Informazione

LIMPIDA COERENZA POLITICA


A me questo papa piace. Ha una coerenza indomabile. Da giovanetto
vestiva allegramente la divisa della Hitlerjugend, ed oggi da papa fa
santi un po' di collaboratori di Franco e della falange (il partito
reazionario/fascista) nel cui motto v'era la difesa della "limpieza
de sangre".
Tutto questo passando per la riabilitazione della messa tridentina
con tanto d'improperii anti-semiti.
Quest'uomo e' proprio tutto d'un pezzo!

L. Sbano


http://www.repubblica.it/2007/10/sezioni/esteri/benedettoxvi-17/
benedettoxvi-17/benedettoxvi-17.html
Alla cerimonia in San Pietro ha partecipato anche una delegazione del
governo di Madrid
Il cardinale Saraiva ammonisce: "Non accontentiamoci di un
cristianesimo vissuto timidamente"

Beatificati 498 martiri spagnoli


"Difendiamo la nostra identità"

I nuovi beati sono stati uccisi tra il 1934 e il '37. Il Papa: "Il
loro numero dimostra che la suprema testimonianza del sangue non è
un'eccezione riservata soltanto ad alcuni"



CITTA' DEL VATICANO - Circa 40.000 persone hanno seguito in piazza
San Pietro la cerimonia per la beatificazione di 498 martiri spagnoli
uccisi negli anni 1934, '36 e '37. A presiedere il rito il cardinale
Josè Saraiva Martins, delegato dal Papa, che ha celebrato in
spagnolo. In Piazza San Pietro anche una delegazione del governo
guidata dal ministro degli Esteri Miguel Angel Moratinos accompagnato
dall'ambasciatore di Madrid presso la Santa Sede, Francisco Vazquez e
dal direttore generale degli Affari religiosi, Mercedes Rico.
Ancora, tra i presenti i rappresentati di alcuni governi autonomi
della Spagna in base alla provenienza dei martiri, tra gli altri
quello di Catalogna: 146 dei martiri infatti sono stati uccisi
nell'arciodeci di Barcellona.
I martiri caduti durante la Guerra civile spagnola dal 1934 al 1937,
ha detto il cardinale Saraiva, si sono "comportati da buoni cristiani
e hanno offerto la loro vita gridando: viva Cristo re". Tra i martiri
elevati oggi alla gloria degli altari ci sono persone che vanno dai
16 ai 78 anni; si tratta di preti, monache e religiose ma anche di
laici. "Tutti - ha ricordato il Prefetto della Congregazione per le
cause dei santi - sono chiamati alla santità, tutti senza eccezioni
come ha dichiarato il Concilio Vaticano II".
Ma il cardinale ha anche fatto qualche riferimento all'attualità
spiegando che "non possiamo accontentarci di un cristianesimo vissuto
timidamente". Nel discorso, il cardinale ha citato più volte
l'insegnamento di Benedetto XVI e in particolare ha ricordato che
"essere cristiani coerenti impone di non inibirsi di fronte al dovere
di dare il proprio contributo mal bene comune e di modellare la
società sempre secondo giustizia, difendendo, in un dialogo forgiato
dalla carità, le nostre convinzioni sulla dignità della persona,
sulla vita, dal concepimento fino alla morte naturale, sulla famiglia
fondata sull'unione matrimoniale unice e indissolubile tra un uomo e
una donna e sul dovere primario dei genitori all'educazione dei figli".
I nuovi beati spagnoli sono stati ricordati successivamente anche dal
Papa durante la celebrazione dell'Angelus: "I 498 martiri uccisi in
Spagna negli anni '30 del secolo scorso sono uomini e donne diversi
per età vocazione e condizione sociale, che hanno pagato con la vita
la loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa", ha detto Benedetto XVI.
"La contemporanea iscrizione nell'albo dei beati di un così gran
numero di martiri - ha affermato ancora il Pontefice - dimostra che
la suprema testimonianza del sangue non è un'eccezione riservata
soltanto ad alcuni individui, ma un'eventualità realistica per
l'intero Popolo cristiano".

(28 ottobre 2007)


Segnaliamo il primo intervento comunista, dopo tempo immemorabile, tenuto nell'Aula del Parlamento italiano
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Intervento in Aula di Fosco Giannini, senatore Prc-Se, sulla Rivoluzione d'Ottobre.

di Fosco Giannini

su L'ERNESTO del 25/10/2007

L'intervento è avvenuto tra la contestazione, tentativi di interruzione e le urla continue dell'intero centro-destra


Signor Presidente, ieri sera, sul Tg2 - "Seconda parte", ore 20.30, è andato in onda un servizio sulla Rivoluzione d'Ottobre.

Affermo in modo determinato, forte e chiaro che questo servizio è stato una vergogna!

E' stato esplicitamente detto - Signor Presidente - che la Rivoluzione d'Ottobre è stata solamente un sanguinoso colpo di stato, che ha messo fine alla vera rivoluzione, quella menscevica; che ha prodotto solo nuovo zarismo; che ha gettato la Russia nel sangue e nella violenza; che ha esportato con la forza l'orrore nel mondo; che la Rivoluzione d'Ottobre ha favorito il sorgere del fascismo in Italia; che lo stesso nazismo sarebbe nato per combattere il mostro del comunismo; che la storia avrebbe dimostrato che comunismo e nazismo sono la stessa cosa; che - infine - il comunismo avrebbe "manipolato" i contadini e gli operai italiani.

E per dare forza a tale affermazione, il servizio si è chiuso con le immagini di manifestazioni operaie italiane degli anni '50 -'60 con le bandiere rosse.

Io mi sono alzato in piedi, Signor Presidente, come si alzavano i contadini di Di Vittorio di fronte ai padroni delle terre; mi sono alzato in piedi senza togliermi il cappello per dire a tutti che questo servizio televisivo è contro la democrazia, contro la storia e contro la civiltà.

La Rivoluzione d'Ottobre è stata tra i più grandi eventi della storia dell'umanità. Essa - superando il capitalismo - ha dimostrato, una volta per tutte, a tutti i popoli oppressi, all'intero proletariato mondiale, che i rapporti di produzione capitalistici non sono naturali e dunque eterni ed immutabili.

Ha dimostrato che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e sulla donna non è un destino ineluttabile; che i padroni - come l'aristocrazia francese - non sono figli di Dio!

La Rivoluzione d'Ottobre, Signor Presidente, non favorì il fascismo, ma sconfisse il nazifascismo e spinse masse sterminate - sul piano planetario - a liberarsi dal colonialismo, dallo sfruttamento e dalle dittature fasciste!

E le grandi lotte operaie e contadine di questo Paese furono possibili anche grazie all'ideale acceso dalla Rivoluzione d'Ottobre!

Il comunismo - si è detto - sarebbe uguale al nazifascismo. Si vergognino!

Lo si vede ancora oggi - e sempre si vedrà - la differenza: ancora oggi i fascisti e le destre sono i rappresentanti e i servi fedeli del potere economico e dei signori della guerra; e, come i nazisti di un tempo, hanno in odio i diversi, i Rom, gli immigrati e i comunisti!

Noi, i comunisti e la sinistra, come sempre, per nostra natura ideale, siamo dalla parte della pace e dei lavoratori.

Mi lasci rispondere a tanta vergogna, Signor Presidente, mi lasci parlare con il cuore: viva la Rivoluzione d'Ottobre! viva Antonio Gramsci! viva Giuseppe Di Vittorio! viva i morti di Reggio Emilia! viva il socialismo!


VIVA IL COMUNISMO...INTERVENTO VIDEO DI FOSCO GIANNINI AL SENATO  

in real player
giovedì 25 ottobre 2007





Revisionsoffensive 

26.10.2007

BERLIN (Eigener Bericht) - Nach der Entscheidung der Bundeskanzlerin zugunsten der Errichtung eines "Zentrums gegen Vertreibungen" in Berlin verlangt der "Bund der Vertriebenen" (BdV) einen "nationalen Gedenktag". Jährlich soll der Umsiedlung der Deutschen, die im Mittelpunkt des zukünftigen Hauptstadt-"Zentrums" steht, bundesweit und mit staatlichen Weihen gedacht werden, fordert BdV-Präsidentin Erika Steinbach. Damit weiten die Organisationen der Umgesiedelten, deren Anliegen die Bundesregierung mit dem Aufbau des "Zentrums gegen Vertreibungen" zum Staatsanliegen erhebt, ihre Revisionsoffensive aus. Zudem sollen auch in Zukunft die gesetzlichen Grundlagen der Umsiedlung, die in mehreren EU-Staaten (etwa in Tschechien) Verfassungsrang haben, angegriffen werden, teilt Steinbach mit. Parallel zur Stärkung ihrer Positionen in der Öffentlichkeit treiben die Verbände der Umgesiedelten ihre EU-weite Vernetzung voran. Im Dezember soll die Satzung einer "Europäischen Union der Flüchtlinge und Vertriebenen" unterzeichnet werden. Wie es unter den deutschen Beteiligten heißt, sind Organisationen aus Italien, Finnland oder Zypern "nicht mit einer nationalsozialistischen Vergangenheit belastet" und können daher deutsche Forderungen besser vertreten als der BdV.

