Informazione


[Iniziative segnalate in Serbia e Croazia nei prossimi giorni]

Inicijative u Hrvatskoj i Srbiji

* Beograd 20.2.: Округли сто о Косову и Метохији
* Zagreb 22.2.: Prosvjed „Sveučilište mora bolje“!
* Zagreb 28.2.: Inicijativa za dijalog ljevice i sindikata – Okrugli stol


=== Beograd 20.2.

Beograd, utorak 20.2.2018.
u 11 sati u Svecanoj sali Doma Vojske Srbije, Brace Jugovica br.11

Округли сто о Косову и Метохији

Govore: Z. Jovanovic, M. Miladinovic, R. Radinovic, L. Kastratovic, S. Stojanovic, T. Petkovic

Organizuju: Beogradski Forum, Klub Generala i Admirala


=== Zagreb 22.2.

[Manifestazione a Zagabria per l\'Università]


Podrška prosvjedu „Sveučilište mora bolje“!

Sve članove i simpatizere pozivamo na prosvjed

22. 2. 2018. u 17 sati

Trg Republike Hrvatske / Trg maršala Tita

 

Organizatorima prosvjeda dajemo punu podršku u nastojanju da demokratiziraju upravljanje institucijom na kojoj se obrazuju.

Sveučilištem u Zagrebu se posljednjih godina upravlja netransparentno, procesi upravljanja su obilježeni korupcijom i nepotizmom. Ne poštuje se ni statut ni autonomija sveučilišnih sastavnica, krše se radna prava i pravo na profesionalno napredovanje u skladu s postignutim rezultatima. Sveučilište vodstvu, pojedincima i interesno umreženim grupama, služi za ostvarenje privatne koristi. Zagrebačko je sveučilište, zbog načina na koji se njime upravlja, izgubilo na kvaliteti, ali je izgubilo i bilo kakav javni legitimitet.

Studenti i profesori Filozofskog fakulteta pokazali su da se organiziranom akcijom korištenje pozicije moći može spriječiti. Njihovo zajedništvo i solidarnost mogu poslužiti kao uzor djelovanja na sveučilišnoj razini.

Upravljanje Sveučilištem mora se demokratizirati, studenti i profesori moraju sudjelovati u donošenju odluka, od izbora novog čelnika do svih onih odluka koje se tiču studentskih prava, uvjeta studiranja ili znanstvenog rada.

Svojim prosvjedom „Sveučilišna platforma“ upozorava na štetnost netransparentnog i nedemokratskog upravljanja Sveučilištem. Podržavamo ovaj prosvjed, kao i sve akcije kojima se traži demokratizacija upravljanja svim javnim institucijama. Uz to, dajemo punu podršku i svim drugim zahtjevima za očuvanje visokog obrazovanja kao javnog dobra dostupnog svima.

Sveučilište mora bolje!

Socijalistička radnička partija Hrvatske


=== Zagreb 28.2.

Socijalistička radnička partija Hrvatske organizuje

INICIJATIVA ZA DIJALOG LJEVICE I SINDIKATA

OKRUGLI STOL, srijeda, 28.02.2018. u 17 sati,
Tribina grada Zagreba, Kaptol 27





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COMMENTI

Minniti come Facta nel 1922

Macerata. Le istituzioni, oggi come ieri, non garantiscono il rispetto della legalità costituzionale e aprono i varchi al neofascismo, ritirandosi dalla piazza di Macerata. I fatti di Reggio Calabria del 1972 videro la risposta coraggiosa dei sindacati metalmeccanici di Trentin, Carniti e Benvenuto in piazza contro le bombe nere

Carlo Freccero, Andrea Del Monaco 

su Il Manifesto del 13.02.2018

«Il fascismo è morto per sempre» sostiene il ministro degli interni. Mercoledì scorso, per Marco Minniti, ci avrebbe pensato il suo ministero dell’interno a impedire che la manifestazione antifascista di Macerata si facesse. Per fortuna alla fine il governo Gentiloni ha autorizzato tale manifestazione.

Minniti avrebbe dovuto ricordare che il 22 ottobre 1972, un suo predecessore, Mariano Rumor, l’allora ministro democristiano degli interni, consentì la più grande manifestazione antifascista nella nera Reggio Calabria: Minniti è nato proprio a Reggio Calabria, allora aveva 16 anni e si sarebbe iscritto alla Fgci.

