Informazione


(in english: 
An Interview With Jean Bricmont - On Humanitarian Interventionism, Iran, Israel and the Non-Aligned Nations
by Kourosh Ziabari on Counterpunch weekend edition aug 31-sep 02, 2012

en francais:
Interview de Jean Bricmont sur les interventions humanitaires, l’Iran, Israël et les pays non-alignés




Jean Bricmont: gli interventi umanitari, l’Iran, Israele e i paesi non allineati

10 Novembre 2012

Intervista a cura di Kourosh Ziabari | Traduzione dal francese di Massimo Marcori per Marx21.it

Questa intervista è stata prima pubblicata in inglese in Counterpunch ed è stata ripresa in Investig’Action

Pubblichiamo l'intervista a Jean Bricmont, figura di rilievo del movimento per la pace mondiale e autore di numerose pubblicazioni tradotte in diverse lingue, come contributo alla discussione sulle prospettive e i compiti del movimento antimperialista e per la pace, pur non condividendone alcuni giudizi in merito alla possibile coincidenza, sul piano della lotta contro le guerre di aggressione, tra sinistra antimperialista e destra, un terreno che consideriamo insidioso e assolutamente non percorribile, suscettibile di generare solo ambigui e pericolosi connubi. Come pure in larga parte non condividiamo il giudizio sulle cause strutturali che generano l'aggressività di alcune grandi potenze, in questa fase della storia. In ogni caso, il nostro dissenso su questi pur non irrilevanti elementi dell'analisi di Bricmont non ci autorizza a censurare il suo contributo e non inficia il valore di altri aspetti delle sue riflessioni, che toccano un nervo scoperto della sinistra occidentale (anche di quella “anti-liberista”), che è oggi, salvo alcune lodevoli eccezioni, complessivamente silente (e anche attraversata da ambiguità sconcertanti nell'individuazione delle responsabilità) di fronte alle permanenti minacce di guerra che sconvolgono il nostro pianeta.

(la redazione)

“Il fatto che un’idea, che è sostanzialmente laica e liberale, quella dei diritti dell’uomo, sia stata trasformata in uno dei principali mezzi per rinfocolare l’isteria di guerra in Occidente è una crudele ironia. Ma è la realtà del nostro tempo, ed è urgente ed importante cambiarla.”

Nel vostro articolo, “The case for a Non-Interventionist Foreign Policy”[http://www.counterpunch.org/2012/02/20/the-case-for-a-non-inteventionist-foreign-policy/], parlate delle giustificazioni che le potenze imperiali utilizzano per razionalizzare le loro spedizioni militari nel mondo. Una politica estera bellicista costituisce un vantaggio per i politici occidentali, in particolare negli Stati Uniti, per attrarre i voti e il sostegno popolare? Gli americani possono eleggere un presidente pacifista che si impegna apertamente a terminare le guerre statunitensi e ad astenersi dall'iniziarne di nuove?

Non sono così sicuro che questo attragga voti. Sicuramente non in Europa. I politici più bellicisti, Blair e Sarkozy, sono stati popolari nel lungo termine, a causa delle loro politiche estere. In Germania, la popolazione è sistematicamente a favore di una politica estera di pace. Come rilevava il pacifista americano A. J. Muste, il problema in ogni guerra si trova tra i vincitori – essi pensano che la violenza paghi. I vinti, come la Germania, e per certi versi il resto d’Europa, sanno che la guerra non è tutta rose.Tuttavia, penso che, ad eccezione dei tempi di crisi, come in occasione delle guerre del Vietnam e d’Algeria, quando queste hanno preso una brutta piega per gli Stati Uniti e la Francia, la maggioranza delle persone non sono veramente interessate dalla politica estera, cosa che è comprensibile, stanti i loro problemi quotidiani, e perché questa sembra essere fuori della portata della maggioranza dei cittadini.

Invece, ogni candidato all’elezione presidenziale degli Stati Uniti deve fare dichiarazioni patriottiche, “siamo i migliori”, “un faro in cima alla collina”, un “difensore dei diritti dell’uomo”, ecc. Evidentemente, questo è vero per tutti i sistemi di potere, la sola cosa che varia sono i “valori” ai quali ci si riferisce (essere un buon cristiano, un buon musulmano o anche un difensore del socialismo, ecc.).

Ed è vero che, per attrarre consensi, occorre avere il sostegno della stampa e delle potenze finanziarie. Ciò permette un’enorme scappatoia in favore del militarismo e del sostegno ad Israele.

Le potenze imperiali, come avete indicato nei vostri scritti, conducono guerre, uccidono innocenti, saccheggiano le risorse naturali dei paesi più deboli sotto il pretesto di portare la democrazia. Chi deve dunque incaricarsi dei principi del diritto internazionale, dell’integrità territoriale e della sovranità? Attaccare altri paesi in tutti i sensi e uccidere indiscriminatamente civili indifesi sono fatti di flagrante illegalità. E’ possibile riportare queste potenze alla ragione e renderle responsabili di ciò che fanno?

Penso che l’evoluzione del mondo stia andando nella direzione del rispetto per i principi del diritto internazionale, dell’integrità territoriale e della sovranità. Come ho detto, i popoli europei sono piuttosto pacifici sia all’interno dell’Europa sia nei confronti del resto del mondo, almeno rispetto al passato. Alcuni loro dirigenti non sono pacifici e vi è una forte pressione a favore della guerra da parte della strana alleanza tra gli interventisti dei diritti umani e i neoconservatori, che sono molto influenti nei media e negli ambienti intellettuali, ma queste non sono le uniche voci autorizzate ed esse sono piuttosto impopolari tra la popolazione..

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, essi attraversano una profonda crisi, non soltanto economica, ma anche diplomatica. Hanno perso da molto tempo il controllo dell’Asia, e stanno perdendo quello dell’America Latina e, attualmente, anche del Medio Oriente. L’Africa si volge sempre più verso la Cina.

Dunque il mondo sta diventando multipolare, che si voglia o no. Là intravedo perlomeno due pericoli: che il declino degli Stati Uniti non produca reazioni “folli”, che conducono ad una guerra globale, o anche che il crollo dell’impero americano non crei un caos generalizzato, un po’ come è avvenuto in occasione del crollo dell’impero romano. E’ responsabilità del movimento dei paesi non allineati e dei BRICS assicurare una transizione ordinata verso un autentico nuovo ordine mondiale.

Ciò che pare ipocrita nell’atteggiamento delle potenze occidentali nei confronti del concetto dei diritti dell’uomo è che queste condannano incessantemente le violazioni dei diritti dell’uomo nei paesi con i quali sono in conflitto, ma rimangono intenzionalmente silenti al riguardo delle violazioni nei paesi loro alleati. Ad esempio, sapete sicuramente come si maltrattano e torturano i prigionieri politici in Arabia Saudita, l’alleato principale di Washington tra i paesi arabi. Perché non si protesta e non si condannano queste violazioni?

Conoscete un qualunque potere che non sia ipocrita? Mi pare che il potere funzioni così dappertutto e in ogni epoca. Ad esempio, nel 1815, alla caduta di Napoleone, lo zar di Russia, l’imperatore d’Austria e il re di Prussia si sono uniti in quella che è stata denominata la Santa Alleanza. Essi pretendevano di basare la loro linea di condotta sulle “sublimi verità contenute nella religione eterna del Cristo salvatore”, come sui principi “della loro santa religione, precetti di giustizia, carità e pace” e hanno giurato di comportarsi nei confronti dei loro soggetti “come un padre verso i suoi figli”.

Durante la guerra dei Boeri, il primo ministro inglese, Lord Salisbury, dichiarò  che era “una guerra per la democrazia” e che “noi non miriamo né alle miniere né al territorio”. Bertrand Russel, che cita queste note, aggiunge che “cinici stranieri” non hanno potuto evitare di far notare “che  abbiamo nondimeno ottenuto sia le miniere sia il territorio”.

Nel momento cruciale della guerra del Vietnam, lo storico americano Arthur Schlesinger descriveva la politica degli Stati Uniti come facente parte del “nostro programma globale di buona volontà internazionale”. Al termine di questa guerra, un giornalista liberale scriveva sul New York Times che: “Durante un quarto di secolo, gli Stati Uniti hanno provato a fare il bene, ad incoraggiare la libertà politica e a promuovere la giustizia sociale nel Terzo Mondo”.

In questo senso le cose non sono cambiate. Le persone a volte pensano che, poiché il nostro sistema è più democratico, le cose debbano cambiare. Ma ciò suppone che le popolazioni siano ben informate, cosa non vera per le numerose falsità contenute nei media, e suppone anche che queste partecipino attivamente alla formazione della politica estera, cosa che non è altrettanto vera, salvo che in tempo di crisi. La formazione della politica estera rimane affare elitario e poco democratico.

L’attacco o l’invasione di altri paesi con il pretesto di un intervento umanitario può essere legalizzato e ammesso con l’unanimità dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Se questi votano tutti a favore di un attacco militare, questo si produrrà. Ma non pensate che il fatto stesso che solo 5 paesi possano prendere decisioni su 193 membri delle Nazioni Unite, e che questa maggioranza considerevole non possa dire nulla sul corso degli avvenimenti internazionali, sia un insulto a tutte queste nazioni e al loro diritto all’autodeterminazione?

Certamente. Ma adesso che la Cina e la Russia sembrano avere posizioni indipendenti nei confronti dell’Occidente, non è così chiaro che nuove guerre saranno legali. L’attuale situazione in seno al Consiglio di Sicurezza non è soddisfacente, penso però che, nel complesso, le Nazioni Unite siano una buona cosa; queste forniscono principi che si oppongono all’ingerenza e un quadro per l’ordine internazionale, la loro esistenza offre la possibilità a diversi paesi di incontrarsi e discutere, ciò è meglio di niente. 

Sicuramente, riformare le Nazioni Unite sarà questione complicata, perché questo non si può fare senza il consenso dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, e vi sono poche possibilità che questi siano entusiasti di fronte alla prospettiva di perdere parte del loro potere.

Quello che conterà in fin dei conti sarà l’evoluzione dei rapporti di forza, e questa non avviene in favore di coloro che attualmente pensano di controllare il mondo.

Parliamo di alcune questioni d’attualità. Nei vostri articoli, avete parlato della guerra in Congo. E’ stato uno choc per me apprendere che la seconda guerra del Congo è stata la più micidiale nella storia dell’Africa con 5 milioni di morti innocenti, ma i media dominati dagli Stati Uniti hanno nascosto questo, perché uno dei belligeranti, l’esercito ruandese, era uno stretto alleato di Washington. Qual è la vostra posizione al riguardo?

Non sono un esperto di questa regione del mondo. Ma la tragedia ruandese del 1994 è spesso utilizzata come argomento a favore di interventi stranieri che, si dice, avrebbero potuto fermare la carneficina, mentre la tragedia del Congo dovrebbe essere considerata come un argomento contro l’intervento straniero e per il rispetto del diritto internazionale, poiché essa è in larga misura dovuta all’intervento del Ruanda e dell’Uganda in Congo.Il fatto che quest’ultimo argomento non sia mai invocato dimostra una volta di più a che punto il discorso sull’intervento umanitario sia falsato a favore dei poteri in campo, che vogliono attribuirsi il diritto di intervenire quando gli fa comodo.

Qualche giorno fa, il segretario generale dell’ONU, Ban Ki Moon, condannava i dirigenti iraniani per i loro propositi incendiari e astiosi nei confronti di Israele. Tuttavia, non ricordo che egli abbia condannato gli ufficiali israeliani per le loro ripetute minacce di guerra contro l’Iran. Qual è la ragione di tale ipocrisia?

Come sapete, l’ipocrisia in Occidente nei confronti di Israele raggiunge livelli inauditi e Ban Ki Moon, benché sia il segretario generale dell’ONU è su posizioni molto “filo-occidentali”. Benché dubiti della saggezza della retorica iraniana su Israele, penso però che le minacce di azioni militari di Israele contro l’Iran siano di gran lunga più serie e dovrebbero essere considerate illegali dal punto di vista del diritto internazionale. Penso anche che le sanzioni unilaterali contro l’Iran, prese dagli Stati Uniti e dai loro alleati, per compiacere Israele siano vergognose. E, sebbene le persone che si dicono antirazziste in Occidente non denuncino mai queste politiche, ritengo invece che esse siano profondamente razziste, perché sono accettate unicamente per il fatto che dei paesi sedicenti civilizzati, Israele e i suoi alleati, esercitano questa minaccia e queste sanzioni contro un paese “non civilizzato”, l’Iran. Nel futuro, ci si ricorderà di questo nello stesso modo in cui si ricorda oggi la schiavitù.

Ci sono persone come voi che si oppongono al militarismo degli Stati Uniti, alla sua menzogna e ipocrisia in merito ai diritti dell’uomo e al loro tentativo di divorare il Medio Oriente ricco di petrolio, ma devo dire che voi siete una minoranza. E’ il Congresso dominato da Israele e i “think tanks” bellicisti come il Council on Foreign Relations e il National Endowment for Democracy che dirigono gli Stati Uniti, e non i pensatori contro la guerra, progressisti, a favore della pace, come voi. Qual è il livello d’influenza che hanno i pensatori progressisti e i media di sinistra sulle politiche decise negli Stati Uniti?

Penso che si debba fare una distinzione tra il sostegno ad Israele e il desiderio di “divorare” il petrolio. Le due politiche non sono le stesse e infatti sono contraddittorie. Come hanno mostrato, ritengo, Mearsheimer e Walt, le politiche filo-israeliane degli Stati Uniti sono in larga misura dovute alla lobby filo-israeliana ed esse non aiutano né la loro economia né i loro interessi geostrategici. Ad esempio, per quanto ne so, nulla impedirebbe alle nostre compagnie petrolifere di  trivellare in Iran, se non ci fossero sanzioni imposte a questo paese; ma queste sanzioni sono legate all’ostilità di Israele nei confronti dell’Iran, non al desiderio di controllare il petrolio.

La seconda osservazione è che le persone che sono contro la guerra non sono necessariamente di sinistra. E’ vero che gran parte della destra è divenuta neoconservatrice, ma c’è anche una gran parte della sinistra che è influenzata dall’ideologia dell’intervento umanitario.

Negli Stati Uniti, esiste una destra libertaria, Ron Paul ad esempio, che è risolutamente contro la guerra, e vi sono anche alcune tracce di una sinistra pacifista o antimperialista.

Notate che ciò si è sempre ripetuto (anche in epoca coloniale): la divisione tra filo e anti-imperialisti non coincide con la divisione sinistra-destra, se questa è compresa in termini socio-economici o in termini “morali” (ad esempio sul matrimonio omosessuale).

