Le jury du Prix Nobel de la Paix n’a pas tenu compte des protestations qui n’ont cessé d’enfler durant les dernières années. Il persiste à attribuer le Prix voulu par Alfred Nobel à des lauréats qui ne le méritent pas. Fredrik S. Heffermehl dénonce cette trahison.
Informazione
in alcuni bellissimi e significativi video:
http://www.youtube.com/watch?v=rCyzy2-Vgig&playnext=1&list=PLE2F46C5A947B10DF&feature=results_main
Tržaški Partizanski Pevski Zbor Pinko Tomažič
Sabato 1 dicembre 2012 ore 18.00
Gallusova dvorana - Cankarjev dom
z gosti: Partizanski zbor Ljubljana, Boris Kobal, Gojmir Lešnjak Gojc, Drago Mislej Mef, Iztok Mlakar, Kraški ovčarji, Dirty Fingers, Freak Waves in drugi
http://www.facebook.com/events/466337103416912
Umrl je naš tovariš Oskar Kjuder |
Prispeval Redakcija |
Sreda, 14 November 2012 15:19 |
Umrl je naš Oskar. Vsi ga poznamo in imeli smo ga radi. V našem spominu vstaja kot mladi harmonikar, ki koraka na čelu partizanske brigade v filmu Na svoji zemlji. Kapa na glavi in mali brkci, vedno isti nasmeh. |
Stari borci se spominjajo dogodka iz časov partizanske vojne. Kolona prekomorcev se je prebijala skozi gozd, nekje v Bosni. Trudni so sredi noči, ko je padlo povelje o počitku, popadali na tla in naslonili glave na nahrbtnike. Tedaj se je sredi teme zaslišal tihi zvok violine. „To je naš Oskar“, so si rekli.
Po vojni je sodeloval v prvem partizanskem zboru Srečka Kosovela, v Lonjerju se je oženil s svojo Milko, ki mu je rodila dve hčeri – Jagodo in Katjo. Bil je glasbenik in aktivist komunistične partije. Tudi prosvetar. In če ga je „tovariš župnik“ Tone Piščanec prosil, naj zaigra na orgle ali vijolino na koru katinarske cerkve, se ni odrekel.
Anekdot iz njegovega življenja je nič koliko. Od tega, kako je dirigiral opero v Trstu, potem ko je napovedani dirigent zbolel do nočnega koncerta domači vasi, Lonjerju, sredi poletja 1966, v noči po uspelem partizanskem prazniku v Bazovici.
Oskar je dal pobudo za ustanovitev partizanskega zbora, ki nosi ime Pinka Tomažiča. Naj mi narodni heroj Pinko ne zameri, če rečem, da so po Tomažiču poimenovane šole in knjižnica. Morda bi bilo prav, če bi TPPZ poslej poimenovali po Oskarju Kjudru.
Slava njegovemu spominu.
Umrl Oskar Kjuder, ustanovitelj partizanskega zbora
Umrl je Oskar Kjuder
Bil je ustanovitelj in dolgoletni dirigent Tržaškega partizanskega pevskega zbora Pinko Tomažič
sreda, 14. novembra 2012
V starosti 86 let je umrl Oskar Kjuder, ustanovitelj in dolgoletni dirigent Tržaškega partizanskega pevskega zbora Pinko Tomažič. Rojen je bil v Lonjerju pri Trstu, bil je partizan in tudi priznani glasbenik. Njegovo življenje je tesno povezano s partizansko pesmijo in zlasti s TPPZ Pinko Tomažič, ki prav v tem času praznuje 40-letnico delovanja. Pokojni Kjuder je bil tudi politično zelo angažirana osebnost v naprednem gibanju, bil je član komunistične partije Italije (KPI).
https://www.cnj.it/AMICIZIA/sindacale.htm )
VIDEO: Serbia, turni 10 ore in Fiat: operai scontenti, azienda non cede
10 NOVEMBRE 2012 - Si infiamma la vertenza allo stabilimento di Kraguievac che produce la nuova 500L. Accordo sulla parte economica: i 2500 operai, con le retribuzioni più basse del gruppo, ottengono un aumento, tredicesima e incentivi. Ma dicono: "Ritmi insostenibili"
http://video.repubblica.it/dossier/lo-scontro-su-pomigliano/serbia-turni-10-ore-in-fiat-operai-scontenti-azienda-non-cede/110351/108735
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http://www.repubblica.it/economia/2012/11/10/news/fiat_aumenta_i_salari_in_serbia-46318569/?ref=HREC1-5
Serbia, Fiat cede sui salari, ma non sui turni
I sindacati: "Si lavora 12 ore al giorno, basta"
La vertenza allo stabilimento di Kraguievac che produce la 500L: ai 2500 operai +13% in busta, tredicesima e incentivi. L'ostacolo principale resta però l'organizzazione produttiva accettata per l'avvio della produzione. I sindacati: "Turni non più sostenibili"
BELGRADO - Fa un passo avanti la vertenza fra i sindacati serbi e la Fiat per i 2500 operai dello stabilimento di Kragujevac, dove si produce la nuova 500L. Nella notte, a quanto riferito dal leader sindacale Zoran Mihajlovic, è stato raggiunto l'accordo per un aumento salariale del 13%. L'intesa, ha precisato Mihajlovic, ha validità a partire da ottobre e prevede anche il pagamento di una 13/a mensilità e di un bonus una tantum in due rate per un ammontare complessivo di di circa 36 mila dinari (intorno a 320 euro).
La vertenza però rischia di infiammarsi sullo scoglio principale, quello sui turni di lavoro. Al momento dell'avvio della produzione, era stato concordato che la fase "sperimentale" sarebbe stata sottoposta a verifica sei mesi dopo: quella fase prevedeva l'introduzione di due turni lavorativi di 10 ore al giorno per quattro giorni settimanali, anziché le 8 ore quotidiane su 5 giorni.
Tale sistema di produzione, a un mese dalla scadenza dei sei mesi, è considerato "insostenibile" dai lavoratori perché le 10 ore quotidiane sono molto spesso diventate 12 a causa degli straordinari richiesti dal processo produttivo, mentre per le stesse ragioni - legate a esigenze di mercato - gli operai sono stati chiamati in fabbrica anche per il quinto giorno, seppure con orari ridotti. Quanto basta per far dire ai sindacati che una simile organizzazione del lavoro non è più accettabile e che bisogna tornare alle 8 ore su 5 giorni.
