Informazione

(EN FRANCAIS : 
Comment le parti de la guerre mondiale embrigade les ONG pour la guerre
ONG : De l’aide à la collaboration 
par German Foreign Policy - 27 JUILLET 2007
AUF DEUTSCH:
Von Helfern zu Kollaborateuren 
GFP - 01.07.2007




www.resistenze.org - osservatorio - europa - politica e società - 08-11-07 - n. 202

da Voltairenet

  

ONG: dall’aiuto alla collaborazione

   


Come il partito della guerra arruola le organizzazioni non governative

 

German Foreign Policy

 

Il governo di Berlino ha utilizzato la sua presidenza del Consiglio d’Europa, che è scaduta il 30 giugno, per integrare le ONG nella politica militare europea. Ciò emerge dai documenti di lavoro del ministero degli Affari Esteri e della Fondazione Bertelsmann. Le ONG (organizzazioni non governative) sono associate ai servizi dello Stato da sovvenzioni; l’obiettivo è quello di far accompagnare le operazioni militari all’estero dall’aiuto civile e umanitario. Il risultato è che la distinzione tra le forze militari di occupazione e i membri delle organizzazioni di soccorso viene cancellata. Ciò si giustificherebbe con gli attacchi crescenti contro i collaboratori delle ONG umanitarie nei territori occupati, che si concludono sempre più spesso con dei morti: 83 volte l’anno scorso. Berlino e Bruxelles utilizzano il pericolo crescente corso dalle ONG, per farle partecipare a un “sistema mondiale di informazione sulla sicurezza”. Esso servirebbe a mettere a disposizione dell’esercito, in modo sistematico, le informazioni captate tra i civili. I rappresentanti di grandi ONG hanno criticato aspramente questa strumentalizzazione da parte dei governi.

 

La priorità

 

L’integrazione delle ONG nella politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) è di primaria importanza per Berlino, come apprendiamo da un documento del ministero degli Affari Esteri che informa sulle conferenze, sulla cooperazione tra le istituzioni dell’UE e le organizzazioni non governative. Durante la presidenza tedesca, hanno avuto luogo a Bruxelles cinque incontri, nel corso dei quali alcuni servizi dell’UE hanno discusso con collaboratori superiori delle ONG (“field experts”) su come le loro organizzazioni potrebbero essere integrate nel più breve tempo possibile nella pianificazione e nella realizzazione di missioni PESD. Da tempo, Bruxelles dispone di un comitato speciale per il ricongiungimento alle istituzioni delle ONG (“Committee for the Civilian Aspects of Crisis Management – Civ-Com”). Esso ha il compito di analizzare gli “aspetti civili” della “gestione delle crisi” militari [1].

 

Gli strumenti

 

Un ruolo decisivo è affidato alle ONG europee nella creazione e trasformazione della polizia e della giustizia nei territori attuali e futuri oggetto di intervento dell’UE. In quanto “Global player” Bruxelles disporrebbe di una molteplicità di strumenti in materia di politica, di sviluppo e di sicurezza (“political, developmental and security tools”) per “riformare i settori della sicurezza” in seno agli stati coinvolti, come si è potuto apprendere durante un congresso organizzato dal ministero degli Affari esteri e dalla Fondazione Bertelsmann (“Partners in Conflict Prevention and Crisis Management: EU and NGO Cooperation”). Le ONG devono cooperare alle misure per la formazione del personale (“training”) e la formazione della coscienza pubblica (“awareness-raising”); perché è unicamente in questo modo che possono essere create autorità giudiziarie e di polizia “affidabili” (“Transitional Justice”) [2].

 

L’esperienza

 

Tra le questioni principali trattate nel corso di questo congresso di Berlino, troviamo anche le missioni di polizia e dell’UE in Afghanistan, in Kosovo, nella Repubblica Democratica del Congo, in Palestina e in Bosnia-Erzegovina. Le ONG partecipanti, tra cui Swisspeace e Amnesty International sono state per prima cosa “informate” in merito all’ “utilità” degli interventi dell’UE da rappresentanti del ministero degli Affari Esteri e del European Peacebuilding Liaison Office (EPLO), una piattaforma europea di ONG. In seguito, i rappresentanti delle ONG hanno avuto la possibilità di trasmettere agli organizzatori del congresso la loro conoscenza degli stati oggetto della discussione e delle situazioni specifiche dei conflitti che vi si svolgono (“conflict settings”). Secondo gli organizzatori - ai fini della selezione mirata e della preparazione dei rappresentanti delle ONG – viene attribuita la massima importanza alle informazioni trasmesse [3]. L’utilizzo delle conoscenze delle ONG, che possono contare sulla confidenza delle popolazione dei territori occupati, è uno degli elementi più importanti di questa collaborazione. Ecco perché i rappresentanti delle ONG sono stati invitati ad un’altra conferenza internazionale (dal titolo “Pace e Giustizia”) che il ministero degli Affari Esteri ha organizzato nei primi giorni di luglio, per discutere in particolare della “riforma del settore della sicurezza”. Il criterio per la selezione delle ONG è stato “l’importanza delle loro conoscenze”.

