Informazione

Associazione L'altra Lombardia - SU LA TESTA
Sede nazionale Milano
e-mail : laltralombardia@ laltralombardia.it
telefoni : 339 195 66 69 oppure 338 987 58 98
sito internet www.laltralombardia.it

COMUNICATO STAMPA

Milano, 17 novembre 2006

OGGETTO: aggiornamenti significativi sul convegno

"I crimini del fascismo e la Resistenza antifascista",
Crema 21 novembre 2006,

sala della Provincia,
via Matteotti 39, inizio ore 20.45.


Le adesioni continuano a crescere sul piano nazionale, tra le più
significative:

GIOVANNI PESCE, medaglia d'oro della Resistenza, combattente
antifranchista nella guerra di Spagna, candidato alla nomina di
senatore a vita, autore del libro "Senza tregua", dirigente del PRC.

NORINA BRAMBILLA, staffetta partigiana Brigate Garibaldi, esponente
del PRC

BEBO STORTI, capogruppo del PdCI al Consiglio regionale della
Lombardia, attore da sempre impegnato sul tema dell'antifascismo,
interprete di "Mai morti" di Renato Sarti e "Foibe".

Questo è il programma completo:


I CRIMINI DEL FASCISMO E LA RESISTENZA ANTIFASCISTA

21 NOVEMBRE 2006

CREMA - SALA DELLA PROVINICIA - VIA MATTEOTTI 39 - ORE 20.45


Nell'ambito delle iniziative culturali che l'Associazione L'altra
Lombardia - SU LA TESTA ha realizzato nel corso di quest'anno (ciclo
di lezioni di storia dal titolo "Dal Giolittismo alla Resistenza
antifascista"), la nostra associazione organizza il CONVEGNO-
SEMINARIO dal titolo "I CRIMINI DEL FASCISMO E LA RESISTENZA
ANTIFASCISTA".

Nel corso della serata sarà presentato l'ultimo libro di Giorgio
Bocca "Le mie montagne".

GIORGIO BOCCA, partigiano di Giustizia e Libertà, editorialista de La
Repubblica e de L'Espresso, ha garantito e confermato un suo intervento.

La serata prevede inoltre i seguenti contributi:

Introduzione

GIORGIO RIBOLDI

- studioso di movimenti neofascisti e della destra radicale.

Relazione

SERGIO RICALDONE

- partigiano della Brigata Garibaldi
- dirigente Fronte della Gioventù di Eugenio Curiel (dirigente della
Gioventù comunista assassinato dai fascisti repubblichini a Milano il
28 febbraio 1945)
- membro dell'ANPI di Milano
- attuale componente del Comitato Federale di Milano del Partito
della Rifondazione Comunista.

Relazione

ADELMO CERVI

- figlio di Aldo Cervi ucciso dai fascisti insieme ai suoi sei
fratelli il 28 DICEMBRE 1943 a Formigine (Reggio Emilia)

Presentazione Rivista "Informazione Antifascista"

GABRIELE PROGLIO

- ricercatore storico della resistenza nelle Langhe

Hanno aderito, fra gli altri, al convegno e mandato un saluto che
verrà letto durante la serata:

ASSOCIAZIONE PROMEMORIA di Trieste

MIRIAM PELLEGRINI FERRI - partigiana di Giustizia e Libertà

SPARTACO FERRI - partigiano della Brigata Garibaldi centro Italia

SANDI VOLK ricercatore storico di Trieste, presidente
dell'Associazione Promemoria di Trieste

ALESSANDRA KERSEVAN - ricercatrice storica di Udine, membro
dell'Associazione Resistenza Storica

ARCI FUORI di Reggio Emilia

GIOVANNI PESCE, medaglia d'oro della Resistenza, combattente
antifranchista nella guerra di Spagna, candidato alla nomina di
senatore a vita, autore del libro "Senza tregua", dirigente del PRC.

NORINA BRAMBILLA, staffetta partigiana Brigate Garibaldi, esponente
del PRC

BEBO STORTI, capogruppo del PdCI al Consiglio regionale della
Lombardia, attore da sempre impegnato sul tema dell'antifascismo,
interprete di "Mai morti" di Renato Sarti e "Foibe".

