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SLOBO VIVE!

I SERBI ASPETTANO, LA SINISTRA ITALIANA RANTOLA. (E “IL MANIFESTO”???)

In morte di Slobodan Milosevic, nell’anniversario del crimine Nato

MONDOCANE FUORILINEA

14/3/06

di Fulvio Grimaldi


Ho tra le mie foto più preziose, sopra il televisore, una con Slobodan
Milosevic. Siamo a casa sua, la residenza di Stato del presidente
della Jugoslavia, ormai “Piccola Jugoslavia”, sulla collina di Dedinje
in vista del Danubio ed è il 27 marzo 2001. Fuori dalla villa, amici e
militanti del Partito Socialista contengono una piccola folla che
sbraita contro colui che ormai è l’ex-presidente, destituito più che da
un voto manomesso fino a bruciarne le schede, dal pogrom di un’
organizzazione finto-nonviolenta e paramilitare, “Otpor”, finanziata ed
addestrata dalla Cia e dal brigante della speculazione finanziaria e
del narcotraffico George Soros. Tre giorni più tardi queste bande e i
loro padrini internazionali l’avranno vinta. Milosevic verrà arrestato
e, qualche mese dopo, consegnato per 30 milioni di dollari, trenta
denari, agli sgherri di un tribunale-farsa istituito all’Aja dal
governo Usa con la firma del notaio Kofi Annan ed affidato a fiduciari,
rinnegati dell’ordine giudiziario, come le “procuratrici” Louise
Harbour e Carla Del Ponte. Lo venderà ai suoi mandanti il capomafia e
Primo Ministro Zoran Djindjic, colui che aveva consegnato ai
bombardieri della Jugoslavia le mappe con gli obiettivi da colpire:
raffinerie, industrie, ponti, ferrovie, ma soprattutto case, scuole,
ospedali, gente: 10.000 vittime per 78 giorni di intervento umanitario
contro una totalmente inventata “pulizia etnica” in Kosovo. Con sulla
torre di controllo, in primissima fila, Massimo D’Alema (Non pago del
bagno di sangue jugoslavo, rilancia ancora oggi: “E’ giusto espandere
la democrazia anche con la forza”).

Guardo quella foto mentre, sotto, lo schermo tv è percorso da immagini
falso-vere di una logora propaganda umanitaria e percosso dall’eloquio
nevroticamente sincopato, di una corifea di tutti gli “interventi
umanitari”, Giovanna Botteri del Tg3. Una che ricordiamo stracciarsi le
vesti e annunciare macelli, possibilmente di bambini sventrati e di
turbe in stracci messe a fuoco, che si trattasse della Jugoslavia, o
dell’Iraq, con pari dedizione saprofita. Segue un'altra stampella
delle ragioni per l’ “intervento umanitario”, Ennio Remondino, che,
ricordando un gabbamondo da tavolino con le tre carte, con supponenza
elargisce e mescola “il despota Milosevic”, “il presidente democratico
Djindjic”, i cattivi bombardamenti Nato e i cattivissimi nazionalisti
serbi. Intanto mi premono sullo stomaco, forse un po’ come quell’ultimo
pasto avvelenato rifilato a Milosevic per stroncarne l’esito vittorioso
sugli avvoltoi del tribunale-postribolo, la parole tossiche, passate e
presenti, di altri eroi del cerchiobottismo, becchini della Jugoslavia
e della verità che, con piagnistei equamente distribuiti tra carnefici
e vittime, sono stati anche più efficienti nell’apparecchiare la
sepoltura di un nobile paese. Il dolore per la morte da assassinio di
quest’ uomo, senza retorica figura da tragedia greca, si mescola con
rabbia, indignazione, ripugnanza e ne viene quasi temperato.Non mi
riferisco alla grande stampa della borghesia, dall’Unità a Libero, da
Ferrara a Mieli. Fetecchie da “macellaio dei Balcani”, o ”
Hitlerosevic”. Chissenefrega, quelle sono le voci del padrone, fanno il
loro mestiere di ruffiani.. La loro dimensione è la menzogna
strutturale, ontologica, in sintonia con il potere che servono e,
sempre più spesso, sono. Nella nostra guerra stanno con ogni evidenza
dall’altra parte della trincea. Non c’è scandalo. La collera e il
disprezzo sono tutti per coloro che, dicendosi a sinistra, per la pace
e per gli oppressi, pretendono di elargirci verità e che, facendo
slittare sotto la commiserazione per le vittime (purchè inermi e non-
violente) i paradigmi dei carnefici, strategicamente questi puntellano
e agevolano.

Guardo la foto e la memoria srotola il filo della storia di un
avvicinamento a Slobo che parte dal 24 marzo e termina pochi istanti
dopo lo scatto di quell’immagine. Dopo aver sbranato oltre metà della
Jugoslavia, in parte anche grazie alla collaborazione di “pacifisti”
come Adriano Sofri, Alex Langer, Costruttori di pace, settori
cattolici, ongisti voraci e semplicemente fessi, fondata sull’assenso
agli inganni della guerra psicologica, nella notte tra 23 e 24 marzo le
classi dirigenti europee e nordamericana si apprestano alla soluzione
finale. La mattina del 24 marzo, a garanzia delle retrovie, insieme
alla Nato entra in guerra il Tg3, il canale “di sinistra”, cosiddetto
Telekabul, ma anche, a buon titolo, Telepapa (fin da quando un papa
ultrareazionario e guerresco aveva sobillato i neofascisti – ma
cattolicissimi – croati contro la federazione ancora ostinatamente
socialista). La donna-cannone è Botteri, il direttore del circo è Ennio
Chiodi, democristosinistro. Ci si dice, in riunione di redazione, da
che parte stare, ci si accalora sul “dittatore”, su “pulizia etnica”,
“ondate di profughi” e dunque, appunto, sull’ “intervento umanitario”.
Tutti annuiscono, il tavolo della riunione pare un carillon. Armiamoci
e partite. Da quel giorno non ho più messo piede in RAI, al Tg3. Di
decente c’erano rimasti solo gli operatori e i montatori, anche perché,
bravi per conto loro, non devono il pane a nessuna ruffianeria. E pochi
giorni dopo partii, con la prima delegazione dalla parte degli
aggrediti e tanto di telecamerina, per Belgrado, quella delle macerie,
della morte, della fame, della sfida-sfottò dei “target” sui ponti. Si
doveva passare da Austria e Ungheria, farsi taglieggiare dai rispettivi
doganieri, scendere sotto le bombe per la Voyvodina a Novi Sad. Gli
sgherri razzisti di Tudjman, cari al papa, non permettevano il
passaggio. Chi frequentava i serbi era infetto per l’Occidente intero.
Ci accompagna e assiste un piccolo partito comunista. Attraversiamo l’
inferno, la resistenza, la quinta colonna (che la “dittatura” lasciava
agire e ci aveva permesso di incontrare apertamente in piena Belgrado),
fino al geno-ecocidio programmato di Pancevo e di Zastava. I serbi non
si piegavano e non c’è momento più alto nella vicenda europea dopo la
liberazione partigiana – quella che tedeschi e statunitensi riuniti
intendevano vendicare – che quella, fortunosamente ripresa dai miei
documentari, delle legioni di uomini e di donne, veri combattenti con l’
arma nucleare della dignità, che sul Ponte Branco di Belgrado, sera
dopo sera, facevano svettare bandiere jugoslave, cartelli “target” sul
cuore, canti di orgoglio, incriminazione e resistenza, contro gli
strumenti tonitruanti degli stragisti Clinton, Schroeder e il
chierichetto col botto D’Alema.