La prima risposta dell'azienda, per ora, è stata negativa. Secondo fonti aziendali citate dai media servi, il mercato sta infatti apprezzando la nuova 500 L - si parla di 10mila ordini da Francia, Italia, Germania ed altri paesi - e Fiat ha l'esigenza di tenere alti i ritmi produttivi, tanto che per Kragujevac avrebbe in programma l'assunzione di altri 150 addetti, destinati principalmente al montaggio. E l'attuale sistema è considerato dal Lingotto la "chiave per la produttività".
Sui turni "sperimentali", dunque, rischiano di rovinarsi le relazioni aziendali e il sindacato ha già preannunciato che in caso di rottura potrebbero esserci iniziative di protesta. I vertici di Fas (Fiat automobile Srbija), joint venture tra il Lingotto (67%) e il governo serbo (33%), anche per questo hanno aperto senza grandi remore alle richieste di aumento salariale. Del resto, le retribuzioni per gli operai di Kraguievac sono tra le più basse del gruppo: le buste paga erogate finora oscillavano tra i 32 mila e i 34 mila dinari (285-300 euro) al mese, inferiori - per il sindacato - di cinque volte rispetto a quelle dei colleghi italiani e di tre volte a confronto con quelle degli operai Fiat in Polonia.
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Secondo quanto riportato dai media del paese, i sindacati serbi stanno protestando da giorni per due motivi: perché gli operai - circa 1.700 su 2.000 dipendenti - sono pagati poco, circa 300 euro al mese, e soprattutto perché subiscono condizioni di lavoro massacranti. «Turni insostenibili» accusano, ma l'azienda per ora ha risposto picche, perché questa è quella che considera la «chiave della produttività».
In discussione è l'orario di lavoro della cosiddetta fase «sperimentale» di sei mesi. Ne manca ancora uno prima di andare alla verifica prevista: secondo l'accordo, gli operai di Kragujevac devono lavorare su due turni di 10 ore al giorno per quattro giorni settimanali, anziché per 8 ore quotidiane su 5 giorni. Turni diventati sempre più «insostenibili» perché le 10 ore - lamentano i lavoratori - sono molto spesso diventate 12 a causa degli straordinari richiesti dal processo produttivo, mentre per le stesse ragioni - legate a esigenze di mercato - gli operai sono stati chiamati in fabbrica anche per il quinto giorno, seppure con orari ridotti.
Insomma, un inferno. Ed è chiaro perché la Fiat abbia accettato quasi subito di mettere mano al portafoglio, concedendo aumenti salariali per stipendi comunque molto bassi. Secondo quanto riferito dal leader sindacale Zoran Mihajlovic, l'accordo raggiunto prevede un aumento salariale del 13%. Con validità a partire da ottobre, più il pagamento di una tredicesima mensilità e di un bonus una tantum in due rate per un ammontare complessivo di circa 36 mila dinari (intorno a 320 euro). Tuto questo su buste paghe tra i 32 mila e i 34 mila dinari (285-300 euro) al mese, inferiori - la stima è del sindacato - di cinque volte rispetto a quelle dei colleghi italiani e di tre volte a confronto con quelle degli operai Fiat in Polonia. Ma la differenza capestro è che, fuori dalla fabbrica serba, di lavoro ce ne è ancora meno che in Italia e in Polonia.
Fin qui il conflitto sul lavoro, che potrebbe farsi più aspro. Ma la joint venture serba ha già dato problemi all'amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne. Dopo voci di ritardi nell'avvio del processo produttivo a causa di problemi legati alla qualità, nel settembre scorso il governo di Belgrado - che guida un paese assai malmesso - ha fatto sapere di non essere in grado di pagare subito i 90 milioni promessi nell'accordo. Marchionne ha dovuto accettare un compromesso, 50 milioni adesso e il resto nel 2013. Ma certo è più difficile tirare dritto sul conflitto sul lavoro: se la fabbrica si fermasse, la 500L non arriverebbe nelle concessionarie secondo i piani produttivi. Legati, per altro, a un andamento piuttosto negativo dei mercati europei e italiano.
Lunedì, invece, nel lontano Delaware, Marchionne affronterà in tribunale il fondo Veba del sindacato dei metalmeccanici americani. Perché Uaw ha rimesso in discussione la cifra che Marchionne deve pagare per acquisire un altro 3,3% della Chrysler ancora in mano operaia.
da "La Stampa":
La direzione di Fiat Serbia e il sindacato hanno raggiunto un accordo per un aumento salariale del 13% a favore dei 2.500 operai impiegati nello stabilimento di Kragujevac, dove si produce la nuova 500L.
Livelli salariali e orario di lavoro sono i due punti sui quali i 2.500 lavoratori hanno espresso insoddisfazione alla dirigenza del gruppo. Sulle paghe - che oscillano fra i 32 mila e i 34 mila dinari (pari a 280-300 euro al mese), un livello che per il sindacato serbo è di cinque volte inferiore a quello degli operai Fiat in Italia, e di tre volte più basso rispetto ai loro colleghi polacchi - è stato rapidamente raggiunta un’intesa per un aumento del 13%.
L’accordo, valido a partire da ottobre, prevede anche il pagamento di una 13/ma mensilità e di un bonus una tantum in due rate per complessivi 36 mila dinari (circa 320 euro). Nessun accordo ancora, invece, sull’orario di lavoro introdotto nei mesi scorsi e che prevede quattro giorni di attività con turni di dieci ore, che spesso diventano 12 e più con straordinari al venerdì. La direzione lo scorso luglio aveva motivato tale orario di lavoro con la necessità di garantire una maggiore produttività e una migliore flessibilità nell’organizzazione del lavoro, oltre a garantire il massimo utilizzo e fruttamento dei nuovi maccinati installati. Ma il presidente del sindacato Zoran Mihajlovic ha detto che i lavoratori sono del tutto insoddisfatti di tale sistema di orario e turnazione, definito “insopportabile”, e chiedono di tornare al regine di cinque giorni di lavoro con turni di otto ore. Su questo punto la trattativa con la direzione prosegue.