L'Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano ci manda gli auguri
per la buona riuscita del convegno

Associazione L'altra Lombardia - SU LA TESTA
Sede nazionale Milano
e-mail : laltralombardia@ laltralombardia.it
telefoni : 339 195 66 69 oppure 338 987 58 98
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http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/economia/conti-pubblici-29/
spesa-militare/spesa-militare.html

Per Esercito, Marina e Aeronautica sono previsti 12 miliardi e 437
milioni. Lettera a Prodi di sedici senatori

Sorpresa tra la selva dei tagli: le spese militari si impennano

Il governo dell'Unione investe in armamenti più della Cdl

di CARLO BONINI

DICONO i numeri che in una Finanziaria che a tutti toglie, c'è una
voce di spesa che sale. Quella militare. Cinque punti percentuali in
più rispetto all'ultima legge di bilancio licenziata dal governo di
centrodestra. 12 miliardi 437 milioni di euro per Esercito, Marina,
Aeronautica. se è vero che il 72 per cento di questa somma andrà a
coprire i "costi del personale" e dunque la spesa corrente per i
salari e il mantenimento dei 193 mila uomini delle nostre forze
armate (sono esclusi i costi delle missioni all'estero, per le quali
è prevista un'ulteriore voce di spesa di 1 miliardo di euro).

E' altrettanto vero che, spalmati nel prossimo triennio, altri 4
miliardi e rotti di euro andranno a finanziare un "Fondo per il
sostegno dell'industria nazionale ad alto contenuto tecnologico".
Dove per alto contenuto tecnologico, si deve leggere "ricerca
militare" e per "industria nazionale" Finmeccanica, azienda per un
terzo di proprietà dello Stato, con un core business che, concentrato
nel settore degli armamenti, è spinto e alimentato da un mercato
domestico in cui opera in regime di sostanziale monopolio.

Nel suo ufficio di Corso Trieste, a Roma, Gianni Alioti, sindacalista
della Fim-Cisl, consumato osservatore dell'industria militare
italiana ed europea, sorride: "Nel paradosso di un governo di
sinistra che investe in armamenti più di quanto non abbia fatto negli
ultimi due anni il governo di destra, mi sembra di intravedere una
forma di tardo keynesismo militare. Per altro non sostenuto dai
fatti. Dire che aumentare gli investimenti in armamenti significa
sostenere contemporaneamente i livelli di occupazione e la ricerca
tecnologica significa dimenticare la lezione di Federico Caffè, che
definiva questo tipo di scelta "liberismo spurio"".

Un dato. Tra il 2000 e il 2005, Finmeccanica ha raddoppiato il
proprio fatturato (da 6,7 a 11,4 miliardi di euro). Nello stesso
periodo, gli occupati sono passati da 41 mila a 56 mila. "Non esiste
alcun andamento proporzionale o quantomeno convergente tra crescita
dei ricavi e aumento dell'occupazione - osserva Alioti - Esiste, al
contrario, una verità comune all'intero mercato europeo e mondiale.
L'industria della Difesa è tale che, inevitabilmente, lo sviluppo
della tecnologia impone una riduzione della manodopera. Guardiamo
quel che è accaduto a La Spezia, un distretto industriale
storicamente dipendente dall'industria militare. In quindici anni,
gli occupati nell'industria degli armamenti sono passati dal 40 al 19
per cento della forza lavoro totale".

Sedici senatori dell'Unione hanno scritto una lettera a Prodi. Si
legge: "Caro Presidente, l'Italia è al settimo posto nel mondo come
spesa militare con ingiustificati acquisti di armamenti come la
portaerei Cavour (quasi 1 miliardo di euro, sistema d'arma esclusi),
dieci nuove fregate (3,5 miliardi di euro), 121 caccia eurofighter
(oltre 6,5 miliardi di euro). Da soli rappresentano l'1 per cento del
nostro Pil. Ti ricordiamo che nel programma di governo dell'Unione,
ci sono tre riferimenti alla necessità di politiche di disarmo
(pagine 90, 91, 109)". Qui, evidentemente, il "keynesismo militare"
non c'entra. Ma qui, la discussione politica interna al governo
appare questione accantonata.

