Informazione

Jugocoord Onlus è tra i promotori delle iniziative in programma per la Festa della Liberazione 2018 a L'Aquila

Inizio messaggio inoltrato:

Da: Partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana <partigiani7maggio @ tiscali.it>
Oggetto: Il nostro 25 Aprile
Data: 24 aprile 2018 11:43:42 CEST

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In occasione di questa Festa della Liberazione il nostro pensiero va innanzitutto alle località dell'Appennino centrale flagellate dagli eventi naturali degli anni recenti, che tuttora soffrono i ritardi e le incongruenze della ricostruzione ove non addirittura la persistenza dello sciame sismico.
Un po' di sollievo per queste terre è dato adesso dal bel tempo, che le rende meta di numerosi visitatori i quali contribuiscono così alla ripresa delle attività economiche e sociali. Questo però non basta a contrastare l'oblio che pesa sulle vicende della lotta partigiana in quelle aree e in particolare sulla presenza di combattenti jugoslavi e di altre nazionalità al fianco degli italiani nel 1943-1944.

Norcia, ad esempio, migliaia di visitatori non sospettano nemmeno che la lapide che si intravede in fotografia, collocata pochi metri oltre le recinzioni della "zona rossa", possa avere qualcosa a che fare addirittura con una Repubblica Partigiana - la prima della Resistenza italiana.

 
In controtendenza è L'Aquila dove, nell'ambito dei festeggiamenti per la Liberazione, gli jugoslavi combattenti verranno ricordati esplicitamente.
Al Liceo Classico è inaugurato un Giardino dei Giusti, al cui interno una pianta è dedicata ad Amalia Agnelli che ospitò Panto Ćemović prima che questi venisse catturato e poi ucciso. Uno specifico omaggio sarà reso a questo martire il 25 Aprile a partire dalle ore 11 nel Cimitero monumentale cittadino presso la sua tomba – vuota, a seguito del trasferimento della salma nel Sacrario di Sansepolcro, ma preservata per il suo valore simbolico. Sulla vicenda di Ćemović si veda l'approfondimento a cura di Riccardo Lolli (che ringraziamo anche per queste segnalazioni). 
Alle ore 12 a Casale Cappelli, teatro di un epico scontro il 5 maggio 1944 tra nazifascisti e partigiani tra i quali Dušan Radonjić e Nikola Basekić, si renderà omaggio a Giovanni Vicenzo, caduto in quella occasione.
Nell'ambito della mostra fotografica allestita a cura dell'ANPPIA nel Parco del Castello (a partire dalle ore 16) un pannello sarà dedicato agli jugoslavi resistenti in città
Sull'imperativo della salvaguardia della memoria storica della Resistenza nell'Appennino afflitto dagli eventi naturali e dall'incuria degli uomini segnaliamo il bell'articolo "Il luogo del sacro che ci rimane" apparso su Patria Indipendente, periodico ANPI, e ricordiamo la nostra campagna "Rete della Memoria e dell'Amicizia per l'Appennino centrale". Si può contribuire a quest'ultima con il semplice gesto di destinare il 5 per mille a Jugocoord Onlus, la associazione cui ci appoggiamo per il finanziamento degli interventi di ripristino e valorizzazione in programma: è sufficiente compilare lo spazio riservato al cinque per mille sulle dichiarazioni dei redditi (CUD, 730, Unico) nel seguente modo:
    • apporre la propria firma nel riquadro “Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale ...” eccetera;
    • riportare il codice fiscale di Jugocoord - 97479800589 - nello spazio collocato subito sotto la firma.

Grazie per il vostro aiuto. Buona Liberazione.

