Informazione


--- In icdsm-italia @yahoogroups.com, "icdsm_italia" ha scritto:

"Processo" Milosevic: aggiornamenti

1. Lettera di protesta dall'Italia alla banca austriaca che ha bloccato il CC per la difesa di Milosevic
2. Decisione del "Tribunale ad hoc" dell'Aia sulla richiesta di Milosevic di essere curato in una clinica di sua fiducia
3. Forum di Belgrado per un mondo di eguali: Comunicato sul Tribunale dell'Aja (novembre 2005)
4. Recenti dispacci ANSA sul "processo Milosevic"


=== 1 ===

Lettera di protesta dall'Italia

alla banca austriaca Bank Austria che ha bloccato il CC per la difesa di Milosevic

(vedi:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/222
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/215 )

In veste di Presidente dell' ICDSM sezione Italia,  anche perchè partigiana nella Lotta di liberazione contro il nazifascismo, per la conquista della democrazia in Europa, e appunto nel nome di quella prassi europea già affermata di rispetto per tutte le esigenze espresse dai cittadini dei diversi stati, invio sentita protesta per il blocco del conto corrente il cui scopo è quello di sostenere con sentenziato diritto democratico  la difesa di un capo di stato, in questo contesto Slobodan Milosevic,  regolarmente eletto dal suo popolo,   che mai ha offeso con parole e con atti, altri paesi.
Invitiamo al ripensamento di questo grave atto, amici come siamo dell' Austria, desideriamo  continuare a vivere di questa vera amicizia e di questa stima e chiediamo che nulla debba metterla in ombra.

Miriam Pellegrini Ferri (Presidente ICDSM e G.A.MA.DI.)
29 gennaio 2006


=== 2 ===

(Traduzione ed elaborazione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Il 23 febbraio 2006, il "Tribunale" dell'Aia ha respinto la richiesta dell'"imputato" di essere curato a Mosca per i disturbi circolatorii di cui soffre. Ecco il documento integrale della Camera Penale dell'Aja, che illustra la decisione.

Si invita alla lettura, in modo che si possa comprendere l'ipocrisia burocratica e... l'imparzialità di questi Giudici, che alla fine fanno intendere quale sarà la sorte del Presidente Milosevic, l'ergastolo!, e quindi, meglio per lui se schiatta prima!


Caso No.IT-02-54-T

Data: 23 febbraio 2006

Nell'aula del Tribunale

Davanti ai giudici:
Patrick Robinson, Presidente
O-Gon Kwon
Iain Bonomy

Cancelliere:
Mr. Hans Holthuis

Sentenza del: 23 febbraio 2006

Pubblica Accusa

vs.

Slobodan Milosevic

Sentenza su una richiesta degli Avvocati di Ufficio di scarcerazione provvisoria.

Ufficio della Pubblica Accusa

Ms. Carla Del Ponte
Mr. Geoffrey Nice

L'accusato

Mr. Slobodan Milosevic

Avvocati assegnati di Ufficio

Mr. Steven Kay
Ms. Gillian Higgins

Amicus Curiae

Prof. Timothy McCormack

Questa Camera Penale del Tribunale Internazionale per la messa in stato di accusa delle persone responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse nel territorio della ex Jugoslavia dal 1991 ("Tribunale"), è riunita su una "Richiesta degli Avvocati di Ufficio per scarcerazione provvisoria secondo la norma 65" ("Richiesta"), e con questo si pronuncia in merito.

Storia procedurale

  1. Il 15 novembre 2005, in seguito a disposizione verbale della Camera Penale,(1) il cancelliere ha ricevuto e registrato una serie di relazioni da parte di tre medici, compreso il Dr. M.V. Shumilina, che avevano sottoposto ad esami clinici l'Accusato Slobodan Milosevic ("Accusato") il 4 novembre 2005.(2)

  2. In seguito alla richiesta verbale dell'Accusato del 12 dicembre 2005 per una scarcerazione provvisoria,(3) gli avvocati di Ufficio registravano il 20 dicembre 2005 una "Richiesta di Scarcerazione Provvisoria secondo la norma 65" ("Richiesta "), che veniva accompagnata da tre allegati riservati (Allegati A, B, e C, rispettivamente), in cui si richiedeva che la Corte garantisse all'Accusato la scarcerazione provvisoria allo scopo di cure sanitarie in una clinica medica di Mosca. Il 22 dicembre 2005, l'Accusa presentava una Risposta ad Interim;(4) nello stesso giorno l'Avvocatura di Ufficio presentava un primo Addendum alla richiesta ("Primo Addendum") con un Allegato riservato D.(5)

  3. L'11 gennaio 2006, il Tribunale emetteva una "Ordinanza Preliminare rivolta agli Avvocati di Ufficio sulla Richiesta di scarcerazione provvisoria in favore dell'Accusato" ("Ordinanza Preliminare"), informando la Difesa di produrre qualche materiale aggiuntivo, che comprendesse le garanzie dalla Federazione Russa, entro sette giorni dalla data dell'Ordinanza Preliminare.(6)

  4. Il 18 gennaio 2006, veniva presentato un Secondo Addendum alla Richiesta ("Secondo Addendum"),(7) che includeva le garanzie da parte della Federazione Russa, tramite l'Ambasciata della Federazione Russa nel Regno d'Olanda, e un personale impegno da parte dell'Accusato, rispettivamente contrassegnati come Allegati riservati E e F.(8)

  5. Il 19 gennaio 2006, l'Accusa registrava una "Nota di Intenti da presentare come risposta successiva alla richiesta degli Avvocati di Ufficio per una scarcerazione provvisoria" ("Nota di Intenti"), che è stata seguita da una " Successiva Risposta ad Interim alla richiesta presentata dagli Avvocati di Ufficio per una scarcerazione provvisoria", schedata come riservata il 20 gennaio 2006 ("Successiva Risposta ad Interim").

  6. Dopo aver accolto queste presentazioni, sono stati portati all'attenzione della Corte alcuni argomenti specifici alle cure mediche, relativamente all'Accusato, nei Reparti di Detenzione degli Stati Uniti. Visto che questi argomenti forse potevano apparire pertinenti al fondamento della Richiesta, la Corte ha ritenuto che le sue decisioni in merito alla Richiesta dovessero essere rinviate fino ad una sua completa informazione a riguardo.(9) Sebbene durante questo periodo fossero state fatte alcune affermazioni accusatorie non comprovate, il Tribunale non ha assunto alcuna conclusione avversa all'Accusato sulla base delle informazioni ricevute.

  7. Il Tribunale sottolinea che la Difesa Assegnata d'Ufficio non ha fatto richiesta, secondo la Norma 126 bis delle Norme di Procedura e Testimoniali del Tribunale ("Norme"), di replicare alla Risposta ad Interim. Infatti, la Corte fa notare che non esistono clausole nelle Norme per una registrazione di una risposta ad interim o per una successiva risposta ad interim.(10) Nondimeno, poiché il Tribunale considera che la sua decisione sarà aiutata dall'esame di tutti gli argomenti prodotti e da tutte le informazioni procurate dalle parti, la Difesa Assegnata d'Ufficio avrà la possibilità di replicare, e la Corte prenderà in considerazione la Risposta ad Interim, la Nota di Intenti, e la Successiva Risposta ad Interim come nel complesso costitutive la Risposta registrata opportunamente dall'Accusa alla Richiesta. Le parti sono richiamate ai loro obblighi di conformarsi alle Norme.

Legislazione applicabile

La Norma 65, che regola la scarcerazione provvisoria, recita nelle parti rilevanti:

  1. Quando detenuto, un accusato non può essere scarcerato, se non su disposizione del Tribunale.

  2. La scarcerazione può essere disposta dal Tribunale solo se viene assicurato dallo Stato per il quale l'Accusato ha fatto la richiesta di essere scarcerato che l'Accusato ricomparirà davanti alla Corte e, se scarcerato, non sarà di pericolo per nessuna vittima, testimone o altra persona.

  3. Il Tribunale può imporre queste condizioni alla scarcerazione dell'Accusato nel modo che può essere stabilito come più opportuno, compresa l'acquisizione di garanzie e dell'osservanza di tali condizioni, in modo tale che venga assicurata la presenza dell'accusato davanti alla Corte e la protezione di altre persone

Quindi, questo Tribunale ha ripetutamente ritenuto che "la Norma 65(B) … richiede un postulante di scarcerazione provvisoria che soddisfi il Tribunale su due condizioni: ( 1) che si ripresenterà davanti alla Corte, e (2) che, se scarcerato, non sarà di pericolo per nessuna vittima, testimone o altra persona".(11) La dimostrazione resta a carico dell'Accusato che richiede la scarcerazione preventiva, e il protocollo applicato è quello dell'equilibrio delle probabilità.(12)

  1. La giurisprudenza del Tribunale sui fattori che devono essere considerati nel valutare una richiesta di scarcerazione provvisoria è stata riveduta nelle decisioni del Tribunale che consentivano il rilascio degli Accusati Stanisic e Simatovic,(13) e nelle decisioni della Corte sugli Appelli che appoggiavano queste garanzie di scarcerazione provvisoria.(14) In conclusione, sebbene un Tribunale non sia obbligato a considerare tutti i possibili fattori e le particolari circostanze per ogni caso, alcuni fattori sono stati evidenziati con particolare importanza,(15) sebbene l'Accusato sia imputato di pesanti reati criminali, e, quando condannato, si trovi davanti ad un lungo periodo di detenzione. Il Tribunale considera che, nel contesto di una richiesta di scarcerazione provvisoria durante il corso di un processo, deve essere posta una particolare attenzione alle ragioni per le quali viene richiesta la scarcerazione provvisoria.

Discussione

  1. Il Tribunale ha preso in considerazione le argomentazioni delle parti, ma non le riprodurrà ne' le riassumerà in questa sede. Comunque, la Corte farà riferimento alle presentazioni delle parti, quando le argomentazioni e le ragioni della sua decisione richiederanno tale riferimento.

  2. Come il Collegio dei Difensori di Ufficio ha messo in evidenza nel Secondo Addendum, "La richiesta di scarcerazione provvisoria avviene per assicurare che l'Accusato riceva le cure mediche necessarie e più opportune, e non per altre ragioni."(16)

  3. La base per la concessione della scarcerazione provvisoria viene stabilita con chiarezza nella Richiesta:

Il Collegio dei Difensori di Ufficio richiede la scarcerazione limitata nel tempo e sotto condizione dell'Accusato, secondo la Norma 65 del Regolamento di Procedura e Testimoniale. Questa concessione avviene nel corso del processo all'Accusato, che ha avuto inizio il 12 febbraio 2002 ed è dato continuare almeno fino alla metà del 2006.