Giovanni Lorenzo Forcieri, 57 anni, diessino di La Spezia, senatore
nelle ultime quattro legislature, è arrivato sei mesi fa a "Palazzo
Marina" come sottosegretario alla Difesa. Dice: "Con questa
Finanziaria non facciamo altro che riportare la spesa militare al
livello del 2004. Prima cioè che il governo di centrodestra tagliasse
di fatto la spesa militare di 2 miliardi e mezzo di euro. Per altro,
a fronte degli investimenti che abbiamo previsto e che servono né più
e ne meno che a coprire impegni di spesa già assunti negli ultimi
anni e dunque ad onorare dei debiti già contratti, la Difesa cederà
al demanio beni per circa 4 miliardi di euro nei prossimi due anni.
Come si vede, dunque, il saldo tra entrate e uscite è in equilibrio.
Con il vantaggio di smobilizzare risorse necessarie a portare avanti
un programma di ammodernamento delle nostre forze armate. E' evidente
infatti che non stiamo parlando soltanto di numeri. Se vogliamo che
l'Italia possa efficacemente svolgere il ruolo internazionale che si
è conquistata in questi anni, non possiamo rinunciare a investire su
una forza armata efficiente e moderna".

L'argomento di Forcieri riproduce come un calco recenti
considerazioni di Pierfrancesco Guarguaglini, amministratore delegato
di Finmeccanica: "Se un governo, indipendentemente dal proprio
orientamento, vuole portare avanti una politica internazionale di un
certo livello, ha bisogno di una componente della Difesa efficiente.
E nel passato erano stati fatti tagli notevoli".

Se il problema non è "se" o "quanto" investire in spesa militare,
resta allora il "come". La qualità delle commesse e la loro urgenza.
Allo Stato Maggiore della Difesa non ne parlano volentieri. Frugando
nella foresta di sigle e numeri che battezza pezzi di artiglieria,
autoblindo, caccia, navi, se ne comprende il perché. Si scopre, ad
esempio, che, nel maggio 2006, la Direzione Generale per gli
Armamenti Terrestri del ministero ha chiuso con la Oto Melara
(Finmeccanica) un accordo di congruità di 310 milioni di euro per la
fornitura di 49 veicoli blindati su ruota ("Vbc", la sigla tecnica.
"Freccia" quella da combattimento) le cui torrette dovranno essere
allestite per sistemi di lancio di missili anticarro di nuova
generazione. Missili "Spike", di fabbricazione israeliana. L'arnese -
spiegano gli addetti - è un costosissimo gioiello tecnologico. Di
tipo "intelligente", "spara e dimentica".

Centomila dollari il pezzo, cinque volte il costo del suo omologo di
fabbricazione americana, il "Tow". Missile attualmente in dotazione
alle forze Nato e al nostro esercito, che ne ha pieni gli arsenali.
Raccontano a palazzo Baracchini che le pressioni dell'Esercito
sull'ex ministro Martino per ottenere questa "meraviglia" della
tecnica considerata troppo costosa persino dall'esercito americano
siano state robuste. Ma ammettono anche che il giochino costerà una
tombola.

Per ovvie economie di scala (costi di manutenzione e pezzi di
ricambio), i 49 veicoli blindati su ruota "Freccia" erano stati
concepiti dalla "Oto Melara" per essere perfettamente fungibili con i
loro "gemelli" cingolati, i "Dardo". Stessi abitacoli, stessa
strumentazione, stesse torrette. Stessi missili anticarro: i "tow".
Con la scelta del missile "spike", addio risparmi. Fabio Mini, ex
comandante della forza Nato in Kosovo, osserva: "Non riesco a capire
che senso abbia dotare di armi anticarro diverse mezzi cingolati e su
ruota, che dovrebbero integrarsi sul campo di battaglia. Così come
non capisco che senso abbia dotare di una tecnologia più avanzata
anticarro un mezzo su ruota che, a rigore di logica, non dovrebbe
affrontare in campo aperto mezzi corazzati". Alla "Oto Melara"
concordano. Ma alla "Oto Melara" sanno anche quel che accadrà.
Completata la fornitura dei "Freccia", i "Dardo", le cui consegne
sono state appena ultimate, torneranno nei cantieri per modificare le
loro torrette di lancio. I soldi non saranno un problema.

