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Rusi otkrili gubitke NATO pakta tokom bombardovanja 1999. godini (4 novembra 2017)
Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali | wpc-in.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
23/03/2018
Ancora una volta questo marzo, il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, il Club dei generali e degli ammiragli di Serbia e altre associazioni indipendenti non partitiche della Serbia rendono omaggio alle vittime dell'aggressione NATO del 1999 contro la Serbia (Repubblica Federale di Jugoslavia).
Questa aggressione si è presa le vite di più di mille difensori, fra militari e poliziotti e loro ufficiali, oltre che di migliaia di civili, inclusi 87 bambini. Purtroppo, l'elenco definitivo delle vittime civili non è stato ancora stilato, sebbene il numero stimato sia superiore a 3.000. Circa 10.000 persone sono state ferite. Tuttavia, il numero di coloro che hanno perso la vita dopo la fine dell'aggressione a causa delle gravi ferite riportate, delle bombe a grappolo inesplose, dell'avvelenamento chimico causato dalla distruzione di raffinerie, stazioni di trasformazione, impianti chimici e, in particolare, a causa degli effetti ritardati dell'utilizzo di missili all'uranio impoverito, molto probabilmente non saranno mai determinati con precisione. C'è la certezza, comunque, di una grande numero di vittime di cancro mai avuto prima dell'aggressione, con una sofferenza senza fine delle persone colpite. Si stima che il danno diretto causato dalla devastazione dell'industria, delle infrastrutture, degli edifici residenziali e delle strutture di rilevanza pubblica superi i 100 miliardi di dollari
Quest'anno, il 21 marzo, il Club centrale militare di Serbia a Belgrado ha ospitato la conferenza intitolata "Aggressione della NATO 19 anni dopo: l'aggressione continua". Tra gli ospiti c'erano il generale Aleksandar Živković, il segretario di Stato al ministero della Difesa, il colonnello Iriškić, lo stato maggiore dell'esercito serbo, gli ambasciatori di Bielorussia Valery Brilov e Palestina Muhammad Nabhan, il rappresentante dell'ambasciata della Federazione Russa, il colonnello Koronyenko, così come rappresentanti di altre ambasciate di paesi amici e colleghi del Montenegro, della Repubblica Srpska, della Germania, della Macedonia e altri.
I relatori della conferenza includevano il prof. dr.. Momir Bulatović, ex presidente del governo Federale della Repubblica di Jugoslavia, il sig. Nikola Šainović, ex presidente del governo serbo e vicepresidente del governo federale della RFJ, il generale Milomir Miladinović, in congedo, presidente del Club dei generali e ammiragli di Serbia, Živadin Jovanović, presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, il generale Slobodan Petković, in congedo, il prof. dr. Milovaninović, presidente dell'Organizzazione degli alti ufficiali dell'esercito della Repubblica Srpska, Simo Spasić, presidente dell'Associazione delle famiglie delle persone rapite, scomparse e uccise in Kosovo e Metohija e altri.
Alla Conferenza hanno partecipato anche circa 150 membri e amici del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali e del Club dei generali e degli ammiragli di Serbia, tra cui tre ex capi di stato maggiore dell'esercito, il generale Branko Krga, il generale Dragoljub Ojdanić e il generale Miloje Miletić.
Omaggio alle vittime: fermare le esercitazioni militari con la NATO del 2019
I partecipanti alla Conferenza hanno approvato all'unanimità due appelli. Il primo è stato inviato alle autorità statali perché venga dichiarata la moratoria su tutte le esercitazioni militari di Serbia e NATO nel 2019, anno in cui ricorre il ventesimo anniversario dell'aggressione, rendendo così omaggio ai caduti in difesa della madrepatria e alle vittime civili di questa aggressione NATO. Il secondo invita tutte le organizzazioni, i movimenti e gli individui impegnati per la pace a lavorare allo scopo di arrestare l'ulteriore aumento delle tensioni e l'approfondimento della sfiducia nelle relazioni globali, di fermare la corsa agli armamenti e l'espansione delle basi militari straniere, di promuovere il dialogo, la partnership e l'uguaglianza come l'unica base delle normali relazioni tra i paesi, la stabilità e lo sviluppo nel mondo, in modo da eliminare le cause del crescente pericolo di un conflitto globale.
"I processi politici precedenti l'aggressione della NATO del 1999 non sono ancora conclusi", ha dichiarato il primo oratore, Momir Bulatovic, il primo ministro durante la guerra. "Per giustificare l'atto criminale di aggressione e preservare la credibilità dell'Alleanza hanno inventato i nostri presunti crimini. Hanno creato l'esodo degli albanesi falsificando la giustificazione dei bombardamenti. Per coloro che sono aperti a vedere la verità questo è stato provato anche dal tribunale dell'Aja", ha aggiunto Bulatovic.
