Informazione
1) RINVIATO SEMINARIO OPERA NOMADI
2) MILANO 14/12: SERATA SULLA
PARTECIPAZIONE DI ROM E SINTI ALLA RESISTENZA IN EUROPA.
Presentazione del Centro "Carlo Cuomo"
=== 1 ===
Opera Nomadi
Ente Morale (D. P. R. 26/03/70 n. 347)
Presidenza Nazionale
operanomadinazionale@...
Via di Porta Labicana 59-00185 Roma
tel. 06/44704749
fax 06/49388168
Oggetto: rinvio seminario nazionale Opera Nomadi
A causa della proclamazione dello sciopero di venerdì 15 dicembre il
IX° Seminario Nazionale "I Rom, i Sinti e le metropoli", che si doveva
tenere a Roma il 15 e 16 dicembre è stato rinviato a data da destinarsi.
Ce ne scusiamo con tutti gli invitati.
L'occasione è gradita per porgere distinti saluti
Il Presidente
Dott. Massimo Converso
Roma 13 dicembre 2006
---
VEDI ANCHE: http://romanolil.blog.tiscali.it/fx3031592/
IL NOSTRO ANNUNCIO DEL SEMINARIO ERA STATO PUBBLICATO QUI:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5206
=== 2 ===
COMUNICAZIONE URGENTE
INVITO AD UNA SERATA DEDICATA A CARLO CUOMO
PER LA PRESENTAZIONE DEL CENTRO A LUI INTITOLATO,
DI DOCUMENTAZIONE SUL PORRAJMOS/SAMUDARIPEN
E SULLA PARTECIPAZIONE DI ROM E SINTI ALLA RESISTENZA IN EUROPA.
>>
>> GIOVEDì 14 DICEMBRE ORE 20.30
>> SALONE ARCI BELLEZZA
>> VIA BELLEZZA 16/a
>>
IL CENTRO SARà APERTO NELLA SEDE OPERATIVA DELL'ASSOCIAZIONE,
PRESSO LA PROVINCIA DI MILANO, VIA PANCRAZI 10,
E SARà OPERATIVO NEL 2007.
IL MATERIALE E' ATTUALMENTE COSTITUITO DAI DOCUMENTI, IN GRAN PARTE
INEDITI, EMERSI DALLA RICERCA AVVIATA, QUASI UN ANNO FA, DALLA NOSTRA
ASSOCIAZIONE, E TUTTORA IN CORSO.
AD ESSO CONTIAMO DI AGGIUNGERE SCRITTI E DOCUMENTI DI CARLO
RIGUARDANTI ROM E SINTI.
>>
>> CON PREGHIERA DI DIFFUSIONE E PARTECIPAZIONE
>>
>> per info sull'iniziativa, tel 02.48409114, 3338628466, 3403175095 -
>> cipes.lomb @...
>> meg.rossi @...
>> il
>> vicepresidente Ernesto Rossi
>>
>> ASSOCIAZIONE "AVEN AMENTZA" UNIONE ROM E SINTI
>> sede legale: Via Triboniano 212 20156 Milano (Italia). Tel.
>> +39.(02).48409114
>> sede operativa: Provincia di Milano, via P. Pancrazi 10 20145 Milano.
>> Tel. +39.(02).7740.4489 fax 7740.4490
>> Costituita il 18 luglio 2004, registrata a Milano il 22 novembre
2004 , n°
>> 104485 serie 3. Codice fiscale 97389270154
(le adozioni a distanza alla Zastava di Kragujevac)
PER UN DESIDERIO DI PACE
SABATO 16 DICEMBRE 2006
ore 16.00
Sala "Montes", via Trieste 17, Staranzano (GO)
Sarà presente
Gilberto Vlaic, vicepresidente dell'Associazione Non bombe ma solo
Caramelle - ONLUS
L'associazione Zastava si occupa di portare aiuti nelle zone della
Serbia bombardate dalla Nato nel 1999 e principalmente a Kragujevac
dove c'era l'omonima fabbrica di automobili. Verranno proiettati
filmati che mostrano i danni provocati dalla guerra e i progetti
umanitari realizzati per aiutare quelle popolazioni. Seguirà un
dibattito.
La cittadinanza è invitata a partecipare.
L'incontro è organizzato dall'ANPI di Staranzano con la
collaborazione di:
SPI-CGIL, AUSER. Con il patrocinio del Comune di Staranzano
L' Associazione " Z A S T A V A " di Brescia era nata, quasi
spontaneamente, subito dopo i bombardamenti Nato che avevano
distrutto i reparti essenziali della più grande fabbrica di
autoveicoli dei Balcani: la "ZASTAVA", appunto, situata a
Kragujevac, a sud di Belgrado. Su iniziativa di delegati delle RSU e
sindacalisti FIOM-CGIL era sorto un primo coordinamento presso la
Camera del Lavoro di Brescia. Lo stesso era avvenuto in tante città
e realtà aziendali di tutta Italia. Moltissimi lavoratori,
pensionati, semplici cittadini si erano resi conto della portata del
disastro economico e sociale che stava avvenendo in quella città:
36.000 operai e tecnici, che con l' indotto arrivavano a 60.000,
passavano, in un attimo, da una condizione di lavoratori con una
vita normale, ad una condizione di disoccupati estremamente poveri!
Ed allora tanti piccoli uomini, animati da una concezione
solidaristica della vita che non conosce confini, univano i loro
sforzi e davano avvio ad un progetto per affrontare l' emergenza:
innanzitutto è stato necessario dare un po' di sollievo dalle
preoccupazioni economiche a chi era più disagiato fra i tanti
disagiati, sostenere chi aveva una famiglia numerosa, chi aveva
bimbi piccoli ( le famiglie numerose sono ancora tante a
Kragujevac ) e, soprattutto, dare un segnale di solidarietà
concreta, e sappiamo bene quanto valga dal lato psicologico il non
sentirsi soli.
Molti anche gli enti pubblici, i sindacati di categoria e le
rappresentanze sindacali di tante aziende grandi e piccole , qualche
direzione aziendale, che hanno contribuito alla realizzazione del
progetto di adozione a distanza di bambini figli di lavoratori della
fabbrica distrutta che sono stati selezionati mediante l' opera del
sindacato autonomo Zastava: in pochissimi giorni 250 bambini e
bambine hanno avuto dei genitori adottanti a Brescia, ben 1.500 in
tutta Italia! L' impegno è consistito nel versare 50.000 lire al
mese (oggi 26 Euro ). L' importo può sembrare esiguo, se rapportato
al valore dei soldi in Italia; ma bisogna considerare che in
Jugoslavia il contributo che i lavoratori in mobilità ricevono(
quando lo ricevono ) non arriva alle 28.000 lire mentre quelli più
fortunati che ancora risultano occupati nella Zastava percepiscono
dalle 70 alle 80 mila lire mensili. Le somme raccolte sono state
portate, in varie spedizioni, da volontari dell' Associazione a
Kragujevac e consegnate direttamente ai bambini e ai loro familiari
in occasione di incontri pubblici. Non una lira di quanto raccolto è
stato utilizzato per spese di gestione o di viaggio: questi oneri,
che pure ci sono stati, sono stati fino ad oggi sostenuti dai
volontari dell' Associazione e ancor di più, dalla Camera del Lavoro
di Brescia che si è sobbarcato l' impegno delle spese più
consistenti (trasporti, alloggio, ecc.).
