Informazione
Le 17 septembre 2018, le secrétaire US à la Défense, le général Jim Mattis, est arrivé à l'aéroport de Skopje (Macédoine). Le personnel de l'ambassade US ne semble pas l'accueillir avec enthousiasme et son homologue macédonien est absent...
Partito Comunista di Grecia (KKE) | kke.gr
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
02/10/2018
Il dato principale emerso durante il referendum di ieri è stato la scarsa affluenza della popolazione dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Former Yugoslav Republic of Macedonia, FYROM), nonostante la pressione esercitata dal paese vicino di un folto gruppo di personalità della NATO, degli USA e dell'UE schierate per l'approvazione dell'Accordo di Prespa e per accelerare il processo di adesione del paese nelle organizzazioni imperialiste di cui sopra.
Nonostante la pressione internazionale, la scarsa partecipazione al referendum che poneva la questione di aderire o meno all'integrazione nella NATO e nell'UE, accettando l'Accordo, dimostra che una parte della popolazione dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha una posizione negativa, o almeno un atteggiamento prudente nei confronti del ricatto contenuto nel quesito referendario: ossia che l'adesione a queste alleanze - sfavorevoli alle popolazioni - costituisca l'unica opzione possibile.
I risultati del referendum esprimono soprattutto le acute contraddizioni interimperialiste tra NATO - USA - UE da un lato e Russia dall'altro, nonché l'intervento delle forze nazionaliste..
Il governo SYRIZA - ANEL risulta compromesso per aver promosso, portando la bandiera della NATO, il ricatto di far approvare questo pericoloso accordo. Si dimostra ancora una volta che l'espansione delle alleanze imperialiste non può essere una risposta al nazionalismo, che è il rovescio della stessa medaglia.
La posizione avventurista di Zaev, che in sostanza ha annunciato di voler ignorare la bassa affluenza al referendum, mette in evidenza l'essenza della democrazia borghese. Non è la prima volta che si tenta di rovesciare i risultati di un referendum non graditi dai centri imperialisti. Su questo tema, il signor Tsipras può offrire una grande esperienza al signor Zaev.
È ovvio che nel futuro prossimo continueranno le pressioni per far accettare l'Accordo ai due popoli e che progredisca l'integrazione euro-atlantica nei Balcani occidentali. Gli antagonismi tra le grandi potenze, che stanno trasformando la regione più ampia in una polveriera, continueranno e si intensificheranno.
Il KKE invita il popolo greco e il popolo dell'ex Repubblica jugoslava di Macedonia a delineare la loro lotta comune sulla base della solidarietà e del genuino internazionalismo, contro il nazionalismo e l'imperialismo, contro la NATO e l'UE e i loro governi e partiti. Su queste basi si può trovare una soluzione reciprocamente accettabile, tralasciando tutti i fenomeni irredentisti, con l'adozione di un nome che contenga un riferimento geografico.
Atene 1/10/2018
Ufficio stampa del CC del KKE
Traduzione
Rachele Marmetti
Il Cronista
by the NATO Secretary General Jens Stoltenberg and the President of the European Council Donald Tusk on the consultative referendum in the former Yugoslav Republic of Macedonia¹
DI ALBERTO TAROZZI
I greci avrebbero accettato una modifica della denominazione da loro fin qui imposta (Fyrom, che suona più o meno Repubblica di Macedonia della ex Jugoslavia) in una versione che doveva suonare come Macedonia del nord. Così facendo avrebbero anche tolto il veto alla entrata dei macedoni nella Ue.
L’iter per l’approvazione definitiva del cambio del nome non era comunque semplice. Dapprima il parere consultivo del referendum. Poi il voto del Parlamento macedone con la maggioranza dei due terzi. Infine un voto del parlamento greco. Sulla carta dunque referendum in sé importante ma non decisivo. Da come sono andate le cose, invece, risulterà probabilmente tale.
E’ andata infatti che il quorum è rimasto ben lontano (35% di votanti anziché il 50+1). Adesso il già difficile passo successivo si presenta come missione impossibile. Sulla carta infatti il parlamento vede 73 favorevoli al cambio del nome su 120 eletti. Mancanti 7 voti che i favorevoli pensavano di recuperare sull’onda di una marea di sì al referendum. Senza onda l’impresa diventa disperata e paiono avere ragione quei sostenitori del No che esultano nelle piazze.
Ma è una questione solo greco-macedone o si tratta di un problema internazionale? Senza dubbio è la seconda la risposta giusta. Non a caso il quesito referendario domandava non solo l’assenso alla nuova denominazione, ma indicava anche come, di conseguenza, l’elettore esprimesse parere favorevole all’entrata nella Ue e addirittura nella Nato. Qualcuno riteneva che così il Sì sarebbe divenuto più attraente, ma così non è stato.
I contrari, che si presentano come conservatori, ma sono anche filorussi sul piano internazionale, hanno saputo far valere non solo l’orgoglio nazionale, ma anche alcune contraddizioni della recente storia politica locale. L’equilibrio politico della Macedonia si era a lungo basato sul fatto che al governo del paese ci fosse una coalizione che contenesse un partito degli slavi e uno della minoranza albanese. Una sorta di vaccinazione contro eventuali guerre etniche di cui, sia pure per un periodo relativamente breve, anche i macedoni avevano sofferto.
Viceversa l’attuale coalizione maggioritaria (filo occidentale) vede al governo il partito socialdemocratico slavo e a lui alleati tre partiti albanesi. All’opposizione, e alla presidenza della Repubblica, i rappresentanti del partito slavo e conservatore, ma nemmeno un partito albanese. Prima di risolvere la questione in parlamento erano volati pugni e schiaffi.
Poi era prevalsa l’accettazione di un governo Zaev cui bastava sì il 50 % + 1 degli eletti per governare il paese. Ma al quale non bastano 73 parlamentari su 120 per ratificare l’accordo con i greci. Tanto più dopo che l’opposizione e la presidenza della Repubblica si erano espresse per il boicottaggio.del referendum
Macedonia dunque ancora lontana dalla Ue e non tanto vicina alla Nato, con grande soddisfazione della Russia, che intravvede la possibilità che la Macedonia Fyrom possa rappresentare una tappa dei suoi futuribili gasdotti.
Delusione anche per Tsipras che con la Ue avrebbe potuto probabilmente acquisire qualche merito in più. Delusi anche quegli intellettuali come Toni Negri e Etienne Balibar che avevano firmato una sottoscrizione a favore della nuova denominazione, a sbloccare un contenzioso greco macedone pluridecennale.
Zaev appena conosciuto l’esito, ha sostenuto che l’opposizione dovrebbe rispettare il volere dei cittadini che hanno partecipato al referendum votando Sì al 91%, alla modifica del nome del paese in parlamento. Zaev ha anche detto che se ciò non accadesse si dovranno fare elezioni anticipate. Là dove il clima si preannuncia particolarmente caldo.
La storia non permette rotture. Ogni cosa a suo tempo e questo non pare essere il tempo della Macedonia del nord.
Наводно не знамо какво се решење припрема за статус Косова и Метохије. Наводно позиције преговарача још увек су удаљене па смо још далеко од договора, односно, од решења. Наводно, Београд и Приштина преговарају а други само подржавају „свеобухватан“ договор који ће бити у интересу мира...
VIDEO: https://www.facebook.com/237292086351340/videos/1903920453033752/
Реч амбасадора Драгомира Вучићевића на промоцији књиге „1244 – кључ мира у Европи“ 28. септембра 2018. у СКЗ
Прилог одбрани права Србије на Косово и Метохију
У Српској књижевној задрузи промовисана је књига „1244 – кључ мира у Европи“, аутора Живадина Јовановића, дипломате и министра инстраних послова Југославије (1998. – 2000.). У присуству представника медија о књизи су говорили: Драгн Лакићевић, главни уредник Српске књижевне задруге, проф. др Мило Ломпар, Драгомир Вучићевић амбасадор у пензији и аутор.
Књига је збирка чланака, интервјуа и јавних иступања аутора објављених у домаћим и страним медијима у периоду од 1997. до септембра 2018. године (890 стр.) Подељена је у 5 поглавља – Време тероризма, Време агресије, Време илузија, Време отрежњавања и Прилози. Рецезенти су академик Владо Стругар, проф Мило Ломпар и амбасадор Чедомир Штрбац, а уредници амбасадор Драгомир Вучићевић и књижевник Драган Лакићевић. Издавачи су Београдски форум за свет равноправних и Српска књижевна задруга.