Come i 650 milioni di euro già impegnati a bilancio per consegnare ai
nostri Stati maggiori, di qui ai prossimi anni, 72 obici semoventi
fabbricati in Germania e assemblati da "Oto Melara" (Pzh, la sigla
tecnica) con cui difendere le nostre frontiere. Cosa debba farsene il
nostro esercito di un numero così consistente di pezzi di artiglieria
immaginati per conflitti di posizione, per scenari di difesa o offesa
lungo linee di fronte profonde un centinaio di chilometri (questo il
raggio di azione dell'obice), Dio solo lo sa. Meglio, solo l'Esercito
lo sa. Ma - sebbene sollecitato - lo Stato maggiore non ha ritenuto
di dover fornire risposte.

Risposte che invece, prima o poi, la Difesa e il governo saranno
costretti a dare sulla nostra partecipazione al più faraonico dei
progetti che la storia dell'aeronautica civile e militare abbia mai
conosciuto. Un'avventura dall'acronimo inglese, Jsf, "Joint Strike
Fighter", consorzio a guida statunitense per la costruzione del
cacciabombardiere del futuro (le consegne del nuovo aereo, battezzato
"F35-lightning II", dovrebbero cominciare nel 2012). La
partecipazione italiana al progetto (che ha quali ulteriori partner
Inghilterra, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia e
Turchia) fu una scelta del governo di centrosinistra (1998, premier
D'Alema). Berlusconi, nei suoi cinque anni a Palazzo Chigi, ne decise
i termini economici, fissando la quota del nostro investimento per la
sola "fase di sviluppo" in 1 miliardo 359 milioni di euro.

Cifra a cui l'Italia dovrà ora sommare altri 11 miliardi di dollari
per l'acquisto dei 131 caccia già ordinati da Aeronautica e Marina.
Anche perché la nostra Difesa non ha scommesso e acquistato soltanto
nel consorzio a guida americana, ma ha investito e comprato anche nel
progetto concorrente europeo, "l'Eurofighter Typhoon" (dove l'Italia
è partner di Gran Bretagna, Germania e Spagna). Ce ne verranno altri
121 caccia. Più o meno 7 miliardi di euro.

Ce n'è abbastanza per chiedersi se a decidere della qualità e
dell'entità della nostra spesa militare siano i ministri e il
parlamento. O non invece gli stati maggiori. O, ancora, se a portare
per mano gli uni e gli altri non sia l'industria degli armamenti. Per
dirla con le parole di un addetto del settore, "se in Italia il vero
ministro della difesa sia Parisi o non l'amministratore delegato di
Finmeccanica Guarguaglini". Un fatto è certo. Negli anni, i capi di
Stato maggiore delle nostre tre forze armate hanno tolto l'uniforme
per entrare senza soluzione di continuità nel top management delle
società di Finmeccanica. Una legge dello Stato lo vieterebbe.
Aggirarla è diventata una prassi. E' successo con il generale Mario
Arpino (da capo di stato maggiore della Difesa alla "Vitrociset"),
con l'ammiraglio Guido Venturoni (da capo di stato maggiore della
Difesa alla "Marconi"), con il generale Giulio Fraticelli (da capo di
stato maggiore dell'Esercito alla "Oto Melara"), con il generale
Sandro Ferracuti (da capo di stato maggiore dell'Aeronautica alla
Ams). Gli impegni di spesa con Finmeccanica che questa e le prossime
finanziarie andranno ad onorare portano anche le loro firme. Da
generali, naturalmente.


(14 novembre 2006)

"Communist Manifesto" Illustrated by Disney (and others)


Inviato da: "Gennaro Scala" 

Lun 13 Nov 2006 6:28 pm

Da non perdere:








(english / italiano)

Revival nazifascista in Ungheria ed Ucraina


0) In Ucraina il presidente Juschenko riabilita i criminali che hanno
collaborato con il nazismo

Altre opinioni "stonate" sul '56 ungherese:
1) What really happened in Hungary - By Stephen Millies, workers.org
2) U. Tommasi: sui fatti d'Ungheria
3) Qualche anno prima: i massacri delle Croci Frecciate


=== 0 ===

www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società -
09-11-06

Da www.regnum.ru

1 novembre 2006

In Ucraina il presidente Juschenko riabilita i criminali che hanno
collaborato con il nazismo

Una dichiarazione del Rabbino Capo di Russia si fa interprete dello
sdegno di tutte le coscienze democratiche del mondo

Nel mese di ottobre, il presidente della repubblica di Ucraina,
Viktor Juschenko, che due anni fa, ai tempi della “rivoluzione
arancione”, fu apertamente sostenuto da Stati Uniti ed Europa nel suo
tentativo di assumere il potere con la forza, e venne, a tal fine,
descritto dalla stampa occidentale come “paladino” dei valori di
“libertà e democrazia”, ha deciso – questa volta nell’indifferenza
più completa di quegli stessi paesi e di quella stessa stampa – di
assumere una decisione che suona come offesa alla coscienza
democratica e antifascista di tutti i popoli del mondo.