Purtroppo oggi non si è ispirato a Rumor. E tantomeno si è ispirato al Pci del 1972. Minniti sembra incorrere nell’errore del presidente del consiglio Luigi Facta nell’ottobre 1922.

Il neofascismo oggi si ripropone per due ragioni.

In primo luogo lo Stato non garantisce il pieno rispetto della legalità costituzionale; il governo Monti e i successivi governi del Pd varano politiche di austerità alle quali si oppongono solo le destre razziste. E così l’operaio impoverito, l’esodato, lo sfrattato o il disoccupato votano a destra perché considerano il centrosinistra complice dell’austerità.

La memoria del 1900 dovrebbe aiutare su tre nodi.

1) DOPO IL 1945, la determinazione antifascista di Pci, Psi e Pri e il rispetto della Costituzione da parte della Dc hanno fermato il neofascismo. Non l’ignavia, bensì il coraggio ha fermato il neofascismo.

Ecco un celebre esempio. Dopo le prime elezioni regionali del 1970 il governo nazionale avrebbe voluto nominare Catanzaro capoluogo della regione Calabria.. Al contrario i reggini volevano la loro città capoluogo.

Dall’agosto 1972 il sindacalista della Cisnal, Ciccio Franco, guidò a Reggio Calabria la rivolta neofascista del “boia chi molla”, rivolta che ambiva a rappresentare gli emarginati da destra. Squadristi fascisti assaltarono sezioni del Pci, del Psi e la Camera del Lavoro. Nel contempo il Fronte Nazionale, Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale presero parte ai cosiddetti “moti di Reggio Calabria”: il 22 luglio 1970 a Gioia Tauro una bomba fece deragliare il treno “Freccia del Sud” e morirono 6 persone.

Il 4 febbraio 1971 venne lanciata una bomba contro un corteo antifascista a Catanzaro. Malgrado le bombe e il terrore fascista fossero ben più pericolosi del nazista Luca Traini oggi, Claudio Truffi, leader degli edili Cgil, Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, alla guida dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil, organizzarono due cose a Reggio Calabria: una Conferenza sul Mezzogiorno e una grande manifestazione di solidarietà al fianco dei lavoratori calabresi il 22 ottobre del 1972.

I neofascisti provarono ad impedire ai manifestanti di arrivare a Reggio Calabria: nella sola notte tra il 21 e il 22 ottobre 1972 otto bombe furono poste sui treni che portavano i metalmeccanici da tutta Italia a Reggio Calabria.

Cgil, Cisl e Uil non ebbero paura. Oltre 40000 manifestarono a Reggio Calabria. Giovanna Marini immortalò il coraggio degli operai e degli edili nella sua celebre canzone “I treni per Reggio Calabria”. Oggi cosa rimane di quel coraggio?

2) NEL 1922 UN’IGNAVIA analoga a quella attuale e la complicità della monarchia portarono il fascismo al potere. Di fronte a Mussolini che organizzava la marcia su Roma, il presidente del consiglio Luigi Facta molto tardivamente nella notte del 27-28 ottobre 1922 stilò e proclamò lo Stato d’assedio.

Secondo lo storico Aldo Mola, autore del saggio Mussolini a pieni voti? Da Facta al Duce, la mattina del 28 ottobre, Facta, a colloquio con il re Vittorio Emanuele III, esordì con le seguenti parole: «Mi creda, maestà, basterebbero quattro cannonate a farli scappare come lepri».

Il re si rifiutò di firmare lo Stato d’assedio e chiese al Generale Diaz, Capo di Stato Maggiore, se l’esercito sarebbe rimasto fedele alla corona in caso di repressione delle camicie nere. Diaz rispose al re così: «L’esercito farà il suo dovere, come sempre, ma è meglio non metterlo alla prova».

Al contrario, qualora l’esercito avesse bloccato la Marcia su Roma ci saremmo risparmiati vent’anni di dittatura.

3) IL CONSENSO AL NEOFASCISMO e alle destre razziste ha origine nel neoliberismo.

Oggi l’austerità europea è l’ostetrica di nuovi fascismi come il Trattato di Versailles del 1919: esso, vessando economicamente la Germania dopo la prima guerra mondiale, favorì l’ascesa di Hitler durante la Repubblica di Weimar.