Говорећи о књизи, професор Мило Ломпар је указао да она одражава континуитет ставова аутора у заступању државотворног и националног интереса Србије и српског народа, који се препознаје у његовом вешедеценијском дипломатском раду и јавним иступањима. Истицање значаја Резолуције СБ УН 1244, треба разумети као израз дугорочног али и актуелног погледа на значај Косова и Метохије за Србију и српски народ. Питање Косова и Метохије дубоко задире у питање националне егзистенције и свести, а књига Живадина Јовановића снажно реафирмише државотворну традицију српског народа успостављену у 19. веку – нагласио је, поред осталог, професор Мило Ломпар. Као посебну вредност књиге, он је истакао њен документарни карактер.
Амбасадор Вучићевић је као основне тезе аутора издвојио: потребу да се Србија више окрене себи и својим дугорочним интересима а мање актуелним очекивањима од међународних фактора који се у односу на Србију руководе искључиво својим експанзионистичким геополитичким циљевима. Србија треба да се држи основних принципа међународног права и одлука СБ УН, свидело се то некоме или не, да гради уравнотежене однесе са свим међународним чиниоцима, а посебно са пријатељима који нису учествовали у агресији НАТО нити су признали једнострану сецесију. Вучићевић је издвојио и став аутора да је Европска унија потребна Србији само онолико колико је Србија потреба Унији, те да је чланство у ЕУ легитиман циљ уколико није условљено одрицањем од суверенитета и територијалног интегритета. Праведно и одрживо решење за Косово и Метохију могуће једино на основу поштовања принципа Повеље УН, Завршног документа ОЕБС-а, Резолуције СБ УН 1244 и Устава Србије. Настојања да се Србији уценама наметну решења која представљају легализацију кршења тих принципа и одлука водили би продубљивању нестабилности и гомилању конфликтног потенцијала на Балкану и у Европи – упозорио је Вучићевић.
Аутор је подсетио да се до Резолуције СБ УН 1244 дошло тешким двомесечним преговорима током агресије НАТО, уз посредовање Русије. По њему ни данас нема изгледа за постизање уравнотеженог, праведног и одрживог решења у билоком ужем формату, без директног учешћа Русије. Резолуција СБ УН 1244 је компромис интереса Србије али и интереса свих кључних чинилаца европских и светских односа укључујући Русију и Кину као сталне чланице СБ УН и силе растуће глобалне моћи. Ако агресија НАТО-а 1999. године није могла да се оконча без директног ангажовања Русије председника Јељцина, онда је данас, у условима мултиполарних светских односа, директно ангажовање Русије председника Путина у решавању проблема који су последица те агресије, императив. Покушај решавања проблема Косова и Метохије у уском оквиру ЕУ израз је тежњи да се искључе Русија и Кина и да се уценама наметну једнострани геополитички интереси Запада, односно ЕУ и НАТО. Ти интереси су огољени - конфронтација са Русијом и Кином
Прихватање или мирење са таквим настојањима не би водило одрживом компромису већ даљој дестабилизацији Балкана и Европе. Формат преговора у Брислу без Русије, подсећа на формат преговора у Минхену када су западне силе, тачно пре 80 година «бранила» људска права припадника нем,ачке националне мањине и «спашавале» мир силом одузимајући Судетску област од Чехословачке, игноришући супротне ставове СССР-а и спречавајући његову улогу. Ко је у том „споразумевању“ учествовао а ко је био искључен и до чега је „свеобухватни правно обавезујући споразум“ од 30. септембра 1938. довео, добро је познато – упозорио је Јовановић.
28. септембар 2018.
L'accordo tecnico-militare è una delle testimonianze più significative del dominio della politica di forza nelle relazioni, che non portarono mai nulla di buono né alla Serbia né all'Europa, né al mondo intero. La Serbia fu la prima vittima di una strategia di dominio e interventismo che, dopo il 1999 e il 2000, assunse un carattere globale.
L'aggressione della NATO del 1999, fin dall’inizio, non ha portato i risultati sperati dai pianificatori di Washington, Londra e Bruxelles, in quanto la S.R.J. (Difesa della Serbia) ha dimostrato di essere molto più forte e più dura di quanto da essi auspicato.
Parallelamente, all'interno dell'Alleanza ci sono stati conflitti, perché i generali americani non prendevano molto in considerazione le opinioni dei loro colleghi degli eserciti alleati europei sulla gestione delle operazioni, sulla scelta degli obiettivi e non solo.
Sul piano mediatico, l'Occidente stava vivendo fallimenti a causa delle bugie e delle pianificazioni come, ad esempio, il "Piano ferro di cavallo".
In queste condizioni, per la NATO e i governi degli stati membri era sempre più difficile mantenere il sostegno dell’opinione pubblica. Le proteste si moltiplicavano non solo nei paesi amici, specialmente in Russia e Cina, ma anche in tutto l'emisfero occidentale.
La Jugoslavia, attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, chiese un'azione di condanna della violazione della Carta delle Nazioni Unite; chiese altresì che venisse dato l’ordine di cessare l’aggressione. Inoltre cercò di far condannare l’aggressione e gli aggressori, e fermare la devastazione, le sofferenze delle persone, l’avvelenamento e la distruzione dell’ambiente, agendo in centri internazionali, come Ginevra (ONU), Vienna (OSCE), Parigi (UNESCO), L'Aia (Corte di giustizia), Nairobi (UNEP).
La nostra diplomazia in tutto il mondo ha insistito sulla condanna degli attacchi illegali, mettendo in evidenza, in particolare, il pericolo di creare un precedente che metterebbe in discussione l'intero sistema di sicurezza, per decenni pazientemente costruito sull’eredità della seconda guerra mondiale. Tutto ciò non ha avuto un impatto diretto sul processo decisionale nei forum internazionali, ma ha anche creato insoddisfazione e resistenza a livello internazionale, specialmente nell’opinione pubblica dei principali stati membri della NATO. Né i politici né i comandanti della NATO potevano ignorare tutto questo.
Nel processo di creazione di questo pacchetto di pace, tutte le principali potenze del mondo moderno sono state coinvolte direttamente, tra cui Russia e Cina, tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'ONU, tutti gli Stati membri del G8, l'Unione europea e la NATO.
In queste condizioni, da e attraverso la Russia, fin dall'inizio dell'aggressione, ci sono state iniziative finalizzate a trovare il modo di porre fine alla guerra.
La notizia dell’inizio dell'aggressione contro la Serbia (SRJ), ha sorpreso e irritato l'amministrazione di Bill Clinton, che era abituato ad un alto livello di cooperazione di Mosca, determinando l’inversione di rotta dell’aereo del primo ministro Yevgeny Primakov sopra l'Atlantico, con conseguente annullamento della sua visita a Washington e dei colloqui programmati con il vice presidente Al Gore.
In seguito, questo episodio porterà Al Gore e Clinton a chiedere a Jeltsin di nominare Viktor Chernomyrdin come suo inviato personale e mediatore nei negoziati con Slobodan Milosevic, escludendo totalmente Primakov, logico interlocutore.
In particolare, Milosevic e Primakov si conoscevano molto bene, si rispettavano a vicenda dato che, per un certo numero di anni, avevano condotto colloqui diretti, sia in merito alle questioni delle relazioni bilaterali, sia per la risoluzione della questione del Kosovo e Metohija.
Inoltre, durante le prime settimane dell'aggressione della NATO, Primakov, per conto della Russia, aveva mantenuto regolari contatti con i primi ministri di Germania (Gerhard Schroeder), Francia (Lionel Jospin), Gran Bretagna (Tony Blair), Italia (Massimo d'Alema), così come con i rappresentanti dell'amministrazione statunitense.
Primakov era quindi lo statista russo più informato su tutto ciò che era significativo sulla questione del Kosovo e Metohija.
Ma questo non servì a nulla. Gli americani non volevano Primakov ma Chernomyrdin, e Jeltsin ci teneva all'opinione degli americani.
