Informazione
RISPONDERE
<< Gli albanesi hanno pagato un prezzo elevato a quella sorta di
apartheid contro di loro i cui primi segni si ebbero già negli anni
di Tito per poi dispiegarsi compiutamente con Milosevic. Vanno
comprese quindi le ragioni che portano gli albanesi del Kosovo ad
aspirare all'indipendenza. >>
(da "Kosovo, un'indipendenza troppo precipitosa", di Umberto Ranieri,
su Il Riformista del 10/12/2007)
MISSIONE ARCOBALENO. Chiesto il processo per 24 indagati
Bari - Sette anni dopo gli arresti - e le successive scarcerazioni -
e quattro anni prima che si prescriva anche l' ultimo reato, quello
associativo, la procura di Bari ha concluso con 24 richieste di
rinvio a giudizio e alcune altre di archiviazione le indagini sulla
missione Arcobaleno. L' operazione umanitaria fu voluta nel '99 dal
governo D' Alema in Albania, per sostenere i kosovari (albanesi,
ndCNJ) in fuga e per scacciare le truppe di Milosevic (sic, ndCNJ).
Secondo l' accusa, durane e dopo la missione, il vertice e i quadri
intermedi dela protezione civile (tra questi l'allora sottosegretario
e capo della struttura, Franco Barberi) diedero vita a
un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati
contro la pubblica amministrazione (peculato, concussione,
corruzione, abuso d' ufficio, turbata liberta' degli incanti) e "ogni
altro reato necessario o utile per il proseguimento degli scopi
illeciti".
Fonte: QN - Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino, La
Nazione...) - 1 febbraio 2007
"11 settembre 2001: rompere il muro del silenzio". Firma l'appello su www.zerofilm.info
---
dicembre u.s. ( http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/
message/5780 ) contiene alcuni errori. Infatti esso non è "la parodia
di S. Gennaro" ma è un testo presentato da Sergio Cararo ad una
assemblea su informazione e guerra tenutasi all'università di Roma
nel 1999.
Ci scusiamo per la falsa attribuzione, dovuta ad una confusione tra
testi diversi.
---------
Sono molte le ambasciate italiane all estero che hanno istituito un
call center per la prenotazione dell appuntamento per la
presentazione dei documenti per richiedere un visto. Sono stato il
promotore di ben 5 interrogazioni parlamentari per smontare il
perverso meccanismo dei call center che, nel particolare caso di
Belgrado, sfilavano elegantemente circa 20 euro in attese inutili al
telefono per cittadino serbo (il call center era tipo le i numeri a
pagamento in italia - 30 cent per min).
Adesso il servizio di call center a Belgrado non è piu' a pagamento
(si pagano solo 200 dinari a prenotazione fatta!) ma è difficilissimo
quasi impossibile comunque prenotare una visita.
In 2 risposte alle interrogazioni parlamentari il Ministero degli
Affari Esteri ha chiarito:
<< Vale la pena sottolineare, per evitare equivoci, che il ricorso al
call center non è obbligatorio per l utente cui è sempre lasciata
aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza
diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità
più tradizionali (centralino, fax, lettera) e presentarsi allo
sportello durante l orario d ufficio per sottoporre la domanda di
visto. Vale la pena sottolineare, inoltre, che le richieste di
informazione e di appuntamento possono essere inoltrate anche per
posta elettronica e che, come per tutte le nostre sedi all estero, le
informazioni necessarie ad istruire le pratiche possono essere
scaricate attraverso il sito dell Ambasciata. Quello di permettere la
fissazione di appuntamenti tramite call center è quindi un servizio
addizionale, e non sostitutivo rispetto ai tradizionali servizi
offerti dalla nostra rete consolare. >>
In altre parole il ricorso al call center per la prenotazione dei
docimenti per il visto non è obbligatorio !!!!!
Io la prossima volta per il figlio di Tamara mi presento DIRETTAMENTE
in ambasciata con la risposta scritta all'interrogazione parlamentare
del Ministero degli Affari Esteri.
Alessandro Arbitrio
Allego il testo integrale del MAE
---
Testo integrale della risposta del Ministero degli Affari Esteri:
Interrogazioni nn. 5-01389 Venier e 5-01390 Forlani: Sui servizi di
call center presso le sedi diplomatiche e consolari.
TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA
Nel 2003 l Ambasciata italiana a Belgrado ha concluso con la
compagnia telefonica di Stato «Telekom Serbia» un accordo con il
quale è stato attivato un call center operativo tutti i giorni
lavorativi dalle 07.00 alle 15.30. Da allora tramite il call center
vengono effettuate le prenotazioni degli appuntamenti per le
richieste di visto e fornite informazioni riguardo alle procedure di
rilascio (documentazione, tempi, eccetera).
Questa prassi ha permesso di regolarizzare la fissazione degli
appuntamenti, evitando al pubblico lunghe e sgradevoli file fuori
dagli Uffici e ha accresciuto la trasparenza delle procedure. I
cinque operatori del call center sono sottoposti costantemente al
controllo di un supervisore dell Ambasciata addetto alla verifica dei
tabulati telefonici e delle procedure adottate.
Il servizio viene prestato dalla Telekom esclusivamente a pagamento
degli utenti, senza costi per l erario italiano. In base all accordo,
la clientela viene informata da un risponditore automatico del costo
del servizio appena entra in linea con il call center e prima che
scatti l addebito della chiamata.
I cittadini serbi che hanno prenotato l appuntamento ricevono per
posta direttamente dalla Telekom, senza ulteriori costi, una
comunicazione con indicate data e ora in cui presentarsi presso l
Ambasciata per introdurre la domanda, nonché l elenco della
documentazione necessaria per la tipologia di visto richiesta.