I nazisti prevalsero non tanto per l’esplosione dell’inflazione bensì per l’alta disoccupazione.

Oggi l’austerità dei vincoli Ue di bilancio in Italia produce esodati (riforma Fornero) disoccupati e precari dei voucher: costoro, i colpiti dalla crisi, ritenendo il centrosinistra corresponsabile dell’austerità, voteranno Salvini e Meloni.

L’austerità morde anche in Germania.

Analogamente, chi guadagna 450 euro al mese con i minijobs non vota più la Spd di Schultz perché ricorda che i minijobs sono stati ideati dall’ex manager Wolkswagen Peter Hartz e varati dall’ex cancelliere socialdemocratico Schroeder.

Nel 2018 la situazione si incrudelirà per poche semplici ragioni.

L’addendum della Bce di ottobre impone indirettamente alle banche italiane la svendita dei loro crediti deteriorati ai fondi avvoltoio; essi compreranno aziende in crisi e faranno licenziamenti; rileveranno mutui non pagati, acquisiranno le case su cui insistevano i mutui e sfratteranno i morosi. Quindi aumenteranno sfratti e licenziamenti.

Nel contempo il Presidente della Bundesbank Weidmann chiede alle banche italiane di svendere i loro Btp, i titoli di Stato italiani, e comprare Bund, i titoli di Stato tedeschi..

Tale operazione farà aumentare lo spread Btp-Bund e i tassi di interesse sul nostro debito e imporrà nuovi tagli alla spesa pubblica. Infine i tedeschi vogliono trasformare il Meccanismo Europeo di Stabilità, l’ultimo strumento Salva-Stati, in Fondo monetario europeo affidandolo ad un teutone.

Non si fidano della Commissione europea considerata troppo flessibile.

Il Fondo monetario europeo sarà il definitivo cavallo di Troia della Troika in Italia.

Le manovre di finanza pubblica saranno risibili e l’intervento dello Stato azzerato. Se le classi dirigenti di sinistra accettano tutto ciò e lasciano la lotta contro l’austerità alle destre si candidano alla scomparsa.

E spalancano le porte al neofascismo.



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TORINO E IL GIORNO DEL RICORDO

1) AGGIORNAMENTI SUL CONVEGNO DI TORINO DI SABATO 10 FEBBRAIO 2018
2) FLASHBACK: Torino: la medaglia sbagliata (Patria Indipendente, 17 febbraio 2017)
3) Due segnalazioni utili anche per il Convegno di Torino (R. Pupo e A. Masotti Cristofoli)
4) Iniziative segnalate anche a Trieste e Milano


Si veda anche:
DA FASSINO AD APPENDINO, TORINO CAPITALE DEL MARTIROLOGIO FASCISTA (da JUGOINFO dell\'11/2/2017)
– 2017: Appendino consegna la medaglia alla memoria del milite fascista Filippo Polito ad un suo congiunto in camicia nera
– 2004-2016: Piero Fassino tra i principali ispiratori della Legge che consente di onorare la memoria dei nazifascisti uccisi sul confine orientale
https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8661


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Torino 10/2/2018: Giorno del Ricordo, un bilancio 


Si terrà il giorno sabato 10 febbraio 2018 a Torino, presso il caffé Basaglia, in via Mantova 34 dalle ore 10 alle 17.30, il convegno nazionale: GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO

 

*** Come già successo in molti altri casi, su questi temi le istituzioni, imponendo per legge (proprio in virtù della Legge n.92 del 2004) una certa scrittura della Storia, hanno cercato di negare la parola agli studiosi non allineati. Attraverso la stampa siamo stati infatti informati che il Comune di Torino ed il Direttore del Museo delle ex Carceri \"Le Nuove\" hanno ceduto alle pressioni di quel gigante della politica italiana che risponde al nome di Maurizio Gasparri negando la sala conferenze già prenotata. È precisamente questo il tema del Convegno, la cui attualità e pregnanza è dunque così dimostrata per l\'ennesima volta. Perciò esso si tiene ugualmente, ma in una sala diversa, non istituzionale. ***

 