Chernomyrdin, da un lato, teneva colloqui con i rappresentanti dell’amministrazione degli Stati Uniti; soprattutto con il Vice Presidente Al Gore e il Vice Segretario di Stato Strobe Talbott, con Martti Ahtisaari, che aveva lo status di SG delle Nazioni Unite e l'Unione europea, e con i leader dei principali paesi occidentali, e dall’altra parte, con il presidente Slobodan Milosevic.
Durante l'aggressione, Chernomyrdin ha visitato Belgrado quattro volte e ha tenuto colloqui con Milosevic, con la partecipazione di Milan Milutinovic, il presidente della Serbia, Nikola Sainovic, vice primo ministro, Zivadin Jovanovic, il Ministro degli Esteri e altri.
Dopo diversi round di negoziati e la mediazione, il 2 giugno 1999, Marty Ahtisaari e Viktor Chernomyrdin arrivarono a Belgrado e diedero a Slobodan Milosevic il testo del documento sulla fine della guerra.
Durante i colloqui a Palazzo Bianco di Belgrado, la parte jugoslava cercò di apportare alcune modifiche al documento, al fine di garantire un maggiore rispetto degli interessi della Serbia e della Jugoslavia, ma senza risultati.
In risposta alla mia domanda posta a Chernomyrdin sul perché il testo prevedesse l'implementazione del cap. 7 e non del cap. 6 della Carta delle Nazioni Unite, come concordato nei precedenti cicli di colloqui, Martti Ahtisaari, posando teatralmente il braccio sopra la spalla di Chernomyrdin disse: "Perché lo abbiamo deciso io e mio fratello Chernomyrdin".
Il giorno seguente, il 3 giugno 1999, il documento fu accettato dall'Assemblea nazionale della Serbia e Ahtisaari e Chernomyrdin lasciarono Belgrado. Il bombardamento venne ripreso.
Kosovo e Metohija non devono essere considerati come persi perché persi non sono.
Il negoziato che viene offerto nel cosiddetto capitolo 35 intrapreso con l’UE, le pressioni e il ricatto, confermano che Kosovo e Metohija continuano ad appartenere alla Serbia.
La realtà sostenuta dai commissari di Bruxelles, Washington, Londra e Berlino è che la Serbia è limitata nella sua posizione negoziale.
Il giorno successivo, il 4 giugno, sulla base del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin, sul confine jugoslavo-macedone iniziarono i negoziati per il raggiungimento dell'accordo tecnico-militare. Questi negoziati durarono sei giorni, dal 4 al 9 giugno 1999. Furono tenuti in condizioni di continuo bombardamento del paese e, secondo la testimonianza della nostra delegazione, furono estremamente difficili. A causa di atteggiamenti contraddittori, i negoziati venivano frequentemente interrotti per permettere ad entrambe le delegazioni di effettuare le consultazioni.
In uno di questi momenti, la nostra delegazione ha consegnato alla controparte un foglio con il seguente contenuto:
1. La parte Jugoslava dichiara che, ai sensi del paragrafo 2 e 10 del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin, è pronta per iniziare il ritiro delle forze dal Kosovo e Metohija in conformità con il piano, che è stato concordato in una riunione di rappresentanti militari il 5 giugno del 1999, tra le delegazioni guidate rispettivamente dai generali Blagoje Kovačević e Mike Jackson. L'inizio del ritiro in conformità con il documento di Ahtisaari-Chernomyrdin implica la sospensione del bombardamento.
2. Tutte le altre questioni relative alla risoluzione della crisi, secondo il piano M. Ахтисари - В. Chernomyrdin, sono di competenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU.
Anche questo dettaglio illustra non solo il corso dei negoziati e il rapporto di rispetto tra le parti negoziali, ma la posizione iniziale forte e chiara della parte jugoslavo-serba.
Inoltre, i problemi tecnici e tutte le altre questioni legate alla soluzione politica della crisi, in accordo con il documento di Ahtisaari e Chernomyrdin, devono essere di competenza esclusiva del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e non possono essere oggetto di negoziati con i rappresentanti della NATO, cioè, della KFOR.
Una tale posizione di principio e la necessità della sua affermazione coerente, a tutt’oggi, non ha perso d’importanza.
Al contrario, questo principio negoziato, concordato, accettato e difeso durante l’aggressione militare non può essere dimenticato o occultato in tempo di pace e di "offerte", non importa quanto grandi siano le pressioni e le insidie attuali.
L'accordo tecnico-militare, noto come Accordo di Kumanovo, è stato firmato, a nome della parte jugoslavo-serba, dal generale VJ Svetozar Marjanovic e dal generale-tenente della polizia della Serbia Obrad Stevanovic e, per conto della KFOR, dal generale britannico Mike Jackson.
Durante i negoziati, Slobodan Milosevic ha condotto una lunga conversazione telefonica con Ahtisaari.
In tale circostanza, mi sono trovato vicino a Milosevic e ricordo che, durante quella conversazione, ho insistito sul fatto che l'Accordo tecnico-militare non può snaturare il documento del 3 giugno e che la KFOR, con il mandato delle Nazioni Unite, deve essere il garante di pari sicurezza per tutti i cittadini in Kosovo e Metohija.
Immediatamente dopo la firma dell'Accordo tecnico militare a Kumanovo, il 9 giugno 1999, in serata, tutte le ambasciate, le missioni e i consolati della SRJ ricevettero informazioni e istruzioni urgenti, con i seguenti elementi:
- l'accordo tecnico-militare rappresenta la concretizzazione di una parte del documento di Ahtisaari-Chernomyrdin del 3 giugno 1999. Prevede un graduale ritiro delle nostre forze militari e di sicurezza, con il dispiegamento sincronizzato delle forze delle Nazioni Unite (KFOR).
Si è cercato di non creare situazioni di vuoto di sicurezza eventualmente utilizzabili dai terroristi per mettere in pericolo i cittadini in KiM (Kosovo i Metohija). Il testo è privo di contenuto politico che la parte avversa ha cercato di imporre.
- la leadership e il governo della FSRJ sono rimasti coerenti con gli obiettivi della difesa del paese contro l'aggressione e una soluzione politica pacifica in KiM (Kosovo i Metohija).
- da una situazione di aggressione e distruzione da parte della NATO, la questione è stata trasferita all'ONU su una serie di diritti e principi.. L'ONU si assume grandi responsabilità, ha l'opportunità, dopo tre mesi di sospensione e blocco completi, di recuperare parte del prestigio e della fiducia perduti.
- l'ONU ha la responsabilità speciale di garantire la sicurezza di tutti i cittadini del KiM (Kosovo i Metohija), di eliminare il terrorismo e l'organizzazione terrorista UCK, di disilludere le possibilità di realizzare idee e progetti separatisti, di creare le condizioni per il processo politico e i negoziati sull'autonomia, sulla base del rispetto dell'uguaglianza di tutti i cittadini e le comunità nazionali, sovranità e l'integrità territoriale della Serbia e della SRJ.
- la forza e l'efficienza della nostra difesa, l'unità delle forze difensive, del popolo e della leadership hanno sbalordito il mondo. Il più grande macchinario militare della storia che ha intrapreso una "operazione chirurgica" e "blickrig" non è riuscito a conquistare il paese pronto a difendersi. La nostra nazione è un vincitore morale.
- Il mondo è diventato consapevole dei pericoli posti dalla strategia della NATO come poliziotto mondiale.
- Il tempo mostrerà molteplici effetti devastanti dell'aggressione della NATO contro un Paese sovrano europeo, con la grave violazione della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale in generale, con l'imposizione della forza al di sopra della legge.
- La NATO, e le forze dietro di essa, non hanno nulla di cui vantarsi, hanno perpetrato inganni, distruzione e massacri di civili, hanno usato in modo criminale missili all'uranio impoverito e causato la conseguente catastrofe umanitaria in nome della "protezione dei diritti umani".
- Invece di "preservare la loro faccia" con "operazione lampo", hanno svelato a tutto il mondo di aver violato l'ordine giuridico mondiale, di essere i portatori dell'egemonia e fonte di destabilizzazione globale.
- Il nostro governo rispetterà coerentemente gli obblighi assunti. Ci aspettiamo lo stesso da tutti gli altri. Soprattutto per rispettare la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia e della SRJ. Siamo aperti alla cooperazione con altri paesi e organizzazioni internazionali, nel rispetto dell'uguaglianza.