Per gli introiti derivanti dai servizi offerti dalla Telekom, l
articolo 5.3 del contratto stipulato con la società stabilisce che «l
intero incasso derivante dalla fornitura dei servizi di cui all
articolo 1 del presente contratto appartiene alla Telekom». Quanto ai
costi relativi alla creazione del call center ed al suo funzionamento
(stipendi e oneri sociali per i sei impiegati, stampa del materiale
informativo, invio, a domicilio con lettera raccomandata della lista
dei documenti da presentare all Ufficio Visti, costi fissi, eccetera)
essi sono interamente a carico dalla Telekom.
La prassi del call center è stata adottata, in Serbia, anche da altri
Paesi Schengen, quali Francia, Spagna, Belgio, Grecia.
Al fine di alleviare gli oneri per gli utenti, l Ambasciata sta
finalizzando con la Telekom un ulteriore accordo che prevede un costo
forfettario da corrispondere solo nel caso in cui l appuntamento
venga effettivamente fissato. Verrà inoltre istituito un secondo call
center, preposto esclusivamente a fornire informazioni. Tale servizio
sarà prestato dalla Telekom a titolo gratuito.
L Ambasciata a Belgrado è tra le prime Sedi nel tempo ad aver
utilizzato questo sistema di appuntamenti e sul cui modello sono
stati modulati i successivi accordi firmati tra le Rappresentanze
italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi
interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d ingresso,
tra cui l Ambasciata a Bucarest.
Il call center di riferimento dell Ambasciata a Bucarest, gestito
dalla società Easy Call, si basa infatti sul medesimo modello di
quello in uso a Belgrado.
Il servizio è attivo tutti i giorni lavorativi dalle 8.00 alle 18.00
e impiega sei unità operative ed il costo della chiamata è noto all
utente all apertura della linea e prima che scatti l addebito della
telefonata.
Non risulta all Ambasciata a Bucarest, che vigila sul funzionamento
di tale struttura, anche con ispezioni senza preavviso, che gli
utenti siano costretti a lunghe e costose attese senza neanche
ottenere l appuntamento. Gli introiti derivanti dal servizio sono
percepiti dalla società che gestisce il call center su cui gravano
per intero i costi di funzionamento senza alcuna spesa per l Ambasciata.
Più in generale, si evidenzia che la materia dell outsourcing è
regolata dall Istruzione Consolare Comune Schengen, che prevede la
possibilità di utilizzare società di servizi per il disbrigo di
alcuni dei servizi connessi al rilascio dei visti.
Vale la pena sottolineare, per evitare equivoci, che il ricorso al
call center non è obbligatorio per l utente cui è sempre lasciata
aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza
diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità
più tradizionali (centralino, fax, lettera) e presentarsi allo
sportello durante l orario d ufficio per sottoporre la domanda di
visto. Vale la pena sottolineare, inoltre, che le richieste di
informazione e di appuntamento possono essere inoltrate anche per
posta elettronica e che, come per tutte le nostre sedi all estero, le
informazioni necessarie ad istruire le pratiche possono essere
scaricate attraverso il sito dell Ambasciata. Quello di permettere la
fissazione di appuntamenti tramite call center è quindi un servizio
addizionale, e non sostitutivo rispetto ai tradizionali servizi
offerti dalla nostra rete consolare.
La scelta della società di servizi cui affidare alcuni dei servizi
connessi ai visti viene effettuata affidandosi a società di
comprovata professionalità ed affidabilità ovvero leader mondiali nel
settore e sulla base delle esperienze maturate anche da altri
Partners Schengen ed occidentali che pure fanno un massiccio ricorso
a tali forme di outsourcing.
Controlli non preannunciati da parte dei funzionari dell Ufficio
Visti, sotto il profilo funzionale e di sicurezza, vengono effettuati
frequentemente, anche telematicamente nel caso di sistemi di
appuntamenti e con ispezioni senza preavviso presso la società di
outsourcing, per verificarne il corretto funzionamento.
Si segnala infine che i sistemi di esternalizzazione in uso presso le
nostre Sedi sono oggetto di un accurata preparazione (formazione del
personale, dettagliata messa a punto delle procedure, sua diffusione
presso gli ambienti interessati) e di un periodo di rodaggio da parte
della Sede per correggerne gli eventuali difetti.
L’Allemagne et l’Europe du Sud-Est
Qui se trouve à l’origine du projet allemand de reconnaissance unilatérale du Kosovo ?
par Karl Müller
5 NOVEMBRE 2007
Depuis
Zurich (Suisse)
La politique allemande se présente actuellement sous un double jour. Il y a dans tous les partis des forces qui souhaitent ramener la politique aux réalités, mais aussi à un équilibre, à des principes juridiques et à l’intérêt commun – cela aussi parce que le nombre de gens, qui ne sont pas d’accord avec l’état de fait actuel, grandit, de même que la perte de confiance dans la classe politique et ses partis.
Mais il y a d’autres forces autoritaires, méprisant le droit et prônant la violence – dans presque tous les partis – qui poursuivent une politique allemande d’hégémonie, notamment au profit des Etats-Unis.
Il serait peu judicieux de laisser ce duel à la seule classe politique et à ses valets, les agences de relations publiques et les médias. Il est du ressort de chacun et chacune de se forger une idée quant aux problèmes qui se présentent et de prendre position – et ceci aura de l’impact.
Cela est également vrai pour la politique étrangère. Certes, les nombreuses prises de position critiques à ce sujet n’ont pu influencer qu’une petite partie des décisions politiques, mais un important travail d’information a été entrepris au sein de la population. C’est ainsi que l’engagement de la Bundeswehr en Afghanistan – pour ne citer qu’un exemple – n’est plus soutenu que par 29 pour cent des personnes interrogées par l’Institut démoscopique d’Allensbach. La grande majorité – des partisans de tous les partis – refuse cet engagement. Il y a cinq ans, ils étaient encore 51 pour cent en sa faveur.
