Informazione

(english / italiano)

I comunisti nella Ucraina serva di Bruxelles

1) Petro Simonenko aggredito dalle squadracce nazieuropeiste all'uscita dagli studi della TV di Kiev (16 Maggio 2014)
2) Simonenko accusa la giunta di Kiev e ritira la sua candidatura alle presidenziali denunciando le elezioni come illegittime (15 Maggio 2014)
3) Borotba: ‘Socialist chance for South-East Ukraine’ (By Workers World, May 15, 2014)
4) I sogni incerti di Donetsk (L. Gottardo - su Il Manifesto, 15.5.2014)
5) Vadim Papura, giovane comunista vittima del massacro fascista di Odessa


Leggi anche:

Il PC di Ucraina sta per essere messo fuorilegge? (14 Maggio 2014)
di Fausto Sorini, Segreteria nazionale PdCI, responsabile esteri

Ucraina, comunicato del Pcu sulle persecuzioni verso i comunisti (22 Aprile 2014)

Simonenko. Ucraina ultimo atto (Massimo Zucchetti, 16.5.2014)


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Petro Simonenko, segretario del CC del Partito Comunista d’Ucraina, aggredito dalle squadracce nazieuropeiste all'uscita dagli studi della TV di Kiev

dalla pagina "Con l'Ucraina antifascista", 16 maggio 2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

Le agenzie ucraine comunicano che all'uscita dalla sede televisiva del Primo canale nazionale, dove ha denunciato le elezioni farsa della giunta e dichiarato il ritiro della candidatura, una squadraccia di 30 di uomini armati attendeva il leader comunista.
Simonenko e gli altri compagni sono quindi usciti da una porta secondaria e saliti su un'altra auto, che però è stata raggiunta dagli attentatori che hanno rotto i vetri e lanciato bottiglie molotov. Non si hanno notizie al momento delle condizioni di Simonenko. 
Si tratta di un episodio inaudito, i cui mandanti sono nella Giunta di Kiev! 


Abbiamo ricevuto l'informazione che fortunatamente il compagno Simonenko è scampato all'attentato, anche se altri compagni che lo accompagnavano sono rimasti feriti.
Lo stesso Simonenko ha potuto riportare quanto accaduto in collegamento telefonico con l'emittente "112 Ukraina", dove ha raccontato della fuga e del lancio di molotov contro la sua vettura.
Simonenko ha dichiarato che al momento non possono dichiarare con certezza a chi fanno capo gli attentatori (Svoboda, Pravyj Sektor...) in quanto sono varie le forze a volere l'eliminazione del PCU, tra cui lo stesso governo.
Forniremo appena possibile ulteriori informazioni.

https://www.youtube.com/watch?v=zw_xpiTwIwY


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Simonenko accusa la giunta di Kiev

15 Maggio 2014
Traduzione di Flavio Pettinari per Marx21.it


Lunedì 12 maggio, il giorno dopo il referendum a Donetsk e Lugansk che ha sancito l’autonomia delle due regioni, si è tenuta la riunione dei capigruppo del parlamento ucraino. Tale riunione è stata la prima dopo il 9 maggio, quando a Mariupol, durante i festeggiamenti del Giorno della Vittoria, le truppe golpiste di Kiev hanno compiuto una strage di civili.

Riportiamo gli estratti dell’intervento di Petro Simonenko, che ha duramente attaccato la giunta e il suo “presidente ad interim” Turchinov, il quale dopo i primi tentativi di interrompere Simonenko ha assistito in silenzio alle accuse del leader comunista.

Il 13 maggio, Turchinov ha pubblicamente dichiarato dalla presidenza del Parlamento, interrompendo l’intervento di Simonenko, il suo personale impegno presso il Ministero della Giustizia, per la messa al bando del Partito Comunista d’Ucraina.

Il video di questo intervento di Simonenko è stato rilanciato in massa sui social network e su Youtube, dove al momento ha ottenuto (nonostante continue rimozioni) centinaia di migliaia di visualizzazioni.


Stimati colleghi, a proposito di quanto sto per dire sui fatti di Mariupol: dovete capire che io ho lavorato là e conosco molte persone. Quello che è stato detto dal signor Turchinov, non è affatto vero. Non c’è neanche un parola di verità. A Mariupol sono stati fucilati cittadini pacifici, è stato un omicidio di massa, si nasconde il reale numero dei morti e le vittime sono soprattutto tra la popolazione civile. […] Sono stati uccisi cittadini pacifici, nessuno dei quali è stato visto armato. […] Quindi, la prima cosa richiesta oggi dal Partito Comunista, è fermare l’operazione terroristica contro il popolo. Voi avete dichiarato terroristi 7 milioni di cittadini che vivono nelle regioni di Donetsk e Lugansk. Queste persone ieri (l’11 maggio, NdT) sono uscite in massa a partire dalle 6 di mattina, hanno fatto la fila per prendere parte al voto contro il potere di Kiev, contro questo regine, contro la vostra politica. […]

Questa vostra politica ha portato a perdere la Crimea. Adesso la vostra politica sta portando al rifiuto categorico di 7 milioni di abitanti ucraini, che rappresentano il 30% del prodotto interno lordo, di un futuro comune con l’Ucraina. Questo è quello a cui bisogno rispondere, a cui bisogna pensare […] Se anche Der Spiegel informa che mercenari americani operano sul territorio dell’Ucraina orientale – non lo diciamo noi comunisti, lo dicono i tedeschi, ancora una volta voglio sottolinearlo - il compito immediato di Kiev è di fermare immediatamente le operazioni antiterroristiche contro il popolo ucraino, fermare questa guerra che è stata messa in atto per le vostre ambizioni di potere. Non voglio discutere della miriade di altre questioni, tuttavia mi sembra strano: perché a Dnepropetrovsk, sul conto del vostro capo (l’oligarca Kolomojskij, governatore della regione, NdT), non aprite procedimenti penali per separatismo? Si tratta di una flagrante violazione della costituzione, si farà un referendum per cambiare la struttura amministrativa dell’ucraina, ma voi tacete. Colui che avete nominato organizza un referendum, come quello nel Donbass, e voi non parlate, non dite che sono terroristi. Gli avete dato la possibilità di formare un gruppo militare, uno squadrone della morte, che si chiama “Dnepr”, gente che usa le armi e ammazza le persone. Ma state sempre zitti, anche sul fatto che li pagano per uccidere. Quindi richiedo ancora una volta a nome del Partito Comunista: fermate questa guerra contro il popolo ucraino.

Molto tempo fa abbiamo proposto, dall’inizio, e non avete voluto ascoltarci, di tenere il referendum affinché il popolo ucraino scegliesse il vettore dell’integrazione economica estera, per risolvere pacificamente tutte le questioni. Voi avete preferito la guerra. Non avete giocato alla guerra da bambini?? State spargendo sangue, per tutta l’Ucraina. E nascondete il numero reale delle persone uccise, di quelle bruciate vive a Odessa e di quelle assassinate a Mariupol. […] Guardate, noi comunisti siamo per l’integrità dell’Ucraina. Però l’Ucraina perderà altre due regioni. Io propongo, immediatamente, in questa settimana, di prendere la decisione sulla federalizzazione dell’Ucraina. Per salvaguardare l’integrità ucraine e per mantenere all’interno dell’Ucraina anche le regioni di Donetsk e Lugansk. […]

Tra non molto diventerà chiaro e noto chi, su quali indicazioni e per quale motivo, ha sparato sul Majdan […] Noi abbiamo già preparato un appello alla corte internazionale e sottoporremo questo documento al Parlamento. Mostrate almeno una perizia medico-legale! Fino ad oggi non è stata mostrata neanche una perizia medico-legale. Voi non volete indagare su questi fatti, e per motivi che a noi sono ben chiari.

Inoltre, voglio chiedere un’altra cosa. Fermate la guerra informativa contro il popolo ucraino. Ieri, di tutto quello mostrato sui fatti Mariupol, non c’era un grammo di verità. Gli abitanti del luogo dicono: “Gente, è completamente l’opposto da quello che succede qui in città”. Mentre i canali televisivi, come su ordinazione, mostrano tutti la stessa cosa. Prima sparano sulla popolazione civile e pacifica, poi mostrano tutto come un gesto di benevolenza del governo nella lotta per gli interessi del popolo ucraino. Quindivogliorivolgermiancoraunavoltaalgoverno. Ilsig. Eremov ha presentato dei progetti di legge che mi lasciano di stucco. Nessun progetto di legge a favore del popolo ucraino è stato adottato. Guardate: il debito sui salari arretrati è aumentato. Nessuno, da parte degli organi statali, controlla il pagamento degli stipendi arretrati ai lavoratori. Inoltre, il debito sugli arretrati del mese di aprile è cresciuto del 12,8%. La grivna è svalutata del 60%. Non viene presa nessuna misura per proteggere la gente comune da una tale svalutazione della grivna. Ancora: il prezzo della benzina è cresciuto di molto, il lavoro primaverile sui campi non lo controlla nessuno. Intanto c’è la tirannia delle strutture commerciali, che approfittano di questa situazione per arricchirsi.


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dalla pagina "Con l'Ucraina antifascista", 16 maggio 2014 - https://www.facebook.com/ucrainaantifascista

Petro Simonenko, segretario del Partito Comunista d'Ucraina e capogruppo comunista al parlamento, ha ufficialmente comunicato, pochi istanti fa, di ritirare la candidatura alle elezioni presidenziali del 25 maggio.
Oltre a mettere in dubbio la legittimità di queste elezioni, i comunisti denunciano le operazioni terroristiche messe in atto dal governo, le provocazioni contro il Partito Comunista d'Ucraina e il disastro economico prodotto dalle politiche della giunta.
Simonenko ha richiamato i militanti del partito alla vigilanza e ad essere pronti ad ogni evenienza.

La decisione, presa in giornata dagli organismi dirigenti del partito dopo la discussione degli ultimi giorni, è stata comunicata da Simonenko durante un dibattito in diretta sul Primo Canale Nazionale. Quindi la denuncia dei comunisti contro le elezioni della giunta ha potuto raggiungere milioni di ucraini.

Simonenko è il quarto candidato a ritirarsi dalla corsa per le presidenziali. Considerando i 3 milioni di voti del Partito Comunista e il numero degli iscritti, la rinuncia di Simonenko avrà un'enorme ripercussione non solo nelle zone operaie e nelle regioni dove il partito è maggiormente radicato, ma in tutto il paese.


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http://www.workers.org/articles/2014/05/15/borotba-socialist-chance-south-east-ukraine/

Borotba: ‘Socialist chance for South-East Ukraine’

By Workers World staff on May 15, 2014

Workers World is sending out this statement by one of the leaders of Union Borotba (Struggle) as a service in order to provide a brief socialist overview of the struggle in southeast Ukraine.

Borotba is an openly Marxist organization, formed in 2011, that has been deeply involved in the struggle in Ukraine. It was driven out of Kiev by the Right Sector after a fascist-led coup overthrew the Viktor Yanukovych government. Borotba has helped to organize resistance to the reactionary forces in Kharkov, Odessa and other cities.

The organization has suffered casualties and one of its members was killed in the Odessa massacre. It has recently moved to go underground after learning of measures by Kiev for a campaign of repression against the organization.

By Victor Shapinov
Union Borotba (Struggle)

Vyacheslav Ponomarev, the people’s mayor of Slavyansk, said that the city’s industry will be nationalized.

“So that no one has any illusions, I want to say that the entire industry in the city will be nationalized. We cannot leave the industrial potential of the city in the hands of unscrupulous businessmen,” said the people’s mayor.

The largely spontaneous anti-capitalist orientation of the Antimaidan activists who have created the Donetsk and Lugansk people’s republics is not surprising. The largest owner-oligarchs were customers, sponsors and the main “beneficiaries” of the Euromaidan [the pro-West demonstrations beginning last November that opposed the government of Viktor Yanukovych, eventually dominated by the ultraright]. Capitalist oligarchs such as Igor Kolomoysky, Dmytro Firtash, Sergei Taruta and, to a lesser extent, Rinat Akhmetov, funded the Euromaidan and promoted it in their media. When the Euromaidan won, those who previously governed the country indirectly through the administration of Yanukovych got direct control, including appointments as the governors of key areas.

Moreover, as it turns out, the oligarchy’s aid not only led to the victory of the ultranationalists and Euromaidan, but they tried to influence the resistance movement to the new government — the so-called Antimaidan.

As Pavel Gubarev, people’s governor of the Donetsk region, stated recently, Rinat Akhmetov paid a number of Antimaidan activists so that they “sat quietly” and “merged” protest. “All the activities of Akhmetov were aimed to drain people’s anger, and it all turned out well in Dnepropetrovsk. Oligarch Kolomoysky did it because there is a bit of pro-Ukrainian sentiment stronger than in the Donbass,” said Gubarev in an interview with Rossiyskaya Gazeta. [http://tinyurl.com/p7c4qwo]

The oligarchy has sponsored the development of various neo-Nazi groups and their union under the brand “Right Sector.” Oligarchs indirectly finance them and the acknowledged leader of the Right Sector, Dmitry Jaros, told the media: “We do not mind if they (the oligarchs) fund our army.” Billionaire Igor Kolomoysky has shown special zeal, publicly meeting with Jaros and “headhunting” the militias of the southeast, offering $10,000 for a captured “saboteur.”

Thus, the very logic of the struggle is pushing the activists of the southeast into the camp of anti-capitalism. Participating in the Antimaidan movement in Kharkov and Odessa, I have seen how the popular masses have awakened to slogans indicting the oligarchy.

Sergei Kirichuk, one of the leaders of the Kharkov Antimaidan and coordinator of the socialist movement Borotba, also emphasizes the social agenda of the southeast movement: “People here in the southeast raised demands for their socioeconomic rights. There is a very serious anti-oligarchic, anti-capitalist component to these protests,” says Kirichuk, who now finds himself in exile.

Characterizing the funding of the Antimaidan, Kirichuk says: “The movement in the southeast, in its technical equipment and financial support, cannot be compared with the Maidan. Victoria Nuland said that the U.S. has spent $5 billion to ‘promote democracy’ in Ukraine. And in the east of Ukraine the protest movement shows no strong financial support. At least in the cities where we were active — in Kharkov and Odessa — I have seen no funding from the Russians or the Putin administration. And on the political landscape, we have not seen any people who have helped and financed this movement.”

I can confirm these words of Sergei: In Kharkov, we produced leaflets with our own money, with a total circulation of about 100,000 copies. We gathered small private donations. Ten thousand posters were pasted up to boycott the elections scheduled by the Kiev junta. At the monument to Lenin, there was a box for donations to assist the Defenders of Kharkov and the wounded. The Antimaidan organizers used the small basement office of Borotba. That’s all for the “financing” of Antimaidan. I do not exclude that some crooks collected large amounts using the movement’s name, but activists have not seen any of it.

Gubarev paints the same picture of the Donetsk Antimaidan: “In the militia there are different people. Miners and former officials, advertisers, my companions. … But what they have in common is that they are honest about money. They mortgaged their property, and they took the money and invested it in the movement when we had financial difficulties. They spent their own money.”

This is also a contrast: On one side, ultranationalist militants with great financing and gear, and on the other, workers, students and unemployed activists. When our comrades of Borotba seized Right Sector documents in the Kharkov Regional State Administration, among them were bank cards and checks. They testified that the boy from the village, a student at the Institute of Physical Education, has an amount of $10,000. [http://tinyurl.com/mn5r38a]

I emphasize again that there were no anti-oligarchic or even social slogans among the Euromaidan. A few leftists who wanted to “be with the people” and foolishly went among the Euromaidan were beaten and expelled in disgrace by the ultras dominant there. These neo-Nazis, once hooked on oligarchic funding, immediately forgot about their demagogic “anti-capitalism.”

This union of oligarchs and Nazis comes as if descended directly from the pages of history books, as does the union of anti-fascist and anti-capitalist slogans by opponents of the Kiev junta.

“Fascism is the open terrorist dictatorship of the most reactionary, most chauvinistic, most imperialist elements of finance capital. … Fascism is not a supraclass power and not the power of the petty bourgeoisie and lumpenproletariat over financial capital. Fascism is the power of financial capital. It is an organization of terrorist reprisals against the working class and the revolutionary section of the peasantry and the intelligentsia. Fascism in foreign policy is chauvinism in its crudest form, cultivating xenophobic hatred against other nations,” according to the classic definition of fascism formulated by Georgi Dimitrov. And what is happening in Ukraine today fully fits this definition.

The owner of Privat, Kolomoysky, is a living symbol of financial capital. The terrorist violence of Kolomoysky’s private armies, hastily hammered together from far-right militants, was seen by all in the media.

It is no accident that the proponents of the Maidan demolished monuments to Lenin while its opponents protect them. In this sense there is a deep class divide. And if you are looking for the seeds of socialism somewhere in Ukraine — it is in the movements in the southeast.

Of course, the Donetsk and Lugansk people’s republics will not be socialist. It is likely that part of the large and medium-sized businesses will retain their positions. To try to grab them and Russian corporations would be labelled “bad.” But at the “bottom,” the creation of the people’s republics, the experience of the anti-fascist, anti-imperialist and anti-oligarchic mass struggle, has undoubtedly moved not only southeast Ukraine, but also the entire post-Soviet space, to the left.

To those who did not see the progressive and even revolutionary content of events in the southeast, Lenin addressed these words:

“To imagine that social revolution is conceivable without revolts by small nations in the colonies and in Europe, without revolutionary outbursts by a section of the petty bourgeoisie with all its prejudices, without a movement of the politically non-conscious proletarian and semi-proletarian masses … to imagine all this is to repudiate social revolution. So one army lines up in one place and says, ‘We are for socialism,’ and another, somewhere else says, ‘We are for imperialism,’ and that will be a social revolution! … Whoever expects a ‘pure’ social revolution will never live to see it. Such a person pays lip-service to revolution without understanding what revolution is.

“The Russian Revolution of 1905 was a bourgeois-democratic revolution. It consisted of a series of battles in which all the discontented classes, groups and elements of the population participated. Among these there were masses imbued with the crudest prejudices, with the vaguest and most fantastic aims of struggle; there were small groups which accepted Japanese money, there were speculators and adventurers, etc. …

“The socialist revolution in Europe cannot be anything other than an outburst of mass struggle on the part of all and sundry oppressed and discontented elements. Inevitably, sections of the petty bourgeoisie and of the backward workers will participate in it — without such participation, mass struggle is impossible, without it no revolution is possible — and just as inevitably will they bring into the movement their prejudices, their reactionary fantasies, their weaknesses and errors.” (From “The Discussion on Self-Determination Summed Up,” July 1916)


=== 4 ===

http://ilmanifesto.it/i-sogni-incerti-di-donetsk/

I sogni incerti di Donetsk 

di Lorenzo Gottardo - su Il Manifesto, 15.5.2014

Ucraina . «Non accettiamo i fascisti di Kiev che non riconoscono il nostro diritto all’autonomia»

Tra i mani­fe­stanti che vivono negli edi­fici occu­pati di Done­tsk, che man­giano, dor­mono e a turno mon­tano la guar­dia sulle bar­ri­cate, ci sono molti gio­vani, ragazzi che di pro­pria ini­zia­tiva hanno intra­preso la strada dall’incerto futuro della pro­te­sta armata. Adesso, con una situa­zione in perenne cam­bia­mento tra esca­la­tion e ten­ta­tivi diplo­ma­tici, atten­dono impo­tenti lo svi­luppo degli eventi, ben sapendo che la scelta degli uomini che li gui­dano, da set­ti­mane, dipen­derà non solo la soprav­vi­venza della Repub­blica popo­lare di Done­tsk, ma soprat­tutto il loro futuro. Tre di que­sti ragazzi col tempo sono diven­tati famosi tra gior­na­li­sti, curiosi e occi­den­tali venuti qui da ogni parte del mondo per seguire l’evolversi degli eventi.

Naruto, Vla­di­mir e Tatiana sono spesso insieme e hanno la carat­te­ri­stica di par­lare un inglese abba­stanza scor­re­vole; hanno anche la voglia, il desi­de­rio di spie­garsi, di rac­con­tare la rivolta di cui sono ormai la voce. Testi­mo­nianza reale, spesa tra bar­ri­cate e spe­ranze. Le voci in grado di spie­gare quali ideali ani­mano il movi­mento indi­pen­den­ti­sta. Naruto ha 27 anni, espe­rienze lavo­ra­tive sia in Ucraina sia all’estero, è anche quello che in que­sta situa­zione ha più da per­dere: da qual­che anno è spo­sato con una ragazza che ora è incinta e aspetta il loro primo figlio; il pen­siero di tra­scor­rere i pros­simi anni in una pri­gione di Stato lon­tano dalla fami­glia che si è appena costruito, comin­cia dav­vero a spa­ven­tarlo. Vla­di­mir e Tatiana invece sono più gio­vani di qual­che anno. Meno espe­rienza e un’aria più scan­zo­nata, di chi vive tutto quanto sta acca­dendo in modo meno deter­mi­nato. Tirano avanti con lavo­retti sal­tuari e per ora vivono ancora a casa dei geni­tori, non sanno cosa acca­drà in futuro e non vogliono fare pro­grammi. L’unica cosa di cui sono certi è che la loro vita non sarai mai più la stessa.

Sono ragazzi tra loro molto diversi, ma il motivo per cui com­bat­tono è lo stesso. «Da vent’anni a que­sta parte i governi che si sono suc­ce­duti uno dopo l’altro non hanno fatto altro che per­se­guire la crea­zione di uno spi­rito nazio­nale che tenesse unita l’Ucraina e allon­ta­nasse il ricordo del comu­ni­smo, uno spi­rito nazio­nale che in realtà non può esi­stere per­ché il nostro paese, nes­suno può negarlo, è for­mato da tante pic­cole comu­nità indi­pen­denti ognuna con una pro­pria diversa cul­tura. Ma la cosa peg­giore è che lo hanno fatto a danno della nostra libertà indi­vi­duale, delle nostre tra­di­zioni, della nostra lin­gua. Prima ci hanno impo­sto le loro scelte eco­no­mi­che che hanno por­tato il dis­se­sto finan­zia­rio e la dis­soc­cu­pa­zione nella regione e poi ci hanno impo­sto pure l’uso della lin­gua ucraina. La mia fami­glia ha sem­pre par­lato russo, io ho sem­pre par­lato russo, per­ché mai dovrei accet­tare senza nem­meno pro­te­stare che a mio figlio venga inse­gnata la lin­gua che parla la gente nell’ovest?», dice Naruto, men­tre osserva Tatiana com­ple­tare un grande graf­fito in nero e aran­cione che raf­fi­gura le bar­ri­cate ed un gruppo di patrioti sol­le­vare in alto la bandiera.

Poi con­clude: «Noi in prin­ci­pio non era­vamo con­tro Euro­ma­j­dan, all’inizio l’abbiamo per­fino appog­giata, poi però quelli di Set­tore Destro ne hanno preso il con­trollo e a quel punto tutto è cambiato…Il paese è cor­rotto, que­sto è vero, e biso­gna fare asso­lu­ta­mente qual­cosa per cam­biarlo, ma non siamo dispo­sti ad accet­tare la dit­ta­tura di un governo fasci­sta che difende gli inte­ressi di Kiev e non rico­no­sce il diritto delle regioni ad avere una pro­pria autonomia».

