Informazione


Ex Jugo: la miseria dei pensionati

09.11.2006   

La drammatica condizione degli anziani nei paesi dell'ex Jugoslavia. In Slovenia sopravvivono, in Croazia sono al di sotto della soglia di povertà, in Bosnia Erzegovina e Serbia sono alla fame. I dati dell'inchiesta di Novi List. Nostra traduzione

Di Ladislav Tomičić e Bojana Oprijan Ilić, Novi List, 6 novembre 2006 (tit. orig. U Sloveniji skromni, u Hrvatskoj siromašni, u Srbiji i BiH gladni) 

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak 

I pensionati croati, con una pensione media di 250 euro, sono il doppio più poveri di quelli sloveni (500 euro al mese) e ricchi più del doppio dei pensionati della Bosnia Erzegovina (112 euro). Se paragonati ai pensionati della Serbia, che mediamente ricevono 160 euro al mese, si potrebbe anche dire che i pensionati croati non se la passano male. Tuttavia, nessun paragone può cancellare il fatto disastroso che i pensionati dei paesi della ex Jugoslavia sono la categoria sociale messa peggio. Negli ultimi dieci anni le metropoli di questi paesi risplendono della stessa immagine: i vecchi che, nel tardo pomeriggio, si recano ai mercati per raccogliere i resti della verdura che potrebbero essere commestibili. Se escludiamo la Slovenia, l’unico membro dell’Unione europea di tutti i paesi del territorio della ex Jugoslavia, in realtà la media dello standard pensionistico nei paesi che sono nati sul territorio della ex Jugoslavia, è fra la miseria e la “sopravvivenza tiratissima”. 

In Serbia solo un pensionato su dieci percepisce entrate più alte della soglia di povertà, mentre il 35% vive sotto la soglia della fame e il 55% sotto la soglia di povertà. Il numero totale di pensionati in Serbia è di 1,2 milioni di persone. In Croazia la situazione è solo un po' meglio: il 60%dei pensionati riceve una pensione di poco più alta della soglia ufficiale di povertà, fissata a circa 1.850 kune [poco più di 250 euro, ndt] 

La cosa interessante è che i pensionati serbi e croati hanno problemi quasi identici: il calo continuo della pensione media rispetto allo stipendio medio, la restituzione del debito pensionistico e la continua lotta per un modello coordinato di pensioni sempre più adeguato. 

I nuovi pensionati - il grande problema 

Ricordiamo che, sulla base della raccomandazione dell'FMI (Fondo Monetario Internazionale), il Governo di Ivo Sanader recentemente ha cambiato il modo di armonizzare le pensioni, e una cosa identica è successa anche in Serbia, in base alle raccomandazioni della stessa organizzazione. I due governi, quello serbo e quello croato, ovviamente hanno ricevuto dall'FMI le stesse raccomandazioni per risolvere “le questioni pensionistiche”, così è stata spostata in modo parallelo anche l’età per andare in pensione. Da non molto in Serbia gli uomini vanno in pensione a 65 anni, come in Croazia. Per il calcolo della pensione non viene presa in considerazione la media dei dieci anni migliori come si faceva una volta, ma il totale degli anni lavorati, che abbassa in modo significativo il livello della pensione. Per questo un grande problema attende entrambi i paesi, e si tratta dei nuovi pensionati, che lo Stato alla fine del periodo lavorativo ringrazia con la formula: più hai lavorato meno prenderai. 

Per quanto riguarda lo standard dei pensionati della Bosnia Erzegovina (BiH), la situazione è disastrosa. La pensione media di 112 euro al mese mette tutti i pensionati della Bosnia Erzegovina nella categoria sociale più a rischio di tutta la popolazione, così i governi della Federazione e della Republika Srpska sono costretti a ingannare i pensionati con delle misere aggiunte di una decina di marchi convertibili. Siccome il valore del paniere in BiH si aggira attorno ai 240 euro, è chiaro che i pensionati di quel paese con le loro entrate non riescono a coprire nemmeno la metà dei loro bisogni primari. 

La tendenza agli standard sloveni 

Di tutti i paesi in transizione del territorio della ex Jugoslavia, la meglio l’hanno avuta i pensionati sloveni, che riescono a mantenere il livello della pensione addirittura ad un valore del 60 percento dello stipendio medio. In tutti gli altri paesi della regione il valore della pensione rispetto allo stipendio medio è in continuo calo. 

Il motivo principale del “benessere pensionistico” che c’è in Slovenia è dovuto al fatto che il paese non è stato appesantito dalle conseguenze degli avvenimenti bellici, ma i meriti per un funzionamento efficace del sistema pensionistico vanno certamente attribuiti anche al fatto che i pensionati sloveni sono politicamente organizzati già dall’indipendenza della Slovenia. Fino al giorno d’oggi, il DeSUS pensionistico agisce come un partito ben organizzato, con cinque, sei rappresentanti in parlamento. Il partito pensionistico croato per svolgere il proprio lavoro si basa in modo particolare sull’esperienza dei pensionati sloveni. 

“Il nostro scopo è raggiungere lo standard pensionistico che hanno i pensionati sloveni e credo che possiamo riuscirci se realizziamo tutti i programmi che abbiamo accordato con il Governo”, dice il presidente del Partito croato dei pensionati, Vladimir Jordan. 

Inadeguati modelli di armonizzazione 

Tuttavia, per i pensionati croati un importante ostacolo nel raggiungere gli standard pensionistici sloveni è rappresentato dalle pensioni privilegiate e dalle pensioni con importo determinato da leggi particolari, percepite dai veterani croati e dagli impiegati dell’Esercito croato in pensione. 

A differenza dei semplici pensionati, con una pensione media di circa 250 euro, i veterani croati in pensione hanno già raggiunto gli standard sloveni. Di loro circa 44 mila riceve una pensione di un importo medio di 5,5 mila kune [circa 750 euro], l’importo più alto della pensione slovena media. Un brigadiere croato in pensione, per esempio, riceve circa 6.500 kune al mese [circa 880 euro]. Ci sono anche compensi occasionali per i volontari croati pari ad un importo di 3.900 kune [circa 530 euro], percepiti da 5.500 veterani. 

Nell’Esercito croato ci sono circa 11 mila pensionati con una pensione media di 3 mila kune. Queste uscite non sono riconosciute dal fondo pensionistico sloveno. 

Prendendo in considerazione tutto questo, è chiaro che le maggiori vittime dei paesi in transizione creatisi dopo il crollo dell’ex Jugoslavia sono proprio i pensionati, fatto che non impedisce alle nomenclature dei governi dei paesi menzionati di trovare il modo di risparmiare ulteriormente a spese delle pensioni. Il modo migliore per risparmiare sui pensionati sono certamente i modelli non adeguati di armonizzazione delle pensioni, un fatto che sulla propria pelle è sentito di più dai pensionati della Serbia e della Croazia. Nessun modello di armonizzazione, nemmeno il migliore può salvare i pensionati della Bosnia Erzegovina dalla povertà, mentre i pensionati sloveni benestanti attraverso i programmi parlamentari del DeSUS richiedono nuovi sistemi per un ulteriore miglioramento degli standard. 

Importo medio della pensione 

Slovenia - 500 euro 
Croazia - 250 euro 
Serbia - 160 
Federazione BiH - 112 
Republika Srpska - 86 

Sopravvivere con 160 euro 

Quasi il 90 percento dei pensionati serbi ogni giorno lotta con i principali problemi basilari. Secondo gli ultimi dati, dal mese di febbraio di quest’anno, la pensione media era di 160 euro, anche se negli ultimi mesi le pensioni sono state aumentate, così come gli stipendi medi che sono arrivati a 250 euro. I cittadini più vecchi della Serbia non ricevono abbastanza per potersi permettere neppure i generi del il paniere, e la statistica (e la vita) dicono che “la parte principale” della pensione va per il cibo (38 per cento), per le spese comunali (17,3 per cento) e per i trasporti (10, 2 per cento). In Serbia ci sono 1 milione e 250 mila pensionati, non calcolando i pensionati militari, e si tenga presente che 100 lavoratori mantengono 77 pensionati. Inoltre bisogna sapere che entro il 2010 la pensione media scenderà dal 67,59 percento attuale al 57,78 percento dello stipendio medio, non calcolando le tasse. 

I pensionati militari stanno un po’ meglio perché la media delle loro entrate è più alta di 300 euro. Per esempio, un colonnello in pensione riceve circa 440 euro, che è pari all’80 percento dello stipendio di un ufficiale attivo dell’Esercito serbo. 



http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2002-04-03%
2018:11:40&log=invites

Les agences (de presse) du Nouvel Ordre Mondial

Geoffrey Geuens

4 grandes agences de presse contrôlent aujourd’hui l’essentiel de
l’info internationale. En 1992, dans Attention, médias ! ( http://
www.michelcollon.info/attention_medias.php - pp. 208-209), nous
avions analysé leur quasi-monopole mondial. Aujourd’hui, Geoffrey
Geuens montre l’intégration toujours plus poussée de ces agences
dites « d’information » dans les rouages du pouvoir économique et
politique.
Michel Collon


Structurellement intégrées aux dispositifs de maintien de l’ordre
politique, idéologique et symbolique du capitalisme, les agences
internationales de presse demeurent, aujourd’hui, l’un des principaux
relais des intérêts des multinationales et le cœur même du complexe
médiatico-industriel. Haut-parleur de la haute finance, « lubrifiant
du capital », selon l’expression désormais célèbre de Marx,
l’information est plus que jamais sous contrôle du pouvoir économique.

En mai 2000, le Révérent Sun Myung Moon, principal dirigeant
de la secte du même nom, annonçait avoir acheté, par l’entremise de
sa société de médias News World Communications, longtemps perçue
comme une arme de propagande « occidentale » au service de la cause
anti-communiste, l’agence United Press International (UPI). La Secte
Moon complétait ainsi son Empire industriel, lequel comptait déjà,
parmi ses nombreuses propriétés, des écoles, des hôtels, des banques,
des journaux et magazines ainsi qu’une usine d’armement.
Aujourd’hui, UPI est dirigée par quelques-unes des figures
les plus marquantes du monde de la finance et de la politique de ces
dernières années. Son rédacteur en chef, John O’Sullivan, a été
conseiller privé de Margaret Thatcher et le fondateur du New Atlantic
Initiative, l’un des plus puissants think tanks travaillant
simultanément au renforcement des relations transatlantiques, à la
défense inconditionnelle de l’OTAN ainsi qu’à l’établissement d’une
zone commerciale de libre échange et de commerce entre les deux blocs
nord-américain et européen. Les dirigeants de cet influent organisme
sont, entre autres, Vaclav Havel, Margaret Thatcher, Helmut Schmidt,
Henry Kissinger et Edwin Feulner, le président de la Fondation
Heritage, considérée par d’aucuns comme la plus influente boîte à
idées des Etats-Unis et cataloguée par certains à l’extrême-droite de
l’échiquier politique. D’ailleurs, O’Sullivan est aussi directeur
d’études dans cette même institution. Ian Campbell, correspondant
économique pour UPI, a été, quant à lui, chef économiste pour la
banque néerlandaise ABN Amro. Martin Walker, directeur de la
correspondance internationale, est un ancien membre du comité de
rédaction de la revue International Affairs, le journal de l’Institut
pour les Affaires Internationales (RIIA). Mieux connu sous le nom de
Chatham House, cet organisme travaille, lui aussi, à la promotion et
au soutien des relations entre les Etats-Unis et le Royaume-Uni. Au
service des multinationales américaines et britanniques, ce club de
l’élite mondiale est présidé par Lord Marshall of Knightsbridge, le
président de British Airways, vice-président de British Telecom et
administrateur de l’oligopole financier HSBC. Quant à Martin
Hutchinson, rédacteur « économie » chez UPI, il a longtemps travaillé
pour la Citibank. Enfin, on précisera que le responsable « maison »
pour la politique nationale, Peter Roff est l’ancien directeur
politique de Newt Gingrich, la figure désormais légendaire de l’ultra-
droite américaine, bien connu pour avoir incité « les propriétaires
des médias et les annonceurs les plus importants à attaquer
vigoureusement les socialistes dans les salles de rédaction »(1).

Reuters, au cœur de la Triade

Reuters est elle aussi particulièrement représentative des
relations qui se nouent, au niveau mondial, entre l’information et
les principales puissances économiques, diplomatiques et militaires
que sont les Etats-Unis, l’Europe et le Japon. Présidée par Sir
Christopher Hogg, aujourd’hui administrateur de GlaxoSmithKline et
Air Liquide, après avoir été président des multinationales de
l’industrie alimentaire Courtaulds et Allied Domecq, l’agence Reuters
compte parmi ses administrateurs Roberto Mendoza, ancien vice-
président de JP Morgan Chase & Co, ancien directeur de la banque
d’affaires Goldman Sachs ; Ed Kozel, administrateur de Cisco
Systems ; Richard Olver, directeur de la compagnie pétrolière BP
Amoco ; John Craven, administrateur-délégué de la compagnie
financière Merrill Lynch International, ancien directeur de la
Deutsche Bank et vice-président de SG Warburg ; ou encore Ian
Strachan, ancien directeur d’Exxon Mobil et président d’Esso Hong-
Kong et Chine.
Il existe également une structure interne au groupe dont
l’objectif est d’assurer, à long terme, l’indépendance, l’intégrité
et la liberté de l’agence à l’égard des pressions gouvernementales ou
encore financières. Créée pour faire barrage à une éventuelle prise
de contrôle « hostile » de l’agence, la société privée Reuters
Founders Share est aujourd’hui présidée par le Suédois Pehr
Gyllenhammar. Fondateur de la Table Ronde des Industriels européens,
ami personnel d’Etienne Davignon et d’Henry Kissinger, cet ancien
patron de Volvo est aujourd’hui à la tête de CGNU, administrateur de
Lagardère et de la banque d’affaires Lazard. Par ailleurs,
Gyllenhammar est membre du conseil international de la Chase
Manhattan Bank, de Renault-Nissan et de Toshiba. Siège également au
conseil de Reuters Founders Share, le Norvégien Uffe Ellemann-Jensen.
Président du Parti Libéral Européen et ancien vice-président de
l’Internationale Libérale, il est actuellement administrateur de
plusieurs filiales du holding A.P. Möller Group (pétrole, gaz,
aéronautique, armement). On citera également le nom de Jacques de
Larosière de Champfeu. Ancien directeur général du FMI et ancien
président de la BERD (Banque Européenne pour la Reconstruction et le
Développement), actuel administrateur de France Telecom, Alstom et
Power Corporation of Canada, il est aussi, depuis peu, le conseiller
du président de la banque BNP Paribas. Quant à Toyoo Gyohten,
également administrateur de Reuters Founders Share, il n’est autre
que l’ancien vice-ministre des Finances du Japon et l’actuel
président de l’Institut pour les Affaires Monétaires Internationales.
Conseiller de la Bank of Tokyo-Mitsubishi, Gyohten est également
membre du comité exécutif de la Commission Trilatérale et du comité
international du Council on Foreign Relations (CFR), deux
institutions majeures du « Nouvel Ordre Mondial ».

Reuters, le porte-parole du complexe militaro-industriel

Le CFR est, en effet, aujourd’hui considéré comme le
véritable secrétariat d’Etat américain aux classes dominantes. Son
président honoraire n’est autre que David Rockefeller, le président
du conseil international de la Chase Manhattan Bank ; quant à son
actuel président, Peter G.Peterson, il est administrateur de Sony et
ancien Secrétaire d’Etat au Commerce sous Nixon. On retrouve
également parmi les dirigeants du CFR des personnalités telles que
Carla A.Hills (ancienne Secrétaire au Commerce des Etats-Unis,
administratrice d’AOL Time Warner et de Chevron), Martin Feldstein
(ancien conseiller économique du Président Reagan), John Deutch
(ancien directeur de la CIA, aministrateur de Raytheon, Schlumberger
Petroleum et Citigroup) ou encore George Soros. Par ailleurs, le
conseil international du CFR compte dans ses rangs Percy Barnevik
(patron du Forum Economique Mondial de Davos et administrateur de
General Motors), Peter Sutherland (président de Goldman Sachs
International et de BP Amoco, ancien directeur général de l’OMC et
ancien commissaire européen), Michel Rocard (ancien Premier Ministre
français), Moshe Arens (ancien Ministre de la Défense et ambassadeur
d’Israël) ou encore Moeen Qureshi (ancien dirigeant de la Banque
Mondiale, ancien Premier Ministre du Pakistan et actuel membre du
conseil de surveillance de General Electric).
En réalité, comme on le voit, l’agence Reuters est
directement placée sous la tutelle du capital et de ses relais
politiques. Elle compte en son sein non seulement des représentants
des principales organisations économiques internationales (FMI,
Banque Mondiale) et des plus puissants oligopoles financiers (HSBC,
Golman Sachs, JP Morgan Chase, Merrill Lynch, etc.), mais également
quelques-unes des figures les plus marquantes de l’impérialisme
contemporain (Rockefeller, Gyllenhammar, Gyohten), « organisé » sur
le modèle de la triade Etats-Unis – Europe - Japon . Enfin, les
principaux secteurs du nouveau complexe militaro-industriel sont, eux
aussi, représentés au sein des instances dirigeantes de l’agence
internationale de presse qu’il s’agisse de l’aéronautique et de
l’armement (United Technologies, Lagardère, British Aerospace), de
l’électronique de défense et des télécoms (Cisco System, France
Telecom), de l’industrie chimique (GlaxoSmithKline) ou encore de
l’industrie énergétique (Exxon Mobil, BP Amoco, Alstom, Air Liquide,
AP Möller Group).
Ces liaisons entre Reuters et certains des acteurs les plus
en vue de la militarisation croissante de l’économie, en tête
desquels les industriels de la défense et du pétrole, permettent
d’expliquer, dans une large mesure, la couverture médiatique des
derniers grands conflits militaires laquelle, on le sait, repose sur
le flot d’informations déversées par les grandes agences
internationales. En mettant à jour l’infrastructure masquée des
agences de presse, nous avons tenté d’éclairer l’opinion publique sur
les pressions qui peuvent s’exercer sur les rédactions et mettre à
mal, consciemment et avec certaines complicités, la liberté
d’informer dans le monde. Infiltrées au cœur des agences de presse,
les multinationales ont tissé leur toile, par-delà l’entrelacement
des directoires et des alliances.


Geoffrey GEUENS

Assistant à l’Université de Liège, auteur de deux ouvrages :
Tous pouvoirs confondus (Anvers, EPO) et Le Complexe médiatico-
industriel. Le journalisme belge sous contrôle (Bruxelles, Labor/
Espace de libertés)


(1) CHOMSKY Noam et McCHESNEY Robert, Propagande, medias et
démocratie, Montréal, Ecosociété, 2000, p.185.
(2) Nous utilisons le terme de « triade » sans que cela ne suppose, à
l’instar des thèses professées par Toni Negri, l’existence d’un seul
et même Empire. Cette dernière représentation, partagée par une
fraction des « anti-mondialistes », est une mystification répondant
au fantasme néolibéral du grand marché mondial. En réalité, l’analyse
détaillée des relations entre les multinationales et leur Etat
respectif ainsi que l’évidente exacerbation des tensions entre
grandes puissances mettent en évidence la nature des relations de
concurrence profonde et de complicité tacite entre les trois
principaux blocs.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6418/1/51/

Reportage uranio (1)

20.11.2006   


Dopo le denunce relative alla morte di decine di militari italiani impegnati nei Balcani, due ricercatori cercano di ricostruire quali effetti hanno avuto i bombardamenti all'uranio impoverito sulla popolazione bosniaca. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa* 

Il documento che segue è la rielaborazione di una serie di interviste svolte tra dicembre 2005 e novembre 2006 e finalizzate a verificare se e come la salute della popolazione bosniaca è stata influenzata dalla contaminazione dell’ambiente conseguente all’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito utilizzati nel 1995 nel corso dell’operazione Nato “Deliberate Force” 

(FOTO: L'interno della fabbrica di Hadzici, Sarajevo (foto L. Morfini, dic 05))

Di fronte al fenomeno delle numerose morti dei soldati italiani che hanno preso parte alle diverse operazioni di decontaminazione del territorio bosniaco dopo la fine della guerra nella ex Jugoslavia, viene da domandarsi quale sia lo stato di salute della popolazione bosniaca che abita o abitava nelle stesse zone in cui hanno operato i nostri soldati. Non è solo una curiosità, è anche uno degli obiettivi della nuova Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, recentemente istituita dalla Commissione difesa del Senato1, la cui principale novità risiede nella possibilità di indagare non solo sui militari colpiti ma anche “sulle popolazioni civili nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale”. 

Un’analisi della diffusione delle patologie tumorali in Bosnia (in termini quantitativi e con riferimento alla provenienza geografica dei malati) potrebbe fornire elementi anche per verificare l’eventuale correlazione tra l’insorgere delle malattie e le condizioni ambientali che si sono create come conseguenza dell’esplosione di proiettili all’uranio impoverito. Come si evince dalla letteratura recente sull’argomento2, a cui si rimanda, non è né dimostrato né negato il legame diretto tra l’insorgere dei tumori e la presenza di radioattività da uranio impoverito nell’ambiente; tuttavia alcuni ricercatori3 stanno verificando che lo sviluppo di numerosi tumori (linfomi e leucemie) che si riscontrano nei nostri soldati è correlabile all’inalazione e all’ingestione delle nano-particelle di metalli pesanti; si tratta dei metalli pesanti contenuti nei proiettili e che, alla elevata temperatura che si genera nell’esplosione proprio in virtù dell’uranio impoverito, si riducono alla dimensione di non-particelle cancerogene. 

Verificare e denunciare con più evidenza il legame tra malattie e condizioni ambientali potrebbe servire alla causa della richiesta di decontaminare il territorio. 

Attraverso le interviste realizzate abbiamo quindi cercato risposta alle seguenti domande: 

- è aumentato in Bosnia il numero dei malati e dei morti per linfomi e leucemie, cioè per le stesse malattie di cui sono stati vittime i nostri soldati? 

- dove vivevano le persone che si sono ammalate? 

- l’ambiente bosniaco risulta contaminato ed eventualmente da che cosa (radiazioni e/o nano-particelle)? 

Non è semplice trovare risposta a queste domande; o meglio, non è semplice trovare qualcuno che risponda. Per diversi motivi. Ma qualcosa emerge. 

L’aumento della mortalità 

Al Ministero della Salute della Bosnia Erzegovina non esistono registri dei malati prima della guerra confrontabili con i registri dei malati dopo la guerra. Questo è dovuto al fatto che, dopo gli accordi di Dayton della fine del 1995, una parte significativa della popolazione di origine serba si è spostata in altre zone e in particolare in Republika Srpska, dove è stata inserita nei registri delle relative istituzioni sanitarie; allo stesso modo in Federazione sono arrivate altre persone di origine bosniaca e croata che prima vivevano in altre zone. Dunque le Autorità sanitarie bosniache non possono verificare se tra le persone che abitavano le zone bombardate al momento delle esplosioni con l’uranio impoverito c’è stato un aumento della mortalità. 

Questo per quanto riguarda il confronto tra dati raccolti prima e dopo le esplosioni. Ma, poiché l’ambiente potrebbe essere ancora contaminato (da radiazioni, ma anche da nano-particelle) sarebbe utile conoscere lo sviluppo dei tumori nella popolazione che ormai da 11 anni abita nelle zone bombardate (le zone sono abitate da bosniaci e anche un certo numero di serbi che hanno scelto di rimanervi). Ma anche questi dati non sono in possesso del Ministero della Salute. Goran Cerkez, assistente del Ministro, dice che questa specifica verifica non è stata fatta perché ci sono altre priorità di cui il Ministero si deve occupare per la Bosnia. 

All’Ospedale Kosevo di Sarajevo, dove l’indicazione dell’eventuale aumento della mortalità per tumori dovrebbe poter essere accessibile, un appuntamento già concordato con la professoressa Nermina Obralic dell’Istituto di Oncologia, ci viene negato all’ultimo minuto; la professoressa dice che a novembre 2005 ha incontrato una Commissione medica italiana e che ha già detto tutto quello che aveva da dire. 

In effetti durante tale incontro sono stati stabiliti contatti importanti tra alcuni medici di Sarajevo e dei ricercatori italiani. In particolare la dottoressa Antonietta Gatti dell’Università di Modena, colei che ha individuato la probabile responsabilità delle nano-particelle nell’insorgenza dei diversi tumori nei nostri soldati, sta collaborando con alcuni medici dell’Ospedale Kosevo che, in modo informale, le mandano i dati clinici di alcuni malati per un confronto con i dati dei soldati italiani. Le verifiche di analogie patologiche sono in corso. Ma questo tipo di collaborazione non è tra le attività prioritarie dell’Ospedale che è in forti difficoltà economiche e al momento ha altre priorità (la disponibilità di medicinali, ad esempio: fino a pochi anni fa erano forniti gratuitamente dagli americani, ma adesso scarseggiano). 

Poniamo la stessa domanda relativa alla verifica dell’aumento della mortalità al professor Slavtko Zdrale dell’Ospedale Kasindo: l’ospedale si trova nella parte serba di Sarajevo (Sarajevo Est, che qualcuno chiama Srpski Sarajevo) e dovrebbe avere in cura malati prevalentemente serbi, quindi in teoria la parte maggiormente “lesa” dall’esplosione dei proiettili all’uranio impoverito. Il dottor Zdrale però è restio a fornire dati; gli interessa di più dire che a Belgrado i medici sono riusciti a curare con successo un uomo affetto dai tipici tumori legati all’esplosione di uranio impoverito. 

Un interlocutore più disponibile a dare informazioni sull’aumento delle malattie è l’associazione “Il cuore per i bambini malati di cancro nella Federazione di Bosnia Erzegovina” (“Srce za djecu koja boluju od raka u FBiH”) e il suo presidente, Sabahudin Hadzialic. L’associazione è stata fondata a Sarajevo nell’aprile del 2003 e riunisce genitori e amici di bambini malati; essa ha verificato che dopo la guerra la situazione dei bambini malati di cancro ha assunto dimensioni molto maggiori rispetto a prima, per motivi diversi; in particolare nella Federazione la malattia è raddoppiata rispetto al periodo precedente alla guerra, cioè rispetto alla diffusione della malattia tra il 1990 e il 1992; è raddoppiata soprattutto nel periodo 2000-2004: in tale periodo nella sezione di Oncologia e di Ematologia della Clinica Pediatrica a Sarajevo sono stati ricoverati 230 bambini con forme varie di cancro: leucemie, linfoma, cancro delle ossa, eccetera. 

