Informazione

SEI PROPRIO FURBO A CHIAMARE IN CAUSA I MORTI, CHE NON TI POSSONO
RISPONDERE


<< Gli albanesi hanno pagato un prezzo elevato a quella sorta di
apartheid contro di loro i cui primi segni si ebbero già negli anni
di Tito per poi dispiegarsi compiutamente con Milosevic. Vanno
comprese quindi le ragioni che portano gli albanesi del Kosovo ad
aspirare all'indipendenza. >>

(da "Kosovo, un'indipendenza troppo precipitosa", di Umberto Ranieri,
su Il Riformista del 10/12/2007)

KOSOVA NOSTRA


MISSIONE ARCOBALENO. Chiesto il processo per 24 indagati

Bari - Sette anni dopo gli arresti - e le successive scarcerazioni -
e quattro anni prima che si prescriva anche l' ultimo reato, quello
associativo, la procura di Bari ha concluso con 24 richieste di
rinvio a giudizio e alcune altre di archiviazione le indagini sulla
missione Arcobaleno. L' operazione umanitaria fu voluta nel '99 dal
governo D' Alema in Albania, per sostenere i kosovari (albanesi,
ndCNJ) in fuga e per scacciare le truppe di Milosevic (sic, ndCNJ).
Secondo l' accusa, durane e dopo la missione, il vertice e i quadri
intermedi dela protezione civile (tra questi l'allora sottosegretario
e capo della struttura, Franco Barberi) diedero vita a
un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati
contro la pubblica amministrazione (peculato, concussione,
corruzione, abuso d' ufficio, turbata liberta' degli incanti) e "ogni
altro reato necessario o utile per il proseguimento degli scopi
illeciti".

Fonte: QN - Quotidiano Nazionale (Il Resto del Carlino, La
Nazione...) - 1 febbraio 2007

"11 settembre 2001: rompere il muro del silenzio". Firma l'appello su www.zerofilm.info


"L'esplosione c'è stata; enorme, spaventosa. Il botto ci raggiungerà, ci assordirà. Potrebbe spazzarci via". -Tiziano Terzani

"E' difficile creare il consenso su questioni di politica estera, tranne che in presenza di una minaccia nemica, enorme, direttamente percepita a livello di massa". - Zbignev Brzezinski


L'11 settembre del 2001 ha cambiato il corso della storia e ha modificato l'intero quadro mondiale. A seguito del tragico e spettacolare attentato, in cui hanno perso la vita circa tremila persone innocenti, gran parte delle certezze occidentali sono andate in frantumi. Ne è seguita un'offensiva statunitense che ha già prodotto due guerre e ha modificato non solo la geopolitica di intere aree del pianeta, ma tutti i rapporti di forza consolidati nei decenni precedenti.

Sebbene i responsabili dell'attacco siano stati additati al mondo con singolare rapidità, una spiegazione complessiva degli avvenimenti dell'11 settembre, e della loro preparazione, ha impiegato oltre tre anni per venire formulata da una commissione d'inchiesta del Congresso degli Stati Uniti. Un solo, presunto responsabile, è stato giudicato da un regolare tribunale e condannato all'ergastolo.

Tuttavia dopo un'analisi attenta si evince che la versione ufficiale è non solo lacunosa in decine di punti essenziali, ma in altre decine di punti essa è dimostrabilmente falsa.
La falsità, le reticenze e le palesi incongruenze della ricostruzione ufficiale, sollevano altri, pesantissimi interrogativi. Non vi è bisogno di mentire quando la verità è chiara. Dunque, se i poteri mentono, ciò significa che vogliono impedire l'emergere della verità. E la menzogna indica che i presunti kamikaze non hanno agito da soli e che essi hanno avuto potenti alleati a diversi livelli dell'establishment statunitense, nelle stesse strutture difensive, nelle istituzioni preposte alla difesa della sicurezza del paese.

I media – a cominciare da quelli statunitensi – hanno, salvo rarissime eccezioni, seguito l'interpretazione ufficiale, e negli anni successivi hanno lasciato cadere la cortina del silenzio assoluto. Essi hanno applicato la legge del giornalismo contemporaneo, secondo cui "ciò che non dovrebbe essere vero, non lo è" (Gore Vidal). Noi non accettiamo questo criterio.

L'eccezionale rilevanza dell'evento 11 di settembre, e delle sue ripercussioni planetarie , appare del tutto incompatibile con tali e tante omissioni, distrazioni, dimenticanze, silenzi. La tesi dell'inefficienza, delle incompetenze, non regge alla più elementare delle verifiche. Tanto da indurre il sospetto che vi sia stata e vi sia tuttora una deliberata intenzione di impedire l'accertamento della verità.

Di fronte a tante inspiegabili stranezze che circondano un evento cruciale per la nostra storia comune, è doveroso porre domande e cercare risposte. Molti hanno già cercato di farlo in questi anni e una enorme mole di fatti, di dati, di analisi, di immagini è già stata raccolta e posta sotto il vaglio rigoroso delle verifiche. Esse confermano tutti i sospetti. Noi intendiamo portare il nostro contributo a questo lavoro, consapevoli che la pace e la democrazia corrano gravi pericoli fino a che non si riuscirà a fare luce sulle responsabilità e sulle stesse modalità con cui gli attentati terroristici del 11 settembre furono compiuti.

E' stato scritto autorevolmente che la verità sull'11 settembre non la saprà questa generazione. Noi non possiamo pretendere di sostituirci agl'investigatori che hanno svolto la loro opera a partire dai dati primari raccolti sui luoghi e ascoltati dai testimoni diretti. Ma i materiali che essi stessi hanno prodotto rivelano falsità ed errori che possono essere dimostrati.

Nostro compito non potrà dunque essere quello di ricostruire integralmente la verità dei fatti, ma quello di verificare se, dove, come le ricostruzioni fin qui tentate (quelle ufficiali e quelle di studiosi, giornalisti, ricercatori, esperti, esponenti dei servizi segreti) siano coerenti con i fatti accertati e con le deduzioni praticabili in termini scientificamente e logicamente corretti. Solo dopo avere evidenziato l'errore si cercherà di procedere oltre nella ricerca delle possibili spiegazioni.

La gigantesca opera di raccolta dati e di analisi impone un lavoro di gruppo. Noi intendiamo portare avanti una ricerca collettiva, il cui obiettivo sarà di produrre una serie di iniziative informative multimediali, capaci di raggiungere in primo luogo il pubblico specialistico e i giornalisti. Una serie di verifiche preliminari ci consente di affermare che il livello d'informazione attorno a questo evento e alle sue implicazioni è estremamente basso perfino ai livelli delle decisioni politiche e dei luoghi dove l'informazione viene elaborata.

Siamo consapevoli che toccare questo argomento significa esporsi al rischio (minore) di vedersi inclusi nella categoria dei visionari, dei complottisti, dei dietrologi. E al rischio (maggiore) di essere sottoposti all'attacco (prevedibile) del mainstream informativo, cioè di coloro che hanno finora taciuto. Per questa ragione abbiamo coinvolto e coinvolgeremo un gran numero di specialisti di provata competenza nei diversi campi dell'indagine. Essi daranno le garanzie sufficienti per evitare rischi di manipolazione e di interpretazione malevola e partigiana del lavoro che stiamo compiendo.

Noi siamo consapevoli del fatto che le valutazioni sulla ampiezza delle complicità più o meno ufficiali possono essere assai diverse, ma siamo accumunati dalla convinzione della necessità di una investigazione indipendente, resa indispesabile dall'enorme vastità delle implicazioni. In nome delle vittime prima di tutto, ma anche per difendere la pace mondiale e la nostra stessa vita di cittadini, i cui diritti civili e umani sono stati, a partire dall'11 settembre, già seriamente minati, così come sono state lesionati le fondamentali regole della convicenza internazionale.

Giulietto Chiesa
Gruppo di lavoro sull'11 settembre 2001 dell'associazione Megachip ( www.megachip.info)
Franco Fracassi

Hanno già sottoscritto l'appello 4547 persone, tra le quali: Paolo Barnard, Oliviero Beha, Franco Cardini, Manlio Dinucci, Fulvio Grimaldi, Udo Gümpel, Gianni Minà, Enzo Modugno, Marina Montesano, Roberto Morrione, Sandro Provvisionato, Sigfrido Ranucci, Lidia Ravera, Fernando Rossi, Sbancor, Stefano Sylos Labini, Francesco Sylos Labini





Il Parlamento italiano e il Kosovo

1) Roma 18/12: Incontro-dibattito sul Kosovo
2) Camera dei deputati, seduta n. 252 di Giovedì 29 novembre 2007:  
MOZIONI SUI NEGOZIATI SULLO STATUS DEL KOSOVO

(ringraziamo F. Contoli per le segnalazioni)


=== 1 ===

Riceviamo e volentieri segnaliamo:
---

"Incontro-dibattito sul Kosovo,
sul cui status la comunità internazionale è chiamata a breve a pronunciarsi in via definitiva.

 

18 dicembre alle 17.30 presso la Sala della Mercede in via della Mercede 55 - Palazzo Marini.

 

tra gli interlocutori:
On Luana Zanella (organizzatrice del convegno)
Tommaso Di Francesco,
Lucio Caracciolo."

 

=== 2 ===

TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 252 di Giovedì 29 novembre 2007 

 

MOZIONI SUI NEGOZIATI SULLO STATUS DEL KOSOVO

---

La Camera,

premesso che:

