Informazione
Pon, 06/01/2014 - Teorija da je u krhkim međunarodnim odnosima 1914. godine kap koja je prelila čašu bio Sarajevski atentat, te da je zbog toga počeo sukob koji je odneo 15 miliona života, uskoro bi mogla biti potpuno promenjena. Iz Arhiva Srbije ponovo je na svetlo dana izneto pismo koje dokazuje da su planovi za početak Prvog svetskog rata postojali 13 meseci pre atentata.
U susret stotoj godišnjici početka Prvog svetskog rata, sve su češći pokušaji revidiranja istorije, kako bi se kompletan teret za početak Velikog rata prebacio na Srbiju i Rusiju. Poznato je da je na Vidovdan 28. Juna 1914. godine, organizacija „Mlada Bosna“ tačnije njen pripadnik Gavrilo Princip, ubio Austrougarskog prestolonaslednika Franca Ferdinanda. Dolazak princa u Sarajevo na veliki srpski praznik Vidovdan, trebalo je da bude uvreda za Srbe, a tako je Austrougarska htela da pokaže Srbiji, a i celom svetu da je Bosna njen deo i da će tako i ostati. Cilj „Mlade Bosne“ bio je ujedinjenje sa Srbijom i Crnom Gorom, i taj je atentat kroz srpsku istoriju prikazan kao čin borbe za slobodu.
Istoričari podsećaju na do sada prećutkivano pismo tadašnjeg guvernera Bosne i Hercegovine Oskara Poćoreka ministru Austrougarske monarhije Bilinskom, 28. maja 1913. a koje dokazuje da su planovi za Prvi svetski rat postojali više od godinu dana pre atentata u Sarajevu.
Dokument koji je prvi put objavljen još 1928. godine, do sada nije korišćen u naučnim radovima, jer se nije uklapao u stereotip o istoriji početka rata, a početkom godine ga je u Andrićgradu predstavio direktor Arhiva Srbije Miroslav Perišić. On je objasnio da pismo otkriva ne samo namere ratnih krugova Beča da povedu rat, već i stavove prema Srbima, Hrvatima i muslimanima kao i politiku Beča prema pobornicima ideje ujedinjenja Južnih Slovena. "Pismo se završava rečima da se ne sme dozvoliti da dođe do približavanja Zagreba i Beograda, odnosno da Zagreb treba da predstavlja protivtežu Beogradu", naveo je Perišić.
Planovi za rat objašnjavaju donekle ultimatum koji je upućen Srbiji mesec dana posla atentata, a iz kasnijih događaja poznavaocima prilika je jasno da bi do rata došlo, čak i da je Srbija pristala na sve što se od nje tražilo. Član Odbora Andrićevog instituta za obeležavanje godišnjice Prvog svetskog rata Miroslav Jovanović kaže da sarajevski atentat nije bio presudan, nego je bio samo povod za izbijanje velikog svetskog krvoprolića. Austroguarska je povod za početak Prvog svetskog rata stavila na teret Srbije i Rusije, što su kasnije podržali brojni poznati istoričari.
Proslavljeni reditelj i idejni tvorac Kamengrada Emir Kusturica rekao je da ponovno objavljivanje ovog pisma u "Istorijskim sveskama" Andrićevog instituta treba da popravi istorijsku i medijsku sliku o početku rata. "Sarajevski atentat je zloupotrebljen i iskorišćen za progon srpskog naroda i za početak Velikog rata", rekao je Kusturica.
On kaže je da je Gavrilo Princip ubio okupatora Franca Ferdinanda, "rasistu i antisemitu, na kućnom pragu, u zemlji Gavrila Principa, a ne u Beču ili nekom Ferdinandovom letnjikovcu ". Objavljivanje dokumenta o planovima Austrougarske, početak je nastojanja Andrićevog instituta da javnosti stavi na uvid dokumente koji skreću pažnju javnosti sa koloseka propagande, ali i organizovanog zaborava.
Da će se o Velikom ratu pisati puno ove godine nagoveštavaju novinski tekstovi u kojima se podseća da je 1941. godine za svoj rođendan Adolf Hitler dobio na poklon jedini ratni trofej donet iz raskomadane Jugoslavije. Kažu da mu je na lični zahtev iz okupiranog Sarajeva donesena spomen-ploča Gavrilu Principu. Fotografije svedoče da je Hitler dobio ploču na kojoj piše „Na ovom istorijskom mjestu se Gavrilo Princip izborio za slobodu Srbije.“
Svakako, 2014. godina biće cela u znaku obeležavanja stote godišnjece Velikog rata, pa ćemo se detaljima o ovoj temi baviti cele godine. Već su objavljena istraživanja javnog mnjenja koja nam govore da mladi ljudi malo znaju o Prvom svetskom ratu, da Principa polovina građana doživljava kao heroja, a četvrtina kao teroristu, a da jako mali broj ljudi zna koja se zemlja borila sa čije strane. Godina posvećena godišnjici biće prilika da se i ova statistika promeni.
Pripremila Mirjana Nikolić
Ristabilire l'ordine delle cose.
Il centenario della prima guerra mondiale e il “Sarajevo 2014”.
Gianmarco Pisa
È difficile pensare che il casus belli della prima guerra mondiale, l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando ad opera di Gavrilo Princip a Sarajevo, sia stato il vero motivo scatenante il conflitto. Soprattutto quando nuovi documenti storici e importanti fonti primarie vengono portati in luce a smentire quello che sempre più si è andato e si va affermando come luogo comune, piuttosto strumentale e pretestuoso.
I piani per scatenare quella che si sarebbe rivelata la prima guerra mondiale possono essere datati a 13 mesi prima dell'assassinio di Sarajevo, vale a dire ben 14 mesi prima della dichiarazione di guerra ufficiale dell'Austria-Ungheria e, di conseguenza, degli Imperi Centrali contro la Serbia, come ha messo in luce il ritrovamento ad Andricgrad, nella Repubblica Serba di Bosnia, di una lettera con i “piani di guerra”.
Si tratta della lettera, adesso nelle disponibilità del Dipartimento di Storia di Kamen-grad, spedita dal Governatore, per conto dell'Austria-Ungheria, della Bosnia e della Erzegovina, Oskar Potiorek, al ministro asburgico Bilinski, il 28 Maggio 1913, nella quale risultano evidenti non solo le intenzioni dei circoli asburgici di dare inizio al conflitto, ma, in particolare, l'atteggiamento della corona e del circuito imperiale nei confronti degli Slavi del Sud: sia in relazione ai rapporti reciproci tra Serbi, Croati e Musulmani, sia, in particolare, nei confronti dei Serbi, di Serbia e di Bosnia, particolarmente invisi all'Impero, quali sostenitori dell'idea dell'unificazione degli Slavi del Sud in quella che sarebbe poi diventata, tempo dopo, la Jugoslavia.
È stato lo stesso Miroslav Perisic, direttore dell'Archivio di Serbia, in occasione della presentazione pubblica del prezioso documento, lo scorso 5 Gennaio, a segnalare l'importanza del testo, quale fonte storica primaria ai fini dell'accertamento delle concause e delle responsabilità dello scoppio del conflitto mondiale, e del suo valore politico, considerando, del resto, quanto possa essere facile immaginare le ragioni per cui, al di là della “fortuita ricorrenza” del centenario della dichiarazione di guerra (1914-2014), sia trascorso tanto tempo dal ritrovamento della lettera, essendo il suo contenuto molto lontano dalla vulgata “ufficiale”, occidentale, di quel conflitto.
Secondo una dichiarazione di Perisic, d'altra parte: «questo documento così importante non era sino a questo momento a disposizione degli storici e non è stato preso in considerazione, di conseguenza, dalla comunità scientifica, sebbene sia stato pubblicato per la prima volta nel 1928 nel giornale Vecernja Posta di Sarajevo». Come riferito da un altro studioso, Miroslav Jovanovic, dell'Istituto Andric, i «fatti di Sarajevo», in particolare, l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando ad opera di Gavrilo Princip, non possono essere considerati, come troppo spesso le cancellerie e le opinioni pubbliche “occidentali” tendono a fare, l'evento-chiave, ma solo il pretesto per dare corso a un piano di guerra che sarebbe poi diventato un tragico e devastante bagno di sangue, con nove milioni di soldati e cinque milioni di civili uccisi.
Gli Imperi Centrali, Austria-Ungheria e Germania, in primo luogo, le stesse potenze che si apprestano adesso a sponsorizzare o promuovere il cosiddetto “forum di pace” del Sarajevo 2014, hanno voluto attribuire le responsabilità di quel bagno di sangue in particolare alla Serbia e alla Russia, mobilitando schiere di storici a supporto di tale tesi, da Chris Clark a diversi altri, ma i fatti, semplicemente, non stanno così.
Invitiamo chi non lo avesse ancora fatto a sottoscrivere, ma anche a diffondere fra i propri contatti l'invito all'adesione, che - ricordiamo - va comunicata all'indirizzo: sam.letteranpi@...
Da: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"Oggetto: [JUGOINFO] Richiesta di adesione alla Lettera Aperta all'ANPI su CristicchiData: 31 dicembre 2013 15:43:32 CETInoltriamo il seguente messaggio, ricevuto dai promotori della Lettera Aperta riprodotta più sotto, alla quale hanno già aderito un centinaio di firmatari.Per aderire scrivere a: sam.letteranpi@...specificando NOME, COGNOME, CITTA', e indicando eventualmente la appartenenza all'ANPI o il ruolo svolto nell'associazionismo antifascista.----------Cari tutti, questa in allegato è una lettera che speriamo possa ricevere la vostra attenzione e conseguente adesione.
Riguarda la vicenda del cantautore Simone Cristicchi e dello spettacolo “Magazzino 18” di cui è co-autore.
L’iniziativa specifica è partita in seno a CNJ onlus, ma raccoglie adesione di singoli.
L’obiettivo è politico e culturale. E’ importante, per la storia partigiana dell’Italia, della Jugoslavia e dell’Europa tutta.