 
=== * ===  I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA Storie e memorie di una vicenda ignorata  Roma, Odradek, 2011 pp.348 - euro 23,00  Per informazioni sul libro si vedano: Il sito internet: http://www.partigianijugoslavi.it La scheda del libro sul sito di Odradek: http://www.odradek.it/Schedelibri/partigianijugoslavi.html La pagina Facebook: http://www.facebook.com/partigianijugoslavi.it  Ordina il libro: http://www.odradek.it/html/ordinazione.html  === * ===

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(english / italiano)

ANPI e FIR sul neonazismo in Ucraina

1) Roma, 2/5: L'ANPI nel 4° anniversario della strage neonazista di Odessa
2) Le prese di posizione di ANPI e FIR (2015–2018) / FIR Declarations on the Situation in Ukraine/Donbass (2015)


Si vedano anche:

Sulla strage di Odessa

Sul libro "DONBASS - i neri fili della memoria rimossa" di Silvio Marconi



=== 1 ===

Roma, 2 maggio 2018 
alle ore 17:30 presso la Casa della Memoria e della Storia, Via San Francesco di Sales 5

Nel 4° anniversario della strage neonazista di Odessa

Niente sarà dimenticato, nessuno sarà dimenticato

Fabrizio De Sanctis (ANPI Roma)
Giovanni Russo Spena (PRC)
Silvio Marconi (autore di "Donbass. I fili neri della memoria rimossa")
Michele Azzola (CGIL)
Rete degli Studenti di Roma e Lazio
Banda Bassotti – Carovana Antifascista
aderisce il Comitato Romano Donbass Antinazista



=== 2 ===


... E allora ecco che può succedere che governi europei come  in cui comunque le regole democratiche vigono, possano tranquillamente intrattenere relazioni (...) con Paesi come la Polonia, l’Ungheria, in cui vengono soppresse libertà democratiche fondamentali, intrattenere relazioni con quella Ucraina che ha nel proprio governo dei dichiarati filo-nazisti e che addirittura in queste settimane, in questi mesi, sta erigendo a eroi nazionali dei nazisti. No. Bisogna cambiare strada. Bisogna alzare forte la nostra voce contro questa situazione. E lo facciamo. E lo faremo.

Carla Nespolo, Presidente nazionale ANPI, 5 novembre 2017 
(dalla Relazione al Consiglio nazionale di Chianciano: http://www.anpi.it/media/uploads/files/2017/11/consiglio_2017_nespolo.pdf )


--- Le precedenti prese di posizione di ANPI e FIR (Federazione Internazionale dei Resistenti, cui aderisce anche l'ANPI per l'Italia), in ordine cronologico inverso:


OdG approvato al Congresso Provinciale dell'ANPI di Roma (12-15 maggio 2016) sulla questione dell'Ucraina:
"L’ANPI denuncia che nel cuore dell’Europa non solo si assiste al rifiorire di ideologie ed organizzazioni ispirate al nazifascismo, ma anche alla realizzazione, da parte delle Istituzioni, di pratiche di discriminazione, razzismo, violenza direttamente collegate a tali ispirazioni o simili ad esse. In particolare, ci si riferisce alle discriminazioni (compresa la negazione del diritto al voto) in atto contro i cittadini di origine etnico-linguistica russa ed all’esaltazione dei collaborazionisti coi nazifascisti nei Paesi Baltici, alla distruzione dei monumenti commemorativi dei caduti nella guerra antinazifascista in Polonia, Ucraina e Paesi Baltici, e soprattutto all’insieme delle azioni delle forze al potere a Kiev: in questo caso, alla messa fuorilegge del Partito Comunista, alla distruzione dei simboli della lotta antifascista, alla integrazione nelle forze militari di reparti esplicitamente neonazisti, alla esaltazione come eroi dei collaborazionisti coi nazisti nella Seconda Guerra Mondiale si aggiungono gli atti di guerra contro le genti del Donbass, con bombardamenti di case, scuole, ospedali, e le stragi neonaziste come quella di Odessa del 2 maggio 2014.
L’ANPI chiama i suoi aderenti e tutti gli antifascisti italiani a realizzare in tutte le forme democratiche una concreta solidarietà con gli antifascisti che in quei Paesi lottano contro simili orrori e contro la complicità oggettiva di chi, nella UE ed in generale in Occidente, appoggia, sostiene, finanzia i loro autori e ne tace il pericoloso legame con il nazifascismo"
(fonte: Silvio Marconi)