La presentazione professionale del generale Slobodan Petković sulle conseguenze catastrofiche dell'uso di missili riempiti di uranio impoverito sulla salute umana e sull'ambiente ha attirato grande attenzione. Ha rivelato che l'uso massiccio dei missili con uranio impoverito è da collocarsi negli ultimi giorni dell'aggressione, quando era diventato chiaro che l'accordo sulla cessazione delle ostilità era imminente. Quindi, si può dedurre che i principali paesi della NATO avessero fretta di sbarazzarsi di tali missili contenenti rifiuti nucleari, prima che l'opportunità svanisse.
Colpo al sistema di sicurezza europeo
Il presidente del Forum di Belgrado, Živadin Jovanović, ha affermato che parlare di aggressione della NATO oggi significa parlare di gravi violazioni delle leggi internazionali, della Carta delle Nazioni Unite, dell'atto finale di Helsinki e della Carta di Parigi. Eludendo il Consiglio di sicurezza dell'ONU, la NATO ha creato un precedente che userà in seguito per una catena di altre aggressioni in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali e altri paesi. Tale pratica ha portato alla globalizzazione dell'interventismo e alla destabilizzazione dell'intero pianeta. Questo è stato il colpo più grave per il sistema di sicurezza europeo e globale, da cui né l'Europa né il mondo sono riusciti a recuperare fino ad oggi.
Parlare di questa aggressione ci ricorda inevitabilmente l'alleanza tra la NATO e il terrorista UCK che ha portato alla pulizia etnica di oltre 250.000 serbi della provincia serba del Kosovo e Metohija, i quali stanno ancora aspettando di tornare liberamente e in sicurezza nelle loro case e campi. Oltre 150 chiese serbe e monasteri medievali, alcuni dei quali appartengono al patrimonio mondiale sotto la tutela dell'UNESCO, sono stati distrutti durante e dopo l'aggressione. L'aggressione continua nel finora occupato e derubato Kosovo e Metohija, con la secessione unilaterale del 2008 nonostante il mandato delle Nazioni Unite, unicamente con il sostegno e il riconoscimento di tale atto illegale da parte dei governi della maggior parte dei paesi membri della NATO e dell'UE. Questo è inoltre un precedente invocato in una serie di altri casi e che sarà invocato ancora più frequentemente in futuro.
Al vertice di Washington dell'aprile 1999, in occasione del 50° anniversario della sua fondazione, i leader della NATO abbandonarono la strategia difensiva e adottarono quella offensiva dell'espansione verso l'Oriente, di fatto, verso i confini occidentali russi. Ad oggi, la NATO persegue la stessa strategia anche se in una distribuzione globale della potenza del tutto diversa. Attualmente, le cause alla base del pericolo per la pace si trovano nella negazione di un nuovo equilibrio di poteri che è indice di multi-polarità, e nella convinzione che i privilegi dei membri della NATO hanno acquisiti negli ultimi decenni possano essere difesi dalla forza militare, cioè dalle armi nucleari, sostiene Jovanović. Ha proseguito dicendo che l'Occidente sta avendo grandi difficoltà ad adattarsi alle nuove realtà di un mondo multipolare. L'unico modo per riportare il mondo alla stabilità, alla pace e allo sviluppo è di rispettare i principi di uguaglianza, collaborazione e rispetto reciproco.
Kosovo - Sudetenland
Ha inoltre aggiunto che, a 19 anni dall'aggressione, i principali membri della NATO cercano di rivendicare questo crimine contro la pace e l'umanità. A tal fine, stanno tentando di costringere la Serbia a partecipare al disegno dei nuovi confini internazionali in quella parte d'Europa, alla creazione di un altro stato fantoccio criminale che ruba parte del territorio statale della Serbia. Secondo il parere di Jovanović, il calendario e la soluzione imposti si adeguano agli obiettivi geopolitici di qualcun altro e non possono portare a una soluzione pacifica e sostenibile, ma piuttosto a un ulteriore rafforzamento del potenziale di conflitto nei Balcani. La posizione presa dall'Europa, in particolare dalla Germania e dal Regno Unito, nonché dagli Stati Uniti, su come risolvere la questione dello status della provincia serba del Kosovo e Metohija, rivelerà se l'Europa è sulla via della stabilizzazione e dello sviluppo, o se invece resta irrimediabilmente impantanata sulla strada di un ulteriore approfondimento dell'instabilità, dell'indebolimento identitario e delle mancate opportunità di sviluppo. Tutto ciò ricorda la situazione del 1938, quando alcuni leader europei si incontrarono a Monaco credendo ingenuamente che sacrificare i Sudeti cecoslovacchi avrebbe portato pace e stabilità. E in effetti, essi rimasero invischiati nella guerra, avverte Jovanović. Egli ha sottolineato come solo un compromesso equilibrato, basato sulla Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, abbinato all'osservanza della sovranità e dell'integrità territoriale della Serbia, è in grado di garantire la sostenibilità della pace e la stabilità nei Balcani e in Europa.
