Informazione
ANSA/ S.EGIDIO: DA DOMANI A SARAJEVO MEETING RELIGIONI, APRE MONTI
MINISTRO RICCARDI E VERTICI COMUNITA' OGGI RICEVUTI DAL PAPA (dell'inviato Fausto Gasparroni) (ANSA) - SARAJEVO, 8 SET - A due decenni dall'inizio dell' assedio che in quasi quattro anni, tra il 1992 e il 1996, lascio' oltre 12 mila morti e provoco' ferite non ancora rimarginate nel cuore dei Balcani, Sarajevo si propone come citta' della pace e del dialogo tra culture e religioni diverse. Si svolge da domani a martedi' nella capitale bosniaca, infatti, il meeting internazionale per la pace ''Vivere insieme e' il futuro - Religioni e culture in dialogo'', ''il piu' grande avvenimento di dialogo religioso e politico dalla guerra ad oggi'', promosso dalla Comunita' di Sant'Egidio in stretta collaborazione con l'arcidiocesi di Sarajevo, col patriarcato serbo ortodosso e con le locali comunita' islamica ed ebraica. E quanto l'incontro internazionale tocchi nodi cruciali del futuro europeo e dell'integrazione sociale e politica del continente nel delicato momento della crisi economica, e' sottolineato anche dal fatto che alla giornata di apertura interverranno personalita' della politica come il premier Mario Monti e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Nel pomeriggio di domani, dopo l'assemblea di apertura e dopo l'introduzione del ministro della cooperazione internazionale e dell'integrazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunita' di Sant'Egidio, Monti, proveniente dal Forum di Cernobbio, interverra' su ''Crisi e speranza nel mondo della globalizzazione''. Van Rompuy, invece, su ''La civilta' europea del vivere insieme''. Partecipazioni, quelle di Monti e Van Rompuy, che dimostrano che questa ''non e' solo l'Europa dell' euro, ma l'Europa della cultura''. Oggi intanto, alla vigilia dell'incontro che rinnova lo ''spirito di Assisi'' proprio nella citta' martire della guerra dei Balcani, Riccardi, con mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio della Famiglia e assistente spirituale di Sant' Egidio, e il presidente della Comunita' Marco Impagliazzo, e' stato ricevuto a Castel Gandolfo da Benedetto XVI: un'udienza in cui si e' potuto parlare col Papa - peraltro in partenza la prossima settimana per il Libano - dei temi del Meeting, voluto ogni anno da Sant'Egidio sull'onda della storica preghiera di Assisi del 1986 di Giovanni Paolo II con i leader di tutte le religioni mondiali. ''Il dialogo tra i credenti e le religioni - ha detto al Sir Mario Marazziti, portavoce della Comunita' di Sant'Egidio - non ha paura di confrontarsi con il conflitto e con le difficolta' ma si chiede in maniera profonda come le religioni possono contribuire a cambiare il profondo della storia dell'uomo. Siamo in un momento nel Mediterraneo e nei Balcani dove il vivere insieme non sembra possibile ma e' la necessita' di tutti i giorni. Anche se ci sono difficolta', qui da Sarajevo le religioni si prendono la responsabilita' di lanciare un segnale di riconciliazione che in questo momento le classi politiche fanno fatica a fare''. L'incontro di Sarajevo, insomma, vuole riaffermare la cultura del vivere insieme come valore europeo e proposta dell'Europa al mondo intero. Gia' oggi, un evento di valore storico e' stata la partecipazione del patriarca della Chiesa serba ortodossa Irinej alla messa celebrata in cattedrale dal cardinale arcivescovo Vinko Puljic. Irinej, primo rappresentante serbo ortodosso in Bosnia dal periodo della guerra, ha anche pronunciato un saluto. Domani, inoltre, nel primo dei tre giorni che prevedono 30 tavole rotonde sui temi principali del dialogo ecumenico ed interreligioso, della convivenza e della ricerca di pace nelle societa' contemporanee, un atto altamente simbolico sara' la consegna di una copia della celebre Haggadah di Sarajevo (tipo di narrazione del Talmud e di parte della liturgia ebraica, salvato dai musulmani dalla distruzione) da parte della comunita' islamica di Bosnia Erzegovina agli inviati del Gran Rabbinato di Israele e ai rappresentanti della comunita' ebraica mondiale. (ANSA).
Da: Alessandro Di Meo <alessandro.di.meo @ uniroma2.it>Data: 07 settembre 2012 11.01.41 GMT+02.00A: Recipient list suppressed:;Oggetto: viaggio Serbia e Kosovo e Metohijacari tutti, vi allego il report del secondo viaggio in Serbia e in Kosovo e Metohija, dello scorso agosto. Su: http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.it/ lo stesso report, dal titolo: Oceani di speranza, è corredato di foto. ciao Alessandro----------------------- ooooooooOOOOOOOOoooooooo -----------------------
visita: http://unsorrisoperognilacrima.blogspot.com/
"Deve esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto..."