Un travail d’information quant à la politique allemande en Europe du Sud-Est s’impose
En ce qui concerne la politique allemande en Europe du Sud-Est, un tel travail d’information reste encore en suspens. Des auteurs comme Jürgen Elsässer, menant depuis des années des travaux importants, n’ont pas encore obtenu l’audience qui devrait leur revenir. Pourtant, cet effet de masse serait particulièrement important puisque c’est toujours une manière de penser noir et blanc qui domine l’opinion publique. Certains politiciens en profitent pour poursuivre leurs objectifs irresponsables et les enrober de belles paroles. Comme c’est le cas de l’ancien ministre allemand des Affaires étrangères, Hans-Dietrich Genscher, qui trouvait, au début des années 90 lors du démantèlement de la Yougoslavie, qu’il s’agissait du droit à l’autodétermination des peuples et des droits des minorités.
Etre et paraître
Un exemple historique montre à quel point le décalage entre l’être et le paraître est grand. L’ancien chancelier du Reich, et ministre des Affaires étrangères, Gustav Stresemann, qui avait même obtenu en 1926 le prix Nobel de la paix, passe généralement pour une des rares personnalités politiques de la république de Weimar, qui avait, paraît-il, réussi à rapprocher les Allemands et les Français et à sortir l’Allemagne de l’isolement international d’après la Première Guerre mondiale.
Toutefois, cette vision se ternit lorsqu’on y regarde de plus près. Par exemple : en 1925, Stresemann a écrit ceci : « La troisième grande tâche [de la politique étrangère allemande] est de corriger les frontières orientales : récupérer Dantzig, le corridor polonais et apporter des modifications à la frontière de la Silésie supérieure. » Donc une nouvelle partition de la Pologne. Streseman craignait encore que du fait de l’extension de l’empire soviétique jusqu’à l’Elbe, « le reste de l’Allemagne fût à la merci de la voracité française ». Ce titulaire du prix Nobel de la paix rêvait d’une « Allemagne revivifiée » et en cherchait les meilleures conditions de réalisation.
Et qu’en est-il de l’actuelle politique étrangère allemande en Europe du Sud-Est ?
L’Allemagne porte une grande responsabilité dans l’effondrement de la Yougoslavie
On doit prendre très au sérieux les voix qui accusent l’Allemagne, depuis les années 80, de porter la plus grande part de responsabilité dans l’effondrement de la Yougoslavie et dans les guerres sanglantes qui s’ensuivirent dans cette région européenne. De nombreux indices portent à penser que l’Allemagne cherchait, dès le début des années 80, à gagner de l’influence sur cette région au travers de l’effondrement de la Yougoslavie et, de ce fait, à affaiblir, voire à réduire à néant les efforts en faveur de l’unité yougoslave du gouvernement central de Belgrade et des Serbes, son meilleur soutien. L’Allemagne ne s’est pas contentée d’apporter un soutien politique, mais a engagé des activités des services secrets et fourni des armes pour soutenir cette division en violation du droit international. Cela contre la volonté d’autres gouvernements européens. On a même apporté un soutien à l’organisation criminelle, voire terroriste des Albanais du Kosovo l’UÇK.
Le 23 octobre, on vient d’annoncer que le gouvernement allemand était disposé à reconnaître un Etat du Kosovo si les forces politiques dominantes au Kosovo décidaient, en cas d’échec des négociations internationales, de proclamer, après le 10 décembre, l’indépendance du Kosovo. L’Allemagne commettrait ainsi une nouvelle grave violation du droit international.
Quelle est la position du gouvernement allemand dans l’affaire du Kosovo ?
Jürgen Elsässer se demandait le 25 octobre dans le quotidien « junge Welt » si l’on avait affaire à une lutte entre deux positions de la politique envers le Kosovo, entre le ministère des Affaires étrangères en mains socialistes et le ministère de la Défense mené par les chrétiens-démocrates. Cela s’explique du fait que le chef des négociations internationales actuelles, Wolfgang Ischinger, provient du ministère des Affaires étrangères et que ses plans jusqu’alors connus – Jürgen Elsässer en a publié un plan en 14 points dont il dispose – n’évoquent aucunement – ce qui est intéressant – une indépendance du Kosovo sur le plan du droit international.
Une interview de Gert Weisskirchen, porte-parole socialiste de politique étrangère, menée le 24 octobre par le Deutschlandfunk, montre également qu’il y a désaccord au sein de la coalition gouvernementale. Selon Weisskirchen, il s’agirait surtout d’une rumeur, en ce qui concerne le projet allemand de reconnaissance de l’indépendance du Kosovo, mais qu’en fait on y pensait, sans toutefois prendre de décision. Il ne s’est toutefois pas prononcé quant aux détails, c’est-à-dire de savoir qui suggérait cette position et qui en prenait le contre-pied.
Quelle est la suite à laquelle il faut s’attendre ?
Ce type de projet ne s’appliquerait-il pas aussi à la Slovaquie ? Le journal « Frankfurter Allgemeine Zeitung » a publié le 8 octobre un article reprochant au gouvernement slovaque « des invectives contre la minorité hongroise », écrivant dans le sens des forces hongroises qui demandent la révision du tracé des frontières décidé après la Première Guerre mondiale et rêvent d’une grande Hongrie. Cet article allait si loin que l’ambassade de la république slovaque est intervenu le 12 octobre pour rectifier les choses.
Une grande puissance allemande et une nouvelle grande Hongrie ? Dans quel but ?