Jovanović ha osservato che, nel frattempo, l'aggressione della NATO si è evoluta dal suo formato militare ad altre forme, tutte con gli stessi obiettivi: rubare il Kosovo e Metohija alla Serbia, disegnare nuovi confini internazionali, creare un nuovo stato albanese su una parte del territorio statale della Serbia, dividere il popolo serbo fra quello a sud di questo presunto nuovo confine, facendolo diventare l'ennesima minoranza nazionale, e quello a nord del confine rimasto nella Serbia centrale. Sono in corso tentativi per costringere la Serbia, con pressioni e minacce, a collaborare a questo progetto geopolitico, astenendosi dall'opporsi all'ammissione di questo soggetto illegale fra i membri delle Nazioni Unite. La forma è quella della firma di un "documento completo giuridicamente vincolante" particolarmente caldeggiato dalla Germania. L'aggressione continua anche dicendo a Belgrado che "nessuno ha il diritto di porre il veto sulla creazione delle forze armate del Kosovo", a prescindere dal fatto che il territorio della provincia del Kosovo e Metohija sia ancora sotto il mandato delle Nazioni Unite. La scadenza biennale per la "consegna" stata recentemente fissata per la Serbia dalla Commissione europea dell'UE, mentre gli Stati Uniti l'hanno successivamente ridotta a un anno, dimostrando così la loro insoddisfazione non solo per i tempi della "consegna", ma anche per l'inefficienza dell'Unione.
La Serbia ha scelto la neutralità
La posizione pubblica degli alti vertici della NATO è che nessuno stia costringendo la Serbia ad accettare l'adesione, che la Serbia da sola ha il diritto di valutare le sue priorità e interessi, anche se la NATO rimane aperta. Ai livelli più bassi e attraverso il cosiddetto settore non governativo finanziato dai fondi provenienti dagli stati membri, tuttavia, i punti sollevati sono che l'adesione alla NATO non è che un risultato naturale dell'opzione europea (UE) della Serbia, che la Serbia è circondata dai membri della NATO, e che tale appartenenza conferisce enormi vantaggi ma non implica la partecipazione a tutti gli interventi della NATO poiché ciò è a discrezione di ciascun membro, e così via. Sta diventando sempre più evidente che la NATO è disturbata dall'opinione pubblica anti-NATO in Serbia, che circa l'85% della popolazione totale è contraria all'adesione. Questa preoccupante realtà spinge la NATO a impegnare grandi energie ed enormi risorse finanziarie per dipingere sé stessa come una promettente, democratica alleanza per la costruzione della pace. Basandosi sull'IPAP (Individual Partnership Action Plan - Piano d'azione per partenariati individuali), la NATO si aspetta che le strutture ufficiali e non ufficiali serbe contribuiscano a diffondere un'immagine positiva e amichevole della NATO fra il pubblico serbo.
Jovanović ha ricordato che ci sono altri paesi neutrali in Europa circondati dalla NATO e che tuttavia non si sentono minacciati, né costretti a prendere in considerazione l'adesione formale ad essa. Ha citato gli esempi di Austria, Svizzera e Svezia. Laddove un paese confina con diversi stati membri della NATO, questo non dovrebbe implicare che, in virtù di ciò, la NATO costituisca per esso una minaccia, ha continuato Jovanović. I paesi che hanno aderito in breve tempo alla NATO nel periodo successivo all'aggressione della Serbia (RFJ), hanno esperienze storiche diverse, non sono alieni all'appartenenza a trattati militari, non sono stati neutrali o non allineati e nessuno di loro ha realmente sperimentato il vero significato del carattere offensivo della strategia NATO approvata nel vertice del 1999 a Washington. Dopotutto, ha sottolineato Jovanović, ogni paese ha il diritto di scegliere liberamente. La scelta della Serbia è la neutralità militare e intende confermarla. Essa dovrebbe coltivare questa neutralità, affermarla e rafforzarla, riconoscendo le esperienze passate, le alleanze sperimentate e le amicizie. La Serbia è un paese aperto e pacifico e non desidera entrare in un'alleanza militare dal carattere offensivo, ha concluso Jovanović.