Tag der Heimat

Wie BdV-Präsidentin Erika Steinbach verlangt, soll Berlin einen "nationalen Gedenktag für die Opfer von Flucht und Vertreibungen" einrichten.[1] Er soll auf den "Tag der Heimat" fallen, den die Umgesiedelten jedes Jahr im Spätsommer feiern. Mit ihm halten sie die Erinnerung an die deutsche Vergangenheit ihrer Herkunftsgebiete wach. Der "Tag der Heimat" fand ursprünglich jeweils am ersten Augustwochenende statt und damit in unmittelbarer Nähe zum Jahrestag der Unterzeichnung des Potsdamer Abkommens (2. August); das Datum wurde nach Angaben des BdV aus "Protest gegen die Beschlüsse der Potsdamer Konferenz 1945" gewählt.[2] Mit der Aufwertung zum "nationalen Gedenktag" sollen die BdV-Feierlichkeiten, die bereits jetzt regelmäßig mit Festreden höchstrangiger Bundespolitiker prominent gewürdigt werden, staatliche Weihen erlangen.

Zentrum gegen Vertreibungen

Staatliche Weihen erlangt schon in Kürze ein anderes Anliegen des BdV: ein "Zentrum gegen Vertreibungen" in der deutschen Hauptstadt zu errichten. Erika Steinbach verfolgt entsprechende Pläne seit dem Frühjahr 1999; damals hatte sie sich mit Bundesinnenminister Otto Schily (SPD) über den prinzipiellen Charakter der Institution geeinigt. Wie Bundeskanzlerin Merkel jetzt bekanntgegeben hat, wird die Regierung noch dieses Jahr den Beschluss zum Aufbau des "Zentrums" fassen. Grundlage ist eine Ausstellung des Bonner "Hauses der Geschichte", die in enger personeller Verbindung zu entsprechenden BdV-Ablegern erarbeitet wurde und die Absichten der Umgesiedelten weitgehend identisch transportiert (german-foreign-policy.com berichtete [3]). Um den erwarteten Protesten im Ausland den Wind aus den Segeln zu nehmen, erhält das "Zentrum" in scheinbarer Abgrenzung zu den BdV-Plänen einen abweichenden Namen ("sichtbares Zeichen", "Ausstellungs- und Dokumentationszentrum" o.ä.). Die SPD will aus demselben Grund die Beteiligung der Umgesiedelten-Verbände auf eine Mitgliedschaft in beratenden Gremien ohne eine repräsentative Funktion beschränken. Nach gegenwärtigem Diskussionsstand wird das "Zentrum" unter der Federführung des Deutschen Historischen Museums errichtet, also in staatlicher Trägerschaft; allein im kommenden Jahr stellt die Bundesregierung für das Vorhaben 1,2 Millionen Euro zur Verfügung.

Entrechtung

Besonderes Lob zollen die deutschen Medien der Bundeskanzlerin für die Wahl des Zeitpunktes, zu dem sie die "Zentrums"-Pläne verkündet hat. Der polnische Ministerpräsident Jarosław Kaczyński, ein scharfer Kritiker des Projekts, ist gerade abgewählt worden, sein Nachfolger tritt das Amt frühestens in einer Woche an. "Jetzt, da die polnische Innenpolitik ganz mit sich selbst beschäftigt ist, kommt der deutsche Vorstoß zu einer günstigen Zeit", heißt es in der Presse: "Warschau kann sich nach der Regierungsbildung entscheiden, ob es weiterhin den Buhmann spielen (...) will".[4] BdV-Präsidentin Steinbach hat bereits neue Offensiven angekündigt, die an die öffentliche Charakterisierung der Umsiedlung durch das "Zentrum" anschließen ("Unrecht") und auf die Annullierung ihrer gesetzlichen Grundlagen zielen; dies betrifft vor allem die Benes-Gesetze in der Tschechischen und der Slowakischen Republik, die Bierut-Gesetze in Polen und die AVNOJ-Gesetze in den Nachfolgestaaten Jugoslawiens. "Nach wie vor" gebe es "in der Europäischen Union Vertreibungs- und Entrechtungsgesetze", erklärte die Erika Steinbach beim 50jährigen Jubiläum des BdV: "Das darf nicht ausgeblendet werden und daran muss intensiv gearbeitet werden."[5]

Kollaborateure

Die deutschen Umgesiedelten erhalten dabei nicht nur Unterstützung von der Bundesregierung, sondern auch aus anderen europäischen Staaten. So teilte BdV-Präsidentin Steinbach jetzt mit, "dass im November das ungarische Parlament einen Kongress und eine Debatte zur Vertreibung ihrer Deutschen durchführen wird."[6] Ungarn ist der deutschen Revisionspolitik verbunden; erst kürzlich bekräftigte ein Vertreter der ungarischsprachigen Minderheit in der Slowakei die Forderung nach Abschaffung der Benes-Gesetze, auf deren Grundlage nach Kriegsende nicht nur deutsche, sondern auch ungarische NS-Kollaborateure enteignet wurden.[7]

Deutsche Mehrheit

Zudem schreitet die Gründung eines EU-weiten Umgesiedeltenverbandes voran. Verhandlungen darüber hatten im März im italienischen Trieste einen entscheidenden Durchbruch erzielt (german-foreign-policy.com berichtete [8]) und waren im Juni auf Einladung der Landsmannschaft Ostpreußen in Berlin fortgesetzt worden. Wie einer der Vorkämpfer der "Europäischen Union der Flüchtlinge und Vertriebenen" berichtet, hat der Staatspräsident Frankreichs ebenfalls im Juni einen Mitinitiator des neuen Verbands empfangen und weitere Gespräche in Aussicht gestellt. Anfang Dezember soll mit der Unterzeichung der Satzung der Gründungsprozess weitgehend abgeschlossen werden. Der neuen Organisation wollen neben Umgesiedelten aus Finnland ("Karelien"), Italien ("Istrien") und Zypern mehrere deutsche Vereinigungen beitreten.[9] Wie Rudi Pawelka, der Bundesvorsitzende der Landsmannschaft Schlesien, berichtet, haben die nichtdeutschen Mitglieder die deutsche Führungsrolle bereitwillig akzeptiert. Demnach werden - abweichend von dem "in Europa geltenden Länderprinzip" - "die Vertretungen der einzelnen deutschen Vertriebenenlandschaften sowohl aus Deutschland als auch aus Österreich" jeweils gesondert als Mitglieder aufgenommen. "In der Praxis bedeutet dies, dass deutsche Mehrheiten gesichert sind."[10]

Unbelastet

Pawelka zufolge bietet die europäische Verkleidung der "deutschen Mehrheit" klare Vorteile. "Andere europäische Staaten sind nicht mit einer nationalsozialistischen Vergangenheit belastet", erläutert er: "Die Einordnung und Bewertung der Vertreibung erfolgt unbefangen ohne psychologische Sperren." Wie der Verbandsfunktionär hofft, wird daher "die Forderung nach einem Gedenktag (...) auf europäischer Ebene wirkungsvoller vertreten werden können", aber auch das Verlangen nach einer "Lösung offener Fragen".

Europäisch

Unter "offenen Fragen" versteht Pawelka Entschädigungsforderungen deutscher Umgesiedelter gegen Polen und die Tschechische Republik. Er selbst organisiert im Namen der "Preußischen Treuhand" Restitutions- bzw. Entschädigungsprozesse gegen Warschau.[11] Wie Pawelka berichtet, wollen das Europaparlament und die Europäische Kommission jetzt eine Studie erstellen lassen, die diesem Verlangen Auftrieb zu geben verspricht. Thema der Studie ist die "Rückgabe von Privateigentum in Ost- und Mitteleuropa", verlangt werden "eine umfassende Lagedarstellung" sowie "Vorschläge(...) für Lösungsmöglichkeiten".[12] Zu den Ländern, die in der Ausschreibung für die Arbeit ausdrücklich als Untersuchungsobjekte genannt werden, befinden sich Polen und die Tschechische Republik. Auslöser für die EU-Maßnahme sind Petitionen, die Bürger von EU-Mitgliedstaaten an das Europaparlament gerichtet haben. Damit werden zum ersten Mal Entschädigungsfragen zum Gegenstand offener Einmischung der EU in die inneren Angelegenheiten der von deutscher Revisionspolitik betroffenen Staaten.


[1] WAZ: Bund der Vertriebenen fordert nationalen Gedenktag; www.presseecho.de 21.10.2007
[2] Dokumentation zum Tag der Heimat 2006. Menschenrechte achten - Vertreibungen ächten. Festakt des Bundes der Vertriebenen in Berlin, 2. September 2006
[4] Wandel durch Überrumpelung; Der Tagesspiegel 25.10.2007
[5], [6] Festakt 50 Jahre Bund der Vertriebenen am 22. Oktober 2007 im Kronprinzenpalais Berlin. Rede der Präsidentin Erika Steinbach MdB
[9] Dies sind die Landsmannschaft Ostpreußen, die Landsmannschaft Schlesien, die Sudetendeutsche Landsmannschaft, die Pommersche Landsmannschaft und die Landsmannschaft Weichsel-Warthe.
[10] Europäischer Vertriebenenverband vor der Gründung; Presseinformationen der Landsmannschaft Schlesien - Nieder- und Oberschlesien e.V., 18.10.2007
[12] Rudi Pawelka: EU lässt offene Eigentumsfragen untersuchen; Schlesische Nachrichten 20/2007




Mother Teresa, John Paul II, and the Fast-Track Saints 

  

(article published on Common Dreams site in slightly different form, excerpted and adapted from an author's book about God and religion)


 By   Michael Parenti

        

During his 26-year papacy, John Paul II elevated 483 individuals to sainthood, reportedly more saints than all previous popes combined. One personage he beatified but did not live long enough to canonize was Mother Teresa, the Roman Catholic nun of Albanian origin who had been wined and dined by the world’s rich and famous while hailed as a champion of the poor. The darling of the corporate media and western officialdom, and an object of celebrity adoration, Teresa was for many years the most revered woman on earth, showered with kudos and awarded a Nobel Peace Prize in 1979 for her “humanitarian work” and “spiritual inspiration.” 