Il motivo di questa concessione è di dare la possibilità all'Accusato di accedere ad un trattamento medico per un periodo definito presso il Centro Scientifico Bakoulev di Mosca specialistico per la Chirurgia Cardiovascolare, un centro clinico di rinomanza internazionale.[…] Il Signor Milosevic andrebbe come paziente del Dr. L. A. Bockeria, Direttore e Presidente del Centro Bakoulev e membro dell'Accademia di Russia di Scienze Mediche.(17)

  1. Nella Risposta ad Interim, l'Accusa argomenta come segue:

Non esistono attestazioni evidenti su quali accertamenti siano stati prodotti per stabilire il problema medico dell'Accusato, su che tipo di cure siano richieste, perché questo trattamento medico non possa essere fornito in Olanda ed invece a Mosca, e quali potranno essere gli esiti. Non esistono prove di supporto al fatto che le cure mediche richieste dall'Accusato non possano essergli fornite all'Aja. Se il suo desiderio è quello di essere curato da specialisti dalla Russia, allora non esistono buoni motivi a che questi specialisti non lo possano curare tramite specialisti Olandesi, all'Aja.(18)

  1. La Risposta del Collegio di Difesa d'Ufficio non mette in discussione questa proposizione presentata dall'Accusa, e i chiarimenti sono scarsi sia in ordine ai vari rapporti clinici sulle condizioni dell'Accusato e sia nella Richiesta, rispetto ai motivi per i quali una appropriata diagnosi e il conseguente trattamento di cure siano ricercati dall'Accusato fuori dell'Olanda. Nella Richiesta, il Collegio di Difesa d'Ufficio ha affermato che "la storia della patologia di lunga durata dell'Accusato e le recenti complicazioni cocleovestibolari rendono necessario per lui ricevere cure mediche presso questo ospedale specializzato";(19) e che "risulta chiaramente dall'esame dei recenti rapporti medici che le attuali condizioni dell'Accusato non erano state fin dall'inizio prese in considerazione, nemmeno trattate con proprietà, dai medici e dai consulenti approvati dal Tribunale."(20) Per ultimo, argomentavano che "una richiesta per cure mediche raccomandate da effettuarsi presso il centro medico specialistico di Mosca non era ne' eccezionale ne' spropositata viste le circostanze per cui l'Accusato già in precedenza aveva usufruito degli esami clinici e della diagnosi da parte dei medici del Centro Bakoulev",(21) e sottolineavano che la Richiesta "si fondava sulle recenti conclusioni del Dr. Shumilina e del Dr. Bockeria del Centro Bakoulev, che correlavano le complicazioni attuali con una ipertensione non compensata."(22)

  2. Il Tribunale fa notare, comunque, che il Dr. Shumilina e il Dr. Bockeria non hanno stabilito che il Centro Bakoulev sia l'unica sede possibile per la diagnosi appropriata e il trattamento sanitario per le condizioni dell'Accusato. Piuttosto, questa è la loro sede preferita per la sua posizione ed esperienza in materia. Comunque, il Collegio di Difesa d'Ufficio non ha fatto effettivamente alcun tentativo per dimostrare che le necessità mediche dell'Accusato non potessero essere soddisfatte in Olanda. La Corte considera che non si possa concedere un provvedimento di scarcerazione provvisoria per ragioni sanitarie, a meno che non vengano fornite dimostrazioni.(23) A questo proposito, il Tribunale accetta la proposta dell'Accusa,(24) che se l'Accusato desidera essere curato da specialisti che non si trovano in Olanda, allora questi medici possono venire qui a curarlo.(25)

  3. In ogni caso, la Corte fa notare che l'Accusato attualmente è alle ultime fasi di un processo che si prolunga da troppo tempo, in cui egli è accusato di crimini veramente pesanti, e alla fine del quale, se ritenuto colpevole, egli può trovarsi di fronte alla possibilità di un imprigionamento a vita. In queste circostanze, e nonostante le garanzie presentate dalla Federazione Russa e dall'impegno personale dell'Accusato, che l'Accusato, se rilasciato, sarebbe ritornato per la continuazione di questo processo, il Tribunale non si ritiene soddisfatto.

Disposizione

  1. Per le suddette ragioni, e secondo le Norme 54, 65, 126 bis, e 127 del Regolamento di Procedura e Testimoniali del Tribunale Internazionale ("Norme"), la Corte all'unanimità con la presente ORDINA come segue:

    1. Al Collegio di Difesa d'Ufficio è stato concesso il permesso di replicare alla risposta dell'Accusa, come definito in precedenza al paragrafo 8;

    2. La Richiesta viene RESPINTA.

Dato in Inglese e in Francese, il testo Inglese è autorevole.

Giudice Presidente Patrick Robinson
Datato, addì ventitré febbraio 2006
All'Aja, Olanda

[Suggello del Tribunale]

Vengono riportate, non tradotte, le note originali per completezza del testo e per eventuali indagini di natura storico-giuridica:

1 - Prosecutor v. Milosevic, Case No. IT-02-54-T, Transcript, T. 46481–46484 (15 November 2005). See especially ibid., T. 46482 (Accused notes that these three physicians were "professionals from Russia, France, and Serbia").
2 - These reports were filed confidentially, but their existence and the fact that they were filed before the Trial Chamber is a matter of public record. See ibid. (discussion of procedural matters in open session).
3 - Milosevic, Case No. IT-02-54-T, Transcript, T. 47258–47259 (12 December 2005).
4 - Milosevic, Prosecution's Interim Response to Assigned Counsel Request for Provisional Release, 22 December 2005 ("Interim Response").
5 - Milosevic, First Addendum to Assigned Counsel Request for Provisional Release pursuant to Rule 65 with Confidential Attachment D, 22 December 2005 ("First Addendum" and "Attachment D", respectively).
6 - Milosevic, Preliminary Order on Assigned Counsel Request for Provisional Release for the Accused, 11 January 2006 ("Preliminary Order"), p. 3.
7 - Milosevic, Second Addendum to Assigned Counsel Request for Provisional Release pursuant to Rule 65 with Confidential Attachments E and F and Reply to Prosecution's Interim Response to Assigned Counsel Request for Provisional Release pursuant to Rule 65 with Confidential Attachments E and F, 22 December 2005 ("Second Addendum", "Attachment E", and "Attachment F" respectively).
8 - Although the attachments themselves are confidential, they are described in the Second Addendum, which was filed publicly. See Second Addendum, para. 5.
9 - See Milosevic, Order on Release of Medical Information, issued confidentially on 26 January 2006.
10 - See Rule 126 bis (providing that "[u]nless otherwise ordered by a Chamber either generally or in the particular case, a response, if any, to a motion filed by a party shall be filed within fourteen days of the filing of the motion.") (emphasis added).
11 - Prosecutor v. Milutinovic, Sainovic, Ojdanic, Pavkovic, Lazarevic, Ðordevic, Lukic, Case No. IT-05-87-PT, Decision on Sreten Lukic's Provisional Release, 3 October 2005 (public redacted version), p. 3 (citing Prosecutor v. Milutinovic, Case No. IT-99-37-PT, "Decision on Second Application for Provisional Release", 14 April 2005, para. 4; Prosecutor v. Ojdanic, Case No. IT-99-37-PT, "Decision on General Ojdanic's Fourth Application for Provisional Release", 14 April 2005, para. 6; Prosecutor v. Sainovic, Case No. IT-99-37-PT, "Decision on Third Defence Request for Provisional Release", 14 April 2005, para. 5).
12 - See Prosecutor v. Prlic et al., Case No. IT-04-74-PT, 30 July 2004, Order on Provisional Release of Jadranko Prlic, para. 14; Prosecutor v. Stanisic, Case No. IT-03-69-PT, "Decision on Provisional Release", 28 July 2004 ("Stanisic Trial Chamber Decision"), para. 14 & n.15. But see Prosecutor v. Krajisnik and Plavsic, Case Nos. IT-00-39-PT and IT-00-39-40-PT, Decision on Momcilo Krajisnik's Notice of Motion for Provisional Release, 8 October 2001, Dissenting Opinion of Judge Patrick Robinson, para. 30 (agreeing on the standard of proof, but arguing that the burden should rest on the Prosecution).
13 - See generally Stanisic Trial Chamber Decision, supra note 12, paras. 8–14; Prosecutor v. Simatovic, Case No. IT-03-69-PT, "Decision on Provisional Release", 28 July 2004 ("Simatovic Trial Chamber Decision"), paras. 7–13.
14 - See generally Prosecutor v. Stanisic, Case No. IT-03-69-AR65.1, "Decision on Prosecution's Appeal Against Decision Granting Provisional Release", 3 December 2004 ("Stanisic Appeals Chamber Decision"), paras. 14, 18, 27, 37–39, 43; Prosecutor v. Simatovic, Case No. IT-03-69-AR65.2, "Decision on Prosecution's Appeal Against Decision on Provisional Release", 3 December 2004 ("Simatovic Appeals Chamber Decision"), paras. 9, 15, 25­–27, 31–32.
15 - Stanisic Trial Chamber Decision, supra note 12, paras. 9–10.
16 - Second Addendum, para. 9. See also ibid., para. 11 ("The application is based solely on the grounds of the health of the Accused and his need for medical treatment.").
17 - Request, paras. 1­–2.
18 - Interim Response, para.
21.
19 - Request, para. 2.
20 - Ibid., para. 13. See also Second Addendum, para. 11 ("The application … arises due to the failure of the local doctors to identify and treat his condition.").
21 - Request, para. 16.
22 - Ibid., para. 17.
23 - See, e.g., Prosecutor v. Strugar, Case No. IT-01-42-A, Decision on "Defence Motion: Request for Providing Medical Aid in the Republic of Montenegro in Detention Conditions", 8 December 2005, pp. 3–4 (noting that, although "the fact that the Appellant needs a total hip prosthesis implantation is undisputed", "the Appellant did not demonstrate that the preparation for, and the placement of a total hip prosthesis and the ensuing rehabilitation treatment cannot be adequately carried out in health institutions within [t]he Netherlands", and denying the motion).
24 - See supra para. 15.
25 - See supra note 1 and accompanying text.


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http://www.resistenze.org/sito/as/forbe/asfb5n06.htm
www.resistenze.org - associazione e dintorni - forum di belgrado - italia - 06-12-05

Forum Belgrado Italia -  Comunicato sul Tribunale dell'Aja

Questo è il testo del comunicato-appello, rilasciato in una conferenza stampa ai giornalisti della stampa e delle radiotelevisioni serbe, fatta a Belgrado e tenuta dal  presidente del Forum di Belgrado ed ex Ministro degli Esteri della Repubblica Federale Jugoslava, a cui ho partecipato come portavoce del Forum di Belgrado Italia, per denunciare ancora una volta l'illegale Tribunale della Nato e la sua arroganza dispregiativa anche delle più elementari basi giuridiche universali.
Enrico Vigna

Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali

C o m u n i c a t o  stampa

riguardante il peggioramento dello stato di salute di Slobodan Miloševi´c

Il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, la nostra associazione apartitica e non-governativa aggiunge la propria voce alle richieste nel paese ed all'estero per la sospensione del procedimento contro ex-presidente della Serbia e Repubblica Federale Jugoslavia, Slobodan Miloševi´c, dinanzi a Tribunale dell'Aja affinché gli sia data l'opportunità per la convalescenza e le cure che gli sono indispensabili.

Il peggioramento drammatico della salute dell'ex presidente Miloševi´c è la conseguenza delle condizioni estremamente inumane nelle quali egli si trova ormai, da più di quattro anni, mentre difende con sforzi sovrumani la verità e il popolo serbo dalle accuse infondate.

Il Tribunale dell'Aja è sordo ai continui appelli provenienti dalla Serbia e dagli altri paesi del mondo, perché all'ex presidente Miloševi´c, siano garantite le condizioni per la sua difesa e la protezione della sua salute.