Ce qui donne à réfléchir c’est le fait que depuis quelque temps on assiste à des troubles en Voïvodine, en Serbie du Nord où vit une minorité hongroise, qui vont dans le sens d’une grande Hongrie. De plus, on se souvient que la Hongrie fut le plus important allié de l’Allemagne hitlérienne en Europe du Sud-Est. Cette réflexion est renforcée par le fait que tant l’Allemagne que la Hongrie jouent un rôle important dans les projets de remodeler le continent eurasiatique dans le sens des Etats-Unis. Il n’est pas impossible non plus que tous ces efforts ne soient que des étapes pour la formation d’un front sud-est contre la Russie. On peut donc se demander, au travers des dissensions de la classe politique allemande, s’il ne s’agit « que » de la question du Kosovo ou si, par hasard, il y aurait des visées plus lointaines.
On a pu constater, ces derniers temps, que l’espoir que les prochaines élections présidentielles amèneraient une autre Amérique ne sont qu’une illusion. Le président Bush a une nouvelle fois exigé un crédit de 46 milliards de dollars pour intensifier la guerre en Irak et en Afghanistan, ce qui mènerait la somme totale de ces deux guerres à 800 milliards de dollars. Il ne semble pas que la majorité démocrate au parlement soit disposée à refuser ces sommes. Jusqu’à présent elle y a toujours consenti.
De ce fait, l’Europe est d’autant plus sollicitée, notamment l’Allemagne. Il faut examiner et, le cas échéant, soutenir toute alternative à cette politique hégémoniale.
---
KOSOVO: APPELLO DA TOSCANA, TENERE CONTO DI RICADUTE SOCIALI
Seminario Venerdì 14 dicembre 2007 (ore 9.30/19.30)
Sabato 15 dicembre 2007 (ore 9.30/ore 13.30)
Sala Istituto Tecnico Via S.Agata dei Goti 19/B
(Centro Storico-Quartiere Monti-nei pressi di Via degli Zingari)
Breve spettacolo delle giovanissime danzatrici Romnià Rumunke di Craiova e Turnu Severin
Studentesse del Progetto di Scolarizzazione del Comune di RomaEsposizione dei risultati dei 5 gruppi di lavoro e conclusioni con
> Prof.ssa M.I. Macioti (Ordinaria di Sociologia all’Università Roma )
> Dr.Salvatore Geraci (Presidente S.I.M.M. Società Italiana Medicina Migrazioni)
> Comunità di Sant’Egidio
> il Prefetto di Roma, l’Assessora Raffaela Milano, Stanislav Vallo Ambasciatore di Slovacchia
> On.le Roberta Angelilli (Relatrice al Parlamento Europeo per la Strategia sui Minori)
Conclusioni della Sottosegretaria di Stato al Lavoro Rosa Rinaldi
sono stati invitati il Ministro PAOLO FERRERO e le SottoSegretarie DE LUCA, DE TORRE e LUCIDIore 9.30 Introduzione generale a cura di Massimo Converso
ore 10.00 Alessandro Piccin (con ausilio filmato)
“L’autocostruzione del <Villaggio della Speranza>dei Sinti Veneti a Padova”
ore 10.30 - ore 12.15 Il caso Calabria (ausilio di filmati)
Proiezione del filmato “Ninni ninni” sull’attesa della casa popolare della Comunità dei Rom Calabresi di Nicastro (CZ) ; interviene il regista Francesco Pileggi di Lamezia Terme ;
Elvira Falvo (Assessora Lamezia Terme)
“L’integrazione nelle case popolari delocalizzate e il degrado del Villaggio di prefabbricati”
Franco Piperno (già Assessore Comunale CS – Docente Universitario)
“Bilancio settennale di un Villaggio Rom, esempio di architettura residenziale perfetta e di concentrazione di devianza” (preceduto dal filmato realizzato nel 2001)
Matilde Ferraro (Assessora Comunale Cosenza)
”L’affitto agevolato come scelta condivisa con i Rom della Transilvania a Cosenza”
Tilde Minasi (Assessora Comunale Reggio Calabria)
“Dopo l’abbattimento dell’ultima baraccopoli,la delocalizzazione dei Rom Calabresi nelle case popolari della Città”
Giacomo Marino (Presidente O.N. Reggio Calabria)
Antonella Rizzo (Assessore Comunale Crotone ) e Arch. Elisabetta Dominijanni
“La proposta di autocostruzione del Villaggio dei Rom Kosovari”
Ismet Sahiti (Portavoce Comunità Rom Kosovari Crotone)
Comunicazione di ARMANDO VENETO (Europarlamentare calabrese)
ore 12.15
Enrico Serpieri (Comune di Roma)
“ La strategia dei Campi di prefabbricati a Roma “
Constantin Marin (Portavoce Rom Rumeni di Milano)
“ Dalla casa in Oltenia al miniprefabbricato di Milano”
ore 13.00 – ore 15.00 Pausa pranzo
ore 15.00 Massimiliano Morettini (Assessore Comune di Genova)
“Villaggi di prefabbricati e case popolari”
ore 15.30 Aurelio Grippa (Volontario Lecce)
“ La masseria Panareo ed i Rom Kosovari di Lecce “
ore 15.45 Antonio Sconosciuto (Direzione Servizi Sociali Comune di Pisa)
“Il progetto <Città sottili>”
ore 16.15 : Comune di Napoli e Comune di Brescia
ore 16.45 : Ing. Giovanni Santi (Opera Nomadi Bologna)
“Habitat Rom/Sinti in Emilia”
ore 17.30 TAVOLA ROTONDA CONCLUSIVA CON ANCI, UPI, Roberto Berardi (UNAR), Daniela Pompei (Ministero Solidarietà Sociale), Domenico Morelli (Ministero Interno), Arcangelo Patone (Ministero P.O.)
ore 19.00 stesura relazione di sintesi
Segreteria di Gruppo : Chiara Giaramidaro
ore 9.30 Introduzione generale a cura di Salvatore Geraci, S.I.M.M.