(francesco guccini - cyrano)
Un ponte per... associazione di volontariato per la solidarietà internazionale
Piazza Vittorio Emanuele II, 132 - 00185 - Roma
tel 06-44702906 e-mail: posta@... web: www.unponteper.it
(26 agosto-1 settembre 2012)
Viaggio di rientro per i tre ragazzi ospitati a casa mia, Beba, Saša, Andjela. In meno di 15 ore, dall’Umbria a Kraljevo, per circa 1400 chilometri con la macchina. A fine agosto ne avrei percorsi più di 8 mila. Nel bagagliaio, oltre valigie e regali vari, 2 televisori vecchi ma funzionanti per la famiglia di Novka Milanović, a Kraljevo. Ci saranno problemi, risolvibili, di sintonizzazione dei canali.
Il 27 agosto mattina, dopo aver sentito per telefono padre Ilarion del monastero di Draganac, parto per il Kosovo e Metohija, con l’obiettivo di:
incontrare alcune della famiglie che manderanno i figli il 3 settembre in Italia, al mare ad Anzio, in una vacanza organizzata da Un Ponte per...; visitare il monastero di Draganac dove svolge la sua opera padre Ilarion, col quale è iniziata una valida collaborazione e che si sta occupando proprio dei ragazzi che verranno in Italia e di molte famiglie da noi sostenute o sostenibili in futuro...; verificare, con il monastero di Dečani, lo stato dei lavori per la costruzione di pozzi artesiani in alcune zone abitate dai serbi in Kosovo e Metohija...; visitare la zona di Velika Hoča.
Mi accompagna Vesna, amica serba già una volta con me in Metohija per i sostegni, disponibile ad aiutarmi anche in questo tour.
La prima volta che sono stato a Draganac pensavo sarebbe stato impossibile tornarci. Adesso ho imparato e, anche se le strade restano impervie, il luogo lontano e isolato, ce la posso fare da solo. Quando si viaggia soli e con i propri mezzi è più semplice, dopo, ricordare la strada.
Abbiamo appuntamento con Ilarion a Gračanica, splendido monastero, perla dell’architettura medievale e patrimonio dell’Unesco. Il monastero è davvero troppo vicino alla strada e il rumore del quotidiano andirivieni ne mina fortemente l’atmosfera. Nel pomeriggio avverrà una cerimonia che vedrà una novizia prendere i voti come suor Melania. A celebrarla il vescovo Teodosije, che resterà al monastero per la festa della Dormizione di Maria del giorno dopo, 28 agosto (corrisponde all’Assunzione cattolica del 15 agosto).
Ilarion si farà attendere, noi assisteremo a tutta la funzione, prima di incontrarlo. Ma un contrattempo ci costringerà a tornare a Mitrovica, per ritornare poi a Gračanica a notte inoltrata.
Il giorno dopo si va a Draganac dove pure si celebra la Dormizione di Maria. Molti serbi vengono in visita e assistono alla funzione del mattino. Finito tutto, con Ilarion visitiamo una famiglia, quella di Maja Stanojković che sostituirà un’altra ragazzina che non ha ottenuto il passaporto.
C’è da dire che le cose sono molto confuse riguardo i passaporti e, spesso, si creano situazioni in cui è davvero difficile per le famiglie di queste zone ottenerlo. Per le spese, per i viaggi e per le troppo complicate, a volte, pratiche burocratiche da espletare.
Siamo a Šilovo, piccolo villaggio della zona di Gnjilane. Aspettiamo Maja e sua mamma presso la casa di Ivan, detto “Talijan”, perché da piccolo acchiappava le rane (gli italiani erano considerati dei mangia rane!). Ha aperto questo locale dove si mangia e si beve. Prenderemo delle pizze che la moglie prepara nel suo forno, “vera pizza italiana” ci dice (smentita, ovviamente, dal risultato!). Ma la pizza si lascia mangiare, Ilarion la prende per gli altri 3 monaci del monastero e per gli amici Carabinieri che, nel pomeriggio, verranno a consegnargli banchi e sedie per la scuola. Ilarion inizierà presto lezioni di religione presso le scuole dei villaggi per due volte la settimana, per 10 ore al giorno. Ma, intanto, oltre a svolgere la sua funzione, cerca di attivarsi per dare una grossa mano alla comunità. Questo mi piace di questo giovane monaco e questo ci accomuna, perché credo sia anche nello spirito di Un Ponte per..., se qualcosa ho capito in questi anni, proprio l’abbinamento “bene immateriale (preghiera, funzioni, contro-informazione)-bene materiale (le attività concrete a sostegno degli esclusi)”.
