Informazione


Il seguente resoconto del viaggio di solidarietà di Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus a Kragujevac si può scaricare nella versione completa (formato Word, corredata di fotografie) al link: https://www.cnj.it/AMICIZIA/Relaz0712.doc
Anche le precedenti relazioni di Zastava Trieste / Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus si possono scaricare alla URL: 
https://www.cnj.it/solidarieta.htm#nonbombe
Per aggiornamenti sulla questione FIAT-FAS si vedano i nostri post più recenti:
L'archivio della documentazione rilevante sulla questione FIAT-FAS è invece all'indirizzo:


Inizio messaggio inoltrato:

Da: "Gilberto Vlaic" <gilberto.vlaic @ elettra.trieste.it>
Data: 09 settembre 2012 14.45.06 GMT+02.00
Oggetto: [CNJ] Relazione viaggio a Kragujevac luglio 2012

 

Trieste, 8 settembre 2012

Care amiche, cari amici solidali,
vi mandiamo la relazione del viaggio che abbiamo compiuto a Kragujevac per la consegna degli affidi a distanza esattamente due mesi fa, all’inizio di luglio 2012.

Sono illustrati i progetti in corso e quelli futuri e abbiamo aggiunto una analisi della situazione economica della Serbia, compresi gli ultimi sviluppi degli impianti fiat a Kragujevac.

Per quanto riguarda i progetti in corso non abbiamo potuto eccedere nelle foto inserite nella relazione perche’ sarebbe divenuta troppo pesante; ne abbiamo gia' da tempo inserite molte altre nella nostra pagina facebook, al solito indirizzo:
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Il prossimo viaggio a Kragujevac si svolgera’ tra il 18 e il 22 ottobre, e durera’ un giorno di piu’ del viaggio precedente di luglio per permettere alla nostra delegazione di essere presente la domenica 21 alla celebrazione della Grande Lezione di Storia che ricorda la strage nazista del 21 ottobre 1941 quando a Kragujevac in una rappresaglia furono fucilate 7300 persone.

Per quanto riguarda gli affidi a distanza, durante questo viaggio consegneremo una quota semestrale poiche’, come ormai da alcuni anni, il viaggio di dicembre e’ stato abolito e quindi a ottobre si consegnano le quote autunnali ed invernali. Il viaggio successivo si terra’ verso la fine di marzo 2013.

Siamo molto contenti di informarvi che un sottoscrittore privato ci ha versato poco tempo fa una cifra molto ingente, 24300 euro (!!!), per sostenere i progetti in corso e quelli futuri, e crediamo che questo rappresenti un ottimo segnale sulla validita’ delle tante iniziative solidali portate avanti in tutti questi anni.

Un cordiale saluto a tutte/i
Per la ONLUS Non bombe ma solo caramelle
Gilberto Vlaic


ONLUS Non Bombe ma Solo Caramelle - Trieste

DI RITORNO DA KRAGUJEVAC

Viaggio del 5 – 8 luglio 2012


Introduzione

Vi inviamo la relazione del viaggio svolto un mese e mezzo fa a Kragujevac per la consegna delle adozioni a distanza che fanno capo alla ONLUS Non Bombe ma solo Caramelle e al Coordinamento Nazionale RSU CGIL.

Questi viaggi servono anche a verificare lo stato dei numerosi progetti che sono stati portati a termine e per la messa in cantiere di nuovi progetti.

Come sempre in questa relazione saranno presenti alcune fotografie per illustrare questi progetti; ne troverete molte di piu’ per ogni singolo progetto sul nostro sito

http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Tutte le nostre informazioni vengono pubblicate regolarmente sui due siti che seguono; altri siti di tanto in tanto riportano le relazioni dei nostri viaggi oppure le schede informative che periodicamente inviamo.

Sul sito del coordinamento RSU trovate tutte le notizie sulle nostre iniziative a partire dal 1999

http://www.coordinamentorsu.it/guerra.htm

I nostri resoconti sono presenti anche sul sito del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, sul fondo della pagina all'indirizzo:

https://www.cnj.it/solidarieta.htm


Cronaca del viaggio; i progetti in corso


Giovedi’ 5 luglio 2012; in viaggio e l’arrivo al Sindacato

Come sempre partenza da Trieste verso le 8 e 30 del mattino.

Come ormai da molti anni a luglio i partecipanti al viaggio sono pochi ed il perche’ e’ presto detto: ci aspettano quattro giorni di fuoco, con temperature altissime.

Cosi’ partiamo solo in quattro: Gilberto, Maria e Rita da Trieste, Stefano da Fiumicello e lasciamo a Trieste il glorioso furgone della Associazione di Solidarieta’ Internazionale Triestina, che usiamo da dieci anni, ma che non ha la climatizzazione ed optiamo per una nostra vettura. Viaggiamo in assoluta tranquillita’ con tempo bello e con passaggi veloci alle varie frontiere; il traffico e’ pressoche’ assente in autostrada ed e’ ben piu’ scarso del solito; a sud di Zagabria i camion sono quasi inesistenti, a dimostrazione che in queste regioni nel cuore dell’Europa la crisi economica colpisce duramente. Anche l’attraversamento di Belgrado, che e’ sempre faticoso ed impegnativo, e’ del tutto agevole.

L’arrivo a Kragujevac ci lascia a bocca aperta: la rotonda di ingresso alla citta’ e’ dominata da un enorme logo della Fiat [ FOTO ], che a qualcuno potra’ anche piacere sia esteticamente che politicamente, ma che io trovo di pessimo gusto estetico e in perfetto stile Marchionne, sigillo padronale a definire il possesso della citta’.

Ancor peggio, dal mio punto di vista, e’ la grande scritta sul palazzo della direzione FAS che recita, in Serbo, cio’ che e’ presente anche sulle fabbriche italiane del gruppo Fiat ‘’Noi siamo quello che facciamo’’: mi innesca spiacevoli ricordi con scritte del passato.

Finalmente prima delle 6 di sera incontriamo i nostri amici del sindacato nella loro sede. L’atmostera e’ come sempre festosa, come se ci si fosse lasciati il giorno prima, ma si sente la tensione dovuta alla liquidazione della Zastava Automobili, avvenuta il 5 gennaio 2011, con la conseguente perdita del posto di lavoro per quasi 1600 lavoratori, tra cui tre delle persone (su cinque) che lavorano per il Sindacato e che si occupano dell’ufficio adozioni.

E’ chiaro che senza di loro la nostra campagna di solidarieta’ materiale con i lavoratori di Kragujevac, in piedi ormai da 13 anni, sarebbe destinata a finire molto presto, tra l’altro in una fase come questa, in cui il modesto ma concreto aiuto che periodicamente portiamo diventa ancor piu’ indispensabile.

Vi ricordo a questo proposito che tutte le associazioni italiane che intervengono a Kragujevac (una decina) hanno deciso di creare un apposito fondo, SENZA toccare il denaro destinato agli affidi, che integra almeno in parte il sussidio di disoccupazione per queste tre persone (Rajka, Dragan e Delko) permettendo quindi di continuare l’attivita’ dell’ufficio.

Prepariamo tutte le buste con gli affidi che saranno consegnati durante l’assemblea pubblica di sabato 19 marzo, organizziamo gli appuntamenti che avremo nei due giorni successivi ed infine consegnamo le tre buste con i contributi per l’ufficio adozioni, per le quali ci viene rilasciata una regolare ricevuta.

Le previsioni del tempo ci dicono che nei prossimi due giorni fara’ MOLTO caldo e cosi’ i nostri impegni vengono concentrati in due mattine.


Venerdi’ 6 luglio; la verifica dei progetti

Inizia una lunghissima mattinata; non abbiamo mai avuto una mattina con tale numero di incontri da fare.

Alle 9 ci vediamo con i funzionari e i delegati del Sindacato Samostalni per raccogliere le informazioni sulla situazione delle varie realta’ produttive in cui si articola ancora il gruppo Zastava e della Fiat Auto Serbia; leggerete nella seconda parte di questa relazione la situazione attuale degli stabilimenti auto.

Alle 10, proprio a fianco della sede del Sindacato, incontriamo i rappresentanti della associazione malati di Distrofia Muscolare.

Questa associazione ha 148 membri di cui circa la meta’ bambini, sono persone invalide, quasi tutte disoccupate, molte di loro ormai legate alla carrozzina e necessitano di aiuto di altre persone anche per le necessita’ piu’ semplici. Spesso sono persone molto povere e ai margini della societa’.

La loro sede e’ un locale di proprieta’ pubblica; ricevono dal Comune un aiuto economico con cui far fronte alle spese per elettricita’, riscaldamento e telefono.

Li avevamo conosciuti a marzo scorso perche’, dopo aver subito un furto nella loro sede (un televisore e il computer dell’ufficio), si erano rivolti al Sindacato per vedere se era possibile ricevere un aiuto economico per poter ricomprare le cose rubate.

Cio’ che potremo portargli e’ ben piu’ importante di un televisore: nel nostro viaggio di ottobre prossimo avremo con noi un pullmino capace di trasportare di due carrozzine, dotato di di sollevatore elettroidraulico, dono della Misericordia della Bassa Friulana di San Giorgio di Nogaro; non e’ un furgone nuovo, e’ stato immatricolato nel 2004, ma e’ in ottime condizioni.

I volontari della Misericordia verranno con noi per questa consegna, come hanno del resto gia’ fatto nel 2006, quando donarono una ambulanza al centro medico della Zastava e nel 2008, quando consegnarono un furgone per trasporto carrozzine alla Associazione Malati di Sclerosi Multipla.

Discutiamo di come preparare i documenti di donazione e di accettazione, secondo le indicazioni ricevute dalla Dogana di Kragujevac e dalla Guardia di Finanza di Trieste, che abbiamo interpellato per cercare di evitare i grossi problemi che abbiamo incontrato nelle precedenti donazioni del 2006 e del 2008.

C’e’ un problema ulteriore che i nostri amici ci chiedono di aiutare a risolvere: il tetto delle loro sede perde copiosamente, e ci sono molte infiltrazioni.

L’intervento non e’ molto costoso e senz’altro riusciremo a fare qualcosa.

Ci consegnano come ricordo del nostro viaggio le magliette della loro associazione e le maschere veneziane in ceramica che stanno realizzando nel loro laboratorio e un bellissimo cesto di fiori a Maria e Rita.

Ci rivedremo a ottobre e sara’ FESTA GRANDE!

Alle 10 e 30 siamo alla Scuola Primaria Dragisa Mihajlovic, nel quartiere di Male Pcelice; abbiamo gia’ parlato diffusamente di questa scuola nella relazione relativa al nostro viaggio di marzo 2012, ed abbiamo pubblicato due ampi album fotografici sulla nostra pagina facebook, rispettivamente il 28 giugno e il 21 luglio.

La scuola ha circa 150 alunni su quattro classi con doppi turni mattino-pomeriggio ed una classe di preparatoria (dai 5 ai 6 anni) con 25 bambini.

Ha una superficie di circa 600 metri quadrati. Le aule a disposizione sono sei, di cui quattro per la scuola primaria, una per la classe preparatoria ed una aula informatica attrezzata assai bene, dono di Telekom Serbia.

All’inizio di novembre 2011 la direzione e gli insegnanti della scuola e i genitori degli alunni ci avevano fatto pervenire tramite l’ufficio adozioni del Sindacato Samostalni una richiesta di collaborazione per lavori urgenti, che consistevano nel rifacimento dei pavimenti di tre aule, dei servizi igienici e infine nella sostituzione di quattro lavagne. I lavori sono iniziati a marzo ed ora sono totalmente finiti. Praticamente tutte le associazioni che agiscono in Serbia hanno deciso di partecipare alla realizzazione di questo progetto.

Eccole, in ordine alfabetico

ABC Pace e Solidarieta’ ONLUS di Roma

Aiutiamo la Jugoslavia ONLUS di Bologna

Associazione MIR SADA di Lecco

Associazione Zastava Brescia per la Solidarieta’ Internazionale ONLUS di Brescia

Non bombe ma solo Caramelle ONLUS di Trieste

Un ponte per... ONLUS di Roma

ed in questo ordine vengono riportate sulla targa che ricorda questa bellissima iniziativa di solidarieta’ materiale, che dedica questi lavori alla memoria di Laura Sordelli, del Direttivo della nostra associazione, che ci ha lasciato dopo una lunghissima malattia a gennaio scorso. Questa targa e’ a fianco della bandiera della pace, che e’ stata messa (sotto vetro) al posto d’onore all’ingresso della scuola.

[ FOTO: I pavimenti prima... ...e dopo il nostro intervento / Una toilette degli alunni Vista dei nuovi servizi igienici / La targa con la dedica a Laura La bandiera all’ingresso della Scuola ]

La nostra mattinata prosegue alle 11 e 30 con una visita al centro 21 ottobre per ragazzi Down, dove ci rechiamo ogni volte che e’ possibile; e’ stato il nostro primo importante progetto a Kragujevac ed e’ riuscito a ridare dignita’ e sicurezza ad una delle categorie sociali piu’ deboli ed emarginate, quella delle persone con disagio psichico.

Questa volta, poi, la nostra visita, ha anche un carattere speciale, perche’ siamo al settimo anniversario dell’inaugurazione del Centro, che inizio’ le sue attivita’ il 9 luglio del 2005.

Jelena, la direttrice, ci informa di tutto quello che hanno fatto negli utimi mesi, e ci consegna (come fa sempre) il resoconto fino all’ultimo centesimo di come hanno utilizzato il nostro ultimo contributo (che gli avevamo lasciato a marzo) ed una ricca documentazione fotografica.

Anche questa volta possiamo sostenerli, attraverso una donazione d 300 euro. Jelena nei suoi ringraziamenti usa un bellissimo modo di dire per quanto riguarda i sostegni che riusciamo ogni tanto a fornire a questi ragazzi: questo sostegno li aiuta ad USCIRE UGUALI NEL MONDO.

Un po’ di storia di questo Centro: a settembre 2004 avevamo ricevuto dai lavoratori della COOP Nord-Est la cifra di 14.290 euro, con la richiesta di impegnare questo denaro in uno o piu’ progetti che andassero oltre il gli affidi a distanza.

Nello stesso periodo l’associazione delle famiglie con figli con sindrome di Down della citta’ di Kragujevac ci aveva chiesto di sostenerli nella realizzazione di un centro diurno che accogliesse questi ragazzi.

Su nostra richiesta il Comune di Kragujevac aveva messo a disposizione di questo progetto un edificio pubblico di circa 350 metri quadrati, distribuiti tra un grande salone di 260 metri quadrati, due bagni, una cucina, due uffici e un magazzino e li aveva restaurati a sue spese.

Noi, da parte nostra, avevamo messo a disposizione del progetto 10.000 euro, acquistando tutto il materiale che ci era stato richiesto dalle famiglie per la realizzazione di vari laboratori e per l’arredamento.

La realizzazione di questo Centro ha inoltre creato quattro posti di lavoro.

Alle 12 e 30 visitiamo la fabbrica DES

Abbiamo pubblicato sulla nostra pagina facebook una ampia raccolta di foto su questa fabbrica il 28 giugno scorso.

Ne abbiamo gia’ parlato nella relazione relativa al viaggio di marzo scorso; come forse ricorderete, si tratta di una azienda metalmeccanica, con circa 100 dipendenti, 50 dei quali sono invalidi psichici o fisici.

E’ una impresa di proprieta’ pubblica ed e’ sottoposta alla legislazione sul lavoro nelle officine protette; le mansioni che svolgono i singoli lavoratori dovrebbero essere strettamente relazionate al loro stato di salute.

Non hanno una produzione qualificante sulla quale appoggiarsi, hanno una gamma di prodotti piuttosto semplici: tavoli, sedie, scaffalature metalliche, giochi per parchi e asili, prodotti per agricoltura. Lo Stato dovrebbe pagare meta’ degli stipendi (ma non e’ quasi mai regolare nei suoi versamenti), e il resto deve essere trovato attraverso il loro lavoro. Devono, come si dice oggi, stare sul mercato.

I lavoratori hanno salari da fame, circa 200 euro al mese; inoltre sono in arretrato di cinque mensilita’ dal 2010, per le quali non esiste alcuna soluzione economica prevedibile.

Due mesi fa hanno ricevuto un piccolo anticipo di 5000 dinari (circa 40 euro...).

La fabbrica ha tre reparti, in capannoni distinti:

uno di meccanica: benche’ con attrezzature vecchissime, non e’ molto diverso da qualsiasi officina; uno di trattamenti galvanici e uno di verniciatura.

Specialmente il reparto galvanica e’ in pessime condizioni e i lavoratori sono esposti a rischi pesanti per la loro salute, a diretto contatto con le vasche, senza sistemi di aspirazione e senza mezzi di protezione individuale.

Da poco il Ministero dell’Economia ha meso a disposizione 12 milioni di dinari (circa 105.000 euro) per la completa ricostruzione del reparto galvanica; un nuovo capannone, nuove vasche per trattamenti chimici, sistemi aspiranti e nuovi mezzi di protezione individuale per i lavoratori.

[ FOTO: Il vecchio reparto / Quello in costruzione ]

Per quanto riguarda i pasti i lavoratori si portano qualcosa da casa, ma non avevano (sino ad ora!) una sala mensa e mangiavano direttamente sul posto di lavoro.

Avevano un locale dismesso di circa 50 metri quadrati che volevano attrezzare come mensa, con trenta posti a sedere, e ci hanno chiesto di aiutarli acquistando i materiali necessari.

A maggio scorso ci avevano inviato un preventivo totale per tutti i lavori e gli arredi per un totale di 490330 dinari che, convertito in euro utilizzando il cambio di 111.44 dinari per 1 euro, ammontava a 4400 euro.

Tutte le associazioni che hanno partecipato alla esecuzione dei lavori nella scuola Mihajlovic hanno deciso di realizzare anche questo progetto, e cosi’ l’Associazione Mir Sada di Lecco durante il suo periodico viaggio a Kragujevac ha consegnato 4400 euro, necessari per i lavori edili, elettrici e idraulici, per l’acquisto degli arredi e per l’attrezzatura necessaria per un piccolo angolo cucina.

Il preventivo iniziale ha dubito durante i lavori uno sforamento di 110.000 dinari e cosi’ consegnamo 100 euro supplementari.

Come sempre riceviamo tutte le fatture in originale, intestate alla nostra ONLUS; non abbiamo dubbi sull’onesta’ dei nostri referenti sindacali, ma e’ sempre meglio cosi’... inoltre avere le fatture intestate a noi facilita la preparazione del bilancio della associazione.

Con questa nuova realizzazione non abbiamo certo cambiato le condizioni materiali di vita di questi lavoratori e delle loro famiglie, e neppure abbiamo dato loro un futuro piu’ certo, ma almeno abbiamo contributo ad aumentare la loro dignita’ sia come lavoratori che come singole persone.

[ FOTO: Due viste del locale della vecchio locale / Due viste della nuova mensa ]

Consegnamo al delegato del sindacato Samostalni della fabbrica la bandiera bilingue della Pace che in tutta Kragujevac e’ presente dove sono stati realizzati i nostri progetti e ci avviamo verso l’ultimo incontro di questa lunga e afosa giornata.

[ FOTO: Con il delegato sindacale Samostalni della fabbrica DES ]

Alle 13 e 30 arriviamo alla sede dell’associazione para- e tetraplegici di Kragujevac.

Sono circa 70 persone invalide per incidenti di vario tipo. A questa associazione fanno capo anche persone amputate a entrambe le gambe o alle mani.

Hanno una sede che gli e’ stata data dal Comune. E’ in pessime condizioni, una vera topaia; i servizi igienici sono assolutamente carenti per questo tipo di invalidita’. Devono rifare una ricostruzione totale di muri, pavimenti. impianto elettrico e idraulico, servizio igienico, infissi, ufficio, rampa di accesso. Aiutarli nella ricostruzione di questi locali sara’ uno dei nostri prossimi progetti, e si inquadra bene nella nostra logica di essere a fianco delle categorie piu’ deboli di Kragujevac e nel cercare di combattere la disgegazione sociale. Queste persone sono gli ultimi degli ultimi, e meritano tutta’ la nostra solidarieta’ materiale. Chiederemo anche a tutte le altre associazioni italiane di partecipare a questa iniziativa.