Questa intervista è stata prima pubblicata in inglese in Counterpunch ed è stata ripresa in Investig’Action
(la redazione)
“Il fatto che un’idea, che è sostanzialmente laica e liberale, quella dei diritti dell’uomo, sia stata trasformata in uno dei principali mezzi per rinfocolare l’isteria di guerra in Occidente è una crudele ironia. Ma è la realtà del nostro tempo, ed è urgente ed importante cambiarla.”
Nel vostro articolo, “The case for a Non-Interventionist Foreign Policy”[http://www.counterpunch.org/2012/02/20/the-case-for-a-non-inteventionist-foreign-policy/], parlate delle giustificazioni che le potenze imperiali utilizzano per razionalizzare le loro spedizioni militari nel mondo. Una politica estera bellicista costituisce un vantaggio per i politici occidentali, in particolare negli Stati Uniti, per attrarre i voti e il sostegno popolare? Gli americani possono eleggere un presidente pacifista che si impegna apertamente a terminare le guerre statunitensi e ad astenersi dall'iniziarne di nuove?
Non sono così sicuro che questo attragga voti. Sicuramente non in Europa. I politici più bellicisti, Blair e Sarkozy, sono stati popolari nel lungo termine, a causa delle loro politiche estere. In Germania, la popolazione è sistematicamente a favore di una politica estera di pace. Come rilevava il pacifista americano A. J. Muste, il problema in ogni guerra si trova tra i vincitori – essi pensano che la violenza paghi. I vinti, come la Germania, e per certi versi il resto d’Europa, sanno che la guerra non è tutta rose.Tuttavia, penso che, ad eccezione dei tempi di crisi, come in occasione delle guerre del Vietnam e d’Algeria, quando queste hanno preso una brutta piega per gli Stati Uniti e la Francia, la maggioranza delle persone non sono veramente interessate dalla politica estera, cosa che è comprensibile, stanti i loro problemi quotidiani, e perché questa sembra essere fuori della portata della maggioranza dei cittadini.
Invece, ogni candidato all’elezione presidenziale degli Stati Uniti deve fare dichiarazioni patriottiche, “siamo i migliori”, “un faro in cima alla collina”, un “difensore dei diritti dell’uomo”, ecc. Evidentemente, questo è vero per tutti i sistemi di potere, la sola cosa che varia sono i “valori” ai quali ci si riferisce (essere un buon cristiano, un buon musulmano o anche un difensore del socialismo, ecc.).
Ed è vero che, per attrarre consensi, occorre avere il sostegno della stampa e delle potenze finanziarie. Ciò permette un’enorme scappatoia in favore del militarismo e del sostegno ad Israele.
Le potenze imperiali, come avete indicato nei vostri scritti, conducono guerre, uccidono innocenti, saccheggiano le risorse naturali dei paesi più deboli sotto il pretesto di portare la democrazia. Chi deve dunque incaricarsi dei principi del diritto internazionale, dell’integrità territoriale e della sovranità? Attaccare altri paesi in tutti i sensi e uccidere indiscriminatamente civili indifesi sono fatti di flagrante illegalità. E’ possibile riportare queste potenze alla ragione e renderle responsabili di ciò che fanno?
Penso che l’evoluzione del mondo stia andando nella direzione del rispetto per i principi del diritto internazionale, dell’integrità territoriale e della sovranità. Come ho detto, i popoli europei sono piuttosto pacifici sia all’interno dell’Europa sia nei confronti del resto del mondo, almeno rispetto al passato. Alcuni loro dirigenti non sono pacifici e vi è una forte pressione a favore della guerra da parte della strana alleanza tra gli interventisti dei diritti umani e i neoconservatori, che sono molto influenti nei media e negli ambienti intellettuali, ma queste non sono le uniche voci autorizzate ed esse sono piuttosto impopolari tra la popolazione..
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, essi attraversano una profonda crisi, non soltanto economica, ma anche diplomatica. Hanno perso da molto tempo il controllo dell’Asia, e stanno perdendo quello dell’America Latina e, attualmente, anche del Medio Oriente. L’Africa si volge sempre più verso la Cina.
Dunque il mondo sta diventando multipolare, che si voglia o no. Là intravedo perlomeno due pericoli: che il declino degli Stati Uniti non produca reazioni “folli”, che conducono ad una guerra globale, o anche che il crollo dell’impero americano non crei un caos generalizzato, un po’ come è avvenuto in occasione del crollo dell’impero romano. E’ responsabilità del movimento dei paesi non allineati e dei BRICS assicurare una transizione ordinata verso un autentico nuovo ordine mondiale.
Ciò che pare ipocrita nell’atteggiamento delle potenze occidentali nei confronti del concetto dei diritti dell’uomo è che queste condannano incessantemente le violazioni dei diritti dell’uomo nei paesi con i quali sono in conflitto, ma rimangono intenzionalmente silenti al riguardo delle violazioni nei paesi loro alleati. Ad esempio, sapete sicuramente come si maltrattano e torturano i prigionieri politici in Arabia Saudita, l’alleato principale di Washington tra i paesi arabi. Perché non si protesta e non si condannano queste violazioni?
Conoscete un qualunque potere che non sia ipocrita? Mi pare che il potere funzioni così dappertutto e in ogni epoca. Ad esempio, nel 1815, alla caduta di Napoleone, lo zar di Russia, l’imperatore d’Austria e il re di Prussia si sono uniti in quella che è stata denominata la Santa Alleanza. Essi pretendevano di basare la loro linea di condotta sulle “sublimi verità contenute nella religione eterna del Cristo salvatore”, come sui principi “della loro santa religione, precetti di giustizia, carità e pace” e hanno giurato di comportarsi nei confronti dei loro soggetti “come un padre verso i suoi figli”.
Durante la guerra dei Boeri, il primo ministro inglese, Lord Salisbury, dichiarò che era “una guerra per la democrazia” e che “noi non miriamo né alle miniere né al territorio”. Bertrand Russel, che cita queste note, aggiunge che “cinici stranieri” non hanno potuto evitare di far notare “che abbiamo nondimeno ottenuto sia le miniere sia il territorio”.