Dopo aver inviato dal computer di Ilarion la lista aggiornata dei ragazzi (c’è stata una sostituzione), mentre eravamo nel magazzino a scegliere lenzuola che mi sarei portato dietro per i ragazzi da ospitare ad Anzio, Ilarion se ne esce con un improvviso: “Arrivano i Carabinieri!”, che mi fa sobbalzare, apprensione subito sedata dal suo più rassicurante: “Portano banchi e sedie per la scuola...”. L’episodio, raccontato agli stessi Carabinieri, avrebbe suscitato in loro un certo divertimento...
E così, eccomi a dare una mano, con Ilarion occupato in altro, scaricando banchi e sedie e facendo gli onori di casa fra i Carabinieri Kfor del gruppo MSU di Pristina (Multinational Specialized Unit, Unità Specializzata Multinazionale), che gradiranno cibo, vino e rakija, con Vesna che fungerà da graditissima cameriera.
Partiti i carabinieri, raggiungiamo Bostane, piccolo villaggio dove c’è la chiesa anch’essa medievale di Sveta Bogorodica. C’è la festa e fa effetto sentire musica serba ad alto volume, tanti ragazzini e ragazzi serbi dei villaggi restare a festeggiare in un posto così piccolo, circondato da albanesi. Ma qui il conflitto è arrivato poco o, comunque, se ne è andato presto. Troppi isolati questi villaggi per suscitare interessi nella malavita che detiene il potere reale di questo neoNato narcostato! Ma ci tengono, le istituzioni locali (e ce ne accorgeremo presto), a far sapere che ora è tutto diverso, che non c’è più Jugoslavia, che non c’è più Serbia, che esiste solo la “Kosova” (anche se ci sarebbe da discutere sulla semantica di tante parole che vanno a sostituire le originali serbe. Parole e nomi senza una reale e accertata derivazione storica che, in realtà, trovano la loro origine nella terminologia serbo-croata. Per fare un esempio, il villaggio Petrovka, da sveti Petar, san Pietro, viene mutato in Petrove, giustificandone la derivazione dalla parola: pietra!).
A Bostane incontriamo Ivana e due sue amiche che verranno in Italia. Ivana vive ancora nella vecchia casa fatiscente a Gornje Kušce. Molte delle case di questi ragazzi andrebbero risistemate per meglio affrontare l’inverno. Stufe con un minimo di radiatori nelle stanze, sistemazione dei tetti, eliminazione di infiltrazioni... ma un altro inverno li attende. Speriamo non sia terribile come quello dello scorso anno.
Prima di arrivare a Bostane, con Ilarion siamo andati a visitare la chiesa di Ranilug, a Kosovska Kamenica. Qui Ilarion sta sperimentando con dei ragazzi la posa in opera di un intonaco speciale che riproduce l’effetto del marmo, all’interno della chiesa. Tre prove sono state eseguite sul muro all’interno, ne scelgono una. La chiesa deve essere completamente intonacata all’interno, mentre fuori marmo tipo travertino ricorre con file di mattoncini rossi. Un vecchio, dal terreno vicino, ci chiede acqua perché non ne ha. Ne prendiamo una bottiglia da una vicina fontana privata. La beve, contento.
Torniamo a Gračanica, c’è tanta gente nella strada. Le persone passeggiano, mangiano, bevono nei bar aperti fino a tardi, la festa è molto sentita. Nel monastero incontro suor Irina. Ci mostra le stanze dove dormire. Ma le funzioni e le visite continuano fino a notte fonda, anche se disturbate dalla musica esterna che arriva ad alto volume. Sembra che le autorità albanesi finanzino giovani serbi per organizzare feste in determinate date, come ad esempio quella di oggi. C’è una sfilata da qualche parte, si eleggerà miss Gračanica e si canta, si beve, si balla. E allora, la ricorrenza religiosa viene in qualche modo profanata.
Il giorno dopo, alle 4 e 30, una monaca chiama alla funzione battendo ritmicamente il Klepalo (Toaca). Questa pratica viene dal periodo di dominazione turca quando le campane era vietato suonarle perché infastidivano gli invasori. Ma le campane risuoneranno più tardi, dalle 5 in poi. Ho appuntamento con un certo Siniša che cura le pratiche di richiesta visti per i ragazzi. Alle 10 arriva, ma dobbiamo aspettare comunicazioni per andare in ambasciata. Tardando ad arrivare, decido di andare comunque. Siniša torna e mi lascia tutte le pratiche compresi i passaporti del gruppo. Incontro padre Andrej, del monastero di Dečani, che è in giro a raccogliere anche lui banchi e sedie dai carabinieri di Priština. Mi fissa un appuntamento con padre Isaja per andare a vedere come procede il lavoro di scavo dei pozzi. Ma mi sarà impossibile andare. Perché una volta a Priština, chiedendo di essere ricevuti perché Francesco dell’ass. Amici di Decani ha fissato un appuntamento, ci dicono che non c’è nessun appuntamento e che, se vogliamo parlare con loro, dobbiamo aspettare le 15!
