Informazione


Fonte: Il NUOVO del Friuli-Venezia Giulia, 3 marzo 2006
http://www.nuovofvg.com/
(Ringraziamo A. Floramo per la segnalazione)


Saltare a pie' pari pezzi di storia, pezzi di

cultura, pezzi di vita e su quello che
rimane pontificare per un giorno
BENO FIGNON



Italiani senza onore

di ANGELO FLORAMO

Un libro dello storico Costantino Di Sante scava nella memoria rimossa dell'occupazione italiana dei Balcani durante la seconda guerra mondiale

Case bruciate, villaggi saccheggiati, e sulle macerie solo i cadaveri di donne e di vecchi barbaramente uccisi. Intere famiglie passate per le armi perché imputate di collusione con i partigiani. Non si risparmiano nemmeno i bambini a cui si arriva a bruciare le mani dopo averle cosparse di nafta.
È stata questo l'occupazione italiana dei Balcani durante la seconda guerra mondiale. Un'occupazione che ha avuto per protagonisti non solo la milizia fascista, ma soprattutto le truppe regolari dell'esercito e tra queste anche una divisione di alpini, la "Pusteria" e due battaglioni di penne nere "friulani", il "Natisone" e il "Tagliamento".
Il tragico consuntivo dell'"opera civilizzatrice" nei vicini Balcani voluta dal regime di Mussolini alla fine conterà almeno 250.000 vittime. Un numero purtroppo arrotondato per difetto.


Si tratta di crimini che colpirono prevalentemente la popolazione civile e per i quali, tuttavia, anche nel dopoguerra, non vi fu mai nessuna condanna, non venne nemmeno istruito alcun processo. Perché? Costantino Di Sante, ricercatore appassionato, prova a dare una risposta a interrogativi dimenticati per troppo tempo nel fondo degli ormai celebri "armadi del terrore" e delle nostre coscienze. Ne nasce un saggio asciutto, privo di sbavature enfatiche e di cadute di stile. "Italiani senza onore" è una raccolta nuda di dati, relazioni testimonianze. La lettura fa male. Disturba. Costringe a ricostruire sessant'anni di taciute verità e svela nel retroscena le ombre di quella politica internazionale che ormai aveva diviso l'Europa in blocchi separati di appartenenza. E che in nome del nuovo corso della storia ha preferito rinunciare alla responsabilità della memoria.

Perché esce solo ora un libro come il suo? Sessant'anni sono davvero tanti per digerire la verità… per quanto scomoda essa sia. A chi o a cosa è servito occultare tutte queste responsabilità? E perché studiosi, ricercatori, editori non hanno mai avuto modo di pubblicare prima risultati del genere?

Il mio libro è stato pubblicato solo ora per ragioni diverse, delle quali la prima, e probabilmente la più banale, é che parte dei documenti è stata messa a disposizione degli studiosi solo da pochi anni. Va inoltre precisato che la storia del confine Orientale non ha avuto da parte degli storici l'attenzione che meritava. La sottovalutazione della sua importanza storiografica, e soprattutto del peso che questa ha avuto rispetto all'evolversi degli avvenimenti su scala nazionale, ne ha facilitato l'opera di mistificazione, e a gran parte degli italiani è stata negata la possibilità di sapere cosa era realmente accaduto nel corso del Novecento in quei territori. Questa grave lacuna ha contribuito ad alimentare un utilizzo strumentale e politico di quelle vicende. Non bisogna dimenticare, inoltre, che fino alla fine della guerra fredda il far riemergere quelle vicende non era ritenuto conveniente.
Oltre alle questioni internazionali, esistevano ragioni di politica interna che hanno portato i governi ad occultare e proteggere coloro che avrebbero dovuto rispondere dei crimini di guerra, tra le quali non secondario era il fatto che molti di costoro continuavano ad occupare posti di primo piano negli apparati dello Stato.
Poter processare i criminali di guerra italiani sarebbe servito non solo ad accertare le responsabilità del nostro paese rispetto ai gravi fatti accaduti nell'ex Jugoslavia, ma anche a mettere in luce il comportamento tenuto del nostro esercito durante la guerra. L'indagine e l'accertamento, anche per via giudiziaria, di quegli avvenimenti avrebbe sicuramente contribuito ad arginare la proliferazione di visioni edulcorate sulla reale natura e sull'operato del regime fascista, contrastando la diffusione di un'idea di fascismo "buono" e, soprattutto, del falso mito del "bravo italiano".
Nel dopoguerra, la politica della memoria del nostro Paese ha sfruttato molto la sua ambigua immagine di stato sconfitto ma anche vittorioso, grazie alla lotta ed alla vittoria contro il nazifascismo conquistata dal movimento di Liberazione. La "cobelligeranza" ha pesato molto sulla "mancata Norimberga italiana".

Ha incontrato resistenze, difficoltà, reticenze nella conduzione delle sue indagini storiografiche? I cosiddetti "armadi della vergogna" sono in genere ben nascosti, accuratamente isolati...

Diciamo che ho utilizzato al meglio le possibilità che i nostri malconci archivi offrono agli studiosi per visionare la documentazione che essi conservano. Le difficoltà sono state soprattutto dovute all'organizzazione sempre più precaria di questi archivi. Orari limitati, scarso personale e luoghi di studio indecorosi e scarsamente funzionali allo scopo. Anche questo è indicativo di come un paese decida di tutelare la propria memoria storica.

Sulle pareti dell'archivio militare, a Roma, occhieggia fiero il viso del generale Roatta, tra gli altri suoi pari grado: uno dei massimi responsabili degli eccidi perpetrati nella ex Jugoslavia occupata dagli italiani. Una anomalia tutta italiana ? O una velata metacomunicazione, quasi a voler dire: cerca pure, tanto qui le cose non cambiano?