Per decreto, con l’attribuzione del titolo di “veterani della Seconda
guerra mondiale”, egli ha sancito la riabilitazione ufficiale della
OUN e dell’UIA, vale a dire le organizzazioni politiche e militari
dei nazionalisti ucraini che, schieratesi al fianco delle truppe di
occupazione nazista durante il conflitto, si macchiarono di crimini
di efferatezza inaudita, di cui furono vittime le popolazioni civili
di città e villaggi dell’Ucraina e, in particolare, i cittadini di
religione ebraica che, quando non vennero massacrati senza pietà a
decine di migliaia, furono costretti alla deportazione nei campi di
sterminio nazisti, da cui, in gran parte, non fecero ritorno.

La decisione di Juschenko, che veniva provocatoriamente presa in
corrispondenza con l’abbandono del governo da parte dei ministri del
suo partito, “Nostra Ucraina” (abbandono dovuto in particolare al
conflitto manifestatosi in seguito alla decisione del nuovo
esecutivo, presieduto dal suo avversario storico Viktor Janukovic, di
rallentare i tempi dell’adesione alla NATO, “cavallo di battaglia”
dei “rivoluzionari arancione”), ha immediatamente suscitato un’ondata
di sdegno non solo in Ucraina, dove migliaia di antifascisti e di
veterani della “Grande guerra patriottica” si sono riversati nelle
strade di Kiev e di altre città, ma anche in Russia, dove la reazione
è stata altrettanto vigorosa.

Di particolare rilievo è apparsa la presa di posizione del Rabbino
Capo di Russia, Adolf Shayevich, che ha rilasciato una vibrante
dichiarazione, a nome del “Congresso delle Organizzazioni e delle
Associazioni Ebraiche di Russia”, ripresa dall’agenzia “Regnum”, che
proponiamo nei suoi passaggi più significativi.

L’augurio che esprimiamo è che l’appello alle coscienze antifasciste
di Shayevich venga raccolto anche in Italia, mettendo finalmente la
parola fine a un silenzio che ha tutte le caratteristiche della
complicità e che si accompagna ai vergognosi tentativi di
riabilitazione del fascismo, che da noi sembrano trovare sponde anche
“insospettabili” persino ai vertici dello Stato (la campagna sulle
foibe, la copertura mediatica e persino istituzionale alla
martellante campagna “revisionista” promossa da Pansa, per citare
solo alcuni esempi).

Vogliamo anche sperare che, in vista del vertice della NATO di fine
novembre, che si svolgerà in Lettonia (paese dell’Unione Europea dove
viene praticato l’apartheid nei confronti di oltre un terzo di
cittadini di origine russa e dove in memoria delle SS locali vengono
costruiti monumenti e memoriali), e che avrà tra gli argomenti in
discussione anche quello dei futuri rapporti con l’Ucraina, qualche
rappresentante della “sinistra alternativa” nelle istituzioni
parlamentari vorrà ricordare ai rappresentanti del governo di centro-
sinistra (a cominciare da Prodi) che, in quella occasione, invece di
associarsi all’ “assedio” occidentale della Bielorussia
antimperialista, dovranno farsi interpreti dei valori antifascisti
alla base del nostro assetto istituzionale e, per questa ragione,
denunciare con vigore tutti i rigurgiti fascisti che caratterizzano i
comportamenti di molti paesi dell’Europa orientale entrati, o in
procinto di entrare nell’alleanza militare atlantica.

La provocazione fascista di Juschenko non deve passare inosservata!

La redazione di “Resistenze.org”

“Juschenko riabilita i complici del nazismo”

Dichiarazione di Adolf Shayevich

“L’attribuzione ai membri dell’OUN e ai “combattenti” dell’UIA dello
status di veterani della Seconda Guerra Mondiale significa la
riabilitazione de facto del collaborazionismo e delle crudeli
complicità con i nazisti nelle loro atrocità contro centinaia di
migliaia di persone innocenti di differenti nazionalità.