lo status attuale e le prospettive politiche ed istituzionali del Kosovo sono definite da una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, la n. 1244 del 10 giugno 1999. Tale risoluzione è l'unico atto internazionale sullo status del Kosovo oggi in vigore;
la risoluzione Onu afferma chiaramente il principio del rispetto dell'integrità territoriale e della sovranità dello Stato serbo, erede della federazione jugoslava, unitamente all'impegno ad assicurare al Kosovo una sostanziale autonomia;
di fatto, dal 1999, il Kosovo rappresenta un protettorato internazionale, nel quale, nonostante l'ingentissimo dispendio di forze e finanziamenti esteri, non si registra alcun successo nella ricostruzione e nell'avvio di un periodo di pace e benessere: dominano le famiglie mafiose e l'economia non decolla nonostante i miliardi di euro di aiuti. La questione etnica è solo apparentemente superata: i serbi, fuggiti in massa, non rientrano perché non ci sono le condizioni di sicurezza;
nel 2003 a Vienna, sono stati avviati i colloqui per una sistemazione definitiva dello status politico del Kosovo. La rappresentanza kosovara ha visto da subito l'indipendenza come unico scenario accettabile, la Serbia, con altrettanta determinazione, ha chiesto il rispetto della risoluzione Onu, che preserva l'integrità del suo territorio. Coerentemente, Belgrado si è sempre dichiarata, in sede negoziale e non, nettamente contraria all'indipendenza della regione kosovara;
nell'aprile 2004 intanto il Governo di Belgrado ha approvato autonomamente un assetto «cantonale» per il Kosovo che garantisce alla regione amplissima autonomia;
constatata l'inefficacia dell'intervento internazionale nella regione i Paesi coinvolti, attraverso l'Onu, hanno voluto imprimere una forte accelerazione nel corso dell'ultimo anno al negoziato sullo status, inviando un negoziatore con il preciso obiettivo di giungere ad un disimpegno delle forze esterne nella regione, magari sostituite per un breve periodo da forze dell'Unione europea;
il rapporto del negoziatore Onu Ahtisaari, presentato nel marzo 2007, non è stato in grado di suggerire nessuna soluzione condivisa da entrambe le parti, e ha segnato l'ennesimo fallimento della diplomazia internazionale; la partita è tornata ora ai negoziati diretti tra le parti, con la mediazione della troica Russia-Stati Uniti-Unione europea, che nelle prime battute è apparso come un dialogo fra sordi, così riassunto dal presidente serbo Tadic: «Noi insistiamo per parlare di quale status finale dovrà avere il Kosovo. I kosovari-albanesi invece vogliono discutere solo di che relazioni avremo una volta che saranno indipendenti»;
i leaders kosovari hanno ufficialmente dichiarato che, se l'indipendenza non sarà l'esito naturale dei negoziati, che dovrebbero concludersi il 10 dicembre 2007, la regione procederà unilateralmente e immediatamente a dichiarare la propria autonomia; l'indicazione del 10 dicembre 2007 come deadline per una soluzione definitiva, qualunque essa sia, sta pericolosamente emergendo anche in altre capitali: il presidente francese Nicolas Sarkozy, al termine dell'incontro del 9 ottobre 2007 a Mosca con Vladimir Putin, ha affermato di aver detto al presidente russo che «l'Europa riconoscerà l'indipendenza» della regione se non si arriverà a un accordo nei tempi previsti;
l'indipendenza del Kosovo costituirebbe un elemento pericoloso per la stabilità complessiva della regione, trascinando con sé ulteriori tensioni etniche tra le componenti slava ed albanese delle altre repubbliche della ex Jugoslavia, in particolare il Montenegro e la Macedonia;
l'utopia della «grande Albania» non è del resto estranea alle forze politiche albanesi come non lo è mai stato dagli obiettivi dell'Uck;
potrebbe inoltre rivelarsi un elemento di rivendicazione da parte dei serbi bosniaci della Srpska, una delle due repubbliche che compongono la Bosnia e che rappresenta il 49 per cento del territorio bosniaco, i quali premerebbero per la divisione del Paese e l'unificazione alla madrepatria,

 

impegna il Governo:

ad esprimere in tutte le sedi internazionali una posizione contraria a qualunque violazione del diritto internazionale e ad una eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte del Kosovo;
a sostenere presso il gruppo di contatto e le Nazioni unite l'assoluta necessità di considerare il 10 dicembre 2007 come una tappa importante ma non necessariamente definitiva del negoziato se non sarà possibile proporre entro tale data una soluzione accettata e condivisa da tutte le parti coinvolte;
a non riconoscere un'eventuale dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte kosovara e a sollecitare un'analoga ed unitaria presa di posizione da parte di tutti i membri dell'Unione europea.

(1-00248) LEGANORD 
«Giancarlo Giorgetti, Maroni, Gibelli, Alessandri, Allasia, Bodega, Bricolo, Brigandì, Caparini, Cota, Dozzo, Dussin, Fava, Filippi, Fugatti, Garavaglia, Goisis, Grimoldi, Lussana, Montani, Pini, Stucchi».
(8 novembre 2007)

 

---


La Camera,

premesso che:

la stabilizzazione dell'area balcanica, l'affermazione di Stati democratici, garanti dello stato di diritto, della democrazia e del rispetto dei diritti dell'uomo corrisponde a una delle principali priorità dell'Italia e della Unione europea oltre ad essere essenziale condizione per lo sviluppo economico di quei popoli;
per questi motivi l'impegno europeo e italiano nelle aree di crisi della Bosnia e del Kosovo è sempre stato di primissimo piano sia per quanto attiene allo sforzo di sostegno economico sia per quello che riguarda la presenza di forze militari e di sicurezza, attualmente inquadrate in diverse missioni Onu, Nato e Unione europea, alle quali le Forze armate italiane partecipano con oltre 2.500 militari;
in questo momento la situazione più delicata riguarda la definizione dello status finale del Kosovo, posto di fatto sotto il controllo delle Nazioni unite dopo l'intervento militare del 1999 e la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza;
la conduzione del negoziato è resa difficile dall'emergere di posizioni che allo stato appaiono inconciliabili tra Belgrado e Pristina;
in tale contesto l'Italia sostiene la graduale integrazione dei Balcani occidentali in Europa come soluzione durevole e complessiva delle tensioni dell'intera area: un progresso in tale direzione si è avuto con la firma il 7 novembre 2007 a Bruxelles del protocollo preliminare dell'accordo di associazione tra Serbia e Unione europea;
la Commissione affari esteri della Camera dei deputati ha approvato a larga maggioranza nel gennaio 2007 una risoluzione sul Kosovo e i Balcani in cui si ribadiva la necessità di una soluzione pacifica e condivisa della questione dello status finale del Kosovo, del mantenimento di una presenza internazionale nella fase di implementazione degli accordi sullo status del Kosovo e della fondamentale tutela, in ogni caso, dei diritti delle minoranze, delle libertà civili e della protezione dei siti di interesse religioso e culturale;
l'attuale fase del negoziato richiede il massimo equilibrio per evitare ulteriori elementi di turbativa che finirebbero per allontanare il perseguimento degli obiettivi di stabilizzazione, promozione della democrazia e dello sviluppo fissati concordemente dallo stesso Parlamento italiano,

 

impegna il Governo:

 

a sostenere con determinazione e convinzione l'iniziativa negoziale della trojka designata dalle Nazioni unite;
a proseguire, nel quadro dell'impegno dell'Unione europea, nella ricerca di una necessaria soluzione condivisa anche oltre il termine del 10 dicembre 2007 entro il quale i mediatori incaricati riferiranno sull'esito del loro mandato, scoraggiando iniziative unilaterali;
a compiere ogni sforzo affinché sul futuro del Kosovo l'Unione europea si esprima unitariamente;
a sollecitare la stipula in tempi brevi dell'accordo di stabilizzazione e associazione Unione europea-Serbia, nell'ottica del graduale ma irreversibile processo di integrazione europea di tutti i Paesi dei Balcani occidentali.

(1-00252) «Ranieri, Marcenaro, Siniscalchi, Pettinari, D'Elia, Venier, Leoluca Orlando, De Zulueta, Cioffi, Brugger».
(28 novembre 2007)



La redazione di Contropiano precisa che il testo da noi diffuso il 2
dicembre u.s. ( http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/
message/5780 ) contiene alcuni errori. Infatti esso non è "la parodia
di S. Gennaro" ma è un testo presentato da Sergio Cararo ad una
assemblea su informazione e guerra tenutasi all'università di Roma
nel 1999.
Ci scusiamo per la falsa attribuzione, dovuta ad una confusione tra
testi diversi.

da Alessandro Arbitrio riceviamo e volentieri giriamo:
---------
Sono molte le ambasciate italiane all estero che hanno istituito un
call center per la prenotazione dell appuntamento per la
presentazione dei documenti per richiedere un visto. Sono stato il
promotore di ben 5 interrogazioni parlamentari per smontare il
perverso meccanismo dei call center che, nel particolare caso di
Belgrado, sfilavano elegantemente circa 20 euro in attese inutili al
telefono per cittadino serbo (il call center era tipo le i numeri a
pagamento in italia - 30 cent per min).
Adesso il servizio di call center a Belgrado non è piu' a pagamento
(si pagano solo 200 dinari a prenotazione fatta!) ma è difficilissimo
quasi impossibile comunque prenotare una visita.
In 2 risposte alle interrogazioni parlamentari il Ministero degli
Affari Esteri ha chiarito:

<< Vale la pena sottolineare, per evitare equivoci, che il ricorso al
call center non è obbligatorio per l utente cui è sempre lasciata
aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza
diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità
più tradizionali (centralino, fax, lettera) e presentarsi allo
sportello durante l orario d ufficio per sottoporre la domanda di
visto. Vale la pena sottolineare, inoltre, che le richieste di
informazione e di appuntamento possono essere inoltrate anche per
posta elettronica e che, come per tutte le nostre sedi all estero, le
informazioni necessarie ad istruire le pratiche possono essere
scaricate attraverso il sito dell Ambasciata. Quello di permettere la
fissazione di appuntamenti tramite call center è quindi un servizio
addizionale, e non sostitutivo rispetto ai tradizionali servizi
offerti dalla nostra rete consolare. >>

In altre parole il ricorso al call center per la prenotazione dei
docimenti per il visto non è obbligatorio !!!!!
Io la prossima volta per il figlio di Tamara mi presento DIRETTAMENTE
in ambasciata con la risposta scritta all'interrogazione parlamentare
del Ministero degli Affari Esteri.


Alessandro Arbitrio

Allego il testo integrale del MAE

---

Testo integrale della risposta del Ministero degli Affari Esteri:

Interrogazioni nn. 5-01389 Venier e 5-01390 Forlani: Sui servizi di
call center presso le sedi diplomatiche e consolari.