What usually went unreported were the vast sums she received from wealthy and sometimes tainted sources, including a million dollars from convicted savings & loan swindler Charles Keating, on whose behalf she sent a personal plea for clemency to the presiding judge. She was asked by the prosecutor in that case to return Keating’s  gift because it was money he had stolen. She never did.   She also accepted substantial sums given by the brutal Duvalier dictatorship that regularly stole from the Haitian public treasury.

Mother Teresa’s “hospitals” for the indigent in India and elsewhere turned out to be hardly more than human warehouses in which seriously ill persons lay on mats, sometimes fifty to sixty in a room without benefit of adequate medical attention. Their ailments usually went undiagnosed. The food was nutritionally lacking and sanitary conditions were deplorable. There were few medical personnel on the premises, mostly untrained nuns and brothers.   

When tending to her own ailments,  however, Teresa checked into some of the costliest hospitals and recovery care units in the world for state-of-the-art treatment.  

Teresa journeyed the globe to wage campaigns against divorce, abortion, and birth control. At her Nobel award ceremony, she announced that “the greatest destroyer of peace is abortion.” And she once suggested that AIDS might be a just retribution for improper sexual conduct.  

Teresa emitted a continual flow of promotional misinformation about herself. She claimed that her mission in Calcutta fed over a thousand people daily.  On other occasions she jumped the number to 4000, 7000, and 9000. Actually her soup kitchens fed not more than 150 people (six days a week), and this included her retinue of nuns, novices, and brothers. She claimed that her school in the Calcutta slum contained five thousand children when it actually enrolled less than one hundred. 

Teresa claimed to have 102 family assistance centers in Calcutta, but longtime Calcutta resident, Aroup Chatterjee, who did an extensive on-the-scene investigation of her mission, could not find a single such center. 

As one of her devotees explained, “Mother Teresa is among those who least worry about statistics.  She has repeatedly expressed that what matters is not how much work is accomplished but how much love is put into the work.”   Was Teresa really unconcerned about statistics? Quite the contrary, her numerical inaccuracies went consistently and self-servingly in only one direction, greatly exaggerating her accomplishments.

Over the many years that her mission was in Calcutta, there were about a dozen floods and numerous cholera epidemics in or near the city, with thousands perishing. Various relief agencies responded to each disaster, but Teresa and her crew were nowhere in sight, except briefly on one occasion. 

When someone asked Teresa how people without money or power can make the world a better place, she replied, “They should smile more,” a response that charmed some listeners. During a press conference in Washington DC, when asked “Do you teach the poor to endure their lot?” she said “I think it is very beautiful for the poor to accept their lot, to share it with the passion of Christ. I think the world is being much helped by the suffering of the poor people.”  

But she herself lived lavishly well, enjoying luxurious accommodations in her travels abroad. It seems to have gone unnoticed that as a world celebrity she spent most of her time away from Calcutta, with protracted stays at opulent residences in Europe and the United States, jetting from Rome to London to New York in private planes. 

Mother Teresa is a paramount example of the kind of  acceptably conservative icon propagated by an elite-dominated culture, a “saint” who uttered not a critical word against social injustice, and maintained cozy relations with the rich, corrupt, and powerful. 

She claimed to be above politics when in fact she was pronouncedly hostile toward any kind of progressive reform. Teresa was a friend of Ronald Reagan, and an admiring guest of the Haitian dictator “Baby Doc” Duvalier. She also had the support and admiration of a number of Central and South American dictators. 

Teresa was Pope John Paul II’s kind of saint. After her death in 1997, he waved the five-year waiting period usually observed before beginning the beatification process that leads to sainthood. In 2003, in record time Mother Teresa was beatified, the final step before canonization. 

But in 2007 her canonization confronted a bump in the road, it having been disclosed that along with her various other contradictions Teresa was not a citadel of spiritual joy and unswerving faith. Her diaries, investigated by Catholic authorities in Calcutta, revealed that she had been racked with doubts: “I feel that God does not want me, that God is not God and that he does not really exist.” People think “my faith, my hope and my love are overflowing and that my intimacy with God and union with his will fill my heart. If only they knew,” she wrote, “Heaven means nothing.”  

Through many tormented sleepless nights she shed thoughts like this: “I am told God loves me—and yet the reality of darkness and coldness and emptiness is so great that nothing touches my soul.”  Il Messeggero, Rome's popular daily newspaper, commented: “The real Mother Teresa was one who for one year had visions and who for the next 50 had doubts---up until her death.”   

Another example of fast-track sainthood, pushed by Pope John Paul II, occurred in 1992 when he swiftly beatified the reactionary Msgr. José María Escrivá de Balaguer, supporter of fascist regimes in Spain and elsewhere, and founder of Opus Dei, a powerful secretive ultra-conservative movement “feared by many as a sinister sect within the Catholic Church.”   Escrivá’s beatification came only seventeen years after his death, a record run until Mother Teresa came along. 

In accordance with his own political agenda, John Paul used a church institution, sainthood, to bestow special sanctity upon ultra-conservatives such as Escrivá and Teresa---and implicitly on all that they represented. Another of the ultra-conservatives whom John Paul made into a saint, bizarrely enough, was the last of the Hapsburg rulers of the Austro-Hungarian empire, Emperor Karl, who reigned during World War I. 

John Paul also beatified Cardinal Aloysius Stepinac, the leading Croatian cleric who welcomed the Nazi and fascist Ustashi takeover of Croatia during World War II. Stepinac sat in the Ustashi parliament, appeared at numerous public events with top ranking Nazis and Ustashi, and openly supported the Croatian fascist regime.   

In John Paul’s celestial pantheon, reactionaries had a better chance at  canonization than reformers. Consider his treatment of Archbishop Oscar Romero who spoke against the injustices and oppressions suffered by the impoverished populace of El Salvador and for this was assassinated by a right-wing death squad.  John Paul never denounced the killing or its perpetrators, calling it only “tragic.” In fact, just weeks before Romero was murdered, high-ranking officials of the Arena party, the legal arm of the death squads, sent a well-received delegation to the Vatican to complain of Romero’s public statements on behalf of the poor.   

Romero was thought by many poor Salvadorans to be something of a saint, but John Paul attempted to ban any discussion of his beatification for fifty years. Popular pressure from El Salvador caused the Vatican to cut the delay to twenty-five years.   In either case, Romero was consigned to the slow track.

 John Paul’s successor, Benedict XVI, waved the five-year waiting period in order to put John Paul II himself instantly on a super-fast track to canonization, running neck and neck with Teresa. As of 2005 there already were reports of possible miracles attributed to the recently departed Polish pontiff.  

One such account was offered by Cardinal Francesco Marchisano. When lunching with John Paul, the cardinal indicated that because of an ailment he could not use his voice. The pope “caressed my throat, like a brother, like the father that he was.  After that I did seven months of therapy, and I was able to speak again.” Marchisano thinks that the pontiff might have had a hand in his cure: “It could be,” he said.    Un miracolo!  Viva il papa!


Michael Parenti’s recent publications include: Contrary Notions: The Michael Parenti Reader (City Lights, 2007);  Democracy for the Few, 8th ed. (Wadsworth, 2007); The Culture Struggle (Seven Stories, 2006).  For further information visit his website: www.MichaelParenti.org.



(english / italiano)

> Contro la "caccia alle streghe" anticomunista in Ungheria e in
> Europa, una petizione internazionale in
>
> http://1917.solidnet.org, ripresa e tradotta da http://
> www.resistenze.org
>
> Un caldo invito a farla conoscere e ad aderire!
>
> Mauro Gemma

Una petizione in solidarietà con i comunisti ungheresi

Raccolta di firme su scala internazionale in

http://1917.solidnet.org

Il Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese, un partito ben
considerato nel paese e internazionalmente, deve affrontare il serio
pericolo di essere messo fuori legge.

Potenti forze reazionarie in Ungheria, tollerate dal governo del
paese, hanno imbastito contro l’intera leadership del partito un
processo “per oltraggio alla giustizia”.

Il pretesto per questo nuovo attacco sostenuto dallo stato contro i
comunisti nell’Unione Europea è rappresentato da una dichiarazione
che criticava la decisione assunta da un tribunale ungherese contro
il partito, in violazione della costituzione, delle leggi del paese,
e delle raccomandazioni del Consiglio d’Europa e di altre istituzioni
riguardanti i partiti politici, che sono state ratificate dal governo
ungherese.

Questa petizione on-line è una delle numerose iniziative di sostegno
e solidarietà già in corso in Ungheria e in molti altri paesi.

Le firme apposte alla petizione saranno inoltrate alle autorità
Ungheresi, all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, al
Parlamento Europeo e ad altre istituzioni allo scopo di incoraggiare
i comunisti Ungheresi nella loro lotta per le libertà democratiche.