A Novi Sad i ponti erano stati sbriciolati, la raffineria s’inceneriva
nell’uranio, la terra si scuoteva per terremoti da bombardamenti. A
Belgrado il cielo si apriva ai terminator con la chimica della guerra
meteorologica. Una volta, a Kragujevac tre missili ci mancarono di 80
metri. Mi è rimasta impressa la temeraria calma del compagno di
viaggio, Raniero La Valle. Una notte scampammo alla sorte dei neonati
a cui le bombe avevano spento le incubatrici, fuggendo dall’albergo e
dai pressi dell’ambasciata cinese in fiamme, con dentro tre morti,
mentre D’Alema e compari ammazzavano, nel nome della libertà di stampa,
16 giornalisti e tecnici della televisione serba (mai annoverati tra le
sue vittime dall’associazione mercenaria Reporters Sans Frontieres). A
Pancevo, la città della chimica e del petrolio, D’Alema e sodali
avevano fatto in modo che le nubi e i liquidi tossici, sprigionati dai
loro esercizi di sfoltimento dell’umanità, da aria, terra e acque
pervadessero, fino a corromperli, vita e futuro di generazioni. A
Kragujevac, la più grande industria dei Balcani era un ammasso
uranizzato di macerie e di storia operaia. Ma c’erano ancora, dopo i
missili e nell’uranio, gli scudi umani che avevano sfidato, inanellati
attorno agli stabilimenti, la foja assassina degli umanitari. Ci
avrebbero messo appena un anno a rimettere in piedi gran parte della
fabbrica. Non solo quella. Tornammo un anno e mezzo dopo: due ponti di
Novi Sad erano risorti, la Zastava era tornata a far correre due linee
di montaggio. Nell’inedia e nel gelo delle sanzioni, tra le macerie
delle loro case (ma migliaia erano già state ricostruite), con i corpi
ancora caldi delle vittime sezionate dalle bombe a grappolo a Nis e in
tanti altri posti, con il sangue avvelenato dalla guerra chimica, i
serbi erano rivissuti per orgoglio e per vendetta. Nessuno pensava
alla resa. “Serbi da morire!” titolai il documentario.

Sotto il controllo di un presunto “dittatore”, alla faccia degli
infiltrati, dei demonizzatori, di morte e rovina, dei governanti
avversi che le libere elezioni del “despota” avevano installato nelle
maggiori città del paese, nonostante il sabotaggio al servizio del
nemico di una stampa al 90% in mano all’opposizione filo-imperialista,
la Jugoslavia di Slobodan Milosevic aveva retto e si stava aggiustando
addosso i vestiti laceri.. A scandalo di una sinistra italiana
miseramente subalterna, avevo potuto scrivere su un giornale serbo
“Meglio serbi che servi”. Quella “sinistra” preferiva fraternizzare con
i sedicenti oppositori “democratici” di Radio B-92, della televisione
di Vuk Draskovic (oggi ministro agli ordini di Solana), “Studio B”,
entrambi del circuito europeo Cia di “Radio Liberty”, entrambi
foraggiati da George Soros, con un’alleanza civica assetata di libero
mercato, garantita da pretoriani Nato, chiamata “Zayedno” Ma,
soprattutto, si era gemellata con l’altra articolazione Cia, il mix
sottoproletari-fichi dei quartieri alti di “Otpor”, appena reduce da
corsi di eversione tenutigli a Budapest e a Sofia da generali Usa.
Eversione “non-violenta” fino al rovesciamento del governo legittimo,
ma violentissima dopo, nell’occupazione delle istituzioni, nell’
epurazione a bastonate e omicidi di sindacalisti, politici di sinistra,
giornalisti onesti, maestranze non vendute. Quando questa coalizione
del cialtroname opportunista e rinnegato colmò la piazza di Belgrado e
poi invase il parlamento per bruciare le schede che avevano dato, nel
settembre 2000, la vittoria alle sinistre, i miei reportage dal campo
venivano cestinati dal redattore capo di Liberazione, Salvatore
Cannavò. Cestinò anche le mie interviste ai capi di Otpor che esibivano
grande fierezza per essere i fiduciari “dell’intelligence di una grande
paese come l’America” e dichiaravano di auspicare l’avvento di una
“democrazia all’americana” in cui una “manodopera a basso costo serba
avrebbe fatto la fortuna delle multinazionali americane” e la si
sarebbe fatta finita con la “demagogia della garanzia del lavoro,
della sanità e dell’istruzione gratuite e per tutti”. Il compagno
trotzkista Cannavò fu invece svelto a invitare “i compagni di Otpor”
agli appuntamenti no-global.

Tornai ancora a Belgrado, quando tutto era davvero finito. I serbi, la
Jugoslavia, l’Europa, la pace, la verità avevano perso. Si poteva
espandere a macchia di vetriolo, senza più oppositori, l’infame inganno
di una “pulizia etnica” nel Kosovo, con la quale si volle giustificare
la fuga di povere popolazioni dai bombardamenti Nato e l’espulsione di
300.000 serbi innocenti ad opera degli ascari Nato e stragisti
narcotrafficanti dell’UCK. Disintegrata la trincea jugoslava, smembrata
una nazione democratica, progressista, antimperialista nei suoi
segmenti etnici e confessionali, creata la piattaforma per la
penetrazioni, bellica o con le “rivoluzioni colorate” tipo Otpor, verso
Est, verso gli idrocarburi del Caucaso e l’oppio afgano, rinchiuso nel
braccio della morte dell’Aja e nel cappio della diffamazione uno dei
più onesti ed equilibrati uomini di Stato del nostro tempo, la strada
era stata aperta per il terrorismo imperialista globale e permanente. A
mio avviso, soprattutto misurando la vicenda jugoslava contro quella
irachena, dove una Resistenza di popolo saggiamente predisposta dalla
sua dirigenza, ha bloccato l’avanzata dei mostri, a Slobodan Milosevic
possono essere imputati solo due errori. Aveva resistito all’infame
ricatto di Rambouillet e quel gesto di forza e di dignità aveva
mobilitato il suo popolo alla resistenza. Le due rese successive di
Dayton nel 1995 e di Kumanovo nel 1999, seppure motivate dall’impegno,
questo sì umanitario, a salvaguardare la sopravvivenza di genti che
avevano sofferto l’indicibile da un ventennale ostracismo
internazionale, dalle sanzioni e dalle guerre. Possiamo immaginare,
alla luce della vittoriosa guerra di popolo irachena, cosa sarebbe
successo nella Serbia della cacciata di sua propria mano della
Wehrmacht, se il rifiuto della Pace di Kumanovo avesse costretto i
mercenari della Nato a misurarsi con un esercito di popolo pratico di
ogni anfratto della sua terra e collaudato dal confronto con l’allora
più potente esercito d’Europa. Certo sangue, lacrime, sacrifici
inenarrabili, ma probabilmente l’avanzata del carnefice planetario
sarebbe stata arrestata prima della trincea irachena. Quale governo
europeo avrebbe potuto sostenere il peso di centinaia di suoi giovani
militari caduti in un’operazione che si sarebbe evidenziata via via più
criminale?