 

Gli informatori

 

Già oggi, numerose ONG sono informatori diretti per le operazioni militari. Trasmettono dati sulla situazione attuale della sicurezza, raccolti nelle regioni straniere in cui si interviene, al sistema elettronico “Safety Information Reporting Service” (SIRS). La banca dati è stata elaborata dai gruppi leader dell’informatica (Microsoft, Yahoo) su richiesta della “Crisis Management Iniziative” (CMI) dell’emissario speciale dell’ONU per il Kosovo., Martti Ahtisaari. A questa banca dati hanno accesso dal 2005 le ONG e i militari [4].

 

Utilizzo a lungo termine

 

Il ministero degli Affari Esteri e la Fondazione Bertelsmann esigono che l’UE predisponga strumenti utilizzabili nel lungo periodo presso quelle ONG che godono dei suoi finanziamenti più importanti. Occorrerebbe allora nominare degli “ufficiali di collegamento per le ONG” in seno alla Commissione Europea, per essere in grado – durante le operazioni militari – di approfittare in ogni momento delle conoscenze degli informatori non governativi. Inoltre, le ONG dovrebbero essere censite e giudicate in base a criteri di utilità per il governo (“mapping and ranking”), per garantire in ogni possibile scenario di intervento, la scelta del “partner migliore” [5].

 

Complementari all’esercito

 

A parere di Pierre Micheletti, direttore dell’organizzazione umanitaria internazionale “Médecins du Monde”, la dipendenza dai mezzi finanziari dell’UE spinge già attualmente molte ONG a “partecipare a programmi che le trasformano in autentici prestatori di servizi per così dire strategicamente complementari all’esercito”. Di conseguenza, le ONG vengono identificate con le truppe di intervento dei loro paesi di origine e dichiarate obiettivo militare legittimo da parte degli oppositori dell’occupazione. Nel 2006 ciò è costato la vita a 83 umanitari e, secondo Micheletti, tale cifra corrisponde “al triplo del numero dei soldati uccisi nel corso di missioni di pace dell’ONU”. Il direttore di “Médecins du Monde” mette in guardia contro la “costante apparizione insieme di soldati e umanitari” che trasforma in modo definitivo e irreversibile l’immagine delle ONG. “Se l’accostamento [...] tra interessi e apparenze si radicasse nel senso comune, tutta la logica dell’aiuto “senza frontiere” sarebbe messa in discussione” [6]: gli umanitari diverrebbero dei collaborazionisti.

 

German Foreign Policy

 


[1] European Peacebuilding Liaison Office/Crisis Management Iniziative/Bertelsmann Stiftung: Partners in Conflict Prevention and Crisis Management. EU and NGO Cooperation, Federal Foreign Office, Berlin 20 – 21/6/07. Conference Backround Papers
[2] Ibid.
[3] International Conference “Building a Future on Peace and Justice”, Nuremberg 25 – 27/6/07; www.peace-justice-conference.info
[4] Crisis Management Initiative ; Launching SIRS : The Safety Information Reporting Service.

[5] European Peacebuilding Liaison Office/Crisis Management Initiative/Bertelsmann Stiftung, loc. cit.

[6] Pierre Micheletti : Schutzlose Helfer ; Le Monde diplomatique du 8/6/07

 

Traduzione dal francese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

 



G.A.MA.DI. La VOCE
C.I.S.I.S.

a TeleAmbiente (canale 68 a Roma e nel Lazio)

Sabato 17/11/2007 ore 22
Domenica 18/11/2007 ore 07

OPERAZIONE BALCANI
Privatizzazione della propaganda e degli eserciti

con

IVAN PAVICEVAC
del Direttivo del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS

In studio
Miriam Pellegrini Ferri

---

sul testo di Jörg Becker e Mira Beham
"Operation Balkan - Werbung für Krieg und Tod"
Baden-Baden 2006 (Nomos Verlag) - 130 Seiten - 17,90 Euro - ISBN
3-8329-1900-7
si veda la sintesi in lingua italiana:

« Operazione Balcani» :
privatizzazione della propaganda e degli eserciti

(Traduzione dal francese di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di
Padova)

alla pagina: https://www.cnj.it/documentazione/beckerbeham.htm



Capitalism brought misery, not freedom

Mass protests shake former Soviet republic

By Heather Cottin 
Published Nov 15, 2007 9:01 PM


In Georgia, a former republic of the Soviet Union, President Mikheil Saakashvili sent riot police to shut down the main television stations in the capital city of Tbilisi on Nov. 7. On the following day, he imposed a state of emergency.

This came after days of protests against the regime. Tens of thousands gathered throughout the capital to protest the abysmal social and economic conditions that are destroying their country. Acting as a dictator, Saakashvili issued an emergency decree abolishing all civil liberties. His ruling restricted dissemination of information, demonstrations and strikes.

With clubs, water cannons, rubber bullets and tear gas, riot police bloodied and jailed hundreds for violating the emergency decree. “These people are fascists,” one protester said. (London Times, Nov. 7)

However, the Bush administration considers Georgia a great democracy. When Saakashvili clamped down there, Washington merely raised its eyebrows. Saakashvili assured his friends that the restrictions would last only a fortnight, but then changed his mind and decided to extend the repression as long as “the Georgian government deemed it necessary.” Saakashvili blamed the protests on Russians, extending the emergency decree indefinitely.