Grazie per il sostegno e l’ampia diffusione.

Traduzione dall’inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di
Cultura e Documentazione Popolare

---

THE PETITION

We , the supporters of this petition vehemently condemn the political
prosecution of the leadership of the Hungarian Communist Workers' Party.

The trial against the leadership of the Hungarian Communist Workers'
Party in the Hungarian City Szekesfehervar violates elementary
democratic and civil rights and constitutes an outrageous state
interference in the internal democracy of a legal political party. It
disputes the citizens' right to express their opinion freely and is
an attempt to liquidate a significant political force in Hungary.
It represents a serious attack on democratic liberties of concern to
all progressive people. It constitutes one more step in the anti-
communist anti-democratic onslaught that we witness across Europe,
which among other things feeds the most reactionary elements and trends.

We demand from the Hungarian authorities to guarantee the
constitutional and civil rights and freedoms of all citizens; to
guarantee the freedom of opinion and expression and the freedom of
association and to organize; to stop immediately the prosecution of
the leadership of the Hungarian Communist Workers' Party and to
refrain from any intervention that violates its internal life and
sovereignty.

We demand all measures that prohibit or restrict the political
activity of the communists to be immediately revoked.

http://1917.solidnet.org/1917/portal_url/sign_form/

(Русский / italiano)


----- Original Message -----
From: russkij
Sent: Tuesday, October 23, 2007 11:09 AM
Subject: 90 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - 90 godovscina Oktjabr'skoj Revoljucii -

Il 25 ottobre 1917 (7 novembre in base al calendario gregoriano) scoppiava in Russia la Rivoluzione bolscevica. In occasione del 90° anniversario, l'associazione culturale Russkij Mir presenta:

 

Martedì 6 novembre, h 21.00 - Circolo dei Lettori, via Bogino 9, Torino

 

"BUON PROSEGUIMENTO!"
riflessione in forma di spettacolo su Vladimir Majakovskij 
a 90 anni dalla Rivoluzione d'Ottobre 

 

di e con Oliviero Corbetta, musiche di Giorgio Li Calzi
con Marina Martianova (violino) e Giorgio Li Calzi (live electronics e tromba)
video interventi di Daniela Vassallo

 

Una proposta delle associazioni Russkij Mir e Liberipensatori Paul Valéry in collaborazione con il Circolo dei Lettori di Torino, il Museo di Stato "V.V.Majakovskij" di Mosca,  la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'Università di Torino (Sezione di Slavistica) e Austrian Airlines. Ospite d'eccezione Svetlana Strižnëva, Direttrice del Museo di Stato "V.V.Majakovskij" di Mosca.

 

Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili

 

 

Mercoledì 7 novembre, h 21.00 - Cinema Massimo, Sala 3, via Verdi 18, Torino

 

"OTTOBRE"

 

di Sergej EJZENŠTEJN, musica di Dmitrij ŠOSTAKOVIČ

 

Una proposta Russkij Mir e Museo Nazionale del Cinema.
Ingresso euro 3.50 (euro 2.50 per i soci Russkij Mir)


 

-o-o-o-o-o-o-o-o-o

 

По случаю 90-й годовщины Октябрьской Революции, Ассоциация по культуре Русский Мир представляет:

Вторник  6 ноября, в 21.00

Читательский кружок г. Турина, (Circolo dei Lettori), via Bogino 9, Турин

"СЧАСТЛИВО ОСТАВАТЬСЯ!"

Размышление в форме спектакля о поэзии Владимира Маяковского

90 лет спустя Октябрьскую Революцию

 

С участием актера Оливьеро Корбетта и музыкантов Джорджо Ли Кальци  (live electronics и труба) и Мариной Мартьяновой (скрипка). Видеообработка: Даниэла Вассалло.

Проект Ассоциаций Русский Мир и Liberipensatori Paul Valéry при сотрудничестве с Il Circolo dei Lettori г.Турина,  Государственным Музеем "В.В.Маяковского" г. Москвы, Факультетом Иностранных Языков и Культур Туринского Университета (Департамент Славистики) и авиакомпанией Austrian Airlines. Почетный гость:  Светлана Стрижнева, Директор Государственного Музея "В.В.Маяковского" г. Москвы.

Вход свободный 

 
Среда 7 ноября, в 21.00

 

кинотеатр "Cinema Massimo", зал 3, via Verdi 18, Турин

 

"ОКТЯБРЬ"
Сергея Эйзенштейна

 

Проект Ассоциации "Русский Мир" и Национального Музея Кино
Вход 3,5 евро (2,5 евро членам Русского Мира)


(srpskohrvatski / italiano)


Primo Levi - i giorni e le opere 

Fiera del libro 2007, Belgrado


La  mostra,  organizzata  dal  Centro per la storia della Resistenza e della  deportazione  di Lione,  e già presentata a Torino, presso il Museo Diffuso della Resistenza fino a poche settimane fa, è ora allestita alla Fiera del Libro di Belgrado, con la collaborazione dell'Istituto italiano per la cultura di Belgrado.

Negli  ultimi anni in Serbia sono stati pubblicati tre titoli di Primo Levi, nella traduzione di Elizabet Vasiljevic: "Potonuli i spaseni" (Sommersi e salvati, Clio, 2002), "Zar je to covek" (Se questo è un uomo, Paideia, 2005) e "Periodni  sistem" (Il sistema periodico, Paideia, 2007).  


"Primo  Levi.  Dani i dela" je izložba kojom se odaje pocast jednom od najvoljenijih  torinskih  pisaca  povodom  dvadesetogodišnjice njegove smrti.  Izložba  je plod medunarodne saradnje koja još jednom pokazuje kako  je  dubok  trag koji su Levijeva licnost i delo ostavili i izvan Italije.

"Napravljena  u  realizaciji  Centra  za  istoriju  pokreta  otpora   i deportacije   iz   Liona,   uz  podršku  Evropske  zajednice,  dok  je italijansku   verziju   pripremio  "Prošireni  Muzej  pokreta  otpora, deportacije,  rata,  prava  i  slobode" iz Torina, izložba je stigla u Beograd  zahvaljujuci  pomoci  Italijanskog  instituta  za  kulturu  u Beogradu i Beogradskog Sajma."


(Il nostro messaggio precedente sul tema delle traduzioni di Primo Levi in serbocroato:

Aggiornamenti a cura di DK)



In merito al Trattato UE

1) Presa di posizione in merito al Trattato UE
Dichiarazione comune di partiti comunisti, operai, progressisti e di sinistra europei

2) NO ad un nuovo trattato europeo, anche se "semplificato"! Difesa e riconquista dei diritti e delle garanzie contenuti nelle legislazioni di ciascuno dei nostri paesi!
Appello di militanti operai, sindacalisti, responsabili italiani


=== 1 ===


www.resistenze.org - pensiero resistente - movimento comunista internazionale - 21-10-07 - n. 199

da: www.pcp.pt , mailto:internacional@...
 
Presa di posizione in merito al Trattato UE

 

Dichiarazione comune di partiti comunisti, operai, progressisti e di sinistra europei

 

17/10/2007
 
I partiti che sottoscrivono questa dichiarazione comune denunciano l’obiettivo reale e dichiarato dell’attuale riforma dei trattati dell’Unione Europea: recuperare i contenuti di fondo della bozza di trattato precedentemente rigettata, e nello stesso tempo cercare di evitare un dibattito democratico e l’espressione della volontà dei popoli, in particolare attraverso referendum.

 

Questo tentativo è inaccettabile e rappresenta una manifestazione di profonda mancanza di rispetto per la democrazia e per la volontà sovrana, espressa dai popoli Francese e Olandese nei referendum del 2005.

 

Se fosse ratificato nei vari paesi, questo trattato rappresenterebbe un nuovo salto di qualità nella configurazione dell’Unione Europea quale blocco politico, economico e militare contrario agli interessi dei lavoratori e dei popoli; un nuovo passo verso l’istituzionalizzazione del neoliberalismo, la promozione del militarismo e un più forte dominio da parte dei poteri forti dell’Unione Europea, reso effettivo dalle pietre angolari dell’edificio dell’UE: i trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza e la Strategia di Lisbona.

 

Questo trattato è impregnato di politiche neoliberali che mettono a repentaglio le conquiste economiche e sociali dei lavoratori e dei popoli, attraverso la liberalizzazione dei mercati, il primato della concorrenza o delle politiche monetariste che non tengono in considerazione la crescita e l’occupazione; oppure attraverso lo smantellamento e la privatizzazione dei servizi pubblici, in linea con gli interessi dei grandi gruppi economici e finanziari.

 

Questo trattato promuove la militarizzazione dell’Unione Europea nel contesto della NATO e in coordinamento con gli USA, un incremento delle spese militari, una corsa agli armamenti e la militarizzazione delle relazioni internazionali.

 

Questo trattato si contrappone agli interessi e alle aspirazioni dei lavoratori e dei popoli d’Europa. Diciamo NO al nuovo Trattato e al processo antidemocratico che esso cerca di imporre.

 

Il diritto di ogni popolo a dire la sua su un trattato che ha così profonde conseguenze per il presente ed il futuro di ciascuno dei paesi e dell’Europa deve essere garantito, attraverso un vasto e democratico dibattito e attraverso l’espressione della volontà popolare.