- Esigiamo e lotteremo per: a) determinare la responsabilità di chi ha dato l’ordine e chi ha eseguito l’aggressione come crimine contro la pace e l'umanità; b) avere un risarcimento per danni di guerra a economia, infrastrutture, servizi pubblici, città, villaggi e tutto il resto; c) l'abolizione di tutte le sanzioni e la restituzione dei diritti di associazione sospesi nelle organizzazioni internazionali.
- L'ordine è: la sospensione istantanea delle aggressioni, con il ritiro dal KiM in 11 giorni.
- È in corso la discussione sulla risoluzione SB (consiglio di Sicurezza ONU). Non abbiamo partecipato alla stesura della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Diverse disposizioni sono per noi sfavorevoli, riflettendo gli sforzi dell'aggressore per giustificare e legittimare l'aggressione e i crimini. Riflette il rapporto globale delle forze, comprese le debolezze della Russia.
Tuttavia, il documento, di fatto, testimonia l'aggressione, la distruzione e il gran numero di vittime umane; la Provincia KiM, è presa dalle mani della NATO e posta sotto l'autorità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite; si apre quindi la possibilità di una migliore protezione degli interessi legittimi del paese; il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale del paese è confermato; si va verso il processo politico per la risoluzione dello status della Provincia come autonoma e con autogoverno, all'interno della Serbia, con la garanzia dell'uguaglianza di tutte le comunità nazionali; si condanna il terrorismo e si stabilisce l'obbligo di disarmare l'organizzazione terrorista UCK; è previsto il ritorno dei contingenti del nostro esercito e della polizia; si sta aprendo la possibilità di ricostruzione, sia nel KiM che in tutta SRJ e nella regione.
- La menzione degli "Accordi di Rambouillet" nel documento del 3 giugno e nella bozza di risoluzione SB è solo una delle dimostrazioni degli sforzi degli Stati Uniti e di altri per dimostrare che essi hanno, apparentemente, il diritto di presentare una tesi sulla continuità dei loro tentativi di "pace" e di giustificare l'aggressione. Ciò, tuttavia, si applica solo ai principi di autogoverno e autonomia, che non sono stati contestati da noi, ma non sui documenti nel loro insieme, specialmente sui capitoli II, V e VII. Rambouillet è stato un tentativo di fornire un alibi per l'attuazione del piano per l'aggressione armata.
Cosa dire oggi, 20 anni dopo?
In primo luogo, l'Accordo tecnico-militare è una delle testimonianze più significative del dominio della politica di forza nelle relazioni, che non portarono mai nulla di buono né alla Serbia né all'Europa, né al mondo intero. La Serbia fu la prima vittima di una strategia di dominio e interventismo che, dopo il 1999 e il 2000, assunse un carattere globale.
L'aggressione della NATO del 1999, fin dall’inizio, non ha portato i risultati sperati dai pianificatori di Washington, Londra e Bruxelles, in quanto la S.R.J. (Difesa della Serbia) ha dimostrato di essere molto più forte e più dura di quanto da essi auspicato.
Nel frattempo, gli abitanti di molti paesi, sulla propria pelle, hanno sperimentato il vero significato di un intervento "umanitario", "diritto alla protezione" e "democratizzazione" attraverso "rivoluzioni colorate". Era il piramidale, gerarchico, ordine mondiale che, avendo avuto il suo periodo di massimo splendore, gradualmente, come il sedimentare del terreno dopo l'eruzione vulcanica, volge al termine.
Sono in corso cambiamenti più profondi e completi dell'ordine mondiale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
La costruzione un nuovo ordine mondiale multipolare, basato sui principi di uguaglianza, sull’interesse reciproco e su un maggior ruolo del diritto internazionale, sta inesorabilmente scuotendo la strada, aprendo lo spazio per la democratizzazione delle relazioni internazionali. La resistenza dei centri di potere occidentali e gli sforzi per preservare, a tutti i costi, i privilegi e le vecchie relazioni superate, sono la fonte di grandi pericoli. Il riconoscimento di nuove realtà e l'accettazione della collaborazione come base delle relazioni tra grandi e piccoli sono l'unica via per la pace, la salvezza e il progresso della civiltà.
In secondo luogo, l'Accordo tecnico-militare è parte integrante del pacchetto di pace le cui parti essenziali risultano essere il Documento Milosevic-Ahtisaari-Chernomyrdin, del 3 giugno, e la Risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999.
Questi tre documenti, nei contenuti e nella forma, rappresentano un’unità nel suo complesso e nessuno di essi può essere giudicato isolato dagli altri.
Oltre alla Costituzione, per la Serbia, questi documenti sono gli unici parametri affidabili e stabili per l'orientamento e il funzionamento nelle condizioni di grandi sfide, profondi cambiamenti e confusione. Questi documenti, forse, non sono sufficienti, ma l’uscita della Serbia in uno spazio completamente aperto e non demarcato, in cui i poteri forti di una parte del mondo non vedono e non riconoscono niente e nessuno, tranne i loro interessi egoistici, equivarrebbe al gioco d'azzardo. La saggezza e il coraggio nel difendere i diritti e gli interessi acquisiti attraverso la lotta e i grandi sacrifici delle generazioni precedenti escludono qualsiasi unilateralismo, occasionale sottovalutazione del carattere nazionale, della storia o della spiritualità. Dobbiamo essere consapevoli che la glorificazione delle donazioni, degli investimenti e dei benefattori di quei paesi e leader, le cui politiche negli anni '90 hanno inflitto danni enormi al popolo serbo – sua spaccatura, satanizzazione, sanzioni, bombe e armi radioattive - non è in linea con la preoccupazione di preservare l'identità nazionale, la dignità e una vita migliore.
In terzo luogo, questo pacchetto di pace è parte integrante del sistema di diritto pubblico internazionale, per cui ha il carattere giuridico vincolante in generale. Carattere imperativo della risoluzione SB UN 1244 rende questo pacchetto di pace un segmento con più grande potere legale nella gerarchia degli atti giuridici e, pertanto, non può essere cambiato, annullato o ridotto, con un qualsiasi nuovo atto giuridico o politico, a meno di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dello stesso valore.
Va ricordato che nel processo di creazione di questo pacchetto di pace furono direttamente coinvolte tutte le principali potenze del mondo moderno, tra cui Russia e Cina, tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, tutti i membri del G-8, l'Unione Europea e la NATO. Pertanto, questo pacchetto di pace rappresenta un compromesso tra vari interessi, ma anche l'obbligo di tutti gli attori della comunità mondiale che tutto ciò che è stato concordato e firmato sarà anche rispettato, e non solo la volontà o il diritto di una parte ristretta della comunità mondiale.
Nella sua genesi, contenuto e gerarchia legale, il pacchetto di pace del giugno 1999 è parte integrante del sistema di sicurezza europea e mondiale. Pertanto, la presenza di tentativi di ignorare, aggirare o denigrare tali documenti, non sarebbe possibile senza minacciare seriamente il sistema stesso, e senza nominare attesi e possibili effetti boomerang.
In quarto luogo, la Serbia, che in buona fede ha rispettato e osservato tutti gli obblighi di tutti i documenti del pacchetto di pace, tra cui quelli derivanti dall'accordo tecnico-militare, ha il diritto e l'obbligo morale di continuare a cercare di far rispettare anche agli altri gli obblighi accettati, e non ancora eseguiti, e in conformità con questi documenti.
Inoltre e soprattutto, ha il dovere:
- di rispettare le garanzie date per la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia con il Kosovo e Metohija, avente l'autonomia più ampia, come parte integrante (nell'Accordo, tra le altre cose, c’è scritto che la KFOR avrebbe "provveduto a fornire adeguato controllo dei confini della SRJ” verso l'Albania e FYRM, art. 2, punto “h");
- i suoi confini internazionalmente riconosciuti;
- di accettare i negoziati sul ritorno delle unità militari e di polizia nella provincia;
- di garantire le condizioni per il ritorno libero, sicuro e dignitoso di circa 250.000 espulsi tra serbi e altri non albanesi;
- di garantire la sicurezza a tutti i cittadini della provincia, compresi i serbi;
- di garantire l'inviolabilità della proprietà privata di serbi, Serbia e SPC.