Questo dato, nella sua drammaticità, è importante ma è troppo semplice, è incompleto e non consente di individuare un legame diretto tra tumori e presenza di uranio impoverito o di nano-particelle nell’ambiente; bisognerebbe sapere di quali tumori sono malati i bambini e in quali aree di Sarajevo vivevano per poter eventualmente mettere in relazione la malattia con la contaminazione da uranio impoverito. Ma all’Associazione non è stato possibile fare questa verifica. Sabahudin Hadzialic ha chiesto da anni al governo della Federazione di effettuare degli studi indipendenti, ma non gli sono stati concessi. Al momento l’informazione può essere accolta come un dato di fatto: nell’area di Sarajevo la mortalità dei bambini è aumentata dopo la guerra. 

L’unico lavoro oggi disponibile di verifica dell’aumento della mortalità collegabile alle esplosioni di proiettili all’uranio impoverito è quello di Slavica Jovanovic, dottoressa della Dom Zdraljie di Bratunac, la Casa della Salute. Il suo studio riguarda la popolazione direttamente esposta alle esplosioni, poiché ha analizzato l’aumento di tumori tra i profughi che vivevano ad Hadzici. Hadzici è una località a 27 km da Sarajevo che durante la guerra era in mano ai serbi, i quali anche da tale postazione assediavano la città: la località, e in particolare una fabbrica di manutenzione di armamenti, è stata bombardata dalla Nato nel settembre del 1995 con proiettili all’uranio impoverito. Ora i profughi serbi di Hadzici si sono spostati a Bratunac, cittadina che gli accordi di Dayton hanno attribuito alla Repubblica Srpska. 

La dottoressa Jovanović ha analizzato i dati relativi alla mortalità nella popolazione proveniente da Hadžići (tra le 4.500 e 5.500 persone) e da altre regioni del Cantone di Sarajevo. In particolare ha analizzato e confrontato la percentuale di mortalità su tre gruppi di popolazione del territorio del Comune di Bratunac dal 1996 al 2000: 

- popolazione residente a Bratunac già prima della guerra 
- profughi arrivati a Bratunac da Hadzici 
- profughi arrivati a Bratunac da altre zone della Bosnia Erzegovina. 


Fonte: “Mortalitet kod raseljenih sa područja opštine Hadžići i drugih opština sarajevske regije u periodu 1996-2000g” - Slavica Jovanović, Dom Zdraljie di Bratunac

L’analisi dimostra che la mortalità tra i profughi di Hadzici è 4,6 volte più alta rispetto a quella della popolazione di Bratunac, mentre la mortalità dei profughi che arrivano da altre parti della Bosnia è 2,2 volte maggiore rispetto a quella dei cittadini di Bratunac. 

Ci sono diversi possibili motivi per spiegare l’alta percentuale di mortalità nella popolazione che si è spostata da una parte all’altra del territorio: lo stress durante e dopo la guerra, la perdita di familiari e di beni, la cattiva alimentazione, le cattive condizioni igieniche, ma anche la vita in un territorio contaminato da radiazioni o da nano-particelle di metalli pesanti. Dalla stessa analisi svolta dalla dottoressa Jovanovic è possibile estrapolare la percentuale di mortalità dovuta a tumori e verificare come la popolazione di Hadzici presenti la percentuale maggiore rispetto agli altri due gruppi. Purtroppo non viene fornito il dato di dettaglio circa la tipologia di tumori, dato che potrebbe confermare il legame con la contaminazione dell’ambiente da parte dell’uranio. Però intanto si registra che la mortalità da tumore di questa popolazione è più del doppio rispetto a quella della popolazione locale e supera di un terzo la mortalità per tumore degli altri profughi. 


Fonte: “Mortalitet kod raseljenih sa područja opštine Hadžići i drugih opština sarajevske

Dopo il 2000 l’analisi non è stata più proseguita perché il gruppo target di Hadzici non era più in condizione di essere seguito, avendo subito ulteriori grandi migrazioni. 

Il lavoro della dottoressa Jovanovic indica che le persone che abitavano nelle zone dove è avvenuta l’esplosione dei proiettili si sono ammalati di tumore e sono morti in percentuale maggiore rispetto alla popolazione non esposta. 

Invece, per quanto riguarda l’aumento della mortalità nella popolazione attualmente residente, l’unica segnalazione è quella proveniente dal dato del raddoppio della mortalità nei bambini che vivono intorno a Sarajevo. 

Ma quali sono le condizioni ambientali attuali delle zone bombardate nel 1995? (1 – continua) 

*Centro di Documentazione di San Donato Milanese 

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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6419/1/51/

Reportage uranio (2)

22.11.2006   


Continua il nostro dossier di aggiornamento, realizzato in occasione della giornata internazionale per la messa al bando delle armi all'uranio impoverito, con la pubblicazione della seconda parte del reportage dalla Bosnia Erzegovina di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa

di Luisa Morfini e Ciro Cortellessa* 

La contaminazione dell’ambiente secondo l’Istituto di Igiene di Sarajevo 


(FOTO: Hadzici (Sarajevo), la fabbrica bombardata (foto L. Morfini, dic 05))

L’Istituto di Igiene della Facoltà di Medicina di Sarajevo ha svolto una ricerca nel corso della quale ha analizzato 37 luoghi in cui si sospettava la presenza di uranio impoverito; i ricercatori Suad Dzanic e Delveta Deljkic hanno trovato tracce di uranio impoverito solo ad Hadzici, in prossimità della fabbrica bombardata. La tabella che segue sintetizza i risultati delle rilevazioni a Hadzici. 

I rilevamenti sono stati fatti a partire dal 2004 e per tutto il 2005. Non ci sono dati relativi agli anni immediatamente successivi ai bombardamenti. Il ritardo nelle analisi è dovuto - rispondono i ricercatori – al fatto che negli anni precedenti non c’erano i fondi per fare tale lavoro. La verifica è comunque importante perché sia nell’ipotesi che ad essere nociva sia la radiazione dell’uranio impoverito, sia nell’ipotesi che lo siano le nano-particelle di metalli pesanti, entrambe le possibili cause hanno durata nel tempo, non decadono. 

Purtroppo l’Istituto di Igiene ha verificato la presenza di radiazioni solo nell’acqua; i ricercatori hanno analizzato l’acqua nei punti esatti delle esplosioni, subito a lato di tali punti e lontano da essi; e non hanno trovato tracce significative di radiazioni. Ma perché le verifiche sono state fatte solo nell’acqua? La risposta è che, siccome nell’acqua non hanno trovato tracce significative, non hanno analizzato il terreno. Questo anche perché, secondo i ricercatori e Goran Cerkez, il terreno attualmente non è contaminato. Non lo è, dicono, sia perché negli anni precedenti il governo federale ha dato dei fondi per decontaminare le aree, sia perché l’uranio impoverito si potrebbe essere diluito. 
Vedremo che quest’ultima valutazione è in contraddizione con quanto rilevato da altre istituzioni. 

(FOTO: Rilevazioni di radiazioni nell’acqua (fiumi, pozzi e acqua potabile) a Hadzici (Istituto di Igiene - Facoltà di Medicina dell’Università di Sarajevo))

Per quanto riguarda la possibile contaminazione dell’ambiente da parte di nano-particelle di metalli pesanti, vi ha lavorato un laboratorio all’Istituto di Sanità di Sarajevo: per il momento nell’acqua non sono state rilevate tracce di metalli pesanti; ma anche in questo caso non è stato analizzato il terreno; le ricerche, dati i fondi a disposizione, per il futuro andranno avanti solo per il rilevamento delle radiazioni, non delle particelle, e solo nell’area di Hadzici. Se in futuro dovessero essere segnalate altre località, anch’esse saranno analizzate. 

La contaminazione dell’ambiente secondo la Commissione parlamentare 

La Commissione parlamentare sull’uranio impoverito in Bosnia Erzegovina è stata istituita nel febbraio del 2005; essa era presieduta dalla serba Jelina Djerkovic e composta da medici, da fisici nucleari, da chimici e da veterinari. 

La Commissione ha acquisito alcune informazioni sull’influenza delle radiazioni dell’uranio impoverito sulla salute delle persone e sull’ecosistema; in particolare ha collaborato con gli Istituti di Salute di Sarajevo, di Sarajevo Est e di Bratunac (si veda il citato lavoro della dottoressa Jovanovic) e ne ha assunto i risultati; ha poi collaborato con un Istituto di Ingegneria genetica di Sarajevo che è arrivato alla conclusione che la radiazione provoca modifiche genetiche. 

Un altro degli obiettivi della Commissione è stato quello di individuare quali aree erano state decontaminate e quali restano ancora contaminate. Sono stati quindi raccolti i dati relativi al lavoro di decontaminazione delle istituzioni bosniache e della Republika Srpska, i rilievi che l’UNEP ha realizzato presso la fabbrica di Hadzici e presso altre località, e i dati che la Nato ha messo a disposizione circa le coordinate dei bombardamenti. I dati rilevati non sono completi: la Nato, per esempio, ha dato solo le coordinate di 16 località sul totale delle 21 bombardate. In ogni caso le tre località maggiormente colpite a oggi risultano Hadzici, Han Piesak in Repubblica Srpska e Kalinovik. 

(FOTO: Hadzici (Sarajevo), un proiettile ancora sul terreno (foto L. Morfini, dic 05))

Di queste tre località solo una parte di Hadzici (non tutta la fabbrica) è stata decontaminata, le altre no. Così esse sono ancora minate e vi sono ancora i proiettili all’uranio impoverito nel terreno e negli edifici; gli esperti della Commissione hanno espresso il parere che per decontaminare queste località sia necessario togliere definitivamente questi proiettili perché, se è vero che dopo 10 anni la radiazione superficiale non è più presente nell’aria, essa permane nell’acqua e nel terreno. Inoltre i proiettili rimasti inesplosi nel terreno sono pericolosi perché, dice Jelina Djerkovic, nei prossimi 30-40 anni si possono ossidare e liberare le particelle di metalli pesanti che contengono e quindi inquinare terra e acqua ed entrare nella catena alimentare. 
Anche Zijad Fazlagic, direttore della fabbrica di Hadzici bombardata, conferma che non tutto il terreno della fabbrica è stato decontaminato. C’è un rapporto UNEP che segnala i punti bombardati di Hadzici, ma i proiettili sono entrati a fondo nel terreno e, dice Fazlagic, “quando guardi con gli occhi non li vedi; ma ci sono”. 

La Commissione ha concluso i lavori a novembre 2005 arrivando ad alcune raccomandazioni: 

- ha suggerito che il governo della BiH crei un istituto per la sicurezza finalizzato ad affrontare a questo problema e che potenzi gli Istituti che si occupano di salute; 
- ha suggerito un set di leggi per la protezione dalla radiazione nucleare in caso di nuova contaminazione per l’uranio non ancora esploso (per evitare di trovarsi impreparati come ai tempi di Chernobyl); 
- ha chiesto che si completi in modo esaustivo il censimento delle località ancora minate da uranio e metalli pesanti. 

(FOTO: Terreno "decontaminato" con un po' di ghiaia all'interno della fabbrica di Hadzici (foto L. Morfini, dic 05))

Nel marzo 2006 l’Agenzia atomica europea ha messo a disposizione 60.000 euro per i problemi connessi con la decontaminazione da uranio. La Commissione ha chiesto che siano formulati precisi programmi per la decontaminazione e che siano formate squadre di esperti per utilizzare questi fondi per curare le conseguenze dell’uranio sull’ambiente e sulla salute. 

Perché 

L’impressione che si ricava dall’insieme di questi contatti è che le autorità bosniache non si possano ancora permettere di affrontare il problema in modo esaustivo. A tratti sembrano anche cercare di ridimensionarlo. Cerkez, per esempio, Assistente del Ministro della Salute, dice che “si fa troppa ricerca e si parla troppo di uranio mentre bisogna cercare anche altre cause”; in particolare, con riferimento alle morti dei nostri soldati, Cerkez domanda: “Cosa hanno mangiato i vostri militari quando erano qui? Io so che i cittadini della Bosnia per tutta la guerra hanno mangiato cibo in scatola per tre anni, con molti conservanti: questi sono fattori di rischio. Anche lo stress è un fattore di rischio, molto più dei bombardamenti. Secondo le nostre fonti ci sono altre cause per le numerose morti”. 

E’ vero che le cause dell’aumento della mortalità potrebbero essere diverse, è vero che non si può pretendere troppo da un Paese che sta lentamente riprendendosi dalla guerra tra mille difficoltà di natura economica e legate alle esigenze di ricostruzione. E’ vero che ci sono molti altri problemi prioritari da affrontare tutti i giorni (come la disoccupazione al 40%, tanto per dirne una). Però, negare la “responsabilità” della contaminazione ambientale correlata con l’esplosione dell’uranio impoverito ha conseguenze pericolose per la popolazione, e intralcia l’avvio del necessario percorso di ulteriore decontaminazione del territorio. 

Intervista a Zvonko Maric 

Abbiamo raccolto il parere di Zvonko Maric, giornalista di “Bosnia-Hercegovina Federacija TV”; Maric lavora ad un programma televisivo che si occupa di quei problemi di cui nella stessa Bosnia si parla poco, di problemi che tanti hanno paura di affrontare, come il caso dell’uranio impoverito. 

Perché le autorità bosniache non possono dedicare energie al problema dell’uranio impoverito? 

Uno dei motivi è il fatto che le Nazioni Unite non hanno controllato bene, non hanno avvisato bene ed hanno anche fatto una grande pressione presso il Parlamento bosniaco, presso la Commissione parlamentare, chiedendo di non parlare, di non mettere in evidenza questo problema. Anche il Parlamento bosniaco è sotto pressione. 

Un secondo motivo è l’intenzione di tenere la popolazione bosniaca più serena, perché se si cominciasse a parlare di questo problema, la popolazione si preoccuperebbe molto e forse ci sarebbe ancora un ulteriore spostamento di popolazione. 

Sarebbe necessario portare in tribunale i responsabili delle Nazioni Unite che hanno lasciato eseguire questi bombardamenti all’uranio impoverito. Qua potete parlare con i giornalisti che hanno coraggio e che vogliono che si scopra la verità e che qualcuno risponda per essa. Quelli che sono meno curiosi non parlano mai, cercano di evitare il problema perché temono di non resistere nel portarlo avanti. 

Secondo lei qual è la vera dimensione del problema nei dintorni di Sarajevo e nei campi profughi serbi in Republika Srpska? 

Il problema ha delle dimensioni che si cerca di nascondere. Solo quelli che non vogliono essere e non sono informati non sanno che pericolo esiste; ma tutti quelli che sono un po’ informati, non possono non vedere sia il dato del numero di soldati italiani che sono stati qua in missione di pace e che sono morti, come anche il dato dell’elevato numero di persone che abitavano a Hadzici, e che ora vivono nei campi profughi di Bratunac e che si ammalano e muoiono. Stanno morendo molti giovani. Ma si ammalano e muoiono tante persone che vivono ora a Hadzici. 

Jelina Djerkovic ha detto che molti posti non sono ancora stati decontaminati... 

E’ vero e non si può negare, ma la cosa peggiore è che nessuno fa qualcosa per decontaminare quei terreni che rappresentano ancora oggi un pericolo per le bombe ancora non esplose nel terreno. La Bosnia Erzegovina non è ancora uno Stato normale. Non voglio che si pensi che la popolazione non sia normale, sono i politici a non essere normali, non so se si arrabbiano a sentire dire questo, ma lo posso mettere per iscritto: non sono normali. Non hanno fatto proprio niente per proteggere la popolazione, per garantire il diritto alla salute. 

L’unica loro preoccupazione è la criminalità, ma non per eliminare quel problema. Come giornalista ho verificato tante volte che non fanno niente per proteggere il diritto alla salute della popolazione, che è uno dei diritti più importanti. 

Secondo lei, anche la Commissione parlamentare ha subito pressioni nei suoi lavori? 

Sicuramente le commissioni che si formano in Bosnia hanno l’obiettivo specifico di non fare niente, vengono messe le persone che non vogliono fare niente. 

Lei hai la libertà di dire queste cose nella sua televisione? 

Io le dirò sempre queste cose; vivo da 4 mesi protetto da poliziotti perché ci sono delle persone che mi minacciano, ma io le dirò sempre. 

Ma la sua trasmissione va in onda su questo argomento? 

Sicuramente, sì. Vorrei però dire ancora una cosa sulla Commissione: essa è sempre sotto la pressione dei politici e delle Nazioni Unite e funziona sempre sotto quelle pressioni; la Commissione non ha tanta forza, ta

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http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6337/1/51/


La dolce vita dei funzionari kosovari

31.10.2006   


I funzionari del governo del Kosovo spendono milioni di euro in cene, benzina e viaggi. Lo rivela un rapporto reso noto dai giornalisti di BIRN. Le note spese fuori controllo stanno creando un serio problema alle finanze della provincia sotto amministrazione internazionale

Di Arbana Xharra*, Pristina, per BIRN, Balkan Insight, 11 ottobre 2006 (titolo originale: “Kosovo Report Lifts Lid on Officials' Lavish Lifestyle”) 

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta 


I funzionari del governo del Kosovo sperperano ogni anno milioni di euro in telefonate, benzina, cene ed altre voci di spesa non essenziali: questo stando ad un rapporto, non pubblicato, del ministero dell’Economia e delle Finanze. 

Il Kosovo ha un bilancio annuale inferiore ai 700 milioni di euro, con cui deve coprire ogni aspetto dell’amministrazione di circa due milioni di persone. 

Balkan Insight ha ottenuto accesso a quelle sezioni del rapporto governativo che mostrano come funzionari e membri del parlamento e del governo hanno speso milioni di euro nei primi sei mesi dell’anno, unicamente in traffico di telefonia mobile, carburante e servizi di manutenzione (per automobili appena acquistate) e cene ufficiali. 

I funzionari hanno speso più di 8,3 milioni di euro in carburante nella prima metà del 2006, e più di 2,5 milioni in traffico telefonico sui loro cellulari. Il conto per cibo e bevande supera i 4,5 milioni di euro. 

La manutenzione delle automobili costa al Paese 2 milioni di euro, benché in maggior parte queste auto ufficiali siano pressoché nuove, essendo state acquistate nel 2003 e nel 2004. 

In viaggi all’estero di funzionari governativi sono svaniti milioni di euro, fagocitati dai rimborsi spese giornalieri. 

Evidentemente i funzionari governativi hanno tutti i diritti di sostenere spese legittime, ma la maggioranza degli analisti ritiene che l’attuale livello di queste spese sia davvero troppo alto per un governo che dispone di così poco denaro. 

A loro avviso, lo stile di vita relativamente dispendioso che i funzionari richiedono sta stornando fondi da altre priorità, come lo sviluppo economico. 

Il Kosovo ha un bilancio indipendente dal 1999, quando la NATO costrinse le autorità serbe a ritirarsi dal territorio, e venne costituita una amministrazione internazionale. 

Inizialmente, le entrate finanziarie consistevano quasi esclusivamente di aiuti internazionali. 

Ma a partire dal 2002, le Istituzioni provvisorie di autogoverno, PISG, hanno consolidato le loro entrate, traendo il 70 per cento del loro budget di 700 milioni di euro dai dazi doganali e da un’imposta sul valore aggiunto del 15 per cento. 

Ma l’accresciuta indipendenza finanziaria ha creato anche maggiori opportunità per un cattivo utilizzo dei fondi – e ha alimentato la tentazione di arrivare al deficit di bilancio. 

Dal 2000 al 2004, il governo è riuscito a mantenere il bilancio in attivo di circa 150 milioni di euro ogni anno. 

Ma c’è stato deficit di bilancio in diversi settori nel 2005, il che ha suscitato critiche da parte delle organizzazioni monetarie internazionali. 

Marc Auboin, rappresentante in Kosovo del FMI, ha criticato le spese sostenute dai funzionari kossovari e ha dichiarato a Balkan Insight che il governo correva il rischio di incorrere in un deficit sempre più grave. 

"Devo avvertire che il prossimo anno ci saranno pesanti vincoli di bilancio", ha anticipato Auboin. "Fino ad ora, gli investimenti in capitale non sono stati una priorità per i funzionari di governo". 

Auboin ha continuato dicendo che i Paesi esteri non continueranno a sovvenzionare il Kosovo indefinitamente, se si vedrà che i suoi stessi funzionari sperperano il denaro. 

"La comunità internazionale ha accettato di finanziare il deficit di bilancio nel 2007", ha detto, "ma ciò che accadrà in futuro dipende ora dalle politiche che il governo, in piena autonomia, vorrà decidere". 

Avvertimenti e critiche hanno causato irritazione nelle più alte sfere di governo. 

Gli esponenti di governo addebitano in parte la colpa delle alte spese ai loro predecessori. 

Avni Arifi, consigliere del primo ministro, Agim Ceku, ha detto che il governo sta combattendo “le alte spese ereditate da governo precedente". 

Haki Shatri, ministro delle Finanze, ha negato che i funzionari stiano sperperando risorse in lussi inutili. 

"Il budget del Kosovo viene speso secondo quanto pianificato, e tutte le spese preventivate saranno coperte", ha sostenuto. 

Sherif Konjufca, portavoce del parlamento kosovaro, ha aggiunto che le spese ufficiali ora stanno calando: "Tutto ciò che posso dire è che le spese sono diminuite, rispetto all’anno scorso". 

Ma alcuni analisti locali sostengono che gli avvertimenti del FMI sono assolutamente giustificati. 

Muhamet Sadiku, analista economico, ha detto di essere preoccupato dall’utilizzo che il governo fa del denaro di cui dispone, e dall’apparente incapacità di indirizzare le risorse verso investimenti in capitale. 

"Solo il 20 per cento del budget è stato speso in investimenti in capitale", ha detto Sadiku. "Il governo dovrebbe immediatamente stabilire le sue priorità di spesa". 

Besim Beqaj, presidente della Camera di commercio kosovara, ha anch’egli espresso preoccupazione per l’apparente mancanza di investimenti in campo capitale. 

I partiti di opposizione sono stati, com’era prevedibile, aspri sul tema delle note spese dei funzionari. 

Bajrush Xhemajli, parlamentare del principale partito d’opposizione, il Partito democratico del Kosovo, PDK, ha detto che bisogna individuare dei responsabili. 

"È illogico permettere che si spendano milioni in lussi", ha detto. "Questo cattivo utilizzo dei soldi dei contribuenti è inaccettabile". 

Genc Gorani, del più piccolo partito di opposizione ORA, ha descritto le ultime spese come "scandalose". "Queste persone stanno abusando dei soldi del bilancio del Kosovo dovrebbero essere individuate e perseguite legalmente", ha detto. 


*Arbana Xharra è giornalista per Koha Ditore e collaboratrice regolare di Balkan Insight. Balkan Insight è la pubblicazione online di BIRN 


(english / italiano - prima parte di due / first part of two)

Duro scontro diplomatico sul Kosovo, i nostri media glissano


D'Alema ha già deciso che il Kosovo diventerà "indipendente" (v.
sotto, notizie del 17 e 22/11), eppure dice che si può ancora trovare
sulla questione un "compromesso creativo" (v. sotto, notizia del
5/12). Quale compromesso, se le posizioni in campo sono
diametralmente opposte e mentre la situazione sul terreno richiama
alla memoria i peggiori momenti della occupazione nazifascista di
quelle terre?
La Russia promette che porrà il veto al Consiglio di Sicurezza
dell'ONU in caso di votazione sulla "indipendenza" (leggi: secessione
come primo passo per la annessione alla Repubblica di Albania); gli
USA fingono di non crederci (v. sotto, notizia del 5/12). Nel
frattempo, i leader irredentisti pan-albanesi non fanno sconti: già
cercano di aprire rappresentanze diplomatiche all'estero, mentre
ventilano l'abbattimento dei confini con l'Albania (v. sotto, notizie
del 14-17/3 e 4, 6 e 9/11).
Ripercorriamo alcuni dei momenti di questo violento scontro
diplomatico che ha costellato tutto il 2006 e che sta diventando
incandescente; altri ancora sono stati già segnalati sulla nostra
lista JUGOINFO (vedi l'archivio: http://groups.yahoo.com/group/crj-
mailinglist/messages ).
Che dire per il 2007? Con questa classe dirigente, balcanica,
statunitense ed europea-occidentale, possiamo solo dire: AUGURI ! Ne
abbiamo tutti davvero bisogno, kosovari non-albanofoni in primis.
(a cura di I. Slavo)

1. LINKS

2. NEWS


=== 1. LINKS ===

(NOTA: I documenti qui segnalati non implicano affatto la
condivisione dei loro contenuti da parte del CNJ)


Il Kosovo della discordia

26.10.2005 scrive Franco Juri - Gelo tra Belgrado e Lubiana dopo
le affermazioni del Presidente sloveno secondo il quale in 5 anni il
Kosovo dovrà divenire indipendente. Un nuovo protagonismo della
diplomazia slovena che vuole porsi come mediazione tra USA e UE per
smuovere il »pantano balcanico«?

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/4862/1/51/


All'indipendenza non c'è alternativa

21.12.2005 scrive Alma Lama - Che ne pensa uno storico di quanto
sta avvenendo in Kosovo? Alma Lama ha intervistato Mark Krasniqi,
professore universitario e leader del Partito Democristiano del
Kosovo. Decentramento, ruolo della Chiesa ortodossa, intellettuali e
negoziazioni sullo status alcuni dei temi affrontati

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5076/1/51/


Empire, Kosovo, and "Natural Albania"

ANTIWAR, Thursday, August 24, 2006
Balkan Express - by Nebojsa Malic
... Epoka e Re, an Albanian paper published in Kosovo, printed an
interview on Aug. 22 with Koco Danaj, described as a political
adviser to Albania's Prime Minister Sali Berisha, in which Danaj
called for the creation of a "natural Albania" by 2013...

http://www.antiwar.com/malic/?articleid=9596

Belgrado: Ahtisaari indigesto

31.08.2006 Da Belgrado, scrive Danijela Nenadić
Una frase molto poco diplomatica (SIC) di Marrti Ahtisaari, inviato
speciale dell’ONU per i negoziati sul futuro status del Kosovo, e in
Serbia è una levata di scudi. Dalla nostra corrispondente a Belgrado

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6087/1/51/

Kosovo: Mission Accomplished? Condi shakes hands with yet another
unsavory ally

Posted on Friday, September 15, 2006. By Ken Silverstein and
Sebastian Sosman.

http://harpers.org/sb-kosovo-mis-1158344060.html

What To Do About Ahtisaari?