Nel gennaio 2002 l' originaria associazione si è costituita in ONLUS
ed agisce in maniera completamente autonoma dal punto di vista
gestionale ed economico mentre continua ad usufruire del patrocinio
della CGIL di Brescia per quanto riguarda il lato logistico ( uso
sale per riunioni, stampa volantini, ecc. ) La formula adottata
dell' adozione diretta a distanza è già ben conosciuta e apprezzata
sia per la semplicità di utilizzo sia, soprattutto, per le garanzie
che offre. Infatti, ogni adottante riceve, all' atto dell' adesione,
una scheda contenente la foto, il recapito e i dati essenziali del
bambino adottato. E' poi libero, se lo vuole, di stabilire un
rapporto personale con il bambino e la sua famiglia, di scrivere,
telefonare, inviare pacchi, ecc. In base al progetto originario,
l'operazione avrebbe dovuto terminare alla fine del I° anno. Ma le
condizioni economiche e sociali che abbiamo constatato nel corso
dell' ultimo viaggio, ci hanno indotto a chiedere a tutti gli
attuali adottanti di proseguire lo sforzo, rinnovando l' adesione
all' adozione . Questo appello lo rivolgiamo anche a tutti quelli
che volessero contribuire sia con una adozione completa o con somme
inferiori. Siamo inoltre alla ricerca di altre forme di intervento
che andando oltre l' emergenza, riescano a dare un respiro più ampio
e duraturo ai nostri interventi: ci riferiamo a programmi di corsi
di riqualificazione per lavoratori in mobilità finanziati dalla
Comunità Europea oppure forme di finanziamento di piccole attività
commerciali e produttive che possano servire a rimettere
gradualmente in moto una economia che adesso è costretta all'
immobilismo. La situazione infatti resta ben lontana dal ritorno ad
una condizione di vita normale: la fabbrica sta per essere smembrata
in sei parti e privatizzata; solo un reparto tornerà, forse, alla
originaria produzione di autovetture, occupando 10 -11000 addetti.
Gli altri? Dovranno adattarsi a condurre fino alla fine dei loro
giorni, una vita di stenti e di precarietà, in occasioni serie di
occupazione.
La nostra attenzione è rivolta anche alle condizione di salute di
queste famiglie: tutti siamo a conoscenza delle bombe all' uranio
impoverito e delle fabbriche chimiche colpite, che insieme hanno
scaricato sul terreno e nelle acque sostanze che producono per certo
gravissime malattie all' apparato immunitario umano. Questo, in una
realtà in cui l' assistenza sanitaria statale è ormai un ricordo del
passato e le stesse attrezzature diagnostiche e terapeutiche sono
obsolete o inservibili, ci costringe a ricercare possibilità di cura
anche in Italia oltre a intervenire sul posto, come alcuni gruppi
hanno già fatto, installando apparecchiature sanitarie che sono
riusciti a reperire nel nostro paese.
20Manifesto%2012.pdf
Il Manifesto 12-12
La storia Ferid Sulejmanovic, espulso nel 2000. Ma la Corte europea
gli aveva dato ragione
Morte assurda di un rom legale
Era uno degli zingari del campo Casilino, Roma, spediti a Sarajevo. A
torto. Ha provato a rientrare da clandestino. E' morto soffocato in
un tir
Cinzia Gubbini
Sembra quasi l'ultimo atto di una tragedia. Solo che è tutto vero.
Niente palcoscenico, niente applausi finali. Per Ferid Sulejmanovic,
il protagonista di questa storia, un'uscita di scena tra i gas
tossici sprigionati dall'alluminio ferroso.
Ferid, 33 anni, rom bosniaco, era stato cacciato sei anni fa
dell'Italia, nel corso di un'espulsione di massa che la Corte di
Strasburgo ha dichiarato illegale. Il suo cadavere è stato trovato
sabato mattina nel cassone di un camion sbarcato al porto di Ancona.
Il tir, che trasportava lui e un altro uomo non ancora identificato
era partito dal porto di Zara, in Croazia. I due viaggiatori
«abusivi» sono stati uccisi dalle esalazioni sprigionate dai lingotti
di alluminio, che erano destinati a un'azienda del nord, e dietro cui
si erano nascosti. L'inchiesta aperta alla Procura sulla loro morte
dovrà anche accertare se quelle sostanze sono consentite. Quando al
porto è arrivata l'agenzia regionale non ci ha visto chiaro:
nonostante il telone fosse ormai stato alzato da tempo, e la banchina
fosse ventilata, ha rilevato un'alta concentrazione di ammoniaca,
anidride solforosa e arsina. Ma anche di altre sostanze, al momento
ignote, e forse illegali. I due uomini non avevano documenti addosso:
nelle tasche dei loro indumenti sono stati trovati soltanto un
pacchetto di sigarette e soldi bosniaci. Ma la sorella di Ferid è
andata ieri alla polizia di frontiera per riconoscerlo: sapeva che
stava per arrivare, che aveva intenzione di infilarsi in un camion
per raggiungere l'Italia, da dove era stato cacciato. Considerato
illegale, al pari dei gas che lo hanno ucciso.
Solo che l'espulsione di Ferid è particolare. Illegale, anche quella:
a dirlo è stata nel 2002 la Corte europea dei diritti dell'uomo. Era
l'alba del 3 marzo del 2000 quando polizia e carabinieri arrivarono
senza preavviso nei campi rom di Roma Tor de' Cenci e Casilino 700.