Malgrado i loro gravi problemi sono molto attivi nel campo delle attivita’ sportive per persone con disabilita’ fisiche, come dimostrano le tantissime coppe e medaglie presenti nella loro sede

[ FOTO: Lo scivolo per carrozzine all’ingresso / I servizi (ignobili per invalidi!) / Una vista dell’interno / Una parte dei trofei sportivi ]

Ci rivedremo senz’altro a ottobre, e siamo convinti che per quella data tutti i lavori saranno stati portati a termine nel migliore dei modi.


Sabato 7 luglio 2012

E’ la giornata dell’assemblea della consegna degli affidi a distanza.

Malgrado l’aria rovente, sono centinaia le persone che ci attendono ordinatamente e pazientemente davanti all’ingresso della grande sala della Zastava Kamioni dove vengono distribuite le quote di affido.

Queste persone probabilmente non leggono i giornali serbi e italiani che descrivono Kragujevac perche’ altrimenti non sarebbero qui, ma a festeggiare il magnifico Eldorado in cui l’arrivo della Fiat ha trasformato la loro citta’.

No, per loro, i nostri amici e le loro famiglie, la realta’ e’ un’altra: vivono si’ a Kragujevac, ma nella citta’ reale, dove la disoccupazione e’ quasi al trenta per cento, e se invece hano la fortuna di lavorare il loro salario non arriva a 300 euro al mese; sono senza lavoro e resteranno per sempre ai margini della sopravvivenza e nessuna vaghissima (e sempre rimandata) promessa di ingresso nella comunità europea riuscirà a tramutare in condizioni di vita dignitose le loro speranze. E tutto questo in un paese europeo che poteva aspirare ad un futuro normale, prima di essere distrutto dai bombardamenti dei civilissimi Paesi aderenti alla NATO tra cui, non dimentichiamolo mai, l’Italia.

Durante questa assemblea distribuiremo 162 quote di affido (per la maggior parte quote pari ad un trimestre) per un totale di 15415 euro; inoltre consegneremo una quota annuale di 310 euro proveniente dalla Associazione Aiutiamo la Jugoslavia di Bologna e due contributi (330 euro) provenienti da sottoscrittori della Associazione Most Za Beograd di Bari.

Dopo i 24 nuovi affidi aperti a marzo scorso anche oggi apriremo cinque nuovi affidi: due derivano da nuovi sottoscrittori che hanno raggiunto la nostra grande famiglia solidale e tre sono dovuti a sostituzioni di tre ragazzi ormai grandi che hanno finito gli studi.

Da tutti c’e’ un saluto, un abbraccio, una stretta di mano, regali da portare alle famiglie italiane; molti vogliono raccontarci dei loro problemi. Soprattutto mi colpisce un lavoratore della Fiat Auto Serbia, gia’ avanti negli anni, che con le lacrime agli occhi mi racconta di tutto il suo terrore per il futuro, perche’ non crede che riuscira’ a reggere i nuovi orari di lavoro e i nuovi ritmi di produzione, introdotti da pochissimo e di cui troverete i dettagli nella seconda parte di questa relazione.


Qui termina il nostro viaggio tra i nostri amici lavoratori serbi nel cuore dell’Europa civile...

Il giorno dopo rientriamo in Italia, e inizieremo a preparare il prossimo viaggio con la stessa determinazione e convinzione con cui abbiamo preparato tutti i precedenti.

Grazie a tutte/i voi per il sostegno che date a questa campagna solidale!



ALCUNI INDICI ECONOMICI GENERALI SULLA SERBIA E SU KRAGUJEVAC

I dati contenuti in questa relazione sono stati ricavati per la maggior parte dai bollettini periodici dell’Ufficio Centrale di Statistica; qualora la fonte sia diversa viene esplicitamente indicata.


La popolazione

Secondo il censimento tenutosi nel 2011 la popolazione serba e’ di 7.250.000 persone; dal censimento precedente la popolazione e’ scesa di circa 350.000 unita’per effetto del tasso di fertilita’ negativo; il numero dei decessi piu’ alto del numero delle nascite ha iniziato a verificarsi negli anni novanta, dapprima piu’ accentuato al Nord del Paese e via via piu’ anche nelle regioni del Sud. Se il trend non dovesse cambiare, nel 2060 il Paese potrebbe contare solo 6 milioni di cittadini. Difficile però che le cose migliorino: la crisi economica in cui si dibatte il Paese non è certo una medicina contro la “peste bianca” della denatalità. In passato questo fattore era stato “nascosto” dall’afflusso di sfollati e rifugiati durante gli anni ’90, circa 650mila in una prima fase, poi ridottisi a 300mila dopo i rimpatri o l’emigrazione verso altri Paesi.


Cambio dinaro/euro (fonte: comunicati periodici della Banca Nazionale)

La Serbia e’ un Paese con un fortissimo deficit commerciale (come vedremo tra poco) e piu’ della meta’ del commercio con l’estero si svolge con la Unione Europea, Italia e Germania in primis

Il cambio del dinaro con l’euro ha quindi una immediata e fortissima influenza sui prezzi delle merci e sulle (scarsissime) capacita’ di acquisto delle famiglie.

Ripercorriamo la variazione del cambio negli ultimi tre anni.

Al 22 ottobre 2009 era di 93.2 dinari per euro.

Un anno dopo, il 4 novembre 2010 il cambio era arrivato a a 107.5 dinari per euro.

Dopo questa data c’era stato per circa sei mesi un rafforzamento progressivo del dinaro che era giunto al valore di 96.5 dinari per un euro il 22 maggio 2011 per poi iniziare nuovamente a calare.

Questo rafforzamento momentaneo e’ stato dovuto esclusivamente a ragioni politiche interne; ha avuto vantaggi solo per chi ha aperto mutui in euro, ma ha penalizzato fortemente le gia’ scarse esportazioni, mentre i prezzi dei beni di prima necessita’ e le tariffe hanno continuato ad aumentare.

Fino alla fine del 2011 il cambio e’ poi oscillato intorno a 100-102 dinari per un euro.

Poi per tutto il 2012 la moneta ha subito un indebolimento continuo, dai 103 dinari per un euro a gennaio fino ai 119 dinari per un euro a fine agosto, malgrado la Banca Nazionale abbia speso almeno 1500 milioni di euro per sostenere il dinaro.


Prodotto interno lordo (PIL) e indice della produzione industriale

Il PIL nel primo trimestre del 2012 e’ diminuito del 1.3 % rispetto allo stesso periodo del 2011; nel secondo trimestre il calo e’ stato dello 0.6 % rispetto allo stesso periodo del 2011.

L’indice della produzione industriale nel periodo gennaio-luglio 2012 e’ diminuito del 4.0% rispetto a quello dello stesso periodo del 2012.

E’ quasi certamente destinato a diminuire ulteriormente, oltre che per la crisi generalizzata, in relazione al gravissimo problema della acciaieria di Smederevo, che ricordo in sintesi.

La US Steel aveva acquistato nel 2003 la acciaieria di Smederevo (poco a sud di Belgrado), pagandola 23 milioni di dollari. Le produzioni principali di questo complesso sono acciai speciali, per la gran parte destinati alla esportazione. Chissa’ come mai, ma nel 1999 questa fabbrica non era stata bombardata dalla NATO...

La notizia era arrivata inattesa alla fine di gennaio 2012: la US Steel si e’ ritirata dalla Serbia e lo stabilimento e’ stato rilevato dallo Stato (al prezzo simbolico di 1 dollaro), mettendo in crisi 5500 posti di lavoro diretti e circa 15000 indiretti, almeno secondo le dichiarazioni rilasciate a luglio scorso dal ex ministro dell’economia Ciric.

L’acciaieria partecipava al PIL del Paese per circa il 5% e alle esportazioni per piu’ del 10%

Fonte: Radio B92 al seguente indirizzo:

http://www.b92.net/eng/news/business-article.php?yyyy=2012&mm=07&dd=02&nav_id=81066


Commercio con l’estero

Anche nel 2011 la Serbia ha avuto un un deficit commerciale altissimo,

Ecco il consuntivo dell’anno: le esportazioni sono state pari a 8441.4 milioni di euro, con un aumento del 14.2% rispetto al 2010; le importazioni invece sono state pari a 14250.0 milioni di euro, con un aumento del 12.9% rispetto al 2010.

Il deficit della bilancia commerciale e’ dunque di 5808.6 milioni di euro, in crescita dell’11.1% in confronto al 2010.

Il rapporto tra esportazioni ed importazioni lo scorso anno e’ stato del 57.4%.

I primi sei mesi del 2012 hanno visto esportazioni per 4144.3 milioni di euro mentre le importazioni sono state pari a 7206.2 milioni di euro, rispettivamente in aumento del 0.6% e del 5.7% rispetto ai valori rilevati nello stesso periodo del 2011, con un netto peggioramento della bilancia commerciale perche’ il rapporto tra il valore delle esportazioni e quello delle importazioni e’ passato da 60.5% dei primi sei mesi del 2011 al 57.4% dello stesso periodo del 2012.


Prezzi

I continui aumenti dei prezzi al consumo riguardano tutti i settori merceologici, ma sono particolarmente importanti per i generi e servizi essenziali, come su puo’ riscontrare nella seguente tabella che riporta i aumenti percentuali annui per diversi settori merceologici registrati a luglio 2012 rispetto a luglio 2011; nella terza colonna sono riportati gli stessi dati confrontati con i prezzi medi nell’anno 2006 posti uguali a 100.


Merci Luglio 2012 su luglio 2011 Luglio 2012 su media 2006 posta a 100

Alimentari (tutte le voci) 104.9 174.1

Carne 115.1 158.3

Frutta 111.5 182.6

Verdura 109.1 191.8

Caffe’, te e cacao 102.9 184.7

Bevande alcooliche e tabacchi 110.9 241.4

Abbigliamento e calzature 103.6 133.8

Affitti 112.1 136.9

Acqua --- 198.7

Elettricita’ --- 168.2

Salute 102.9 143.3

Trasporti 109.4 162.0

Istruzione 101.1 142.8


Livelli occupazionali e salari

I livelli occupazionali continuano a scendere.

Gli ultimi dati percentuali diponibili sono relativi ad aprile 2012, e li riportiamo assieme a quelli degli ultimi due anni; abbiamo modificato il criterio epositivo perche’ questa volta ci si riferisce alle persone dai 15 ai 64 anni, mentrer nelle relazioni precedenti, quando riportavamo questi dati, erano relativi alle persone oltre i 15 anni di eta’.


Apr. 2010 Ott. 2010 Apr. 2011 Nov. 2011 Apri. 2012

Tasso di occupazione 47.2 47.1 45.5 45.3 44.2

Tasso di disoccupazione 20.1 20.0 22.9 24.4 26.1


Se si guardano i dati relativi alle persone con eta’ compresa tra 15 e 64 anni ci sono ovviamente delle variazioni

Nella successiva tabella il numero medio degli occupati negli ultimi cinque anni:

Anno Num. occupati

2008 (media) 1.999.000
2009 (media) 1.889.000
2010(media) 1.795.000
2011 Aprile 1.753.000
2011 Ottobre 1.740.000
2012 Aprile 1.729.000


Particolarmente drammatico e’ il calo dell’occupazione nell’industria manifatturiera, che e’ passata da 370.000 occupati nel 2008 (media dell’anno) a 292.000 a ottobre 2011 e a 288.000 a aprile 2012.

Gli occupati nel settore pubblico sono circa 440.000, di cui circa 125.000 nell’Isruzione, 104.000 nella Sanita’ e 100.000 nelle amministrazioni centrali e periferiche.


I disoccupati, secondo Servizio Nazionale per l’Impiego erano 762.575 al 31 di luglio 2012, come riportato da B92 il 7 agosto scorso all’indirizzo:

http://www.b92.net/eng/news/business-article.php?yyyy=2012&mm=08&dd=07&nav_id=81662


Salari medi in dinari:

Maggio 2009
31086

Ottobre 2009
31783

Maggio 2010
33463

Ottobre 2010
34422

Maggio 2011
35362

Ottobre 2011
38167

Maggo 2012
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Luglio 2012
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C’e da sottolineare che ci sono tra alcune decine di migliaia di lavoratori che lavorano SENZA percepire un salario, secondo quanto denuncia il sindacato Samostalni.

(vedi http://www.sindikat.rs/ENG/news.html#12)


Le pensioni

Il sistema pensionistico si trova in uno stato catastrofico.

L’evasione del pagamento dei contributi e’ diffusissima, sono circa 50.000 le aziende (di tutte le dimensioni) che non li versano.

L’invecchiamento progressivo della popolazione ed il calo degli occupati fa si’ che attualmente il numero di pensionati sia pressoche’ uguale a quello degli occupati.

A febbraio 2012 c’erano 1.687.000 pensionati, di cui 1.360.000 lavoratori dipendenti, 218.000 agricoltori, 62.000 lavoratori autonomi e 47.000 militari.

Rispetto alla tipologia 966.000 erano pensioni di vecchiaia, 350.000 di invalidita’ e 371.000 di reversibilita’.

Per quanto riguarda l’entita’, sempre a febbraio 2012, la pensione media per i laavoratori dipendenti era di 23690 dinari, per gli agricoltori era di 9369 dinari, per gli autonomi di 23219 dinari e per i militari di 42205 dinari.

Durante tutto il 2011 il totale erogato per le pensioni e stato di di 501 miliardi di dinari, e solo il 53% (pari a 265 miliardi) e’ stata pagato con i contributi pensionistici versati dai datori di lavoro e lavoratori, l’altro 47% e’ arrivato dalla fiscalita’ generale.

Con questi livelli di salari e pensioni si vive molto male...

Il quotidiano Blic, come fa periodicamente, ha pubblicato il 12 giugno scorso quali sono i bisogni fondamentali mensili per una famiglia media di quattro persone.

Si arriva ad un totale di circa 100.000 dinari al mese; in realta’ il reddito medio delle famiglie serbe e’ circa la meta’ di questa cifra di cui il 42% sono destinati all’alimentazione e il 15% alle spese per la casa (acqua, elettricita’ e combustibili vari).

Le famiglie di operai o peggio di ex operai che sono al centro delle nostre azioni solidarieta’ e della nostra amicizia sono lontani anche da questi redditi medi, come potrete vedere nelle successive informazioni che riguardano direttamente la Zastava, o cio’ che resta di questa grande realta’.


Informazioni sulla situazione di Fiat Auto Serbia (FAS)

raccolte durante il viaggio a Kragujevac del 5-8 luglio 2012


Dipendenti FAS al 6 luglio 2012 (e iscritti al Sindacato)

1500, di cui 150 assunti il 5 luglio (il giorno prima della nostra rilevazione)

Operai: 1250

Impiegati 250

Tutti a tempo indeterminato (con sei mesi di prova per i nuovi assunti)


Provenienti dalla ex-Zastava automobili: 700

Provenienti dall’Agenzia Nazionale per l’Impiego 800


Gli iscritti al Samostalni Sindikat sono attualmente 700.

Altri sindacati hanno circa 60 iscritti; sono i sindacati ASNS e Nezavisnosti, assolutamente marginali, nati dopo il 5 ottobre 2000, che non sono mai riusciti a sviluppare la loro presenza in Zastava.


La Fiat in un recente incontro con il Sindacato Samostalni di inizio luglio ha confermato che, come indicato da Marchionne il 3 luglio scorso a Torino, ci sara’ in Italia uno stabilimento Fiat di troppo (quello di Melfi), se le attuali capacità di assorbimento in Europa resteranno uguali nei prossimi 24-36 mesi.

Per quanto riguarda Kragujevac la Fiat ha indicato nello stesso incontro l’ipotesi di assumere ancora 950 persone entro la fine dell’anno, portando l’occupazione complessiva a 2450 lavoratori.


Stipendi netti mensili (in dinari)

Ricordiamo che negli ultimi mesi 2012 il cambio dinaro/euro e’ oscillato mediamente intorno a 114 dinari per un euro

Neo-assunti in periodo di prova 29.000

Operai 32.000 – 36.000

Impiegati (compresi capireparto) 35.500 – 39.000

Vi sono poi circa 50 dirigenti che contrattano personalmente lo stipendio con l’azienda. I dati sui loro stipendi sono sconosciuti.

Al momento in cui scriviamo questi dati i lavoratori sono tutti al lavoro, nessuno e’ in cassa integrazione.


Lavoratori italiani a Kragujevac

Al momento ci sono in FAS circa 450 lavoratori italiani.

Sono sia operai che dirigenti.

Gli operai hanno funzioni di formazione degli operai serbi e di supervisori della produzione, ma svolgono anche direttamente ruoli lavorativi, per esempio nelle cabine di verniciatura e sui robot in carrozzeria e lastroferratura.

Non si conosce quanto tempo si fermeranno a Kragujevac.


Produzioni

Linea di montaggio della Punto

La linea di montaggio della Punto era giunta a Kragujevac alcuni anni fa, ed e’ stata utilizzata per montare il modello Punto 188 con pezzi in arrivo da Mirafiori.

La linea e’ sempre presente a Kragujevac, ma non e’ piu’ in funzione; a dicembre 2011 erano stati utilizzati gli ultimi 250 lotti per il montaggio arrivati da Mirafiori.

I lavoratori addetti alla linea della Punto sono stati tutti spostati nei vari reparti di produzione della 500L.

Al momento ci sono ancora circa 2000 Punto invendute.


Linea della 500L

I lavori di sistemazione dei vecchi capannoni sono fi

(Message over 64 KB, truncated)


(testi recenti di Ivan Plješa, presidente della SRP - Partito Socialista dei Lavoratori, Croazia)

Nova izlaganja Ivana Plješe

1) Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije (28/4/2012)
2) Sustav koji ubija (27/9/2012)
3) Koga skandalizirati, milijardere ili sustav čiji su oni čeda (3/10/2012)


=== 1 ===

(relazione alla Assemblea di coordinamento dei partiti comunisti e operai dello spazio jugoslavo, tenuta a Belgrado il 28/4 u.s.: vi si analizzano soprattutto le contraddizioni interne che hanno portato alla sconfitta del socialismo e alla disgregazione della Federazione socialista)


Izlaganje predsjednika SRP-a, Ivana Plješe na temu: 

Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije

(Referat na sastanku koordinacionog odbora komunističkih i radničkiha partija s prostora bivše Jugoslavije, 28.04.2012. godine u Beogradu)