Lo spettacolo di questo cantautore e del suo co-autore, lo storico Jan Bernas, sta già ricevendo tra il pubblico le scuole dell’Istria e sta proseguendo il suo giro per la penisola.
Le rappresentazioni di "Magazzino 18" in Istria sono state realizzate con il contributo del ministero degli Affari Esteri italiano e probabilmente anche della FederEsuli.
Non vorremmo trovarci questo “spettacolo dei sentimenti” o delle “emozioni” (definizione dell’autore) come bibliografia o come capitolo dei libri di storia dei nostri figli di oggi e di domani, dove fascisti e antifascisti si minestrano troppo superficialmente, favorendo distorsioni storiche e politiche gravi. Le distorsioni alimentano non verità e conflittualità.
Sulla pagina facebook di “Magazzino 18”, Cristicchi stesso si esprime e fa conversazione sul tema. Molti soci CNJ, ma anche altri, hanno postato commenti e tentato di aprire un confronto storico-scientifico, con il risultato di vedere i propri post cancellati. Il suo biasimo verso Pertini, che ha riconosciuto sempre i meriti della resistenza partigiana jugoslava, è una delle “perle” espresse dal cantautore, che riserva repliche talvolta d’effetto, ma che dimostrano poca capacità e/o volontà di argomentazione.
Riepiloghiamo di seguito una breve ma non esaustiva rassegna sulla questione, in parte già circolata, all’origine della lettera.
Questo è uno dei primi scambi ad agosto 2013, tra Cristicchi ed il CNJ, ma sulla questione si sono mossi anche altri. Cristicchi ha intimato al CNJ la rimozione della pagina, attraverso il suo avvocato:
https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/cristicchi.htm
L’Unione degli Istriani ha approvato il copione modificato andato in scena il 21/10/2013 nelle prove generali, pare con una sorta di ricatto:
http://www.unioneistriani.it/news/comunicati-stampa/200-m18
Di seguito il colloquio con Simone Cristicchi - in occasione del lancio del suo spettacolo "Magazzino 18", con Claudia Cernigoi e Carlo Oliva, RadioTre - trasmissione Fahrenheit di venerdì 1/11/2013
Il file audio (28'): http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/11/Fahrenheit-CRISTICCHI.mp3
Sul debutto a Trieste nel corrente mese di dicembre 2013:
Questo è un comunicato del partito socialista dei lavoratori croato nel merito, pubblicato da varie testate on line e girato in lista cnj:
Dal 17 al 22 dicembre lo spettacolo è stato rappresentato a Roma. Di seguito l’intervista pubblica a Cristicchi di una giornalista de Il Piccolo di Trieste, dura 4 minuti circa:
http://www.youtube.com/watch?v=cBLamBKxIyk
L’intervento ci sembra confermare le critiche mosse fino ad ora allo spettacolo: Cristicchi dichiara che è stato realizzato per far conoscere un pezzo di storia, ma allo stesso tempo, sostiene che non pretende di raccontare la storia ma di essere ascoltato attraverso la rappresentazione di alcuni drammi personali dell’epoca. Afferma inoltre una non verità, nel richiamare fonti storiografiche variegate di destra e di sinistra, a cui avrebbe fatto riferimento, ed invece la fonte principale citata è solo Jan Bernas. La confusione dei piani di lettura si rivela uno strumento di propaganda perfetto, che gioca sull’apparente ingenuità dell’ “artista” sfuggente ed ignaro, un po’ per davvero, un po’ per finta.
Ultima notizia, è uscito il libro + CD (si veda il link sotto, nel sito curato dal partito umanista di TS) http://www.freaksonline.it/freaks/magazzino-18-libro-e-cd.html
Contiamo che questa lettera, nella sua veste di appello, possa aprire un dibattito o chiarisca la posizione di certi soggetti anche istituzionali.
Per comunicare le vostre adesioni e tutte quelle che raccoglierete per la lettera in allegato, Vi preghiamo pertanto di rispondere a questo indirizzo sam.letteranpi@... indicando:
NOME, COGNOME, CITTA’, EVENTUALE ISCRIZIONE ANPI (SI/NO e sezione), ALTRO (facoltativo: es. professione, qualifica, stato occupazionale etc…)
Grazie a tutti per la collaborazione e un grande saluto
Samantha
--------LETTERA APERTA ALL'ANPI SU CRISTICCHICari Voi tutti, Membri del Comitato Nazionale ANPI, Membri dei Comitati Provinciali, Regionali e Soci dell’Associazione Nazionale PARTIGIANI d’Italia, con i suoi 120.000 iscritti,in qualità di iscritti all’ANPI e quali antifascisti, figli e nipoti di antifascisti, democratici rispettosi della memoria storica della Resistenza, manifestiamo la nostra preoccupazione ed il nostro stupore nell'apprendere che il Sig. Simone Cristicchi (secondo quanto lui stesso sostiene) è membro onorario dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Il Sig. Simone Cristicchi, nell’ambito del suo spettacolo teatrale “Magazzino 18”, che ha come tema la TRASPOSIZIONE di alcuni vissuti drammatici degli esuli d’Istria, di Fiume e Dalmazia, supportato da una direzione artistica, manageriale e da una regia di promozione istituzionale, sembra alimentare a livello mediatico e diffusivo a mezzo web una propaganda politica antipartigiana, che ancor più gravemente si mostra priva di analisi storica, riportando interpretazioni che riteniamo falsino fatti e circostanze, con un esito di palese natura strumentale. La strumentalizzazione delle vicende umane a supporto di idee nazionaliste è resa ancora più insopportabile per il coinvolgimento di minori in scene di violenza, che ci appare presunta ed esagerata.Evidenziamo inoltre che le tesi, le congetture, i toni delle polemiche, l'accettazione di messaggi e manifestazioni di scherno ed offesa rivolte alla memoria storica della Resistenza sia italiana che jugoslava, presenti nel profilo facebook e in altri siti gestiti dal cantautore, non ci appaiono politicamente ed ideologicamente espressioni vicine alla storia e rispettose dei principi ispiratori dell’ANPI.
Il rifiuto di un confronto scientifico, manifestato da Cristicchi in diverse occasioni e nei diversi spazi di dialogo con il pubblico, molti dei quali gestiti dallo stesso in piena discrezionalità (facilmente reperibili e noti) e il suo apprezzamento verso personaggi quali Maria Pasquinelli* contrapposto ad una continua opera di criminalizzazione della lotta di liberazione del popolo jugoslavo dall'oppressore nazifascista in particolare, costituiscono un'offesa all'Associazione stessa, lo Statuto della quale, nel suo oggetto sociale (art. 2) e soprattutto nel profondo rispetto ed in virtù dell’art. 22 e dell’art. 23, recita:“Possono essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta:
a) coloro che hanno avuto il riconoscimento della qualifica di partigiano o patriota o di benemerito dalle competenti commissioni;
b) coloro che nelle formazioni delle Forze Armate hanno combattuto contro i tedeschi dopo l’armistizio;
c) coloro che, durante la Guerra di Liberazione siano stati incarcerati o deportati per attività politiche o per motivi razziali o perché militari internati e che non abbiano aderito alla Repubblica Sociale Italiana o a formazioni armate tedesche.
Possono altresì essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta, coloro che, condividendo il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire, IN QUALITÀ DI ANTIFASCISTI, sensi dell’art. 2, lettera b), del presente Statuto, CON IL PROPRIO IMPEGNO CONCRETO ALLA REALIZZAZIONE E ALLA CONTINUITÀ NEL TEMPO DEGLI SCOPI ASSOCIATIVI, CON IL FINE DI CONSERVARE, TUTELARE E DIFFONDERE LA CONOSCENZA DELLE VICENDE E DEI VALORI CHE LA RESISTENZA, CON LA LOTTA E CON L’IMPEGNO CIVILE E DEMOCRATICO, HA CONSEGNATO ALLE NUOVE GENERAZIONI, COME ELEMENTO FONDANTE DELLA REPUBBLICA, DELLA COSTITUZIONE E DELLA UNIONE EUROPEA E COME PATRIMONIO ESSENZIALE DELLA MEMORIA DEL PAESE.”Per questo, auspichiamo che sia ritirata la tessera di socio ANPI al Sig. Simone Cristicchi, il cui operato e la cui espressione politica non sono riconoscibili in alcun modo nell’essenza dei valori e della cultura della Resistenza partigiana, di ieri e di oggi.
Per aderire: sam.letteranpi@...
John Robles - Voice of Russia
December 4, 2013
Audio: http://voiceofrussia.com/2013_12_04/NATO-is-worse-than-an-atavism-it-is-a-threat-to-21st-century-security-Rick-Rozoff-3284/
John Robles - Voice of Russia
Recorded on December 7, 2013
Audio: http://voiceofrussia.com/2013_12_11/NATO-engaged-in-wars-aggression-against-small-countries-Rick-Rozoff-0170/
Stop NATO website and articles: http://rickrozoff.wordpress.com
North Atlantic Treaty Organization - Allied Command Operations
December 4, 2013
Serbian Chief of the Defence General Staff visits JFC Naples
Naples, Italy: The Chief of the Serbian Armed Forces General Staff, General Ljubiša Diković, paid an official visit to the Allied Joint Force Command Naples headquarters in Lago Patria on Tuesday 3 December till Wednesday 4 December 2013.
The Commander of Allied Joint Force Command Naples, Admiral Bruce W. Clingan, met with Gen. Dikovic to highlight the cooperation between the Serbian Armed Forces and JFC Naples, as well as showcase the proficiency of the headquarters. The two officials discussed ways that NATO could further assist the Serbian Armed Forces in defense reform and implementation of the joint partnership goals.
He also received a detailed orientation of the organization, tasks and missions of JFC Naples and a tour the new Lago Patria base. Furthermore, he obtained a firsthand impression of the members’ duties in a NATO multinational operations headquarters. Gen. Diković also met with the JFC Naples Assistant Chief of Staff for Civil Military Cooperation and military partnership, Brig. Gen. Richter, to discuss ways that JFC Naples could further assist the Serbian Armed Forces. He also visited the Senior Serbian National Representative, who has been serving in JFC Naples since August 2013.