Nel momento cruciale della guerra del Vietnam, lo storico americano Arthur Schlesinger descriveva la politica degli Stati Uniti come facente parte del “nostro programma globale di buona volontà internazionale”. Al termine di questa guerra, un giornalista liberale scriveva sul New York Times che: “Durante un quarto di secolo, gli Stati Uniti hanno provato a fare il bene, ad incoraggiare la libertà politica e a promuovere la giustizia sociale nel Terzo Mondo”.
In questo senso le cose non sono cambiate. Le persone a volte pensano che, poiché il nostro sistema è più democratico, le cose debbano cambiare. Ma ciò suppone che le popolazioni siano ben informate, cosa non vera per le numerose falsità contenute nei media, e suppone anche che queste partecipino attivamente alla formazione della politica estera, cosa che non è altrettanto vera, salvo che in tempo di crisi. La formazione della politica estera rimane affare elitario e poco democratico.
L’attacco o l’invasione di altri paesi con il pretesto di un intervento umanitario può essere legalizzato e ammesso con l’unanimità dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Se questi votano tutti a favore di un attacco militare, questo si produrrà. Ma non pensate che il fatto stesso che solo 5 paesi possano prendere decisioni su 193 membri delle Nazioni Unite, e che questa maggioranza considerevole non possa dire nulla sul corso degli avvenimenti internazionali, sia un insulto a tutte queste nazioni e al loro diritto all’autodeterminazione?
Certamente. Ma adesso che la Cina e la Russia sembrano avere posizioni indipendenti nei confronti dell’Occidente, non è così chiaro che nuove guerre saranno legali. L’attuale situazione in seno al Consiglio di Sicurezza non è soddisfacente, penso però che, nel complesso, le Nazioni Unite siano una buona cosa; queste forniscono principi che si oppongono all’ingerenza e un quadro per l’ordine internazionale, la loro esistenza offre la possibilità a diversi paesi di incontrarsi e discutere, ciò è meglio di niente.
Sicuramente, riformare le Nazioni Unite sarà questione complicata, perché questo non si può fare senza il consenso dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, e vi sono poche possibilità che questi siano entusiasti di fronte alla prospettiva di perdere parte del loro potere.
Quello che conterà in fin dei conti sarà l’evoluzione dei rapporti di forza, e questa non avviene in favore di coloro che attualmente pensano di controllare il mondo.
Parliamo di alcune questioni d’attualità. Nei vostri articoli, avete parlato della guerra in Congo. E’ stato uno choc per me apprendere che la seconda guerra del Congo è stata la più micidiale nella storia dell’Africa con 5 milioni di morti innocenti, ma i media dominati dagli Stati Uniti hanno nascosto questo, perché uno dei belligeranti, l’esercito ruandese, era uno stretto alleato di Washington. Qual è la vostra posizione al riguardo?
Non sono un esperto di questa regione del mondo. Ma la tragedia ruandese del 1994 è spesso utilizzata come argomento a favore di interventi stranieri che, si dice, avrebbero potuto fermare la carneficina, mentre la tragedia del Congo dovrebbe essere considerata come un argomento contro l’intervento straniero e per il rispetto del diritto internazionale, poiché essa è in larga misura dovuta all’intervento del Ruanda e dell’Uganda in Congo.Il fatto che quest’ultimo argomento non sia mai invocato dimostra una volta di più a che punto il discorso sull’intervento umanitario sia falsato a favore dei poteri in campo, che vogliono attribuirsi il diritto di intervenire quando gli fa comodo.
Qualche giorno fa, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon, condannava i dirigenti iraniani per i loro propositi incendiari e astiosi nei confronti di Israele. Tuttavia, non ricordo che egli abbia condannato gli ufficiali israeliani per le loro ripetute minacce di guerra contro l’Iran. Qual è la ragione di tale ipocrisia?
Come sapete, l’ipocrisia in Occidente nei confronti di Israele raggiunge livelli inauditi e Ban Ki Moon, benché sia il segretario generale dell’ONU è su posizioni molto “filo-occidentali”. Benché dubiti della saggezza della retorica iraniana su Israele, penso però che le minacce di azioni militari di Israele contro l’Iran siano di gran lunga più serie e dovrebbero essere considerate illegali dal punto di vista del diritto internazionale. Penso anche che le sanzioni unilaterali contro l’Iran, prese dagli Stati Uniti e dai loro alleati, per compiacere Israele siano vergognose. E, sebbene le persone che si dicono antirazziste in Occidente non denuncino mai queste politiche, ritengo invece che esse siano profondamente razziste, perché sono accettate unicamente per il fatto che dei paesi sedicenti civilizzati, Israele e i suoi alleati, esercitano questa minaccia e queste sanzioni contro un paese “non civilizzato”, l’Iran. Nel futuro, ci si ricorderà di questo nello stesso modo in cui si ricorda oggi la schiavitù.
Ci sono persone come voi che si oppongono al militarismo degli Stati Uniti, alla sua menzogna e ipocrisia in merito ai diritti dell’uomo e al loro tentativo di divorare il Medio Oriente ricco di petrolio, ma devo dire che voi siete una minoranza. E’ il Congresso dominato da Israele e i “think tanks” bellicisti come il Council on Foreign Relations e il National Endowment for Democracy che dirigono gli Stati Uniti, e non i pensatori contro la guerra, progressisti, a favore della pace, come voi. Qual è il livello d’influenza che hanno i pensatori progressisti e i media di sinistra sulle politiche decise negli Stati Uniti?
Penso che si debba fare una distinzione tra il sostegno ad Israele e il desiderio di “divorare” il petrolio. Le due politiche non sono le stesse e infatti sono contraddittorie. Come hanno mostrato, ritengo, Mearsheimer e Walt, le politiche filo-israeliane degli Stati Uniti sono in larga misura dovute alla lobby filo-israeliana ed esse non aiutano né la loro economia né i loro interessi geostrategici. Ad esempio, per quanto ne so, nulla impedirebbe alle nostre compagnie petrolifere di trivellare in Iran, se non ci fossero sanzioni imposte a questo paese; ma queste sanzioni sono legate all’ostilità di Israele nei confronti dell’Iran, non al desiderio di controllare il petrolio.