Se le altre parti ostacolano, non vogliono o non accettano tali impegni ed obblighi, questo non dovrebbe essere visto come aggravante per la posizione della Serbia o come l’obbligo di fare passi indietro, ma deve essere visto come comportamento assolutamente inaccettabile.
In questo caso, la Serbia dovrebbe considerare altre opzioni legali, politiche e diplomatiche disponibili.
In quinto luogo, i documenti relativi al pacchetto di pace, compreso l'accordo tecnico-militare, non erano particolarmente favorevoli per la Serbia.
Tuttavia, la guerra e le altre condizioni hanno reso più difficile dare seguito al contenuto di questi documenti, che proteggevano gli interessi importanti della Serbia, e soprattutto la sovranità e l'integrità territoriale del paese.
È vero che l'Occidente usa ancora oggi i metodi di minacce, ricatti e inganni. Tuttavia, è difficile essere d'accordo sul fatto che oggi ci sono ragioni giustificate per abbandonare o negare i diritti e gli interessi riconosciuti alla Serbia sotto le bombe della NATO del 1999. Oggi, anche l'Occidente richiama sempre più la necessità di rispettare le relazioni internazionali basate sulla legalità. La velocità e la profondità del cambiamento nelle relazioni globali contribuiranno al fatto che L’Occidente richiami sempre più di frequente il rispetto del diritto internazionale nel prossimo periodo.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel non ha detto mercoledì scorso nel Bundestag che il G-7 è stato "definito da membri che rispettano le leggi internazionali" ("Politika", 7 giugno 2018)!
Sesto: in difesa del diritto della Serbia al Kosovo e Metohija, la sua Costituzione, la Carta delle Nazioni Unite, il Documento finale dell'OSCE e il diritto internazionale sono gli argomenti e i supporti più importanti. Il Pacchetto di pace del 1999, in particolare la risoluzione SB UN 1244, ha un significato insostituibile e duraturo che deve essere affermato in ogni momento, senza cedere né ai desideri, né alle aspettative o alle varie pressioni, da qualunque parte, per rimuovere e portare quei documenti in secondo piano o nell’ombra. Questi documenti non devono in alcun modo essere subordinati ai nuovi "documenti giuridicamente vincolanti".
Kosovo e Metohija non devono essere considerati come persi perché persi non sono.
Il negoziato che viene offerto nel cosiddetto capitolo 35 del negoziato con EU, le pressioni e il ricatto confermano che Kosovo e Metohija continuano ad appartenere alla Serbia. Questa è la realtà ripetuta dai commissari di Bruxelles, Washington, Londra e Berlino. Per la Serbia, la realtà è molto più ampia e complessa. Invece di dichiarazioni disfattiste che rafforzano inconsciamente la posizione e l'intransigenza di Pristina, sono necessari maggiori sforzi e creatività per esplorare le direzioni per rafforzare la posizione negoziale della Serbia. Abbiamo abbastanza conoscenze ed esperienza per capire che l'appartenenza all'UE è utilizzata come mezzo per estorcere le continue concessioni della Serbia, che l'UE non è quella che era e che il suo ruolo e la sua influenza stanno rapidamente diminuendo. Pertanto, non abbiamo il diritto di fare affidamento su alcun tipo di sue garanzie e promesse. Questo potrebbe portarci in situazione dove Serbia consegna tutto e non ottiene nulla.
Zivadin Jovanovic, Presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali
12 giugno 2018 - Traduzione di Jovanka A. per Forum Belgrado Italia/CIVG
СВЕДОЧИМ О ИСКУСТВИМА
Живадин Јовановић:
Одговори на питања новинара „Политике“ Дeјана Спаловића, о дипломатији
Да ли дипломата икада иде у пензију?
Зависи од личности. Ако не сви, онда већина нас који смо својевремено радили у дипломатији волела је тај позив, спремно је прихватала све изазове и била задовољна својим својим статусом и угледом како у земљи тако и у светској дипломатији. Отуда је природно што и после пензионисања настављамо да се интересујемо о спољној политици и међународним односима. Осећам се пријатно кад видим колико мојих колега, дипломата у пензији данас пише и иступа у медијима, објављује књиге, учествује на конференцијама, путује по свету. Пензија означава престанак редовног запослења, али није забрана за друштвено корисне активности, алиби за интелектуалну непокретност или јадиковање због немоћи.
[IMG: Prijem kod Premijera NR Kine Dzurondzija, decembar 1999.]
Чиме се данас конкретно бавите?
Пишем о спољној политици, мултиполаризацији, кинеској иницијативе „Појаса и пута“, решавању статуса Покрајине Косово и Метохија, хаосу у Европској унији, изворима угрожавања мира.
Сведочим о искуиствима Југославије и Србије и њиховом значају за политичку стратегију данас. Добро је што чешће одајемо пошту жртвама за одбрану, не ваља што као нико на свету, своју часну историју проглашавамо погрешном, митоманском, небеском. Чудимо се и жалимо Унији, Немачкој, Аустрији - свима, од Рејкјавика до Владивостока - што други, дрско, оправдавају обнову неонацифашизма, славе своје цивилизацијске падове и злочине, укључујући геноцид над српским народом, као да не схватамо да их ниподаштавањем наше историје и нације охрабрујемо да буду још дрскији према Србији. Ко на свету даноноћно тврди да је имао погрешну историју, да је зато све изгубио, али да непријатељима попушта зато што је јак!
Повремено иступате у име Београдског форума?
Волим рад у Форуму јер је слободан, независтан, непоткупљив. Основала га је 2000. године група интелектуалаца, дипломата и слободно мислећих људи из тадашње СРЈ и српског расејања. Међу оснивачима су били, сада покојни академик Михајкло Марковић, професор Гавро Перазић, писци Радош Калајић и Чедомир Мирковић. И данас у Форуму имамо научника, дипломата, професора, генерала, привредника, хуманиста. Сви до једнога волонтирамо.
[IMG: Jevgenij Primakov, raniji MIP, potom Premijer Rusije, bio je rado vidjen gost u Beogradu ]
А како се финансирате?
Од чланарине, продаје књига и помоћи српског расејања. Нисмо миљеници ни буџета, ни страних фондација. Није лако јер треба плаћати закупнину за седиште, комуналије, сале за конференције, штампање књига... Али је пријатно када не дугујете, нарочито, не у погледу мишљења која јавно заступате. Деси се да појединци, из Србије или иностранства, кад чују или прочитају нешто о нашем активностима, ставовима, књигама, затраже број рачуна Форума и уплате извесну помоћ. То нам далеко више значи као признање и охрабрење, него што нам решава финансијске тешкоће.
Пре две године основали смо Центар за истраживање повезивања на путу свиле (ЦИПО) који је партнер бројним удружењима у Европи, Кини и другим деловима света који подржавају Иницијативу Пута и појаса као стратешки важну за мир и развој. Она, поред осталог, омогућава Србији да свој геополитички положај, «кућу насред друма» први пут у историји претвори у важан фактор развоја. ЦИПО је издао књигу амбасадора Александра Јанковића «Повезивање на кинески начин», неку врсту приручника «Кина за почетнике из Србије». Поред тога, волонтирам и у хуманитарној организацији Расејање за матицу која је само за саниррање поплава у Србији и Републици Српској обезбедила преко милион евра.
Форум је члан Светског савета за мир, са седиштем у Атини и један од оснивача Светског удружења тинк танкова Пута свиле, са седиштем у Пекингу. Недавно сам учествовао на оснивачкој скупштини међународног удружења градова лука са седиштем у Тијенцину, Кина. Огранак Форума функционише и у Италији (Forum di Belgrado Italia).
Учествујем у раду Шангајског форума, једне с�
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http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/955-velike-sile-o-kosovu-i-metohiji.html
Saccheggiato il villaggio di Glina abitato solamente da un pugno di anziani. Belgrado chiede l’intervento delle forze internazionali presenti sul terreno
Il leader del Kosovo ha ammesso che la Serbia non accorderà l'indipendenza e nessuna forza potrà costringerla a cambiare. E' la tanto attesa vittoria diplomatica di Belgrado, riconosciuta anche da Thaci, suo principale avversario nella contesa politica, aggrappato ad una poltrona traballante?