L’ultima mia Serbia l’ho vista qualche tempo dopo, a trauma collettivo
subito, a futuro oscurato. Con il difensore di un popolo che aveva
saputo imporre la sua agenda ai grandi, venduto e martirizzato in un
paese lontano, sembra che si sia dissolta ogni capacità di reazione. Al
vertice, coperte da un personaggio da incolore mezza stagione,
Kostunica, si avvicendavano bande di malfattori e rinnegati. Era
estate, ma neanche la stagione sorrideva a questo “volgo disperso che
nome non ha”. Le strade di Belgrado, di Pancevo, di Kragujevac, di Nis,
su cui ancora incombevano scheletri di corpi urbani che nessuno più
faceva rivivere. Gli anfratti suburbani in cui era stato ammassato il
milione di senza terra, senza casa, senzapatria. Passanti infreddoliti
che sembrano perdersi in un vuoto poststorico, come nella polvere
volteggiano prive di senso cartacce che un tempo erano alimenti, libri,
manifesti, lettere. Ricordo il mio ultimo saluto, dall’autobus, a una
protagonista della forza che aveva fatto rinascere la Zastava, una
comunista, figlia di partigiano.Il suo sguardo mi riportava a quello di
un vecchio palestinese davanti alla fotografia del suo villaggio
perduto. Un generoso lavoro di resistenza di compagni, riuniti nel
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, in pochi altri momenti di
militanza, come “SOS Jugoslavia” e l’associazione di Trieste, e di
pochi serbi della diaspora, per anni uniche voci di contrasto alla
menzogna, di solidarietà, ha dovuto ridursi a inascoltata denuncia di
disgrazie epigonali, ai possibili interventi, questi sì, umanitari, a
ricordi. E, in perfetta solitudine, a una minoritarissima mobilitazione
in difesa di Milosevic e della verità sullo pseudoprocesso dell’Aja.
Solitudine di cui possiamo ringraziare, oltrechè un pubblico offuscato
dall’inquinamento mediatico di destra, di centrosinistra e di
“sinistra”, anche la timidezza con la quale i personaggi di riferimento
dell’area antagonista hanno risposto al martellamento demonizzatore.
Quasi che corressero qualche inaccettabile rischio di carriera a
compromettersi con la verità. Personalmente ho potuto misurare la
distanza che correva tra la percezione nella base di sinistra su chi
erano i buoni e chi i cattivi nei Balcani, e la prudente riservatezza,
i distinguo a mezza bocca, dei leader del movimento. C’è rimasta, nel
desolante silenzio di voci balcaniche, la denuncia e il sostegno dell’
unica bandiera all’apparenza non ammainata: Slobodan Milosevic,
presidente della Jugoslavia, incarcerato all’Aja e ora ammazzato
oberandone il cuore malato di prove insostenibili, poi avvelenandolo.
Non si poteva tollerare che continuasse a sbugiardare i suoi boia, a
vincere ogni confronto e quindi a validare la sacrosanta richiesta di
risarcimenti del suo popolo. Tanto meno lasciargli tempi di ripresa
accettando la richiesta di un breve periodo di cura a Mosca, dove,
peraltro, medici non al guinzaglio della Del Ponte avrebbero potuto
scoprire la terapia assassina. Dove Slobo avrebbe potuto parlare con
giornalisti non velinari e compromettere ulteriormente il gioco.
Leggere gli atti del processo per credere.

“Il manifesto”
Leggere, invece, quanto ha scritto sull’evento l’unico quotidiano
italiano ancora “diverso” , “il manifesto”. Messo in salvo un po’ di
coscienza con la condanna dell’intervento Nato, ecco che si rilanciano
e si riabilitano, contro ogni evidenza storica nel frattempo
disponibile a chiunque, tutti gli stereotipi della gigantesca truffa.
Si esonerano i mandanti della morte di Slobo, ormai inchiodati da
elementi inesorabili, parlando sprezzantemente di “milioni di teorie e
complotti a cavallo di fantapolitica e storie di spionaggio di altri
tempi”; si parte definendo il difensore dell’unità jugoslava, l’unico
dei personaggi di quella stagione né quisling, né chauvinista, “uno dei
protagonisti della mattanza balcanica”. Si parla, riferendosi al famoso
discorso di Kosovo Polje del 1989, in cui, pur garantendo ai serbi del
Kosovo protezione dai pogrom albanesi sollecitati dai cospiratori
imperialisti, Slobo s’impegnò come nessun altro leader delle provincie
a salvaguardare i pari diritti di tutte le popolazioni jugoslave, come
del lancio di una grande e ipernazionalistica Serbia, avallando l’alibi
dell’aggressione che sarebbe partita da lì a poco. Cerchiobottismo, si
direbbe, che da anni ci rifila una specie di avallo ex post alla
menzogna della pulizia etnica serba, ora diventata addirittura
“campagna di terrore verso gli albanesi”, secondo quanto dettavano
Giovanna Botteri e l’infiltrato radicale Antonio Russo che sparava
cazzate granguignolesche di matrice Nato da un finto nascondiglio a
Pristina.. L’avallo viene con quel “contropuliza etnica” con cui l’
autore si ostina a definire le stragi degli ultimi serbi del Kosovo e
che pareggerebbe implicitamente un qualche conto. Stesso avallo viene
ripetutamente offerto, a scorno di tutte le documentate smentite, all’
altra delle grandi truffe che, dagli attentati al mercato di Sarajevo
in giù, hanno giustificato la distruzione della Jugoslavia: la “strage
di Sebrenica”. Le bande Otpor, che certamente si erano trascinate
dietro disillusi e illusi della sofferenza serba, oltre alle milizie
armate del sindaco nazista di Cacak , diventano per Tommaso Di
Francesco “la folla scesa in piazza a Belgrado per ottenere il
riconoscimento della vittoria alle presidenziali di Vojslav Kostunica”.
Sul discorso di Kosovo Polje, che non deve aver mai letto per intero,
nella sua appassionata perorazione del pluralismo e delle pari dignità,
ecco che viene riesumata la bugia del lancio di una “Grande Serbia”,
che avrebbe tolto al Kosovo l’autonomia garantitagli da Tito. Possibile
che un esperto giornalista non sappia come l’unica cosa che Belgrado
tolse al Kosovo, già in pieno pogrom antiserbo ed antijugoslavo per
conto dell’imperialismo, era l’assurdo e paralizzante diritto di veto
sul legiferare delle altre repubbliche e della federazione intera? L’
autonomia restò intatta, per quanto emissari di Washington, come Soros
e madre Teresa di Calcutta, già vi stavano costruendo uno Stato
parallelo, albanese, etnicamente pulito, eminentemente un narcostato al
servizio della finanza occidentale. Con il concorso di un collega,
anche lui da tramandare agli onori dei negazionisti della verità (non
ci sono solo quelli dell’olocausto), il giornalista ripercorre proprio
tutte le tappe dell’intossicazione: “estremismo nazionalistico che
ispirava il suo regime”, “gestione di un paese solo apparentemente
democratico” (dove pur si votava con una frequenza quasi maniacale tra
repubbliche, federazione, amministrazioni locali, dove le grandi città
venivano conquistate dall’opposizione e dove, in piena guerra, si
andava e si veniva come Pisanu si sognerebbe di lasciar fare), fino
alle infamanti “collusione con le organizzazioni illegali”. Già quelle
che avrebbero contribuito a formare il famoso “tesoro di Milosevic”,
mai trovato, mai esistito, al punto che perfino i suoi detrattori hanno
dovuto ammettere che Milosevic aveva come unico cespite il suo
stipendio. Non basta a riscattare tanta aderenza al diktat
propagandistico degli aggressori, il finalino con cui si mette in
dubbio la credibilità giuridica di un tribunale dell’Aja, creato dal
vincitore e la cui procuratrice ha respinto ogni addebito che milioni
di cittadini colpiti avevano rivolto alla Nato dei 78 giorni di crimini
di guerra.