La seconda osservazione è che le persone che sono contro la guerra non sono necessariamente di sinistra. E’ vero che gran parte della destra è divenuta neoconservatrice, ma c’è anche una gran parte della sinistra che è influenzata dall’ideologia dell’intervento umanitario.
Negli Stati Uniti, esiste una destra libertaria, Ron Paul ad esempio, che è risolutamente contro la guerra, e vi sono anche alcune tracce di una sinistra pacifista o antimperialista.
Notate che ciò si è sempre ripetuto (anche in epoca coloniale): la divisione tra filo e anti-imperialisti non coincide con la divisione sinistra-destra, se questa è compresa in termini socio-economici o in termini “morali” (ad esempio sul matrimonio omosessuale).
E’ vero che abbiamo troppa poca influenza, e questo è dovuto in parte al fatto che siamo divisi tra una sinistra pacifista e una destra pacifista. Ritengo che la maggioranza della popolazione si opponga a queste interminabili e costosissime guerre, soprattutto in Europa, a causa delle lezioni della seconda guerra mondiale, o a causa delle disfatte nelle guerre coloniali e, negli Stati Uniti,, a causa di una certa stanchezza nei confronti della guerra, dopo l’Afghanistan e l’Iraq.
Quello che ci occorre è un forte movimento pacifista; affinché questo si formi, bisognerebbe concentrarsi sulla guerra stessa e unire le diverse opposizioni (di sinistra e di destra). Ma se i movimenti si possono costruire attorno a questioni come l’aborto o il matrimonio omosessuale, che mettono ai margini problemi socio-economici e le questioni di classe, perché no?
Benché un tale movimento ancora non esista, le sue prospettive non sono totalmente disperate: se la crisi economica peggiora, e se l’opposizione mondiale alle politiche degli Stati Uniti cresce in ampiezza, i cittadini di diverso colore politico potrebbero unirsi per tentare di costruire alternative al militarismo.
Qual è il vostro punto di vista per quanto riguarda la guerra di sanzioni, embargo, assassini di scienziati e operazioni psicologiche che conducono gli Stati Uniti e il loro alleati nei confronti dell’Iran? L’Iran subisce praticamente un attacco multilaterale degli Stati Uniti, di Israele, e dei loro servili accoliti europei. Esiste un qualunque modo per l’Iran per uscire da tale situazione e per resistere alla pressione? Avete mai sentito parlare della sua cultura e civiltà, di cui i media dominanti non parlano mai?
Non conosco bene l’Iran, ma non penso di aver bisogno di saperne di più su questo paese, anche se sicuramente mi piacerebbe farlo, per oppormi alle politiche che avete menzionato. Ero anche contrario all’intervento occidentale nell’ex Yugoslavia e in Libia.
Alcuni pensano che vi sono interventi buoni e altri cattivi. Ma la questione principale rimane: chi interviene? In realtà in occidente non sono mai i “cittadini” o la “società civile”, o anche soltanto i paesi europei, senza l’appoggio degli Stati Uniti, che intervengono. E’ sempre l’esercito americano, in particolare le sue forze aeree.
Ora, si può certamente difendere l’idea che occorre ignorare il diritto internazionale e che la difesa dei diritti dell’uomo debba toccare alla Air Force americana. Ma molte persone che sostengono i “buoni” interventi non dicono questo. In genere, dicono che “noi” dobbiamo fare qualcosa per “salvare le vittime” in questa o quella particolare situazione. Ciò che coloro che difendono questo punto di vista dimenticano, è che il “noi” che si suppone intervenire, non fa riferimento a quelli che sostengono questo discorso, ma soltanto all’esercito americano.
Di conseguenza, il sostegno a qualunque intervento non fa che rafforzare l’arbitrio del potere americano che certamente lo esercita come meglio ritiene e non, in generale, secondo gli auspici di quelli che sostengono i “buoni” interventi.
Per concludere, potete darci un’idea di come i grandi media servano gli interessi delle potenze imperiali? Come funzionano? E’ moralmente giustificabile utilizzare la propaganda dei media per raggiungere obiettivi politici e coloniali?
Il legame tra i “grandi media” e la propaganda di guerra è complesso, come lo è il rapporto tra il capitalismo e la guerra. La maggior parte delle persone di sinistra pensa che il capitalismo abbia bisogno della guerra o la guidi. Ma la verità, a mio avviso, è molto più articolata. I capitalisti americani fanno fortuna in Cina e in Vietnam adesso che c’è la pace tra gli Stati Uniti e l’est asiatico (per i lavoratori americani, evidentemente, è un’altra storia).
Non c’è alcun motivo per cui le compagnie petrolifere o di altre società capitalistiche occidentali non abbiano rapporti commerciali con l’Iran (almeno, dal punto di vista di queste compagnie) e, se ci fosse una pace stabile in questa regione, i capitalisti si precipiterebbero su di essa come avvoltoi per sfruttarvi una mano d’opera a buon mercato e relativamente qualificata.
Questo non vuol dire che i capitalisti siano gentili, né che essi non possano essere individualmente a favore della guerra, ma che la guerra non è, generalmente, nel loro interesse, e che essi non costituiscono necessariamente la forza principale che preme per la guerra.
I popoli sono indotti a fare la guerra tra loro da conflitti ideologici e religiosi, soprattutto quando queste ideologie assumono forme fanatiche – ad esempio, quando si crede che un certo appezzamento di terra è stato offerto da Dio, o che il vostro paese è investito da una missione speciale, come esportare i diritti dell’uomo e la democrazia (secondo la volontà divina, per Mitt Romney), preferibilmente con missili da crociera e droni.
Il fatto che un’idea fondamentalmente laica e liberale come quella dei diritti dell’uomo, sia stata trasformata in uno dei principali mezzi per attizzare l’isteria bellica in occidente è una crudele ironia. Ma è la realtà del nostro tempo ed è urgente ed importante cambiarla.
Kourosh Ziabari è un giornalista iraniano, corrispondente stampa e militante per la pace. E’ membro della World Student Community for Sustainable Development. Può essere contattato all’indirizzo kziabari@...