Non credo che il motivo sia questo. Penso che anche in questo caso incida molto il modo con il quale si è ricostruita l'immagine dell'esercito italiano nel dopoguerra. La storiografia ha notevolmente esaltato il ruolo dell'esercito nella lotta di Liberazione, come anche il cinema e la letteratura che hanno quasi sempre rappresentato lo stereotipo del soldato italiano che in guerra è sempre vittima e mai carnefice. La foto di Roatta viene tranquillamente esposta perché non si riconosce in lui il criminale, ma il Capo dello Stato Maggiore di un esercito che, secondo la vulgata, non si è comportato in maniera disonorevole durante il conflitto. Ecco perché i processi, se celebrati, forse sarebbero serviti ad incrinare questo falso mito e quasi sicuramente quella foto non sarebbe stata appesa.

Da storico scrupoloso lei ha organizzato il suo saggio in modo tale che siano i documenti a parlare: le relazioni inoltrate da parte Jugoslava nel 1945, le risposte espresse dai memoriali di difesa dello Stato Maggiore dell'Esercito Italiano. Non c'è sbilanciamento. Gli atti parlano da soli. Ma al di là dei dati, dei numeri, delle accuse e delle risposte, che cosa emerge, quale quadro riassuntivo si può delineare?

La risposta richiederebbe un'analisi molto articolata sull'intera vicenda, ma per essere sintetici il quadro che emerge é che la mancata giustizia per quei crimini ha impedito una seria riflessione sull'annessione e l'occupazione portata avanti dall'esercito italiano dei territori dell'ex Jugoslavia.
La mancata memoria giudiziaria ha consentito che le responsabilità dei singoli, e del regime fascista, potessero essere eluse e dimenticate. Ancora oggi il nostro colonialismo, le nostre guerre di conquista e i metodi utilizzati durante le occupazioni vengono assolte da una visione "bonaria" e poco reale. Da quella documentazione, magari in alcuni casi eccessiva anche nelle accuse jugoslave, emerge un quadro complesso e assai poco idilliaco su come il nostro esercito, e non solo, si è comportato durante il dominio di qui territori. Infine, i mancati processi hanno nuovamente evidenziato come il nostro Paese non riesca a fare i conti con il proprio passato. L'ingiustizia, in questo caso, ha colpito non solo le vittime, ma anche quei soldati che si rifiutarono di obbedire agli ordini ingiusti ed inumani.

Il suo libro produce nel lettore un senso di terribile disincanto. E' una prerogativa della Storia, perché la verità demolisce ogni forma di retorica. Non conosce retrogusto di melassa. I documenti da lei analizzati non risparmiano nessuno: tra gli altri anche carabinieri e alpini, al pari dei loro commilitoni della Wehrmacht e delle SS, si macchiarono di crimini abominevoli e ripugnanti.

Personalmente sono molto restio a fare paragoni di questo genere. Il nostro esercito si è comportato come ritengo molti altri si comportino quando si trovano in un territorio da occupare. In questo caso l'aggravante é data anche dal fatto che quelle regioni, oltre che annesse, dovevano essere "sbalcanizzate". Inoltre la propaganda razzista che il fascismo aveva diffuso contro gli slavi contribuì ad alimentare la spirale di violenza. La pianificazione di questo tipo di nuovo ordine da instaurare nei Balcani non poteva non sfociare in atti di violenza criminale. Per questo ritengo che le responsabilità del regime e degli alti comandi siano ineludibili. Bisogna ricordare che alcuni soldati, ma anche alcuni ufficiali si rifiutarono, o quanto meno non applicarono alla lettera, le direttive emanate dallo stato maggiore e dalle autorità di occupazione.

Forse sarebbe opportuno che con coraggio e rigore storico si continuasse ad indagare. Presumo che la situazione da lei investigata nei territori della ex Jugoslavia sia perfettamente sovrapponibile a tutti gli altri scenari di guerra cui partecipò l'esercito italiano. E' così? O qui, per qualche ragione, le vicende furono più crudeli?

Sicuramente in Jugoslavia le condizioni belliche portarono ad accentuare gli eccessi. La forte resistenza jugoslava, l'idea di dover annettere alcuni territori che quindi dovevano essere "ripuliti" dagli abitanti che non si sottomettevano, l'odio antislavo e la complessa situazione etnica, politica e religiosa contribuirono sicuramente ad un maggiore uso della violenza. Nell'ex Jugoslavia il nostro esercito si comportò da colonizzatore, replicò alcuni eccessi già utilizzati durante le campagne d'Africa. Ma anche in altri scenari, seppure in condizioni diverse, furono perpetrati crimini e violenze contro la popolazione civile. Basti pensare alla Grecia o al fronte russo. Non a caso tutti i paesi occupati o che avevano combattuto contro l'Italia nella seconda guerra mondiale, compresa l'Etiopia, chiesero più volte, senza esito, alla Commissione Internazionale per i crimini di guerra di Londra l'estradizione di "presunti criminali italiani" per poterli processare.

C'è un tarlo che si insinua nel lettore e lo spinge più volte a ricontrollare le date in cui avvennero gli eccidi: febbraio 1942, marzo 1942, aprile 1943, maggio 1943… potrei continuare. Gli eccidi non vengono compiuti da militari inquadrati nei ranghi della RSI, ma da soldati regolari dell'esercito italiano. Dunque l'odio etnico e la ferocia (in questo caso anti slava) non furono un retaggio ascrivibile solamente al Fascismo, ma un "pensare comune"?

L'elemento razziale contribuì sicuramente ad alimentare l'odio nei confronti delle popolazioni slave. I soldati italiani che vedevano morire anche i loro compagni d'armi furono maggiormente coinvolti da questo tipo di propaganda. Molti, probabilmente, si lasciarono andare a violenze ed atti crudeli anche con l'idea di vendicare i propri commilitoni uccisi. Essi dovettero mettere in pratica direttive e piani di occupazione che prevedevano atti al di fuori delle leggi internazionali e sicuramente l'aver presentato gli slavi come "barbari" rese il compito psicologicamente meno gravoso.