E’ vero che abbiamo troppa poca influenza, e questo è dovuto in parte al fatto che siamo divisi tra una sinistra pacifista e una destra pacifista. Ritengo che la maggioranza della popolazione si opponga a queste interminabili e costosissime guerre, soprattutto in Europa, a causa delle lezioni della seconda guerra mondiale, o a causa delle disfatte nelle guerre coloniali e, negli Stati Uniti,, a causa di una certa stanchezza nei confronti della guerra, dopo l’Afghanistan e l’Iraq.

Quello che ci occorre è un forte movimento pacifista; affinché questo si formi, bisognerebbe concentrarsi sulla guerra stessa e unire le diverse opposizioni (di sinistra e di destra). Ma se i movimenti si possono costruire attorno a questioni come l’aborto o il matrimonio omosessuale, che mettono ai margini problemi socio-economici e le questioni di classe, perché no?

Benché un tale movimento ancora non esista, le sue prospettive non sono totalmente disperate: se la crisi economica peggiora, e se l’opposizione mondiale alle politiche degli Stati Uniti cresce in ampiezza, i cittadini di diverso colore politico potrebbero unirsi per tentare di costruire alternative al militarismo.

Qual è il vostro punto di vista per quanto riguarda la guerra di sanzioni, embargo, assassini di scienziati e operazioni psicologiche che conducono gli Stati Uniti e il loro alleati nei confronti dell’Iran? L’Iran subisce praticamente un attacco multilaterale degli Stati Uniti, di Israele, e dei loro servili accoliti europei. Esiste un qualunque modo per l’Iran per uscire da tale situazione e per resistere alla pressione? Avete mai sentito parlare della sua cultura e civiltà, di cui i media dominanti non parlano mai?

Non conosco bene l’Iran, ma non penso di aver bisogno di saperne di più su questo paese, anche se sicuramente mi piacerebbe farlo, per oppormi alle politiche che avete menzionato. Ero anche contrario all’intervento occidentale nell’ex Yugoslavia e in Libia. 

Alcuni pensano che vi sono interventi buoni e altri cattivi. Ma la questione principale rimane: chi interviene? In realtà in occidente non sono mai i “cittadini” o la “società civile”, o anche soltanto i paesi europei, senza l’appoggio degli Stati Uniti, che intervengono. E’ sempre l’esercito americano, in particolare le sue forze aeree.

Ora, si può certamente difendere l’idea che occorre ignorare il diritto internazionale e che la difesa dei diritti dell’uomo debba toccare alla Air Force americana. Ma molte persone che sostengono i “buoni” interventi non dicono questo. In genere, dicono che “noi” dobbiamo fare qualcosa per “salvare le vittime” in questa o quella particolare situazione. Ciò che coloro che difendono questo punto di vista dimenticano, è che il “noi” che si suppone intervenire, non fa riferimento a quelli che sostengono questo discorso, ma soltanto all’esercito americano. 

Di conseguenza, il sostegno a qualunque intervento non fa che rafforzare l’arbitrio del potere americano che certamente lo esercita come meglio ritiene e non, in generale, secondo gli auspici di quelli che sostengono i “buoni” interventi.

Per concludere, potete darci un’idea di come i grandi media servano gli interessi delle potenze imperiali? Come funzionano? E’ moralmente giustificabile utilizzare la propaganda dei media per raggiungere obiettivi politici e coloniali?

Il legame tra i “grandi media” e la propaganda di guerra è complesso, come lo è il rapporto tra il capitalismo e la guerra. La maggior parte delle persone di sinistra pensa che il capitalismo abbia bisogno della guerra o la guidi. Ma la verità, a mio avviso, è molto più articolata. I capitalisti americani fanno fortuna in Cina e in Vietnam adesso che c’è la pace tra gli Stati Uniti e l’est asiatico (per i lavoratori americani, evidentemente, è un’altra storia).

Non c’è alcun motivo per cui le compagnie petrolifere o di altre società capitalistiche occidentali non abbiano rapporti commerciali con l’Iran (almeno, dal punto di vista di queste compagnie) e, se ci fosse una pace stabile in questa regione, i capitalisti si precipiterebbero su di essa come avvoltoi per sfruttarvi una mano d’opera a buon mercato e relativamente qualificata.

Questo non vuol dire che i capitalisti siano gentili, né che essi non possano essere individualmente a favore della guerra, ma che la guerra non è, generalmente, nel loro interesse, e che essi non costituiscono necessariamente la forza principale che preme per la guerra.

I popoli sono indotti a fare la guerra tra loro da conflitti ideologici e religiosi, soprattutto quando queste ideologie assumono forme fanatiche – ad esempio, quando si crede che un certo appezzamento di terra è stato offerto da Dio, o che il vostro paese è investito da una missione speciale, come esportare i diritti dell’uomo e la democrazia (secondo la volontà divina, per Mitt Romney), preferibilmente con missili da crociera e droni.

Il fatto che un’idea fondamentalmente laica e liberale come quella dei diritti dell’uomo, sia stata trasformata in uno dei principali mezzi per attizzare l’isteria bellica in occidente è una crudele ironia. Ma è la realtà del nostro tempo ed è urgente ed importante cambiarla.

Kourosh Ziabari è un giornalista iraniano, corrispondente stampa e militante per la pace. E’ membro della World Student Community for Sustainable Development. Può essere contattato all’indirizzo kziabari@...

Jean Bricmont è professore di fisica teorica all'Università di Louvain (Belgio) e figura rappresentativa del movimento europeo per la pace

1. Bertrand Russel, Freedom and Organization, 1814-1914, Londra, Routledge, 2001.
2. The New York Times, 6 febbraio 1966.
3. William V. Shannon, The New York Times, 28 settembre 1974. Citato da noam Chomsky su “Human Rights” and Foreign American Policy, Nottingham, Spokesman Books, 1978, p. 2-3. Disponibile su: book-case.kroupnov.ru/  
4. Si veda il loro libro Le lobby pro-israélien et la politique étrangère américaine, Editions La Dècouverte, 2009.




(english / deutsch)

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The Logic of War
 
2012/11/01

PRIŠTINA/BERLIN
 
(Own report) - The European Court of Auditors (ECA) is making serious accusations against the German-EU Kosovo occupation policy. According to the ECA's report published Tuesday, not much can be seen of the "rule of law," that the EU for years has been pretending to establish in the region that had seceded from Serbia in violation of international law. Instead, levels of general corruption and particularly of organized crime remain "high." This has "not changed considerably" since the occupation began in the summer of 1999, writes the EU authority. NATO invaded that south Serbian province in the summer of 1999. Under its control and with Berlin's active support, the KLA mafia gang led by Kosovo's current Prime Minister, Hashim Thaci, became the strongest local power. The ECA report, once again, shows the consequences of Berlin's repeated reversion to elements - such as the KLA - in the framework of strategically motivated military operations. With their help, wars can be won, but their social qualities are diametrically opposed to a humane development in the region targeted by German interventions.

Drip-Fed by the EU

The report of the European Court of Auditors (ECA), published Tuesday, begins with a short recapitulation of recent developments in Kosovo. It recalls how NATO invaded in the summer of 1999 and - in the name of the UN - took control of this south Serbian province; how its formal secession was prepared and - in violation of international law - finally imposed in February 2008. In spite of the massive pressure particularly from Germany and the USA, Kosovo has been recognized by only 91 countries. Berlin has not been even able to prevail within the EU: Five EU member countries continue to consider the region part of Serbia - in accordance with the terms of international law.[1] In defiance of all resistance to this illegal secession, Priština has been receiving billions in subventions from western donor countries since 1999. According to the ECA, between 1999 and 2007 alone, it received 3.5 billion Euros - two thirds of which originated in the budgets of the EU and its member countries. An additional 1.2 billion Euros had been provided for the period 2009 - 2011. Kosovo, which has not been recognized by one-fifth of the EU member states, is today the main - per capita - recipient of EU aid.

The Mafia in Power

In this context, the "European Union Rule of Law Mission in Kosovo," EULEX is of particular importance, because of the social situation. Before the attack on Yugoslavia, in March 1999, Germany and NATO had already begun to arm the mafia militia of the archaic clan-dominated back hills of Kosovo against Belgrade. During the war, the KLA actually functioned as the ground forces of NATO's bombers. When the combat ended, they had developed into the strongest force of the South-Serbian province. Their leader, at the time, Hasim Thaci, has been Kosovo's Prime Minister, since 2008. Since the 1990s, the mafia activities of the head of government and his current entourage have regularly been the object of international criticism. (german-foreign-policy.com reported.[2]) EULEX was therefore given the task of establishing principles of rule of law in Kosovo. EULEX, with its 2,500 employees, is the largest crisis operation that the EU has ever had.

Mismanagement

The ECA has rendered a devastating verdict against EULEX not only for anomalies that could be considered simply mismanagement. According to the ECA, the EU Commission supports the establishment of an independent information system for the border police of Kosovo, rather than the creation of a unified system for the entire police force - as the EULEX had demanded. This EU authority acknowledged that there simply had been no coordination during preparations. Besides, the implementation of both projects was "significantly delayed," the supply of the equipment was more than a year late. In any case, the primary objective for these measures had been to replace a long since existing information system, simply because it was introduced by the USA, with a new fully EU-standards compliant system. Implementation of the new system was difficult because of the Kosovo authorities’ preference to continue with the existing system. This was in no case, a promotion of efficient police work, criticized the ECA.[3]

Organized Crime

The fact that, at best, Kosovo has made "limited progress in the struggle against organized crime" after years of EU engagement is even more serious. According to the ECA, the organized crime situation, in fact, has "changed very little" since 1999, remaining at a "high level." Investigations of even major crimes are "still ineffective," not just due to limited experience, but mainly because of political interference. The Kosovo authorities also lack the capacity to tackle financial and economic crime and money laundering - the kinds of criminality usually accompanying mafia activities.[4]

Unsovereign Judicial System

In spite of the years of EU engagement, the judicial system still suffers from "fundamental weaknesses," complains the ECA. There are numerous vacancies because the Kosovo authorities turned down the personnel recommendations made by the occupation forces. Significant deficits are current in the assurance of minority rights. Only 33 percent of the posts reserved for members of minorities in the judicial system have been filled. It is impossible to reasonably prosecute crimes due to the low number of judges and prosecutors. Political interference is facilitated by the fact that cases are arbitrarily assigned to judges and prosecutors. Since 2004, an EU system aimed at correcting the situation, has been in preparation, but has yet to be implemented. It was confirmed to the OSCE that some judges are "not fully willing to render their judgements on the basis of the law only, but tend to act in anticipatory obedience to external influences."[5] The ECA discerns a positive development in only one area: the establishment of Kosovo's customs system "has been largely successful."

Future Forces

The ECA once again provides an indication of the consequences of geostrategic motivated military operations, such as the aggression over Kosovo. To vanquish its enemy, Germany has regularly cooperated with forces, which were powerful enough to win wars, but whose social qualities are diametrically opposed to a humane development in the region targeted by German interventions. This had been the case in Afghanistan in the 1980s when, within the framework of the western alliance, the Federal Republic of Germany helped support the Afghan Mujahedeen fighting pro-Soviet forces in Kabul and the Soviet army. The consequences are well known. Cooperation with the KLA, which, together with NATO, was strong enough to tear Kosovo away from Yugoslavia, has ultimately led to the rule of Mafiosi clans, provoking complaints now from the ECA. A similar outcome can be expected from Berlin's current cooperation with Afghan warlords to maintain control at the Hindu Kush, (german-foreign-policy.com reported,[6]) or in Syria, where Islamist militia are fighting on the side of the West.[7] This brutalization of social relations corresponds to the logic of warfare, in as much as, not the most humane, but the most barbaric forces are the more promising allies, who, in the long run, become the most influential forces shaping the future.

[1] The five countries are Greece, Romania, Slovakia, Spain, and Cyprus.
[2] see also Die Mafia als StaatThe Mafiosi State (II)Became Part of the West and Ein privilegierter Partner
[3], [4], [5] European Court of Auditors: European Union Assistance to Kosovo Related to the Rule of Law. Special Report No. 18/2012
[6] see also Part of the ProblemDie Kolonialisten kommen zurück and Klassische Warlords
[7] see also The Islamization of the Rebellion


--- deutsch ---


Die Logik des Krieges
 
01.11.2012

PRISTINA/BERLIN
 
(Eigener Bericht) - Schwere Vorwürfe gegen die deutsch-europäische Besatzungspolitik im Kosovo 
erhebt der Europäische Rechnungshof. Wie aus einem am Dienstag veröffentlichten Bericht der Institution hervorgeht, ist von einem "Rechtsstaat", den die EU schon seit Jahren in der völkerrechtswidrig von Serbien abgespaltenen Region aufzubauen vorgibt, nicht viel zu sehen. Stattdessen befinden sich nicht nur allgemein die Korruption, sondern insbesondere auch die Organisierte Kriminalität weiterhin auf einem "hohen Niveau"; dieses habe sich seit dem Beginn der Besatzung im Sommer 1999 "nicht bedeutend geändert", schreibt die EU-Behörde. Im Sommer 1999 war die NATO in die südserbische Provinz einmarschiert; unter ihrer Kontrolle und unter tatkräftiger Mitwirkung Berlins wurde die Mafia-Bande UÇK des derzeitigen kosovarischen Ministerpräsidenten Hashim Thaçi zur stärksten einheimischen Macht. Der Rechnungshof-Bericht lässt einmal mehr die Konsequenzen strategisch motivierter Gewaltoperationen erkennen, in deren Rahmen Berlin immer wieder auf Elemente wie die UÇK zurückgreift - mit ihrer Hilfe lassen sich Kriege gewinnen, ihre sozialen Qualitäten stehen einer humanen Entwicklung in den Zielgebieten deutscher Interventionen allerdings diametral entgegen.