Jean Bricmont è professore di fisica teorica all'Università di Louvain (Belgio) e figura rappresentativa del movimento europeo per la pace
1. Bertrand Russel, Freedom and Organization, 1814-1914, Londra, Routledge, 2001.
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italintermedia.globalist.it
Con l'inizio della produzione della "500 L", la Fiat Automobili Srbija ha inaugurato nuovi turni di lavoro che dovrebbero poi entrare in vigore nell'intero gruppo: dieci ore con pause ridotte per quattro giorni a settimana, e poi tre giorni a casa. "Lunedì scorso ho parlato con gli operai durante una pausa di 20 minuti - dice a "Blic" Zoran Mihajlovic, storico presidente dei sindacati indipendenti di Kragujevac - e loro dicono che per dieci ore di lavoro al giorno sono troppe anche perché la linea di produzione ha cominciato a muoversi più velocemente e la richiesta di produttività è aumentata.
A questi ritmi, dicono, non ce la si fa. Loro vorrebbero tornare a turni di otto ore per cinque giorni alla settimana. E poi i loro salari restano di circa 33mila dinari (meno di 300 euro, n.d.t.) e lavorando di notte ricevono solo 300 dinari, ovvero tre euro, in più". Nello stabilimento il primo turno entra in funzione dalle 6 del mattino alle 18, ed il secondo dalle 22 alle 6. A far esplodere il malcontento pare sia stata la decisione di imporre quattro ore di straordinario in più, ma di fronte alla prima minaccia di sciopero della sua storia l'azienda ha deciso di trattare e per il momento la minaccia è rientrata con l'accordo di aumentare del 25 per cento la paga per le ore di lavoro in più.
La Fas dice che a rendere necessaria l'aumento del lavoro sono state le forti richieste della "500 L" da parte dei mercati europei, ma per conto dei sindacati, Mihajlovic ribadisce che l'obiettivo resta quello di tornare entro febbraio prossimo ai turni ed alle giornate lavorative di prima. La Fas di Kragujevac in base agli accordi iniziali con il governo serbo doveva assumere 2.400 dipendenti, al momento ne conta cento in più ed entro la fine dell'anno dovrà assumerne altri 150, ma la sperimentazione dei nuovi ritmi "accellerati" e la riduzione delle pause, che inizialmente era stata fatta passare con una più generosa assegnazione di straordinari, sembra destinata a creare problemi anche se nello stabilimento l'azienda ha sostituito gli operai più anziani con personale giovane, che finora si riteneva maggiormente motivato.
La condizione della comunità italiana nella Jugoslavia socialista
di Andrea Degobbis per il sito Diecifebbraio.info
scarica il saggio in formato PDF (2,3MB):
http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/11/Degobbis2012.pdf
http://www.youtube.com/watch?v=1FaPuBUY558 [listen at 1:02]
TURN ON SUBTITLES
MADELEINE ALBRIGHT IN PRAGUE: "DISGUSTING SERBS!" (1:02)
On October 23rd, in Prague, Czech Republic there was a book-signing event for former U.S secretary of state Madeleine Albright's new book "Prague Winter" in the Luxor bookshop. Several activists from the organization "Friends of Serbs in Kosovo" led by film director Vaclav Dvorak (the author of the documentary "Stolen Kosovo"), presented five posters with photographs of victims from NATO's "humanitarian bombing" campaign and politely asked Albright to sign them. Ms. Albright was caught off guard, which was followed by the aggressive interference of the bookstore security.
The inability to face critique adequately and with dignity. This might be the right description of Albright's reaction, which followed, after the members of "Friends of Serbs in Kosovo" presented her the posters with pictures of the Kosovo telecommunications, first children's victim of the so called "humanitarian bombing" 3 years old Milica Rakić, Serbian refugees from the Croatia's Krajina and militant Muslim volunteers in the Bosnian army. "This is your work as well, madam" the activists said while asking her to sign the posters. Madeleine Albright was noticeably disconcerted, agitated, and upset, refused to sign the posters and started yelling: "Get out", "Disgusting Serbs" and "You are war criminals" and ordered the activists to leave the Luxor bookstore.
"Madeleine Albright pushed through the bombing of the Federal Republic of Yugoslavia in 1999 by NATO aircraft without a UN mandate for her office of the foreign minister of the USA, supported the jihad in Bosnia in 1992-1995, manipulated with the facts about the Srebrenica massacre and strongly personally profited by the privatization of the telecommunications in Kosovo. She is supposed to bear the consequences of her political decisions and admit her responsibility for the bloodshed and thousands of civil victims." Explains one of the participants, Daniel Huba, why he used the personal presence of Albright in Prague and brought her the poster to sign.
After the activists presented the posters to Madeleine Albright, the bookstore security started to interference aggressively and several activists were both, verbally and physically attacked. There were expressions like "fucking Bolsheviks", which some of the members of the citizen's associations "Friends of Serbs in Kosovo", which unites many members across political parties and convictions, understands as an offence and will be asking for an apology. The Czech police are investigating if the bookstore employees broke any laws in the way they treated the activists. The members of "Friend of Serbs in Kosovo" strongly disagree with such as unprofessional approach of the bookstore Luxor security, which is very similar to the totalitarian practices of censorship and opposes the basic principles of the democratic discussion and plurality of opinions.
This was followed by a fierce reaction of security, and this association activists were attacked both verbally and physically. M. Albright although she tried to feign indifference and calmness, jumped from her chair and started shouting at attendees to get out. One of the participants, and a member of the Association of Friends of Kosovo Serbs, Daniel Huba, when asked why they were here today, responds:
"From the position of the USA Secretary of State, Madeleine Albright pushed for the bombing of the Federal Republic of Yugoslavia in 1999. when NATO planes bombed without a UN mandate. She also supported the jihad in Bosnia during 1992-1995, and the manipulation of the facts about Srebrenica, but also personally earned from privatization of Kosovo Telecommunications. She should therefore bear the consequences of her political decisions and acknowledge responsibility for the bloodshed, in which thousands of civilians were killed. "
The News - November 4, 2012
ALBRIGHT REMARKS SPARK ANGER IN SERBIA
BELGRADE: Hostile remarks to Serbs made in Prague by former US Secretary of State Madeleine Albright, detested in Serbia for her role in 1999 Nato air strikes against the country, on Friday prompted angry reactions here.