Obiettivo dell\'iniziativa, promossa dalla associazione Jugocoord Onlus e dalla rivista di storia critica Historia Magistra, è una analisi delle conseguenze della istituzione del \"Giorno del Ricordo\" (Legge n.92 del 2004) e delle sue celebrazioni sino ad oggi. Attraverso qualificate relazioni scientifiche saranno investigate le ricadute dell\'inserimento del \"Giorno del Ricordo\" nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato. Per converso, ad oggi il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti previsti dalla Legge è di appena 341, di cui \"infoibati\" in senso stretto una minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle forze armate o personale politico dell\'Italia fascista, senza contare gli episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle \"più complesse vicende del confine orientale\" cui si riferisce la Legge. Tutto ciò considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell\'ANPI chiese di interrompere quantomeno l\'attribuzione di onorificenze e medaglie della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una Lettera Aperta al MIUR hanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto alla modalità revisionista e rovescista con cui l\'argomento è trattato nelle scuole.


Al convegno sono previsti gli interventi di Bruno Segre, Umberto \"Eros\" Lorenzoni, Angelo Del Boca, Angelo D\'Orsi, Alessandro \"Sandi\" Volk, Gabriella Manelli, Marco Barone, Nicola Lorenzin, Davide Conti, Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan. A seguire dibattito.


Promuovono:
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus
rivista Historia Magistra

Hanno aderito finora: 
ANPPIA (Ass. Naz. Perseguitati Politici Italiani Antifascisti) nazionale e sezioni di Torino, Genova e Cuneo 
comitati ANPI (Ass. Naz. Partigiani d\'Italia) Regione Piemonte e Province di Treviso e Brescia, sezioni ANPI di Grugliasco (TO), sez. Chivasso (TO), sez. Montebelluna A. Boschieri \"D\'Artagnan\"(TV), sez. Casale Monferrato (AL), sez. Avigliana (TO), sez. Bassi Viganò Milano, sez. Valle Elvo e Serra “Pietro Secchia” (BI)
AICVAS (Ass. Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna)
CIVG (Centro Iniziative Verità e Giustizia)
Centro Studi Italia-Cuba
Comitato di lotta antifascista antimperialista e per la memoria storica (Parma)
Redazione di Marx21.it
Casa Rossa Milano
Comitato contro la guerra Milano

 

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/2130527923900021/

La locandina in formato PDF: https://www.cnj.it/home/images/INIZIATIVE/torino100218/torino100218_loc.pdf

Rassegna Stampa: https://www.cnj.it/home/it/iniziative/8732-torino-10-2-2018-giorno-del-ricordo,-un-bilancio.html#rassegna



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http://www.patriaindipendente.it/cronache-antifasciste/torino-la-medaglia-sbagliata/

Torino: la medaglia sbagliata

Redazione – PUBBLICATO VENERDÌ 17 FEBBRAIO 2017 – Triste Giornata del ricordo nella città sabauda: onorificenza ad un volontario di Salò che operava nella Zona d’Operazioni Litorale Adriatico amministrata dai nazisti. L’erede si presenta in camicia nera