Sai, caro collega, una volta che ti sei piegato all’assunto
principale, pulizia etnica, Sebrenica, regime autoritario, mafia, le
sparate contro la guerra etnico-imperialista hanno la forza di una
pistolettata ad acqua. Almeno i Disobbedienti, allora Tute Bianche di
Padova, una volta fatta la megacazzata di andare, in piena guerra, a
Belgrado e, ospitati dalla Tv di Stato, di sbraitare contro il governo
serbo aggredito e fraternizzare con forze d’opposizione, quinte colonne
dichiaratamente filoamericane, oggi se ne stanno zitti. Il gemellaggio
con la radio Cia B-92, fatta allora passare per “radio di movimento”,
gli deve ancora bruciare. Ma dubito che bruci a una Wilma Mazza di
Radio Sherwood il ricordo di come i suoi picchiatori si fossero
avventati, il 6 giugno ad Aviano, manifestazione contro la guerra, su
coloro che alzavano bandiere jugoslave, li avessero colpiti e ne
avessero stracciato i vessilli.Tornando al “manifesto” che, fin qui, va
deplorato per quel suo colpo al cerchio e colpo alla botte che,
ovviamente alla fin fine, rafforza essenzialmente la botte delle
mistificazioni, là dove questo giornale pare addirittura perdere l’
identità che gli abbiamo sempre riconosciuta è in un paginone di tale
Slavoj Zizek (leggetelo nell’edizione in rete del 15/3/06). C’è da
restare sgomenti. L’autore, attribuita ogni nefandezza di prammatica a
Milosevic, portando al diapason gli stereotipi del “nazionalismo
fondamentalista”, che Slobo avrebbe “manipolato”, arriva a descrivere
una Jugoslavia sotto Milosevic dove tutti si sarebbero potuti abbuffare
e fare quel che cazzo che gli pareva, dimenticando la terribile
pressione, prima economica e poi militare, con la quale le potenze
occidentali e l’FMI avevano portato la Serbia sull’orlo della rovina.
Niente si dice della criminale cospirazione imperialista che fin dalla
morte di Tito aveva programmato il disfacimento della Federazione e l’
obliterazione dei serbi. Tra altre autentiche nefandezze, si arriva
addirittura a deplorare – e qui l’asino casca proprio – che americani
e complici non abbiano fatto fuori Milosevic e la Serbia molto tempo
prima (“L’interminabile differimento delle potenze occidentali”), visto
che erano da interpretarsi “come guerra civile o persino tribale (sic!)
alcuni chiari episodi di aggressione serba”. Questo autentico
trombettiere delle guerre di devastazione e rapina raggiunge un lucido
delirio quando inserisce Milosevic nientemeno che in una schiera che
comprende Pinochet, Idi Amin, Pol Pot, Hitler e Mussolini. Non Clinton,
non Bush, non Wesley Clark, non Madeleine Albright, non i fascisti
Tudjman e Izetbegovic esecutori del nazionicidio. Milosevic. Con questo
indecente apologeta della vicenda imperialista che ha aperto le porte
dell’inferno all’umanità, un personaggi che da l’impressione di agire
come pupazzo per conto di qualche individuabilissimo ventriloquo, “il
Manifesto”, ha tradito non solo la verità di un popolo e del suo
rispettabilissimo leader. Ha tradito tutti noi. Si tratta della nuova
linea bertinottian-unionista? Che tristezza.

Sotto la foto di Slobo ora scorrono sullo schermo immagini di gente
che porta fiori ai suoi ritratti. “E tu onor di pianti Ettore avrai,
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato…” Donne,
uomini, vecchi e giovani serbi. Gente qualunque. Sono tanti, sempre di
più. Mi ricordano un mesto e forte corteo di contadini e operai, di ex-
partigiani e donne, in una ricorrenza lontana della morte di Tito.
Furono aggrediti e sprangati da giovinastri scesi da Radio B-92. Vecchi
operai coperti di sangue…”e finchè il sole risplenderà sulle sciagure
umane”.

Era un rigido autunno di qualche anno fa. I soliti pochi, non ligi,
non vili, ancora una volta con un’inadeguata ma fedelissima
rappresentanza serba, ci riunimmo davanti alla prigione-fortezza di
Scheveningen. Ci dissero che di là, oltre il fossato e alle muraglie
di bugnato, il carcerato poteva udirci. Centocinquanta combattenti
contro la menzogna si misero a lanciare messaggi d’affetto urlando:”
Slobo-Slobo”! Fino a quando energumeni olandesi in nere uniformi non c’
imposero di tacere. Guai a trasmettere ulteriore coraggio, quello che
ti viene quando scampi all’abbandono, a chi già aveva svergognato uno
dopo l’altro i suoi accusatori mercenari, aveva costretto alla ritirata
testimoni tanto grotteschi quanto istruiti per la bisogna. Pur di
impedire che l’accusa al presidente jugoslavo gli franasse addosso, ai
giudici e ai governanti Nato, facendo riemergere i mai considerati
crimini Nato e lo spettro delle riparazioni dovute al popolo serbo, il
tribunale dell’Aja, il giudice Meron e la pseudoprocuratrice Del Ponte
(che chiamava la signora degli eccidi, Madeleine Albright, “madre del
tribunale”) abbandonarono ogni parvenza di legalità, di etica
giudiziaria e di umanità nei confronti del detenuto. Contro la sua
volontà e contro il diritto gli imposero avvocati d’ufficio con i quali
ci si rifiuta di parlare, di cui i tuoi testimoni non si possono
fidare, che non ti riferiscono fatti rilevanti e che, con un conflitto
d’interesse di fronte al quale impallidisce anche quello del malvivente
nostrano, erano stati scelti tra i tuoi giudici! Nessuna autorità del
diritto internazionale ha avuto mai da obiettare contro aberrazioni
come queste, come la detenzione per cinque anni di un uomo affetto da
ipertensione gravissima, l’imposizione di ritmi di udienza da stroncare
un rinoceronte, l’espansione illimitata degli spazi e testimoni d’
accusa e la riduzione a pochissimo di quelli della difesa (non per
nulla Slobodan è stato fatto morire prima che fosse costretto a
testimoniare il da lui citato criminale di guerra Bill Clinton, seguito
poi dai succedanei D’Alema, Blair, Chirac e affini), la negazione di
terapie richieste e l’obbligo a quelle non volute. Milosevic, nel
silenzio del sistema legale e di quello mediatico, fu rinchiuso in una
vergine di Norimberga giudiziaria. Cionondimeno riusciva, passo dopo
passo, a far emergere il vero volto, euro-americano, delle guerre
balcaniche, dei massacri, delle pulizie etniche. Bisognava fermarlo. Lo
si è fermato quando già aveva vinto e il Tribunale dell’Aja per i
crimini di guerra in Jugoslavia era a tutti gli effetti destinato nella
discarica della storia.