Furono prelevate 67 persone, tra di loro bambini, donne incinte,
anziani e malati. In dodici ore furono portati all'aeroporto e
rispediti a Sarajevo, nonostante la maggior parte di loro fosse
fuggita dalla guerra, e i bambini fossero nati in Italia e nulla
sapevano di quel paese. Manifestazioni, interrogazioni parlamentari,
appelli, non servirono a nulla. Ma chi protestava aveva ragione. La
comunità di Sant'Egidio, che seguiva le famiglie di Casilino 700,
assistita dall'avvocato romano Nicolò Paoletti, fece ricorso alla
Corte europea per i diritti umani, raccogliendo la procura delle
persone che riuscirono a rintracciare: quasi tutti avevano trovato
riparo nel quartiere di Ilizda, un sobborgo di Sarajevo dove vivono
molti rom. Il fotografo Stefano Montesi ricorda il viaggio per
intercettare le famiglie espulse: «Vivevano in case diroccate,
intorno c'erano cartelli con scritto "attenti alle mine"». Furono
messe insieme 16 procure. La Corte fece sapere che il ricorso era
ammissibile. Solo allora, era il 2002, il governo si decise a trovare
un accordo, pur di evitare una condanna che avrebbe stigmatizzato
l'Italia per la violazione di diversi articoli della Convenzione
europea: quello che vieta «trattamenti disumani e degradanti», quello
che vieta discriminazioni, e quello che assicura il diritto a un
ricorso effettivo. E fece tornare i ricorrenti, riconoscendo loro
anche un risarcimento economico.
Ferid Sulejmanovic venne a sapere della «vittoria» solo dopo la
sentenza, chiese all'avvocato se potevano rientrare: «Ho studiato a
fondo il caso - spiega Paoletti - ma tutti i termini di legge erano
ormai scaduti per un ricorso. Certo, una buona amministrazione, preso
atto della posizione della Corte, avrebbe dovuto riesaminare tutte le
espulsioni. Ma così non è stato». Allora Ferid è salito su un camion
diretto in Italia. Con lui c'era un altro uomo: al campo rom Casilino
900 dicono che probabilmente si tratta di Tissan Severovic, un altro
rom espulso qualche anno fa. Ma il suo corpo ieri non era ancora
stato identificato. Anche se - nonostante la questura di Ancona non
abbia diffuso dettagli - poco dopo il ritrovamento dei cadaveri le
agenzie di stampa hanno informato che «entrambi erano stati espulsi
dall'Italia» e che uno dei due aveva precedenti penali. Le notizie
corrono, spesso a metà.
---
Opera Nomadi
Ente Morale (D. P. R. 26/03/70 n. 347)
Presidenza Nazionale
operanomadinazionale@...
Via di Porta Labicana 59-00185 Roma
tel. 06/44704749
fax 06/49388168
IX° Seminario Nazionale Opera Nomadi
15 e 16 dicembre 2006
"I Rom/Sinti e le Metropoli"
Programma :
15 dicembre
§ Gruppi di lavoro (ore 09:30-19:30)
§ II° Concorso Musicisti di Strada Rom/Sinti (ore 21.30-24:00)
(presso Sala Teatro Municipio 3 Comune di Roma, via dei Sabelli 119)
16 dicembre
§ Conclusioni (ore 09:30-13:00)
(presso Sala Teatro Municipio 3 Comune di Roma, via dei Sabelli 119)
Interviene: Sottosegretario all'Interno On.le Marcella Lucidi
Organizzazione dei 5 Gruppi di lavoro
§ GRUPPO DI LAVORO N. I "HABITAT": "La cultura dell'Abitare"
presso Sede UIL
via Cavour 108 (Quartiere Esquilino- pressi Stazione Termini)
Conduttore di gruppo: Massimo Converso (Presidente Nazionale Opera
Nomadi)
§ GRUPPO DI LAVORO N. 2 "SCUOLA"
presso Ministero Pubblica Istruzione,
via Ippolito Nievo 35 (Quartiere Trastevere) Sala Conferenze "Kirner"
I° piano
Conduttori di Gruppo: Dr. Matteo Tallo (Dirigente MPI) , Prof.ssa
Renata Paolucci (Responsabile Settore SCUOLA Opera Nomadi Nazionale)
Prof. Marco Nieli ( Pres. O.N. Napoli), Ins. Anna Biondani (O.N.
Sicilia), Prof.ssa Antonia Dattilo (CSA - MPI Bologna),
§ GRUPPO DI LAVORO N. 3 "LAVORO"
presso Assessorato al Lavoro del Comune di Roma
Lungotevere de' Cenci 5, II° piano "Sala Blu" (Quartiere Ebraico)
Conduttore di Gruppo: Aleramo Virgili (Responsabile Sportello Lavoro
Rom/Sinti Comune di Roma)
§ GRUPPO Dl LAVORO N. 4 "DIRITTI/MEDIATORI"
presso Comune di Roma - Gruppo Consiliare P.R.C.
via delle Vergini, 18
Conduttori di Gruppo: Rag. Giorgio Bezzecchi (Mediatore Rom COMUNE di
MILANO),
Prof.ssa Bianca Mori La Penna (Responsabili Settore DIRITTI Opera
Nomadi Nazionale)
§ GRUPPO DI LAVORO N. 5 "SANITA'"
Presso Caritas Diocesana -Sala Riunioni-
via Marsala, 103 (Stazione Termini)
Conduttore di Gruppo: Dr. Salvatore Geraci (Responsabile Nazionale
Area Sanità - CARITAS)
Per qualsiasi informazione ed iscrizione ai diversi gruppi rivolgersi
alla
Segreteria Tecnica Nazionale
Tel. 06/44704749
Fax. 06/49388168
operanomadinazionale @...
"Io faccio parte di quelle generazioni che hanno liberato Trieste
dalle orde titine. Non vorrei essere costretto a liberare Trieste una
seconda volta da queste nuove ondate bolsceviche"
Giancarlo Gentilini su “Il Piccolo” del 9/12/06, con riferimento agli
strenui difensori delle... panchine nei parchi pubblici a Trieste
(sic), noto rifugio per barboni e zozzoni vari, tutti pericolosi
slavo-comunisti. (Segnalato da Claudia Cernigoi)
Subject: Olmert è "persona non gradita" in Italia. Mercoledi
manifestazione a Roma
Date: December 8, 2006 6:37:45 PM GMT+01:00
Olmert è "persona non gradita" in Italia
Mercoledi 13 dicembre, ore 17.30
manifestazione a Piazza SS. Apostoli a Roma
Il governo italiano intende ricevere mercoledi 13 dicembre il premier
israeliano Olmert ossia il responsabile della mattanza dei palestinesi
a Gaza (456 uccisi solo da giugno a oggi) e del mattatoio di questa
estate in Libano (centinaia di morti e migliaia di sfollati). Pochi
giorni fa il governo italiano ha negato il visto di entrata in Italia
al ministro palestinese dell'informazione. Il governo Prodi continua a
rendere vigente l'accordo di cooperazione militare tra Italia e
Israele siglato dal governo Berlusconi mentre mantiene in vigore
l'embargo contro la popolazione palestinese. Siamo ben oltre i due
pesi e due misure. Noi, al contrario, riteniamo che l'Italia non debba
essere in alcun modo complice con l'occupazione israeliana della
Palestina e con uno Stato militarista e aggressivo contro i popoli e i
paesi confinanti.