Torino, Giornata del ricordo, Palazzo Civico, Sala Rossa. Il Prefetto consegna la medaglia d’onore alla memoria di tale Filippo Polito all’erede, che si presenta in camicia nera. Ma lo scomparso era un volontario e non era al servizio dell’Italia. Da ciò, per l’ANPI provinciale di Torino, l’illegittimità dell’attribuzione del riconoscimento. E’ l’ennesimo caso di un’interpretazione della legge istitutiva della Giornata che contraddice la lettera della legge stessa e di fatto onora personaggi che non hanno nulla a che vedere con la Repubblica democratica, anzi, che hanno contrastato la liberazione del Paese dal nazifascismo. “La Giornata del ricordo – scrive l’ANPI provinciale – non può prestarsi ad utilizzi politici, in particolare da parte di risorgenti nostalgie fasciste, né può costituire riconoscimento di quanti hanno operato contro le libertà e a fianco delle barbarie naziste”.
La Presidenza dell’ANPI Provinciale di Torino, in un comunicato, spiega chiaramente chi era Filippo Polito: “Il suo nome compare in parecchi elenchi: 1) Caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, a cura di L’Altra Verità; 2) Albo caduti e dispersi della Repubblica Sociale Italiana, della Fondazione RSI, Istituto Storico; 3) Elenco “Livio Valentini” caduti Repubblica Sociale Italiana; 4) Concittadini Caduti infoibati o diversamente massacrati in tempo di guerra e da guerra terminata, comunicato di “Destra Per Reggio”, 10-2-2016.
Negli elenchi compare la data di nascita, 18-8-1923 ad Ardore (RC), il ruolo di Guardia di Polizia Repubblicana, residente a Trieste, la data di morte in Trieste (2-5-1945), la qualità di disperso o deportato; in un solo caso risulta deceduto il 31-12-1945 come prigioniero Borovnica, Lubiana (Albo della Fondazione RSI).
L’articolo 3 comma 3 della Legge 30 marzo 2004 n. 92 recita: “Sono esclusi dal riconoscimento coloro che sono stati soppressi nei modi e nelle zone di cui ai commi 1 e 2 mentre facevano volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia”. 
Poiché il territorio dell’attuale Friuli-Venezia Giulia, l’Istria e la cosiddetta Provincia di Lubiana facevano parte all’epoca della Zona d’Operazioni Litorale Adriatico (ZOLA), costituita dai nazisti dopo l’8 settembre ‘43 e amministrata direttamente da un Supremo Commissario nazista nominato da Hitler, in cui la stessa RSI non aveva alcun potere e in cui le sue formazioni armate potevano entrare e operare solo ed esclusivamente con il permesso e sotto la direzione dei tedeschi, l’adesione alla RSI, in quanto agli ordini dei nazisti non può considerarsi “a servizio dell’Italia”.
La partecipazione volontaria alla RSI risulta dal fatto che il 12 novembre del ’43 il Supremo Commissario nazista dispose che l’arruolamento nelle formazioni della RSI poteva avvenire solo “sulla base di presentazione volontaria” (Il Piccolo, 12 novembre ’43, pagina 1).
Risultano pertanto due condizioni (il carattere volontario e l’attività collaborazionista) che sulla base della legge ostano alla concessione della “insegna metallica con relativo diploma”.
Poiché la legge richiama una vicenda tragica, che comprende le foibe, e riguarda l’insieme dell’esodo e della complessa vicenda dei confini orientali, riteniamo che l’attribuzione della medaglia a Filippo Polito combattente volontario, a fianco dei nazisti, in terre da loro occupate, vada rivista”.


=== 3 ===

Due testi di indubbio interesse come introduzione alle questioni che andremo ad affrontare nel Convegno di Torino:

1) 

\"DUE VIE PER RICONCILIARE IL PASSATO DELLE NAZIONI? DALLE COMMISSIONI STORICO CULTURALI ITALO-SLOVENA E ITALO-CROATA ALLE GIORNATE MEMORIALI\", di Raoul Pupo (su “Italia contemporanea”, dicembre 2016, n. 282) 
https://ojs.francoangeli.it/_ojs/index.php/icoa/article/download/4142/107 
Il punto di vista moderato di Pupo, sostanzialmente equidistante tra la nostra impostazione critica e la impostazione entusiastica della \"lobby degli esuli\", non impedisce all\'autore di constatare le vere conseguenze della istituzione del \"Giorno del Ricordo\" ed anzi di rilevare come fosse << facile prevedere [che] qualcosa di grave sarebbe prima o poi accaduto >> ...

2)

Fonte: http://www.storiastoriepn.it/a-proposito-di-foibe-esodo-e-abuso-pubblico-della-storia/

Pubblichiamo la lettera aperta del presidente dell’Istituto Provinciale di Storia del Movimento di Liberazione e dell’Età Contemporanea di Pordenone (12 febbraio 2017):