10 September 2006 - By David Binder
It is now a month since Martti Ahtisaari made a remark to Belgrade’s
negotiating team in Vienna about the Serbian people. According to
them, he said Serbs were “guilty as a nation” for the actions of
the Milosevic government during the Balkan wars.
The accusation swiftly stirred comparisons to the “collective
guilt” concept which [...]

http://www.balkanalysis.com/2006/09/10/what-to-do-about-ahtisaari/

DIPLOMATS PLAN MISSION FOR INDEPENDENT KOSOVO

New body, modelled on Bosnian precedent, will have high-profile role
but may not be able to stop Serbs effectively seceding. By Tim Judah
in Pristina and north Mitrovica (Balkan Insight, 26 oct 06)

http://www.birn.eu.com/insight_56_5_eng.php


The EU Has No ‘Plan B’ for the Balkans, or, Welcome to the
Reservation

5 October 2006 - By Christopher Deliso
EU policy towards the West Balkan states has sought to keep the
various antagonistic nations and ethnicities from one another’s
throats, by promising eventual membership in NATO and the European
Union to each country. This was to be the magic solution. The premise
was that the collective advantages of membership in these [...]

http://www.balkanalysis.com/2006/10/05/the-eu-has-no-plan-b-for-the-
balkans-or-welcome-to-the-reservation/


Keep an eye on that 'damned silly thing' in Kosovo

JAMES BISSETT (Canadian ambassador to Yugoslavia from 1990 to 1992)
Globe and Mail - October 31, 2006

(...) Under the eyes of the UN and NATO, more than 200,000 Serbs,
Jews, Roma and other non-Albanians have been expelled from Kosovo.
Those who remain are in constant danger. (...) The Prime Minister of
Kosovo, Agim Ceku, a former leader of the Kosovo Liberation Army, has
been accused of war crimes by the Serbs. He is the man who led
Croatian forces in 1993 that overran Serbian villages protected by
Canadian peacekeepers. When his fighters were driven out, the
Canadians found that all of the civilians and animals in the villages
had been slaughtered. (...) Sadly, it seems that the UN and NATO had
no intention of honouring these [UN Resolution 1244] commitments.
(...) The performance of these two international institutions has
been marked by duplicity, double standards and cowardice...

http://www.theglobeandmail.com/servlet/story/RTGAM.
20061031.wxcokosovo31/BNStory/specialComment/home


SUPPORT FOR KOSOVO CROSSES LEFT-RIGHT DIVIDE

In politically split Albania, independence for Kosovo is one of the
few issues that cause no controversy for Berisha. By Frida Malaj in
Tirana (Balkan Insight, 2 Nov 06)

http://www.birn.eu.com/insight_57_4_eng.php



Tirana unanime sul Kosovo

In un'Albania politicamente divisa, il sostegno all'indipendenza del
Kosovo è una delle poche questioni che non causano alcun problema al
governo. La posizione di Berisha dai primi anni '90 ad oggi. Nostra
traduzione

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6372/1/51/


The Battle for Kosovo: Not Decided Yet

by Nebojsa Malic - Antiwar.com 3/11/2006
[Adapted from remarks given before the Njegos Endowment for Serbian
Studies, Columbia University, New York, Nov. 3.]
http://www.antiwar.com/malic/?articleid=9980



Kosovo, via la Serbia, ma non la supervisione

Verrà imposta una soluzione: Kosovo indipendente ma con una forte
supervisione internazionale a guida Ue. Una sorta di Bosnia 2. La
pensano così molti funzionari che stanno lavorando alla creazione di
una missione dell'Ue in Kosovo.

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6356/1/51/


Ceku a Podgorica, Belgrado protesta

[Jadranka Gilić] Il premier kosovaro Agim Ceku va in visita ufficiale
nella capitale montenegrina, ma il governo serbo critica fortemente
la scelta diplomatica di Podgorica. Si inaspriscono i rapporti tra
Serbia e Montenegro

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6390/1/51/


Il Kosovo di Dayton

Secondo fonti diplomatiche lo status futuro del Kosovo è già stato
definito, sul modello della Bosnia di Dayton. Un organismo a guida
europea governerà insieme alle autorità locali, ma potrebbe non
essere in grado di fermare la secessione del nord. L'inchiesta di Tim
Judah

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6380/1/51/


Il Kosovo alla deriva

[Luka Zanoni] A Belgrado abbiamo incontrato Dusan Janjic direttore
del Forum per le relazioni etniche, uno dei maggiori esperti serbi di
Kosovo. Un’intervista a 360 gradi sul Kosovo di oggi, le colpe
dell’UE e un paragone con la situazione in Afghanistan

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6329/1/51/


CONTACT GROUP POSTPONES PLAN FOR KOSOVO

With Russia pulling one way and the West another, agreement at big
power summit has been postponed. By Jeta Xharra in New York and
Krenar Gashi in Pristina (Balkan Insight, 10 Nov 06)

http://www.birn.eu.com/en/58/10/1614/



INTERVIEW - HOLBROOKE: BUSH MISSED THE BOAT ON KOSOVO

Former Bosnia mediator tells BIRN's Kosovo Director that Bush made
error in not tackling final status back in 2002. By Jeta Xharra in
New York (Balkan Insight, 10 Nov 06)

http://www.birn.eu.com/en/58/10/1609/

COMMENT: EUROPE MUST HALT THE LAST " BATTLE OF KOSOVO"

Brussels will only encourage Serbia to cling to myths about Kosovo if
it delays independence. By Andrej Nosov in Belgrade (Balkan Insight,
9 Nov 06)

http://www.birn.eu.com/en/58/10/1584/


The Black Hole of Europe Kosovo interventionists cover up their crimes
by Christopher Deliso - balkanalysis.com - Nov. 14, 2006

http://www.antiwar.com/deliso/?articleid=10011


La disillusione

[Alma Lama] Il 2006 si chiuderà con un nulla di fatto. E per la
definizione dello status occorre aspettare perlomeno la fine del
gennaio 2007. Sale il discontento in Kosovo e cresce la diffidenza
nei confronti della comunità internazionale

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6422/1/51/


Il Kosovo delle grandi potenze

Al summit di Vienna con l’inviato speciale dell’ONU la Russia va
da una parte, l’Occidente dall’altra. La proposta Ahtisaari slitta
a dopo le elezioni in Serbia, previste per il 21 gennaio 2007. I
piani di Bruxelles per una nuova missione internazionale

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6413/1/51/

FRESH DELAYS LIKELY TO KOSOVO’S INDEPENDENCE

"Status day" receding fast into the distance as EU and UN tussle over
length of transition period. By Tim Judah in London (Balkan Insight,
23 Nov 06)

http://www.birn.eu.com/en/60/10/1693/



Nuovo calendario per il Kosovo

Nuova risoluzione ONU dopo le elezioni in Serbia, periodo di
transizione e infine apertura a eventuali riconoscimenti. I piani per
l'indipendenza slittano di un anno, e il nuovo assetto non sarebbe
molto diverso dall'attuale, sotto forte controllo internazionale.
L'analisi di Tim Judah
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6482/1/51/


Via l'UNMIK, arriva l'ICO

[Alma Lama] Più limitata nei numeri della missione Onu attuale, con
poteri minori ma non con un compito di esclusivo monitoraggio. Sarà
la nuova presenza internazionale in Kosovo. Con quest'intervista
iniziamo a capire cosa sarà il Kosovo del dopo status

http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/6436/1/51/


Kosovo fears prompt US and UK to back deeper Serbia ties

By Daniel Dombey in Rigaand Neil MacDonald in Sarajevo
Published: November 30 2006 02:00 | Last updated: November 30 2006 02:00
The US, the UK and the Netherlands yesterday staged a dramatic U-turn
on Serbia, endorsing plans for deeper Nato ties with Belgrade amid
fears that a coming dispute over Kosovo could spin out of control...

http://www.ft.com/cms/s/ad054048-8017-11db-a3be-0000779e2340.html


Succeeding in Kosovo

By Agim Ceku - Washington Post December 12, 2006
... The U.S. intervened in Kosovo... US troops together with NATO
pushed back and defeated the army of Slobodan Milosevic...
Recognizing Kosovo's independence... represents, for America and the
world, the chance of new and striking foreign policy success story.

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/12/11/
AR2006121100972.html


THE UNTOLD STORY OF KOSOVO NEGOTIATIONS

... Ahtisaari has failed, and his supporters are getting very
nervous. As Misha Glenny confided to the former U.S. ambassador in
Belgrade William Montgomery on December 7, “I am seriously worried
about the Kosovo situation… entre nous, I am very disappointed with
Martti’s performance.” ...
by Srdja Trifkovic - Chronicles Online, December 15, 2006

http://www.chroniclesmagazine.org/cgi-bin/newsviews.cgi/The%20Balkans/
Kosovo/The_Untold_Story_of.html?seemore=y



=== 2. NEWS ===

(REMARK: the source of most texts in English reproduced here is R.
Rozoff via the mailing-lists "yugoslaviainfo" and "stopnato"
@yahoogroups.com )

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KOSOVO: NEGOZIATORE EUROPEO, SERBI SI RASSEGNINO

(ANSA-REUTERS) - PRISTINA, 7 FEB - Un diplomatico britannico che fa
parte dello staff europeo impegnato nel negoziato sullo status
definitivo del Kosovo ha detto oggi ai serbi che devono rassegnarsi
all'idea di un Kosovo indipendente, dato che questa sarebbe la
migliore soluzione al problema. Lo hanno riferito i negoziatori
serbi, che non hanno gradito questa presa di posizione di John
Sawerd. ''Ci ha detto che il gruppo di contatto ha deciso che il
Kosovo debba essere indipendente'', ha detto uno dei serbi
intervistato da Radio B92, dopo avere incontrato il diplomatico. Lo
stesso Sawer ha dichiarato: ''il futuro statuto del Kosovo dovra'
essere accettabile per la maggioranza della popolazione... e noi
sappiamo che la maggioranza del popolo kosovaro aspira
all'indipendenza''. Il gruppo di contatto rappresenta le potenze che
in pratica gestiscono il Kosovo dalla guerra del 1999 e che ora
cercano di trovare una soluzione definitiva. Entro il mese di
febbraio dovrebbero iniziare a Vienna trattative dirette tra albanesi
e serbi per chiudere la questione. (ANSA-AFP-REUTERS) TF
07/02/2006 23:11
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KOSOVO: AMBASCIATORE USA, SOLUZIONE NON COSTITUISCA PRECEDENTE

(ANSA) - BELGRADO, 1 MAR - La soluzione da trovare sul futuro status
del Kosovo, provincia serba di cui la maggioranza albanese reclama
l'indipendenza, non dovra' essere usata come ''un precedente'' per
altri territori in situazione analoga che pretendono di essere
riconosciuti come micro-Stati sovrani. Lo sostiene l'ambasciatore
degli Usa a Belgrado, Michael Polt, in un'intervista rilasciata alla
tv serba B-92. Secondo Polt, la difficile quadratura del cerchio per
il Kosovo - al centro di un neonato negoziato internazionale stretto
tra l'irriducibile scelta secessionista degli albanesi, il 90% della
popolazionale locale, e la strenua difesa dei diritti storici di
sovranita' rivendicati sulla provincia dalla Serbia - va cercata
''nel rispetto del diritto internazionale''. Ma in ogni caso la
soluzione non andra' successivamente invocata come un modello per
altre regioni del pianeta, poiche' a giudizio di Polt il dossier
kosovaro rappresenta ''un caso unico''. La dichiarazione
dell'ambasciatore americano rende esplicita la posizione gia'
ventilata da Usa e Ue, secondo le quali la loro ormai probabile
accettazione dell'indipendenza del Kosovo non dovra' valere in futuro
per realta' che sono in condizioni giuridiche analoghe in giro per il
mondo - dall'Abkhazia (che mira a staccarsi dalla Georgia), alla
Crimea (Ucraina), a Cipro Nord - e a cui l'Occidente sembra disposto
a riconoscere il diritto di autodeterminazione solo in una chiave di
autonomia amministrativa, per quanto allargata. Il richiamo alla
necessita' di definire una cornice giuridica universale entro cui
dovrebbe iscriversi la formalizzazione dell'indipendenza kosovara, in
modo che gli stessi criteri possano valere anche per altre province
irredentiste di dimensioni simili, e' stato al contrario evocato di
recente dal presidente russo Vladimir Putin. Ed e' stato interpretato
come una iniziativa maliziosa da parte di alcuni diplomatici, secondo
i quali la posizione di Mosca - che sostiene tiepidamente la
battaglia serba sul Kosovo, ma avrebbe molto da guadagnare da un
ipotetico riconoscimento della piena autodeterminazione di regioni ex
sovietiche contese come Crimea, Abkhazia, Ossezia del Sud o
TransDniestr, tutte filo-russe - appare difficilmente contestabile
sotto il profilo legale. (ANSA). LR
01/03/2006 15:16

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http://www.makfax.com.mk/look/agencija/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=1&NrArticle=18638&NrIssue=407&NrSection=20

Mustafaj dice che i confini non sono garantiti riguardo la divisione
del Kosovo

Makfax (Macedonia) 14 Marzo 2006

Tirana - L'Albania non può garantire l'inviolabilità dei confini con
la Macedonia e il Kosovo se le province Serbe subiscono la divisione,
ha detto martedì scorso il Ministro degli esteri Albanese Besnik
Mustafaj.
"Tirana rimane pronta a ogni evenienza, e se il Kosovo è diviso,
l'Albania non potrà garantire l'inviolabilità dei confini", ha detto
Mustafaj alla Alsat TV, commentando le tesi dell'unione tra Kosovo e
Albania una volta ottenuta l'indipendenza della provincia.
"Lo scorso Ottobre, ho detto ai rappresentanti di Brussels che se vi
sarà la divisione del Kosovo, l'Albania non potrebbe garantire per
molto l'inviolabilità dei confini con il Kosovo, ma con la parte
Albanese della Macedonia sì", ha detto Mustafaj alla Alsat TV.
"Manteniamo sott'occhio gli attuali sviluppi, e vi assicuro,
l'Albania non sarà colta senza un piano di emergenza per ogni
situazione", ha detto il Ministro Albanese.
Nella stessa trasmissione, il Vice-Presidente del DPA Menduh Taci ha
detto che "l'instaurarsi di un Kosovo indipendente e della identità
nazionale dei Kosovari suscita la questione dell'identità degli
Albanesi abitanti in Macedonia".
"Sono contro la creazione di nuove identità. E siamo sempre più
preoccupati dal fatto che l'identità dei Kosovari possa nascere
dimenticando che loro sono Albanesi. Personalmente, posso accettare
un compromesso, che fino al 90% dei cittadini del Kosovo siano
Albanesi e che la lingua ufficiale in tutte le istituzioni sia
l'Albanese. Tuttavia, ciò non da una risposta su cosa sarà
l'identità degli Albanesi abitanti in Macedonia", ha detto Taci.

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=143&newsid=84468&ch=0

Il Ministro degli esteri Albanese: Se il Kosovo è Diviso Non possiamo
garantire che i confini con la Macedonia Rimangano gli stessi

Focus News Agency (Bulgaria) 16 Marzo 2006

Skopje/Tirana - “L'Albania non può garantire che il confine tra
Macedonia e Kosovo rimanga lo stesso se dopo i colloqui il Kosovo
viene diviso”, ha detto il Ministro degli esteri Albanese Besnik
Mustafaj in una intervista con la Alsat TV citata dall'agenzia
Macedone Makfax.
"Tirana rimane pronta a qualsiasi contingenza, e se il Kosovo è
diviso, l'Albania non potrà garantire l'inviolabilità dei confini",
ha affermato Mustafaj.
Secondo Mustafaj l'Albania tiene sott'occhio gli sviluppi correnti,
per no essere colto senza un piano di emergenza per ogni situazione.
Nello stesso programma TV, il Vice-Presidente del DPA Menduh Taci ha
detto che "l'instaurazione di un Kosovo indipendente e della identità
nazionale dei Kosovari suscita la questione dell'identità degli
Albanesi abitanti in Macedonia".

http://www.focus-fen.net/index.php?catid=128&newsid=84540&ch=0

UE: Una Possibile modifica dei confini dei Balcani è collegata al
Kosovo e al Montenegro

Focus News Agency (Bulgaria) 16 Marzo 2006

Brussels - L'Unione Europea è certa che solo un possibile mutamento
territoriale nei Balcani è connesso allo status del Kosovo e delle
relazioni tra Serbia e Montenegro. Tuttavia, non si potrà avere una
modifica dei confini degli stati vicini, dice Christina Gallah,
portavoce dell'Alto Rappresentante della Politica Comune estera e
della sicurezza dell'UE Javier Solana, afferma la rete Balcanica.
Commentando la dichiarazione del Ministro degli esteri Albanese
Besnik Mustafaj, che dice che l'Albania non potrà garantire che i
confini rimangano immutati se il Kosovo viene diviso.
In un programma televisivo di martedì scorso, Mustafaj ha detto che
in tali circostanze, non solo i confini tra Albania e Kosovo
potrebbero mutare, ma anche quelli con la parte della Macedonia
popolata di Albanesi.


http://www.makfax.com.mk/look/agencija/article.tpl?
IdLanguage=1&IdPublication=1&NrArticle=18742&NrIssue=409&NrSection=20

La Grecia Allarmata dalla dichiarazione Albanese sullo spostamento
dei confini

La dichiarazione di Mustafaj suscita preoccupazioni anche in Grecia
Makfax (Macedonia) 17 Marzo 2006

Atene - La dichiarazione del Ministro degli esteri Albanese Besnik
Mustafaj che suggeriva lo spostamento dei confini, provoca parecchie
preoccupazioni alle autorità greche, dicono oggi i media di Atene.
"Tale dichiarazione mina gli sforzi per garantire la stabilità della
regione e le sue prospettive Europee, tuttavia è giunta in un momento
in cui tutti, senza eccezioni, hanno collaborato", dice George
Koumoutsakos, portavoce del Ministero degli esteri della Grecia.
Koumoutsakos ha aggiunto "sperabilmente" che la traduzione della
dichiarazione di Mustafaj "fosse incompleta e imprecisa", afferma la
agenzia Makfax.


(Traduzioni di Alessandro Lattanzio
www.aurora03.da.ru)

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ALBANIA: UE, SODDISFATTI CHIARIMENTO MUSTAFAJ SU CONFINI

(ANSA) - BRUXELLES, 21 MAR - L'Unione europea si e' rallegrata delle
''chiarificazioni'' ottenute oggi dal ministro degli esteri albanese
Besnik Mustafaj sulle sue recenti dichiarazioni, nelle quali aveva
lasciato intendere che i confini dell'Albania potrebbero modificarsi
nel caso in cui il Kosovo fosse diviso. ''Siamo molto felici del
chiarimento, semmai ci fossero state incomprensioni'', ha detto il
rappresentante della Commissione Ue che partecipa alla troika in
corso oggi a Bruxelles tra Albania, Consiglio e Commissione Ue.
''Quelle dichiarazioni sono state mal tradotte e sono state
strumentalizzate per ragioni interne albanesi. Io ho avuto
immediatamente dopo un colloquio telefonico con il ministro degli
estere macedone e non ci sono stati malintesi'', ha spiegato
Mustafaj. Nelle frasi che gli sono state attribuite, il ministro
albanese aveva fatto riferimento alla possibilita' di modificare non
solo i confini del Kosovo, ma anche di quelli della parte albanese
della Macedonia (Fyrom), in caso di partizione della regione a
maggioranza albanese della Serbia. ''Sul Kosovo continuiamo a
sostenere il gruppo di contatto e il lavoro di Martti Ahtisaari (il
negoziatore dell'Onu ndr.), e rimaniamo saldi su tre principi: il non
ritorno alla situazione prima del 1999, l'immutabilita' delle
frontiere e la non divisione del Kosovo'', ha aggiunto Mustafaj.
Quanto alla situazione interna del paese, l'Unione europea ha evocato
la necessita' del ''miglioramento del clima politico'',
caratterizzato da forti contrasti tra governo e opposizione. Mustafaj
ha fornito rassicurazioni sulla volonta' del paese di continuare
sulla via delle riforme annunciando, tra l'altro, una lotta senza
quartiere alla pirateria nel settore dei media. Bruxelles ha
rassicurato che il processo di avvicinamento all'Ue e' in corso, come
dimostrato dalla recente conclusione dei negoziati per un accordo di
stabilizzazione e associazione (Asa), anche se ''per la firma e la
ratifica dell'accordo potrebbero essere necessari anche due anni'',
spiega la Commissione.(ANSA). KVW
21/03/2006 13:17
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RUSSIA: OSSEZIA DEL SUD VUOLE RITORNARE SOTTO MOSCA

(ANSA) -MOSCA, 23 MAR - L'Ossezia del sud, una piccola regione
secessionista della Georgia, vuole l'annessione con la Russia e a
Mosca si sta discutendo se la richiesta vada o no esaudita. Eduard
Kokoity, 'presidente' di quella regione che si e' staccata dalla
Georgia nel 1992 subito dopo il crollo dell'Urss, ha annunciato ieri
l'intenzione di rivolgersi alla Corte Costituzionale russa per
chiedere ''sulla base dei documenti storici'' il ritorno alla
sovranita' di Mosca. ''L'Ossezia nel suo insieme aderi' all'impero
russo nel 1774'', ha sottolineato Kokoity, che comanda su un
territorio di circa 4 milioni di chilometri su cui vivono 110.000
abitanti. Kokoity ha precisato che negli ultimi anni il 95% degli
osseti meridionali (quelli settentrionali sono rimasti sotto il
controllo di Mosca) ha ottenuto la cittadinanza russa. Alla mossa di
Kokoity lo speaker del senato russo Serghei Mironov ha reagito
dicendo che l'inclusione dell'Ossezia del sud nella Federazione Russa
diventera' una prospettiva possibile se al Kosovo viene concessa
l'indipendenza. ''Non si possono usare due standard diversi per l'ex-
Jugoslavia e il Caucaso''. Il ministero degli Esteri russo ha invece
indicato che lo status dell'Ossezia del sud va negoziato nel quadro
della ''commissione congiunta di controllo'' della quale fanno parte
la Russia, la Georgia e le due Ossezie.(ANSA). LQ
23/03/2006 15:29

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KOSOVO: INVIATO ONU, SIAMO CONTRO QUALUNQUE SPARTIZIONE

(ANSA) - PRISTINA, 30 MAR - ''Le Nazioni Unite sono contro qualunque
divisione e ripartizione territoriale del Kosovo'': lo ha detto oggi
Albert Rohan, vice dell'inviato Onu Martti Ahtisaari incaricato di
guidare i negoziati fra serbi e albanesi sulla definizione dello
status della provincia. Rohan e' giunto in vista a Pristina e
incontrando i giornalisti ha riferito il senso di un suo colloquio
con esponenti della minoranza serba: ''Quando loro mi hanno detto che
non potrebbero mai vivere in un Kosovo che diventasse indipendente -
ha detto - ho risposto che restare o andare via restera' una loro
libera scelta, ma le Nazioni Unite non possono accettare l'idea di
creare un'entita' separata serba all'interno del Kosovo ne' qualunque
sua spartizione''. Il rappresentante delle Nazioni Unite ha
sottolineato che al centro dei negoziati, che riprenderanno a Vienna
il prossimo 3 aprile, c'e' proprio la discussione su una
decentralizzazione amministrativa per quei comuni del Kosovo
settentrionale abitati in maggioranza da popolazione serba, ma tale
decentralizzazione non potra' in alcun modo trasformarsi nella
creazione di un'entita' etnica autonoma rispetto a Pristina. ''Noi
puntiamo a creare le condizioni affinche' i serbi restino in Kosovo e
i loro profughi ritornino - ha affermato Rohan - ma se poi
concretamente vorranno restare, tornare o andare via rimarra' una
loro decisione''. (ANSA). COR-BLL
30/03/2006 18:17

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KOSOVO: POLEMICHE SU SKOPJE PER DEMARCAZIONE CONFINI

(ANSA) - SKOPJE, 26 APR - Scoppia la polemica fra Kosovo e Macedonia
a pochi giorni dalla prima vista che il premier di Pristina, Agim
Ceku, aveva in programma di realizzare a Skopje il prossimo 5 maggio.
Al centro della disputa e' la delicata questione della demarcazione
dei confini fra Kosovo (inteso come parte dell'ex Jugoslavia) e la
repubblica di Macedonia, ereditata dalla disgregazione della vecchia
Federazione jugoslava: un accordo fra Skopje e Belgrado venne
raggiunto nel 2001, ma Pristina lo contesto' duramente sostenendo di
non essere stata coinvolta nei negoziati. La questione venne poi
dimenticata a causa della guerra civile che di li' a poche settimane
(e a parere di molti non fu una coincidenza) infiammo' la Macedonia,
contrapponendo la guerriglia albanese all'esercito macedone. Ora il
nodo dei confini e' stato riproposto dal premier kosovaro Ceku, che
commentando i temi della sua visita a Skopje ha ricordato
quell'accordo del 2001, affermando che il suo governo ''non lo
riconosce''. ''Se il premier del Kosovo non modifichera' il suo
atteggiamento, la visita' del 5 maggio non ci sara''', ha fatto
sapere il portavoce del primo ministro macedone, Vlado Buckovski.
Ancora piu' duro il presidente Branko Crvenkovski: ''Quello di
Pristina e' un governo provvisorio - ha dichiarato - che non ha
titolo ne' legittimita' per discutere le questioni dei confini. Il
nostro accordo con Belgrado, che a quel tempo rappresentava l'ex
Federazione jugoslava, e' depositato presso le Nazioni Unite ed e'
quello che fa fede anche per la comunita' internazionale non avendo
noi intenzione di rinegoziare alcunche'''. In quanto alla visita
annullata, il gabinetto di Agim Ceku ha fatto sapere di non aver
ricevuto nessuna comunicazione ufficiale, mentre il premier Buckovski
ha precisato in serata di avere ricevuto da Pristina la richiesta per
un colloquio telefonico: ''Capiremo in questo modo - ha commentato -
se la visita potra' essere produttiva o controproducente''. (ANSA).
BLL-COR
26/04/2006 19:55