 

Con piena fiducia nella possibilità di un’Europa diversa, di cooperazione, progresso economico e sociale e di pace, i Partiti comunisti, operai, progressisti e di sinistra che firmano questa presa di posizione comune si trovano d’accordo nel promuovere una serie di iniziative nei propri paesi e a livello multilaterale, allo scopo di lottare perché questo Trattato venga respinto e per richiedere ampi e democratici dibattiti popolari e l’espressione della volontà dei popoli nei diversi paesi dell’Unione Europea, in particolare attraverso referendum.

 

Lista dei Partiti Firmatari

 

Partito Comunista (Fiandre) – Belgio
Partito Comunista (Vallonia) – Belgio
Partito del Lavoro del Belgio
Partito Comunista di Gran Bretagna
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista della Bulgaria
Partito dei Comunisti Bulgari
AKEL (Cipro)
Partito Comunista di Danimarca
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista della Finlandia
Partito Comunista Francese
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista dei Lavoratori Ungherese
Partito Comunista d’Irlanda
Partito dei Lavoratori d’Irlanda
Partito dei Comunisti Italiani
Partito Socialista della Lettonia
Partito Comunista di Lussemburgo
Nuovo Partito Comunista dei Paesi Bassi
Partito Comunista di Polonia
Partito Comunista Portoghese
Partito dell’Alleanza Socialista (Romania)
Partito Comunista di Spagna
Sinistra Unita (Spagna)
Partito Comunista dei Popoli di Spagna

 

Traduzione dall'inglese per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 

 

=== 2 ===


NO ad un nuovo trattato europeo, anche se "semplificato"!
Abrogazione di tutti i trattati !
Abrogazione del trattato di Maastricht-Amsterdam,
difesa e riconquista dei diritti e delle garanzie contenuti nelle
legislazioni di ciascuno dei nostri paesi!


Militanti operai, sindacalisti, responsabili - alcuni fra noi sono membri di organizzazioni affiliate all'Intesa, altro no - siamo tutti impegnati nelle lotte di resistenza contro l'accelerazione dell'offensiva senza precedenti iniziata simultaneamente, sotto l'egida dell'Unione Europea, da parte dei governi dei nostri paesi rispettivi, contro tutti i diritti acquisiti dalle generazioni precedenti.

Ci rivolgiamo a tutti voi,  nostri colleghi di tutta l'Europa, per invitarvi ad associarvi alla preparazione di una conferenza europea che proponiamo di organizzare inizio dicembre

La presidenza portoghese dell'Ue avrà probabilmente fatto adottare dai nostri governi, in quella data,  il "trattato semplificato", pura e semplice ripresa del trattato « costituzionale » respinto, due anni fa, da parte dei popoli francesi ed olandesi. Un trattato che, riprendendo l'integrità del contenuto distruttivo dei trattati precedenti, si prefigge di rafforzare ancora il potere della presidenza dell'Ue e di dotarla istituzionalmente di un'"indipendenza" praticamente totale nei confronti dei vari popoli. Per l'Unione Europea si tratta di operare un ribaltamento totale di tutti i rapporti di lavoro esistenti, portare a termine le "riforme" già avviate, farla finita al più presto con tutti i codici del lavoro, tutti gli statuti, i contratti nazionali, tutti i sistemi di convenzioni collettive.

Questo trattato deve essere sottomesso a ratifica in ciascuno dei nostri paesi a decorrere da gennaio 2008 in violazione totale della volontà chiaramente espressa dai popoli francesi ed olandesi, della forte opposizione fin d'ora espressa nel movimento sindacale, in particolare in Gran Bretagna, in Portogallo, ecc. e sulle spalle  di tutti gli altri popoli privati dell'informazione più elementare su questo trattato.
C'è urgenza!

Vi proponiamo di organizzare questa conferenza per decidere insieme ciò che possiamo intraprendere in modo coordinato entro i termini brevi che ci sono imposti. Organizziamoci per far sentire la voce di quelli che, sempre più numerosi in ciascuno dei nostri paesi, vogliono poter dire: « Basta distruzioni! Rifiutiamo il rovesciamento  completo che ha deciso di operare l'Unione Europea, interamente sottoposta alle esigenze dei mercati finanziari e alle decisioni della Federal Reserve americana.

Rottura con l'Unione Europea, per aprire infine la via alla collaborazione fraterna dei lavoratori e dei popoli d'Europa, per la costruzione di un futuro di pace, di lavoro, fondato sulla difesa di tutte le conquiste sociali strappate dalla classe operaia dei nostri paesi, per l'unione libera dei popoli e delle nazioni libere dell'Europa.

E, per aprire questa discussione, poniamo prima di tutto una questione: il dramma che ha appena colpito la Grecia dipende dal destino o è conseguenza inevitabile "dell'adeguamento strutturale" dettato dal Patto di stabilità?


« Fatalità » il dramma che ha appena colpito la Grecia?

184.000 ettari di terreno bruciati in due giorni nella culla della civilizzazione europea. 63 morti, centinaia di villaggi distrutti, 2000 edifici bruciati, 40.000 capi di bestiame carbonizzati nel solo Peloponneso. La metà della superficie del dipartimento dell'Elide devastata e, nel dipartimento vicino di Messénie, 250.000 ulivi distrutti. Fino alla località di Olimpia minacciata molti giorni dalle fiamme...

Come non condividere la rabbia immensa della popolazione greca che accusa il governo di averla abbandonata in villaggi circondati dal fuoco, senza vigili del fuoco, senza dispositivi di sgombro, senza informazione?
Un'accusa confermata dagli esperti che denunciano a loro volta lo Stato greco: "In un paese coperto di foreste per più del 45 %, i servizi forestali hanno ricevuto soltanto in giugno fondi molto insufficienti per ripulire i boschi". Queste denunce sottolineano il numero ridicolo di vigili del fuoco (17.000 di cui 5.500 lavoratori stagionali mal formati) senza materiale, senza coordinamento, senza flotta di canadairs.

Come si è potuto arrivarne fino a questo punto?

Ironia crudele della sorte... E' Costas Caramanlis, primo ministro, che ha risposto alla domanda il 17 agosto scorso, esattamente dieci giorni prima dell'incendio generale. Trionfante, mentre sollecitava un nuovo mandato al termine delle elezioni legislative anticipate che aveva convocato per il 16 settembre, annunciava : "Vogliamo proseguire i cambiamenti e le riforme (...) dobbiamo avanzare più rapidamente ". 

Si elogiava di aver soddisfatto le esigenze dell'UE e di avere ridotto in un anno dal 5,5% al 2,6% il deficit pubblico.
Difficile dire in modo più conciso perché non c'erano né vigili del fuoco, né piani d'intervento e di pulizia delle foreste e dunque perché 63 persone sono morte sacrificate e decine di migliaia di altre hanno perso tutto.

Il dramma della Grecia non ci annuncia il caos imminente promesso a tutti i popoli sottoposti alle esigenze dell'Ue?

Chi non si è rivoltato di fronte alla sfrontatezza dei rappresentanti dell'Ue che si interrogavano senza vergogna, il giorno dopo il disastro, sulla "capacità dell'Ue di reagire in modo sufficientemente rapido (...) quando gli incendi sono così vicini" e "sulla possibilità di creare moduli di crisi"?

Non è legittimo ricordare che è l'Unione Europea che ha dettato, giorno dopo giorno, la politica del governo greco che conduce a questa catastrofe? Che si giudichi:

- Il 28 gennaio 2004, la Commissione europea, che giudica le misure prese dal governo greco per rispettare il "Patto di stabilità e di crescita" adottato dal Consiglio europeo di Amsterdam nel giugno 1997, richiamava all'ordine lo stesso governo: "L'obiettivo fissato nel bilancio e l'attualizzazione precedente del programma di stabilità di ridurre il deficit delle amministrazioni pubbliche allo 0,9% del PIL non è stato raggiunto."

- Il 24 giugno 2004 "la CE raccomanda al Consiglio di adottare una decisione che constati l'esistenza di un disavanzo eccessivo e quindi indirizzi alle autorità greche raccomandazioni, per porre fine a questa situazione (...) entro il 5 novembre 2004".

- Il 22 dicembre 2004 "la CE ha concluso (...) che il progetto di bilancio per il 2005  assume come obiettivo un deficit delle amministrazioni pubbliche del 2,8% ma le misure presentate sembrano insufficienti per riportare il deficit sotto la soglia del 3% entro il 2005 (...). La CE raccomanda al Consiglio di prendere posizione sul fatto che nessuna azione seguita da effetti è stata intrapresa per correggere il disavanzo eccessivo".
- Il 16 maggio 2007, a poche settimane appena del dramma, la CE ringraziava infine gli "sforzi" del governo greco. Decideva  "di raccomandare al Consiglio di porre fine alla procedura che riguarda i disavanzi eccessivi per la Germania, la Grecia e Malta" .   Fissando i prossimi obiettivi di "riforme", ricordava che: "per quanto riguarda il futuro (...), tenuto conto dell'aumento atteso delle spese legate all'invecchiamento, è primordiale che la Germania, Malta e soprattutto la Grecia migliorino la validità a lungo termine delle loro finanze pubbliche".
63 morti. Non c'erano né vigili del fuoco, né piano di sgombro dopo settimane di canicola, in un paese privato dall'Ue di ogni servizio pubblico d'intervento delle foreste degno di questo nome, in regioni indebolite dall'esodo rurale! Tutto ciò dopo 26 anni d'adesione all'Unione Europea !
Chi oserà pretendere dinanzi a questi fatti che sia ingiusto accusare solennemente l'Ue, la sua politica "d'adeguamento strutturale", il suo "patto di stabilità e di crescita", di portare tutta la responsabilità di questo dramma?
E, durante questo stesso periodo, la Banca Centrale Europea, guardiano inflessibile dei disavanzi pubblici degli Stati membri, forte del posto istituzionale che le assegnano i trattati, iniettava dal 9 agosto al 6 settembre, su ordine diretto di Bush-Bernanke (presidente del Federal Reserve USA) 271 miliardi di euro (molti di più effettivamente) sui mercati per salvare le scommesse degli speculatori!
Quanto agli stati dell'Ue, che tagliano ogni giorno nelle spese pubbliche, eliminano ogni giorno decine di migliaia di posti di insegnanti, di ospedalieri,... per soddisfare i diktats del Patto di stabilità, anche loro iniettavano nei circuiti bancari decine di miliardi supplementari.