Che tipo di reazioni ha avuto l'uscita di questo suo libro?

Devo constatare che, tranne per alcune e-mail minacciose che ho ricevuto, molti mi hanno ringraziato di aver fatto emergere questa documentazione. In primo luogo coloro che si occupano delle stragi nazifasciste in quanto ha rafforzato le tesi già emerse negli ultimi studi di Lutz Klinkhammer e Filippo Focardi, cioè che quei processi non si celebrarono anche per evitare l'estradizione dei criminali italiani ai paesi che ne fecero richiesta, in primis alla Jugoslavia di Tito. Spero che la mia opera contribuisca a far sì che la questione del "Fronte Orientale" possa essere studiata tenendo conto di ciò che è accaduto sul lungo periodo e non appiattendola solo sulle foibe. Ritengo comunque che questo sia solo un primo tassello per poter ricostruire senza oblii e censure come il nostro esercito si sia comportato nei paesi occupati e per poter continuare ad offrire una storia che si basi su fonti certe e riscontrabili.
Questo ritengo sia l'obiettivo più ambizioso con il quale dobbiamo misurarci per evitare facili e impresentabili revisionismi.


IL LIBRO

Ricordando crimini e processi negati

Costantino Di Sante svolge attività di ricercatore presso l'"Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione delle Marche". E' responsabile della Biblioteca provinciale di Storia Contemporanea di Ascoli Piceno. Autori di molti articoli e monografie ha pubblicato tra le altre cose: "L'intervento civile nell'ascolano. Il campo di concentramento
di Servigliano (1940-1944)", Ascoli Piceno, 1998; "I campi di concentramento in Italia. Dall'internamento alla deportazione, 1940-1945), Milano, 2002. A curato il catalogo della mostra storico-documentaria "Fascismo e resistenza nel Piceno", Ascoli Piceno, 2003. E' appena uscito per Ombre Corte la monografia: "Italiani senza onore. I crimini in Jugoslavia e i processi negati (1941-1951)", Verona 2005.

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Costantino Di Sante (a cura di)

Italiani senza onore
I crimini in Jugoslavia e i processi mancati (1941-1951)

edito da Ombre Corte, 2005
Via A. Poerio 9, 37124 Verona
(tel. 0458301735, email: ombrecorte @ libero.it)
pp. 170, euro 18,00
ISBN 88-87009-65-1



J. Elsaesser: Serbien im Zangengriff


1. ### Veranstaltung: CIA und Al Qaida. Wie der Dschihad nach Europa kam
am Freitag, 10. März, um 16.30 Uhr in Berlin-Mitte ###


2. Serbien im Zangengriff
Eine entscheidende Phase für die Zukunft des Landes: ein albanischer
Terrorist als Kosovo-Premier, EU-Ultimatum wegen Mladic, drohende
Abspaltung von Montenegro

3. Privatisierung im Kosovo: Serbien doppelt betrogen

4. »Separatisten verfügen über Mafiageld«
Am 21. Mai wird es in Montenegro eine Volksabstimmung über die
mögliche Abspaltung von Serbien geben. Die Opposition hat nach
Verhandlungen zugestimmt. Gespräch mit Vlado Djekic, Vizepräsident der
»Bewegung für den Erhalt des gemeinsamen Staates Serbien-Montenegro«


=== 1 ===

Subject: Veranstaltung / Serbien in der Entscheidung
Date: Sun, 5 Mar 2006 22:16:32 +0100

Dragi prijatelji,

entscheidende Wochen für Serbien liegen vor uns: Die Albaner
unterstreichen mit der Wahl des UCK-Kriegsverbrecher Agim Ceku zum
Kosovo-Präsidenten ihre Kompromißunwilligkeit bei den sogenannten
Endstatus-Gesprächen; für Montenegro wurde das Sezessionsreferendum
auf 21. Mai terminiert; Ratko Mladic wird von der EU als Druckmittel
gegen Belgrad benutzt.

Lesen Sie dazu meine Artikel in der aktuellen Ausgabe der Tageszeitung
Junge Welt von Montag, 6. März 2006 (s. Anhang).

Am kommendem Freitag referiere ich in Berlin zum "Dschihad auf den
Balkan".
Einladung mit Ort und Zeit siehe unten.

Zu weiteren Veranstaltungen auch zum Thema Kosovo bin ich gerne bereit.

Puno pozdrava
Jürgen Elsässer


CIA und Al Qaida Wie der Dschihad nach Europa kam

Karikaturenstreit, gewalttätige Demonstrationen, Feindbild Dänemark,
Feindbild Iran ... Fast sieht es so aus, als ob Europa und die
islamische Welt nun den Kampf der Kulturen begonnen haben, den der
US-Amerikaner Samuel Huntington vorausgesagt hat. Wem wird das wohl
nützen?

Ein Blick auf Jugoslawien kann helfen, kühlen Kopf zu bewahren. Dort
lebten nach 1945 die verschiedenen Ethnien und Religionen nicht
konfliktfrei, aber letztlich friedlich zusammen. Auch in Bosnien, wo
die Moslems die relativ größte Bevölkerungsgruppe waren, bekamen
radikale Fundamentalisten bei den ersten Mehrparteienwahlen 1990 keine
Mehrheit unter ihren Glaubensgenossen.

Doch alles änderte sich, als der Westen die Dschihadisten zu
unterstützen und aufzurüsten begann. Der bosnische Bürgerkrieg 1992
1995 ist, wie in den achtziger Jahren der Krieg in Afghanistan,
geprägt vom Zusammenspiel zwischen US-amerikanischen Geheimdiensten
und Gotteskriegern. Die besten Kämpfer Allahs standen auf der
Gehaltsliste des Pentagon. Das hatte Fernwirkungen: Fünf der sieben
Schlüsselfiguren der Anschläge des 11. September 2001 waren
Mudschahedin, die das Töten zuvor auf dem Balkan gelernt hatten. Beim
Terror am 7. Juli 2005 in London zog ein islamischer V-Mann des
britischen MI6 die Fäden, der im Kosovo schon die albanische
Untergrundbewegung UCK unterstützt hatte.