KOSOVO: CONFINI MACEDONIA, PREMIER CEKU MINIMIZZA POLEMICHE

(ANSA) - BRUXELLES, 28 APR - Il primo ministro del Kosovo, Agim Ceku,
ridimensiona la polemica sorta con la Macedonia a proposito dei
confini comuni: in un'intervista al 'Financial Times' Ceku ha detto
che il Kosovo non intende cambiare le sue frontiere con Skopje,
neanche dopo l'eventuale indipendenza dalla Serbia. Mercoledi' scorso
Ceku aveva detto di non riconoscere l'accordo sui confini tra Kosovo
e Macedonia, raggiunto fra belgrado e Skopje nel 2001, afferma, senza
tener conto delle rivendicazioni kosovare. Le dichiarazioni avevano
suscitato immediatamente una dura reazione da parte delle autorita'
macedoni, che si erano dette pronte ad annullare la prima visita
ufficiale di Ceku a Skopje, prevista per il prossimo 5 maggio.
Parlando al 'Financial Times', Ceku ha gettato acqua sul fuoco,
precisando che il confine con la Macedonia non verra' di fatto
modificato, pur ribadendo che la Serbia non aveva alcuna autorita' di
firmare un accordo riguardante il Kosovo. Se il Kosovo dovesse
ottenere l'indipendenza da Belgrado al termine dei negoziati
attualmente in corso per definire il suo status definitivo, la linea
di confine con la Macedonia dovrebbe comunque essere demarcata
nuovamente in modo formale. (ANSA). KVW-VS
28/04/2006 12:00

KOSOVO: PREMIER CEKU A SKOPJE, SU CONFINI PROBLEMA TECNICO

(ANSA) - SKOPJE, 5 MAG - Il premier del Kosovo Agim Ceku ha ribadito
oggi che Pristina ''non riconosce'' gli accordi del 2001 sottoscritti
fra Skopje e Belgrado sulla definizione dei confini che coinvolgono
anche il Kosovo. Nel corso della sua prima visita in Macedonia, Ceku
ha incontrato il premier Vlado Buckovski, con il quale nei giorni
scorsi c'era stato un accenno di polemica proprio sulla questione dei
confini. ''Pur non riconoscendo quegli accordi - ha tuttavia aggiunto
Ceku al termine del suo colloquio con Buckovski - noi riconosciamo le
attuali frontiere amministrative, il che vuol dire che la questione
da definire e' unicamente tecnica e non politica''. Pristina ha
sempre contestato l'autorita' di Belgrado a sottoscrivere documenti
internazionali che riguardino anche il Kosovo. Nel 2001 venne firmato
l'accordo che definiva le frontiere fra Serbia e Macedonia (incluso
il territorio del Kosovo) che poneva cosi' fine a una lunga
controversia sorta con il disfacimento della federazione jugoslava.
Sia Ceku che Buckovski si sono comunque detti d'accordo nel principio
della immutabilita' degli attuali confini.(ANSA) BLL-COR
05/05/2006 17:31

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KOSOVO: MINISTRO ESTERI RUSSO, INDIPENDENZA DESTABILIZZANTE

(ANSA) - BRUXELLES, 28 APR - Un'eventuale indipendenza del Kosovo
avrebbe ''conseguenze pericolose'' per la regione: e' l'ammonimento
fatto a Sofia, a margine della riunione informale esteri della Nato,
dal ministro degli esteri russo, Serghei Lavrov, secondo quanto
riferiscono fonti diplomatiche. ''Non siamo d'accordo con chi cerca
di convincere i serbi e noi stessi del fatto che non ci siano
alternative all' indipendenza del Kosovo'', ha detto alla stampa il
capo della diplomazia di Mosca. (ANSA) RIG
28/04/2006 17:17

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MONTENEGRO: KOSOVO,INDIPENDENZA ARRIVERA' ANCHE PER NOI/ ANSA

(ANSA) - PRISTINA, 22 MAG - In Kosovo si festeggia l'indipendenza del
Montenegro, quasi come fosse la propria stessa indipendenza. Un
traguardo che gli albanesi dell'attuale provincia autonoma inseguono
da 17 anni, essendo stati i primi tra i popoli dell'ex federazione
jugoslava a chiedere un referendum sull'autodeterminazione. Tutta la
leadership albanese del Kosovo si e' espressa oggi con toni
entusiastici per il risultato raggiunto da Podgorica. Di sapore
naturalmente opposto le reazioni della minoranza serba che ha
considerato quel voto ''un autentico tradimento''. ''L'indipendenza
del Montenegro, insieme alla futura indipendenza del Kosovo, faranno
definitivamente archiviare una lunga storia di guerre nella
regione'', ha commentato il premier albanese Sali Berisha. ''Da oggi
in poi tutti i cittadini del Montenegro, senza distinzione di etnia,
saranno piu' liberi, e i Balcani piu' stabili e piu' sicuri'' ha
aggiunto. ''La separazione del Montenegro dall'unione con la Serbia
consacrata dal referendum, fa cadere anche l'ultimo alibi che ci
negava il diritto all'indipendenza'' spiega un analista di Pristina.
Il riferimento e' alla risoluzione 1244 delle Nazioni Unite che nel
1999 fisso' le regole da seguire dopo la fine del conflitto fra
Belgrado e la Nato, e che fissava un Kosovo come ''parte della
federazione jugoslava'', quindi non indipendente. Ma con la piena
sovranita' riconosciuta ora al Montenegro, la federazione non esiste
piu', e quindi secondo gli albanesi decade anche quell'ultimo vincolo
sancito dalle Nazioni Unite. E' soprattutto con questa prospettiva
che gli albanesi del Montenegro, che costituiscono il 7 per cento
della popolazione, hanno votato in favore della secessione da
Belgrado. Un voto addirittura decisivo, alla luce di quel risicato
0,4 per cento che ha sancito la vittoria dei ''si''. Tirana si e'
detta compiaciuta per l'atteggiamento dimostrato dal governo serbo
nei confronti del ''diritto dei montenegrini all'autodeterminazione',
un comportamento che secondo il premier albanese ''aiuta la Serbia a
distaccarsi dal suo passato''. Affermazione che suona anche come
un'implicita esortazione a proseguire su questa strada, ora che i
negoziati sullo status del Kosovo entrano nella loro fase definita e
cruciale. Anche Pristina tento' di staccarsi da Belgrado con un voto
popolare: era il 1989, la consultazione non autorizzata dal governo
serbo si concluse con il 100 per cento dei voti a favore della
secessione ma il risultato non venne riconosciuto da nessuno Stato.
Fu l'inizio della repressione da parte della Serbia, cui segui' la
resistenza (prima pacifica, poi armata) sostenuta poi dai
bombardamenti della Nato e rimpiazzata infine da un protettorato
internazionale, che va avanti da sette anni e che nei prossimi mesi
potrebbe concludersi con la proclamazione dell'agognata indipendenza.
Non piu' attraverso un referendum, come accaduto per i montenegrini,
ma tramite un negoziato che va faticosamente avanti fra Pristina e
Belgrado e con la mediazione della comunita' internazionale. (ANSA).
BLL-COR
22/05/2006 19:55

MONTENEGRO: REFERENDUM; SERBIA, NESSUN PARALLELO CON KOSOVO

(ANSA) - BELGRADO, 24 MAG - Il divorzio del piccolo Montenegro dallo
Stato unitario con la Serbia, sancito dal referendum di domenica
scorsa, non e' e non puo' essere invocato come un precedente per un
contesto legalmente diverso come quello del Kosovo: provincia a
maggioranza albanese che si trova sotto tutela internazionale dal
1999, ma che la Serbia continua a considerare inalienabile culla
secolare della sua fede e della sua cultura. Lo ha ribadito oggi il
ministro degli esteri di Belgrado, Vuk Draskovic, uno degli esponenti
piu' concilianti verso la secessione del Montenegro in seno al suo
governo, ma fermamente contrario al pari della quasi totalita' della
classe dirigente e dell'opinione pubblica del suo Paese a ogni
rivendicazione indipendentista dei kosovaro-albanesi. ''Non c'e'
alcun paragone tra Montenegro e Kosovo'', ha detto Draskovic, citato
dall'agenzia Tanjug durante un convegno internazionale svoltosi oggi
a Helsinki. Non c'e', ha sottolineato, poiche' ''il Montenegro, a
differenza del Kosovo, non ha mai fatto parte della Serbia: dapprima
e' stato uno Stato indipendente e poi una repubblica federale
separata in seno a uno Stato comune''. ''Una sovrapposizione tra i
due casi e un riconoscimento di indipendenza nei confronti del Kosovo
sarebbe dunque una pessima decisione da parte della comunita'
internazionale'' e rischierebbe di produrre ''turbolenze pericolose''
nella regione balcanica, ha rimarcato Draskovic, avvertendo che ''la
creazione d'uno Stato indipendente albanese su un nostro territorio
sovrano costituirebbe per la Serbia una umiliazione e non aiuterebbe
l'europeismo nel nostro Paese''. Belgrado ha piu' volte manifestato
giudizi diversi tra le pretese indipendentiste del Montenegro (che
essendo - con la Serbia, la Croazia, la Slovenia, la Bosnia e la
Macedonia - una delle sei repubbliche federali ex jugoslave godeva di
un diritto legalmente riconosciuto alla secessione) e quelle del
Kosovo. Regione, quest'ultima, che ha invece lo status di provincia
interna alla Serbia, inserita da secoli nei suoi confini. La
leadership kosovaro-albanese si aggrappa da parte sua al fatto che la
sovranita' di Belgrado sul Kosovo, ribadita per l'ultima volta dalla
risoluzione 1244, approvata dall'Onu dopo i raid Nato del '99, era
attribuita a uno Stato - la piccola Jugoslavia formata da Serbia e
Montenegro - che con il distacco di Podgorica non esiste piu'.
Obiezione alla quale peraltro i serbi rispondono rilevando come
l'eredita' legale dell'Unione, e quindi anche i diritti sul Kosovo,
passa in base alle norme internazionali a chi subisce la secessione
altrui: vale a dire sempre alla Serbia. (ANSA). LR
24/05/2006 19:09

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il manifesto
13 Giugno 2006

Kosovo Jessen-Petersen annuncia: a fine mese lascio l'Unmik

Il capo dell'Unmik, la missione Onu in Kosovo, Soren Jessen-Petersen,
ha annunciato ieri che lascerà la provincia alla fine del mese,
confermando le notizie di stampa uscite qualche giorno fa e che
anticipavano la sua decisione a rinunciare all'incarico e lasciare la
regione dove era arrivato nel mese di agosto 2004. Jessen-Petersen
lascia nel pieno dello svolgimento di cruciali colloqui tra Belgrado
e Pristina sullo status futuro della provincia.

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KOSOVO: SERBIA CONTRO PROCONSOLE EUROPEO, NO A INDIPENDENZA

(ANSA) - BELGRADO, 13 GIU - Hanno suscitato aspre reazioni a
Belgrado, da parte del governo serbo, le dichiarazioni con le quali
il capo dell'amministrazione internazionale del Kosovo, il danese
Soren Jessen-Petersen, ha annunciato ieri le sue imminenti dimissioni
evocando ormai come scontata la futura indipendenza della provincia
contesa a maggioranza albanese. ''L'approdo del Kosovo e' ormai
chiaro'', ha affermato Petersen, indicando anche la data della fine
del 2006 per il probabile riconoscimento internazionale
dell'indipendenza di Pristina. Una frase che ha fatto scattare
immediatamente la polemica, con un comunicato di fuoco del ministero
degli esteri serbo nel quale si avanza il sospetto che il destino del
Kosovo - provincia popolata al 90% da albanesi e posta sotto tutela
internazionale fin dai bombardamenti Nato del '99 che segnarono la
cacciata delle forze di repressione dell'allora regime jugoslavo di
Slobodan Milosevic, ma su cui la Serbia continua a rivendicare come
inalienabili i suoi diritti storici di sovranita' - sia stato deciso
sotto banco da alcune cancellerie occidentali in barba a tutte le
cautele ufficiali. E questo - si legge nella nota - ''a dispetto
delle intese e delle assicurazioni fatte sia dai Paesi del Gruppo di
Contatto (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Russia e Usa) sia
dal team del capo negoziatore dell'Onu, Martti Ahtisaari'' in base
alle quali lo status della regione non sarebbe predeterminato, ma
affidato all'esito dalle trattative appena avviate a Vienna. Ancora
piu' duro si e' mostrato Marko Jaksic, uno dei negoziatori del
governo di Belgrado a Vienna, secondo cui Petersen si appresta a
concludere degnamente il suo mandato di ''lobbista degli interessi
albanesi'' e di ''avvocato a tutto campo della causa secessionista''.
Sullo sfondo, non mancano neppure le parole del premier serbo,
Vojislav Kostunica, che a margine di un incontro a San Pietroburgo
con il presidente russo, Vladimir Putin, e' tornato oggi a ribadire
il suo strenuo no a ogni ipotesi di riconoscimento di un eventuale
Kosovo indipendente: provincia che a differenza del nuovo Montenegro
sovrano, separatosi di recente da Belgrado con un referendum, non e'
mai stata una repubblica ex jugoslava (e quindi non avrebbe il
diritto legale alle secessione). E che per di piu' la Serbia
considera culla secolare della propria fede ortodossa e della propria
cultura. (ANSA). LR
13/06/2006 13:18

KOSOVO: CEKU, TIRANA PREPARI I NOSTRI AMBASCIATORI

(ANSA) - PRISTINA, 15 GIU - Il governo del Kosovo ha gia' cominciato
a pensare ai suoi futuri ufficiali statali che dovranno dirigere e
rappresentare la provincia dopo la definizione dello Status finale.
''Dobbiamo avere i nostri ambasciatori ed e' per questo che alcuni
ufficiali andranno a Tirana, presso il ministero degli Esteri per
partecipare a corsi di formazione'', ha detto oggi il premier Agim
Ceku al termine di un colloquio con il primo ministro albanese Sali
Berisha giunto in Kosovo per la sua prima visita ufficiale. ''E' la
visita che di piu' ho atteso nella mia vita'', ha dichiarato Berisha
aggiungendo che ormai ''mi trovo in un paese libero che cammina
sicuro verso il suo futuro europeo''. Il premier Berisha si e'
congratulato con il governo del Kosovo che con il suo operato ''ha
contribuito ad accelerare la soluzione dello status definitivo,
l'indipendenza del Kosovo, quale una condizione determinante per la
pace e la stabilita' non solo in Kosovo, ma in tutta la regione
balcanica''. Berisha ha parlato anche delle minoranze. ''I rapporti e
l'atteggiamento degli albanesi del Kosovo verso le minoranze, e in
particolar modo verso quelle di etnia serba - ha detto - hanno una
grande importanza nazionale non solo per gli standard democratici in
Kosovo ma anche perche' incidono sulle relazioni fra la nazione
albanese e quella serba, due nazioni che devono guardare con grande
responsabilita' al loro futuro per scrivere un capitolo di
collaborazione e lasciare alle spalle il passato''. Nel corso della
sua visita il premier albanese ha incontrato anche il presidente del
Kosovo Fatmir Sejdiu e l'amministratore Onu, Soren Jessen Petersen le
cui dimissioni, annunciate nei giorni scorsi, secondo Berisha
''faranno mancare al Kosovo un grande amministratore''. (ANSA). COR-BLL
15/06/2006 17:27

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www.radioyu.org - 5.7.06

Il 30 giugno a Bruxelles, la Russia ha esposto ai membri del Gruppo
di contatto le posizioni sul Kosovo in quattro punti e, per la prima
volta, ha accennato la possibilità del veto nel Consiglio di
sicurezza dell'ONU, se l'Occidente tenterà di imporre l'indipendenza
della regione meridionale serba entro l'anno, riporta il quotidiano
POLITIKA di Belgrado. Il quotidiano rileva che il rappresentante
russo ha presentato, alla seduta menzionata, una carta ufficiosa con
quattro punti che esprimono le posizioni di Mosca sul Kosovo. Il
primo punto, come viene evidenziato, è la contrarietà della Russia
alla determinazione di una data per i negoziati sul Kosovo. Il
secondo punto è la posizione della Russia che, se lo status non sarà
risolto entro la scadenza del mandato di Ahtisaari, che dura entro
dicembre, bisognerebbe scegliere un nuovo rappresentante dell'ONU, e
non prolungare al diplomatico finlandese il mandato perché non ha
raggiunto un gran progresso. Il terzo punto riguarda l'imparzialità
di Ahtisaari e il rifiuto delle proposte serbe nel processo del
decentramento, le quali la Russia ritiene razionali, riporta
POLITIKA. L'ultimo punto dell'ufficioso documento russo riguarda la
contrarietà di Mosca ad ogni tipo di soluzione imposta per il Kosovo.

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KOSOVO: KOSTUNICA, SERBIA NON ACCETTERA' NUOVO SMEMBRAMENTO

(ANSA) - ROMA, 5 lug - La Serbia rifiutera' ''ogni soluzione
imposta'' e continuera' a considerare il Kosovo come parte della
propria sovranita' nazionale. E' la posizione ribadita dal premier
serbo Vojislav Kostunica, espressa al termine dell' incontro col
premier Romano Prodi, che ha concluso una lunga serie di incontri
cominciata in mattinata con il ministro degli Esteri, Massimo
D'Alema. ''La Serbia non accettera' che sul proprio territorio venga
costruito un altro Stato e che parte del suo territorio venga
smembrato'', ha detto Kostunica. Alla domanda su quale fosse stata l'
opinione di Prodi al riguardo, Kostunica ha risposto: ''La nostra
opinione non coincide con quella del presidente Prodi, esistono
differenze, ma stiamo riuscendo pian piano a convincere i nostri
interlocutori su quanto complessa sia la questione del Kosovo.
Nessuna soluzione imposta - ha ribadito Kostunica - puo' essere presa
in considerazione''.(ANSA). OS/ARS
05/07/2006 19:15

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il manifesto
13 Luglio 2006

Kostunica a Washington: «No a indipendenza Kosovo»

In visita negli Stati uniti, il primo ministro serbo Vojislav
Kostunica ha detto che l'indipendenza del Kosovo destabilizzerebbe
l'intera regione. Kostunica ha spiegato la sua posizione in un
articolo apparso ieri sul Washington Post, in cui dichiarava che la
Serbia «è pronta ad accettare qualunque forma di compromesso che non
preveda l'indipendenza e offre agli albanesi la più ampia autonomia
possibile, inclusi i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, ma
si aspetta in cambio l'inviolabilità dei confini e la sicurezza della
popolazione non-albanese che vive nella provincia».

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SERBIA: CRUCIANELLI, SOLUZIONE SU KOSOVO ENTRO META' 2007

(ANSA) - BELGRADO, 26 lug - ''Una soluzione per il Kosovo potrebbe
essere trovata entro la primavera-estate 2007''. E' l'auspicio
espresso dal sottosegretario agli Esteri, Famiano Crucianelli, oggi
in visita a Belgrado, al termine degli incontri di questa mattina con
il premier serbo Vojislav Kostunica e il ministro degli Esteri Vuk
Draskovic. Una soluzione, pero', tutt'altro che scontata o facile, a
causa dell'ambiguita' e della latitanza della comunita'
internazionale. ''C'e' stata la totale diserzione della comunita'
internazionale dalle proprie responsabilita' politiche'', ha spiegato
Crucianelli riferendosi alla questione dello status finale della
provincia serba a maggioranza albanese. ''Siamo in un pantano totale
che rischia di degenerare'' perche' - secondo il sottosegretario - la
comunita' internazionale ha dato di fatto per scontato che il Kosovo
alla fine sara' indipendente''. (SEGUE). GA/KWB
26/07/2006 16:03

SERBIA: CRUCIANELLI, SOLUZIONE SU KOSOVO ENTRO META' 2007 (2)

(ANSA) - BELGRADO, 26 lug - D'altra parte nei colloqui con Draskovic
e Kostunica e' emersa una posizione netta. La dirigenza serba ''ha
ribadito la totale indisponibilita' ad aprire il capitolo
indipendenza Kosovo e l'ampia disponibilita' a concedere la massima
autonomia''. Una condizione indispensabile per la stabilita' della
regione e', secondo Crucianelli, ''la forza multinazionale, che
dovra' restare e rafforzare la sua presenza qualsiasi sia l'esito dei
negoziati''. Ma il problema e' che ''per gli altri paesi europei i
Balcani sono un problema marginale. Mi auguro - ha concluso il
sottosegretario - che nei mesi che verranno il problema riacquisti
centralita'. Se la situazione diventa ingovernabile puo' accadere di
tutto''. (ANSA). GA/KWB
26/07/2006 16:10

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KOSOVO: AMBASCIATORE RUSSO, PERICOLOSO MODIFICARE CONFINI

(ANSA) - BELGRADO, 26 LUG - Garantire il diritto
all'autodeterminazione del Kosovo - inteso come autogoverno della
maggioranza albanofona -, ma lasciando la regione all'interno dei
confini internazionalmente riconosciuti della Serbia. E' questo il
suggerimento della Russia sul futuro status della provincia contesa,
al centro di un negoziato che a sette anni dai bombardamenti della
Nato e dalla cacciata delle forze di repressione dell'allora regime
di Slobodan Milosevic resta stretto fra le opposte rigidita' di
Pristina e di Belgrado. A rilanciarlo, in un articolo pubblicato oggi
dal giornale belgradese Politika, e' l'ambasciatore di Mosca in
Serbia, Aleksandr Alekseiev, secondo cui uno sbocco che dovesse
prevedere la modifica dei confini attuali (vale a dire il
riconoscimento di un'indipendenza piena del Kosovo) rappresenterebbe
un precedente pericoloso per la stabilita' dell'intera Europa.
Alekseiev ricorda che l'atto finale di Helsinki riconosce in modo
ambiguo sia il principio del diritto all'autodeterminazione etnico-
nazionale sia quello dell'integrita' degli Stati. ''Il Kosovo e' un
esempio di quanto pericolosa possa diventare questa contraddizione,
credo sia giunto il tempo di fare una scelta'', aggiunge il
diplomatico, sottolineando come in caso contrario questo dossier
rischi di ''mettere in pericolo il sistema di sicurezza e stabilita'
in Europa''. La soluzione rilanciata da Mosca e' dunque quella di un
qualche riconoscimento del diritto all'autodeterminazione del Kosovo,
ma ''all'interno degli esistenti confini internazionalmente
riconosciuti''. ''Entro questa cornice - afferma l'ambasciatore - vi
sono immense possibilita' di soluzione da esplorare, ma se iniziamo a
modificare le frontiere (e nel caso del Kosovo, a differenza di
quanto accaduto finora nell'ambito della dissoluzione della vecchia
Jugoslavia o della vecchia Urss, non si tratterebbe piu' della
secessione d'una repubblica federata, ma di una semplice provincia
autonoma, ndr) il risultato potrebbe essere catastrofico''. Le parole
di Alekseiev contrastano peraltro con la richiesta d'indipendenza
piena e immediata avanzata senza subordinate dalla leadership
albanese-kosovara, in rappresentanza del 90% dell'attuale popolazione
locale. E non collimano neppure con la posizione di molti governi
occidentali, orientati sotto traccia a riconoscere ormai un Kosovo
sovrano. Posizione, questa, ribadita indirettamente proprio oggi a
Belgrado dall'inviato speciale americano Frank Wisner, il quale ha
sostenuto che gli Usa non hanno soluzioni predeterminate sul tema
dello status, ma sollecitano comunque ''molta piu' flessibilita'''.
(ANSA). LR
26/07/2006 17:01

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KOSOVO: PREMIER SERBO RIPETE, NON RICONOSCEREMO INDIPENDENZA

(ANSA) - BELGRADO, 31 LUG - La Serbia non dara' il suo placet ad
alcun eventuale riconoscimento dell'indipendenza della provincia a
maggioranza albanese del Kosovo neppure se a Belgrado verra' offerta
come contropartita una rapida adesione all'Unione Europea. Lo ha
ripetuto il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, affermando che
si tratta di una posizione destinata ad avere un preciso valore
''legal-costituzionale''. Al centro di un complesso negoziato
patrocinato dall'Onu, il Kosovo rappresenta per la Serbia la culla
secolare della propria civilizzazione e fede ortodossa. Nello stesso
tempo esso e' ormai abitato al 90% da una maggioranza albanofona che
reclama con crescente vigore l'indipendenza (sbocco visto come
inevitabile anche da molti governi occidentali), dopo sette anni di
amministrazione internazionale seguiti ai bombardamenti Nato del 1999
e alla cacciata delle forze di repressione dell'allora regime
belgradese di Slobodan Milosevic. Indipendenza cui peraltro Kostunica
e gran parte dello stesso establishment della nuova Serbia continuano
strenuamente a opporsi. Se questa dovesse essere concessa, ha
avvertito il premier in un'intervista pubblicata oggi dal giornale
liberale Danas, ''la nostra politica sarebbe quella di dichiarare che
il Kosovo resta parte della Serbia. E non si tratterebbe di vuota
retorica, ma di una precisa formula legal-costituzionale''. ''La
Serbia rigettera' ogni soluzione che dovesse strappare il Kosovo da
se' e, cosa importante, continuera' in ogni caso a considerare questa
provincia come parte del suo territorio'', ha rimarcato Kostunica,
evocando lo scenario di un vicolo cieco diplomatico del tipo di
quello innescato dal rifiuto di Cipro di accettare come Stato sovrano
la parte turca dell'isola. Un monito che non sembra preludere a una
conclusione concordata dei negoziati avviati di recente a Vienna sul
futuro status della regione contesa, malgrado la volonta' del
mediatore Onu Marrti Ahtisaari (e soprattutto di Usa e Ue) di
chiudere la partita gia' entro la fine del 2006. Nel contempo, il
ministro della difesa del governo Kostunica, Zoran Stankovic, ha
comunque negato categoricamente che Belgrado stia addestrando milizie
o pianificando qualsiasi forma di resistenza armata di fronte al
possibile riconoscimento internazionale d'un Kosovo sovrano. Una
precisazione che suona come smentita di fronte alla sparata fatta nei
giorni scorsi dal leader dell'opposizione ultranazionalista di
Belgrado, Tomislav Nikolic, secondo il quale per risolvere il dossier
kosovaro i serbi devono sfruttare tutti gli strumenti diplomatici e
legali, ma senza escludere mal che vada - seppur come ''ultima
risorsa'' - le velleita' d'una nuova ''resistenza in armi''. (ANSA). LR
31/07/2006 17:14