“ dal godimento del diritto alla salute come strettamente legato alla situazione sociale delle comunità stesse ad un approccio in sanità attento ai gruppi svantaggiati,
per la pronta risposta delle istituzioni e delle associazioni finalizzata
ad un intervento efficace sulle problematiche prioritarie ”
Emergenza minori
Permanenze in carcere
Anziani: la presenza di persone maggiori di 60 anni negli insediamenti Rom, in aumento
Sindromi metaboliche
Medicina preventiva:
Uso inappropriato di farmaci
Rimpatri salme
IVG: romnià ; anche questione maternità nei campi abusivi ;
ore 15.00 interventi di
Cooperativa Magliana ‘80
Fondazione Villa Maraini
Agenzia Comunale Tossicodipendenze
§ Adolescenti: diffusione della tossicodipendenza
§ GIPSY ; sempre più alta l’incidenza delle diverse tossicodipendenze nelle diverse Comunità di Rom e Sinti su tutto il territorio nazionale
ore 16.00
i Medici della S.I.M.M. che lavorano con i Rom
Lorella Vassallo (Comunità khorakhanè e dasikhanè di Palermo)
Luisa Lenguini (Comunità Rom khorakhanè in Sardegna)
Issa El Hamad (Comunità Rom Khorakhanè Brescia)
ore 17.00 Vaifra Palanca (Segreteria Ministra della Sanità Livia Turco) interviene su:
ambito del diritto
ambito dell’accessibilità
ambito della fruibilità
ambito della criticità assistenziale
ore 18.00 : stesura relazione di sintesi (Geraci, Scopelliti)
Segreteria di Gruppo . PierLuigi Tomassini
ore 10.30 RELAZIONI di
Anna Maria Biondani Insegnante Camminanti Siciliani Noto (SR)
Antonia Dattilo Dirigente Scolastica Bologna
Marzia Grillo Insegnante Firenze
Maria Lucente Dirigente Scolastica Rom Calabresi e Rom Rumeni Cosenza
Marco Nieli Insegnante Rom Khorakhanè e Rumeni Napoli
Domenico Trovato Dirigente Scolastico Veneto
Maria Severino : “La prima scolarizzazione di Minori Rom negli anni ‘60-‘70”
Mauro Zanella :
"1987-1990 Diario di un maestro. Riflessioni su un'esperienza di lavoro con i Rom a Roma."
Lino Posteraro (Coordinatore Scolarizzazione Comune di Roma XV° Municipio)
ore 15.00 il Prof. Pasquale Florio (Liceo Scientifico S.Croce di Magliano – CB) e le quattro giovani studentesse liceali della famiglia Rom DI SILVIO relazionano sul percorso scolastico dalle Materne alle Superiori, verso l’Università;
ore 15.30 On.le Nando Bonessio (VicePresidente Commissione Scuola Comune di Roma)
ore 18.00
Conclusioni del Dr.Raffaele Ciambrone (Direzione Generale per lo Studente – MPI)
e del Prof. Vinicio Ongini (Ministero Pubblica Istruzione)
ore 18.30 stesura relazione di sintesi
dedicato all’operaio Rom COSIMO ABRUZZESE,
trucidato difronte la sede della Cooperativa “Rom 1995” dalla mafia
nel maggio 2007 a Reggio Calabria.
“ una strategia per IL LAVORO come STRUMENTO CENTRALE dell’autosviluppo economico e sociale del popolo dei Rom/Sinti in Italia“
2009:15:24&log=invites
Kosovo ou Unmikistan : le royaume de la corruption, de l’illégalité
et du crime
Maciej Zaremba
Maciej Zaremba, le réputé journaliste du Dagens Nyheter, le très
influent quotidien suédois, brosse un portrait de l'incapacité et des
abus de l'UNMIK (Mission d'administration intérimaire des Nations
Unies au Kosovo-Métochie).
Cette mission, la plus grande de l'histoire de l’ONU, agit en tant
que “premier Etat des Nations Unies au monde”, dans lequel les forces
internationales n'assurent pas seulement la paix et l'eau potable,
mais établissent un tout nouvel ordre. Mais dans ce nouvel ordre
règne la corruption et l'illégalité, écrit Maciej Zaremba, après
avoir séjourné six mois dans la province serbe, qu'il surnomme
“Unmikistan, pays d’avenir”.
Après avoir parlé avec les citoyens du Kosovo, les officiels actuels
et ceux qui les ont précédés, ainsi qu'avec les représentants des
pouvoirs locaux et des organisations internationales, se référant aux
comptes rendus, mais également à tout ce qu’il a vu de ses “propres
yeux” sur le terrain, Zaremba a découvert avec stupéfaction les liens
des officiels de l'UNMIK et de la mafia locale albanaise sous la
protection des Nations Unies. S’ajoutent également les masses d'abus
financiers restés sans jugement, les cas de violation des droits de
l'homme, la corruption et l'incompétence des officiels. Selon le
journaliste suédois d’origine polonaise, l'organisation mondiale dont
le rôle est d'assurer la protection des biens et des droits de
l’homme des habitants du Kosovo, de préparer les fondements de la
démocratie, d’assurer une justice efficace et une économie
fonctionnelle de marché, a obtenu des résultats contraires à ceux qui
étaient programmés dans sa mission. Le Kosovo est devenu un repaire
d’injustice et de criminalité, un lieu sans loi, le centre européen
du commerce des femmes et de la drogue ! ! !