TESTO INTEGRALE DELLA RISPOSTA

Nel 2003 l Ambasciata italiana a Belgrado ha concluso con la
compagnia telefonica di Stato «Telekom Serbia» un accordo con il
quale è stato attivato un call center operativo tutti i giorni
lavorativi dalle 07.00 alle 15.30. Da allora tramite il call center
vengono effettuate le prenotazioni degli appuntamenti per le
richieste di visto e fornite informazioni riguardo alle procedure di
rilascio (documentazione, tempi, eccetera).
Questa prassi ha permesso di regolarizzare la fissazione degli
appuntamenti, evitando al pubblico lunghe e sgradevoli file fuori
dagli Uffici e ha accresciuto la trasparenza delle procedure. I
cinque operatori del call center sono sottoposti costantemente al
controllo di un supervisore dell Ambasciata addetto alla verifica dei
tabulati telefonici e delle procedure adottate.
Il servizio viene prestato dalla Telekom esclusivamente a pagamento
degli utenti, senza costi per l erario italiano. In base all accordo,
la clientela viene informata da un risponditore automatico del costo
del servizio appena entra in linea con il call center e prima che
scatti l addebito della chiamata.
I cittadini serbi che hanno prenotato l appuntamento ricevono per
posta direttamente dalla Telekom, senza ulteriori costi, una
comunicazione con indicate data e ora in cui presentarsi presso l
Ambasciata per introdurre la domanda, nonché l elenco della
documentazione necessaria per la tipologia di visto richiesta.
Per gli introiti derivanti dai servizi offerti dalla Telekom, l
articolo 5.3 del contratto stipulato con la società stabilisce che «l
intero incasso derivante dalla fornitura dei servizi di cui all
articolo 1 del presente contratto appartiene alla Telekom». Quanto ai
costi relativi alla creazione del call center ed al suo funzionamento
(stipendi e oneri sociali per i sei impiegati, stampa del materiale
informativo, invio, a domicilio con lettera raccomandata della lista
dei documenti da presentare all Ufficio Visti, costi fissi, eccetera)
essi sono interamente a carico dalla Telekom.
La prassi del call center è stata adottata, in Serbia, anche da altri
Paesi Schengen, quali Francia, Spagna, Belgio, Grecia.
Al fine di alleviare gli oneri per gli utenti, l Ambasciata sta
finalizzando con la Telekom un ulteriore accordo che prevede un costo
forfettario da corrispondere solo nel caso in cui l appuntamento
venga effettivamente fissato. Verrà inoltre istituito un secondo call
center, preposto esclusivamente a fornire informazioni. Tale servizio
sarà prestato dalla Telekom a titolo gratuito.
L Ambasciata a Belgrado è tra le prime Sedi nel tempo ad aver
utilizzato questo sistema di appuntamenti e sul cui modello sono
stati modulati i successivi accordi firmati tra le Rappresentanze
italiane e i locali gestori di società di outsourcing nei Paesi
interessati da un forte incremento nel rilascio dei visti d ingresso,
tra cui l Ambasciata a Bucarest.
Il call center di riferimento dell Ambasciata a Bucarest, gestito
dalla società Easy Call, si basa infatti sul medesimo modello di
quello in uso a Belgrado.
Il servizio è attivo tutti i giorni lavorativi dalle 8.00 alle 18.00
e impiega sei unità operative ed il costo della chiamata è noto all
utente all apertura della linea e prima che scatti l addebito della
telefonata.
Non risulta all Ambasciata a Bucarest, che vigila sul funzionamento
di tale struttura, anche con ispezioni senza preavviso, che gli
utenti siano costretti a lunghe e costose attese senza neanche
ottenere l appuntamento. Gli introiti derivanti dal servizio sono
percepiti dalla società che gestisce il call center su cui gravano
per intero i costi di funzionamento senza alcuna spesa per l Ambasciata.
Più in generale, si evidenzia che la materia dell outsourcing è
regolata dall Istruzione Consolare Comune Schengen, che prevede la
possibilità di utilizzare società di servizi per il disbrigo di
alcuni dei servizi connessi al rilascio dei visti.
Vale la pena sottolineare, per evitare equivoci, che il ricorso al
call center non è obbligatorio per l utente cui è sempre lasciata
aperta la possibilità di rivolgersi direttamente alla Rappresentanza
diplomatica per chiedere informazioni ed appuntamenti con modalità
più tradizionali (centralino, fax, lettera) e presentarsi allo
sportello durante l orario d ufficio per sottoporre la domanda di
visto. Vale la pena sottolineare, inoltre, che le richieste di
informazione e di appuntamento possono essere inoltrate anche per
posta elettronica e che, come per tutte le nostre sedi all estero, le
informazioni necessarie ad istruire le pratiche possono essere
scaricate attraverso il sito dell Ambasciata. Quello di permettere la
fissazione di appuntamenti tramite call center è quindi un servizio
addizionale, e non sostitutivo rispetto ai tradizionali servizi
offerti dalla nostra rete consolare.
La scelta della società di servizi cui affidare alcuni dei servizi
connessi ai visti viene effettuata affidandosi a società di
comprovata professionalità ed affidabilità ovvero leader mondiali nel
settore e sulla base delle esperienze maturate anche da altri
Partners Schengen ed occidentali che pure fanno un massiccio ricorso
a tali forme di outsourcing.
Controlli non preannunciati da parte dei funzionari dell Ufficio
Visti, sotto il profilo funzionale e di sicurezza, vengono effettuati
frequentemente, anche telematicamente nel caso di sistemi di
appuntamenti e con ispezioni senza preavviso presso la società di
outsourcing, per verificarne il corretto funzionamento.
Si segnala infine che i sistemi di esternalizzazione in uso presso le
nostre Sedi sono oggetto di un accurata preparazione (formazione del
personale, dettagliata messa a punto delle procedure, sua diffusione
presso gli ambienti interessati) e di un periodo di rodaggio da parte
della Sede per correggerne gli eventuali difetti.

http://www.voltairenet.org/article153020.html

L’Allemagne et l’Europe du Sud-Est


Qui se trouve à l’origine du projet allemand de reconnaissance unilatérale du Kosovo ?

par Karl Müller


5 NOVEMBRE 2007

Depuis
Zurich (Suisse)


La politique allemande se présente actuellement sous un double jour. Il y a dans tous les partis des forces qui souhaitent ramener la politique aux réalités, mais aussi à un équilibre, à des principes juridiques et à l’intérêt ­commun – cela aussi parce que le nombre de gens, qui ne sont pas d’accord avec l’état de fait actuel, grandit, de même que la perte de confiance dans la classe politique et ses partis.
Mais il y a d’autres forces autoritaires, méprisant le droit et prônant la violence – dans presque tous les partis – qui poursuivent une politique allemande d’hégémonie, notamment au profit des Etats-Unis.

Il serait peu judicieux de laisser ce duel à la seule classe politique et à ses valets, les agences de relations publiques et les médias. Il est du ressort de chacun et chacune de se forger une idée quant aux problèmes qui se présentent et de prendre position – et ceci aura de l’impact.
Cela est également vrai pour la politique étrangère. Certes, les nombreuses prises de position critiques à ce sujet n’ont pu in­fluencer qu’une petite partie des décisions politiques, mais un important travail d’information a été entrepris au sein de la population. C’est ainsi que l’engagement de la Bundeswehr en Afghanistan – pour ne citer qu’un exemple – n’est plus soutenu que par 29 pour cent des personnes interrogées par l’Institut démoscopique d’Allensbach. La grande majorité – des partisans de tous les partis – refuse cet engagement. Il y a cinq ans, ils étaient encore 51 pour cent en sa faveur.


Un travail d’information quant à la politique allemande en Europe du Sud-Est s’impose

En ce qui concerne la politique allemande en Europe du Sud-Est, un tel travail d’information reste encore en suspens. Des auteurs comme Jürgen Elsässer, menant depuis des années des travaux importants, n’ont pas encore obtenu l’audience qui devrait leur revenir. Pourtant, cet effet de masse serait particulièrement important puisque c’est toujours une manière de penser noir et blanc qui domine l’opinion publique. Certains politiciens en profitent pour poursuivre leurs objectifs irresponsables et les enrober de belles paroles. Comme c’est le cas de l’ancien ministre allemand des Affaires étrangères, Hans-Dietrich Genscher, qui trouvait, au début des années 90 lors du démantèlement de la Yougoslavie, qu’il s’agissait du droit à l’autodétermination des peuples et des droits des minorités.


Etre et paraître

Un exemple historique montre à quel point le décalage entre l’être et le paraître est grand. L’ancien chancelier du Reich, et ministre des Affaires étrangères, Gustav Stresemann, qui avait même obtenu en 1926 le prix Nobel de la paix, passe généralement pour une des rares personnalités politiques de la république de Weimar, qui avait, paraît-il, réussi à rapprocher les Allemands et les Français et à sortir l’Allemagne de l’isolement international d’après la Première Guerre mondiale.
Toutefois, cette vision se ternit lorsqu’on y regarde de plus près. Par exemple : en 1925, Stresemann a écrit ceci : « La troisième grande tâche [de la politique étrangère allemande] est de corriger les frontières orientales : récupérer Dantzig, le corridor polonais et apporter des modifications à la frontière de la Silésie supérieure. » Donc une nouvelle partition de la Pologne. Streseman craignait encore que du fait de l’extension de l’empire soviétique jusqu’à l’Elbe, « le reste de l’Allemagne fût à la merci de la voracité française ». Ce titulaire du prix Nobel de la paix rêvait d’une « Allemagne revivifiée » et en cherchait les meilleures conditions de réalisation.
Et qu’en est-il de l’actuelle politique étrangère allemande en Europe du Sud-Est ?


L’Allemagne porte une grande responsabilité dans l’effondrement de la Yougoslavie

On doit prendre très au sérieux les voix qui accusent l’Allemagne, depuis les années 80, de porter la plus grande part de responsabilité dans l’effondrement de la Yougoslavie et dans les guerres sanglantes qui s’ensui­virent dans cette région européenne. De nombreux in­dices portent à penser que l’Allemagne cherchait, dès le début des années 80, à gagner de l’influence sur cette région au travers de l’effondrement de la Yougoslavie et, de ce fait, à affaiblir, voire à réduire à néant les efforts en faveur de l’unité yougoslave du gouvernement central de Belgrade et des ­Serbes, son meilleur soutien. L’Allemagne ne s’est pas contentée d’apporter un soutien politique, mais a engagé des activités des ser­vices secrets et fourni des armes pour soutenir cette division en violation du droit international. Cela contre la volonté d’autres gouvernements européens. On a même apporté un soutien à l’organisation criminelle, voire terroriste des Albanais du Kosovo l’UÇK.
Le 23 octobre, on vient d’annoncer que le gouvernement allemand était disposé à reconnaître un Etat du Kosovo si les forces politiques dominantes au Kosovo décidaient, en cas d’échec des négociations internationales, de proclamer, après le 10 décembre, l’indépendance du Kosovo. L’Allemagne commettrait ainsi une nouvelle grave violation du droit international.


Quelle est la position du gouvernement allemand dans l’affaire du Kosovo ?

Jürgen Elsässer se demandait le 25 octobre dans le quotidien « junge Welt » si l’on avait affaire à une lutte entre deux positions de la politique envers le Kosovo, entre le ministère des Affaires étrangères en mains socialistes et le ministère de la Défense mené par les chrétiens-démocrates. Cela s’explique du fait que le chef des négociations inter­nationales actuelles, Wolfgang Ischinger, provient du ministère des Affaires étrangères et que ses plans jusqu’alors connus – Jürgen Elsässer en a publié un plan en 14 points dont il dispose – n’évoquent aucunement – ce qui est intéressant – une indépendance du Kosovo sur le plan du droit international.
Une interview de Gert Weisskirchen, porte-parole socialiste de politique étrangère, menée le 24 octobre par le Deutschlandfunk, montre également qu’il y a désaccord au sein de la coalition gouvernementale. Selon Weisskirchen, il s’agirait surtout d’une rumeur, en ce qui concerne le projet allemand de reconnaissance de l’indépendance du Kosovo, mais qu’en fait on y pensait, sans toutefois prendre de décision. Il ne s’est toutefois pas prononcé quant aux détails, c’est-à-dire de savoir qui suggérait cette position et qui en prenait le contre-pied.


Quelle est la suite à laquelle il faut s’attendre ?

Ce type de projet ne s’appliquerait-il pas aussi à la Slovaquie ? Le journal « Frankfurter Allgemeine Zeitung » a publié le 8 octobre un article reprochant au gouvernement slovaque « des invectives contre la minorité hongroise », écrivant dans le sens des forces hongroises qui demandent la révision du tracé des frontières décidé après la Première Guerre mondiale et rêvent d’une grande Hongrie. Cet article allait si loin que l’ambassade de la république slovaque est intervenu le 12 octobre pour rectifier les choses.


Une grande puissance allemande et une nouvelle grande Hongrie ? Dans quel but ?