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La Federazione Internazionale dei Resistenti sulla situazione in Ucraina

20 Marzo 2015

da www.fir.at | Traduzione di Marx21.it

La Federazione Internazionale dei Resistenti (FIR) (link), l'organizzazione che raccoglie le associazioni europee degli ex combattenti delle formazioni partigiane impegnate nella lotta contro il nazifascismo (a cui aderisce anche l'ANPI) ha diffuso una dichiarazione dopo la sigla degli ultimi accordi di Minsk per un regolamento pacifico del conflitto nel Donbass

La Federazione Internazionale dei Resistenti, in quanto organizzazione che raggruppa le organizzazioni degli ex partigiani e combattenti della coalizione anti-hitleriana, dei perseguitati dal regime nazista con le proprie famiglie, nonché degli antifascisti di oggi, in qualità di “Ambasciatore di pace” delle Nazioni Unite di fronte alla situazione attuale in Ucraina si vede costretta a diffondere la seguente dichiarazione:
Chiediamo la protezione di tutte le persone in questo paese, che la cessazione del fuoco annunciata venga rispettata da tutte le parti.
Sosteniamo gli accordi di Minsk e ci aspettiamo che su tale base siano portate avanti serie trattative politiche riguardanti la vita, l'autonomia e i diritti di libertà di tutti gli abitanti di questo paese.
Consideriamo la vendita delle armi e le altre interferenze esterne come tentativi di estendere la guerra civile e il confronto militare a spese del popolo.
Sosteniamo la risoluzione proposta dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che rende responsabile la comunità mondiale nel processo di pace.
In particolare, ci aspettiamo che l'Unione Europea, schierandosi contro inutili sanzioni, svolga un ruolo costruttivo di pace, basato sulla parità di livello in Ucraina e sul rifiuto delle forze nazionaliste e neo-fasciste in Ucraina piuttosto che sul sostegno a queste.

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Declaration for Minsk II – treatment

1. März 2015 

The International Federation of Resistance Fighters (FIR) as an umbrella organization of former partisans and fighters of the anti-Hitler coalition, persecuted by the Nazi regime and their families as well as today’s anti-fascists and as “Ambassador of Peace” by the United Nations facing the current situation in Ukraine sees itself forced to the following statement:
We call for the protection of all people in this country, that the announced cease-fire is maintained from all sides.
We support the Minsk agreements and expect that on this basis will be maintained serious political talks about life, the autonomy and freedom rights of all inhabitants of this country.
We see in arms sales and other external interference attempts to extend the civil war and the military confrontation at the expense of the people.
We support the proposed resolution to the UN Security Council, which takes the world community in the responsibility for the peace process.
Particular, we expect the EU to play a peace-building role by advocating against useless sanctions and supporting peace talks based on equal level in Ukraine as well as rejecting nationalist and neo-fascist forces in the Ukraine rather than supporting these.

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FERMARELA GUERRA IN UCRAINA SUBITO! NESSUNA TOLLERANZA PER LE FORZE NAZIFASCISTE! / International Federation of Resistance Fighters (FIR): STOP THE WAR IN UKRAINE NOW! NO TOLERANCE FOR NEO-FASCIST FORCES! (FIR, settembre 2014)


(srpskohrvatski / italiano)

Altre iniziative segnalate

1) Cesena OGGI 17/4: La guerra sporca di Mussolini
2) Viterbo 19/4: Inaugurazione della sede ANPI e spettacolo teatrale DRUG GOJKO 
3) Fogliano (GO) 19/4–5/5: Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento italiani al confine orientale
4)  Zagreb 26.4.: Tko je Karl Marx?


=== 1 ===

Cesena, martedì 17 Aprile 2018
alle pre 21.00 presso: Circolo Magazzino Parallelo, Via Genova 70 

Le atrocità del fascismo che la Repubblica “antifascista” non ama raccontare...

«So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori» (Benito Mussolini ai soldati della Seconda Armata in Dalmazia, 1943).