Am Tropf der EU

Der am Dienstag publizierte Bericht des Europäischen Rechnungshofs rekapituliert zunächst knapp die Entwicklung des Kosovo in der jüngsten Vergangenheit. Er ruft in Erinnerung, wie im Sommer 1999 die NATO einmarschierte und - im Namen der UNO - die Kontrolle über die südserbische Provinz übernahm, wie dann Vorbereitungen für die formelle Sezession des Gebiets eingeleitet und die Abspaltung im Februar 2008 vollzogen wurde - völkerrechtswidrig. Bis heute wird das Kosovo, ungeachtet massiven Drucks vor allem aus Deutschland und den USA, nur von 91 Staaten weltweit anerkannt; selbst in der EU hat sich Berlin nicht durchsetzen können: Fünf EU-Staaten rechnen das Gebiet weiterhin, völkerrechtlich korrekt, Serbien zu.[1] Ungeachtet sämtlicher Widerstände gegen die illegale Sezession wird Priština schon seit 1999 mit Milliardensummen westlicher Geberstaaten subventioniert. Allein von 1999 bis 2007, schreibt der Europäische Rechnungshof, habe es rund 3,5 Milliarden Euro erhalten - zwei Drittel davon aus dem EU-Etat und von EU-Mitgliedsländern -, für 2009 bis 2011 seien 1,2 Milliarden Euro bereitgestellt worden. Kosovo, das von einem Fünftel der EU-Mitglieder nicht anerkannt wird, ist - pro Kopf gerechnet - heute der größte Empfänger von EU-Hilfen überhaupt.

Die Mafia an der Macht

Besondere Bedeutung kommt in diesem Rahmen EULEX zu, der "European Union Rule of Law Mission in Kosovo", die in dem Sezessionsgebiet einen Rechtsstaat aufbauen soll. Hintergrund ist die soziale Lage dort. Deutschland und die NATO begannen vor dem Überfall auf Jugoslawien im März 1999, Mafia-Milizen aus dem von archaischen Clans dominierten kosovarischen Hinterland gegen Belgrad aufzurüsten. Während des Krieges operierte die UÇK faktisch als Bodentruppe für die NATO-Bomber; als die Kampfhandlungen zu Ende waren, hatte sie sich zur stärksten Kraft in der südserbischen Provinz entwickelt. Ihr damaliger Führer, Hashim Thaçi, ist seit dem Jahr 2008 kosovarischer Ministerpräsident. Die Mafia-Aktivitäten des Regierungschefs und seiner aktuellen Entourage werden seit Ende der 1990er Jahre regelmäßig international kritisiert (german-foreign-policy.com berichtete [2]). EULEX hat daher die Aufgabe erhalten, rechtsstaatliche Prinzipien im Kosovo zu etablieren. Es handelt sich bei EULEX mit ihren gut 2.500 Mitarbeitern um die größte Krisenoperation der EU überhaupt.

Fehlmanagement

Der Europäische Rechnungshof stellt EULEX nun ein vernichtendes Urteil aus. Es beruht nicht nur auf Merkwürdigkeiten, die sich noch als simples Fehlmanagement darstellen ließen. So unterstützte die EU-Kommission dem Rechnungshof zufolge den Aufbau eines eigenen Informationssysstems für die kosovarische Grenzpolizei, anstelle der gesamten Polizei - wie von EULEX gefordert - ein einheitliches System zu verschaffen. Man habe bei der Vorbereitung schlicht keine Koordinierung vorgenommen, konstatiert die EU-Behörde. Darüber hinaus sei die Einführung der beiden Systeme "signifikant verspätet" erfolgt; Ausrüstungsgegenstände seien mit einem Zeitverzug von über einem Jahr geliefert worden. Überhaupt sei es ein zentrales Ziel der Maßnahme gewesen, ein schon längst existierendes Informationssystem nur deswegen zu ersetzen, weil dessen Einführung von den USA unterstützt worden sei; Washington habe nicht auf Kompatibilität mit den üblichen EU-Standards geachtet. Schwierigkeiten bei der Einführung des neuen EU-Systems habe es auch gegeben, da das kosovarische Personal gerne mit der in Betrieb befindlichen Apparatur weitergearbeitet hätte. Einer effizienten polizeilichen Tätigkeit habe man damit keinesfalls gedient, kritisiert der Rechnungshof.[3]

Organisierte Kriminalität

Gravierender ist, dass nach jahrelanger EU-Tätigkeit das Kosovo allenfalls "geringe Fortschritte im Kampf gegen das organisierte Verbrechen" verzeichnen kann. Tatsächlich habe sich die Lage, heißt es beim Rechnungshof, seit 1999 hinsichtlich der Organisierten Kriminalität "nicht bedeutend geändert", letztere verharre auf "hohem Niveau". Die Untersuchung selbst schwerer Verbrechen sei "immer noch unwirksam", keineswegs nur wegen mangelhafter Erfahrung, sondern vor allem auch wegen politischer Interventionen. Die kosovarischen Behörden seien außerdem nicht in der Lage, Wirtschaftsverbrechen und Geldwäsche zu bekämpfen - Formen der Kriminalität, die gewöhnlich anderweitige Mafia-Aktivitäten begleiten.[4]

Abhängige Justiz

Auch das Gerichtswesen leide trotz der langjährigen EU-Maßnahmen weiterhin "an grundlegenden Schwächen", moniert der Europäische Rechnungshof. So seien zahlreiche Stellen vakant, da die kosovarischen Behörden Personalvorschläge der Besatzer nicht akzeptierten. Schlimme Mängel gebe es bei der Wahrung von Minderheiten-Rechten: Nur 33 Prozent der Posten im Gerichtswesen, die für Minoritäten reserviert seien, seien besetzt. Die Anzahl der Richter und Staatsanwälte sei so niedrig, dass eine angemessene Strafverfolgung unmöglich sei. Politische Intervention werde durch die Tatsache erleichtert, dass die Zuteilung der Fälle an bestimmte Richter und Staatsanwälte völlig willkürlich erfolge; ein EU-System, das Abhilfe schaffen solle, sei schon seit 2004 in Arbeit, werde jedoch noch immer nicht eingesetzt. Die OSZE habe sich bestätigen lassen, dass so manche Richter nicht bereit seien, "ihre Urteile auf der alleinigen Grundlage des Rechts" zu sprechen, sondern dass sie "dazu tendierten, in vorauseilendem Gehorsam gegenüber äußeren Einflüssen zu handeln".[5] Positive Entwicklungen kann der Europäische Rechnungshof nur in einem Segment erkennen: Der Aufbau des kosovarischen Zollwesens verzeichne "in hohem Maße Erfolg".

Kräfte der Zukunft

Der Rechnungshof-Bericht lässt einmal mehr erkennen, welche Konsequenzen geostrategisch motivierte Gewaltoperationen wie der Kosovo-Krieg mit sich bringen. Um den Feind zu besiegen, kooperiert die Bundesrepublik regelmäßig mit Elementen, die schlagkräftig genug sind, um Kriege zu gewinnen, deren soziale Qualitäten allerdings einer humanen Entwicklung in den Zielgebieten deutscher Interventionen diametral entgegenstehen. Dies war bereits im Afghanistan der 1980er Jahre der Fall, als die Bundesrepublik sich im Rahmen des westlichen Bündnisses daran beteiligte, afghanische Mujahedin gegen prosowjetische Kräfte in Kabul und gegen die sowjetische Armee zu unterstützen; die Folgen sind bekannt. Die Zusammenarbeit mit der UÇK, die gewalttätig genug war, um das Kosovo im Verein mit der NATO Jugoslawien zu entreißen, mündete letztlich in die Herrschaft von Mafia-Clans, die der Europäische Rechnungshof heute beklagt. Ähnliches muss für die aktuelle Kooperation mit Warlords in Afghanistan befürchtet werden, mit deren Hilfe Berlin die Kontrolle am Hindukusch aufrecht zu halten sucht (german-foreign-policy.com berichtete [6]), oder für Syrien, wo islamistische Milizen an der Seite des Westens kämpfen [7]. Die Brutalisierung der gesellschaftlichen Verhältnisse entspricht der Logik des Krieges, die nicht die humansten, sondern die gewalttätigsten Elemente zu den meistversprechenden Verbündeten, langfristig allerdings auch zu den maßgeblichen Kräften der Zukunft macht.

[1] Die fünf Staaten sind Griechenland, Rumänien, die Slowakei, Spanien und Zypern.
[2] s. dazu Die Mafia als StaatDie Mafia als Staat (II)Teil des Westens geworden und Ein privilegierter Partner
[3], [4], [5] European Court of Auditors: European Union Assistance to Kosovo Related to the Rule of Law. Special Report No. 18/2012
[6] s. dazu Teil des ProblemsDie Kolonialisten kommen zurück und Klassische Warlords
[7] s. dazu Die Islamisierung der Rebellion



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(Segnalato da R. Pilato e G. Vlaic, che ringraziamo. 
Sullo sfruttamento del lavoro degli operai serbi bombardati dalla NATO si veda la documentazione pregressa raccolta alla nostra pagina:


Ritmi accelerati Fiat bocciati in Serbia

Prima minaccia di sciopero nella storia dell'azienda a Kragujevac, rientrata dopo un aumento degli straordinari: per gli operai i ritmi di lavoro sono troppo duri.

giovedì 8 novembre 2012 16:45
italintermedia.globalist.it

Lo stabilimento Fiat di Kragujevac sta attraversando i primi scontri sindacali della sua giovane storia: nella fabbrica in cui si stanno sperimentando i nuovi turni di lavoro, gli operai delle installazioni lamentano condizioni troppo rigidi ed un aumento dei ritmi non più sostenibile. Dopo una minaccia di sciopero, l'azienda ha deciso di accettare le richieste degli operai e pagherà gli straordinari in misura più consistente, ma la pace sindacale che regnava fin dalla nascita dell'azienda italo-serba si è infranta. 
Con l'inizio della produzione della "500 L", la Fiat Automobili Srbija ha inaugurato nuovi turni di lavoro che dovrebbero poi entrare in vigore nell'intero gruppo: dieci ore con pause ridotte per quattro giorni a settimana, e poi tre giorni a casa. "Lunedì scorso ho parlato con gli operai durante una pausa di 20 minuti - dice a "Blic" Zoran Mihajlovic, storico presidente dei sindacati indipendenti di Kragujevac - e loro dicono che per dieci ore di lavoro al giorno sono troppe anche perché la linea di produzione ha cominciato a muoversi più velocemente e la richiesta di produttività è aumentata. 
A questi ritmi, dicono, non ce la si fa. Loro vorrebbero tornare a turni di otto ore per cinque giorni alla settimana. E poi i loro salari restano di circa 33mila dinari (meno di 300 euro, n.d.t.) e lavorando di notte ricevono solo 300 dinari, ovvero tre euro, in più". Nello stabilimento il primo turno entra in funzione dalle 6 del mattino alle 18, ed il secondo dalle 22 alle 6. A far esplodere il malcontento pare sia stata la decisione di imporre quattro ore di straordinario in più, ma di fronte alla prima minaccia di sciopero della sua storia l'azienda ha deciso di trattare e per il momento la minaccia è rientrata con l'accordo di aumentare del 25 per cento la paga per le ore di lavoro in più.
La Fas dice che a rendere necessaria l'aumento del lavoro sono state le forti richieste della "500 L" da parte dei mercati europei, ma per conto dei sindacati, Mihajlovic ribadisce che l'obiettivo resta quello di tornare entro febbraio prossimo ai turni ed alle giornate lavorative di prima. La Fas di Kragujevac in base agli accordi iniziali con il governo serbo doveva assumere 2.400 dipendenti, al momento ne conta cento in più ed entro la fine dell'anno dovrà assumerne altri 150, ma la sperimentazione dei nuovi ritmi "accellerati" e la riduzione delle pause, che inizialmente era stata fatta passare con una più generosa assegnazione di straordinari, sembra destinata a creare problemi anche se nello stabilimento l'azienda ha sostituito gli operai più anziani con personale giovane, che finora si riteneva maggiormente motivato.





Con l'istituzione del Giorno del Ricordo in data 10 Febbraio, le autorità italiane hanno cercato di diffondere una propria versione della storia riguardo alle vicende del confine orientale italiano nel dopoguerra. Molto spesso si sente parlare di "esodo", "foibe" e in genere di "pulizia etnica" ai danni degli italiani che si trovarono a vivere nei territori che l'Italia perdette a seguito della ratifica del Trattato di Pace nel 1947, e che passarono alla Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia. In realtà solo parte degli italiani autoctoni di questi territori emigrò in Italia. Una grossa fetta (ma comunque meno della metà) invece decise di restare nelle proprie terre. Questo articolo è dedicato alla riorganizzazione politica e culturale degli italiani che si trovarono a vivere nella nuova Jugoslavia socialista...


La condizione della comunità italiana nella Jugoslavia socialista


di Andrea Degobbis per il sito Diecifebbraio.info

scarica il saggio in formato PDF (2,3MB): 

http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2012/11/Degobbis2012.pdf





[Il 23 ottobre scorso, attivisti della associazione degli "Amici dei Serbi del Kosovo" in Repubblica Ceca hanno "rovinato la festa" alla ex segretaria di Stato USA Madeleine Albright. La Albright era impegnata a firmare copie di un suo libro autobiografico, quando gli attivisti, diligentemente disposti nella fila degli ammiratori, si sono presentati chiedendole di firmare alcuni poster che mostravano i crimini di guerra commessi in Kosovo durante e dopo i bombardamenti del 1999. Gli attivisti, guidati da Vaclav Dvorak, regista del documentario "Kosovo rubato", sono stati spintonati e insultati sia dal personale della libreria ("Bolscevichi fottuti!"), sia dalla stessa Albright ("I criminali di guerra siete voi! Andate via! Serbi disgustosi!"), fino all'arrivo della polizia che ha garantito che la criminale di guerra potesse continuare ad apporre i suoi autografi. (a cura di IS)]


US War Criminal M. Albright "disgusted by Serbs"


1) War criminal Madeleine Albright in Prague (Czech): "Disgusting Serbs"!
2) Albright remarks spark anger in Serbia
3) A few notes on Albright's childhood years


VIDEOS:
MORE LINKS: 

Tisková zpráva občanského sdružení Přátelé Srbů na Kosovu 29. října 2012

Incident in Prague bookstore, 2012

Ukradene Kosovo (Stolen Kosovo / Kosovo rubato)

Madeleine Albright in Serbia, 1939 (VIDEO)


=== 1 ===


УКЉУЧИ ТИТЛОВЕ
TURN ON SUBTITLES

MADELEINE ALBRIGHT IN PRAGUE: "DISGUSTING SERBS!" (1:02)

On October 23rd, in Prague, Czech Republic there was a book-signing event for former U.S secretary of state Madeleine Albright's new book "Prague Winter" in the Luxor bookshop. Several activists from the organization "Friends of Serbs in Kosovo" led by film director Vaclav Dvorak (the author of the documentary "Stolen Kosovo"), presented five posters with photographs of victims from NATO's "humanitarian bombing" campaign and politely asked Albright to sign them. Ms. Albright was caught off guard, which was followed by the aggressive interference of the bookstore security. 
The inability to face critique adequately and with dignity. This might be the right description of Albright's reaction, which followed, after the members of "Friends of Serbs in Kosovo" presented her the posters with pictures of the Kosovo telecommunications, first children's victim of the so called "humanitarian bombing" 3 years old Milica Rakić, Serbian refugees from the Croatia's Krajina and militant Muslim volunteers in the Bosnian army. "This is your work as well, madam" the activists said while asking her to sign the posters. Madeleine Albright was noticeably disconcerted, agitated, and upset, refused to sign the posters and started yelling: "Get out", "Disgusting Serbs" and "You are war criminals" and ordered the activists to leave the Luxor bookstore.
"Madeleine Albright pushed through the bombing of the Federal Republic of Yugoslavia in 1999 by NATO aircraft without a UN mandate for her office of the foreign minister of the USA, supported the jihad in Bosnia in 1992-1995, manipulated with the facts about the Srebrenica massacre and strongly personally profited by the privatization of the telecommunications in Kosovo. She is supposed to bear the consequences of her political decisions and admit her responsibility for the bloodshed and thousands of civil victims." Explains one of the participants, Daniel Huba, why he used the personal presence of Albright in Prague and brought her the poster to sign.
After the activists presented the posters to Madeleine Albright, the bookstore security started to interference aggressively and several activists were both, verbally and physically attacked. There were expressions like "fucking Bolsheviks", which some of the members of the citizen's associations "Friends of Serbs in Kosovo", which unites many members across political parties and convictions, understands as an offence and will be asking for an apology. The Czech police are investigating if the bookstore employees broke any laws in the way they treated the activists. The members of "Friend of Serbs in Kosovo" strongly disagree with such as unprofessional approach of the bookstore Luxor security, which is very similar to the totalitarian practices of censorship and opposes the basic principles of the democratic discussion and plurality of opinions.