Ce qui donne à réfléchir c’est le fait que depuis quelque temps on assiste à des troubles en Voïvodine, en Serbie du Nord où vit une minorité hongroise, qui vont dans le sens d’une grande Hongrie. De plus, on se souvient que la Hongrie fut le plus important allié de l’Allemagne hitlérienne en Europe du Sud-Est. Cette réflexion est renforcée par le fait que tant l’Allemagne que la Hongrie jouent un rôle important dans les projets de remodeler le continent eurasiatique dans le sens des Etats-Unis. Il n’est pas impossible non plus que tous ces efforts ne soient que des étapes pour la formation d’un front sud-est contre la Russie. On peut donc se demander, au travers des dissensions de la classe politique allemande, s’il ne s’agit « que » de la question du Kosovo ou si, par hasard, il y aurait des visées plus lointaines.
On a pu constater, ces derniers temps, que l’espoir que les prochaines élections présidentielles amèneraient une autre Amérique ne sont qu’une illusion. Le président Bush a une nouvelle fois exigé un crédit de 46 milliards de dollars pour intensifier la guerre en Irak et en Afghanistan, ce qui mènerait la somme totale de ces deux guerres à 800 milliards de dollars. Il ne semble pas que la majorité démocrate au parlement soit disposée à refuser ces sommes. Jusqu’à présent elle y a toujours consenti.
De ce fait, l’Europe est d’autant plus sollicitée, notamment l’Allemagne. Il faut examiner et, le cas échéant, soutenir toute alternative à cette politique hégémoniale.



(italiano / english. Il testo dell'appello in italiano è stato da noi già diffuso e si può leggere alla pagina: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/appello07kosovo_firenze.htm )

APPEAL

To the United Nations' Security Council
To the European Parliament
To the Italian Government

 

 

In view of the U.N. Security Council meeting that will discuss the Contact Group results on the status of the autonomous Serbian region of Kosovo,

 

                                                             the undersigned
 
spokespeople, as  political representatives,  of the city of Florence local offices and of the Region of Tuscany, and people engaged in activities to promote the well-being, safety and future lives of refugees and immigrants within our region, ask to international and national institutions


that every decision, no matter how small, regarding the Autonomous Region of Kosovo, in Serbia, take into basic account a genuine, real and permanent peace in that land already so martyred by the violence, and that every decision also take into account the real, visible social effects to be directly experienced on our territory.

 

It’s important to know that from the beginning of 1990’s to today our city and our region have been directly impacted by the tragic consequences of the general events in Yugoslavia and in the province of Kosovo in particular. Our involvement has not only been throught the initiatives of solidarity and assistance by individuals, groups and institutions towards those lands, but also through the large number of refugees who sought safety and survival among us in Tuscany, since their lives couldn’t be safe in their native land.

1999 spring bombings particularly and following military occupation by international forces gave impetus to a massive flight of hundreds of thousand  people who chose to flee racial and political persecution and to escape the violence of “UCK” militant nationalists and of criminal elements - now heavily affecting the social and economic landscape of post-yugoslav  Kosovo.

These persecutions and violence continue today. One noteable example is that of March,  2004,  murders as well as violent attacks - not only against properties but also against artistic and historic treasures – continue to force many non-Albanians or simple non-nationalists, freedom-seeking Kosovans, to leave and to seek for safety far away from their homeland.

Since the beginning of the conflict and especially since the time of Amato’s Law 390/1992 which alloted funds for the Yugoslavia refugees, exiles from all corners of that country arrived to Florence and Tuscany. That money may have been distributed in such an irregular manner that the exiles found help hard to get.  As examples, let's mention the cases of Florence' Zones 4 and 5.  Specifically in Zone 4, for quite a few years now, there have been two villages with prefab buildings and essential services for hundreds of persecuted Kosovans, especially Romas and Askalijas.  The buildings and services are in need of repair.  Many other Kosovans belonging to these and other ethnic groups - such as Gorani, “Egyptians”, Muslim Slavs, Turks and Serbs - are living in various sites throughout Tuscany, often substandard. With time passing, some Kosovan families were able to move from such temporary camps to permanent housing in our area.  These houses provide the security parents need to raise their families in peace and for a productive future. These fortunate people can offer hope to the others, after years of attempts to resettle in a war free zone.

We can mention many individual cases.  For instance, there is a family of 5 who are Askalijas from the area of Kosovska Mitrovica.  They are unable to return, since 4 relatives of theirs were killed in the ethnic cleansing that occurred.  Another example is a family from the Olmatello Camp, otherwise known as "nomad camp", who have been labeled "nomads" although these people are ex-Yugoslav citizens who used to live sedentarily in small neighbourhoods.

This, an international problem, is especially serious in Florence.  One wave of refugees after another created increasing difficulty for integration in a social context that is highlighted today by strong immigration rates, in particular Rom immigration, and agitated through open racism for wretched political purposes.

 

Regarding the announced “independence” of Kosovo, in our opinion it is a scandal that new crises causing once more human beings to escape from their homes should be faced. This may happen anew because of such irresponsible international policies, based on egoistic interests and the anxiety to crack countries - that had and cannot but preserve a multinational and multicultural character - by dividing them along senseless ethnic borders. Obviously, the proclamation of new “independences” in the Balkans will not close, but rather start “domino”-like processes, as easy to foresee given the Albanian annexionism and the secessionist aspirations of other communities - for example in Bosnia.

 

November 29, 2007, with the bipartizan vote of majority and opposition, the Italian Parliament itself approved declarations which engage the Government to make all possible efforts in order “to promote a shared solution” on the Kosovo issue and “not to recognize any unilateral declaration of independence from Kosovan side”. We also support this engagement as the least condition, so that our country will not support further bloody partitions of the Balkan territory: to avoid that new blood is spread around, until Tuscany, until Florence, as we already saw in the past years, as we do not want to happen any more. 

  

FIRENZE, 4 december 2007

 


 

ENDORSERS:

ALDO MANETTI -  REGION TUSCANY COUN. P.R.C. (PARTY OF RIF. COMMUNIST)
MONICA SGHERRI – REGION TUSCANY COUN.LEADER  P.R.C.
ALESSANDRO LEONI – C.P.N. (COMM. POL. NATIONAL) P.R.C.
JACOPO BORSI – COUN. P.R.C. FIRENZE QUART. 5
SANDRO TARGETTI – COUN. PROV. FIRENZE- LEADER  P.R.C.
LORENZO MARZULLO – PRES. PEACE COMM. FIRENZE
MARIO LUPI – REGION TUSCANY COUN. LEADER GREEN FOR UNION
MAURO ROMANELLI – SPOKESMAN FED. GREEN OF TUSCANY
STEFANO BARBIERI – OFF. PRESS GREEN REGION TUSCANY
LUCA RAGAZZO – COUN. PROV. FIRENZE- LEADER  GREEN
DUCCIO BRACCALONI – SPOKESMAN OF FIRENZE GREEN
ALESSIA PETRAGLIA  –. REGION TUSCANY COUN.  S.D. (DEMOCRATIC LEFT)
GIOVANNINI BRUNA – . REGION TUSCANY COUN.  S.D.
SILIANO MOLLITTI – COORD. FIORENTINO  S.D.
ROBERTO PASSINI – COORD. TUSCANY  S.D.
MARCO MONTEMAGNI-.-  REGION TUSCANY COUN. P.D.C.I. (PARTY OF ITALIAN COMMUNIST)
MAURO LENZI – REGION TUSCANY  SECR. P.R.C.
PAOLO FATTORI – TOWN COUN.  PRATO P.R.C.
IVAN PAVICEVAC – PRES. COORDINATION NAT. FOR THE  JUGOSLAVIA
ANDREA MARTOCCHIA – COORDINATION NAT. FOR THE JUGOSLAVIA
PAOLA CECCHI – COORDINATION NAT.  FOR THE  JUGOSLAVIA
BIANCA LA PENNA – OPERA NOMADI - FIRENZE
MICHELA ANDREUCCI – PRES. OPERA NOMADI PISA
ALBERTO TAROZZI – UNIVERSITY MOLISE

 

FOR ADHESION AND INFORMATION:

 

ALESSANDRO LEONI :  tel. 0039- 055-2387218
CONSIGLIO REGIONE TOSCANA
UFFICIO PRESIDENZA – QUESTORE
VIA CAVOUR, 4
50129  FIRENZE -  ITALY
E-MAIL : a.leoni@...

 

PAOLA CECCHI : cell. 0039 -347-1380980
e-mail: ristori@...


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Da: Leoni Alessandro 
Inviato: giovedì 6 dicembre 2007 18.07
Oggetto: COMUNICATO STAMPA su APPELLO per Kosovo

 

 Firenze, 6/12/2007

 

Agli organi d’informazione e stampa
COMUNICATO  STAMPA

 

 

I seguenti firmatari dell’ “Appello sulla questione Kosovo in vista della riunione del Consiglio di Sicurezza delle N.U.” : Paola Cecchi, Stefano Barbieri ( VERDI ), Aldo Manetti ( PRC ), Alessandro Leoni (PRC), Mario Lupi  hanno incontrato i giornalisti nella Sala stampa del CRT.
L’incontro ha permesso di specificare le motivazioni dell’Appello stesso che sta riscuotendo, fra l’altro, particolari consensi anche a livello parlamentare.
Si è sottolineato come al timore di una nuova crisi internazionale derivata da eventuali precipitazioni unilaterali, quali, ad esempio, la “proclamazione dell’indipendenza” da parte kosovara si aggiunge l’altrettanto grave considerazione sugli effetti sociali che il riaccendersi del conflitto comporterebbe.      
Come ha specificato Paola Cecchi ciò che è avvenuto, in queste ore, nella nostra città cioè l’abbattimento, manu militari, dei “ricoveri di fortuna”  proprio dei profughi, vittime dell’aggressione NATO del 1999,  testimonia il cinismo della politica internazionale  “occidentale” che prima crea le condizioni delle varie  ondate migratorie  ( appunto con guerre e saccheggio delle risorse naturali economiche dei paesi in via di sviluppo ) e poi alimenta il risentimento xenofobo della popolazione locale sulla quale ricadono, effettivamente, le conseguenze della crisi economica.

 

Mario LUPI  ( Capogruppo VERDI in CRT ), Aldo MANETTI ( consigliere regionale PRC ),  Paola CECCHI  ( Coord. per la Jugoslavia ),  Stefano BARBIERI  ( VERDI ), Alessandro LEONI (  Segreteria region. toscana PRC )

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Messaggio di saluto per la conferenza stampa

Mi scuso per non potere intervenire direttamente a questa conferenza stampa. Mi preme sottolineare l'importanza di questa iniziativa dell'Appello, che è forse la prima in assoluto ad essere presa in Italia, dopo più 8 anni dalla occupazione militare del Kosovo, per porre ufficialmente il problema dei profughi kosovari vittime della persecuzione politica e dell'apartheid praticati in Kosovo dal giugno 1999 in poi.