Le règne du marché noir
Dans la première des quatre parties qui composent son texte sur
“l’Unmikistan”, l’auteur présente aux lecteurs la vie quotidienne au
Kosovo. On commence par l’aérodrome sur lequel s’est posé son avion
et qui est dirigé par la direction islandaise pour l’aviation civile,
les services de téléphonie mobile sont assurés par une compagnie
française avec comme code d’accès celui de Monaco. On trouve tous les
six kilomètres des pompes à essence, “un record fantastique, qui
malheureusement ne sert que pour le blanchiment d’argent de la
contrebande, de la drogue, des armes et de l’esclavage sexuel” dit
Zaremba.
Dans les magasins le savon est de Bulgarie, les chemises de Taiwan,
la farine de la Tchéquie, l’eau de Hongrie. Après huit ans et 22
milliards d’euros dépensés, règne le marché noir, alors que le marché
légal est en collapsus total !
La plupart des habitants ont l’électricité seulement quelques heures
par jour et certains encore moins. Comment, se demande-t-on, “alors
que l’Etat est dirigé par les Nations Unies qui ont investi 700
millions d’euros dans les deux centrales électriques dans une région
si riche en lignite qu’elle pourrait éclairer tous les Balkans, le
Kosovo ne peut-il pas produire suffisamment d’électricité, mais
pollue l’air 70 fois plus que la norme permise par l’Union Européenne ?”
En étudiant comment fonctionne le système au Kosovo, Zaremba a
compris que les officiels trop payés de l’UNMIK ne sont pas sur place
pour lutter contre la criminalité, le plus grand fléau au Kosovo, car
une telle mission nécessiterait une stratégie, du courage, du
dévouement et de la responsabilité, mais “ne ressentent de
responsabilité que pour leurs propres carrières, où le Kosovo n’est
qu’une épisode.”
Ainsi, les sept “gouverneurs”, les chefs de l’UNMIK, n’ont parlé dans
leurs rapports que de la stabilité et des progrès de la situation.
“C’était la seule manière qui leur permettait d’avancer et de faire
carrière.”
“Vous vous attendriez à ce que la mission de l’ONU soit comme une
expédition polaire, avec des buts précis, un commandement décidé, des
moyens appropriés, des experts assidus. Vous auriez tout le droit de
le penser, compte tenu de leurs énormes salaires, et du fait que pour
chaque poste dans la mission ont postulé 229 candidats. Mais la
mission n’a aucune de ces qualités. Qui peut encore croire
sérieusement que les forces de police, composées de ressortissants de
44 nations – dont la moitié provient de pays semi-démocratiques –
vont risquer leurs vies pour appliquer l’ordre et la loi dans une
région qui n’en a jamais eus ?”
Les sources britanniques ont confié à Zaremba que le siège des forces
de polices de l’ONU croule sous des rapports sur la criminalité, que
personne n’a jamais ouverts. “La plupart des crimes n’ont jamais été
investigués, mais qui saurait le faire, quand on voit la composition
de l’UNMIK, même s’il en avait l’envie ?”
Pour les habitants du Kosovo l’instruction destinée à leur apprendre
à conduire les trains est faite par un “expert” du port de Sierra
Leone où le dernier train a disparu en 1975. Un gardien de parking du
Bengladesh n’a pas de permis de conduire et parle seulement le
bengali .Il a du bien graisser des pattes pour être embauché par
l’ONU...
La plupart des citoyens ne font pas confiance aux officiels de
l’UNMIK. Zaremba a découvert pourquoi. “Chaque vache en France est
subventionnée 3 euros par jour, tandis qu’un habitant de Kosovo sur
deux vit avec un tiers de cette somme par jour. Si quelqu’un le vole,
il n’a pratiquement aucune chance qu’on retrouve le voleur, bien que
le Kosovo ait le plus grand nombre de policiers par habitant en
Europe. 300.000 cas non résolus attendent dans les tribunaux. Si vous
êtes Serbe ou Rom on peut brûler votre maison, tandis que les soldats
de l’OTAN regardent calmement l’incendie. Et ceci est arrivé de
nombreuses fois.”.
L’Etat des Nations Unies et les sept pillards
Dans la seconde partie du texte de Zaremba, qui porte ce titre, il ne
s‘agit pas des sept chefs de l’UNMIK), mais des malheurs de Madame
Hisari, dame d'un certain âge et sans fortune, qui a perdu sa ligne
téléphonique, car son locataire, un certain Jo Truchler, directeur de
la KEK (la Compagnie d'Électricité du Kosovo) n’a pas payé sa facture
d’électricité qui s’élevait à 6.900 euros, soit la valeur d’un
salaire et demi moyen annuel, tandis que son salaire en tant que
fonctionnaire de l’UNMIK s’élevait à 20.000 euros par mois. La
propriétaire désespérée s’est adressée au tribunal, mais on lui a dit
que le tribunal n’avait aucune compétence pour juger le personnel de
l’UNMIK. La dame a écrit à l’UNMIK , qui lui a répondu que l’UNMIK
n’était pas responsable des affaires privées de ses fonctionnaires .
Entre temps, le locataire sans scrupules a quitté le Kosovo, avec 4,3
millions de $ qui sont apparus plus tard sur son compte dans une
banque à Gibraltar. Les investigations ont démontré que Truchler, à
qui on a confié la direction d’une des plus importantes compagnies
(celle-là même qui ne procure aux habitants que quelques heures
d’électricité par jour), a obtenu ce poste en falsifiant des
documents, n’étant ni économiste, ni ingénieur, mais un petit escroc
allemand !