Pisani materijal o temi nisam uspio unaprijed pripremiti, kao što je bilo sugerirano, pa ću ovom prilikom improvizirati izlaganje. O samoj temi sam podosta razmišljao, što će mi, nadam se olakšati.
Što su bili ključni unutarpartijski uzroci poraza socijalizma i razbijanja Jugoslavije je svakako jedno od pitanja kome se moramo vratiti, ali nipošto sročeno na način kako je o partiji (SKJ) sve ovisilo. Mi teško možemo uzroke poraza revolucije naći samo u greškama partije, ako ih je uopće i bilo. Ako bi tako postupili, mi bi smo praktički napustili Marxa i vratili se natrag Hegelu jer partija je doduše bila važan faktor u revolucionarnom procesu, ali subjektivni faktor, koja je djelovala u uvjetima koje je zatekla, a ne koje je željela, i s kojima nikada u potpunosti nije mogla ovladati. Zato ovom pitanju moramo prići znanstveno-marksistički i razloge tražiti najprije u povijesnim okolnostima koje su istovremeno utjecale i na razvoj društva i u cjelini, i na samu partiju, pa su i eventualne greške partije plod tih okolnosti. Da se podsjetimo, društvene promjene nisu plod slučajnih težnji, pa ni nastajanja šake revolucionara, nekih talenata, zabluda i grešaka, pa ni izdaje nekih vođa, već za to trebaju postojati neke socijalne potrebe. Promjene su dakle plod općeg socijalnog stanja i životnih uvjeta u kojima se društvo nalazi, što znači da se isključivo subjektivno, uz najbolju volju društveni faktori ne mogu kontrolirati i uvjetovati. Zato se moramo pitati što se dogodilo sa našom partijom, našim vođama, ali jednako tako i što se dogodilo sa našom nacijom, narodom i našom poviješću, jer ako to ne činimo padamo u subjektivizam i dogmu da smo sve morali vidjeti i spriječiti, a tobože nismo, i time bi dali čudovišnu moć i samoj partiji koju ona ipak nema.
Krajnje pojednostavljeno rečeno, date su povijesne okolnosti u našem slučaju dovele do socijalističke revolucije koju je partija nesumnjivo artikulirala, ali su isto tako date povijesne okolnosti na jednom drugom stupnju razvoja omogućile prolaz kontrarevolucije unatoč prisustvu partije. Tu je naprosto riječ o dijalektici, o borbi suprotnosti, a o greškama tek uvjetno. Zato naši drugovi iz Srbije u svojoj analizi nisu uzroke poraza našli u pogrešnoj politici partije (nacionalno pitanje, kadrovska politika, samoupravljanje, vanjska politika i slično). Naprotiv ta politika rezultirala je visokim društvenim ostvarenjima. Tako na primjer, politika bratstva i jedinstva i federalno uređenje Jugoslavije u jednom je trenutku odbačena što nipošto ne znači da je bila pogrešna. I samoupravljanje kao neposredni oblik ostvarivanja vlasti od strane radničke klase je odbačeno, iako činjenice govore da je Jugoslavija u tom periodu ostvarila najveći stupanju sloboda, društvenog blagostanja i stopu rasta.
Pa gdje je onda problem, nameće se daljnje pitanje. Problem je u gubitku sposobnosti same partije da i dalje ostvaruje svoje vlastite, visoko postavljene ciljeve, da se ti ciljevi i dalje održavaju i ostvaruju. Krucijalno je dakle pitanje, kako se dogodilo da je partija u jednom trenutku ostala bez dovoljno revolucionarne energije da i dalje kroči svojim putem i ostvaruje postavljene ciljeve koje je djelom već bila pretvorila u tekovine. Koje su je to sile nadvladale do te mjere da je gotovo isčezla sa društvene scene i da je društveni razvoj krenuo drugim tokom.
Neki rijetki pojedinci su te sile i te procese možda i vidjeli, ali što vrijedi kad većina nije i te su sile nadvladale. Ne treba se sada opterećivati jesmo li tu nešto mogli učiniti jer da jesmo, vjerojatno bi to i učinili. Ali pouku za budućnost treba svakako izvući.
Ova konstatacija naravno nije pledoaje za isključivanje važnosti subjektivnog faktora, čemu je naša partija inače davala veliki značaj, ili za oportunizam protiv kojeg se partija također borila, već naprotiv, ukazivanje na ono što je temeljeno u određivanju smjera društvenih kretanja, a to su objektivne socijalne okolnosti. Prenaglašavanje subjektivnog vodi u idealizam koji zamagljuje realnost i čini nas nesposobnim da realno sagledamo društvena kretanja i umanjenje sposobnosti da na njih uspješno djelujemo.
Pa koje su to onda krucijalne životne okolnosti i procesi u kojima se naša revolucija ostvarivala, koji su određivali njeni tok i odredili njenu sudbinu. Izgradnja socijalizma kod nas (i ne samo kod nas) odvijala se u uvjetima povijesne nedozrelosti za apsolutnu socijalističku preobrazbu. Revolucija je s jedne strane postavila suštinski zahtjev jednakosti, a istovremeno se morala služiti buržoaskim pravom nejednakosti kako bi brže mogla prevladavati elemente nerazvijenosti. Bilo je tu i drugih suprotnosti koje su proizlazile iz kulturološkog, etničkog i vjerskog elementa i uopće razlike u sveopćoj razvijenosti pojedinih sredina i dijelova zemlje. To je neizbježno bilo rodno mjesto raznih izama, a birokratizma, tehnokratizma, nacionalizma i potrošačke svijesti naročito. Eliminirana je doduše stara buržoaska klasa, ali su vremenom nastajale nove socijalne strukture koje su usporavale procese društvene homogenizacije. Stalno su bili prisutni ostaci stare konzervativne svijesti (privatni posjednik zemlje i sredstava za proizvodnju). Tehnokracija s vremenom postala je novi entitet koji je artikulirao svoje specifične interese. Radnička klasa, iako je u jugoslavenskom samoupravljanju ostvarila najveći utjecaj na društvena kretanja klasne i ljudske emancipacije u ljudskoj povijesti, nikada nije u potpunosti ovladala cjelinom procesa društvene reprodukcije. Ona se tek konstituirala kao klasa «po sebi», a nipošto još kao klasa «za sebe» i nije bila svjesna svojih historijskih interesa. Iako je Partija njegovala kult odvojenosti od države, djelujući više kao moralni faktor, nije mogla biti pod staklenim zvonom.. Naprotiv, ona je kao kadrovska partija i sama sve više postajala preslika socijalnih i idejnih proturječja i deformacija, gubitka dosljednosti i čvrstine u reprezentiranju i ostvarivanju historijskih interesa radničke klase čiju je avangardu i predstavljala. Sve je manje bila avangarda, sve propulzivnija tehnobirokratskom mentalitetu i elementima liberalizma i sve nesposobnija za ostvarivanje svojih visokih revolucionarnih ciljeva.
Silno je važno naglasiti da je ovdje riječ o negativnim procesima, a manje o nekim pogrešnim odlukama. Činjenica je da je partija krajem osamdesetih, uslijed tih objektivnih procesa, bila krajnje oslabljena. Njeni ciljevi sve su više postajali revolucionarna fraza, a ona sama se sve više upuštala u doktrinarne eksperimente, što je neka vrsta nastojanja da se ciljevi ostvaruju iza leđa društva. To su već bili prvi sindromi poraza revolucije kada se njene snage povlače u revolucionarnom pozadinu.
Još pod okriljem Partije, promijenjen je Zakon o udruženom radu, ukinuto integralno samoupravljanje i uveden višepartijski sistem. To su bile pogrešne odluke, ali se postavlja pitanje u kojoj mjeri je SKJ u tim trenucima već bio izvorno Komunistička partija. Time je radnička klasa eliminirana kao vodeća snaga društva i ostavljeno joj je samo samoupravljanje u poduzeću, a vlast u društvu mogle su preuzeti i druge snage, što se i dogodilo. Stagnantna privreda i razapeta između samoupravljanja i etatizma, počela se liječiti neoliberalnim sredstvima. Poredak (tehnobirokracija) se već vidno odvojio od pokreta (radnička klasa i njeni historijski interesi). U taj prostor ušle su ostale snage kontrarevolucije koje možda i ne bi imale šansu da na stranu kontrarevolucije nije prešla tehnobirokracija. Partija više nije imala snage boriti se protiv tih deformacija jer je i sama, prije svega kadrovski, a time i idejno, bila prožeta tim stremljenjima. Komunisti su u samoj partiji ostali u manjini. Partija se naprosto raspala (14. Kongres). To je bio kraj stare ljevice koja je izvojevala i nosila revoluciju i poslijeratnu izgradnju. Najveći dio njenih aktualnih vođa završio je u renegatstvu (Milošević, Račan, Kučan…).
Radnička klasa nije bila organizirana i osposobljena da neposredno preuzme vlast bez partije. Čak što više, ona se ponijela veoma nepolitično i na prvim višestranačkim izborima kaznila partiju dajući svoje glasove snagama kontrarevolucije, kaznivši praktički samu sebe, što je daljnji razvoj događaja jasno pokazao.
Snage kontrarevolucije preuzele su vlast u svim republikama pretvorivši ih u svoje instrumentarije kapitalističke restauracije. Zajednička država Jugoslavija za to im nije bila potrebna. Jugoslavija je bila osuđena na nestanak, ali sa strašnim posljedicama, ne samo zbog neizbježnog građanskog rata, ratnih razaranja i privrednih gubitaka, nego i dugoročno, gubitkom uvjeta optimalnog razvoja svake separatne države.
Ratovi koji su neizbježno uslijedili nisu bili u osnovi ni etnički, ni domovinski, ni obrambeni, mada je u njima bilo i tih elementa, već duboko klasni u kome je nova vlasnička klasa u nastajanju porazila radničku klasu preuzevši njeno (društveno) vlasništvo u svoje privatno kapitalističko vlasništvo i organizirala novi sistem vladavine po mjeri i interesu vladavine nove kapitalističke klase. Novi kapitalisti postali su bivši tehnobirokrati, sinovi bivše buržoazije i strane multinacionalne korporacije i banke. Radnička klasa završila je na ulici, i doslovno i simbolički.
Posrnuli etatizam u tzv. istočnom lageru, na čelu sa SSSR-om, još je više bio prožet elementima kontrarevolucije, pa se može reći da je raspad Jugoslavije bio neka vrsta kolateralne žrtve raspada SSSR-a.
Svi ti procesi odvijali su se i pod snažnim imperijalističkim pritiskom razvijenog kapitalističkog centra koji je također u borbi za svoj opstanak izlaz tražio bezobzirnim prodorom na istok u potrazi za jeftinijom radnom snagom kako bi se sanirao tendencijski pad profitne stope i odgodio krah kapitalizma kao vladajućeg načina proizvodnje. Time dolazimo do istine da taj snažni nasrtaj kapitalizma na posrnuli etatizam nije bio plod životne snage kapitalizma, nego njegove agonije. Devedesetih dakle nije definitivno pobijedio kapitalizam, i poražen socijalizam kao svjetski proces, nego se kapitalizam iskolebao iz jedne umiruće krize koja ga je zahvatila sedamdesetih minulog vijeka, da bi u još težu uletio već sredinom prvog desetljeća nakon dvijetisućete godine i time inicirao novu svijest i procese socijalizacije kao nužnosti, i to ne samo na lokalnim razinama, nego i na svjetskoj razini i otvorio nove perspektive socijalizma u 21.stoljeću.
Za nas koji smo djelatni sudionici izgradnje socijalizma i koji događaje emotivno doživljavamo, navedene činjenice su možda slaba utjeha, ali ako želimo ostati marksisti moramo ih prihvatiti jer su znanstvene. Zato se vraćam Marxu i njegovom poimanju revolucije i revolucionarnih procesa kako bi shvatili da se ni u našem slučaju nije dogodilo ništa izvan marksovog tumačenja povijesnog kretanja. Nakon što je u 18. Brimeru objasnio da su buržoaske revolucije kratkotrajnog dometa jer građanska klasa nema svijesti o historijskim ciljevima i nema interesa da mijenja svijet u ljudskom smislu, već samo svijest o svojim klasnim interesima i uspostavi svoje vlasti, Marx je utvrdio «Naprotiv, proleterske revolucije kao što su revolucije 19. vijeka, stalno kritiziraju same sebe, neprekidno se prekidaju u svom vlastitom toku, vraćaju se na ono što je prividno svršeno da bi ga iznova otpočele, temeljno ismijavaju polovičnosti, slabosti i kukavnosti svojih prvih pokušaja; one kao da svog protivnika obaraju samo zato da bi on iz zemlje crpio nove snage i moćnije se ispravljao prema njima; one stalno iznova izmiču pred neodređenom gorostasnošću svojih vlastitih ciljeva sve dok se ne stvori situacija koja onemogućava svaki povratak i dok same okolnosti ne uzviknu :»Hic Rodos hic Salta».
Iako se Marx ovdje poslužio gotovo mitskim slikama, poruka je vrlo jasna. Revoluciji su imanentni i usponi i padovi sve dok se u potpunosti ne ostvari. Jer, govorio je, svaka čast subjektivnom nastojanju, same okolnosti moraju reći ovdje je otok, ovdje skoči.
Ali mi komunisti kao da to nismo znali ili smo zaboravili. Mislili smo da je pobjedom revolucije u ratu sve svršeno, a u to su nas uljuljkivali poslijeratni rezultati. Postali smo dio potrošačke uspavanke koji je nosio razvoj, gradili vikendice, kupovali haljine u Trstu, tjerali karijere, iako je teško vjerovati da je taj manjak asketizma bitno utjecao na povijesne tokove, ali da je negativno utjecao gubitkom vjere u Partiju to je sigurno, da bi i pad devedesetih doživjeli kao smak svijeta, a mnogi bacili koplja u trnje, dakle također nemarksistički.
Sada kada smo već izgubili prvu bitku, ne ostaje nam ništa drugo nego da krenemo iznova, upravo ono što i sam Marx kaže. A predah između završetka prvog i početka drugog čina pokreta daje nam dovoljno vremena da obavimo nužan dio posla, da proučimo uzroke koji su učinili neizbježnim sve naše uspjehe i sam poraz, uzroke koje kako smo već objasnili ne treba tražiti u slučajnim težnjama, u talentima i greškama i izdajama, već u općem socijalnom stanju i životnim uvjetima društva, u minulom razdoblju. Jer, da se opet vratimo Marxu, u porazima ne propada sama revolucija «nego samo ostaci tradicije iz doba prije revolucije i rezultati društvenih odnosa koji se još nisu bili zaoštrili u oštre klasne suprotnosti ličnosti, iluzije, ideje i projekti od kojih se nije moglo osloboditi ni uz pobjede, nego samo u nizu poraza koji su se dogodili». Porazi su dakle imanentni revoluciji koja traje. U tome sazrijeva i sama partija koja inicira promjene. Pri tome, nije važno kako se ona zove.
Nema nikakve sumnje da je SKJ odigrao svoju veliku povijesnu ulogu. To uza sva nastojanja, klevete i laži neće moći zasjeniti kontrarevolucija koja je u toku. Ali ta etapa, pa i oblici organiziranja i oblici borbe su iza nas. Sada se postavlja važno pitanje kako dalje. Pored mnogih otvorenih pitanja neka su ipak jasna. Radnički i socijalistički pokret na ovim prostorima mora se temeljiti na pozitivnim ostvarenjima SKJ, a naročito socijalističkog samoupravljanja i neposredne socijalističke demokracije, a u svojoj organiziranosti zbog brojnih poveznica, geografskih, jezičnih, kulturoloških, zajedničke antifašističke borbe i poslijeratne izgradnje, ne smije napustiti jugoslavensku razinu. Početak te organizacione razine je naša koordinacija.


=== 2 ===

(sulla situazione sindacale e della classe operaia)


Sustav koji ubija

Volim vas kao svoju braću i sestre, rekao je radnik Gredelja na odlasku sa sindikalnog sastanka i potom sebi oduzeo život, usred glavnoga grada svoje tobože suverene države. Jednostavno nije se mogao suočiti sa problemima koji će proizaći, za njega i njegovu porodicu, iz činjenice da ostaje bez posla a u tome mu naprosto nitko ne može pomoći. Tim oduzetim životom restauracija kapitalizma u Hrvatskoj došla je do svoga krova. I do sada je bilo pljačke, obespravljenja, osiromašenja i gubitka posla, a sada eto i samoubojstva.
Sistem koji je nastao na kritici onoga samoupravnoga i socijalističkog, jer da je suviše koketirao sa čovjekom radnikom, da je paternalistički i zato neefikasan, u svojoj inauguraciji, eto, pokazuje lice svoje ubilačke efikasnosti. On čovjeka kao slobodnog i stvaralačkog bića, njegov um, talente i životne strasti pretvara u jeftinu robu, a kada ta roba ne biva korištena od kapitala čini je bezvrijednom , a ljudsko biće koje je u nju pretvoreno baca u očaj. Kapitalistički sustav u Hrvatskoj ubija dakle najprije dostojanstvo a onda i fizički život.
Humanističko antropološko i političko je pitanje, kako ovaj tragičan slučaj koji simbolizira položaj radničke klase ali i drugih slojeva danas u Hrvatskoj, barem valorizirati da se očajni radnici ne ubijaju već politički organiziraju i sa svojih leđa skinu ubilački sustav. A za to je naprotiv potrebna hladna glava i puno života, jer iza tog sustava stoji dobro obrazovana, sebeljubiva i moćna klasa, kojoj naravno nije ni u primisli da je ubilačka, već sebi i drugima tepa, da je bogom dana prosvjetiteljska i nosilac svekolikog napretka, a radnike koji pate, pa čak sebi oduzimaju život, smatra glupim očajnicima koji se u slobodi i demokraciji naprosto nisu snašli. U toj maniri ovaj tragičan slučaj popratili su i mediji koji su u funkciji toga sustava. Umjesto u funkciju cijeloga društva i dobrobiti svih ljudi ona je sve dosadašnje čovjekove tekovine upregla u svoj bitak. Ona se služi najsofisticiranijim proizvodima radničkih ruku a ne radnici koji ih stvaraju. Njeni predstavnici šepure se među mnoštvom kao pijetlovi. Tog svog položaja ona se, naravno, neće lako odreći i mirno će nastaviti proizvoditi očaj.
Radnik očajnik mora konačno shvatiti da je on naprosto druga klasa, radnička, da je njegov klasni položaj određen njegovim inferiornim položajem u raspodjeli dohotka koga stvara, ali koga moćna vlasnička klasa prisvaja, a time i politički inferioran, da je time i sudbina svih radnika ista bez obzira gdje rade, pa je time i njihov politički interes isti.
Od tog robovskog položaja radnici se moraju sami osloboditi kao klasa. Za njih to neće učiniti sadašnja država ma koliko ona sebi tepala da je pravna i svih građana, jer ona u stvari nije ništa drugo nego ta moćna klasa organizirana kao država da bi štitila svoje interese. I radnička klasa dakle, ako želi ostvariti svoje interese, mora se organizirati kao država, a to je socijalna revolucija koja se ne mora nužno dogoditi na ulici nego na izborima.Tlačiteljsku klasu treba eliminirati njenim sredstvima – demokracijom, i njenu formalnu demokraciju pretvoriti u punu ekonomsku, socijalnu i političku demokraciju, a to je socijalizam.
Radnicima se mora upaliti klasna lampica ( da su klasa“ za sebe a ne samo po sebi „) da iznad sebe imaju drugu klasu koja je i politički organizirana, a to su sve stranke u Saboru, bez obzira što se neke prikazuju da su lijeve, jer sve one stoje iza sadašnjeg kapitalističkog poretka, te da se i radnici trebaju organizirati u svoju stranku i pobijediti na izborima. To što ujedinjeni i osviješteni radnici mogu učiniti na izborima ne može niti jedna druga društvena sila. Bez radničkih glasova, koje po ničem ne zaslužuju, sadašnje parlamentarne stranke, pa i one tobože velike, bile bi čista minijatura.
Taj politički program već je napisan. To je program Socijalističke radničke partije.
Ako bi očajničko samoubojstvo radnika Gredelja upalilo tu lampicu, ono ne bi bilo uzaludno. On bi postao lice iz povijesti, a radnička klasa bi krenula putem svog oslobođenja.