Cela devait être un « nouveau Sommet de Thessalonique », marquant la relance du processus d’élargissement de l’Union européenne aux Balkans, mais le Sommet de Sofia s’ouvre ce 17 mai dans une ambiance plombée : le Premier ministre espagnol ne restera pas à Sofia pour ne pas risquer de croiser les représentants de Pristina. Pour Mariano Rajoy, en castillan, « Kosovo » se prononce « Catalogne »...
Citato dai media serbi, Dacic ha detto che i rappresentanti kosovari - il presidente Hashim Thaci, il premier Ramush Haradinaj e il ministro degli esteri Behgjet Pacolli - hanno avuto incontri bilaterali con personalità internazionali nei corridoi del Palazzo di vetro, unico spazio per il quale la dirigenza kosovara ha ottenuto il permesso. Il ministro serbo ha citato il caso del premier del Marocco che, ha detto, era seduto in uno dei corridoi a bere un caffè.
"I kosovari si sono avvicinati, hanno chiesto se potevano sedersi, hanno scattato delle foto che hanno poi messo su Facebook affermando di aver parlato dell'allacciamento di relazioni diplomatiche. Cosa che il premier del Maroccco ha immediatamente smentito", ha affermato Dacic. Il ministro ha precisato che la delegazione kosovara è entrata al Palazzo di vetro con un lasciapassare sul quale vi è la lettera 'O' a significare 'altri'. "Hanno chiesto di poter andare a New York sfruttando il fatto che in Kosovo è presente la missione dell'Onu Unmik". (ANSAmed).
http://www.rts.rs/page/stories/ci/story/1/politika/3272843/posle-maroka-i-tunis-demantuje-pacolija.html
ПЕТАК, 28. СЕП 2018 – (Tanjug) Косовски министар спољних послова Беџет Пацоли поново је "симулирао" састанак у УН, наводећи да је имао одличан разговор са шефом дипломатије Туниса Кемаисом Жинауијем, који је то демантовао, као и званичник Марока, пре неки дан.
Иначе, пре три дана је и премијер Марока Садедин Ел Отмани демантовао Пацолијеве наводе да је имао конструктивне разговоре са мароканским званичником у Њујорку.
"Током паузе нашој делегацији је пришао и наметнуо се господин с Косова. Нисмо разговарали о билатералним односима као ни о успостављању контаката. Позиција Марока је константна. Мароко не признаје Косово и нема односе са њим", написао је Ел Отмани тада на Твитеру.
http://www.telegraf.rs/vesti/politika/2995235-drama-na-kosovu-albanski-specijalci-zauzeli-gazivode
Srbi poslušali Vučića i sklonili barikadu: Predsednik se obratio naciji (FOTO) (VIDEO)
Specijalci ROSU zauzeli su danas veštačko jezero i hidrocentralu Gazivode, saznaje Telegraf, a potom i Zubin Potok. Akciju je izvelo 60 naoružanih specijalaca, a ako Telegraf saznaje na terenu, građani su vidno uznemireni, a jedinice ROSU su naoružane "dugim cevima".
22.10 - Srbi sa KiM poslušali predsednika
Na molbu predsednika Aleksandra Vučića uklonjenje su barikade kod Zubinog potoka.
21.00 - Predsednik Srbije se obratio naciji
- Danas se videlo da srpska suza nema roditelja, da moramo sami o sebi da brinemo, da naš narod nema na koga da se osloni, osim na sebe i svoju srpsku državu - rekao je Vučić.
18.45 - KFOR poziva na mir i suzdržanost, nakon protivrečnih izveštaja koji su se pojavili o događaju na području jezera Gazivode
- Potvrđeno je prisustvo kosovske policije u oblasti Gazivode. Pripadnici policije bili su u pratnji Hašima Tačija, koji je bio u poseti području Zubin Potok - navedeno je iz KFOR-a.
- KFOR ispituje navodno prisustvo specijalne jedinice ROSU i naše patrole i helikopteri nastavljaju da nadgledaju situaciju - dodaje se u odgovoru KFOR-a.
18.30 - Narod ogorčen potezom Prištine
- Narod je ogorčen potezom Prišine i od svoje države Srbije traži i zahteva da zaštiti goloruki narod na KIM. Želimo da osudimo licimerje EU i međunarodnih predstavnika, ali i KFOR koji je opet pokazao nesposobnost i koji nije hteo da postupi u skladu sa rezolucijom 1244 - kazao je predsednik Privremenog organa Zvečana Ivan Todosijević.
- Branićemo se svim demokratskim i pravnim sredstvima - rekao je on.
17.45 - Niko ne može da ugrožava srpski narod
- Upad specijalaca iz Prištine u kompleks jezera Gazivode, ilegalan je i nasilan čin i direktno ugrožava politički proces u kojem se traži kompromisno i dugoročno rešenje za Kosovo. Samo zahvaljujući pribranosti i državničkoj odgovornosti predsednika Vučića, ova nova avantura prištinskih vlasti je propala, uz još jednu potvrdu da niko ne može da ponižava Srbiju i ugrožava srpski narod - rekao je ministar rudarstva i energetike, Aleksandar Antić.
17.15 - Srbi podigli blokadu
Kod Zubinog Potoka grupa Srba podigla je barikadu, blokirajući put iz pravca Mitrovice ka Zubinom Potoku reagujući na taj način na napad jedinica ROSU na jezero i branu Gazivode.
Srbi ističu da su se na ovaj čin odlučili iz straha, jer strahuju da bi se tokom noći mogle dogoditi slične provokacije. Svi zaposoleni na brani Gazivode večeras će raditi i treću smenu.
16.45 - Srpska lista: Ovo je napad na mir i bezbednost Srba na Kosovu i Metohiji
Predsednik Srpske liste i gradonačelnik Severne Mitrovice Goran Rakić izjavio je da poslednji upad naoružanih kosovskih specijalaca na sever Kosova predstavlja napad na mir i bezbednost Srba na Kosovu i Metohiji.
- Ovo je napad sa nesagledivim posledicama na život Srba na severu Kosova i Metohije - ocenio je Rakić u saopštenju i istakao da se to više neće dozvoliti.
- Ako već Kfor ne želi, kao predsednik Srpske liste pozivam državu Srbiju da zaštiti srpski narod i svoju imovinu, i da naši organi najhitnije intervenišu. Neka svi znaju da Srbi neće više nikada dozvoliti da se ovakav upad dogodi. Mi ćemo sa svojim narodom braniti svoju slobodu, život u svoju imovinu, jer Gazivode su srpske - rekao je Rakić i dodao da su "Tačijevi mentori ćutanjem poslali jasnu poruku da podržavaju ovakve poteze".
16.15 - Đurić potvrdio: ROSU se povukla pre 10 minuta sa severa Kosova
Direktor kancelarije za KiM, Marko Đurić, potvrdio je da su se pripadnici ROSU "pre 10 minuta" povukli sa severa Kosova..
Srbija je, kaže, dobila izvinjenje od pojedinih ambasada i zvaničnika koji su tvrdili da nije bilo napada na našu zemlju.
16.00 - Predsednik Vučić se večeras obraća naciji
Direktor Kancelarije za KiM Marko Ðurić rekao je u trećem vanrednom obraćanju da će se predsednik Srbije Aleksandar Vučić povodom najnovijih dešavanja na KiM obratiti večeras u 21 čas.
Ðurić je rekao i da se Vučić trenutno nalazi u obilasku naših oružanih snaga.
Ðurić je obavestio javnost da su Srbi sa severa KiM započeli sa okupljanjem na više lokacija.
15.40 - Vojska Srbije postupa u skladu sa naređenjem Vrhovnog komandanta
Vojska srbije je stavljena u odgovarajući stepen pripravnosti, izjavio je ministar odbrane Aleksandar Vulin, i postupa u skladu sa naređenjem Vrhovnog komandanta.
- Naređenje Vrhovnog komandanta je i dalje na snazi i dok je tako Vojska Srbije prati situaciju i spremna je da odgovori na svaki razvoj situacije - rekao je Vulin, saopštilo je Ministarstvo odbrane.
15.30 - Oglasila se Maja Kocijančić: U kontaktu smo sa svim akterima
Portparolka EU Maja Kocijančić pozvala je u ime EU na mir i uzdržanost povodom situacije na Severu Kosova.