---

Prague, Czech Republic - During the promotion of a book by former U.S. secretary of State, Madeleine Albright at The new Luxor Palace of Books, there was a general turmoil when the activists of the "Friends of the Serbs in Kosovo" organization asked her to sign the posters and CDs with the photos of atrocities committed over Serbs.
This was followed by a fierce reaction of security, and this association activists were attacked both verbally and physically. M. Albright although she tried to feign indifference and calmness, jumped from her chair and started shouting at attendees to get out. One of the participants, and a member of the Association of Friends of Kosovo Serbs, Daniel Huba, when asked why they were here today, responds:
"From the position of the USA Secretary of State, Madeleine Albright pushed for the bombing of the Federal Republic of Yugoslavia in 1999. when NATO planes bombed without a UN mandate. She also supported the jihad in Bosnia during 1992-1995, and the manipulation of the facts about Srebrenica, but also personally earned from privatization of Kosovo Telecommunications. She should therefore bear the consequences of her political decisions and acknowledge responsibility for the bloodshed, in which thousands of civilians were killed. "



=== 2 ===

http://www.thenews.com.pk/Todays-News-1-141014-Albright-remarks-spark-anger-in-Serbia

The News - November 4, 2012

ALBRIGHT REMARKS SPARK ANGER IN SERBIA

BELGRADE: Hostile remarks to Serbs made in Prague by former US Secretary of State Madeleine Albright, detested in Serbia for her role in 1999 Nato air strikes against the country, on Friday prompted angry reactions here.
“Disgusting Serbs! Get out!” Albright told members of the association Friends of Kosovo Serbs, asking her to sign posters showing Serb victims of Nato bombings at a book shop where she was launching her book “A winter in Prague” last week. The reaction was prompted after a video of the incident appeared on YouTube.
“Disgusting behaviour of Madeleine Albright,” read the headline on the Internet site of Serbia’s public broadcaster RTS.
Albright “unveiled her great disgust for Serbs in a not very diplomatic manner,” said pro-Serb Czech director Vaclav Dvorzak, who was at the bookstore at the time, in an interview published Friday in the online edition of Serb nationalist weekly Standard.rs.
Dozens of Serbs, notably those from Bosnia, criticised Albright’s outburst on Twitter. A Bosnian Serb politician, Sasa Milovanovic, called Albright “the bloody old witch”.
“She could not resist...” wrote Zeljka Dragicevic, the Bosnian Serb prime minister’s cabinet chief. “She should be sued and held accountable for this,” another comment read at RTS site.
“She has finally said what she really thinks about us. She caused such a harm to us that our government should demand an official apology,” another RTS site visitor wrote.
Albright has long had links with Serbia. Before World War II she lived in Belgrade as a young girl when her father was a member of the then Czechoslovakia’s diplomatic mission in the Serbian capital.


=== 3 ===

A FEW NOTES ON ALBRIGHT'S CHILDHOOD YEARS


http://www.hri.org/news/cyprus/cna/1999/99-04-17.cna.html

Albright - Serb - Cypriot magazine report

Nicosia, Apr 17 (CNA) -- A Serbian family living in Vrinjetska Banja village, in Yugoslavia, is reported to have given shelter to US Secretary of State Madeleine Albright, when her family fled Nazi persecution during World War Two.
A Cypriot weekly publication "To Periodico" (The Magazine) carried the story yesterday, with phaded black-and-white photos including one of four- year-old Albright embracing Ljutko Popic, who told his story to the magazine.
Popic claims he is the boy in the picture, taken in 1939, and the girl is the present US Secretary of State. He said he was Albright's "first love" and wondered why she is now backing NATO bombing in Yugoslavia.
The Serb is reported to have said that Albright's Jewish-Czech family took refuge with his family, in their village Vrinjetska Banja, some 80 kilometres out of Kraljevo, to escape the threat of Nazi persecution.
His village was bombed on the night the Cypriot journalists stayed there, April 12, and the following day the villagers apparently scrawled a message on an unexploded NATO bomb saying: "Thank you Mrs Albright for the presents you send us in return for our hospitality."
According to the report, Popic said he had sent Albright a letter asking her to halt the air strikes, but had received no reply.

CNA MA/MK/1999
ENDS, CYPRUS NEWS AGENCY

source: Hellenic Resources Network

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Marie Jana Korbelová was born in Prague, Czechoslovakia (now the Czech Republic) and raised as a Roman Catholic by her parents, who had converted from Judaism in order to escape persecution. She has a brother, John, who later became an economist. "Madeleine" was the French version of "Madlenka", a nickname given by her grandmother. Albright adopted the new name when she attended a Swiss boarding school. Albright is the daughter of a diplomat—her father, Josef Korbel, served in the Czech diplomatic service. Her brother said, "Madeleine had a special relationship with our father, partly because she followed so closely in his footsteps." Later in life, she joined the Episcopal Church in the USA.
From 1936 to 1939 the Korbel Family lived in Belgrade, and in 1939 the Korbel family fled to London. Many of her Jewish relatives in Czechoslovakia were killed in the Holocaust, including three of her grandparents.

Source: Wikipedia



(english / francais.

Sul tema del paradossale conferimento del Premio Nobel per la Pace alla Unione Europea si vedano anche gli altri nostri post precedenti:


Encore un Prix pour la Guerre


1) Another war prize (workers.org)
2) Le prix Nobel pour le désarmement aux mains de ses adversaires politiques
par Fredrik S. Heffermehl - Horizons et débats (Suisse)
3) L’UE est-elle pacificatrice dans le sens de Nobel ?
par Horst Meyer - Horizons et débats (Suisse)


=== 1 ===



Another war prize


By Editor on October 22, 2012

It has always been problematic that the Nobel Peace Prize is awarded from the legacy of a Swedish industrialist whose millions came from munitions that made the late 19th and 20th century wars the most deadly in human history.

In 1973 the prize was awarded jointly to Vietnam War criminal Henry Kissinger and Vietnamese resistance leader Le Duc Tho. Tho turned it down.

The Nobel committee did it again in 1993, awarding the prize jointly to apartheid’s Frederik Willem de Klerk and the long-imprisoned African leader Nelson Mandela.

Now comes news that the Nobel committee has awarded the prize this year to, of all things, the European Union. The EU has come to be despised and hated not only by the 500 million people who live in the 27 nations that belong to the organization, but by additional millions who have been on the receiving end of the imperialism and militarism wielded by its most powerful capitalist states.

Panos Skourletis, spokesperson for Syriza, the main opposition party in Greece, spoke for the majority of opinion around the world: “I just cannot understand what the reasoning would be behind [the decision of the Nobel committee]. In many parts of Europe but especially in Greece, we are experiencing what really is a war situation on a daily basis, albeit a war that has not been formally declared. There is nothing peaceful about it.” (Guardian, Oct. 12)

The EU has been the driving force behind moves to rescue the giant European banks from the economic crisis of 2008 by forcing draconian austerity measures on the working masses of Europe. Member nations such as Ireland, which were reluctant to rescue their banks, were forced to accept high-interest “bailouts.” In other cases, the local national ruling classes have temporized, but ended up accepting the EU’s “help.”

This always came at a price: cuts in social programs, higher taxes on poor and working people, massive layoffs and wage cuts. Sovereign countries were forced to accept EU dictates. As a result, most of the smaller countries of Europe are mired in recession with no hope of recovery. The Nobel prize itself has been reduced to $1.2 million from $1.5 million. The Nobel Foundation has said its investment capital took a sharp hit in the 2008 financial crisis.

When the masses of people have protested, they have been met by parliamentary huckstering, and when that didn’t work, naked police repression was used. But it doesn’t stop there.

After the downfall of many of the socialist countries of Eastern Europe, the EU leaders pursued an aggressive economic imperialism in these now “free” countries. Where there had been stable planned economies, rampant unemployment, economic insecurity and the rise of criminal enterprises such as human trafficking accompanied the theft of state property on a monumental scale. Many formerly public enterprises were not only privatized, but ownership was transferred to large financial institutions located in the leading countries of the EU, such as Germany and France.

The European Union has always been considered to be the not so hidden stepchild of NATO — the military partnership between the U.S. and European capitalists whose crimes and interventions, many of them far from Europe, are well known. The dropping of tens of thousands of bombs on the former Yugoslavia, the brutal war against Libya, and the bloody invasion and occupation of Afghanistan are only a few examples.

Most recently, the EU has been an important source of war fever whipped up against Syria. Threats, intimidation and secret armed intervention have been accompanied by increasingly shrill calls for outright war.

Alfred Nobel’s munitions seem to have more influence than his “peace prize.”


=== 2 ===


Le prix Nobel pour le désarmement aux mains de ses adversaires politiques


par Fredrik S. Heffermehl

Le jury du Prix Nobel de la Paix n’a pas tenu compte des protestations qui n’ont cessé d’enfler durant les dernières années. Il persiste à attribuer le Prix voulu par Alfred Nobel à des lauréats qui ne le méritent pas. Fredrik S. Heffermehl dénonce cette trahison.

RÉSEAU VOLTAIRE | OSLO (NORVÈGE)  | 2 NOVEMBRE 2012

Les élites politiques norvégiennes ont accaparé le Prix de la Paix d’Alfred Nobel, afin de pouvoir l’utiliser à leurs fins. Cela n’a jamais été aussi bien démontré qu’en 2012 en l’attribuant à l’Union européenne. Depuis 40 ans, ils ont tout fait pour faire entrer la Norvège dans l’UE. Après que Thorbjørn Jagland, ancien ministre des Affaires étrangères et Premier ministre, aujourd’hui président du comité du Prix Nobel, eut échoué par deux fois dans des référendums, il s’est vengé de ses concitoyens réticents [1].
Les élites norvégiennes d’aujourd’hui rejettent Alfred Nobel et sa vision d’une démilitarisation des relations internationales. En 1895 pourtant, elles avaient accepté sa vision de paix à tel point que Nobel confia au Parlement norvégien le choix des lauréats du prix au travers d’un comité composé de cinq personnes qui devaient s’engager pour un ordre de paix mondial, « une confraternité des Nations » comme il s’était exprimé très clairement dans son testament. Le Parlement actuel croit en la puissance militaire et élit, contre la volonté de Nobel, les membres du comité de ses propres rangs. Le Prix Nobel de la Paix est tombé aux mains de ses adversaires politiques.
Le prix de l’année 2012 n’a pas passé le test Nobel : l’UE n’a pas de rayonnement mondial et n’est pas en faveur de la démilitarisation des relations internationales. Cette union vise à devenir une entité économique et militaire dominante, elle est un important exportateur d’armements et deux de ses Etats membres possédant l’arme atomique s’opposent par tous les moyens aux efforts du désarmement nucléaire.
En mars 2012, le conseil de surveillance suédois des fondations avisa les membres du Comité de relire la volonté et de respecter les intentions de Nobel. Il exigea de la fondation suédoise de remettre sa sous-commission norvégienne à sa place et d’y exercer un contrôle strict. Malgré cela, la semaine dernière, l’obstination norvégienne a eu le dessus.
Protégées par de strictes règles de conservation du secret, les personnes décernant le Prix de la Paix se sont comportées longtemps comme si elles étaient au-dessus des lois. Elles n’apportent jamais une réponse honnête aux critiques émises et transforment ainsi ce merveilleux Prix Nobel en une affaire banale et sans valeur. Il y a de quoi déclencher la colère tant de Nobel et de ses champions de la paix que de tous les citoyens du monde.

Source 
Horizons et débats (Suisse)


Fredrik S. Heffermehl - Avocat, président d’honneur du Norwegian Peace Council. Auteur deThe Nobel Peace Prize : What Nobel Really Wanted (Praeger, 2010).



=== 3 ===


L’UE est-elle pacificatrice dans le sens de Nobel ?

par Horst Meyer
RÉSEAU VOLTAIRE | BERLIN (ALLEMAGNE)  | 3 NOVEMBRE 2012


Lorsqu’en 2009 le lauréat du prix Nobel de la paix s’appela Barak Obama, ce fut une surprise pour beaucoup du fait qu’il n’avait pas apporté grand-chose dans ce domaine mis à part ses slogans « Change » et « Yes, we can ». Trois ans plus tard, ses performances en matière de paix ne dépassent pas celles d’un Bush Sr., Clinton, Bush Jr. Aucune des guerres déclenchées par George W. Bush n’a pris fin, bien au contraire, il y a eu la brutale intervention de l’OTAN en Libye, sans parler du camp de prisonniers de Guantanamo à Cuba, qui n’est toujours pas disloqué, de l’occupation de l’Afghanistan et de l’Irak.
Alors que cette année le Prix Nobel de la Paix est attribué à une institution supranationale telle que l’UE, on doit commencer à s’interroger sérieusement sur la valeur des critères appliqués pour la nomination et l’attribution de ce prix.
Il a été accordé à l’Union européenne du fait qu’elle aurait contribué depuis 60 ans à maintenir la paix en Europe. Cette nouvelle causa, lors de sa diffusion, bien des regards sceptiques, voire des mouvements d’humeur.
Il est indéniable que les deux guerres en Europe, subies par les populations au cours de la première moitié du XXème siècle, ont laissé des traces dans les esprits. Il est vrai aussi que, depuis, l’Europe n’a plus connu de conflits de cette ampleur et qu’il s’est installé une sorte de réconciliation entre les États. Toutefois, il n’a pas pu échapper au comité Nobel que la paix en Europe repose sur du sable, il suffit de penser à l’effondrement du bloc de l’Est, source de nouvelles guerres en Europe.