U Zagrebu 27. rujna 2012. godine
Predsjednik
Ivan Plješa


=== 3 ===

(sullo sfruttamento e le diseguaglianze sociali)


KOGA SKANDALIZIRATI, MILIJARDERE ILI SUSTAV ČIJI SU ONI ČEDA

Sa prizvukom skandala naši su kapitalistički mediji pohitali priopćiti javnosti da imamo 260 milijardera ne bi li sablaznili narod i podstakli ga na kupovanje njihovih novina. Pitamo se zašto prizvuk skandala, zašto sablazan naroda.? Pa to je tekovina domovinske kontrarevolucije (tranzicije), projekt od 200 bogatih obitelji i „stoci sitnog zuba“ premilog nam oca domovine Franje Tuđmana kome je narod, na izboru za Predsjednika, dao kvalificiranu većinu i time projekt praktički odobravao i nakon što je on taj isti narod, doduše, sa barabama iz drugih naroda bivše Jugoslavije, uveo u građanski rat sa svim već tada viđenim krvavim posljedicama i bez kojega se taj pakleni projekt i nije mogao ostvariti. Ne može tu dakle biti skandala. Neće tu biti previše ni sablažnjavanja, jer milijarderi su meduzino lice tog projekta podržanog glasovima većine. Prema tome što je stabilniji kapitalizam to jači milijarderi, a što jači milijarderi to veće siromaštvo masa, jer akumulirano bogatstvo tajkuna nije ništa drugo nego neisplaćeni višak rada radnika . Upravo je to taj mehanizam koga većina birača ne razumije. To osobito vrijedi na kapitalističkoj periferiji gdje spada i Hrvatska, jer zakoni kapitalističkog načina proizvodnje nemaju isti učinak na periferiji i razvijenom centru u koga naš glasač naivno gleda. Na periferiji je kapitalizam nemilosrdniji i pogubniji, kako za radnika, tako i za ukupni razvoj.
Treba li onda u to čedo naše borbe (kontrarevolucije) bacati kamenje? Pa oni su samo koristili tekovine te borbe, a to je kapitalističko vlasništvo nasuprot društvenom, ukinutom , kasarnski rad radnika u kapitalističkom poduzeću, nasuprot udruženog rada i samoupravljanja. Milijarderi dakle nisu bogatstvo stekli samo zato što nisu poštivali zakone nego naprotiv, prije svega zato, što su se držali zakona, ali to su zakoni (poredak) koji ne priznaju da je nova vrijednost samo rezultat živog rada, a to znači svih koji rade, a ne samo vlasnika, odnosno da vlasnik po tim zakonima, nakon što je radnicima isplatio samo dio njihove novostvorene vrijednosti (plaća), ostatak prisvaja i što cilj kapitalističke proizvodnje nije stvaranje novostvorene vrijednosti (dohotka), zapošljavanje radnika i zadovoljenje društvenih potreba, nego stvaranje viška vrijednosti (profita) i njegovo prisvajanje od kapitalističkih vlasnika, a to znači eksploatacija radnika.
Eto naši slavni milijarderi nisu ništa drugo ni činili, pa zašto onda kamenje na njih. Ako se milijarderi možda negdje i nisu držali zakona, a vjerovati je da nisu, tu će ih dočekati Linić, jer to je već nepoštivanje zakona, ali to je posve druga tema.
Osim toga njihove glave su učene. Oni su odreda sposobni ljudi, pa bi ih bilo korisnije koristiti kao menadžere ali na nekoj drugoj osnovi, recimo na društvenoj, nego ih razbijati Kamenje bi trebalo bacati na ideologe poretka, kako one koji su ga projektirali i izveli, tako i one koji ga i danas dalje održavaju u životu..
Što se bogatstva tiče, koje se pripisuje milijarderima, ono ionako nije njihovo, jer oni ga nisu stvorili sami nego daleko više od njih svi radnici. Zato ono nije ni državno već društveno, odnosno svih radnika i građana čiji je minuli rad direktno ili indirektno, opredmećen u njemu
Za valorizaciju te istine potreban je samo jedan jedini zakon, a to je Zakon o ukidanju pretvorbe i privatizacije i svu pretvorenu društvenu imovinu vratiti na upravljanje zaposlenima, a nadzorne odbore, kao predstavnike tobožnjeg vlasnika, zamijeniti radničkim savjetima, kao predstavnicima neposrednih stvaraoca te imovine, a redovni sudovi neka po službenoj dužnosti raščišćavanju sporna imovinsko-pravna pitanja . Sistem koji pravi milijardere, gospodo iz medija, treba promijeniti, a ne milijardere skandalizirati. Ali to je socijalna revolucija, odnosno istinska tranzicija, a ono devedesetih nije bila tranzicija nego kontrarevolucija.
Vrijeme je za tu socijalnu revoluciju, a ne za lažno skandaliziranje milijardera i sablažnjavanje masa radi boljeg tiraža.

Zagreb 03.10.2012. Ivan Plješa



(srpskohrvatski / italiano)

Incontro comunista europeo a Bruxelles, 1-2 ottobre 2012

1) NO ALLE GUERRE IMPERIALISTE!
Risoluzione approvata all'Incontro Comunista Europeo, Bruxelles, 1-2 ottobre 2012
2) NASTUP PREDSTAVNIKA NOVE KOMUNISTIČE PARTIJE JUGOSLAVIJE / REZOLUCIJE NKPJ: ANTIKOMUNIZAM JE NEPRIJATELJ NARODA / REZOLUCIJA O BALKANU / LINKOVI


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No alle guerre imperialiste!


Risoluzione approvata all'Incontro Comunista Europeo, Bruxelles, 1-2 ottobre 2012
Traduzione a cura di Marx21.it

L'Incontro Comunista Europeo, organizzato per iniziativa del Partito Comunista di Grecia (KKE) a Bruxelles, si è concluso con l'approvazione di alcune risoluzioni, sottoscritte anche dal Partito dei Comunisti Italiani che ha partecipato all'evento con una sua delegazione.

I partiti che hanno partecipato all'Incontro Comunista Europeo, organizzato per iniziativa del KKE a Bruxelles il 1-2 ottobre 2012 denunciano l'intervento imperialista degli USA, della Nato e degli stati dell'Unione Europea negli affari interni della Siria e  affermano che la soluzione dei problemi di questo paese è prerogativa del suo popolo.

Denunciano anche le minacce di Israele di un attacco militare contro l'Iran e le misure economiche e di altro genere che sono state prese contro questi due paesi (Siria e Iran) e le minacce di intervento militare. Queste vengono usate dalle potenze imperialiste con vari falsi pretesti che avevano giù utilizzato per preparare le guerre contro l'Afghanistan, l'Iraq e la Libia.

I partiti Comunisti e Operai che firmano la risoluzione esprimono la volontà di dedicare tutte le loro forze e di contribuire a prevenire una nuova guerra imperialista contro la Siria e l'Iran.

Ancora una volta è stato dimostrato che i pericolosi sviluppi nel Mediterraneo Sud-Orientale e in una più estesa regione sono collegati con l'aggressività imperialista in fase di crescita nelle condizioni di crisi capitalista e di competizione per il controllo dei mercati e delle risorse naturali della regione.

I partiti Comunisti e Operai sostengono che ogni nuova guerra imperialista arrecherà nuovi tormenti ai popoli, causerà nuove ondate di immigrati e di rifugiati e accrescerà i pericoli di una guerra generalizzata.

Essi chiamano i popoli di ogni paese a resistere in modo decisivo ai piani e alle pratiche aggressivi di USA, NATO e UE come pure degli stati e governi che partecipano alla preparazione della guerra contro la Siria e l'Iran.ù

La realtà conferma che il capitalismo genera guerre imperialiste e crisi e i partiti Comunisti e Operai chiamano i popoli a sviluppare la lotta antimperialista avendo come criterio gli interessi dei popoli e della classe lavoratrice, fino a quando le cause sociali, economiche e politiche delle guerre imperialiste saranno sradicate, e a rafforzare la lotta per il rovesciamento delle forze che operano contro i popoli e i loro interessi.

Perché i popoli vivano in pace, in modo costruttivo e utilizzino le risorse naturali a loro esclusivo beneficio e per soddisfare i propri bisogni.

Nessuna partecipazione, nessun coinvolgimento nelle guerre imperialiste. Per il rafforzamento della lotta per il disimpegno dei paesi dalla NATO e per il suo scioglimento.


=== 2 ===

(intervento del NKPJ al Meeting internazionale dei PC europei, Bruxelles 1-2/10/2012)


SASTANAK KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE, BRISEL, 1.-2. OKTOBAR 2012.GODINA: POZICIJA KOMUNISTIČKIH I RADNIČKIH PARTIJA PREMA KRIZI:ILUZIJE O NARODNOM UPRAVLJANJU KRIZOM I BORBA KOMUNISTA ZA INTERESE RADNIKA I RADNIH LJUDI, ZA RUŠENJE KAPITALISTIČKE VLASTI,ZA IZGRADNJU SOCIJALIZMA!

1. NASTUP PREDSTAVNIKA NOVE KOMUNISTIČE PARTIJE JUGOSLAVIJE:

Drage drugarice i dragi drugovi,


Upućujem Vam srdačne pozdrave u ime Nove komunističke partije Jugoslavije!


Aktuelna kriza koja je začeta u SAD krahom finansijsko -kreditnog sektora posledica je anarhičnog razvoja kapitalizma, produkt truljenja i parazitizma kapitalizma čiju je suštinu osvetlio veličanstveni um Vladimira Iliča Lenjina, čija marksistička analiza i kritika ni do danas ne bledi.


Kriza jasni je pokazatelj neizbežne sudbine svih kapitalističkih ekonomija što je jasni dokaz da kapitalizam nije svemoguć uprkos pokušajima kapitalista da ogromnom mašinerijom ubede radne mase kako je kapitalizam savršen i da ga bespogovorno treba slediti. Osnova kriza leži u samom sistemu kapitalističke privrede. Krize su imanentno svojstvene kapitalizmu, kapitalizam ne može da se razvija bez kriza. Da bi se uništile krize, treba uništiti kapitalizam.


Neoliberalizam je ideologija multinacionalnih kompanija. Njegova suština je da oni kojisu bogati budu još bogatiji, dok su siromašni postajali sve siromašniji. Tu svoju ideologiju su umotali u propagandu o globalizaciji, slobodnom tržištu i civilnom društvu tvrdeći da ce tako svetu doneti mir i blagostanje, a zapravo se jasno razobličuje karakter neoliberalizma kao integralnog dela poslednje etape u razvitku kapitalizma – imperijalizma. Ipak svedoci smo da ekonomski poredak koji je svetu nametnuo neoliberalni globalizam neumoljivo čovečanstvu naplaćuje žrtvama miliona ljudi u najsiromašnijim zemljama sveta.


Nezaposlenost, slom i ogromni gubitci dobara i bogatstava, su nerazdvojne saputnice slepih zakona tržišta koji danas vladaju svetskom privredom. Milijardi ljudi u svetu pate od neznanja, nezaposlenosti, nerazvijenosti bolesti koje skraćuju njihov život na dve trećine ili polovinu, a ponekad i manje, od onih u bogatim zemljama. Na stare probleme dodaju se novi kao trgovina drogom, organizovani kriminal, krađa mozgova i ilegalna emigracija. Čak i ljudske umove nastoje da pokore preko sredstava masovne komunikacije i najmodernijih tehnika takozvane industrije zabave.


Neoliberalni kapitalizam rušio je sve prepreke pred sobom ne štedeći novac i silu. Kao prva žrtva direktne izdaje pala je prva zemlja socijalizma SSSR što je otvorilo vrata globalizaciji, vrata krvavom pljačkaškom pohodu kapitalizma širom planete.


Razbijanje SSSR-a i socijalističkog pokreta u Evropi nanelo je teške posledice po ceo komunistički pokret. Pokušaj «konačnog» uništenja komunističkih i revolucionarnih snaga u svetu započet 1989. godine, još nije prošao. Ipak iskustvo godina koje nas dele od pada Berlinskog zida opovrgavaju tezu da je kraj SSSR-a i socijalističkog bloka zemalja u Evropi značio kraj komunističkog pokreta i nestanak komunističkih partija. Uprkos vrlo dramatičnim i regresivnim situacijama u nekim zemljama, posebno u bivšim socijalističkim evropskim zemljama, na internacionalnom planu vidljivi elementi da je napad izdržan i da su na vidiku pozitivne revolucionarne promene: u Aziji, u Africi, u Evropi i najviše Latinskoj Americi.


SAD u cilju spasavanja od narastajuće krize pribegava paternalizmu u cilju finansijskog oporavka. Odgovor vodećih kapitalističkih zemalja –a posebno Sjedinjenih Država – sadrži se u pokušaju obuzdavanja finansijskog sistema putem ogromnih državnih intervencija, tu uključujući i nacionalizaciju i spašavanja velikih banaka i ostalih finansijskih institucija koje organizuju njihove vlade. Cilj ovih intervencija nije zaštita zaposlenja, životnog standarda ili plata i penzija radnih ljudi, ove intervencije za cilj imaju da održe kapitalistički sistem koji je svet gura iz krize u krizu svojom kazino ekonomijom.


Ponekada smo opterećeni donošenjem velikog broja deklaracija i rezolucija, koje kao preciziranje naših stavova imaju svoj smisao i ulogu, ali koje često ostaju mrtvo slovo na papiru. Socijalizam nije samo stvar teorije, on je pre svega stvar praktične borbe radničke klase za ostvarivanje njegovih klasnih interesa, za ostvarivanje društva bez eksploatacije.


Partija nije samo vodeći organ radničke klase. Ako ona doista hoće da rukovodi borbom klase, ona istovremeno mora biti i organizovani odred svoje klase – govorili su Lenjin i Staljin.


Da bi komunisti postali stvarno avangarda oni ne smeju biti po strani društvenih zbivanje i komentatori događaja, ne mogu rešavati svakodnevna složena pitanja rezolucijama i saopštenjima već konkretnim rešenjima i alternativom.


Protivrečnosti koje donosi kapitalizam stalno se povećavaju. Kapitalizam ne rešava probleme, on stvara nove. Služi se svim sredstvima koja su mu na raspolaganju sa ciljem da deluje na svest ljudi kako bi amortizovao bilo kakvo nezadovoljstvo postojećim stanjem. Narod je pritisnut represijom medija i masovne kulture. Na delu je ideološka manipulacija. Buržoazija stvara novu istoriju u kojoj su komunisti veće zlo čovečanstva od nacizma, u kojoj su komunisti veće zlo od kolonijalizma. Moramo se suprotstaviti.


Savremeni kapitalizam višak kapitala ne koristi za podizanje standarda svojih građana, već izvozi kapital u inostranstvo, pre svega u nerazvijene zemlje. U tim zemljama plate male, zemljište i sirovine jeftini, brojne su poreske olakšice, što sve zajedno profitnu stopu čini izuzetno visokom i koja se u njihovim matičnim zemljama ne bi nikada mogla ostvariti. Izvoz kapitala u takvim uslovima ostvarljiv je zato što je, sa jedne strane, u tim zemljama obično na vlasti kompradorska elita, koja je najčešće potkupljena sitno sopstveničkim interesima i tako upletena u svetsku mrežu kapitalizma. Ovo je parazitski, rentijerski kapitalizam koji najveći broj zemalja dovodi u vazalni odnos u kakvom su danas većina bivših socijalističkih zemalja u Evropi.


Čak su i mnogi radnici pod uticajem raznih socijalističkih i socijaldemokratskih partija na strani kapitalizma, a to znači – protiv sebe. Socijaldemokratska partija nemačke podržala je u Rajhstagu ratnu politiku Nemačke 1914. godine, glasajući za finansiranje rata, kao što su i neke levičarske vlade podržale agresiju na Jugoslaviju 1999. godine. Oni se samo deklarativno zalažu za prava radnika, socijalnu pravdu, pravičnu raspodelu, a zapravo su u službi kapitalizma, njegovi verni saveznici.


Borba protiv politike multinacionalnih kompanija i banaka i socijaldemokratske maske koja nema za cilj da fundamentalno promeni sadašnji ekonomski i politički sistem, predstavlja prazan reformizam i ne može da dovede ni do kakvog suštinskog napretka.


Da bi se pružio otpor takvoj manipulaciji, da bi se ostvarila sloboda i srušio kapitalizam neophodna je revolucija svesti, čiji bi cilj bio uvid u to da je socijalizam kao pravično društvo moguć i ostvarljiv.


Veliki deo radničke klase danas su ideološki paralisani i to ih onemogućuje u delovanju. Time se gubi kontakt sa masama. Pred nama je da stvarno jačamo povezanost sa masama i zato moramo pronaći konkretne i efikasne oblike i metode svakodnevne saradnje i borbe. Ne može žmuriti pred objektivnim problemima i baviti se demagogijom. Komunisti nisu nosioci demagogije. Komunisti su ljudi posebnog kova. Komunisti su jurišali na „nebo“ u ime srećnijeg života proletarijata. Danas sam je ponovo potreban onaj isti revolucionarni duh Velikog oktobra, duh Španskih internacionalnih boraca, duh komunista-partizana, duh koji je pod zastavom marksizma-lenjinizma stvarao novi i pravičniji svet. Socijalizam-komunizam nije prošlost, to je naša budućnost. Pred nama je velika obaveza i prema slavnoj prošlosti, ali i prema budućnosti i opstanku čovečanstva.


Uprkos ogromnim preprekama verujemo u snagu jedinstva radničke klase i imamo poverenja u sposobnost za borbu za novi, slobodan svet –svet socijalizma.


Istinske promene nemoguće su bez svakodnevne, klasno orjentisane, borbe. Protiv jedinstva kapitala samo jedinstvom radničke klase i radnih ljudi! Solidarno i jedinstveno u borbu! Kao što je govorio Engels: „Do velikih promena ne dovodi prolazan uzlet već trajna akcija velikih masa, čitavih klasa“.


Za svet bez eksploatacije!


Za novi svet socijalizma-komunizma!


Hvala!


2. REZOLUCIJE NOVE KOMUNISTIČKE PARTIJE JUGOSLAVIJE USVOJENE NA SASTANKU KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE

ANTIKOMUNIZAM JE NEPRIJATELJ NARODA

Tendencija da se kriminalizuje aktivnost koja je povezana sa komunističkom ideologijom u evropskim zemljama, posebno u bivšim socijalističkim državama odavno je državna politika buržoaskih režima. To se manifestuje u pravnim odlukama i zakonima koji su zasnovani na pokušajima da se izjednači komunizam sa fašizmom i nacizmom. To ni na koji način nema utemeljenja u objektivnoj istorijskoj analizi i sagledavanju prošlosti.


Komunisti su bili među prvima koji su se aktivno suprotstavili i borili protiv nacizma u svim njegovim aspektima u Nemačkoj i u istočnoevropskim država. Cena tog otpora bile su ogromne ljudske i materijalne žrtve. Danas se otvoreno manipuliše istorijom kako bi ona odgovara potrebama vladajućih klasa i elita koji se boje jačanja političkih snaga koje predstavljaju alternativu kapitalizmu. Nije slučajno što trenutni procesi koji imaju za cilj da zabrane propagiranje komunističke ideologije odvijaju u situaciji kada je kapitalistički sistem u dubokoj krizi i kada stalnim napadima buržoazije na radničku klasu život i rad svih radnika je sve teži.


Zabrana komunističkih simbola u zemljama EU pokazuje da se buržoaske vlade plaše novog kontranapada od strane radničkih i revolucionarnih pokreta, jer oni znaju od koliko je nepomirljivih protivrečnosti i ćorsokaka sastavljen kapitalizam, oni znaju da budućnost pripada društvu bez eksploatacije čoveka od strane čoveka - svetu socijalizma-komunizma.


Anti-komunizam ide ruku pod ruku sa napadima protiv radnih ljudi koji su pozvani da "plate" posledice krize kapitalističkog sistema, koji svedoče ukidanju svojih radnih i politička prava, povećanju nezaposlenosti i broja beskućnika, privatizaciji državnih preduzeća, obrazovanja i sistema zdravstvene zaštite, itd. Imperijalisti nastoje da izbrišu dostignuća socijalizma iz svesti naroda Evrope u celini. Iz tog razloga, oni proganjaju komunističku ideologiju u zemljama EU, posebno u bivšim socijalističkim zemljama, oni zabranjuju komunističke partije, oni besramno iskrivljuju istoriju, a oni kleveću socijalizam koristeći se velikim lažima i podvalama, oni pokušavaju da nametnu izjednačavanje komunizma sa fašizmom.


Mi izražavamo našu solidarnost sa svim komunistima u Evropi, posebno u bivšim socijalističkim zemljama, predstavnicima pokreta koji je pokazao svoje prednosti prilikom borbe sa fašizmom, a sada je usmeren prema Jedini izlaz iz krizne situacije - rešenje koje obezbeđuje dostojanstvo i napredak na svim radnim ljudima - ka socijalizmu.


REZOLUCIJA O BALKANU

1. Protiv nasilnog menjanja granica u Evropi;


2. Protiv jednostranog proglašenja “nezavisnosti” Kosova, koje je rezultat kriminalne agresije NATO saveza protiv SR Jugoslavije. Pozadina secesije Kosova je očigledna posledica imperijalističkih tendencija, pre svega ekonomskih i političkih interesa SAD, koji se promoviše ka svetski policajac i pokrovitelj svetskog kapitalističkog sistema, stoga, jedna vazalna država ne može biti garant istinskih interesa albanskog naroda;


3. Sve okupacione snage treba da napuste Kosovo i Metohiju. Svim prognanima omogućiti povratak u svoje domove. Da Kosovo i Metohija ostanu u sastavu Srbije;


4. Da Albanci, Srbi i ostali narodi na Kosovu žive ravnopravno, u prijateljstvu i miru;


5. Mir, sloga i napredak svih balkanskih naroda mogući su samo onda kada sa istorijsko-političke scene nestane imperijalizam;


6. Mir, sloga i napredak svih balkanskih naroda biće mogući samo onda kada imperijalistička dominacija pod sloganom "zavadi, pa vladaj", ustupi pred jedinstvom radnih ljudi Balkana, njihovim otporom i slomom imperijalističkih okupatorskih okova;


7. Istinski mir i saradnja mogući su jedino ako sve okupacione strane trupe odmah napuste Kosovo i Metohiju, Bosnu i Hercegovinu, Makedoniju I druge delove Balkana i povuke sve svoje trupe;


8. Balkan pripada Balkanskim narodima!


3. NASTUPI UČESNIKA SASTANKA KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE

http://inter.kke.gr/IntAct/int-meet/ecm2012/


4. FOTOGRAFIJE SASTANKA KOMUNISTIČKIH PARTIJA EVROPE








Sul monumento eretto a onore e gloria del criminale di guerra nazifascista Rodolfo Graziani ad Affile (Italia) nell'estate 2012, senza che il presidente della Repubblica abbia ritenuto di doversi esprimere in merito, si vedano anche i nostri post precedenti:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7420
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7418

Si veda inoltre l'appello della diaspora africana in Italia - primo firmatario Jean Léonard Touadì:
e l'interrogazione parlamentare dello stesso Touadì:

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LA VERGOGNA DEL MONUMENTO AD AFFILE PER L’UOMO CHE DEPORTÒ NEI LAGER CENTOMILA LIBICI


Quel mausoleo alla crudeltà 
che non fa indignare l’Italia


Il fascista Graziani celebrato con i soldi della Regione Lazio



«Mai dormito tanto tranquillamente », scrisse Rodolfo Graziani in risposta a chi gli chiedeva se non avesse gli incubi dopo le mattanze che aveva ordinato, come quella di tutti i preti e i diaconi cristiani etiopi di Debra Libanos, fatti assassinare e sgozzare dalle truppe islamiche in divisa italiana. Dormono tranquilli anche quelli che hanno speso soldi pubblici per erigere in Ciociaria un sacrario a quel macellaio? Se è così non conoscono la storia.