“Disgusting Serbs! Get out!” Albright told members of the association Friends of Kosovo Serbs, asking her to sign posters showing Serb victims of Nato bombings at a book shop where she was launching her book “A winter in Prague” last week. The reaction was prompted after a video of the incident appeared on YouTube.
“Disgusting behaviour of Madeleine Albright,” read the headline on the Internet site of Serbia’s public broadcaster RTS.
Albright “unveiled her great disgust for Serbs in a not very diplomatic manner,” said pro-Serb Czech director Vaclav Dvorzak, who was at the bookstore at the time, in an interview published Friday in the online edition of Serb nationalist weekly Standard.rs.
Dozens of Serbs, notably those from Bosnia, criticised Albright’s outburst on Twitter. A Bosnian Serb politician, Sasa Milovanovic, called Albright “the bloody old witch”.
“She could not resist...” wrote Zeljka Dragicevic, the Bosnian Serb prime minister’s cabinet chief. “She should be sued and held accountable for this,” another comment read at RTS site.
“She has finally said what she really thinks about us. She caused such a harm to us that our government should demand an official apology,” another RTS site visitor wrote.
Albright has long had links with Serbia. Before World War II she lived in Belgrade as a young girl when her father was a member of the then Czechoslovakia’s diplomatic mission in the Serbian capital.
Albright - Serb - Cypriot magazine report
Nicosia, Apr 17 (CNA) -- A Serbian family living in Vrinjetska Banja village, in Yugoslavia, is reported to have given shelter to US Secretary of State Madeleine Albright, when her family fled Nazi persecution during World War Two.
A Cypriot weekly publication "To Periodico" (The Magazine) carried the story yesterday, with phaded black-and-white photos including one of four- year-old Albright embracing Ljutko Popic, who told his story to the magazine.
Popic claims he is the boy in the picture, taken in 1939, and the girl is the present US Secretary of State. He said he was Albright's "first love" and wondered why she is now backing NATO bombing in Yugoslavia.
The Serb is reported to have said that Albright's Jewish-Czech family took refuge with his family, in their village Vrinjetska Banja, some 80 kilometres out of Kraljevo, to escape the threat of Nazi persecution.
His village was bombed on the night the Cypriot journalists stayed there, April 12, and the following day the villagers apparently scrawled a message on an unexploded NATO bomb saying: "Thank you Mrs Albright for the presents you send us in return for our hospitality."
According to the report, Popic said he had sent Albright a letter asking her to halt the air strikes, but had received no reply.
CNA MA/MK/1999
ENDS, CYPRUS NEWS AGENCY
From 1936 to 1939 the Korbel Family lived in Belgrade, and in 1939 the Korbel family fled to London. Many of her Jewish relatives in Czechoslovakia were killed in the Holocaust, including three of her grandparents.
Source: Wikipedia
par Horst Meyer - Horizons et débats (Suisse)
It has always been problematic that the Nobel Peace Prize is awarded from the legacy of a Swedish industrialist whose millions came from munitions that made the late 19th and 20th century wars the most deadly in human history.
In 1973 the prize was awarded jointly to Vietnam War criminal Henry Kissinger and Vietnamese resistance leader Le Duc Tho. Tho turned it down.
The Nobel committee did it again in 1993, awarding the prize jointly to apartheid’s Frederik Willem de Klerk and the long-imprisoned African leader Nelson Mandela.
Now comes news that the Nobel committee has awarded the prize this year to, of all things, the European Union. The EU has come to be despised and hated not only by the 500 million people who live in the 27 nations that belong to the organization, but by additional millions who have been on the receiving end of the imperialism and militarism wielded by its most powerful capitalist states.
Panos Skourletis, spokesperson for Syriza, the main opposition party in Greece, spoke for the majority of opinion around the world: “I just cannot understand what the reasoning would be behind [the decision of the Nobel committee]. In many parts of Europe but especially in Greece, we are experiencing what really is a war situation on a daily basis, albeit a war that has not been formally declared. There is nothing peaceful about it.” (Guardian, Oct. 12)
The EU has been the driving force behind moves to rescue the giant European banks from the economic crisis of 2008 by forcing draconian austerity measures on the working masses of Europe. Member nations such as Ireland, which were reluctant to rescue their banks, were forced to accept high-interest “bailouts.” In other cases, the local national ruling classes have temporized, but ended up accepting the EU’s “help.”
This always came at a price: cuts in social programs, higher taxes on poor and working people, massive layoffs and wage cuts. Sovereign countries were forced to accept EU dictates. As a result, most of the smaller countries of Europe are mired in recession with no hope of recovery. The Nobel prize itself has been reduced to $1.2 million from $1.5 million. The Nobel Foundation has said its investment capital took a sharp hit in the 2008 financial crisis.
When the masses of people have protested, they have been met by parliamentary huckstering, and when that didn’t work, naked police repression was used. But it doesn’t stop there.
After the downfall of many of the socialist countries of Eastern Europe, the EU leaders pursued an aggressive economic imperialism in these now “free” countries. Where there had been stable planned economies, rampant unemployment, economic insecurity and the rise of criminal enterprises such as human trafficking accompanied the theft of state property on a monumental scale. Many formerly public enterprises were not only privatized, but ownership was transferred to large financial institutions located in the leading countries of the EU, such as Germany and France.
The European Union has always been considered to be the not so hidden stepchild of NATO — the military partnership between the U.S. and European capitalists whose crimes and interventions, many of them far from Europe, are well known. The dropping of tens of thousands of bombs on the former Yugoslavia, the brutal war against Libya, and the bloody invasion and occupation of Afghanistan are only a few examples.
Most recently, the EU has been an important source of war fever whipped up against Syria. Threats, intimidation and secret armed intervention have been accompanied by increasingly shrill calls for outright war.
Alfred Nobel’s munitions seem to have more influence than his “peace prize.”
Le prix Nobel pour le désarmement aux mains de ses adversaires politiques
Source
Horizons et débats (Suisse)
Fredrik S. Heffermehl - Avocat, président d’honneur du Norwegian Peace Council. Auteur deThe Nobel Peace Prize : What Nobel Really Wanted (Praeger, 2010).
L’UE est-elle pacificatrice dans le sens de Nobel ?