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KOSOVO: POLEMICA TRA SERBIA E SLOVENIA SU INDIPENDENZA /ANSA

(ANSA) - BELGRADO, 2 AGO - Scoppia la polemica tra la Serbia - la
maggiore repubblica ex jugoslava, ancora in faticosa transizione dopo
l'isolamento dell'era Milosevic - e la piccola, ma ricca Slovenia,
punta di lancia dell'Occidente nei Balcani e gia' membro di Ue e
Nato. Oggetto del contendere l'ipotesi di riconoscimento dell'
indipendenza della provincia serba a maggioranza albanese del Kosovo:
ipotesi che Lubiana, riecheggiando ad alta voce i sussurri di molte
cancellerie occidentali, considera ormai realistica, ma a cui
Belgrado si oppone strenuamente accusando il governo sloveno
d'ingerenza. La baruffa rischia di intaccare la consolidata tendenza
alla normalizzazione dei rapporti tra la nuova Serbia e la Slovenia,
in atto da tempo dopo gli scontri armati di inizio anni '90 - primo
atto della carneficina post-jugoslava - seguiti alla dichiarazione
d'indipendenza di Lubiana. Tutto e' cominciato con una serie di
dichiarazioni del ministro degli Esteri sloveno, Dimitrij Rupel,
decisamente possibiliste sulla secessione del Kosovo. Fino a che
Rupel non e' andato ancora piu' in la', criticando in modo aperto
''la mancanza di flessibilita''' sul dossier kosovaro dell'attuale
governo serbo del premier nazional-moderato Vojislav Kostunica,
accusato di essere disposto finanche a ''sacrificare le prospettive
di integrazione europea della Serbia''. Un attacco immediatamente
rimbeccato come ''irresponsabile'' dal portavoce del gabinetto di
Belgrado, Andreja Mladenovic, il quale non ha esitato a minacciare
''appropriate misure'' di rappresaglia politico-econonomica contro
Lubiana se i vertici sloveni non modificheranno il tiro. ''Se la la
politica della Slovenia non e' piu' quella di sviluppare un rapporto
rispettoso e proficuo di buon vicinato con la Serbia, e si propone
invece di aiutare la secessione del 15% del territorio serbo (il
Kosovo), ebbene il nostro governo se ne ricordera' e prendera' misure
appropriate'', ha tuonato oggi Mladenovic. A rasserenare il clima non
ha certo contribuito la pubblicazione sulla stampa balcanica da parte
dell'ex ambasciatore sloveno a Blegrado, Borut Suklje, di una lettera
attribuita a Zoran Djindjic, volitivo primo ministro liberale serbo
del dopo Milosevic ucciso in un attentato nel 2003. Una lettera
indirizzata ai capi di Stato dei maggiori Paesi al mondo, nella quale
Djindjic si dichiara pronto a piegarsi a un' eventuale indipendenza
del Kosovo, ritenendola inevitabile di fronte alle richieste della
comunita' albanofona locale (pari ormai a oltre il 90% della
popolazione della regione). Una posizione - quella attribuita a
Djindjic nel 2003 - che del resto non rappresenta oggi se non una
esigua minoranza in seno all'establishment serbo, inclusi buona parte
dei reduci di quel fronte democratico che sei anni seppe essere
protagonista della caduta del regime di Slobodan Milosevic. (ANSA). LR
02/08/2006 17:18

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KOSOVO: RUSSIA, NO A SCADENZE RIGIDE E A SOLUZIONI IMPOSTE

(ANSA) - BELGRADO, 7 AGO - La Russia e' contraria a soluzioni sul
futuro status della provincia serba a maggioranza albanese del Kosovo
che dovessero essere ''imposte alla Serbia''. Lo ha riaffermato oggi
a Belgrado un delegazione governativa di alto livello giunta da Mosca
per una visita dedicata alla discussione di dossier politici,
economici ed energetici. La delegazione, guidata dal ministro della
protezione civile Serghiei Shoigu - uno dei leader del partito
putiniano Russia Unita, nonche' copresidente del comitato
intergovernativo per la cooperazione bilaterale tra Mosca e Belgrado
- ha avuto incontri col presidente Boris Tadic e col premier Vojislav
Kostunica. Al termine dei colloqui il governo serbo ha diffuso una
nota nella quale si sottolinea che Shoigu ha ribadito a nome del
presidente Vladimir Putin la ''posizione di principio'' della Russia
sulla questione del Kosovo: provincia al centro di un difficile
negoziato internazionale stretto fra le pretese di piena indipendenza
della maggioranza albanofona e la strenua rivendicazione dei diritti
storici di sovranita' della Serbia. Mosca si conferma in particolare
''contraria'' all'ipotesi di soluzioni imposte dalla comunita'
internazionale, malgrado i crescenti segnali di disponibilita'
dell'Occidente a riconoscere l'indipendenza. E sottolinea che le
scadenze del negoziato (indicate da Usa e Ue per la fine del 2006 o
per la meta' del 2007) non possono essere fissate in modo rigido.
Kostunica, dal canto suo, ha rimarcato che ''il Kosovo e' e sara'
sempre parte integrante della Serbia''. E ha sostenuto che una
soluzione calata dall' alto rappresenterebbe ''un pericolo per la
pace e la stabilita' non solo dei Balcani'', ma anche di altre
regioni contese del globo. La delegazione russa - composta pure da
esponenti dei ministeri degli esteri e dell'economia e da una
rappresentanza di businessmen - ha poi affrontato con gli
interlocutori serbi alcuni temi della cooperazione economica
bilaterale. Una realta' assai consistente che rinsalda i tradizionali
legami slavo-ortodossi tra i due Paesi, hanno osservato le parti,
sottolineando in special modo ''l'importanza'' di nuove iniziative di
collaborazione in ambito energetico. A cominciare dal progetto in via
di definizione avviato dal colosso russo Gazprom con il partner
Srbijagas per la realizzazione di un gasdotto destinato ad
attraversare la Serbia per 400 chilometri e ad assumere un ruolo
strategico nel trasporto del gas nell'intera regione ex jugoslava e
balcanica. (ANSA). LR
07/08/2006 17:38

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KOSOVO: ONU; RUECKER, DIPLOMATICO TEDESCO NUOVO GOVERNATORE

(ANSA) - NEW YORK, 14 AGO - Il segretario generale dell'Onu Kofi
Annan ha scelto un diplomatico tedesco, Joachim Ruecker, come nuovo
governatore Onu del Kosovo, la provincia della Serbia a maggioranza
albanese. Lo ha annunciato oggi a New York il portavoce del
segretario generale Kofi Annan, Stephane Dujarric. Ruecker,
attualmente responsabile per l'Onu della ricostruzione economica in
Kosovo, sara' il sesto governatore del Kosovo e prendera' il posto
del danese Soren Jessen-Petersen. (ANSA). RL
14/08/2006 21:30

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www.radioyu.org
31.08.2006., 15,30

Dusan Batakovic, il membro della delegazione serba che conduce le
trattative sullo status statale del Kosovo, ha dichiarato che i
problemi in Kosovo non sono iniziati nell’anno 1987, ma bensi’
molto prima, e che proprio gli albanesi kosovari con la loro rivolta
nell’anno 1981 avevano aperto la via che avrebbe portato in seguito
alla distruzione dell’ex Jugoslavia. Il regime di Slobodan
Milosevic, le cue conseguenze negative sentiva piu’ degli altri il
popolo serbo, non aveva la soluzione adeguata per il problema
kosovaro. Bisogna comunque sempre tener presente che i problemi in
Kosovo non sono scoppiati nel 1987, ma bensi’ molto prima, ha detto
Batakovic nell’intervista rilasciata al settimanale “Ibarske
Novosti” di Kraljevo. Il popolo albanese, con la sua rivolta
nell’anno 1981 ha causato la profonda crisi politica nell’ex
Jugoslavia, sebbene godesse dei privilegi assoluti come una etnia
minoritaria nella Jugoslavia, ha ricordato Batakovic. Egli ha
valutato inoltre che il Kosovo sarebbe gia’ indipendente se non
fossero accaduti i cambiamenti democratici nella societa’ serba
nell’ottobre del 2000, che hanno dato campo libero alla
possibilita’ che sia ritrovata una soluzione di compromesso.

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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/pose6i03.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 03-09-06

Kosovo Methoija : Strategia per la secessione effettuata in più stadi

di Vladislav Jovanovic *

La strategia di secessione del Kosovo e Metohija dalla Serbia si
profila in più stadi. Uno è rappresentato nel ruolo dell'alto
rappresentante ONU in Kosmet: questi è formalmente eletto da parte
del segretario generale dell'ONU, però il suo mandato effettivo
dipende dagli USA. L'ambasciatore Richard Holbroke ha dato prova di
questo, quando ha apertamente invocato il primo capo dell'Unmik,
Bernard Kouschner, già noto per il suo anti-serbismo, di non badare
all'ONU, ma di decidere autonomamente; vale a dire, intendersi con
gli USA, cosa che lui faceva diligentemente, metodo in cui neanche i
suoi successori non gli sono stati inferiori, mentre continuamente
competevano nel rendersi simpatici ai leader albanesi e nel ricercare
le congratulazioni americane.

Il secondo stadio consiste nella sfilata di politici scelti e di
uomini di stato, i quali, rilasciando dichiarazioni adescanti,
saggiano il terreno di far ritenere inevitabile l’indipendenza del
Kosovo, cercando così di influenzare la, per ora, ferma opinione del
governo della Serbia, e di disorientare e demoralizzare la sua
opinione pubblica, facendo costantemente riferimento anche alle
decisioni del Gruppo di Contatto. Nelle situazioni in cui gli
argomenti a favore dell’indipendenza del Kosmet mancano, loro
sguainano le spade sul come la Serbia debba pagare per la "politica
repressiva" di Milošević nei confronti degli Albanesi. Quando anche
queste mosse rimangono prive di risultati, ricorrono al ricatto
contro la Serbia riguardo alla prospettiva del suo inserimento nelle
alleanze euro-atlantiche. Tentano inoltre di corrompere certe
personalità a mezzo di compensi pecuniari.

In aiuto gli giunge il governo USA, che tramite gli editoriali nel
Washington Post manda moniti alla Serbia per " il nazionalismo
endemico e per i pericoli ai quali si espone per questo ".

Il terzo stadio è rappresentato dalle fondazioni occidentali, gli
istituti di ricerca, i gruppi e le associazioni della cosiddetta
società civile, i quali, dopo gli incontri con l'entourage
governativo americano, oppure della NATO, mandano in onda programmi
sul Kosovo indipendente e si prendono cura che quest'ultimi vengano
ricevuti dalle stazioni riceventi nella Serbia, al fine di essere
ascoltati e divulgati in tutta l’opinione pubblica serba, ormai
confusa più che a sufficienza. Uno di tali generatori dei progetti è
il Patto per la stabilità nell'Europa sud-orientale, in cui con le
sue attività si è reso sfortunatamente celebre il predecessore
dell’attuale ministro degli affari esteri Vuk Drašković.

Il quarto stadio, a cui spetta il compito di elaborare le supreme
strategie dei tre stadi precedenti, rendendoli accettabili per lo
scettico popolo serbo, è rappresentato da queste "stazioni
riceventi". Certe organizzazioni non governative ne fanno parte; ai
quali la sola parola "serbismo" provoca un allergia mortale; per
esempio il suddetto predecessore di Drašković, che si agita in
continuazione nell'intento di convincere la Serbia che non le rimane
altro che di rinunciare al Kosmet, il partito LDP, i cui dirigenti
corrono in una gara con risultato pari, nello sforzo di rendersi
simpatici ai vari Cheku e Tachi, e ricevono le lodi e riconoscimenti
da parte dei mentori occidentali del separatismo albanese.

La politica ufficiale della Serbia per ora regge bene. Per garantirsi
il successo definitivo, occorre partire dalla premessa che alla
Serbia, l’entrata nella UE e il Partnertariato nella NATO, sono meno
importanti, di quanto invece tali organismi sono interessati di
vedere la Serbia tra le proprie file.

Questo per via dell'importanza geopolitica della Serbia e dei piani
di queste organizzazioni per l'ulteriore penetrazione verso Est, il
loro interesse di vederla nel proprio cortile prevarica l'interesse
della Serbia nel suo scopo di difendersi più efficacemente da vicini
poco sicuri e di risanare i problemi del suo impoverimento economico.
La politica ufficiale di Serbia deve rimanere anc<br/><br/>(Message over 64 KB, truncated)

(english / italiano - seconda ed ultima parte / second and last part)

Duro scontro diplomatico sul Kosovo, i nostri media glissano 


=== NEWS : 2/2 ===

http://www.reliefweb.int/rw/RWB.NSF/db900SID/HMYT-6VJQTD?OpenDocument

Government of Serbia - November 14, 2006

Ahtisaari fails to gain EU support for Kosovo's independence

Belgrade - Coordinator of the state team for
negotiations on the future status of Kosovo-Metohija
Slobodan Samardzic said today that it is evident that
at the meeting of EU Council of Ministers, UN Special
Envoy Martti Ahtisaari failed to win support of EU
countries for Kosovo's independence. 
Samardzic told the Tanjug news agency that this is one
more in a series of Ahtisaari's failures, in addition
to those in the Contact Group and the Security
Council. 
Now it is clear that there are very opposing opinions
on the issue in the EU, Samardzic said, and added that
a normal negotiating policy will have to be resumed
that will lead to a common, or compomising solution
reached by Belgrade and Pristina. 
He explained that yesterday's meeting of the EU
Council of Ministers in Brussels showed that there are
sharp differences within the EU on the resolution of
Kosovo issue because Ahtisaari's statement was
followed by different opinions of the participants in
the meeting. 
The position of Spain is very interesting for Serbia,
since Spanish State Secretary for the European Union
Alberto Navarro stated clearly that Spain cannot
support any form of Kosovo independence because in
doing so it would violate international law,
especially the Helsinki Final Act. 
This opinion was supported by Greek Foreign Minister
Dora Bakoyannis and Romanian Foreign Minister Mihai
Razvan Ungureanu. 
There are also more EU countries that have a negative
attitude on the possible independence of Kosovo. 

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http://news.xinhuanet.com/english/2006-11/15/content_5330412.htm

Xinhua News Agency - November 15, 2006

Albania says delayed Kosovo final status threatens regional stability 

TIRANA - Albanian Prime Minister Sali Berisha said
here on Tuesday that further delays in deciding
Kosovo's final status will threaten the delicate peace
and stability in Kosovo and beyond. 
"Only a free and independent Kosovo will contribute to
the regional peace and stability," Berisha told a
press conference. 
The international community last week put off its
final report on Kosovo until next year because of
Serbia's coming election. Serbia announced early
elections for January 21, with the nationalist Radical
party tipped to emerge as the strongest party. 
Martti Ahtisaari of Finland, the UN envoy for Kosovo,
and diplomats from the United States, Europe and
Russia went back on earlier pledges to resolve the
issue this year, saying they would wait until after
the Serbian ballot before making public their
recommendations. 
The Albanian-majority province is formally part of
Serbia, but won an independence war in 1999 when the
Serbian authorities were driven out by the NATO. 
Since then the province has been under UN control. 
Albania has been the strongest supporter of Kosovo's
independence, though it says that it has no
territorial ambitions over the province. [sic] 

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KOSOVO: D'ALEMA, SI VA VERSO INDIPENDENZA CON LIMITAZIONI

Farnesina: D'Alema riceve inviato speciale dell'Onu in Kosovo (ANSA) - ROMA, 17 nov - "L'Italia sostiene le conclusioni verso le quali si sta andando" sullo status finale del Kosovo, "le cui linee generali vanno verso una forma di indipendenza con limitazioni e garanzie internazionali". Lo ha affermato il vicepremier e ministro degli Esteri Massimo D'Alema, in una conferenza stampa congiunta alla Farnesina con l'inviato speciale del segretario generale dell' Onu per lo status del Kosovo, Martti Ahtisaari.
"Questo - ha osservato il capo della diplomazia italiana - va incontro alle aspirazioni della stragrande maggioranza della popolazione kosovara" anche se, nel contempo, bisogna porre l' accento "sulla piena garanzia della tutela della minoranza serba e dei siti religiosi ortodossi".
L'Italia, ha ribadito D'Alema, "intende confermare le responsabilità che si è assunta" sul piano della presenza militare e su quello del sostegno civile, sottolineando come la presenza di truppe nell' area sarà confermata "per il tempo che sarà necessario".
Il ministro degli Esteri ha poi manifestato apprezzamento per la decisione di posporre la presentazione del piano all' indomani delle elezioni legislative in Serbia (nel gennaio 2007, Ndr) allo scopo di avere un "interlocutore legittimato dal voto popolare e di evitare interferenze nella campagna elettorale serba".
17/11/2006 17:50 

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http://www.vor.ru/index_eng.phtml?view=news3_eng&id=481

Voice of Russia - November 17, 2006

Russia believes Kosovo issue to be a precedent 

Russia believes the resolution of the Kosovo issue
will be a precedent. 
Its permanent representative to the Organization for
Security and Cooperation in Europe, Alexei Borodavkin
said Russia considers the talk on the extraordinary
nature of the Kosovo issue as an attempt to apply
double standards towards the crises in several other
regions and biased interpretation of international
law.

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http://en.rian.ru/world/20061117/55745687.html

Russian Information Agency (Novosti) - November 17, 2006

U.S. denies similarity between S.Ossetia, Abkhazia and Kosovo 

TBILISI - The situation in Georgia's breakaway
republics is completely different from that in Kosovo,
a high-ranking American official said Friday,
dismissing the comparison often made by Moscow.
U.S. Deputy Assistant Secretary of State Matthew Bryza
said there were no parallels between Kosovo and two
Georgian republics of South Ossetia and Abkhazia,
which proclaimed their independence from Georgia after
the collapse of the Soviet Union in 1991, and that the
situation with Kosovo was unique.
Russia, which remains entangled in a furious
diplomatic dispute with Georgia, has stressed
ex-Soviet breakaway regions' right to decide their own
fate, and compares them to Kosovo's drive for
independence from Serbia.
South Ossetia held a referendum on Sunday, at which
the breakaway region's residents voted overwhelmingly
for independence from Georgia, despite Western powers'
refusal to recognize the vote.
However, Bryza questioned the validity of the
referendum, saying only one group of the republic's
residents had the right to take part in the vote,
while the other did not.
Georgian President Mikheil Saakashvili, who swept into
power on the back of a "color" revolution in 2003, has
pledged to bring the self-proclaimed republics back
into the fold. His defense minister has also said
Georgian troops will celebrate New Year's day in the
capital of South Ossetia, Tskhinvali.
Bryza also said the United States would not object if
Georgia bought natural gas from Iran, with which the
U.S. continues to have a hostile relationship, instead
of from Russia, which is demanding a major price hike
from 2007.
Bryza said the United States had strong relations with
Georgia, and that its potential gas cooperation with
Iran would not affect bilateral ties in any way. He
said the United States supports Georgia's goal of
finding alternative gas sources.
Georgia and Russia have been entangled in a diplomatic
feud since the arrest of four Russian officers on
spying charges in September. Tensions were already
strained at the time over the presence of Russian
peacekeepers in Abkhazia and South Ossetia, and over
Russia's import ban on Georgian goods, including wine
and mineral water. 
Since the latest row began, Russia has cut transport
and mail links to its mountainous ex-Soviet neighbor,
cracked down on businesses allegedly related to the
Georgian mafia, and deported hundreds of Georgians
accused of residing in Russia illegally.

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http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=44167&NrIssue=196&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - November 17, 2006

Thaci says independence decision already made

Washington - The leader of the Democratic Party of
Kosovo (DPK) Hashim Thaci said the Kosovo status
decision has been already made.
"The decision on Kosovo's independence is being
discussed with the European Union and other
international factors," Thaci said after the meeting
with the US Under Secretary for Political Affairs
Nicholas Burns.
According to Thaci, who is also a member of Pristina's
negotiation team, Kosovo will become an independent
state with sovereignty on its entire territory, and
with a civil mission and NATO's military presence.
There will be no delay of Kosovo status settlement
after the parliamentary elections in Serbia slated for
January 21 next year, he added.
Kosovo needs order and peace, Thaci said, adding that
the institutions and the citizens should unite in
terms of "statehood activities".
During the visit to the United States, DPK leader met
with senior officials of the US State Department,
National Security Council and representatives of civil
society. 

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2006&mm=11&dd=17&nav_category=90&nav_id=38045

Beta (Serbia) - November 17, 2006

Koštunica: Independence is violence 

BELGRADE - The Serbian PM says he does not believe
Kosovo solution will be reached through unilateral
recognition of independence.
“That would be an example of legal violence and a
double breach of international laws’ basic principles.
On the one hand, this would be in contravention to the
UN Charter and Resolution 1244, and on the other, no
such decision can be reach without the participation
of the UN Security Council”, Vojislav Koštunica told
Beta news agency.
According to the Serbian prime minister, circumventing
the UN would not go without consequences for the
states that engage in such behavior. 
“This is especially true of NATO member states as it
would shed a new light on the so-called humanitarian
intervention of 1999. 
"In that case, a connection could be seen between the
bombardment then and the snatch of Serbian territory
seven years later. In that case, there is no doubt
nothing could remain the same in the relations between
those countries and Serbia”, Koštunica said. 

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KOSOVO: MOSCA, SOLUZIONE DEVE BASARSI SU RISOLUZIONE ONU

(ANSA) - MOSCA, 18 NOV - Il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, ha affermato oggi in un intervento sul canale televisivo Vesti-24 che ''ogni soluzione sul problema del Kosovo deve basarsi su una risoluzione del consiglio di sicurezza della Nazioni unite''. Il ministro ha ricordato che la posizione della Russia sul Kosovo e' in linea fin dall'estate del 1999 con la risoluzione 1244 del consiglio di sicurezza che ''stabilisce che il problema del Kosovo e anche la questione sullo status del Kosovo va risolta esclusivamente attraverso negoziati basati su un accordo reciproco tra Belgrado e i leader del Kosovo''. Il primo ministro kosovaro Agim Ceku, come annunciato ieri dal ministero degli esteri russo, sara' a Mosca a fine novembre (probabilmente il 30, secondo la stampa russa) su invito della commissione esteri della Duma russa.(ANSA) BBB-SAV
18/11/2006 13:59 

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http://english.people.com.cn/200611/20/eng20061120_323321.html

Xinhua News Agency - November 20, 2006

Serbian PM warns NATO against recognizing Kosovo 

Serbian Prime Minister Vojislav Kostunica warned NATO
members on Sunday of serious consequences if they
unilaterally recognize the independence of the Serbian
southern province of Kosovo. 
"The fact that NATO bombed Serbia without the UN
Security Council's approval is its huge mistake, big
enough for the last and this century," Kostunica told
a meeting of his ruling Democratic Party of Serbia. 
Any new, even the slightest, mistake of the NATO
regarding Kosovo would have serious consequences, the
prime minister warned. 
Serbia announced a new constitution earlier this
month, which enshrines Kosovo as an "inalienable" part
of Serbia. 
The document, unanimously adopted by the Serbian
parliament on Sept. 30, was officially confirmed in
the national referendum on Oct. 28 and 29. 
Still, Kostunica said he was confident that "NATO
countries would not recognize Kosovo's independence
unilaterally, without a relevant UN Security Council
decision, or in violation of such a decision." 
Technically still a part of Serbia, Kosovo, a place
with ethnic Albanians taking up about 90 percent of
the population, has been kept under the UN
administration since 1999 in line with UN Security
Council Resolution 1244. 
NATO launched a 78-day bombing campaign on former
Yugoslavia in 1999 without the approval of the UN
Security Council under the pretext of seeking an end
to the ethnic conflicts in Kosovo. 
Martti Ahtisaari of Finland, the UN envoy for Kosovo,
has said he would wait to present his plans for the
future of Kosovo to the UN Security Council until
after Serbia's general elections on Jan. 21 next year,
delaying the scheduled end-of-year deadline. 
This delay drew concerns from Albanian Prime Minister
Sali Berisha who said further delays in deciding
Kosovo's final status would threaten the delicate
peace and stability in Kosovo and beyond. 
Kostunica said the Serbian government was confident
that the UN Security Council would never violate the
UN Charter and the explicit provisions of UN Security
Council Resolution 1244 on Kosovo as part of Serbia's
sovereignty and territorial integrity. 
He said it was important for the NATO member countries
to "strictly abide by Resolution 1244 and
international law principles." 

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http://www.balkanalysis.com/security-intelligence-briefs/11212006-nato-decision-on-kosovo-army-risks-future-extremism/

Balkanalysis.com (US) - November 21, 2006

NATO Decision on Kosovo Army Risks Future Extremism

Recent statements by a retired British Brigadier
General, Tony Welch, suggesting that a future
independent Kosovo should have a small defense force
ignore specific factors that contribute to instability
and make future violence likely, independent experts
say.
The subject of any kind of army for the future Kosovo
is an extremely sensitive topic in the Balkans. The
2001 war started by ethnic Albanians in Macedonia,a s
well as violence in Montenegro and south Serbia, have
been listed as factors in Kosovo’s destabilizing
tendency in the region.
Calls for a Kosovo army have always been predicated on
the notion that a small, orderly military force under
NATO’s training would provide a professional
alternative to the shadowy paramilitaries that have
roamed Kosovo under different acronyms over the past
decade. They all, however, have a common source (the
Kosovo Liberation Army which fought the Serbs from
1997-1999).
The current police force in the province, the ethnic
Albanian-dominated Kosovo Protection Service, and the
civil defense force(TMK) are both full of ex-KLA
elements. Former KLA general Agim Ceku, before
becoming Kosovo’s premier, was the top TMK commander.
The British general’s report suggests that the future
army have three characteristics. One, it should be
supervised and trained by NATO; two, it should be
multi-ethnic and open to all; three, it should be
about half the size of the KPS currently (5,000
members).
However noble this sounds, experts believe, this plan
ignores the factors that will create further
instability. One Serbian military expert in Belgrade
attests that “whatever promises they make, there is no
chance that Serbs will participate in such an armed
formation under overwhelming Albanian command- one,
because of the symbolic [loss of Kosovo], two because
of their own safety.”
And a former European peacekeeper in the province,
noting the patronage system of employment that
pervades Kosovo society, adds that, “trimming the KPS
from 5,000 to 2,500 means that suddenly you will have
2,500 unemployed men, suddenly removed from armed
service but with plenty of armed training…this is a
recipe for disaster.”
As has long been apparent, the West seems to be again
overly optimistic about the future security abilities
and motivations of Kosovo institutions. 