The visit of General Dikovic was in the framework of the efforts by the operational level command JFC Naples to foster mutual understanding and cooperation with NATO partner nations.
January 3, 2014
Montenegrin FM: NATO has no alternative
“NATO today has no alternative. It is the guarantor of every kind of safety to a country and it is important that the citizens of Montenegro understand in the right way that this is the best way for our children and for future development,” Lukšić said.
Montenegro is currently in the Membership Action Plan (MAP), while full membership in NATO is considered to be the next step.
“Given our desire and ambition to be given an invitation for membership in 2014, we will continue with further fulfillment of obligations, and we actively contribute to global stability as a dedicated and reliable partner of the alliance,” he continued.
Lukšić also told the CDM website that the Montenegrin government will in the coming period “intensify the dialogue with citizens on the subject of integration in NATO and offer sufficient arguments so that they understand the benefits of membership in the alliance.”
Lukšić said that Montenegro, with the opening of negotiating chapters 23 and 24, “showed that it was a serious partner of the European Union,” but that it was also “capable of meeting the demanding obligations on the road of European integration.”
He pointed out that the policy of good neighborly relations also continues to be one of the priorities of Montenegro.
Commenting on relations within the Montenegrin ruling coalition, he said that there had been “better moments,” but that it was “quite normal that after a long joint performance of authority there should be friction and different views on certain issues.”
Hungarian News Agency - January 3, 2014
Hungarian Gripens In Charge Of Nato Air Control Over Slovenia
From now on, Hungary’s Gripen fighters are in control of air space not only in Hungary but also in Slovenia, daily Magyar Nemzet said. Controlling air space is a shared task for NATO allies, and Slovenia has no fighters of its own.
Starting from this year, Hungary is taking over the task from Italy. If any violation of Slovenian air space is reported, Hungary’s Gripens will fly over to clarify the situation, it said. Defence Minister Csaba Hende said in July 2013 that the Hungarian army’s Gripens will join air control operations in Slovenia from 2014, and similar operations in Estonia, Latvia and Lithuania from 2015.
If all goes according to plan, Hungary will have to relocate four Gripens and their crew to Lithuania from 2015 on without compromising its capabilities to defend its own air space.
Recensione sullo spettacolo “Magazzino 18”, rappresentazione del 22/12/2013 al teatro Sala Umberto di Roma
Lo spettacolo non è piaciuto, sotto vari punti di vista: artistico, storico-culturale e morale.
Ha confermato purtroppo in modo ancor più deludente le aspettative, senza dubbio influenzate dalla serie di impressioni ed opinioni maturate nel corso dei mesi scorsi, durante la promozione dello stesso. Promozione durante la quale si sono succedute corrispondenze e brevi confronti con Simone Cristicchi (coautore) ed altri suoi collaboratori, non sempre purtroppo adeguatamente argomentati.
Nonostante ciò, ci si è sforzati di assistere alla rappresentazione in modo “imparziale”, immersi nel coinvolgimento della sala e del momento.
Lo spettacolo è risultato noioso, pesante e capzioso. In una scenografia statica che forse non rende il movimento proprio della drammaticità di una migrazione, qual vorrebbe raccontare. Apre e chiude la scena “lo spirito delle masserizie”, che piace evidentemente tanto agli autori, forse per il tocco di esoterismo e di indubbia matrice borghese, di cui viene accentuata una legittima nostalgia dei beni materiali a cui si da un’anima, che da un lato personalizza con un certo individualismo le perdite, però poi nello spettacolo la tragedia e la sfortuna di chiunque diventa la più grande tragedia di tutti. Una diffusa, abile e pericolosa arte della generalizzazione, che tradisce però il bisogno di obiettività storica, di cui lo spettacolo stesso intende farsi portavoce, come si evince in vari momenti della sua rappresentazione.
I testi dei dialoghi appaiono miseri, tendenti al patetico, inseriti in un monologo in cui il cantautore/attore si destreggia non male, con buona interpretazione, dei vari ruoli, ma dimostra più di un’ incertezza, specie laddove sembra siano state apportate modifiche, rispetto alle repliche in Istria e a Trieste. Con il tono sarcastico ed il tentativo di sdrammatizzare alcune vicende, il distratto archivista Persichetti dall’accento romano (e non romanesco) non alleggerisce nulla, ma ha l’effetto di rendere forse banali e riduttivi i delicati temi trattati. Non compaiono altri attori sulla scena. Stavolta non sono fisicamente sul palco i bambini che cantano “la buca” (testo violento, evocante le uccisioni nelle foibe, con il colpo in testa) e che accompagnano in coro, con un bastone in mano, “noi siam la classe operaia”, nel racconto della vicenda dei lavoratori Monfalconesi. L’immagine sfocata dei minori che cantano è proiettata su un grande schermo calato sullo sfondo. Sul palco fa ingresso soltanto una bambina, nella rievocazione della tragedia sulla spiaggia di Vergarolla, a seguito dello scoppio delle mine insabbiate in tempo di guerra (ma insabbiate da chi? non viene detto). La bambina è tenuta in braccio dal protagonista dopo la morte scenica, a mo’ di pietà religiosa. Il racconto di questa strage di civili nello spettacolo è in fila alle rappresaglie antifasciste per mano jugoslava, si richiama la sua natura di attentato, che si allude di origine partigiana. Nella realtà, non si conoscono i mandanti.
La Jugoslavia di Tito e dei “partigiani con la stella rossa” (così il protagonista li richiama spesso) ne escono demonizzati, non c’è alcun dubbio. Il peggior comunismo della storia appare quello di Tito. E’ dichiarato piuttosto esplicitamente quando si accenna all’uscita della Jugoslavia dal COMINFORM. Vicenda storico-politica complessa su cui lo spettacolo ironizza, semplifica e non argomenta abbastanza.
Tale lettura è dimostrata dal fatto che il protagonista riporta una “testimonianza storica” quale la presunta confessione di un collaboratore di Tito, Milovan Gilas, identificato come il suo braccio destro, che lo accusa di aver dichiaratamente fatto propaganda anti-italiana, ordinando la cacciata dalle terre d’Istria, per il progetto di invasione della grande Jugoslavia. Di qui, le accuse di pulizia etnica addossate ai partigiani di Tito, come gli unici colpevoli degli orrori delle foibe e delle stragi della rappresaglia antifascista, secondo un piano di strategia del terrore, ampiamente richiamato nello spettacolo. Ma quali sono le fonti?
E’ anche per questo, che l’obiettivo dello spettacolo, mascherato da una veste che pretende di essere equilibrata per il solo fatto di introdurre in non più di dieci minuti l’antefatto fascista, citando i campi di concentramento in Italia come Rab e richiamando con buonismo le vittime (come la bambina slovena) di tutte le guerre, risulta invece di evidente sapore nazionalista, antipartigiano e anticomunista. Non può pertanto vantare oggettività storica e imparzialità politica, poiché alcune delle parti in causa, ne escono offese e snaturate e questo può ricevere consensi, ma non è intellettualmente onesto
In questa rappresentazione a Roma, differendo da precedenti, all’antifascismo è fatta qualche concessione in più. Non è stato riproposto il commento di sdegno e di biasimo dato alla voce degli esuli, rivolto all’ex Presidente Sandro Pertini, in occasione del riconoscimento degli onori ai partigiani jugoslavi ed al Presidente e generale Tito. Sono state invece introdotte delle parti di testo, anche a seguito di corrispondenza polemica con membri dell’ANPI e dell’associazione CNJ onlus. Viene citata l’ invettiva di Mussolini: “Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che da lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell'Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche [” parafrasando e rendendo il concetto di evidente razzismo con l’espressione: “per ogni dente italiano una testa slava” e poi ironizzando sul mito “Italiani Brava gente”, a cui si allude con un connotazione fortunatamente condivisibile. Verso la fine si parla dei “rimasti” in Istria, considerati le vittime per eccellenza sia degli italiani fascisti che degli slavi comunisti titini. Ma, il biasimo più grande viene reso a Tito, estrapolando e interpretando un suo discorso sull’accoglienza e sul rifiuto del riconoscimento della condizione di esuli ai “dirigenti fascisti”, additandolo di paradossale intolleranza, nutrita (e non è vero) verso tutti gli esuli. I “rimasti” in Istria, appaiano i disadattati nel regime comunista jugoslavo o gli accusati di fascismo; è proprio così?
E quindi accade che, anche la citazione sopra riportata di Mussolini riguardante gli Slavi, nel corso dello spettacolo sembra far gioco alla legittimazione del giudizio di barbarie e crudeltà delle truppe partigiane titine, che risultano incriminate di tutte le tragedie personali rappresentate, come la storia di Norma stuprata e buttata nelle foibe, la storia del postino, che risale la buca, la storia dell’attentato di Vergarolla, la storia della bambina che muore di freddo nel campo profughi di Patriciano, la storia dei Monfalconesi portati nel campo di prigionia di Goli Otok, le rappresaglie violente antifasciste, la storia dell’esodo della famiglia di Ferdinando Biasol e delle sue “cose” nel Magazzino 18, al Porto Vecchio di Trieste.
Uno degli azzardi più impropri è il paragone tra gli emigranti italiani del dopo guerra e gli esodati istriani, dove viene evidenziata la diversa condizione dei primi motivati secondo gli autori, solo dal sogno “dell’andar a cercare fortuna” e dei secondi, cacciati dalla loro terra dalle politiche di conquista della “Grande Jugoslavia”. Questa approssimazione non rende verità storica e umana ne’ agli uni ne’ agli altri; è infatti nota la disperazione, la povertà di base degli emigranti italiani del dopo guerra, e la realtà delle politiche di economia industriale del Piano Marshall. Così come è noto e documentato che le ondate degli esodi degli Istriani hanno avuto carattere diverso, e contava fascisti militanti, borghesi regnicoli e Italiani meno abbienti, spinti dalla miseria. Lo stesso protagonista dello spettacolo restituisce invece immagini di molti degli esuli che perdono le loro belle case con panorama sulle sponde dell’Adriatico dell’Istria, per migrare in Italia. Forse, i paragoni non sono così semplici… Le condizioni di partenza e le ragioni non sono sempre uguali e tanto meno i risvolti.