Profondamente preoccupati dalla tendenza in atto di approfondire le tensioni e la sfiducia nelle relazioni mondiali,
Considerando la diffusione crescente di basi militari straniere, l’enorme crescita della spesa militare e la mancanza di rispetto per gli accordi sul controllo degli armamenti,
Notando la mancanza di un dialogo significativo tra gli attori globali, da un lato, con la pratica dell’espansionismo e dell’interventismo militare, dall’altro con le minacce dell’uso della forza, incluse le minacce dell’uso di armi nucleari,
Particolarmente allarmati dall’accumulo di dotazioni belliche e di truppe in Europa, e dalla militarizzazione dei processi decisionali politici, dello sviluppo economico, del sistema educativo e dei mass media,
Condannando la pratica dell’uso della forza, che elude il Consiglio di sicurezza dell’ONU e viola la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale di Helsinki dell’OSCE, la Carta di Parigi e altri principi fondamentali delle relazioni internazionali,
Profondamente preoccupati dai crescenti rischi dell’esplosione accidentale di un conflitto globale,
In opposizione alle politiche di doppio standard nei confronti del separatismo e del terrorismo, che provocano la destabilizzazione e i conflitti globali,
– Affrontare tutte le crisi e i problemi internazionali con mezzi politici pacifici, nel rispetto dei principi basilari del Diritto Internazionale e dei legittimi interessi delle parti coinvolte
– Rafforzare il dialogo politico e le relazioni di partenariato basate sulla sovranità dell’uguaglianza, e bloccare la tendenza di approfondire la sfiducia nei rapporti tra gli attori globali nelle relazioni internazionali. Fondandosi sull’ordinamento giuridico internazionale e rafforzando il ruolo e l’autorità delle Nazioni Unite e in particolare del ruolo insostituibile del Consiglio di sicurezza nel mantenimento della pace e della sicurezza
– Rinunciare all’uso delle armi nucleari e all’avviamento di negoziati sul disarmo nucleare sotto l’egida dell’ONU
– Combattere efficacemente e sradicare le cause profonde del terrorismo internazionale e delle migrazioni di massa, sotto l’egida dell’ONU
– Riportare tutte le questioni di guerra e pace a istituzioni democratiche, in modo da impedire il dominio dei gruppi di lobby dei settori industriali e finanziari militari, sui processi decisionali.
Club di Generali e Ammiragli della Serbia
APPELLO PER UNA MORATORIA SULLE ESERCITAZIONI MILITARI DELLA SERBIA CON LA NATO NEL 2019
Ricordando il fatto che la NATO ha gravemente violato la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale di Helsinki dell’OSCE, la Carta di Parigi e altre norme internazionali legalmente vincolanti,
Sancendo la responsabilità della NATO per la morte di migliaia di cittadini serbi, soprattutto civili, tra cui molti bambini, per l’utilizzo di missili con uranio impoverito, che hanno provocato conseguenze permanenti e incalcolabili per la salute dei cittadini e dell’ambiente in Serbia e nella regione,
Rimembrando che l’anno 2019 segnerà il 20° anniversario dell’aggressione armata della NATO,
Facciamo appello alle istituzioni e alle autorità statali competenti della Repubblica di Serbia, in conformità con i rispettivi poteri ai sensi della Costituzione e delle leggi, in un gesto che sappia onorare i soldati, i poliziotti e i loro comandanti caduti in difesa del paese dall’aggressione della NATO e del cosiddetto UCK nel 1999.
TUTTE LE INFO:
Appello in formato .PDF
http://www.forumpalestina.org/news/2018/Maggio18/Appello%2012%20maggio.pdf
Manifesto in formato .PDF
http://www.forumpalestina.org/news/2018/Maggio18/Manifesto_HD_12Maggio.pdf
Esiste un rapporto molto stretto tra lingua e cultura. Già dalla definizione di “lingua” proposta da Ferdinand de Saussure, il padre della linguistica, nell’opera Corso di linguistica generale, si evince lo stretto legame tra lingua, cultura e popolo: «Per noi [la lingua] non si confonde col linguaggio; essa non ne è che una determinata parte, quantunque, è vero, essenziale. Essa è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui».
Per questo, nell'ambito del nostro corso di lingua serbocroata, abbiamo deciso di proporre una giornata di formazione e di abbandonare per un attimo la grammatica per concentrarci sulla storia, sulla musica, sulla cinematografia e sulla letteratura jugoslava e post-jugoslava. Parleremo del regista Goran Marković, del film cult Varljivo leto, della musica new wave a Zagabria, Belgrado e Sarajevo, del gergo giovanile, della città di Krk e di quella di Novi Sad. Poi mangeremo e converseremo. Vi aspettiamo domenica 13 maggio 2018 dalle h 15,30 presso l'associazione Red House, via Bendini 11, Collegno. Alle 19 circa terminerà il momento di formazione e inizieremo a banchettare con quello che porterete....
Per aggiornamenti si veda anche il gruppo facebook del corso
Wien, 24. März 2018
Aus Wien, wo heute die alljährliche Kundgebung zum Gedenken an die NATO-Aggression 1999 stattfindet, senden wir solidarische Grüße an unsere Freunde des „Beoforums“ in Belgrad:
Für die Völkerfreundschaft- Gegen Interventionismus
Heute jährt sich der völkerrechtswidrige Überfall der NATO-Allianz auf die Bundesrepublik Jugoslawien zum 19. Mal. Vor 19 Jahren begannen die mächtigsten westlichen Mächte ihre Kampagne gegen Staaten, die sich nicht dem neoliberalen Diktat und Interventionismus von NATO, IWF und EU unterwerfen wollten. Jugoslawien war ein Beispiel eines Landes in Europa, das seine Souveränität und seinen eigenständigen Entwicklungsweg zwischen Ost und West bewahren wollte. Dafür gab es im „neuen Europa“ nach 1989/91 aus Sicht der westlichen Eliten keinen Platz mehr. Alle Mittel wurden angewandt um den Widerstand zu brechen: Es wurde ein Krieg in dieses Land hineingetragen. Sanktionen, Dämonisierung, die offene militärische Aggression und der Raub des Kosovo. Milica Rakic und Sanja Milenkovic sind nur 2 bekannte Namen der tausenden Opfer dieses Krieges für eine „neue Weltordnung“. In den letzten Jahren wurde das Konzept der Staatszerstörung gegen weitere missliebige Länder angewandt: Irak, Libyen und aktuell gegen Syrien und die Ukraine. Das serbische Volk hat einen hohen Preis gezahlt. Heute herrschen Armut, Arbeitslosigkeit und in weiten Teilen der Bevölkerung Perspektivenlosigkeit. Trotzdem gibt es mehr und mehr Menschen, die sich mit dieser „neuen Ordnung“ nicht abfinden wollen. Das gibt Hoffnung. Wir, die hier in Österreich für Neutralität, Frieden, soziale Gerechtigkeit und Völkerverständigung kämpfen, stehen solidarisch mit den vielen Menschen in Serbien, die genau dasselbe in ihrem Land wollen. Milica Rakic und Sanja Milenkovic sollen uns mahnen und sie sind unser Auftrag gemeinsam für diese bessere Welt zu kämpfen. Wir sind es ihnen schuldig.