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KOSOVO: DRASKOVIC, SARA' PRECEDENTE PER ALTRI IRREDENTISMI

BELGRADO - Le decisioni imminenti della comunita' internazionale sullo status definitivo del Kosovo - provincia serba di cui la maggioranza albanese reclama l' indipendenza e sulla quale Belgrado rivendica invece la propria sovranita' - reppresentera' un precedente per ''altre regioni separatiste'' in giro per il mondo. Lo ha ribadito il ministro degli esteri della Serbia, Vuk Draskovic, nell'imminenza di una missione in programma da oggi a Bruxelles per colloqui con rappresentanti dell'Ue.
Ponendosi in contrasto con il tentativo di alcune cancellerie occidentali di presentare il dossier kosovaro come una questione a se stante, Draskovic - citato oggi dal notiziario Beta Daily - ha sostenuto che ''non e' possibile considerare il Kosovo un caso speciale''. E ha affermato che altre leadership 'irredentiste' attendono con impazienza di vedere come andra' a finire.
Secondo il capo della diplomazia di Belgrado - che ieri ha discusso dell'argomento a Lubiana con i vertici del governo della Slovenia, la repubblica ex jugoslava mostratasi finora piu' apertamente possibilista sul riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo -, la questione del Kosovo e' destinata ad avere conseguenze a vasto raggio. ''Si tratta di un tema delicato per la Serbia, ma anche per l'intera regione dei Balcani'', ha notato il ministro, sottolineando che ''una soluzione imposta violentemente dalle grandi potenze'' condurrebbe giocoforza ''alla destabilizzazione della Serbia e non solo della Serbia''.
Le parole di Draskovic, voce tra le piu' filo-occidentali del governo serbo in carica, appaiono una risposta indiretta alla dichiarazione rilasciata nelle stesse ore dall'ambasciatore americano a Belgrado, Michael Polt. Dichiarazione con cui Polt ha rimarcato la volonta' di Washington - ormai orientata a riconoscere legalmente l'indipendenza kosovara - a chiudere la pratica ''subito dopo'' le elezioni serbe fissare per il 21 gennaio. E ha ripetuto di ritenere il Kosovo ''un caso unico''.
Uno slogan, quello che rifiuta di considerare l'eventuale secessione di Pristina come precedente per altre realta' analoghe, affermato a piu' riprese da diversi rappresentanti diplomatici occidentali. Ma tutt'altro che condivisa da altri prim'attori della scena internazionale. A cominciare dalla Russia di Vladimir Putin (membro del Gruppo di Contatto sui Balcani, oltre che del Consiglio di sicurezza dell'Onu), secondo cui l'approccio di Usa ed Europa sul Kosovo potra' ben essere assunto come metro di giudizio: riproducibile teoricamente in futuro da Mosca per la definizione dei suoi rapporti con le province indipendentiste filo-russe ritrovatesi loro malgrado all'interno dei confini di altri Paesi ex sovietici. Come l'Abkhazia e l'Ossezia del Sud (realta' etnicamente separate della Georgia), il Trans-Dniestr (Moldavia) e, chissa', magari anche la Crimea (Ucraina).
22/11/2006 15:47 

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http://www.vor.ru/Exclusive/excl_next8742_eng.html

Voice of Russia - November 22, 2006

KOSOVO CAN BE SEPARATED FROM SERBIA ONLY BY MEANS OF FORCE 
Pyotr Iskenderov 

The Serbian Prime Minister Voislav Kostunica has
announced that Kosovo will never become a legally
independent state and may be separated from Serbia
only by means of force. 
He reminded of the tragic history of NATO bombings of
Yugoslavia in 1999 and called on the international
community to avoid another mistake while determining
the status of Kosovo. 
The 1999 NATO bombings of Yugoslavia opened a new
chapter in the history of the Kosovo conflict. 
Seven years ago the peacekeepers not only failed to
settle the conflict but caused the creation of another
Albanian state in the Balkans. 
The leaders of the Kosovo Serbs spoke about the main
features of this “state” on Sunday. 
They reminded that since 1999, when a UN mandate for
Kosovo came into force, about 200,000 Serbs were
forced to leave. More than 30,000 Serbian homes and
150 Orthodox churches and monasteries were destroyed
then. 
A member of the Serbian delegation at the Vienna talks
for determining the future status of Kosovo, Marko
Yaksic, compared the present situation with feudal
times. 
And the West is evidently to be blamed for it, because
it has never thought that it does only harm conniving
with the Albanian extremists. 
Today two-thirds of the Kosovans are unemployed, and
one third live below the poverty line. 
After Serbian enterprises in Kosovo were privatized by
the leaders of criminal groups, the Serbs found
themselves deprived of their property. But the West
seems not to care at all. 
The question is for how long Europe will tolerate
numerous Albanian “states”. 
The Republic of Albania, the Republic of Kosovo, the
Presevo Valley in South Serbia, Western Macedonia and
the Albanian districts of Montenegro. 
All these regions need huge economic investments. 
Basically, they are governed by the mob and may
eventually become flashpoints of interethnic clashes. 
Europe must admit it faces the threat of a dangerous
slide back to feudalism.

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http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?cat=Politics&loid=8.0.362319738&par=0

ADN Kronos International - November 22, 2006

KOSOVO: PREMIER WELCOMES ITALIAN SUPPORT, SERBS ANGRY

Pristina, Belgrade - Kosovo prime minister Agim Ceku
said on Wednesday he was pleased with the results of
his visit to Italy, saying he received assurances from
foreign minister Massimo D’Alema that Rome supported
independence for Kosovo. D’Alema, "as a reputed
visionary, publicly used the word independence as a
solution for Kosovo," Ceku told Kosovo
Albanian-language media. Ceku recently visited several
Western capitals, lobbying for independence and will
visit Russia on November 30. "It’s easy to talk to
those who support Kosovo, but we must also visit the
countries which have some dilemmas about Kosovo
independence," he added.
Russia is the only member of a six-nation Contact
Group which has publicly opposed Kosovo's
independence. Other members of the Group, which should
propose a final solution for the status of Kosovo to
the United Nations Security Council, are the United
States, Great Britain, Germany, France and Italy.
Ethnic Albanians, who outnumber the remaining Serbs in
Kosovo by 17 to one, have said they will settle for
nothing short of independence which Belgrade opposes,
though it has no authority in the province sine 1999
when Kosovo was put under U.N. control. Eight rounds
of U.N. sponsored talks on the Kosovo status gave
little result and the chief U.N. negotiator Martti
Ahtisaari was expected to unveil his final proposal by
the end of January.
D’Alema said after meeting with Ahtisaari in Rome last
Friday that Kosovo was 
"heading towards a form of independence with some
limitations and with international guarantees." But he
pleaded for the resumption of the European Union
pre-entry talks with Serbia, broken off last May to
compensate it for a possible loss of Kosovo. He said
Serbia is "a country that is fundamental for the
Balkans", adding that “the future of Serbia and of
other western Balkans countries is within the European
Union."
But Slavko Zivanov, a spokesman for the Serbian
government Coordinating Center for Kosovo, said
Belgrade didn’t see D’Alema’s pleading for the
resumption of EU talks in a positive light in view of
his support for Kosovo independence. 
“Such a trade-off is absolutely out of question,”
Zivanov told Adnkronos International (AKI). He said
Serbia was defending “the international legal order”
by opposing Kosovo independence and the change of the
existing borders. “There is no valid reason, nor
motive to write off Kosovo for a promise of resuming
the talks with EU,” he said.
Slobodan Eric, editor of a periodical Geopolitika,
said D’Alema’s “trade off proposal is an insult to the
intelligence of the Serbian people. How can we give up
a part of our territory and the cradle of our state
for an empty promise," Eric told AKI. 
He said it was regrettable that the new Italian
government was continuing the policies of the former
government which supported NATO bombing of Serbia in
1999. “Such a policy can only harm our bilateral and
economic relations, which have been on the upswing
lately,” Eric concluded. 

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KOSOVO: MONITO PUTIN A UE SU EFFETTI INDIPENDENZA

(ANSA) - HELSINKI, 24 NOV - Al vertice Ue-Russia, il presidente Vladimir Putin ha oggi ammonito i leader europei sui contraccolpi che deriverebbero da un'eventuale dichiarazione d'indipendenza nel Kosovo. Lo affermano fonti diplomatiche europee, precisando che al summit di Helsinki Putin ha ricordato i rischi derivanti da tali ''ripercussioni'' in modo ''amichevole ma fermo''. Per Mosca, i rischi dipendono dal fatto che l'indipendenza della provincia serba a maggioranza albanese potrebbe attizzare i separatismi in altre regioni. La posizione dell'Ue - si precisa a Helsinki - e' invece diversa, visto che il Kosovo viene ritenuto un caso sui generis. A quanto sembra, la risposta data dagli europei a Putin al vertice di oggi e' stata - precisano le fonti - proprio quella di indicare che ''quello del Kosovo e' un caso a se'''. (ANSA) RIG
24/11/2006 20:12 

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http://www.vor.ru/Exclusive/excl_next8751_eng.html

Voice of Russia - November 24, 2006

INDEPENDENCE FOR KOSOVO WILL OPEN THE FLOODGATE 

FOR ALL UNRECOGNIZED PROVINCES AND REGIONS

The Serbian foreign minister, Vuk Draskovic has told
an Italian news agency that independence for Kosovo
will represent a precedenct for all yet unrecognized
provinces and regions in the world. 
Under the Serbian Constitution, Kosovo, with a
predominantly Albanian population is an integral part
of Serbia, but the rulers in Belgrade are not in
control of Kosovo. 
The Serbian army and police were pulled back from that
Serbian province in 1999 after NATO's day and night
bombardment, yielding place to KFOR [NATO]. 
The Albanian majority in Kosovo is pressing hard for
independence, unmindful of protests by Belgrade. 
....
Dmitry Danilov of the Russian academy of sciences
institute of Europe has this to say. 
It is highly possible that Kosovo will be granted
independence, a most undesirable development from the
point of view of [resulting] international fallout.
Independence for Kosovo will represent a precedent for
all other unrecognized state formations such as South
Ossetia, Abkhazia, and Transdniestria, all former
republics in the former Soviet Union. 
But there are several others in the Balkans and
elsewhere, all waiting to see how the Kosovo issue
pans out.
Most likely, the international community will chose
not to recognize the legitimacy of the demands by
other state formations, a move capable of further
destabilizing the situation in the world. 
It is unclear how the world can wriggle out of this
situation, said Danilov. 
There’s need to ponder the issue in view of ongoing
discussion over the future status of Kosovo; issues of
format and legitimate form of granting independence
not only to Kosovo but also to other state formations
yet unrecognized should be given serious thought. 
He believes that such an approach could remove several
likely problems. 
Unfortunately, Western countries are trying to tackle
and solve the Kosovo issue first and grant it
independence while the problems of other unrecognized
provinces and regions are treated rather lightly. 
It is wrong to pretend to forget the saying that what
is good for the goose is equally good for the gander. 

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www.radioyu.com

Notizie 26.11.2006. 

17:30 - La Romania è contraria all'indipendenza del Kosovo, perché in quel caso si arriverebbe al caso senza precedenti che porterebbe alla destabilizzazione nella regione, ha dichiarato a Bor l'ambasciatore della Romania in Serbia, Jon Makovej. »La Romania si sta adoperando per un'ampia autonomia per il Kosovo, alla quale si arriverebbe attraverso il dialogo diretto fra Belgrado e Pristina. Se nel caso del Kosovo sarà riconosciuta l'indipendenza, questo darebbe le ali agli altri gruppi separatistici in Europa, ad insistere sulle proprie richieste«, ha detto l'ambasciatore Makovej. Secondo lui, il governo romeno ha esposto questa posizione, recentemente a Bucarest, al segretario generale della NATO, Jaap de Hoopn Scheffer.

16:52 - Il governo serbo ritiene che sia importante che al vertice della NATO, il 28 e il 29 novembre a Riga, quando verrà esaminata la situazione nei Balcani occidentali, venga presa una chiara conclusine sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale della Serbia, ha dichiarato il ministro per l'amministrazione statale e locale, Zoran Loncar. Lui ha aggiunto che il governo serbo si aspetta dai funzionari della NATO di rilevare l'immutabilità dei confini riconosciuti in modo internazionale di tutti gli stati nella regione, e il pieno rispetto della Carta delle Nazioni Unite e delle norme del diritto internazionale, che, come ha evidenziato, garantiscono che il Kosovo è parte integrante e inalienabile della Serbia. Visto che la NATO, senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU, aveva bombardato a suo tempo la Serbia, è molto importante che la NATO confermi in modo inequivocabile il rispetto dell'integrità territoriale della Serbia, ha sottolineato Loncar.

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Resolution of conference 

“The Communists and Other Democratic Forces for Human Rights and Democracy in Europe and the World – Actively Against Anti–Communism” against forced changes of state borders in Balkans, Europe and in the world

November 25-26, 2006, Prague

Communist and other democratic parties declared in international conference on November 25-26, 2006 in Prague against forced changes of state borders in Balkans, in Europe and in the world and insist on abidance by Helsinki Declaration from 1975.
In spirit of this the participants of the conference stand against forced secession of southern part of Serbia – Kosovo and against its declaration as “independent state”. 
The participants in conference stand for abidance by and respect to UN Charter and international law in relation to protection of integrity and sovereignty of member states of United Nations.

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http://en.rian.ru/world/20061130/56257830.html

Russian Information Agency (Novosti) - November 30, 2006

Russian MP cautions Kosovo against unilateral secession from Serbia 

MOSCOW - A senior Russian lawmaker on Thursday
cautioned Serbia's predominantly Albanian province of
Kosovo against unilaterally declaring its
independence. 
Konstantin Kosachev, the head of the international
affairs committee in Russia's lower house of
parliament, said, "The determination of Kosovo's
status, as long as the province does not commit itself
to human rights standards and is seeking sovereignty
unilaterally rather than through negotiations, creates
a highly dangerous precedent and runs counter to
Europe's postwar order." 
Speaking after a meeting with Kosovo Prime Minister
Agim Ceku in Moscow, the Russian MP said the
underlying principle of the European order established
after WWII is the inadmissibility of changing state
borders unless all involved parties give their
consent. 
Ceku, visiting Russia with a delegation of Kosovo
interim government officials, reiterated his
determination to further push for the province's
independence and to secure its recognition as a
sovereign state by the UN Security Council and other
international organizations, Kosachev said. 
,,,,
On Tuesday, thousands of Kosovar Albanians attacked
the United Nations headquarters in the capital,
Pristina, over a delayed decision on their demand of
independence for Kosovo, a UN protectorate since
NATO's military intervention in 1999. 
The province's final status was to have been
determined this year, but a decision has now been put
off until after a general election in Serbia on
January 21. 

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http://www.interfax.com/3/218064/news.aspx

Interfax - November 30, 2006

Russian MPs urge Kosovo premier to negotiate with Belgrade

MOSCOW - Members of the Russian State Duma's Foreign 
Affairs Committee said at a meeting with Kosovo Prime
Minister Agim Ceku that the issue of Kosovo's status
should be solved through talks between Belgrade and
Pristina.
"We are again calling on Pristina to talk with
Belgrade. As far as we know, Serbia is ready to grant
the broadest possible status to Kosovo, given Serbia's
territorial integrity is maintained," said State Duma
Foreign Affairs Committee Chairman Konstantin
Kosachyov.
.... 
"We stated that Russia is convinced that the
definition of Kosovo's status, when international
human rights standards are not observed in the
province, when the nation-building process is
unilateral, rather than discussed at talks between
Belgrade and Pristina, creates a dangerous precedent
that directly contradicts principles of the post-war
European order defined in the Helsinki Final Act of
1975," Kosachyov said.
.... 

---

KOSOVO: A MOSCA PREMIER CEKU, INCONTRA ESPONENTI PARLAMENTO

(ANSA) - MOSCA, 30 NOV - Il premier kosovaro Agim Ceku e' arrivato oggi a Mosca per una visita di tre giorni, durante la quale cerchera' di ammorbidire la posizione ufficiale di Mosca, contraria all'indipendenza del Kosovo. Ceku, che ha incontrato gli esponenti della commissione esteri della Duma, ha ribadito la volonta' del suo popolo di secedere dalla Serbia, che ha recentemente riaffermato in un referendum per la nuova costituzione il suo no all'indipendenza di Pristina. Il presidente della commissione russa, Konstantin Kosaciov, ha rivolto un appello a Ceku perche' stabilisca un dialogo diretto con Belgrado: ''La parte serba e' pronta ad accontentarsi di qualunque soluzione che non implichi il termine indipendenza'', ha sottolineato. Kosaciov ha ammonito Pristina del ''grave rischio che una definizione unilaterale di sovranita' rappresenterebbe. L'indipendenza del Kosovo sarebbe in conflitto con i principi della cooperazione europea del dopo guerra, che prevede in particolare l'impossibilita' di cambiare i confini degli stati senza l'accordo di tutte le parti in causa''. Ceku ha ribadito con forza che l'obiettivo della leadership kosovara e' di ''arrivare in breve tempo a un riconoscimento internazionale dell'indipendenza'': Pristina e' comunque pronta a riconoscere il serbo come seconda lingua nazionale, a dare alla minoranza serba una rappresentanza e a istituire zone autonome nei centri a maggioranza serba. (ANSA). OT
30/11/2006 15:01 

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http://www.adnki.com/index_2Level_English.php?cat=Politics&loid=8.0.364971431&par=0

ADN Kronos International (Italy) - November 30, 2006

KOSOVO: CEKU GETS COLD SHOULDER IN MOSCOW OVER INDEPENDENCE

Moscow - Kosovo prime minister Agim Ceku got a cold
shoulder from Russian leaders on Thursday in an effort
to rig support for independence of the province which
has been under United Nations control since 1999. 
Ceku's visit got a low profile treatment, aimed not to
offend Belgrade, which opposes independence of the
province in which ethnic Albanians outnumber Serbs by
17 to one. 
He met with deputy foreign minister Vladimir Titov and
president of the foreign policy committee of the
Russian parliament, Konstantin Kosachyov, but failed
to get Moscow's commitment for independence.
Kosachyov suggested that the dispute should be solved
in direct negotiations with Belgrade and offered
Moscow's support in "establishing direct dialogue". 
He said unilateral proclamation of independence,
without Belgrade's consent, would be a "dangerous
precedent, contrary to European standards established
after the Second World War". 
Kosachyov told journalists, after meeting with Ceku,
that these standards don't allow the change of state
borders without the consent of all involved.
He actually echoed Belgrade's stand that any change of
borders, or unilateral recognition of Kosovo
independence, would destabilize the entire region and
violate the UN Charter. 
"Russia could help in establishing such a dialogue
which would lead to a compromise that would satisfy
the Serbian and the Kosovo side," he said.
Belgrade has no authority in Kosovo since its forces
were pushed out of the province by NATO bombing in
1999 and is offering ethnic Albanians a large
autonomy. 
But ethnic Albanian leaders have said they would
settle for nothing short of independence, hinting they
might even resort to violence to achieve that goal.
....
Resolution 1244, which put Kosovo under UN control
with strong international civilian and military
presence, states that Kosovo is officially a part of
Serbia. 
But the international community [sic] has been
gradually moving towards granting Kosovo independence
and, after eight failed rounds of negotiations, it is
expected to make a final status decision early next
year.
Russia is the only member of a six-nation Contact
Group for Kosovo that has openly opposed independence.
Other members of the group, which should make a final
status proposal, are the United States, Great Britain,
France, Italy and Germany.

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http://www.vor.ru/Exclusive/excl_next8803_eng.html

Voice of Russia - December 1, 2006

STATE DUMA: UNILATERAL RECOGNITION OF KOSOVO EXTREMELY DANGEROUS
Yevgeny Kryshkin 

Unilateral recognition of Kosovo is extremely dangerous. 
This position of the Russian Foreign Ministry was
spelled out to Kosovo’s Prime Minister Agim Ceku, who
came to Moscow at the invitation of Russian lawmakers.
Moscow made clear that in the absence of human rights
standards, any unilateral steps towards determining
the political status of Kosovo would be premature. 
According to the head of the State Duma international
affairs committee Konstantin Kosachyov, Kosovo’s
independence would contradict the principles of
post-war cooperation in Europe, which prohibit any
border changes without the consent of all parties
involved. 
Pavel Kandel is a senior expert at the Institute of
Europe of the Russian Academy of Sciences. 
Moscow insists that the status of Kosovo be determined
through negotiations between the conflicting parties,
namely between ethnic Albanians and the Serbian
government. 
Attempts to impose a decision rejected by Serbia are
unacceptable. 
Meeting with Russian officials in Moscow, Agim Ceku
reaffirmed the ethic Albanian authorities’ strive for
secession, while Russia remains convinced that the
only way out of the Kosovo deadlock lies through
political dialogue between Belgrade and Pristina and a
search for a compromise solution. 
Despite these differences, both sides were unanimous
in the need to protect the rights of Serbs and other
ethnic minorities who face discrimination violence
from Albanian extremists in Kosovo. 

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http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=46268&NrIssue=210&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - December 4, 2006

Russia warns: compromise or veto on Kosovo status decision

Belgrade - Russian ambassador to Serbia Aleksandar
Alekseyev told Belgrade's Radio B92 that Russia is set
to use its veto right at the UN Security Council
should a Kosovo status solution fail to be acceptable
for both Belgrade and Pristina.
He also said it was naïve to reach a conclusion that
the Kosovo negotiations are a failure, “after only one
meeting that lasted two hours”. 
“I must say we are strictly adhering to our position
regarding the solution of the Kosovo status issue. In
case the status solution is not acceptable for both
sides, for Belgrade and Pristina, Russia will exercise
its veto rights”, Alekseyev said. 
“I must stress that the Kosovo problem must be solved
in line with the international law, with the
principles of European security, and the UN Security
Council resolution 1244. And Kosovo temporary
institutions prime minister Agim Ceku was briefed
about this position in detail during his recent visit
to Moscow”, the Russian ambassador said.

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http://news.monstersandcritics.com/europe/news/article_1229429.php/Russia_will_use_veto_to_stop_Kosovo_independence_ambassador

Deutsche Presse-Agentur - December 4, 2006

Russia will use veto to stop Kosovo independence: ambassador

Belgrade - Russia's ambassador to Serbia Alexander
Alexeyev said Monday that Russia would use its veto
within the United Nations Security Council to block
any decision supporting independence for Kosovo. 
Alexeyev told B92 radio in Belgrade that any solution
on Kosovo's status must be acceptable to both the
ethnic Albanian majority of the breakaway Serbian
province and the government in Belgrade. 
He also criticized UN envoy Martti Ahtisaari for
saying that a negotiated compromise between Belgrade
and the Kosovo Albanian side was not possible. 
Ahtisaari mediated in talks between the two sides
earlier this year and is expected to present a
proposed solution on the status of Kosovo early in
2007. 
Alexeyev said that Kosovo Prime Minister Agim Ceku had
been briefed on Russia's stance when visited Moscow
late last week. 
The Serbian Government wants to maintain sovereignty
over the province, which has been administered by the
UN since 1999. The Albanian majority in Kosovo is
pushing for full independence from Serbia. 

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KOSOVO: KOSTUNICA A D'ALEMA; COMPROMESSO SI',INDIPENDENZA NO

(ANSA) - BELGRADO, 4 DIC - Il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, ha ripetuto al ministro degli esteri italiano, Massimo D'Alema, in visita oggi a Belgrado, che il suo governo e' pronto a una soluzione di compromesso sulla provincia separatista a maggioranza albanese del Kosovo, ma non ad accettare una qualsiasi forma d'indipendenza della regione. Lo si legge in un comunicato diffuso nel pomeriggio dal gabinetto del premier serbo, dopo la partenza di D'Alema per Mosca. Nella nota si sottolinea che Kostunica ha ribadito all'ospite la sua convinzione secondo cui il contrastato dossier del Kosovo puo' trovare soluzione solo ''nel rispetto dei principi del diritto internazionale''. Principi che contemplano in particolare ''l'inviolabilita' dell'integrita' territoriale e della sovranita' '' degli Stati membri dell'Onu. Di fronte all'invito di D'Alema alla flessibilita' e alla ricerca di un accordo accettabile per entrambe le parti, Kostunica ha manifestato disponibilita' a ''un compromesso'' che garantisca ''ampia autonomia'' al Kosovo, ma ha ribadito ancora una volta il suo no alla secessione e a ogni soluzione non rispettosa degli attuali confini della Serbia. Il capo del governo di Belgrado - impegnato in una campagna elettorale che vede la sua coalizione, filo-europea ma non insensibile ai richiami dell'orgoglio nazionale, in competizione col partito del presidente della Repubblica Boris Tadic, piu' 'liberale', per la leadership dello schieramento moderato serbo - si e' poi detto certo che la sua coriacea posizione sulla questione kosovara possa incontrare nuovi consensi tra i Paesi europei. ''Cresce - ha sostenuto Kostunica - il numero dei Paesi che condividono il monito secondo cui i principi del diritto internazionale vanno applicati senza eccezioni, perche' ogni deviazione avrebbe conseguenze serie''. E diventare precedente per altre pretese centrifughe, nei Balcani e non solo.(ANSA). LR
04/12/2006 18:45 

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KOSOVO: AMBASCIATORE RUSSIA NON ESCLUDE RICORSO A VETO

(ANSA) - BELGRADO, 4 DIC - La Russia non esclude di poter usare il diritto di veto nel caso in cui una proposta di riconoscimento dell'indipendenza della provincia seceessionista serba a maggioranza albanese del Kosovo fosse presentata al Consiglio di sicurezza dell'Onu senza un'intesa con Belgrado. Lo ha affermato oggi in un'intervista alla emittente B-92 l'ambasciatore di Mosca in Serbia, Aleksandr Alekseiev. ''Se dovesse emergere una soluzione sullo status futuro del Kosovo non accettabile sia da Pristina sia da Belgrado, la parte russa utilizzera' il suo diritto di veto'', ha tagliato corto Alekseiev, invocando il rispetto della risoluzione Onu 1244. L'ambasciatore ha inoltre sottolineato che la diplomazia russa ha esposto in modo chiaro questa intenzione al premier del governo separatista kosovaro, Agim Ceku, recatosi di recente in visita a Mosca per perorare la causa dell'indipendenza: pretesa senza alternative dalla leadership della magggioranza albanese della regione e respinta invece finora come inaccettabile mutilazione di un territorio che la Serbia considera culla secolare della propria fede e civilta' dal governo di Belgrado. Alekseiev non ha lesinato infine critiche al mediatore Onu, l'ex presidente finlandese Martti Ahtisaari, malvisto dai negoziatori serbi, il quale ha dichiarato di recente di ritenere irrealistica una soluzione avallata da entrambe le parti. I governi degli Usa e di diversi Paesi europei ritengono ormai inevitabile una qualche forma di riconoscimento dell' indipendenza del Kosovo - posto sotto tutela internazionale fin dal 1999, dopo i bombardamenti della Nato e l'allontanamento dalla provincia delle forze di repressione dell'allora regime serbo jugoslavo di Slobodan Milosevic -, anche contro il volere di Belgrado. La Russia difende invece ufficialmente i suoi tradizionali alleati serbi - slavi e ortodossi -, ma taluni osservatori non escludono che possa alla fine giovarsi di un via libera occidentale alla secessione di Pristina per forzare a sua volta la mano su situazioni analoghe di province indipendentiste filo-russe di Paesi ex sovietici come Georgia, Moldavia o Ucraina. (ANSA). LR
04/12/2006 19:08 

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http://www.interfax.ru/e/B/politics/28.html?id_issue=11641985

Interfax - December 5, 2006

Moscow opposes sanctions against any party to Kosovo settlement - Lavrov

BRUSSELS - Russia considers possible imposition of UN
Security Council sanctions on any party to the Kosovo
settlement as counterproductive, Russian Foreign
Minister Sergei Lavrov said. 
"I cannot see how the UN Security Council could take
any steps providing for sanctions on any of the
parties," Lavrov said at a meeting with Serbian
Foreign Minister Vuk Draskovic on Tuesday in Brussels.