Les activités guerrières dans les Balkans

On sait maintenant avec certitude que certains pays européens ont contribué, au cours des années 1990, à la destruction de la République yougoslave. Deux auteurs, Mira Beham et Jِorg Becker, ont analysé, dans leur livre de recherche Opération Balkan, l’influence de l’Occident lors de la destruction de la Yougoslavie, ainsi que la manipulation des médias menée de l’extérieur. Il apparaît avec certitude que l’Occident a contribué avec conséquence à la sécession de ces différentes républiques. On a su utiliser les difficultés économiques des diverses régions, en retirant les crédits et en augmentant les taux d’intérêts, afin d’exciter les gens les uns contre les autres. On en connaît les résultats.
La guerre d’agression contre le reste de la Yougoslavie sous la direction des États-Unis et la participation active d’États européens dont l’Allemagne, qui allait à l’encontre du droit international et était de ce fait illégale, fut une démonstration de ce dont l’UE et ses États membres sont de nouveau capables malgré la promesse de ne plus jamais déclencher de guerre.

L’affaire autrichienne – le déni de la volonté démocratique

En 2000, l’UE a dévoilé son vrai visage. Comme il y avait eu en Autriche, à la suite d’élections menées démocratiquement, une coalition entre le parti bourgeois ÖVP et le parti FPÖ de Jِorg Haider pour former le gouvernement, des sanctions furent imposées au pays, piétinant les droits démocratiques de la population. Le prétendu « modèle de paix de l’UE » ne supporte pas un gouvernement critique à l’égard de l’UE, dans un État membre de cette UE. Un « Conseil des sages » dut décider si les sanctions devaient être maintenues ou abolies. Elles ne furent abolies qu’après la démission forcée de Jِorg Haider. On avait ainsi brisé froidement le droit démocratique. Mais ce n’est pas tout.

Des guerres d’agression violant le droit international 
Serait-ce une spécialité de l’UE ?

Presque tous les pays de l’UE participent à la guerre en Afghanistan, qui dure depuis 11 ans. Ils ont donc une vive expérience de ce qu’est une guerre, particulièrement brutale et qui viole le droit international. Après une occupation de 11 ans de la part des États-uniens et des Européens, les populations vivent un cauchemar. Ce qui a commencé par le viol du droit international sous prétexte de chasser les Talibans, s’est transformé en guerre contre la population, et on n’en voit pas la fin.
L’agression commise en 2003 sous un prétexte inventé de toutes pièces et cousu de fil blanc contre l’Irak, en violation du droit international, avec la participation de pays de l’Union européenne dans la « coalition des volontaires », notamment l’Angleterre, la Pologne, l’Italie, l’Espagne, etc., n’est toujours pas terminée et cause des milliers de victimes innocentes. Entre temps, les Britanniques et les Américains ont mis la main sur les réserves de pétrole.
En 2011, la guerre contre la Libye, menée sous prétexte de secourir la population, ne fut rien d’autre que la volonté de faire changer le régime du pays, afin de se débarrasser d’un dirigeant honni et de s’approprier les richesses naturelles. En tête de cette agression se trouvaient, aux côtés des États-Unis, des pays de l’Union européenne, soit la France, l’Angleterre, l’Italie. La moitié des États européens de l’OTAN, membres de l’Union européenne, ont participé à cette agression déguisée.
Que se passe-t-il en Syrie ? S’il n’y avait eu que la volonté de l’UE – la Chine et la Russie s’y sont opposées – il y aurait eu, là-bas aussi, une guerre d’agression, avec la participation de l’UE. L’Allemagne y a joué un rôle peu glorieux aux côtés de la France et de l’Angleterre.
Où est donc, dans ces circonstances, l’engagement de l’UE en faveur de la paix qui aurait justifié un prix Nobel pour la paix ? Est-ce que le comité du Prix Nobel de la Paix se plie, lui aussi, aux raisons de politique de pouvoir ? Les populations de tous les pays de l’UE étaient opposées aux engagements militaires de ces pays. Les sondages révélaient entre 80% et 90% d’opposition. Donc, si l’on veut renforcer les forces de paix, ce sont les peuples qui ont une importance déterminante.

L’Allemagne dans un rôle dirigeant 
Mais, pour aller où ?

Dans la publication Foreign Affairs, l’organe du laboratoire d’idées Council on Foreign Relations, fort prisé aux États-Unis, on estime qu’une germanisation de l’Europe permettrait de se sortir de la crise. L’Allemagne aurait ainsi un rôle dirigeant dans l’UE qui épouserait les ambitions d’Angela Merkel, cette femme avide de pouvoir. L’Allemagne, qui s’octroie le rôle de dirigeant au sein de l’UE, mène le projet d’une Fédération européenne et d’un renforcement du centralisme.
La citation suivante est révélatrice : « Si nous, Européens continentaux, voulons obtenir l’unité et agir conjointement, ce dont dépend tout notre avenir, alors nous devons répondre à deux nécessités : renoncer à toute volonté de domination de la part d’un peuple sur les autres, ainsi que renoncer à toute volonté d’indépendance absolue en dehors de l’ordre européen. Être le porte-drapeau sans vouloir être le maître de l’Europe doit être la volonté de l’Allemagne, mais le porte-drapeau d’une nouvelle Europe qui doit prendre sa place parmi les nouvelles puissances mondiales et garder son rang qui lui est dû du fait de son développement historique et de ses forces culturelles et économiques. » Cette citation nous vient de Richard Riedl, président du conseil d’administration de l’entreprise Donau Chemie AG, faisant partie du groupe IG Farben, elle date de 1944.
Il apparaît de plus en plus clairement que l’Allemagne prend une place dominante dans l’Union européenne. Si l’Allemagne devait devenir réellement le porte-drapeau de l’UE, ce serait de mauvaise augure pour la Suisse, vu les déclarations bellicistes destinées à intimider ce petit pays performant.

La Suisse, un garant de la paix

Si l’on prévoit d’accorder le Prix Nobel de la Paix à un État, il faudrait l’attribuer à la Suisse. Quel pays peut prétendre ne plus avoir été mêlé à des guerres depuis plus de 150 ans, et d’avoir contribué autant en faveur de la paix et de l’aide humanitaire pour panser les plaies des populations d’autres pays, que la Suisse au travers de ses organisations telle que la Croix-Rouge ? Toutefois, en consultant la liste des lauréats de ce prix, on peut s’estimer heureux de ne pas y figurer. Le choix de cette année le confirme.

Source 
Horizons et débats (Suisse)




(english / srpskohrvatski / francais.
Anche per Karadžić è iniziata la fase della "autodifesa". Gliela faranno terminare, senza accopparlo prima? Certo è che, per adesso, le sue richieste di chiamare a deporre l' ex presidente degli USA, Bill Clinton, e l'attuale presidente della Grecia, Karolos Papoulias, sui fatti che hanno portato alla tragedia bosniaca, sono state rigettate dai "giudici" del "Tribunale ad hoc"... che hanno così tutelato i diretti interessati da qualche pesante imbarazzo...
Sulle posizioni di Radovan Karadzic si veda la documentazione raccolta sul nostro sito:
Sull'assassinio di Slobodan Milosevic nella galera dell'Aia, perpetrato attraverso la somministrazione di Rifampicina, letale per la sua salute cardiaca, si veda la documentazione raccolta alla nostra pagina:
A cura di Italo Slavo per JUGOINFO)


Karadzic' Self-Defence Statement


VIDEOS:

Karadžić Personal Statement (Rule 84bis) - 16 October 2012

Karadžićeva izjava (u skladu s pravilom 84bis) - 16. oktobar 2012.

Déclaration de Radovan Karadžić (article 84 bis) - 16 octobre 2012


TRANSCRIPTS:

Karadžić Personal Statement (Rule 84bis) - 16 October 2012
http://www.icty.org/x/cases/karadzic/trans/en/121016ED.htm

Déclaration de Radovan Karadžić (article 84 bis) - 16 octobre 2012


REPORTS:

Karadžić zasniva odbranu na negiranju zločina
Autor:  Mirna Sadiković, Radio Free Europe 16.10.2012

KARADZIC SAYS HE DESERVES PRAISE, NOT PROSECUTION  
By Rachel Irwin - TRI Issue 761, 16 Oct 12

Karadzic Denied Subpoena for Greek President
By Rachel Irwin - TRI Issue 762, 25 Oct 12

Karadzic Seeks Subpoena to Secure Witness [Radoslav Krstic]
By Rachel Irwin - TRI Issue 759, 5 Oct 12

Court Rejects Karadzic Request for Clinton Subpoena
By Rachel Irwin - TRI Issue 753, 24 Aug 12



(english / italiano)

Estrema destra filo-UE in Ucraina

1) Fatherland and Freedom (german-foreign-policy.com on German influence on the Ukrainian opposition)
2) Mettere fuori legge i comunisti e discriminare le minoranze. Ecco il programma di alcuni amici ucraini dell'Unione Europea


=== 1 ===


Fatherland and Freedom
 
2012/10/30

KIEV/BERLIN
 
(Own report) - A CDU Ukrainian partner organization has announced its close cooperation with an extremist right-wing party. As reported from Kiev, the "Batkivschyna" (Fatherland) Party - in which CDU ally Yulia Tymoshenko is playing a leading role - is planning to form a parliamentary coalition with the "Svoboda" ("Freedom") Party. Svoboda stands in the tradition of Nazi collaborators and internationally is affiliated with Hungary's neo-fascist "Jobbik" Party. Svoboda won 8.3 percent of the votes in last Sunday's parliamentary elections. It is not yet certain, whether the CDU's second partner in Kiev, world heavyweight titleholder Vitali Klitschko and his "UDAR" Party will join the coalition. This cooperation will not be the first time that extremist right-wing forces have been integrated into the pro-Western Ukrainian opposition. Similar alliances had already emerged during the "Orange Revolution" in late 2004.

Germany's Partners

Following the parliamentary elections, President Viktor Yanukovych's "Party of the Regions" will continue to hold the majority in a coalition with the Communist Party in the Ukraine's Verkhovna Rada. According to preliminary results, the "Party of the Regions" had received 35.06 percent and the Communist Party advanced considerably reaching 14.92 percent. The " Batkivschyna" ("Fatherland") Party of Yulia Tymoshenko, the politician courted by the West, remains the strongest party of the opposition with 21.95 percent of the vote. With 12.87 percent, Vitali Klitschko's oppositional "UDAR" entered parliament for the first time. Tymoshenko is closely cooperating with the CDU. Some CDU politicians even claim that the Konrad Adenauer Foundation had charged the world heavyweight champion Klitschko with the organization of a Ukrainian Christian Democratic party. (german-foreign-policy.com reported.[1]) The "Svoboda" ("Freedom") Party is part of the opposition. With 8.31 percent, it could, for the first time, overcome the five percent hurdle to enter the Ukrainian parliament.

Openly Neo-Fascist

Svoboda evolved in 2004 from an older, openly neo-fascist organization, the "Social-National Party of the Ukraine" (SNPU). Svoboda replaced the SNPU symbol - a reflected wolf hook - with a stylized trident. Experts explain that "the transformation of the appearance was undertaken while maintaining SNPU's basic ideological principles." This camouflage has permitted Svoboda "to dissociate itself, in the public eye, from its openly neo-fascist past" while holding on to its extremist right-wing supporters.[2] The party achieved its political breakthrough March 15, 2009, when it was elected to the West Ukrainian Oblast Ternopil (parliament) with 34.69 percent of the votes, taking 50 of the 120 seats in the legislature. It is participating in the efforts of several extremist right-wing parties throughout Europe to found a continental umbrella organization. Among the members of the "Alliance of European National Movements" are the neo-fascist Hungarian Jobbik, France's Front National (FN) and the British National Party (BNP).

Renaissance of Collaborators

Svoboda is directly drawing on the tradition of West Ukrainian Nazi collaborators, who, fighting on the German side in the Second World War, had carried out numerous massacres in the occupied Soviet Union. (german-foreign-policy.com reported.[3]) The party considers itself to be "the modern day equivalent of the Organization of Ukrainian Nationalists" (OUN), according to research published by the political scientist Andreas Umland.[4] And yet, the OUN, which was founded in close collaboration with German authorities,[5] had been simply "one of the diverse forms of international fascism" - "similar to other Central European classical fascisms, such as the Slovak Hlinka Guards and the Croat Ustashi." Their renaissance - in the form of the Svoboda Party - corresponds to the renaissance of other organizations in the tradition of Nazi collaborators, for example the Hungarian Jobbik Party,[6] the Belgian Vlaams Belang [7] or the Austrian Freedom Party [8]. The renaissance of collaborators coincides with the imposition of a new, widely accepted, German predominance over Europe.[9]

Right-Wing Coalition

Already before parliamentary elections were held, Tymoshenko's Batkivschyna Party had begun comprehensive cooperation with the Svoboda Party. As a first step, the two parties reached agreements on where their respective candidates would seek majority mandates - reaching an agreement not to run against one another in the same circumscription. Within the framework of these accords, Tymoshenko's electoral organization ceded 35 circumscriptions to Svoboda. About ten days before elections were held, Batkivschyna and Svoboda agreed to form a coalition in the Verkhovna Rada, should Svoboda win entry into the legislature. Kiev has confirmed that the coalition will now be established, and that Klitschko is considering bringing his party into the coalition. But Klitschko, for the moment is having it be known that he detects a "right-wing radicalism" in Svoboda and therefore is having certain "misgivings."[10] Some of the German media organs, which, for years, have been supporting the opposition in the Ukraine, have now begun to shy away from this assessment. Often, Svoboda is no longer being characterized as "right-wing extremist" or "right-wing radical," but it is merely being mentioned "that its critics consider it to be right-wing radical."[11]

Anti-Semites

One could already observe the integration of extremist right-wing forces into the ranks of the Ukrainian pro-western opposition during the "Orange Revolution" in late 2004. For example, the "Congress of Ukrainian Nationalists," (KUN) had been included in the electoral alliance "Our Ukraine Block," of Viktor Yushchenko, who later became president. The KUN was founded in 1992 by emigrants returning from their exile in West Germany.[12] Yushchenko, himself, had supported a journal, whose publisher had expressed his belief that the Ukraine was being ruled "by a small group of Jewish oligarchs," who were "economically and politically in control."[13] Yushchenko's candidacy, in turn, was supported by the militant anti-Semitic UNA-UNSO organization. In fact, extremist right-wing milieus, for years, have been part of the pro-western spectrum particularly in the West Ukraine. One of their main motivations is hatred of Russia. Already in 2004, Berlin had accepted them as its covert allies to help weaken Moscow's influence on Kiev.
[1] see also Der Schlag des Boxers (II)
[2] Anton Schechowzow, Andreas Umland: Der verspätete Aufstieg des ukrainophoben Rechtsradikalismus in der postsowjetischen Ukraine - Teil II; ukraine-nachrichten.de 28.10.2012
[3] see also Zwischen Moskau und Berlin (IV) and Zwischen Moskau und Berlin (V)
[4] Andreas Umland: Der ukrainische Nationalismus zwischen Stereotyp und Wirklichkeit; ukraine-nachrichten.de 11.10.2012
[5] see also Zwischen Moskau und Berlin (IV)
[6] see also The New Era of Ethnic Chauvinists
[7], [8] see also The Collaborator's Tradition
[9] see also Europe's ChancellorThe Next Crisis Victory and Deutsche Führung
[10] Parlamentswahl wirft Ukraine zurück; www.dw.de 29.10.2012
[11] Erfolg für die Opposition zeichnet sich ab; www.faz.net 28.10.2012
[12] see also Zwischen Moskau und Berlin (V)
[13] see also Antisemitische "Kultur"



=== 2 ===


Mettere fuori legge i comunisti e discriminare le minoranze. Ecco il programma di alcuni amici ucraini dell'Unione Europea

1 Novembre 2012
a cura della redazione


Ecco, in pillole, alcune delle misure che verrebbero attuate se al governo dell'Ucraina dovessero salire i rappresentanti di quell' “opposizione democratica” che tanto è gradita all'Unione Europea per la sua vocazione “europeista”.