- Mi smo u bliskom kontaktu sa svim relevantnim akterima, kako na terenu, što uključuje KFOR, tako i na nivou vrhovnih centara, odnosno vlasti u Beogradu i Prištini - poručila je Kocijačić.
Marko Đurić je najoštrije osudio izjavu portparolke EU Maje Kocijančić koja je ponovo pozvala obe strane na uzdržanost.
- Kao da su Srbi na KiM ponovo napali sami sebe, pa obe strane poziva na uzdržanost. Smatram da je ovo vrhunac bezobrazluka i neozbiljnosti u ovako teškim okolnostima i da je to još jednom dokazalo da ništa ne treba da očekujemo od predstavnika EU - rekao je Ðurić na drugoj vanrednoj konferenciji za novinare u Vladi Srbije.
15.20 - Direktor Kancelarije za KiM ponovo sazvao konferenciju
Đurić je demantovao navode prištinskih medija da su se pripadnici ROSU povukli sa severa Kosova i da niko od Srba nije uhapšen.
- Pripadnici ROSU se nisu povukli sa Kosova, još uvek su na severu. Radnici Centra za ekologiju i sport, Nemanja Milovanović i Miloš Milić uhapšeni su prilikom upada pripadnika ROSU na Gazivode, kao i građevinski radnici Nikola Đurović i Nenad Galjak. Dakle, laž je da niko nije hapšen- izjavio je Đurić.
14.50 Vučić imao hitan razgovor sa generalnim sekretarom NATO Jensom Stoltenbergom
Predsednik Srbije Aleksandar Vučić u stalnom je kontaktu sa generalnim sekretarom NATO Jensom Stoltenbergom, posle raspoređivanja ROSU na Gazivodama, na severu Kosova i Metohije.
Predsednik Vučić je "izrazio protest zbog bezobzirne akcije Hašima Tačija i prištinskog rukovodstva".
14.40 - Pripadnici ROSU se povukle sa Gazivoda
Gradonačelnik Zubinog Potoka Stevan Vulović izjavio je za RTS da su se kosovske specijalne jedinice povukle sa veštačkog jezera Gazivode.
- Jedinice ROSU su se povukle, trenutno je mirno - rekao je on.
14.30 - Hašim Tači na Gazivodama
Predsednik Kosova, Hašim Tači, trenutno se nalazi na hidrocentrali Gazivode, koju su danas zauzeli pripadnici ROSU.
Telegraf sa lica mesta saznaje da se Tači u pratnji policije provozao gumenim čamcem jezerom, a potom je prošetao pored hidrocentrale, a više fotografija možete pogledati OVDE.
14.25 - Oglasio se komandant kosovske policije: Mi smo na Gazivodama zbog "jedne posete"
Zamenik komadanta kosovske policije za sever Besim Hoti odbacio je danas tvrdnje zvaničnika Srbije o zauzimanju veštačkog jezera i hidrocentrale Gazivode i hapšenjima na tom području, te navodi da su oni tamo zbog "jedne posete", ali da za sada ne poseduje više informacija.
14.20 - Upad pripadnika ROSU udarna vest u svim regionalnim i svetskim medijima
Upad pripadnika ROSU na sever Kosova udarna je vest u svim svetskim i regionalnim medijima, pa je hrvatski "24sata" preneo da su "Kosovski specijalci zauzeli važnu branu i vezali Srbe", dok je ruski RT naveo da je "Vojska Srbije stavljena u stanje najviše borbene gotovosti".
13.45 - KFOR još uvek nema informacije o upadu pripadnika ROSU na sever Kosova
Glavni portparol Kfora Vinćenco Graso izjavio je danas Tanjugu da ta misija još nema informacija o tome da su pripadnici kosovskih specijalnih jedinica ROSU ušli na sever Kosova, u neposrednu blizinu hidroelektrane Gazivode.
On je za Tanjug kazao da je u toku provera tačnosti takvih informacija i da se vrši monitoring situacije.
13.25 - Direktor Kancelarije za KiM održao vanrednu konferenciju
Marko Đurić, direktor Kancelarije za KiM, održao je vanrednu konferenciju povodom upada pripadnika ROSU na sever Kosova.
- To su učinili kako bi Hašim Tači mogao nesmetano da dođe na jezero Gazivode, zbog čega su pohapsili sve ljude koji su im se našli na putu - rekao je on, a više detalja o tome možete pročitati OVDE.
Ovo je najslabija tačka Prištine: Dva ključna razloga zašto Albanci kidišu na Gazivode
13.15- Vojska Srbije stavljena u stanje najviše borbene gotovosti
Predsednik Srbije, Aleksandar Vučić, naredio je stavljanje kompletne Vojske Srbije u stanje najviše borbene gotovosti, potvrđeno je Tanjugu u Kabinetu predsednika, koji je i vrhovni komandant Vojske Srbije.
Više o tome možete pročitati OVDE.
12.30 - Pripadnici ROSU naoružani dugim cevima, građani vidno uznemireni
Kako Telegraf saznaje sa terena, pripadnici ROSU su naoružani dugim cevima, situacija na Gazivodama je napeta, a građani su vidno uznemireni.
Prema pisanju prištinskih medija, tamo su uvedene policijske snage kroz Centar za razvoj ekologije i sporta koji se nalazi blizu jezera.
Redazione ANSA, 29 settembre 2018 – E' tornata improvvisamente a salire la tensione in Kosovo, dove oggi una sessantina di agenti delle forze speciali kosovare (Rosu), pesantemente armati, hanno preso posizione intorno al lago di Gazivode, nel nord del Paese abitato in maggioranza da serbi. Questo lago, per metà in territorio kosovaro e per metà in Serbia, è ritenuto di importanza strategica sia da Pristina che da Belgrado per l'approvvigionamento idrico e di energia elettrica. Nelle scorse settimane, in una atmosfera di estrema tensione, si era recato in visita a Gazivode il presidente serbo Aleksandar Vucic, a sottolineare la sovranità serba sul territorio.
"L'ordine è stato dato al capo dello Stato Maggiore dell'esercito serbo", ha detto l'agenzia.
Anche tutte le unità speciali del Ministero degli affari interni sono state portate al massimo livello di allerta.
In precedenza, circa 60 soldati di una speciale suddivisione del Ministero degli Interni della Repubblica autoproclamata del Kosovo, ROSU, hanno preso una posizione vicino al lago artificiale della centrale idroelettrica Gazivoda e sono entrati nel centro ecologico e sportivo vicino alla diga nel nord della provincia.
La centrale idroelettrica Gazivoda è controllata da Belgrado. Come ha detto Vucic, negli ultimi anni le autorità serbe hanno investito circa due milioni di euro nelle infrastrutture, nelle strutture e nella diga del suo lago di artificiale.
Nel 1999, lo scontro armato tra i separatisti albanesi dell'esercito di liberazione del Kosovo e l'esercito e la polizia serba ha portato al bombardamento della Jugoslavia (all'epoca composta da Serbia e Montenegro) da parte delle forze della NATO. Nel marzo 2004, gli albanesi del Kosovo hanno organizzato pogrom che hanno portato al reinsediamento di massa dei serbi dalla regione e alla distruzione di numerosi monumenti della loro storia e cultura.
Nel febbraio 2008, le strutture del Kosovo-albanesi a Pristina hanno dichiarato unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia. La repubblica autoproclamata non è riconosciuta da Serbia, Russia, Cina, Israele, Iran, Spagna, Grecia e altri stati.
Nell’incontro di ieri a Mosca con Vladimir Putin, il presidente serbo Aleksandr Vucic ha discusso con ogni evidenza, oltre ai temi della collaborazione economica, anche dei rapporti di Belgrado con il Kosovo, che continuano a inasprirsi.
Sabato scorso, Vucic aveva messo in assetto di guerra l’esercito e le truppe speciali del Ministero degli interni, in relazione all’arrivo di reparti speciali kosovari, sotto la supervisione di elicotteri e droni NATO-KFOR, nell’area del bacino che serve la centrale idroelettrica “Gazivode”, parte del sistema idroelettrico serbo, e attorno al centro di Zubin-Potok, abitato da una maggioranza serba nel nord del territorio kosovaro. I reparti di Priština dovevano assicurare la protezione del presidente Hashim Thaci, durante la sua veleggiata in barca sul bacino. Nondimeno, Belgrado l’ha considerata una provocazione bella e buona.