Quale paese dell'Ue può pensare di essere risparmiato da tutto ciò?

Quale paese dell'Unione europea o in via d'adesione all'Ue può dire che è al riparo dalla macchina infernale che costituiscono il trattato di Maastricht-Amsterdam, il Patto di stabilità e di crescita, le decisioni della BCE, macchina che è messa in opera dalla  Commissione europea di Bruxelles?

Quale paese non è immediatamente confrontato - indipendentemente dal colore politico del suo governo - ad una "riforma" che recepisce direttamente nel diritto nazionale una direttiva dell'Ue, che si tratti della "riforma" delle pensioni che prolunga ovunque, a volte fino a 67 anni, come in Germania, l'età di pensionamento, della "riforma" del sistema di sicurezza sociale, della "riforma" del settore pubblico, della "riforma" del mercato del lavoro, della privatizzazione accelerata di tutti i servizi pubblici (trasporti, gas, elettricità, ospedali, università...) ?

In Germania, la nazione industriale più potente dell'Europa, l'applicazione delle leggi Hartz, trasposizione rigorosa delle linee direttive per l'occupazione che raccomanda "l'attivazione delle spese sociali", ha fatto salire a 2,6 milioni il numero di bambini che vive sotto la soglia di povertà. « Minestre popolari », sono organizzate nelle zone dell'Est di Berlino per i bambini e le loro madri...  Percentuali allucinanti di bambini che vivono sotto la soglia di povertà e che non dispongono più del minimo vitale ci sono ormai nelle grandi città dei länder dell'Est. E ciò succede nel momento in cui la KfW (banca pubblica per la ricostruzione) e le casse di risparmio iniettavano più di 25 miliardi di euro prelevati su fondi pubblici per salvare la banca del Land di Sassonia, impegnata in operazioni speculative di riacquisto di subprimes. 

Dove si sta andando? I lavoratori tedeschi, i disoccupati, le madri di famiglia, i bambini sacrificati per salvare le scommesse delle banche impegnate nelle operazioni speculative più pericolose sul mercato finanziario americano. Tutta l'Europa deve pagare, ci dicono questi signori, fino allo smembramento ed al caos totale, se occorre!


Chi può sostenere di essere al riparo da questa politica?

- Il Portogallo? Già pressato dalla CE come la Grecia per riportare il suo deficit pubblico dal 6% al 3,9% in un anno e per eliminare immediatamente 15.000 posto nel settore pubblico.

- La Spagna? Incitata ad applicare "l'accordo sulla precarietà del maggio 2006" che anticipava la comunicazione della CE del 27 giugno 2007 sulla "flessicurezza », generalizzava la precarietà e rimetteva in discussione tutte le norme che proteggono i lavoratori dei licenziamenti. 
- L'Italia? Costretta a recuperare il suo ritardo in materia d'età pensionabile che il governo Prodi ha appena fatto passare da 57 a 58 anni per il 2008 ed a 60 anni per il 2009, 61 per il 2011, 62 per il 2013... L'Italia, costretta a portare nuovi colpi in tutti i settori con la legge Finanziaria, le privatizzazioni, nuova precarietà...
- La Svizzera? Dove la politica d'integrazione all'Unione europea aumenta il "dumping salariale" e la precarietà dell'occupazione. È in nome delle direttive dell'Unione europea che, in questo paese che non è, per ora, membro dell'Unione europea, vengono smantellati e privatizzati i servizi pubblici (Poste, Télécom, CFT, assicurazioni sociali, sistema sanitario).
- Il Belgio? Dove vengono artificialmente attizzati pretesi "conflitti etnici" tra fiamminghi e valloni per far saltare tutte le conquiste sociali della classe operaia belga, a cominciare dalla sicurezza sociale. 
- La Francia? Dove "l'ora delle grandi riforme, dei contratti di lavoro, delle pensioni... » è annunciata a tamburo battente da tutta la stampa in questo inizio settembre 
- La Gran Bretagna? Dove, in applicazione delle esigenze del Patto di stabilità, il servizio nazionale di salute, la posta, le residenze sociali sono liquidati e consegnati ai partenariati pubblico-privato.

Cosa resterà di tutte le nazioni ed di tutti i popoli dell'Europa? Cosa diventeranno all'Est i popoli ai quali l'entrata nell'Ue doveva aprire un futuro radiante sulle rovine della proprietà sociale?

- La Polonia? Intimata dalla CE, in nome del rispetto del principio di "concorrenza libera e non falsata" del Trattato di Maastricht, di chiudere la più parte dei cantieri navali di Gdansk, cosa che causa rabbia e manifestazioni in particolare dinanzi alla sede dell'Ue a Bruxelles. 
- La Repubblica Ceca? Intimata di fare adottare dal suo Parlamento una legge sulle "riforme economiche" che prevedono "riduzioni di spese nel settore sanitario e delle pensioni per ridurre il deficit pubblico per preparare il paese all'euro (...) » E per questo  « il governo intende ridurre il deficit al 3,2% l'anno prossimo per scendere al di sotto della sbarra del 3%,  un'esigenza del trattato dell'Ue" (la tribuna di 22/08/07).
- La Romania? Dove, sotto la pressione dell'Unione europea, numerosi sindacalisti sono  ancora mantenuti in prigione semplicemente per avere rispettato il loro mandato, e ciò per aumentare la pressione contro tutti i sindacati, contro qualsiasi forma d'organizzazione operaia indipendente.

E anche nei paesi in cui la questione dell'adesione causa vivi dibattiti tra rappresentanti degli stati dell'Unione europea la politica di distruzione del patto di stabilità è messa in opera

In Turchia, la legge di "riforma" del sistema di sicurezza sociale e di salute è stata votata e sarà applicabile fin dall'inizio del 2008. mentre misure di regionalizzazione sono state già realizzate, mentre si prevede di introdurre salari minimi su base regionale. E intanto la contro-riforma del servizio pubblico è all'ordine del giorno, con la riduzione della sicurezza dell'impiego e la regionalizzazione del servizio pubblico.

Dove possono condurre in Polonia, in Ungheria, in Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Romania le norme del trattato di Maastricht, interamente destinate a soddisfare le esigenze del sistema capitalista fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione rappresentato dai mercati finanziari in piena decomposizione?

Ciò non può che condurre ad un crollo ancora più brutale di quello che ha minato da decenni l'Europa dei 15: emigrazione massiccia della gioventù; abbandono puro e semplice delle popolazioni dell'"Europa inutile", come è stato il caso delle vecchie  popolazioni dei villaggi greci; smembramento delle nazioni; presunti conflitti "etnici" come quelli che hanno devastato i Balcani al solo scopo di smembrare  la Federazione iugoslava per saccheggiare le sue ricchezze, privatizzare la sua industria, fare esplodere la disoccupazione per raggiungere un costo del lavoro comparabile a quello dell'Asia.
Ciò non può che portare ad ondate ancora più grandi d'emigrazione, causate dal saccheggio di continenti interi ed utilizzate per abbassare ancora il costo del lavoro, per aumentare lo sfruttamento, per liquidare più posti di lavoro, per ridurre allo stato di schiavitù migliaia e migliaia di lavoratori immigrati.

È  possibile accettare tutto questo?

Noi rispondiamo NO.

Siamo dalla parte dei lavoratori e dei popoli, non dei mercati finanziari. Ci mettiamo della parte degli abitanti dei villaggi greci abbandonati poiché non redditizi. Siamo dalla parte dei bambini tedeschi immersi nella miseria per soddisfare le esigenze di bilancio "equilibrato" dettate dall'Ue al governo di grande coalizione. Siamo dalla parte dei lavoratori dei cantieri navali di Gdansk che difendono il loro lavoro, dei lavoratori cechi che rifiutano la legge sulle "riforme economiche".