Il culmine del trattamento inumano è venuto fuori con la decisione di questi giorni del Tribunale di proseguire con il processo, indipendentemente dalla raccomandazione del comitato internazionale dei medici, che chiedeva l'interruzione temporanea del processo, in modo da permettere l'organizzazione delle cure mediche all'ex presidente Miloševi´c, in qualche istituto specializzato. Dato lo stato di considerevole deterioramento della sua salute, con la situazione attuale, la vita dell'ex presidente Miloševi´c è in pericolo.

Questo comportamento del Tribunale trova pochi legami con la giustizia e la correttezza.

L'annuncio del Consiglio del Tribunale che sta per cambiare la propria decisione su un processo unificato per Kosovo, Bosnia e Herzegovina, e che emanerà una sentenza parziale basandosi solamente sulle parti d'accusa per il Kosovo, rappresenta un'ennesimo atto di prevaricazione e una severa violazione dei codici di procedura e del principio di granzia giuridico - a scapito dell'ex presidente Miloševi´c.

Dietro questo approccio arbitrario, evidentemente si collocano gli interessi politici degli stessi soggetti che hanno fondato il Tribunale dell'Aja in maniera illegale, compiendo una brutale violazione del diritto internazionale, con l'obiettivo della distruzione dell'ex-Jugoslavia e dei relativi crimini commessi con l'aggressione della NATO del 1999. In seguito al modo con cui l'accusa contro l'ex presidente Miloševi´c è stata sollevata per il periodo dell'aggressione, è evidente che  l'annuncio di una sentenza parziale sulle parti d'accusa solo per il Kosovo, in modo che i crimini e le distruzioni da parte della NATO fossero giustificati, , dimostra sullo sfondo le chiare motivazioni politiche. Tale sentenza parziale che avrebbe l'aspetto di condanna per l'ex presidente Miloševi´c, e quindi anche per il popolo serbo, ha per l'obiettivo la negazione del diritto della Serbia su Kosovo e Metohija e la giustificazione della sua espropriazione dalla Serbia. Questo conferma che il Tribunale dell' Aja, in entrambi i casi, compare non nella veste di un'istituzione giuridica, bensì come lo strumento per la realizzazione degli obiettivi politici e strategici di quelli che sono i più responsabili per la distruzione della Jugoslavia e i crimini commessi nei confronti della popolazione serba durante l'aggressione NATO di 78 giorni nel 1999.

Il Forum di Belgrado per un mondo di eguali denuncia che il comportamento arbitrario del Consiglio del Tribunale è intollerabile e merita la condanna nei suoi confronti, da parte di tutte le persone di buona volontà, delle organizzazioni governative e non fedeli alla verità, alla giustizia e ai valori civili in generale.

Basandosi sulla chiara valutazione dei medici di reputazione internazionale, che la salute dell'ex presidente Miloševi´c sia seriamente danneggiata a causa degli enormi sforzi di questi quattro anni nel processo e dalle condizioni detentive difficili, il Forum lancia l'appello per l'urgente sospensione del processo con durata di sei settimane, al fine di permettere la cura e la convalescenza  in un ospedale appropriato. Il tentativo forzato di continuare il processo contro l'ex presidente Miloševi´c, oppure di processarlo in contumacia e con difensore assegnatoli senza la sua approvazione, indipendentemente dai consigli dei medici e dal suo grave stato di salute, sarebbe la negazione totale del diritto e della  giustizia.

Il Forum di Belgrado invita i massimi organi degli stati di Serbia e Montenegro, di prestare, in concordanza con i loro compiti costituzionali e giuridici, la protezione adeguata dei diritti umani e civili dell'ex presidente Miloševi´c, in qualità di loro cittadino, affinché sia protetta la sua salute e la sua vita, ed il diritto ad un processo corretto. In tal senso, il Forum auspica che gli organi statali prendano contatto urgentemente e in modo ufficiale, con il presidente del Tribunale dell' Aja, con la richiesta del rispetto delle raccomandazioni del team internazionale dei medici, e la sospensione del processo per sei settimane, allo scopo di garantirgli riposo e le cure in una clinica appropriata, dando le adeguate garanzie che egli continuerà con la sua difesa quando lo stato di salute glielo concederanno.

Belgrado, lì 25.11.2005.
(Traduzione di D. Kovacevic)
A cura del Forum di Belgrado, Italia


=== 4 ===

MILOSEVIC:TPI;ACCUSA,PROCESSO PROSEGUA ANCHE SE SLOBO MALATO
(ANSA) - BRUXELLES, 17 GEN - Il procuratore al processo in corso all'Aja contro Slobodan Milosevic ha oggi chiesto alla Corte di poter portare avanti il procedimento giudiziario anche nel caso di malattia dell'ex presidente jugoslavo. La ferma presa di posizione e' stata resa nota in un comunicato all'Aja, in cui la procura chiede che ''un avvocato d'ufficio'' possa rappresentare l'ex uomo forte di Belgrado nelle udienze in cui lo stesso imputato non si presenta. La richiesta rappresenta un nuovo tentativo da parte della pubblica accusa, di fronte alle numerose interruzioni subite dal procedimento. L'ex presidente jugoslavo, 64 anni, soffre di problemi cardiaci, che sono stati alla base dei consistenti ritardi accumulati negli ultimi mesi nel processo iniziato nel febbraio del 2002 contro di lui. L'ultima interruzione per ragioni di salute dell'imputato e' del dicembre scorso. Milosevic e' sotto processo per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanita' per le sue responsabilita' nel corso delle guerre balcaniche dei primi anni '90. (ANSA). RIG
17/01/2006 17:20

MILOSEVIC: RUSSIA ESAMINA SE DARE GARANZIE PER CURE A MOSCA
(ANSA) - MOSCA, 18 GEN - La Russia sta esaminando se concedere le ''garanzie sul ritorno'' necessarie perche' all'ex-presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, sotto processo all'Aja, venga concesso di andare a Mosca per farsi curare. ''Stiamo studiando la questione e tutti i suoi aspetti legali. Bisogna tener conto dei parametri del diritto internazionale'', ha indicato oggi il portavoce del ministero degli Esteri russo Mikhail Kamynin. Il portavoce ha escluso la possibilita' che una volta a Mosca l'ex-presidente jugoslavo possa chiedere asilo politico e rimanerci: ''Questo scenario - ha tagliato corto - non ha nulla a che fare con la realta' ''. Milosevic, alla sbarra davanti al tribunale dell'Aja per i crimini di guerra, dice di soffrire di cuore e di alta pressione. A Mosca risiede suo fratello Borislav, ex-ambasciatore jugoslavo in Russia. Secondo alcune indiscrezioni si trovano nella metropoli russa anche sua moglie Mira e suo figlio Marko. A detta del quotidiano 'Kommersant' all'interno del Cremlino esiste un partito pro-Milosevic che potrebbe sfruttare i problemi di salute per far venire a Mosca l'ex-presidente jugoslavo e non restituirlo piu' al tribunale dell'Aja. (ANSA). LQ
18/01/2006 12:05

MILOSEVIC: TPI; DEL PONTE CONTRARIA A SLOBO A MOSCA PER CURE
(ANSA) - BRUXELLES, 19 GEN - ''All'Aja ci sono ottimi medici e mi auguro che i giudici'' del Tribunale penale internazionale sull'ex Jugoslavia rigettino la richiesta di autorizzare Slobodan Milosevic a viaggiare a Mosca per ricevere cure mediche: lo ha sottolineato alla stampa il procuratore capo della Corte, Carla Del Ponte.
In un incontro con i cronisti a Bruxelles insieme al commissario Ue all'allargamento, Olli Rehn, Del Ponte ha manifestato il suo ''no forte'' alla possibilita' che l'ex presidente jugoslavo si rechi a Mosca per essere curato dai medici locali, a seguito delle garanzie offerte al Tpi sul viaggio da parte della Corte dell'Aja.
Il procuratore capo ha sottolineato di essere certa che i giudici della Corte ''non accetteranno'' la richiesta, ricordando che la prossima udienza del processo contro Slobo e' in agenda per lunedi'. (ANSA) RIG
19/01/2006 18:03

TPI: MILOSEVIC HA RIPRESO LA SUA AUTODIFESA
(ANSA) - L'AJA, 23 GEN - Dopo una sospensione di sei settimane e' ripreso oggi il processo contro l'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic, cominciato ormai quasi cinque anni fa. In dicembre Milosevic aveva ottenuto una sospensione adducendo gravi problemi di salute per i quali ha anche chiesto di recarsi a Mosca per cure. In particolare soffre di ipertensione e di problemi cardiaci. La Russia la scorsa settimana ha presentato le garanzie evocate dai suoi legali, ma il Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia non si e' per ora pronunciato sulla richiesta. Oggi Milosevic ha proseguito nell'escussione dei testi a difesa interrogando il colonnello Milan Kotur, un tempo incaricato dei rapporti con la missione dell'Organizzazione per la sicurezza europea in Kosovo. L'imputato e' accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l'umanita' per il ruolo avuto nei conflitti dei Balcani. Finora ha utilizzato circa il 75 per cento delle 360 ore che gli sono state assegnate per la sua difesa.(ANSA). VS
23/01/2006 16:39

TPI: MILOSEVIC CHIEDE CONTROINTERROGATORIO GEN. CLARK

(ANSA) - L'AJA, 13 FEB - L'ex presidente jugoslavo, Slobodan Milosevic, ha chiesto attraverso i suoi avvocati presso il Tpi (Tribunale penale internazionale) all'Aja di poter reinterrogare il generale Wesley Clark, ex comandante delle forze alleate in Kosovo. Il processo a carico di Milosevic e' entrato oggi nel suo quinto anno. ''Gli avvocati nominati d'ufficio - si legge nella richiesta datata 10 febbraio - chiedono al tribunale di riconvocare il generale Wesley Clark per consentire un controinterrogatorio da parte dell'imputato e dei suoi legali''. Nel dicembre 2003, l'ex comandante supremo delle forze della Nato in Europa era stato ascoltato a porte chiuse all'Aja per due giorni in qualita' di testimone sugli incontri che aveva avuto con Slobodan Milosevic in qualita' di negoziatore militare degli accordi di Daytona (1995), che misero fine alla guerra in Bosnia. Il governo americano chiese che l'audizione si svolgesse a porte chiuse adducendo il motivo che si trattava di informazioni sensibili che mettevano a rischio ''legittimi interessi nazionali''. Gli avvocati di Milosevic ritengono pero' che ''la testimonianza del generale Clark non verteva sui bombardamenti della Nato nella ex Jugoslavia e su altri fatti importanti per la difesa''. Davanti al Tpi, Clark disse fra l'altro che Milosevic ''seppe in anticipo'' dei massacri che fecero piu' di 8.000 morti nel luglio 1995 nella enclave musulmana di Srebrenica, in Bosnia, che valsero a Milosevic l'accusa di genocidio. Il processo a Milosevic, che si difende di persona davanti ai giudici dell'Aja, e' entrato proprio ieri nel suo quinto anno. L'ex presidente rischia l'ergastolo per una sessantina di capi d'imputazione fra crimini contro l'umanita' e crimini di guerra per i conflitti in Croazia, in Bosnia e in Kosovo. In questi anni, il procedimento e' stato a piu' riprese sospeso per le condizioni di salute di Milosevic, che accusa mal di cuore e pressione alta. Il Tpi dovrebbe a breve pronunciarsi sulla richiesta di Milosevic di liberta' provvisoria per andarsi a curare in Russia ma l'accusa sospetta che, con l'aiuto della moglie e del figlio a Mosca, l'ex presidente possa successivamente riuscire ad evitare di tornare all'Aja adducendo motivi di salute. (ANSA). GIT
13/02/2006 16:25