Georgia is Washington’s closest ally in the Caucasus, a mountainous region south of Russia that has enormous economic resources. Four years ago, the United States helped create what was called the “Rose Revolution” in Georgia. Intelligence assets, including the National Endowment for Democracy, funded a takeover of the nation that mirrored the pro-U.S., pro-NATO governments these same forces had helped establish in Yugoslavia in 2002 and the Ukraine in 2003. When Saakashvili took power, his great revolutionary act was to enable the complete privatization of the Georgian economy and bring it more rapidly into the U.S. and Western sphere.

Georgia’s geographical situation made it a perfect conduit for the pipelines that Western corporations require to transport the oil and natural gas of the Caspian basin through Georgia to Western Europe.

British Petroleum, Chevron and Atlantic Richfield are developing oil fields near Baku in the Caspian Sea. They helped build the Baku-Tbilisi-Ceyhan pipeline from the Caspian through Georgia to Turkey. It has been moving thousands of gallons of oil per day since it opened in 2006. The World Bank helped build an oil terminus on the Black Sea in Georgia. The Baku-Tbilisi-Erzurum gas pipeline is under construction, at the cost of the beautiful environment and national parks near the Black Sea, which have been ruined.

Since the end of the Soviet Republic of Georgia, conditions for ordinary people have deteriorated. In the last decade, over one-fifth of the 4 million Georgians have emigrated, mostly to Russia, and are sending home remittances to poor relatives remaining in their homeland. Even the CIA World Factbook says that 54 percent of the people lived below the poverty line in 2001. Life expectancy has fallen precipitously, partly because health care has been privatized. (Mzia Shelia, Tbilisi State University)

Georgia’s industrial output has significantly declined. In 2001, 48 percent of the GDP came from industrial production; today it is only 12 percent. Unemployment immobilizes 50 percent to 65 percent of the able-bodied population. The authorities have dismissed masses of employees in the system of education, closing free schools and kindergartens and firing more than 800 Tbilisi University professors and lecturers. (Aleksander B. Krylov, Strategic Culture Foundation, Nov. 11)

George W. Bush calls Georgia a democracy, but its parliament rubber stamps whatever Saakashvili proposes, while the courts act to quash opposition and dissidents.

When socialism was abolished in Georgia, factories that had formerly employed hundreds of thousands were closed. What the “rose revolutionaries” called “liberal reforms” boiled down to predictable sell-offs of state property. Some became millionaires and corruption and graft flourished while the social and economic conditions of the majority of the population declined.

On the day before Saakashvili announced the state of emergency, the Georgian parliament voted to allocate two-thirds of its budget for military spending (Civil Georgia, Nov. 6), something the people could ill afford. Saakashvili’s government is a willing market for U.S. weapons manufacturers.

This is why the population is so angry.

Georgia, not yet in NATO, is sending hundreds of soldiers into the NATO armies in Afghanistan and into the Iraq War. In the past 10 years Washington has paid for the training and equipping of Georgian frontier guards and the setting up of “anti-terror” units, some of which have been dispatched to Iraq and Afghanistan. (Krylov)

There is widespread opposition to these wars among Georgians. Georgia once fed, housed, clothed, educated and cared for its citizens. Now homeless children beg in the streets of Tbilisi and thousands of impoverished women are lured into the international sex trade. (BBC News, March 29, 2002)

Saakashvili has stopped all agricultural commerce with Russia, causing farm failures and widespread migration. While Georgia was once called the breadbasket of the Soviet Union, its farmers now suffer the worst poverty in the country.

Now that the Soviet Union is out of the way, U.S. corporations have their sights set on the fabulous natural resources of Eurasia. This does not sit well with Iran, Russia or China. NATO militarism is encircling the region and Washington needs Saakashvili. NATO and the U.S. won’t desert him unless they have some other puppet ready to follow their program.



Articles copyright 1995-2007 Workers World. Verbatim copying and distribution of this entire article is permitted in any medium without royalty provided this notice is preserved. 

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Democratici xenofobi eccezionali

di Maurizio Donato*

su Contropiano del 16/11/2007

* docente dell'università di Teramo da www.contropiano.org


Il decreto presidenziale del 1 novembre 2007 sull’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza è l’ennesimo provvedimento di emergenza firmato in questi anni da un presidente della repubblica e dal capo del governo con i suoi ministri. La genericità del contenuto del decreto, e quindi il pericoloso arbitrio che ne deriva, è evidente da una semplice lettura del testo: “i motivi di pubblica sicurezza [che giustificherebbero l’allontanamento] sono imperativi quando il cittadino dell’Unione o un suo familiare [sottolineatura mia] abbia tenuto comportamenti che compromettono la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona umana ovvero l’incolumità pubblica, rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l’ordinaria convivenza”. La violazione del divieto di reingresso viene trasformata da contravvenzione in delitto e punita con la reclusione fino a tre anni. La ragione della trasformazione di un disegno di legge in decreto sta nella “straordinaria necessità ed urgenza di introdurre disposizioni volte a consentire l’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti la cui presenza contrasti con esigenze imperative di pubblica sicurezza”

I rumeni. I rom.

Ancora una volta, stiamo assistendo alla costruzione di un capro espiatorio utile a placare l’ossessione securitaria alimentata da campagne politiche e di stampa irresponsabili e xenofobe. Da quando la Romania è entrata ufficialmente nell’UE migliaia di romeni sono entrati in Italia. Da quando la Romania è entrata in Europa migliaia di lavoratori rumeni sono minacciati di licenziamento da imprenditori italiani perché il salario rumeno è arrivato a duecento cinquanta euro al mese. Delocalizzano la produzione in Moldavia, adesso, dove si lavora per settantacinque euro al mese, ma anche quaranta. 