Nelle ore prima di quella foto sul televisore, Slobo mi aveva
raccontato un gran pezzo della vita sua e del suo paese. Un discorso la
cui architettura erano fatti, date, citazioni. Ne uscivano i
protagonisti della vicenda nelle dimensioni e con i profili che la
storia conferma e confermerà: le ipocrisie dei negoziatori alleati e i
trucchi di Rambouillet, le mille diffamazioni di una sistema
imperialista che, essendo gestito da criminali, si era convertito in
coacervo di Stati criminali, l’utilizzo di mafie e quinte colonne
contro il governo democratico, l’ininterrotto uso dei termini
“dittatore” e “despota”, le bugie sui famigliari: Mira Markovic che
diventa “Lady Macbeth”, secondo un’iconografia classica degli stregoni
della guerra psicologica, la stessa delle varie “Lady Antrace” o “Lady
Veleno” irachene; la piccola boutique del figlio Marko che diventa la
satrapica catena di negozi di un puttaniere che, in pieno
bombardamento, si permette addirittura di costruire un parco giochi per
bambini, magari per attenuare il trauma delle atrocità Nato…Ma anche il
racconto della propria vicenda come barriera contro la spinta verso l’
abisso di qualcosa che andava ben oltre la Jugoslavia. Slobo aveva
parlato con voce piana, senza alterarsi, con qualche virata verso l’
ironia, con qualche momento accorato. Poi la foto e ci siamo salutati,
noi con la sensazione fredda di un qualcosa di terribilmente
inesorabile, lui certo con la stessa consapevolezza, ma senza
aggravarci dandocelo ad intendere. Curiosamente, tra i tagli di luce
che dagli alberi neri piovevano sul viale, come fossimo davanti al
banco di un “Tre palle un soldo”, mi sfilavano nella mente le facce dei
politici che accompagnano la stagione del nostro sconforto: pagliacci,
imbonitori, trucidi, idioti, perversi, voraci, ottusi, volgari, osceni.
Milosevic, alle nostre spalle nell’arco del portico, ci salutava con
la mano. Strana inversione : noi partivamo, ma restavamo; lui era fermo
lì, ma capimmo che sapeva di essere lui ad andar via a lungo.

Quell’intervista, oggettivamente storica, la portai all’allora mio
giornale, “Liberazione”, quello di Bertinotti. L’omologa del capo, Rina
Gagliardi, la rifiutò con la seguente motivazione, di chiaro tenore
democratico e professionale: “Mica ci possiamo appiattire sulle
posizioni di un Milosevic!”. E già, “il macellaio dei Balcani”… Passai
l’intervista a gratis al maggiore quotidiano italiano, “Corriere della
Sera”, che ovviamente la pubblicò. A proposito di ignavia. Ne hanno
espresso uno tsunami i capi e capetti del movimento, sia quelli che si
erano squali-ficati a Sarajevo, cattopacifisti, sindacalisti,
disobbedienti imbroglioni o imbrogliati, missionari, ambiguoni ed
infiltrati travestiti da non-violenti, sia gli antimperialisti.
Antimperialisti finchè si vuole, ma rettificare le infamie su Milosevic
e schierarsi dalla parte di questo autentico combattente
antimperialista, beh, sarebbe imbarazzante, magari pericoloso. Ne avete
ascoltato in questi giorni il silenzio da sordomuti?

Slobo, pochi giorni prima, aveva detto ad amici che non si sarebbe
arreso a nessuno, se non alla morte. Ha mantenuto la sua promessa e,
come aveva denunciato gli assassini del suo paese e gli iniziatori di
una guerra globale contro l’umanità, prima di essere ucciso aveva
additato i suoi boia e i loro fini. Ma che la morte lo abbia sconfitto
è tanto poco vero quanto lo fu nel caso del Che. Gli ignavi di allora
furono confusi, i bugiardi smascherati, i vili svergognati, i criminali
puniti, o quanto meno condannati dagli uomini. Così sarà, a tempo
debito. Qualche serbo c’è ancora. Rispondendo alla domanda in
televisione su cosa pensasse di Slobodan Milosevic, il calciatore
Sinisa Mihailovic, quello del “target” sotto la maglia, ha detto ieri,
senza un filo di esitazione e con decisione irrevocabile, “E’ il mio
presidente!”

Vorrei poter dire la stessa cosa anch’io. La dico.




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http://www.criminidiguerra.it/html/DocumentiE.htm


Documenti

CROWCASS
  (Central register of war criminals and security sospects)
  Registro dei criminali di guerra e dei sospetti accertati.
  Lista dei ricercati confermati
  da Nazioni Unite - Commissione per i crimini di guerra (1945?)
  rintracciata dalla storica Caterina Abbati presso Wiener Library a Londra

 

Fondo Luigi Gasparotto   (materiali della Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani)

  Le liste dei presunti criminali di guerra al vaglio della Commissione d'inchiesta (1947 - 1948)

  Memoria della Commissione d'inchiesta

  La circolare 3 C del comandante della II Armata gen. Roatta (edizione 1.12.1942)

Collegati:

- Foglio n. 7000 (7.4.1942)

- Allegato A al foglio n. 7000

- Allegato B al foglio n. 7000

- Allegato n. 84 per correzione allegati precedenti (22.4.1942)

Disposizioni del Comando Supremo: repressione atti terroristici (16.4.1942)


Telegramma del comando della II Armata: rappresaglia sugli ostaggi (19.4.1942)

Telescritto del Comando Supremo a S.I.E su rappresaglie (24.4.1942)

Proposte di Roatta su internamenti di civili (1.5.1942)

Informazioni da Comando II Armata su rappresaglie italiane e tedesche in Slovenia (4.5.1942)

Ripercussioni delle rappresaglie sulla popolazione da Comando II Armata (17.5.1942)

Lettera di Robotti a Grazioli di trasmissione del testo del proclama Roatta agli Sloveni (4.7.1942)

Proclama agli sloveni di Roatta per i rastrellamenti dell'estate 1942 - firmato dal gen. Robotti, comandante XI C.d'A. e dall'Alto Commissario di Lubiana Grazioli (emesso il 15.7.1942)

Proclama di Roatta per i territori croati annessi in occasione dei rastrellamenti dell'estate 1942 - firmato dal gen. Coturri, comandante V C.d'A. e da Temistocle Testa, prefetto della provincia del Carnaro (15.7.1942)

Disposizione per fucilazione civili sospetti di Robotti (17.7.1942)

Disposizioni per applicazione del proclama Roatta di Robotti (18.7.1942)

Richiamo ai comandanti per repressione energica di Robotti (21.7.1942)

Disposizione per deportazione di civili a discrezione dei comandanti di Robotti (21.7.1942)

Disposizioni per i medici sulla denuncia dei feriti di Robotti (21.7.1942)

Disposizione per fucilazione dei sospetti di Robotti (23.7.1942)

Verbale riunione dei generali con Mussolini a Gorizia (31.7.1942)

Disposizioni per fucilazione ed incendio edifici per possesso di stampati di Robotti (4.8.1942)

I commenti: SI AMMAZZA TROPPO POCO! ... di Robotti (agosto/settembre 1942)

Disposizioni per incendio villaggi e deportazione popolazioni da Roatta (20.8.1942)

Fucilazioni e scambio di prigionieri del gen. Gambara (27.5.1943)

Fucilazioni dei ribelli dopo la caduta del Fascismo di Robotti (23.8.1943)

Documenti inerenti il Tribunale Straordinario della Dalmazia:
  Relazione della Commissione croata
  Notiziario del Fronte croato (stralcio)
  Relazione del Procuratore militare italiano della Dalmazia (stralcio)

Documentazione approntata per il ministro della Difesa L. Gasparotto (21 marzo 1947)