Rimuovere il ricordo di un crimine, ha scritto Henry Bernard Levy, vuol dire commetterlo di nuovo: infatti il negazionismo «è, nel senso stretto, lo stadio supremo del genocidio». Ha ragione. È una vergogna che il comune di Affile, dalle parti di Subiaco, abbia costruito un mausoleo per celebrare la memoria di quello che, secondo lo storico Angelo Del Boca, massimo studioso di quel periodo, fu «il più sanguinario assassino del colonialismo italiano». Ed è incredibile che la cosa abbia sollevato scandalizzate reazioni internazionali, con articoli sul New York Times o servizi della Bbc,ma non sia riuscita a sollevare un’ondata di indignazione nell’opinione pubblica nostrana. Segno che troppi italiani ignorano o continuano a rimuovere le nostre pesanti responsabilità coloniali.

Francesco Storace è arrivato a dettare all’Ansa una notizia intitolata «Non infangare Graziani» e a sostenere che «nel processo che gli fu intentato nel 1948 fu riconosciuto colpevole e condannato a soli due anni di reclusione per la semplice adesione alla Rsi». Falso. Il dizionario biografico Treccani spiega che il 2 maggio 1950 il maresciallo fu condannato a 19 anni di carcere e fu grazie ad una serie di condoni che ne scontò, vergognosamente, molti di meno.

È vero però che anche quella sentenza centrata sul «collaborazionismo militare col tedesco», era figlia di una cultura che ruotava purtroppo intorno al nostro ombelico (il fascismo, il Duce, Salò...) senza curarsi dei nostri misfatti in Africa. Una cultura che spinse addirittura Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti (un errore ulteriore che ci pesa addosso) a negare all’Etiopia l’estradizione di Graziani richiesta per l’uso dei gas vietati da tutte le convenzioni internazionali e per gli eccidi commessi e rivendicati. E più tardi consentì a Giulio Andreotti a incontrare l’anziano ufficiale, in nome della Ciociaria, senza porsi troppi problemi morali.

Allora, però, nella scia di decenni di esaltazione del «buon colono italiano» non erano ancora nitidi i contorni dei crimini di guerra. Gli approfondimenti storici che avrebbero inchiodato il viceré d’Etiopia mussoliniano al suo ruolo di spietato carnefice non erano ancora stati messi a fuoco. Ciò che meraviglia è che ancora oggi il nuovo mausoleo venga contestato ricordando le responsabilità di Graziani solo dentro la «nostra» storia. Perfino Nicola Zingaretti nel suo blog rinfaccia al maresciallo responsabilità soprattutto «casalinghe».

Per non dire dell’indecoroso sito web del Comune di Affile, dove si legge che l’uomo fu una «figura tra le più amate e più criticate, a torto o a ragione» del periodo fra le due guerre e un «interprete di avvenimenti complessi e di scelte spesso dolorose». Che «compì grandiosi lavori pubblici che ancor oggi testimoniano la volontà civilizzante dell’Italia». Che «seppe indirizzare ogni suo agire al bene per la Patria attraverso l’inflessibile rigore morale e la puntigliosa fedeltà al dovere di soldato».

«Inflessibile rigore morale»? «Rodolfo Graziani tornò dall’Etiopia con centinaia di casse rubate e rapinate in giro per le chiese etiopi», racconta Del Boca. «Grazie a lui il più grande serbatoio illegale di quadri e pitture e crocefissi della chiesa etiope è in Italia». Certo, non fu il solo ad avere questo disprezzo per quella antichissima Chiesa cristiana fondata da San Frumenzio intorno al 350 d.C. Basti ricordare le parole, che i cattolici rileggono con imbarazzo, con cui il cardinale di Milano Ildefonso Schuster inaugurò il 26 febbraio 1937 il corso di mistica fascista una settimana dopo la spaventosa ecatombe di Addis Abeba: «Le legioni italiane rivendicano l’Etiopia alla civiltà e bandendone la schiavitù e la barbarie vogliono assicurare a quei popoli e all’intero civile consorzio il duplice vantaggio della cultura imperiale e della Fede cattolica ».

Fu lui, l’«eroe di Affile», a coordinare la deportazione dalla Cirenaica nel 1930 di centomila uomini, donne, vecchi, bambini costretti a marciare per centinaia di chilometri in mezzo al deserto fino ai campi di concentramento allestiti nelle aree più inabitabili della Sirte. Diecimila di questi poveretti morirono in quel viaggio infernale. Altre decine di migliaia nei lager fascisti.

E fu ancora lui a scatenare nel ’37 la rappresaglia in Etiopia per vendicare l’attentato che gli avevano fatto i patrioti. Trentamila morti, secondo gli etiopi. L’inviato del Corriere, Ciro Poggiali, restò inorridito e scrisse nel diario: «Tutti i civili che si trovano in Addis Abeba hanno assunto il compito della vendetta, condotta fulmineamente con i sistemi del più autentico squadrismo fascista. Girano armati di manganelli e di sbarre di ferro, accoppando quanti indigeni si trovano ancora in strada... Inutile dire che lo scempio s’abbatte contro gente ignara e innocente».

I reparti militari e le squadracce fasciste non ebbero pietà neppure per gli infanti. C’era sul posto anche un attore, Dante Galeazzi, che nel libro Il violino di Addis Abeba avrebbe raccontato con orrore: «Per tre giorni durò il caos. Per ogni abissino in vista non ci fu scampo in quei terribili tre giorni in Addis Abeba, città di africani dove per un pezzo non si vide più un africano».

Negli stessi giorni, accusando il clero etiope di essere dalla parte dei patrioti che si ribellavano alla conquista, Graziani ordinò al generale Pietro Maletti di decimare tutti, ma proprio tutti i preti e i diaconi di Debrà Libanòs, quello che era il cuore della chiesa etiope. Una strage orrenda, che secondo gli studiosi Ian L. Campbell e Degife Gabre-Tsadik autori de La repressione fascista in Etiopia vide il martirio di almeno 1.400 religiosi vittime d’un eccidio affidato, per evitare problemi di coscienza, ai reparti musulmani inquadrati nel nostro esercito.

Lui, il macellaio, quei problemi non li aveva: «Spesso mi sono esaminato la coscienza in relazione alle accuse di crudeltà, atrocità, violenze che mi sono state attribuite. Non ho mai dormito tanto tranquillamente ». Di più, se ne vantò telegrafando al generale Alessandro Pirzio Biroli: «Preti e monaci adesso filano che è una bellezza».

C’è chi dirà che eseguiva degli ordini. Che fu Mussolini il 27 ottobre 1935 a dirgli di usare il gas. Leggiamo come Hailé Selassié raccontò gli effetti di quei gas: si trattava di «strani fusti che si rompevano appena toccavano il suolo o l’acqua del fiume, e proiettavano intorno un liquido incolore. Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stava accadendo, alcune centinaia fra i miei uomini erano rimasti colpiti dal misterioso liquido e urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro mani, i loro volti si coprivano di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in un’agonia che durò ore. Fra i colpiti c’erano anche dei contadini che avevano portato le mandrie al fiume, e gente dei villaggi vicini».

Saputo del monumento costato 127 mila euro e dedicato al maresciallo con una variante sull’iniziale progetto di erigere un mausoleo a tutti i morti di tutte le guerre, i discendenti dell’imperatore etiope, come ricorda il deputato Jean-Léonard Touadi autore di un’interrogazione parlamentare, hanno scritto a Napolitano sottolineando che quel mausoleo è un «incredibile insulto alla memoria di oltre un milione di vittime africane del genocidio», ma che «ancora più spaventosa» è l’assenza d’una reazione da parte dell’Italia.

Rodolfo Graziani «eseguiva solo degli ordini»? Anche Heinrich Himmler, anche Joseph Mengele, anche Max Simon che macellò gli abitanti di Sant’Anna di Stazzema dicevano la stessa cosa. Ma nessuno ha mai speso soldi della Regione Lazio per erigere loro un infame mausoleo.


Gian Antonio Stella30 settembre 2012




(srpskohrvatski / english.
Tra agosto e settembre, tre persone sono morte nell'area del monte Kopaonik nell'ambito delle operazioni di bonifica del terreno dalle bombe a grappolo, vietate dalle convenzioni internazionali e ciononostante impiegate dagli assassini della NATO nel corso dei bombardamenti del 1999... Nel frattempo, si calcola che L'uranio intenzionalmente disperso dai paesi NATO sul territorio della Serbia metterà a repentaglio la salute della popolazione per i prossimo 4,5 milioni di anni)


NATO CLUSTER BOMBS STILL KILLING IN SERBIA

1) Three newly killed in cluster bomb explosions at Kopaonik area
2) Уранијум за србе 4,5 милијарде година


=== 1 ===

http://www.b92.net/eng/news/society-article.php?yyyy=2012&mm=09&dd=13&nav_id=82203

B92, RTS, Tanjug - September 13, 2012

Worker killed in cluster bomb explosion


MT. KOPAONIK: A man engaged in a mine clearing operation on Mt. Kopaonik, central Serbia, died on Thursday in an explosion of a cluster bomb.
The device exploded near a military base on Pančić's Peak, Tanjug is reporting.
According to the public broadcaster RTS, which is quoting sources from the Serbian police (MUP), the deadly accident happened at 10:30 CET. 
The 49-year-old victim, who has not been named, was working for a private company contracted to clear the area of mines and explosive devices. 
B92 has learned that he died in an area "that is not a military facility". 
The explosion also started a fire that firefighters are now working to put under control. The scene will be investigated once the blaze has been put out. 
The MUP have confirmed that the fire had spread to 20 to 40 square kilometers of land contaminated with mines, and that two police helicopters and a Russian waterbomber from Niš have been called in to help contain it. 
On August 1, two Serbian Army (VS) NCOs died in a cluster bomb explosion near the same peak on Mt. Kopaonik. The device was a leftover from NATO's 1999 war against Serbia.

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http://abcnews.go.com/International/wireStory/serb-soldiers-killed-cluster-bomb-explosion-16902818#.UBkhv7R8A50

Associated Press - August 1, 2012

2 Serb Soldiers Killed in Cluster Bomb Explosion


BELGRADE, Serbia: Officials say two Serbian soldiers have been killed in the explosion of an old NATO cluster bomb on Serbia's border with Kosovo.
The defense ministry says the officers died Wednesday while clearing a mine field near their barracks on Mount Kopaonik in southern Serbia that was left over from the 1999 war in Kosovo.
Hundreds of mine fields, including unexploded cluster bombs, were left in Serbia following NATO's 78-day bombing campaign that ended the war and stopped the crackdown by Serb forces on Kosovo Albanian separatists.
Kosovo declared independence from Serbia in 2008.


=== 2 ===


УРАНИЈУМ ЗА СРБЕ 4,5 МИЛИЈАРДЕ ГОДИНА


ЕКСКЛУЗИВНО - АМЕРИЧКИ НОВИНАР РОБЕРТ ПАРСОНС ОБЕЛОДАНИО "ВЕСТИМА" САКРИВЕНИ ИЗВЕШТАЈ УН !!!


Шокантан текст Сенегалца Бакари Кантеа, шефа мисије програма УН из 1999. о стравичним последицама бомбардовања Србије никада није објављен

У мају 1999. године Уједињене нације у целини су сакриле од јавности шокантан извештај Сенегалца Бакари Кантеа, шефа прве мисије УНЕП- а (Програм Уједињених нација за човекову околину) о еколошким последицама бомбардовања СР Југославије. 
Овај текст УН никад нису објавиле, али су његови делови процурили у јавност захваљујући саговорнику "Вести", америчком независном новинару Роберту Парсонсу, извештачу из међународних институција у Женеви.
Он је успео да добије Кантеов извештај од свог извора у УНЕП- у и 17. јуна 1999. објави његове делове у женевском дневнику "Куријеу" (Le Courrier) под насловом "Скривен алармантни извештај о последицама бомбардовања Југославије: Отрови које УН неће да виде".
Роберт Парсонс ексклузивно за "Вести" сведочи о томе како су се у канцеларијама Уједињених нација, у атмосфери унутрашњег раздора, ценузирисали и "фризирали" извештаји о здравственим последицама употребе оружја са осиромашеним уранијумом на Балкану.

 После 12 дана боравка у још бомбардованој СР Југославији, у мају 1999, где је био са мисијама других агенција из система УН, Бакари Канте је УНЕП- у поднео извештај који говори о еколошком ужасу: атмосфера и тло у бившој СР Југославији трајно су загађени отровним материјама због бомбардовања индустријско- хемијских комплекса и због употребе оружја са осиромашеним уранијумом. Извештај је категоричан у оцени да ће наредне генерације које живе на бомбрадованом тлу патити од канцерогених обољења, леукемије, биће повећан број спонтаних побачаја и деформитета новорођенчади.
У извештају Бакари Кантеа пише да су због бомбардовања природу у СР Југославији загадиле отровне супстанце међу којима су најопаснији полихлоробифенили (ПЦБ), висококанцерогени и одговорни за имунолошке болести. У извештају се наглашава да је један литар полихлоробифенила довољан да се загади милијарда литара воде. ПЦБ се налази у електричним трансформаторским станицама и у бројним нафтним рафинеријама које су биле мета НАТО- а. Додаје се да је бомбардовање и бројних фабрика у којима су употребљавани тешки метали изазвало, између осталог, и ширење кадмијума и метилизоване живе (најотровнији облик живе). Реч је о металима који остају отровни чак и ако се разнесу на простору од више хиљада километара. Резултат: Затрован је и Дунав

У осмом поглављу цензурисаног извештаја Бакари Кантеа говори се о загађењу које је проузроковала употреба оружја са осиромашеним уранијумом.
"Према расположивим подацима снаге НАТО- а употребиле су муницију са осиромашеним уранијумом гађајући војне и цивилне циљеве. Употребљена је муниција калибра 30 милиметара. Испаљивана је углавном из авиона типа "А-10", као и крстарећих ракета "томахавк". Ове ракете могу да пробију челик дебео 57 мм. Њихово пуњење је радиоактивно и сматра се да садрже уранијум 238, чија радијација износи око 3,4 Мbq. 
Уранијум припада групи токсичних елемената који улазе у другу групу радионуклеида веома високе токсичности. Ова врста муниције је нуклеарни отпад и његова употреба је веома опасна по здравље. Употреба ове муниције има ужасне последице по становништво, јер поред телесних повреда проузрокује радиолошку контаминацију. Та контаминација има токсичне и радијацијске последице које узрокују канцер", пише у Кантеовом извештају, који је током маја 1999. године упућен Генералном директору УНЕП-а Kлаусу Топферу.

Канте даље наводи: "Приликом употребе (експлозије) оружја са осиромашеним уранијумом настаје уранијумски оксид (У308 и УО2) као и, између осталог, веома реактивни гасови радијум и радон. Оксидне честице су ширине између 0,5 и 5 микрона и ветар може да их разноси на удаљеност од више стотина километара. Пошто у региону Југославије најчешће дувају северозападни ветрови, то практично значи да загађење иде од Југославије ка Мађарској, Немачкој, Хрватској и Босни или ка Албанији, Бившој Југословенској Републици Македонији и Грчкој".

Швајцарци плаћали за ћутање

Роберт Парсонс каже да му је један непосредно упућени дипломатски извор пренео да је у јулу 1999. једна група швајцарских научника дошла до још драматичнијих закључака о последицама осиромашеног уранијума на Балкану, него оних које садржи забрањени извештај Бакари Кантеа, крајем маја исте године. Њихово истраживање било је део активности дипломатске групе ФОКУС (FOCUS) коју су чинили Швајцарска, Аустрија, Русија и Грчка).
- Пошто је Швајцарска била та која је покривала све трошкове, остали чланови групе су морали да ћуте - каже Роберт Парсонс.
Аутор забрањеног текста упозорава: "Радиолошка и хемијска контаминација "не праве разлику" између војног особља које употребљава те ракете, између циљева, територија, невиних цивила, медија, група које су тамо како би указале разне врсте помоћи, нити се та контаминација зауставља на државним рампама, нити је временски ограничена. Време полураспада осиромашеног уранијума је 4,5 милијарди година".
Боравећи у Југославији у мају 1999. док још траје бомбардовање, Канте је сведок еколошке катастрофе. "Озбиљна штета нанесена је човековој околини уништавањем нафтних рафинерија, нафтно- хемијског комплекса, хемијским и фабрикама вештачког ђубрива, фармацеутским и другим индустријским постројењима. Већ постојеће и потенцијалне последице сукоба тешке су по човекову околину и погађају, углавном,  српски део СР Југославије. На Балкану би могли да буду у опасности како становништво, тако и природа. Ако загађење пређе југословенску границу, оно би могло да погоди и друге земље у региону. То такође може да закомпликује трагичну ситуацију избеглица у неким суседним земљама", пише он у извештају који никада званично није објављен.

"Насеља су најтеже погођена на Косову", истиче Бакари Канте. Он закључује да "су различите врсте циљне међународне помоћи потребне" како би се СР Југославија суочила са последицама које је бомбардовање нанело како човековој околини тако и становништву.

Озрачена храна

У цензурисаном извештају Бакари Канте је такође упозорио: "Бомбардовање НАТО- а догодило се у време сетве пољопривредних култура од животног значаја за становништво - кукуруза, сунцокрета, соје, шећера, шећерне репе и поврћа. Бачени осиромашени уранијум утицао је на квалитет ваздуха, тла, воде, што је имало, како дугорочно, тако и краткорочно негативне последице по ланац исхране".

ЛАЖИ ФУНКЦИОНЕРА УЈЕДИЊЕНИХ НАЦИЈА

•  Клаус Топфер, генерални директор УНЕП- а, наредио је да се од јавности склоне сазнања о еколошкој катастрофи у Србији без преседана у европској историји

ИСТИНА СЕ НЕ МОЖЕ САКРИТИ: Роберт Парсонс

Независни амерички новинар Роберт Парсонс открио је "Вестима" сакривени извештај УН, који је написао још у мају 1999. године Сенегалац Бакари Канте, тадашњи шеф мисије Програма УН за животну средину (УНЕП), а у коме се упозорава на стравичне последице бомбардовања Србије муницијом пуњеном осиромашеним уранијумом.
Роберт Парсонс, са којим смо разговарали у седишту УН у Женеви, каже да је лако погодити зашто је извештај Кантеа склоњен од јавности по наређењу Клауса Топфера, генералног директора УНЕП- а.
- Док је НАТО на све стране трубио о својој "хуманитарној интервенцији" извештај о коме је реч, говорио је о еколошкој катастрофи без преседана у европској историји - каже Парсонс.
Он подсећа да су у мају 1999. године представници различитих организација УН, међу којима и УНЕП, отишли у мисију у СР Југославију и да је након тога свака агенција осталима требало да пошаље свој извештај.
- Догодило се нешто необично - о извештају мисије УНЕП- а нико није говорио. Чим је предат, извештај је класификован у УН и склоњен од јавности и вероватно завршио у седишту УНЕП- а у Најробију. Ниједна од хуманитарних организација у Женеви није била у току догађаја, па чак ни запослени у седишту УНЕП- а у Женеви - тврди Парсонс.