Alle 15 siamo ricevuti dal signor Petani, dell’ufficio visti che, nel vedere quel che è stato prodotto, dice che sarà impossibile ottenere i visti. Siamo al 29 agosto, mercoledì, i ragazzi hanno il biglietto per lunedì 3 settembre. Che fare? Cerco di scusarmi per il disguido, forse qualcuno non si è occupato della cosa nel modo migliore, dico, cercando di ammorbidire il responsabile dell’ufficio, molto freddo e distaccato. Dovremo compilare i formulari, produrre gli atti di assenso, i certificati di nascita, 2 foto per ciascuno dei richiedenti, l’assicurazione per tutto il gruppo. Ma il tutto per domani, giovedì 30 agosto, entro le 15! Altrimenti niente vacanza per i ragazzi e soldi dei biglietti aerei buttati! Non ci voglio neppure pensare...
Noi siamo a conoscenza delle procedure ma pensavamo che si fosse preparato tutto, al monastero, con l’aiuto di chi aveva garantito a Ilarion la collaborazione. Ma è tardi per fare elenco di responsabilità e fraintendimenti, dobbiamo accelerare i tempi, abbiamo solo una sera, una notte, una mattina. Per cui inizia la spola fra Gračanica, con l’incantevole lago Gračaničko jezero ad accompagnarci, Draganac e Bostane, fino nella casa di Emir Ferković, prete ortodosso Rom, parroco della chiesa di Sveta Bogorodica, dove iniziano ad arrivare le famiglie subito avvisate da Ilarion per compilare formulari, produrre le foto (Ilarion ha convocato un ragazzo fotografo che fa foto a chi ne è sprovvisto), portare certificati ( per fortuna tutti li hanno, avendo appena preso il passaporto), firmare atti. Entrando, nel vedere le palačinke preparate da Nada, la figlia del parroco, che verrà in Italia, Ilarion se ne mangia un paio, apprezzando molto e facendo contenta Nada!
La sera, andiamo a casa delle famiglie che non sono state raggiunte telefonicamente o che non sono potute arrivare a Bostane. E così, si piomba in case dove la gente dorme, la si sveglia suonando il clacson della vecchia jeep che Ilarion ha avuto in dono dal comandante Kfor (la mia auto, dopo varie peripezie, l’ho dovuta lasciare perché davvero avrei spaccato tutto proseguendo per quelle strade dissestate e sterrate di campagna), si ottengono firme e si riparte. Andiamo a Makreš, da Aleksandra Trajković, da Andjela Aleksić, da Dragana Antić. Poi, ci dividiamo. Ilarion e il fotografo vanno in altri villaggi, io e Vesna andiamo con un serbo del posto a casa di due famiglie più facilmente (eufemismo!) raggiungibili. Siamo a Koretište dalle famiglie Kovacević, un prete ortodosso e Stojković.
Torniamo e aspetto Ilarion davanti una casa buia e isolata dove, al piano superiore, c’è una specie di bar dove prendo un succo. Un ragazzo si presenta, gli hanno detto che sono italiano. Vive a Schio, è serbo e torna ad agosto nel villaggio di Straža, qui vicino, da parenti e amici. E’ fantastico sentirlo parlare in veneto e poi in serbo, con gli amici. Si chiama Nemanja e mi chiede cose. Al solito, che ci fai qui e perché e com’è... gli racconto e lui pure mi dice del suo lavoro in una falegnameria del Veneto e del padre, tornato perché al contrario, sempre in Veneto, la sua falegnameria ha chiuso. E della situazione dei villaggi.
Arriva Ilarion, ha completato il giro ma bisogna sviluppare le foto. E’ mezzanotte, raggiungiamo lo studio dove lavora il ragazzo, Marko. Il padrone dello studio raccoglie le foto e le manda in stampa. Nel frattempo saliamo nella bella casa di Marko, che ci vive col fratello, Miloš e con i genitori. Ilaron si addormenta. Al risveglio, sono arrivate le foto... mangia le cioccolate messe sul tavolo da Marko. E ne chiede altre da portarsi. “E’ finito il digiuno per la Dormizione di Maria!”, ci dice con aria allegra.