Proiezione del documentario:

“La guerra sporca di Mussolini”

Titolo inglese: Mussolini's Dirty War 
Anno: 2008 
Durata: 52' 
Regista: Giovanni Donfrancesco http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UCCU/scheda.htm
Producer: Gioia Avvantaggiato http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UUUD/scheda.htm
Società di produzione: GA&A Productions srl http://www.italiandoc.it/area/public/wid/UUUU/scheda.htm

Sinossi:
16 febbraio 1943. L'esercito italiano massacra 150 contadini inermi a Domenikon, un villaggio alle pendici del monte Olimpo, in Grecia. Più di sessant'anni dopo, Stathis Psomiadis cerca di ricostruire la storia della strage in cui perse la vita suo nonno e ottenere giustizia. Le ricerche della professoressa Santarelli, della New York University, svelano come quello di Domenikon sia stato soltanto il primo di una lunga catena di massacri. Attraverso una vicenda apparentemente locale, il documentario apre uno squarcio su una inedita e ampia strategia di guerra ai civili, che il fascismo italiano ha condotto durante le sue guerre di espansione, non solo in Grecia ma anche in Jugoslavia e nelle colonie d'Africa. Dalla fine degli anni Venti alla caduta di Mussolini, l'esercito italiano deporta, tortura e assassina decine di migliaia di civili. Degli oltre 1500 Italiani denunciati alla Commissione delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra, nessuno verrà mai estradato e condannato. Stati Uniti e Gran Bretagna, muovendosi ormai nella prospettiva della Guerra Fredda, caldeggiano l'insabbiamento dei processi.

Perchè la Repubblica “antifascista” continua ad occultare le atrocità del fascismo italiano sui popolo aggrediti?

L'impressione è che non si voglia procedere ad un superamento definitivo del mito degli "italiani brava gente" per finalità diverse dal passato, ma sempre connesse al ruolo internazionale dell'Italia. Dal 1991 (prima guerra all'Iraq) ad oggi, si sono moltiplicate le imprese militari in cui è coinvolto il nostro paese, uno dei più presenti, con i suoi soldati, nei cosiddetti "scenari di crisi". 
Questa politica estera, sostanzialmente aggressiva, ha trovato il consenso di larga parte del quadro politico, dalla destra alla sinistra ufficiale. A determinarla, è senz'altro il vincolo che lega l'Italia all'Alleanza Atlantica ed al blocco dei paesi occidentali in generale. Ma non solo. Sarebbe errato trascurare la spinta che, in questa direzione, viene data da rilevanti settori del capitalismo italiano, interessati a partecipare alla spartizione delle risorse dei paesi occupati militarmente. 
Ora, su queste vicende in Italia non vi è né un'adeguata informazione né un serio dibattito pubblico. Questi elementi vengono deliberatamente ignorati dai principali media, interessati a dipingere le missioni militari all'estero come operazioni umanitarie, sostanzialmente inoffensive e dedite ad assistere le popolazioni locali. 
E’ evidente: se in questo paese vi fosse stato un dibattito reale sulle guerre del passato, se i crimini commessi in altre fasi storiche avessero un maggiore posto nella coscienza collettiva, un'opera di mistificazione come l'attuale sarebbe senz'altro più difficile. 
E' per questo che l'ormai imponente documentazione prodotta in questi anni su pagine storiche ingloriose continua ad avere poco spazio sui media. Il nostro compito, dunque, è quello di creare sempre maggiori occasioni di discussione attorno a documentari come quello realizzato da Donfrancesco. Nella consapevolezza che non si tratta solo di un atto dovuto nei confronti delle popolazioni aggredite in passato, ma anche di un contributo alla discussione sulla politica estera portata avanti in questa fase storica. Perché giorno dopo giorno ci appaiono sempre più evidenti le consonanze fra la retorica odierna sui soldati italiani "difensori della libertà" e quella passata che li dipingeva come "portatori di civiltà" . Il fine ultimo è quello di rilegittimare la guerra interna ed esterna, sopratutto fra le giovani generazioni, perchè è ritornata ad essere una opzione , non più tanto remota, come strumento di risoluzione della crisi strutturale del capitalismo.