Бачено 9,45 тона нуклеарног отпада

Роберт Парсон каже да су се већ у фебруару 2000. године подаци холандске владе у главним цртама подударали са подацима америчке невладине организације МТП (Military Toxic Project). МТП је, наиме, у јануару 2000. године тражила од владе САД да скине ознаку тајности са досијеа о употреби осиромашеног уранијума на Косову. МТП је добила досије 30. јануара 2000. године и на основу њега, ова НВО је израчунала да је на Косово бачено 9,45 тона нуклеарног отпада.


- Добио сам извештај Бакари Кантеа од мог контакта из УНЕП- а. Он ми је дао шифру за употребу машине за фотокопирање и ја сам брзо одштампао тридесетак копија. Женевски "Курије" 17. јуна 1999. уступио ми је читаву страну и ја сам пренео све што се налазило у овом цензурисаном тексту - открива Парсонс.

Пошто су прочитале чланак у "Куријеу", агенције УН које су учествовале у мисији у СР Југославији обраћају се овом новинару уместо УН, тражећи да им пошаље читав Кантеов извештај,  јер су од УНЕП- а добиле непотпун текст. Затим је организована конференција за штампу на којој је наравно питао Клауса Топфера, генералног секретара УНЕП- а, зашто је Кантеов извештај склоњен од јавности.

- Топфер је одговорио да је извештај објављен и да ништа није сакривено од јавности. Ја сам онда рекао да је извештај објављен зато што сам га ја објавио. "Да. И у чему је проблем?", питао је Топфер. Рекао сам му да је тиме лишио друге агенције извештаја Бакари Кантеа, иако је мандат мисије УНЕП- а у СР Југославији захтевао да се тај текст свима пошаље. Топфер је на то одговорио да су све агенције добиле копију извештаја. "Па наравно да су га добиле кад сам им га ја послао!"- рекао сам на шта је Топфер хладно поновио: "Па добро, добили су извештај - у чему је проблем?"- износи детаље с конференције за штампу Роберт Парсонс.
Сећајући се ове неславне епизоде из хронике Уједињених нација, Парсонс додаје да је конференција за штампу, одржана у јуну 1999. у седишту УН у Женеви, трајала скоро сат времена и да је Топфер напустио салу мокар од зноја.

Исекли 72 странице текста

Првобитној верзији извештаја који је поднела Балканска радна група (БТФ), у завршном поглављу дугом 72 странице, "одсечено" је 70 страница. Тај део објављен је накнадно на Интернету али је требало знати пронаћи га. Требало је наћи сајт УНЕП- а, затим Балканску радну групу, а онда још две одреднице да би се дошло до тих 70 исечених страница које су објављене као анекс. Они који су читали званични извештај нису могли да знају да постоји део који недостаје и који је у анексу - објашњава Роберт Парсонс.

- Мислећи да га не чујем и не разумем рекао је на немачком свом сараднику: "Али они ми не верују." Узвратио сам на немачком: "Наравно да вам не верујем. Лажете!" - додаје амерички новинар.
Парсонсов текст објављен у женевском "Куријеу" очигледно је изнервирао генералног директора УНЕП- а Клауса Топфера, али већих последица није било. Извештај Бакари Кантеа у целини је цензурисан и никада се није појавио на званичној интернет презентацији УН, као да није ни постојао.
УНЕП је затим у јесен 1999. године основао Балканску радну групу - БТФ (Balkans Task Force) чији је задатак био да изради "дефинитивни извештај" о еколошким последицама бомбардовања. На чело ове групе именован је Пека Хависто, бивши фински министар екологије.
Роберт Парсонс каже да су и у случају овог другог извештаја радиле цензорске маказе.
- Овај други извештај такође је преправљао Роберт Бише, портпарол и десна рука Клауса Топфера, генералног директора УНЕП- а - тврди Роберт Парсонс.

ДЕЦА СЕ ИГРАЛА НА ОЗРАЧЕНИМ ТЕНКОВИМА

   • Да би минимизирали налазе о последицама које доноси бачени уранијум на Србију, дозвољен приступ погођеним местима

НА ЛИСТИ ЗАТРОВАНИХ ГРАДОВА:  Нови Сад током бомбардовања

Роберт Парсонс, амерички новинар, имао је бројне непријатности због обелодањивања извештаја УН, који је сакривен од јавности, а у коме се износе непобитне чињенице о стравичним последицама бомбардовања Србије муницијом пуњеном осиромашеним уранијумом.

8. октобра 1999. дошао у седиште Балканске радне групе (БТФ), која је имала задатак да направи дефинитиван извештај о еколошким последицама бомбардовања. Послу ове групе претходила су шокантна сазнања Сенегалца Бакари Кантеа до којих је дошао Парсонс и објавио их у швајцарском 
листу "Курије".

Он је тог 8. октобра дошао у палату УН у Женеви како би добио копију извештаја Балканске радне групе пре објављивања. Лично га је у ходнику дочекао Роберт Бисе, портпарол и "десна рука" Клауса Топфера, генералног директора УНЕП-а (Програма УН за заштиту животне околине), чије су 
маказе дебело цензурисале овај извештај. Бисе је том приликом Парсонсу забранио сваки контакт са екипом Пека Хависта, који је био на челу Балканске радне групе.
Написан у стилу "да, али...", овај званични извештај УНЕП-а садржи сасвим супротне закључке од оних који се могу прочитати у "забрањеном" Кантеовом извештају.
"Наши налази говоре да сукоб на Косову није изазвао еколошку катастрофу која је погодила област Балкана. Ипак, детектовано загађење је на неким одредиштима озбиљно и могло би да угрози људско здравље".
Наводе се Панчево, Крагујевац, Нови Сад и Бор као места у којима је утврђено загађење због бомбрадовања, али се наглашава да је део тог загађења настао "пре бомбардовања" због дугорочних пропуста у складиштењу опасних отпадака. Још се каже да је "у загађеним областима неопходно предузети мере заштите околине и чишћење како би се избегле штетне последице по људско здравље, као и дугорочне штете у животној средини".
Врхунац конфузије је препорука да треба онемогућити прилаз контаминираним местима после које се наводи да контаминирана места нису могла да буду идентификована. Притом, мисија УНЕП-а није са терена донела ниједан узорак тла или прашине са тенкова ЈНА на којима су се судећи према фотографијама западних агенција деца слободно играла.

СМРТ ПО СРБИЈИ СЕЈАЛИ "ТЕХНИЧКОМ ГРЕШКОМ"

• Тек после великог притиска јавности Американци признали да је муниција пуњена "прљавим" уранијумом, најопаснијим по људе и околину

ЗНАО ЧИМЕ СУ ПУЊЕНЕ БОМБЕ: Србија је бомбардована у време док је Бил Клинтон био у Белој кући

Кад је дошао на чело Балканске радне групе (БТФ), која је имала задатак да направи нови извештај о последицама бомбардовања Србије осиромашеним уранијумом током 1999. године, Пека Хависто је довео још два Финца, Хенрика Слотеа и Пасиа Ринеа.

- Била је то заиста изванредна екипа која је схватила суштину ситуације у којој се нашла, а која може да се сведе на следеће: док су они желели да објаве истину, НАТО је хтео да је сакрије. Кад год су покушали нешто да истраже, нашли су се на мети НАТО- а. УНЕП је, дакле, био под војним притисцима. Хависто и његови сарадници размишљали су на следећи начин: "Уколико покушамо да урадимо посао како треба, бићемо смењени и истраживање ће бити заустављено.Боље је онда да урадимо нешто, да откријемо бар део истине" - објашњава Парсонс.

Захваљујући таквом начину рада Хавистове екипе, управо је Балканска радна група у оквиру УНЕП- а била та која је 16. фебруара 2001. узбунила светску јавност објавивши да је на Косово бачен "прљави" уранијум. Тада је саопштено да је анализа 340 узорака тла, воде итд. показала присуство трансуранијумских елемената као У-236 и трагове плутонијума и фисионог процеса. Присуство плутонијума потврдиле су две лабораторије - Шведски институт за радиолошку заштиту и Швајцарска лабораторија АЦ- Спеитз.
Не могавши да порекне присуство високотоксичног плутонијума, Клаус Топфер, генерални директор УНЕП- а, покушао је да умири јавност добивши научно "покриће" за своје тврдње од швајцарске лабораторије АЦ- Спеитз.

"Према оцени швајцарске лабораторије АЦ- Спеитз ови најновији налази о саставу осиромашеног уранијума представљају небитне промене кад је реч о процени радиолошке ситуације и не треба да буду разлог за узбуњивање", написао је Топфер у званичном саопштењу УНЕП- а од 16. фебруара 2000. године.

Роберт Персонс






Da: "AREAGLOBALE"<info@...>
Data: 22 Set 2012 00:13
Oggetto: Incontri sulla guerra siriana con Bahar Kimyongür

Incontri con Bahar Kimyongür sulla guerra in Siria


Contro la strategia di ristrutturazione dell'egemonia nord-americana ed europea in Medio Oriente, per la rivolta dei popoli arabi contro l'imperialismo e per il socialismo


27 settembre - ore 21, La Spezia (SP) 
c/o Centro di documentazione proletaria 
Piazza Gianni Maccioli 4, Quartiere Favaro 

28 settembre - ore 21, Firenze (FI) 
c/o Centro Popolare Autogestito Firenze Sud 
Via Villamagna 27/a 

29 settembre - ore 14.30, Schio (VI) 
c/o Centro culturale e di documentazione "Bertolt Brecht" 
Piazzetta San Gaetano 1 

30 settembre - ore 9, Ronchi, Marina di Massa (MS) 
c/o Centro culturale "Pablo Neruda" 
Via Stradella 57d 

Incontri con Bahar Kimyongür 
autore del libro Syriana, la conquête continue


Bahar Kimyongür, nato nel 1974, è un militante politico antimperialista e scrittore; risiede in Belgio ed è originario della città turca di Antiochia, città storicamente appartenente alla Siria, ma regalata dalla Francia alla Turchia dopo la prima guerra mondiale. Città capoluogo di una regione di importanza strategica straordinaria, Antiochia oggi rappresenta sia il punto di raccolta dei rifugiati che fuggono dalla guerra civile siriana, sia il quartiere generale delle forze mercenarie che attraversano il confine nel tentativo di destabilizzare la Siria con azioni terroristiche. 

Bahar collabora da tempo - e tutt’ora collabora - con l'associazione TAYAD (http://www.tayad.org/) nella difesa dei diritti e delle condizioni dei prigionieri politici nelle carceri turche. In questo senso ha svolto, negli anni passati numerose conferenze su questo tema in Turchia e in numerose città europee. 

Bahar è stato oggetto dell’interesse dei mezzi di comunicazione a seguito di un procedimento giudiziario che lo ha visto protagonista, per essere stato uno dei primi imputati perseguiti secondo la legislazione anti-terrorismo, essendo stato accusato di terrorismo per aver tradotto comunicati diffusi dal DHKP-C, un’organizzazione rivoluzionaria considerata terrorista dallo stato turco ed inserita nella lista delle organizzazioni terroristiche dall’Unione Europea in seguito agli avvenimenti dell’11 settembre. Portato in giudizio sulla base della legislazione anti-terrorismo del Belgio, è stato condannato in primo grado nel febbraio 2006 e in appello nel novembre 2006, per essere poi assolto nel 2007 e nel 2009 a seguito delle sentenze della Cassazione che hanno annullato le precedenti. 

È stato fatto oggetto di una richiesta di estradizione da parte della Turchia. 

All’affare DHKP-C e al "caso Kimyongür" è stato dedicato il film “Résister n'est pas un crime – Resistere non è un crimine”, un documentario di Marie-France Collard, F.Bellali e J.Laffont, che ha conseguito il Premio Speciale della Giuria al Festival Internazionale del Film sui Diritti dell’Uomo (FIFDH) 2009 di Parigi. 

Bahar è diplomato in archeologia e storia dell’arte presso l’Università Libera di Bruxelles. 

Bibliografia: 

Bahar Kimyongür, “Turquie, terre de diaspora et d’exil. Histoire des migrations politiques de Turquie”, Éditions Couleur livres, 2008, ISBN 978-2-87003-509-2 

(tradotto da Bahar Kimyongür), “Le Livre noir de la "démocratie" militariste en Turquie”, Info-Türk, 2010, ISBN 978-2-9601014-0-9 

Bahar Kimyongür, “Syriana. La conquête continue”, Éditions Couleur livres (Coédition Investig'Action) 2011.


Bahar Kimyongür 
Il terrorismo anti-siriano e i suoi collegamenti internazionali


Bahar Kimyongür 
Brèves Syrie: merci Al Qaïda, le retour d’Arour, résistance...


Antiper 
Raccolta di interventi su rivolta araba e strategia imperialista in Nord Africa e Medio Oriente


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CATTIVISSIMI TITINI

Dal "Piccolo" del 16/9/12, pag. 44 (Cultura e spettacoli), "Erminio, Yermiyahu, Jerry: le tre vite di un ebreo triestino", di Laura Strano.
E' la recensione del libro "Le mie tre vite", MGS Press 2012, di Jerry Consul, nato Erminio Consolo.

Il piccolo Erminio cresce tra il 1940 ed il 1947 affidato ad una famiglia povera del rione triestino di Ponziana, che non lo ama, e non riesce neppure a dargli abbastanza da mangiare vista la scarsità alimentare degli anni di guerra.
Prosegue l'articolo:

"Finisce la guerra e per Erminio finisce almeno la fame: la Croce Rossa di Trieste, controllata dai titini durante i quaranta giorni di occupazione, avvia un programma di nutrizione per i bambini che necessitavano di cure. Erminio viene mandato al mare e in montagna e conosce pure il maresciallo Tito".

Era questo il "terrore" della "quarantena titina" dove gli italiani non osavano uscire di casa?

Claudia



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(In english: Manufacturing Failed States - by Edward S. Herman, Z Magazine, september 2012
En francais: Produire des « Etats Ratés » - par Ed Herman, Z Magazine, septembre 2012
http://www.michelcollon.info/Produire-des-Etats-Rates.html?lang=fr 
or http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7440 )

http://www.resistenze.org/sito/os/mp/osmpci24-011565.htm

Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 
 
Produrre Stati falliti
 
di Ed Herman (*)
 
09/09/2012
 
Durante la guerra del Vietnam, sopra l'ingresso di una base americana si poteva leggere: "Killing is our business, and business is good" (Uccidere è il nostro mestiere e gli affari vanno bene"). E in effetti, gli affari andarono molto bene in Vietnam (così come in Cambogia, Laos e Corea), dove si contarono a milioni i civili uccisi. In realtà gli affari si mantennero buoni, anche dopo la guerra del Vietnam.
 
I massacri sono continuati in tutti i continenti, sia direttamente che tramite "proxies" [mercenari], ovunque la "sicurezza nazionale" degli Stati Uniti bisognasse di basi, guarnigioni, assassini, invasioni, campagne di bombardamenti o di sostenere regimi assassini e autentiche reti terroristiche transnazionali, in risposta alla "minaccia terroristica" che continua a sfidare il povero "pietoso gigante". Nel suo eccellente libro sull'ingerenza degli Stati Uniti in Brasile (United States Penetration of Brazil, Pennsylvania University Press, 1977), Jan Knippers Black aveva dimostrato già anni fa, come l'accezione sorprendentemente elastica del concetto di "sicurezza nazionale" può essere estesa, in funzione di quale nazione, quale classe sociale o istituzione si riferisca. Al punto che proprio "coloro la cui ricchezza e potere dovrebbe in linea di principio garantire la sicurezza, sono quelli maggiormente paranoici e che, con i loro frenetici sforzi per garantire la propria sicurezza, generano loro stessi la loro propria [parziale] distruzione". (La sua opera affrontava il pericolo di sviluppare una democrazia sociale in Brasile nel 1960, e la sua repressione attraverso il sostegno degli Stati Uniti alla controrivoluzione e all'instaurazione di una dittatura militare). Aggiungete a ciò la necessità per gli imprenditori legati al complesso militare-industriale di promuovere le missioni per giustificare un aumento dei bilanci della difesa e la piena cooperazione dei mass media a questa attività, e otterrete una realtà terrificante.
 
In realtà il suddetto gigante falsamente paranoico si è impegnato a capofitto nella produzione di pretesti per credibili minacce, soprattutto dopo il crollo dell'"impero del male", che il paese aveva sempre sostenuto di "contenere". Grazie a dio, dopo alcuni tentativi episodici di focalizzare l'attenzione sul narco-terrorismo e sulle armi di distruzioni di massa di Saddam Hussein, il terrorismo islamico è caduto dal cielo per offrire alla defunta minaccia un degno successore, derivante naturalmente dall'ostilità del mondo arabo alle libertà americane e dal suo rifiuto di consentire la possibilità a Israele di negoziare la pace e risolvere pacificamente i suoi disaccordi con i palestinesi.
 
Oltre a rendere più efficaci i massacri e il soldo dei mercenari che ne deriva, gli Stati Uniti sono diventati de facto il più maggior produttore di Stati falliti, su scala industriale. Per Stato fallito, intendo uno Stato che, dopo esser stato schiacciato militarmente o reso ingovernabile a causa di una destabilizzazione politica o economica che lo getti nel caos, ha quasi sicuramente perso la capacità (o il diritto) di ricostruirsi e di soddisfare le legittime aspirazioni dei suoi cittadini. Naturalmente, questa abilità degli Stati Uniti non nasce ieri: come dimostra la storia di Haiti, della Repubblica Dominicana, di El Salvador, del Guatemala o degli Stati dell'Indocina, dove i massacri hanno funzionato così bene. Inoltre, abbiamo visto di recente una recrudescenza incredibile nella produzione di Stati falliti, di tanto in tanto senza ecatombe, come ad esempio nelle repubbliche ex-sovietiche e in tutta una serie di paesi dell'Europa dell'est, dove la riduzione dei salari e l'aumento vertiginoso del tasso di mortalità sono frutto diretto dalla "terapia d'urto" e del saccheggio generalizzato e semi-legale dell'economia e delle risorse, da parte di élite sostenute dall'Occidente, ma anche più o meno organizzate e sostenute a livello locale (privatizzazioni a tutto campo, corruzione a livelli esorbitanti).
 
Un'altra cascata di Stati falliti origina dagli "interventi umanitari" e dai cambi di regime guidati dalla NATO e dagli Stati Uniti in modo più aggressivo che mai dopo il crollo dell'Unione Sovietica (vale a dire dopo la scomparsa di una "forza di contenimento" estremamente importante anche se molto limitata). Qui, l'intervento umanitario in Jugoslavia è servito da modello. Bosnia, Serbia e Kosovo sono diventati Stati falliti, altri sono usciti stremati, tutti assoggettati all'Occidente o alla sua pietà: una base militare statunitense monumentale è sorta da subito in Kosovo, eretta sulle rovine di quello che un tempo era uno Stato socialdemocratico indipendente. Questa bella dimostrazione di merito per l'intervento imperialista ha inaugurato la produzione di una nuova serie di stati falliti: Afghanistan, Pakistan, Somalia, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Libia, mentre oggi è in corso un programma simile in Siria e un altro si appresta per la gestione della cosiddetta "minaccia iraniana", nel tentativo di far rivivere i giorni felici della dittatura filo-occidentale dello Shah.
 
Questi fallimenti programmati hanno di solito in comune i segni caratteristici della politica imperiale e una proiezione di potenza dell'impero. Il copione prevede: la comparsa e/o legittimazione (o riconoscimento ufficiale) di una ribellione etnica armata che si atteggia a vittima, la quale conduce contro le autorità del proprio paese azioni terroristiche volte a provocare apertamente una reazione violenta da parte delle forze governative e che invoca immancabilmente le forze dell'impero a soccorrerla. Mercenari stranieri vengono generalmente assoldati per aiutare i ribelli, mercenari e ribelli indigeni vengono armati, addestrati e sostenuti logisticamente dalle potenze imperiali. Queste ultime si impegnano a incoraggiare e sostenere le iniziative dei ribelli il tanto per giustificare la destabilizzazione, i bombardamenti e, infine, il rovesciamento del regime bersaglio.
 