Arriviamo a Draganac a notte fonda. Ci si arrangia per dormire, la stanza migliore viene data a Vesna, la cavalleria non è solo roba per laici. Il giorno dopo, alle 7, ci si sveglia per ripartire. Ilarion mi invita nella chiesa per una breve visita e, dopo una breve colazione con Justine, monaco da poco tempo, dopo una vita molto movimentata..., Petar, un giovane monaco e Kiril, l’anziano predecessore di Ilarion, andiamo dal sindaco di Novo Brdo dove, ci dice Ilarion, ci firmeranno gli atti di assenso, scritti in italiano ma non timbrati e ritenuti inaccettabili dall’ufficio visti di Priština.
Entriamo in questo palazzetto di 3 piani, fra gente che guarda Ilarion di traverso e gente che lo saluta amichevolmente. Cerca di parlare albanese, Ilarion e la cosa, ovviamente, è apprezzata. Entriamo, dopo breve trafila, nella stanza del sindaco, un uomo ben vestito e apparentemente cortese, dove spicca un bandierone americano alle sue spalle, con stelle e strisce nei quadri alle pareti.
“Sembra de sta n’er Kansas city!” direbbe Alberto Sordi. Invece siamo solo nel Kosovo orientale, in uno sperduto villaggio. E questo sindaco, che crede di appartenere alla 51.a stella degli USA non crede, però, alla parola di Ilarion, perché questo timbro non arriva. Ilarion compila una richiesta che poi non potrà stampare. Ne compilano una loro, con l’elenco dei ragazzini, la timbrano, la firmano, ci allegano le fotocopie degli assensi, salvo perderne tre originali che mai più saranno ritrovati! La solerte segretaria del sindaco li ha fotocopiati tutti ma ne ha perso tre originali. Così, usciamo da questo posto assurdo senza tre originali degli assensi, senza i timbri, con tre ore in meno da poter utilizzare! Abbiamo perso tempo, nonostante l’ottimismo, forse ingenuo o forse rassegnato, di Ilarion.
Ma qualcosa di positivo ci sta guidando. Ci sono gli assensi in serbo, forse andranno bene. Sono tutti, gli ultimi li prendiamo a Gračanica dove ripassiamo. Sono firmati, sono timbrati, sono ufficiali. E abbiamo tutto il resto. Andiamo in fretta a Priština, sono le 13. Ma i funzionari sono appena andati in pausa pranzo... Aspettiamo davanti l’ambasciata lo scorrere lento del tempo, non curandoci delle occhiatacce che ci mandano gli albanesi che passano per la stretta via davanti l’ambasciata. Io a volte rispondo con sguardo altrettanto torvo, mi viene spontaneo, a difesa della tonaca di Ilarion, ovviamente malvista. Ma nessuno farà commenti o altro e così, verso le 14,30, finita questa lunga pausa pranzo, ecco che arriva il signor Petani che accoglie tutta la documentazione. Sembra tutto a posto, stavolta e ci dice che per domani alle 16 ci saranno i visti. Non per tutti, perché 3 passaporti sono serbi e non hanno bisogno di visto. Ma ci dice pure che l’ambasciatore non è stato contento di tutta questa approssimazione. Umilmente mi scuso, do ragione all’ambasciatore e assicuro che le prossime volte saremo più corretti. Ma i ragazzi partiranno...
Sulla strada del ritorno non posso non fermarmi, dopo un semaforo, a riprendere con la videocamera la statua bronzea di Bill Clinton, il “padre della Patria kosovara-albanese”, all’ingresso della Bill Clinton boulevard! Davanti a spettacoli così, come davanti alla statua della libertà su un lussuoso hotel di Priština, non sai mai se ridere o piangere. Forse tutte e due, come sempre si fa in Serbia. Sorrisi e lacrime, matrimoni e funerali. Questo sa più di funerale... e non sembra esserci più molta Serbia, qui.
Dormiamo ancora a Gračanica, dopo aver mangiato e bevuto qualcosa, rilassandoci dopo lo stress, presso una famiglia di amici di Ilarion. Il giorno dopo lo lasciamo e rientriamo a Kraljevo. Ilarion mi avrebbe chiamato alle 17 per dirmi che tutti i visti li aveva con se. Io ero stato poco prima a Gazimestan e, dall’alto della torre che ricorda la battaglia del 26 giugno del 1389, dove l’esercito del principe Lazar fu sconfitto dai turchi, un silenzio glaciale rotto dal vento e una vista magnifica mi riportavano a emozioni lontane. Davvero quell’esercito difendeva il suolo sacro dei monasteri, ma anche la nostra “beneamata, civile, democratica Europa”. Che oggi, sembra aver dimenticato che anche questi serbi umiliati e disprezzati, sono figli suoi.