L’Istria viene commemorata come terra Italiana da sempre. E quindi trova consensi emotivi tra i molti disinformati (loro malgrado) che ascoltano e rivivono legittimamente vicende proprie o riportate. I vissuti sono preziosi, ma la storia non dovrebbe mentire e dovrebbe interpretarli con un certo distacco per rispettarli.
Lo spettacolo mostra quindi, purtroppo, ignoranza storica e politica, con vari momenti propagandistici.
Come la vicenda dei 2000 Monfalconesi che il protagonista definisce “in controesodo” ridicolizzati sulla scena, col fazzoletto rosso sventolato ironicamente ed il bastone…, perchè partono per la Jugoslavia mossi dall’ideale del socialismo comunista e poi invece vengono spediti a Goli Otok, per l’espulsione del “Tito eretico” dal Cominform: così viene definito dal protagonista interpretato da Cristicchi, in tono ambiguo tra il sarcastico e l’accusatorio.
E che ruolo viene dato ai numeri e alle fonti della storia? nello spettacolo si parla dell’importanza dei dati, ma si citano solo questi numeri: 350.000 esuli, 10 campi profughi, 28 morti a Vergarolla, 2000 Monfalconesi in controesodo, spediti a Goli Otok. Sui dati degli infoibati si ironizza, si sposta il piano del giudizio, evidenziando che gli storici giocano sui numeri, da cinquecento a svariate migliaia, ma che ciò non ha importanza, di fronte alle tragedie umane. Ma non è l’archivista Persichetti al telefono con l’Ufficio esuli del Ministero degli Interni ad affermare che i dati sono importanti? Si fa un uso molto scenico, di questi dati (ammesso che siano esatti), quando servono li diciamo, quando no, meglio tacere. Artisticamente è legittimo, storicamente no.
Perciò il rischio di mistificazione è facile e lo spettacolo non si esime, nella sua promiscuità di piani su cui viene affrontata una vicenda complessa e dibattuta. E così l’esodo degli Istriani è definito in esso come un fenomeno di proporzioni “bibliche”, varie volte, come “uno dei più grandi mai accaduti” e la violenza delle foibe un’atrocità di dimensioni improprie, perché non dimostrate.
L’ultima scena dello spettacolo: una decina di sedie in fila alla ribalta, dove vengono fatti sedere gli spiriti di alcuni personaggi famosi che appaiono anch’essi vittime dell’esodo, come il cantautore Sergio Endrigo, l’attrice Laura Antonelli, Alida Valli, perché ovviamente, qualche nome noto fa comodo spolverarlo per rafforzare il messaggio ed i consensi. Tali personaggi siedono accanto agli spiriti dei protagonisti delle storie più tragiche raccontate, vissuti per i quali non si ha la percezione di ciò che è “autentico” e di ciò che è romanzato.
Per concludere, lo spettacolo sembra sortire il suo scopo, che appare quello di un’operazione politica ben commercializzata, un’opera su commissione. Ma di chi e perché? Una propaganda demagogica poco intelligente ed alquanto populista, che fa leva sull’ignoranza ma soprattutto spera forse nella pigrizia di un pubblico variegato, anche di intellettuali di parte, che probabilmente non si andrà mai a verificare criticamente la storia rappresentata e qui giudicata, ma comodamente tornerà a casa e soprattutto nelle scuole, a dire ai propri figli che finalmente qualcuno racconta delle verità storiche nascoste dai comunisti per 70 anni. E non funziona così, proprio no.
Centinaia di sedie una sopra l’altra, vecchi mobili, camere da letto, oggetti lasciati dagli esuli italiani nel Porto Vecchio di Trieste. Tutti accatastati nel Magazzino 18, anche titolo dello spettacolo di Simone Cristicchi per la regia di Antonio Calenda, che ha debuttato lo scorso ottobre al Politeama di Trieste e sta girando i teatri della penisola. Al centro l’esodo degli italiani dalle terre d’Istria, Fiume e Dalmazia e il dramma delle foibe, uno spaccato di storia complicato e mai risolto che Cristicchi — memore di sue esperienze passate sul palcoscenico (come Li romani di Russia), riprende in un monologo a metà fra il recitato e la canzone.
Nella messinscena Cristicchi è un archivista romano, inviato al Magazzino 18 dal ministero dell’interno per fare un grande inventario. Andatura dinoccolata, soprabito e valigetta, un guascone che si rifà alla mitologia dell’uomo medio incarnato da Sordi in tanti film: arruffone, egoista, ma che nella finzione passa da un disinteresse totale a una più decisa consapevolezza. Un racconto intervallato da una sorta di compendio veloce dei fatti storici che sconvolsero quelle terre dai primi del Novecento al ’47, cercando di contestualizzarne le vicende. E qui Cristicchi inciampa rovinosamente, mettendo in scena uno spettacolo che si basa quasi esclusivamente sul testo di Ian Bernas Ci chiamavano fascisti. Eravamo Italiani, e propone un’interpretazione di quegli accadimenti parziale, se non univoca.
Così la storia tutto ingoia e omologa, senza permettere allo spettatore di valutare le ragioni e i comportamenti che sono stati alla base di quegli eventi; avvicinando anzi pericolosamente le due ideologie contrapposte, comunismo e fascismo, per omologarle. E generando confusione nel pubblico: perché non si possono dedicare tre minuti tre di «riassunto» alle terribili sofferenze portate dal fascismo in Slovenia; lo sterminio di oltre 350 mila sloveni, croati, serbi montenegrini, slavi nelle regioni occupate e/o annesse dal 3 aprile 1941 al settembre del 43, le 35 mila vittime uccise da fame e malattie in oltre 60 campi di internamento per civili sparsi dal nord al sud Italia, che sono fondamentale per comprendere la successione degli avvenimenti.
«Non mi interessa la politica — racconta in un’intervista al Piccolo il cantautore — Mi interessano le storie, e mi interessa continuare a sviluppare, sia a teatro che con le mie canzoni un’operazione didattica della memoria». Ma per ricostruire una successione di eventi così complessa — e dichiaratamente con «fini didattici» — serve un lavoro diverso. Non basta limitarsi a costruire canzoni o, peggio, riutilizzare uno struggente pezzo di Sergio Endrigo come 1947, facendolo passare per un’irredentista. Altrimenti — e ci dispiace perché in passato Cristicchi ha dato prova di sensibilità nel parlare di disagio mentale — si presta solo il fianco al revisionismo storico che avvelena il tessuto sociale di questo paese da troppo tempo.
Cari tutti, questa in allegato è una lettera che speriamo possa ricevere la vostra attenzione e conseguente adesione.
Riguarda la vicenda del cantautore Simone Cristicchi e dello spettacolo “Magazzino 18” di cui è co-autore.
L’iniziativa specifica è partita in seno a CNJ onlus, ma raccoglie adesione di singoli.
L’obiettivo è politico e culturale. E’ importante, per la storia partigiana dell’Italia, della Jugoslavia e dell’Europa tutta.
Lo spettacolo di questo cantautore e del suo co-autore, lo storico Jan Bernas, sta già ricevendo tra il pubblico le scuole dell’Istria e sta proseguendo il suo giro per la penisola.
Le rappresentazioni di "Magazzino 18" in Istria sono state realizzate con il contributo del ministero degli Affari Esteri italiano e probabilmente anche della FederEsuli.
Non vorremmo trovarci questo “spettacolo dei sentimenti” o delle “emozioni” (definizione dell’autore) come bibliografia o come capitolo dei libri di storia dei nostri figli di oggi e di domani, dove fascisti e antifascisti si minestrano troppo superficialmente, favorendo distorsioni storiche e politiche gravi. Le distorsioni alimentano non verità e conflittualità.
Sulla pagina facebook di “Magazzino 18”, Cristicchi stesso si esprime e fa conversazione sul tema. Molti soci CNJ, ma anche altri, hanno postato commenti e tentato di aprire un confronto storico-scientifico, con il risultato di vedere i propri post cancellati. Il suo biasimo verso Pertini, che ha riconosciuto sempre i meriti della resistenza partigiana jugoslava, è una delle “perle” espresse dal cantautore, che riserva repliche talvolta d’effetto, ma che dimostrano poca capacità e/o volontà di argomentazione.
Riepiloghiamo di seguito una breve ma non esaustiva rassegna sulla questione, in parte già circolata, all’origine della lettera.
Questo è uno dei primi scambi ad agosto 2013, tra Cristicchi ed il CNJ, ma sulla questione si sono mossi anche altri. Cristicchi ha intimato al CNJ la rimozione della pagina, attraverso il suo avvocato:
https://www.cnj.it/documentazione/IRREDENTE/cristicchi.htm
L’Unione degli Istriani ha approvato il copione modificato andato in scena il 21/10/2013 nelle prove generali, pare con una sorta di ricatto:
http://www.unioneistriani.it/news/comunicati-stampa/200-m18
Di seguito il colloquio con Simone Cristicchi - in occasione del lancio del suo spettacolo "Magazzino 18", con Claudia Cernigoi e Carlo Oliva, RadioTre - trasmissione Fahrenheit di venerdì 1/11/2013
Il file audio (28'): http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/11/Fahrenheit-CRISTICCHI.mp3
Sul debutto a Trieste nel corrente mese di dicembre 2013:
Questo è un comunicato del partito socialista dei lavoratori croato nel merito, pubblicato da varie testate on line e girato in lista cnj:
Dal 17 al 22 dicembre lo spettacolo è stato rappresentato a Roma. Di seguito l’intervista pubblica a Cristicchi di una giornalista de Il Piccolo di Trieste, dura 4 minuti circa:
http://www.youtube.com/watch?v=cBLamBKxIyk
L’intervento ci sembra confermare le critiche mosse fino ad ora allo spettacolo: Cristicchi dichiara che è stato realizzato per far conoscere un pezzo di storia, ma allo stesso tempo, sostiene che non pretende di raccontare la storia ma di essere ascoltato attraverso la rappresentazione di alcuni drammi personali dell’epoca. Afferma inoltre una non verità, nel richiamare fonti storiografiche variegate di destra e di sinistra, a cui avrebbe fatto riferimento, ed invece la fonte principale citata è solo Jan Bernas. La confusione dei piani di lettura si rivela uno strumento di propaganda perfetto, che gioca sull’apparente ingenuità dell’ “artista” sfuggente ed ignaro, un po’ per davvero, un po’ per finta.