Assemblea antifascista Cesena


=== 2 ===


Viterbo, giovedì 19 aprile 2018
alle ore 17 in Via Sacchi 5

INAUGURAZIONE DELLA SEDE ANPI Comitato provinciale di Viterbo

a seguire 
DRUG GOJKO 
spettacolo teatrale di e con Pietro Benedetti
sulla figura di Nello Marignoli, partigiano italiano in Jugoslavia cui è intitolata la sede ANPI provinciale di Viterbo
(scheda dello spettacolo: https://www.cnj.it/CULTURA/druggojko.htm )


=== 3 ===

Fogliano (GO),  giovedì 19 aprile 

alle 17.30 presso la sala conferenze della Biblioteca Comunale, Via Madonnina 4


Centro Isontino di Ricerca “Leopoldo Gasparini”
Comune di Fogliano Redipuglia
ANPI/VZPI Sezione di Fogliano Redipuglia

In occasione dei festeggiamenti del 25 aprile – Giorno della Liberazione

Inaugurazione della mostra

“Quando morì mio padre. Disegni e testimonianze di bambini dai campi di concentramento italiani al confine orientale”

di Metka Gombač, Boris M. Gombač, Dario Mattiussi
Letture di Lucia German

*** LA MOSTRA RIMARRÀ APERTA DAL 22 APRILE AL 5 MAGGIO 2018 ***
Lunedì e Mercoledì dalle 16.00 alle 19.00, Giovedì e Venerdì dalle 9.30 alle 12.30
INGRESSO LIBERO


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[Chi è Karl Marx? Iniziativa a Zagabria]


Zagreb, 26. travnja 2018. 
u 17 sati u prostoru Tribine grada 

Socijalistička radnička partija Hrvatske 
i ZUABA Zagreba i Zagrebačke županije
pozivaju na tribinu

Tko je Karl Marx?

Govore Anja Grgurinović
Karlo Jurak
Nikola Tomašegović
Moderira Vesna Konigsknecht





Torino sabato 21 aprile 2018

alle ore 10:30 presso il POLO DEL ‘900 – Sala didattica di Palazzo San Daniele, Via del Carmine 14

A.N.P.P.I.A..
In collaborazione con il Comitato di Coordinamento Regionale ANPI Piemonte – ANED – Ass. Naz. del Libero Pensiero G. Bruno,

Presenta,
nell’ambito delle celebrazioni del 25 aprile,
il libro di Davide Conti

“Gli uomini di Mussolini”

in cui l'Autore sulla base di documenti dell'Archivio di Stato descrive la carriera, nella Repubblica italiana fondata sulla Resistenza, di alcuni uomini di Mussolini coinvolti nelle cosiddette stragi di Stato.

Ne discutono con l’autore 

Chiara Acciarini (ANED nazionale)

Fulvio Grandinetti (ANPI Grugliasco)

Presiede e modera Bruno Segre ANPPIA



Ancora la continuità dello Stato italiano tra fascismo e repubblica: un libro di Davide Conti



Davide Conti: Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Einaudi

Risvolto
Alla fine della Seconda guerra mondiale molti tra i piú alti vertici militari delle Forze armate italiane avrebbero dovuto rispondere di crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia e all'estero. A salvarli furono gli equilibri della Guerra fredda e il decisivo appoggio degli alleati occidentali grazie a cui l'Italia eluse ogni forma di sanzione per i suoi militari. Diversi di loro furono reintegrati negli apparati dello Stato come questori, prefetti, responsabili dei servizi segreti e ministri della Repubblica e coinvolti nei principali eventi del dopoguerra: il referendum del 2 giugno; la strage di Portella della Ginestra; la riorganizzazione degli apparati di forza anticomunisti e la nascita dei gruppi coinvolti nel «golpe Borghese» e nel «golpe Sogno» del 1970 e 1974. Il loro reinserimento diede corpo a quella «continuità dello Stato» che rappresentò una pesante ipoteca sulla storia repubblicana. Attraverso documenti inediti, Conti ricostruisce vicende personali, profili militari, provvedimenti di grazia e nuove carriere nell'Italia democratica di alcuni dei principali funzionari del regime di Mussolini.