Il primo settembre, un nuovo ritorno in Italia. Alle 5,30 di mattina si parte. Arriveremo per le 20. Con me, altri tre ragazzi serbi, anche loro nati in Kosovo e Metohija. Ceca e Sonja ospitate per anni presso le nostre case, d’estate e Miloš, in vacanza in Italia solo lo scorso anno, con il primo gruppo dai villaggi della Metohija. Vengono in Italia per studiare. Altre piccole gocce, nell’oceano della speranza.
Beta News Agency - September 6, 2012
"Crisis used to pressure Greece to recognize Kosovo"
BELGRADE: Greece will not recognize Kosovo, Greek Ambassador to Belgrade Dimosthenis Stoidis told Serbian Parliament Speaker Nebojša Stefanović on Thursday in Belgrade.
This, the Greek diplomat explained, is true despite the fact that the economic crisis affecting Greece "was used in order to pressure Athens to recognize the authorities in Priština", Beta news agency is reporting.
Serbia rejected as illegal the unilateral declaration of independence of its southern province, made in early 2008 by Kosovo's ethnic Albanians. Five out of EU's 27 member-states, Greece included, have also not recognized it.
During the meeting in Belgrade today, Stoidis told Stefanović that his country "would do everything in order for Serbia's remaining path toward full EU integration to be as successful as possible".
A statement issued by the Serbian parliament also said that the ambassador noted that Greece "still supports Serbia's road toward the EU", and that this country's stance not to recognize Kosovo will not change "although the economic crisis was used to pressure Athens" to do otherwise.
Stoidis further stated that Greece "encouraged Serbia to continue its dialogue with Priština" - although, as he noted, the term "normalization of relations" was being interpreted differently within the EU itself.
Stefanović told the ambassador that Serbia will also not change its policy toward Kosovo and Metohija - and "will never recognize it", although it remains "open to negotiations wishing to secure the lives and existence of Serbs in Kosovo".
The speaker added that Serbia recognized agreements reached thus far in the EU-sponsored Kosovo dialogue, and expressed his expectation that Greece "will continue to have a firm position, and offer assistance in the fight to respect international law".
Stefanović accepted an invitation relayed by Stoidis to visit the Greek parliament in Athens, it was announced on Thursday.
su Il Piccolo del 5 settembre 2012
Una dichiarazione di facciata, che ribadisce concetti risaputi. Un’altra, assai meno diplomatica, che ha almeno il pregio di essere onesta e diretta. È iniziata ieri la storica visita a Bruxelles del premier serbo, Ivica Dacic. Una visita storica perché suggella il coronamento di una lunga e travagliata carriera, quella del leader socialista, che l’ha portato a trasformarsi da portavoce di Miloševic in premier pro-Europa. Ma storica anche perché, per la prima volta così apertamente, l’Ue ha messo Belgrado davanti a un “aut aut” pubblico, non più sussurrato nel chiuso delle stanze del potere. Un “aut aut” pronunciato dal presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, dopo una «molto franca» conversazione con Dacic.
Schulz che ha spiegato di aver illustrato alla controparte serba che «le relazioni tra Serbia e Kosovo», nel cammino verso «uno sviluppo pacifico, devono concludersi col mutuo riconoscimento». È questa la principale «pre-condizione», ha detto Schulz, che si para tra Belgrado e l’entrata nell’Ue. Un’entrata che avverrà solo «soddisfacendo tutti i criteri» definiti da Bruxelles e «stabilendo relazioni pacifiche tra i due Paesi», ha specificato il politico tedesco. Ma come aspettarsi che la Serbia riconosca il Kosovo? Si tratta di un obiettivo «fra i più delicati, ma non impossibile», richiesto dall’Ue «nella sua interezza», malgrado le diverse posizioni di alcuni Stati membri, ha suggerito Schulz. La dichiarazione più di facciata, con il ricorso al tradizionale “bastone e carota”, era arrivata invece, in mattinata, dal presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. Il «futuro» di Belgrado «è in Europa». Ma, alla fine, «la velocità dell’avanzamento» di Belgrado verso la piena integrazione europea è tutta «nelle mani della Serbia».
Poi, il consueto ammonimento. Bruxelles si attende di «vedere la Serbia fare progressi nel suo percorso verso l’Ue diventando un suo membro». Non prima, naturalmente, che «le ben conosciute e necessarie condizioni siano soddisfatte». Quali? Belgrado dovrà continuare a impegnarsi nel campo delle «riforme politiche, del sistema giudiziario», nella «lotta contro corruzione e crimine organizzato», nel rispetto «dei media e delle minoranze». Non solo. Tenuto conto della grave situazione economica, va migliorato «il business environment», un altro fattore su cui lavorare «per attirare investimenti, migliorare le esportazioni e alleviare la disoccupazione». Senza dimenticare il nodo Kosovo. Ma sul tema valgono le successive e più dirette affermazioni di Schulz. Da parte sua, un accigliato Dacic ha ribadito che i criteri Ue saranno soddisfatti e che il suo governo «vuole fortemente rimanere sulla strada verso l’Ue». Una strada che includerà, ha promesso Dacic, un più intenso dialogo con Pristina, «anche su temi politici e non solo tecnici». Ma del riconoscimento del Kosovo non se ne parla.