Angelehnt an die alte Losung der jugoslawischen Partisanen im 2. Weltkrieg sagen wir heute:
„Tod dem Imperialismus- Freiheit dem Volke!“
David Stockinger
Vorstandsmitglied der „Solidarwerkstatt Österreich- Initiative für ein freies, neutrales und solidarisches Österreich“
Funktionär der Sozialdemokratischen Partei Österreichs
Za prijateljstvo naroda - protiv intervencionizma
Danas obeležavamo napad pripadnika NATO saveza koja je napala Savezne Republike Jugoslavije pre 19 godina suprotnosti sa međunarodnim pravom. Pre 19 godina najmoćniji zapadne sile su počeli svoju kampanju protiv zemalja koje ne tvrdimo diktatu neoliberalizma i intervencionizma NATO-a, MMF-a i EU. Jugoslavija je bila primer zemlje u Evropi koja je želela da očuva suverenitet i svoju nezavisnu razvojni put između Istoka i Zapada. Za to nemao je vise mesta u "novoj Evropi" posle 1989/91 sa stanovišta zapadnih elita. Sva sredstva se koriste za merenje otpora da se probije: Rat je sprovrden u ovoj zemlji. Sankcije, satanizacija, otvorena vojna agresija i plen Kosova. Milica Rakić i Sanja Milenković su samo 2 poznata imena hiljada žrtava ovog rata za "novog svetskog poretka". U poslednjih nekoliko godina, koncept državne destrukcije je izrečena protiv više opozicionih zemalja: Irak, Libiju i trenutno protiv Sirije i Ukrajine. Srpski narod je plaćao visoku cenu. Danas, postoji siromaštvo, nezaposlenost i veliki deo stanovništva nema perspektive. Ipak toga, postoje više i više ljudi koji ne žele da trpe ova "novom poretku". To daje nadu. Mi koji se borimo ovde u Austriji za neutralnost, mir, socijalne pravde i međunarodnog razumijevanja su, u znak solidarnosti sa mnogim ljudima u Srbiji koji žele istu stvar upravo u njihovoj zemlji. Milica Rakić i Sanja Milenković treba da nas podseti i oni su naša misija da se zajedno bore za bolji svet. Dugujemo to im.
Na osnovu starom parolom jugoslovenskih partizana tokom Drugom Svetskog rata mi danas kažemo: "Smrt imperijalizmu - sloboda narodu!"
David Stockinger
član upravnog odbora "Solidarwerkstatt Österreich - Inicijativa za slobodnu, neutralnu i solidarnu Austriju"
Funkcioner Socijaldemokratske Partije Austrije
By Jan Oberg
March 24, 2018, marks the 19th anniversary of NATO illegal and illegitimate bombing of Yugoslavia, Serbia and its Kosovo, province during 78 days. It has – one is tempted to say: of course – been conveniently forgotten by the West itself.
It was masterminded by the United States under Bill Clinton and Secretary of State Madeleine Albright after the so-called negotiations between Serbs and Albanians in Rambouillet outside Paris (the parties never met face-to-face)
While Clinton may be best remembered for his relations with Monica Lewinsky and his wife, Hillary Clinton, some of us also remember him (and Albright) for bombing Afghanistan, Sudan, Bosnia-Hercegovina and contributions to the proportionately largest ethnic cleansing in Yugoslavia – of Croatian Serbs out of Croatia’s Krajina, Eastern and Western Slavonia where they had lived for about 400 years, in Operations “Storm” and “Flash” in 1995.
Clinton was also the President who started the expansion of NATO against assurances about never doing so given by leading NATO politicians to Mikhael Gorbachev and former Yugoslav republics are now NATO members (Slovenia, Croatia and Montenegro) and upheld the sanctions on Iraq’s innocent citizens even after 500 000 had died.