E’ la libertà di movimento ad essere messa in discussione, uno dei pilastri del pensiero liberale, una libertà sempre garantita per i capitali, un po’ meno per le merci, solo a condizioni illegali o comunque restrittive per le persone. E qui non si tratta “nemmeno” di “extracomunitari” ma proprio di cittadini europei, evidentemente di serie B. L’Europa non solo fortezza ma pure attraversata al suo interno da nuovi e vecchi confini.

L’Europa ci campa sugli immigrati. Gli industriali e i banchieri in primo luogo, come è ovvio, ma non solo loro. Sul loro lavoro, a partire dai cantieri edili fino ai lavori di cura, sul loro salario inferiore a quello già basso dei lavoratori italiani.

Non fanno paura gli immigrati quando lavorano a bassi salari, fanno comodo.

La paura è un virus che qualcuno sta spargendo a piene mani tra i soggetti e i suoi sintomi si chiamano separazione, atomizzazione, individualismo. La paura del futuro si trasforma facilmente in paura dei propri compagni di classe vissuti come potenziali concorrenti. Diventa mito l’illusione di una mobilità sociale che si riduce a identificazione, ad ammirazione del comportamento e degli stili di vita di ricchi sempre più costretti a loro volta a rinchiudersi in ghetti per sfuggire all’imitazione e all’onda dei barbari che preme ai confini e dentro le cittadelle blindate del benessere per pochi.

Se è vero che il rapporto di un soggetto con il suo Altro e il desiderio di quest’ultimo è determinante per l’ identità del soggetto, si capisce l’insistenza e la pervasività della battaglia ideologica continua per scardinare l’identità di classe di chi vive del proprio lavoro e dislocare altrove il senso di malessere dei soggetti che pur di non reprimere l’odio lo delocalizzano, come accade al loro lavoro. Così la paura diventa odio e violenza, in primo luogo, come sempre nei periodi bui, contro le donne. 

Il salario è sempre meno in grado di assicurare un livello di vita dignitosa alle persone che vivono di lavoro. E’ questo l’elemento materiale di base della paura, ma se questo è vero in Italia, lo è ancor più nei paesi meno ricchi dell’Italia. E sono la maggioranza questi ultimi. Per la prima volta l’attuale generazione dei giovani sta peggio di quella dei propri genitori. Soprattutto, una quota via via maggiore di forza-lavoro è esuberante, inutile, in eccesso rispetto alle esigenze e alle possibilità di valorizzazione del capitale in circolazione. Ergo, questa forza-lavoro in eccesso deve essere svalorizzata e distrutta. Questa la posta in gioco.

E’ colpa dei lavoratori? O è colpa dei romeni? E’ colpa delle pensioni dei nonni? O è diventata una colpa sopravvivere?

È’ dalla profondità della crisi, dall’impossibilità non solo di assicurare ma nemmeno più di promettere (credibilmente) miglioramenti significativi nelle condizioni di vita delle persone, che ha origine lo slittamento dell’informazione e della politica ufficiali verso una deriva al tempo stesso realmente reazionaria e virtuale in cui temi come il lavoro, la guerra, la salute o scompaiono o vengono giocati per attivare processi di identificazione totalmente scollegati dalle dimensioni reali da cui hanno origine e che attivano pulsioni che hanno a che fare piuttosto con l’immaginario, in cui l’elemento culturale e simbolico diventa decisivo. 

Il ciclo drogato terrorismo – panico – falsa rassicurazione è la modalità normale di funzionamento della comunicazione ufficiale che produce la pubblica opinione. Prima ti terrorizzo, ti spavento a morte con i militanti islamici che si fanno esplodere, con l’orrore dei bambini massacrati, con l’aviaria, con i serial killer, con i rumeni. Quando ne hai abbastanza, ho raggiunto l’effetto di farti desiderare una qualsiasi soluzione purché sia d’emergenza, che dovrebbe significare più efficace di quelle normali. Ovviamente la falsa soluzione non sortisce alcun effetto reale proprio perché l’emergenza non esisteva e tu sei portato a chiedere soluzioni ancora più radicali e così via all’infinito in un circuito emergenziale senza fine e soprattutto senza un senso che non sia la sua stessa alimentazione. Droga pesante.

Lo stato di emergenza, l’eccezione, come preferisce Giorgio Agamben[1], tende a presentarsi come il paradigma di governo dominante nella politica contemporanea, finendo per costituire la regola attorno a cui si costruisce il discorso giuridico e si definisce lo stesso orizzonte della comunicazione. 

Uno stato di emergenza permanente rende col tempo evanescente ogni differenza sostanziale tra democrazia e dittatura. Questa nuova versione della democrazia da esportare con le armi non si sa bene dove ha bisogno, per legittimarsi agli occhi dei sudditi, di pretesti continui da invocare a giustificazione dell’ecce­zione e di capri espiatori utili a scaricare le tensioni accumulate nei periodi di alta instabilità sociale. Fino a ieri il pretesto era il terrorismo che minaccia i diritti uma­ni, i capri espiatori erano i militanti islamici, oggi si scatena una irresponsabile e xenofoba campagna contro i rom. Poi sarà la volta, chissà, dei cinesi. O dei marziani.