E Vla­di­mir che un poco in disparte lo ascolta con atten­zione aggiunge: «Ci sarebbe poi da par­lare anche di Yanu­ko­vich. L’ex pre­si­dente era sicu­ra­mente cor­rotto, ma prima di lui lo erano anche Tymo­shenko e Yushenko, eppure loro oggi ven­gono con­si­de­rati degli eroi, men­tre lui che era il nostro uomo, che veniva dalla nostra terra, è dovuto scap­pare altri­menti l’avrebbero ammaz­zato come un cane»

Per que­sti ragazzi il futuro è qual­cosa d’incerto e lon­tano: ora è il momento di pen­sare al pre­sente e non a quanto potrebbe acca­dere: ora è il momento di com­bat­tere per la Repub­blica popo­lare di Done­tsk. «Non so come finirà que­sta sto­ria. Forse entre­remo a far parte della Fede­ra­zione russa o forse diven­te­remo un pic­colo Stato indi­pen­dente che nes­suno vuole rico­no­scere. In ogni caso, non trat­te­remo col governo di Kiev, non dopo i morti di Odessa, non dopo i morti di Mariu­pol. Il tempo delle parole è pas­sato, ora è il tempo di agire», dice Naruto prima di cal­carsi sulla testa il cap­puc­cio e tor­nare tra le barricate.


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Vadim Papura, giovane comunista vittima del massacro fascista di Odessa

6 Maggio 2014

Riceviamo dai compagni del Partito Comunista di Ucraina

Una notizia che ci riempie di dolore.
Un abbraccio ai familiari di Vadim
e ai compagni del Komsomol ucraino.

Il 2 maggio, nella Casa dei Sindacati di Odessa, è stato tragicamente ucciso il nostro compagno Vadim Papura.

Il diciassettenne Vadim era tra coloro che non sarebbero usciti vivi dal rogo della Casa dei Sindacati.

Studente al primo anno dell'Università Nazionale di Odessa Mechnikov, attivista del Komsomol e del Partito Comunista d'Ucraina, quel giorno si trovava nel Campo di Kulikovo. Quando arrivò la notizia che ultras si muovevano in quella direzione, non volle scappare e assieme agli altri compagni si è rifugiato nella Casa dei Sindacati.

Secondo le parole dela mamma Fatima, Vadim partecipava ad ogni possibile manifestazione e assemblea per le sue idee. Quella del 2 maggio è stata l'ultima.

"Mio figlio è morto in quella terribile notte. Non aveva ancora 18 anni. Era lì per lil suo ideale e i suoi principi. E ora non c'è più. Quando hanno dato fuoco alla Casa dei Sindacati, lui era lì dentro. Provando a scappare dal fuoco è caduto dalla finestra. Il mio bambino era là steso a terra con la testa sanguinante".

Не забудем, не простим!
Вечная память Вадиму.





Il Corriere della Sera e la retorica democratica

15 Maggio 2014 
di Francesco Maringiò, vice responsabile Dipartimento Esteri PdCI

L’Ucraina e la democrazia: qual è il ruolo dei nostri media? E quale “democrazia” siamo disposti ad accettare?

«Che cosa c’è di più democratico di un referendum popolare? Gente in coda ai seggi, una scelta chiara fra un sì e un no, la volontà collettiva che si esprime sovrana … Tutto qui? Non proprio. Perché non bastano un’urna e una scheda per celebrare la festa della democrazia» (1). Se estraessimo questa considerazione di Luigi Ippolito, caporedattore ed opinionista del Corriere della Sera, dal resto dell’articolo, non potremo che dichiararci concordi con quanto scrive. Del resto, sin dai tempi di Socrate, abbiamo appreso come il “principio maggioritario” non sia in sé, né necessariamente giusto, né effettivamente “democratico”.

Già Luciano Canfora, alcuni anni fa, ci metteva in guardia contro il «fondamentalismo democratico» (l’espressione è, in realtà, dell’indimenticabile García Márquez) che «racchiude e copre il contrario di ciò che etimologicamente esprime; e, insieme, l’intolleranza verso ogni altra forma di organizzazione politica che non sia il parlamentarismo, la compravendita del voto, il “mercato” politico. (…) Il diverso dal modello parlamentare è il totalitarismo, è il male. Questo modo (…) “di non vedere” la realtà ha colpito in tutte le direzioni, impedendo di comprendere la molteplicità del mondo» (2).
La “democrazia”, l’unica possibile, è in sostanza quella basata su di una procedura ed un corpus di regole che trae la sua legittimazione dal suffragio popolare, prevede il multipartitismo e tutti i sistemi politici che esulano da questa organizzazione non sono, per definizione, “democratici”. Basta vedere come vengono descritti sui quotidiani italiani paesi quali la Russia e la Cina, per non parlare di Cuba o del Venezuela che, senza iuxta propria principia, vengono di volta in volta bollati come regimi a-democratici, anti-democratici (quando non apertamente reazionari, oligarchici,…). Ed in effetti non mi pare che il Corriere faccia eccezione. Infatti, se non ricordo male, non considerò mai illegittima - sarebbe tale stando alle stesse regole della democrazia occidentale - la rielezione di Bush alla Casa Bianca nel 2000, quando la Corte Suprema si rifiutò addirittura di ricontare i voti. Né ebbe particolari remore nel pubblicare con grande rilievo (e scandalo generalizzato) gli interventi di Angelo Panebianco quando questi chiedeva che venisse «ammessa l'esistenza di una “zona grigia” a cavallo tra legalità e illegalità» per permettere così l’impiego della tortura (3).

D’altro canto non mi pare che la “correzione” del nostro sistema democratico attraverso la limitazione indiretta al suffragio e per mezzo della limitazione dell’efficacia degli organismi elettivi (4), sia oggetto di scandalo sulle pagine del Corriere, né sui principali media nazionali. Ed invece il referendum svolto nel fine settimana nell’Ucraina orientale, che ha visto un’affluenza del 75% (su 3 milioni di aventi diritto) e che ha coinvolto l’intera popolazione, viene guardato con sospetto. Per questi cittadini, evidentemente di serie B, «non bastano un’urna e una scheda per celebrare la festa della democrazia».

Ma in un sistema politico quale il nostro che, per sua natura, è fondato sul consenso, diventa essenziale capire il ruolo giocato dagli strumenti di informazione (onnipresenti e multiformi nella nostra società) nell’organizzazione del consenso, proprio perché il limite tra conquista e manipolazione dell’opinione pubblica è molto labile. Per cui bisogna prestare molta attenzione – e diffidare – da questa improvvisa critica della retorica democratica che tende a delegittimare i referendum popolari in Ucraina, semplicemente perché non si vuole accettarne il risultato. Come pure bisogna prestare molta attenzione alle campagne di delegittimazione nei confronti degli oppositori ucraini del nuovo governo golpista (non a caso, in questi giorni, è stata chiesta la messa fuori legge del PC Ucraino) e la permanente delegittimazione del governo di Mosca. La critica della retorica democratica ed il biasimo per le élite, vale sempre per gli altri, ovviamente!

Ma se tutto questo avvenisse solo sulle colonne del Corriere, sarebbe ordinaria amministrazione. Il punto è che, purtroppo, questi argomenti sono fatti propri anche da un pezzo dei gruppi dirigenti della stessa sinistra italiana che, in questa campagna “per la democrazia” annoverano la Russia tra i paesi “antidemocratici” ed arrivano ad abbracciare e sostenere movimenti filo golpisti o filo imperialisti quali le Pussy Riot, i movimenti arancioni, “i ragazzi di Kiev”,…

Eppure già Gramsci, nei Quaderni, ci aveva illuminato sul fatto che «le idee e le opinioni non nascono spontaneamente nel cervello di ogni singolo: hanno avuto un centro di formazione, di irradiazione, di diffusione, di persuasione» (4). Ma non viene loro il dubbio di essere diventati, consapevolmente o meno, strumenti di “irradiazione” di idee e consenso atte a manipolare un pezzo dell’opinione pubblica, quella di sinistra? Forse è giunto il momento di porsi alcune domande. E l’evoluzione della situazione in Ucraina, nella sua brutale dinamica, obbliga tutti a fare delle scelte e dichiarare, senza infingimenti, i propri intendimenti.

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(1) Luigi Ippolito, Troppe Minacce sul referendum ucraino. Non basta una scheda per la democrazia, Corriere della Sera, 12 Maggio 2014.

(2) Luciano Canfora, Critica della retorica democratica, 2002, p.17.

(3) Angelo Panebianco, Il compromesso necessario, Corriere della Sera, 13 agosto 2006; Guerra e stato di diritto, Corriere della Sera, 15 agosto 2006.

(4) La limitazione indiretta al suffragio avviene attraverso l’introduzione di soglie di sbarramento sempre più elevate, difficoltà tecniche alla presentazione delle liste, leggi elettorali maggioritarie,…, mentre la limitazione dell’efficacia degli organismi elettivi è resa evidente da un protagonismo del governo e del premier in prima persona e da uno svuotamento di fatto del ruolo del Parlamento che è sempre più limitato nelle sue funzioni. Tra le altre cose, con questo argomento, si vuole procedere all’abolizione di uno dei due rami: il Senato della Repubblica.

(5) Antonio Gramsci, Il numero e la qualità nei regimi rappresentativi, Quaderni dal Carcere, a cura di V. Gerratana, 1979, p. 1624.



(francais / italiano)

Ucraina, altre iniziative segnalate

* Torino, sabato 17 maggio 2014
* Gradisca d'Isonzo (GO), martedì 20 maggio 2014
* Bari, martedì 20 maggio 2014
* Lettre ouverte aux députés français sur l'Ukraine


Ricordiamo anche:

* Roma, sabato 17 maggio 2014
Contro la guerra nel cuore dell’Europa, a fianco dell’Ucraina antifascista! 

ALLE ORE 18.00 CIRCA, NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA DELL’UCRAINA A ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO, VICINO A PIAZZA VERDI, ZONA PARIOLI
Info: http://giuliettochiesa.globalist.it/Detail_News_Display?ID=103360&typeb=0&Contro-la-guerra-nel-cuore-dell-Europa-a-fianco-dell-Ucraina-antifascista
Per aderire all’Appello : info@...


=== Torino, sabato 17 maggio 2014
alle 14:30 presso la Federazione PdCI, Via Verolengo 180

CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA
Contro l'imperialismo degli USA, dell'Unione Europea e della NATO

Intervengono:
Mauro Gemma - direttore di Marx21.it
Enrico Vigna - autore di "Ucraina tra golpe, neonazisti, riforme e futuro"
Conclude:
Fausto Sorini - segreteria nazionale PdCI, responsabile esteri

Organizzano: PdCI (Com. Reg. Piemonte), Marx21


=== Gradisca d'Isonzo (GO), Martedì 20 maggio 2014
alle ore 18.30 presso la Casa del popolo, Piazza Unità n.11

CON IL POPOLO DELL'UCRAINA, CONTRO IL FASCISMO E L'IMPERIALISMO!

Incontro regionale sul tema "Con il popolo dell'Ucraina, contro il fascismo e l'imperialismo!"

Introduce Ottavio Romano, segretario prov. Pdci di Gorizia.

Relatore: on. Stojan Spetič, giornalista, diplomato all'Università "Lomonosov" di Mosca, già segretario della Commissione esteri del Senato italiano. 

Conclude Stefano Verzegnassi. 

Durante la serata cercheremo di collegarci via internet con il PC di Ucraina.



=== Bari, Martedì 20 maggio 2014
ore 18.00, II str. priv. Borrelli 32

Associazione MARX XXI - Bari
 
Ucraina. Dal golpe di Euromaidan ai pericoli di guerra
  
Intervengono
(in collegamento audio-video)
 
Anatolij Sokoljuk
responsabile esteri del Partito Comunista d'Ucraina
 
Manlio Dinucci, giornalista
 
Flavio Pettinari,
amministratore della pagina FB “Con l’Ucraina antifascista”
 
Coordina
Andrea Catone, associazione Marx XXI


===

http://cesteneurodictaturecapitaliste.skynetblogs.be/archive/2014/05/11/lettre-ouverte-aux-deputes-francais-sur-l-ukraine-8185981.html

Sent: Tuesday, May 6, 2014 11:47 PM
 
Subject: lettre ouverte aux députés français sur l'Ukraine
 

Chers camarades et amis des organisations, réseaux, sites, ouvriers, communistes, républicains, syndicalistes, antifascistes et démocratiques avec lesquels le P.R.C.F. est en contact,

 

Merci de relayer éventuellement cette action réalisée à l’initiative de notre camarade Pierre Pranchère, vice-président du P.R.C.F., ancien membre du C.C. du P.C.F. et ancien FTPF, sur la situation en Ukraine et sur les énormes dérives guerrières, anticommunistes et fascisantes qu’elle comporte après que les nazis ukrainiens, officiellement admirateurs de la « Das Reich » (qui incendia la population d’Oradour) aient sciemment fait mis le feu à la Maison des syndicats d’Odessa en faisant brûler vif ses quarante occupants (parmi lesquels des camarades communistes).

Cette lettre vient d’être adressée à tous les députés par notre camarade Pranchère, ancien député et ancien député européen.

 

Je profite de l’occasion pour remercier ceux d’entre vous qui nous ont aidés à dire récemment leur fait au pouvoir ukrainien (par l’entremise de son ambassade à Paris) ainsi qu’au ministère des affaires étrangères français.

Multiplions les actions de solidarité avec nos camarades ukrainiens victimes d’une véritable chasse à l’homme non seulement dans la partie Est de l’Ukraine, mais dans toute la partie Ouest (dont nos médias ne disent mot) ainsi que dans les Pays baltes où des menaces de mort sont adressées par les fascistes aux vétérans de la Grande Guerre patriotique qui oseront célébrer la Victoire sur Hitler le 9 mai prochain.

 

Amitiés,

 

Georges Gastaud

Mesdames, Messieurs les Députés

À l’Assemblée Nationale

 
 

Mesdames, Messieurs les Députés,

 

Une nouvelle fois nous sollicitons votre attention à propos de la situation explosive en Ukraine suite au coup d’état sanglant perpétré en février dernier et dont les néonazis-fascistes furent le fer de lance. Exploitant une émotion populaire légitime, les émeutiers de la place Maïdan à Kiev ont plongé le pays dans la guerre civile ; les communistes, les antifascistes, les russophones baptisés « hommes verts » sont traqués, lynchés, brûlés vifs comme à Odessa, et leur capture est mise à prix. À Lvov, le 27 avril, les néo-nazis de Svoboda ont publiquement rendu hommage à la division SS « Galicie » en exigeant l’interdiction de la commémoration de la victoire sur le nazisme le 9 mai prochain.

 

Les putschistes de Kiev, hommes de main des forces occidentales, poussent ouvertement à une chasse à l’homme (notamment dans les provinces de l’Ouest, dont nos médias ne disent mot) et à une guerre civile qui, comme dans l’Espagne d’avant-guerre, pourrait à tout instant déboucher sur une guerre continentale, voire mondiale. En effet, la Russie, dont nos dirigeants semblent oublier qu’elle détient, comme le bloc occidental qui l’a précédée dans cette voie, l’arme nucléaire, a officiellement déclaré que l’élargissement de l’U.E., DONC DE L’O.T.A.N. au territoire ukrainien, constituerait un « casus belli ». Voilà où a conduit la politique belliciste d’encerclement et d’isolement de la Russie conduite depuis vingt ans, en prolongement ininterrompu de la guerre froide, par les U.S.A., l’U.E. et l’O.T.A.N. !

Ceux qui clamaient que l’U.E. c’était la « paix assurée » nous conduisent ainsi au seuil d’une troisième guerre mondiale. Il est urgent pour l’humanité toute entière d’éteindre l’incendie pendant qu’il en est temps et la première des mesures à prendre est de destituer et d’arrêter la junte fasciste qui a pris le pouvoir à Kiev.

Il est temps également pour nos médias et pour ceux qui les inspirent de cesser de criminaliser les populations russophones de l’Est ; ces populations ne demandent officiellement rien d’autre qu’une décentralisation et qu’une fédéralisation du pays sanctionnée par un référendum.

 

Dans notre projet de « motion de censure » daté du 26 mars nous avions posé la question-clé : qui est responsable du bain de sang du Maïdan le 19 février dernier ? Nous avions immédiatement mis en cause les partis néo-nazis et leurs soutiens internationaux. Depuis, une confirmation éclatante vient d’être apportée avec la diffusion, le 25 avril dernier, par Agoravox d’une enquête qualifiée dedévastatrice conduite par le réseau de chaînes publiques régionales allemandes A.R.D., titrée : Les morts du Maïdan.

 

Notons des extraits repris par Agoravox, il est significatif que le paragraphe introductif de la relation de l’enquête soit ainsi rédigé :

« Le silence des médias sur cette enquête est impressionnant, alors que l’information est explosive. Une enquête internationale devrait être diligentée très rapidement pour éclaircir les faits. Et l'élection du 25 mai devrait être reportée dans l'attente des conclusions.»

 

Sur les temps forts de cette enquête il est écrit :

« Les conclusions sont accablantes : les tirs des snipers venaient des étages de l’hôtel Ukrainia, tenu par les manifestants et les mêmes balles ont été extraites des corps des civils et des policiers ».

L’enquête ne démontre pas qui étaient précisément les snipers commente Agoravox mais elle indique qu’

« il est peu probable que les snipers aient pu entrer dans un hôtel tenu par les manifestants, occuper une partie d’un étage et tirer à de nombreuses reprises, sans être inquiétés ni contrôlés. Ce qui laisse penser qu’il s’agit de membres des insurgés…..  La présomption du coup d’état se renforce donc. »

 

Dans la vidéo de l’enquête on constate que le procureur, membre du parti d’extrême droite Svoboda, chargé de l’enquête officielle, se dérobe aux questions du journaliste allemand sur les snipers de l’hôtel Ukrainia. Le journaliste reçoit également des témoignages de participants du Maïdan, de parents de victimes et il fait le constat que

« la version des putschistes qui alimente les positions américaines et européennes s’effondre ».


La dernière partie de l’enquête journalistique est une condamnation sans appel :

« Le pouvoir en place à Kiev est dès lors suspect de meurtres en masse, et l’actuel premier ministre Yatseniouk, soutenu par l’OTAN et le département d’Etat américain, devrait être arrêté et entendu par une commission indépendante »

.

Agoravox illustre l’enquête de la télévision allemande par trois montages photos représentant Catherine Ashton (représentante de l’U.E. pour les Affaires étrangères), Barak Obama et Arseni Yatseniouk avec en gros caractères : « recherché (e) pour suspicion de complicité de meurtres en masse »

.

Aux antipodes de la prétendue « révolution populaire » qu’exaltent nos médias terriblement partiaux, nous sommes donc en droit de suspecter  l’existence d’une provocation de même ampleur que celle qui, en 1933, permit à Hitler, en faisant incendier le Reichstag, d’éliminer toute opposition en Allemagne pour préparer la guerre à l’extérieur ou que les forgeries d’Etat  qui permirent plus récemment de lancer les deux Guerres du Golfe avec leur cortège de « destructions massives ».

 

Nous nous adressons donc à nouveau aux députés parce que nous considérons comme anormal que l’Assemblée Nationale n’ait pas eu encore la possibilité, conformément à son rôle défini par les articles 49 et 50 de la Constitution,  de débattre de la terrible situation qui, en Ukraine, risque à tout instant d’entraîner la France dans la guerre. Si vous partagez l’idée de ce débat nécessaire, alors vous trouverez les formes adéquates pour le susciter : motion de censure, questions orales, demande de commission d’enquête et autres : là où il y a une volonté politique, il y a toujours un chemin !

 

Le remaniement du gouvernement français n’ayant rien changé, bien au contraire, à son soutien indéfectible à la junte fasciste de Kiev, nous affirmons solennellement que l’honneur et l’autorité de la France sont outragés, que la sécurité fondamentale du peuple français peut à tout moment être terriblement compromise. Le ministre des Affaires étrangères Laurent Fabius n’a cessé de soutenir le gouvernement des émeutiers de Kiev. Le 11 mars dernier il s’exclamait : «  quand on accuse ce gouvernement d’être d’extrême droite, c’est faux ». À l’abri de telles déclarations, le procureur fasciste de Svoboda peut dormir tranquille. Le ministre des Affaires étrangères français a pris une décision stupéfiante en autorisant M. le Drian, ministre de la Défense, à plastronner dans un avion de chasse français survolant les Etats de la Baltique et les pays de l’U.E. aux portes de l’Ukraine, toutes armes braquées sur la Russie. Faut-il rappeler à MM. Fabius et Le Drian que le parti fasciste Svoboda arborait jusqu’en 2008 l’emblème de la division SS Das Reich ? C’est ce même emblème qu’elle portait lorsqu’elle pendit, le 9 juin 1944, 99 tullistes et qu’elle massacra le lendemain les habitants d’Oradour-sur-Glane. Le 9 juin 1944 à Tulle l’officier SS Kowatsch, adjoint du sinistre Lammerding, se glorifiait d’avoir pendu 100 000 Ukrainiens à Kharkov et à Kiev. Faut-il leur rappeler les liens des dirigeants de Svoboda avec les dirigeants du Front National ? Ont-ils pensé à la joie que ces vols français ont dû procurer à tous ces laudateurs des nazis au pouvoir à Kiev et à leurs congénères des Pays baltes, qui discriminent les russophones, interdisent les partis communistes et cautionnent des défilés d’anciens Waffen-SS baltes supplétifs de la Wehrmacht ? On pense aussi aux 200 hitlériens qui se sont tranquillement réunis en avril dans la commune alsacienne d’Oltingue pour célébrer le 125ème anniversaire de la naissance d’Hitler, alors que tous les Alsaciens gardent en mémoire les horreurs commises par le Troisième Reich au camp voisin du Struthof.

 

Le soutien du gouvernement français aux criminels dirigeants nazis-fascistes de l’Ukraine constitue une insulte à toutes les victimes de la seconde guerre mondiale.

 

Durant les années terribles mais glorieuses de l’Occupation, de l’insurrection et de la Libération de la France jusqu’à la victoire totale, les résistants furent l’honneur de la France. Ils se souviennent, en ce 70ème anniversaire de la libération de notre pays que la puissante Armée Rouge écrasa à Stalingrad, à Koursk et en Ukraine l’armée hitlérienne, la SS et ses divisions Das Reich, Galicie constituée essentiellement d’Ukrainiens de Bandera alliés aux nazis, ainsi que la misérable L.V.F. de Pétain. Ils se souviennent de ces combats victorieux où prit part le glorieux régiment Normandie-Niemen symbole de la résistance commune des peuples soviétiques et français contre le nazisme.

 

Gloire éternelle à la Grande Guerre Patriotique victorieuse que le général de Gaulle salua en termes élogieux en juin 1966 à Moscou en reconnaissant « la part capitale que l’Union Soviétique prit à la victoire décisive ».

 

Mesdames et Messieurs les parlementaires, tout montre que nous sommes à un tournant de l’histoire. Cette lettre, quelle que soit la suite que chacun de vous décidera de lui réserver, prend date devant notre peuple. Que chacun assume ses responsabilités devant la paix et devant l’histoire. Pour notre part, comme nous l’avons fait pendant la seconde Guerre mondiale, nous assumons à nouveau les nôtres.