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KOSOVO: D'ALEMA A MOSCA, TROVARE UN COMPROMESSO CREATIVO

MOSCA - La questione del Kosovo suscita a Mosca ''preoccupazione'': lo ha detto il ministro degli Esteri Massimo D'Alema dopo un incontro nella capitale con il presidente russo Vladimir Putin.
''Pensiamo che si possa lavorare per una soluzione che non umili la Serbia - ha aggiunto D'Alema - e che tenga conto delle aspirazioni albanesi''. Occorre trovare ''un compromesso creativo'' ha concluso il vicepremier.
05/12/2006 16:52 

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http://www.itar-tass.com/eng/level2.html?NewsID=11052360&PageNum=1

Itar-Tass - December 5, 2006

Russia slams UN sanctions on one party to Kosovo conflict

BRUSSELS - Russian Foreign Minister Sergei Lavrov has
described as counter-productive UN Security Council
sanctions against one party to the Kosovo conflict. 
“I see no reason how the UN Security Council can have
anything in common with projects implying sanctions
against one of the parties,” Lavrov said after talks
with his Serbian counterpart Vuk Draskovic. 
“We reaffirmed our position regarding the
implementation of the UN resolution on Kosovo,” Lavrov
said. “This is the basic document we shall rely on in
determining the territory’s status.” 

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http://www.mosnews.com/news/2006/12/05/kosovo.shtml

MosNews - December 5, 2006 

Russia Will Veto Kosovo Solution Unless Acceptable for Both Sides — Envoy

Russia could use its veto power in the U.N. Security
Council to block a solution for Kosovo’s status if
both sides are not in agreement, Russia’s ambassador
to Serbia said Monday, according to a news report.
Russia would veto any solution for the contested
province that is not agreed upon by both Serbia and
the province’s separatist ethnic Albanians, Aleksander
Alexeyev said, according to B92 Radio and Television.
“In case the status solution is not acceptable to both
sides — both Belgrade and Pristina — the Russian side
will use its veto power,” Alekseyev was quoted as
saying.
There was no immediate confirmation of the comments by
the Russian Embassy in Belgrade. Alexeyev spoke in
Russian with a Serbian translation by B92, The
Associated Press reports. 
Kosovo is formally part of Serbia, but its majority
ethnic Albanians overwhelmingly support independence
for the province — the demand that Serbia has vowed
never to accept.
International talks aimed at defining a solution for
Kosovo started early this year under U.N. mediation,
but so far have produced no result because the two
sides remain entrenched in their positions.
The Kosovo issue is believed to be the last potential
flashpoint in the Balkans.
Following lack of progress in the talks, U.N. envoy
Martti Ahtisaari has started working on a proposal for
the province. The draft solution is expected to be
presented to major world powers of the so-called
Contact Group, and the two sides in the talks early
next year.
The future solution also needs approval at the U.N.
Security Council — where Russia has veto power —
before it can take effect.
Serbian officials repeatedly have said they count on
Russia’s veto in the Security Council to prevent
Kosovo independence, but Alexeyev comments to B92 mark
the first time a Russian official confirmed such a
possibility. There was no immediate comment from
Moscow.
Russia in the past has urged both sides to find a
negotiated settlement and warned against one-sided
solutions. Moscow fears that Kosovo independence could
set a precedent for Russian-backed separatist regions
in the former Soviet Union.
Kosovo became an international protectorate in 1999,
after NATO intervened in the province to stop a
Serbian crackdown against ethnic Albanian separatists.
Russia is considered to be a traditional Serbian ally.
Both countries share strong cultural, historic and
religious ties.

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http://www.today.az/news/politics/33544.html

Associated Press - December 5, 2006

Serbian minister accuses West of double standards

Serbian Foreign Minister Vuk Draskovic accused the
international community of applying double standards
in its dealings with Kosovo and urged the Organization
for Security and Cooperation in Europe not to trample
over its own principle of respecting the territorial
integrity of its members.
Draskovic told a meeting of foreign ministers from the
OSCE's 56 member states that Serbia will not accept
independence for Kosovo and complained that all
proposed solutions of the final status of the province
ignore Serbia's interests.
"We are victims of double standards. Serbia is being
considered a unique case. No borders can be changed
except those of Serbia," Draskovic said. 
"This summit should send a clear message that Serbia
is a state like any other state and that its
internationally recognized borders cannot be altered
or renamed against its will."
The two-day conference of the trans-Atlantic security
group focused on Europe's "frozen" conflicts in
ex-Soviet republics and Kosovo, which has been run by
a U.N. administration as an international protectorate
since 1999, after NATO airstrikes ended a crackdown by
Belgrade on separatist ethnic Albanian rebels.
The United Nations has been mediating talks on the
province's future status. A solution has been
postponed until after Jan. 21 parliamentary elections
in Serbia for fears a decision unfavorable to Serbia
could bring radical forces back to power, but
Draskovic said U.S. undersecretary of state Nicholas
Burns told him there would be no more delays.
The meeting also centered on long-running disputes in
ex-Soviet countries — the so-called "frozen" conflicts
in the breakaway Georgian regions of Abkhazia and
South Ossetia, where Russian peacekeepers are accused
by Georgia of siding with the separatists; on the
pro-Russian separatist Trans-Dniester province of
Moldova; and on the disputed Nagorno-Karabakh region
of Azerbaijan.
Russia clashed with the United States and western
European nations over its military involvement on
Georgian and Moldovan territories, refusing to discuss
its commitment to withdraw troops and effectively
ruining chances of a common declaration at the
security conference Tuesday.
The OSCE also assessed Kazakhstan's candidacy for 2009
chairmanship of the trans-Atlantic security group, but
was likely to recommend that the Central Asian country
takes over the rotating annual presidency a year or
two later to have more time to implement democratic
reforms — despite Kazakhstan's refusal to accept a
delay to its bid.
Russian Foreign Minister Sergey Lavrov accused the
OSCE of one-sided efforts to push through what he
called "politicized solutions" to conflicts in former
Soviet republics where the Russians are heavily
involved.
....
Armenia and Azerbaijan are discussing terms of holding
a referendum on the status of the mountainous region
in Azerbaijan that has been under control of Armenian
and ethnic Armenian Karabakh forces since the 1994 end
of a separatist war.
De Gucht said no agreement was possible on the
situation in Georgia at the current conference.
....
The OSCE, a leading international security
organization founded in 1975, is concerned
particularly with conflict prevention, election
observing, crisis management and rehabilitation of
post-conflict areas. 

---

http://www.makfax.com.mk/look/novina/article.tpl?IdLanguage=1&IdPublication=2&NrArticle=46366&NrIssue=211&NrSection=20

MakFax (Macedonia) - December 5, 2006

Ivanov warns of renewed clashes if Belgrade and Pristina fail to agree

Athens - Renewed clashes can break out in the Balkans
if Belgrade and Pristina fail to reach an agreement on
Kosovo's future status, Russian Defense Minister
Sergei Ivanov told the Greek newspaper Elephterotypia.
As regards the Kosovo issue, there are factors that
might cause escalation of clashes on an international
level and the interference of neighboring countries in
such a conflict, Ivanov said.
"This is the reason why Russia pledges for the
continuation of the negotiation process given the
principle that a bad peace is better than a good war,"
he added.
Russian defense minister made it clear that the Kosovo
status issue and the Kosovo border issue could be
solved only through an agreement between Belgrade and
Pristina. 

---

http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2006&mm=12&dd=05&nav_category=92&nav_id=38419

B92, FoNet, Beta (Serbia) - December 5, 2006

Burns surprised by Russian veto announcement 

BELGRADE - Nicholas Burns is surprised by yesterday’s
statement made by Russia’s ambassador to Serbia.
Russian ambassador to Serbia Aleksandar Alekseyev told
B92 that Russia is set to use its veto right at the UN
Security Council should Kosovo status solution fail to
be acceptable for both Belgrade and Priština.
“I cannot believe that a permanent member of the
Security Council is threatening to veto even though we
have not seen Ahtisaari’s proposal yet,” the U.S.
undersecretary of state said. 
Burns said that the Russian ambassador “might have
been misquoted,” and added that he is “very surprised”
to hear “something like that.” 
Such statements “are not constructive”
American ambassador to Serbia, Michael Polt, shared
the State Department’s worry regarding the possibility
of Russia vetoing a final status solution for Kosovo,
adding that such statements are not constructive. 
He said that he has not talked to Alekseyev about the
situation yet. 
“We have to be very careful and see what was really
said, and that is that Russia will use its influence
to react against something that infringes on its
interests. That is a completely natural statement
because Russia takes care of its own interests.” Polt
said. 
“But, as I said earlier, Russia is a very constructive
member of the Contact Group, where we will cooperate
to find a solution for Kosovo which is acceptable for
the citizens of Kosovo and we wish to work together
with Russia to find such a solution.” Polt said. 

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http://www.focus-fen.net/?id=n101070

Focus News Agency (Bulgaria) - December 7, 2006

Russia's Possible Veto Guarantee for Preservation of Kosovo: Sanda Raskovc-Ivic 

Belgrade - The announcement that Russia will veto a
possible decision on Kosovo's independence at the
Security Council is very encouraging President of the
Coordinating Centre for Kosovo-Metohija Sanda
Raskovc-Ivic has said, as quoted by the Serbian Tanjug
agency. 
He has further underscored that this announcement
represents a confirmation that Kosovo will remain an
integral part of Serbia. 

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http://en.rian.ru/world/20061208/56643696.html

Russian Information Agency (Novosti) - December 8, 2006

Kosovo resolution may induce 'chain reaction' - FM official 

MOSCOW - A unilateral and imposed approach to the
solution of the Kosovo issue would almost certainly
result in a chain reaction involving other "frozen
conflicts," a Russian Foreign Ministry official said
Friday. 
Russia has repeatedly said that sovereignty for the
UN-administered Serbian province of Kosovo, which is
sought by the ethnic Albanian majority but opposed by
Belgrade, could have negative consequences for
unresolved conflicts in the former Soviet Union that
erupted in the early 1990s. 
"It is dangerous to ignore the fact that the shape the
future Kosovo resolution takes will set a precedent,"
Alexander Konuzin, the head of the ministry's
department of international organizations, said in an
article for the magazine International Life. 
"Some conflict regions are already trying to
anticipate possible Kosovo resolution variants," he
said. "Russia is not ready to share responsibility for
such a short-sighted policy." 
Russia has peacekeepers stationed in three conflict
zones in the former Soviet Union, two of which are in
Georgia, where the self-proclaimed republics of South
Ossetia and Abkhazia refuse to recognize Tbilisi's
rule, and the other in Moldova, where the unrecognized
Transdnestr republic has sought to break away from the
central authorities. 
Konuzin said that the current Kosovo resolution
process has aroused serious concern. 
"History proves that only a goodwill agreement between
the parties to a conflict following a negotiating
process can guarantee long-term stability," the
official said. 
In late November, thousands of Kosovo Albanians
attacked the United Nations headquarters in the
capital, Pristina, over a delayed decision on their
demand for independence. The region has been a UN
protectorate since NATO's military intervention in
1999. 
The province's final status was to have been
determined this year, but a decision has now been put
off until after a general election in Serbia January 21. 
The diplomat added that collective support was
necessary for the resolution of the conflict. 
Kosovo Prime Minister Agim Ceku, who visited Moscow
with a delegation of Kosovo interim government
officials in late November, reiterated his
determination to continue pressing for the province's
independence and to secure its recognition as a
sovereign state by the UN Security Council and other
international organizations. 

---

http://www.vor.ru/index_eng.phtml?view=news4_eng&id=933

Voice of Russia - December 8, 2006

The Serbian and the Russian view of the future of
Kosovo come close together 

S

(Message over 64 KB, truncated)


(francais / italiano)


From:   tarozzi   
Subject: a Pancevo la guerra continua
Date: November 19, 2006 9:28:32 PM GMT+01:00


A Pancevo la guerra continua.

Pancevo è la citta' vicina a Belgrado il cui petrolchimico, delle dimensioni di quello di Porto Marghera, venne bombardato dalla Nato nel 1999 causando una catastrofe ecologica e sanitaria.
Il petrolchimico ha continuato a funzionare anche dopo il bombardamento in condizioni disastrose perche costituiva una delle poche opportunita di lavoro per la popolazione.
La settimana scorsa, nella notte tra martedi 14 e mercoledi 15 novembre a causa, pare, del cattivo funzionamento dei filtri della raffineria e del petrolchimico, si è avuta a Pancevo una fuga di una sostanza cancerogena come il benzene, con un'intensita pari al 1200 per cento del massimo consentito.
La sirena d'allarme ha cominciato a suonare, come ai tempi della guerra. 
I Pronti Soccorsi degli ospedali erano pieni di bambini in crisi respiratoria.
Il giornale locale (Pancevac) è uscito il giorno seguente con la prima pagina nera. 
Quando il presidente Tadic è accorso, i capi del petrolchimico e della raffineria non si sono fatti trovare. Sembra siano gli stessi che avevano rifiutato di accettare i dati forniti dalla centralina di monitoraggio dell'aria fornita dalla provincia di Ravenna al comune di Pancevo perche 'non ufficiali' e sembra anche che sia stata quella centralina a segnalare la fuga di sostanze tossiche, mentre decine di migliaia di persone accusavano nausea e un fortissimo mal di testa.

alberto tarozzi. 

(Il comunicato Ansa sulla successiva manifestazione dei cittadini di Pancevo a Belgrado, ha circolato su JUGOINFO il 19 novembre u.s.: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/5182 ).

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Serbie : nouvelle catastrophe écologique à Pancevo

Une nouvelle alerte rouge à la pollution a été déclenchée dans la nuit de mardi à mercredi à Pancevo, en Voïvodine, à 30 kilomètres de Belgrade. Les taux de concentration de benzène et de souffre dans l’air ont explosé toutes les normes tolérées. Principale accusée : la raffinerie Petrohemija, contre laquelle une plainte a été déposée. Le Président Tadic veut des sanctions...

Serbie : l’insurrection écolo des citoyens de Pancevo

La ville industrielle de Pancevo, près de Belgrade a été victime d’une très grave pollution au benzène dans la nuit du 14 novembre. Vreme fait le récit détaillé de cette nuit d’horreur et de panique, et de la mobilisation des citoyens, entrés en révolte écologique contre des pollueurs qui ont toujours nié leurs responsabilités. La défense de l’environnement parviendra-t-il à s’imposer comme une question politique majeure dans la campagne électorale serbe ?...


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Pancevo, novembre velenoso

27.11.2006   


Pancevo è notoriamente una delle città più inquinate della Serbia, ma mai era stata vittima di una concentrazione di benzene così alta e così allarmante come quella accaduta il 14 novembre scorso. La paura e le vicende di quella notte nella cronaca di un giornalista di "Vreme". Nostra traduzione

Di Slobodan Bubnjevic, Vreme, 23 novembre 2006 (tit. orig. Pančevo, otrovni novembar) 

Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak 

La prima sirena durata venti secondi viene fatta suonare a Pancevo alle 23 e 39 minuti di martedì 14 novembre. Seguono quindici secondi di silenzio. Per le vie di Pancevo completamente deserte c’è una nebbia fitta innaturale e un pesante e irritante odore che lascia la bocca secca e provoca nausea. Seconda sirena di venti secondi. Abituati alle intossicazioni notturne e agli odori dovuti all’aumento di immissioni, i cittadini sono sorpresi dal suono delle sirene di allarme, si alzano dai letti e dalle poltrone, domandandosi cosa stia succedendo. Di nuovo ci sono quindici secondi di silenzio. I bombardamenti? Una grande avaria? Attraverso le finestre sbarrate si vedono soltanto le strisce dei gas tossici, e attraverso le fessure delle fredde intelaiature delle finestre filtrano le tracce di un odore pesante. Il terzo e ultimo tono ululante dura venti secondi. 

Il segnale di pericolo di radiazione-biologica-chimica (RBC) viene trasmesso per una durata di venti secondi. In questo modo per la prima volta nella storia della città più contaminata della Serbia, è stato dato l’allarme RBC. Sui media nazionali la situazione è ordinaria, e alla televisione locale si scusano per l’interruzione del programma. Poi, sugli schermi appare il sindaco di Pancevo Srdjan Mikovic che spiega che la concentrazione di benzene in città è aumentata in misura tale che ha portato allo straordinario inquinamento atmosferico di I grado. 

Nonostante ciò alcuni cittadini escono di casa, attraversando il gas tossico per andare verso il Municipio, l’unica casa di Pancevo aperta quella notte. Il Consiglio comunale, alla presenza dei giornalisti, durante una seduta notturna richiesta urgentemente, con la maggioranza dei voti, prende la decisione di applicare il Regolamento sull’inquinamento straordinario, che per due anni era rimasto nei cassetti del comune. E tutto con la speranza che ciò possa fermare il pesante inquinamento notturno. 

E con le sirene inizia il dramma. Di ora in ora durante la notte cresce la paura, insieme ad un aumento, mai visto prima, di concentrazione di benzene che raggiunge il valore di inquinamento di secondo grado. Con questo inizia anche la serie di azioni civili con le quali i cittadini di Pancevo nei giorni successivi hanno cercato di attirare l’attenzione degli organi competenti sui loro annosi problemi a proposito della Zona industriale sud. L’incidente diventa una questione politica tossica, imponendosi anche come tema della campagna elettorale. 

La sera 

L’intossicazione di benzene è iniziata un po’ prima. Lungo il Tamis, a sud di Pancevo, dietro il quartiere Vojlovice e verso il villaggio di Starcevo, si distendono i complessi della fabbrica Azotara, del Petrolchimico NIP e della Raffineria petrolifera di Pancevo. Oltre alla grande industria petrolifera che emette di tutto nell’atmosfera, ma che insieme a ciò contribuisce al 25 percento del budget nazionale, a Pancevo esiste anche il monitoraggio comunale mediante tre stazioni di misurazione che lo Stato non riconosce, ma che l’amministrazione locale usa per informare i cittadini del livello d’inquinamento. Il sistema di monitoraggio rileva le immissioni, cioè i gas che si trovano sopra la città per i quali si crede in modo giustificato che siano giunti da una delle centinaia di fonti di emissione della Zona sud, ma siccome nelle fabbriche nessuno misura l’emissione, ci sono anche altre teorie sull’origine dei gas, sia meteorologiche che dovute al traffico. 

Nonostante le circostanze atmosferiche siano un fattore importante per la diffusione delle sostanze tossiche, i ripetuti riferimenti alle sfavorevoli condizioni meteorologiche fatti nell’arco degli anni passati, ai quali la direzione delle fabbriche ricorre per molte avarie accadute fino ad ora, solitamente porta i cittadini di Pancevo alla rabbia. La pallottola non uccide perché ha avuto l’occasione di uscire dalla canna del fucile, ma perché qualcuno prima aveva premuto il grilletto. Ma prima che accadesse qualsiasi cosa, per giorni a Pancevo c’erano davvero delle condizioni meteorologiche sfavorevoli. Il martedì sera la pressione era alta, circa 1011 millibar, e il vento andava ad una velocità di soli due metri al secondo, per poi cambiare ad un certo punto di direzione e passare da quello di ovest a quello di sud e sud est, portando piano verso la città tutto quello che nella Zona sud stava accadendo. 

Le stazioni automatiche del sistema di monitoraggio hanno iniziato a segnare un aumento della concentrazione di benzene. Fra le ore 18 e le 19, la concentrazione ha superato il valore di cinque microgrammi per metro cubo, il valore limite delle immissioni su base annua secondo gli standard europei. Il benzene ha iniziato ad aumentare, e già un’ora dopo segnava più di dieci μg/m3, il valore limite che il Governo della Repubblica della Serbia ha stabilito per la città di Pancevo. Verso le ore 20 nella stazione di misurazione della Caserma dei Pompieri viene rilevata una concentrazione di benzene di 40 μg/m3, e alla stazione di Vojvolica 29,9 μg/m3. Insieme all’aumento della concentrazione di benzene, che si avvicinava al limite d’inquinamento occasionale di I grado di 80 μg/m3, in città aumentava l’odore sgradevole e i cittadini per abitudine controllavano le finestre e chiamavano il numero 985 del Servizio per le segnalazioni e gli allarmi. 

La notte 

Nel Comune le attività straordinarie sono iniziate dopo una valanga di chiamate da parte dei cittadini. Le fabbriche non sono sotto la competenza del Comune, non possono entrarvi gli ispettori comunali. Per ciò, Jelena Stankovic, ispettore per la Protezione ambientale della repubblica, con sede a Pancevo, viene informata delle lamentele e della situazione delle immissioni. La Stankovic si dirige nella Zona sud per controllare cosa stesse facendo in quel momento ciascuna fabbrica. Per strada, ha una conversazione telefonica con il direttore della Raffineria Nikola Garic, dopo di che si stringe il cerchio dei sospettati e decide di visitare solo il reparto del Petrolchimico. Nel frattempo, il sindaco Srdjan Mikovic va in Comune e mediante consultazioni telefoniche con i consiglieri tiene una seduta straordinaria del Consiglio comunale, dopodiché convoca anche i giornalisti. Alle 21, la stazione di misurazione nella Caserma dei pompieri segna un’incredibile concentrazione di 107 μg/m3. 

Al secondo piano, nella sala con il tavolo ovale e i fiori finti, inizia la seduta notturna del Consiglio. Preoccupati e confusi, i consiglieri in giacca e in tuta ginnica misurano le parole davanti ai giornalisti presenti, discutendo se il segnale acustico di pericolo chimico possa suscitare il panico fra la popolazione. Si sentono anche le accuse che tutto ciò andava risolto anzitempo. Durante la seduta, arriva il nuovo rapporto del monitoraggio comunale, il dibattito è all’apice, e l’ispettore di turno gira intorno al tavolo ovale per dare un foglio al sindaco Mikovic, che pensieroso siede a capo tavola. La conversazione viene interrotta, tutti guardano verso il sindaco. “Aumenta”, dice con voce rauca Mikovic, guardando la tabella. Alla stazione di misurazione della Caserma dei pompieri alla ore 22 è stata misurata la concentrazione di 118 μg/m3. 

Dopo questo dato, non c’è più nulla da discutere, con la maggioranza dei voti viene presa la decisione di dare l’allarme RBC. Mikovic va alla televisione locale, mentre la seduta del Consiglio prosegue. In Comune vengono chiamati i direttori del Petrolchimico e della Raffineria, le fabbriche coi reparti da cui possono provenire le emissioni di benzene. Dopo l’allarme acustico, in Comune arrivano anche molti cittadini, e al ritorno dal sopralluogo l’ispettrice Jelena Stankovic, continua la seduta del Consiglio. Oltre ai consiglieri, i giornalisti e l’ispettrice, alla seconda seduta sono presenti anche il direttore generale della Raffineria Nikola Garic e alcuni rappresentanti del Petrolchimico, ma manca il direttore generale Sinisa Borovic, probabilmente occupato con qualcosa che secondo lui era più importante della concentrazione record di benzene. 

Il direttore della Raffineria in modo sommesso dice che la situazione nella sua fabbrica è ordinaria, mentre i rappresentanti del Petrolchimico discutono con i consiglieri sull’incidenza del traffico e dell’inquinamento aereo. Uno dei consiglieri chiede di che traffico stanno mai parlando dal momento che la città in quel momento è orrendamente deserta. Alla richiesta del sindaco Mikovic, l’ispettrice della repubblica informa i presenti di aver visitato il Petrolchimico e di aver trovato gli operai all’opera, mentre accendevano il reparto che secondo una sua risoluzione non dovrebbe funzionare durante le condizioni meteorologiche sfavorevoli. I rappresentanti del Petrolchimico dicono di aver spento il reparto secondo l’ordine dell’ispettrice, ma che comunque ciò non può influenzare sulla concentrazione di benzene. Uno dei capi presenti tiene una lezione di chimica spiegando che i solfuri passano attraverso il reattore. Viene interrotto dal sindaco Mikovic, il quale constata che mentre ci si dilunga in una discussione inutile il benzene continua a crescere, inquinando l’intera città. Arriva un nuovo rapporto, la concentrazione alle ore 23 alla stazione di misurazione della Caserma dei pompieri è arrivata a 125 μg/m3. 

“Gente, chi interromperà l’intossicazione di 130.000 cittadini?”, a un certo punto Mikovic alza la voce, ma i rappresentanti delle fabbriche non gli rispondono. “Riuscite a scoprire da dove arriva il veleno?”, chiede il sindaco all’ispettrice Stankovic. Lei risponde negativamente. L’informazione che durante la notte non sono stati misurati i valori delle emissioni nelle fabbriche, suscita l’ilarità della sala, ma nessuno ride davanti al fatto che l’unico laboratorio mobile eco tossicologico della repubblica si trova a Leskovac e non potrà essere a Pancevo prima dell’alba. “Potete fermare tutti i reparti?”, chiede Mikovic, ma alla sua domanda nessuno cerca di dare la benché minima risposta. I direttori ritornano al traffico, agli investimenti e ai solfuri nei reattori. Impotente e arrabbiato, il sindaco Mikovic abbandona la sala. La seduta viene di nuovo temporaneamente interrotta. 