Ha detto Walter che a un politico che rilascia dichiarazioni contro i romeni bisognerebbe arrestarlo. Ha detto bene Walter. Zenga.



Care amiche, cari amici
vi allego l'invito ad assistere ad una proiezione di un reportage sul
Kosovo, che si terra' nella sala adiacente alla chiesa serbo-
ortodossa di San Spiridione a Trieste il 29 novembre prossimo alle
ore 19.
Sara' presente Enrico Vigna, presidente della associazione SOS
Yugoslavia di Torino.
Un cordiale saluto
Gilberto Vlaic
Non bombe ma solo caramelle

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KOSOVO BUCO NERO D’EUROPA
A sette anni dai bombardamenti “umanitari” della NATO in Kosovo
regnano il caos, la corruzione e la violenza.


Comunità Religiosa Serbo-Ortodossa di Trieste
Associazione Non bombe ma solo caramelle di Trieste
Associazione SOS Yugoslavia di Torino

VI INVITANO

ad assistere alla proiezione del documentario

KOSOVO 2005
Viaggio nell’apartheid di Europa
Quello che non vogliono che si veda
Quello che non vogliono che si sappia
Reportage di un viaggio di solidarietà nelle enclavi serbe assediate
a cura di E. Vigna – SOS Yugoslavia e Sindacato Samostalni - Kragujevac


Giovedì 29 novembre 2007 alle ore 19
presso la “Sala Risto Skuljevic”
Via Genova 12 Trieste


Most za Beograd – Un ponte per Belgrado in terra di Bari
Associazione culturale di solidarietà con la popolazione jugoslava
 via Abbrescia 97, 70121 BARI - mostzabeograd@... 
CF 93242490725 - conto corrente postale 13087754  - IBAN: IT 86 K 07601 04000 000013087754


L’associazione opera per la diffusione di una cultura critica della guerra e il riavvicinamento tra i popoli con culture, etnie, religioni ed usanze diverse al fine di una equa e pacifica convivenza. Si impegna per la diffusione di un forte senso di solidarietà nei confronti della popolazione jugoslava e degli altri popoli vittime della guerra. Ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
In particolare l’associazione:
- promuove, attraverso raccolte di fondi e donazioni iniziative di solidarietà nei confronti delle vittime della guerra nel campo sanitario, scolastico, alimentare e in ogni altro campo.
- promuove iniziative di sostegno a distanza di bambini jugoslavi
- promuove iniziative di gemellaggio tra enti locali italiani e jugoslavi, tra scuole italiane e jugoslave
- promuove scambi culturali e di amicizia verso il popolo jugoslavo
- promuove iniziative di conoscenza della storia e della cultura jugoslave

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Università degli studi di Bari

Facoltà di lingue e letterature straniere / Facoltà di Scienze politiche


Nell’ambito del corso di Storia dell’Europa orientale
Andrea Catone
presidente dell’associazione Most za Beograd
terrà un seminario sul tema

La Jugoslavia nel XX secolo
 
Facoltà di Lingue
Via Garruba 6
21 e 22 novembre
Ore 17.00, aula A





terza puntata delle presentazioni delle repubbliche jugoslave in collaborazione con Cafevoyage e Chiamamilano: il 27 novembre tocca alla Bosnia!

Quindi, al
Negozio Civico CHIAMAMILANO, Corsia dei Servi 11, MM Duomo-San Babila:
27 Novembre 2007 - ore 18:30
BOSNIA-ERZEGOVINA: dove Oriente e Occidente si incontrano

Moderatore: Ivana KERECKI - Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - Milano
Musica dal vivo - Jovica JOVIC alla fisarmonica
 
STRUTTURA DELL'INCONTRO

18.30   Musica tradizionale dei Balcani e immagini proiettate

18:45   Introduzione della serata e dei relatori da parte del Moderatore

18:50   Saluto da parte del Consolato Generale di Bosnia-Erzegovina
        Dragoljub LJEPOJA - Console Generale della Federazione di Bosnia ed Erzegovina

19.00   "L'immagine della Bosnia-Erzegovina"
        Elena DELL'AGNESE - Università degli Studi Milano Bicocca
           
19.20   "Alla scoperta delle meraviglie della Bosnia-Erzegovina"
        Roberto SABATINI - CAFEVOYAGE

19.40   "La Bosnia-Erzegovina tra passato e futuro"
        Alessandro VITALE - Università degli Studi di Milano

20:00   interventi dal pubblico e dibattito tra i relatori

Al termine del dibattito:
- degustazione di vini della Bosnia-Erzegovina accompagnata da stuzzichini tipici
- musica dal vivo
- illustrazione di stampe antiche raffiguranti le più belle città e i villaggi della Bosnia-Erzegovina






UNABOMBER S'È FATTO LA BUA


(riceviamo e giriamo questa sconvolgente notizia, sostanzialmente censurata dai grandi media italiani come tutte le notizie significative e "scomode".
Sui recenti incidenti occorsi alle truppe di occupazione statunitensi su territorio italiano si veda anche:


"GIOCO PERICOLOSO" DI TRE AVIERI U.S.A.F. A POCHI METRI DA UN CENTRO ABITATO. DUE DI LORO IN GRAVISSIME CONDIZIONI 

 