Nel corso degli ultimi anni la storiografia si è occupata approfonditamente dei crimini di guerra italiani all'estero durante il secondo conflitto mondiale e delle ragioni storiche e politiche che resero possibile una sostanziale impunità per i responsabili. Meno indagati sono stati i destini, le carriere e le funzioni svolte dai «presunti» (in quanto mai processati e perciò giuridicamente non ascrivibili nella categoria dei «colpevoli») criminali di guerra nella Repubblica democratica e antifascista. Le biografie pubbliche dei militari italiani qui rappresentate sono connesse da una comune provenienza: tutti operarono, con funzioni di alto profilo, in seno all'esercito o agli apparati di forza del fascismo nel quadro della disposizione della politica imperiale del regime, prima e durante la Seconda guerra mondiale. La gran parte di loro venne accusata, al termine del conflitto, da Jugoslavia, Grecia, Albania, Francia e dagli angloamericani, di crimini di guerra. Nessuno venne mai processato in Italia o epurato, nessuno fu mai estradato all'estero o giudicato da tribunali internazionali, tutti furono reinseriti negli apparati dello Stato postfascista con ruoli di primo piano. Le loro biografie dunque rappresentano esempi significativi del complessivo processo di continuità dello Stato caratterizzato dalla reimmissione nei gangli istituzionali di un personale politico e militare non solo organico al Ventennio ma il cui nome, nella maggior parte dei casi, figurava nelle liste dei criminali di guerra delle Nazioni Unite.

Leggi anche qui


Una nuova Repubblica inquinata da presenze fasciste 
Storia del Novecento. Il volume di Davide Conti «Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana», attraverso una ricca ricerca di archivio ricostruisce le carriere di personaggi «rimossi» e mai epurati, che si sono reinventati identità pubbliche in democrazia 