Il processo è stato eclatante durante tutto il periodo dello smantellamento della Jugoslavia e nella produzione di Stati falliti che seguirono. Le potenze della NATO, mirando alla disgregazione della Jugoslavia e al crollo della sua componente più importante e indipendente, vale a dire la Serbia, hanno incoraggiato alla ribellione gli elementi nazionalisti delle altre repubbliche della federazione, per le quali il sostegno o l'impegno militare della NATO sul terreno era un fatto acquisito. Il conflitto fu lungo e virò verso la pulizia etnica, ma per quanto concerne la distruzione della Jugoslavia e la produzione di Stati falliti, fu un successo (vedi Herman e Peterson, The Dismantling of Yugoslavia, Monthly Review, ottobre 2007). Stranamente, è con l'approvazione e la collaborazione dell'amministrazione Clinton e dell'Iran che si importarono tra gli altri mercenari, degli elementi di Al Qaeda in Bosnia e poi in Kosovo, per aiutare a combattere il paese obiettivo: la Repubblica di Serbia. Ma Al-Qaeda appariva anche tra le fila dei "combattenti per la libertà" impegnati nella campagna di Libia, ed è anche un componente riconosciuto (ora perfino dal New York Times, anche se con un po' di ritardo) del cambiamento di regime programmato in Siria (Rod Nordland, Al Qaeda Taking Deadly New Role in Syria Conflict»New York Times, 24 luglio 2012). Certo, Al Qaeda era precedentemente stata al centro del cambiamento di regime in Afghanistan [1996] e un elemento chiave nella svolta dell'11 settembre (Bin Laden, capo dei ribelli sauditi di primo piano, dapprima sostenuto dagli Stati Uniti, si sarebbe poi rivoltato contro di loro, da cui venne demonizzato ed eliminato).
 
Questi programmi comportano sempre una gestione sapiente delle atrocità, che permette di accusare il governo aggredito di aver commesso atti di violenza gravi contro i ribelli e i loro sostenitori, così da demonizzarlo efficacemente per giustificare un intervento massiccio. Questo metodo ha avuto un ruolo fondamentale durante le guerre di dissoluzione della Jugoslavia, e probabilmente ancora di più nella campagna di Libia e di quella in Siria. E' un metodo che deve molto anche alla mobilitazione delle organizzazioni internazionali che sono attivamente coinvolte in questa demonizzazione denunciando le atrocità attribuite ai leader riconosciuti, perseguendoli e condannandoli penalmente. Nel caso della Jugoslavia, il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY), istituito dalle Nazioni Unite, ha lavorato mano nella mano con le potenze della NATO per assicurare che la sola messa in stato d'accusa delle autorità serbe fosse sufficiente a giustificare qualsiasi azione che gli Stati Uniti e la NATO avessero deciso di intraprendere. Esempio mirabile di questa meccanica, la messa in stato di accusa di Milosevic da parte del Procuratore del ICTY, lanciata proprio quando (nel maggio 1999) la NATO decideva di bombardare deliberatamente le infrastrutture civili serbe per accelerare la resa della Serbia, bombardamenti che costituivano crimini di guerra condotti in piena violazione della Carta delle Nazioni Unite. Eppure fu proprio il processo a Milosevic che permise ai media di distogliere l'attenzione pubblica dagli abusi illegali della NATO.
 
Allo stesso modo, alla vigilia dell'attacco alla Libia da parte della NATO, il procuratore della Corte penale internazionale (CPI) si affrettò a promuovere un'azione giudiziaria contro Muammar Gheddafi senza aver mai chiesto un'indagine indipendente, rendendo di pubblico dominio che la Corte penale internazionale non aveva perseguito nessun altro che i leader africani non allineati con l'Occidente. Questo modo curioso di "gestione della legalità" è una risorsa preziosa per i poteri imperiali ed è estremamente utile in un contesto di cambiamento di regime, come nella produzione di Stati falliti.
 
Sono anche coinvolte delle organizzazioni umanitarie o di "promozione della democrazia" apparentemente indipendenti, come Human Rights Watch, l'International Crisis Group e l'Open Society Institute, che regolarmente si uniscono alla processione imperiale, facendo l'inventario dei soli crimini correlati al regime obiettivo e ai suoi dirigenti: cosa che contribuisce in modo significativo alla polarizzazione dei media. L'insieme consente di creare un ambiente morale favorevole a un intervento più aggressivo in nome della difesa delle vittime.
 
Poi si aggiunge che, nei paesi occidentali, le denunce o le accuse di atrocità - che rafforzano le immagini di vedove in lutto e rifugiati indigenti, le prove apparentemente attendibili di abusi odiosi e l'emergere di un consenso attorno alla "responsabilità di proteggere" le vittime del conflitto - commuove profondamente gran parte dei circoli di sinistra e libertari. Molti di loro vengono ad ululare con i lupi contro il regime bersaglio, ed esigono l'intervento umanitario. Gli altri in genere sprofondano nel silenzio, certo perplesso, ma pregno soprattutto della paura di essere accusati di sostenere il "dittatore". L'argomento degli interventisti è che, a costo di apparire sostenitori dell'espansionismo imperialista, talvolta occorre fare un'eccezione se le cose sono particolarmente gravi e se tutti sono indignati e chiedono un intervento. Ma bisogna, per dimostrarsi autenticamente di sinistra, tentare una micro-gestione degli interventi per contenere l'attacco imperiale, esigendo per esempio che ci si attenga all'interdizione di una no-fly zone come in Libia.
 
Ma gli Stati Uniti stessi non sono che un caso, dei peggio riusciti, di produzione di tali Stati falliti. Ovviamente, nessuna potenza straniera li ha mai schiacciati militarmente, ma la base della sua popolazione ha pagato un tributo pesante al sistema di guerra permanente. Qui, l'elite militare, così come i suoi alleati nel mondo dell'industria, della politica, della finanza, dei media e gli intellettuali, hanno contribuito ampiamente ad aggravare la povertà e il disagio generalizzato dovuto alla disintegrazione dei servizi pubblici e all'impoverimento del paese; la classe dirigente, paralizzata e compromessa, è incapace di rispondere adeguatamente alle esigenze e alle aspettative dei suoi cittadini, nonostante il costante aumento della produttività pro capite del PNL. Le eccedenze sono completamente dirottate verso il sistema di guerra permanente e dal consumo e l'arricchimento di una piccola minoranza, che lotta in modo aggressivo per realizzare la captazione non solo delle eccedenze, ma fino al trasferimento diretto delle entrate, delle proprietà e dei diritti pubblici della stragrande maggioranza dei suoi concittadini (in difficoltà). In quanto Stato fallito, come in molti altri campi, gli Stati Uniti sono una nazione senza dubbio d'eccezione!

 
(*) Edward S. Herman è professore emerito di Finanza alla Wharton School, University of Pennsylvania. Economista e analista di media di fama internazionale, è autore di numerosi libri tra cui:Corporate Control, Corporate Power (1981), Demonstration Elections (1984, con Frank Brodhead), The Real Terror Network (1982), Triumph of the Market (1995), The Global Media (1997, con Robert McChesney), The Myth of The Liberal Media : an Edward Herman Reader (1999) e Degraded Capability : The Media and the Kosovo Crisis (2000). La sua opera più nota, Manufacturing Consent (con Noam Chomsky), pubblicata nel 1988, è stata ristampata negli Stati Uniti nel 2002 e nel 2008 nel Regno Unito.



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INIZIATIVE SEGNALATE

1) Milano e dintorni 1-7/10: Appuntamenti con Paul POLANSKY 
2) Guastalla (RE) 6/10: Iniziativa con G. SCOTTI a vent'anni dallo scoppio della guerra in Bosnia
3) Padova 9/10: Videoproiezione in esterni su Bogdan BOGDANOVIĆ


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Milano e dintorni 1-7/10: Appuntamenti con Paul POLANSKY

 POESIA PER RESTARE UMANI

PAUL POLANSKY: Arrivato dagli States in Spagna quasi 50 anni fa per scappare alla guerra del Vietnam, girerà l'Europa alla ricerca delle sue radici vichinghe, diventando un personaggio tanto famoso quanto scomodo: la voce dei dimenticati.
Giornalista, poeta, scrittore, fotografo, regista e antropologo di fama internazionale, ma anche ex pugile e giocatore di football americano...
Agli inizi degli anni '90 inizia un lungo percorso di ricerca sulle origini della propria famiglia, durante il quale scopre docum
enti che permettono di riportare alla luce l'esistenza del campo di concentramento di Lety, in Repubblica Ceca, che oggi è un allevamento di maiali. Le testimonianze raccolte lo rendono inviso al governo ceco.
Nel 1999 viene ingaggiato dalle Nazioni Unite e inviato nel Kosovo come intermediario tra le istituzioni e i gruppi rom perseguitati. Lotterà per 11 anni perché i Rom, cacciati dagli estremisti albanesi, possano uscire dai campi profughi, costruiti su terreni altamente inquinati da piombo e metalli pesanti.
Nel 2004 è insignito del premio Human Rights Award, consegnatogli direttamente da Günter Grass. Nel 2005 il suo film-documentario Gipsy Blood, visibile su youtube, è premiato al Golden Wheel International Film Festival di Skopje.
Attualmente risiede a Nish, in Serbia, dove prosegue la sua attività per i diritti umani, tramite l'associazione Kosovo Roma Refugee Foundation.

SETTIMANA MILANESE

* 1 ottobre Ore 21.00 Reading presso CAM Ponte delle Gabelle, via san Marco 45 (ingresso libero).
* 2 ottobre Ore 21.00 Reading presso circolo "Via d'Acqua", viale Bligny 84 PAVIA (ingresso con tessera Arci ed offerta libera a sostegno per l'iniziativa)
* 3 ottobre Ore 16.00 visita agli insediamenti rom in zona Cavriana-Forlanini. Ore 21.00 Reading presso Libreria Popolare in via Tadino 18 (ingresso libero).
* 4 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al villaggio rom di via Idro, seguita da Reading alle ore 21.00 (ingresso libero). Alle 20.00 sarà possibile cenare al Social Rom (CENA SOLO SU PRENOTAZIONE, 347-717.96.02 oppure info@...).
* 5 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al campo sinti Terradeo a Buccinasco. Ore 21.00 Reading a Corsico presso la Biblioteca comunale di via Buonarroti n. 8 (ingresso libero).
* 6 ottobre Pomeriggio (orario da definire): visita al campo di Monte Bisbino (Milano-Baranzate).
* 7 ottobre Ore 21.30 Reading all'enoteca Ligera via Padova 133 (ingresso libero).

Organizzano: LA CONTA di Milano, ApertaMente di Buccinasco, FAREPOESIA di Pavia e Mahalla con il concorso delle comunità rom e sinte locali - per informazioni: 347-717.96.02 oppure info@...

(pagina Facebook: http://www.facebook.com/events/306574316116547/ )


=== 2 ===

Sabato 6 Ottobre
Guastalla (RE), Chalet lido Po ore 21,00

Don’t Forget ( non dimenticare )

A Vent'anni dallo scoppio della guerra in Bosnia

iniziativa organizzata dall'associazione MirniMost di Guastalla RE - www.mirnimost.org

Interverranno:

Giacomo Scotti - giornalista del Manifesto, scrittore, poeta, attivista dei diritti umani

Jasna Jugo - cittadina di Mostar, ha vissuto il periodo della guerra fratricida. Di religione mussulmana, con la sua associazione KOS opera a favore delle vittime della guerra

Sejla Hodzic - project manager, lavora per associazioni di volontariato

La città di Mostar è situata nel cuore dell’Erzegovina, sulle rive del fiume Neretva, uno dei corsi d’acqua più belli della Jugoslavia: scorre tra vallate e si getta nell’Adriatico. Il fiume con le sue acque azzurre ha ispirato numerose leggende e favole popolari, poeti e scrittori... Attualmente la popolazione è di 126.000 abitanti, di cui il 60% croati (di religione cattolica), meno del 40% bosgnacchi (di religione mussulmana); a queste si aggiungono minoranze etniche tra cui quella serba (di religione ortodossa) e rom (di religione mussulmana).
Mostar prima della guerra veniva chiamata “la rossa“ per l’importante contributo dato dai suoi cittadini alla resistenza partigiana del Maresciallo J.B.Tito contro l’esercito invasore Nazi- Fascista appoggiato dagli Ustasca di Ante Pavelic - il regime sanguinario (con campi di sterminio come Jasenovac ) dello stato fantoccio croato.
La composizione della popolazione prima della guerra degli anni '90 era: 34 % mussulmani, 33% croati, 18 % serbi, più un 12 % che si dichiaravano jugoslavi, non appartenenti a nessuna etnia. Vi era una percentuale altissima di matrimoni misti...
Mostar è stata una delle città martiri della guerra degli anni '90. Il suo ponte ottomano era un simbolo di convivenza che doveva perciò essere distrutto...


=== 3 ===

Passaggi artistici
Il contemporaneo nei luoghi storici - Porte e bastioni di Padova

Martedi 9 ottobre ore 21

Porta San Giovanni
Viaggio nella Memoria di un paese che non c'è più con Bogdan BOGDANOVIĆ

Videoproiezione in esterni di Bruno Maran


Dall’ambito di un uso militare al passaggio controllato delle merci e delle persone, dalla chiusura difensiva all’apertura al via vai quotidiano, le porte delle città hanno svolto molteplici funzioni. Emerge pertanto la volontà e la necessità di conservare le nostre città anche attraverso i loro simboli, per evitare che esse sprofondino in un tetro anonimato, in un'abitudine visiva foriera di un annullamento delle loro caratteristiche peculiari.
Oggi diventano il proscenio per una installazione visiva: una proiezione sulla facciata della porta medioevale di un video fotografico, che ripercorre un “viaggio nella Memoria” attraverso le opere di Bogdan Bogdanović. Dalla memoria di un passato, più o meno vicino, al nostro presente a ricordare che tutti gli edifici storici hanno un valore intrinseco, che può essere utilizzato per conoscere oltre alla loro storia anche la Storia dei nostri tempi. Memoria, che si rifà alle opere dell’architetto Bogdan Bogdanović, che, con la sua straordinaria creatività, ha realizzato grandi monumenti rievocativi della Storia e degli eventi fondanti lo Stato socialista jugoslavo, ormai scomparso, con sempre vivo il pensiero del presente.

www.artcontroluce.it
http://padovacultura.padovanet.it - info 049 8204546

In caso di maltempo l'evento si svolgerà all'interno della Porta

(pagina Facebook: http://www.facebook.com/events/283662701743208/ )



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(english / italiano)

UNITA' E FRATELLANZA

I soldati di tante diverse repubbliche jugoslave si sono ritrovati insieme fianco a fianco... in Afghanistan la scorsa settimana, quando un elicottero dell'esercito croato ha prelevato e portato in salvo 38 di loro, provenienti da Croazia, Macedonia, Montenegro e Bosnia (ed anche alcuni albanesi) per sottrarli all'ira dei locali che protestavano contro il film blasfemo su Maometto. L'operazione di salvataggio da una base di Kabul accerchiata verso un'altra a Bagram è stata compiuta dall'elicottero croato anziché dagli USA, che hanno così evitato di correre il pericolo di un abbattimento per salvare la vita a soldati non statunitensi bensì balcanici, per loro quindi pura carne da macello.

http://www.novinite.com/view_news.php?id=143401

Sofia News Agency - September 20, 2012

Croatian Army Rescues Balkan Soldiers from Afghanistan

A helicopter unit of the Croatian army has rescued 38 beseiged soldiers from different Balkan countries in Afghanistan, writes the Croatian paper Jutarnji List Thursday.
The drama unfolded on Tuesday amidst boiling tensions around the "Innocence of Muslims" film that provoked the ire of Muslims in various countries, who saw it as insulting to the Prophet Mohammed.
The 38 soldiers from Croatia, Macedonia, Montenegro, Bosnia and Herzegovina, and Albania had to be transported from a base in Kabul to Bagram Air Base.
The servicemen were blocked by rioting protesters in their base and the Croatian unit was the only one that was ready to respond, after helicopters from the US and elsewhere were banned from flying in.
...

[source: Stop NATO e-mail list http://groups.yahoo.com/group/stopnato/messages ]




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(un articolo di J. Tkalec sulla crisi in Italia)


ITALIJA: POLITIKA SPALJENE ZEMLJE


Posted by Novi Plamen on September 19, 2012

”Udar na industrijsku kičmu Italije nikada nije bio jači. Neki ekonomisti govore da je situacija usporediva s onom kad je Italija izgubila II svjetski rat i bila poharana od Nijemaca i od bombi. Najveća željezara u toj zemlji, kao i u ovom dijelu Evrope zatvara se s pravom, jer je godinama trovala ne samo svoje radnike nego i građane Taranta, lijepog južnjačkog gradića. U njoj rade tisuće radnika, koji se još nadaju u sanaciju problema i ozdravljenje tog industrijskog giganta, ali sudske odluke su svakog dana sve drastičnije, a tko da se bori protiv permanentnog trovanja ljudi? Radnici nemaju mnogo šta birati: crkavati od zagađenja ili od gubitka posla i izvora sredstava za život nije baš neka dilema…”

piše Jasna Tkalec

Oko rada, radničke klase, intelektualnih radnika odnosno svih onih koji žive od vlastitog rada, a ne od otetog, ukradenog ili opljačkanog bogatstva, vodi se politika spaljene zemlje. To je poznata ratna taktika, a primjenjivali su je nacisti u Sovjeskom Savezu i svugdje gdje je bio jak pokret otpora, kako bi se onima koji ne poginu od napada, oduzela svaka šansa preživljavanja. Osujetiti postojanje boraca na tom području i onemogućiti borbu. Baš to se ovih dana događa talijanskim radnicima i samoj Italiji. Uništiti industrijski i radni potencijal neke zemlje znači uništiti tu zemlju i to za više genracija.
Monti i njegovi ministri mogu govoriti što hoće – da spasavaju zemlju od bankrota ili da ista ne dođe u poziciju Grčke ili Španije: kad više ne bude u zemlji rada i radnog krvotoka, kolanja proizvoda kroz industrijsku mrežu zemlje, zar će se  zemlja «spasiti» propasti, čak i ako agencije za «rating» budu zadovoljene?
Udar na industrijsku kičmu Italije nikada nije bio jači. Neki ekonomisti govore da je situacija usporediva s onom kad je Italija izgubila II svjetski rat i bila poharana od Nijemaca i od bombi. Najveća željezara u toj zemlji, kao i u ovom dijelu Evrope zatvara se s pravom, jer je godinama trovala ne samo svoje radnike nego i građane Taranta, lijepog južnjačkog gradića. U njoj rade tisuće radnika, koji se još nadaju u sanaciju problema i ozdravljenje tog industrijskog giganta, ali sudske odluke su svakog dana sve drastičnije, a tko da se bori protiv permanentnog trovanja ljudi? Radnici nemaju mnogo šta birati: crkavati od zagađenja ili od gubitka posla i izvora sredstava za život nije baš neka dilema… Istovremeno štrajkaju posljednji rudari u zemlji, kopači ugljena na Sardiniji, jer taj nije nikome više potrban. Sišli su i u jame na dubini od 400 metara ispod zemlje i prijete da će tamo ostati, dok se ne pronađe neko rješenje, ali izlaz iz situacije nije na pomolu, a oni s dinamitom u jamama, ipak će morat odustati i izići na površinu kao «suvišni ljudski materijal». Još je gora priča s tvornicom Alcoa na istom otoku, koja je proizvodila aluminij, strateški materijal, za jednu američku multinacionalnu firmu. Ali multinacionalka gubi novac, firma nije više rentabilna, nju se sudbina sardinskih radnika ne tiče. Firma odlazi tamo gdje će proizvodnja – od energije do ljudskog rada – biti jeftinija. Talijanska država, jer je u više navrata pokušavala da održi fabriku otvorenom, davala velike pozajmice firmi, još je oglobljena od EU,  budući da po liberalno-liberističkoj ideologiji, koja prevladava u toj evropskoj nad-državi u nastajanju, državi dopušteno isključivo donošenje zakona koji omogućuju slobodu poslovanja firmi, no ona se nikako ne smije miješati u rad i ili novčano pomagati poduzeća. Stoga je državi Italiji, kao i za premašenu proizvodnju mlijeka prije nekoliko godina, od strane EU naplaćena masna globa.