 SERBIA: TPI, NO A RICHIESTA MILOSEVIC FARSI CURARE IN RUSSIA

(ANSA) - BRUXELLES, 24 FEB - Il Tpi, Tribunale penale internazionale dell'Aja per i crimini nella ex Jugoslavia, ha rigettato oggi la richiesta di liberta' provvisoria avanzata da Slobodan Milosevic per farsi curare in Russia. Gli avvocati dell'ex presidente jugoslavo avevano presentato domanda, nelle scorse settimana, per far visitare il loro assistito in una clinica di Mosca specializzata in malattie cardio-vascolari e ipertensione, problemi di cui soffre Milosevic. Ma i giudici dell'Aja hanno ritenuto che i legali non siano riusciti a dimostrare che ''le necessita' mediche dell'ex presidente jugoslavo non possono essere soddisfatte in Olanda''. (ANSA). FEN
24/02/2006 09:56

 SERBIA: TPI, RAMMARICO A MOSCA PER NO A MILOSEVIC PER CURE

(ANSA) - MOSCA, 24 FEB - Konstantin Kosaciov, presidente della Commissione Esteri della Duma, la camera bassa del parlamento russo, si e' detto oggi rammaricato per il no del Tribunale dell'Aja ad una trasferta dell'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic a Mosca per cure mediche. ''Noi - ha dichiarato Kosaciov, un fedelissimo del presidente Vladimir Putin - possiamo soltanto rammaricarci in quanto la salute di Milosevic e' palesemente peggiorata... E' ovvio che il tribunale non ha preso in considerazione gli aspetti umanitari delle questione e non ha creduto alla sincerita' di Milosevic, che aveva promesso di ripartire dalla Russia a cure terminate''. (ANSA). LQ
24/02/2006 11:30

 SERBIA: MILOSEVIC, INGIUSTO NO TPI A FARMI CURARE IN RUSSIA

(ANSA) - BRUXELLES, 24 FEB - L'ex presidente jugoslavo Slobodan Milosevic ha definito oggi ''molto ingiusta'' la decisione del Tpi, il Tribunale penale internazionale dell'Aja per i crimini nella ex Jugoslavia, di rifiutare la sua richiesta di liberta' provvisoria per farsi curare in Russia. Milosevic ha aggiunto che presentera' ricorso contro tale delibera. Nel motivare il loro no, i giudici dell'Aja hanno spiegato che i legali di Milosevic non sono riusciti a dimostrare che ''le necessita' mediche dell'ex presidente jugoslavo non possono essere soddisfatte in Olanda''. Il Tpi ha sottolineato, inoltre, che Milosevic rischia una condanna all'ergastolo e che, in assenza di precise garanzie fornite dalla Russia, non e' certo che si ripresenterebbe in Olanda per presenziare alle udienze. Gli avvocati dell'ex presidente jugoslavo avevano presentato domanda, nelle scorse settimana, per far visitare il loro assistito in una clinica di Mosca specializzata in malattie cardio-vascolari e ipertensione, problemi di cui soffre Milosevic. (ANSA). FEN
24/02/2006 16:21

TPI: NUOVA SOSPENSIONE PER PROCESSO MILOSEVIC

(ANSA) - L'AJA, 1 MAR - Nuova sospensione, questa volta di due settimane, per il processo contro Slobodan Milosevic. Il Tribunale penale internazionale (Tpi) per la ex Jugoslavia ha oggi deciso di rinviare le udienze fino al 14 marzo per permettere la testimonianza di Momir Bulatovic, nominato da Milosevic, nel 1998, primo ministro di Montenegro. Bulatovic deve riferire soprattutto sui conflitti nel Kosovo e, a causa di impegni, sara' disponibile solo tra due settimane. Il processo contro l'ex presidente jugoslavo, cominciato nel febbraio del 2002, ha gia' subito molti rinvii a causa soprattutto delle condizioni di salute dell'imputato. Milosevic, 64 anni, e' accusato di genocidio, di crimini di guerra e contro l'umanita' e di numerose altre imputazioni per il ruolo avuto nelle guerre dei Balcani.(ANSA). RED-VS
01/03/2006 16:02

--- Fine messaggio inoltrato ---

I CONFINI DELL'EUROPA DEL FUTURO


Libreria Feltrinelli di Roma, qualche giorno fa. Presentazione
dell'ultimo numero di Limes con il direttore, Lucio Caracciolo.
Caracciolo si dice deluso dall'Europa, che secondo lui non esiste più
se non come comunità economica. L'asse portante Berlino-Parigi si è
rotto, l'Italia conta poco o nulla e gli ultimi allargamenti hanno
prodotto disastri. Sono entrati nell'Unione 10 paesi completamente
plasmati dagli USA, revanscisti e reazionari da far accapponare la
pelle pure a un Caracciolo, che non è certo un estremista di sinistra.
E che cosa succederebbe se in Europa entrasse anche la Turchia?, si è
chiesto per finire Caracciolo.
Il pubblico è stupito e non coglie nemmeno il senso delle critiche
all'Europa. Interventi: l'Europa esiste; uno è stato in Cina dove la
ammirano tanto; un altro è stato negli USA dove la rispettano; e cosi
via.
Allora Caracciolo si inalbera e spiega che lui ai suoi studenti
universitari, ogni fine anno, assegna come compito quello di disegnare
quali dovrebbero essere i confini dell'Europa del futuro. E mai
nessuno ha disegnato la stessa cosa. Finchè un ragazzo, l'anno scorso,
non ha preso una penna rossa ed ha fatto un cerchio intorno a
Bruxelles e zone limitrofe.

From : "Klaus von Raussendorff"
Date : Thu, 2 Mar 2006 10:40:16 +0100
Subject : Verteidigung von Milosevic: NATO-Niederlage an der Weinstraße


Liebe Leute,

bei den geplanten Protestaktionen am 18. März 2006 gegen Krieg und
Besatzung sollte nicht vergessen werden, dass die offene und verdeckte
Beteiligung der deutschen Regierung an der Serie der
Weltherrschaftskriege der USA mit der Zerschlagung Jugoslawiens
begann. Der 18. März ist zudem der Tag des Politischen Gefangenen.
Seit vier Jahren leistet der ehemalige jugoslawische Präsident
Slobodan Milosevic der internationalen Bewegung gegen Militarismus und
Krieg einen unschätzbaren Dienst, indem er als „Angeklagter" vor dem
Den Haager Tribunal die Versuche durchkreuzt, die NATO-Verbrechen auf
dem Balkan zu vertuschen und die rassistischen anti-serbischen
Propaganda-Mythen der Aggressoren zu verewigen. Zu den jüngsten
Brutalitäten gegen die Verteidigung von Milosevic und zur Fortsetzung
der NATO-Aggression auf dem Balkan dokumentiere ich:

NATO-NIEDERLAGE AN DER WEINSTRASSE
ABER WER ZAHLT DIE REPARATIONEN?
Von Klaus Hartmann
(erscheint voraussichtlich am 4. Feb. 2006 in „junge Welt")
[ 1 ]

KLINIKVERBOT FÜR MILOSEVIC
DEN HAAGER TRIBUNAL VERWEIGERT JUGOSLAWIENS EHEMALIGEM PRÄSIDENTEN
MEDIZINISCHE BEHANDLUNG IN MOSKAU
„IGNORANZ GEGENÜBER MENSCHENRECHTEN"
Von Anna Gutenberg
Aus junge Welt v. 25./26. Feb. 2006, S. 7
[ 2 ]

NATO-POLITIK IM BELGRADER SPIEGEL
Von Ralph Hartmann, Berlin
Aus: Mitteilungen der Kommunistischen Plattform der Linkspartei.PDS,
Ausgabe
1/06 (1. Jan. 2006) S. 21-25
[ 3 ]


Mit internationalistischen Grüßen
Klaus von Raussendorff

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[ 1 ]

NATO-NIEDERLAGE AN DER WEINSTRASSE
ABER WER ZAHLT DIE REPARATIONEN?

Von Klaus Hartmann*

In aufopfernder Pflichterfüllung forschten in den vergangenen Monaten
deutsche Beamte Banken, Konten und Spender aus, um den Spendengeldern
auf die Spur zu kommen, die Slobodan Miloševic in Den Haag die
Selbstverteidigung ermöglichen. Vor jenem ad-hoc-Tribunal, das die
Zerstörer Jugoslawiens zur Vertuschung ihrer Umtriebe installiert haben.

Als verlängerter Arm der NATO müht sich die Oberfinanzdirektion
Koblenz, die Spendensammlung für die Verteidigungskosten von Slobodan
Miloševic zu sabotieren und lahmzulegen. Durch dezente Hinweise wurde
erst die Volksbank Darmstadt, dann die Postbank veranlasst,
Spendenkonten zu kündigen, in einem Fall sogar das Privatkonto einer
Mitarbeiterin des Verteidigungsteams.
Obwohl das Amtsgericht Darmstadt im Jahr 2004 urteilte, das
Spendensammeln für eine strafgerichtliche Vereidigung falle nicht
unter die EU-Verordnung, mit der die Gelder von „Miloševic und seinem
Umfeld eingefroren" werden sollten, war an ein Rückgängigmachen der
Kontenkündigung nicht zu denken.

Und trotz dieses Urteils ließen sich Del Pontes Häscher nicht von
ihrem Auftrag abbringen, die Spendensammlung zu torpedieren. Als
nächste Bank nahmen sie die Kreis- und Stadtsparkasse Darmstadt ins
Visier und beschlagnahmten im Oktober 2005 das dort eingerichtete
Konto, Beamte der Essener Zollfahndung durchsuchten auf Geheiß aus
Koblenz die Privatwohnung des Finanzbevollmächtigten Peter Betscher in
Darmstadt, wobei sie Computer, Kontounterlagen und Akten mitgehen
ließen. Zum Jahresende wurde Peter Betscher mit einem „Bußgeld" von
über 10.000 Euro bestraft, und als vorerst „letzten Streich" wurde die
Wiener Bank Austria-Creditanstalt bedroht und veranlasst, das dortige
Ersatz-Spendenkonto einzufrieren.

Gegen das Bußgeld legte Peter Betscher Rechtsmittel ein, und das
Amtsgericht in Neustadt an der Weinstraße hatte darüber am 14.02.2006
zu entscheiden. Die Koblenzer Finanz fahn-der verteidigten ihren
Bußgeld- und Einziehungsbescheid damit, dass der Beschuldigte „Konten
eingerichtet und darauf Finanzmittel zur Verteidigung von Slobodan
Miloševic gesammelt" habe, somit habe es „wissentlich und absichtlich
an Maßnahmen teilgenommen, um Gelder für Herrn Miloševic
bereitzustellen". Darin läge ein Verstoß gegen die Verordnungen (EG)
Nr. 2488/2000 vom 14. November 2000 und Nr. 1205/2001 vom 20. Juli
2001 nebst § 33 Außenwirtschaftsgesetz und § 70
Außenwirtschaftsverordnung.