Ci mettiamo della parte di quei militanti dei Balcani che hanno convocato il 28 ottobre una riunione a Cacak (Serbia) contro le privatizzazioni, per il ritorno all'unità della Jugoslavia. 
"Semplificato" o no, diciamo NO al nuovo trattato che si prefigge di rafforzare la presidenza europea, accelerare le "riforme", accelerare le distruzioni per fare sprofondare il continente nel caos.
Che non ci dicano, come ha fatto la CES che ha salutato positivamente il nuovo trattato e che pretende di parlare in nome delle nostre confederazioni sindacali, che la "carta dei diritti fondamentali" ci metterebbe al riparo dal disastro, essa che ammette come punto di partenza la validità di tutti i trattati fondatori dell'Ue.
Che non ci dicano che questa carta ci proteggerebbe da un nuovo trattato che rafforza ancora il dispositivo sovranazionale che permette di imporre ai popoli, ai loro governi sussidiari, in ciascuno dei nostri paesi,  l'applicazione accelerata delle "riforme". "riforme" ai primi posti delle quali appaiono oggi quella del mercato del lavoro, con la messa in atto di un sistema di "flessicurezza" sulle rovine di tutte le regolamentazioni esistenti. Una "riforma" dalle conseguenze incalcolabili alla quale l'Unione europea vuole a qualsiasi costo associare le nostre organizzazioni sindacali che si sono costituite invece, precisamente, nella lotta per strappare norme e garanzie contro l'arbitrio dei capitalisti.

Una sola via uscita: l'abrogazione di tutti i trattati !

Esigere l'abrogazione di tutti i trattati, dire "NO" a quello nuovo in preparazione: è  su questo terreno, e solo su di esso, che si potrà costruire in ciascuno dei nostri paesi e a livello di tutta l'Europa, in un solo fronte, l'unità di tutti i lavoratori e delle loro organizzazioni per riconquistare le prerogative democratiche che fondono la sovranità dei popoli.

È su questo terreno che preserveremo l'esistenza delle nostre organizzazioni sindacali e ridaremo loro  tutto il posto che gli compete.
È per porre le basi di una campagna comune, in ciascuno dei nostri paesi come in tutta l'Europa, per il « NO al nuovo trattato", che vi invitiamo a preparare la conferenza che convochiamo per l'inizio di dicembre (data da precisare).
Con quest'obiettivo chiediamo a tutti e a tutte coloro che condividono a grandi linee la nostra valutazione di associarsi a quest'appello e riunirsi per preparare questa campagna, partendo da un'indagine che proponiamo di condurre in ogni paese, seguendo il metodo che avevamo utilizzato all'inizio del 2007 per preparare la delegazione comune alle istituzioni dell'Unione europea contro la privatizzazione-distruzione del nostro sistema sanitario pubblico.


Prime adesioni all'appello contro il “nuovo” Trattato costituzionale europeo:

Davide Ascoli, ricercatore Università, Torino
Fulvio Aurora, Medicina Democratica, Milano
Natalino Bellini, operaio, Torino
Ugo Croce, redazione mensile “Tribuna Libera”,
Gabriella Daniele, delegata RSA CGIL-Commercio, Torino
Rita Defeudis, impiegata, Milano
Gianni Guglieri, delegato UIL-chimici, Torino
Paolo Messina, delegato CGIL-chimici, Torino
Guido Montanari, docente Politecnico Torino, membro CGIL
Roberta Roberti, ins. Parma, membro direttivo nazionale CGIL-Scuola
Marcella Roseo, insegnante, Torino
Maria Grazia Sala, delegata CGIL-Scuola, Milano
Lorenzo Varaldo, ins, membro direttivo UIL-Scuola, Torino
Per aderire: davide.ascoli @ unito.it




Riceviamo e volentieri rilanciamo questo importante appello
------------


UN APPELLO AGLI AMICI, AI COMPAGNI, AI COLLEGHI DI SCUOLA :

                       contribuiamo alla ricostruzione dell'Ospedale Partigiano Franja,  monumento alla lotta di liberazione,  all'umanità e alla solidarietà!
             
                       L'alluvione che il 18 settembre scorso ha colpito parte della Slovenia si è  abbattuta anche sulla regione di Cerkno e ha danneggiato gravemente, quasi distruggendolo, l'ospedale partigiano Bolnica Franja. 

           Franja era il nome della dottoressa che diresse questo ospedale costruito nell'autunno del 1943 tra le pareti scoscese e nascoste della Pasica. Oltre cinquecento combattenti vi poterono essere curati, partigiani sloveni,  delle altre nazionalità jugoslave, partigiani italiani e alcuni di altri paesi.  L'ospedale comprendeva, in 13 baracche, oltre cento posti letto, una sala operatoria, una sala per le radiografie, una sala di isolamento, una casa per gli invalidi, ambienti per la lettura, per gli incontri e le attività culturali,  e anche un acquedotto, una centrale elettrica e i bunker per nascondervi i feriti più gravi quando i tedeschi si avvicinavano troppo ...  Fu sostenuto dalla popolazione e dalle formazioni combattenti,  e dall'aiuto degli alleati. Vi si poteva arrivare, per precauzione, solo camminando nelle acque del torrente, due volte dovette essere evacuato, ma non fu mai scoperto.
      Un monumento unico,  museo fin dal 1946, un luogo (a  30 km dal confine) particolarmente caro agli sloveni del Goriziano e di Trieste. La notizia della sua distruzione ha avuto una grande eco, accanto allo sgomento per le vittime dell'alluvione e per le distruzioni nelle zone colpite. 
      Era da tanto che pensavo di invitare i colleghi italiani 
a visitarlo e di organizzare una visita di studio e di incontro in quei luoghi. Ora vi chiediamo di rispondere a questo appello e anche, se possibile, di diffonderlo.
           
                      Un caro saluto,
                                                                                          prof. Marta Ivasic


Trieste, 9 ottobre 2007       
                              


  Una sottoscrizione per sostenere la ricostruzione della Bolnica Franja è stata promossa dal quotidiano sloveno di Trieste Primorski dnevnik (Banca di Credito Cooperativo del Carso-ZKB , ABI 08928, CAB 02200, c.c. 26359 »per la ricostruzione della Bolnica Franja«).  
Una sottoscrizione è stata promossa, tra le altre, dall'ANPI provinciale di Trieste (via Crispi 3).  Dal ginnasio di Nova Gorica è stato lanciato un appello alla rete delle 'scuole Unesco'.  Potete contattare anche la mia scuola, il liceo Preseren di Trieste.
   Per gli aiuti agli abitanti delle zone alluvionate le sottoscrizioni e le raccolte di materiale sono state promosse dalla CR della Slovenia, dalla Karitas slovena, dal Comune di Zelezniki, il più colpito, e anche dal Comune di Cerkno.
 
Per altre notizie storiche si può visitare il sito (con la versione anche in italiano) www. muzej-idrija-cerkno.si .  Testo, piantine, foto e link (con una visita virtuale) si trovano su -  'Wikipedija' alla voce 'Slovenska vojna partizanska bolnica Franja'. 




Kosovo: International Law Versus Western Position


Posted by: "Rick Rozoff" 

Mon Oct 22, 2007 6:02 am (PST)


Strategic Cultural Foundation
October 22, 2007

Kosovo: UN Mandated Part of Serbia
Pyotr Iskenderov

-The inviolability of state borders, the decisive role
of the UN and a severe rebuff of the armed separatism
of the Kosovo Albanian terrorists are the three
[principles] upon which any compromise over the status
of the province should be based. 

A new round of direct negotiations between the
delegations of Serbia and Kosovo on October 14 in
Brussels did not produce a long-awaited breakthrough. 

And given the current format of the dialogue it would
hardly be wise to expect at least some tangible
advance rather than a breakthrough. 

In the past several months and years the West has done
everything it could to misbalance the positions of the
two parties. 

Even before UN special envoy Martti Ahtisaari began
his rather unintelligible peacekeeping campaign,
Albanian separatists in Kosovo had been promised
independence. 

Both Americans and the EU officials made such
statements. 

And if independence is a possibility why make
concessions? 

So, in the view of Albanians the negotiations were
dead before they were born. And the fact that the USA
and the EU are represented in the “group of three”
middlemen is just another example of Western cynicism.

In the current situation, regardless of the steady
position that meets all the requirements of
international law, to which Serbs have been sticking
for the past two years or so, it was decided they
would be the scapegoats. 

By and large, the status of Kosovo was determined as
far back as June 10, 1999 by UN Security Council
Resolution 1244. 

The document stipulated Kosovo’s wide autonomy
simultaneously confirming “the commitment of all
member-states to honour the sovereignty and
territorial integrity of the Union Republic of
Yugoslavia and other states in the region, as
expressed in the Helsinki Final Act.” 

In line with spirit and letter of the document the
Serbian leadership has for many months been presenting
different models of Kosovo’s autonomy, always facing
accusations of its lack of willingness to reach a
compromise. 

That was how the present-day stalemate was created; it
discredits both the institute of global peace making
and the United Nations as such. 

There is a way out of this stalemate that meets all
norms of international law and interests of both sides
(Belgrade and Pristina). 

Kosovo can be granted the status of a UN-mandated
territory. 

This option is completely in line with the UN Charter,
not depriving Serbia of its sovereignty over Kosovo. 

According to Article 75 of the UN Charter: ”The United
Nations establishes an international trusteeship
system under its guidance to manage such territories
that can be annexed to it on the strength of the
follow-up individual agreements as well as for
observing their performance.” 

Article 77 defines the mechanism of granting the
relevant status to regions that are identified as
“territories voluntarily included in the trusteeship
system by such states that are responsible for their
guidance.” 

This option adequately fits the current status of
Kosovo as identified by UN Security Council Resolution
1244. 

In this case granting Kosovo the status of a
UN–mandated territory can be legalized by a special
agreement between Serbia and the United Nations.
Another option can place the province under a double
mandate of Serbia and the UN. The situation of this
kind was previously faced by Namibia, with South
Africa and the UN as its mandators. 