Maleno nije lijepo
A kako ni jedna nevolja ne dolazi sama, odjednom je došao u pitanje ne samo rad FIAT-ovih sukurzala na jugu zemlje, nego i rad i život matične fabrike automobila u Torinu. I ona se bori za vlastiti opstanak. U krizi se automobili malo kupuju, FIAT-ovi automobili se nikako ne prodaju, tvornica svaki dan stvara gubitke, a njen slavom ovjenčani manager Marchion jednostavno izjavljuje kako on ne može raditi gubeći novac, pa suvremenom Lingottu, ogromnom FIAT-ovom postrojenju u Torinu, koje je kroz cijelo dvadeseto stoljeće imalo ulogu protagoniste na  historijskoj sceni razvoja zemlje – naročito krajem pedesetih i šezdesetih godina minulog vijeka, kad se na sjever preselila sva radna snaga s juga zemlje – prijeti neslavan kraj. Postupno zatvaranje, ako ne i potpuni krah. Već se zatvorilo niz pratećih tvornica, koje su izrađivale izvjesne unutarnje dijelove automobila, pa su očajni radnici stalno na cesti, penju se na tornjeve ili se polijevaju benzinom i prijete da će se zapaliti, no ni to ne pomaže. Pokoji nesretnik, koji je to učinio, preminuo je u bolnici i oko toga ni mediji nisu dizali previše galame. Tim prije što primat smrtnih slučajeva nemaju nesreće na radu, sramno učestale u Italiji, već samoubojstva sitnih poduzetnika, vlasnika mikroindustrije sa sjevera zemlje, koja ipak čini 85% industrijskog tkiva zemlje. To su nevelike fabričice, koje su se razvijale kroz nekolikogeneracija, a koje ne mogu preživjeti krizu, jer su daleko neotpornije od krupnijih industrijskih pogona. U tome se Italija razlikuje od Francuske, čiji je najveći dio industrije u vlasništvu velikih kompanija. One kad zaglave uzrokuju ozbiljne nesreće, ali zaglavljuju teže. Porodične fabrike u krizi krahiraju i umiru kao muhe pred zimu, poričući nekadašnji razvikani slogan: «Maleno je lijepo». U prošlim vremenima te su manufakturne industrije, s velikim brojem vrlo marljivih i visoko osposobljenih zanatskih radnika, bile kupovane od strane velike industrije, naročito u sektoru prehrabenih proizvoda. Pa je fabriku vrlo cijenjene «nutelle» (marmelade od lješnjaka») Ferrero «pojela» poznata fabrika čokolade, sladoledarnice preuzela Nestle itd. Međutim industriju precizne mehanike nema tko kupi – u tom vidu nju više nitko ne treba. Visoka i stalno sve savršenija tehnologija preuzima ljudski rad i vještine ljudskih ruku. Čak je u Brazilu, koji je imao vrlo jeftinu radnu snagu, u automobilskoj industriji odavna primjećeno kako se rad mašina daleko više isplati od najjeftinijeg ljudskog rada. Zato se pomor fabričica i pogona nastavlja, a bez posla ostaju ne samo nekvalificirani ili nisko kvalificirani radnici, koji po mišljenju sadašnje vlade isuviše «emotivno» reagiraju, već i kognitivni radnici, visoko tehnološki obrazovana radna snaga, koja se bavi softwerima i sličnim.
Fabrika Nokia zatvara vlastiti pogon. Zapošljava isključivo inžinjere, stručnjake za elektroniku, njih nekoliko stotina. No firma namjerava izmjestiti fabriku u Portugal ili u istočnu Evropu. Inženjerima je jednostavno kazala: ukoliko sami dadnete otkaz, dobit ćete otpremninu. Ukoliko ne, dobit ćete otkaz, a za otpremninu se tužite na sudu… pa ako je dobijete… kroz kojih desetak godina… možda će se stvar riješiti. Čini se da je pogon Siemensa u južnoj Italiji izmislio daleko bolji način: odjednom je kazao svim zaposlenima uMessini na Siciliji (također tako zvanoj «kognitivnoj radnoj  snazi» t-tehničkoj inteligenciji) da za 10 dana moraju svi do jednog doći u Milano, u novi pogon pokraj željezničke stanice Lambrate. Tko ne dođe – gotovo je – ostaje bez posla. Kako u toj tvornici rade mnogi zaposleni po posebnom članu radnom zakonodavstva, koji favorizira osobe s invaliditetom ili kronično bolesne osobe, odnosno one koje imaju takve članove u porodici to je još ovakvo naglo premještanje još manje izvedivo, pogotovo ukoliko se uzme u obzir da je cijena stana u Milanu i do deset puta viša no u Messini. Zaposleni smatraju da se jednostavno radi o «kamufliranim otpuštanjima». Izmislim uvjet koji je za zaposlene neispunjuiv, pa ih zatim otpustim, jer nisu udovoljili zadanom uslovu. Jasno, čitavi advokatski timovi, koji se bave radnim ugovorima, upošljavanjem i otpuštanjem s gledišta profita poslodavaca i gazda, usavršili su «finte» obračunavanja sa zaposlenima… odnosno kako da ih se što prije riješe, kad im više ne trebaju, uz najmanji mogući trošak. To je pollitika «spaljene zemlje», koja je tim žešća što se svim silama nastoje izbaciti iz igre sindikati. Marchion je u FIAT-u zabranio sindikate: raspisao je referendum, koji je svaki radnik morao pojedinačno «izglasati», odnosno izjasniti se i potpisati, da pristaje na ovu točku radnog ugovora. Radnici su pognuli glave i potpisivali. Petoricu radnika najborbenijeg sindikata metalskih radnika, FIOM-a, jednostavno je izbacio s posla. Ni nakon sudske odluke FIAT-ova tvornica ih nije htjela ponovo uzeti na rad. Pustila ih je u pogone tek prije kojih mjesec dana, na osnovu odluke Vrhovnog suda. Izgleda da im je sreća i radost bila kratkog vijeka, jer će se pogoni u koje su ipak primljeni zatvoriti, a radnici FIAT-a i pratećih industrija definitivno mogu definitivno ostati bez posla.

Ne dajte da vas zavedu!
Osim ogromne ljudske tragedije, jer svi ti ljudi imaju porodice i djecu, to je kolosalno upropaštavanje stečenih vještina i znanja. Te hiljade inžinjera, specijaliziranih radnika ili radnika u pogonima posjedovali su znanje i vještine, koja nisu stekli u jedan dan. Za ovladavanje njima proliveno je mnogo znoja.  Koga to briga? Upotrebljena roba odlazi na odlagališta smeća. No šta uraditi s odlagalištima ljudi? S ljudima koji su postali višak i čija znanja treba baciti u smeće? Koliko će vještina, znanja, radnih sposobnosti i života ljudi poropasti zbog ove radne katastrofe zemlje? Kamo će ljudi, i najviše obrazovani, ukoliko su prevalili pedesetu? Njiih više nitko neće, a u Evropi i nemaju kud. Sindikati više nisu u stanju da ih brane, a Fornero, ministarka rada u novoj vladi, izjavljuje kako je rad privilegija, a ne nužno pravo, iako u ustavu zemlje piše upravo suprotno. Za privredni debakl zemlje Monti optužuje (kao zastarjelu i prevazeđenu, dakle kočnicu razvoja) Povelju o radnim pravima, koja je smatrana jednom od velikih civilizacijskih i radnih dostignuća. Sad sve to lijepo treba odbacutu i poreći, zalupiti vrata prošlosti i krenuti… kamo? Politika spaljene zemlje imala je za cilj da uništi otpor. Čini se da nije uspijevala, čak ni nacistima.
Masovno otpuštanje radnika, zatvaranje proizvodnih pogona, lomljenje proizvodnih snaga zemlje u cilju vrhovnog diktata tržišta odnosno kapitala na kraju krajeva ugrozit će, sasvim sigurno, i sam taj kapital. No ne znači da neće slomiti mnoge živote. I sama ideja o nepotrebnosti ljudskog rada i o neprikosnovenom komandnom položaju i apsolutnoj supremaciji tržišta, jednako je glupa i zločinačka, koliko i ideja o supremaciji rasa. No ovu bi se danas malo tko usudio braniti, dok je ona o tržišnoj supremaciji stekla popriličan broj pristaša. Prijevarne riječi i pohvalne nakane uglađene evropske birokracije i i librerala-liberista ne jamče sretan rasplet. Iza njih se kriju brutalne politike uništavanja ljudskog rada i ljudskog dostojanstva. Ne dajte da vas zavedu!


Da: comitatocontrolaguerramilano <comitatocontrolaguerramilano@...>
Data: 19 settembre 2012 19.59.40 GMT+02.00
Oggetto: I: ATTENZIONE LA MANIFESTAZIONE DI DOMANI E' SPOSTATA IN PIAZZA FONTANA ORE 18



ATTENZIONE!!! IL PRESIDIO E' STATO SPOSTATO IN PIAZZA FONTANA!!!!!

GIOVEDI' 20 settembre 2012 - ORE 18.00
PRESIDIO-MANIFESTAZIONE
GIÙ LE MANI DALLA SIRIA!
MILANO - PIAZZA FONTANA
"L'Italia ripudia la guerra come strumento d'offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali."
Costituzione della Repubblica Italiana - Art.11


Il Comitato contro la guerra Milano invita tutti i sostenitori del popolo siriano ad unirsi in una protesta forte e urgente per far sentire la propria voce in difesa della sovranità e dell'indipendenza siriana. Stanno continuando a giungere le adesioni di comitati e associazioni, alcune di carattere nazionale, all'iniziativa che vuole riaffermare il dettato costituzionale dell'articolo 11.

Poiché uomini italiani stanno agendo da tempo sul terreno siriano, così come nelle ultime ore sta emergendo anche attraverso trasmissioni televisive, il Comitato contro la guerra di Milano vuole dire con chiarezza al Governo che, con la violazione ormai evidente della sovranità della Siria, nessuna ipotesi ulteriore di escalation come la "no fly zone" può essere esaminata, senza doverla considerare un vero e proprio atto di guerra. Se a ciò si aggiunge che la signora Fornero ha invitato i disabili a farsi l'assicurazione privata, se si pensa alla questione degli esodati, se insomma si considera la situazione complessiva del nostro paese, si può ragionevolmente ritenere che, con disinvoltura, siamo già all'interno del conflitto siriano attraverso l'appoggio nascosto che stiamo dando ad una parte dei belligeranti, e naturalmente molti non ne sono al corrente. È qui che si inserisce la parola d'ordine:

NON UN SOLDO PER LA GUERRA! GIÙ LE MANI DALLA SIRIA!

A fronte della pretesa mancanza di risorse vogliamo dire al governo di rinunciare alle idee di guerra di aggressione che si sentono già ventilare.

Noi lo faremo, insieme ai numerosi cittadini e organizzazioni che stanno aderendo al nostro appello, con il presidio-manifestazione di giovedì 20 settembre alle ore 18.00 in piazza FONTANA a Milano.

Per info e adesioni: comitatocontrolaguerramilano@... - http://comitatocontrolaguerramilano.blogspot.it/ -

cell. 3383899559


Rete No War saluta ed appoggia il presidio organizzato dal Comitato contro la guerra di Milano

Comunicato

È inammissibile e gravissimo che il mondo, soprattutto quello del pacifismo e di gran parte della sinistra, tentenni, fino all'immobilismo, di fronte ad una vera e propria invasione in atto in Siria - Paese sovrano - ad opera di forze straniere per nulla interessate alle sorti del popolo siriano, alla sua autodeterminazione, o alle sue richieste di maggiore democraticità.

Ci sono tanti modi per insanguinare un Paese. La guerra in Siria c'è già: l'ingerenza esterna da parte delle potenze occidentali e petromonarchiche hanno alimentato una devastante guerra per procura, con la fornitura di finanziamenti, armi, combattenti, consiglieri e appoggio diplomatico.Wikileaks ha messo in luce la presenza in Siria della quinta colonna USA diretta a destabilizzare e provocare la crisi del regime di Assad, già molti anni prima della cosiddetta Primavera araba.

Non stiamo negando l'esistenza in Siria di proteste popolari pacifiche iniziate nel 2011. Ma per capire le reazioni del governo siriano a quelle proteste, bisogna comprendere il contesto di destabilizzazione pluriennale in cui doveva agire.

I grandi media occidentali, per mesi e mesi hanno taciuto sulla presenza di guerriglieri armati mescolati tra le folle pacifiche, dipingendo un regime cruento che si accanisce sul suo stesso popolo. Cosi, ancora una volta i cittadini dell'Occidente si sarebbero convinti che bisognava intervenire per fermare il massacro.

Oggi quelle milizie anti-regime, in gran parte straniere, così imponenti da travolgere e surclassare l'opposizione pacifica siriana, ha trascinato il Paese in una guerra civile in cui nessuno sa, nemmeno l'ONU, quanti morti siano da addebitare all'esercito siriano e quanti ai ribelli armati.

La cultura della guerra non cerca la verità ma solo pretesti per poter procedere con il beneplacito di quelle forze politiche e sociali che tradizionalmente si mobilitavano per la pace e contro l'imperialismo.

Noi di Rete No War siamo impegnati in un lavoro che vuole smontare le menzogne e mettere in luce le omissioni dei grandi media, funzionali ad ogni intervento di guerra.

Sulla Siria, spingiamo affinché l'Italia ed il resto del mondo ascolti e sostenga il movimento di riconciliazione dal basso"Mussalaha", nato spontaneamente dalla società civile siriana e dal suo bisogno assoluto di pace. Mussalaha non accetta che il suo Paese venga dilaniato da una guerra confessionale e smembrato al suo interno. Vuole essere un tentativo del tutto siriano che conduca alla pacificazione, unica strada possibile per una pace autentica perché libera da ingerenze e pressioni esterne.

Rete No War saluta ed appoggia il presidio a S. Babila [ il presidio è stato spostato in Piazza Fontana] organizzato dal Comitato contro la guerra, di Milano, e si unisce a tutte le persone, collettivi, movimenti che oggi si trovano insieme in questa Piazza e che ancora credono nei principi di non ingerenza, sovranità territoriale ed autodeterminazione dei popoli come deterrenti imprescindibili della guerra, in ogni sua forma.



L'internazionalismo e la solidarietà fra i popoli sono la nostra arma contro le guerre imperialiste
Giù le mani dalla Siria!
Fuori i fascisti comunque camuffati dalle mobilitazioni antimperialiste!
Denunciamo la complicità e la subalternità della sinistra con l'elmetto !



La Rete dei Comunisti aderisce alla manifestazione "Giù le mani dalla Siria" indetta dal Comitato Contro la Guerra di Milano per il 20 settembre alle ore 18 in piazza San Babila.

Al tempo stesso mettiamo in guardia quanti si oppongono all'aggressione imperialista contro i popoli del Medio Oriente sull'opera d'infiltrazione delle forze neofasciste.
Forza Nuova, Eurasia, Fronte Sociale Nazionale hanno dato il loro strumentale contributo alla realizzazione della manifestazione sulla Siria il 20 settembre a Roma in piazza Montecitorio, insieme a parti della Comunità Siriana che vogliamo credere all'oscuro dell'appartenenza neofascista di alcuni oratori.
Quella dei neofascisti è un'operazione che distorce la realtà siriana e fornisce ulteriori elementi ai detrattori della mobilitazione contro l'aggressione al popolo siriano e del fronte di resistenza antimperialista.

Sosteniamo l'impegno del Comitato Contro la Guerra di Milano, che risponde all'appello "Giù le mani dalla Siria", firmato da oltre 40 strutture e organizzazioni della sinistra di classe e del pacifismo più coerentemente indipendente dal centro sinistra.
Come Rete dei Comunisti rilanciamo l'invito a partecipare alla riunione nazionale del 30 settembre a Roma in via Giolitti 231 alle ore 10, riunione che vuole essere un momento di confronto tra le diverse strutture che condividono l'appello "Giù le mani dalla Siria" rispetto allo scenario di guerra del Mediterraneo.


E' ormai evidente che la crisi economica sta incrementando la competizione all'interno e all'esterno delle aree valutarie europea e statunitense, delocalizzando la guerra e lo scontro nelle periferie produttive.
Il Mediterraneo, così strategico, è oggi uno dei teatri di questa lotta per l'accaparramento e il pieno sfruttamento delle risorse. In questo scenario si sono inserite le monarchie del Gulf Cooperation Council, Qatar, Oman e Arabia Saudita, che hanno investito i frutti del surplus petrolifero proprio nelle economie dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
Questo ha dato vita ad un processo che nel corso degli anni ha visto crescere e consolidarsi interessi economici e politici, tra le borghesie islamiche locali e i finanziatori di Riad, del Qatar, di Londra, di Roma e di Washington.
L'Islam politico rappresenta, in Tunisia, in Egitto e in Turchia, l'egemonia politica della borghesia locale, ognuna con un suo specifico modello di apertura al capitalismo. A entrare nella globalizzazione capitalista è il modello corporativo ed interclassista "islamico", che nega e sopprime le differenze di classe.
Con il discorso tenuto al Cairo il 4 giugno 2009, Obama ha avviato il processo di sdoganamento dell'Islam politico, riconoscendo in primo luogo la Fratellanza Musulmana e segnando la riapertura della storica alleanza con i network islamici che era entrata in crisi con l'invasione NATO dell'Afghanistan e con l'11 settembre.

Ma l'alleanza tra i diversi network islamici sostenuti dalle petromonarchie e gli imperialismi UE e USA è una coalizione conflittuale proprio perché al suo interno convivono interessi coincidenti e divergenze.

Tuttavia questa coalizione in una prima fase è riuscita a raccogliere una serie di significativi successi.
Grazie alla vittoria elettorale islamico sunnita, ha capitalizzato le proteste sociali e politiche delle rivolte arabe in Egitto e Tunisia, ha represso la rivolta popolare nel Bahrein, ha preso il potere a Tripoli, ha espulso dall'agenda politica la Palestina (cosa molto gradita agli USA e a Israele) e ora punta alla destabilizzazione della Siria e dell'Iran.
Questa fase sembrava rilanciare un Islam politico in grado di garantire un quadro politico stabile, utile alle relazioni commerciali e allo sfruttamento di risorse da parte delle imprese straniere.
Ma le proteste sociali e politiche non si sono mai fermate.
Da giugno a settembre di quest'anno, le città tunisine di Sfax, Sidi Buoazid e Monastir sono state percorse da scioperi e manifestazioni in difesa della laicità e contro le politiche economiche del FMI e del governo dell'islamica Al Ennahda. Lo stesso anche in Egitto, dove il governo Morsi si sta scontrando con una serie di scioperi e di proteste da parte di una popolazione che sente drammaticamente il peso della crisi economica.

Sono stati i recenti assalti alle ambasciate occidentali, con l'uccisione dell'ambasciatore statunitense a Bengasi, a rendere più evidente che innanzitutto la situazione è tutt'altro che pacificata; in secondo luogo, c'è un pezzo del network islamico, fortemente radicato nella società, in conflitto aperto con l'imperialismo occidentale; terzo, questo filone islamico "salafita" è in competizione violenta anche con la Fratellanza Musulmana e l'Islam politico moderato.

Lo scontro all'interno dell'alleanza tra imperialismi e Islam politico reazionario non nega la natura neocoloniale delle politiche dell'Unione Europea e degli USA, nè rende meno reazionario il progetto dell'Islam politico sunnita e wahabita.

Sul processo che sta ridisegnando in senso neocoloniale e reazionario l'area del Mediterraneo c'è il silenzio colpevole e complice della sinistra del primo mondo. La sinistra eurocentrica è talmente vile e collusa con le compatibilità del suo imperialismo che o giustifica apertamente gli interventi neocoloniali o lavora alla smobilitazione delle iniziative contro la guerra, dichiarando che non si possono difendere le dittature….. scomode all'occidente.

Questa complicità, o nel migliore dei casi subalternità, consente al governo Monti, attraverso il suo Ministro degli Esteri Terzi, di avere una politica aggressiva non solo contro la Siria e l'Iran ma contro i paesi che confliggono con gli interessi dell'UE.

Compagni,
nel momento in cui la competizione internazionale cresce, e le tensioni nel Mediterraneo sono una drammatica conferma, la classe dirigente italiana spinge per inserire sempre di più l'Italia nei meccanismi della NATO e del nascente esercito europeo, per giocare un ruolo da protagonista nella competizione internazionale; rilanciare la lotta contro la NATO e contro le aggressioni imperialiste è sempre più necessario.

La Rete dei Comunisti
www.retedeicomunisti.org

www.contropiano.org