Questi profughi, diversamente da quelli strumentalizzati e vezzeggiati ai tempi della famigerata "Missione Arcobaleno", hanno usufruito di pochissimi aiuti e non hanno prospettive ne' di rientro in Kosovo, visto il regime che lì è stato instaurato, ne' di inserimento in Italia, vista la violenta campagna razzista in corso nel nostro paese. Essi incarnano la coscienza sporca di chi ha voluto quella "guerra umanitaria". È importante che ogni soluzione veramente condivisa per il problema del Kosovo e dei Balcani passi anche attraverso di loro, cioè attraverso le loro necessità ed attraverso le loro speranze.

Buon lavoro

Per il CNJ ONLUS
Il segretario
Andrea Martocchia


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di seguito il dispaccio ANSA: si noti bene che esso omette di menzionare la motivazione principale dell'appello, e cioè la presenza a Firenze delle vittime della "pulizia etnica" compiuta dall'UCK 
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ANSA (POL) - 06/12/2007 - 16.04.00
KOSOVO: APPELLO DA TOSCANA, TENERE CONTO DI RICADUTE SOCIALI


ZCZC0935/SXR @FI15583 R POL S57 QBXX KOSOVO: APPELLO DA TOSCANA, TENERE CONTO DI RICADUTE SOCIALI (ANSA) - FIRENZE, 6 DIC - Un appello di esponenti della societa' civile e della 'sinistra' toscana a sostegno del Kosovo. E' quello presentato in Consiglio regionale a pochi giorni dalla riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che discutera' dello 'status' della regione. L'appello chiede che in quell'occasione ogni decisione tenga conto anche dei riflessi sia dal punto di vista della pace che da quello delle ricadute sociali sul territorio italiano. Tra i firmatari dell'appello, che sara' inviato allo stesso Consiglio di sicurezza dell'Onu, al Parlamento europeo e al Governo Italiano, figurano anche alcuni consiglieri regionali ed esponenti di Verdi, Pdci, Rifondazione comunista, Sinistra democratica. Presenti in sala anche membri del coordinamento nazionale per la Jugoslavia. Dopo aver ricordato la storia recente del Kosovo, ''con i bombardamenti della primavera del 1999 conclusisi con l'occupazione militare da parte di forze internazionali'', i firmatari ritengono ''scandaloso'', di fronte all'ipotesi dell'indipendenza, ''che si debbano fronteggiare ulteriori crisi e nuovi afflussi di esseri umani in fuga dalle proprie case a causa di politiche internazionali irresponsabili''. Riferendosi alle mozioni approvate dal Parlamento italiano lo scorso 29 novembre, che impegnano il Governo ad ''arrivare a una soluzione condivisa'' e a non riconoscere ''un'eventuale dichiarazione unilaterale d'indipendenza'', i firmatari ritengono che queste siano condizioni ''minimali perche' il nostro Paese non si renda corresponsabile di ulteriori sanguinose spartizioni del territorio balcanico le cui conseguenze portano la loro scia di sangue fino in Toscana''. (ANSA). YG2-GAR 06-DIC-07 16:00 NNN

(Der hierunterfolgende Tekst auf deutsch:
Kriegsbereitschaft (4.12.2007) - Deutsch-französische Militärkreise leiten in diesen Tagen die Gründung eines EU-weiten Verbandes zur Stärkung der Kriegsbereitschaft in der Bevölkerung ein...



Ready to Accept War 

2007/12/04

KLINGENTHAL/PARIS/BONN (Own report) - In the next few days German-French military circles will be initiating the establishment of an EU-wide association to reinforce the population's readiness to accept war. This is based upon an agreement between the German Gesellschaft für Wehr- und Sicherheitspolitik (GfW) (Association for Defense and Security Policies) and the French Civisme Défense Armée Nation organization (CiDAN) (Civil Responsibility, Defense, Army, Nation). Both have been engaged in promoting military policy projects in their respective countries. Current planning seeks to convince particularly journalists and teachers ("multipliers") throughout Europe "of the necessity (...) of consolidating efforts in the realms of security and defense." The objective is "the maintenance of the [EU's] status in the world" through an EU army. The GfW, which, from the German side, participated in the planning, is closely linked to the Bundeswehr (German armed forces) and the German ruling parties. Over the past few years, the GfW has been repeatedly criticized because of its contacts to extreme rightist milieus.

Klingenthal Castle

Current efforts to reinforce within the populations of the European Union, a readiness to accept war, are taking place within the framework of this year's "Klingenthal Meeting" organized by the French CiDAN organization (Civic Responsibility, Defense, Army, Nation). It began Monday Dec. 3, in the Klingenthal Castle near Strasbourg and ended on Friday Dec. 7. Klingenthal Castle is owned by the Johann Wolfgang von Goethe Foundation in Basel, which was founded in 1968 by the former Nazi cultural financier, Alfred Toepfer, taking over a large portion of the resources from a foundation in Vaduz carrying the same name. The institution that had been registered in 1931 in Vaduz, was a parallel foundation to that of the Alfred Toepfer Foundation F.V.S, that, even today is criticized for its eponym's involvement during the Nazi period.[1]

Spirit of Defense

Since its founding in 1999, the organizer of the "Klingenthal Meetings," CiDAN, has been devoted to strengthening the "spirit of defense" and reinforcing the "rapport between the civilian society and the military world." With the "Klingenthal Meetings" CiDAN began, in 2001, to extend this work to the whole of Europe. The organization writes that the populations of every EU nation has to be won over to a "European defense consciousness".[2] Therefore once a year they invite politicians, military personnel and scholars to Klingenthal Castle. This year's meeting is being underwritten by the Fondation Entente Franco-Allemande (Foundation for French-German Understanding) as well as the Charles Léopold Mayer Foundation for Human Progress (in Lausanne). CiDAN has close links to the French Defense Ministry.

Global Interests

The German Association for Defense and Security Policies (GfW), that has as one of its objectives the "maintenance of the general defense readiness", joined this process in 2004. Following an initial accord reached in April 2006, GfW, together with CiDAN, agreed upon a "Charter for the promotion of a European Security and Defense Consciousness", that shows clear evidence of German involvement. This Charter serves as the groundwork for a pan-EU fusion that will include associations from all member nations. According to this document, to defend its territory as well as "safeguard its global interests", the EU requires "a common European security and defense policy alongside operational European organized and commanded armed forces."[3] To domestically secure the global combat deployment of the EU army, GfW and CiDAN want to "reinforce the support for the common European security and defense policy within the populations of the European Union." According to information from CiDAN, there are already organizations from 16 EU member nations interested in signing this Charter.

Afghanistan, Iraq

As announced by Manfred Rosenberger, a colonel in the Bundeswehr and member of CiDAN, the current "Klingenthal Meeting" will serve to consolidate the network for founding an EU-wide fusion in the spirit of the charter. "Global politics cannot be influenced without military capability," writes Rosenberger. "This is particularly evident when seen in the context of Afghanistan, Palestine and Iraq." According to the colonel, the "concord of citizens throughout Europe" is indispensable for future combat missions of an EU army. "Everyone must be convinced of the necessity to consolidate efforts in the realm of security and defense."[4] Rosenberger calls for the development of a new readiness to accept war through "nurturing a security and defense thinking within educational institutions." Besides teachers ("at universities and schools"), journalists, above all, "must be won" as partners in cooperation.

Community Service

Rosenberger participated with CiDAN already in the early stages of planning for the new fusion. Since 1980 he has been a member of the inner circle of German-French military cooperation. He was (2001 - 2005) employed at the Federal College for Security Studies, which, through the close cooperation with Chancellery personnel is linked to the inner circles of power in German military policy.[5] The GfW, which joined CiDAN's planning in 2004, is unofficially the German PR organization for promoting the armed forces and military policy in public opinion. To make the task easier, it has been accorded the privileged status of a "community service" institution. Approximately three-fourths of its budget is furnished by the Federal Bureau of the Press, its staff is comprised mostly of Bundeswehr personnel (some of whom are retired), politicians and ministry officials. The membership has been steadily rising since 1990 to reach close to 7,500, divided, throughout the country, into about 100 sections doing PR work for the military.

"1939 - Many Fathers"

Founded in 1952, (under the name Gesellschaft für Wehrkunde - Association for the Science of Warfare), the GfW predates the Bundeswehr. Former Wehrmacht officers founded the organization to campaign - successfully - for the rearmament of West Germany. About half of its members were integrated into the West German army in the mid-1950s. During the years of transition (1954 - 1963) the GfW was presided over by a convicted war criminal. Retired Gen. Col. Georg-Hans Reinhardt had served in the Kaiser's army as well as in the Reichswehr. He had been convicted in the Soviet Union of war crimes and sentenced in 1948 to 15 years, but was released early in June 1952. Over the years, the GfW has been repeatedly the target of criticism because of the company, sectors of the organization, has been keeping in fascist milieus. When in 1999 it became public knowledge that the organization had invited lecturers with links to the extreme rightist milieu,[6] the defense ministry placed a former inspector general at the head of the GfW. He quit a year later.[7] Three years ago another scandal occurred, when the GfW's Rendsburg section planned the public reading of a new book. This could be prohibited at the last moment. The book's title: "1939 - Der Krieg, der viele Väter hatte" (1939 - The War Born of Many Fathers)".


[2] Colloques annuels de Klingenthal; www.cidan.org
[3] Charta zur Förderung eines "Europäischen Sicherheits- und Verteidigungsbewusstseins"
[4] Auf dem Weg zu einer Europäischen Sicherheits- und Verteidigungskultur; www.military-for-peace.net
[6] Braune Kameraden - Mit Steuergeldern auf Vortragsreise; daserste.ndr.de/panorama/archiv/1999/t_cid-2943702_.html
[7] Der deutsche Militarismus. Analysen zur Militarisierung der bundesdeutschen Gesellschaft, Aachen o.J.