Russi, Ucraini, Georgiani, Armeni, rappresentanti di tutte le
nazionalità sovietiche hanno sacrificato la propria vita allo scopo
di distruggere la feccia nazista e di salvare il mondo dalla “peste
bruna”. Molti hanno combattuto nei campi di battaglia della Grande
Guerra Patriottica e altri hanno sofferto privazioni nelle retrovie
per aiutare coloro che si trovavano sulla linea del fronte. Non è
possibile nemmeno immaginare di poter paragonare le azioni eroiche
dei soldati che hanno salvato intere nazioni dall’annientamento e
dalla schiavitù alle azioni degli accoliti che hanno preso parte a
massacri ed esecuzioni.

I membri dell’OUN-UIA hanno disonorato il loro nome collaborando con
i fascisti: le loro atrocità hanno provocato la morte di centinaia di
migliaia di persone... Decine di migliaia di Ebrei sono tornati dal
fronte e hanno visto le loro città e villaggi distrutti e le loro
famiglie sterminate. Per loro, per i loro figli e nipoti, per tutti
coloro che ricordano i crimini commessi dai fascisti e da quelli che
li hanno aiutati a massacrare decine di migliaia di Ebrei a Babiy
Yar, e nelle regioni di Rovno, Volyn e Lvov nell’Ucraina occidentale,
questo decreto non rappresenta altro che un insulto, una cinica
provocazione verso la memoria degli assassinati negli anni del disastro.

A suo tempo, il membro del consiglio municipale di Rovno Shkuratuk è
arrivato al punto di affermare: “Sono orgoglioso del fatto che, dei
1.500 partecipanti alle esecuzioni a Babiy Yar, 1.200 erano
poliziotti dell’OUN e solo 300 tedeschi”. Non è forse rivoltante per
gli Ucraini e la loro dignità nazionale assistere ad un tale scatto
di “orgoglio”? Il Tribunale internazionale di Norimberga ha
condannato non solo i nazisti, ma anche i loro complici. Il disprezzo
per le orribili lezioni del passato è la strada verso il baratro.”

Traduzione dall’inglese per resistenze.org a cura del CCDP


=== 1 ===

http://www.workers.org/2006/world/hungary-1116/

50 years ago
What really happened in Hungary

By Stephen Millies

Published Nov 9, 2006 7:46 PM

Why did George W. Bush just send New York Gov. George Pataki to
Budapest to praise the 1956 uprising of the “Hungarian freedom
fighters”?

It’s also the 30th anniversary of the heroic Soweto rebellion, in
which hundreds of African youth were killed fighting apartheid. But
Pataki didn’t go to South Africa.

No capitalist politician commemorates the 1919 Hungarian Soviet
Republic, which was the second socialist revolution following the
victory of the Bolsheviks in Russia.

The Hungarian Soviet Republic lasted 133 days. Allen Dulles, at that
time a young U.S. diplomat, played a role in coordinating the
invasion that drowned it in blood. In the 1950s, after he became CIA
director, Dulles overthrew progressive governments in Guatemala and
Iran.

Admiral Miklós Horthy, a leading player in the overthrow of that
early soviet republic, later became Hungary’s fascist dictator and
allied himself to Hitler. Under fascist rule, over 400,000 Hungarian
Jews were murdered.

During World War II, many Hungarian soldiers who had been press-
ganged to fight against the Soviet Union died during the failed Nazi
attempt to seize the city of Stalingrad.

The Soviet Red Army finally liberated Hungary from fascism at
tremendous cost.

Unlike in Yugoslavia and Albania, the main agent of change in Hungary
was the Soviet Army, not revolutionary forces inside the country. The
country had been devastated. Few communists had survived the decades
of death camps and torture.

Nevertheless, workers took over the factories. Two-thirds of the land
had been owned by 40 families while 3 million peasants didn’t have
any. “Hungary remained one of the last strongholds of feudal or semi-
feudal forms of tenure in Europe up until 1945,” wrote scholar
Alexander Eckstein in August 1949. Peasants chased the landlords off
their huge feudal estates, which were divided up.

Schools were opened to the poor. College enrollment rose 400 percent
by 1955. The number of women students increased five times. Workers
and peasants were guaranteed 60 percent of college seats.