Mercoledi 13 dicembre saremo in piazza con una manifestazione in
piazza SS. Apostoli. Ci faremo sentire con le nostre parole e con un
cacerolazo. Proietteremo in pubblico i documentari sugli effetti delle
nuovi armi utilizzate dall'esercito israeliano a Gaza e in Libano.
Invitiamo tutti a essere in piazza con noi per far sapere che Olmert
in Italia è una "persona non gradita".
P.S. Per la stampa
Sulle base delle esperienze accumulate in questi anni e in base alle
richieste che perverranno dalla varie redazioni sarà possibile
assistere e riprendere a:
- bruciatura di una o più bandiere (di vari tagli e di vari paesi a
secondo delle richieste)
- bruciatura di uno o più pupazzi (di varia fattura e dimensione)
- slogans irripetibili (in coro)
- slogans indicibili (in coro)
- slogans desueti (in coro e in assolo)
Inoltre, saranno disponibili e già pronti i modelli per i comunicati
stampa che prevedono:
- fac simile comunicato stampa di esecrazione per le bandiere bruciate
- fac simile comunicato stampa di indignazione per i pupazzi bruciati
- fac simile comunicato stampa di stigmatizzazione per gli slogans
indicibili, irripetibili o desueti
I comunicati saranno già pronti e conformeranno i servizi dei tg
serali e delle pagine dei giornali il giorno successivo. I dichiaranti
dovranno solo apporre la propria firma al fac simile del comunicato.
La possibilità di poter usufruire dei servizi "telegiornale unico" e
"giornale unico" sono rigorosamente bipartizan.
Cari giornalisti ma perchè vi dovete far trattare così?!!
---
Mail: forumpalestina @...
Sito: http://www.forumpalestina.org
La coda della vipera
Continua la campagna per la revoca della cooperazione militare tra
Italia e Israele.
Mercoledì 13 dicembre mobilitazione contro la visita di Olmert in Italia
Report dell'assemblea pubblica promossa dal Forum Palestina
Roma. Sala piena, posti in piedi, interventi di tutti gli invitati e
circa tre ore di discussione. Gli ingredienti per una iniziativa
riuscita ci sono stati tutti. A Roma ieri pomeriggio il Forum
Palestina ha rilanciato la campagna per la revoca dell'accordo
militare Italia e Israele e gli altri obiettivi della manifestazione
del 18 novembre pesantemente criminalizzata e oscurata nei suoi
contenuti da un killeraggio politico-mediatico decisamente bipartizan.
"Denunciando politicamente e pubblicamente l'esistenza e le
conseguenze di questa collaborazione militare tra Italia e Israele, è
stato come pestare la coda di una vipera" hanno detto gli
organizzatori aprendo la discussione. E' scattata una reazione
durissima dei poteri forti militari, economici e della lobby
bipartizan che sostiene a tutti i livelli il rafforzamento delle
relazioni tra Italia e Israele a scapito dei diritti dei palestinesi.
"L'embargo dell'Unione Europea e dell'Italia contro i palestinesi è
una vergogna, un crimine contro l'umanità che non può essere
accettato" è stato ribadito. Allo stesso modo è stato lanciato
l'allarme sulla crescente militarizzazione dell'economia e della
ricerca e sul militarismo che sta impregnando anche la politica
italiana e di cui si è avuta dimostrazione con le sporporzionate e
strumentali reazioni alla manifestazione del 18 novembre.
La petizione popolare che chiede al governo la revoca dell'accordo
militare sta circolando e raccogliendo firme in tutta Italia ben al di
sopra delle aspettative. Su questo si costituirà a breve un comitato
di garanti e si avvieranno iniziative capillari in tutte le città.
L'obiettivo è quello di far emergere la questione della cooperazione
militare Italia-Israele in tutti i suoi risvolti concreti, politici,
diplomatici. Analogamente partirà la campagna "BoicotTelecom.
Telefoni rosso sangue" che chiede il disinvestimento dei rilevanti
investimenti della azienda italiana sul mercato israeliano per mettere
in campo nuovi strumenti di pressione sulle autorità israeliane. Su
questo sono pronti gli adesivi da utilizzare per la campagna e che
possono essere richiesti al Forum Palestina.
Il primo appuntamento di mobilitazione sarà comunque il prossimo
mercoledì 13 dicembre quando il premier israeliano Olmert verrà in
visita in Italia per incontrarsi con Prodi, un Prodi reduce di
dichiarazioni gravissime (riportate oggi sul Corriere della Sera)
sulla rivendicazione dell'ebraicità dello Stato israeliano, una tesi
che mette una lapide sopra le rivendicazioni dei palestinesi residenti
in Iraele o espulsi nei campi profughi del Medio Oriente, mentre resta
ancora in vigore l'embargo contro una popolazione già stremata
dall'assedio israeliano e che vede l'Italia ricevere ufficialmente
Olmert ma negare il visto di ingresso addirittura ad un ministro
palestinese che doveva partecipare ad un convegno in una sala del
Senato. La dichiarata equivicinanza del governo italiano su Palestina
e Israele somiglia ormai sempre più alla complicità che ha
caratterizzato la politica estera del governo Berlusconi. E' stata
convocata una manifestazione di protesta in piazza SS. Apostoli dalle
ore 17.30 sotto la sede dell'Unione.
Al dibattito, dopo le introduzioni curate dai compagni del Forum
Palestina, hanno preso parte Manlio Dinucci, Angelo Baracca, Shoukri
Hroub, Nella Ginatempo, Jacopo Venier, Ferdinando Rossi, Lucio
Manisco, Fosco Giannini, Roberto Taddeo, Giovanni Franzoni, Bassam Saleh.
Roma, 7 dicembre
samedi, 2 décembre 2006 à 18:05 Rediffusions : pas de rediffusions |
1) D. Kovacevic: 8 dicembre 1991
2) A. Catone: 7 novembre 1917
=== 1 ===
8 DICEMBRE 1991
L'8 dicembre 2006 si sono compiuti 15 anni dal formale
scioglimento dell'URSS.
Dopo una serie di mosse sbagliate di Gorbiaciov, in data
del 8/12/1991, i leaders della Russia, Bielorussia ed Ucraina
firmarono l'accordo sulla creazione della Comunità degli Stati
Indipendenti (CSI). In questo modo, cessò la sua esistenza
l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, fondata nel
1922. Nel corso del 1991, tante repubbliche sovietiche già avevano
lasciato autonomamente l'Unione.