 

Le 5 mai 2014

 

Pierre Pranchère, résistant F.T.P.F. à l’âge de 15 ans, membre au Parti communiste clandestin, le parti des fusillés. Député de Tulle, (1956-58 et 1973-1978) ville résistante et martyre, député honoraire au Parlement Européen, vice-président du P.R.C.F. et président de la commission des relations internationales du P.R.C.F.

Léon Landini, président du P.R.C.F., anc. officier des F.T.P.-M.O.I., Grand Mutilé de Guerre, Médaille de la Résistance, Officier de la Légion d’honneur, décoré par l’U.R.S.S. ;

Jean-Pierre Hemmen, vice-président du P.R.C.F., fils de Fusillé de la Résistance, réprimé pour avoir refusé de porter l’uniforme sous les ordres d’un ex-général de la Wehrmacht exerçant un commandement au sein de l’O.T.A.N. ;

Georges Gastaud, fils de Résistant gaulliste, secrétaire national du Pôle de Renaissance Communiste en France.

Antoine Manessis, fils de Résistant communiste grec, secrétaire aux relations internationales du P.R.C.F.





Libertà di stampa

1) I monopoli della comunicazione e la libertà di stampa nel capitalismo (Salvatore Vicario)
2) Le 25 verità su Reporters sans frontieres


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I monopoli della comunicazione e la libertà di stampa nel capitalismo

Salvatore Vicario | senzatregua.it

05/05/2014

"Non da oggi la stampa è un potente strumento di cui si serve la classe dominante per mantenere la sua dittatura. Il grande capitale non domina solo con le banche, i monopoli, il potere finanziario, il tribunale e la polizia, ma con i mezzi quasi illimitati della sua propaganda e della corruzione ideologica ", P. Secchia (1)

Recentemente sul nostro giornale abbiamo pubblicato un estratto dal corso di formazione «lineamenti di economia marxista» realizzato nell'ambito del corso nazionale di formazione quadri del FGC, in cui è stata descritta la genesi economica dell'Imperialismo, dalla concentrazione al monopolio (2). Nella sua fase attuale, il capitalismo si centralizza sempre più in meno mani di una ristretta oligarchia finanziaria, che da questa sua posizione di supremazia economica, controlla tutta la sovrastruttura sociale, dallo Stato al complesso apparato di produzione e asservimento ideologico che bombarda le coscienze della classe operaia e dei settori popolari, costantemente. "Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante. La classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò, in pari tempo, dei mezzi della produzione intellettuale, cossiché ad essa in complesso sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano i mezzi della produzione intellettuale. le idee dominanti non sono altro che l'espressione ideale dei rapporti materiali dominanti, sono i rapporti materiali dominanti presi come idee: sono dunque l'espressione dei rapporti che appunto fanno di una classe la classe dominante, e dunque sono le idee del suo dominio"(3) affermava K. Marx, che con l'assioma sulla classe dominante e la coscienza dominante, sottolineava come in coerenza con il proprio progresso storico, ogni classe che conquista il potere lo fa imponendo una base di dominazione per forza di cose superiore rispetto alle altre. E' palese comprovare oggi come questa tendenza ci presenta una situazione nella quale la classe dominante della nostra epoca – l'oligarchia finanziaria – dispone di un vastissimo piano di sfruttamento e dominazione politica-ideologica per mantenere il suo potere. In questo ricopre un ruolo fondamentale la comunicazione e l'informazione, che si fanno globali e allo stesso tempo controllate da sempre meno mani. Questo perché da un lato coloro che operano in condizioni di monopolio hanno bisogno dello strumento dell'informazione per mantenere questa loro situazione e tenderanno sempre più ad avere il controllo delle imprese che si occupano dell'informazione. In secondo luogo, perché l'informazione non è solo potere ma diviene anche una grande fonte di profitto, diviene merce. Esistono quindi multinazionali dell'informazione come per altri settori, che come le altre multinazionali, tendono a fusioni e concentrazioni. Proprio la natura e complessità di questo determinato tipo di enormi imprese, i monopoli della comunicazione, sono un esempio palese del livello di instaurazione di un potere realmente dittatoriale che lotta con tutti i mezzi per mantenere la sua posizione dominante sulle ampie masse lavoratrici.

Se infatti andiamo ad indagare sulla composizione e proprietà dei principali gruppi del settore della comunicazione italiana, osserveremo il livello di concentrazione e la capacità di controllo di esso da parte dei grandi monopoli capitalisti. Pochi Gruppi Editoriali italiani controllano la quasi totalità di giornali, tv, radio, case editrici, così come la produzione e distribuzione cinematografica e portali internet.

Andando ad analizzarli uno ad uno:

La Mondadori, è controllata dal Gruppo Fininvest la holding che detiene tutte le proprietà di Silvio Berlusconi che controlla e partecipa al 40.07% alla Mediaset, al 53.06% alla Mondadori, al 100 % al A.C Milan, al 35.1% al Gruppo Mediolanum, al 100% al Teatro Manzoni e al 2.06 % alla Mediobanca. La Mondadori possiede il 39.27 % de "il Giornale" (9° quotidiano per diffusione) il cui restante 60.73% è di proprietà di Paolo Berlusconi (fratello di Silvio). La stessa Mondadori possiede le Case Editrici: Libreria Mondadori, Giulio Einaudi Editore, Edizioni Piemme, Sperling & Kupfer. Possiede inoltre la Radio "Radio 101" e i periodici Panorama, TV Sorrisi e Canzoni, Grazia, Donna Moderna, Chi, Flair, Focus, Geo, Interni, Jack, Men'sHealth, Sale & Pepe, Starbene, Telepiù, TuStyle, Icon, Wellness, inTavola.

L'Espresso di Carlo De Benedetti, controlla la casa pubblicitaria A.Manzoni&C., il quotidiano "La Repubblica" (2° quotidiano per diffusione), le radio e Tv "Radio Dee Jay" e "TV Dee Jay", "Radio Capital" e "Radio Capital Tv", "Repubblica Tv" e "Onda Latina", i periodici "L'Espresso", "National Geographic", "Le Scienze", "Mente", "Lines", "Micromega", e i quotidiani locali "Alto Adige", "Trentino", "Corriere Alpi", "il Centro", "Gazzetta di Mantova", "Gazzetta di Modena", "Gazzetta di Reggio", "il Mattino di Padova", "Messaggero Veneto", "La Nuova", "La Nuova Ferrara", "Il Piccolo", "La Provincia", "Il Tirreno", "La Tribuna di Treviso", "La Città", "La Sentinella". Le azioni del gruppo Espresso, appartengono al 53.8% alla CIR (Compagnie Industriali Riunite) S.p.A. che è una holding italiana controllata al 46% dalla COFIDE holding finanziaria della famiglia De Benedetti, gruppo industriale attivo nell'energia, nei media, nella componentistica auto, nella sanità e negli investimenti non-core (venture capital, private equity e altri investimenti). Il gruppo CIR registra un fatturato di circa 5 miliardi, con circa 14mila dipendenti. Le principali partecipazioni, oltre al gruppo Espresso, sono la Sorgenia Holding S.p.A che controlla il 79.7% di Sorgenia S.p.A. uno dei principali operatori del mercato libero dell'energia elettrica e del gas naturale. La Sogefi S.p.A. al 58.3%, azienda operante nella componentistica per auto che controlla 4 marchi: TECNOCAR, PURFLUX, FIAAM, FRAM. Infine la KOS S.p.A. al 51.3% che possiede circa 60 strutture sanitarie e 5.059 posti letto. La COFIDE (Gruppo De Benedetti) oltre alla CIR, partecipa alla Società Finanza Attiva S.p.A (89%), alla Banca Intermobiliare di Investimenti e Gestioni S.p.A., alla Cofide International S.p.A. (100%), alla Cofidefin Servicos de Consultoria Lda. Come azionisti di COFIDE, troviamo anche il Credit Suisse (al 7.66%). Nella CIR troviamo invece come azionisti la Bestinver Gestion (11.3%) e la Norges Bank (2.7%).

Nel CDA del Gruppo Espresso troviamo Sergio Erede, amministratore di Luxottica (di Del Vecchio, secondo uomo più ricco d'Italia, e tra i suoi maggiori azionisti troviamo la Deutsche Bank); Luca Paravicini Crespi, consigliere della Piaggio dei Colaninno (dove siede accanto a Vito Varvaro, il quale a sua volta è anche nel Cda della Tod's di Diego Della Valle) e figlio di Giulia Maria Crespi, ex direttore editoriale del Corriere ed ex presidente del Fai; e Mario Greco, consigliere di Indesit Company (dove siede anche Emma Marcegaglia) e della Saras di Massimo Moratti (rappresentato anche nel Cda del Corriere attraverso i consiglieri del gruppo Pirelli di proprietà di Tronchetti Provera), una delle massime società italiane nel settore petrolifero e energetico, di cui possiedono azioni di minoranza anche la Rosneft (compagnia petrolifera del governo russo) e Assicurazioni Generali.

Passiamo al Gruppo Editoriale RCS che possiede i quotidiani "Corriere della Sera" (1° quotidiano italiano) e "La Gazzetta dello Sport" (4° quotidiano italiano), le Case Editrici "Rizzoli", "Bompiani", "Fabbri Editori", "Marsilio", "Lizard", "RCS Collezionabili", "SuperPocket", "Firme ORO", "Sonzogno", "Skira", "Archinto", "Adelphi", "Etas". Inoltre possiede le Radio e Tv, "Radio 105", "Radio MonteCarlo", "Virgin", "Lei", "Dove Tv", e i periodici "Oggi", "Cucino", "Novella", "Visto", "Astra", "Ok", "Domenica Quiz", "Quiz mese", "Sette", "Dove", "Y&S", "Corriere Erboristica", "Amica", "A", "Io", "Style", "Max", "CA casamica", "Case da Abitare", "Il Mondo", "L'Europeo", "Costruire", "Abitare". L'Azionariato della RCS è così composto: Fiat S.p.A. al 20.55% (Famiglia Agnelli), Mediobanca S.p.A. (15.45 %), Diego Della Valle (8.99%) tramite la Dorint Holding S.p.A. e la Di.Vi. Finanziaria di D.Della Valle&C., la Finsoe S.p.A. al 5.65% tramite la Fondiaria Sai S.p.A., la Milano Assicurazioni, la Saifin S.p.A. e la Siat S.p.A., la Pirelli (5.44%), Intesa Sanpaolo (6.54%), Banco di Napoli, Cassa di Risparmio del Veneto, Benetton e l'elenco è ancora lungo. Andando ad analizzare il CDA della RCS troviamo Carlo Pesenti consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca; Fulvio Conti amministratore delegato e Direttore Generale della società Enel, vicepresidente di Confindustria che nel 2012 ha partecipato alla riunione del Gruppo Bilderberg in Virginia USA.

Il Gruppo Editoriale "Il Sole 24 Ore" appartiene alla Confindustria (quindi diretta espressione dei desiderata dei principali gruppi industriali del Paese) e controlla il quotidiano "Il Sole 24 Ore" (3° quotidiano italiano), le radio "Radio 24" e "Radio 24 Ore Radiocor", e i periodici "English24", "l'Impresa", "Aspenia", "Ristrutturare", "Applicando". Nel suo Cda siedono, fra gli altri, Giancarlo Cerutti, consigliere di amministrazione della Saras (Moratti); Luigi Abete, presidente della BNL (gruppo Paribas); Antonio Favrin, collega di Cda, in Safilo Group, di Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in Mediobanca.

Gruppo Editoriale "Poligrafici" possiede i quotidiani "QN-La Nazione" (11° quotidiano italiano), "Il Resto del Carlino" (7° quotidiano italiano), "Il Giorno" (20° quotidiano italiano) e i periodici "Cavallo", "Onda Tivù" e "L'Enigmistica". Il Gruppo è legato anche a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e Gemina (attraverso Massimo Paniccia e Aldo Minucci) e alla Premafin della famiglia Ligresti.

Editore Caltagirone è di proprietà della Famiglia Caltagirone che possiede la Caltagirone S.p.A. una holding cui fanno capo le attività del gruppo Caltagirone nei settori dei grandi lavori, del cemento, immobiliare, finanziario e dell'editoria, Cementir S.p.A.(4° produttore di cemento in Italia e in Turchia, mentre in Scandinavia è il principale produttore di cemento bianco e calcestruzzo), Vianini Lavori S.p.A , opera dal 1890 nei settori più avanzati dell'ingegneria civile e nell'industria dei manufatti in cemento e annovera tra i principali clienti anche la Enel e FS) e Vianini Industria S.p.A attiva nella realizzazione di strutture (tubi, piloni, prodotti idraulici) in cemento oltre che di materiali per l'armamento ferroviario. Inoltre, partecipa in Assicurazioni Generali, Unicredit, Acea e Grandi Stazioni. Possiede l'azienda pubblicitaria "PIEMME" e i quotidiani "Il Messagero" (6° quotidiano italiano), "Leggo", "il Gazzettino" (15° quotidiano italiano), "Corriere Adriatico", "In Città", "il Mattino" (19° quotidiano italiano) e la Tv "Telefriuli".

L' "Editrice La Stampa" possiede il quotidiano "La Stampa" (5° quotidiano italiano), di proprietà del gruppo Fiat tramite la Holding Itedi con Presidente J.Elkann.

"L'Unità" (giornale del PD) appartiene al gruppo Tiscali società di telecomunicazioni di Renato Soru nel cui consiglio d'Amministrazione siede Maurizio Carfagna consigliere di Mediolanum e Victor Uckmar che troviamo anche in Class dei Fratelli Panerai che controllano Milano Finanza e Italia Oggi (14° quotidiano italiano).

Il Gruppo Tosinvest di Angelucci, proprietario di un impero fatto di cliniche e strutture sanitarie (fra cui l'ospedale S. Raffaele di Roma), possiede i quotidiani "Libero" (13° quotidiano italiano)e "il Riformista".

Senza dimenticare il quotidiano l'Avvenire (10° quotidiano italiano) di proprietà della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) tramite la «Fondazione di Religione "Santi Francesco d'Assisi e Caterina da Siena" che possiede anche la rete TV2000.

Rimanendo nei maggiori quotidiani possiamo vedere quindi che nella proprietà e Consiglio d'Amministrazione del Corriere della Sera sono presenti i maggiori gruppi industriali e finanziari (bancari e assicurazioni), come la Fiat, Pirelli, Tod's (Della Valle), Gruppo Indesit, Italcementi (Marcegaglia), Italmobiliare, Acciaierie Lucchini, Telecom, Generali, Fondiaria, Unicredit, Intesa San Paolo e Mediobanca ecc…. A "La Repubblica", la Piaggio, Luxottica, la Saras (Moratti) che troviamo anche nel Sole 24 Ore e nel Corriere della Sera ecc… ecc… Nel grafico seguente [ 
http://www.senzatregua.it/wp-content/uploads/2014/05/info.bmp ], frutto di uno studio inchiesta effettuato qualche anno fa, si può evidenziare in modo molto chiaro e nitido il complesso groviglio descritto finora considerando inoltre che ogni gruppo ha partecipazioni a vari livelli in altri gruppi finanziari e industriali.

Un complesso groviglio di testate, gruppi e nomi di tecnici intermediari (ossia quelle figure come avvocati, consulenti, commercialisti, che compaiono in questi e quelli CdA a rappresentare gli interessi di uno o più gruppi) che rappresentano gli interessi di un'unica classe. La linea editoriale è ciò che distingue una testata giornalistica da un'altra, cioè la missione strategica dalla quale si scelgono e analizzano le notizie. Essa si forma a partire dal proprietario e dal luogo decisionale delle società capitalistiche, ossia il Consiglio d'Amministrazione (CdA). Come abbiamo per l'appunto già visionato (in modo ancora poco approfondito, ma in modo già sufficiente per capire), essi sono composti da gruppi e uomini direttamente legati ai grandi gruppi industriali e finanziari che controllano quindi direttamente l'informazione secondo i propri interessi, facendo passare quello che in realtà è un monopolio per "pluralismo". Prova del grande interesse di imprenditori e manager intorno a questo settore, è la recente grande battaglia tra Diego Della Valle e la famiglia Agnelli per il controllo della RCS – Corriere della Sera.

Osservando il settore televisivo la situazione non è certo differente: con l'introduzione del Digitale Terrestre e la diffusione della tv satellitare a pagamento, vi è ormai un infinito numero di canali televisivi che danno una visione di "pluralismo" di scelta, ma se andiamo ad osservare a chi fanno capo questi canali possiamo facilmente accorgerci come esista in Italia un monopolio composto da Rai – Mediaset – TI Media – Sky Italia, che possiedono un'ampia gamma di canali e assorbono la quasi totalità del mercato e della pubblicità. La Rai è di proprietà statale (dello Stato borghese), nel cui CdA siedono uomini e donne delle maggiori organizzazioni politiche in Parlamento, quindi i Partiti che rappresentano gli interessi dell'oligarchia finanziaria nel suo complesso. Sette consiglieri vengono eletti dalla Commissione parlamentare di vigilanza e due dal Ministero dell'Economia e delle Finanze che è il maggior azionista della Rai, tra cui il Presidente del CdA. Osservando l'attuale CdA prendiamo come esempio, Luisa Todini, imprenditrice in quota Forza Italia, proprietaria della "Todini Costruzioni s.p.a." e allo stesso tempo membro del CdA della Salini Impregilo, il principale gruppo italiano nel settore delle costruzioni. E' anche membro della Fondazione Italia-USA. La Rai a sua volta controlla diverse società che operano nel mercato dei media e del broadcasting: Rai Pubblicità (prima Sipra, concessionaria per la pubblicità sulla Rai), RaiNet (che gestisce i siti Rai), Rai Way, Rai World, Rai Cinema (produzione, acquisizione e gestione dei diritti dei prodotti audiovisivi sui canali della filiera cinematografica) e la 01 Distibution (settore della distribuzione col quale controlla direttamente lo sfruttamento commerciale dei film). Alla Rai sono collegate la San Marino Tv, Tivù Srl (piattaforma satellitare gratuita, partecipata in modo paritario da Rai e Mediaset al 48% e al 4% da Telecom Italia) e Euronews che riunisce a livello europeo le tv pubbliche, che rappresenta gli interessi delle oligarchie europee che controllano le Tv statali dei vari paesi dell'Ue.

Il Gruppo Mediaset, come prima detto, è controllata dalla Holding Fininvest della famiglia Berlusconi. E' un'impresa multinazionale, con filiali in Spagna e Paesi Bassi, e ha come presidente Fedele Confalonieri, presente sul Digitale Terrestre e nel settore della Pay-Tv, detiene l'intera rete di trasporto per la diffusione del segnale televisivo per la diffusione del Digitale Terrestre attraverso Elettronica Industriale. Possiede oltre le reti generaliste e commerciali anche (tra le altre) la Medusa Film e la Taodue (film), e la Endemol (con sede nei Paesi Bassi) che produce format televisivi per tutto il mondo. Pubblitalia è la concessionaria esclusiva di pubblicità del Gruppo Mediaset, che è leader della raccolta pubblicitaria, e tramite la sua controllata Publieurope gestisce la vendita di spazi pubblicitari su più di venti canali televisivi europei, tra cui quelli del secondo gruppo radio televisivo europeo ProSiebenSat.1 Media, presente in 13 Stati. Al Gruppo Mediaset partecipano i principali istituti di credito italiani e alcuni investitori stranieri, tra cui il Principe Al-Waleed, 26° uomo più ricco del mondo. Con il programma ADR (American Depositary Receipt) fa parte del mercato finanziario americano con la JPMorgan Chase come banca depositaria. Con la società Media Shopping (e l'omonimo canale televisivo) detiene il primato nel mercato delle vendite a distanza con oltre 900 punti vendita nel settore della Grande Distribuzione italiano, tra cui Carrefour, Auchan, Billa, Iper e Autogrill. Possiede inoltre anche 8 canali televisivi in Spagna attraverso il Grupo Gestevision Telecinco (50.13%), così come in Nordafrica con il canale Nessma e in Cina con il canale Sportnet Media e China Sport Programs Network.

Telecom Italia Media, è una società controllata al 77.7 % da Telecom Italia, 7° gruppo economico italiano e principale azienda italiana delle telecomunicazioni che tra i suoi azionisti ha la holding italo-spagnola Telco S.p.A. composta da Mediobanca, Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo e Telefonica. Nel CdA di Telecom Italia troviamo Jean P. Fitoussi presente anche nel consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Sanpaolo, Renato Pagliaro, banchiere, presidente di Mediobanca, vicepresidente di RCS MediaGroup e membro del CdA della Pirelli, Gennaro Miccichè, Direttore Generale di Intesa Sanpaolo e Amm. Delegato di Banca IMI, Gabriele Galateri di Genola, presidente di Assicurazioni Generali e Tarak Ben Ammar, capitalista tunisino proprietario della società di produzione e distribuzione francese Quinta Communications, della holding Holland Coordinator & Services Bv (HC&S), di Prima TV con il 95%, della The Weinstein Company con il 20%, della Eagle Pictures con il 75%, della Lux Vide con il 25%, di International Entertainment con l'8,6%, di Europa TV con il 51%, di On-tv e di Nessma Tv con il 25%, socio a vari livelli di Murdoch, Kirch e Berlusconi, nonché membro del CdA di Mediaset, Assicurazioni Generali e Mediobanca nonché consulente del principe saudita Al-Waleed. La Telecom Italia Media S.p.A. possiede laTM News, agenzia giornalistica multicanale, partener italiana del network americano CNN, con redazioni in Europa, a Budapest, Bruxelles e Mosca, ed una a New York (USA), distribuendo notizie video per i principali quotidiani italiani nella versione on-line, tra cui Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa oltre a emittenti come Rai, Mediaset, La 7, Sky e Telenorba. La Telecom Italia Media SpA ha ceduto di recente la MTV Italia Srl che adesso è controllata dalla MTV Networks Europe del gruppo Viacom Media Networks una società americana che possiede numerosi canali TV e aziende internet in tutto il mondo. La MTV Italia Srl produce le emittenti MTV, Comedy Central, Nick e Nickelodeon, presenti nel settore Digitale Terrestre, Satellitare, pay e free. Fino a meno di un anno fa, faceva parte della Telecom Italia Media anche La 7, ora di proprietà della Cairo Comunication di Urbano Cairo (pres. anche del Torino Calcio), che si occupa della vendita degli spazi pubblicitari con concessioni nel gruppo RCS (Io Donna, Oggi e TV Sette) e nei mensili dell'Editoriale Mondadori, e possiede anche due settimanali: Dipiù e DipiùTV.

Infine, (non certo ultimo per importanza) Sky Italia (che assumiamo come esempio delle grandi multinazionali del settore), che fa parte della News Corporation del gruppo Murdoch, uno dei primi quattro conglomerati mediatici degli Stati Uniti, che controlla un gran numero di società del settore della comunicazione in tutto il mondo. Dall'Editoria (HarperCollins) e Zondervan, ai quotidiani (The Sun, The Sunday Times, The Times, New York Post, The Wall Street Journal, The Australian), le Stazioni Radio (Radio City in India, Radio Veronica nei Paesi Bassi, Nasche e Best FM in Russia), la produzione cinematografica (20th Century Fox, Fox Searchlight Pictures), le televisioni (Fox, Independent Television, News Corp Europe che controlla canali in Bulgaria, Italia, Romania, Serbia, Turchia, Georgia, Polonia, Israele) la televisione satellitare (Sky Digital Regno Unito, Sky Italia, Foxtel Australia, Sky Deutschland Germania, Star Tv Asia, Phoenix Satellite Tv Hong Kong), la televisione via Cavo (basta citare tutta la catena FOX negli USA e in Sud America), per finire con Internet (Indya – portale indiano, IGN Entertainment – portale internet, Grab.com, news.com.au – portale d'informazione australiano, casa.it, whatifsports.com, sibellusmusic.com). Come la News Corporation del gruppo Murdoch, vi sono altre (poche) corporation che controllano una grandissima quantità di Tv, giornali, case editrici e produzione cinematografica ecc… Sky Italia è il risultato della fusione di Stream, Telecom Italia e la pay-tv da lui fondata.