“Ceux qui ne rentrent pas du Kosovo les poches remplies d’argent sont
des idiots ou des saints” a dit sous couvert d’anonymat un
interlocuteur de Zaremba. Un autre décrit le Kosovo comme “un
Eldorado pour les voleurs”, et un troisième lui a confié qu’il avait
été dans plusieurs missions des Nations Unies à travers le monde,
mais “qu’aucune n’était aussi pourrie que celle de Kosovo”. Les trois
personnes provenant de pays différents, sont ou ont été à des postes
importants dans la hiérarchie de l’UNMIK. Marie Fuchi, qui a dirigé
la Kosovo Trust Agency en 2003-2004, est formelle : l’aide parvenue
au Kosovo s’est retrouvée dans les mains de la mafia locale, et des
sommes énormes ont été dépensées pour des activités qui n’ont rien à
voir avec l’économie du Kosovo, mais ont servi à l’enrichissement de
la “nomenklatura” kosovare et des hauts fonctionnaires de l’UNMIK.
Dans “L’histoire des sept pillards, Zaremba nous explique comment ils
ont procédé. Bo Olsen (le nom est inventé) était un petit employé
dans son pays d’origine et, au Kosovo, il devient conseiller
international dans la Compagnie de télécommunications PTK. Il ne
mérite même pas le tiers de son salaire (11.000 euros mensuels), mais
il réussit à se maintenir grâce au “vautour”, une Albanaise du Kosovo
adjointe d’Olsen, qui touche “seulement” 1;000 euros, mais qui d’un
autre côté peut librement employer un nombre illimité de
fonctionnaires étrangers pour des salaires dix fois plus élevés que
le sien, à la condition qu’Olsen et elle en touchent une partie.
Le troisième complice est un certain Kevin Jeffry, directeur dans la
même Compagnie PTK .Il amène de Londres un de ses amis, en tant qu’
“expert financier”, qui touche 16.000 euros par mois, avec des
suppléments pour sa voiture de fonction et celle privée pour le week-
end, et qui en guise de travail joue pendant six mois au poker sur
internet.
Apparait le Britannique Roger Reynolds qui, par l’intermédiaire de la
PTK qui l’emploie, trouve la Compagnie Norway Invest et, pour 300.000
euros investis, lui procure un contrat avec l’UNMIK pour 10 millions
d’euros. Ensuite, il quitte la PTK pour Norway-Invest avec un salaire
de 20.000 euros mensuels payés par le juteux contrat. La police
financière italienne (“un rayon de lumière dans l’histoire noire du
Kosovo”, remarque Zaremba) découvre que le directeur de la compagnie
norvégienne qui a obtenu le contrat avec l’UNMIK est un criminel
ordinaire .Le contrat a été annulé, mais le Kosovo n’a jamais
récupéré les 300.000 euros .
Pour améliorer la distribution d’énergie électrique au Kosovo,
l’UNMIK engage la compagnie irlandaise ESB International pour aider
la KEK qui a 70.000 euros de pertes par an, qui coupe l’électricité
aux utilisateurs cinq fois par jour et réussi à se faire payer un
kilowatt utilisé sur deux. Les Irlandais restent trois ans, ramassent
10 millions d’euros et laissent la KEK dans le même état où ils l’ont
trouvée.
Zaremba consacre une partie importante de son texte à la France. En
se référant à des do-cuments officiels, il note qu'en 1999, il paraît
évident que Bernard Kouchner va être nommé achef de la mission. Le
Premier ministre Lionel Jospin et le gouvernement français formé une
mission spéciale afin “d'éviter les erreurs de la Bosnie”, c'est-à-
dire d'obtenir la possibilité que la France récupère une grande
partie de l'aide qu'elle envoie au Kosovo. En clair, les compagnies
françaises doivent avoir la primauté pour obtenir les marchés au
Kosovo. Kouchner s'est bien employé à le faire. Il a rejeté la
proposition des experts locaux de confier la téléphonie mobile au
Kosovo à Siemens et l'a accordée à la société française Alcatel . “Le
résultat : Le Kosovo a depuis sept ans la téléphonie mobile la moins
performante et la plus chère de toute la région’, a conclu le Conseil
de l'Europe. On téléphone au Kosovo, mais toutes les fois qu'on le
fait, l'argent tombe dans les caisses de la France et de Monaco, avec
la bénédiction de l'Agence des Nations Unies pour les
télécommunications, ITU, qui a “prêté” son numéro d’appel 0377.
Injustices à répétition
Zaremba continue à nous donner une longue liste d'exemples des
illégalités, de la criminalité et de la corruption qui règnent au
Kosovo. Djezide Zodjani, qui travaillait aux chemins de fer, à été
licenciée après avoir travaillé pendant 29 ans, en compagnie d'autres
employées. L'UNMIK a mis à la porte des femmes qui avait une grande
expérience de l'entreprise, et pris à la place des jeunes gens qui
n’en ont aucune. Les femmes licenciées se sont plaintes au tribunal
pour la discrimination frappante. Elles ont été déboutées car “les
décisions de l'UNMIK ne peuvent pas être mises en question, au Kosovo
elles sont au-dessus des lois.” Madame Zodjani s’étonne : “Est-t-il
possible que l’ONU nous enseigne d’une part des principes qui d’autre
part ne peuvent pas lui être appliqués ?” Et Zaremba de préciser :
“C’est exactement comme cela. Il existe seulement deux régions en
Europe, dont les citoyens ne peuvent pas porter plainte au tribunal
pour les droits de l’homme à Strasbourg : la Biélorussie et le Kosovo.”
En continuant sa série d’articles, le journaliste narre le cas
instructif de Bedri Shabani, emplo-yé de douane qui a perdu son
travail pour avoir dénoncé un abus de pouvoir dans les dou-anes. Muni
d’une documentation irréfutable qui prouvait que ses chefs avaient
touché des pots de vin de contrebandiers, il est allé à la police des
Nations Unies.
Le temps a passé, mais il n’a eu aucune nouvelle. Il s’est alors
adressé aux journalistes.