By an objective analysis of the contemporary history of interventionism and militarism, Russia’s response to the de facto coup d’etat in Kiev by annexing Crimea would, one should expect, be compared with such fundamentally important and international law-violating policies and, likely, found to be minor in comparison. But that, naturally, is impossible for those who have reasons to be in denial of their own wrongdoings and large parts, therefore, of the post-Cold War history.
With a history like that – and more since then – it is no wonder that the NATO/West must blame everything evil on virtually everybody else: Russia, Syria, Iran, North Korea and China in particular. In psycho-political terms, it’s called projection while others might call it amnesia or attention-diversion that fit new crimes.
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Yugoslavia’s dissolution was surely caused by internal dynamics accumulating over a decade after Josip Broz Tito’s death. But the international so-called community’s involvement could, in the macro-historical perspective, be viewed as at least as destructive, if not more. The understanding of the hugely complex conflict formations in the Yugoslav space was unknown to 99% of the Western governments and their diplomats – having no other mental patterns than the Cold War and, thus, casting the Serbs as the evil, expansive Orthodox Russians and the rest as freedom-seeking peoples who ought to belong to “us”.
They thought it was about ethnicity while ethnicity was just a vehicle for mobilisation of warfighting energies and exploitation of traumas from the Second World War. They thought that conflict-resolution was about reducing complexity down to two parties, one good and one evil and that peace-making would succeed if they supported the former and punish the latter.
With such a deficient intellectual toolbox, with such amateurish Diagnosis of Yugoslavia’s problems, it shouldn’t surprise anyone that the Prognosis was wrong too and that the kind of final Solution – dissolution, split-and-rule and rewarding extremist nationalism and humiliating Russia – turned out catastrophic.
A good doctor causes as little pain and blood loss. Western conflict doctors, accompanied by their arms traders, spilt as much blood as possible, on top of what the various domestic governments, private warlords and paramilitaries of Yugoslavia were able and willing to do to each other.
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To make this Western – remember, Russia was on its knees and could play no role – quackery succeed, at least in their own eyes, the self-appointed peacemakers of our world had to produce a number of novel tricks – all of which makes the longterm effects of this Yugoslavia’s dissolution more significant than the fall of The Wall.
Among such politico-military inventions on would perhaps in particular point to these:
• Since this was the first larger conflict after the dissolution of the Soviet Union and the Warsaw Pact, everything seemed possible, no need to take into account what Russia might do because it could do virtually nothing.
• Splitting with violent means an existing founding member state of the Non-Aligned Movement and of the UN;
• Bombing without a UN Security Council mandate (and where there were one, making it blurred and never finding the funds for the UN to succeed);
• Recognising Slovenia and Croatia out of Yugoslavia against while the criteria for declaration of independence (such as control over a territory) were not met;
• Recognising these two republics out of Yugoslavia while not having the slightest idea about what to do with Rest-Yugoslavia and, thereby, making the war in Bosnia-Hercegovina impossible to avoid.
• Inventing the peace enforcement idea in the UN Agenda for Peace report that contravened everything the UN stood for and enabled one-sided military action by outsiders;
• Inventing the idea of humanitarian intervention – and using it there where there were no genocide (or plan of it, certainly not in Kosovo either) or other historically, uniquely huge, humanitarian catastrophe while never since contemplating such interventions to really stop such mass-killing calamities elsewhere;
• Bombing relentlessly and shamelessly over 78 days one country, Serbia, in order to create a new state out of it, Kosovo – the second Albanian state in Europe;
• And threaten the destruction of the capital, Belgrade, unless President Slobodan Milosevic withdrew from Kosovo;
• Establishing a special Tribunal in the Hague for only this conflict and Rwanda, a tribunal which, to the very end, was marked by strange procedures and biases that, hardly surprisingly, fit the political patterns and deficient conflict diagnosis practised by the West.
• While one can certainly argue that the UN was undermined by many other wars before those in Yugoslavia, Vietnam not the least, it can be argued that it was here the UN became a victim of systematic marginalisation and accused of being useless and even complicit in its policies and on-the-ground missions – to the extent that the UN has not been thought of as a central peacekeeper, – maker and -builder in any of the large conflict zones since 1999..
• And it is, finally, the conflict in which commercial marketing companies – such as Ruder Finn – were brought in to secure an advantageous but deceptive global image of Croatia, Bosnian Muslims and Kosovo-Albanians. Powerful narratives that serve certain interests but not truth in any sense didn’t start with Syria. Neither did mainstream media’s loyalty to their governments and addiction to simplifying two-party narratives that were particularly misleading here, in one of the world’s most complex conflict formations.
Those of us who were more or less permanently on the ground in all parts of Yugoslavia – had been there decades before and followed it closely after, tended to see things in rather different perspectives and would maintain that the outside “help” Yugoslavia received from the international so-called community was a kind of cynical euthanasia rather than a genuine help to recover.