Sintesi ricavata dalla stampa italiana sul processo Kesserling (marzo 1947)

Articolo de La Tribune de Geneve su Il processo dei criminali di guerra in Italia (4.3.1947)

Sintesi delle maggiori stragi dell'esercito tedesco a scopo di rappresaglia in Italia nel 1944

Breve memoria sui crimini di guerra nella legislazione penale italiana

Accordo e Statuto del Tribunale Militare Internazionale per il giudizio e la punizione dei grandi criminali di guerra delle potenze europee dell'Asse (8.8.1945)

 

Documenti inerenti il perseguimento dei criminali di guerra italiani (1946-1949)
pubblicati da F. Focardi e L. Klinkhammer

Telescritto su richiesta di criminali di guerra italiani e tedeschi da ambasciatore Quaroni a Ministero Affari Esteri (7.1.1946)

Criminali di guerra italiani e tedeschi,  appunto interno Ministero Affari Esteri (25.1.1946)

Sulla costituzione di una Commissione d'Inchiesta dal ministro della Guerra al presidente del Consiglio (25.1.1946)

Lettera del presidente del Consiglio al capo della Commissione Alleata (9.4.1946)

Lettera del capo della Commissione Alleata al presidente del Consiglio (2.5.1946)

Decreto del ministro della Guerra di costituzione della Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani (6.5.1946)

Telescritto su consegna di criminali di guerra italiani da ambasciatore Quaroni a Ministero Affari Esteri (15.7.1946)

Memorandum italiano alla Conferenza di pace di Parigi (29 luglio - 15 ottobre 1946) - stralcio

Osservazioni sul progetto del Trattato di pace da Ministro di Grazia e Giustizia (5.8.1946)

Lettera del presidente del Consiglio al capo della Commissione Alleata (11.9.1946)

Lettera del ministro degli Esteri Nenni per il processo ai presunti criminali italiani (28.10.1946)

Promemoria del ministro degli Esteri Zoppi sulla consegna e sul processo ai presunti criminali italiani (19.1.1948)
Allegato - Il numero dei criminali di guerra richiesti dai paesi sottoposti ad occupazione militare italiana

Lettera del sottosegretario Andreotti sulla consegna dei presunti criminali italiani (16.2.1948)

Lettera del direttore del ministero degli Esteri Zoppi sull'elusione della consegna e del processo ai presunti criminali italiani (20.8.1949)

 

Documenti italiani tratti dai testi pubblicati dallo storico sloveno Tone Ferenc

Stralcio al discorso di Mussolini alla Camera (10.6.1941)

Proposte del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (4.9.1941)

Disposizioni del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (8.9.1941)

Determinazioni dell'Alto commissario di Lubiana per il mantenimento dell'ordine pubblico (28.10.1941)

Analisi e proposte dei gen. Orlando e Robotti per una rapida pacificazione della Slovenia (fine novembre 1941)

Ulteriori direttive del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (27.12.1941)

Direttive gen. Ambrosio, comandante II Armata per la lotta antipartigiana (30.12.1941)

Appunti del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (8.1.1942)

Relazione dell'Alto commissario sulla situazione della provincia di Lubiana (8.1.1942)

Direttive per il rastrellamento a Lubiana del gen. Orlando (26.2.1942)

Disposizioni per aprire campi di concentramento del gen. Robotti (27.2.1942)

Comunicazione a II Armata di Robotti su campi di concentramento(27.2.1942)

Rapporto informativo dei Carabinieri di Lubiana (26.2.1942)

Provvedimenti contro i familiari di ribelli del gen. Roatta (5.3.1942)

Procedimenti contro i familiari di ribelli dell'Alto commissario Grazioli (12.3.1942)

Proposte contro i familiari di ribelli del gen. Robotti (17.3.1942)

Proposte contro i familiari di ribelli di Carabinieri Div. "Isonzo" (18.3.1942)

Arresto in blocco degli studenti di Lubiana di Grazioli a comando XI CdA (21.3.1942)

Relazione su situazione dopo applicazione circolare 3 C da Grazioli a Ministero dell'Interno (24.3.1942)

Approvazione provvedimenti contro i familiari di ribelli del Ministero dell'Interno (24.3.1942)

Rapporto su rastrellamenti a Lubiana dei Carabinieri XI CdA (28.3.1942)

Telegramma su campi di concentramento da II Armata (30.3.1942)

Telegramma su internati del gen. Robotti (30.3.1942)

Rapporto informativo su azione di repressione dei Carabinieri di Lubiana (6.4.1942)

Procedimento contro famigliari di ribelli del gen. Roatta (6.4.1942)

Proposte per deportazioni in campi di lavoro dei Carabinieri XI CdA (7.4.1942)

Bando per la fucilazione di ostaggi di Robotti e Grazioli (24.4.1942)

Disposizioni su internamenti del gen. Robotti (25.4.1942)

Devozione del gen. Orlando (27.4.1942)

Rapporto su azioni contro ribelli e favoreggiatori dei Carabinieri batt. "Milano" (29.4.1942)

Proposta su internamenti protettivi del gen. Robotti (29.4.1942)

Disposizioni su internamenti protettivi del gen. Robotti (29.4.1942)

Analisi e disposizioni sull'ordine pubblico (verbale di riunione) (30.4.1942)

Lettera sulla fame nei campi di concentramento di un esponente cattolico sloveno (7.5.1942)

Proposta di confino per un parroco di Carabinieri di Cocevie (9.5.1942)

Verbale di riunione con Mussolini (stralcio) del gen. Roatta (23.5.1942)

Disposizioni per deportazione di popolazioni del gen. Robotti (25.5.1942)

Giustificazioni giuridiche delle rappresaglie sulla popolazione del comando XI CdA

Proposte al Comando supremo di Roma su deportazioni del gen. Roatta (2.6.1942)

Documento di analisi e proposte per la repressione in Lubiana e provincia del gen. Orlando (3.6.1942)

Programma per deportazioni e requisizioni del gen. Danioni (11.6.1942)

Telegramma su internamenti protettivi da comando XI CdA (19.6.1942)

Accordi per rappresaglie con XI CdA dell'Alto commissario Grazioli (20.6.1942)

Promemoria su rappresaglie del gen. Robotti (4.7.1942)

Rapporto sul rastrellamento di Lubiana del gen. Orlando (4.7.1942) - allegato con Statistiche

Deportazioni da zone limitrofe alla ferrovia del gen. Robotti (7.7.1942)

Apertura nuovi campi di concentramento


From:   icdsm-italia
Subject: [icdsm-italia] Further statements and news on Milosevic's assassination
Date: March 14, 2006 3:27:05 PM GMT+01:00
To:   icdsm-italia @yahoogroups.com


Further statements and news on Milosevic's assassination

# Statement by World Federation of Trade Unions

# Statement by KKE - Communist Party of Greece

# NEWS


### 

From: World Federation of Trade Unions, Monday, March 13, 2006

mailto:info @... , 

W.F.T.U.

World Federation of Trade Unions

Athens, March 13, 2006

CONDOLENCE MESSAGE

WFTU expresses its sincere condolences for the sudden death of former
Yugoslavia chairman, Slobodan Milosevic.

We also believe, like most of the people, that the so called
International Court of Hagen does not constitute an independent and
objective court. If it was even a little independent, it should had
judged and condemned Bush, Bler for the murders that they have
committed against humanity.