Denunciando l’intervento dei reparti speciali di Priština, Vucic aveva sottolineato come questi si fossero mossi con l’aperto beneplacito della NATO, ignorando gli elementari diritti della popolazione serba: “Ancora una volta, nessuno ha chiesto il parere dei serbi. Per loro, i serbi non esistono; o, quantomeno, loro vorrebbero così”, aveva dichiarato Vucic. Nonostante la linea filo-atlantica e proUE della Serbia, Vucic aveva immediatamente espresso la volontà di incontrarsi al più presto con Vladimir Putin, per chiedere il sostegno di Mosca, “in tutte le sedi internazionali”, sulla questione kosovara. Ed ecco che già ieri era a Mosca, anche se il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, ha tenuto a sottolineare che l’incontro era programmato da mesi.
Vucic ha denunciato “l’ipocrisia dei funzionari UE” sulla questione del Kosovo. Dopo che la responsabile UE per i media, Maija Kotsiancic aveva chiesto moderazione alle parti, Vucic aveva replicato: “Ditemi, signori di Bruxelles, perché dovremmo ancora moderarci? O non siete piuttosto voi che dovete astenervi dall’ipocrisia, se potete”. Dopo aver “espresso sorpresa” per la violazione da parte kosovara di “tutti gli accordi raggiunti”, Vucic ha inviato una protesta al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg “in relazione agli atti insolenti di Hashim Thaci e della leadership di Priština”. Proprio in relazione alle mosse della NATO, dopo la mobilitazione kosovara, gruppi di popolazione serba, servendosi di camion piazzati sul percorso, avevano bloccato l’afflusso di truppe NATO verso nord e il confine serbo, sulla direttrice Mitrovitsa-Ribaric.
L’occidente non permetterà al Cremlino di sostenere la Serbia, titolava ieri Aleksej Polubota su Svobodnaja Pressa. Il politologo Aleksandr Šatilov ritiene che, al di là di qualche dichiarazione di appoggio a Belgrado, anche eventuali forniture militari russe potrebbero ben poco aumentare la capacità serba di contrapporsi alla NATO; oltretutto, afferma Šatilov, dopo l’aggressione NATO del 1999, Belgrado stessa difficilmente si deciderebbe a ricorrere alla forza contro Priština, anche nel caso di altre provocazioni come quella recente: troppo forte la vocazione filo-NATO e filo-UE di Vucic. Dopo Miloševic, nessun leader serbo si è preso cura, se non a parole, dei serbi del Kosovo e la NATO, continua Šatilov, ha più volte fatto intendere a Belgrado che sarà punita, nel caso tenti di difendere i propri connazionali con la forza. Anche l’ipotesi di fornire S-300 e S-400 a Belgrado, sicuramente sarebbe osteggiata dallo stesso Montenegro, un tempo unito alla Serbia e oggi membro della NATO.
Oltretutto, osserva il politologo Mikhail Aleksandrov, la leadership serba, compreso Miloševic, non è mai stata ferma nell’ipotesi di stabilire un’alleanza militare con Mosca o di entrare nell’Unione Euroasiatica: in caso contrario, avrebbero potuto forse evitarsi i bombardamenti NATO e la separazione del Montenegro e Mosca avrebbe dislocato in Serbia una forte base militare. Oggi, conclude Aleksandrov, un’alleanza militare con Belgrado potrebbe non essere così vantaggiosa per Mosca, dato l’accerchiamento NATO della Serbia. Al massimo, nel caso la NATO si avventuri in azioni nel nord del Kosovo, si potrebbe difendere il territorio serbo coi missili “Kalibr”, dislocati a bordo delle navi sul mar Nero, che coprono l’intero territorio europeo. Ma, ancora una volta: si deciderà Vucic a proporre un’alleanza militare a Mosca?
Al momento, sembra che la tensione si sia “allentata”, pur se il problema dei rapporti Belgrado-Priština è più che mai attuale e l’aperto sostegno UE e NATO alla “indipendenza” del Kosovo, insieme alla presenza permanente, qui, di truppe atlantiche, continua a testimoniare, non fosss’altro, del doppio standard adottato da Bruxelles nelle questioni di “indipendenza referendaria”.
Tra gli altri paesi che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo, oltre ovviamente alla Serbia, ci sono Russia, Cina, Israele, Iran, Spagna, Grecia.
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=3583
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=cnaQcJsLVKo
L'arte della guerra. Si discute della finanziaria in deficit, ma si tace sul fatto che l’Italia spende ogni anno miliardi a scopo militare
Mercati e Unione europea in allarme, opposizione all’attacco, richiamo del presidente della Repubblica alla Costituzione, perché l’annunciata manovra finanziaria del governo comporterebbe un deficit di circa 27 miliardi di euro. Silenzio assoluto invece, sia nel governo che nell’opposizione, sul fatto che l’Italia spende in un anno una somma analoga a scopo militare. Quella del 2018 è di circa 25 miliardi di euro, cui si aggiungono altre voci di carattere miitare portandola a oltre 27 miliardi. Sono oltre 70 milioni di euro al giorno, in aumento poiché l’Italia si è impegnata nella Nato a portarli a circa 100 milioni al giorno.
Perché nessuno mette in discussione il crescente esborso di denaro pubblico per armi, forze armate e interventi militari? Perché vorrebbe dire mettersi contro gli Stati uniti, l’«alleato privilegiato» (ossia dominante), che ci richiede un continuo aumento della spesa militare.
Quella statunitense per l’anno fiscale 2019 (iniziato il 1° ottobre 2018) supera i 700 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci di carattere militare, compresi quasi 200 miliardi per i militari a riposo. La spesa militare complessiva degli Stati uniti sale così a oltre 1.000 miliardi di dollari annui, ossia a un quarto della spesa federale. Un crescente investimento nella guerra, che permette agli Stati uniti (secondo la motivazione ufficiale del Pentagono) di «rimanere la preminente potenza militare nel mondo, assicurare che i rapporti di potenza restino a nostro favore e far avanzare un ordine internazionale che favorisca al massimo la nostra prosperità».
La spesa militare provocherà però nel budget federale, nell’anno fiscale 2019, un deficit di quasi 1.000 miliardi. Questo farà aumentare ulteriormente il debito del governo federale Usa, salito a circa 21.500 miliardi di dollari. Esso viene scaricato all’interno con tagli alle spese sociali e, all’estero, stampando dollari, usati quale principale moneta delle riserve valutarie mondiali e delle quotazioni delle materie prime.
C’è però chi guadagna dalla crescente spesa militare. Sono i colossi dell’industria bellica. Tra le dieci maggiori produttrici mondiali di armamenti, sei sono statunitensi: Lockheed Martin, Boeing, Raytheon Company, Northrop Grumman, General Dynamics, L3 Technologies. Seguono la britannica Bae Systems, la franco-olandese Airbus, l’italiana Leonardo (già Finmeccanica) salita al nono posto, e la francese Thales.
Non sono solo gigantesche aziende produttrici di armamenti. Esse formano il complesso militare-industriale, strettamente integrato con istituzioni e partiti, in un esteso e profondo intreccio di interessi. Ciò crea un vero e proprio establishment delle armi, i cui profitti e poteri aumentano nella misura in cui aumentano tensioni e guerre.
La Leonardo, che ricava l’85% del suo fatturato dalla vendita di armi, è integrata nel complesso militare-industriale statunitense: fornisce prodotti e servizi non solo alle Forze armate e alle aziende del Pentagono, ma anche alle agenzie d’intelligence, mentre in Italia gestisce l’impianto di Cameri dei caccia F-35 della Lockheed Martin. In settembre la Leonardo è stata scelta dal Pentagono, con la Boeing prima contrattista, per fornire alla Us Air Force l’elicottero da attacco Aw139. In agosto, Fincantieri (controllata dalla società finanziaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze) ha consegnato alla Us Navy, con la Lockheed Martin, altre due navi da combattimento litorale.
Tutto questo va tenuto presente quando ci si chiede perché, negli organi parlamentari e istituzionali italiani, c’è uno schiacciante consenso multipartisan a non tagliare ma ad aumentare la spesa militare.