Le dichiarazioni sono state rilasciate immediatamente dopo l'apertura delle urne delle elezioni del 28 ottobre

Klitchko, leader del movimento populista di destra “UDAR” e sedicente fautore di una linea “europeista” (!), lascia intendere il suo favore per misure discriminatorie della minoranza russa e si pronuncia per l'abolizione dello status attribuito al russo di seconda lingua nazionale: “La lingua di Stato in Ucraina deve essere l'ucraino. La lingua è come un simbolo. E perciò la lingua deve essere una sola” ( http://rus.ruvr.ru/2012_10_29/Klichko-schitaet-chto-gosudarstvennim-jazikom-na-Ukraine-dolzhen-bit-tolko-ukrainskij/ ).

Il partito Svoboda, che esprime le tendenze più estreme di quel nazionalismo ucraino che si è riconosciuto nella “Rivoluzione arancione” e che non ha mai nascosto le sue nostalgie per il periodo in cui i suoi precursori collaboravano con Hitler, ha annunciato che tra i primi progetti di legge che presenterà in parlamento ci sarà quello relativo alla richiesta di “proibizione dell'ideologia comunista”:

“Uno dei primi progetti di legge che presenteremo – ha dichiarato Oleg Tyagnibok a “Radio Libertà” - sarà quello per la proibizione dell'ideologia comunista in quanto contraria ai valori umani e anti-ucraina e per l'avvio di un processo giudiziario contro il comunismo... Non è giusto che in Ucraina – paese europeo – i comunisti prendano tanti voti. E' una tendenza molto negativa. Capisco che qui c'è l'influenza russa, l'influenza dei risultati dei comunisti russi. Non mi piace affatto questa rinascita comunista” ( http://rus.ruvr.ru/2012_10_29/Partija-Svoboda-v-parlamente-Ukraini-namerena-zapretit-kommunisticheskuju-ideologiju/ ).

C'è da scommettere che in questo caso i dirigenti dell'Unione Europea chiuderanno un occhio. In nome della battaglia per la “democrazia” (ovviamente nella sua versione che piace ai poteri forti continentali), è evidente, si può anche sostenere i nazisti. Basta non farlo sapere troppo in giro.



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

Segnalazione iniziativa


Ospitalità studenti serbi in Italia - Un ponte per domani


“un ponte per domani!” è un’iniziativa che CNJ-onlus promuove insieme all’associazione “Un Ponte per...”. Nata da un’idea e dall’impegno di alcune volontarie e volontari, che da oltre dieci anni operano in Serbia, in particolare a Kraljevo, città di circa centoventimila abitanti (u.cens. 2009) situata a 200 km a sud di Belgrado, con iniziative di solidarietà e supporto, di conoscenza reciproca e di scambio culturale, con famiglie residenti o profughe dal Kosovo e Metohija in seguito ai bombardamenti della NATO del ’99 sulla Jugoslavia. Tutto ciò ha fatto nascere e crescere nel tempo legami spontanei di amicizia e di fiducia reciproca, con il piacere e l’impegno di portare avanti e guardare a piccoli, grandi obiettivi comuni, nell’interesse e nell’intento soprattutto di non dimenticare quelle verità che la storia, spesso ingiustamente, non ha restituito.
La lingua, la cultura, costituiscono da sempre, oltre che uno strumento di espressione delle emozioni e “ponte” della memoria (in tal caso quella che lega l’Italia alla Jugoslavia), anche una prospettiva professionale per molti giovani, da sviluppare nel proprio paese. La Municipalità di Kraljevo, distante circa un’ora di macchina dalla città di Kragujevac ben più nota ultimamente agli Italiani per la risonanza della questione “FIAT nei Balcani”, vive una realtà industriale altrettanto difficile e di grave stato di disoccupazione. Eppure a Kraljevo, ci sono oggi ben 6 scuole pubbliche che hanno adottato come seconda lingua straniera nel programma di studio, la lingua italiana.
Per questo, in collaborazione con la Scuola “Jovan Dučić” di Kraljevo, realtà locale rappresentativa di altre in cui si studia la nostra lingua, sia per legame e ragioni storiche, che per un obiettivo di valore sociale, intendiamo favorire e realizzare opportunità di scambi culturali, tra i giovani della comunità di Kraljevo (Serbia), con l’Italia e opportunità di soggiorni di studio e di conoscenza culturale reciproca, ospitando gruppi di studenti.
Questi ragazzi, provenienti da famiglie che vivono in condizioni economiche a volte disagiate, non hanno la possibilità di fare alcune utili esperienze al di fuori della loro comunità, per sviluppare capacità, per ricevere stimoli alla ricercazione e anche per il semplice divertimento. Per altri, c’è una difficoltà data dal contesto socio-economico della comunità in cui vivono, impegnata a ricostruirsi dopo la guerra da troppo tempo, isolata, sconosciuta e distante talvolta per il solo non essere parte politicamente dell’Unione Europea. Pur essendo di fatto, una realtà molto vicina alla nostra.

L’iniziativa viene condivisa e promossa dal Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - onlus in collaborazione con l’Associazione Un ponte per…, con l’auspicio della partecipazione di altre associazioni.

Come presentazione si veda il video prodotto da Un Ponte per…, in visita alla scuola “Jovan Dučić”: http://vimeo.com/34999633

Per sostenere l’iniziativa attraverso CNJ-onlus:

CONTO BANCOPOSTA n. 88411681 intestato a JUGOCOORD ONLUS, Roma
(IBAN:  IT 40 U 07601 03200 000088411681)
causale: un ponte per …domani!

L'iniziativa è finanziata anche attraverso la vendita della pubblicazione “paSsione roSso Serbia”: https://www.cnj.it/documentazione/bibliografia2.htm#mengarelli2012 .

Per maggiori informazioni:
Samantha Mengarelli, e-mail:  s m e n g a r e l l i @ t i s c a l i . i t

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SINTESI DELL’ INIZIATIVA DA REALIZZARE

PROGRAMMA
Si vuole realizzare per un gruppo di 10 ragazzi con 2 accompagnatori della scuola “Jovan Dučić”di Kraljevo, un soggiorno settimanale di studio e di visita culturale a Roma, nel periodo fine aprile 2013.
Durante il soggiorno, i ragazzi potranno svolgere un corso di approfondimento di italiano quotidiano, tenuto da insegnanti qualificati, offerto dall’Ente Bilaterale Commercio e Servizi di Roma e Provincia- EBiT Roma. Potranno altresì svolgere un programma di visita e conoscenza della cultura della città, supportate dal Coordinamento Nazionale della Jugoslavia e da altre azioni volontarie, nonché incontrare e svolgere qualche attività e/o momenti di confronto storico, in comune con scuole di Roma e altre Istituzioni locali che vorranno disponibili ad ospitare l’iniziativa.

Il soggiorno del gruppo è previsto in una struttura idonea e dovrà essere garantita la copertura dei relativi costi, per l’alloggio, il vitto e il trasporto locale.
Verranno richiesti ingressi gratuiti o ridotti per il gruppo in visita agli enti di gestione dei siti artistici e culturali della città.
Verranno organizzati eventi con famiglie italiane, con studenti, per ospitare il gruppo.

COSTI PREVISTI
• viaggio (pullman trasferimento Kraljevo-Belgrado A/R, aereo A/R (Belgrado-Roma), trasf. Aeroporto Fiumicino/Roma città) = 2.000,00 Euro
• sistemazione in mezza pensione (struttura servita da mezzi pubblici): 2.940,00 Euro
• pranzo e uso mezzi pubblici: 700 euro

totale costo stimato: 5.640, 00 Euro



(srpskohrvatski / italiano)

Revisionismo di Stato in Serbia

1) Stevan Mirkovic: I Karadjordjević
2) Protiv emitovanja serije "Ravna gora"- Peticija
3) СУБНОР: Поводом наставка снимања серије РТС / ЈОШ  ЈЕДАН  ФАЛСИФИКАТ! Тако то ради РТС
4) In Serbia serial storico tv su partigiani e cetnici (Il Piccolo)

DRUGI LINKOVI:
Девиза РТС: „Ваше право да знате све“ – изузев истине. Реаговање
http://www.subnor.org.rs/reagovanje-3
ДРАЖА И ЧЕТНИЦИ БИЛИ КВИСЛИНЗИ. Други пишу
http://www.subnor.org.rs/drugi-pisu


=== 1 ===

(Sullo stesso argomento della riabilitazione della figura del principe Pavle Karadjordjević, simpatizzante del nazismo, si veda anche al link:
Si veda anche il video: Adolf Hitler visits Belgrade, Serbia to meet Knez Pavle and other Serbian Nazi supporters, 01.-08.1939

Originalni tekst na s-h-om "Karadjordjevići" (Stevan Mirković), i drugi tekstovi o istom temu, na sajtu:


Stevan Mirković

I Karadjordjević

Belgrado, 6 ottobre 2012

Ripensando ai serbi in questi giorni, ai loro aspetti, quelli positivi e quelli negativi, constato che prevalgono i secondi. (Altrimenti, come sarebbero sopravvissuti alle tante Scilla e Cariddi della loro storia?).
Ancor più il pensiero va ai nostri “liberi e democratici” media, al Governo, al Presidente, al SPC, che in questi tempi difficili per i serbi fanno di tutto per mettere in evidenza la loro parte negativa nascondendo quella positiva, seguendo così la strategia politica delle grandi potenze occidentali. Perchè l’obiettivo dell’Occidente è di ammassarci, rinchiuderci tutti nel “Beogradski pašaluk “, cioè nel Distretto belgradese di una volta. Giacchè continuando le tradizioni dell’allora RSF di Jugoslavia siamo un ostacolo e una minaccia (e non piccola) ai loro piani sui Balcani e ancor più verso il Sud-est europeo.
Così si spinge al tradimento, alla viltà, alla sudditanza, alla paura del combattimento, della resistenza, alla diserzione, con la solita solfa:  “è il nostro destino”, “la forza non prega Iddio” e così via.

Tutto questo si è potuto notare nel comportamento dei media e del governo, durante la traslazione dei resti della salma di Pavle dalla Svizzera alla Serbia.

L’evento è stato accompagnato soltanto da un poemetto armoniosamente recitato in coro: “Il Principe è tornato a casa”.
Quale casa?! Non è casa sua questa! Se lo fosse stata, l’avrebbe difesa, insieme ai suoi figli - difesa dal nemico, anziché aprirgli la porta perchè potesse entrare liberamente, per poi svignarsela, infischiandosene di quel che sarebbe successo con il popolo.
Che faceva il Principe durante la Lotta Popolare di Liberazione 1941-1945? E poi durante la ricostruzione del Paese distrutto dalla II Guerra mondiale? Se ne stava in giro per la Svizzera e tra le varie Regge europee, fregandosene anche di questi che oggi, da pappagalli, ripetono: “Il Principe è tornato...”.
Il Principe allora abbracciava Hitler, e questi oggi, da ipocriti, si fanno il segno la croce nella Cattedrale davanti al Patriarca Irinej. La stessa cosa la fanno anche dinanzi alla Merkel e agli altri capipopolo planetari.
La cosa più tragicomica che ho visto è stata quando sullo schermo in prima fila nella Cattedrale è apparso un politico che conoscevo come comunista, poi socialista e adesso è diventato nazionalista!

D’altronde, due sono le caratteristiche che denotano la dinastia Karadjordjević: sono stati i primi a svignarsela verso un posto sicuro di fronte al pericolo, respingendo poi ogni suggerimento e richiesta di tornare nel paese e combattere per la libertà. Sono scappati nel momento della rivolta del Primo Risorgimento serbo, nella I e nella II Guerra Mondiale.
Dopo i primi insuccessi nella prima rivolta serba, Karadjordje nel 1813 scappò in Austria. Ritornò in Serbia nel 1917. Venne ucciso il 13 luglio su ordine del condottiero di Serbia Miloš Obrenović.
Durante la I Guerra Mondiale, l’audace vojvoda Zivojin Misić, alla riunione del Comando supremo dell’Esercito reale serbo a Kosovo Polje, in cui si discuteva di come ritirarsi in Grecia (se lungo il fiume Vardar oppure attraverso l’Albania), propose invece di attaccare il nemico e nella sua retrovia iniziare la guerriglia. Il voivoda Vuk Popović (tenente colonnello dell’Esercito serbo, morto poi nello scontro contro i bulgari a Gruniste il 16 novembre 1916) dimostrò la efficacia di questa concezione del combattimento già nel 1912-1916, con attacchi delle unità cetniche volontarie nelle retrovie turche, austriache, tedesche e bulgare.
L’allora Re Alessandro I respinse invece il suggerimento e ordinò il ritiro attraverso l’Albania, lasciando il popolo in balia di tedeschi, austriaci e bulgari.