Health care was made free. A campaign against tuberculosis—called the
“Hungarian disease”—saved thousands of lives.

Socialist economic planning made these advances possible. Industrial
production increased by 14 percent per year in the early 1950s, but
from a very low base.

Meantime the “cold war” was intensifying. Pentagon brass were
preparing for a nuclear war against the Soviet Union. They launched a
massive invasion of Korea in 1950.

Despite the Hungarian Communists’ attempts to bring about greater
equality, they were under tremendous pressure.

By the mid 1950s, with an infusion of U.S. capital through the
Marshall Plan, Western Europe was becoming prosperous again. But
Eastern Europe—where the fascist offensive had claimed millions of
lives and destroyed most of the infrastructure—remained poor.

Many collective farms had been established in Hungary, but too
hastily, alienating the peasants, who didn’t have enough tractors to
work large spreads because the industrial base was weak.

Mass discontent in Hungary was fanned by the formerly privileged
classes who had been expropriated. Struggles within the Communist
Party made things worse.

In the background was the extremely influential Catholic Church. This
wasn’t the church of El Salvador’s martyred Archbishop Romero.
Hungarian Cardinal Mindszenty was ideologically far to the right; he
wrote that Darwin should have been burned at the stake.

A “secret speech” by Nikita Khrushchev at the 20th Congress of the
Soviet Communist Party in February 1956 denounced Stalin—but from the
right, seeking an accommodation with the imperialists. It gave a
green light to pro-capitalist elements throughout Eastern Europe.

In October Imre Nagy became Hungary’s premier and opened the door to
reaction—in the same way that Mikhail Gorbachev later did in the USSR.

Workers had grievances in Hungary. But their discontent was misused
in a bloody struggle that was welcomed by Wall Street.

Book burnings of Marxist literature were carried out, just as the
Nazis had done. Red stars were removed from buildings. Socialist
symbols were cut out of the Hungarian flag. And Communists were lynched.

Hungarian workers were told they could keep their socialized
factories and other achievements after they “overthrew communism.”

“Workers’ councils” allowed pro-capitalist parties like the
Smallholders to be brought into the government. Fascist Mindszenty
was released from prison. Hungarian “freedom fighters” called for
U.N. intervention, which, as in Korea, really meant U.S. intervention.

The Soviet Union was compelled to send in troops to stop this counter-
revolution.

The reaction was thrown back. The first job of new Communist leader
János Kádár, who himself had been imprisoned under a previous
Communist regime, was winning back the workers. A workers’ militia
was formed.

After 1956 socialist Hungary advanced economically, but Washington
spent trillions of U.S. workers’ taxes to defeat the socialist bloc,
initiating a terribly costly arms race. They were finally victorious
in 1989-91 throughout Eastern Europe and the Soviet Union.

This was a real tragedy for the world working class and nations
fighting neocolonialism. Cuba and People’s Korea suffered terribly,
losing most of their foreign trade.

While the new ruling class now flaunts its wealth, the workers gained
nothing from these counter-revolutions. Hungary’s unemployment rate
skyrocketed from 1.7 percent in 1990 to 11 percent in 1996. Fifty
thousand Hungarians were made homeless by capitalist “freedom.”
Tuberculosis cases increased 18 percent between 1990 and 1999.

Now current Hungarian Prime Minister Ferenc Gyurcsany is under attack
from even more right-wing forces.

All this shows why it was important to defend the Hungarian workers’
state in 1956 and stop the right wing. The counter-revolutionaries
had masqueraded as friends of the workers, just as Hitler had
disguised his reactionary program as “national socialism.” But in
fact they were totally allied with world imperialism and, as partners
of global monopoly capital, were ready to exploit the workers doubly.

Today Bush may boast about the defeat of the socialist bloc in
Europe. But the rising resistance to U.S. imperialism all over the
globe demonstrates more clearly than any words that the tide is once
again turning in favor of the workers and the national liberation
struggles.