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Kosovo and TFF’s mediation and peace plan
This author served as goodwill mediator/adviser to three governments in Belgrade and to the non-violent leadership team of Dr Ibrahim Rugova in Kosovo. They wanted an independent state but only through non-violent means – and therefore soon marginalised by the West which, with the particular contribution of the German intelligence service BND and the American CIA instead invested in the darkest and most criminal circles in Kosovo and set up the Kosovo Liberation Army (KLA/UCK) which later served as a kind of army on the ground for NATO’s bombing raids.
We developed a plan for a negotiated solution to the conflict based on a total ceasefire, UN presence and monitoring and a three-year negotiation process. It was shaped like an international law document. As far as we know, it is the only plan that was widely discussed and presented in in details in both Serbian and Albanian media.
It turned out soon to be all in vain. The US and NATO allies had other plans – and they were not about peace. The Rambouillet meetings were totally fake, meant only to secure that Belgrade would say No and the Albanian Yes. Then Assistant Secretary of State, James Rubin, formulated it so well – people thought: Today the Serbs have chosen war and the Albanians peace. He said it to his wife, Christiane Amanpour on CNN – State war policies and mainstream media already then in symbiosis.
How was it done? Well, in the first round of talks the Albanians had stalled while the Serb team went along with a plan presented by Madeleine Albright. That was not what they wanted, so she later produced an Appendix to the text – to be used to turn the talk results around 180 degrees: The Appendix stipulated that NATO forces should be deployed to Serbia, should not be legally responsible for damage it may cause to Serbian property and not pay for the use of harbours and airfields.
Who would not have smelled a rat here? Either NATO could then have started a war from inside Serbia itself, having already a first contingent on the ground. Or they could move to arrest President Milosevic at some point. Surprise, surprise: The Serbs said no and the Albanians were enthusiastic.
That was the pretext to NATO bombings 19 years ago. Plus the – presumably nicely staged – massacre in the village of Racak. A US head of the OSCE-related KVM monitoring mission, Mr William Walker, with a less than clean-handed past in the CIA, arrived immediately and, before any analyses had been made, declared it the work of the Serbian government.
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TFF’s team of Yugoslavia experts, psychologists, media people, peacemakers etc. was on the ground everywhere, conducted interviews on all sides (some 3000) and roamed around with flak jackets also where no embassies were found. No Western government ever took any interest, except former US Secretary of State, Cyrus Vance and his team whom we had a long conversation with in a late evening at his hotel suite. A delightful intellectual with a heart, a moral man – who was quickly sidelined by the Clinton administration and one of the students Vance had taught diplomacy – Warren Christopher.
TFF’s first report, After Yugoslavia – What? in September 1991 was published at the same time as Vance’s team was working on the idea to deploy UN peacekeeping missions in Croatia. That was also a central proposal of the mentioned report.
Over the years, three TFF Associates – Johan Galtung, Hakan Wiberg and Jan Oberg who in total had about 130 man-years of experience with Yugoslavia – wrote the equivalent of about 2000 A4 pages – main comprehensive conflict analyses and peace proposals and some debate articles and press releases. They’re all gathered – as they were written at the time – in the blog (1) report “Yugoslavia – What Should Have Been Done” which is not only the largest peace research publication about Yugoslavia but also a frontal criticism – with alternatives point by point – of how the West practised what must be termed peace prevention.
Yes, there were alternatives.
But those who mastermind wars are not exactly the best listeners.
Back then as today, somebody else paid a high price.
We don’t want to contribute to the special war crimes amnesia of the West.
And we want to remind our audiences that there are always alternatives to warfare.
Note 1
There are only three cases in the 20th century where dividing states were done without bloodshed: Norway from Sweden in 1905; Singapore from Malaysia in 1965 and the division of Czechoslovakia in 1993. All others were violent. Where those who advocated that Yugoslavia be divided by force unaware of history or just cynical?
Note 2
The advantage of a blog, compared with a book or a series of volumes as this would have been, is that it lasts much longer in the public domain, being available to concerned citizens, students and researcher everywhere. Sadly, academic books today mostly end up in libraries (and photocopiers), too expensive for students to acquire. A blog is also much handier for students with a search engine instead of the notes and index at the end of a book (which often doesn’t have that detail you’re looking for…).
Некадашњи француски мајор Пјер Анри Бинел познат по томе што је нашој војсци предао планове НАТО бомбардовања и тиме одложио почетак агресије, упутио је јавно писмо српском народу. Због подршке Србима остао и без признања Легије части.