I rappresentanti dei suddetti Stati firmarono questo "accordo", se
ben ricordo, in una dacia in Bielorussia, bevendo pesantemente,
parlando di tutto il resto dei possibili temi di questo mondo
- dato che avevano raggiunto l'intesa già da prima, si capisce...
Dopo aver messo le firme, si ubriacarono tutti e caddero assopiti.
Eltsin per primo, perdette coscienza e si addormentò nei fumi
dell'alcool e nell'amnesia che gli ha fatto dimenticare quei 71
anni precedenti di uno Stato glorioso.
Gli anni seguenti furono i peggiori possibili per la Russia e
gli altri paesi dell'ex-URSS. La crisi economica sprofondò
ancora nell'ulteriore caos. Tanta gente rimase per strada,
diventando veri senza-tetto, fino a morire congelati. La durata
media della vita si accorciò di un decennio, se non di più. Ed è così
tuttora.
Nel contempo, i nuovi leaders recitarono i ruoli dei tutori di
tanti nuovi "imprenditori democratici". I capitali uscivano dal paese
con un ritmo di 100 miliardi di dollari annui, e di più. Le
imprese da privatizzare, di una grandezza di 600 operai in media,
erano messe in vendita a non più di 500 dollari. Un appartamento a
Mosca si offriva per 1,5 dollari, giusto per coprire le spese di
compravendita. Il fondo della crisi arrivò dopo qualche anno,
verso il 1995 o 1996, nell'autunno. Fu il momento in cui, come
al solito, mentre si intravvedeva un spiraglio di luce, di minima
prosperità, si sprofondò nella crisi del raccolto, la crisi delle
patate.
Ci sono tanti che valutano che l'Unione Sovietica avrebbe
potuto r/esistere ancora per un buon periodo. E ci sono
quelli che considerano la sua caduta naturale, insieme con
la "naturale" scomparsa del socialismo, dove questi ultimi, mi
sembra, ragionano come se fossero eterni e immortali il che darebbe
loro il diritto di esprimere dei giudizi definitivi, come se il
XX secolo fosse stato il periodo ultimo e conclusivo di tutti i
processi sociali in questo mondo, e come se, guardando dalla
postazione odierna, nel XXI secolo, varianti diverse non possano
più esserci!
Oggi, i souvenir ex-sovietici, dopo un periodo di loro perdità
del "fascino" commerciale e per via della stessa amnesia "alla
Eltsin", vanno a ruba nuovamente. Ci sono prodotti di tutti i tipi.
Anche E. Evtushenko, invano, cantò più o meno questi versi:
"non sono un comunista / ma quando vedo la bandiera sovietica /
in vendita sul mercato dei pulci di Pietrovka / per un dollaro /
non posso far altro / che piangere."
Forse, piangere, potrebbero farlo ora in tanti.
D. Kovacevic
=== 2 ===
Il nostro Ottobre
Commemorare l’Ottobre sovietico da tempo non è più di moda né
politically correct per la “sinistra”. Si preferisce piuttosto
tributare onori ad altri “ottobre”: la “caduta del muro di Berlino”
nel 1989 o l’insurrezione anticomunista di Budapest nel 1956,
salutata dal presidente della repubblica Napolitano e dal presidente
della camera Bertinotti – l’uno ex comunista, l’altro leader di un
partito che si richiama alla rifondazione comunista - come la vera
rivoluzione anticipatrice delle “rivoluzioni” del 1989-91 che
segnarono la fine delle democrazie popolari e dell’URSS, di quel
lungo ciclo storico che percorre il “secolo breve”, inaugurato
appunto dalla rivoluzione d’ottobre. Il cerchio sembra chiudersi. Il
giudizio della storia – si dice – è stato indiscutibilmente
pronunciato: quella rivoluzione (ma qualcuno tra i pentiti del
comunismo ha sposato persino la tesi del putsch, del colpo di stato)
ha prodotto indicibili orrori ed è finita in un cumulo di macerie. Da
qui una condanna senza appello, la rimozione di quella storia, la sua
cancellazione dal calendario degli anniversari che occorre ricordare
alle nuove generazioni per la loro formazione comunista. E chi
pretende di richiamarsi alla storia delle rivoluzioni comuniste del
‘900 aperta dall’Ottobre sovietico viene etichettato di nostalgico,
irrimediabilmente incapace di leggere le sfide del tempo presente.
Questa è al momento la tendenza prevalente – salvo meritorie
eccezioni – nella cultura politica della “sinistra”, degli eredi di
quel che fu il partito comunista italiano e della “nuova sinistra”
sessantottina e post-sessantottina, in Italia e in molti paesi del
mondo. Questa situazione è ben presente ai comunisti che resistono,
che non accettano la cancellazione di una storia, di un progetto di
società, di un’identità che ha segnato profondamente la storia del XX
secolo e che ora si vuole condannare al silenzio e all’oblio.
Di contro a questa tendenza maggioritaria e devastante, che tutto
sembra travolgere nella sua furia iconoclasta, da cui non si salvano
non solo i bolscevichi – va da sé – ma neppure Marx, anzi, neppure
Rousseau e i giacobini francesi e chiunque abbia odore di
rivoluzionario (l’unica “rivoluzione” oggi ben accetta è la
controrivoluzione!), la prima reazione immediata e appassionata è
quella di sollevare alta al vento la propria rossa bandiera e gridare
con quanta voce si ha in corpo: viva Lenin! Viva la rivoluzione
d’Ottobre, che ha aperto la strada alla liberazione dei popoli dal
giogo coloniale e imperialistico! Viva il partito bolscevico che ha
saputo – unico tra i partiti socialisti della II Internazionale –
dire guerra alla guerra e rovesciare la guerra imperialista in guerra
rivoluzionaria! Viva l’Internazionale comunista, che ha formato una
generazione di comunisti capaci di lottare nella clandestinità contro
il fascismo e di guidare le resistenze in Europa! Viva l’Unione
sovietica, che con l’armata rossa e la resistenza dei suoi popoli è
stata determinante nella sconfitta del nazifascismo! viva l’URSS che
nel secondo dopoguerra ha saputo fronteggiare l’imperialismo
americano e ha favorito, con la sua sola esistenza la resistenza
vietnamita, la liberazione di Angola e Mozambico, le lotte
anticoloniali, la rivoluzione cubana e le lotte popolari in America
Latina! Viva la rivoluzione che, prima nella storia, ha provato a
costruire una società senza privilegi di casta, senza proprietà
capitalistica, fondata sull’idea di uno sviluppo razionale ed
equilibrato dell’economia attraverso il piano!
E questo diciamo e ricordiamo a chi vuole cancellare dalla storia il
comunismo del ‘900. Ma non basta, e anzi, se rimane soltanto un grido
esacerbato nel deserto contro l’infamia e la calunnia, può essere
anche una reazione impotente, l’indice di una debolezza strategica.