Roma, Milano: Iniziative sulla condizione rom

1) Milano 10/12: Rom e politiche sociali - conferenza stampa
2) Venerdì 14 e sabato 15 dicembre 2007 - ROMA
"I Rom/Sinti e le Metropoli": X  Seminario Nazionale Opera Nomadi


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COMUNICATO STAMPA - Invito

 

MILANO, ITALIA. ROM E POLITICHE SOCIALI, TRA INSICUREZZA E INTOLLERANZA
 
CONFERENZA STAMPA LUNEDÌ 10 DICEMBRE, ORE 14,30, PRESSO LA CAMERA DEL LAVORO DI MILANO
 
Il 10 dicembre la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo compie 59 anni. Ma non lo si direbbe, tanto è vasto e sistematico il panorama delle violazioni e delle discriminazioni che colpiscono singoli individui e interi popoli ai quattro angoli del mondo. In aree di guerre, di conflitti e di dittature, con stragi, genocidi e uccisioni. Ma anche in Paesi a salda tradizione democratica, dove la tortura viene ora addirittura teorizzata e neppure più nascosta, come a Guantanamo.
Seppure su un piano diverso, la violazione dei diritti avanza e si estende anche nelle nostre città, dove la questione della legalità e della sicurezza non di rado viene strumentalizzata politicamente e diviene pretesto per politiche miopi e autoritarie, che trasformano i problemi sociali in questioni di ordine pubblico.
Uno di questi problemi riguarda i Rom. In generale, e a Milano in modo particolare, dove le autorità cittadine dal 2003 all’ottobre 2007 hanno fatto 340 interventi di sgombero in aree dismesse e insediamenti abusivi; mentre da gennaio 2007 a oggi sono stati più di 65. Questi sgomberi quasi mai sono stati accompagnati da alternative, ma si sono limitati a scacciare con le ruspe, costringendo all’addiaccio e a condizioni di vita ancora peggiori uomini e donne, anziani e bambini.
È un modo di spostare il problema, di nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma in questo caso, la polvere è costituita dalla vita di migliaia di persone, di centinaia di famiglie smembrate e perseguitate senza colpa, se non quella di essere poveri e privi di opportunità abitative.
Si tratta di una politica, o meglio di una non-politica, che insegue le logiche di emergenza, incapace com’è di analisi dei problemi, di ascolto, confronto, programmazione, risposte equilibrate.
Ma l’unica emergenza, in questo caso, è quella umanitaria.
Per questo motivo un gruppo di associazioni il 10 dicembre, alle ore 14,30 presso la Camera del Lavoro di Milano (corso di Porta Vittoria 43) terrà una Conferenza stampa sui problemi dei rom a Milano, significativamente e simbolicamente indetta nella Giornata mondiale dei Diritti Umani.
Occasione e motivo della conferenza stampa è la nascita di un Cartello permanente delle associazioni milanesi che operano per promuovere una città e politiche inclusive.
·        Saranno illustrate le prime proposte del Cartello di associazioni, finalizzate a uscire dalla logica dell’emergenza e a chiedere confronto e cambiamento di rotta alle istituzioni locali.
·        Proposte che troveranno un successivo momento di dibattito e verifica in un Convegno che si terrà a metà gennaio a Milano, cui sono stati invitati i ministri con competenze sui problemi posti.
 
Prime adesioni al Cartello e saranno presenti:
Caritas Ambrosiana
Acli Milano
Arci
Opera Nomadi Milano
Associazione Rom e Sinti Insieme
Gruppo Abele Milano
Comunità di S.Egidio
CGIL Camera del Lavoro di Milano
CISL Milano
Naga
Associazione Nocetum
Associazione Aven Amenza
Padri Somaschi
Associazione Liberi
 

Fonte: Eva Fratucello
Ufficio Immigrazione - Campagne
ARCI - Direzione Nazionale
tel. 06.41609503
www.arci.it



===( 2 )=================================================

Opera Nomadi
Comune di Roma - Assessorato alle politiche sociali

X  Seminario Nazionale Opera Nomadi

con il patrocinio dei Ministeri 
della Pubblica Istruzione, della Solidarietà Sociale e della Sanità

Venerdì 14 e sabato 15 dicembre 2007 - ROMA

"I Rom/Sinti e le Metropoli"


Seminario Venerdì 14 dicembre 2007 (ore 9.30/19.30)

 

GRUPPO DI LAVORO "KERE’ – HABITAT ": "La cultura dell'Abitare" 
presso Assessorato Politiche Sociali Comune di Roma Viale Manzoni 16 –Sala Rosi- Zona S.Giovanni

 

GRUPPO Dl LAVORO “SASTIPE’-SANITA” 
presso CARITAS Via Marsala 103  (Stazione Termini)

 

GRUPPO DI LAVORO "SCUOLA"
presso Ministero P.I. Via Ippolito Nievo 35 (Sala Kirner) Trastevere

                                      

GRUPPO DI LAVORO "BUTI’ - LAVORO"
 presso Assessorato al Lavoro del Comune di Roma LungoTevere Cenci 5 (Quartiere Ebraico)

 

GRUPPO Dl LAVORO "DIRITTI e ruolo MEDIATORI Rom/Sinti":
presso CESV Via dei Mille 6 - II° piano -  (Stazione Termini)

 

Sabato 15 dicembre 2007 (ore 9.30/ore 13.30)

Sala Istituto Tecnico Via S.Agata dei Goti  19/B

(Centro Storico-Quartiere Monti-nei pressi di Via degli Zingari)

 

Breve spettacolo delle giovanissime danzatrici Romnià Rumunke di Craiova e Turnu Severin

Studentesse del Progetto di Scolarizzazione del Comune di Roma

Esposizione dei risultati dei 5 gruppi di lavoro e conclusioni con

> Prof.ssa M.I. Macioti (Ordinaria di Sociologia all’Università Roma )

> Dr.Salvatore Geraci (Presidente S.I.M.M. Società Italiana Medicina Migrazioni)

> Comunità di Sant’Egidio

> il Prefetto di Roma, l’Assessora Raffaela Milano, Stanislav Vallo Ambasciatore di Slovacchia

> On.le Roberta Angelilli (Relatrice al Parlamento Europeo per la Strategia sui Minori)

Conclusioni della Sottosegretaria di Stato al Lavoro Rosa Rinaldi

sono stati invitati il Ministro PAOLO FERRERO e le SottoSegretarie DE LUCA, DE TORRE e LUCIDI


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GRUPPO DI LAVORO "KERE’ - HABITAT": "La cultura dell'Abitare"
presso Assessorato Politiche Sociali Comune di Roma Viale Manzoni 16 – Sala Rosi - Zona S.Giovanni
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ore 9.30 Introduzione generale a cura di Massimo Converso

La delocalizzazione delle case di edilizia pubblica e l’autocostruzione delle microaree
come alternativa ai megavillaggi della solidarietà

 

ore 10.00 Alessandro Piccin (con ausilio filmato)

               “L’autocostruzione del <Villaggio della Speranza>dei Sinti Veneti a Padova”

 

ore 10.30 - ore 12.15 Il caso Calabria (ausilio di filmati)

Proiezione del filmato “Ninni ninni” sull’attesa della casa popolare della Comunità dei Rom Calabresi di Nicastro (CZ) ; interviene il regista Francesco Pileggi di Lamezia Terme ;

Elvira Falvo (Assessora Lamezia Terme)

“L’integrazione nelle case popolari delocalizzate e il degrado del Villaggio di prefabbricati”

Franco Piperno (già Assessore Comunale CS – Docente Universitario)

“Bilancio settennale di un Villaggio Rom, esempio di architettura residenziale perfetta e di concentrazione di devianza” (preceduto dal filmato realizzato nel 2001)

Matilde Ferraro (Assessora Comunale Cosenza)

”L’affitto agevolato come scelta condivisa con i Rom della Transilvania a Cosenza”

Tilde Minasi (Assessora Comunale Reggio Calabria)

“Dopo l’abbattimento dell’ultima baraccopoli,la delocalizzazione dei Rom Calabresi nelle case popolari della Città”

Giacomo Marino (Presidente O.N. Reggio Calabria)

Antonella Rizzo (Assessore Comunale Crotone ) e Arch. Elisabetta Dominijanni

“La proposta di autocostruzione del Villaggio dei Rom Kosovari”

Ismet Sahiti (Portavoce Comunità Rom Kosovari Crotone)

Comunicazione di ARMANDO VENETO (Europarlamentare calabrese)

ore 12.15

Enrico Serpieri (Comune di Roma)

“ La strategia dei Campi di prefabbricati a Roma “

Constantin Marin (Portavoce Rom Rumeni di Milano)

“ Dalla casa in Oltenia al miniprefabbricato di Milano”

ore 13.00 – ore 15.00  Pausa pranzo

ore 15.00  Massimiliano Morettini (Assessore Comune di Genova)

“Villaggi di prefabbricati e case popolari”

 

ore 15.30 Aurelio Grippa (Volontario Lecce)

“ La masseria Panareo ed i Rom Kosovari di Lecce “

 

ore 15.45 Antonio Sconosciuto (Direzione Servizi Sociali Comune di Pisa)

                “Il progetto <Città sottili>”

 

ore 16.15 : Comune di Napoli e Comune di Brescia

 

ore 16.45  : Ing. Giovanni Santi (Opera Nomadi Bologna)

“Habitat Rom/Sinti in Emilia”

 

ore 17.30  TAVOLA ROTONDA CONCLUSIVA CON ANCI, UPI, Roberto Berardi (UNAR), Daniela Pompei (Ministero Solidarietà Sociale), Domenico Morelli (Ministero Interno), Arcangelo Patone (Ministero P.O.)

 

ore 19.00  stesura relazione di sintesi

 

Segreteria di Gruppo : Chiara Giaramidaro


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GRUPPO Dl LAVORO SASTIPE’-SANITA” 
presso CARITAS Via Marsala 103  (Stazione Termini)
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ore 9.30 Introduzione generale a cura di Salvatore Geraci, S.I.M.M.

 

dal godimento del diritto alla salute come strettamente legato alla situazione sociale delle comunità stesse ad un approccio in sanità attento ai gruppi svantaggiati,

per la pronta risposta delle istituzioni e delle associazioni finalizzata

ad un intervento efficace sulle problematiche prioritarie

 

ore 10.00 : Interventi di
Fulvia Motta CARITAS Area Sanitaria
Antonio Scopelliti Opera Nomadi Foggia
PierLuigi Tommasini Progetto Sastipè ASL RmB Roma
Mahmut Salkanovic (Mediatore Rom di Sanità)
Simonetta Scarsi (ASL Genova)
ed altri Volontari nonché Medici ed Operatori delle ASL/USL
su

Emergenza minori

Permanenze in carcere

Anziani: la presenza di persone maggiori di 60 anni negli insediamenti Rom, in aumento

Sindromi metaboliche

Medicina preventiva:

Uso inappropriato di farmaci

Rimpatri salme

IVG: romnià ; anche questione maternità nei campi abusivi ;

 

ore 13.00 – ore 15.00  Pausa pranzo
 

ore 15.00 interventi di

Cooperativa Magliana ‘80

Fondazione Villa Maraini

Agenzia Comunale Tossicodipendenze

§       Adolescenti: diffusione della tossicodipendenza

§        GIPSY ; sempre più alta l’incidenza delle diverse tossicodipendenze nelle diverse Comunità di Rom e Sinti su tutto il territorio nazionale

 

ore 16.00

i Medici della S.I.M.M. che lavorano con i Rom

Lorella Vassallo (Comunità khorakhanè e dasikhanè di Palermo)

Luisa Lenguini (Comunità Rom khorakhanè in Sardegna)

Issa El Hamad (Comunità Rom Khorakhanè Brescia)

 

ore 17.00 Vaifra Palanca (Segreteria Ministra della Sanità Livia Turco) interviene su:

ambito del diritto

ambito dell’accessibilità

ambito della fruibilità

ambito della criticità assistenziale

 
ore 17.30 Conclusioni dr. Salvatore Geraci
                Presidente Nazionale Società Italiana Medicina Migrazioni
 

ore 18.00 : stesura relazione di sintesi (Geraci, Scopelliti)

 

Segreteria di Gruppo . PierLuigi Tomassini


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GRUPPO DI LAVORO "SCUOLA"
presso Ministero P.I. Via Ippolito Nievo 35 (Sala Kirner)
---

ore 9.30 Introduzione generale a cura della Prof.ssa Renata Paolucci
 
ore 10.00 Intervento della Direttrice Generale Dr.ssa Lucrezia Stellacci
                                        (Dir.ne Gen.le per lo Studente MPI)
 

ore 10.30 RELAZIONI di

 