Anche Internet, si regge sui grandi monopoli del settore come Google, Microsoft, Twitter o Facebook ecc… che controllano le principali reti. Questi ci consegnano risultati di ricerca che influenzano il modo di fruire internet e di ricevere informazioni, e quindi attraverso la rete, il mondo. Dall'evoluzione da Internet 1.0 (pagine web di sola lettura) a Internet 2.0 (Web social nella quale si può interagire, come creatore e consumatore di contenuti) vi sono stati grandi cambiamenti. Internet si regge su monopoli che seguono la logica dell'aumento del profitto e non certo quella della libera circolazione di idee, dove regnano le logiche di mercato e delle gerarchie conseguenti, tutto il contrario quindi di quello che ci vogliono far apparire come un piano orizzontale. Come ogni prodotto che nasce in seno al capitalismo, anche in questo campo l'obiettivo è quello di soddisfare non le necessità delle masse, ma assicurare enormi somme milionarie a coloro che ne sono proprietari. La fonte principale nella rete è la pubblicità, e le attuali piattaforme, in particolare le più generaliste (Facebook, Google + …) settorizzano al massimo la popolazione. Le reti sociali, sono nella pratica un immensa base di dati che permettono alle imprese private di realizzare campagne pubblicitarie totalmente adattate e dettagliate. Esiste una grande compravendita di dati che gira tutto intorno ai grandi social media che sono forse la prima forma di profitto che utilizza la tendenza umana alla cooperazione e alla condivisione di informazioni. Ad esempio Facebook si muove come se volesse inglobare tutta la rete e sostituirsi ad essa. Ognuno dei milioni di utenti che usa Facebook, ogni giorno produce contenuti per il network, di fatto lavora senza accorgersene e senza essere pagato, produce valore senza tradursi in salario, ma solo in profitto per altri (i proprietari dei mezzi di produzione che vendono i dati sensibili, i pattern della navigazione ecc.) ossia coloro che fanno soldi col lavoro dei primi. L'informazione, è merce. La comunità che usa Facebook produce informazione (sui gusti, sui modelli di consumo, sui trend di mercato) che il capitalista impacchetta in forma di statistiche e vende a soggetti terzi e/o usa per personalizzare pubblicità, offerte e transazioni di vario genere. Ma queste grandi società private che operano su internet, comeGoogle e Facebook, non usano soltanto l'enorme quantità di dati disponibili relativi agli utenti come fonte di reddito, ma esse sono in grado di esercitare un controllo preciso sulle masse. Circa il 70% delle comunicazioni via internet nel mondo sono nelle mani di una sola società americana: Level 3 Communications, a cui seguono AT & T, British Telecom e Telefonica ecc. E' l'oligarchia finanziaria quella che finanzia la costruzione di immense infrastrutture fisiche, necessarie al funzionamento di internet, che non è "un qualcosa di virtuale" ma è fatto di cavi, satelliti, torri, server in tutto il mondo, brevetti. Con questi mezzi pertanto poche società controllano miliardi di persone, di informazioni e influenzano gli eventi. Basti pensare solo che Google ha acquisito dal 2001 ad oggi, 147 aziende.

Dai giornali, alla TV, alle case editrici, alle produzioni cinematografiche, a internet ecc… è evidente chi è che detiene il potere dei mezzi di comunicazione, mettendo in evidenza la ridicola farsa della pluralità dell'informazione e l'innegabile funzionalità di questi mezzi come apparati di propaganda e profitti dell'oligarchia finanziaria. Nell'imperialismo, i monopoli sviluppano il fenomeno della combinazione, al fine di assicurare una maggiore stabilità dei loro affari che si realizzano con un ampio controllo di tutti i rami legati a una determinata industria, controllando non solo la produzione, ma anche la distribuzione e il commercio dei suoi prodotti per cui risultano tremendamente utili gli apparati mediatici.

Come si può pensare dunque di definire l'informazione prodotta direttamente dai grandi gruppi industriali, bancari e finanziari come "libertà di stampa"? Lenin, nel discorso al I Congresso dell'Internazionale Comunista così affrontava la questione: "…I capitalisti hanno sempre chiamato "libertà" la libertà di arricchirsi per i ricchi e la libertà di morire di fame per gli operai. I capitalisti chiamano libertà di stampa la libertà per i ricchi di corrompere la stampa, la libertà di usare le loro ricchezze per fabbricare e contraffare la cosiddetta opinione pubblica. In realtà, i difensori della "democrazia pura" sono i difensori del più immondo e corrotto sistema di dominio dei ricchi sui mezzi d'istruzione delle masse, essi ingannano il popolo, in quanto lo distolgono, con le loro belle frasi seducenti e profondamente ipocrite, dal compito storico concreto di affrancare la stampa dal suo asservimento al capitale. L'effettiva libertà e uguaglianza si avrà nel sistema costruito dai comunisti e in cui non ci si potrà arricchire a spese altrui, in cui non ci sarà la possibilità oggettiva di sottomettere direttamente o indirettamente la stampa al potere del denaro, in cui niente impedirà a ciascun lavoratore (o gruppo di lavoratori di qualsivoglia entità) di godere in linea di principio e nei fatti dell'uguale diritto di usare le tipografie e la carte appartenenti alla società" (4).

Qualche giorno fa, il 3 Maggio, la stampa ha autocelebrato la "Giornata Mondiale della Libertà di Stampa" (istituita dall'ONU) con una esplicazione emblematica di ciò che è la Libertà di stampa nel capitalismo, mistificando (se non addirittura nascondendo) in modo ripugnante il massacro di Odessa ad opera dei neonazisti di Kiev pilotati da Washington e Bruxelles. In questa società, la parola d'ordine della "libertà di stampa" non ha alcun valore reale ed è da sciocchi aspettarsi qualcosa di diverso; il pluralismo dell'informazione borghese rimane solo un abbellimento ingannevole del dominio della classe capitalista anche in questo ambito. Marx affermava che "la prima libertà della stampa consiste nel non essere un'industria, un mestiere", partendo da ciò ne deriva che è solo "cretinismo" piccolo-borghese sperare che possono esistere dei giornali e/o giornalisti "neutri" o "vergini" all'interno dell'apparato del sistema soprattutto mediatico, essendo al servizio dell'ideologia e cultura borghese e degli interessi dei lori padroni, vivendo sui finanziamenti statali, derivanti da pubblicità o direttamente dai grandi gruppi finanziari e industriali. 

Per affrontare correttamente la questione della stampa bisogna partire dalla concreta realtà della divisione in classi della società, in cui neanche il ruolo della stampa è neutrale realmente, o tutela gli interessi di una o dell'altra classe. Coloro che negano ciò, rifiutano l'idea dell'indipendenza e autonomia di classe anche in questo settore, e la necessità di rifiutare gli organi di propaganda borghese organizzando la propria stampa di classe, rivoluzionaria, comunista. E' in questo quadro che si inserisce l'importanza della contro-informazione di classe, ma in particolare della stampa comunista, e quindi del nostro giornale, per diffondere le idee rivoluzionarie, per diffondere le lotte e l'organizzazione, e soprattutto per illuminare i problemi dei giovani da un'ottica di classe indicando i modi per risolverli, concentrandoci sulla lotta per la liberazione dallo sfruttamento capitalistico che comporta la lotta per l'emancipazione dei giovani dall'influenza della borghesia e dall'opportunismo, e questo non è possibile senza lo studio, senza libri marxisti e senza la propaganda della stampa comunista rivoluzionaria che si unisce alla prassi. Per questo 102 anni fa (5 Maggio 1912), in questo giorno, venne fondata la Pravda. Per questo c'è bisogno di Senza Tregua – Giornale Comunista e del suo rafforzamento, così come domani la requisizione di tutti i mezzi di propaganda in mano alla borghesia, all'oligarchia finanziaria, sarà una necessità e dovere rivoluzionario. 

Note:
1) P. Secchia – I crociati della menzogna – Rinascita, 1950 http://www.resistenze.org/sito/ma/di/cp/mdcpag21-007333.htm
2) La genesi economica dell'imperialismo: dalla concentrazione al monopolio da Marx a Lenin -http://www.senzatregua.it/?p=960
3) K. Marx – L'ideologia Tedesca
4) V. Lenin – I Congresso dell'Internazionale Comunista – Opere Complete, vol. 28 pag.464-465


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ce texte en francais:
25 vérités sur Reporters sans frontières
L’organisation française prétend défendre la liberté de la presse. En réalité, se cache un agenda politique bien précis
par Salim Lamrani - 05/05/2014

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www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - linguaggio e comunicazione - 12-05-14 - n. 498

Le 25 verità su Reporters sans frontieres

L'organizzazione francese pretende di difendere la libertà di stampa. In realtà nasconde un'agenda politica ben precisa.

Salim Lamrani * | operamundi.uol.com.br
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

05/05/2014

1. Fondato nel 1985 da Robert Ménard, Jean-Claude Guillebaud e Rony Brauman, Reporters sans frontières (da adesso Rsf) ha il compito ufficiale "di difendere la libertà di stampa nel mondo, cioè il diritto di informare ed essere informati, ai sensi dell'articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo".

2. Tuttavia, nonostante questa professione di fede ufficiale, Rsf presenta un lato oscuro e un'agenda politica ben precisa, spesso legata a quello di Washington e se la prende in particolare coi governi di sinistra in America latina, risparmiando i paesi sviluppati.

3. Rsf è stata finanziata dal governo degli Stati uniti attraverso il National endowment for democracy (Ned). L'organizzazione del resto non lo nasconde: "Certamente, riceviamo denaro dal Ned. E questo per noi non rappresenta un problema".

4. Il National endowment for democracy [Fondo nazionale per la democrazia] è stato creato dall'ex presidente statunitense Ronald Reagan nel 1983, in un'epoca in cui la violenza militare aveva preso il posto della diplomazia tradizionale nel trattare gli affari internazionali. Grazie alla sua potente capacità di penetrazione finanziaria, il Ned si prefigge di indebolire i governi che si oppongono alla politica estera di Washington.

5. Secondo il New York Times, (articolo del marzo 1997), il Ned "è stato creato 15 anni fa per realizzare pubblicamente ciò che la Central intelligence agency (Cia) ha fatto in modo nascosto per decenni. Spende 30 milioni di dollari l'anno per sostenere partiti politici, sindacati, movimenti dissidenti e mezzi d'informazione in decine di paesi".

6. Nel settembre 1991, Allen Weinstein, padre della legislazione che ha partorito il Ned, ha espresso al Washington Post la seguente opinione: "Molto di ciò che facciamo oggi è stato fatto dalla Cia 25 anni fa in modo clandestino".

7. Carl Gershman, il primo presidente del Ned, ha spiegato la ragione d'essere della fondazione nel giugno 1986: "Sarebbe terribile per i gruppi democratici del mondo intero essere visti come finanziati dalla Cia. Lo abbiamo potuto vedere negli anni 1960 ed è per questo che vi si è messo fine. È perché non abbiamo potuto continuare a farlo, che il fondo (Ned) è stato creato".

8. Così, secondo New York Times, Allen Weinstein e Carl Gershman, Rsf è finanziato da un ufficio nascosto della CIA.

9. Rsf ha anche ricevuto un finanziamento dal Center for a free Cuba. Il direttore dell'epoca, Franck Calzón, è stato in passato uno dei presidenti della Fondazione nazionale cubano-americana (Fnca), coinvolta nel terrorismo contro Cuba, come ha rivelato uno dei suoi ex direttori José Antonio Llama.

10. Rsf ha ricevuto fondi da Overbrook fondation, ente fondato da Frank Altschul, promotore di Radio Free Europe, emittente della Cia durante la guerra fredda e stretto collaboratore di William J. Donovan, direttore dei servizi segreti statunitensi negli anni 1950 e fondatore dell'Office of strategic services, antenato della Central intelligence agency.

11. In passato, Rsf ha cercato di far passare sotto silenzio gli abusi commessi dall'esercito degli Stati uniti contro i giornalisti. Così, Rsf si è ricordato solo dopo - cinque anni più tardi - del caso di Sami Al-Haj, giornalista della rete televisiva del Qatar, Al-Jazeera, fermato e torturato in Afghanistan dalle autorità statunitensi e in seguito trasferito a Guantanamo. Al-Haj è stato finalmente liberato il 1° maggio 2008, dopo oltre sei anni di calvario. C'è voluta un'indagine di cinque anni a Rsf per scoprire che Sami Al-Haj era stato fermato, sequestrato e torturato soltanto a causa della sua professione di giornalista.

12. In un rapporto del 15 gennaio 2004, Rsf ha esonerato da qualsiasi implicazione i soldati statunitensi responsabili dell'assassinio del giornalista spagnolo José Couso e del suo collega ucraino Taras Protsyuk nell'Hotel Palestine a Baghdad. Secondo la famiglia Couso, "le conclusioni di questo rapporto discolpano gli autori materiali e riconosciuti del fatto all'Hotel Palestina basandosi sull'imparzialità incerta delle persone implicate e sulla testimonianza degli autori e responsabili del fatto, che rimandano questa responsabilità a individui non identificati. Il rapporto è stato firmato da un giornalista, Jean-Paul Mari, che trattiene relazioni note con il colonnello Philip de Camp, militare che ha riconosciuto il suo coinvolgimento nell'attacco e nella morte dei giornalisti all'Hotel Palesatine e inoltre la sua relazione si impernia sulle prove di tre giornalisti molto vicini alle forze nordamericane, tutti statunitensi, uno dei quali - Chris Tomlinson - è stato membro dei servizi segreti dell'esercito degli Stati uniti per oltre sette anni. Nessuno dei giornalisti spagnoli che si trovavano nell'hotel è stato consultato per l'elaborazione di questo documento". Il 16 gennaio 2007, il giudice madrileno Santiago Pedraz ha emesso un mandato di arresto internazionale nei confronti del sergente Shawn Gibson, del capitano Philip Wolford e del tenente colonnello Philip de Camp, responsabili degli assassinii di Couso e Protsyuk, assolti da Rsf.

13. Rsf ha sostenuto l'invasione dell'Iraq nel 2003 affermando che "il rovesciamento della dittatura di Saddam Hussein ha posto termine a trenta anni di propaganda ufficiale e aperto un'era di nuova libertà, piena di speranze e di incertezze, per i giornalisti iracheni. Per i media iracheni, decine d'anni di privazione totale di libertà di stampa sono terminati con il bombardamento del Ministero dell'Informazione, il 9 aprile a Baghdad".

14. Il 16 agosto 2007, durante una trasmissione della radio "Contre-expertis", Robert Ménard, allora segretario generale di Rsf, ha legittimato l'utilizzo della tortura.

15. Rsf ha sostenuto il colpo di stato contro il presidente haitiano Jean-Bertrand Aristide organizzato dalla Francia e dagli Stati uniti titolando: "La libertà di stampa ritrovata: una speranza da mantenere".

16. In occasione del colpo di stato contro Hugo Chávez nell'aprile 2002, organizzato da Washington, Rsf ha pubblicato un articolo il 12 aprile 2002 che riprende, senza alcuna riserva, la versione dei golpisti e prova a convincere l'opinione pubblica internazionale che Chávez si era dimesso: "Recluso nel palazzo presidenziale, Hugo Chávez ha firmato le sue dimissione nella notte, sotto pressione dell'esercito. È stato in seguito condotto al forte di Tiuna, la principale base militare di Caracas, dove è detenuto. Immediatamente dopo, Pedro Carmona, il presidente di Fedecámaras, ha annunciato che avrebbe diretto un nuovo governo di transizione. Ha affermato che il suo nome era oggetto 'di un consenso' della società civile venezuelana e del comando delle forze armate".

17. Rsf ha sempre rifiutato di occuparsi del caso di Mumia Abu-Jamal, il giornalista nero che langue nelle carceri statunitensi da trenta anni per avere denunciato nei suoi servizi la violenza poliziesca verso le minoranze.

18. Rsf conduce regolarmente campagne contro Cuba, paese tuttavia dove nessun giornalista è stato mai assassinato dal 1959. L'organizzazione è in stretta collaborazione con Washington sull'argomento. Così, dal 1996, Rsf ha incontrato a Parigi Stuart Eizenstat, ambasciatore speciale dell'amministrazione Clinton per gli affari cubani.

19. Il 16 gennaio 2004, Rsf si è riunita con i rappresentanti della estrema destra cubana della Florida per predisporre una strategia di lotta mediatica contro il governo cubano.

20. Rsf ha lanciato molte campagne mediatiche diffondendo messaggi pubblicitari sulla stampa scritta, alla radio e alla televisione, destinati a dissuadere i turisti a recarsi a Cuba. È ciò che raccomanda la prima relazione della Commissione d'assistenza per una Cuba libera, pubblicata dal presidente Bush nel maggio 2004 e che aumenta le sanzioni contro Cuba. Questa relazione cita del resto Rsf, per esempio alla pagina 20.

21. Rsf afferma apertamente che solo i paesi sottosviluppati sono di suo interesse: "Abbiamo deciso di denunciare i danni della libertà di stampa in Bosnia e in Gabon e le ambiguità dei media algerini o tunisini… ma di non occuparci delle derive francesi". Perché? "Perché, così facendo, rischiamo di scontentare alcuni giornalisti, di inimicarci i grandi magnati della stampa e di allontanare il potere economico. Ma, per diffonderci attraverso i mass media, abbiamo bisogno della complicità dei giornalisti, del sostegno di magnati della stampa e del denaro del potere economico".

22. Jean-Claude Guillebaud, cofondatore di Rsf e primo presidente dell'associazione, ha lasciato l'organizzazione nel 1993. Spiega le sue ragioni: "Pensavo che un'organizzazione di questo tipo potesse essere legittima soltanto se includeva un lavoro di critica del funzionamento dei media in occidente. Che siano le derive del lavoro giornalistico (menzogne, ecc.) o una riflessione sull'evoluzione di questo lavoro, le sue pratiche e i danni alle libertà possibili nelle democrazie. Altrimenti, saremmo dei neocolonialistici, portatori di arroganti lezioni: quando si interpellano i capi dei paesi del terzo mondo sui danni alla libertà di stampa da loro, la questione che ci poniamo automaticamente è di sapere quale uso facciamo della nostra libertà. Anche se le sfide non sono le stesse, la questione è essenziale e pensavo che occorresse dedicarle il 50% del nostro tempo e della nostra energia (…). Man mano che l'associazione si sviluppava, le operazioni diventavano sempre più spettacolari. Si sono poste due questioni: non vi era una contraddizione nel denunciare certi eccessi del sistema mediatico e utilizzare a nostra volta gli stessi metodi? Da parte sua, Robert Ménard pensava che occorresse far passare in sordina tutta l'attività di critica dei media per beneficiare del sostegno dei grandi giornali e delle grandi catene televisive (…). Li ho trovati troppo vicini alla stampa anti Chávez in Venezuela. Sarebbe certamente stato necessario essere più prudenti. Trovo capiscano molto poco degli Stati uniti".

23. Il quotidiano francese Libération, ancora sostegno fedele dell'organizzazione, nota che Rsf resta silenziosa sulle derive dei media occidentali: "Ormai, la libertà di stampa sarà esotica o non sarà". Molti "gli rimproverano il suo accanimento contro Cuba e Venezuela e la sua mansuetudine verso gli Stati uniti. Questo non è vero".

24. Rsf non ha mai nascosto le sue relazioni con il mondo del potere: "Un giorno, abbiamo avuto un problema di denaro. Ho chiamato l'industriale François Pinault perché ci fornisse il suo aiuto. (…) Ha risposto immediatamente alla mia richiesta. E solo questo che conta" poiché "la legge di gravità esiste, cari amici. E la legge del denaro anche".

25. Così, lontano dalle rivendicazioni d'imparzialità e di difesa della libertà di stampa, Rsf dispone effettivamente di un'agenda politica e se la prende regolarmente coi paesi della nuova America latina.

* Giornalista e specialista in relazioni tra Cuba e Stati uniti.



(deutsch / english)

More Analyses on Ukraine Crisis

1) War Propaganda in Ukraine – The Big Lie and lots of little lies (Sara Flounders)
2) GUILTY: Washington, Kiev responsible for Odessa massacre (Greg Butterfield)
3) Ukraine: U.S. behind attacks on resistance (Fred Goldstein
4) "Fascist Freedom Fighters" (GFP 12.05.2014)


Read also:

The White Book on Violations of Human Rights and the Rule of Law in Ukraine
(november 2013 — march 2014) by the Ministry of Foreign Affairs of the Russian Federation

Die Restauration der Oligarchen (II) (GFP 15.05.2014)
Bei ihren Bemühungen zur Stabilisierung des Kiewer Umsturzregimes intensiviert die Bundesregierung ihre Kontakte zu den ukrainischen Oligarchen… 


=== 1 ===

http://www.workers.org/articles/2014/05/07/war-propaganda-ukraine-big-lie-lots-little-lies/

War Propaganda in Ukraine – The Big Lie and lots of little lies

By Sara Flounders on May 7, 2014

The U.S. corporate media are in lock step lying and distorting the events in Ukraine. These are many little lies leading to another version of the Big Lie, as explained by Nazi Propaganda Minister Josef Goebbels and used to justify U.S. aggression from Vietnam to Iraq and Libya.

The good news is that despite all the lies about Ukraine, every opinion poll shows the U.S. population wants no active involvement there.

Every news feed and articles on Ukraine here are saturated with references to “Russian dominance,” “Russian schemes” and “Russian operatives.” Those who resist the illegal Kiev coup regime might be called “forces,” “terrorists,” “separatists,” “militias” or “saboteurs,” but always with the adjective “pro-Russian” or “Russian-speaking.” They confront “Ukrainian soldiers seeking the unity of Ukraine.”

In news articles, commentators and politicians will use these terms often 10 times or more, even though all the resistance fighters are Ukrainian citizens and many have ethnic Ukrainian names. It is no accident that the media characterize workers who have lived for generations in Ukraine this way.

This ploy is accompanied by massive corporate media demonization of Russian President Vladimir Putin. He is called “scheming,” “domineering,” “secretive,” “authoritarian,” “manipulative,” “two-faced,” “overbearing,” and on down the thesaurus list of pejoratives. Pundits call Putin “solely responsible for the crisis” and demand he end it by submitting to Washington’s demands that Ukraine sign the Association Agreement and join the European Union and NATO.

They also want Putin to disarm the eastern Ukraine’s popular resistance to the fascist gangs that just burned 40 people to death in Odessa.

The Kiev coup regime — a completely illegal right-wing grouping that overturned the elected government to seize power in Ukraine — is neutrally described as the “Kiev government” or “Ukrainian government.” The corporate media call the fascist Right Sector and other neo-Nazi forces running this regime’s police and army, “government officials.”

These “officials” meet other officials in the White House, with the United Nations Security Council and with the EU to agree to austerity without the media challenging their legitimacy.