Del Pontes Häscher des Rechtsbruchs überführt

Das sah nun das Amtsgericht in Neustadt völlig anders: „Entgegen der
Auffassung der Verwaltungsbehörde ist das Sammeln von Spendengeldern
zur Verteidigung von Miloševic in der von dem Betroffenen
durchgeführten Form nicht als Ordnungswidrigkeit im Sinne der oben
genannten Vorschriften anzusehen", da „über die Guthaben der
fraglichen Konten lediglich der Kontoinhaber, nicht jedoch Herr
Miloševic oder ihm nahe stehende Personen im Sinne der Verordnung
verfügen konnten."

Unter die fraglichen Verordnungen „kann jedenfalls das streng
zweckgerichtete Sammeln von Geldern zur Verteidigung des Herrn
Miloševic, die diesem selbst direkt nicht zugute kommen und auf die er
keinerlei Zugriffsmöglichkeiten hat, nicht fallen. Eine andere
Betrachtungsweise wäre auch mit dem Grundsatz eines fairen Verfahrens
(Artikel 6 Abs. 3 c Europäische Menschenrechtskonvention) nicht zu
vereinbaren".

Hieraus folgerte das Gericht messerscharf: „Der Betroffene war deshalb
aus rechtlichen Gründen freizusprechen. Die Beschlagnahmung der
Guthaben auf den oben genannten Konten war aufzuheben. Die Kosten des
Verfahrens und die notwendigen Auslagen des Betroffenen fallen der
Staatskasse zur Last." (Az. 5131 Js 4060/06.2b OWi)

Damit wird nochmals unmissverständlich klargestellt: Die Behinderung
der Spendensammlung verstößt gegen den rechtsstaatlichen Grundsatz
eines fairen Verfahrens und damit gegen die Europäische
Menschenrechtskonvention. Damit sind die Häscher Del Pontes eindeutig
als Rechtsbrecher gekennzeichnet, mitsamt ihren willigen Vollstreckern
in Koblenz und Essen, von den „Helden" in den Bankvorständen ganz zu
schweigen.


Verloren - trotz gewonnenem Prozess?

Doch bei aller Genugtuung über diesen Sieg des Rechts bleibt wie so
oft ein schaler Beigeschmack, denn für den angerichteten Schaden
kommen nicht die Rechtsbrecher auf, der bleibt am Komitee für die
Verteidigung von Slobodan Miloševic hängen. Obwohl immer nur kleine
Geldbeträge durch Einfrieren blockiert werden, viele Spender sind
durch die Schließung und den Wechsel der Bankkonten verunsichert.
Manche zweifelten an der Rechtmäßigkeit ihrer Spende, andere an der
Korrektheit der Spendenverwendung, wieder andere erhielten ihre Spende
von der Bank zurück oder fanden kein Ersatzkonto. All dies hat die
Arbeitsmöglichkeiten des Finanzbeauftragten und der Verteidigung
selbst erheblich eingeschränkt.

Ohne den Schaden genau beziffern zu können, ging das Spendenaufkommen
deutlich zurück, so dass die deutsche Mitarbeiterin im
Verteidigungsteam nur noch sporadisch in Den Haag sein konnte, was
aufgrund der ohnehin minimalen Ausstattung eine Personalreduzierung um
50% bedeutet. Damit wurde die Verteidigungsarbeit direkt behindert und
gestört.

Nach den eigenen Statuten des ad-hoc-Tribunals stellt das Agieren der
deutschen (und österreichischen) Behörden eine „Missachtung des
Gerichts" dar, und zwar nicht nur durch Worte, sondern „tätlich". In
diesem speziellen Fall scheint das „Tribunal" jedoch nach dem Motto
„eine Krähe hackt der anderen kein Auge aus" verfahren zu wollen:
Aufforderungen, gegen die Behinderung der Verteidigung aktiv zu
werden, stießen bei der Verwaltung des Sondergerichts auf
demonstratives Desinteresse, die Anfrage hierzu von Rechtsanwalt
Kaleck im Januar 2006 ist bis heute unbeantwortet.

Damit wird indirekt bestätigt, was die Miloševic-Unterstützer von
Anfang an behaupteten: dass die Behinderung der Spendenaktion Teil
einer umfassenden Kampagne von Del Ponte und der hinter ihr stehenden
NATO-Kreise ist, um dem „Angeklagten" das Recht auf Selbstverteidigung
zu nehmen, ihn (zumindest) mundtot zu machen, die NATO-Version über
die Zerstörung Jugoslawiens als alleinseligmachend an die Stelle der
historischen Wahrheit zu setzen.

Neben der fortgesetzten Verweigerung ärztlich empfohlener
Prozesspausen und der gebotenen ärztlichen Behandlung, so zuletzt die
Verweigerung einer vorübergehenden klinischen Behandlung in Moskau,
setzt die Regie des „Tribunals" alles daran, den Stress ihres
„Star-Angeklagten" zu verschärfen.
Auf die 300 Tage beanspruchende „Anklage" wurde ihm nur die Hälfte der
Zeit zur Erwiderung eingeräumt, und diese zusätzlich durch
Konfiszierung der bescheidenen Finanzmittel für
Verteidigungsaufwendungen erschwert. Dies alles zeigt die ausweglose
Lage dieses Sondergerichts, vor dem bis dato kein einziger
Anklagepunkt bewiesen werden konnte, aber bisher alle von Slobodan
Miloševic widerlegt wurden, soweit dazu zeitlich Gelegenheit war.

Die mindeste Forderung zum Ausgleich des von den Tribunalshandlangern
angerichteten Schadens lautet daher, den Zeitraum zur Erwiderung auf
Del Ponte und Co. um ein halbes Jahr zu verlängern. Und wer verhindern
will, dass die ertappten Rechtsbrecher am Ende triumphieren, wer den
Ganoven im NATO-Sold, die sich als Bankräuber versucht haben, aktiv
entgegentreten will, kann dies durch eine Spende auf das „derzeit
offene Spendenkonto" in den Niederlanden tun:

COMITE INTERSOL Amsterdam (1e Hugo de Grootstraat 11-3,1052 KK Amsterdam)
Postbank N.V., Niederlande
Konto: 4766774
IBAN: NL07 PSTB 0004766774
BIC/Swiftcode: PSTBNL21
Kennwort "Legal Aid"


* Klaus Hartmann ist Sprecher der Deutschen Sektion des Internationalen
Komitees für die Verteidigung von Slobodan Milosevic (ICDSM)

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[ 2 ]

Aus junge Welt v. 25./26. Feb. 2006, S. 7

KLINIKVERBOT FÜR MILOSEVIC
DEN HAAGER TRIBUNAL VERWEIGERT JUGOSLAWIENS EHEMALIGEM PRÄSIDENTEN
MEDIZINISCHE BEHANDLUNG IN MOSKAU
„IGNORANZ GEGENÜBER MENSCHENRECHTEN"

Von Anna Gutenberg


Die Hoffnungen des ehemaligen Präsidenten zerplatzten am Freitag wie
Seifenblasen. Der gesundheitlich sichtlich angeschlagene Angeklagte
darf sich nicht in Moskau behandeln lassen. Die Richter der Kammer III
des Den Haager Jugoslawien-Tribunals lehnten den Antrag des ehemaligen
jugoslawischen Präsidenten Slobodan Milosevic auf zeitweilige
medizinische Behandlung in der Moskauer Spezialklinik Bakoulev ab. Der
Angeklagte hatte den Klinikaufenthalt in Moskau kurz vor Weihnachten
beantragt. Die Richter machten damals zur Bedingung, dass die
Regierung in Moskau die volle Garantie für den Aufenthalt und die
Rückführung übernimmt. Dies geschah Mitte Januar.

Milosevic, der im Juni 2001 an das Ad-Hoc-Tribunal ausgeliefert wurde
und der sich seit Beginn seines Prozesses im Februar 2002 selbst
verteidigt, leidet seit langem an chronischem Bluthochdruck. Die von
verschiedenen Ärzten empfohlenen Ruhepausen wurden ihm nicht gewährt.
Die Richter begründeten ihre Ablehnung zumeist damit, es sei
Milosevics eigenen Entscheidung gewesen, sich ohne Anwalt zu
verteidigen, so dass er für sein Arbeitsvolumen selbst verantwortlich
sei. Auch die Verringerung der Verhandlungstage auf drei pro Woche
brachten Milosevic, der sich in der übrigen Zeit auf seine
Verteidigung vorbereiten muß, keine Erleichterung. Die Entscheidung
der Richter, Milosevic gegen seinen Willen Zwangsverteidiger zur Seite
zu stellen, die im krankheitsbedingten Ausfall den Prozeß in seiner
Abwesenheit führen können, dürfte den Druck auf ihn sogar massiv
erhöht haben.

Der Sprecher der deutschen Sektion des Internationalen Komitees zur
Verteidigung von Milosevic, Klaus Hartmann, hatte bereits vor längerem
davor gewarnt, dass das Tribunal mit einer „biologischen Lösung" enden
könnte - mit dem Tod des Angeklagten wären auch die kriminellen
Machenschaften des Westens und deren Verwicklungen in die blutigen
Konflikte vom Tisch.

Am Freitag gaben die Richter zur Begründung ihrer Entscheidung an,
keinen Grund zu sehen, warum Milosevic nicht in Holland behandelt
werden könne. Da ihn „möglicherweise eine lebenslange Haftstrafe
erwarte", seien sie zudem nicht davon überzeugt, daß Milosevic nach
Den Haag zurückkehre. Tatsächlich jedoch verlangte Milosevic im
Verlauf seines Prozesses mehrfach eine adäquate Behandlung. Bei diesen
Gelegenheiten betonte er zudem, keinesfalls die Absicht zu verfolgen,
sich dem Prozeß zu entziehen. Er wolle die Anschuldigungen gegen ihn
bis zuletzt widerlegen.

Vladimir Krsljanin, einer der Belgrader Berater von Milosevic, betonte
wenige Minuten nach bekannt werden der Entscheidung gegenüber der jW,
der Richterspruch zeige klarer denn je die Ignoranz des Haager
Tribunals gegenüber Völkerrecht und Menschenrechten. Er erwarte eine
Revision der Entscheidung, die kriminelle Züge trage.


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[ 3 ]

Aus: Mitteilungen der Kommunistischen Plattform der Linkspartei.PDS,
Ausgabe 1/06 (1. Jan. 2006) S. 21-25


NATO-POLITIK IM BELGRADER SPIEGEL

Von Ralph Hartmann, Berlin

Die NATO, die sich nur allzu gern als "internationale
Staatengemeinschaft" ausgibt, schickt sich an, in Ex-Jugoslawien das
zu vollenden, was sie seit jeher angestrebt und in den vergangenen 15
Jahren erfolgreich vorangetrieben hat: Serbien, einstmals
einflußreichster Staat auf dem Balkan und später Kernland der
jugoslawischen Föderation, und die Serben auf Dauer zu schwächen und,
wie es Kohls Außenminister Klaus Kinkel so schön formulierte, "in die
Knie zu zwingen"; getreu der Erkenntnis, daß Vor- und Fremdherrschaft
auf dem Balkan nur dann gesichert werden können, wenn Serbien
niedergehalten wird.