“C’était très courageux et en accord avec ce que les Nations Unies
préconisent au Kosovo, mais, d’une certaine manière, irréfléchi, car
au Kosovo on tue pour des choses beaucoup moins graves. Cela a tout
de même porté ses fruits. Le chef de la douane a été emprisonné. Mais
bientôt il a été relâché car, à ce moment là, le chef de l’UNMIK
était le diplomate allemand Michael Steiner qui entretenait des
relations intimes avec la fille d’un des responsables de la douane,
qui était le meilleur ami du chef emprisonné. ”
Shabani a écrit au Secrétaire général des Nations Unies Kofi Anan,
car on lui avait dit que le Secrétaire général était la plus haute
instance au Kosovo.
Grande erreur. Le pauvre Shabani a été renvoyé de son travail. Le
tribunal de Pristina a jugé ce renvoi illégal, mais le chef de la
douane de l’Unmik a refusé d’appliquer le jugement du tribunal
instauré par l’ONU et qui juge d’après les lois édictées par cette
même ONU.
Au Kosovo, il y a des milliers de Shabani et de Zodjani pour lesquels
les Nations Unies représentent l’illégalité et la perte de toutes
illusions, dit Zaremba.
A la fin de sa série d’articles sur les abus de pouvoir au Kosovo,
Zaremba avertit ses lecteurs :
“Si vous croyez que ces problèmes n’ont aucun rapport avec vous,
permettez-moi de vous informer que la mafia du Kosovo vend de
l’héroïne à Kalmar (port de la Suède), Saint Saint-Denis, Lyon etc.,
et fait le trafic de la prostitution à Oslo, à Paris, à Londres etc.
Et selon toute vraisemblance, elle va sponsoriser le gouvernement à
Pristina quand cette région obtiendra son indépendance.” … Si
l’obtient ???
Les courageux Suédois
Un point positif dans la sombre description de Zaremba a été la
défense de Caglavica et Gracanica, le 17 mars 2004, par les soldats
suédois.
Sous le titre “La bravoure, le courage et les guêtres”, le
journaliste s’indigne que malgré la présence de 17.000 soldats de
l’OTAN et 4.000 policiers des Nations Unies, 200 extrémistes albanais
aient pu provoquer des émeutes où furent tuées 19 personnes, blessées
900 autres, détruites une trentaines d’églses et incendiées 700 maisons.
Quand les Albanais commencèrent à jeter des cocktails Molotov sur un
monastère serbe du XIVe siècle, un message fût envoyé aux soldats
Allemands que pas un seul cheveu ne manquera sur leurs têtes s’ils
quittaient leur position, car dans le cas contraire ils en
pâtiraient. Les Allemands retirèrent leurs véhicules blindés et
regardèrent le monastère brûler. Leur commandant, le général Hölger
Kamerhof, expliqua que les soldats avaient suivi le règlement, qui
prescrivait de sauver les vies humaines, et non les bâtiments ! Les
Français firent de même avec le monastère de Devic, qui était sous
leur protection, ainsi que toutes les maisons serbes à Svinjare,
relate Zaremba.
Le détachement suédois, sous le commandement du colonel Hans
Hekanson, et qui comportait des soldats Tchèques, Finlandais,
Slovaques et Irlandais, intervint selon sa conscience.
35 soldats sur 700 furent blessés mais défendirent courageusement
Caglavica et le monastère de Gracanica.
Le courage du colonel et de ses 20 soldats a été récompensé par la
médaille du courage de la Suède, et leur commandant, le général
Anders Brenstrom, a été décoré par l’OTAN.
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Traduit par Vera Uskokovic.
B. I . N° 127, décembre 2007.
(...) Voto a favore della fiducia al Governo non certo per approvare
questa legge inutile. Se poi l'amico Russo Spena, che ha ingoiato
l'ampliamento della base di Ederle e che sta per ingoiare il
Protocollo del /welfare/, si accontenta di una norma che è la
ripetizione del Trattato di Amsterdam, facciamolo contento almeno per
una giornata! Tra qualche ora potrà essere chiamato a votare il
bombardamento di Belgrado o di Pristina, e lo voterà, sono certo che
lo voterà. /(Applausi dei senatori Battaglia Antonio e Libè)/.
(...) Con la scadenza del 10 dicembre - sempre che il caro amico
ministro degli esteri Massimo D'Alema, non riesca a prorogare il
termine - il Kosovo dichiarerà unilateralmente la sua indipendenza;
gli Stati Uniti seguiranno e la Germania che, dopo i turchi, ha come
massima minoranza i kosovari di etnia albanese, starà a guardare; e
noi lì non siamo a girare la testa dall'altra parte, come in Libano,
e non siamo neanche a distribuire scatolette; lì noi abbiamo la
giurisdizione su un terzo del Paese e abbiamo l'obbligo, conferitoci
dalle Nazioni Unite, di sparare contro chi turbi la tranquillità. Non
preoccupatevi, amici della maggioranza, la sinistra radicale voterà
anche a favore dei militari che sparano per la pace! /(Applausi dai
Gruppi FI, UDC, AN e LNP)/. Il Governo non cadrà neanche sul Kosovo!
(...) Per questo motivo, io voto a favore di tutto, di tutto, certo
che, se dichiarerò in pubblico che sono fedele al catechismo, che
insegna - io sono più moderato del catechismo - che tra i quattro
peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio c'è il peccato contro
natura, non ci sarà nessun giudice che avrà il coraggio di
condannarmi. /(Applausi dei senatori Tomassini, Baccini, Menardi,
Scalera, Follini e Boccia Antonio)/
(Francesco Cossiga nella sua dichiarazione di voto a favore del
governo Prodi, Senato della Repubblica Italiana, 6 dicembre 2007)