In quella guerra perirono oltre un milione di serbi. Ma il culmine della codardia della dinastia Karadjordjević si è raggiunto nella II Guerra Mondiale. Il re, il governo, i politici, i generali, scappano dal Paese. Abbiamo avuto occasione di sapere che il re Pietro II e il principe Tomislav, figlio del principe Paolo, hanno finito la scuola di pilotaggio in Inghilterra; ma non abbiamo avuto notizie di loro vittorie in azioni belliche... Churchill ha più volte proposto al giovane Re di paracadutarsi in Jugoslavia, oppure di essere trasportato lì con l’aereo per prendere il comando del suo Esercito jugoslavo in patria (JVuO) - ma “ l’eroe” si è rifiutato. Churchill allora ha inviato suo figlio al Comando del maresciallo Tito.

Non c'è allora da meravigliarsi se oggi in pochi credono che il Kosovo si possa liberare soltanto col fucile in mano, invece del dialogo e degli accordi.
Thaci non è tanto stupido da restituire gratis il regalo fattogli da Clinton e dalla Albright nel 1999.

Il Kosovo lo possiamo soltanto strappare! Perciò, ripeto di aver ragione quando dico: serbi oggi ce ne sono solamente in Kosovo.   


(Stevan Mirković, presidente del centro Tito, è generale JNA in pensione. 


=== 2 ===

(petizione contro la realizzazione della serie televisiva filo-cetnica "Ravna gora" per la radiotelevisione serba)

http://www.peticije24.com/protiv_emitovanja_serije_ravna_gora

Protiv emitovanja serije "Ravna gora"

Mi, potpisnici ove peticije, Antifasisti, zahtevamo da se serija "Ravna gora" autora Radosa Bajica koja je trenutno u pripremi, ne prikazuje na javnom medijskom servisu Srbije!

Dana 24.07.2012. na pruzi Sarganska osmica, zapoceto je snimanje dramske trilogije "1941-1945", cije je emitovanje u planu za kraj 2013. godine. Iza navodne zelje za "nacionalnim pomirenjem" koje poslednjih godina aktivno pokusavaju da u praksu sprovedu potomci porazenih kvislinskih snaga iz Drugog Svetskog rata, stoji nista drugo nego pokusaj grube revizije istorijskih cinjenica i relativizacije antifasisticke borbe naroda Jugoslavije. Ovakva praksa izjednacavanja antifasisticke borbe jugoslovenskih Partizana sa sramnom ulogom rojalistickih snaga, rezultovala je gubljenjem antifasisticke tradicije koja se javlja kao temelj svake moderne i demokratski uredjene drzave Evropske unije, ka cijem clanstvu tezi i drzava Srbija. U svom obracanju medijima, Nebojsa Glogovac, glumac koji tumaci ulogu Dragoljuba Draze Mihajlovica, ocenio je glavni lik kao "zanimljivog, dragog i cenjenog coveka". Sa druge strane, autor same serije, navodi da mu je zelja da "isprica pricu u kojoj smo svi izgubili", dok je vodju rojalistickih snaga okarakterisao kao "velikomucenika pukovnika Mihajlovica". Uzevsi u obzir izjave samog autora, kao i ostalih angazovanih na ovom projektu, neozbiljno je govoriti o bilo kakvoj objektivnosti i nepristrasnosti sa njihove strane. Ono sto se svakako moze ocekivati, jeste da se emitovanjem ove serije konacno stavi tacka na dugogodisnje pokusaje potomaka kvislinga i njihovih pristalica da na svaki moguci nacin degradiraju stvarne antifasisticke snage, uz istovremeno glorifikovanje kvislinga. Iz najdubljeg postovanja prema svim zrtvama cetnickog terora, kao i prema svim stvarnim Antifasistima palim u borbi protiv Fasista i njihovih slugu, apelujemo na vasu savest da se planirano emitovanje serije ne  sprovede. Ukoliko je moguce, obustaviti dalje snimanje serije!!!


Antifasisticki front

potpisi: http://www.peticije24.com/protiv_emitovanja_serije_ravna_gora


=== 3 ===

(comunicato di protesta della Ass. Partigiani della Serbia sul serial filo-cetnico in programmazione sulla radiotelevisione del paese)



ПЕЧАТ И ПОТПИС ЗА ЛАЖ


Такозвани јавни сервис грађана Србије и дуговечно присутног Александра Тијанића, уже познатих под именом РТС и по непрестаној кукњави како нема довољно новца од харача званог обавезна претплата, настављају да снимају – о томе смо свакодневно затрпани информацијама у медијима – мамутску и скупоцену серију у обради и извођењу породице свезналице Радоша Бајића.

Недавно је из Бајићевог клана обнародован крунски аргумент да на крају сваке странице сценарија „Равна гора“ стоје печат и потпис Института за савремену историју, што треба да значи да је то, наводно, историјска истина, потврда како је у питању доказ да је само тако и никако другачије било.

Кад се не би знало да је установа из Београда под поменутим именом, у ствари, филијала СПО и да су јој идеолошки, политички и финансијски ментори Дана и Вук Драшковић, онда бисмо могли и да се замислимо над причом коју ће нам о Србији у Другом светском рату сервирати накнадни филмски и остали експерти. Оваква научна мисао и истина су, међутим, одавно испричана улична наклапања потомака и поштовалаца појединачне српске издаје и сарадника фашистичких окупатора.

Није, онда, чудно што су за 20.октобар ове године вероватно ти исти „потомци и поштоваоци“ звали Београђане на црквено окупљање и парастос жртвама крвавог комунистичког терора и, како су рекли, такозваног ослобођења за дан кад је нашим главним градом, после више од четири године бруталне окупације нацистичке Хитлеровске армаде, уз садејство покорних квислинга, завиорила поносна застава слободе захваљујући партизанским јединицама и Народноослободилачкој војсци и Црвеној армији.

Имајући у виду све оно што раде и што су урадили наводни стручњаци за савремена збивања, посебно везана за Други светски рат и искључиво једини и јединствени антифашистички покрет који је без зазора прихваћен у заједеничкој савезничкој борби, часна историја народа Србије од 1941. до 1945. не може се фалсификовати.  И још мање преуређивати по идеолошкој ћуди разноразних политиканата и шићарџија. То је и Србији, а свакако и светској јавности, већ одавно јасно.

 

                                                                         Републички одбор СУБНОР Србије


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Тако то ради РТС

Објављено 29. октобар 2012. | Од СУБНОР

ЈОШ  ЈЕДАН  ФАЛСИФИКАТ!


Пред вама је, уважени читаоци портала СУБНОР-а, оригинални приказ  медијског јавног сервиса Србије (РТС) о реаговању Републичког одбора СУБНОР-а Србије поводом наставка снимања телевизијске серије под именом ”Равна гора”.

РТС је наше саопштење објавио на свом сајту 25.октобра, а уз то и неколико коментара својих читалаца и, вероватно, гледалаца.



Право је сваке редакције, дакако, да одлучује шта ће и колико да публикује, не мешамо се, према томе, у уобичајено признавану уређивачку слободу, али морамо, као Информативна служба СУБНОР-а, да скренемо свеколикој јавности пажњу на начин како се још једном, по ко зна који пут, у Србији фалсификује истина и то још у медију који упорно тврди да је ”право сваког грађанина да све зна” ваљда и због тога што је РТС издржавана захваљујући наметнутој месечној претплати и осталим благодетима.

Не можемо, наиме, да верујемо да су уредници у РТС, па и сам њихов директор, толико професионално неуки да из саопштења СУБНОР-а Србије, које су из тобожње објективности хтели да пренесу, избаце баш кључне констатације о начину како се код нас, у Београду, свесно користе народним буџетом издашно финансиране званично научне установе, као што је Институт за савремену историју, да би се силом на срамоту доказала њихова ревидирано нашминкана истина у прилог снимања мамутске серије која ће још више унети раздор и посејати нову лаж о измишљеном садејству квинслиншких групација са широким, јединим и јединственим, партизанским и народноослободилачким покретом заједно са антифашистичком победничком савезничком коалицијом у Другом светском рату.

Наша опажања, о томе шта стоји иза славодобитног аргумента манифактуре глумца Бајића да на свакој страници сценарија за серију ”Равна гора” чуче као камен станац печат и параф поменутог Института, свесно је прекрижило уредништво РТС да би, фалсификујући речи СУБНОР-а, дало некакав, макар и на такав фабриковани начин, допунски алиби за снимање које је, без утемељености чињеницама које читава планета поштује, оправдала мегаломанско трошење новца и онако ојађеног народа доведеног до просјачког штапа.

На овом порталу имате, уважени читаоци, оригинално реаговање Републичког одбора СУБНОР-а Србије, али га још једном преносимо да бисте могли да упоредите са оним што је објавила Радио телевизија Србије.

Погледајте шта је ваше право да о свему будете обавештени.

И о томе како то РТС упорно ради. У чијем интересу и због чега?




=== 4 ===

(ovviamente, a "Il Piccolo" non dispiace il taglio revisionista della "nuova" TV serba...)

In Serbia serial storico tv su partigiani e cetnici

La televisione serba si appresta a mandare in onda una serie tv che tratta la storia del Paese tra il 1941 e il 1945 quindi del conflitto di allora tra partigiani e cetnici, un punto molto delicato che il regista Radoš Bajić sostiene di voler affrontare secondo una metodologia narrativa in grado di superare pregiudizi e ataviche contrapposizioni. «Con il massimo rispetto verso tutte le vittime del fratricidio - ha spiegato il regista - senza guardare da che parte stavano, mi sono deciso a raccontare le vicende subite dal popolo serbo a causa di storiche divisioni. Non intendiamo difendere una o l’altra parte o giudicarla, racconteremo una vicenda in cui tutti sono sconfitti cercando di ribadire che simili fatti non devono mai più ripetersi».
Bajić ha scritto la serie televisiva su invito del direttore della Tv nazionale serba, Aleksandr Tijanić. I primi otto dei quindici episodi sono stati girati sulla Ravna Gora dove è nato il movimento cetnico di Draža Mihailovic. Altre scene saranno girate anche sul fiume Drina a Belgrado e e a Kragujevac. La serie sarà conclusa entro la fine del 2012 e dovrebbe giungere sugli schermi serbi entro la fine del prossimo anno. L’attore Dragan Bjelogrlić sarà Tito mentre Nebojša Glogovac interpreterà Mihailovic.
 
da "Il Piccolo" del 6 agosto 2012




(srpskohrvatski / italiano.

Sulla giornata NO MONTI del 27/10/2012 segnaliamo anche i commenti, le foto e i video raccolti al sito:
ed il comunicato degli Attivisti contro la Guerra:




NOMONYDAY – MANIFESTACIJA U RIMU PROTIV AKTUALNE VLADE


piše Claudia Cernigoj
Posted by Novi Plamen on October 31, 2012

Pišem polemički u odnosu na sve one novinare, koji s indignacijom neprestano govore o mogućoj cenzuri ili prijetnjama cenzurom od strane vlasti, no nikad ne oklijevaju da sami cenzuriraju vijesti, kad im se ove ne dopadaju (i vidi slučaja, uvijek im se ne dopadaju, kad su protiv konstituirane vlasti). Jučer je ulicama Rima prošlo na desetke hiljada osoba (možda ne baš 150.000 kako je javio Cremaschi, ali svakako jako puno), a kako su na to reagirali mediji? Ostavivši po strani činjenicu da dnevni listovi grupe Espresso nisu uopće izašli zbog štrajka i da je listFatto Quottidano dao pristojan prikaz, preletavajući tekstove dnevnih vijesti na netu i prevrčući vijesti novinskih listova, mogu kazati sljedeće.
Data je samo pokoja sporadična vijest, gurnuta na kraj strane o unutrašnjim događajima, no jako je naglašena moguća «opasnost» manifestanata (jer se očekivalo «socijalne centre» i pokret protiv brzog vlaka za Francusku «no tav» -no treno alta velocità, a svi su oni, kako je opće poznato, ružni, opasni i zli, ali činjenica, da su manifestaciju sazvali sindikati i to sindikati iz baze, tako zvani Cobas – Comitati di base, o tome nigdje ni jedne jedine riječi). Zatim javljaju o jajima pobacanim po zidovima, o natpisima i o jednom (jedinom – slovom i brojem!) zapaljenom sanduku za smeće, te o kraku ogromne manifestacije, što se izdvojio na kraju i htio provocirati sukobe (do kojih uopće nije došlo). Il  Gazzettino di Venezia navodi parolu, a bilo ih je na stotine, koju je nosio neki manifestant iz Toscane, a na kojoj je stajalo «Monti, osvijetli nas, daj va…»(tre, što je naravno list protumačio kao poziv Predsjedniku Montiju, da sam sebe zapali. O stotinama i hiljadama ostalih slogana i parola baš ništa).
Ni jedne jedine riječi o Savezu Sindikata iz baze, koji su došli u Rim iz cijele Italije, počevši od onih iz željezare Ilva iz Taranta pa do studentskih sindikata iz baze, ni riječi o sindikatima iz baze građana, o onima koji se bore za zaštitu prirodnog ambijenta, o svima onima, koji su došli da zahtijevaju bolji život, da kažemo u dvije riječi, bolji život za kojim težimo i na koji smatramo da imamo pravo u ovim godinama velikog progresa, u kojima, po riječima sopstvenih vlada, živimo.
Šteta što se po njima progres mjeri u slapovima cementa što padaju na gradove, a ne napretkom u zdravstvenom osiguranju, te u investicijama, ali ne u kulturu, već u podivljalu građevinsku djelatnost, u ponovno dovođenje gasa i otvaranje gasnih pogona, a ne u štednji energije, pa zato treba biti strpljiv, i ništa ne mari što će se u takvom projektu progresa snaći k’o riba u vodi (jer se snalazi i pliva k’o riba u vodi već decenijama)  niko drugi do mafija odnosno organizirani kriminal, što će novci otići na vojne troškove, a ne na socijalnu zaštitu, a još manje na stvaranje eko kompatibilnih i društveno korisnih radnih mjesta.
Zato onaj koji se protivi od vlasti nametnutom modelu treba da bude kriminaliziran, pa ako ne uspiju infiltracije i ako ne dadu rezultat provokacije te u glavni grad dođe 100.000 osoba, koje u potpunom redu manifestiraju, u tom slučaju o tome najbolje ni glasa, treba prešutjeti, treba minimizirati, o tome se ne smije govoriti.
Ako se režim (da, režim, jer ova vlast nije izabrana na slobodnim izborima) tako ponaša to kod mene ne izaziva neki naročiti utisak, jer je institucionalna dužnost vlasti cenzurirati opoziciju. Ali da se svi organi štampe tako nisko spuste i da se toliko dodvoravaju režimu, koji i njima ukida financijska sredstva, jest stvar, koja me još uvijek može indignirati, ne samo kao građanku i političku aktivistkinju, već i kao nekog ko pripada kategoriji novinara, kojoj sam se odlučila pripadati prije više od trideset godina, čim sam završila gimnaziju, jer sam smatrala da je nužno proizvoditi informacije, a ne propagandu, te da ljudi moraju biti upoznati sa činjenicama više i dublje no što to dozvoljava vlast svojom cenzurom, jer je to bio jedini put za stvaranje javnog mnjenja, koje bi bilo u stanju da odlučuje i u čije se ruke moglo staviti upravljanje zemljom.
Bila je to utopija generacije koja je stala na životnu pozornicu sedamdesetih godina prošlog vijeka imajući pred očima američki analitički žurnalizam (sjaćate li se još Watergatea?), ali i talijanske novinare -istraživače kao što je bioNozza, koji je pucao k’o iz puške i sve one novinare analitičare, koji su otkrili u kaontra-istragama, što su ustvari značili «državni pokolji».
Ta se novinarska kultura izgubila i danas imamo informacije (istinske, a ne propagandu) jedino zahvaljujući volonterima odnosno onima koji žive događaje i o njima govore na mreži, ali nažalost doseg takvog novinarstva dopire jedva do nešto više publike od onih, koji se tim stvarima bave.
Zato ne čudi, što imamo takve političare, kakve imamo, što najveći dio populacije pada ničice pred vlašću i pasivno i bez otpora prima ono što joj politička klasa nameće, a to čini zato, jer alternative –nema.
Sumnjiv zavšetak; jako lijepa manifestacija, toliko ljudi, toliko poruka, dobro sam se osjećala i uvijek sam optimist, ali ostaje problem: šta da se radi? A naročito kako raditi, jer na kraju krajeva jest, bilo nas je mnogo, ali malo, ako se uzme u  obzir ukupno aktivno stanovništvo zemlje, jer važni sindikati, oni s kojima se mora računati,  nisu toga dana izišli na ulice, a radnici slijede sindikate s kojima se mora računati, a ne avangardu, čak i kad se slažu s avangardom, a isto vrijedi i za partije, pa se treba začuditi nad činjenicom da su bili prisutni i Talijanski komunisti i Savez ljevice, iako su se u zadnji čas, u predvečerje manifestacije od nje disocirali Partito democratico comunisti italiani i cijeli Savez ljevice, ali ostaje problem, kako će istupiti Savez ljevice na sljedećim izborima.
Naglašavam potpunu otsutnost pristaša Beppe Grilla (glumca koji vodi mase protiv svih postojećih partija i za odustajanje od politike, prim. prev.), koji bi trebali pokazati svoj odnos prema aktualnoj vladi. List «La Repubblica»definirao je našu manifestaciju vintage pokretom. Šteta što se vintage odnosi na najbolji period Italije, period socijalnih dostignuća i priznavanja prava, onih prava koje je «moderna» Montijeva vlada već potpuno izbrisala i skinula s dnevnog reda, u ime «rigoroznosti», koja uvijek i jedino pogađa one najslabije.
Očekujem rezultate sicilijanskih izbora.
Cladia Cernigoi koja danas nosi borbeno ime Vintege.