Traditionslinie Kaiser- und Hitlerdeutschlands wird fortgesetzt

Die Wurzeln dieser antiserbischen Politik, die zugleich eine
antirussische ist, denn die Serben waren über einen langen Zeitraum
auf der Balkanhalbinsel die wichtigsten Verbündeten Moskaus, reichen
weit in die Vergangenheit. Die Entstehung eines großen serbischen
Staates zu verhindern - darauf zielte das 1876 auf Initiative
Bismarcks formulierte sogenannte Berliner Memorandum, "Serbien muß
sterbien" lautete die Losung im Ersten Weltkrieg und die Niederwerfung
der "serbischen Verbrecherclique" war eines der Kriegsziele Hitlers im
Zweiten. Doch nicht die Serben wurden niedergeworfen, sondern die
deutsche Verbrecherclique, und wie schon 1918 war die neuerliche
Niederlage des imperialistischen Deutschlands mit dem Entstehen eines
einheitlichen jugoslawischen Staates, der Föderativen Volksrepublik
Jugoslawien, der späteren SFRJ, verbunden. In der Folgezeit wurde
dieser Staat ob seines enormen Einflusses in der Bewegung der
Nichtpaktgebundenheit und seines eigenen, vom sowjetischen
"Grundmodell des Sozialismus" abweichenden Entwicklungsweges auch vom
Westen, und hier besonders von der bundesdeutschen Außenpolitik,
heftig umworben. Doch unmittelbar nach dem schmählichen Untergang des
Realsozialismus in der Sowjetunion sowie in Osteuropa setzte die BRD
in ihrer Jugoslawienpolitik die Traditionslinie Kaiser- und
Hitlerdeutschlands fort und nahm wesentlichen Einfluß auf die
antiserbische Ausrichtung des NATO-Kurses zur Zerschlagung Jugoslawiens.

Im letzten Jahrzehnt des vergangenen Jahrhunderts wurde diese Politik,
getarnt als selbstloser Feldzug zum Schutz der Menschenrechte gegen
den angeblichen großserbischen Nationalismus und später zur
Verhinderung einer "humanitären Katastrophe", von der NATO Schritt für
Schritt umgesetzt: Schürung nationaler und politischer Konflikte in
der jugoslawischen Föderation, Förderung separatistischer und
restaurativer Kräfte in Slowenien und Kroatien, einseitige
antiserbische Parteinahme in dem blutigen Bürgerkriegsgeschehen,
Bombardierung serbischer Stellungen und Orte in Bosnien, Mitwirkung an
der ethnischen Vertreibung der Serben aus Kroatien, verdeckte und
offene Unterstützung albanischer Separatisten und Terroristen in
Kosovo, 78tägiger Bombenkrieg gegen Restjugoslawien, Verwandlung
Kosovos in ein Protektorat des Kriegspaktes, Mitwirkung am Sturz
Milosevics und der von ihm geführten Sozialistischen Partei Serbiens,
Verwandlung des föderativen Klein-Jugoslawiens in das lose
Staatengebilde "Serbien und Montenegro".

Erneuter erpresserischer Druck auf Serbien

Jetzt nun werden die Vorbereitungen getroffen, das Werk der
Niederwerfung der Serben und Serbiens zu vollenden. In sogenannten
Statusverhandlungen sollen das von der NATO okkupierte Kosovo unter
Bruch der nach der NATO-Aggression beschlossenen UN-Resolution 1244
vom 10. Juni 1999, nach der das südserbische Gebiet integraler
Bestandteil Jugoslawiens ist, endgültig aus der Republik Serbien
herausgebrochen und die Republika Srpska, laut dem Vertrag von Dayton
einer der beiden Teilstaaten Bosniens und Herzegowinas, mittels einer
Verfassungsreform liquidiert werden, damit sich die dortigen Serben
unter keinen Umständen an das serbische Mutterland anschließen können.
Parallel dazu wird mit offener und verdeckter Unterstützung
separatistisch-nationalistischer Kräfte in der Vojvodina, im Sandschak
und in Montenegro zusätzlicher Druck auf Belgrad ausgeübt. Doch damit
nicht genug. Ein starker Hebel, um die Regierenden in Serbien, die so
schon weit zu Kreuze gekrochen sind, gefügig zu halten, wird von Den
Haag aus angesetzt. Nachdem vom sogenannten Jugoslawien-Tribunal vor
allem Dutzende von Serben zu langen Freiheitsstrafen verurteilt wurden
und seit Februar 2002 ein skandalöser Prozeß gegen Slobodan Milosevic,
den Präsidenten des von der NATO überfallenen Staates, sowie Verfahren
gegen andere von Belgrad ausgelieferte serbische Staatsbürger geführt
werden, wird immer noch erpresserisch verlangt, die Zusammenarbeit mit
dem Tribunal zu verbessern.
Unter Androhung neuer Sanktionen wird vor allem die Auslieferung der
der Kriegsverbrechen beschuldigten Serben Radovan Karadjic und Ratko
Mladic verlangt, obwohl niemand weiß, ob sich die Gesuchten in den
montenegrinischen Bergen, den bosnischen Wäldern oder in der
südamerikanischen Pampa aufhalten. Erst kürzlich hat der bisherige
Präsident des Tribunals, der ehrenwerte US-Amerikaner Theodor Meron,
die serbische Hauptstadt aufgesucht und gedroht, daß das Land aus
allen europäischen Integrationen herausgeschmissen wird, wenn es nicht
Karadjic und Mladic ausliefert. Der prowestliche Präsident Boris Tadic
und der national-konservative Ministerpräsident Vojislav Kostunica und
mit ihnen die Mehrheit der Serben sollen weichgeklopft werden, damit
sie letztlich noch dankbar sind, wenn sie in der NATO-Pfanne schmoren
dürfen.

Aufschlußreiche Eingeständnisse

Doch bei weitem nicht alle Serben sehen darin das höchste Ziel ihrer
Wünsche. Unmittelbar nach dem Meron-Besuch veröffentlichte die
auflagenstärkste serbische Tageszeitung "Vecernje novosti", auf die
Scharping-Einkleider Hombach seit langem begehrliche Blicke wirft,
einen Beitrag, in dem die USA und Westeuropa, "wenn es ihnen
tatsächlich um die volle Wahrheit und andauernden Frieden auf dem
Balkan geht", aufgefordert werden, sich vor den Spiegel zu stellen. In
ihm könnten die herrschenden Kreise des Westens, deren
"einflußreichste Medien und Politiker mit allen Kräften den
zwischennationalen Hader zwischen Serben, Kroaten und Moslems
schürten", vieles erblicken, was ihre politischen Eliten schon 10
Jahre lang nicht sehen wollten. Das Blatt hält ihnen diesen Spiegel
vor, und was er zeigt, sind Eingeständnisse von NATO-Politikern und
-Journalisten, die über die bekannten Erklärungen der Außenminister
der USA und Frankreichs, Warren Christopher und Roland Dumas, zur
besonderen Verantwortung Deutschlands für die Entfesselung der
Bürgerkriege hinausgehen und damit auch die Kenntnisse derer
bereichern können, die die Zerschlagung Jugoslawiens besonders
aufmerksam, mit tiefem Zorn, aber letztlich ohnmächtig verfolgt haben.
Deshalb lohnt es, mit Hilfe der "Vecernje novosti" einige Blicke in
diesen Spiegel zu werfen, in dem unter anderen zu sehen und zu hören sind:

Zbigniew Brzezinski, einer der führenden Washingtoner Geostrategen,
der schon Mitte August 1978 einer Gruppe von US-amerikanischen
Soziologen vertraulich erläuterte: "Es liegt im Interesse der USA,
allen separatistisch-nationalistischen Kräften in Jugoslawien zu helfen."

Gianni de Michelis, ehemaliger italienischer Außenminister, der
eingestand: "Wenn der Plan, den Reformversuch des letzten
jugoslawischen Premiers Ante Markovic mit bis zu 3 Milliarden Ecu zu
unterstützen, angenommen worden wäre, dann wäre es wahrscheinlich
weder zum Zerfall noch zum Krieg in Jugoslawien gekommen. Aber dieser
Plan wurde von Großbritannien abgelehnt. ... Deutschland hatte sich
gerade vereinigt, und innerhalb des Landes gab es Bestrebungen, von
neuem Grenzstreitigkeiten mit Polen zu beginnen. Die Europäische
Gemeinschaft unterwarf sich schließlich dem deutschen Druck, Kroatien
und Slowenien anzuerkennen, damit die revanchistischen Absichten im
Osten in den Hintergrund gerieten. In einem gewissen Sinne erlaubten
wir den Deutschen, sich in Jugoslawien‚ eine kleine Erholung' zu gönnen."

Lord Peter Carrington, Vorsitzender der Jugoslawienkonferenz, dessen
an die Bonner Adresse gerichtete Warnung, daß eine frühzeitige
Anerkennung Sloweniens und Kroatiens ‚der Funke sein könnte, der
Bosnien-Herzegowina in Brand setzt', allgemein bekannt ist und der
später die Haltung der EG mit den Worten erklärte: "Die Notwendigkeit,
eine gemeinsame Außenpolitik zu demonstrieren, führte die Europäer
dazu, sich dem Vorschlag der Deutschen anzuschließen und Slowenien und
Kroatien anzuerkennen. So wurden die Voraussetzungen für die Tragödie
in Bosnien geschaffen. Ich hatte das gesagt und die europäischen
Regierungen gewarnt, daß das den Weg zum Bürgerkrieg zwischen den
verschiedenen bosnischen Gemeinschaften freimacht."

Henry Kissinger, US-Außenminister, der im nachhinein einschätzte: "Den
schwersten Fehler begingen die USA, Europa und die UNO, als sie einen
Staat (Bosnien-Herzegowina) schufen, in dem sich ein großer Teil
seiner Bevölkerung von Anbeginn an gegen die Annahme einer neuen
Gemeinschaft aussprach."

Andre Fontaine, Direktor der Pariser "Le Monde", der konstatierte:
"Die Anerkennung von Bosnien-Herzegowina in den von der
(jugoslawischen) Föderation geerbten Grenzen war ein Fehler, der
schwerwiegendste von allen...".

Abe Rosenthal, Herausgeber der "New York Times", der feststellte: "Die
bosnische Katastrophe hatte ihre Wurzel in dem vom Westen
unterstützten Bestehen darauf, in die neuen Grenzen in Bosnien ein
Volk einzubeziehen, das nicht von den Moslems beherrscht werden wollte."

Lord David Owen, britischer Außenminister, der die Schuldigen am
blutigen Bürgerkrieg in Bosnien vor allem in Washington sieht: "Wir
hatten die Möglichkeit, bereits 1993 einen Frieden zu erreichen, aber
Clinton unterstützte unseren Plan nicht ...Vom Frühjahr 1993 bis
Sommer 1995 hat die amerikanische Politik in der Tat den Krieg
verlängert."