For these reasons we also believe, as most of the people, that this
court did not want Slobodan Milosevic alive, as long as he was not
submitting to Imperialists' requerements.

We denounce the antidemocratic practice of Court of Hagen and express
our sorrow for the death of Slobodan Milosevic who resisted until the
end against the Americans and their plans.

The WFTU Secretariat

40, Zan Moreas street, Athens 11745 GREECE Tel. +302109214417,
+302109236700, Fax+30210 9214517

E-mails: info @... ,
gensec @... 

End




###

CP of Greece, On the Death of Slobodan Milosevic

From: Communist Party of Greece, Monday, March 13, 2006



On the Death of Slobodan Milosevic

The death of the former president of Yugoslavia Slobodan Milosevic
constitutes a cold-blooded, calculated murder. It is one more
achievement of the US and the EU, which are responsible both for the
break-up of Yugoslavia and the war on it.

The instigators and executioners of the abduction, imprisonment and
trial of Milosevic at the Hague, instead of leading the parody trial
to an end they opted to lead Milosevic himself to death. They refused
to take measures to protect his life, despite the large wave of
protest against his detention, and despite the fact that his health
had been seriously impaired.

Regardless of one's opinion on Milosevic's policy, our people must
condemn the imperialist forces that led a president to prison and
physical elimination, only because he resisted their plans which were
at the expense of his country. This is important especially today when
on the final details of the imperialist plans aiming at change of
borders in the Balkans are on the agenda.

Nobody should forget that the real responsible for the crimes against
the people of Yugoslavia were Clinton, Blair, Shroeder and other
"centre-left" figures.

Both PASOK and ND governments bear huge responsibilities for the
Milosevic case, because they either served or tolerated the
imperialist plans.

The CC of KKE expresses its sincere condolences to his family and the
Socialist Party of Serbia.

Athens, March 11, 2006

The Press Bureau of KKE

End





### NEWS:



Itar-Tass - March 13, 2006

Hague Tribunal biased against Serbs – Russian politicians

-"The Hague Tribunal has utterly discredited itself. 
All judges, including Carla del Ponte, must step down. 
"This is not exactly what one calls trial. In fact,
the court has acted on instructions from NATO which is
looking for excuses for the bombings of Yugoslavia."
-"[O]n the one hand, persons having a high profile for
Serbia are kept in custody as ordinary criminals, and
on the other, Kosovo's former prime minister, also
accused of war crimes, Ramus Hardinaj, is released and
allowed to participate in the political life."
-"The death of people under investigation arouses a
tremendous number of questions, just as the refusal to
accept Russia's proposal to extend medical
assistance."
"The suspicious circumstances of Milosevic's death
require strict and mandatory investigation."
-Milosevic is a fourth defendant to have died in the
Scheveningen prison of the U.N. Tribunal for the
Former Yugoslavia.


MOSCOW - The death of the former Yugoslav president,
Slobodan Milosevic, has proved a fresh argument for
many Russian politicians to accuse the International
Criminal Tribunal for former Yugoslavia in the Hague
of being biased against the Serbs.

"The partiality of court hearings in the Hague is
crystal-clear," says the chairman of the international
affairs committee of the Federation Council Mikhail
Margelov. "Milosevic died unconvicted. The Hague
Tribunal has neither dismissed nor confirmed the
charges brought against him."

In his opinion, as new facts were unearthed, blaming
the tragedy of the Balkans on Milosevic and the Serbs
alone proved for the tribunal ever more difficult with
every day.

The chief of the State Duma's international affairs
committee, Konstantin Kosachev, believes that "the
Hague Tribunal's leadership and judges were determined
to avenge on Milosevic no matter what and a human
tragedy ensued."

"That tragedy could have been prevented. Russia had
offered to extend the required medical assistance to
Slobodan Milosevic," Kosachev said.

The death of Yugoslavia's former president has
undermined confidence in the Hague Tribunal, the
chairman of the Russian Federation Council's committee
for legal and judicial affairs, Stanislav Vavilov, has
said.

The chairman of the State Duma's security committee,
former prosecutor Viktor Ilyukhin, is far harsher in
his comments.

"The Hague Tribunal has utterly discredited itself.
All judges, including Carla del Ponte, must step
down," he said.

"This is not exactly what one calls trial. In fact,
the court has acted on instructions from NATO which is
looking for excuses for the bombings of Yugoslavia,"
Ilyukhin has told Itar-Tass. He is certain the
tribunal is biased against the Serbs.

"The Croats were heavily responsible for ethnic
cleansing against the Serbs. All Serbs have been
driven out of Kosovo, but there have been no attempts
to bring those responsible to justice for genocide,"
Ilyukhin said.

The deputy general director of the Political
Technologies Center, Alexei Makarkin, has said
Milosevic's death dealt a heavy blow on the tribunal's
authority. He agrees that the Hague Tribunal's policy
is that of double standards.

"They are in the habit of portraying the Serbs as
aggressors, although absolutely everybody was guilty
of war crimes," he told Itar-Tass.

Makarkin recalled that "on the one hand, persons
having a high profile for Serbia are kept in custody
as ordinary criminals, and on the other, Kosovo's
former prime minister, also accused of war crimes,
Ramus Hardinaj, is released and allowed to participate
in the political life."

"Why are some seen as politicians, while others,
treated as ordinary criminals and not allowed to go to
Russia for medical treatment?" he asked.

Milosevic's death is "a tragic result of the policy of
double standards," the chairman of the State Duma
legislation committee, Pavel Krasheninnikov, has said.

"Matters that were quite obvious to the State Duma
members, when they voted for inviting Milosevic to
Russia for treatment, proved not so obvious for the
judges in the Hague," he said.

"That was a very strange death," the first deputy
chairman of the State Duma's Security Committee,
Mikhail Grishankov told Itar-Tass. He wants a thorough
investigation.

"The death of people under investigation arouses a
tremendous number of questions, just as the refusal to
accept Russia's proposal to extend medical
assistance," he said.

"The suspicious circumstances of Milosevic's death
require strict and mandatory investigation," agrees
upper house member Mikhail Margelov.

Yugoslavia's former 64-year-old leader, accused of war
crimes, spent five years in jail waiting for the
International Tribunal for Former Yugoslavia to
pronounce its verdict. On March 11 he died of a heart
attack, as follows from preliminary findings by Dutch
forensic specialists. A final conclusion as to what
caused the former Yugoslav leader's death will be made
public later this week, when the results of
toxicological tests are available.

Milosevic had high arterial blood pressure and
cardiovascular diseases. Just recently he asked the
tribunal to let him go to Moscow for treatment, but
was refused permission, although Moscow guaranteed his
return.

Dutch television quoted a source close the tribunal as
saying traces of some unexpected substances have been
found in Milosevic's blood.

Dutch toxicologist Ronald Uges, who tested Milosevic's
blood two weeks ago, has said that the former Yugoslav
leader had been taking a medicine against leprosy and
tuberculosis of his own accord.
....
Milosevic's lawyer, Zdenko Tomanovic, has shown to
journalists a letter his client wrote one day before
his death to the Russian foreign minister.

Milosevic said that "a heavy-duty drug" used in
leprosy and tuberculosis treatment was found in his
blood.

"They want to poison me," Tomanovic quoted Milosevic
as saying.

Milosevic is a fourth defendant to have died in the
Scheveningen prison of the U.N. Tribunal for the
Former Yugoslavia.