Gentili consoci e amici,

mi pare intollerabilmente penoso (oltre che un pessimo esempio per i più giovani) lo spettacolo offerto in questi giorni da una politica tutta intenta a coltivare, con cura degna di miglior causa, la mala pianta dell’abuso pubblico della storia; mala pianta cresciuta nel brodo di coltura dell’ignoranza e della smemoratezza collettive (cause prime di gran parte delle nostre disgrazie nazionali).
“Negazionismo”? L’unico noto è quello di chi, su posizioni politiche di estrema destra, nega la Shoah. Nessuno, che si sappia, nega le drammatiche vicende delle foibe e del successivo esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia. Semmai, si mette in discussione l’entità delle vittime e delle persone coinvolte, il cui numero non è incontrovertibilmente accertato, ma che non può essere dilatato a dismisura, né ridotto oltre ogni evidenza, a seconda della convenienza “di bottega” politica.
Tali vicende sono state piuttosto troppo a lungo occultate dai governi del nostro Paese per convenienza di Stato e per evitare opportunisticamente di rispondere delle vessazioni e delle atrocità commesse dall’Italia fascista (e non solo) ai danni delle popolazioni slave di quest’area.
La lunga,  complessa, misconosciuta, ma fin troppo dolorosa storia del confine orientale d’Italia dovrebbe suggerire a tutti, e ai politici in primis, di trattarla con la massima consapevolezza e prudenza, proprio per il doveroso rispetto delle vittime, che non sono soltanto quelle delle foibe e dell’esodo.

Cordialmente,
Angelo Masotti Cristofoli


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Altre iniziative segnalate su questi stessi temi:


TRIESTE 8 febbraio 2018, dalle ore 17:00 presso il Bar Knulp, Via Madonna del Mare 7/a
QUANDO IL RICORDO DIVENTA APOLOGIA DEL FASCISMO
Le conseguenze politiche e di revisione storica dell\'istituzione del Giorno del Ricordo. Parliamone con i candidati di Potere al Popolo Marco Barone e Claudia Cernigoi
Organizza Potere Al Popolo Trieste – evento FB: https://www.facebook.com/events/338208096675876/


MILANO 9 febbraio 2018, alle ore 17:30 c/o  SEDE ANPI CRESCENZAGO, PIAZZA COSTANTINO
INCONTRO SULLA L.92/2004 CHE ISTITUISCE IL “GIORNO DEL RICORDO”
https://www.facebook.com/anpi.crescenzago.milano/photos/a.1409283952711273.1073741859.1398096627163339/1774923016147363/?type=3&theater




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[Un appassionato articolo sulla parabola del \"Tribunale per i crimini commessi sul territorio della ex-Jugoslavia\" dell\'Aia. Ricordiamo che Jugocoord Onlus ha lanciato il concorso “Giuseppe Torre” per elaborati critici su questo tema:  https://www.cnj.it/home/it/diritto-internazionale/8684-premi-giuseppe-torre-per-elaborati-critici-sul-tribunale-per-la-ex-jugoslavia.html ]

Aufmerkung: Um die Frage des \"Jugoslawien-Tribunals\" fördert der italienische no-profit Verband Jugocoord Onlus ein Wettbewerb namens << “Giuseppe Torre” Prizes for Critical Studies about the Tribunal for the ex Yugoslavia (YU) >>https://www.cnj.it/home/sr-yu/medjunarodno-pravo/8686-giuseppe-torre-prizes-yu.html


Ossietzky (Berlin), 25 / 2017

Juristischer Quantensprung  
(Ralph Hartmann)

Im nüchternen, mit hochmoderner Computertechnik ausgestatteten ersten Gerichtssaal des Haager Jugoslawien-Tribunals am Churchillplatz Nr. 1 ist das Licht ausgegangen. Die Richter in respektheischenden roten Roben auf blauen Sesseln vor blauem Hintergrund haben ihre Arbeit eingestellt. Der 1993 geschaffene Gerichtshof ist nach fast 11.000 Prozesstagen Geschichte. Der Berliner Jurist Wolfgang Schomburg, der hier sieben Jahre lang Richter war, zog Bilanz: »Es ist ein Quantensprung auf dem Weg zu mehr Gerechtigkeit gewesen, dass dieses Gericht eingerichtet wurde.« So zitierte ihn der Tagesspiegel, um selbst festzustellen: »Das UN-Tribunal für das ehemalige Jugoslawien in Den Haag war für die internationale Justiz ein Riesenschritt.« Spiegel online stand dem Blatt nicht nach und meinte, es habe »ein wegweisendes Kapitel in der Weltjustizgeschichte« geschrieben. Und die Frankfurter Rundschau sah die Bedeutung des Tribunals noch globaler, denn es »machte die Gerechtigkeit zum Faktor in der Weltpolitik«.