Anna Maria Biondani Insegnante Camminanti Siciliani Noto (SR)

Antonia Dattilo Dirigente Scolastica Bologna

Marzia Grillo Insegnante Firenze

Maria Lucente Dirigente Scolastica Rom Calabresi e Rom Rumeni Cosenza

Marco Nieli Insegnante Rom Khorakhanè e Rumeni Napoli

Domenico Trovato Dirigente Scolastico Veneto

 
ore 11.45 IL CASO (negativo) ROMA
 
Maria Severino : “La prima scolarizzazione di Minori Rom negli anni ‘60-‘70”
Mauro Zanella : 
"1987-1990 Diario di un maestro. Riflessioni su un'esperienza di lavoro con i Rom a Roma."
Gennaro Loffredo (Insegnante Minori Rom Khorakhanè del più grande Villaggio autorizzato d’Italia – Via Pontina Nuova – Pomezia – Roma)

Lino Posteraro (Coordinatore Scolarizzazione Comune di Roma XV° Municipio)

 
ore 13.00 – ore 15.00  Pausa pranzo
 
RELAZIONI dal territorio scolastico :
 
ore 15.00  il Prof. Pasquale Florio (Liceo Scientifico S.Croce di Magliano – CB) e le quattro giovani studentesse liceali della famiglia Rom DI SILVIO relazionano sul percorso scolastico dalle Materne alle Superiori, verso l’Università; 
 
ore 15.30  On.le Nando Bonessio  (VicePresidente Commissione Scuola Comune di Roma)
 
ore 16.00  Rosanna Sebastio , Dirigente Scolastica Modugno di Bari
 
ore 16.30  Francesco Fusca Ispettore Direzione Regionale Scolastica Calabria
 
ore 17.00 Dibattito sulle relazioni ed altri interventi dalle scuole, filmati didattici;
 

ore 18.00

Conclusioni del Dr.Raffaele Ciambrone (Direzione Generale per lo Studente – MPI)

               e del Prof. Vinicio Ongini (Ministero Pubblica Istruzione)

 

ore 18.30 stesura relazione di sintesi

 

Segreteria di Gruppo : Gruppo Scuola Opera Nomadi Lazio

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GRUPPO DI LAVORO "BUTI’ - LAVORO"
presso Assessorato al Lavoro del Comune di Roma LungoTevere Cenci 5 (Quartiere Ebraico)
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dedicato all’operaio Rom COSIMO ABRUZZESE,

trucidato difronte la sede della Cooperativa “Rom 1995” dalla mafia

nel maggio 2007 a Reggio Calabria.

 

ore 9.30 Introduzione generale a cura di AnnaLuisa Longo (Consigliera Nazionale O.N.)
                               ed Aleramo Virgili (Sportello Lavoro Rom/Sinti Comune di Roma)

una strategia per IL LAVORO come STRUMENTO CENTRALE dell’autosviluppo economico e sociale del popolo dei Rom/Sinti in Italia


http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-12-04%
2009:15:24&log=invites

Kosovo ou Unmikistan : le royaume de la corruption, de l’illégalité
et du crime

Maciej Zaremba


Maciej Zaremba, le réputé journaliste du Dagens Nyheter, le très
influent quotidien suédois, brosse un portrait de l'incapacité et des
abus de l'UNMIK (Mission d'administration intérimaire des Nations
Unies au Kosovo-Métochie).

Cette mission, la plus grande de l'histoire de l’ONU, agit en tant
que “premier Etat des Nations Unies au monde”, dans lequel les forces
internationales n'assurent pas seulement la paix et l'eau potable,
mais établissent un tout nouvel ordre. Mais dans ce nouvel ordre
règne la corruption et l'illégalité, écrit Maciej Zaremba, après
avoir séjourné six mois dans la province serbe, qu'il surnomme
“Unmikistan, pays d’avenir”.
Après avoir parlé avec les citoyens du Kosovo, les officiels actuels
et ceux qui les ont précédés, ainsi qu'avec les représentants des
pouvoirs locaux et des organisations internationales, se référant aux
comptes rendus, mais également à tout ce qu’il a vu de ses “propres
yeux” sur le terrain, Zaremba a découvert avec stupéfaction les liens
des officiels de l'UNMIK et de la mafia locale albanaise sous la
protection des Nations Unies. S’ajoutent également les masses d'abus
financiers restés sans jugement, les cas de violation des droits de
l'homme, la corruption et l'incompétence des officiels. Selon le
journaliste suédois d’origine polonaise, l'organisation mondiale dont
le rôle est d'assurer la protection des biens et des droits de
l’homme des habitants du Kosovo, de préparer les fondements de la
démocratie, d’assurer une justice efficace et une économie
fonctionnelle de marché, a obtenu des résultats contraires à ceux qui
étaient programmés dans sa mission. Le Kosovo est devenu un repaire
d’injustice et de criminalité, un lieu sans loi, le centre européen
du commerce des femmes et de la drogue ! ! !

Le règne du marché noir

Dans la première des quatre parties qui composent son texte sur
“l’Unmikistan”, l’auteur présente aux lecteurs la vie quotidienne au
Kosovo. On commence par l’aérodrome sur lequel s’est posé son avion
et qui est dirigé par la direction islandaise pour l’aviation civile,
les services de téléphonie mobile sont assurés par une compagnie
française avec comme code d’accès celui de Monaco. On trouve tous les
six kilomètres des pompes à essence, “un record fantastique, qui
malheureusement ne sert que pour le blanchiment d’argent de la
contrebande, de la drogue, des armes et de l’esclavage sexuel” dit
Zaremba.
Dans les magasins le savon est de Bulgarie, les chemises de Taiwan,
la farine de la Tchéquie, l’eau de Hongrie. Après huit ans et 22
milliards d’euros dépensés, règne le marché noir, alors que le marché
légal est en collapsus total !
La plupart des habitants ont l’électricité seulement quelques heures
par jour et certains encore moins. Comment, se demande-t-on, “alors
que l’Etat est dirigé par les Nations Unies qui ont investi 700
millions d’euros dans les deux centrales électriques dans une région
si riche en lignite qu’elle pourrait éclairer tous les Balkans, le
Kosovo ne peut-il pas produire suffisamment d’électricité, mais
pollue l’air 70 fois plus que la norme permise par l’Union Européenne ?”
En étudiant comment fonctionne le système au Kosovo, Zaremba a
compris que les officiels trop payés de l’UNMIK ne sont pas sur place
pour lutter contre la criminalité, le plus grand fléau au Kosovo, car
une telle mission nécessiterait une stratégie, du courage, du
dévouement et de la responsabilité, mais “ne ressentent de
responsabilité que pour leurs propres carrières, où le Kosovo n’est
qu’une épisode.”
Ainsi, les sept “gouverneurs”, les chefs de l’UNMIK, n’ont parlé dans
leurs rapports que de la stabilité et des progrès de la situation.
“C’était la seule manière qui leur permettait d’avancer et de faire
carrière.”
“Vous vous attendriez à ce que la mission de l’ONU soit comme une
expédition polaire, avec des buts précis, un commandement décidé, des
moyens appropriés, des experts assidus. Vous auriez tout le droit de
le penser, compte tenu de leurs énormes salaires, et du fait que pour
chaque poste dans la mission ont postulé 229 candidats. Mais la
mission n’a aucune de ces qualités. Qui peut encore croire
sérieusement que les forces de police, composées de ressortissants de
44 nations – dont la moitié provient de pays semi-démocratiques –
vont risquer leurs vies pour appliquer l’ordre et la loi dans une
région qui n’en a jamais eus ?”
Les sources britanniques ont confié à Zaremba que le siège des forces
de polices de l’ONU croule sous des rapports sur la criminalité, que
personne n’a jamais ouverts. “La plupart des crimes n’ont jamais été
investigués, mais qui saurait le faire, quand on voit la composition
de l’UNMIK, même s’il en avait l’envie ?”
Pour les habitants du Kosovo l’instruction destinée à leur apprendre
à conduire les trains est faite par un “expert” du port de Sierra
Leone où le dernier train a disparu en 1975. Un gardien de parking du
Bengladesh n’a pas de permis de conduire et parle seulement le
bengali .Il a du bien graisser des pattes pour être embauché par
l’ONU...
La plupart des citoyens ne font pas confiance aux officiels de
l’UNMIK. Zaremba a découvert pourquoi. “Chaque vache en France est
subventionnée 3 euros par jour, tandis qu’un habitant de Kosovo sur
deux vit avec un tiers de cette somme par jour. Si quelqu’un le vole,
il n’a pratiquement aucune chance qu’on retrouve le voleur, bien que
le Kosovo ait le plus grand nombre de policiers par habitant en
Europe. 300.000 cas non résolus attendent dans les tribunaux. Si vous
êtes Serbe ou Rom on peut brûler votre maison, tandis que les soldats
de l’OTAN regardent calmement l’incendie. Et ceci est arrivé de
nombreuses fois.”.