Every U.S. official who discusses the danger of Russian troop movement — within Russia — gets air time. Little to nothing is even reported of U.S. destroyers deploying in the Black Sea, NATO troop deployments eastward, jets and missile bases in eight countries encircling Russia or scheduled “U.S./NATO war games” in the region.

NATO’s expansion of military bases and interlocking U.S. dominated military commands with 28 NATO countries have been relabeled as a Russian campaign to expand its borders.

There are repeated warnings, without proof, about secret Russian agents, but little about CIA head Brennan’s visit to Kiev or the FBI agents and military advisers there.

Past Lies

U.S. imperialism has the world’s most powerful media, aimed during the buildup to war to saturate popular consciousness with justification for coming criminal actions. The challenge for corporate power in every war is that it must always hide with a saturation of slanders and non-facts repeated relentlessly this basic reality: Its endless wars are for profits, and the conquest and control of markets and resources.

The corporate media’s role is to set the terms of debate by using an unrelenting bias and a conscious distortion of even well-recognized facts, thus laying the ground for a fraudulent war provocation.

The Big Lie

The “Big Lie” that leads to military action is often exposed later, as with the fraudulent claim about “weapons of mass destruction” to justify the 2003 invasion of Iraq, the wild charges of “genocide” that were used to justify a “humanitarian” bombing of Serbia in 1999 or Libya 2011.

After a “Big Lie” has achieved its aim, historians, media talking heads and politicians may later complain that they were lied to. But no one is ever held accountable for lies that led to millions of deaths.

Even those who oppose the war, in an effort to sound objective, may allow the chorus of war propaganda to infect their consciousness and terminology. The most important role for the anti-war movement, regardless of its size, is to take action and refuse to give any credibility to the lies of the ruling-class media.

Majority in U.S. oppose war

This time the lie campaign is failing. Former Secretary of State Madeleine Albright, who sold the murderous Iraq sanctions and the bombing of Yugoslavia, criticized the U.S. corporate media for this failure to sell the conflict with Russia.

On April 30, she told an audience at the militarist, neocon think tank of “foreign policy and business leaders” called the Atlantic Council, “There is not enough of an explanation to the American people as to how important it is to deal firmly with Russia’s attacks on Ukraine. … I am very troubled by today’s poll published by the Wall Street Journal,” which confirms other surveys showing that “Americans want to worry about themselves” so that fewer than one-fifth of the U.S. population want more active U.S. “engagement in Ukraine.”

A USA Today/Pew Research Center Poll released on April 28 reported that the U.S. population opposed by more than 2 to 1 the idea of sending arms or military supplies to the Ukrainian government “to bolster its defenses against Russian forces.” So even with the most twisted, inaccurate and loaded wording on this poll, the best spin the media could put on these figures was that half the population would support economic sanctions.

The slipping position of U.S. imperialism and the growing hardships faced at home do not mean less media war propaganda, but more likely expanding it to a “Big Lie” to prepare for a serious war provocation.


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GUILTY: Washington, Kiev responsible for Odessa massacre

By Greg Butterfield on May 6, 2014

May 4 — Imagine a gathering of diverse activists in a medium-sized U.S. city, representing low-wage workers, communities mobilizing against police brutality and radical organizations. It might be an Occupy Wall Street encampment, a civil rights rally or anti-war conference. You may have attended such events yourself.

Now imagine this gathering was attacked by a thousand members of the Ku Klux Klan, dispatched with government approval. Consider that the Klan members, armed with gasoline bombs, baseball bats and firearms, chased the unarmed activists into a union hall and set fire to the building.

Suppose dozens of activists died in the fire, while others were shot dead or beaten to death while trying to escape the inferno. What if police then arrested survivors and the media blamed them for the blaze, while the bigots responsible were allowed to escape?

How would the workers’ and progressive movements respond to such an atrocity?

This is the horrific scenario that played out in Odessa, Ukraine, on May 2.

Neo-Nazi gangs bused in from western Ukraine marched through the city, posing as sports fans going to a soccer match. They attacked local anti-fascist activists who tried to block them outside a shopping center.

The fascists set fire to the protest encampment set up by opponents of the U.S.-backed coup, forcing their unarmed opponents to retreat. Workers at the nearby House of Trade Unions opened their doors to shelter the activists.

Then the neo-Nazis attacked the trade union building, setting it ablaze. Paramilitary goons fired guns into windows, killing and wounding those attempting to escape. Some activists leaped from high windows and survived, only to be beaten to death on the ground.

In all, 46 anti-fascists were killed, most during the murderous attack on the trade union building. They included men and women, youths and seniors, activists and workers.

Photographs taken the following morning inside the trade union building show bodies charred beyond recognition, some having been shot, others suffocated or burned to death while half-hanging out of windows.

Some of the survivors were arrested. The killers were allowed to leave, to be used again another day.

On May 4, more than 1,000 courageous Odessans protested outside police headquarters and forced the authorities to release arrested anti-fascist protesters, including survivors of the attack on the trade union building. As they were released, the people chanted, “Heroes!”

Washington’s guilty silence

From the government of Russia to the European Left parliamentary group, angry messages of protest against the massacre and condolences for the people of Odessa poured in. But in Washington, there was silence — though President Obama did find time to praise Kiev’s attack on cities in the rebellious Donetsk region to “restore order.” So far, 13 unarmed activists and civilians in Slavyansk and 10 more in Kramatorsk have been killed in this latest offensive, falsely labeled “anti-terrorist.”

The corporate media have tied themselves in knots to avoid reporting the truth about Odessa. For example, a May 2 Reuters news agency report on the massacre never mentioned that those who died in the blaze were opponents of the Kiev regime, and only quoted pro-regime figures who blamed “Russian agents” for the violence.

Now, following lockstep with the latest fiction from Kiev, the media are trying to cast doubt on who set fire to the trade union building, or are even openly blaming the victims, despite ample video and photographic evidence of the fascist attack — much of it recorded and uploaded to the Internet by the fascists themselves!

Why are the media going to such lengths to cover up the truth?

Because the Kiev junta and its masters in Washington are responsible for the massacre.

The attack in Odessa was choreographed by Kiev. Police were deliberately withdrawn from the area of the fascist rampage to guard the Odessa headquarters of the Interior Ministry, headed by far rightist Arsen Avakov.

It also took place simultaneously with the fierce military assault on the city of Slavyansk.

Government leaders from both the Democratic and Republican parties were deeply involved in the planning and execution of the illegal February coup against the elected government. They have pushed their agents in the Ukrainian government to unleash neo-Nazi terror against the people of southeast Ukraine resisting the coup regime.

The U.S. has carried out a provocative military buildup in Eastern Europe and a propaganda war against Russia, blaming it for the anti-fascist rebellion sweeping southeast Ukraine.

Without even questioning its own support for the illegal Kiev junta, the U.S. has promised lavish loans, encouraged a multibillion-dollar IMF aid package and provided international political cover for Kiev.

Further, it was revealed by the German newspaper Bild am Sontag on May 4 that U.S. FBI and CIA agents are stationed in Kiev to “advise” the coup regime on its fight against the anti-fascist movement in the southeast.

This fits a long pattern of U.S. imperialist collaboration with fascist murderers to achieve its ends, from Indonesia to Chile to the former Yugoslavia.

‘Remember and fight’

Alex Albu, local coordinator of the leftist Union Borotba (Struggle), an elected member of the Odessa Regional Council, and candidate for mayor, was badly beaten while escaping the fire. Another Borotba member was shot in the stomach but survived.

Among those killed was Andrew Brazhevsky, a young Borotba member. His comrades report that Brazhevsky tried to escape the inferno by jumping from a high floor of the trade union building. He survived the fall, but was beaten to death by neo-Nazis waiting below to attack survivors.

“Andrew was a staunch communist, who devoted a lot of time to self-education, read the Marxist classics and modern leftist authors,” his comrades recalled. “The Odessa left remembers that this modest, intelligent guy tried not to miss a single political action, and has always been at the forefront.

“When the neo-Nazi forces came to power in Ukraine, Andrew enrolled in Odessa militias to defend their city from the Nazis. Unfortunately, that day the superiority of the forces was not on the side of the defenders of Odessa.

“Andrew, your death will not remain unavenged. Neo-Nazis are not masters in our cities, in our streets. We promise to remember you and fight.”

The criminal attack on Odessa by the fascist gangs has the potential to galvanize the people of southeast Ukraine to fight back with even more determination to destroy the fascist junta and push back U.S. imperialism’s drive to war against Russia.

It is the responsibility of workers and all progressive forces in the U.S. to tell the truth about what happened in Odessa, and to stop the imperialists from carrying out further war crimes against the people of Odessa, Ukraine and Russia.


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UKRAINE: U.S. behind attacks on resistance

By Fred Goldstein on May 6, 2014

May 4 — U.S. imperialism has orchestrated and approved a new military offensive against the anti-Kiev resistance in towns and cities of the populous, industrial region of eastern Ukraine. This is playing with fire.

The offensive included an unspeakable massacre in Odessa, attacks on defenseless checkpoints around towns and cities, sudden helicopter raids and indiscriminate killing of civilians.

This offensive, underway now, aims at pumping some credibility into the discredited, illegal junta that Washington put in power by unleashing fascist violence against the elected Viktor Yanukovich government. These same fascists just carried out the Odessa massacre.

Besides trying to damage the resistance, the offensive is also aimed at provoking Russia’s government, which has repeatedly warned against launching violent attacks on the popular forces in Ukraine’s east.

Washington’s aim is to goad Russia into countermeasures that could serve as a pretext for a further escalation, either by wider sanctions, increased military pressure or both.

Aim is to stop incipient dual power

A more fundamental way to view this latest U.S.-backed “anti-terrorism offensive” is that it is a desperate attempt to break the momentum of a developing, incipient dual power in Ukraine’s southeastern region — especially to undermine the planned May 11 referendum in the east on federalization and autonomy.

This prospect became frighteningly evident to Washington after Kiev’s first offensive ended in ignominious collapse. The coup regime sent two columns of tanks and armored personnel carriers to oust the armed popular forces occupying government buildings. Local anti-Kiev authorities were widely supported by the population, who greeted the armored columns and prevailed upon them to refuse to attack their own people.

The result: Tanks, armored personnel carriers and ammunition were at day’s end in the hands of the resistance in Donetsk and Slovyansk. The Kiev putschists’ authority totally dissolved in the area. Two poles of authority were developing:  Kiev’s putschists, backed by imperialism and fascist forces, on one side; the resistance on the other. In a growing number of cities and towns of the Donetsk and Luhansk regions the anti-Kiev and anti-fascist forces had established local authority.

This first April 12 offensive came after a visit to Kiev by CIA head John Brennan. His strategy failed and his advice came to naught. The defeat was not only Kiev’s, but Washington’s.

The collapse of this offensive gave further impetus to the resistance, which took over more cities and towns.

This latest May 2 offensive, while inflicting some losses on the side of the resistance, has so far left the strategic centers under control of popular forces.

To get beyond the lying propaganda in nearly all the capitalist media — including the New York Times itself — that government officials and politicians were spouting daily,  and to better understand these popular forces, the Times sent two of its reporters to Slovyansk to get a real assessment of the forces on the ground.

Their article in the Times of May 3 focused on a key unit of military defense in Slovyansk — the 12th Company of the Peoples Militia of the Donetsk People’s Republic. Its commander was an “ordinary eastern Ukrainian” named Yuri, who was a former Soviet special forces commander in Afghanistan. He served four years in Kandahar fighting counterrevolutionaries who eventually overthrew the pro-socialist government in Kabul.

After all the propaganda insisting that Russian forces were behind the rebellion in the east, the reporters were forced to conclude that “the rebels of the 12th Company appear to be Ukrainian” who were veterans of the Soviet, Russian or Ukrainian armies.  They share a “passionate distrust of Ukraine’s government and the western powers that support it.”

The fighters shook their heads when asked if they were paid by Russia or the oligarchs to fight. “This is not a job. It is a service,” said a fighter named Dmitri. If Russia were behind them, they would have new weapons. The weapons they have were “taken from police buildings and a column of captured Ukrainian armored vehicles or bought from corrupt Ukrainian soldiers.”

The unit has widespread popular support. It has a network of spotters who track Ukrainian armed forces and fascists.  The Times reporters witnessed a crowd laboring to build a barricade and a bunker beside a bridge over a canal.

The population feeds them with healthful food. A volunteer’s mother set up a company kitchen, stocked by the people. There are barracks in a garage and an armory in a shed. The local police accept the militia’s authority and go about their patrols normally.

The fighters denounced the fascists and right wing in Kiev because “in western Ukraine they showed their faces: Nazis, fascist. … They destroyed monuments to Lenin, attacked our history.”

This is a clear picture in microcosm of incipient dual power. The anti-Kiev forces still have no central regional body to represent them politically. They have no centralized, regional military command yet, nor have they agreed upon common political demands. There is a long way to go.

But these obstacles can be overcome in time. If they succeed in holding the May 11 regional referendum in the east on federation, this can be a step toward regional autonomy or even regional separation.  This is precisely what imperialism and its right-wing stooges in Kiev are trying to forestall, disrupt and destroy, by any means necessary.

Where are the ruling class ‘doves’?

Just days before this second offensive, Secretary of State John Kerry declared at the Atlantic Council, “We will defend every inch of NATO territory.” In almost the same breath he mentioned Ukraine.

In fact, no NATO nation is under attack or under threat by Russia or anybody else. So this belligerent statement implied that NATO had military responsibility for Ukraine. By using ambiguous language, Kerry had virtually inducted Ukraine into NATO for purposes of military defense, without actually saying so.

This was a highly provocative pronouncement by the U.S. secretary of state. It was preceded by a statement from the Obama administration that its new doctrine was the “containment of Russia” and an end to dealing with the Putin administration.

The lack of any opposition to these provocations from any significant quarters in the U.S. ruling class is telling and ominous.

In fact, the present scenario is reminiscent of the run-up to the U.S. war on Iraq. The most adventurous sectors of the capitalist state and the political establishment seized the initiative to push U.S. imperialism’s aggressive expansion. President George W. Bush was backed by Vice President Dick Cheney, Secretary of Defense Donald Rumsfeld and Assistant Secretary of Defense Paul Wolfowitz as they engineered the invasion and occupation of Iraq.

They promoted the doctrine of “preemptive warfare.” They lied repeatedly about Iraq’s “weapons of mass destruction.” “Shock and awe” followed, and U.S. troops marched to Baghdad and accomplished the overthrow of Saddam Hussein. The Bush administration predicted that the war would be over and Iraq reorganized in three to six months.

Eight years of violent U.S. occupation and the current unstable puppet regime themselves document the strategic blunders and monumental miscalculations of the Bush administration.

In the same way, the adventurist wing of the present U.S. capitalist state seems to be running U.S. policy in Ukraine. These elements engineered the seizure of the government in Kiev and dragged Ukraine into the EU and closer to NATO. They thought the Feb. 22 Kiev coup would end the conflict. But, as with the invasion of Iraq, it was just the beginning.

The differences between 2003 and 2014 are two-fold. First, the stakes involved in a conflict with Russia are potentially far greater than in the Iraq occupation. Second, the ruling class, the political establishment and its brain trust have all lined up and are marching in lock step behind the new war drive without even a discussion. This contrasts with the fears expressed in the ruling class before the war on Iraq, especially after the massive anti-war demonstrations of January and February 2003, before the March invasion.

In the past decade, the political moderates who might have been expected to express alarm over the present belligerent posture toward Russia have either retired or been pushed out of most of the significant political and administrative positions in the state. To be sure, no moderate ruling-class opposition ever stopped an imperialist war. But open debate in the ruling class can awaken the masses to the danger and help give impetus to an anti-war movement.

The working class must be made aware of the potential danger of the current situation, and the movement must mobilize without waiting for a bourgeois imperialist opposition, which may not develop until the direct conflict with Russia sharpens. The time to fight against this war is now.

Fred Goldstein is the author of “Low-Wage Capitalism” and “Capitalism at a Dead End,” which has been translated into Spanish as “El capitalismo en un callejón sin salida.” Website and blog: lowwagecapitalism.com


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Dieser Text auf deutscher Sprache:
"Faschistische Freiheitskämpfer" (GFP 12.05.2014)
Das Erstarken faschistischer Kräfte in der Ukraine unter der Ägide des Kiewer Umsturzregimes führt zu Rückwirkungen bei dessen deutschen Unterstützern. In München beginnt eine Debatte über die Ehrung eines ukrainischen Holocaust-Befürworters…
http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/58863



"Fascist Freedom Fighters"
 
2014/05/12
BERLIN/KIEV/MUNICH
 
(Own report) - The reinforcement of fascist forces in Ukraine, under the aegis of the putsch regime in Kiev, is having repercussions on its German supporters. The commemoration of a Ukrainian supporter of the Holocaust has ignited a debate in Munich. The "question" is being raised in the press, whether the commemoration of "a fascist freedom fighter"[sic!] should be publicly honored. Kiev's Minister of Education, a graduate of Munich's "Ukrainian Free University," takes up the defense of the supporter of the Holocaust in the German media. The fascist "Pravy Sektor" ("Right Sektor") militia is intensifying its relations with rightwing extremists in several European countries, including Germany. The organization that had participated in the Odessa Massacre has ties to violence-prone neo-Nazis in Sweden as well as to Germany's NPD. Whereas the leader of this organization insists he is working closely with Ukraine's official repressive authorities, the media is reporting that these authorities are also supported in their brutal repressive measures ("anti-terror operations") against the insurgents in Eastern and Southern Ukraine by the CIA and FBI. Evidence of a BND involvement remains unconfirmed.
Should a Fascist be Commemorated?
In Munich, a hub of Ukrainian exile activities in the post-World War II period,[1] a public debate has erupted around the memorial plaque for Yaroslav Stetsko, one of the leaders of the Organization of Ukrainian Nationalists (OUN). The plaque has been installed at the former address of the OUN headquarters, in Munich's Zeppelinstr. 67, by former Ukrainian President, Viktor Yushchenko during his incumbency (2005 - 2010). This was part of his efforts to reinforce the cult around the fascist OUN, the Ukrainian Partisan Army (UPA) and their leaders.[2] Stetsko, who, after the war, was working out of the OUN headquarters in Munich, is, today, one of the people held in high esteem in West Ukraine. The Svoboda Party still propagates his "two revolutions" theory, developed in the 1930s - a "national" and a "social" revolution, which must be combined. In 1941, Stetsko declared that "the Jews must be exterminated and, it would be expedient to introduce the German extermination methods in Ukraine." (german-foreign-policy.com reported.[3]) In Munich, the local district council has now commissioned an expert assessment of the public commemoration of a supporter of the Holocaust in its district. "The question is," according to the "Süddeutsche Zeitung" "whether a fascist freedom fighter[sic!] should be publicly commemorated?"[4]

"No Anti-Semitism"
The "Süddeutsche Zeitung's" article indicates that the OUN and its leaders, such as Stetsko, are not only widely acclaimed in Ukrainian organizations in Germany, but also within the putsch regime in Kiev, even among ministers, who are not in the notorious Svoboda Party. As evidence, the article quotes Serhiy Kvit, "Minister of Education" in the putsch regime. Kvit calls Stetsko's autobiography, containing his plea for adaptation of the "German methods of Jewish extermination," a "counterfeit document," alleging that the OUN, whose activists had participated in a considerable number of massacres of Jews, "had nothing to do" with anti-Semitism.[5] Kvit had been active in the 90s in extremist rightwing organizations, for example, in the "Congress of Ukrainian Nationalists" (CUN), a fascist conglomerate, organized in part by Stetsko's widow, Yaroslava. Yaroslava, who had been a UPA member, had worked alongside her husband in their Munich exile, and has also been honored in Munich with a commemorative plaque. (german-foreign-policy.com reported.[6]) Kvit later embarked on a scholarly carrier. In 2001, he received his PhD at Munich's "Ukrainian Free University," where OUN veterans had been active for a long time, and in 2007, was named President of the Kiev Mohyla Academy National University, until he was recently named "Minister of Education" in the putsch regime.

"Enemy of Ukraine"
Two years ago, Kvit, for example, helped create a confrontation with Grzhegorz Rossolinski-Liebe, a historian from Berlin. Rossolinski-Liebe, the author of a dissertation on OUN leader, Stepan Bandera, scheduled to be published this fall, had been invited to Ukraine for a speaking tour, in early 2012. Six talks were on the schedule - two in Lviv, two in Dnipropetrovsk and two in Kiev. There were protests against Rossolinski-Liebe because of his being a known Bandera critic. In Lviv, the organizers were unable to acquire a venue, reported the historian later. Of the four other speaking engagements, three had been cancelled on short notice. Some of the cancelations had been directly traceable to interventions made by the Svoboda Party, because of his criticism of Bandera. Whoever expresses such criticism is considered - at least in the West, and even in some regions of Central Ukraine - "an enemy of Ukraine or a traitor." One university professor confirmed to him that "in Ukraine, historians cannot openly speak about history." In response to his suggestion that a memorial be erected to the victims of the Lviv Pogroms of 1918 and 1941, "scholars from Lviv ... said he was crazy." Even the president of the Kiev Mohyla Academy National University, at the time, Serhiy Kvit, angrily attacked him and refused him the possibility to deliver his talk.[7] Kvit is considered a follower of the publicist Dmytro Dontsov, who is credited with the creation of an "indigenous Ukrainian fascism."[8] Dontsov had translated Hitler, Mussolini and others into Ukrainian.

Under Police Protection
From Rossolinski-Liebe's report, one learns also that the German Embassy in Kiev was completely cognizant of the situation - and therefore knew also about the dramatic growth in influence of Ukraine's Bandera followers. When he received a telephone call from a man, identifying himself as a militiaman, saying he would drop by, Rossolinski-Liebe says that "the German Embassy ... made arrangements for me to move into an apartment of an embassy employee, where I would be safe." Of the six scheduled lectures, he was only able to hold the lecture in the German Embassy, "under militia protection" - "about 100 Svoboda followers were demonstrating outside."[9] Nearly two years later, to the day, German Foreign Minister Frank-Walter Steinmeier (SPD) invited Oleh Tiahnybok, the leader of Svoboda, to the German Embassy in Kiev for talks. One result - Svoboda is now represented in the putsch regime.[10]

National Heroes
Many of the Pravy Sektor activists, who participated in the May 2, Odessa Massacre and the May 9, massacre in Mariupol had come from the ultra-nationalistically charged milieus, particularly those in West Ukraine. The armed organization, playing a major role in overthrowing the Yanukovich government, originated as an alliance of rightwing extremist groups.[11] In the meantime, it has developed good contacts to numerous extremist rightwing associations throughout Europe. Pravy Sektor's press attaché, Olena Semenyaka, reported that she could not attend the March 22 Young National Democrates's (JN) "Europe Congress" of the German NPD's youth association, in Thuringia, only because of a conflict with other scheduled engagements. The Swedish Nordisk Ungdom neo-Nazi organization, which, according to Semenyaka, financially supports the Pravy Sektor, had attended the NPD congress, along with the Svenskamas Party, some of whose activists had also participated in the violent Maidan riots. In March, one of those Maidan participants stabbed a leftist in Malmo, soon after returning from Kiev. Charged with attempted murder, he has been on the run since.[12] Recently, Semenyaka gave an interview to the NPD party's "Deutsche Stimme" journal. In the course of her interview, she boasted that at the Maidan, "ultra-nationalists" became transformed into "national heroes." The Pravy Sektor is a "great partisan movement," she boasted.