 

Wie weit der »Quantensprung« und der »Riesenschritt« reichten, wie groß die »Gerechtigkeit« war, zeigten viele der 161 vor allem gegen Serben geführten Prozesse. Keiner aber offenbarte exemplarisch den wahren Charakter des Gerichtshofes so wie das Verfahren gegen den ehemaligen Präsidenten Jugoslawiens und Serbiens, Slobodan Milošević. Beginn und Ende des Prozesses seien in Erinnerung gebracht.

 

Am Dienstag, dem 12. Februar 2002, exakt um 9.30 Uhr war es soweit. Der Vorhang hob sich und der »Prozess der Prozesse« begann. Milošević war angeklagt in 66 Punkten der Verbrechen gegen die Menschlichkeit und schwerer Kriegsverbrechen. 1200 Medienvertreter aus aller Welt hatten sich eingefunden, die Mehrzahl von ihnen verfolgte das Geschehen in Nebenräumen auf großen Bildschirmen. Nach der Eröffnung durch Richter Richard George May verlas die Chefanklägerin Carla Del Ponte ihre einleitende Erklärung. Sie, die es vehement abgelehnt hatte, die Kriegsverbrechen der NATO im 78-tägigen Bombenterror gegen Jugoslawien zu ermitteln, beschrieb den Angeklagten als machtbesessenen Kriegsherrn ohne Ideale, dessen Verbrechen an eine »nahezu mittelalterliche Barbarei« erinnerten.

 

Anschließend hielt der Staatsanwalt Geoffrey Nice, ebenso wie Richter May aus dem NATO-Land Großbritannien kommend, ein endlos langes Eröffnungsplädoyer, in dem er nachzuweisen versuchte, dass den Untaten des Expräsidenten »das Verbrechen der gewaltsamen Beseitigung der Nichtserben« zugrunde liegt, »damit Milošević einen zentralistisch-serbischen Staat erhält und kontrolliert«. Mit Tonaufzeichnungen, Fotos und Videos machte er seine Anklage streckenweise zu einem Lichtbildervortrag über die in Jugoslawien während der Bürgerkriege geschehenen Gräuel, für die Milošević verantwortlich sei. Nices Plädoyer war ausschließlich darauf gerichtet, den Angeklagten als »Balkanmonster« hinzustellen, denn dessen Gegner in den NATO-Metropolen hatten ihm nie verziehen, dass er seinen sozialistischen Idealen treu geblieben war, konsequent für den Erhalt der multinationalen jugoslawischen Föderation eintrat, der Weltbank, dem Internationalen Währungsfonds und der NATO die Stirn bot. So hatten sie ihn ausgerechnet während der verbrecherischen Aggression des Kriegspaktes gegen Jugoslawien angeklagt.

 

Am dritten Prozesstag erhielt Milošević das Wort. Nachdrücklich und wohlbegründet kennzeichnete er die Beschuldigungen als ein »Meer von Lügen und bewussten Fälschungen, die das Opfer einer kriminellen Aggression als kriminellen Täter darstellen sollen«. Seiner aussichtslosen Lage war er sich bewusst. »Dieser Prozess ist nicht fair: Auf der einen Seite steht ein riesiger Apparat, sind die Medien und (Nachrichten)-Dienste, und ich habe nur eine öffentliche Telefonzelle. Sie möchten, dass ich mit gebundenen Händen und Füßen an einem Schwimmwettkampf über 100 Meter teilnehme. Dies ist ein Wettkampf zwischen Recht und Unrecht.« Aus guten Gründen ging er detailliert auf den Angriff der NATO-Staaten ein, »die zusammen 676-mal stärker als Jugoslawien sind« und warf ihnen »Völkermord, Verbrechen gegen die Menschlichkeit und Verstöße gegen die Genfer Konvention« vor. Dem Beispiel des Anklägers folgend, untermauerte er seine Darlegungen mit Fotodokumenten über die NATO-Verbrechen: zerstörte Gebäude, Fabriken, Krankenhäuser, Leichen, Leichenteile, verkohlte Körper, von Raketen zerfetzte albanische Flüchtlinge.