Inizio messaggio inoltrato:

Da: Claudia Cernigoi <nuovaalabarda  @  yahoo.it>
Data: 28 ottobre 2012 11.52.14 GMT+01.00
Oggetto: nomontyday a Roma the day after


... Intervento polemico nei confronti di tutti i giornalisti che si indignano parlando di censure possibili o minacciate dagli organi del potere, ma non si tirano indietro dal censurare loro le notizie, quando non piacciono (e, guarda caso, non piacciono di solito quando sono contrarie al potere costituito).
Ieri c'erano in piazza a Roma decine di migliaia di persone (forse non le 150.000 di Cremaschi, ma comunque tantissime), e come hanno reagito gli organi di informazione? tralasciando il fatto che i quotidiani del gruppo Espresso non sono usciti per lo sciopero, ed il Fatto quotidiano che ha fatto un servizio decente, navigando qua e là sui notiziari in rete e spulciando qualche quotidiano, posso dire questo.
la notizia relegata in trafiletti nelle pagine interne, grande risalto alla possibile "pericolosità" dei manifestanti (erano attesi, diceva La7, "centri sociali" e "movimento Notav", brutti cattivi e pericolosi, ma che la manifestazione fosse indetta da sindacati, sia pure di base, nulla) e poi alle uova lanciate contro i muri, le scritte un (dicasi uno di numero) cassonetto bruciato, uno spezzone che ha proseguito dopo la fine del corteo innescando un tentativo di scontri (che non sembra siano avvenuti). Il Gazzettino di Venezia ha citato, unico tra centinaia di messaggi, il cartello di un toscano che diceva "Monti illuminaci, datte foo" (naturalmente tradotto in "datti fuoco". 
Delle decine di migliaia di altri contenuti, nulla.
Non una parola sugli striscioni delle federazioni USB di tutta Italia, a partire da quello dell'Ilva di Taranto che recitava "vogliamo morire di salute", sulle parole d'ordine per i diritti dei lavoratori, degli studenti, dei cittadini, per la difesa dell'ambiente, per una vita migliore, tanto per dirla in due parole, una vita migliore alla quale possiamo pretendere anche di avere diritto in questi tempi di progresso, in cui, stando a quanto dicono i nostri governanti, viviamo.
Peccato che secondo loro il progresso si misura in colate di cemento e non in assistenza sanitaria, gli investimenti non nella cultura ma nell'edilizia selvaggia, nei rigassificatori e non nel risparmio energetico, e pazienza se in questo progetto di progresso chi ci sguazzerà sicuramente (come sguazza da decenni) sarà ancora una volta la criminalità organizzata, nelle spese militari e non nell'assistenza sociale e nella creazione di posti di lavoro eco e socio compatibili.
Perciò chi parla contro va criminalizzato, e se non riescono le infiltrazioni e le provocazioni e si arriva a centomila persone che sfilano ordinatamente nella capitale, allora bisogna zittire, censurare, minimizzare, non parlare.
Che il regime (sì, regime, perché questo governo non è stato deciso da libere elezioni) si comporti in questo modo, non mi fa particolare specie, è il suo compito istituzionale censurare l'opposizione.
Che gli organi di stampa si appiattiscano a tal punto ad un regime che taglia anche i finanziamenti a loro, è cosa che invece può ancora indignarmi, non solo come cittadina e militante, ma anche come appartenente alla categoria giornalistica, alla quale ho scelto di appartenere più di trent'anni fa, appena finito il liceo, perché ritenevo necessario produrre informazione e non propaganda, permettere alla gente di conoscere i fatti andando oltre le censure del potere, perché solo in tale modo si poteva creare un'opinione pubblica in grado di decidere a chi affidare il governo del Paese.
L'utopismo di chi era cresciuto negli anni 70 con il modello del giornalismo d'inchiesta USA (ricordate il Watergate?), ed anche italiano, basti pensare ai "pistaroli" come Nozza, ed a coloro che diedero corpo alla controinchiesta sulla "Strage di stato".
Una cultura che si è persa, oggi l'informazione (quella vera, non la propaganda) si ha solo grazie al volontariato di chi vive gli avvenimenti e ne parla sulla rete, ma purtroppo raggiunge poco più che non gli addetti ai lavori.
Così non possiamo stupirci se abbiamo la classe politica che abbiamo, se la maggior parte della popolazione accetta supinamente quello che la classe politica gli impone, perché tanto non c'è alternativa.

Chiusura dubbiosa: una bella manifestazione, tanta gente, tanti messaggi, mi sono trovata bene e sono sempre ottimista, ma rimane il problema del che fare, e soprattutto come farlo, perché alla fine eravamo in tanti, ma pochi rispetto al totale della popolazione attiva, perché i sindacati che contano non sono quelli che erano in piazza, ed i lavoratori seguono i sindacati che contano, non le avanguardie, anche se magari sarebbero d'accordo con loro, stesso discorso per i partiti, ammirevole il fatto che Comunisti italiani e Federazione della sinistra siano stati presenti nonostante la dissociazione dell'ultimo momento del Pdci che ha coinvolto la Federazione in toto, ma rimane il problema di cosa sarà della Federazione nel prossimo futuro elettorale.
Rilevo la completa assenza dei "grillini", per valutare il loro ruolo rispetto alla politica del governo in carica. Movimento vintage, ci ha definiti la Repubblica: peccato che il vintage si riferisca al periodo migliore dell'Italia, quello delle conquiste sociali e dei diritti, quelli che il "moderno" governo Monti ha ormai completamente cancellato, in nome di un "rigore" che colpisce solo le fasce più deboli.
Aspettando con trepidazione il risultato delle elezioni siciliane

Claudia Cernigoi, che come nome di battaglia da oggi si chiamerà Vintage




L'arma del silenzio mediatico

1) L'Unione Europea è talmente democratica che impedisce la pubblica fruizione delle trasmissioni della TV siriana
2) L'arma del silenzio mediatico (Manlio Dinucci)


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L'UNIONE EUROPA OSCURA LA TV SIRIANA         

Spiacevole sorpresa lunedi' per tutte le persone che seguono in Europa la tv siriana. Per ordine dell' Unione Europea il satellite Hotbird ha interrotto le trasmissioni di vari canali siriani nella cornice delle sanzioni contro la Siria. Quindi le persone di origine siriana che vivono nei paesi europei non possono piu' avere informazioni dirette su quanto avviene nel loro paese se non da qualche sito o telefonando. L' alternativa e' ascoltare la propaganda di Al Jazeera e Al Arabya o comprare una parabola speciale per ricevere i canali russi. Una cattiveria unica non tanto verso lo stato siriano, ma soprattutto verso i siriani in Europa che oltre ad essere lontani dal loro paese sono in ansia per i loro familiari in Siria e vorrebbero seguire quanto sta avvenendo nel loro paese. Ora temono anche che questo "simpatico" stratagemma venga esteso ad altre forme di comunicazione come Skype o altri server siriani. Non e' la prima interruzione per i canali di questo paese. Lo scorso giugno la Lega Áraba ha chiesto ai proprietari dei satelliti Arabsat y Nilesat la sospensione delle trasmissioni siriane via satellite in tutto il mondo.
Il 15 ottobre inoltre il satellite Eutelsat ha interrotto i servizi a 19 canali e stazioni radio trasmessi dall' Iran; un' altra decisione dell' UE presa insieme ad altre misure nel settore finanziario, commerciale, energetico e dei trasporti. In questa occasione sono stati oscurati PressTV e altri canali televisivi oltre a varie stazioni radio.

(fonte: Siria, le notizie della settimana dal 21 al 28 ottobre 2012
a cura di Marco Palombo
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=1060 )


=== 2 ===


Il Manifesto 30/10/2012

L'ARTE DELLA GUERRA

L'arma del silenzio mediatico

Si dice che il silenzio è d'oro. Lo è indubbiamente, ma non solo nel senso del proverbio. È prezioso soprattutto come strumento di manipolazione dell'opinione pubblica: se sui giornali, nei Tg e nei talk show non si parla di un atto di guerra, esso non esiste nella mente di chi è stato convinto che esista solo ciò di cui parlano i media. Ad esempio, quanti sanno che una settimana fa è stata bombardata la capitale del Sudan Khartum? L'attacco è stato effettuato da cacciabombardieri, che hanno colpito di notte una fabbrica di munizioni. Quella che, secondo Tel Aviv, rifornirebbe i palestinesi di Gaza. Solo Israele possiede nella regione aerei capaci di colpire a 1900 km di distanza, di sfuggire ai radar e provocare il blackout delle telecomunicazioni, capaci di lanciare missili e bombe a guida di precisione da decine di km dall'obiettivo. Foto satellitari mostrano, in un raggio di 700 metri dall'epicentro, sei enormi crateri aperti da potentissime testate esplosive, che hanno provocato morti e feriti. Il governo israeliano mantiene il silenzio ufficiale, limitandosi a ribadire che il Sudan è «un pericoloso stato terrorista, sostenuto dall'Iran». Parlano invece gli analisti di strategia, che danno per scontata la matrice dell'attacco, sottolineando che potrebbe essere una prova di quello agli impianti nucleari iraniani. La richiesta sudanese che l'Onu condanni l'attacco israeliano e la dichiarazione del Parlamento arabo, che accusa Israele di violazione della sovranità sudanese e del diritto internazionale, sono state ignorate dai grandi media. Il bombardamento israeliano di Khartum è così sparito sotto la cappa del silenzio mediatico. Come la strage di Bani Walid, la città libica attaccata dalle milizie «governative» di Misurata. Video e foto, diffusi via Internet, mostrano impressionanti immagini della strage di civili, bambini compresi. In una drammatica testimonianza video dall'ospedale di Bani Walid sotto assedio, il Dr. Meleshe Shandoly parla dei sintomi che presentano i feriti, tipici degli effetti del fosforo bianco e dei gas asfissianti. Subito dopo è giunta notizia che il medico è stato sgozzato. Vi sono però altre testimonianze, come quella dell'avvocato Afaf Yusef, che molti sono morti senza essere colpiti da proiettili o esplosioni. Corpi intatti, come mummificati, simili a quelli di Falluja, la città irachena attaccata nel 2004 dalle forze Usa con proiettili al fosforo bianco e nuove armi all'uranio. Altri testimoni riferiscono di una nave con armi e munizioni, giunta a Misurata poco prima dell'attacco a Bani Walid. Altri ancora parlano di bombardamenti aerei, di assassinii e stupri, di case demolite con i bulldozer. Ma anche le loro voci sono state soffocate sotto la cappa del silenzio mediatico. Così la notizia che gli Stati uniti, durante l'assedio a Bani Walid, hanno bloccato al Consiglio di sicurezza dell'Onu la proposta russa di risolvere il conflitto con mezzi pacifici. Notizie che non arrivano, e sempre meno arriveranno, nelle nostre case. La rete satellitare globale Intelsat, il cui quartier generale è a Washington, ha appena bloccato le trasmissioni iraniane in Europa, e lo stesso ha fatto la rete satellitare europea Eutelsat. Nell'epoca dell'«informazione globale», dobbiamo ascoltare solo la Voce del Padrone.

Manlio Dinucci