Бинел је пред судом осуђен на 5 година затвора, а како је рекао он се не каје и то би урадио опет. Погледајте шта је Француз поручио нашем грађанима Србије поводом приближавања Србије злочиначком НАТО пакту. Пре седамнаест година почела је Нато агресија против једног поносног и слободног народа, српског народа. Саучесници ове драме налазили су се и у великом делу јавног мњења злоупотребљеног пропагандом НАТО-а и његових сателита. Будући да сам учествовао у покушају да ово зло спречим, све те догађаје који ће запечатити кривце за будућност и историју, био сам приморан да пратим из мог француског затвора. А када је тај злочин био најављен, ја сам осетио стид помешан са поносом и чашћу. Најпре, стид јер сам видео своју земљу како добровољно улази у издајство. Било је то у ствари издајство самога себе, јер разлози за бомбардовање нису постојали, јер учешће у таквом безчашћу није могло да служи француском народу, и , најзад, оно најгоре, наши политичари тиме су издали традиционално пријатељство исковано историјским наслеђем. Тако су „савезници" бомбардујући Београд, као некада, у другом светском рату нацисти, сами себе оцрнили у будућности. Али, ја сам осетио и понос. Још за време мог ангажовања у Босни и Херцеговини, почео сам да упознајем српски народ. Иако је стање Срба у Босни и Херцеговини било јако тешко, Срби су увек држали реч када би нешто рекли, чак и према тим окупационим снагама . То није била сарадња, него, просто, поштовање дате речи онога што је потписано Дејтонским диктатом. У ово неславно време НАТО-а и његових саучесника, једино су Срби показивали храброст и часност. Служећи казну у париском затвору, све време сам осећао пријатељство према неправедно бомбардованим Србима. Бомбардовани сте зато што сте хтели да браните своје постојање, своју културу и своју слободу. Углавном, зато што сте бранили своја основна права. Био сам поносан гледајући како се ваши родољуби под бомбама окупљају на мостовима, као живе мете које желе да спасу отаџбину коју воле. У току мог робијања, добио сам много поздрава од Срба из Француске, али и из Србије. У мојој радној соби, ја чувам једну разгледницу на којој су српски и француски војници из времена ратова на Балкану 1918.године. На њој на српском језику пише: српски и француски официри у првом светском рату, а на француском је додато: „Хвала мој команданте Пјер Анри Бинел ! Србија се моли за тебе овог марта 1999." То је разгледница број 188, франкофилско издање 1999., са потписом проф. Бранка Васиљевића. Где год сам се селио, носио сам ту разгледницу са собом. Када сам, најзад, тог 29. августа 1999. изашао из затвора, ви сте већ били однели победу. Ударци ваших непријатеља нису вам сломили отпор, нису се више чули, ни америчка секретарка, нити брбљиви Холбрук. Сви ти брбљивци уступили су тада место једном финском преговарачу. Наравно, мојој драгој Србији причињена је огромна штета, али ви тада нисте били устукнули и чували сте још увек вашег председника. Када су ме 2003. позвали моји пријатељи Мила Алечковић и Ив Батај, а затим и издавачка кућа „Гутембергова Галаксија" (и њен директор Миле Баврлић) који је прихватио да на српском језику штампа моју књигу „Злочини Нато", најзад ми се пружила прилика да посетим земљу коју сам толико волео и да сретнем хероје који су издржали под убилачким бомбама. Прешао сам Ибар у Косовској Митровици под погледима Албанаца готово пуним мржње, али и под заштитом Срба са северне обале. Тада сам тек схватио колико је мој родни крај Аријеж, у планинама јужне Француске, сличан тој јужној српској покрајини. Сличан по планинама, сличан по народу који је исто тако навикнут на тежак рад на планинској земљи и на оштре зиме. И народ из мог родног краја такође је морао да се бори против освајача који су долазили са севера и за нас , пореклом са Пиринеја, високи Монсегур исто је што и Косово Поље за српски народ. Али, политичка злоупотреба се наставила, као и признање независности српског Косова и Метохије од стране вашингтонских сателита.
Француска је, такође, пролазила кроз мрачне периоде своје историје. И њој је био отет Алзас и Мозел од стране немачких хорди. Од 1940.до 1945. и она је била поробљена. На крају смо из тога ипак изашли. Наравно, и данас се може рећи да смо пред опасношћу. Али, и Француској, као и Србији, остаје нада. Исте оне снаге које су довеле до сакаћења Србије и које су довеле до сакаћења Француске, довешће и до устанка наша два народа. Зато је потребно да српска и француска омладина одоле лукавствима и чарима потрошачког друштва. Народи који немају историју, немају будућност. Насупрот томе, они који знају да сачувају своју традицију, узевши из модернизма оно што је добро, они који знају да очувају свест о томе ко су, о томе како су их стварали њихови очеви, ти народи имају будућност. Развој нашег човечанства показује да су узори које шире наши непријатељи у ствари крхки, јер почивају на млитавости и лењости. У свету који настаје, будућност припада онима који су вични тешкоћама и који не траже много. Дужност нас одраслих је да нашој деци покажемо прав пут. Вођени нашим светим очевима и нашом личном снагом, на нама је, зато, да преузмемо узде сопствене судбине. Срби су храбри. То су показали током историје, барем од времена Косовске битке, наовамо. И , најзад, ви нисте сами , чак и ако су ваша будућа браћа по борби, тренутно још увек осуђена на тишину. Вера у Бога, вера у своју земљу и у своју традицију је извор ваше славе у будућности. На ову седамнаесту годишњицу несреће која ће се једном завршити, желео сам да свима вама кажем да за вас, у себи носим пријатељство и љубав. Нека је слава и дуг живот српском народу !
Ваш пријатељ и ваш брат: Пјер Анри Бинел
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