=== 2 ===

Data: Gio 26 Ott 2006 6:50 pm
Da: uberto tommasi
Oggetto: Re: sui fatti d'ungheria


Nessuno parla mai della caccia che, in quei giorni, gli insorti
ungheresi diedero, casa per casa, ai comunisti impiccandone migliaia
agli alberi, come facevano vedere le foto di allora, oggi
opportunamente sparite dai mass-media.
Inoltre sarebbe anche opportuno ricordare che le truppe russe erano
in Ungheria solo perchè dodici/tredici anni prima i fascisti
ungheresi, in terra russa, uccidevano, stupravano, rubavano e
bruciavano abitazioni con le persone dentro. Chi conta oggi quei morti?
Neppure è da affidare al dimenticatoio revisionista la storia di una
nazione che gli ebrei se li raccolse da sola per consegnarli ai nazisti.
Tanto clamore per il 50° della rivolta. Intanto nell'alleata Turchia,
dal 1970 ad oggi quasi un milione di persone passavano per le carceri
e sotto tortura. In Grecia i collonelli entravano nell'università
sparando con i cannoni dei carri armati ed i bambini cileni ed
argentini rubati dai torturatori ancor oggi non hanno trovato i
genitori (Quelli sopravvissuti).
Ed i 650.000 morti, la maggior parte civili, scannati in Irak dagli
americani, anche se vengono uccisi in diretta non vengono celebrati,
mentre la colomba mannara Rice fa lezione d'ipocrisia.
Anni fa ci fu anche chi tentò la riabilitazione di Nerone e scrisse
un libro. Tutto è possibile lo dimostra Pansa. Il potere scrive libri
ed occupa i mass-media, tanto come un tempo incideva lapidi e c'è
sempre chi "...maledice chi va e plaude chi resta"
Tanto avevo da dire Uberto Tommasi

Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/resistenza_partigiana/


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I massacri delle Croci Frecciate

Nonostante la città fosse oramai assediata il governo delle
Croci Frecciate continuò ad emanare ordini contro gli Ebrei. Szalasi
e i suoi ministri avevano abbandonato la capitale rifugiandosi ad
Occidente ma ancora il 23 dicembre il ministro degli interni Vajna
ordinò che tutti gli Ebrei che si erano in qualche modo nascosti si
presentassero, entro ventiquattro ore, al Consiglio Ebraico per
essere assegnati al ghetto. Accesi da una specie di furore
demenziale le Croci Frecciate cominciarono la loro caccia
all'Ebreo "nascosto" mentre i carri armati sovietici puntavano al
cuore della città. In tale confusione venne arrestato come Ebreo
Asta Nielson cugino del re di Svezia. Il 6 dicembre con un altro
decreto venne ordinato che le strade che erano intitolate a
personaggi di ascendenza ebraica mutassero nome. Le bande armate
delle Croci Frecciate percorrevano la città. Circa cinquanta-
sessanta Ebrei a notte venivano massacrati da queste squadre di
assassini. Dopo aver derubato, torturato e violentato le Croci
Frecciate trascinavano le vittime sino alle rive del Danubio e si
divertivano a legarle a gruppi di tre. Sparavano poi alla testa
della persona al centro e scaraventavano il cadavere e le persone
ancora vive nelle acque gelate del fiume. Il peso della persona
uccisa trascinava a fondo quelle ancora vive. Tra le centinaia di
squadre della morte particolarmente efficiente fu quella guidata da
un monaco cattolico, Andras Kun. La sua banda fece irruzione l'11
gennaio 1945 nell'ospedale ebraico di via Maros provocando una
strage orrenda. Il monaco incitava i suoi a sparare nel "santo nome
di Cristo". Non c'era pietà per nessuno: né donne, né bambini, né
vecchi. I casi di assassinii di massa furono innumerevoli. Il 28
gennaio SS e Croci Frecciate attaccarono l'ospedale di piazza
Bethlen occupandolo per ventiquattro ore. Poi, dopo aver
terrorizzato e derubato pazienti e medici, rapirono ventotto
adolescenti che uccisero due giorni dopo. In questo caos mortale
Szalasi era impegnato a scrivere le proprie memorie e a comunicare
in sedute spiritiche con l'anima di John Campbell, un misterioso
defunto scozzese in contatto - come diceva il Capo delle Croci
Frecciate - con lui. In questa sanguinosa atmosfera popolata da
alienati ed assassini gli sforzi disperati di pochi uomini delle
ambasciate neutrali: Wallenberg, Perlasca, Lutz, monsignor Rotta
salvarono dalla morte migliaia di Ebrei.

Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/resistenza_partigiana/