Un “illuminante” articolo de Il Piccolo (Lignano, un supertestimone ha visto gli assassini, del 22/8/20012), comincia, dopo alcuni giorni confusionari di ipotesi e smentite, ad elaborare una propria tesi: “Da un lato, infatti, ci sono quei tagli alla gola (chiamati sorriso di Allah), tipiche delle esecuzioni che avvengono nel mondo islamico. Dall’altro un modus operandi in generale che fa pensare a formazioni criminali di estrazione balcanica o dell’Est Europa” (stesse parole riprese anche da “Il Messaggero Veneto”, nello stesso giorno). Il Piccolo ritorna sull’argomento il 25/8/2012 (Lignano, anche una donna nella banda omicida. Secondo gli inquirenti l’ordine lasciato nella villetta dei Burgato farebbe pensare a una presenza femminile all’interno del commando), dove all’ipotesi “etnica” si aggiunge quella “sessista” (vedi il titolo!): “Le persone che stanno dando a quest’indagine un respiro molto ampio che, naturalmente, guarda anche Oltreconfine visto che al momento una delle ipotesi più accreditate è che il massacro porti la firma di una certa criminalità balcanica”. E ancora (Lignano, prelievi di saliva per arrivare ai killer, del 26/8/2012): “Si sonda nel giro delle bande di ladri e di rapinatori che, provenienti da Paesi dell’Europa dell’Est, fanno base nella regione veneta, da dove poi si spostano per compiere reati in zone limitrofe e tornare in regione. Una delle ipotesi, la matrice balcanica, tenuta già in considerazione, valutando le modalità e l’estrema violenza del duplice fatto di sangue, facendo pensare alla totale mancanza di scrupoli e del benché minimo rispetto per la vita umana”.
La stessa tesi è ripresa dal quotidiano.net in due articoli: uno pubblicato il 26/8/2012 (Coniugi uccisi a Lignano, tracce di due estranei nel garage della villetta), dove si precisa che “due testimoni avrebbero visto un furgone con targa di un paese dell’Est parcheggiato davanti alla villetta con accanto un uomo alto, tatuato, a torso nudo, con indosso pantaloni militari e con accento dell’Est”; e l’altro pubblicato il 27/8/2012 (Delitto di Lignano, coniugi torturati: ad agire furono un uomo e una donna): “Sono stati infatti isolati due diversi tipi di dna: uno maschile e uno femminile. Si rafforza, intanto, l’ipotesi che i materiali esecutori possano essere di origine balcanica. Con i risultati del Dna, prende dunque forza l’ipotesi della presenza anche di una donna nella villetta. Elemento che gli investigatori ricavano dall’aver trovato uno ‘strano’ ordine nelle stanze”.
Anche il quotidiano “La Repubblica”, nell’articolo del 28/8/2012, non è da meno (Lignano, una donna tra gli aguzzini della coppia): “La borsa della signora Rosetta era chiusa ma forse, anche in questo caso, qualcuno ci ha rovistato dentro e poi si è preoccupato di richiuderla o l’ha richiusa nel gesto automatico che spesso capita alle donne (…) Qualcuno ha visto un uomo robusto, coi capelli rasati, che si lavava le mani in strada, mentre vengono smentiti altri elementi come i tatuaggi, la tuta mimetica, gli anfibi, la parlata slava (…)” E tuttavia l’articolo prosegue “Una tortura imposta dai malviventi – forse già in fuga verso i vicini Balcani – per scoprire il nascondiglio del tesoro di famiglia”.
Anche “Il Secolo XIX”, il 2/9/2012 commenta la notizia (Giallo di Lignano, indagini su un circo), raccontando di una nuova “pista”, ovvero quella dei circensi passati in città per uno spettacolo in programma nella data del delitto: “Secondo gli investigatori gli assassini potrebbero essere di origine balcanica, e tra i lavoratori del circo non mancano quelli di origine slava. «Un semplice controllo, e tutti i prelievi sono stati spontanei», sottolineano gli investigatori. «I carabinieri in borghese – riprende il suo racconto Attilio Bellucci – si sono messi tutti attorno alle roulotte, mentre quelli in divisa ci hanno chiesto di uscire e di riunirci. Hanno prelevato a tutti, tranne i bambini, le impronte e il Dna: sono stati gentili e abbiamo collaborato. Poi hanno controllato ogni roulotte, senza portare via nulla. Non avevano sospetti su qualcuno in particolare, ci hanno solo chiesto se avevamo un furgone di un certo modello e colore, e noi non l’abbiamo».