Polcenigo (PN)
Bomba carta, gravi due avieri americani
Per gioco l’hanno fatta esplodere ieri sera. Uno ha perso una mano, l’altro si è maciullato una gamba - di Susanna Salvador

Due avieri, di 21 e 22 anni, in servizio alla base Usaf di Aviano sono rimasti gravemente feriti ieri sera a Coltura di Polcenigo, a causa dell'esplosione di un ordigno rudimentale. Uno di loro ha perso una mano e rischia l'amputazione anche di parte del braccio. L'altro si è spappolato una gamba. Sono stati ricoverati all'ospedale di Pordenone e le loro condizioni sono considerate gravi. L'incidente è accaduto all'aperto, in un campo di fronte alla chiesa della frazione, vicino alla casa dove i due feriti abitano. Tre militari americani hanno deciso di chiudere la serata facendo esplodere una sorta di bomba carta. Ma quella decisione è costata loro cara. Potrebbero essere stati gli stessi avieri ad aver fabbricato l'ordigno, e ieri notte i carabinieri, giunti sul posto, stavano cercando in un prato - l'area è stata transennata - una borsa che un terzo militare, rimasto illeso, avrebbe gettato al loro arrivo. Spetterà ai carabinieri ora capire cosa sia successo in quella serata durante la quale quella che doveva essere una ragazzata si è trasformata in tragedia”.

La cosiddetta bomba carta evidentemente di “carta” aveva ben poco.

Dopo i “giochi di guerra” dell’8 novembre scorso, costati la vita a sei marines ospiti dell’elicottero Black Hawk UH60 precipitato a 200 metri dall’autostrada A27, il “gioco pericoloso” dei tre avieri U.S.A., i quali evidentemente hanno scambiato il territorio pubblico vicino casa in un poligono di tiro.

Vedremo se l’Arma farà luce sulla borsa gettata via dal terzo aviere illeso o se tutto, come sempre, finirà nel nulla.

Sappiamo bene come spesso vadano a finire i “giochi” di questi militi noti. Fortunatamente nessun abitante del luogo passava in prossimità dell’esplosione.

Siamo sicuri poi che si trattasse di un gioco e non di una esercitazione, come quella nella quale era impegnato l’elicottero caduto rovinosamente sul greto del fiume Piave? Le tattiche di controguerriglia si apprendono meglio se realizzate in reali contesti urbani.

Per quanto ancora dovremo subire l’onta di questi “giochi” di guerra dell’esercito U.S.A. sui nostri territori?

La Rete nazionale Disarmiamoli!

www.disarmiamoli.org  info@...

3381028120  3384014989

 



TRASH-PHILOSOPHIE


(aka: What do two slavs in Warsaw do?
They speak in english with each other)

Lo sloveno Slavoj Žižek a spasso con un polacco per le vie di
Varsavia - video in lingua inglese:

Slavoj Žižek in Warsaw / Slavoj Žižek w Warszawie

http://www.youtube.com/watch?v=pFW1uLgz0d4

...Ecco che cosa fanno dai paesi "slavi". Ci si parla in un pessimo
inglese.
Avessero parlato insieme in sloveno e polacco, si sarebbero capiti
meglio.

Segnaliamo anche:

Slavoj Žižek on toilets and ideology

http://www.youtube.com/watch?v=AwTJXHNP0bg

Sempre Zizek, sulle tipologie di water e di ideologie...


(segnalazioni di DK e AM)

USA E GETTA


Arruolato come spia per conto dell'MI5 britannico, il signor Stankovic, serbo di Croazia, è adesso sotto processo in Inghilterra per non aver ottemperato all'ordine di interrompere qualsiasi contatto con i rappresentanti del suo popolo. Rischia di dover pagare una multa di 500mila sterline.


Former major faces huge bill for failed action


Posted by: "Tim Fenton" 

Sun Nov 11, 2007 7:54 pm (PST)

Some might argue that having acted against the interests of his 
ancestral people he deserves little sympathy. But I prefer to see him 
(as so many of the Serbian diaspora I have met) as fiercely loyal and 
honourable to his adopted home despite their ingratitude, ignorance 
and perfidious sympathies. He is the victim of anti-Serbian hysteria 
which still retains its grip in Britain as well as elsewhere...

If you need reminding of the details, they were given in the House of 
vo990714/debtext/90714-15.htm

http://www.guardian.co.uk/military/story/0,,2208719,00.html

Former major faces huge bill for failed action

Richard Norton-Taylor
Saturday November 10, 2007
The Guardian

A decorated former army officer hailed as a hero for his humanitarian 
work in Bosnia faces a huge legal bill after losing an action for 
damages over his arrest for spying.

Milos Stankovic, who conducted secret talks with Bosnian Serb leaders 
on behalf of Britain and the UN, sued the Ministry of Defence police 
for misconduct, malice, false imprisonment, and negligence. High 
court judge Mr Justice Saunders yesterday described Mr Stankovic as a 
"courageous and resourceful" man who had "suffered the effects of his 
time there more than most". He called the case "very tragic".

Article continues

The judge added: "On a number of occasions, Major Stankovic showed 
considerable heroism in carrying out humanitarian acts in Bosnia 
which had to be conducted in secrecy. These included the rescue of a 
Muslim woman at considerable risk to himself and he was involved in 
an operation called 'Schindler's List' which re-united Bosnians with 
their families."