Nicht zu sehen sind in dem Spiegel, den das Belgrader Blatt dem Westen
vorhält, die Kriegsverbrechen, die während des 78tägigen barbarischen
Zerstörungskrieges der NATO verübt wurden, die sich zum Richter über
die Serben aufgeschwungen hat und dabei ist, das drangsalierte Land
und seine Bürger weiter zu ducken. Aber ganz so neu ist das ja nicht.
Bekanntlich hatte Wilhelm II. schon 1914 erklärt: "Die Kerls müssen
geduckt werden."

Antikommunismus - der wahre Kern der NATO-Politik gegenüber Jugoslawien

Unbeantwortet bleibt in diesem Spiegel auch die Frage, weshalb die
USA, die Bundesrepublik Deutschland und ihre Bündnispartner, vor allem
Serbien, die Sozialistische Partei Serbiens und deren Vorsitzenden,
Ex-Präsident Slobodan Milosevic, ins Visier nahmen. Wer darauf eine
Antwort sucht, der braucht nur ein Buch in die Hand zu nehmen, das den
Titel "1989 - Schicksalsjahr Jugoslawiens. Hintergründe und Ursachen
eines Staatszerfalls" trägt und kürzlich im Norderstedter Verlag
"Books on Demand GmbH" erschienen ist. Der in Deutschland lebende
serbische Autor Dr. Djordje Joncic verwechselt zwar das Streben der
USA und anderer NATO-Staaten nach Vorherrschaft auf dem Balkan und
nach Restauration kapitalistischer Produktions- und
Gesellschaftsverhältnisse mit demokratischen Zielsetzungen, indem er
zum Beispiel schreibt "Das Ziel der NATO war die Demokratisierung
Jugoslawiens" und dieser Behauptung noch eins draufsetzt und allen
Ernstes zu Papier bringt "Die Demokratisierung wurde somit das
alleinige Leitmotiv der NATO-Politik und bestimmte das Verhältnis der
NATO zu Jugoslawien und Serbien".

Dessen ungeachtet kommt der Autor zu Schlußfolgerungen, die
hierzulande noch immer selten zu lesen sind. Entschieden wendet er
sich gegen die Auffassung, daß der Nationalismus die treibende Kraft
hinter der zerstörerischen Dynamik der Geschehnisse in Ex-Jugoslawien
gewesen und von Milosevic instrumentalisiert worden sei: "Man
behauptet sogar", so Joncic, "daß Milosevic alles nur aus
nationalistischen Beweggründen tat. Das eigentliche Problem aber waren
seine kommunistische Ideologie und er selbst als Person." Joncic ist
ein scharfer Kritiker der serbischen Sozialisten. Aber bis zu einem
gewissen Punkt ist seine Argumentation schlüssig. Er teilt die
Einschätzung, daß das Ende der Ost-West-Konfrontation nicht das Ende
des "Konfliktes zwischen Kommunismus und Demokratie" darstellte und
schreibt: "Die Gegner der NATO-Partner waren nicht mehr der
sowjetische Kommunismus und der Ostblock, sondern es war das
politische System in Serbien, das heißt das kommunistische
Überbleibsel in Europa ... Dieser Konflikt blieb nicht nur auf dem
Niveau der Worte, so wie es zu Zeiten des ‚Kalten Krieges' war,
sondern der ‚Kalte Krieg' verwandelte sich in einen ‚heißen'.
Natürlich lag der Hauptgrund darin, daß der ‚Gegner' (Serbien) jetzt
unvergleichbar schwächer war als der Gegner zur Zeit des ‚Kalten
Krieges'. Von Anfang an, oder von 1989 an, störte die NATO, daß der
Politiker in Belgrad bereit war, seinen eigenen politischen Weg zu
gehen. Die Sowjetunion war dabei, ihr bisheriges politisches System
aufzugeben. Milosevic in Belgrad jedoch wollte sich auf keinen Fall
von ihm trennen. Die NATO wollte aber keinen Sozialismus in Belgrad
dulden ... Eine kommunistische Partei in Belgrad wollte jedoch mit
aller Macht den Sozialismus in Serbien erhalten. Genau diese Tatsache
war von Anfang an tödlich für die Sozialistische Föderative Republik
Jugoslawien und später für die Bundesrepublik Jugoslawien."

Auch wenn diese Diagnose als Hauptvorwurf an die Sozialistische Partei
Serbiens (SPS), die laut dem Autor "nicht nur Jugoslawien als
Föderation", sondern "unglücklicherweise auch das politische System,
also den Sozialismus, erhalten" wollte, daherkommt, so trifft sie doch
den wahren Kern der NATO-Politik gegenüber Jugoslawien und der
jugoslawischen Tragödie, den selbst nicht wenige Sozialisten in
Deutschland bis zum heutigen Tage nicht erkennen oder nicht sehen
wollen. Nicht zufällig jubelten die glorreichen Sieger der Aggression
gegen Jugoslawien im Oktober 2000, als mit ihrer Hilfe die SPS und ihr
Vorsitzender Milosevic gestürzt wurden, daß nun endlich "der letzte
Rest einer kommunistischen Diktatur gefallen ist" (BRD-Außenminister
Joseph Fischer) und daß "sich das serbische Volk endgültig vom
Kommunismus befreit" habe (USA-Außenministerin Madeleine Albright). So
kam es endlich ans Licht: Die "internationale Gemeinschaft", von
"Bild" und "FAZ" bis "Guardian" und "Times", von Fischer bis Albright,
war ein Jahrzehnt lang gegen den großserbischen Nationalismus des
verbrecherischen Milosevic-Regimes zu Felde gezogen, um nach
vollbrachtem Werk den Sieg über die "letzte kommunistische Bastion" in
Europa zu feiern. Erst nach dem Triumph teilte sie mit, wer besiegt
war: Nicht dem serbischen nationalistischen Drachen hatte man die
Köpfe abgeschlagen, sondern dem letzten kommunistischen Ungeheuer in
Europa.

Sicherlich wäre es übertrieben, die SPS von 1990 oder gar die von
heute als kommunistische Partei oder ihren in Den Haag eingekerkerten
Vorsitzenden als überzeugten Marxisten-Leninisten und Kommunisten zu
bezeichnen. Aber wer die Politik der NATO gegenüber Jugoslawien und
Serbien seit den konterrevolutionären Jahren 1989/90, die jetzt mit
dem beabsichtigten Herausbrechen Kosovos aus Serbien, der Liquidierung
der Republika Srpska und der Absicht, den ehemaligen Präsidenten
Jugoslawiens trotz dessen beeindruckender Selbstverteidigung und der
fortwährenden Pleiten, Pech und Pannen der Anklage im beschleunigten
Verfahren zu verurteilen, fortgesetzt wird, aufmerksam und
unvoreingenommen verfolgt, wird leicht erkennen, daß sie sich unter
anderem aus zwei Quellen speist: aus einem historisch gewachsenen,
nahezu irrationalen Serbenhaß und einem stupiden, aber äußerst
zielstrebigen Antikommunismus. Daran ändern auch die Worthülsen
"Demokratie", "Freiheit", "Fortschritt" und "Schutz der
Menschenrechte" nichts, die sich die NATO in ihrem Feldzug auf dem
Balkan auf die Fahne geschrieben hat.

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E N D E

From: fokista @ interfree.it

Segnalo la conferenza

"La bonifica etnica al confine orientale nel ventennio fascista"

tenuta da Marta Verginella

il prossimo 10 marzo

presso la Biblioteca Comunale di Giavera del Montello (TV)

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FONTE:
http://it.groups.yahoo.com/group/tera_de_confin/message/9902


Marta Verginella

La minoranza slovena nel Friuli-Venezia Giulia

Testo pubblicato in "I viaggi di Erodoto" a. 1998 n. 34


La vita della minoranza slovena del Friuli-Venezia Giulia nel secondo
dopoguerra è stata pesantemente segnata dalle vicende belliche e
prebelliche, soprattutto dalla lunga persecuzione nazionale fascista
che fu all'origine della drastica riduzione del ceto medio, in
particolare di molti intellettuali e politici emigrati negli anni
Venti e Trenta.
Nel 1921, secondo le stime di Lavo Cermelj, 350.000 Sloveni e 200.000
Croati risiedevano nelle nuove province della Venezia Giulia, mentre a
parere di Carlo Schiffrer il loro numero non superava i 417.000
abitanti. Sempre secondo le stime di parte slovena, durante il periodo
fascista circa 70.000 Sloveni e Croati della Venezia Giulia emigrarono
in Jugoslavia, 5.000 verso altri paesi europei e 30.000 oltrepassarono
l'Oceano per raggiungere l'America latina. Non esistono rilevazioni
precise e attendibili su quanti sloveni rimasero entro i confini dello
Stato italiano dopo la fine della seconda guerra mondiale. Secondo le
valutazioni fatte della presidenza del Consiglio dei ministri nel 1953
in 14 comuni della provincia di Udine (escluse la Val Canale e la Val
Resia) risiedevano 22.936 Sloveni. Il rilevamento fu però contestato
da parte slovena, come lo furono altri censimenti eseguiti negli anni
Sessanta e Settanta, poiché i criteri stabiliti per censire
l'appartenenza etnica non erano sufficientemente chiari mentre le
condizioni politiche del tempo ostacolavano la libera espressione
dell'identità nazionale minoritaria. (P. Stranj, p. 39). Per queste
ragioni i dati sulla consistenza numerica della popolazione slovena
residente nel Friuli-Venezia Giulia rimangono ancor oggi approssimativi.
Secondo le stime slovene il numero complessivo degli sloveni presenti
nella regione ammonta a circa 96.000 persone, di cui 29.000 residenti
nella provincia di Udine, 18.000 nella provincia di Gorizia e 49.000
in quella di Trieste.