Potremmo proseguire riportando altri esempi, ma ci sembra che questi possano bastare per invitare, ancora una volta, la stampa a prestare una maggiore attenzione. Ci sembra infatti che gli articoli sopra citati sconfinino pericolosamente nella stigmatizzazione delle persone che appartengono o provengono a/da una intera area geografica, alle quali viene attribuita una propensione alla devianza, a prescindere. Come d’altronde, sembra assurda l’associazione tra il coinvolgimento di una donna nell’omicidio e “l’ordine” che avrebbe contraddistinto il luogo del delitto.
Dice il Direttore - Re: Il Piccolo e il razzismo geografico
Inviato da: Giorgio Ellero
Mar 4 Set 2012 7:01 pm
La risposta del direttore de Il Piccolo e la mia replica.
La sua disponibilità a pubblicare la mia prima lettera, cui non si dà seguito per mere cause tecniche, mi autorizza implicitamente a pubblicare la sua risposta.
G.E.
-------
Se queste sono le Vostre motivazioni, che mi sforzo di reputare veritiere e sincere, avete usato degli INDIZI trapelati dagli inquirenti per criminalizzare un'intera regione europea, e questo va ben oltre il limitatarsi "a raccontare ai nostri lettori tale percorso di indagine".
Ritengo questa Sua quindi, una ammissione di colpa o dolo, e come tale la accetto e archivio.
Stento a crederci, però, visto che gli scritti razzisti da me segnalati compaiono nel giornale domenica 26 agosto, dove si annuncia l'AVVIO della raccolta su vasta scala di campioni di DNA presso i giostrai del circo, gli operai della ditta di famiglia in fallimento e nella cerchia di amici-conoscenti delle vittime, per poi confrontarli con ciò che avevate in mano Voi e gli inquirenti domenica scorsa: un capello, una cicca e poco altro, come pure riportato nel giornale di oggi, a 10 gg di distanza. Il che, a meno di essere preveggenti, è molto poco per imputare il tutto ad una fantomatica banda migrante dal Veneto di gentaglia balcanica dalla ferocia inumana, per poi usarlo per criminalizzare una complessa Regione europea vasta, Romania esclusa, due volte l'Italia (A proposito di crudeltà etno-geografica, di cinismo, di scrupoli e di rispetto per la vita umana: si tratta della stessa Italia che bombarda OGGI gli Afghani con gli AMX come ieri i Balcani con i Tornado, ma questo è un altro discorso, scomodo e che non fa vendere e quindi non va scritto su Il Piccolo, vero?).
Noto inoltre che sul giornale di ieri 3 settembre la "pista balcanica" scompare, e il tenore del pezzo è asciutto e corretto, come pure nell'articolo odierno firmato di nuovo da Laura Borsani: avete cambiato idea Voi oppure gli inquirenti?
Dist. saluti
Giorgio Ellero
--------
On 4 Sep 2012 at 12:37, Segreteria wrote:
Buon giorno signor Ellero. Non avrei alcuna obiezione concettuale a pubblicare la sua lettera, che per tanti versi contiene critiche molto stimolanti. Ma la lunghezza del testo rappresenta un ostacolo oggettivo, poichérichiederebbe all'incirca una intera pagina.
Detta la premessa, non desidero però sfuggire al nocciolo della sua contestazione e dunque le propongo una succinta replica. I giornali di frequente - in rapporto a vicende di cronaca nera di particolare delicatezza - possonomettere solo in parte per iscritto il complesso dei materiali di cui dispongono. Se altrimenti agissero, va da sè che potrebbero nuocere al processo delle indagini. In questo senso, quando negli articoli da lei stigmatizzati indichiamo che la pista principale degli investigatori ha a che fare con una banda di criminali di origini balcaniche, non formuliamo alcun astratto giudizio o pre-giudizio di carattere razzistico geografico. In buona sostanza, in base ai risultati delle analisi sul Dna dei reperti rinvenuti sul luogo del delitto a Lignano, gli inquirenti ritengono vi sia un ambito da privilegiare. E noi ci siamo limitati a raccontare ai nostri lettori tale percorso di indagine.
Un saluto cordiale
Paolo Possamai
Paolo Possamai
Direttore
Il Piccolo
Quotidiano fondato in Trieste nel 1881
Gruppo Editoriale l'Espresso
Telefono: 040.3733298 (segreteria)
Via Guido Reni, 1
34123 TRIESTE
segreteria.redazione@...