However, the judge said that though Mr Stankovic was innocent, it was 
understandable that he aroused the suspicions of MI5 and then the 
police. He had brought back confidential papers about his dealings 
with Bosnian Serbs and had maintained informal contact with them, 
despite being told not to.

The judge dismissed his claim against the MoD and police for damages, 
though he said the only thing the army officer had been proved to 
have done wrong was to disobey one direct order.

Mr Stankovic, 44, from Surrey, was a Serbo-Croat interpreter and 
liaison officer with the Bosnian Serbs for senior British army 
officers. He had talks with General Ratko Mladic, commander of the 
Bosnian Serb army, and with aides to Radovan Karadzic, the Bosnian 
Serb leader, both now indicted for war crimes.

The former officer now faces a legal bill unofficially estimated at 
up to £500,000. He had earlier refused an offer of £100,000 to settle 
the case.



CLEPTOCRAZIA


(sulle fortune personali dei boss "politici" kosovaro-albanesi)


MakFax (Macedonia)
October 16, 2007

Pacoli has €420 worth of assets in Kosovo alone

Pristina - The wealthiest candidate for deputy at the parliamentary elections in Kosovo is Bexhet Pacoli, the President of the Alliance for Kosovo, who reported €420 worth of assets in Kosovo alone.

On the other hand, the least wealthy is the Kosovo's President Fatmir Sejdiu, whose assets are estimated at €250.000, Zeri daily reported.

Veton Suroi, the leader of the Reformists, reported €2.5 million worth of assets, while Ramus Haradinaj, the President of the Alliance for Future of Kosovo, has €1.3 million worth of assets.


(Sulle nuove minacce di aggressione NATO contro i serbi, si vedano anche le dichiarazioni del Presidente Napolitano: << il riaccendersi [tra l'altro] di acute contrapposizioni nei Balcani (...) responsabilità alla quale non possiamo sottrarci e che non possiamo, come italiani e come europei, delegare ad altri... >> http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=16038 )




The March to War: NATO Preparing for War with Serbia?

by Mahdi Darius Nazemroaya

Global Research, October 19, 2007


Today in the globalized realm of international relations everything is interlinked. Eurasia is all but a giant jigsaw in name. Two opposite forces are creating a synthesis. This state is a result of the dynamic and static pushes to infiltrate the Eurasian Heartland and those opposed to the American-led drive of infiltration, the Eurasian reactionary outward counter-drive.

A Second Kosovo War Scenario against Serbia: NATO’s Noble Midas 2007

NATO has performed military exercises based on the scenario of a military conflict in an unnamed breakaway province in the Balkans. [1]  The breakaway province is clearly the predominately Albanian inhabited Serbian province of Kosovo. The exercises took place from September 27 till October 12, 2007 in the Adriatic Sea and Croatia according to the NATO Public Information Office in Naples, Italy. [2] The exercise was inaugurated as a “peace enforcement exercise” in the Adriatic Sea. [3]

The problems that have arisen between Kosovar Albanians and Serbia have been problems that have been mostly fueled by NATO powers. In fact the issue of full independence was not a problem between Serbia and the Kosovar Albanians before 1999. Kosovo’s Albanians also enjoyed autonomy from Belgrade for many years. It has only been under the influence of NATO that animosity has been raised between the two sides.

Croatia and Albania have also participating in the NATO exercise and both are projected to have roles in any future war against Serbia and its regional allies and supporters inside Bosnia-Herzegovina and Montenegro over the fate of Kosovo. Many Croats are also unhappy about their government’s decision to coordinate or cooperate with NATO, which they view with suspicion and as a destabilizing force in the Balkans.

According to a NATO press release, “Approximately 2,000 military and 50 civilian personnel, over 30 ships and submarines and 20 fixed-wing aircraft from NATO and the Croatian Armed Forces will train together in a Crisis Response Operation scenario, where NATO is appointed by the U.N. to build up an immediate reaction in a fictitious country on the brink of civil war.” [4]

It is clear that NATO intends to settle the issue of Kosovo through military means. Rear-Admiral Alain Hinden, the French commandant of the NATO exercise has made a statement that is a dead giveaway about the underlying intentions of NATO in regards to the exercise: “This exercise has been designed for years. The U.N. and NATO are training for this type of real intervention, of humanitarian assistance be it in this region [the Balkans] or anywhere else in the world.” [5]

NATO Military Integration: Preparing the World for a Broader War?

According to the British Broadcasting Service (BBC), “With the military forces of Western [meaning NATO] nations stretched, particularly those of the U.S. and U.K. [in Iraq and Afghanistan], flexibility and adaptability are becoming increasingly important.” [6]

Commander Cunningham, a British naval officer, aboard the H.M.S. Illustrious in the Adriatic Sea, off the coastline of the former Yugoslavia and Albania, has told the BBC’s Nick Hawton that “integrating [NATO] forces at this level has simply not happened before.” [7]

Commander Cunningham also clarified how NATO forces are being merged: “Military equipment is hugely expensive and it’s impossible for each nation to hold individually the whole repertoire. What we’re seeing here is the ability of several nations to provide a capability together that no-one could alone.” [8]

The BBC also quotes Lieutenant Eduardo Lopez, a Spanish air officer or pilot, as saying “right now all these countries [meaning NATO members] are working together. You realise you can operate as a joint force community…” [9]

NATO is clearly pooling its resources together; but what for? The answer lies eastward in the Eurasian Heartland where Russia, Iran, China, and their allies have gradually huddled together in sculpting a far larger Eurasian counter-alliance.