Les activités guerrières dans les Balkans
L’affaire autrichienne – le déni de la volonté démocratique
Des guerres d’agression violant le droit international
Serait-ce une spécialité de l’UE ?
L’Allemagne dans un rôle dirigeant
Mais, pour aller où ?
La Suisse, un garant de la paix
Source
Horizons et débats (Suisse)
Autor: Mirna Sadiković, Radio Free Europe 16.10.2012
Le dichiarazioni sono state rilasciate immediatamente dopo l'apertura delle urne delle elezioni del 28 ottobre
Klitchko, leader del movimento populista di destra “UDAR” e sedicente fautore di una linea “europeista” (!), lascia intendere il suo favore per misure discriminatorie della minoranza russa e si pronuncia per l'abolizione dello status attribuito al russo di seconda lingua nazionale: “La lingua di Stato in Ucraina deve essere l'ucraino. La lingua è come un simbolo. E perciò la lingua deve essere una sola” ( http://rus.ruvr.ru/2012_10_29/Klichko-schitaet-chto-gosudarstvennim-jazikom-na-Ukraine-dolzhen-bit-tolko-ukrainskij/ ).
Il partito Svoboda, che esprime le tendenze più estreme di quel nazionalismo ucraino che si è riconosciuto nella “Rivoluzione arancione” e che non ha mai nascosto le sue nostalgie per il periodo in cui i suoi precursori collaboravano con Hitler, ha annunciato che tra i primi progetti di legge che presenterà in parlamento ci sarà quello relativo alla richiesta di “proibizione dell'ideologia comunista”:
“Uno dei primi progetti di legge che presenteremo – ha dichiarato Oleg Tyagnibok a “Radio Libertà” - sarà quello per la proibizione dell'ideologia comunista in quanto contraria ai valori umani e anti-ucraina e per l'avvio di un processo giudiziario contro il comunismo... Non è giusto che in Ucraina – paese europeo – i comunisti prendano tanti voti. E' una tendenza molto negativa. Capisco che qui c'è l'influenza russa, l'influenza dei risultati dei comunisti russi. Non mi piace affatto questa rinascita comunista” ( http://rus.ruvr.ru/2012_10_29/Partija-Svoboda-v-parlamente-Ukraini-namerena-zapretit-kommunisticheskuju-ideologiju/ ).
C'è da scommettere che in questo caso i dirigenti dell'Unione Europea chiuderanno un occhio. In nome della battaglia per la “democrazia” (ovviamente nella sua versione che piace ai poteri forti continentali), è evidente, si può anche sostenere i nazisti. Basta non farlo sapere troppo in giro.
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Segnalazione iniziativa
Ospitalità studenti serbi in Italia - Un ponte per domani
La lingua, la cultura, costituiscono da sempre, oltre che uno strumento di espressione delle emozioni e “ponte” della memoria (in tal caso quella che lega l’Italia alla Jugoslavia), anche una prospettiva professionale per molti giovani, da sviluppare nel proprio paese. La Municipalità di Kraljevo, distante circa un’ora di macchina dalla città di Kragujevac ben più nota ultimamente agli Italiani per la risonanza della questione “FIAT nei Balcani”, vive una realtà industriale altrettanto difficile e di grave stato di disoccupazione. Eppure a Kraljevo, ci sono oggi ben 6 scuole pubbliche che hanno adottato come seconda lingua straniera nel programma di studio, la lingua italiana.
Per questo, in collaborazione con la Scuola “Jovan Dučić” di Kraljevo, realtà locale rappresentativa di altre in cui si studia la nostra lingua, sia per legame e ragioni storiche, che per un obiettivo di valore sociale, intendiamo favorire e realizzare opportunità di scambi culturali, tra i giovani della comunità di Kraljevo (Serbia), con l’Italia e opportunità di soggiorni di studio e di conoscenza culturale reciproca, ospitando gruppi di studenti.
Questi ragazzi, provenienti da famiglie che vivono in condizioni economiche a volte disagiate, non hanno la possibilità di fare alcune utili esperienze al di fuori della loro comunità, per sviluppare capacità, per ricevere stimoli alla ricercazione e anche per il semplice divertimento. Per altri, c’è una difficoltà data dal contesto socio-economico della comunità in cui vivono, impegnata a ricostruirsi dopo la guerra da troppo tempo, isolata, sconosciuta e distante talvolta per il solo non essere parte politicamente dell’Unione Europea. Pur essendo di fatto, una realtà molto vicina alla nostra.
Come presentazione si veda il video prodotto da Un Ponte per…, in visita alla scuola “Jovan Dučić”: http://vimeo.com/34999633
CONTO BANCOPOSTA n. 88411681 intestato a JUGOCOORD ONLUS, Roma
(IBAN: IT 40 U 07601 03200 000088411681)
causale: un ponte per …domani!
Per maggiori informazioni:
Samantha Mengarelli, e-mail: s m e n g a r e l l i @ t i s c a l i . i t
PROGRAMMA
Si vuole realizzare per un gruppo di 10 ragazzi con 2 accompagnatori della scuola “Jovan Dučić”di Kraljevo, un soggiorno settimanale di studio e di visita culturale a Roma, nel periodo fine aprile 2013.
Durante il soggiorno, i ragazzi potranno svolgere un corso di approfondimento di italiano quotidiano, tenuto da insegnanti qualificati, offerto dall’Ente Bilaterale Commercio e Servizi di Roma e Provincia- EBiT Roma. Potranno altresì svolgere un programma di visita e conoscenza della cultura della città, supportate dal Coordinamento Nazionale della Jugoslavia e da altre azioni volontarie, nonché incontrare e svolgere qualche attività e/o momenti di confronto storico, in comune con scuole di Roma e altre Istituzioni locali che vorranno disponibili ad ospitare l’iniziativa.
Il soggiorno del gruppo è previsto in una struttura idonea e dovrà essere garantita la copertura dei relativi costi, per l’alloggio, il vitto e il trasporto locale.
Verranno richiesti ingressi gratuiti o ridotti per il gruppo in visita agli enti di gestione dei siti artistici e culturali della città.
Verranno organizzati eventi con famiglie italiane, con studenti, per ospitare il gruppo.
COSTI PREVISTI
totale costo stimato: 5.640, 00 Euro