La commemorazione fine a se stessa non ha mai interessato i
comunisti. Il giovane Gramsci in uno dei suoi articoli appassionati
accusava il partito socialista di aver ridotto Marx ad un’icona, un
santo al capezzale, da rispolverare per le occasioni, le
commemorazioni, le ricorrenze, per poi lasciarlo marcire in soffitta
per tutto il resto dell’anno, evitando scrupolosamente di trasformare
in azione politica vivente il suo pensiero critico.
Ricordare, difendere, approfondire la memoria storica è utile e
necessario nella misura in cui riusciamo a tradurre questa memoria in
azione culturale e politica, in consolidamento e accumulazione delle
forze comuniste, in formazione comunista per le nuove generazioni.
Non siamo qui per agitare bandiere o icone, non siamo i nostalgici
(anche se questa “nostalgia” comunista è sentimento che merita
rispetto) di un paradiso perduto, di illusioni non realizzate, di un
nobile sogno, di un’utopia irrealizzabile. Se il 7 novembre 1917 è
ancora una data che riteniamo di dover ricordare e onorare non è solo
per un doveroso omaggio agli eroici furori di un tempo che fu, non
intendiamo essere gli avvocati d’ufficio della rivoluzione. L’Ottobre
sovietico non ne ha bisogno né di questo hanno bisogno i comunisti oggi.
Di altro c’è urgente bisogno. In primo luogo di riappropriarsi della
propria storia comunista, contro ogni demonizzazione, ma liberi anche
da ogni mitizzazione. Il comunismo nasce come critica – critica
teorica dell’economia politica borghese nel “Capitale” di Marx e
critica come prassi (e anche l’agire teorico è un’azione pratica
nella misura in cui influisce sulla trasformazione dei rapporti
sociali), pratica politica per l’abolizione dello stato di cose
presente, per il rovesciamento dei rapporti di proprietà borghese
nella proprietà comunista. Occorre sapersi riappropriare criticamente
della propria storia comunista del ‘900. Sono gli altri, la parte
borghese e anticomunista a scrivere oggi questa storia – in parte
molto rozzamente, in parte con mezzi più raffinati che fanno leva
anche sulle centinaia di migliaia e milioni di documenti di storia
sovietica e dei paesi che furono democrazie popolari resi oggi
accessibili agli studiosi. Su questo terreno noi oggi siamo rimasti
indietro. Chiunque abbia provato a scrivere di storia sa che è
attraverso la selezione che lo studioso opera della documentazione
d’archivio che si può delineare un quadro in un modo o nell’altro. I
documenti – verificatane filologicamente l’autenticità – riportano i
fatti, ma all’interno di una massa che come nel caso russo è davvero
straordinaria (6 milioni di documenti all’archivio centrale russo) si
possono selezionare alcuni elementi e ometterne altri. Così la storia
dell’URSS può anche essere ridotta a quella di un immenso Gulag e la
carestia in Ucraina negli anni trenta può essere attribuita a un
qualche diabolico piano staliniano di eliminazione fisica di una
nazione. È tempo di commemorare l’Ottobre dotando i comunisti degli
strumenti adeguati per rispondere all’azione denigratoria e alla
demolizione dell’esperienza storica del comunismo del ‘900.
Ma non si tratta solo di risposta alla diffamazione storica. Il
lavoro che i comunisti possono e debbono intraprendere oggi nella
conoscenza della storia delle rivoluzioni non può essere
principalmente “reattivo”, non deve nascere cioè solo come risposta
agli attacchi. Lo studio appassionato e critico della nostra storia
deve saper giocare d’anticipo – per dirla con una battuta: non
bisogna aspettare agosto 2008 per lavorare su un’adeguata
comprensione di ciò che portò i carri armati dell’URSS a Praga. I
comunisti devono concepirsi e organizzarsi come soggetto autonomo,
che assume l’iniziativa anche sul terreno insidioso e fondamentale
della lotta culturale, senza attendere che siano altri a scegliere e
determinare il terreno sul quale misurarsi.
La storia – in tutti i suoi aspetti - delle rivoluzioni comuniste del
‘900 va studiata e approfondita dotandosi di tutti gli strumenti
adeguati per un lavoro critico collettivo non solo per battere il
“revisionismo storico”, ma perché in essa vi è un bagaglio di
esperienze fondamentali per la lotta politica di oggi, per le sue
prospettive. Per citarne solo un aspetto: il terreno della
costruzione di una nuova organizzazione economica fondata su una
proprietà prevalentemente pubblica, statale, e in diversi casi
sociale. Quell’organizzazione economica, tanto ammirata anche dai
paesi in via di sviluppo poiché riuscì a dotare l’URSS in pochi anni
di un grande apparato industriale, portandola a competere in alcuni
campi con i più avanzati paesi capitalistici, non riuscì a passare
alla fase superiore di un’economia intensiva ad alta produttività. E
ciò fu certamente una delle cause che condussero il paese
dell’Ottobre all’ingloriosa fine del 1991. Ma intanto i bolscevichi e
i comunisti delle democrazie popolari la questione della
organizzazione e gestione di un’economia socializzata la posero e con
essa si misurarono, conseguendo alcuni successi accanto a pesanti
sconfitte. Questo grande patrimonio di esperienze, di teoria
dell’economia politica del socialismo, di pratiche, non può essere
gettato nel dimenticatoio da chi si propone il fine del superamento
della proprietà borghese in proprietà socialista. Solo chi ha
abbracciato un nuovo bernsteinismo e ritiene che il movimento sia
tutto e il fine nulla - e che nulla si può e si deve dire circa una
società socialista, ma aspettare che qualcosa sgorghi da sé, dalle
contraddizioni della società – può eludere il riferimento a questa
esperienza. Ma le contraddizioni del capitalismo, come Walter
Benjamin aveva ben intuito, non portano inevitabilmente al
socialismo, e senza l’azione cosciente e organizzata, diretta a un
fine, possono portare alla distruzione della civiltà: socialismo o
barbarie…
Il frutto peggiore dell’ideologia della fine delle ideologie e della
rimozione della storia comunista è il totale oscuramento delle
prospettive della trasformazione futura della società. La tattica, in
un presente senza storia, senza passato e senza futuro, è diventata
il pane quotidiano di buona parte del personale politico ex comunista
o pseudocomunista. A ben guardare, non è altro che apologia del
capitalismo presente. La coltre di oblio che copre la storia aperta
con l’Ottobre mira anche – e soprattutto - a questo: non solo a non
fare i conti con la storia comunista, ma ad eludere soprattutto la
questione della prospettiva comunista. Il ceto politico nichilista ex
comunista o pseudocomuista non è in grado e non vuole andare al di là
della tattica quotidiana.