A new cycle of global war seems to be in the works for the Twenty-First Century. According to various reports in Russia approximately a quarter of the population believe that Russia and the U.S. will eventually go to war in the future.  In China there are also similar views amongst the population.

Kosovo and Monetary Colonization

The euro is officially shared by thirteen E.U. members and their dependencies. However, it is also used by Montenegro and Kosovo too.

In a divulging statement Amelia Torres, an E.U. spokeswoman, claimed that the E.U. opposed currency “euro-ization” in other states unless they join the European Union: “The conditions for the adoption of the euro are clear,” she told reporters. “That means, first and foremost, to be a member of the EU.” [10]

The fate of Kosovo under this declaration in the eyes of the E.U. is clear. It should also be noted that it has been under the presence of NATO troops and both U.S. and E.U. officials that Kosovo adopted the euro as its currency.

A Dangerous International Trend: World War in the Horizon?

As tensions rise over Kosovo in the Balkans, tensions between Russia and China with the U.S. and NATO are also rising in regards to Iran and other countries and issues. From Myanmar (Burma) and the Korean Peninsula to Sudan and the Balkans, the U.S. and its allies are facing-off against Russia, China, and their allies. The Persian Gulf and the Levant are also two of these fronts where Iran and Syria are opposing the encroachment of the U.S. and NATO.

The SCO and the CSTO alliance have also signed an October 2007 defence agreement which formalizes the existence of a Sino-Russian military bloc from Eastern Europe to the Pacific shorelines of Asia. [11] All the members of CSTO, with the exception of Belarus and Armenia, are members of the SCO. China is now a semi-formal CSTO member. Russia has also announced that all CSTO members will enjoy internal Russian prices on military hardware. [12]  

The U.S. Secretary of Defence, Robert Gates, has also wrapped up an official tour of Latin America in Suriname. The U.S. is contemplating establishing a base in Suriname, near Venezuela. [13] This is part of a broader effort to encircle and isolate Venezuela and its Latin American allies. The U.S. Secretary of Defence’s tour itinerary also is a giveaway to American intentions in Latin America. His tour included Chile (which borders Bolivia), El Salvador (near Nicaragua), Columbia (next to Venezuela), Peru (bordering both Bolivia and Venezuela), and Suriname.

On Iran’s borders with NATO-garrisoned Afghanistan a new Iranian air base has been built. The Russian News and Information Agency, RIA Novosti, has reported that during the inauguration of the air base the Commander of the Air Force stated “The base is designed to enhance the combat readiness of our Armed Forces in standing up to possible aggression against our country.” [14] Clearly the new Iranian air base is in response to NATO forces in Afghanistan and the U.S. air base built in Afghanistan next to the Iranian border. The U.S. is also building bases on the Iranian border in Iraq and constructing military positions next to the border areas of Russia, China, and Belarus.

The U.S., along with Australia, Canada, Britain, and Guam has also planned large scale war games and anti-terrorist security exercises that involve NORAD, the Pentagon, and the U.S. Department of Homeland Security. The exercise appears to anticipate some form of nuclear reprisals in the continental United States that could be part of a terrorist attack (that may be blamed on Iran) or military attacks from China and Russia. [15]

Vigilant Shield 2008 ties a terrorist attack scenario to the domestic use of the U.S. military within American cities and a broader global war. It is already known from the statements about Vigilant Shield 2007, which was held in 2006, that the U.S. is contemplating a nuclear war against Russia and China, in connection with attacks on Iran. [07]


NOTES

[1] Croatia hosts major Nato exercise, British Broadcasting Service (BBC), October 10, 2007.

[2] NATO NRF Exercises Peace Enforcement in the Adriatic Sea: CC-MAR Press Release {16}, NATO Public Information Office, September 25, 2007 (Updated September 27, 2007).

[3] Ibid.

[4] Ibid.

[5] Croatia hosts Nato, Op. cit.

[6] Ibid.

[7] Ibid.

[8] Ibid.

[9] Ibid.

[10] EU warns other nations about using the euro as its currency, Associated Press, October 8, 2007.

[11] Vladimir Radyuhin, Defence pact to balance NATO, The Hindu, October 7, 2007.

[12] CSTO to receive RF weapons at internal prices, ITAR-TASS News Agency, October 6, 2007.

[13] Ivan Cairo, US proposes military site in Suriname, Carribean Net News, October 8, 2007.

[14] Iran builds air base near Afghan border, Russian News and Information Agency (RIA Novosti), October 9, 2007.

[15] Mahdi Darius Nazemroaya, Vigilant Shield 2008: Terrorism, Air Defences, and the Domestic Deployment of the US Military, Centre for Research on Globalization (CRG), October 6, 2007; Michel Chossoduvsky, Dangerous Crossroads: US Sponsored War Games, Centre for Research on Globalization (CRG), October 6, 2007.

[16] William A. Arkin, Early Warning: Russia Supports North Korea in Nuclear War, The Washington Post (Opinion Blog), October 6, 2007.

Mahdi Darius Nazemroaya is an independent writer based in Ottawa specializing in Middle Eastern affairs. He is a Research Associate of the Centre for Research on Globalization (CRG).



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