The fact that the UN Trusteeship Committee includes
five standing members of its Security Council, Russia,
the USA, Great Britain, France and China is of
especial significance. It is instrumental for the
maintenance of continuity in solving the Kosovo
problem as well as the decisive role of the UN. 

Besides, declaring an individual territory a
UN-mandated one helps avoid strict timeframes while
solving its problems and address the province’s
burning problems, making the task of a settlement a
long-term process. 

And the most important thing is the UN-mandated status
of a territory does not demand that it be granted
obligatorily independence. Goa, Greenland, Hawaii, the
Panama Channel zone, Puerto Rico and Reunion went
through this phase without further claims of state
independence. 

But there is another snag: Kosovo Albanians should be
made to tame their appetites, and that is hard to do. 

However, NATO and the EU in the 1990s accumulated
great experience of giving the peoples in the Balkans
“forced peace.” 

Why should this experience be always used against
Serbs? 

Russia is also not the state it was during the years
“on the loose” under Yeltsin and his foreign minister
Kozyrev. 

The inviolability of state borders, the decisive role
of the UN and a severe rebuff of the armed separatism
of the Kosovo Albanian terrorists are the three
[principles] upon which any compromise over the status
of the province should be based. 

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Stop NATO
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(italiano / srpskohrvatski / english)

Veliki  školski  čas 
Šumarice, Kragujevac 21.10.2007

Una grande ora di lezione a Kragujevac, il 21 Ottobre 2007, nel 66.mo anniversario della strage delle Šumarice


(a cura di DK)

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Sulla strage delle Šumarice si vedano anche:
Krvava bajka (Desanka Maksimović) / la traduzione italiana della poesia di Desanka Maksimović / un articolo sui fatti narrati nella poesia: KRAGUJEVAC 1941, STERMINIO NAZISTA IN SERBIA / la stessa poesia in una diversa traduzione in italiano
alla pagina:

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Друштво
 
„Велики школски час” у Шумарицама

У крагујевачким Шумарицама, испред споменика стрељаним ђацима, јуче је одржан „Велики школски час”. Централна свечаност обележавања Крагујевачког октобра започета је служењем молебана а, после полагања венаца на хумке, изведена је поема „Плави лептир” енглеског песника Ричарда Бернса. Сценску поставку поеме режирао је Драган Ђирјанић, извели су је глумци Театра „Јоаким Вујић”, а музику је компоновала Вера Миланковић. Инспирацију за стихове посвеће невиној деци и цивилима које су стрељали немачки војници, по пропорцији сто Срба за једног убијеног немачког војника а 50 за једног рањеног, Бернс је добио 1985. године када је први пут посетио Музеј „21. октобар” посвећен крагујевачким жртвама и када му је на прст леве руке, којом пише стихове, слетео плави лептир, који по митологији симболише душе покојника.

Венце и цвеће положили су ученици Прве крагујевачке гимназије, представници Владе Србије, Града Крагујевца, Скупштине Војводине, Шумадијског округа, али и амбасада Немачке, Словачке, САД и Израела, као и делегације 11 градова побратима из Немачке, Француске, Италије, Пољске, Румуније, Словачке и Босне и Херцеговине.

Венце су положили и представници СУБНОР-а, водећих политичких партија и Удружење Рома.

Свечаности посвећеној 66-годишњици масакра Крагујевчана 21. октобра 1941. године и Дану ослобођења од фашистичких окупатора на исти дан 1944. године присуствовало је више од две хиљаде гостију и грађана Крагујевца.

Уочи „Великог школског часа” у Првој крагујевачкој гимназији одржана је комеморативна академија на којој су ученици и професори приредили пригодан уметнички програм.

Истовремено у Музеју „21. октобар” одржано је бдење на којем су своје стихове казивали крагујевачки песници, али и Ричард Бернс, аутор поеме „Плави лептир”, уз учешће хора „Кир Стефан Србин”.

[објављено: 22.10.2007.]


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"La grande lezione didattica" a Šumarice, Kragujevac, Serbia, e' stata celebrata quest'anno con il poema dell'autore inglese Richard Burns: "The Blue Butterfly" (http://www.politika.co.yu/detaljno.php?nid=45086).
Nell'occasione  della  sua  prima  visita a Kragujevac, al Museo  Memoriale   "21   Ottobre",   nell'anno  1985,  a  Burns  venne l'ispirazione  per  la stesura del ciclo poetico dedicato alle vittime della  strage nazista nel 1941, quando una farfalla azzurra gli si poso' sull'indice della mano sinistra, la mano che usa per scrivere. Secondo la mitologia, la farfalla azzurra rappresenta le anime dei morti.


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The Blue Butterfly - Richard Burns


On my Jew’s hand, born out of ghettos and shtetls,
raised from unmarked graves of my obliterated people
in Germany, Latvia, Lithuania, Poland, Russia,

on my hand mothered by a refugee’s daughter,
first opened in blitzed London, grown big
through post–war years safe in suburban England,

on my pink, educated, ironical left hand
of a parvenu not quite British pseudo gentleman
which first learned to scrawl its untutored messages

among Latin–reading rugby–playing militarists
in an élite boarding school on Sussex’s green downs
and against the cloister walls of puritan Cambridge,

on my hand weakened by anomie, on my
writing hand, now of a sudden willingly
stretched before me in Serbian spring sunlight,

on my unique living hand, trembling and troubled
by this May visitation, like a virginal
leaf new sprung on the oldest oak in Europe,

on my proud firm hand, miraculously blessed
by the two thousand eight hundred martyred
men, women and children fallen at Kragujevac,

a blue butterfly simply fell out of the sky
and settled on the forefinger
of my international bloody human hand.




VENERDI 26 OTTOBRE ORE 21 A LECCO
SALA CONFERENZE BANCA POPOLARE DI SONDRIO VIA AMENDOLA

CONFERENZA E PRESENTAZIONE DEL DOPPIO DVD

A FORZA DI ESSERE VENTO
lo sterminio nazista degli zingari

IL POPOLO ROM IERI E OGGI

RELATORE
l'amico anarchico di Fabrizio De Andre'
PAOLO FINZI redattore di A rivista anarchica

ORGANIZZA CENTRO KHORAKHANE' LECCO
ugomoi @ libero.it 339.3936802


L'obiettivo della serata è comprendere e consocere la civiltà rom e sinti attraverso la storia di questo popolo, le persecuzioni dei campi nazisti e le vicende quotidiane del nuovo millennio nelle nostre città.

L'intento è riuscire ad aprire la strada per una discussione su uno degli aspetti ancora rimossi da quasi tutta la storiografia che si è occupata dei campi di tortura e di morte del regime nazista, ma anche e soprattuto perché, nel raccontare gli abomini di un passato ancora bruciante, getta una luce impietosa anche sull’oggi dimostrando lucidamente come poco, da sessant’anni a questa parte, siano cambiate le cose per gli zingari.

IL CORTO CIRCUITO, (attraverso questi DVD che presenteremo) che si viene a creare, man mano che il disco scorre sotto i nostri occhi, tra il racconto orale delle terribili scene di deportazione degli zingari e le immagini dell’oggi che le accompagnano e sostengono. Suoni e immagini finiscono, così, per determinare, nello spettatore, una sorta di ’contrappunto didattico’ in cui il passato della parola e del racconto finisce per illuminare di luce sinistra la realtà visibile e tangibile di un presente non poi tanto diverso. In questo modo l’occhio fenomenologico della videocamera sembra sempre cercare, nel presente dei campi rom fatti coi cumuli di spazzatura delle nostre "civili" città, i segni tangibili di un passato che continua a riemergere, tragicamente nell’oggi più di quanto ci piacerebbe credere.

Di qui le domande che aleggiano irrisolte a chiederci conto dei nostri persistenti pregiudizi su una realtà, quella zingaresca, che non conosciamo per davvero e che, quindi, non possiamo non continuare a temere.

Perché pochi di noi possono dire, rispondendo a Moni Ovadia, di avere un amico zingaro e molti di noi continuano a raccontare ai propri bambini, quando è l’ora di spaventarli per farli ubbidire, che se non tornano subito a casa poi arrivano i rom a rapirli e a portarli lontano, chissà dove.

Il merito dei documentari, comunque, non è solo quello di obbligarci a guardarci allo specchio scoprendo nei nostri atteggiamenti la stessa molla che muoveva i teorici nazisti dello sterminio finale, ma anche quello di riportare alla luce i dettagli di una storia che rischiava di restare taciuta per sempre perchè la cultura zingara è legata al solo racconto orale e, quindi, non accetta di prendere forma in un qualsiasi tipo di documento scritto.... Dello sterminio di Rom e Sinti (Porrajmos è la parola rom corrispondente all’ebraico Shoah) sappiamo, in effetti relativamente poco.
CON QUESTA SERATA VOGLIAMO, ANCHE A LECCO, PROVARE A RACCONTARE UNA STORIA. UAN STORIA VERA E DOVEROSA
e ora, grazie al lavoro in presa diretta delle videocamere, la voce zingara trova finalmente il suo spazio di espressione obbligandoci a fare i conti con i nostri fantasmi più terribili.

UN INCONTRO, UNA SERATA IMPORTANTE, ADULTA, CHE MERITA DI ESSERE PARTECIPATA.

VENERDI 26 OTTOBRE ORE 21 LECCO
SALA banca popolare di sondrio 
VIA AMENDOLA ANG VIA PREVIATI