Studiare l’Ottobre - e ricordarlo oggi, come si è chiarito, non
intende agitare bandiere ma costruire scienza comunista per la
costruzione di una società socialista - ci consente invece di pensare
ed agire strategicamente, senza elevare la tattica a fine in sé.
Pensare in termini strategici e non solo reattivi. Questo oggi ci
manca, di questo abbiamo bisogno, a questo ci induce oggi la
commemorazione di quel grande spartiacque della storia che fu il 1917
russo. La grandezza dei nostri grandi maestri – di Lenin in primo
luogo – è stata quella di aver saputo collocare ogni scelta tattica
all’interno di una grande prospettiva, ponendo in primo piano la
questione strategica. Pensare strategicamente significa costruire le
condizioni perché siano i comunisti a determinare il terreno su cui
porre le grandi questioni. Reagire, rispondere agli attacchi e alle
provocazioni dell’avversario è doveroso e giusto, ma la sola reazione
non ci fa compiere il salto di qualità di cui i comunisti hanno oggi
più che mai bisogno. L’agenda del mondo, l’agenda delle grandi
questioni culturali di importanza strategica non devono imporcela
altri, ma deve essere posta dai comunisti.
Commemorare oggi l’Ottobre significa allora pensare strategicamente
per la ricomposizione e il rilancio su scala mondiale del movimento
comunista. Un fattore importante per questo pensiero strategico è la
costruzione, coordinando forze e intelligenze, capaci di leggere la
nostra storia e di analizzare le contraddizioni mondiali e il loro
sviluppo, pensando la rivoluzione, il che significa individuare nelle
contraddizioni dell’imperialismo le premesse non solo per una
resistenza dei popoli alle aggressioni, ma anche della possibile
trasformazione della guerra in rivoluzione, della resistenza
nazionale in percorso di transizione socialista. Commemorare oggi
l’Ottobre significa passare dalla resistenza reattiva alla
“resistenza strategica”. Non si può essere soltanto “anti”:
anticapitalisti, antifascisti, antimperialisti. L’Ottobre russo non
fu solo contro la guerra, non fu “pacifista”, non fece solo “guerra
alla guerra”, ma trasformò la guerra in rivoluzione sociale.
Pensare strategicamente significa sapersi dotare oggi anche degli
strumenti culturali per la trasformazione socialista nel XXI secolo.
Non guarderemo allora alla storia del comunismo novecentesco come una
testimonianza del passato da salvaguardare dalle intemperie e
intemperanze dei nuovi barbari, come monaci amanuensi che salvano i
tesori perduti dei classici antichi, ma come una miniera preziosa, un
tesoro di esperienze da cui apprendere, un patrimonio di inestimabile
valore in cui affondano le radici della nostra identità e del nostro
futuro. Non vivremo così immersi nella tattica quotidiana di un
presente senza storia, ma nella prospettiva strategica della
costruzione delle condizioni della rivoluzione, che è nelle cose
presenti.
Andrea Catone
Fonte: www.resistenze.org
Per chi ha la consapevolezza
basta solo un accenno.
Per le masse degli indifferenti
la mera conoscenza è inutile
(Haji Bektash Veli. Fonte: www.agitproponline.com)
Lordan Zafranovic sta completando un film su Tito
Sul quotidiano belgradese "Politika" è apparsa una intervista al
regista Lordan Zafranovic ( http://www.politika.co.yu/detaljno.php?
nid=13630&lang=2 ) in gran parte incentrata sul suo progetto per un
grande sceneggiato, in 13 episodi, dedicato ai temi del XX secolo
nella Jugoslavia, del socialismo e di Tito.
Zafranovic ha subito numerosi ostacoli da parte di alcuni registi
di Stato croati. Sembra che almeno tre di questi, oltre a Zafranovic,
volessero fare un film sulla figura di Tito. Da segnalare in
particolare la forte opposizione esercitata dall'Unione dei
Combattenti della Seconda Guerra Mondiale (omologa croata
dell'italiana ANPI, ma negli ultimi anni dominata da ignobili
tendenze revisionistiche) alla realizzazione del film, da parte di
Tonci Vrdoljak, grande voltagabbana. Risulta che Zafranovic sia stato
ad un certo punto bloccato nella lavorazione, dopo che aveva raccolto
un'enorme quantità di materiale di riferimento, interviste,
eccetera. Il regista sta ora finalizzando l'opera in scala un po'
ridotta. Per fortuna, tra pochi mesi l'opera uscirà sia come film che
come sceneggiato.
Tante persone meravigliose hanno rilasciato dichiarazioni su Tito, e
le loro testimonianze costituiranno lo sfondo del film e lo
guideranno nella visione delle realtà di quell'epoca. Sono state
raccolte descrizioni completamente nuove su Tito e sul periodo in
questione, sui suoi più stretti collaboratori, e si è ottenuta una
immagine inaspettata di questi ultimi, le persone cioè che sono
state più vicine a Tito.
La vedova di Tito, Jovanka Broz, nonostante l'insistenza del
regista, purtroppo non ha ancora voluto rilasciare interviste.
Zafranovic è del parere che si tratti delle delusioni personali che
Jovanka ha subito in Serbia nel periodo trascorso, per cui ha
ancora paura di comparire davanti alle camere. Eppure, con
Zafranovic lei davvero potrebbe esser certa che le sue dichiarazioni
non verrebbero manipolate, ed al contrario sarebbero presentate
secondo la sua versione. Zafranovic non ha ancora raggiunto un
livello sufficiente di confidenza con Jovanka Broz per via dei
molti ostacoli
personali, ma tutto lascia intuire che il regista continuerà
nell'opera di persuasione, cercando di convincerla. E speriamo che ci
riesca.
(Sintesi in italiano a cura di DK e AM. Sulla retrospettiva di
Zafranovic tenutasi un anno fa in Italia si veda:
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/zafranovic.htm )
---
http://www.politika.co.yu/detaljno.php?nid=13630&lang=2
Kultura
Lordan Zafranović za „Politiku”
Autor bez biografije
Dok je Franjo Tuđman bio živ lično sam bio cenzurisan i moj opus je
stavljen u bunker – ističe češki đak, reditelj sa FAMU akademije
U dvorani Kulturnog centra u Beogradu večeras će biti zatvoren Novi
festival autorskog filma koji je obeležilo (ne)prikazivanje kineskog
filma „Letnja palata” koji se takmiči za nagradu „Aleksandar
Saša Petrović”. Ko je dobitnik ovog priznanja odlučiće žiri
kome predsedava Lordan Zafranović, reditelj.