Ultima notizia, è uscito il libro + CD (si veda il link sotto, nel sito curato dal partito umanista di TS) http://www.freaksonline.it/freaks/magazzino-18-libro-e-cd.html
Contiamo che questa lettera, nella sua veste di appello, possa aprire un dibattito o chiarisca la posizione di certi soggetti anche istituzionali.
Per comunicare le vostre adesioni e tutte quelle che raccoglierete per la lettera in allegato, Vi preghiamo pertanto di rispondere a questo indirizzo sam.letteranpi@... indicando:
NOME, COGNOME, CITTA’, EVENTUALE ISCRIZIONE ANPI (SI/NO e sezione), ALTRO (facoltativo: es. professione, qualifica, stato occupazionale etc…)
Grazie a tutti per la collaborazione e un grande saluto
Samantha
in qualità di iscritti all’ANPI e quali antifascisti, figli e nipoti di antifascisti, democratici rispettosi della memoria storica della Resistenza, manifestiamo la nostra preoccupazione ed il nostro stupore nell'apprendere che il Sig. Simone Cristicchi (secondo quanto lui stesso sostiene) è membro onorario dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Il rifiuto di un confronto scientifico, manifestato da Cristicchi in diverse occasioni e nei diversi spazi di dialogo con il pubblico, molti dei quali gestiti dallo stesso in piena discrezionalità (facilmente reperibili e noti) e il suo apprezzamento verso personaggi quali Maria Pasquinelli* contrapposto ad una continua opera di criminalizzazione della lotta di liberazione del popolo jugoslavo dall'oppressore nazifascista in particolare, costituiscono un'offesa all'Associazione stessa, lo Statuto della quale, nel suo oggetto sociale (art. 2) e soprattutto nel profondo rispetto ed in virtù dell’art. 22 e dell’art. 23, recita:
a) coloro che hanno avuto il riconoscimento della qualifica di partigiano o patriota o di benemerito dalle competenti commissioni;
b) coloro che nelle formazioni delle Forze Armate hanno combattuto contro i tedeschi dopo l’armistizio;
c) coloro che, durante la Guerra di Liberazione siano stati incarcerati o deportati per attività politiche o per motivi razziali o perché militari internati e che non abbiano aderito alla Repubblica Sociale Italiana o a formazioni armate tedesche.
Possono altresì essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora ne facciano domanda scritta, coloro che, condividendo il patrimonio ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire, IN QUALITÀ DI ANTIFASCISTI, sensi dell’art. 2, lettera b), del presente Statuto, CON IL PROPRIO IMPEGNO CONCRETO ALLA REALIZZAZIONE E ALLA CONTINUITÀ NEL TEMPO DEGLI SCOPI ASSOCIATIVI, CON IL FINE DI CONSERVARE, TUTELARE E DIFFONDERE LA CONOSCENZA DELLE VICENDE E DEI VALORI CHE LA RESISTENZA, CON LA LOTTA E CON L’IMPEGNO CIVILE E DEMOCRATICO, HA CONSEGNATO ALLE NUOVE GENERAZIONI, COME ELEMENTO FONDANTE DELLA REPUBBLICA, DELLA COSTITUZIONE E DELLA UNIONE EUROPEA E COME PATRIMONIO ESSENZIALE DELLA MEMORIA DEL PAESE.”
Per questo, auspichiamo che sia ritirata la tessera di socio ANPI al Sig. Simone Cristicchi, il cui operato e la cui espressione politica non sono riconoscibili in alcun modo nell’essenza dei valori e della cultura della Resistenza partigiana, di ieri e di oggi.
Per aderire: sam.letteranpi@...
Ibai Trebiño: “El marxismo en un acto de antiimperialismo debe apoyar la soberanía nacional”
Ibai Trebiño es una de las personas que mejor conoce los conflictos que se dieron en la ex Yugoslavia, que como recordaremos, explosionó en los 90, dando lugar a varias guerras cuyas imágenes aun nos estremecen al recordarlas.
Yugoslavia fue un estado socialista la cual el socialismo no llegó exportado sino que los y las comunistas tomaron el poder tras una valerosa y heroica guerra de liberación, liderada por Tito y que logró expulsar de su territorio a los nazis y construir una experiencia socialista propia. Pero mejor que sea Ibai quien nos hable de estas cuestiones y de las guerras de los 90.
B- Ibai, no cabe duda que la experiencia socialista yugoslava, fue original y propia, es decir el socialismo no era calco de otros…algunos marxistas eso lo critican, porque afirman que el alejamiento de la entonces URSS favoreció objetivamente al imperialismo ¿Qué lecturas nos haces de estas opiniones?
I- Bueno esta es una cuestión absolutamente complicada. Tito rompe con la Unión Soviética en 1948 y desde entonces se le considera un traidor desde algunos paises del pacto de Varsovia involucrándole incluso en el plan Marshall. No voy a entrar a valorar dicha ruptura, pero si diré que cualquier división entre socialistas favorece al imperialismo y se puede o se debe interpretar así.
Desde mi posición de gran simpatía hacia la URSS y como yugoslavista convencido siento profundamente que se produjese esta ruptura, no sólo porque debilitó al socialismo sino porque además tambien afectó, por ejemplo, a la relación entre Albania y Yugoslavia o Bulgaria y Yugoslavia, lo que impidió que estas repúblicas fueran integradas en el proyecto yugoslavo -aunque los albaneses no sean eslavos, si en cambio los búlgaros- y creó una cierta tensión en la zona que hoy día afecta directamente a cuestiones como la kosovar.
A pesar de no ser un marxista-leninista de la vieja escuela como lo fue Enver Hoxha (quien también liberó Albania del yugo fascista italiano mediante la lucha guerrillera) Tito fue impulsor del movimiento de paises no-alineados y tejió grandes relaciones de amistad con otros pueblos como la Jamahiriya Libia, la Egipto de Nasser o la Siria de Hafez Al Assad, haciendo objetivamente una gran aportación al antiimperialismo mundial.
B- En Yugoslavia convivían 6 repúblicas y multitud de comunidades y religiones..¿Piensas que el socialismo yugoslavo solucionó la cuestión nacional en unos parámetros razonables?
I-Si, absolutamente. De hecho creo que fue uno de los mayores logros del socialismo yugoslavo y con el cual más identificado se siente, aunque pueda parecer extraño, un abertzale como yo.
Tenemos que pensar que los balcanes han sido lugar de paso para muchas civilizaciones, una zona en continuo conflicto que ha sufrido invasiones imperiales durante siglos. De ello se deriva una composición étnica muy particular y especial, y donde una república federal yugoslava daba solución, en parte, a esa complicada cuestión nacional. De hecho, fue en 1918 cuando los eslavos del sur consiguen el primer estado independiente y soberano de la historia tras expulsar definitivamente a los imperios otomanos y austrohúngaros que durante siglos había masacrado y saqueado a los pueblos eslavos del sur de Europa. Es en 1943, bajo el socialismo y tras expulsar a los nazis, cuando la soberanía e independencia nacional de los eslavos católicos, musulmanes y ortodoxos adquiere su mayor explendor, abordando además, la problemática de otras nacionalidades no-eslavas en el territorio (italianos, albaneses, húngaros, etc) y dando un estatuto de absoluta igualdad a todas las etnias y religiones independientemente de la república yugoslavas de origen.
Además por primera vez en la historia del territorio el adquiere una independencia politico-económica total.
B-Esta claro que el imperialismo durante los años de Tito y después instigó odios entre las republicas ¿No piensas que el gobierno de Yugoslavia estuvo poco atento a estos hechos?
I-En primer lugar debemos entender que luna manera eficaz de someter a un pais de semejantes características fue mediante el divisionismo y la sectarización (claro ejemplo de ello es la Siria de hoy en día) y el endeudamiento forzoso con el FMI. Todos estos elementos crean un cócktel de inestabilidad “made in USA”. Los imperialismos norteamericano y alemán armaron e instigaron una de las guerras más criminales del siglo pasado. Tambien debemos tener en cuenta la traición de algunos dirigentes políticos del Partido Comunista Yugoslavo como Franjo Tudjman y las diferentes disidencias internas que desde dentro del partido contribuyeron al colapso de Yugoslavia. Lo que me resulta indudable es que sin injerencia extranjera hubiera sido imposible dividir el pais.
B-Cuando Croacia y Eslovenia se separan ¿Piensas que existía una reclamación de independencia real en las masas o fue instigado por el imperialismo para destruir Yugoslavia?
I-Te respondo con otra pregunta, ¿Existia una demanda real de la población para el desmantelamiento de la URSS o fue una traición dirigida por los burócratas del PCUS? ¿Hubo algún referéndum donde se diera a elegir entre socialismo y capitalismo a los paises del este de europa?
La muerte de Josip Broz “Tito” (Croata de nacimiento) crea un clima de desconfianza entre las diferentes etnias y naciones que formaban Yugoslavia, que más tarde es aprovechado por los intereses extranjeros para crear el caldo de cultivo perfecto para poder desmembrar el pais.
Es innegable que en todos los paises del mundo existe disidencia política, pero no creo que existieran condiciones objetivas (misería, pobreza, etc) ni una demanda popular real para que se desarrollase un proceso sececionista. No fueron los croatas y los eslovenos quienes eligieron ser dependientes a Alemania, sino las élites económicas. Hoy dia la hegemonía política (y las imposiciones de ella derivadas) sigue estando en manos del nacionalismo “democrático” neo-ustacha, a pesar de que la gran mayoría de la población es contraria a la adhesión a la UE y añora abiertamente Yugoslavia (según las encuestas).
