho rivissuto dentro di me quella scena, quel cancello che si apre, gli scalini, l’uomo che mi afferra il braccio, qualcuno che mi chiede di firmare carte che ho fatto bene a non firmare: perché io quella piccola nel carrozzino, non l’ho neppure vista una volta in vita mia».


Fonti: 





A Teheran i Non Allineati, a Washington il progetto di scudo missilistico anti-cinese

24 Agosto 2012 - di Diego Angelo Bertozzi per Marx21.it


Contrariamente a quanto si pensi non esiste una sola “comunità internazionale” limitata alla voce della Nato e dei suoi alleati d'occasione. C'è n'è un'altra che non appartiene a blocchi e che ha posizioni diverse e anche critiche nei confronti dell'Occidente. Quest'ultima, comunque composita e varia negli orientamenti, si è data appuntamento a Teheran dal 26 al 31 agosto per il 16° vertice del Movimento dei Paesi Non Allineati (NAM).

L'organizzazione internazionale, che ha come scopo originario quello di riunire i Paesi che non si riconoscono all'interno dei blocchi militari, è sorta in pieno processo di decolonizzazione in Africa e Asia per iniziativa di Tito, Nasser e Nehru e tenne il suo primo vertice a Belgrado nel 1961 ribadendo i principi alla base della storica conferenza di Bandung del 1955: lotta al colonialismo e al neocolonialismo, rispetto della sovranità nazionale e delle autonome vie di sviluppo.
Allora ad incontrarsi furono i rappresentanti di 25 Paesi, mentre nei prossimi giorni nella capitale iraniana dovrebbero arrivarne in rappresentanza di 120 (ma restano ancora dubbi sulla presenta di alcune delegazioni) provenienti da Asia, Africa e America Latina. Su un totale di 193 Stati rappresentati all'Onu, quello che si riunisce a Teheran è certo un blocco consistente di comunità internazionale e che rappresenta la maggioranza, o poco meno, della popolazione mondiale.

L'attesa è, però, per l'arrivo dell'egiziano Morsi, per la prima visita di un presidente egiziano in Iran dal 1979 dopo la proclamazione della repubblica islamica, e del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon

L'Egitto lascerà, come da rotazione prevista, proprio all'Iran la presidenza triennale del Nam per i prossimi tre anni. L'incarico era in precedenza passato dalle mani di Hosni Mubarak, spodestato dalle rivolte popolari e dal pronunciamento dell'esercito egiziano, a quelle del feldmaresciallo Tantawi, recentemente accantonato proprio da Morsi.

Preoccupazioni e inviti al dietro-front per la partecipazione di Ban Ki-moon sono arrivati da Washington e da Tel Aviv. Per il Washington Post il vertice sarà pure un “baccanale di sciocchezze”, ma nelle due capitali è vivo il timore che questa presenza serva solo a forgiare una vittoria diplomatica della repubblica islamica.

La presidenza iraniana potrebbe coincidere con una svolta più radicale e attiva dell'organizzazione anche perché avviene in piena esplosione della crisi siriana con Teheran, tradizionale e solida alleata di Damasco, impegnata su più fronti nella critica all'intervento straniero.

Da Washington, per bocca del portavoce del Dipartimento di Stato Victoria Nuland, viene proprio l'allarme sull'intenzione iraniana di “manipolare” a suo beneficio il vertice, soprattutto per quanto riguarda la sua agenda nucleare e l'embargo petrolifero ai suoi danni. Nel vertice dell'Avana del 2006 fu, infatti, approvata una mozione a sostegno del diritto di ogni Stato allo sviluppo pacifico dell'energia nucleare. E' comunque da escludersi che si formi un consenso unanime, mentre è più probabile che, proprio in riferimento ai fatti siriani, si formi un generico consenso sulla necessità del dialogo tra governo e opposizione in linea con la filosofia originaria del movimento. Resta la certezza che il vertice rappresenta per l'Iran una straordinaria opportunità di uscire dall'isolamento e allentare una pressione che si fa sempre più forte.

Per Farideh Farhi, studioso iraniano dell'Università delle Hawaii, lo sforzo messo in campo da Teheran per il vertice ha lo scopo “di presentare il ruolo globale dell'Iran e mostrare con prove concrete che la politica di isolamento degli Usa nei confronti dell'Iran ha fallito” e di dimostrate come “non sia la comunità internazionale che ha problemi con l'Iran, ma solo una coalizione messa sotto pressione degli Stati Uniti" [1].

E' già allo studio un documento composto da 688 dichiarazioni e 166 pagine, mentre durante il consesso saranno al lavoro il Comitato politico, diretto da Cuba, il Comitato economico, diretto dall'Egitto e il Comitato per la Palestina diretto da rappresentanti palestinesi.

Dal fronte caldo mediorientale, passiamo a quelle sempre più ribollente dell'Asia Orientale. Nell'attesa che il vertice Nam prenda il via, Washington prosegue a passo spedito nel suo riposizionamento strategico intorno alla Cina. Secondo le rivelazioni del Wall Strett Journal, sarebbe iniziata la pianificazione di uno scudo missilistico asiatico ufficialmente in funzione anti-Corea del Nord, ma che ha indubbi fini di contenimento della crescente forza militare cinese, testimoniata –sempre agli occhi del Pentagono – da una crescente assertività nelle dispute marittime con i vicini.

Il progetto prevede la messa in azione di un radar nel sud del Giappone – ma non a Okinawa dove sono forti le tensioni con la popolazione locale – e un secondo in un Paese del sud est del Pacifico e un terzo nelle Filippine. Inoltre, secondo i progetti della Marina, la flotta di navi da guerra con missili balistici dovrebbe passare dalle 26 di oggi alle 36 nel 2018. Secondo un alto funzionario statunitense “le nuove installazioni di difesa missilistica sarebbero in grado di monitorare e respingere almeno un primo colpo limitato proveniente dalla Cina, e sarebbe potenzialmente sufficiente a scoraggiare Pechino dal tentare un attacco" [2]. E' chiaro che oggetto dell'eventuale attacco cinese sarebbe l'isola di Taiwan.

I timori di Pechino per un prossimo inizio di guerra fredda prendono sempre più corpo.

Diego Bertozzi

NOTE

Rick Gladstone, “UN visits will set back a push to isolate Iran”, New York Times, 22 agosto 2012.
Wall Street Journal, “US plans new Asia Missile Defenses”, 23 agosto 2012.