La mancata annessione alla Jugoslavia socialista dei territori abitati
anche dagli sloveni e il ritiro dell'Esercito di Liberazione Jugoslavo
nel giugno 1945 fecero svanire il sogno di una Slovenia unita,
comprendente le città di Gorizia e di Trieste. La liberazione
dall'occupatore nazifascista fu vissuta dalla grande maggioranza della
popolazione slovena come la fine di un lungo periodo di
prevaricazioni, di subalternità e come esautorazione di una classe
politica che nel nome della Kultunation reprimeva e snazionalizzava
tutto ciò che non era italiano. La vittoria sul fascismo e sul nazismo
era intesa soprattutto come nascita di una nuova società nella quale
sarebbe stata possibile la libera espressione del proprio credo
politico e della propria appartenenza etnica. Perciò dopo gli accordi
di Belgrado firmati il 9 giugno 1945 e la costituzione della Zona A
della Venezia Giulia, che passava sotto l'amministrazione alleata, e
della Zona B che continuava ad essere amministrata dagli jugoslavi, la
delusione degli sloveni fu immensa.
Nella Zona A vennero a trovarsi gli sloveni residenti nelle provincie
di Trieste e di Gorizia, mentre ne erano rimasti esclusi quelli della
Benecia (le Valli dei Natisone, le Valli del Torre e la Val Resia) e
della Val Canale, definitivamente restituite all'Italia nel giugno del
1945. Per la popolazione slovena di queste ultime aree il ritorno
delle autorità italiane coincise con la negazione di ogni diritto di
tutela etnica e con svariate forme di persecuzione verso chi aveva
partecipato al movimento partigiano, ma anche verso chi non era
disposto a negare la propria appartenenza etnica.
Da parte italiana infatti, il manifestarsi durante la guerra di forme
di coscienza nazionale e di orientamenti filo-jugoslavi all'interno di
popolazioni che nel 1866 optarono per l'Italia venne considerato
frutto di agitazione sovversiva proveniente da oltre confine, e quindi
represso con decisione. Sin dal giugno 1945 si verificò così una
distinzione de facto e de iure (tuttora in vigore) tra gli sloveni
rimasti al di fuori della Jugoslavia.
La preoccupazione prima delle autorità alleate nella zona A fu quella
di smantellare tutte le principali istituzioni create durante i
quaranta giorni dal potere jugoslavo. Fu così reintrodotta la
legislazione italiana, compresi i decreti fascisti in vigore fino al
settembre 1943, ed emanati con lo scopo di attuare la «bonifica
etnica» nella Venezia Giulia. Il Governo Militare Alleato (Gma),
liquidando gli organi di governo lasciati dagli jugoslavi e
ripristinando il vecchio apparato amministrativo, riconobbe
implicitamente la sovranità italiana sulla zona A della Venezia Giulia
(E. Apih, p. 167). Tuttavia con il ripristino dei diritti civili
fondamentali avvenne anche la riapertura delle scuole con lingua
d'insegnamento slovena, soppresse dalla riforma Gentile. L'intervento
alleato nel campo dell'istruzione venne però vissuto dalla dirigenza
slovena locale come un ulteriore tentativo di smantellare la rete di
scuole partigiane nate negli ultimi due anni di guerra; un intervento
volto ad esautorare il Comitato regionale di liberazione nazionale
sloveno (Pokrajinski narodno osvobodilni odbor - Pnoo) dal ruolo
svolto nel campo dell'istruzione.
In attesa delle decisioni della Conferenza della pace del 1947, tra
gli organi del Gma e le forze filojugoslave (cioè la maggioranza della
popolazione slovena e parte della componente italiana di sinistra), si
accese una stagione di lotte per accaparrarsi il consenso politico
della cittadinanza. In un clima esasperato ebbero luogo manifestazioni
di massa, atti di violenza, incidenti, proclami, appelli, interventi
di polizia, che invece di instaurare un clima di convivenza etnica,
produssero l'esclusione totale della comunità slovena
dall'amministrazione locale e l'inasprimento dei rapporti tra le due
nazionalità.
Nella comunità slovena già in concomitanza alla Conferenza di Pace di
Parigi iniziò il processo di differenziazione politica interna.
Accanto alla maggioranza degli sloveni che continuava ad appoggiare il
Partito comunista della regione Giulia, pronunciatosi il 24 settembre
1945 per l'annessione alla Jugoslavia, si costituirono nuove
formazioni politiche di orientamento cattolico e liberale. A Gorizia
gli ambienti moderati sloveni costituirono l'Unione Democratica
Slovena (Slovenska demokratska zveza). Allo stesso tempo il Fronte di
liberazione (Osvobodilna fronta - Of) diede vita nella provincia di
Udine e di Gorizia al Fronte Democratico degli Sloveni. La
differenziazíone politica raggiunse il suo apice nelle Valli del
Natisone, dove da una parte il Fronte Democratico degli Sloveni
chiedeva il riconoscimento della comunità slovena locale e dei suoi
diritti nazionali, dall'altra i sindaci dei comuni abitati dalla
popolazione slovena promuovevano invece manifestazioni e altre
attività per dimostrare l'italianità della Slavia veneta.

Fu però soprattutto la risoluzione del Cominform, il 28 giugno 1948, a
incrinare gravemente la compattezza politica della comunità slovena e
in generale di tutta la sinistra, soprattutto di quella giuliana fino
ad allora favorevole all'annessione di Trieste alla Jugoslavia, e a
produrre un clima di grave contrapposizione ideologica. Gli sloveni di
sinistra, che costituivano la maggioranza della comunità, si divisero
in due fronti ostili. I «filosovietici» e i «filojugoslavi» iniziarono
una vera lotta di quartiere sia nelle zone urbane che in quelle rurali
e la frattura ideologica produsse ripercussioni molto forti tanto
nella vita politica quanto in quella culturale. La componente
maggioritaria slovena scelse il Partito comunista del Territorio
Libero di Trieste (Pctlt) e con esso l'atteggiamento filosovietico,
quella minoritaria rimase fedele alle posizioni titoiste e fondò il
Fronte popolare italo-sloveno (Slovansko italijanska ljudska stranka).
A Trieste nel 1949, alle prime elezioni comunali, la minoranza slovena
si ritrovò divisa in tre fronti politici - il Pctlt , il partito
filojugoslavo e la formazione nella quale si unirono i gruppi moderati
sloveni di tendenza cattolica, liberale, cristianosociale o
socialdemocratica. Per la mancata compattezza interna riuscì a far
eleggere solo 8 rappresentanti su 60 consiglieri comunali. Un
rappresentante fu eletto dalla lista nazionale slovena
(cattolico-liberale), la Slovenska narodna lista, uno dal Fronte
popolare italo- slavo) e sei sulle liste del Pctlt. Dopo le elezioni
nel territorio del comune di Trieste, l'italiano divenne la lingua
ufficiale e
solamente nei comuni minori fu permesso l'uso amministrativo anche
della lingua slovena. Nello stesso anno si definì anche a Trieste il
terreno delle rivendicazioni della minoranza slovena, rivendicazioni
di tutela che nemmeno la firma del Memorandum d'intesa a Londra nel
1954, con il quale la città e il suo territorio furono riconsegnati
all'Italia, modificò sostanzialmente.
Lo Statuto speciale, come del resto il Memorandum stesso, che
garantiva alla comunità slovena di Trieste la salvaguardia dei diritti
nazionali non venne infatti mai ratificato dal parlamento italiano e
non divenne perciò mai vincolante per lo stato italiano.
Nel 1954 gli sloveni residenti nelle tre province di Udine, Gorizia e
Trieste si trovarono riuniti sotto la sovranità italiana, ma senza
veder garantite le condizioni per una convivenza etnica. Se infatti
per un verso il regime democratico assicurò il rispetto dei diritti
individuali, assai lento ed incerto - e tuttora non completo - fu
invece il riconoscimento della necessità di una politica di tutela del
gruppo etnico sloveno in quanto tale. Gli sloveni perciò, esclusi dai
processi decisionali, soggetti all'assimilazione silenziosa
continuarono a farsi sentire nell'ambito pubblico con le
rivendicazioni etniche e con richieste di maggiori garanzie
istituzionali.

La presenza della comunità slovena in Italia fu intesa dall'apparato
statale come il prolungamento del mondo comunista entro i confini
italiani e non fu per nulla casuale che le autorità locali cercarono
di modificare i rapporti etnici alterando la composizione della
popolazione dei comuni minori contigui a Trieste, definiti
«slavocomunisti»; nel circondario di Trieste, ad esempio, vennero
prevalentemente costruiti gli insediamenti per i profughi istriani
espropriando il territorio alle comunità carsiche di etnia slovena. A
questo tipo di espropri dei territorio etnico ne seguirono altri per
motivi di interesse pubblico dovuti alla costruzione delle
infrastrutture di collegamento stradale, per gli oleodotti, per i
piani di edilizia popolare nelle aree urbane periferiche, interventi
tutti che da parte slovena furono intesi come uso maggioritario e
urbanocentrico del territorio. Uso che fino agli anni Novanta generò
numerosi momenti di conflittualità politica e di attivazione su base
etnica, poiché al centro dei processi di identificazione slovena
rimase comunque il territorio etnico, la «terra slovena» che conservò
una forte valenza simbolica, in quanto non solo luogo, ma pure
strumento di riproduzione dell'identità etnica e base naturale,
ecologica e antropologica dell'etnia (I. Jogan, pp. 14-15)
La composizione sociale della popolazione slovena appartenne fino agli
anni Settanta prevalentemente al mondo rurale e operaio. Negli anni
Settanata essa fu vittima di una forte ondata migratoria che toccò in
particolar modo le zone della Slavia veneta. Soltanto negli anni
Settanta e Ottanta la fisionomia socioeconomica della minoranza iniziò
a subire profonde trasformazioni. Al calo degli impieghi
nell'industria e al dimezzamento degli addetti all'agricoltura seguì
lo sviluppo del terziario, la creazione di numerose società e imprese
dedite allo scambio commerciale con le vicine repubbliche jugoslave.
L'Unione economica e culturale slovena (Slovenska kulturno gospodarska
zveza), l'interlocutore privilegiato dello stato jugoslavo e della
dirigenza comunista slovena, iniziò a realizzare un grande progetto:
la creazione di una larga struttura economica in grado di finanziare
la vasta rete culturale e sociale presente sul territorio abitato
dagli sloveni e capace di rallentare, se non di sconfiggere, il
processo di assimilazione etnica. La creazione di una nicchia etnica
protettiva, decisa in considerazione dell'ambiente poco favorevole
alla lingua e alla cultura slovena e l'assenza della tutela
legislativa, avrebbe dovuto porre fine al lungo periodo di
marginalizzazione sociale e culturale. La realizzazione di questo
progetto si interruppe però dopo la dissoluzione della Jugoslavia, il
cambio della classe dirigente in Slovenia e la crisi finanziaria nella
quale si ritrovarono i due principali istituti bancari della minoranza
a Trieste e a Gorizia.
Il voto sloveno negli anni Settanta e Ottanta si distribuiva
progressivamente in crescendo dal centro a sinistra. L'unico partito
sloveno, l'Unione Slovena, raccoglieva solo una parte dei consensi
dell'elettorato che perlopiù preferiva i partiti presenti a livello
nazionale, regionale e locale. La rappresentanza politica più
consistente fu garantita dal Pci, che rese possibile l'elezione
dell'unico rappresentante sloveno al Parlamento. Va notato che
soprattutto negli anni Settanta iniziò il dialogo tra gli
intellettuali dei due gruppi etnici, e già nel decennio precedente il
disgelo nei rapporti tra Italia e Jugoslavia produsse aperture a
livello politico locale. Nel periodo del centrosinistra si smorzarono
i toni dello scontro etnico, tuttavia l'ingresso nella Giunta comunale
di Trieste del socialista sloveno Dusan Hrescak nel 1965 inaugurò una
campagna antislovena. Un'ennesima campagna contro la tutela della
minoranza slovena e contro lo spettro del bilinguismo fu indetta alla
chiusura del contenzioso territoriale fra Italia e Jugoslavia sancito
con l'accordo di Osimo nel novembre 1975.

Bibliografia

P. Stranj, La comunità sommersa. Gli sloveni in Italia dalla A alla Z,
Editoriale Stampa Triestina, Trieste, 1989.

I. Jogan, Territorio e etnia. La questione degli sloveni nella
politica urbanistica dei Friuli Venezia Giulia, Franco Angeli, Milano,
1991.

B. C. Novak, Trieste 1941-1954, Mursia, Milano, 1973;

S. Benvenuti, Le ragioni della storia, «Il Territorio», n. 16/17,
1986, IX, pp. 30-54;

J. Pirjevec (a cura di), Introduzione alla storia culturale e politica
slovena a Trieste nel '900, Provincia di Trieste, Trieste, 1983;

E. Apih, Trieste, Laterza, Roma-Bari, 1988.