Über all dies berichtet Jürgen Elsässers aktuelles Buch "Wie der
Dschihad nach Europa kam. Gotteskrieger und Geheimdienste auf dem Balkan".

Elsässer stellt es auf Einladung der Zeitschrift "Rotfuchs" vor, und zwar
am Freitag, 10. März, um 16.30 Uhr (!), in Berlin-Mitte, Volkssolidarität,
Torstraße 203-205.


=== 2 ===

http://www.jungewelt.de/2006/03-06/index.php

Junge Welt (Berlin), 06.03.2006
Serbien im ZangengriffEine entscheidende Phase für die Zukunft des
Landes: ein albanischer Terrorist als Kosovo-Premier, EU-Ultimatum
wegen Mladic, drohende Abspaltung von MontenegroVon Jürgen Elsässer

Erinnert sich noch jemand an die jüngste Gerüchteküche über den
flüchtigen Serbengeneral Ratko Mladic in den Tagen nach dem 21.
Februar? Seine Verhaftung stünde unmittelbar bevor, schrieben die
einen, er sei sogar schon auf dem Weg zum Strafgerichtshof in Den
Haag, verstiegen sich andere. Die ganzen Presseenten könnte man
vergessen, hätten sie nicht ein bezeichnendes Ergebnis gehabt. Weil
wieder einmal kräftig an der Legende gestrickt wurde, das offizielle
Belgrad wisse eigentlich genau Bescheid über die Zufluchtsstätte des
Gesuchten, fühlte sich die EU am 27. Februar legitimiert, ein
Ultimatum zu stellen: Bis zum 1. April müsse Mladic ausgeliefert sein,
ansonsten könne die EU den Assoziierungsprozeß aussetzen.
Ein angesehener Terrorist
Selbstverständlich hielt sich die Journaille bei der Kennzeichnung des
Generals nicht zurück. Beliebt war der Ausdruck »Balkanschlächter«,
der Begriff »Kriegsverbrecher« durfte jedenfalls in keinem Artikel
fehlen. Mladic sei hauptverantwortlich für die Morde an angeblich 8000
Moslems im Juli 1995 im bosnischen Städtchen Srebrenica, konnte man
überall lesen. Sehr viel freundlicher gehen die westlichen Medien mit
einem Oberbefehlshaber um, der nicht für, sondern gegen die Serben
gekämpft hat. Am 3. März wurde Agim Ceku für den Posten des Premiers
der noch-serbischen Provinz Kosovo nominiert (jW berichtete). Als
»strategisch versiert«, rühmte ihn die Frankfurter Rundschau gleich in
der Überschrift, »für die internationale Gemeinschaft ist er ein
stabiler Partner«, hieß es im weiteren. Von einem »früheren
Rebellenführer«, der »sehr populär« sei, berichtete der britische
Staatssender BBC. Der Albaner kämpfte zunächst für die kroatische
Armee und war federführend an der Medak-Offensive 1993 sowie an der
»Operation Sturm« 1995 beteiligt, in deren Verlauf 100 beziehungsweise
2000 Serben getötet wurden. Im Februar 1999 avancierte er zum
Generalstabschef der kosovoalbanischen Untergrundbewegung UCK. Nach
der Besetzung des Kosovo durch die NATO im Juni 1999 wurde die UCK in
das Kosovo-Hilfskorps (TMK) aufgelöst und Ceku zu dessen Kommandeur
ernannt. In dieser Position habe er sich »tadellos« geführt, konnte
man jetzt in der FR lesen. Die OSZE ist anderer Ansicht. Als es nach
dem Abzug der jugoslawischen Armee im Sommer 1999 im Kosovo zu einer
Welle von Pogromen gegeben Serben kam, war für die Organisation klar,
»daß das Ausmaß der UCK- (und nun der TMK-)Verwicklung von solchem
Charakter und Zuschnitt ist, daß die Frage einer expliziten oder
stillschweigenden Verwicklung der Führungsspitze eine genaue
Untersuchung der internationalen Gemeinschaft erfordert.« Die
Führungsspitze – das war Ceku.
Druck auf die Serben
Ist es vorstellbar, daß die Serben einen solchen Oberterroristen als
Premier und damit als Gesprächspartner bei den
Kosovo-Endstatusgesprächen akzeptieren können? »Die Albaner haben
offenbar die Nerven verloren«, kommentierte am vergangenen Donnerstag
Sanda Raskovic-Ivic, die Kosovo-Beauftragte der Belgrader Regierung.
Möglicherweise steckt aber auch Kalkül dahinter: Man will die Serben
durch die Wahl Cekus zum Premier so provozieren, daß sie einseitig die
Wiener Verhandlungen abbrechen und dann als die Kompromißunwilligen
dastehen.
Dafür spricht, daß offensichtlich der US-Vertreter in Kosovo, Philip
Goldberg, höchstpersönlich hinter dem Coup steckt. Er soll Anfang
vergangener Woche den damals noch amtierenden Premier Bajram Kosumi
und den Parlamentspräsidenten Nexhat Daci zu sich gebeten und sie im
Doppelpack zum Rücktritt gedrängt haben. Die US-Amerikaner sind
unzufrieden über den Verlauf der Wiener Kosovo-Konferenz. Bei der
ersten Runde am 20. und 21. Februar war die serbische Delegation nach
Auskunft von Teilnehmern gut aufgestellt und glänzte durch
Detailkenntnis und konkrete Vorschläge zur Verbesserung der
Lebensbedingungen in der Provinz. Demgegenüber agierten die Albaner
steif und wiederholten nur deklamatorisch ihre Maximal-Forderungen.
»Es ist bedauerlich, daß die Weltöffentlichkeit vom positiven
Auftreten der serbischen Delegation praktisch nichts mitbekommen hat.
Statt über die Verhandlungen zu berichten, waren die großen
Nachrichtensender am Abend fast ausschließlich damit beschäftigt, mit
der Falschmeldung über die angebliche Verhaftung Mladics Schlagzeilen
zu machen. Fast könnte man meinen, das ganze sei ein Medien-Spin
gewesen, um die Nachrichten in eine gewünschte Richtung zu lenken«,
sagte Mira Beham, stellvertretende Ständige Vertreterin von Serbien
und Montenegro bei der OSZE in Wien, gegenüber junge Welt. In der
aktuellen Ausgabe des Belgrader Nachrichtenmagazins NIN wird
jedenfalls mit Bezug auf serbische Sicherheitskreise behauptet, die
Mladic-Ente sei von britischen nachrichtendienstlichen Kreisen
lanciert worden.
Bevor es Mitte März mit den Kosovo-Verhandlungen weiter geht, müssen
die Serben nervös gemacht werden, denken sich wohl einige Leute in
Washington und Brüssel. Dazu gehört unter anderem die Ankündigung
eines Referendums in Montenegro. Gelingt den Separatisten dort dank
des von der EU deutlich abgesenkten Zustimmungsquorums ein Durchbruch
(siehe Interview), stünde völkerrechtlich auch einer Abspaltung des
Amselfeldes nichts mehr im Wege. Denn die UN-Resolution 1244 sieht
zwar die Zugehörigkeit der Provinz zu Serbien-Montenegro vor. Wenn
aber dieser Staat auseinanderbricht, ist das Kosovo juristisch frei
aller Bindungen.