CIA, Blackwater, BND?
Meanwhile, German forces further to the right than the NPD are showing a growing interest in the Pravy Sektor. In April, the ultra-right online platform "Blaue Narzisse" (Blue Daffodil) published an interview with Olena Semenyaka. She emphasized that "even modern Nazi sympathizers will find their place in our broad ranks" and explained that the Pravy Sektor's most important current task is to "liberate" Ukraine "from collaborators, separatists and marionettes of Russia and the West."[13] As a matter of principle, the Pravy Sektor coordinates its operations with the respective Ukrainian authorities, according to its leader Dmitro Yarosh. "Our battalions are integrated into the new territorial defense," explains Yarosh. "We have very close contacts to the secret service and the military staff. We really have good relations with everyone, except the police."[14] Yarosh has already been closely cooperating with the head of the National Security Council Andriy Parubiy to overthrow the Yanukovych government. Parubiy, a leader of the extreme right in the 1990s, was considered, last winter, the "commander of the Maidan." Today, he is organizing the regime's "anti-terror missions" in Eastern and Southern Ukraine. US specialists from the CIA and FBI are serving as "advisors" and - according to reports - 400 elite soldiers from the US mercenary company "Academi" (formerly "Blackwater") are providing operational support.[15] It is not yet clear, whether the BND is also involved in the Ukrainian "anti-terror mission." However, what is known, is that the German military observers, who had been held in Slavyansk in late April, were in contact with the BND.[16] The German government is refusing any further information.

[1] See "Ein Sammelpunkt der OUN".
[2] See Juschtschenkos Mythen and "Scientific Nationalists".
[3] See Alte, neue Verbündete.
[4], [5] Ukrainischer Exilant von zweifelhaftem Ruf. www.sueddeutsche.de 08.05.2014.
[6] See Alte, neue Verbündete.
[7] "Es ist tabu, heikle Themen an der Uni zu diskutieren". junge Welt 09.03.2012.
[8] Per Anders Rudling: The Return of the Ukrainian Far Right: The Case of VO Svoboda. In: Ruth Wodak, John E. Richardson (Hg.): Analyzing Fascist Discourse: European Fascism in Talk and Text, 228-255. London 2013. Online-Zugang: www.routledge.com/books/details/9780415899192/
[9] "Es ist tabu, heikle Themen an der Uni zu diskutieren". junge Welt 09.03.2012.
[10] See Vom Stigma befreit.
[11] See On the Offensive and The Kiev Escalation Strategy.
[12] See Die Dynamik des "Pravy Sektor".
[13] Der Bürgerkrieg des Rechten Sektors. www.blauenarzisse.de 04.04.2014.
[14] Nationalistenführer Jarosch: "Jeder Ukrainer soll eine Schusswaffe tragen dürfen". www.spiegel.de 23.04.2014.
[15] Russische Luftwaffe verletzte absichtlich den Luftraum der Ukraine. www.bild.de 10.05.2014.
[16] Bundeswehrinspektoren vom BND beraten. www.sueddeutsche.de 05.05.2014. See An Unusual Mission.





Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus aderisce ed invita tutti/e a partecipare numerosi al presidio che si terrà in Via Guido D'Arezzo a Roma sabato 17 maggio 2014

http://giuliettochiesa.globalist.it/Detail_News_Display?ID=103360&typeb=0&Contro-la-guerra-nel-cuore-dell-Europa-a-fianco-dell-Ucraina-antifascista

Contro la guerra nel cuore dell’Europa, a fianco dell’Ucraina antifascista! 

A Odessa un’orda nazista ha trucidato oltre 50 cittadini ucraini di origine russa. Disarmati. Lo ha fatto con i metodi nazisti del pogrom: bruciare, uccidere, non lasciare via di scampo alle vittime.

I media, all’unisono, hanno deformato la notizia fino a renderla irriconoscibile. Questa falsificazione è funzionale a coprire le responsabilità degli Stati Uniti e dell’Unione europea, che appoggiano il governo golpista di Kiev, da essi portato al potere.

Noi, cittadini italiani di una repubblica antifascista ormai solo di nome, siamo parte involontaria di questa mostruosa tragedia e di questo ritorno al passato. Lo siamo in quanto membri della NATO e alleati degli Stati Uniti. Non a caso il ministro della Difesa italiano, non pago delle violazioni che in questi ultimi due decenni hanno ripetutamente sfigurato l’articolo 11 della nostra Costituzione, è stato il primo a dichiararsi disponibile per un’ennesima sciagurata missione militare, stavolta in Ucraina.

Possiamo tacere? Se lo faremo, saremo complici.

Sono altissime, purtroppo, le probabilità che, nelle prossime settimane, quelle che ci separano dal voto ucraino del 25 maggio, possano verificarsi eventi ancora più sanguinosi, mentre la crisi tra Russia e Occidente rischia di scivolare in conflitto aperto.

Chiediamo a tutte e tutti coloro che condividono i valori della democrazia e della pace, che vogliono battersi contro la guerra, di partecipare a una manifestazione nazionale di protesta e di lutto. Chiediamo che lo si faccia insieme e subito. Con urgenza, sabato 17 maggio, a Roma.

E’, questo, un appello perché ci si riunisca in segno di lutto e di vergogna, per questa Unione europea senza vergogna. Diamo una risposta collettiva, grande, dignitosa, al fianco dell’Ucraina antifascista, contro l’escalation bellica nel cuore dell’Europa.

LA MANIFESTAZIONE E’ CONVOCATA, DUNQUE, SABATO 17 MAGGIO ALLE ORE 18.00 CIRCA, NEI PRESSI DELL’AMBASCIATA DELL’UCRAINA A ROMA, VIA GUIDO D’AREZZO, VICINO A PIAZZA VERDI, ZONA PARIOLI E SI TERRA’ DOPO IL CORTEO IN DIFESA DELL’ACQUA PUBBLICA, AL QUALE SI PARTECIPERA’.

Per aderire all’Appello : info@...


Promotori

Giulietto Chiesa – presidente “ Alternativa”, fondatore Pandora TV
Valentino Parlato – giornalista
Matteo Gaddi – coordinatore nazionale RSU “ CONTRO LA LEGGE FORNERO”
Mariella Cao- Comitato “Gettiamo le Basi”, Sardegna
Cesare Procaccini – segretario nazionale PdCI
Paolo Ferrero – segretario nazionale PRC
Fabio Amato – responsabile Dipartimento Esteri PRC, candidato Lista Tsipras
Fausto Sorini – responsabile Dipartimento Esteri PdCI
Ciro D’Alessio – operaio RSA- FIOM-CGIL Pomigliano D’Arco
Oliviero Diliberto – docente di Diritto Romano Facoltà “ La Sapienza” di Roma – già segretario nazionale PdCI
Claudio Grassi – direzione nazionale PRC
Piergiovanni Alleva – giuslavorista, FIOM, candidato Lista Tsipras
Domenico Losurdo – filosofo, presidente nazionale Associazione “ Marx 21”
Bruno Steri – Comitato Politico nazionale PRC, direttore di “Essere Comunisti”
Angelo D’Orsi – storico del pensiero politico, Università di Torino
Antonio Mazzeo – Movimento “no Muos” – Sicilia, candidato Lista Tsipras 
Fosco Giannini – già senatore della Repubblica, direzione nazionale PdCI
Sergio Cararo e Marco Santopadre - segreteria nazionale Rete dei Comunisti
Nicola Nicolosi – CGIL nazionale
Nicola Cipolla – presidente CEPES
Stefano Vinti – assessore regionale PRC, Umbria
Raffaele Bucciarelli – presidente Gruppo Federazione della Sinistra Consiglio Regionale Marche
Giampaolo Patta – CGIL nazionale , esponente sinistra sindacale 
Manlio Dinucci – saggista, giornalista de il Manifesto
Vladimiro Giacchè – economista
Luca Cangemi – docente, Catania, Comitato Politico Nazionale PRC
Gianmarco Pisa – segretario ITRI ( Istituto Italiano Ricerca per La Pace) 
Patrick Boylan – Roma No War
Angelo Baracca – fisico , docente Università di Firenze
Gordon M. Poole – docente letteratura americana Università “Orientale” di Napoli
Guido Oldrini – filosofo
Guido Liguori – docente di storia del pensiero politico Università della Calabria , presidente IGS Italia
Bassam Saleh’ – giornalista palestinese
Nico Perrone – già docente di Storia dell’America, Università di Bari
Franco Cardini – storico
Nicolò Ollino – Comitato Politico Nazionale PRC, candidato Lista Tsipras
Marino Severini – “voce” e chitarra de La Gang
Fabio Marcelli - giurista, CNR
Andrea Catone – storico del movimento operaio, direttore di “ Marx 21”
Alfio Nicotra, giornalista
Maurizio Musolino – segreteria nazionale PdCI
Luigi Vinci – già capogruppo al Parlamento europeo – condirettore di “Progetto e Lavoro”
Gianni Fresu – storico del movimento operaio
Simona Lobina – PRC Sardegna , candidata Lista Tsipras
Manuela Palermi – presidente Comitato Centrale PdCI
Emiliano Franzina- storico- Università di Verona
Milena Fiore – video maker , collaboratrice archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico 
Alessandro Hobel – storico del movimento operaio
Luigi Marino – già senatore della Repubblica
Mauro Gemma – direttore di Marx21.it
Flavio Pettinari – amministratore della pagina FB “ Con l’Ucraina antifascista”
Wasim Damash – docente di letteratura e lingua araba Università di Cagliari
Ada Donno – associazione Donne Regione Mediterranea
Enrico Vigna - Centro Iniziativa Verità e Giustizia
Federico Martino – docente di diritto , Università di Messina






http://www.sinistrainrete.info/europa/3668-vladimiro-giacche-euro-e-austerity-la-tenaglia-che-ci-stritola.html

Euro e Austerity: la tenaglia che ci stritola


Vladimiro Giacchè


Credo che il primo dovere nei confronti di noi stessi sia quello della chiarezza.

In primo luogo sulla gravità della situazione. Il nostro paese ha perso, dall’inizio della crisi, poco meno del 10% del prodotto interno lordo, il 25% della produzione industriale, il 30% degli investimenti. A chi paventa catastrofi nel caso di un’eventuale fine dell’euro va risposto che al punto in cui siamo l’onere della prova va rovesciato, perché la catastrofe c’è già. E la prima cosa da fare è di comprendere come ci siamo finiti e cosa fare per uscirne.

Ci troviamo, molto semplicemente, nella peggiore crisi dopo l’Unità d’Italia: peggiore di quella del 1866, e peggiore di quella del 1929 (Rapporto CER n. 2/2013).

Peggiore per tre motivi: perché il livello di prodotto pre-crisi – che negli altri casi era già stato recuperato dopo 6 anni– in questo caso non sarà recuperato neppure in 10 anni; perché gli indicatori di cui disponiamo non segnalano alcun miglioramento significativo della situazione (al contrario, quanto alla disoccupazione, essi ne prevedono un ulteriore aumento nel corso del 2014). E anche perché la situazione attuale è caratterizzata da due elementi di rigidità che privano il nostro Paese di margini di manovra.

 

Il primo vincolo – quello rappresentato dall’appartenenza alla moneta unica – impedisce ogni autonoma politica monetaria e ogni recupero di competitività tramite la svalutazione della moneta.

Il secondo elemento di rigidità – quello dei vincoli di bilancio – impedisce ogni politica anticiclica, per non parlare poi di una politica industriale. Osservo en passant che il modello tedesco, continuamente invocato quando si tratta di precarizzare il mercato del lavoro sul modello dell’Agenda 2010 di Schröder, viene completamente trascurato quando si parla di politiche anticicliche. E sì che con 70 miliardi di euro utilizzati per rilanciare il settore manifatturiero tra 2008 e 2009, la Germania (che in quei due anni aveva perso all’incirca la stessa quota di prodotto perduta dall’Italia) costituisce un caso di scuola in fatto di utilizzo massiccio di politiche di deficit spending in funzione anticiclica…

I vincoli di bilancio hanno conosciuto un aggravamento negli ultimi tre anni anche rispetto a quanto fu previsto a Maastricht. In particolare, la regola relativa alla necessità di ridurre la parte di debito che eccede il 60% del pil nella misura del 5% annuo è una regola che nel Trattato di Maastricht non c’era, e non per caso: era infatti ben chiaro ai negoziatori degli altri Paesi che l’Italia non avrebbe potuto accettare un obbligo di riduzione del debito di queste proporzioni. Questo vincolo è invece stato introdotto nel 2011, nel bel mezzo della peggiore crisi economica globale dagli anni Trenta.

Stretti tra il vincolo monetario e quello delle politiche di bilancio, i governi non hanno alcun margine di manovra. Possono solo accettare la corsa al ribasso sui salari (ossia la svalutazione interna), che però – come si è visto in questi ultimi anni – ha l’effetto di far crollare la domanda interna, e quindi di ridurre, prima, e distruggere, poi, capacità produttiva, a evidente beneficio di produttori localizzati in altri paesi. La verità è che “di fatto, l’austerità fiscale ha collocato l’economia europea su un equilibrio di sottoccupazione” (Rapporto CER 4/2013, p. 7).

Se i vincoli di bilancio dal 2011 in poi si sono fatti più severi e stringenti, anche il vincolo monetario si fa sempre più soffocante, a dispetto dei bassi tassi d’interesse BCE. Per 3 motivi: 1) perché l’euro è sopravvalutato sul dollaro, 2) perché allo stesso annuncio dell’OMT da parte di Draghi, dopo la sentenza di Karlsruhe, sarà molto difficile dare seguito concreto in caso di necessità (ne ha scritto molto bene Gianluigi Nocella: http://re-vision.info/2014/02/in-attesa-di-condanna/ ); 3) infine, perché sul nostro paese incombe la deflazione; la quale, a differenza dell’inflazione, aumenta il valore reale del debito in essere e ne può rendere insostenibile il peso anche in tempi molto brevi.

Per questi motivi lo stesso assottigliarsi dello spread Bund/Btp non deve ingannare: esso infatti è il prodotto della politica di quantitative easing della Fed da un lato, dei flussi di capitale in uscita dai fondi obbligazionari specializzati inemerging markets dall’altro. Si tratta in entrambi i casi di dinamiche che potrebbero facilmente e rapidamente mutare di segno.

Anche perché non si è affatto invertito il processo di balcanizzazione finanziaria in Europaossia la risegmentazione dei mercati finanziari e il loro ridisegnarsi secondo linee coincidenti con i confini nazionali. Si tratta del pericolo numero uno per l’euro, assieme alla crescente divergenza tra le economie dell’eurozona. Un processo caratterizzato dal rimpatrio dei crediti effettuati dalle banche tedesche e francesi nei confronti degli altri paesi dell’eurozona, e conseguentemente dall’aumento della quota di titoli pubblici di questi paesi in mano alle banche domestiche. Nel caso delle banche tedesche, le esposizioni nei confronti dei Paesi periferici dell’eurozona è passata in pochi anni da esposizioni per 520 miliardi di euro verso i Paesi periferici dell’eurozona a esposizioni pari a 214 miliardi (dato di novembre 2013).

La ratio dell’Unione Bancaria, la vera posta in gioco con la sua costruzione, consiste nella possibilità di invertire questo processo. Ma purtroppo, per i difetti della sua attuale configurazione (ritagliata sulle esigenze delle banche tedesche e sulla necessità di proteggerne il maggior numero possibile dall’esame della BCE), non sembra in grado né di ridurre entro termini ragionevoli il rischio sistemico, né di costituire una diga efficace alla balcanizzazione finanziaria. Con quello che ne consegue anche per quanto riguarda le prospettive di sostenibilità del nostro debito pubblico.

Più in generale, C.M. Reinhart e K.S. Rogoff ritengono che in base all’esperienza storica l’ottimismo dei governanti europei circa la possibilità di uscire dal debito “per mezzo di un mix di austerity, forbearance e crescita” sia ingiustificato. E che, al contrario, “il finale di partita della crisi finanziaria globale probabilmente richiederà una qualche combinazione di repressione finanziaria (una tassa occulta sui risparmiatori), vera e propria ristrutturazione del debito pubblico e privato, conversioni, inflazione molto più elevata, e misure varie di controllo dei capitali” (C.M. Reinhart e K.S. Rogoff, Financial and Sovereign Debt Crises: Some Lessons Learned and Those Forgotten, IMF Working Paper, dicembre 2013, pp. 3-4).

Se riflettiamo su queste parole, possiamo intendere come molti dibattiti italiani su questi temi siano fuori centro e fuori tempo.

Si invoca lo spettro dell’inflazione (che riduce il valore reale del debito) quando invece siamo prossimi alla deflazione (che lo aumenta).

Oppure si invoca lo spettro della svalutazione della moneta quando, semmai, il vero problema oggi è la svalutazione interna: perché stiamo già svalutando, e pesantemente, i salari (la qual cosa, sia detto di passaggio, è precisamente quello che ci viene chiesto quando si parla di “riforme strutturali”).

L’errore, qui, è quello di pensare con le categorie e con le priorità degli anni Settanta e Ottanta in uno scenario completamente cambiato, i cui elementi di pericolo sono completamente differenti.

Rigidità delle politiche di bilancio e rigidità del cambio sono difficilmente sostenibili di per sé. Ma soprattutto sono insostenibili contemporaneamente. La conseguenza è molto semplice: o salterà l’una, o salterà l’altra.

O sapremo conquistarci maggiori margini di manovra effettivi sui conti pubblici, e al tempo stesso imporre anche alla Germania la politica espansiva in termini di domanda interna che sinora si è rifiutata di attuare (senza la quale ogni espansione della nostra domanda interna riproporrebbe una situazione di squilibrio della bilancia commerciale), o procederemo verso l’implosione dell’eurozona. Ma, prima ancora, verso la distruzione della nostra capacità produttiva e della nostra economia.

L’unico modo per conquistare quei margini di manovra è porre radicalmente in discussione gli ultimi Trattati e accordi europei: quelli dal marzo 2011, ossia dal Trattato Europlus in poi. Altrimenti, non resta altra strada che l’abbandono della moneta unica. Non ci sono altre vie: in particolare, non sarebbe praticabile né utile la strada di un approfondimento del processo di integrazione europeo anche da un punto di vista politico. Infatti, se non si interviene prima sull’impianto neoliberistico/mercantilistico che impronta di sé i Trattati dall’Atto Unico Europeo dal 1986 in poi – e che fa sì che la competizione tra paesi in Europa sia necessariamente tutta giocata sulla concorrenza al ribasso sulla protezione del lavoro e sulla fiscalità per le imprese – ogni ulteriore passo avanti verso l’integrazione politica rischierà inevitabilmente di rappresentare la blindatura istituzionale, tendenzialmente autoritaria, di un assetto sociale ingiusto e insostenibile.

Una citazione per finire:

Quest’area monetaria rischia oggi di configurarsi come un’area di bassa pressione e di deflazione, nella quale la stabilità del cambio viene perseguita a spese dello sviluppo dell’occupazione e del reddito. Infatti non sembra mutato l’obiettivo di fondo della politica economica tedesca: evitare il danno che potrebbe derivare alle esportazioni tedesche da ripetute rivalutazioni del solo marco, ma non accettare di promuovere uno sviluppo più rapido della domanda interna.

Sono parole tratte dal discorso parlamentare con il quale Luigi Spaventa motivò il voto contrario del PCI all’ipotesi di adesione dell’Italia allo SME. Era il 12 dicembre 1978. Il rischio che Spaventa lucidamente aveva individuato si è concretizzato: le sue parole, purtroppo, descrivono alla perfezione la situazione attuale dell’Europa.

È questa la catastrofe in cui già siamo e da cui dobbiamo uscire. Prima che sia troppo tardi.





Bologna Venerdì 16 Maggio 2014, h. 20,30
presso le "Caserme Rosse", in via di Corticella 147

le Sezioni Corticella - Lame – Pratello – San Donato
della Associazione Nazionale Partigiani Italiani

organizzano e presentano:

“Testa per Dente”
Crimini dell’occupazione italiana nei Balcani, 
occupazione nazi-fascista e campi di internamento

Mostra e conferenza con:
Alessandra Kersevan - storica e saggista, autrice dei libri "Lager italiani" e "Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943"
Davide Conti - storico, collaboratore della Fondazione Lelio Basso, autore tra l'altro dei libri "Criminali di guerra italiani" e "L'occupazione italiana dei Balcani"
Luca Alessandrini - Istituto Storico Parri Emilia-Romagna
Jadranka Bentini – Testimone, figlia di Vinka, Capitana Partigiana croata

Nel corso della presentazione della mostra, oltre ad illustrare i temi dell'occupazione italiana dei Balcani, dei crimini commessi e della impunità di cui hanno goduto i responsabili degli stessi crimini nel dopoguerra, si traccerà un quadro della problematica dei tantissimi campi di internamento istituiti sotto il fascismo.


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Roma, sabato 17 maggio 2014
presso LOA Acrobax, Via della Vasca Navale, n. 6

QUESTIONE ORIENTALE, VERITÀ E MISTIFICAZIONE

Il Circolo Anpi Renato Biagetti di Roma vi invita  il 17 maggio ad una giornata dedicata ad un approfondimento e dibattito sull'annosa 'questione orientale'.
Lo faremo insieme ad Alessandra Kersevan - Storica - e il Collettivo Militant.
A seguire, "Drug Gojko", le vicende di Nello Marignoli, classe 1923, gommista viterbese, radiotelegrafista della Marina militare italiana sul fronte greco – albanese e, a seguito dell’8 settembre 1943, combattente partigiano nell’Esercito popolare di liberazione jugoslavo. 

h. 18 "Questione orientale" - Verità e mistificazione
Interverranno:
- Alessandra Kersevan, storica;
- Collettivo Militant;
Modera 
- Circolo Anpi Renato Biagetti.

h. 19 Apericena a sostegno del Circolo Anpi Renato Biagetti.

h 21 "Drug Gojko", Compagno Gojko - spettacolo in forma di monologo con Pietro Benedetti.

scarica la locandinahttps://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/Roma170514_DrugGojko.jpg



(english / italiano)

CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA 

Di seguito le prossime iniziative segnalate, alle quali il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus aderisce ed invita a partecipare numerosi:

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Con l’Ucraina antifascista. No Pasaran! 

ROMA, Martedì 13 maggio, dalle 17,30, in via IV Novembre

Presidio antifascista e internazionalista sotto la sede dell'Unione Europea
in contemporanea con l'incontro tra la Commissione Europea e il governo golpista di Kiev

Così come l’imperialismo Usa, anche quello europeo non esita a sostenere i nazisti pur di avere a disposizione uno strumento da usare contro chi si oppone all’assorbimento del paese nell’UE e nella Nato.

La caccia al ‘russo’ e al ‘comunista’ delle bande neonaziste sostenute da Washington e Bruxelles si è trasformata ad Odessa in una vera e propria strage, con l’uccisione di decine di militanti antifascisti arsi vivi nel rogo della Casa dei Sindacati. 

- Denunciamo la posizione del governo Renzi/Alfano, che a poche ore dalla strage per bocca della Ministra della Difesa Roberta Pinotti, ha dichiarato: “Se dovesse servire l'Italia è disponibile anche ad inviare un contingente di peacekeeper in Ucraina". 