Zafranović je autor koji se glavnom gradu Srbije rado i često
vraća što zbog mnogih prijateljima sa kojima uživa u još jednoj
partiji diskusija o pokretnim slikama, što iz razloga jer ga je
Beograd prihvatao kada su ga mnogi odbacivali. Češki đak i reditelj
koji je diplomirao na čuvenoj FAMU akademiji u Pragu, Zafranović je
značajno ime u jugoslovenskoj kinematografiji, što opravdavaju
filmovi poput „Okupacije u 26 slika” ili „Pada Italije”.
• Kako komentarišete prvobitnu odluku da kineski film „Letnja
palata” ne bude prikazan na otvaranju festivala?
– To je isto kako kada bi vam neko određivao šta možete, a šta
ne možete da radite u svojoj kući. Niko van ove zemlje ne može da
određuje šta se može, a šta ne u ovoj sredini, jer je to stvar ove
sredine. A posebno kada je reč o filmu, autorskom filmu i festivalu
koji ima tradiciju. Ovaj festival je oaza za autore koji mogu
prikazati svoje eksperimentalne filmove, nove forme i nove svetove.
Neprikazivanje filma za mene je bila neka vrsta šoka i znao sam da
će se to ispraviti.
• Znači li ovo (ne)prikazivanje da i danas ima cenzure?
– Ima cenzure, ali je najopasnija autocenzura sa kojom se bore mnogi
autori. Oni to moraju sami da odrade da bi film bio uspešniji i u
komercijalnom smislu i u smislu zatvaranja koprodukcionih
finansijskih konstrukcija. To je ta autocenzura, čiji je jedan vid
postojao i ranije u našoj ideološkoj sredini. Tražilo se ono što
bi se toj ideologiji svidelo, a ne ono što je istina i što je
poseban svet. Što se Evrope tiče, činilo mi se da je takva vrsta
cenzure odavno prošla, ali nije. Dok je Franjo Tuđman bio živ,
lično sam bio cenzurisan u Hrvatskoj, moj opus je stavljen u bunker i
nijedan moj film nije bio prikazan u Evropi šest do sedam godina.
Nikada nije postojala službena zabrana, ali kada su filmovi bili
traženi za pojedine retrospektive u svetu, onda se krug zatvarao
između mog producenta „Jadran filma”, hrvatske kinoteke i
Ministarstva kulture Hrvatske. Odgovornost je prebacivana sa jednih
na druge, i u tom krugu nije se moglo odrediti ko je odgovoran što
filmovi nisu poslati, ili ko to ne želi da moji filmovi budu
prikazani. Moji filmovi su ležali u tim bunkerima i to vreme sam bio
autor bez biografije.
• Sada, međutim, ističete da se Hrvatska otvorila prema Vama?
– Otvorili su se putevi od stranke od koje sam najmanje očekivao.
Činjenica je da se Hrvatska otvara kao i da se situacija unutar
hrvatske kulturne javnosti dosta izmenila. Ona je sada mnogo
drugačija nego pre pet, šest godina.
• U Hrvatskoj su Vam čak odobrena i sredstva za novi film? O kakvom
je projektu reč?
– U takvoj sredini i izmenjenoj atmosferi sada je moguće napraviti
novi film. Reč je o tragikomediji, ili kako ja to volim da kažem,
komediji sa suzama koja se zove „Karuzo”, čija je radnja
smeštena u Splitu, pred Drugi svetski rat. To je poznata legenda o
čoveku koji je umislio da je bolji pevač od Karuza, što je splitska
sredina prihvatila i započela organizovanje njegovog odlaska u
Metropoliten operu. U priči o toj surovoj igri, govoriću i o jednom
čoveku kome mnogo toga nije bilo jasno. Film će mi poslužiti da
govorim i o atmosferi pred Drugi svetski rat, o dolasku italijanskog
fašizma na jadranske obale i o Dalmaciji koja je izvornija nego
danas, ali i o nekim savremenim aspektima igre.
• Ne možete da pobegnete od slikanja fašizma?
– Izgleda da ne. To je nešto što će se uvek provlačiti u mojim
filmovima i čemu ću se uvek vraćati na ovaj ili onaj, mnogo
ozbiljniji način kao u nekim ranijim filmovima.
• Šta se događa sa filmom i serijom o Titu na kojima dugo radite?
– Za taj film se vezuje jedna od vrsta cenzure, a nije reč o
autocenzuri. Kada sam objavio da radim na tom projektu, odjednom se
pojavilo nekoliko autora koji su želeli da rade isto to. Neki nisu
poznati, a neki su bili državni reditelji. Među njima je bio i jedan
autor koji ima polarno mišljenje o ovoj temi, čak je nekada bio u
politici, i ja njegovo ime ne želim da spominjem, jer ono ne može da
bude izgovoreno iz mojih usta. Taj autor je i danas u vrhu političkih
uticaja u Hrvatskoj i uspeo je da me zaustavi na neko vreme u
realizaciji filma o Titu, samo iz razloga da bi njegov film o Titu
bio prvi. Radim i dalje naporno i nadam se da ću već za nekoliko
meseci imati gotov film i seriju, doduše, u manjem obimu nego što
sam planirao.
• Šta izdvajate kao najznačajnije iz preobimnog materijala koji
ste snimili sa osobama, među njima i Hertom Has, koji su bili u
najbližem Titovom okruženju?
– Pored Herte Has, mnogo je onih koji su vrlo otvoreno govorili o
Titu. Svi ti divni ljudi i njihova svedočenja će biti sadržaj filma
i oni će usmeravati film prema određenim istinama iz tog doba.
Dobili smo potpuno nove slike jedne biografije koja govori ne samo o
Titu već o epohi u kojoj je radio, o ljudima koji su bili njegovi
najbliži saradnici, ali i o njima samima, dakle mojim sagovornicima,
koji su bili vrlo blizu Tita.
-----------------------------------------------------------
Razočaranja Jovanke Broz
• Postoje li mogućnosti da i Jovanka Broz govori za Vaš film o Titu?
– Na sve moguće načine sam pokušao da je nateram da govori.
Uveravao sam i sve one koji su sa njom u kontaktu da bi ona bila
neophodna kao svedok tog vremena i kao osoba koja je najduže i
najbliže bila uz Tita. Ona je u Srbiji doživela određena
razočaranja i plaši se da izađe pred kameru. Preko njenih
najbližih i onih retkih sa kojima kontaktira, i dalje pokušavam da
je uverim da neću izvršiti manipulaciju njom ili njenim iskazima i
da ću sve predstaviti onako kako izgovori. Još uvek do toga nisam
došao, jer su kod nje još prisutne mnoge prepreke.
Ivan Aranđelović
[objavljeno: 03.12.2006.]