=== 3 ===

Privatisierung im Kosovo: Serbien doppelt betrogen
Die Privatisierung im Kosovo unter Leitung des früheren Sindelfinger
Oberbürgermeisters Joachim Rücker geht weiter. Aktuell vorbereitet
wird der Verkauf eines Freizeitzentrums in der Nähe der serbischen
Enklave Strpce. Im größten Siedlungsgebiet nicht-albanischer
Minderheiten außerhalb der Großstadt Mitrovica/ Nord leben ungefähr
12000 Serben. Viele arbeiten bei der Firma Index, die Skilifte und
Hotels betreibt. Wenn der Komplex von der UN-Verwaltung UNMIK
veräußert wird, wird das Unternehmen keinen Cent Entschädigung
bekommen, geschweige denn Belgrad, das den Aufbau der Anlagen zu
sozialistischen Zeiten finanziert hat.
Während auf der einen Seite der serbische Besitz in der Provinz
entschädigungslos an neue Eigentümer fällt, ist Serbien weiter
verpflichtet, für die Schulden Kosovos aufzukommen. Durch strenge
Sparzusagen gegenüber dem Internationalen Währungsfonds (IWF) konnte
Belgrad die Verschuldung des Kosovo von 1,7 Milliarden auf 1,02
Milliarden Dollar senken – Sparzusagen gegenüber der eigenen,
serbischen Bevölkerung wohlgemerkt. Darüber hinaus hat Serbien bereits
130 Millionen US-Dollar an Zinszahlungen auf die Kosovo-Schulden
geleistet, umgerechnet 3,6 Millionen US-Dollar pro Monat oder 120000
Dollar Tag für Tag.
Die albanische Provinzregierung vergilt die Großzügigkeit auf ihre
Weise: Sobald ein serbischer Haushalt mit den Stromzahlungen im
Rückstand ist, wird die Versorgung gestoppt. »Die serbischen
Siedlungen und Enklaven ... werden nur sporadisch mit Elektrizität
versorgt, und das hat sie an den Rand einer humanitären Katastrophe
gebracht«, klagten Premier Vojislav Kostunica und Präsident Boris
Tadic in einem gemeinsamen Brief an UN-Generalsekretär Kofi Annan. Das
war Anfang Februar. Seither hat sich nichts geändert – nichts am
Blackout und nichts an der eisigen Kälte.

Jürgen Elsässer


=== 4 ===

http://www.jungewelt.de/2006/03-06/index.php

Junge Welt (Berlin), 06.03.2006

»Separatisten verfügen über Mafiageld«
Am 21. Mai wird es in Montenegro eine Volksabstimmung über die
mögliche Abspaltung von Serbien geben. Die Opposition hat nach
Verhandlungen zugestimmt. Gespräch mit Vlado Djekic
* Vlado Djekic ist Vizepräsident der »Bewegung für den Erhalt des
gemeinsamen Staates Serbien-Montenegro«, ein Dachverband von 100
Organisationen mit angeblich 100000 Mitgliedern


F: Das Parlament Montenegros hat am vergangenen Donnerstag fast
einstimmig die Durchführung eines Referendums über die mögliche
Unabhängigkeit beschlossen. Worum geht es?

1992 bildeten Serbien und Montenegro als einzige Republiken des alten
sozialistischen Jugoslawiens die neue Bundesrepublik Jugoslawien. Im
Jahre 2003 wurde der Staatsname in Serbien-Montenegro geändert. Am 21.
Mai sollen nun die ungefähr 470000 Stimmbürger im kleineren Teil des
Gesamtstaates darüber entscheiden, ob »die Republik Montenegro ein
unabhängiger Staat mit allen völkerrechtlichen Zuständigkeiten wird« –
so die Formulierung auf dem Stimmzettel.

F: Ihre Bewegung, ein Zusammenschluß aller serbischen oder
proserbischen Oppositionsparteien, kämpft für den Erhalt des
Gesamtstaates. Warum unterstützen Sie das Referendum?