 

Sein erster Auftritt war so beeindruckend, dass selbst zahlreiche Korrespondenten aus NATO-Staaten feststellten, dass Milošević so vom Angeklagten zum Ankläger wurde. So blieb er es auch an den folgenden 247 Verhandlungstagen. Der Expräsident, der sich selbst verteidigte, führte die Kreuzverhöre der 300 Zeugen der Anklage so überlegen, dass alle Anschuldigungen zusammenbrachen. Darunter makabererweise auch die Verhöre mit den für den brutalen Luftkrieg gegen Jugoslawien maßgeblich verantwortlichen NATO-Generälen Wesley Clark und Klaus Naumann.

 

Der Prozess drohte für die Anklage zu einem Debakel zu werden. Die Drahtzieher gerieten in Verwirrung. Unter Berufung auf ein Gespräch mit dem stellvertretenden US-Außenminister John Bolton verfasste Jeffrey Kuhner, einer der führenden Ideologen der Republikanischen Partei, einen Beitrag, den die Washington Times am 24. Oktober 2004 veröffentlichte. Darin wurde Alarm geschlagen: »Die Bush-Administration fordert jetzt, dass die Hauptanklägerin … Del Ponte, ihre Fälle vor dem Gericht zu Ende bringt ... Washington hat jetzt in der Tat verstanden, dass es ein Frankenstein-Monster geschaffen hat ... Das Tribunal hat einen Misserfolg erlitten.«

 

Was tun? Miloševićs angeschlagene Gesundheit bot einen Ausweg. Bereits 2002 hatte ein vom Gericht bestellter niederländischer Kardiologe bei dem Angeklagten einen extrem hohen Bluthochdruck mit sekundärem Organschaden, Erweiterung der linken Herzkammer, diagnostiziert. Er warnte, dass der Druck des Verfahrens zu extremer Erschöpfung, zu Gehirnschlag, Herzinfarkt und Tod führen könnte. Dessen ungeachtet lehnte das Tribunal eine Behandlung durch Miloševićs Belgrader Ärzte ab und verweigerte ihm die von diesen verordneten Medikamente. Im Gegenteil, man verabreichte ihm kontraindizierte. Damit nicht genug, seinem Antrag, sich wegen seiner akuten Leiden am weltbekannten Moskauer Bakuljew-Zentrum von russischen Herzspezialisten behandeln zu lassen, wurde nicht stattgegeben, obwohl die russische Regierung schriftliche Garantien für seine Rückführung nach Den Haag gegeben hatte. Auch ein Wiedersehen mit seiner Frau Mira verweigerte das Tribunal ihm. Noch einen Tag vor seinem Tod hatte Milošević seinem Rechtsberater Zdenko Tomanovic gesagt, dass man ihn vergiften wolle, worüber der Berater umgehend das holländische Justizministerium, die Polizei und die russische Botschaft mit einem handschriftlichen Brief Miloševićs an Außenminister Lawrow informierte. Es war zu spät. Am Morgen des 11. März 2006 wurde Milošević tot in seiner drei mal fünf Meter großen Einzelzelle im Scheveninger Gefängnis nahe Den Haag aufgefunden. Seine Angehörigen baten, eine Obduktion in Moskau durchführen zu lassen. Das Tribunal lehnte das ab. Warum wohl? Die vom Gericht angeordnete Untersuchung des Leichnams ergab, dass der langjährige Präsident Jugoslawiens und Serbiens an einem Herzinfarkt gestorben war.

 

Einen Tag vor seinem Tod hatte Milošević in einem Telefongespräch mit dem stellvertretenden Vorsitzenden der Sozialistischen Partei Serbiens (SPS), Milorad Vucelic, gesagt: »Sie werden mich nicht brechen können.« Das waren seine letzten überlieferten Worte. Mit ihnen hat er Recht behalten. Sie haben ihn nicht gebrochen, zu Tode gebracht haben sie ihn.

 

Von den insgesamt 161 angeklagten Personen wurden 84 verurteilt. Das letzte Strafverfahren endete am 29. November 2017. Zum 31. Dezember 2017 wird der Strafgerichtshof offiziell geschlossen.

 

Keines der in Den Haag geführten Verfahren hat so anschaulich und überzeugend gezeigt, dass das Jugoslawien-Tribunal ein »Quantensprung«, ein »Riesenschritt«, ein »wegweisendes Kapitel in der Weltjustizgeschichte« war, wie der Schauprozess gegen Slobodan Milošević. Nur unverbesserliche Ignoranten könnten dem widersprechen.



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