---


Russian Information Agency (Novosti) - March 13, 2006

Russia has right to question Milosevic autopsy results - FM

MOSCOW - Russia has the right to study and question
the results of the autopsy conducted on Slobodan
Milosevic, the country's foreign minister said Monday.

Sergei Lavrov said Moscow had been ready to offer the
former Yugoslav president treatment, which he
requested in December 2005, but the proposal was
rejected amid fears that Milosevic would flee his
trial.
"Given that we were not believed, we also have the
right not to trust [the autopsy results]," Lavrov
said. "We have already asked the tribunal to allow our
doctors to take part in the autopsy or, at the very
least, see its results."
Lavrov said that Russian experts were preparing to fly
to The Hague.
Milosevic, who was on trial for war crimes at the
International Tribunal for the Former Yugoslavia, was
found dead in his cell in The Hague Tribunal's prison
March 11. Preliminary reports suggest he died of a
heart attack.
Lavrov confirmed that Milosevic had sent a letter to
the Russian Foreign Ministry complaining about
treatment in the prison.
"In a letter, Milosevic expressed concerns about some
methods used in his treatment, which he said had
harmed his health," Lavrov said.
Lavrov also said the ministry had only received the
letter, dated March 8, on Sunday, March 12, adding
that he did not know what had caused the delay. The
letter, in which Milosevic asked the Russian
government again to voice its willingness to receive
him for treatment, was not addressed to him
personally, but to the ministry, Lavrov said.
....

---

Aide Recounts Milosevic's Last Words

The Associated Press - Saturday, March 11, 2006; 7:49 PM

By KATARINA KRATOVAC

BELGRADE, Serbia-Montenegro -- A Socialist Party aide of Slobodan
Milosevic said Saturday that the ex-president was defiant just before
his death.
"He told me, 'Don't you worry: They will not destroy me or break me; I
shall defeat them all,'" said Milorad Vucelic of the Socialist Party,
recounting a phone conversation with Milosevic late Friday. "But it
was obvious he was very ill."
Milosevic, who was found dead Saturday in his cell at the
Netherlands-based war crimes court near The Hague, was daily in
contact with Socialist party officials in Belgrade as he carried out
his own defense before the U.N. tribunal.
Vucelic said Milosevic was in "a good mood" on Friday but would not
discuss his illness.
"We were supposed to talk more today but when he didn't call, I was a
little worried," Vucelic added. "Then I found out what had happened."
Vucelic spoke at the Socialist Party headquarters in Belgrade, where
flags hung at half-staff and a huge photo of Milosevic was on display,
adorned with a black cloth.
During their phone conversation, Vucelic said Milosevic had been
upbeat and satisfied with how his defense case was coming along.

---


Leprosy drug in Milosevic's blood

The Press Association - 12-Mar-06 21:13 GMT

Traces of a drug used to treat leprosy and tuberculosis were found in
a blood sample taken in recent months from former Yugoslav President
Slobodan Milosevic, a news report has said.
The report came hours after Milosevic's legal adviser revealed a
letter the late Serb leader wrote on Friday, one day before his body
was discovered in prison, alleging that he was being poisoned.
In the report by state broadcaster NOS, a lawyer and commentator for
the channel, Heikelina Verrijn Stuart, said she had confirmation that
doctors first noticed the medicine in his blood in January.
Stuart said the drugs interfered with other medicine Milosevic was
taking for high blood pressure and vascular disease.
"They were counterproductive," said Stuart, a lawyer who has closely
followed the proceedings. "What we do know is that this is the cause
of death and you can't say that it was really a case of natural death."
Stuart said the tribunal only learned of the presence of the drug in
his blood last week, on March 7.
"It's naturally a riddle," she said.
Dutch doctors conducted a post mortem examination on Milosevic's
remains on Sunday, but the results were not expected to be released
until Monday.
A tribunal spokeswoman said she could not comment on the news report.
"We don't have any information. We simply have to wait for the
results" of the autopsy report, said Alexandra Milenov.
Doctors found traces of the drug when they were searching for an
answer to why Milosevic's medication for high blood pressure was not
working, the report said.

---


The Scotsman - March 13, 2006

Moscow 'doesn't trust' post mortem

-"Essentially they didn't believe Russia. This can't
fail to disturb us. It can't fail to alarm us that
Milosevic died shortly afterward."


Russian Foreign Minister Sergey Lavrov said his
country did not fully trust Milosevic's post-mortem
and wanted to send doctors to examine the body.

Lavrov said Russia had been disturbed by the UN war
crimes tribunal's refusal to let Milosevic undergo
treatment in Russia, saying at a briefing: "Now they
are conducting the autopsy. In the situation when we
weren't believed, we also have the right not to
believe and not to trust those who are conducting the
autopsy."

The former Yugoslav president died in his cell in The
Hague on Saturday. Milosevic's lawyer Zdenko Tomanovic
said the body would be claimed by Milosevic's son
Marko either later on Monday or on Tuesday, even
though authorities in Belgrade have issued an
international arrest warrant for Marko.

Lavrov confirmed receiving a letter from Milosevic
dated March 8, in which he complained about inadequate
treatment in jail and asked Moscow to push the
tribunal to let him undergo treatment in Russia.

He said the letter arrived in Moscow on Sunday and
said that "in his (Milosevic) opinion certain methods
of treatment ... had had a negative impact on his
health."

Lavrov said that Moscow had been offended and alarmed
by the tribunal's rejection of its earlier plea to
allow Milosevic make a trip to Russia for medical
treatment, adding: "Essentially they didn't believe
Russia. This can't fail to disturb us. It can't fail
to alarm us that Milosevic died shortly afterward."

He said that Russia had sought the tribunal's

Hanno assassinato il presidente Slobodan Milosevic!

Ubili su predsjednika Slobodana Milosevica!


Voce jugoslava - Jugoslavenski glas


Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu
FM 88.9 za regiju Lazio, emisija:
JUGOSLAVENSKI GLAS
Emisija je u direktnom prijenosu. Moze se pratiti i preko Interneta:
http://www.radiocittaperta.it
Kratke intervencije na telefon +39-06-4393512.
Pisite nam na jugocoord(a)tiscali.it, ili fax +39-06-4828957.
Trazimo zainteresirane za usvajanje djece na daljinu, t.j. djacke
stipendije za djecu prognanika. Odazovite se.
Imamo na raspolaganju par kopija video kazeta: Fascist legacy, Dannati
Kosovo, Kosovo 2005. Brosure. Knjige: "Dalla guerra all'assedio",
"Menzogne di guerra", "Operazione foibe", "Kosovaro", "Un campo di
concentramento fascista", "Esuli a Trieste". Najnoviju "Milosevic u
odbrani Jugoslavije" (na talijanskom, Edicija Zambon, 10 eura)


Ogni martedì dalle ore 14,00 alle 14,30:
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio. Si può seguire, come del
resto anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet:
http://www.radiocittaperta.it
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necessità) ed in diretta. Brevi interventi telefonico allo 06-4393512.
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Abbiamo a disposizione video cassette: "Fascist legacy", "I dannati
del Kosovo", "Kosovo 2005". Bollettini e pubblicazioni sulla
Jugoslavia. Libri: "Dalla guerra all'assedio", "Menzogne di guerra",
"Operazione foibe", "Un campo di concentramento fascista", "Kosovaro",
"Resistenza accusa..." E, "Milosevic, in difesa della Jugoslavia",
Zambon editore, 10 euro, "Memorie di una strega rossa" di Giuseppe
Zaccaria, Zambon editore,14 euro.