Vor allem deswegen, weil es in der jetzt beschlossenen Fassung anders
ablaufen wird, als es von der Regierung gedacht war. Im Auftrag der
Europäischen Union verhandelte der Slowake Miroslav Lajcak in den
vergangenen Wochen mit allen Parteien. Dabei machte er Druck für die
Lösung, die jetzt auch angenommen wurde: Eine Abspaltung wird nur dann
Rechtsgültigkeit beanspruchen können, wenn ihr mehr als 55 Prozent der
Abstimmenden zustimmen. Das ist weniger, als unsere Bewegung erhofft
hat – wir bestehen weiter darauf, daß eine solch schwerwiegenden
Entscheidung eigentlich der Zustimmung von mehr als der Hälfte der
Abstimmungsberechtigten bedarf.

F: Wenn im Falle einer 50-Prozent-Wahlbeteiligung eine
55-Prozent-Mehrheit entscheiden kann, sind das nur 27,5 Prozent der
Wahlberechtigten. Mit Demokratie, also Mehrheitsentscheid, hat das
nichts zu tun, oder?

Was hätten wir tun sollen? Uns dem von der EU vorgeschlagenen
Kompromiß verweigern? Dann hätte man uns als starrköpfige Hardliner in
die Ecke gestellt und isoliert. Der Druck der EU war so stark, daß wir
nicht Nein sagen konnten. Außerdem stimmt Ihre Berechnung nur
theoretisch. In der Praxis lag die Wahlbeteiligung bei allen
Urnengängen, die in Montenegro seit 1990 stattgefunden haben,
mindestens bei 72 oder 74 Prozent. Bei einem Referendum von solcher
Tragweite wird sie noch weit höher liegen.

F: Müssen Sie nicht Manipulationen durch die Regierung führchten?

Leider ja. Die Separatisten verfügen über weit größere Geldmittel, vor
allem über dunkle Kanäle zur Mafia. Gegen Premier Milo Djukanovic
wurde in Italien bereits wegen Verwicklung in großangelegten
Zigarettenschmuggel ermittelt. Noch ein Beispiel: Vor einigen Wochen
gab es ein schreckliches Eisenbahnunglück in Montenegro mit über 40
Toten. Seitens der EU und internationaler Organisationen wurden
humanitäre Spenden in Millionenhöhe überwiesen, von denen allerdings
bisher kein Cent bei den Opfern und Hinterbliebenen ankam. Wir
befürchten, daß Djukanovic sie in einer schwarzen Kasse gebunkert hat,
aus der er seine Referendumskampagne finanziert. Uns sind zum Beispiel
Fälle bekannt geworden, wo man unserer Bewegung nahestehenden Bürgern
ihren Paß für die Zeit bis zum 21. Mai abkaufen wollte, damit sie
nicht abstimmen können.

F: Zur Chancengleichheit gehört auch der Zugang zu den Medien. Die
aber werden in Montenegro fast alle von der Regierung kontrolliert.

In der Übereinkunft mit der EU wurde ein Passus zum ausgewogenen
Medienzugang aufgenommen.

F: Was passiert, wenn die Separatisten eine Mehrheit bekommen, aber
unter 55 Prozent liegen?

Dann bleibt Montenegro bei Serbien, so sieht es der von der EU
vermittelte Kompromiß vor. In der Regierung wollten einige auch in
diesem Fall die Unabhängigkeit ausrufen, doch im Parlament haben wir
sie gezwungen, die Festlegung öffentlich anzuerkennen.

F: Im Westen heißt es, der Nein-Block bestünde vor allem aus
serbischen Nationalisten.

Das ist lächerlich. Auch die muslimische Minderheit im Norden
Montenegro ist für den Erhalt der Union mit Serbien.

Interview: Jürgen Elsässer

L'ANSA DA' LE NOTIZIE CON SEI MESI DI RITARDO


L'agenzia giornalistica di Stato italiana ANSA si è accorta solo pochi
giorni fa, ascoltando l'emittente B92, della uscita del testo
dell'autodifesa di Slobodan Milosevic... in inglese.

Qualcuno avverta per cortesia i giornalisti dell'ANSA che il testo è
disponibile da due mesi in inglese, DA OTTOBRE scorso in lingua
italiana, e DA CIRCA UN ANNO in lingua francese:

IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
IL J'ACCUSE DI SLOBODAN MILOSEVIC
DI FRONTE AL "TRIBUNALE AD HOC" DELL'AIA
Zambon Editore (Frankfurt, 2005)
240 pagine, 10 euro - ISBN 88-87826-33-1
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204
https://www.cnj.it/documentazione/autodifesa04.htm

Ma Vérité
de Slobodan Milosevic
Editeur : "Vérité et justice"
http://www.b-i-infos.com/#slobo

THE DEFENSE SPEAKS for History and the Future
Opening Defense Statement at the Hague by President of Yugoslavia
Slobodan Milosevic
With an introduction by Ramsey Clark
List Price $19.95, But at Leftbooks.com Only $15.00
IAC, 2006, 120pp, Index, Appendices, Chronology, softcover
http://www.leftbooks.com/cgi-local/SoftCart.exe/online-store/scstore/p-biac2006ds.html?E+scstore