- Esprimiamo la nostra rabbia, lo sgomento e la solidarietà totale alle vittime della barbarie nazista cadute a Odessa e in tutta l’Ucraina. In un’Europa attraversata da movimenti di chiara natura reazionaria e fascista è doveroso schierarsi con le donne e gli uomini che a Odessa, Slavyansk, Donetsk e nelle altri città ribelli dell’Ucraina resistono alle bande naziste. 

- Manifestiamo la nostra totale solidarietà nei confronti di milioni di lavoratori e cittadini ucraini i cui diritti e il cui futuro sono stati svenduti alla troika dalla nuova leadership ‘nazionalista’ di Kiev, in realtà strumento del Fmi e della BCE. 

Giù le mani dall’Ucraina! 

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L’UCRAINA tra golpe, neonazismi e futuro

TORINO, mercoledì 14 Maggio 2014 alle ore 20,30
c/o Assoc. Piemonte-Grecia: V. Cibrario 30 bis - Torino


Incontro sulla situazione in Ucraina con
Vladimir Krasovskj (Cittadino di Odessa in Torino)
Padre Ambrogio (Chiesa Ortodossa Russa Torino)
Fulvio Grandinetti (ANPI provinciale Torino)
Angelo Travaglini (ex Ambasciatore)
Enrico Vigna (Centro Iniziative Verità Giustizia)
Nel corso della serata sarà presentato il libro di Enrico Vigna: “L'Ucraina tra golpe, neonazisti, riforme e futuro” Centro Iniziative Verità e Giustizia 


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PRESIDIO ANTIFASCISTA E INTERNAZIONALISTA
CON L'UCRAINA ANTIFASCISTA

PISA, Giovedì 15 maggio, dalle 17,30 in Piazza del Carmine

CONTRO L’UNIONE EUROPEA, GLI USA E LA NATO, COMPLICI DEL NAZISMO IN UCRAINA.
NO PASARAN!

Così come l’imperialismo Usa, anche quello europeo non esita a sostenere i nazisti pur di avere a disposizione uno strumento da usare contro chi si oppone all’assorbimento del paese nell’UE e nella Nato.
La caccia al ‘russo’, al ‘comunista’, all’antifascista delle bande neonaziste sostenute da Washington e Bruxelles si è trasformata ad Odessa in una vera e propria strage, con l’uccisione di decine di militanti antifascisti e comunisti arsi vivi nel rogo della Casa dei Sindacati. 
- Denunciamo la posizione del governo Renzi/Alfano, che a poche ore dalla strage per bocca della Ministra degli Esteri Roberta Pinotti, ha dichiarato: “Se dovesse servire l'Italia è disponibile anche ad inviare un contingente di peacekeeper in Ucraina". 
- Esprimiamo la nostra rabbia, lo sgomento e la solidarietà totale alle vittime della barbarie nazista cadute a Odessa e in tutta l’Ucraina. In un’Europa attraversata da movimenti di chiara natura reazionaria e fascista è doveroso schierarsi con le donne e gli uomini che a Odessa, Slavyansk, Donetsk e nelle altri città ribelli dell’Ucraina resistono alle bande naziste. 
- Manifestiamo la nostra totale solidarietà nei confronti di milioni di lavoratori e cittadini ucraini i cui diritti e il cui futuro sono stati svenduti alla troika dalla nuova leadership ‘nazionalista’ di Kiev, in realtà strumento del Fmi e della BCE. 
Giù le mani dall’Ucraina! 

Rete dei Comunisti - Comunisti per Ponsacco - Ross@ Pisa - Partito Comunista dei Lavoratori - Partito della Rifondazione Comunista, fed. di Pisa

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UCRAINA: DAL GOLPE DI EUROMAIDAN AI PERICOLI DI GUERRA

MILANO, Venerdì 16 maggio 2014 alle ore 18.00
presso: Palazzo Delle Stelline, Corso Magenta 61

Intervengono:
Sergej Dordienko - Deputato ucraino del Partito Comunista d'Ucraina
Cesare Procaccini - Segretario Nazionale del PdCI
Giulietto Chiesa - Presidente di Alternativa, fondatore di Pandora TV 
Fausto Sorini - Responsabile Nazionale Esteri PDCI 
Presiede
Vladimiro Merlin - Segretario Provinciale Comunisti Italiani Milano

Organizza: Pdci Lombardia


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Call for Ukraine Emergency Anti-war Actions May 9 - 26

ENDORSE, VOLUNTEER, LIST LOCAL ACTIONS for Call for Emergency Anti-war Actions Against U.S. Intervention in the Ukraine, May 9 - May 26
The International Action Center, along with many antiwar, social justice and solidarity organizations is calling for emergency actions to oppose the dangerous US war mobilization in Ukraine.
The Call, initiated by United National Antiwar Coalition, UNACpeace.org has broad support.
The IAC urges you to support the Call and begin to plan emergency actions of all kinds in your area.

Please endorse, volunteer and/or list your local action HERE: http://iacenter.org//actions/endorse-vol-list-ukraine-actions/ 

Please also SIGN the Online U.S. HANDS OFF RUSSIA AND THE UKRAINE petition HERE: http://iacenter.org/ukrainepetition

To view actions click HERE: http://nepajac.org/UkraineActions.htm

We will list and share information on actions and endorsing groups. 
Let's make our collective voices heard. 
For unity and solidarity against war,
International Action Center
 
Call for Emergency Antiwar Actions – May 9 to May 26

US/NATO war moves in Eastern Europe, the Black Sea, and the Baltic Sea – the borders of Russia – are a danger to the whole world. Positioning destroyers and missiles, scheduling war games, and imposing sanctions (an act of war) risk wider war.
We are deeply disturbed by the expansion of the U.S.-commanded NATO military alliance and U.S. recognition and speedy grant of billions in loans to a right-wing coup government in Ukraine, which overthrew the elected government. This illegal government has used fascist violence against all forms of peoples’ resistance in Ukraine.
By more than 2 to 1, the population in the U.S. is against another war and opposed to US military moves or aid to the coup government in Ukraine (4-28-14 Pew/USA Today poll).

We must make our voices heard.

The time to act is now!

We need jobs, health care and social services, not another war.

We urge nationally coordinated antiwar actions across the U.S. and internationally - protests, vigils, teach-ins, antiwar resolutions and visits to offices of elected officials.

From May 9 to May 26 let us act together, in unity, as a powerful voice against the threat of another war.


Ukraine National Actions May. 9-26 endorsements (list in formation): http://iacenter.org/actions/ukraineactionscall_5-9-2014/



(deutsch / english)

Bandera cult in Ukraine

1) Juschtschenkos Mythen
2) Scientific Nationalists


=== 1 ===



Juschtschenkos Mythen
 
01.05.2014
BERLIN/KIEW
 
(Eigener Bericht) - Mit einer öffentlichen Gedenkveranstaltung haben am letzten Wochenende mehrere hundert Menschen im westukrainischen Lwiw der Gründung der Waffen-SS-Division "Galizien" gedacht. Die Veranstaltung setzt die sich neu verdichtende Tradition ähnlicher SS-Ehrungen auch in anderen Städten der Westukraine fort, an denen sich mehrmals Politiker der Regierungspartei Swoboda beteiligt haben. Die SS-Ehrungen knüpfen an das Erstarken des Kultes um die früheren NS-Kollaborateure von der Organisation Ukrainischer Nationalisten (OUN) und der Ukrainischen Aufstandsarmee (UPA) an, den der 2005 ins Amt gekommene ukrainische Präsident Wiktor Juschtschenko systematisch gefördert hat. Juschtschenko, prowestlich, eng mit Berlin kooperierend, habe ab 2005 "eine umfassende historische Mythenbildung in der Ukraine" betrieben, berichtet der Historiker Per Anders Rudling (Lund University) im Gespräch mit german-foreign-policy.com. Dazu habe "ein umfangreicher Kult zugunsten der OUN, der UPA" und ihrer Führer, insbesondere Stepan Bandera, gehört. Juschtschenko sei damit auf Protest gestoßen - in der Ost-Ukraine und in Polen, das mehr als 90.000 Opfer des UPA-Terrors zu beklagen hatte. Berlin hingegen ließ Juschtschenko aus geostrategischen Gründen gewähren - und leitete ab Anfang 2012 sogar selbst eine immer engere Zusammenarbeit mit den OUN-Verehrern von der Partei Swoboda ein. Absehbares Ergebnis: Die forcierte Spaltung der Ukraine.
"Nationale Befreiungsbewegung"
Die aktuelle Stärke des Kults um Bandera, die OUN und die UPA ist in beträchtlichem Maße ein Ergebnis der Geschichtspolitik des früheren ukrainischen Präsidenten Wiktor Juschtschenko. Dies bestätigt der Historiker Per Anders Rudling (Lund University) im Gespräch mit german-foreign-policy.com. "Als Juschtschenko Präsident wurde, leitete er eine umfassende historische Mythenbildung ein", berichtet Rudling: Zum einen habe er "die Darstellung der Hungersnot in der Ukraine von 1932/33 als absichtlich herbeigeführter Genozid an der ukrainischen Bevölkerung" gefördert, "dem angeblich bis zu zehn Millionen Ukrainer zum Opfer gefallen seien"; zum anderen habe er "einen umfangreichen Kult zugunsten der OUN, der UPA" und ihrer Führer unterstützt, die er als "nationale Befreiungsbewegung" habe darstellen lassen. Der Verbreitung dieser Mythen widmeten sich insbesondere das von Juschtschenko 2005 geschaffene "Institut des Nationalen Gedenkens" sowie das Archiv des ukrainischen Inlandsgeheimdienstes, dem Juschtschenko eigens propagandistische Aufgaben übertragen hatte.[1] Die Maßnahmen griffen. Dies zeigt nicht nur die stark gestiegene öffentliche Präsenz der OUN, der UPA und ihrer Führer in Form von Denkmälern, Straßennamen oder Briefmarken, sondern auch der Boom einer nationalistischen Event-Kultur im Westen der Ukraine, den Rudling gegenüber german-foreign-policy.com plastisch beschreibt.[2] Die Stärkung der alten OUN-Tradition verhalf zudem der Partei Swoboda zu dramatischen Stimmengewinnen.
EU-Assoziierung
All dies geschah, während die Bundesrepublik ihre Zusammenarbeit mit der Ukraine systematisch intensivierte. Juschtschenko war schon vor 2005 der bevorzugte ukrainische Kooperationspartner des Auswärtigen Amts; nach seinem Amtsantritt galt er dort als Garant einer Westorientierung in Kiew, deren Sicherung aus geostrategischen Gründen für Berlin Priorität besaß (german-foreign-policy.com berichtete [3]). Die Kooperation wurde auch ausgebaut, als Juschtschenko im Oktober 2007 dem früheren Oberkommandierenden der UPA, Roman Schuchewitsch, per Präsidentenerlass den Ehrentitel "Held der Ukraine" verlieh - ein besonders provozierender Schritt, der im Osten und im Süden des Landes heftige Proteste auslöste. Mit derlei Maßnahmen habe Juschtschenko erheblich zur Spaltung des Landes beigetragen, bestätigt Rudling. Ohne sich daran zu stören und Einhalt zu fordern, nahm die EU 2007 die Verhandlungen über ein Assoziierungsabkommen mit der Ukraine auf; 2008 wurde die "Östliche Partnerschaft" auch mit der Ukraine beschlossen und 2009 offiziell initiiert. Dass Berlin grundsätzlich durchaus bereit war, auf Konfrontation zu Kiew zu gehen, zeigte der hartnäckige Kampf für die Freilassung der inhaftierten Politikerin Julia Timoschenko, der - insbesondere während der Fußball-EM 2012 - sogar kampagnenhafte Züge annahm. Juschtschenkos Einsatz für den Kult um frühere NS-Kollaborateure war Berlin hingegen nicht einmal eine kritische öffentliche Erwähnung wert.
"Sowjetisch-polnische Propaganda"
Nicht alle nahmen die Herausbildung des breiten OUN-/UPA-Kults so umstandslos hin wie Berlin. Zum einen gab es Widerstand im Osten und im Süden der Ukraine; zum anderen waren immer wieder empörte Proteste aus Polen zu hören. Die UPA-Massaker insbesondere der Jahre 1943/44 sind dort unvergessen; ihnen fielen mehr als 90.000 Polen zum Opfer. Im Milieu der OUN-/UPA-Anhänger werden die Verbrechen bis heute geleugnet oder als schlichte Kampfhandlungen im Rahmen eines angeblichen "zweiten polnisch-ukrainischen Kriegs" dargestellt. Rudling hat eine Erläuterungstafel dokumentiert, die Swoboda am Ort des einstigen polnischen Dorfes Huta Pieniacka aufgestellt hat. Der Ort wurde Ende Februar 1944 von Truppen der Waffen-SS-Division "Galizien" und der UPA niedergebrannt; über 700 Einwohner wurden ermordet. Auf der Swoboda-Erläuterungstafel ist zu lesen, dies sei "sowjetisch-polnische Propaganda"; vielmehr hätten die Deutschen in dem Ort nur polnische und bolschewistische "Subversion" bekämpft.[4]
"Held der Ukraine"
Wie Rudling berichtet, geht denn auch eine Passage in der Resolution des Europaparlaments vom 25. Februar 2010, die sich auf die Ukraine bezieht, auf die polnische Regierungspartei Platforma Obywatelska (PO) zurück. Kurz zuvor, am 22. Januar 2010, hatte der scheidende Präsident Juschtschenko in einer seiner letzten Amtshandlungen Bandera posthum den Ehrentitel "Held der Ukraine" verliehen. Das Europaparlament "bedauert diese Entscheidung zutiefst", heißt es in der polnisch inspirierten Resolution, in der der frisch gewählte Präsident Janukowitsch explizit aufgefordert wurde, die Titelverleihung rückgängig zu machen. Jerzy Buzek, polnischer Präsident des Europaparlaments, setzte sich wenige Tage später in einem Gespräch mit Janukowitsch sogar persönlich dafür ein. Der neue ukrainische Präsident kam der Aufforderung kurz darauf nach. In Warschau wurde die Entwicklung weiterhin mit großer Skepsis beobachtet; im Sommer 2011 publizierte etwa das dortige Zentrum für Oststudien (Ośrodek Studiów Wschodnich, OSW) eine kritische Untersuchung über die Partei Swoboda. Im Juni 2012 forderte Franciszek Stefaniuk von der Regierungspartei PSL (Polskie Stronnictwo Ludowe, "Bauernpartei") mit Blick auf die internationale Berichterstattung über den Bandera-Kult - Anlass war damals die Fußball-EM -, die Ukraine müsse endlich anerkennen, dass die UPA "für bestialische Morde an Polen verantwortlich" gewesen sei. Bandera-Denkmäler, wie es sie zahlreich in der Westukraine gibt, seien inakzeptabel.
Die Zukunft der Opposition
Während in Polen noch Protest laut wurde, hatte eine Vorfeldorganisation der deutschen Außenpolitik, weit davon entfernt, sich dem Widerstand gegen den OUN-/UPA-Kult anzuschließen, begonnen, Kontakt zu Swoboda aufzubauen. Am 24. Februar 2012 nahm Swoboda-Führer Oleh Tjahnybok an einer Veranstaltung teil, die die CDU-nahe Konrad-Adenauer-Stiftung gemeinsam mit dem International Republican Institute (IRI) und dem National Democratic Institute (NDI, beide USA) organisierte. Thema: "Die Zukunft der ukrainischen Opposition". Im Juli 2012 vereinbarten die Partei Batkiwschtschyna von Julia Timoschenko, eine Partnerpartei der CDU, und Swoboda eine taktische Kooperation in Vorbereitung der Präsidentenwahl, die anschließend auf eine dauerhafte Kooperation ausgeweitet wurde - und die an Berlin orientierte Klitschko-Partei UDAR einschloss. Im Frühjahr 2013 nahmen zwei Swoboda-Abgeordnete an zwei Studienreisen der Entwicklungsagentur GIZ nach Deutschland teil; der deutsche Botschafter kam Ende April mit Swoboda-Führer Tjahnybok zusammen. Berlin half tatkräftig, die spätere Maidan-Opposition zusammenzuschweißen. Deren starker ultrarechter Flügel ließ dabei niemals Zweifel an seiner Orientierung aufkommen: Im Oktober 2013 etwa führte Swoboda eine Gedenkfeier zur Erinnerung an die UPA-Gründung am 14. Oktober 1942 durch; am 1. Januar 2014 marschierten unter Führung von Swoboda gut 20.000 Bandera-Anhänger durch Kiew, um dessen 105. Geburtstag zu zelebrieren.
Alternativen
Die Saat, die der frühere Präsident Juschtschenko, eng mit dem Westen kooperierend, gelegt hat, geht damit auf. Die Frage bleibt, wieso Juschtschenko ausgerechnet auf den OUN-/UPA-Kult als Leitbild für die neue Ukraine verfiel. Es hätte Alternativen gegeben, erklärt Per Anders Rudling: Juschtschenko hätte etwa auch "die kurzlebige Ukrainische Volksrepublik von 1918 bis 1920 als Modell auswählen können, aber er wählte stattdessen den 30. Juni 1941". Was auch immer die ausschlaggebenden Motive gewesen sein mögen: Juschtschenko wählte die am stärksten antirussische Variante - und damit eine, die dem geostrategischen Vorhaben Berlins, die Ukraine russischem Einfluss immer mehr zu entziehen und sie stattdessen der eigenen Hegemonialsphäre einzuverleiben [5], durchaus entsprach.
Bitte lesen Sie auch unser Interview mit Per Anders Rudling.
[1] Per Anders Rudling: The Return of the Ukrainian Far Right: The Case of VO Svoboda. In: Ruth Wodak, John E. Richardson (Hg.): Analyzing Fascist Discourse: European Fascism in Talk and Text, 228-255. London 2013. Online-Zugang: www.routledge.com/books/details/9780415899192/ 
[2] S. dazu "Wissenschaftliche Nationalisten".
[3] S. dazu Probleme der OstexpansionIntegrationskonkurrenz mit Moskau und Die Europäisierung der Ukraine.
[4] Per Anders Rudling: The Return of the Ukrainian Far Right: The Case of VO Svoboda. In: Ruth Wodak, John E. Richardson (Hg.): Analyzing Fascist Discourse: European Fascism in Talk and Text, 228-255. London 2013. Online-Zugang: www.routledge.com/books/details/9780415899192/ 
[5] S. dazu Der zweite Kreis der EU


=== 2 ===

Auf Deutsch: "Wissenschaftliche Nationalisten"

"Scientific Nationalists"
 
2014/05/01
LUND
 
german-foreign-policy.com interviewed Per Anders Rudling about the roots that gave rise to the Ukrainian far right within historical mythmaking, initiated by former Ukrainian President Victor Yushchenko. Rudling is an associate professor in the Department of History at Lund University. He has published extensively on nationalism, historical culture, and the instrumentalization of history in various East European countries, especially Ukraine, Belarus and Lithuania.
german-foreign-policy.com: "Glory to the Heroes" has become an important slogan during Kiev's Maidan protests. "Glory to the Heroes" were the first words former Prime Minister Yulia Tymoshenko publicly uttered, after she was released from prison on February 22. Did this surprise you? After all, that slogan was used by Ukrainian Nazi collaborators in the 1940s.

Per Anders Rudling: Not really. Tymoshenko had exclaimed the first part of that slogan, "Glory to Ukraine", even earlier, in 2011 - three times in the courtroom, after having been sentenced to seven years in prison under Yanukovych. Her supporters in the audience responded three times with "Heroiam Slava", "Glory to the Heroes!" I was more surprised that Tymoshenko used it then. I think it is important to remember that she is one of the former Komsomol-affiliated nomenclature, and comes from central Ukraine, a region not known for political radicalism, whether right or left. In addition, she is of Armenian descent and a Russian-speaker. "Slava Ukrainy", "Glory to Ukraine", was the greeting of the OUN, the Organization of Ukrainian Nationalists, and, in 1941, that organization issued instructions that the greeting should be made with the right arm raised, with "the fingertips a little to the right, a little above the top of the head." Similar salutes were used by the Croatian Ustashe, the Hlynka Guard in Slovakia, the Spanish Falangists, and, of course, the Nazis.

There is the phenomenon of an appropriation of certain historical symbolism, partly by those who see themselves as the direct ideological descendants of the OUN. This is the case of Svoboda, the Right Sector, and the Congress of Ukrainian Nationalists (CUN). Last year, there was a scandal in Croatia, when a Croatian football player made the Ustashe salute shouting "Za dom!." ("For the homeland!"), and the audience yelled back "Spremni", ("Ready!"). In Ukraine, the "Slava Ukrainy - Heroiam Slava!" was controversial, but has recently somehow become mainstream. Many people, who use it, do not understand what is behind it. Tymoshenko is a populist. She is from a region in Ukraine with no strong nationalist traditions, and she only began speaking Ukrainian as main language as an adult. She never endorsed Yushchenko's OUN and Bandera cults. I guess she feels the direction of the wind, and, as a populist, is cashing in on perceived political benefits of appropriating the far right's political liturgy.

gfp.com: Yushchenko's OUN and Bandera cults? Yushchenko was the pro-western president of Ukraine who took office at the beginning of 2005, following the "Orange Revolution."

Rudling: When Yushchenko became president, he initiated a lot of historical mythmaking in Ukraine. This was based around two major themes: the depiction of the 1932/33 Ukraine famine as a deliberate act of genocide against the Ukrainian people, in which allegedly up to 10,000,000 Ukrainians perished. Those promoting this view of history, usually refer to it as "Holodomor," and list at least 7 million victims. Because there is a consensus among historical demographers that the excess death was between 2.6 and 3.9 million people in the Ukrainian SSR (and, by the way, not solely ethnic Ukrainians), Yushchenkos propaganda had added more than six million people, who had never existed - people, they argued, who would have otherwise been born.

Secondly, Yushchenko initiated an elaborate cult around the OUN, the UPA - Ukrainian Insurgent Army - and their leaders Bandera, Stetsko, and Shukhevych, presenting them as "the national liberation movement," issuing postage stamps with their effigies, renaming streets and buildings in their honor, posthumously awarding them the highest state honors, rewriting school textbooks etc., and denying their involvement in ethnic cleansing and pogroms against Polish and Jewish minorities of Ukraine. He did this at a time, when research into these issues had made great progress, and we now know more than ever about the in excess of 140 West Ukraine pogroms in 1941 and the UPA's ethnic cleansing of 91,200 ethnic Poles in Volhynia and Eastern Galicia in 1943-44. When western historians pointed out these groups' involvement in the Holocaust and other utterly serious human rights abuses, Yushchenkos government agencies responded by releasing a number of documents, OUN forgeries, dating from a post-Stalingrad period and after the war, documents produced in the emigration, about how the OUN supposedly had refused to participate in pogroms, and a biography of a fictitious Jewish Stella Kreutzbach, invented after the war by the OUN(b) in exile. The biography's title implies its objective: "I thank God and the Ukrainian Insurgent Army for Being Alive." This forgery had already been exposed by the late historian Philip Friedman in the late 1950s, but this did not hinder Yushchenko from propagating this hoax as fact.

gfp.com: How did Yushchenko organize the propagation of those historical myths?