B-Desde los más-media siempre se ha tenido a Serbia como la gran culpable de las guerras balcánicas, pero quizás nos puedas rebatir esa tesis….
I-Serbia (junto a Montenegro) se llevó la peor parte por negarse a firmar el acuerdo de disolución de Yugoslavia. Es a raíz de su negativa a disolver la República lo que genera la demonización, sobretodo mediática, de los serbios. Para hacernos una idea, las grandes limpiezas étnicas en los balcanes son atribuidas a los serbios (Srebrenica en Bosnia o Racak en Kosovo) pasando por alto y legitimando incluso los crimenes de guerra croatas, albaneses o bosniacos instigados por occidente. Solo hace falta ver cuantos Serbios han sido juzgados y condenados en el Tribunal de La Haya y cuantos croatas o Albaneses.
No voy a negar que las tropas serbias (en referencia de las milicias serbias no al JNA -Ejercito Nacional Yugoslavo-) cometieran excesos, pero tambien otras etnias cometieron excesos y limpiezas étnicas que no solo no han sido juzgadas sino que además han sido aplaudidas por los políticos occidentales y silenciadas y/o manipuladas por los medios de comunicación occidentales (ej: operación tormenta, limpieza étnica contra los serbios del enclave croata de Krajina). Años despues hemos sabido que el bombardeo del mercado de Sarajevo (que motivó la participación de la ONU en el conflicto bosnio) no fue obra de los serbios, la masacre de Racak (pretexto utilizado por la OTAN para invadir Kosovo) fue farseada como lo es hoy día la supuesta masacre de Ghouta en Siria. Por suerte actualmente contamos con medios suficientes, redes sociales y otros sitios donde la información se maneja al instante.
Otro de los factores claves para comprobar el “odio antiserbio” es el lenguaje mediático hegemonista que utilizan los mass-media y cuyo único objetivo es difundir la idea y señalar a Serbia como único culpable y responsable de la guerra (lo que en Euskal Herria conocemos como vencedores y vencidos).
B-El colofón fue la guerra de Kosovo y los bombardeos contra Belgrado, vayamos por parte ¿Qué piensas acerca de Kosovo, sobre si es parte de Serbia o por el contrario parte de Albania y como valoras la imposición imperialista de crear ese estado títere y pro-yanquee?
I- El año pasado tuve la suerte de visitar Kosovo y conocer un poco in-situ la situación. En primer lugar debo decir que el principal banco del Kosovo “independiente” es un banco austriaco y eso llama bastante la atención. Una de las primeras cosas que hizo occidente al invadir Kosovo fue robar y saquear la industria nacional para luego privatizarla. Esto para daros una idea de cual ha sido la principal motivación para la fuerzas occidentales para seguir manteniendo bajo ocupación este maravilloso territorio. A los nortemericanos de la base de Camp-bondsteel les importa bien poco los propios albaneses de Kosovo. En Kosovo no existe un proceso de autodeterminación ni de independencia, sino por lo contrario un proceso de saqueo colonial y sometimiento.
Respondiendo a la cuestión de si Kosovo es Serbia o Albania, en primer lugar debo decir que Kosovo no es una nación y quisiera desmontar esta absurda teoría y matizar que tanto Albania como Serbia son naciones con estado propio. No vale por tanto la teoria basado en “los derechos de la nación kosovar” de la que tanto han alardeado los humanistas OTANistas, simplemente porque la nación kosovar no existe.
Otra cosa a matizar es que Serbia no ha sido una fuerza invasora en Kosovo, es decir, el esquema ocupado-ocupante que manejamos con otras cuestiones nacionales (la vasca o la irlandesa por ejemplo) no es válido para este caso porque Kosovo es un territorio multiétnico actualmente ocupado por la OTAN, e historicamente sometido a la invasión de los sucesivos imperios y cuya única independencia ha sido bajo la Yugoslavia de Tito. Podriamos, si acaso, calificar a Kosovo como un territorio en disputa entre Serbia y Albania (cada uno exgrime sus razones históricas), porque así lo fue durante la época yugoslava, pero tampoco sería muy exacto ya que excluiriamos al resto de etnias que historicamente han habitado Kosovo (gitanos, turcos, goranis, judios, etc) y que son igualmente legítimos pobladores de Kosovo.
Todas la etnias no-albanesas han sido desposeidas de sus derechos nacionales y civiles en el actual Kosovo, donde han pasado de ser ciudadanos de pleno derecho a ser ciudadanos de segunda en su propio pais. Para entender porque la mayoria de la población era etnicamente albanesa a finales del siglo XX, debemos atender a algunas circustancias demográficas y sociales como la emigración de la población serbia, o una elevada tasa de natalidad entre la comunidad Albanesa. Estos factores beneficiaron a los albaneses (Esto sin contar los planes expansionistas del nacionalismo albanés) rompiendo el equilibrio étnico existente y convirtiéndoles en mayoria con más de la mitad de la población. . Todo esto sucedió antes de la guerra de 1999.
Hoy en día los albaneses representan el 96% de la población kosovar, lo que demuestra que las fuerzas paramilitares nacionalistas albanesas han cometido una grave limpieza etnica en el territorio. Los serbios ahora sólo representan un 3% de la población y viven marginados por las instituciones de Pristina. Tambien los Goranis (eslavos musulmanes que habitan en las montañas) han denunciado un proceso de asimilación contra ellos, la imposición de la lengua albanesa contra su voluntad y la persecución a la que son sometidos por razones étnicas o culturales. No sólo ellos, tambien los propios albaneses (por motivos políticos o religiosos) han sido victimas del expansionismo y la imposición albanesa (a través de los fanáticos fascistas pro-occidentales del UCK). En Kosovo casi todas la expresiones culturas o religiosas no-albanesas han sido eliminadas.
Si abordamos la cuestión desde un punto de vista cultural, Kosovo representa para los serbios la cuna de su nación y su cultura. Podiamos definirla para lector vasco como la “nafarroa de los serbios”. Kosovo-Polje (cerca de Pristina) es para los serbios su particular orreaga o stalingrado, donde en 1389, tras una dura batalla contra el imperio otomano (que a la postre supuso el principio de la dominación otomana en los balcanes) los serbios, con menos efectivos y armas, y con el principe Lazar a la cabeza, cayeron derrotados tras una heroica resistencia. Esta legendaria batalla, junto a otras razones históricas y religiosas, hace que Kosovo sea para los serbios la cuna de su identidad nacional. Dicho esto, la invasión por parte de la OTAN de Kosovo representa para los serbios una humillación histórica sin precedentes.
En mi humilde opinión y asumiendo que Kosovo es un territorio multiétnico, la cuestión se tiene que abordar desde un punto de vista político, es decir, es necesario (tal y como exigimos para Euskal Herria) reconocer el derecho de Serbia a existir como nación -multiétnica-, su derecho a la soberanía e independencia nacional y que su territorialidad sea respetada. La invasión de Kosovo supuso una flagrante violación de la ley internacional. Ahí esta la clave del conflicto y es el principal motivo por el que creo que Kosovo pertenece al pueblo serbio y no a la OTAN.
B- ¿Qué lectura haces de la persona de Milosevic que todo apunta a que fue asesinado en prisión por el imperialismo? Obviamente no era comunista, dicho por el mismo….
I-No se trata de que Milosevic sea comunista o no para denunciar que haya sido asesinado por un tribunal criminal. Milosevic no era comunista, pero tampoco un nacionalista radical como vendió la prensa. La familia Milosevic era una familia comunista de origen humilde y “Slobo” fue puesto en el punto de mira del imperialismo por su negativa a disolver la Yugoslavia socialista.
Ahí la explicación a semejante campaña anti Milosevic: dicen que su discurso en Kosovo Polje fue el detonador étnico en kosovo, pero si se analiza bien ese discurso uno se da cuenta que en ningún momento hace alusiones de índole nacionalista, asi que partiendo de esta base creo que Milosevic es un “mártir” más del imperialismo. Milosevic seguramente tuviera fallos como todo ser viviente, pero tuvo que lidiar con decisiones difíciles, en primer lugar porque decidió suspender la autonomía de la república serbia de Kosovo que otorgaba plenos derechos a los albaneses de Kosovo, pero debemos entender en que situación se encontraba Yugoslavia para entender este tipo de decisiones.
Serbia y Montenegro fueron victimas de bombardeos criminales por parte de la OTAN, su economia resultó dañada por un embargo criminal, el presidente montenegrino Djukanovic le abandonó a su suerte en plenos bombardeos de la OTAN, la comunidad internacional le obligó a firmar tratados de paz (donde la república que presidía salía perdiendo) y que ni tan siquiera se han cumplido (perjudicando a los serbios) y por si esto fuera poco, la CIA a través del movimiento fascista OTPOR montó una “revolución” (de las que hoy en día estan montando en Ucrania) para desalojarle del poder en detrimento de fuerzas pro europeas y dar así vía libre al saqueo económico. La política económica de la serbia de Milosevic fue más progresista que cualquier pais “democrático” de Europa, como lo es hoy día la política de Yanukovich en Ucrania o Lukashenko en bielorrusia.
El marxismo revolucionario en un acto de antiimperialismo coherente debe apoyar sin fisuras la soberanía nacional y los gobiernos legítimos que la ejercen frente al golpismo made in CIA.
El final de Milosevic todos lo conocemos: fallece repentinamente mientras un tribunal de criminales al servicio de la OTAN le juzgaba por crímenes contra la humanidad. Por desgracia gran parte de la izquierda sigue en silencio frente a las farsas judiciales de un tribunal de excepción como es el Tribunal Pena Internacional de La Haya. Lo hemos visto tambien en Irak o Libia.
B-Sabemos que formas parte de una asociación que toma parte de este tipo de cuestiones, háblanos un poco de ella
I-Efectivamente estoy trabajando junto a otra gente en una asociación cultural llamada Ivo Andric, en homenaje al escritor yugoslavo, premio nobel de literatura en 1961.