SERBIA: MILOSEVIC PUBBLICHERA' LIBRO SCRITTO IN CARCERE

(ANSA-AFP) BELGRADO, 4 MAR - L'ex presidente jugoslavo Slobodan
Milosevic - sotto processo da quattro anni davanti al Tribunale penale
internazionale (Tpi) dell'Aja - pubblichera' il mese prossimo un libro
in sua difesa. Lo ha annunciato oggi la radio B92. Il libro, di 180
pagine, dal titolo in inglese 'The Defence speaks - for History and
the Future' (Parla la difesa - per la storia e il futuro), illustra il
punto di vista dell'ex uomo forte di Belgrado sulla disgregazione
della Jugoslavia negli anni '90. L'opera - precisa l'emittente -
riporta la dichiarazione di apertura pronunciata per la sua difesa
davanti al Tpi e contiene un saggio giuridico dell'ex ministro della
Giustizia americano Ramsey Clark, attualmente tra i difensori dell'ex
presidente iracheno Saddam Hussein. Scritto in inglese, il libro
accusa gli Stati Uniti e i loro alleati europei di aver esacerbato le
differenze religiose ed etniche tra le nazioni che coabitavano
nell'allora Jugoslavia per smembrare il Paese in alcuni piccoli Stati
vassalli. Il libro - aggiunge radio B92 - sara' pubblicato a fine
aprile da un editore di Chicago (Usa), Independent Publisher Group
(Ipg). Esso comprendera' anche una dichiarazione dello scrittore
britannico Harold Pinter, Nobel per la letteratura 2005, che definisce
''illegittimo'' il Tpi, accusandolo di essere ''il tribunale degli
americani e della Nato''. Cominciato il 12 febbraio 2002, il processo
contro Milosevic, che ha deciso di difendersi da solo, riprendera' il
14 marzo prossimo. Egli deve rispondere di oltre 60 capi di
imputazione, riconducibili a crimini di guerra e genocidio, per il suo
ruolo nelle guerre che hanno insanguinato il Paese balcanico negli
anni '90. (ANSA-AFP). DIG
04/03/2006 19:52

--- In icdsm-italia @yahoogroups.com, "icdsm-italia" ha scritto:


(english version:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/219 )

Traduzione ed elaborazione di Curzio Bettio, di Soccorso Popolare di
Padova, che ringraziamo.


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COMITATO INTERNAZIONALE PER LA DIFESA DI SLOBODAN MILOSEVIC,
ICDSM Sofia-New York-Mosca www.icdsm.org
**************************************************************
Velko Valkanov, Ramsey Clark, Alexander Zinoviev (Co-Presidenti),
Klaus Hartmann (Presidente del Comitato), Vladimir Krsljanin
(Segretario), Christopher Black (Presidente del Comitato Legale),
Tiphaine Dickson (Portavoce Legale)

**************************************************************
12 febbraio 2006
Circolare Speciale

**************************************************************

(Le straordinarie parole di Slobodan Milosevic nell'aula dell'Aia, lo
scorso 29 Novembre - Festa Nazionale per tutti gli jugoslavi e le
jugoslave -, naturalmente censurate dai media dei paesi "liberi". Le
riportiamo oggi, nella ricorrenza del quarto anno dall'inizio della
infame e criminale farsa inscenata dalla NATO e dai suoi servi in
Olanda. ICDSM-Italia)


From : "Vladimir Krsljanin"
Date : Mon, 13 Feb 2006 02:11:28 +0100
Subject : ICDSM: Verità vs. Crimine – Quarto Anniversario


VERITÀ VS. CRIMINE – QUARTO ANNIVERSARIO

Il 12 dicembre 2005, il Presidente Milosevic ha fatto richiesta di
scarcerazione provvisoria per ottenere cure mediche a Mosca, presso
l'Istituto Scientifico Bakulev, diretto dal principale cardiologo
della Federazione Russa, il Professor Leo Bockeria. Sulla base della
richiesta del Presidente Milosevic e secondo i pareri di importanti
medici specialisti a livello internazionale, compreso lo stesso
Professor Bockeria, il 17 gennaio 2006 il Governo della Federazione
Russa ha fornito le opportune garanzie del caso al Tribunale dell'Aja.

[Nota del Traduttore: Il 23 febbraio 2006, il Tribunale ha respinto la
richiesta. Il documento integrale della Camera Penale dell'Aja viene
riprodotto NEL PROSSIMO MESSAGGIO di icdsm-italia. La decisione del
Tribunale ha negato la scarcerazione provvisoria.]

Tutto questo era stato preceduto da un drammatico allarme sullo stato
di salute del Presidente Milosevic, lanciato da un collegio
internazionale di medici il 4 novembre 2005, che raccomandava
un'urgente sospensione del procedimento giudiziario, sei settimane di
riposo totale, esami medici addizionali e un trattamento di cure in un
istituto medico specializzato. Questo allarme veniva diffuso
dall'ICDSM nella sua sessione speciale a Belgrado il 12 novembre,
quando un urgente appello pubblico veniva sottoscritto dai
co-Presidenti dell'ICDSM Ramsey Clark e Velko Valkanov e da Sergei
Baburin, Vice-Presidente della Duma di Stato Russa. Di seguito, anche
gruppi di specialisti sanitari Serbi e Tedeschi hanno reso pubblici i
loro appelli.
Sloboda raccoglieva in soli due giorni 25.000 firme per porre la
questione all'attenzione dell'agenda del Parlamento Serbo (cosa mai
avvenuta, malgrado la Costituzione Serba).
La Duma Russa all'unanimità adottava una risoluzione che esprimeva
seria preoccupazione per lo stato di salute del Presidente Milosevic.

Il Tribunale si è mosso in modo tardivo, burocraticamente e
ipocritamente. Sei settimane di riposo necessario urgentemente
venivano concesse al Presidente Milosevic (che nel frattempo aveva
avuto quasi un collasso nell'aula del Tribunale) solo in concomitanza
dell'usuale sospensione del processo per le vacanze di Natale. E,
malgrado tutti gli argomenti di natura medica e le garanzie di uno
Stato assicurate, non è stata presa la decisione di una scarcerazione
provvisoria. A confermare tutto questo da Mosca, il Sindaco Yuri
Luzhkov, che, accettando di buon grado la possibilità che il
Presidente Milosevic arrivasse a Mosca, dichiarava il 21 gennaio che
la situazione del Presidente Milosevic "è una vergogna per una Corte
Europea, che ha istituito un procedimento legale contro il Presidente
senza ragioni sufficienti, lo ha tenuto in condizioni di arresto per
diversi anni ed ora non sa che cosa fare. Tutte le loro accuse si sono
disintegrate, ed ora stanno tentando di non perdere la faccia. Loro,
non hanno alcun desiderio di chiedere scusa a Milosevic per aver
cancellato tanti anni della sua vita", aggiungendo che ci dovrebbe
essere una regola nei procedimenti giudiziari, per la quale quei
giudici che hanno prodotto un errore dovrebbero essere tenuti in
carcere per tanto tempo quanto la persona, che per i loro errori è
stata illegalmente arrestata.