Rudling: In 2005 Yushchenko established an Institute of National Memory, under the leadership of the old physicist Ihor Yukhnovskyi, born in 1925, who had been active in the oppositional Ruch movement under Gorbachev but also in "Social Nationalist" circles in the 1990s. Yanukovych replaced him with the communist, Waleri Soldatenko, and the institute became a research-oriented institution; its propaganda tasks were greatly reduced. Now, since the fall of the Azarov and Yanukovych government, it is headed by the young historian Volodymyr Viatrovych, who under Yushchenko, had been in charge of what had been the KGB and became the SBU archives - the SBU being the Ukrainian secret service. As director of the SBU archives, under Yushchenko, Viatrovych aggressively promoted Bandera, Shukhevych and Stetsko, denied OUN's Holocaust involvement and depicted the UPA's ethnic cleansing of Poles as a "second Polish-Ukrainian war," with the victims of crimes - described in Poland as genocidal murder - as "casualties of war." Like Yukhnovskyi, Viatrovych was fired in 2010, when Yanukovych took office. He went on to direct an "institute" in Lviv known as "The Center for the Study of the Liberation Movement," which is funded and run by the emigrant OUN(b), based mainly in Canada and the USA.

gfp.com: In your scholarly works, you report on popular nationalist events in western Ukraine, especially in Lviv. What sort of events are these?

Rudling: The nationalists and the far right have been very skillful in making popular youthful, recreational events. They have been very ingenious. There is everything from decks of playing cards and board games depicting the "heroic" UPA and their struggle for the nation, to evening dances, sporting events, essay competitions, scouting ventures, etc. This narrative is widely considered legitimate in Western Ukraine. In Lviv, Svoboda polled around 40 percent of the votes. A taxi company is named after the Waffen-SS division "Galizien." There is an OUN and UPA topical restaurant, with those red and black "Blut-und-Boden" ("Blood and Soil") banners on the wall and "Jewish anecdotes" on the walls of the restrooms, and where one is "joyfully" served, a dish called "kosher salo" (salo being pork lard) or "Schlachtplatte Hajdamaky-style" (named after the 17th century Cossack rebellion). So there is a very interesting environment linking revisionist history, far right politics, and commercial interests, which, in turn, nourishes the nationalist narrative.

gfp.com: Yushchenkos new myths obviously have been built around fascists and Nazi collaborators. Have there been protests against them?

Rudling: Of course there were. These myths were strongly rejected in the southern and eastern regions of the country. The Party of Regions and the communists used them to mobilize electoral support, and they probably contributed to Yanukovych being elected president in 2010 - in an election where Yushchenko polled only 5% of the votes. These myths have further polarized a country already divided, and - of no less importance - antagonized Poland and other EU partners. In 2010, the European Parliament explicitly required that the cult around Bandera and other such figures be ended before Ukraine can be integrated into the EU. This requirement was initiated by Poland's ruling party, the Platforma Obywaltelska, which, otherwise, is known for being sympathetic toward Ukraine's EU integration. The director of Israel's Yad Vashem Memorial has loudly protested. Unfortunately, few protests are from professional historians and researchers. The strongest critic has been Yanukovych's Party of Regions. Today, it is Russia's state propaganda, which ceaselessly instrumentalizes this issue in its propaganda war against the current Ukrainian government, accusing it of being banderite and fascist. Unfortunately, the cult of Bandera, Stetsko, the OUN, UPA went largely unresisted by the liberal Ukrainian intelligentsia, including those who often remind the West, and not least Germany, of their supposed duties.

I believe, however, that since a number of books and articles based on newly released archive material on the OUN, on Bandera, on the pogroms and the Holocaust and their Nazi collaboration are now being published, it will become increasingly difficult to continue denying historical facts. But it will not be a smooth process. It is unlikely that they will begin anytime soon to dismantle the Bandera, Stetsko and Shukhevych monuments in Western Ukraine. In eastern Ukraine, they are only now - nearly a quarter-century after the demise of the USSR - beginning to take the Lenin monuments down. It may take 30 years for them to remove Bandera from Lviv. But historians can try to initiate a debate on these issues. In Munich's Zeppelinstrasse 67, where Stetsko, the self-proclaimed Ukrainian prime minister (June 30, 1941), who had endorsed "German methods of exterminating Jewry," had lived until his death in 1986, Yushchenko unveiled a large memorial plaque, inscribed in German and Ukrainian, to this outstanding freedom fighter. Perhaps this could be the starting point for such a debate. In Canada, there are monuments to Shukhevych and the veterans of the Waffen-SS Galizien. I think there are good reasons to begin asking questions about these manifestations, both here in Western Europe and in Canada. This is not unique to Ukraine.

gfp.com: During the period Yushchenko was strengthening these myths about the OUN and UPA, the Svoboda Party was becoming stronger. Do you see a connection?

Rudling: I do. And Ukraine is not unique. In Hungary, Croatia, Romania and Lithuania you see similar phenomena: the path for strengthening the far right is often paved by revisionist, nationalist historians. Svoboda filled a void left by Yushchenko. Ironically, the pro-western, pro-EU, and self-professed democrat Yushchenko was the one who had launched this cult of the far right on a national level. It is not inconceivable, or illogical, that the legacy is now being taken over by the true ideological successors of the OUN: Svoboda, CUN, Pravyi Sector, UNA-UNSO. These historical narratives reinforce the extreme right, and, of course, not only in Ukraine. Trianon serves a similar purpose in Hungary, Kosovo Polje in Serbia, Bleiburg in Croatia, etc.

gfp.com: How did people in eastern and southern Ukraine react to this development before Kiev's Maidan protests began?

Rudling: It most likely helped mobilize support for Yanukovych, just as the Banderite boogeyman helped mobilize the separatists of Crimea and now in Eastern Ukraine. Russia shamelessly exploits this issue to justify its aggression. As a political symbol, they probably could not have chosen a more controversial figure than Bandera, and more controversial organizations than the OUN, and UPA. It is difficult to imagine a comparable situation in Germany, but perhaps it would be somewhat like attempting to make Martin Luther a unifying symbol for Bavaria, or, perhaps, Ernst Thälmann. But even these are weak comparisons. Bandera's forces were regional and almost exclusively concentrated on the formerly Polish territories in the Western part of Ukraine. They were explicitly anti-democratic and totalitarian. It strikes me as more than naive for Yushchenko to have imagined that he would be able to win national acceptance for these groups. Both Yushchenko and Yanukovych contributed a great deal to driving a wedge between east and west Ukraine. And unfortunately we see this policy being continued today, under the new government. If I am not mistaken, there is not a single member of the current government, who comes from the east or south. And one of the first things the new government did was to revoke the regional minority language status of Russian, even though this law has not been signed by the President.

gfp.com: Was Yushchenko really so naive? After all, he must have known that people in eastern and southern Ukraine would not be inclined to become Bandera and OUN fans, to put it mildly.

Rudling: Yes, he must have been aware of this. In the 1980s, Yushchenko's wife Kateryna had been active in Ukrainian right-wing emigré circles. She had worked with Stetsko as an assistant, and is a true believer of these narratives. In 2005, Yushchenko had also appointed a New York Banderite (and Stetskos former secretary), Roman Zavrych, to be Minister of Justice. Zavrych was later fired for having lied about having a PhD from Columbia University. In short, in Ukraine there has never been a change of elites. The first four Ukrainian presidents were all former communists, and members of the nomenclature. Yushchenko joined the CPSU in 1977. The old elites, the "scientific Marxist-Leninists" of yesterday became "scientific nationalists" overnight. Old elites resaddled, and nationalism became a new currency.

The problem with countries, such as Slovakia and Croatia, which lacked statehood before 1991/1993 was that they were seeking historical precedents, and found them in the periods 1939-44 and 1941-45, which were the only years they had existed, in modern times, as "independent" entities. In Ukraine, it is a similar story. Yushchenko could have opted for the short-lived Ukrainian People's Republic of 1918-20 as a model, but opted instead for June 30, 1941. 1918 could have been more successful. I believe polling 5% of the popular vote in 2010 - a world record for an incumbent president - speaks volumes. It is hard to claim this was a successful legacy. But it did contribute to the success of the far right. But I think it may be wise to still wait, for the elections in May. Yes, Svoboda got 10.44% of the votes in 2012. And yes, they have four members in the cabinet (plus three more far right members which are not formally Svoboda members, albeit former Social Nationalists, UNA-UNSO and so forth), but, currently, they are polling around 3%, the Right Sector, around 1%. It may be that they may again decline in their importance to the electorate. We will know more in four weeks.




Grave imbarazzo nella redazione de "La Repubblica":


Timoshenko: 'Attaccate i veterani russi'

Ucraina nella morsa tra propaganda e violenza. La candidata alla presidenza va a Odessa dopo la strage. E in un video sprona gli ultras filonazisti ad andare all'assalto
di Nicolai Lilin, 9 maggio 2014

VIDEO (1'24''): http://espresso.repubblica.it/internazionale/2014/05/09/news/timoshenko-attaccate-i-veterani-russi-1.164646

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Pogrom programmato

10/05/2014 - Pandora TV raccomanda la visione di questo servizio ad un pubblico di soli adulti.
Giulietto Chiesa commenta le immagini della strage di Odessa dimostrando che le vittime sono state assassinate brutalmente e non sono perite a causa dell’incendio al palazzo dei sindacati come è stato dichiarato dalla stampa internazionale.


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Le Maschere della Rivoluzione (2014). Documentario.

Un documentario di Russia Today girato a Maidan nei giorni della Rivoluzione di febbraio che ha portato alla deposizione del Presidente Yanukovich. Le testimonianze dirette dei protagonisti su una rivolta segnata dalle violenze dei militanti di estrema destra di Pravij Sektor e Svoboda. Una rivolta pilotata, con l’apporto finanziario determinante degli Stati Uniti.


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Documentario sulla rinascita del fascismo. I guerrafondai statunitensi insieme con la NATO e l’Unione europea hanno instaurato un governo fascista in Ucraina, dopo una rivoluzione violenta e pilotata. Adesso cercano di innescare una guerra civile nel paese. Oltre 900.000 ucraini hanno già lasciato il paese e hanno trovato rifugio in Russia. 2.500 sono fuggiti in Bielorussia. Questo è solo l’inizio. (fonte: Pandora TV / Associazione Marx XXI)

Ukraine Crisis Today: Democracy caught on camera 

(this will never be shown on mainstream media) Pubblicato in data 04/mag/2014
[Exclusive footage] Rebirth of Fascism. U.S. warmongers along with EU/NATO politicians have installed (through violent, artificial revolution) a pro-fascist government in Ukraine and are now trying to start a civil war within the country.

VIDEO 1p. (12'52''): http://www.youtube.com/watch?v=NKuDzXAgdf4

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Quel che è accaduto davvero ad Odessa: Un video apparso solo in queste ultime ore. Un documento eccezionale, lungo quasi due ore, che descrive le fasi dell'attacco nazista alla Casa dei sindacati, dove sono state uccise dai nazifascisti 38 persone. Sottotitolato in inglese, con audio ovviamente originale. (fonte: Redazione Contropiano)

ODESSA 5/02: The Untold Truth of Kulikovo Field [Part 1 ]

Pubblicato in data 06/mag/2014
The first part of Odessa 5/02 documentary film, compiled of the extensive amount of video footage done on that day by various witnesses and investigated throughout an independent view point. Soon we'll post the second part that will include further footage, few interviews of survived witnesses as well as the Right sector searches inside of the building later that night. Thank you all, friends, for a positive feedback! We encourage you to rip this video using http://www.clipconverter.cc and re-upload it to your channel in order to spread this material and protect it from being deleted by Youtube.

VIDEO (1h56'): http://www.youtube.com/watch?v=whqQCx6RXkY

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See also: 

Details on the Odessa massacre which happened on May 2nd

The U.S. has Installed a Neo-Nazi Government in Ukraine
By Prof Michel Chossudovsky - Global Research, March 02, 2014 

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venerdì 9 maggio 2014

Junta ucraina, chi è chi: fascisti, sette e delinquenti

Spesso utilizziamo questo termine: “junta”, ma è troppo generico. Proviamo ad analizzare che razza di persone siano coloro che si sono insediati a Kiev con la loro bramosia di reprimere le proteste popolari del sudest ucraino.

Ecco dunque la cricca in questione.

L’autoproclamato “facente funzioni del presidente” Turčinov è un pastore di una delle sette protestanti totalitarie “neopentecostali”, la sedicente “chiesa dell’ordine della vita”.

Il cosiddetto primo ministro Jacenjuk ha stretti legami con la setta statunitense di Scientology, una delle sette totalitarie più influenti al mondo, la sorella ne è una dirigente, e lui stesso era un assiduo frequentatore delle loro messe.

L’autoproclamato vice primo ministro Jarëma era legato agli ambienti criminali quando lavorava in polizia negli anni ‘90. Durante l’insurrezione armata del Majdan massacrò personalmente un poliziotto.

Il sedicente vice primo ministro Syč è membro del Partito ultranazionalista “Svoboda”, definito intoccabile dal Parlamento Europeo per il proprio radicalismo. Ha affermato innumerevoli volte la propria devozione al nazionalismo etnico ucraino ed il proprio sostegno a quei dirigenti del suo Partito che più si sono distinti per le loro dichiarazioni russofobe, antisemite e razziste.

Il cosiddetto vice primo ministro Vladimir Grojsman, quando era sindaco di Vinnica era noto per la persecuzione ai danni di ogni opposizione sfruttando l’esercito e la polizia con segnalazioni via sms.

L’autoproclamato ministro della politica agraria Igor’ Švajka è membro del Partito ultranazionalista “Svoboda”. Per prima cosa, dal palazzo del suo ministero ha cacciato tutti gli pseudorivoluzionari di cui a parole difende gli interessi. E’ noto per le sue dichiarazioni russofobe.

Arsen Avakov è il capo delle strutture militari della cricca. E’ famoso per essere stato accusato di abuso recidivo di potere dopo aver privatizzato illegalmente terreni dello Stato. Nella carica attuale si è già fatto notare per le spedizioni punitive contro il proprio popolo, per le quali sono morte decine di pacifici cittadini.

Il sedicente ministro dell’ecologia Andrej Mochnik è un seguace di Bandera di lungo corso che glorifica da vent’anni gli scagnozzi della Germania nazista. Non desta quindi stupore che incidentalmente sia membro del Partito “Svoboda”.

Il cosiddetto ministro dell’economia Pavel Šeremeta ha studiato negli USA, cosa che di per se non comporterebbe alcunché, se non avesse allora appoggiato la politica neoliberista, che in molti Paesi del mondo ha portato all’indigenza generalizzata della popolazione e alla disoccupazione. Possiamo stare tranquilli che seguirà diligentemente le indicazioni del FMI tese a distruggere l’economia ucraina.

Nel governo autoproclamato di questa cricca il responsabile per l’energia è Jurij Prodan, che fu pescato con le mani nel sacco in merito all’affare “Kievenergo”, di cui era uno dei dirigenti. E’ inoltre uno dei colpevoli del debito ucraino nei pagamenti per il gas ed è saltato alle cronache per aver sponsorizzato gli interessi degli oligarchi (nella fattispecie del gruppo “Privat”) nel settore del gas.

Andrej Deščica risponde per i rapporti con i protettori occidentali. Ha lavorato a lungo presso l’ambasciata ucraina in Polonia, i cui interessi in politica estera, come è noto, consistono nell’ampliamento della NATO a oriente e nella mortificazione totale della Russia nell’arena internazionale.

L’impostore che siede nel gabinetto ucraino come ministro delle infrastrutture è Maksim Burbak, compagno di Jacenjuk di lunga data, a proposito di ruffianeria e nepotismo. Conseguenzialmente, ai posti di comando del Partito “Bat’kivščina”, di cui era un importante dirigente, sono comparsi numerosi suoi amici e parenti. E’ inoltre noto per la sua “protezione” del mercato alimentare di Černovcy (in italiano, Cernovizza).

Per la “difesa”, ovvero per l’assalto e l’aggressione contro la popolazione pacifica dell’Ucraina orientale, è responsabile Michail Koval’, che ha sostituito a tale carica Tenjuch, del Partito “Svoboda”, rinomato per la sua retorica razzista e russofoba.

Il responsabile per la pubblica istruzione, cioè per la trasformazione dei bambini in energumeni fasciteggianti è Sergej Kvit, membro dell’organizzazione neonazista “Trizub” (“Tridente”), che fa parte del tristemente noto “Pravyj Sektor” (“Settore di Destra”). Amico da molto tempo di Jaroš, per aver introdotto la censura nelle scienze storiche è stato redarguito persino dalle autorità polacche e tedesche, che generalmente chiudono un occhio sulle infamie dei nazionalisti ucraini.

Oleg Musij, responsabile per la sanità, non è membro del Partito nazionalista e non è stato coinvolto in scandali di corruzione. Tuttavia, resta un mistero cosa abbia fatto nel periodo dal 1992 al 2008.

Un’altra beffa nei confronti del popolo è la nomina di Ljudmila Denisova a ministro delle politiche sociali: è balzata alle cronache per essere stata arrestata per corruzione in quantità particolarmente ingenti, per avere partecipato alle privatizzazioni da rapina e per la sua smodata ricchezza. La domanda su come curerà la sfera sociale è puramente retorica.

Alcuni oligarchi hanno deciso di non nascondersi alle spalle di varie marionette del governo golpista, e hanno assunto il potere direttamente nei ministeri più redditizi. Il riferimento è ad Aleksandr Šlapak, oligarca, appunto, la cui attività discreditante (corruzione, riciclaggio, manovre finanziarie) meriterebbero un articolo ad hoc.

Risponde per lo sport Dmitrij Bulatov, attivo dirigente del sedicente Automajdan, un gruppo meccanizzato armato che si dedicava all’assalto contro i tutori dell’ordine pubblico e gli abitanti pacifici delle città assediate dalla cosiddetta “rivoluzione del Majdan”.

Ministro particolare senza portafoglio è Ostap Semerak, noto sia lui che un suo omonimo per frode e corruzione degli elettori. Ha un’esperienza ventennale nella formazione della mentalità filostatunitense nella politica ucraina, in particolare grazie ad una pseudo “scuola del giovane politico”.

Ci siamo limitati all’autoproclamato governo, per non parlare del procuratore neonazista capo dell’SBU, i Servizi di Sicurezza Ucraini, guida della sanguinosa rivolta.

Fonte: Facebook
Autore: Max Otto von Stierlitz
Traduttore: Mark Bernardini
Speaker: Mark Bernardini




LIBIA: EX BASE U.S.A. E' ADESSO QUARTIER GENERALE DEI GRUPPI QAEDISTI


http://www.wsws.org/en/articles/2014/05/01/liby-m01.html

Libya: Ex-US base now headquarters of Al Qaeda-linked forces


By Gabriel Black 
1 May 2014


Al Qaeda fighters are now operating out of a base set up by US Special Forces near the Libyan capital of Tripoli, in the aftermath of the 2011 NATO war in Libya. This fact, reported by the Daily Beast based on numerous local media reports and statements by US officials, underscores the reactionary character of the Libyan war and Washington’s continued reliance on far-right Islamist forces in its Middle East wars.

The base, known as “27” because it is 27 km from Tripoli, had recently been refurbished by a squad of US Green Berets. The US Special Forces team had begun its operation in the summer of 2012, nearly a year after the NATO war against Libya toppled Col. Muammar Gaddafi in an alliance with CIA-backed Islamist militias.

US Special Forces left the base at some unknown point in time, after two raids were carried out against it in the summer of 2013. During these raids, high-tech military equipment was taken. Now, less than a year later, the base is in the hands of jihadist militants.

The reported leader of the camp is Ibrahim Ali Abu Bakr Tantoush. Tantoush was a longtime associate of Osama Bin Laden and was in Pakistan in the early days of the Al Qaeda network, during the CIA-led war against the pro-Soviet regime in Afghanistan. Tantoush was indicted in 2000 for giving support to the 1998 bombing of US embassies in Kenya and Tanzania.

Though Tantoush recently claimed that he has not perpetrated a terrorist attack for Al Qaeda, he is heavily involved in Al Qaeda’s Libyan affiliate, the Libya Islamic Fighting Group (LIFG). This group specialized in sending jihadist troops through the port of Dernaa to Syria.

Today, Dernaa is the primary port used by Libyan jihadists to transit to Syria. “Libya in general is a major thoroughfare, the I-95 for foreign fighters into Syria from Africa,” an anonymous US defense official told the Daily Beast. Libyan Islamists make up the largest single component of the ‘foreign fighters’ who are playing a leading role in the US-backed sectarian civil war waged in Syria to topple the government of President Bashar al-Assad.

Even though the US and its NATO allies are militarily dominant in the region, Tantoush is allowed to continue operating from a US-built base in Libya only 20 minutes’ drive from the capital city.

This is no doubt in part because another US-NATO attack on Libyan soil would outrage the Libyan people, who oppose such raids in particular after a war that devastated and impoverished their country. A US raid last year to capture alleged Al Qaeda operative Abu Anas al-Liby led to protests and the kidnapping of Prime Minister Ali Zeidan, the head of the NATO puppet regime.

More significantly, however, Tantoush manifestly is operating with unofficial US approval, as part of the broader alliance of convenience between Western imperialism and Al Qaeda—an alliance which underlay the NATO war in Libya and the events at base ‘27.’

During the Libyan war, Special Forces operatives from the US, British, French, and Qatari governments directed the transfer of weapons to Islamist militias. According to a New York Times article published in 2012, the White House gave the go-ahead to weapons shipments in the spring of 2011. “Within weeks,” the White House knew that Islamic militant groups were receiving the shipments.

However, these forces, which provided the foot soldiers for NATO to overthrow and murder Gaddafi and install a puppet regime led by the Libyan National Transition Council, turned on their former paymasters.

Many militias were asked to disband but refused to do so after having armed themselves and gained power locally after the collapse of the Gaddafi regime. The Libyan military has repeatedly clashed with these militias in the past two years. Though many of them are still on the government payroll, they refuse to disarm or accept the authority of the NATO puppet regime.

According to an anonymous US defense official, the initial goal of the Special Forces operations at the “27” base was to train 100 Libyan soldiers. These Libyan special operations soldiers were to participate in US-led Special Forces raids alongside their US counterparts. This training program apparently began in the fall of 2012 and was cancelled some time later.

Carter Ham, a retired general who sat at the head of U.S. Africa Command in 2012, told the Daily Beast that the training “program has not achieved the outcomes that we hoped that it would and the Libyans hoped it would.” However, Ham, now retired, denied knowing about jihadist militants having control of the “27” base.

Ham at one point met with a small group of fighters selected by the Green Beret squadron. According to the article, this group was being trained as “emerging leaders” of the unit. Ham told The Daily Beast that the meeting “was promising… It was not as widespread as we would have liked. The militia these guys came from, they did not have significant military experience and certainly not in a hierarchical organization.”

It was amid this spread of Islamist militias and civil war conditions in Libya after the NATO war that attacks were mounted on the US base and Tantoush’s fighters set up operations there. This is only one of the instances of what Washington terms “blowback” in Libya—where US government support for Islamist forces created the conditions for attacks on US forces.

Probably the most prominent was the attack on September 11, 2012, in which four Americans were killed in two separate attacks within eight hours in Benghazi, Libya’s second-largest city. Those dead included US Ambassador Christopher Stevens and two security officers guarding a CIA compound.

A year later, the New York Times reported that the attack had been mounted “by fighters who had benefited directly from NATO’s extensive air power and logistics support during the uprising against Colonel Qaddafi.”