Tenemos la idea de presentar la asociación muy pronto y de momento estamos trabajando en tema de comunicación, traducciones de documentales (“the weight of chains” de Boris Malagurski) o incluso hemos hecho una aportación económica para una pelicula del mismo Boris. En principio nuestra intención es difundir la cultura balcánica y yugoslava en Euskal Herria, es decir un trabajo única y exclusivamente cultural. Politicamente somos partidarios de la unión de los eslavos del Sur en forma de estado.
De todas formas podeis seguir nuestras actividades y conocer mejor la asociación a través de las redes sociales y de nuestro blog (http://ivoandricelkartea.wordpress.com/)
B- Para acabar si que te quisiéramos pedir que 20 años después de todo lo ocurrido nos digas, tu que conoces esa parte de Europa, cual es la realidad de allí, hoy día
I-De todos mis viajes a la ex-yugoslavia he vuelto con una sensación muy positiva en el plano emocional (los balcánicos son gente espectacular, amables y hospitalarios) y algo negativa y escéptica en el plano político, derivado de la situación actual.
En primer lugar porque la OTAN sigue presente y Alemania sigue saqueando sin piedad a los pueblos balcánicos. En segundo lugar porque las problemáticas de los serbios en Croacia, Kosovo o Bosnia siguen sin solucionarse debido a que los serbios son ciudadanos de segunda en terroritorios que llevan habitando desde hace siglos. Creo que cada etnia necesita un estatus de igualdad civil y nacional real y práctica en cada territorio que habitan y eso sólo existia bajo la República Socialista Federal de Yugoslavia. Hablas con la gente y te das cuenta lo querido que fue Tito y sus políticas sociales y nacionales. En Bosnia o Macedonia Tito sigue siendo un auténtico “ídolo de masas”.
Mi conclusión es que la unión de los eslavos del sur es más necesaria que nunca, desde un punto de vista étnico, cultural, político y social. Además la historia demuestra que el único periodo de independencia nacional del territorio fue bajo esa unidad. Los periodos anteriores y posteriores a Yugoslavia han sido y son parte de la historia de saqueo, dominación, asesinato y sometimiendo hacia los pueblos balcánicos.
Creo que la defensa de la unidad de Yugoslavia como estado multiétnico va ligado dialécticamente al concepto de derecho de autodeterminación de los pueblos y es bajo la falsa bandera del divisionismo y la secesión lo que es realmente antagónico a la independencia. Es un concepto que en Euskal Herria es difícil de entender, debido en parte al desconocimiento y tambien a la manipulación y a la simplificación política del conflicto que hacemos,. Cualquier paralelismo entre Euskal Herria y la ex-yugoslavia es un planteamiento erroneo .
El derecho de autodeterminación es un término muy amplio que puede implicar una unidad territorial entre diferentes naciones (por lo menos en el caso balcánico) no sólo se trata del hecho de tener una bandera y una moneda común europea.
Pues nada más…eskerrik asko por tus aclaraciones y un gusto haber charlado con tigo acerca de estos temas que tantas pasiones y debates crearon en la década de los 90
Un placer, gracias a vosotros
World Bulletin - December 11, 2013
Montenegrins against NATO membership
Montenegro's membership in NATO is supported by 38 per cent of the population, 6 per cent more than in March of this year, while 45 per cent of citizens are against and 17 per cent of respondents have no opinion on the matter, according to the latest research by the Center for Democracy and Human Rights (CDHR).
CDHR Chief methodologist Milos Besic recalled that in March the number of citizens who are against NATO integration was over 50 per cent.
"But, we definitely have a larger number of opponents than supporters for NATO integration even with the smaller number of undecided voters," said Besic.
The survey showed that 54.6 per cent of respondents believe that the integration of Montenegro into NATO is an important issue, as Besic explained, and it shows the growing interest of the citizens in this topic.
About 57 per cent of citizens believe that Montenegro's integration into NATO will contribute to the development of relations with the United States (US) and the European Union (EU), while 52.6 per cent of respondents believe that it will contribute to peace and stability in Montenegro.
Citizens believe that NATO integration will make a negative impact on relations between Montenegro, Serbia and Russia.
–Kompletan materijal dostaviću vrhovnom državnom tužiocu i Ustavnom sudu na ocjenu ustavnosti. Dolazimo do paradoksalne situacije. Dok se ruše spomenici narodnim herojima Jugoslavije i dok se kradu i pretapaju bronzane biste, crnogorska vojska treba da drži mrtvu stražu njemačkim vojnicima. To bi bio jedinstveni slučaj da spomenik fašističkim vojnicima čuva vojska zemlje u kojoj su napravili neviđene zločine – ističe generalni konzul SFRJ.
On ukazuje da Zakon o spomenicima i spomen-obilježjima u članu 10 najeksplicitnije zabranjuje takvu aktivnost.
–Njemačka, koja je najveći zagovornik poglavlja 23 i 24, na ovaj način upravo je ta koja siluje crnogorski Ustav i zakon. U direktnoj komunikaciji sa predsjednikom Filipom Vujanovićem došao sam do određenih zaključaka, a Igor Lukšić me nije udostojio odgovora, pa sam smatrao da su od toga odustali – kaže Perković.
On dodaje da podizanje groblja njemačkim vojnicima poginulim u Crnoj Gori za vrijeme Drugog svjetskog rata nije jedina klauzula ugovora i da se cinični detalji sporazuma kriju od javnosti.
–Zamislite cinizma: Njemačka po tom sporazumu treba da restaurira spomenik u Dolima u Pivi i da se tu napravi njemačko-crnogorski omladinski kamp. Pivljani, tačnije bratstvo Blagojević, ove godine nijesu dozvolili ni UBNOR-u da održi komemoraciju na tom spomen-obilježju jer preko 500 žrtava SS divizije „Princ Eugen“ nije bilo iz redova boraca. Pivljani za ovo vjerovatno ne znaju, pa je taj njihov cinični projekat nemoguća misija. Ako je Vili Brant kleknuo pred spomenikom žrtvama nacizma u Varšavskom getu, onda ovi sadašnji njemački zvaničnici treba da puze od Dola do Velike – ističe Perković.
On je ocijenio da zamjena lokacije za groblje nije riješila problem bezakonja i neustavnosti.
–Zvanična Crna Gora nema snage ni kapaciteta da se suprotstavi brutalnom kršenju Ustava i zakona. Od 825 njemačkih ratnih grobalja u 45 država širom svijeta nijedno nije u kasarni. Zbog čega se njemačko groblje gradi u kasarni objasnila su mi trojica ministara u crnogorskoj vladi. Oni su mi potvrdili da su svjesni da se gradi nešto protivzakonito i da bi preko noći bilo srušeno da se ne gradi u vojnom objektu. To je jaram na crnogorskoj istoriji, narodu i državi – izričit je Perković.
On naglašava da se Crna Gora na civilizovan način odnijela prema sahranjivanju posmrtnih ostataka fašističkih vojnika.
–Crna Gora je ponudila njemačkoj vladi, ni manje ni više, nego kompletno groblje kod crkve Svetog Antuna u centru Herceg Novog, gdje su već bili sahranjeni neki njemački vojnici. Predloženu lokaciju prihvatili su zamjenica ambasadora Njemačke Dagmar Šuster i savjetnik u Ministarstvu odbrane Njemačke Vili Kunčer. S tim se saglasio i njemački vojni ataše u Crnoj Gori potpukovnik Johan Evert. Kada je to došlo do Ministarstva inostranih poslova Njemačke, Gvido Vestervele je rekao da je to malo. To znači da nije riječ o sahranjivanju. Oni hoće da naprave spomenik koji slobodoljubivi crnogorski narod sigurno ne bi dozvolio. Zato su tražili ili kasarnu u Danilovgradu, ili kasarnu u Nikšiću na Kapinom polju kod Vukovog mosta. Otkud groblje u kasarni, gdje mu nikad mjesto bilo nije – pita se Perković.
On smatra da Njemci žele da podizanjem fašističkog groblja ponize i Vojsku Crne Gore.
–Oni hoće da naši vojnici obavljajući stražarsku dužnost odaju najveću vojničku počast fašističkim vojnicima – mrtvu stražu – zaključio je PerkovićŽ.K.
Paradoks
Perković se povodom izgradnje groblja njemačkim vojnicima u Crnoj Gori obraćao predsjedniku Crne Gore Filipu Vujanoviću i tadašnjem premijeru Igoru Lukšiću. Od Filipa Vujanovića je tražio da poništi sporazum na osnovu ustavnih ovlašćenja, a od Lukšića da mu objasni pravni osnov, što on nikad nije uradio.
Croatie : le footballeur Josip Šimunić privé de Coupe du monde 2014 pour son salut oustachi
(Avec AFP) - La FIFA a infligé dix matchs de suspension à Josip Šimunić. Selon le communiqué de la Fédération internationale, le défenseur croate a « entonné, avec la foule, un cri de ralliement croate qui était utilisé durant la Seconde Guerre mondiale par le mouvement fasciste des Oustachis », et « convenu que ce cri de ralliement était discriminatoire et portait atteinte à la dignité d’un groupe de personnes pour des raisons, entre autres, de race, de religion ou d’origine ».
Après la victoire 2-0 de la Croatie contre l’Islande le 19 novembre, Josip Šimunić s’était effectivement emparé du micro et avait scandé un cri de ralliement utilisé par le régime pronazi croate lors de la Seconde Guerre mondiale. Il avait crié quatre fois : « Pour la patrie ! » (Za Dom), les supporteurs lui répondant : « Prêts ! » (Spremni). Des dizaines de milliers de Juifs, Roms et Serbes ont été tués dans les camps administrés par l’État Indépendant de Croatie (1941-45) d’Ante Pavelić.
« Après avoir pris en considération toutes les circonstances de l’affaire, et en particulier au vu de la gravité de l’incident, la commission a décidé de suspendre le joueur pour dix matchs officiels. Les premiers de ces dix matchs devront être purgés durant la phase finale de la Coupe du monde », a annoncé la FIFA.