Ma il compendio più preciso di quello che hanno rappresentato i
quattro anni di processo all'Aja è stato fatto dallo stesso Presidente
Milosevic in uno dei suoi più potenti discorsi in questo processo,
(naturalmente, totalmente ignorato dai mezzi di comunicazione
Occidentali), il 29 novembre 2005 (per caso, Festa Nazionale di
Jugoslavia), quando, benché sofferente, è stato costretto a respingere
(con l'aiuto dei consigli legali dell'ICDSM e di altri giuristi
internazionali) il tentativo del Tribunale di addossargli altri tre
pesanti atti di accusa.
Il Presidente Milosevic (che non ha mancato di leggere la completa
trascrizione delle sue osservazioni più sotto riportata) così si è
rivolto ai giudici:

"La presente situazione è il risultato diretto di una ambizione
maniacale e megalomane e più probabilmente dal desiderio dell'Accusa
di avere una quantità di materiale sostitutivo per qualche più seria
prova e testimonianza contro di me. Quantità contro qualità. Visto che
voi non potete produrre testimonianze e valide prove su menzogne. E
voi avete favorito la parte Accusatoria tramite la vostra tollerante
relazione con la stessa.
Io sono la principale vittima per essere stato bombardato da una
miriade di documenti, testimonianze grossolane, e così via, che
all'Accusa è stato concesso presentare con il vostro beneplacito. Io
reputo che questa sia una forma di tortura ed una forma di cinismo, di
avermi imposto questo fardello di responsabilità e di accuse, ancora
maggiormente se questo viene collegato alle mie condizioni di salute,
che sono state decisamente scompensate a causa del tormento al quale
sono stato sottoposto.
"E in cosa consiste questo fantasma di associazione a delinquere, per
cui si dibatte in questa sede? E in cosa consiste esattamente questo
per cui si è imputati? Le persone che sono qui presenti, compreso il
sottoscritto, compresi voi, d'altro canto, semplicemente non conoscono
tutte le cose che sono riportate in tutti i documenti che Mr. Nice ha
presentato, un milione di pagine, non meno, e nessuno conosce cosa la
Pubblica Accusa sta perseguendo, compreso lo stesso Accusatore.
Nemmeno costui lo sa. Io penso che perfino Franz Kafka troverebbe
avere immaginazione mediocre rispetto alla Pubblica Accusa.
"Questa Corte nella sua interezza è stata considerata come uno
strumento di guerra contro il mio Paese. È stata insediata
illegalmente sulla base di una decisione illegale ed è stata
strutturata dalle forze che hanno scatenato una guerra contro il mio
Paese. Qui, vi è un'unica cosa che corrisponde al vero: esiste
veramente una associazione di criminali, ma non a Belgrado, non è la
Jugoslavia il suo centro, ma sono coloro che, dal 1991 in avanti hanno
scatenato la guerra contro la Jugoslavia, e hanno distrutto la Jugoslavia.
"Volete, per favore, raccontarmi chi paga il vostro stipendio? Volete
asserire che voi ricevete lo stipendio dalle Nazioni Unite? Chi
finanzia questa Corte, Mr. Bonomy? Chi ha instaurato questo Tribunale,
Mr. Bonomy? Chi ha messo in atto un'aggressione contro il mio Paese,
Mr. Bonomy?
Il vostro Paese! E a chi sto chiedendo di venire a testimoniare? Ai
vostri Presidenti e ai Primi Ministri!
"La Jugoslavia non si è disintegrata e non è scomparsa in qualche
modo, ma è stata distrutta in un modo pianificato, violentemente, per
mezzo di una guerra, e quella guerra si sta ancora scatenando, è
ancora in atto. E uno degli strumenti di questa guerra è il vostro
Tribunale fuori legge.
"Permettetemi di dirvi direttamente, che i vostri giudizi siano di
merito e le vostre ordinanze siano secondo la disciplina processuale o
no, io non mi curo per nulla di tutto questo, poiché se il vostro
giudizio fosse secondo il diritto e la verità, prima di tutto non
sarebbe mai dovuto esserci questo processo. Ma, visto che abbiamo in
corso un processo, questo può finire solo in una maniera: con una
sentenza della non esistenza di colpevolezza. Ma se il vostro diritto
non si fonderà sulla giustizia e la verità, allora la vostra
giurisprudenza si disintegrerà, esplodendo come una bolla di sapone,
dato che il Tribunale del Mondo e il Tribunale della Giustizia e della
Verità sono più potenti di ogni altro Tribunale! Questi stanno sopra
ognuno di noi, e sopra ognuno di voi gentiluomini, per fare la scelta
di quale posto dovremo andare ad occupare davanti al Tribunale della
Storia, e quale sarà la sua sentenza. Allora, non date asilo a qualche
illusione a questo riguardo.
"Permettete che si sappia qual'è la verità, e fate che gli effettivi
perpetratori di quello che è avvenuto in Jugoslavia siano adesso
smascherati, sebbene voi stesso, Mr. Robinson, abbiate dichiarato di
non avere l'incarico di processare la NATO per quello che hanno fatto,
sebbene voi sappiate quello che hanno fatto, e sebbene voi sappiate
che il principio basilare di ogni diritto nel mondo è che la legge che
non si applica ad uno e a tutti non è assolutamente una legge."

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IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)

Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204

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ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)