L’Etat des Nations Unies et les sept pillards

Dans la seconde partie du texte de Zaremba, qui porte ce titre, il ne
s‘agit pas des sept chefs de l’UNMIK), mais des malheurs de Madame
Hisari, dame d'un certain âge et sans fortune, qui a perdu sa ligne
téléphonique, car son locataire, un certain Jo Truchler, directeur de
la KEK (la Compagnie d'Électricité du Kosovo) n’a pas payé sa facture
d’électricité qui s’élevait à 6.900 euros, soit la valeur d’un
salaire et demi moyen annuel, tandis que son salaire en tant que
fonctionnaire de l’UNMIK s’élevait à 20.000 euros par mois. La
propriétaire désespérée s’est adressée au tribunal, mais on lui a dit
que le tribunal n’avait aucune compétence pour juger le personnel de
l’UNMIK. La dame a écrit à l’UNMIK , qui lui a répondu que l’UNMIK
n’était pas responsable des affaires privées de ses fonctionnaires .
Entre temps, le locataire sans scrupules a quitté le Kosovo, avec 4,3
millions de $ qui sont apparus plus tard sur son compte dans une
banque à Gibraltar. Les investigations ont démontré que Truchler, à
qui on a confié la direction d’une des plus importantes compagnies
(celle-là même qui ne procure aux habitants que quelques heures
d’électricité par jour), a obtenu ce poste en falsifiant des
documents, n’étant ni économiste, ni ingénieur, mais un petit escroc
allemand !
“Ceux qui ne rentrent pas du Kosovo les poches remplies d’argent sont
des idiots ou des saints” a dit sous couvert d’anonymat un
interlocuteur de Zaremba. Un autre décrit le Kosovo comme “un
Eldorado pour les voleurs”, et un troisième lui a confié qu’il avait
été dans plusieurs missions des Nations Unies à travers le monde,
mais “qu’aucune n’était aussi pourrie que celle de Kosovo”. Les trois
personnes provenant de pays différents, sont ou ont été à des postes
importants dans la hiérarchie de l’UNMIK. Marie Fuchi, qui a dirigé
la Kosovo Trust Agency en 2003-2004, est formelle : l’aide parvenue
au Kosovo s’est retrouvée dans les mains de la mafia locale, et des
sommes énormes ont été dépensées pour des activités qui n’ont rien à
voir avec l’économie du Kosovo, mais ont servi à l’enrichissement de
la “nomenklatura” kosovare et des hauts fonctionnaires de l’UNMIK.
Dans “L’histoire des sept pillards, Zaremba nous explique comment ils
ont procédé. Bo Olsen (le nom est inventé) était un petit employé
dans son pays d’origine et, au Kosovo, il devient conseiller
international dans la Compagnie de télécommunications PTK. Il ne
mérite même pas le tiers de son salaire (11.000 euros mensuels), mais
il réussit à se maintenir grâce au “vautour”, une Albanaise du Kosovo
adjointe d’Olsen, qui touche “seulement” 1;000 euros, mais qui d’un
autre côté peut librement employer un nombre illimité de
fonctionnaires étrangers pour des salaires dix fois plus élevés que
le sien, à la condition qu’Olsen et elle en touchent une partie.
Le troisième complice est un certain Kevin Jeffry, directeur dans la
même Compagnie PTK .Il amène de Londres un de ses amis, en tant qu’
“expert financier”, qui touche 16.000 euros par mois, avec des
suppléments pour sa voiture de fonction et celle privée pour le week-
end, et qui en guise de travail joue pendant six mois au poker sur
internet.
Apparait le Britannique Roger Reynolds qui, par l’intermédiaire de la
PTK qui l’emploie, trouve la Compagnie Norway Invest et, pour 300.000
euros investis, lui procure un contrat avec l’UNMIK pour 10 millions
d’euros. Ensuite, il quitte la PTK pour Norway-Invest avec un salaire
de 20.000 euros mensuels payés par le juteux contrat. La police
financière italienne (“un rayon de lumière dans l’histoire noire du
Kosovo”, remarque Zaremba) découvre que le directeur de la compagnie
norvégienne qui a obtenu le contrat avec l’UNMIK est un criminel
ordinaire .Le contrat a été annulé, mais le Kosovo n’a jamais
récupéré les 300.000 euros .
Pour améliorer la distribution d’énergie électrique au Kosovo,
l’UNMIK engage la compagnie irlandaise ESB International pour aider
la KEK qui a 70.000 euros de pertes par an, qui coupe l’électricité
aux utilisateurs cinq fois par jour et réussi à se faire payer un
kilowatt utilisé sur deux. Les Irlandais restent trois ans, ramassent
10 millions d’euros et laissent la KEK dans le même état où ils l’ont
trouvée.
Zaremba consacre une partie importante de son texte à la France. En
se référant à des do-cuments officiels, il note qu'en 1999, il paraît
évident que Bernard Kouchner va être nommé achef de la mission. Le
Premier ministre Lionel Jospin et le gouvernement français formé une
mission spéciale afin “d'éviter les erreurs de la Bosnie”, c'est-à-
dire d'obtenir la possibilité que la France récupère une grande
partie de l'aide qu'elle envoie au Kosovo. En clair, les compagnies
françaises doivent avoir la primauté pour obtenir les marchés au
Kosovo. Kouchner s'est bien employé à le faire. Il a rejeté la
proposition des experts locaux de confier la téléphonie mobile au
Kosovo à Siemens et l'a accordée à la société française Alcatel . “Le
résultat : Le Kosovo a depuis sept ans la téléphonie mobile la moins
performante et la plus chère de toute la région’, a conclu le Conseil
de l'Europe. On téléphone au Kosovo, mais toutes les fois qu'on le
fait, l'argent tombe dans les caisses de la France et de Monaco, avec
la bénédiction de l'Agence des Nations Unies pour les
télécommunications, ITU, qui a “prêté” son numéro d’appel 0377.

Injustices à répétition

Zaremba continue à nous donner une longue liste d'exemples des
illégalités, de la criminalité et de la corruption qui règnent au
Kosovo. Djezide Zodjani, qui travaillait aux chemins de fer, à été
licenciée après avoir travaillé pendant 29 ans, en compagnie d'autres
employées. L'UNMIK a mis à la porte des femmes qui avait une grande
expérience de l'entreprise, et pris à la place des jeunes gens qui
n’en ont aucune. Les femmes licenciées se sont plaintes au tribunal
pour la discrimination frappante. Elles ont été déboutées car “les
décisions de l'UNMIK ne peuvent pas être mises en question, au Kosovo
elles sont au-dessus des lois.” Madame Zodjani s’étonne : “Est-t-il
possible que l’ONU nous enseigne d’une part des principes qui d’autre
part ne peuvent pas lui être appliqués ?” Et Zaremba de préciser :
“C’est exactement comme cela. Il existe seulement deux régions en
Europe, dont les citoyens ne peuvent pas porter plainte au tribunal
pour les droits de l’homme à Strasbourg : la Biélorussie et le Kosovo.”
En continuant sa série d’articles, le journaliste narre le cas
instructif de Bedri Shabani, emplo-yé de douane qui a perdu son
travail pour avoir dénoncé un abus de pouvoir dans les dou-anes. Muni
d’une documentation irréfutable qui prouvait que ses chefs avaient
touché des pots de vin de contrebandiers, il est allé à la police des
Nations Unies.
Le temps a passé, mais il n’a eu aucune nouvelle. Il s’est alors
adressé aux journalistes.
“C’était très courageux et en accord avec ce que les Nations Unies
préconisent au Kosovo, mais, d’une certaine manière, irréfléchi, car
au Kosovo on tue pour des choses beaucoup moins graves. Cela a tout
de même porté ses fruits. Le chef de la douane a été emprisonné. Mais
bientôt il a été relâché car, à ce moment là, le chef de l’UNMIK
était le diplomate allemand Michael Steiner qui entretenait des
relations intimes avec la fille d’un des responsables de la douane,
qui était le meilleur ami du chef emprisonné. ”
Shabani a écrit au Secrétaire général des Nations Unies Kofi Anan,
car on lui avait dit que le Secrétaire général était la plus haute
instance au Kosovo.
Grande erreur. Le pauvre Shabani a été renvoyé de son travail. Le
tribunal de Pristina a jugé ce renvoi illégal, mais le chef de la
douane de l’Unmik a refusé d’appliquer le jugement du tribunal
instauré par l’ONU et qui juge d’après les lois édictées par cette
même ONU.
Au Kosovo, il y a des milliers de Shabani et de Zodjani pour lesquels
les Nations Unies représentent l’illégalité et la perte de toutes
illusions, dit Zaremba.
A la fin de sa série d’articles sur les abus de pouvoir au Kosovo,
Zaremba avertit ses lecteurs :
“Si vous croyez que ces problèmes n’ont aucun rapport avec vous,
permettez-moi de vous informer que la mafia du Kosovo vend de
l’héroïne à Kalmar (port de la Suède), Saint Saint-Denis, Lyon etc.,
et fait le trafic de la prostitution à Oslo, à Paris, à Londres etc.
Et selon toute vraisemblance, elle va sponsoriser le gouvernement à
Pristina quand cette région obtiendra son indépendance.” … Si
l’obtient ???

Les courageux Suédois

Un point positif dans la sombre description de Zaremba a été la
défense de Caglavica et Gracanica, le 17 mars 2004, par les soldats
suédois.
Sous le titre “La bravoure, le courage et les guêtres”, le
journaliste s’indigne que malgré la présence de 17.000 soldats de
l’OTAN et 4.000 policiers des Nations Unies, 200 extrémistes albanais
aient pu provoquer des émeutes où furent tuées 19 personnes, blessées
900 autres, détruites une trentaines d’églses et incendiées 700 maisons.
Quand les Albanais commencèrent à jeter des cocktails Molotov sur un
monastère serbe du XIVe siècle, un message fût envoyé aux soldats
Allemands que pas un seul cheveu ne manquera sur leurs têtes s’ils
quittaient leur position, car dans le cas contraire ils en
pâtiraient. Les Allemands retirèrent leurs véhicules blindés et
regardèrent le monastère brûler. Leur commandant, le général Hölger
Kamerhof, expliqua que les soldats avaient suivi le règlement, qui
prescrivait de sauver les vies humaines, et non les bâtiments ! Les
Français firent de même avec le monastère de Devic, qui était sous
leur protection, ainsi que toutes les maisons serbes à Svinjare,
relate Zaremba.
Le détachement suédois, sous le commandement du colonel Hans
Hekanson, et qui comportait des soldats Tchèques, Finlandais,
Slovaques et Irlandais, intervint selon sa conscience.
35 soldats sur 700 furent blessés mais défendirent courageusement
Caglavica et le monastère de Gracanica.
Le courage du colonel et de ses 20 soldats a été récompensé par la
médaille du courage de la Suède, et leur commandant, le général
Anders Brenstrom, a été décoré par l’OTAN.

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Traduit par Vera Uskokovic.
B. I . N° 127, décembre 2007.

CONTRO NATURA


(...) Voto a favore della fiducia al Governo non certo per approvare
questa legge inutile. Se poi l'amico Russo Spena, che ha ingoiato
l'ampliamento della base di Ederle e che sta per ingoiare il
Protocollo del /welfare/, si accontenta di una norma che è la
ripetizione del Trattato di Amsterdam, facciamolo contento almeno per
una giornata! Tra qualche ora potrà essere chiamato a votare il
bombardamento di Belgrado o di Pristina, e lo voterà, sono certo che
lo voterà. /(Applausi dei senatori Battaglia Antonio e Libè)/.
(...) Con la scadenza del 10 dicembre - sempre che il caro amico
ministro degli esteri Massimo D'Alema, non riesca a prorogare il
termine - il Kosovo dichiarerà unilateralmente la sua indipendenza;
gli Stati Uniti seguiranno e la Germania che, dopo i turchi, ha come
massima minoranza i kosovari di etnia albanese, starà a guardare; e
noi lì non siamo a girare la testa dall'altra parte, come in Libano,
e non siamo neanche a distribuire scatolette; lì noi abbiamo la
giurisdizione su un terzo del Paese e abbiamo l'obbligo, conferitoci
dalle Nazioni Unite, di sparare contro chi turbi la tranquillità. Non
preoccupatevi, amici della maggioranza, la sinistra radicale voterà
anche a favore dei militari che sparano per la pace! /(Applausi dai
Gruppi FI, UDC, AN e LNP)/. Il Governo non cadrà neanche sul Kosovo!
(...) Per questo motivo, io voto a favore di tutto, di tutto, certo
che, se dichiarerò in pubblico che sono fedele al catechismo, che
insegna - io sono più moderato del catechismo - che tra i quattro
peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio c'è il peccato contro
natura, non ci sarà nessun giudice che avrà il coraggio di
condannarmi. /(Applausi dei senatori Tomassini, Baccini, Menardi,
Scalera, Follini e Boccia Antonio)/

(Francesco Cossiga nella sua dichiarazione di voto a favore del
governo Prodi, Senato della Repubblica Italiana, 6 dicembre 2007)