Le joueur du Dinamo Zagreb, déjà condamné à une amende de 3.200 euros par la justice croate, la peine maximale qu’il encourait, est non seulement suspendu mais interdit de stade durant ces 10 matchs et devra payer une amende de 30.000 francs suisse (24.000 euros). Cette lourde suspension lui barre de facto la route de la Coupe du monde au Brésil.
Pour sa défense, Šimunić a assuré n’avoir été motivé que par son « amour du peuple [croate] et de la patrie », et avait rejeté toute connotation politique qui serait inspirée « par la haine ou la destruction ». « Ce sont les seules raisons qui, dans un moment d’émotion, m’ont habité et c’est pour cela que j’ai commencé à chanter avec le public », avait expliqué le vétéran de 35 ans. Le président croate, Ivo Josipović, et le gouvernement de centre-gauche avaient condamné son geste.
N.D.H. (INDEPENDENT STATE OF CROATIA) QUALIFIES FOR F.I.F.A. WORLD CUPCroatia Defender Joe Simunic Led Crowd In Apparent Pro-Nazi Chant To Celebrate World Cup Berth (VIDEO)11/20/13ZAGREB, Croatia (AP) — Croatia's World Cup qualification celebrations have been marred by apparent pro-Nazi chants by fans and defender Joe Simunic.
Croatia qualified for the World Cup with a 2-0 win over Iceland on Tuesday. Video footage shows Simunic taking a microphone to the field after the match and shouting to the fans: "For the homeland!" The fans respond: "Ready!"
That was the war call used by Ustashas, the Croatian pro-Nazi puppet regime that ruled the state during World War II when tens of thousands Jews, Serbs and others perished in concentration camps.
The Australian-born Simunic defended his action, saying "some people have to learn some history. I'm not afraid."
"I did nothing wrong. I'm supporting my Croatia, my homeland," the 35-year-old defender said. "If someone has something against it, that's their problem."
The same chant coupled with the Nazi salute has often been used by Croatian fans in the past. FIFA and UEFA have often fined the Croatian soccer association because of their behavior.
There was no immediate reaction from FIFA to the latest incident.
At the 2006 World Cup, Simunic was the player who received three yellow cards in one match before being sent off.(lo slogan ustascia "Pronti per la Patria" è stato urlato in campo da calciatori della nazionale croata nel corso della Coppa del Mondo di Calcio)
Lubiana, la città circondata dalla memoria
Non viene in mente tuttavia, nella nostra geografia della Resistenza, un luogo che sia soprattutto spazio di vita, di quotidianità, oltre che di ricordo. Un posto che faccia della storia una compagna conosciuta delle nostre giornate.
Per trovare un luogo simile dobbiamo andare in Slovenia, precisamente a Lubiana, percorrere a piedi o in bicicletta i circa trenta chilometri di pista ciclabile che, ad anello, ne circondano il centro storico; fermarci a leggere i pannelli e i cippi che raccontano della seconda guerra mondiale; sfogliare le pagine dell'occupazione fascista della cittadina.
Il Pot sorge, o meglio, ricalca il tracciato del filo spinato che fece di Lubiana negli anni del conflitto un campo di concentramento, un ghetto, per i suoi abitanti.
Nelle città e nelle montagne della provincia si formarono gruppi di partigiani sloveni armati - talvolta ingrossati da disertori del Regio esercito - sostenuti e alimentati dai civili.
Il bilancio finale è drammatico: circa 13.000 persone uccise su un totale di 340.000 abitanti residenti nella provincia al momento dell'occupazione.
Dal 1957 una marcia podistica annuale lungo il Pot commemora la resistenza, le scolaresche vengono portate su quel sentiero per conoscere la loro storia e gli abitanti di Lubiana si immergono nel suo verde per fare jogging, camminare o pedalare, accompagnati dalla stella partigiana, che ricorda come quei metri di terra simbolo oggi di tempo libero furono il segno tangibile di una prigione a cielo aperto.
Compiere dunque viaggi sui luoghi dei nostri crimini di guerra rappresenta, oltre a un dovere, un'ottima occasione per rendersi conto delle responsabilità non solo del regime fascista ma di tutto un mondo - dall'esercito agli impiegati statali – fatto di persone che a vari livelli collaborarono attivamente all'occupazione, sottomissione e vessazione di popolazioni e culture; un mondo forse abitato da ignavi più che da criminali ma comunque povero di 'brava gente'.
A: Cnj interna
Il Partito Comunista di Ucraina chiede ai dirigenti dell'Unione Europea di reagire immediatamente alle dichiarazioni provocatrici del co-presidente della sua missione nel paese, Aleksandr Kwasniewski che, nella sua intervista sul giornale polacco Rzeczpospolita, ha apertamente invitato l'opposizione a usare la forza per impadronirsi del potere in Ucraina.
Il Partito Comunista esige anche di sapere dalla cancelliera Angela Merkel con quale diritto e a nome di chi il ministro degli Affari esteri tedesco Guido Westerwelle si sia recato in Piazza dell'Indipendenza per incontrare i rappresentanti dell' “opposizione”.
Il Partito Comunista invita il Ministro degli Affari Esteri a reagire nei confronti dell'ingerenza diretta di dirigenti di Stato stranieri negli affari interni del paese.
Si cerca di negare al popolo ucraino il diritto di disporre del proprio destino. Si cerca di negare il suo diritto a prendere decisioni in base ai propri interessi, e non a quelli del capitale internazionale.
Oggi, la pseudo-opposizione, come nel 2004, rappresenta la quinta colonna che sacrifica l'interesse nazionale sull'altare delle multinazionali. Sono praticamente gli stessi attori, le stesse promesse, gli stessi metodi.
Ecco perché il Partito Comunista invita tutti i cittadini, il popolo dell'Ucraina a cercare la risoluzione della crisi politica attuale con i soli strumenti legali.
In caso contrario, noi ci dirigeremo verso una “balcanizzazione” del paese, verso la distruzione dell'Ucraina come Stato.
Partito Comunista di Ucraina | solidnet.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
L'8 dicembre 2013, l'intero mondo civilizzato ha assistito all'atto vandalico e sacrilego, perpetrato sotto il pretesto dei valori europei, quando una folla festante di brutale estremismo distruggeva il monumento di Lenin nel centro di Kiev.
I principali canali televisivi mondiali hanno diffuso i filmati scioccanti dei rappresentanti del partito fascista "Libertà" guidato da Oleg Tyagnibok mentre come invasati abbattevano il monumento, minacciando che il prossimo obiettivo sarebbe stato il Presidente dell'Ucraina Viktor Yanukovych. La cosiddetta "Opposizione" in Ucraina esige apertamente la punizione dei funzionari governativi, mentre sovverte l'ordine pubblico, a partire dal pogrom di Kiev, dalle barricate, con il centro della capitale ucraina praticamente paralizzato.
Allo stesso tempo, i ministri degli esteri di Polonia, Lituania e Svezia, nonché alcuni leader politici dell'Unione europea, non hanno esitato a surriscaldare ulteriormente la situazione in Ucraina. Rappresentanti del Partito Popolare europeo hanno palesato approvazione per la situazione in Ucraina. Molti ambasciatori dell'Unione europea nei loro commenti hanno espresso anch'essi esplicita approvazione per il tentativo di rovesciamento del governo ucraino, infrangendo il saldo principio di non interferenza del mondo diplomatico.
Per converso è inimmaginabile una situazione in cui disordini in paesi come la Francia o la Svezia, ricevano il plauso dei politici di altri paesi per le azioni di una folla aggressiva, allo stesso modo è impossibile immaginare interferenze negli affari di un altro stato da parte del corpo diplomatico.
I tragici eventi in Ucraina vengono presentati sotto il pretesto di una lotta per i valori europei, ma di quali valori stiamo parlando, se al posto di un monumento demolito viene issata la bandiera dell'Unione europea, quando viene posta, in nome dei valori europei, la richiesta di distruzione fisica delle autorità?
I valori europei non possono essere chiamati a discolpa delle gravi percosse di una folla aggressiva ai danni di centinaia di funzionari di polizia disarmati dell'amministrazione del presidente dell'Ucraina, molti restati gravemente feriti.
Noi crediamo che le azioni della cosiddetta "opposizione" e del partito fascista "Libertà", che distruggono monumenti, commettono enormi provocazioni contro i funzionari di polizia e i dipendenti pubblici, occupano numerose istituzioni statali in Kiev, in nessun modo siano da considerarsi valori europei.
Sfortunatamente, i media filo-occidentali mostrano solo una parte della verità. I fatti reali che dovrebbero essere descritti da un punto di vista neutrale, sono taciuti. Il pubblico europeo è indotto a credere che, apparentemente, "tutto il popolo ucraino difende la scelta europea". In realtà c'è una traslazione di concetti: invece della retorica europea in Ucraina si inscena un colpo di stato.
Vi chiedo per sostenere le forze della sinistra in Ucraina. La situazione attuale nel paese rappresenta la continuazione di un serie di colpi di stato nel mondo arabo, con caratteristiche europee. Vi chiedo di condannare severamente il partito "Libertà". Vi chiedo di chiamare l'élite politica di tutto il mondo al boicottaggio del leader del partito "Libertà" e dei suoi deputati nel Parlamento di Ucraina. Vi chiedo di far appello alla Comunità mondiale per una sobria valutazione della situazione reale in Ucraina e per prevenire ulteriori estremismi e azioni provocatorie della cosiddetta "Opposizione" e di "Libertà" il partito guidato da Oleg Tyagnibok. Vi chiedo di chiamare tutti i deputati nei vostri parlamenti nazionali di tutti i livelli e i funzionari dei vostri partiti per sostenere con ogni mezzo la posizione del Partito comunista di Ucraina.
Di ogni vostra iniziativa informate il Dipartimento Internazionale del CC del Partito Comunista di Ucraina, in modo che possiamo rendere nota la vostra posizione in merito alla società ucraina. Credo sinceramente nel vostro sostegno.
Cordiali saluti
Il Primo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista di Ucraina, capogruppo dei comunisti nel Parlamento ucraino, membro della delegazione permanente ucraina nell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, Petro Symonenko