Chiara Giorgi Manifesto 11.4.2017

Il volume di Davide Conti (Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana, Einaudi, pp.271, euro 30) torna a interrogare uno dei passaggi storici più appassionanti e controversi della storia italiana, così come a riattualizzare uno dei motivi «classici» della storiografia della seconda metà del secolo scorso. 
Attraverso una ricca ricerca archivistica, il libro ricostruisce le meno note carriere e funzioni svolte dai «presunti» (in quanto mai processati) «criminali di guerra» nel neonato contesto democratico. Si tratta di uomini che, organici al fascismo e operanti in seno alle sue strutture più repressive, non solo non vennero sottoposti a processo o epurati o estradati, ma soprattutto vennero reinseriti negli apparati dello Stato postfascista, diventando questori, prefetti, capi dei servizi segreti, ministri della nuova Repubblica. 
Le biografie prese in esame consentono di illuminare alcuni dei nodi più significativi della storia dell’immediato secondo dopoguerra e al contempo gettano una luce tanto inquietante, quanto significativa sulle vicende coeve e seguenti (dalla strage di Portella della Ginestra, alla riorganizzazione in senso anticomunista dei corpi di pubblica sicurezza tra la fine degli anni Quaranta e il decennio successivo, alle varie misure di sorveglianza e ordine pubblico adottate contro il movimento operaio e sfociate «nella repressione brutale e luttuosa dei conflitti sociali», ai golpe dei primi anni Settanta).
Sono dunque le vicissitudini di questo personale politico e militare a essere esemplificative, per quanto di certo non in modo assoluto e univoco, degli esiti «della transizione italiana sul piano della continuità degli apparati di forza dello Stato». 
La chiave di lettura utilizzata e suffragata da un prezioso materiale documentario è infatti quella ruotante attorno al paradigma della continuità dello Stato. E, non a caso, è uno dei memorabili lasciti di Claudio Pavone a essere posto in esergo del volume. Scriveva questi nel 1974: «La fascistizzazione dell’apparato burocratico non fu dunque» di parata, dal momento che «il fascismo, come forma storicamente sperimentata di potere borghese, non si esaurisce nei quadri del partito fascista, ma è un sistema di dominio di classe in cui proprio gli apparati amministrativi tradizionalmente autoritari hanno parte rilevante. Di parata va piuttosto definita, dato il fallimento dell’epurazione, la democratizzazione post-resistenziale». 
Da qui prende le mosse la ricostruzione di Conti, non trascurando l’importante contributo degli studi che da anni si concentrano sul fallimento del processo epurativo italiano, sul congelamento di alcuni istituti innovativi repubblicani, sul permanere di una certa cultura istituzionale (al pari della legislazione fascista) e contemporaneamente soffermandosi sui caratteri originali della «nazione repubblicana», sulle questioni di fondo relative al nesso nazionale-internazionale. 
Molto ampie sono le problematiche che riemergono. Innanzitutto, metodologicamente, torna a dimostrarsi produttivo lo studio di singoli percorsi biografici letti come manifestazione di quel più complessivo processo «caratterizzato dalla reimmissione e dal reimpiego nei gangli istituzionali di un personale» organico al Ventennio. A nulla valse infatti per questi uomini l’essere inseriti nelle liste «War Crimes» delle Nazioni Unite, dinnanzi alla scelta di far passare una linea basata sulla ragion di Stato, sul presunto supremo interesse nazionale o, come fu per i funzionari coloniali, sui valori della neutralità dell’amministrazione e sul principio della obbedienza gerarchica, invocati come giustificazione di comportamenti individuali specifici, peraltro a dispetto di quello che sarebbe stato il monito arendtiano sulla «banalità del male».
C’è di più, accanto alla ricostruzione di queste vicende personali e professionali (di cui quella del noto generale Roatta sembra essere l’epilogo più emblematico), Conti ripropone all’attenzione del pubblico una lettura ben consapevole e generale del contesto internazionale, politico e sociale dell’Italia di quel decisivo passaggio storico. Ne esce confermata la centralità degli equilibri internazionali, ovvero l’appartenenza all’area occidentale come legittimazione sia del permanere di determinati gruppi di comando (si pensi all’intreccio tra Democrazia cristiana e Stato), sia del rafforzamento delle classi dominanti, sia del mantenimento di rapporti sociali e di produzione dati. 
A lungo si è parlato per il caso italiano della prevalenza di un «modello militarizzato» volto a riprodurre le contrapposizioni internazionali, a depotenziare le istanze innovative provenienti a più livelli e presenti in molti principi della Costituzione, ad allontanare il pericolo di condizionamenti da parte di forze sociali organizzate. Modello peraltro capace di saldare determinate scelte fatte sul piano economico (l’opzione liberista nel permanere di una struttura di capitalismo di Stato) con la natura autoritaria dell’assetto politico (nella stessa forma assunta dalla «democrazia protetta»). Il contrasto che si diede tra amministrazione e politica democratica attesta quella che l’autore rievoca come la profonda rottura tra Stato e Resistenza. Piuttosto che con l’eredità del fascismo, cesura vi fu con le idee, l’orizzonte simbolico e l’ampio lascito resistenziale. 
Sempre più studi negli ultimi anni hanno approfondito il contesto della transizione tra fascismo e Repubblica, i soggetti coinvolti e le complesse dinamiche. Le categorie interpretative sono andate in tal senso arricchendosi, sotto il profilo economico, sociale, politico e giuridico. Punto fermo resta, tuttavia, la fecondità di ricerche come questa in grado di intrecciare la ricostruzione di singole vicende (biografiche e istituzionali) con l’analisi dei rapporti sociali (di classe).
Così come resta necessaria un’analisi storica volta a individuare i punti di tensione tra l’elemento formale (la stessa riorganizzazione dello Stato) e quello materiale (in relazione alle lotte dei soggetti in carne e ossa). Letture come queste mostrano come sia fondamentale, oggi più che mai, un progetto di reinvenzione della democrazia a partire dal potenziale trasformativo del conflitto/i e da pratiche politiche capaci di sfidare l’ordine costituito.