Dopo mezzanotte 

La concentrazione di benzene continua a crescere. Nei corridoi del Municipio i consiglieri discutono in modo non ufficiale se sia di loro competenza ordinare l’evacuazione della città, dal momento che l’industria in modo arrogante si rifiuta di fermare inquinamento. Nel frattempo, i direttori in quegli stessi corridoi continuano a fare telefonate. I giornalisti discutono sugli effetti che può provocare una tale quantità di benzene nell’aria. L’odore sgradevole è completamente penetrato anche nel palazzo, l’aria è diventata pesante, il benzene fluttua nei corridoi, fra chi rifiuta ogni responsabilità e chi chiede il diritto alla vita. Nella hall ci sono una cinquantina di cittadini che si domandano cosa accadrà entro la fine della notte. La gente è mogia, rossa in viso, per la stanchezza e l’ingiustizia, per la preoccupazione per le famiglie che quella notte non stanno dormendo, per l’aria che non si riesce a respirare. 

All’improvviso, arriva la notizia che a Pancevo sta arrivando il presidente della Repubblica Boris Tadic. Con lui anche Bojan Pajtic, il presidente del Consiglio esecutivo della Vojvodina. Messo di fronte alla situazione senza uscita dell’intossicazione di un’intera città, il sindaco Srdjan Mikovic, in accordo con i consiglieri di altri partiti, ha deciso, come membro del Partito democratico, di sfruttare tutti i suoi canali di partito e in piena notte di chiamare in aiuto il presidente della Repubblica in persona. La mossa di un uomo disperato che rovescerà la situazione. 

E’ quasi l’una di notte, ma nel palazzo del Comune lentamente giungono le componenti della logistica presidenziale, il cerimoniale degli esperti, i poliziotti e le guardie del corpo, e anche i giornalisti di tutte le redazioni belgradesi. Si sente già circolare la tesi che tutto ciò sarà il tema degli editoriali e dei forum internet - che il presidente non vede l’ora di inghiottire tutto quel benzene per ottenere punti nella corsa elettorale. Ad ogni modo, si è dimostrato che l’urgente chiamata notturna del sindaco è stata rivolta all’indirizzo giusto e che è andata a vantaggio dei cittadini di Pancevo, almeno per quella notte. 

Quando Boris Tadic e Bojan Pajtic sono arrivati, la seduta del Consiglio con l’ispettrice era in corso, ma presto arriva un nuovo rapporto del sistema di monitoraggio, secondo il quale la concentrazione di benzene si è dimezzata all’improvviso, da 125 a 67 μg/m3. Cosa ha fatto scendere il livello di benzene in modo così improvviso? Forse c’entrano qualcosa le condizioni meteorologiche, ma forse con tutto questo c’entrano pure le innumerevoli chiamate telefoniche intercorse fra l’annuncio e l’arrivo del presidente Tadic. In ogni caso, tutti all’improvviso hanno un sollievo, il pericolo è passato. 

“Le perdite maggiori riguardano la salute delle persone”, ha detto il presidente Tadic. “Non si può giocare con queste cose. Non è lecita alcuna arroganza nei confronti dei cittadini”, ha sottolineato il presidente e poi ha interrogato a lungo i direttori presenti e l’ispettrice della repubblica su cosa si potrebbe fare per evitare simili incidenti. Si è parlato di come sistemare le vecchie tecnologie e di come misurare le emissioni nelle stesse fabbriche , ma nessuno ha più nominato le condizioni meteorologiche e il traffico pesante. In seguito nel Comune di Pancevo è giunto anche il segretario di Stato Dragan Povrenovic, come rappresentante del Governo della Serbia. 

Il benzene ha continuato a diminuire. Alle 2.24 viene dato il segnale acustico di cessato pericolo. Il presidente Tadic ha passato un’ora intera a parlare con i cittadini nella hall del comune. “Vedete che sto parlando con la gente”, ha detto al sindaco Mikovic, mentre cercava di spiegare ad un cittadino di Pancevo il perché fosse impossibile mettere un’intera Zona sud sotto un “bottone rosso” con il quale si spegnerebbe l’industria ogni volta che si verifica l’intossicazione. 

La mattina 

Il giorno seguente, mercoledì 15 novembre, alle 12 si è tenuta una seduta straordinaria del Consiglio comunale, dove si è concluso che un “ulteriore inquinamento ambientale di Pancevo non può essere permesso”. Durante la seduta, durata diverse ore, erano presenti anche i cittadini, e fra di loro c’erano anche gli studenti che si erano radunati davanti al palazzo. 

Ciò che è accaduto dopo si sa - gli avvenimenti di Pancevo si sono trovati sulle prima pagine dei media. I dirigenti del Petrolchimico e della Raffineria sono stati interrogati dalla polizia. Sono arrivate le dichiarazioni dal ministero della Scienza e della Protezione ambientale, il sindaco Mikovic sui media nazionali ha messo in mostra tutta la rocaggine di Pancevo , e il direttore generale del Petrolchimico Sinisa Borovic ha rifiutato di rispondere ai giornalisti chiedendo “cosa volessero da lui”. 

Intorno alle ore 20 di mercoledì, la concentrazione di benzene era di nuovo alta, nella Caserma dei pompieri vengono registrati 49 μg/m3. Davanti al comune si sono radunati circa un centinaio di cittadini che discutono delle possibili soluzioni. “Dobbiamo caricare 30 camion di rifiuti comunali e portarli davanti al Governo della Serbia”, ha proposto uno di loro. 

Il giovedì, la concentrazione giornaliera media di benzene era di circa 18 μg/m3. I membri del Comitato amministrativo del Petrolchimico che provengono dagli organi dell’amministrazione locale hanno dato le dimissioni. Anche il direttore generale del Petrolchimico Sinisa Borovic ha dato le dimissioni, come se all’improvviso avesse capito cosa volessero da lui. Ma, come accade, il Comitato amministrativo del Petrolchimico ha rifiutato le sue dimissioni costatando la necessità di doversi consultare con il governo della repubblica. 

“Pancevac”, il quotidiano locale, è uscito con una prima pagina completamente nera e con l’invito ai cittadini di unirsi alle proteste programmate per venerdì. Gli attivisti con le maschere antigas hanno distribuito in tutta la città i volantini, sui negozi si poteva vedere il manifesto nero “Chiuso per inquinamento”, e in tutta la città hanno affisso delle locandine con scritto “Tu devi”, un invito per prendere parte all’azione. Più di settanta bambini sono andati dal medico per problemi agli organi respiratori, ed è stata data anche l’informazione che più di 1.000 bambini di Pancevo in età prescolastica soffre di bronchite ostruttiva. 

Vita, aria 

Il venerdì, intorno alle dieci, i cittadini hanno iniziato a confluire davanti al palazzo del quotidiano locale. Un grande numero di autobus era parcheggiato in Piazza della libertà, pronti a ricevere i dimostranti, e in testa c’era il furgone del giornale “Pancevac” con la bandiera della città. Il sindaco Mikovic e i funzionari comunali erano in cima alla colonna, insieme ai giornalisti locali. Dall’altra parte della città, anche i tassisti si preparavano al viaggio verso Belgrado. 

Mentre a Pancevo l’inquinamento medio giornaliero di benzene era di circa 16,5 μg/m3, la colonna ha iniziato a dirigersi verso Belgrado per protestare davanti al palazzo del Governo della Serbia. Intorno alle ore 12, davanti al Governo sono giunti circa 3.000 cittadini con le maschere antigas, con le bandiere e vari striscioni, come “Il cancro bussa alla porta”, le lastre radiologiche dei polmoni e lo stemma della città di Pancevo. I cittadini hanno portato una croce con la scritta “Pancevo” e l’hanno lasciata davanti al Governo. Si udivano i fischietti, le trombe e qualche volta la raccapricciante frase “Vita, aria”. 

Per la maggior parte dei partecipanti, la protesta ha mostrato che i cittadini di Pancevo davanti al Governo non hanno ricevuto quello per cui erano venuti a Belgrado. Né l’aria né la vita. Perciò il giorno seguente, sabato, con una concentrazione media di benzene di nove μg/m3, è stata organizzata un’altra protesta, ma questa volta a Pancevo. I cittadini hanno bloccato per un’ora la strada verso le fabbriche della Zona sud e hanno portato una cassa da morto fino al Petrolchimico. Alla fine di queste barricate, i cittadini sono andati via, e gli organizzatori hanno annunciato di avere l’intenzione di tenere bloccata la strada verso la Zona sud per più giorni, con lo scopo di “fermare la consegna dei derivati”, per far sentire le conseguenze delle proteste di Pancevo in tutto il paese. 

La rivolta ecologica di novembre a Pancevo è iniziata. Essa minaccia di trasformarsi nelle prossime settimane in una “lotta per la vita”, nella quale, come è stato annunciato, i cittadini di Pancevo non sceglieranno i mezzi, ma in che modo la cosa andrà avanti. Nonostante la momentanea unione, le vecchie tensioni politiche che esistono nella stessa Pancevo potrebbero impedire le ulteriori attività. Ma se i blocchi riusciranno a durare, Pancevo facilmente potrebbe diventare non solo un problema ecologico permanente ma anche uno scomodo problema politico per tutta la Serbia. 



"TERRORE ROSSO"

Riportiamo, senza bisogno di alcun commento, l'articolo dell'agenzia
di regime italiana ANSA sull'ondata revanscista in atto nella "nuova
Serbia democratica" del dopo-Milosevic.
Si tratta di una riscrittura della storia di segno monarchico,
nazionalista-cetnico e fascista-collaborazionista, oggi in auge in
Serbia analogamente a quanto avviene in tutti i Balcani ed in tutti i
paesi dell'Europa "liberati" dal socialismo e dal comunismo (Italia
compresa: si pensi ai libri di Pansa o alla propaganda
neoirredentista sulle "foibe").
Riportiamo questo articolo come esempio emblematico di "giornalismo"
da Guerra Fredda fuori tempo massimo, con il suo carico di faziosità
anticomunista, omertà mafiosa sulla condizione della Jugoslavia
occupata dalle truppe di Mussolini ed Hitler, retorica grand-
guignolesca, e squisite menzogne secondo la lezione della propaganda
di guerra antijugoslava: quella propaganda che, dopo avere
accompagnato lo squartamento della RFSJ negli anni Novanta, continua
ancora oggi, violentissima, grazie allo zelante contributo di
professionisti del genere come Alessandro Logroscino. (AM)


SERBIA: DOPO 60 ANNI RIABILITATE VITTIME TERRORE ROSSO /ANSA

(di Alessandro Logroscino) (ANSA) - BELGRADO, 27 NOV - Si dischiudono
dopo 60 anni, in clamoroso ritardo persino rispetto alla
destalinizzazione sovietica, le porte della riabilitazione legale per
le prime vittime del terrore rosso jugoslavo in Serbia: scatenato
nella fase iniziale del regime di Tito, all'indomani della presa del
potere a Belgrado. Rese possibili da una legge varata appena 7 mesi
fa, le sentenze destinate a restituire onore postumo ad alcune delle
migliaia e migliaia di persone che caddero nella rete delle
repressioni politiche hanno cominciato a essere formalizzate in
questi giorni. In un clima di nuovi interessi storici, profonda
rivisitazione del passato - e talora di uso strumentale delle vicende
d'allora - che rompe comunque con decenni di censura. A richiamare
l'attenzione dei media contribuisce anche un anniversario che ricorre
proprio oggi: quello legato alla pubblicazione, il 27 novembre 1944,
della lista delle prime 105 persone giustiziate sommariamente dalle
forze partigiane titine subito dopo il loro ingresso a Belgrado. Una
decimazione di gruppo che coinvolse simpatizzanti veri o presunti
della resistenza nazional-monarchica serba dei cetnici (rivale negli
anni precedenti di quella comunista), ma pure intellettuali sgraditi,
figure genericamente sospette, bersagli di classe o vittime di
espropri, saccheggi e vendette pure e semplici. Un'avanguardia di
quella che sarebbe diventata nell'arco di un decennio una schiera di
morti dimenticati: liquidati a carrettate e sotterrate perlopiu' in
fosse comuni negli anni dell'ascesa e del consolidamento del potere
di Josip Broz, detto Tito. Quelli del rigore ideologico e della
spietatezza di regime, ancora lontani dalla rottura definitiva con
Stalin e dalla svolta che avrebbe fatto del maresciallo di Belgrado
l'icona di una sorta di socialismo dal volto umano. O quasi. In
totale, fra il 1944 e l'inizio degli anni '50, la mannaia del
bolscevismo in salsa jugoslava ''chiuse gli occhi per sempre a 65.000
persone nella sola Serbia'', spiega all'Ansa il professor Srdjan
Cvetkovic, docente di storia contemporanea all'Universita' di
Belgrado e autore di un libro fresco di stampa, 'Tra falce e
martello', dedicato alle repressioni di quell'epoca. ''Nello stesso
periodo altri 200.000 serbi finirono nei gulag di Tito'', aggiunge
Cvetkovic, ricordando poi tra gli episodi piu' sanguinosi quello
dell'eccidio di Dedinje: quartiere borghese per antonomasia di
Belgrado - divenuto nei decenni successivi rifugio di lusso della
nomenklatura comunista - dove in un sol giorno la polizia politica
catturo', condanno' sbrigativamente e stermino' piu' di 900 persone.
''Elementi ostili'', secondo il linguaggio rivoluzionario, ai quali
e' stato negato a lungo pure il diritto alla memoria. In una cappa di
silenzio mantenuta saldamente in vigore ancora nella stagione
dell'ultimo despota jugosocialista di Belgrado: quello Slobodan
Milosevic capace negli anni '90 di servirsi del nazionalismo serbo e
di sobillarne anche i lati piu' oscuri, ma senza mai mettere in
discussione i dogmi della vulgata storiografica rossa ne' i miti di
una nomenklatura da cui egli stesso pretendeva di trarre
legittimazione. A cambiare le cose e' intervenuta ora la legge del 25
aprile 2006, approvata dall'attuale parlamento serbo su impulso del
governo del premier Vojislav Kostunica, un nazional-moderato che non
nasconde le sue simpatie per le tradizioni della Serbia monarchica e
ortodossa. E con il consenso di quasi tutte le maggiori forze
politiche odierne, favorevoli - sia pure con accenti diversi - a un
atteggiamento di revisionismo storico. Ecco dunque le prime richieste
di riabilitazione, avanzate in questi mesi dai discendenti di 250
vittime del terrore di 60 anni or sono per cancellare il marchio
d'infamia lasciato in eredita' dai carnefici. Richieste che la corte
distrettuale incaricata di occuparsene ha cominciato a esaminare. Le
prime tre sentenze d'assoluzione post mortem sono arrivate questa
settimana. Tra i beneficiari c'e' Momcilo Nincic, bollato come
traditore per essere stato ministro degli esteri nel governo
monarchico in esilio a Londra durante l'occupazione nazi-fascista
della Jugoslavia. E Miljko Petrovic, un piccolo industriale del legno
di Cacak (Serbia centrale), internato come nemico di classe. Ma c'e'
anche una 'brava comunista', Kosovka Milosevic (niente a che vedere
con Slobo), gia' tenente dell'armata popolare partigiana, finita al
muro solo per aver denunciato nei primi anni '50 il malcontento
generale della popolazione della provincia del Kosovo, inquieta fin
d'allora. Olga Nincic, figlia novantenne di Momcilo, ha accolto
l'evento come ''la riparazione di un'ingiustizia''. E, per quanto
vedova di un convinto militante titino, si e' detta ''felice d'essere
sopravvissuta sino a questo giorno''. Altri, viceversa, attendono
ancora. Come Milica Veselinovic, figlia di Mihajlo Veselinovic, noto
industriale belgradese d'anteguerra ucciso a Dedinje. L'unica
consolazione - dice all'Ansa - e' d'aver potuto dare di recente ''una
sepoltura degna'' al genitore: dopo averne riesumato la salma dal
luogo in cui era stata celata, grazie alle confidenze ricevute 30
anni fa da un ex prigioniero di guerra italiano - ''della provincia
di Napoli'' - costretto a suo tempo dai boia a fare da becchino. Un
''benefattore'' mai identificato che la signora Milica spera ora di
poter ritrovare. Insieme con la redenzione giudiziaria del padre.
(ANSA). LR
27/11/2006 17:41

http://www.ansa.it/balcani/serbiamontenegro/20061127174134124114.html

(francais / italiano)

1) Ritorno sul luogo del delitto

2) Il delitto rimane impunito

Sui crimini commessi nel corso dei bombardamenti del 1999 si veda anche:

Sulle inchieste ed i procedimenti penali per quei crimini (tutti insabbiati):

In particolare, sul caso dell'assassinio di 16 lavoratori della RTS:

Sulle responsabilità specifiche di Massimo D'Alema, anche dal punto di vista della copertura "ideologica" in favore della aggressione contro la RF di Jugoslavia:


=== 1: Ritorno sul luogo del delitto ===

D'ALEMA A BELGRADO

(ANSA) - BELGRADO, 4 DIC - Il ministro degli Esteri Massimo D'Alema e' giunto stamani a Belgrado per una visita di alcune ore nel corso della quale incontrera' le massime autorita' serbe. Il titolare della Farnesina avra' colloqui con il presidente Boris Tadic, il primo ministro Vojislav Kostunica e col ministro degli Esteri Vuk Draskovic. Inoltre D'Alema inaugurera' Palazzo Italia, nuova sede dell' Istituto italiano di cultura. Nel pomeriggio il ministro degli Esteri proseguira' per Mosca. (ANSA). PST/FV
04/12/2006 09:53

D'ALEMA A BELGRADO, DA AMICO DOPO TRAGICO CONFLITTO DEL 1999

(ANSA) - BELGRADO, 4 dic - Una visita a Belgrado nel segno dell'''amicizia'' dopo il ''tragico conflitto'' del 1999 e quel momento ''molto doloroso'' che Massimo D'Alema visse da presidente del Consiglio. La visita di stamani nella capitale serba del ministro degli esteri non poteva non passare anche da un ricordo di quei giorni in cui la Nato intervenne contro la Serbia. ''Ho voluto ricordare perche' e' sempre giusto dire tutto'', ha confessato D'Alema al termine della visita a Belgrado, prima di ripartire per Mosca. ''Per me e' stato particolarmente emozionante essere qui - ha aggiunto - ormai dopo lunghi anni da quel tragico conflitto che fu un momento molto doloroso''. Il capo della diplomazia italiana ha sottolineato che la visita di oggi si e' svolta ''nel segno dell'amicizia e del sostegno dell'Italia a questo paese che si e' rimesso in cammino, ad una democrazia che si sta costruendo e ad un popolo che aspira a ricoprire un ruolo importante nel futuro dell'Europa''.(ANSA). PST
04/12/2006 14:02 

KOSOVO: D'ALEMA, NON UMILIARE SERBIA, RISPETTARE KOSOVARI

(ANSA) - BELGRADO, 4 dic - Una soluzione di ''compromesso'' sul Kosovo si potra' trovare, ma e' importante cercare una ''soluzione rispettosa delle aspettative della maggioranza dei cittadini kosovari, che non sia una umiliazione per la Serbia e che dia garanzie precise per le minoranze del Kosovo''. E' questa la formula possibile, secondo il ministro degli Esteri Massimo D'Alema, per una soluzione alla questione del Kosovo, attesa nei prossimi mesi subito dopo le elezioni in Serbia previste per il 21 gennaio. D'Alema ha incontrato oggi a Belgrado le maggiori autorita' serbe, parlando dei vari aspetti dei rapporti bilaterali. Inevitabilmente, si e' parlato anche del cammino di Belgrado verso le istituzioni europee e internazionali, che l'Italia continua ad appoggiare, e delle prospettive future del Kosovo. ''Il consiglio che do' a tutti e' quello di non scavare trincee o erigere barricate'', ha detto D'Alema convinto che ''una soluzione'' si potra' trovare se non ci saranno ''assurde rigidita' ''. L'Italia, ha confermato il ministro degli Esteri, vuole dare il suo appoggio e il suo contributo all ''ricerca di un compromesso'' che richiedera' comunque, da tutte le parti, ''una certa flessibilita' ''.(ANSA). PST
04/12/2006 14:09 

SERBIA: IL RITORNO DI D'ALEMA, INAUGURATO PALAZZO ITALIA/ANSA

(di Alessandro Logroscino) (ANSA) - BELGRADO, 4 DIC - Un ritorno ''in pace'', nelle vesti di ministro degli esteri e vicepremier di un Paese riconosciuto come ''amico'' dalla Serbia del dopo Milosevic. E' con questa nota, a un tempo politica e personale, che Massimo D'Alema, presidente del Consiglio italiano all'epoca della guerra per il Kosovo e dei bombardamenti Nato del 1999, ha inaugurato oggi nel cuore di Belgrado - con al fianco l'attuale presidente serbo, l'europeista Boris Tadic - l'elegante sede di Palazzo Italia: complesso che riunisce le rappresentanze di aziende ed enti tricolore nel maggiore Paese ex jugoslavo. Ospitato in un edificio storico di fine anni '20, concesso dalle autorita' locali e ristrutturato su iniziativa del governo italiano, Palazzo Italia sorge di fronte ai resti di due spettri del passato: gli scheletri in macerie, mai rimosse, delle sedi della polizia e dello stato maggiore del vecchio regime. E D'Alema non ha evitato di farvi cenno, salutando l'apertura di una istituzione che vuole suggellare un rinnovato cammino di amicizia tra Roma e Belgrado, fatto di offerte di partnership economica, politica e culturale verso un Paese che - seppure in transizione - guarda oggi all'Europa. Ricordando il 1999, D'Alema ne ha parlato pubblicamente come della stagione piu' dura del suo impegno politico. Una stagione di ''divisione tra l'Italia e i Paesi della Nato da una parte e la Serbia dall'altra'', nel quadro di scelte che egli ha rivendicato come atti ''di responsabilita''' e che tuttavia furono ''difficili e dolorosi'' - ha riconosciuto - anche in termini di personale ''esperienza umana''. Qualcosa che e' ormai alle spalle, ma che sulla quale l' ospite italiano non ha voluto glissare, guadagnandosi il plauso dell'uditorio nel momento in cui ha infine sottolineato ''l'importanza di ritrovarsi in un momento di pace, di festa'' e di ''grande speranza nel progresso della Serbia''. Una speranza che Palazzo Italia - inaugurato ufficialmente da D'Alema e Tadic con un mostra (Pueritia) dedicata all'immagine dei fanciulli nella scultura dell'antica Roma - testimonia concretamente. Concentrando in un un luogo rappresentativo realta' economiche e istituzionali impegnate nella promozione dei rapporti commerciali, culturali e di cooperazione con Belgrado. A dimostrazione - ha sottolineato D'Alema - ''dell'amicizia che lega i nostri popoli e i nostri Paesi''. Sullo sfondo vi e' una dimensione di partnership che Tadic ha definito ''strategica'', elogiando ''il ruolo positivo'' dell'Italia a favore delle ambizioni di rilancio e di integrazione euroatlantica del suo Paese. Una partnership nutrita di crescenti relazioni economiche (l'Italia e' oggi il primo interlocutore commerciale europeo occidentale della Serbia), di solidarieta' (secondo Paese donatore dopo gli Usa), come pure ma anche di vicinanza politica. ''L'Italia - ha notato D'Alema - riconosce il ruolo fondamentale esercitato dalla Serbia in forza della sua storia e della sua cultura'' nei Balcani. Ed e' ''persuasa di dover rafforzare i legami di natura economica e culturali, gia' significativi tra i nostri due Paesi'', poiche' ambisce a favorire ''la pace, la stabilita' e la democrazia'' in questa regione limitrofa, dopo gli anni della violenza. ''Naturalmente spetta al popolo serbo decidere del suo cammino nei rapporti con l'Ue e con la Nato'', ha aggiunto il ministro degli esteri italiano, consapevole di quanto cruciali siano le elezioni politiche anticipate indette per il 21 gennaio prossimo. Ma ''i cittadini serbi - ha ripreso - devono sapere che se sceglieranno un cammino di dialogo troveranno nell'Italia un sicuro compagno di strada'': come gia' dimostrato dall'impegno profuso da Roma per la recente inclusione di Belgrado nei programmi Nato di partnership for peace e dalla proposta di ripresa dei negoziati di associazione e stabilizzazione con l'Ue, interrotti nel mesi scorsi a causa della mancata consegna alla giustizia internazionale degli ultimi ricercati per crimini di guerra dell'era Milosevic. Una promessa che la mostra inaugurale di Palazzo Italia suggella, presentando ai visitatori esempi di quelle che D'Alema ha definito ''radici culturali comuni''. In una suggestione di richiami al passato, ma anche a immagini dell'infanzia che - ha concluso il ministro degli esteri - simboleggiano il futuro e rappresentano dunque ''un messaggio di speranza''. (ANSA). LR
04/12/2006 16:02 

ITALIA 'RISTRUTTURA' IL DEBITO A SERBIA E MONTENEGRO

BELGRADO - L'Italia ha cancellato meta' del vecchio debito jugoslavo ereditato nei suoi confronti dalla Serbia e dal piccolo Montenegro e ha accordato una generosa ristrutturazione a lungo termine sulla meta' rimanente. L'ha suggellato un'intesa ad hoc, per un importo complessivo di circa 200 milioni di euro, formalizzata oggi a Belgrado.
L'Accordo di riduzione e ristrutturazione del debito e' stato firmato nella sede dell'ambasciata d'Italia dal sottosegretario agli Esteri Famiano Crucianelli per conto del governo di Roma, dal ministro delle relazioni economiche internazionali Milan Parivodic a nome della Serbia e dal ministro delle finanze Igor Lukic a nome del Montenegro: ultima repubblica ex jugoslava a essersi resa indipendente da Belgrado nel maggio scorso.
La cerimonia si e' svolta - come ha sottolineato l' ambasciatore Alessandro Merola - a margine dell'odierna visita a Belgrado del vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, ripartito dalla capitale serba verso Mosca qualche ora prima di Crucianelli, dopo incontri di vertice con l'omologo serbo Vuk Draskovic, il premier Vojislav Kostunica e il presidente della repubblica, Boris Tadic.
L'intesa prevede l'abbonamento di crediti commerciali per 96 milioni di euro (il 54% del totale) alla Serbia e la ristrutturazione della restante somma di 79 milioni di qui al 2041. Condizioni analoghe sono applicate al Montenegro per la propria quota del debito contratto a suo tempo dall'allora Repubblica Federale di Jugoslavia.
L'accordo e' stato definito nel quadro di quello multilaterale fissato nel dicembre 2001 in seno al Club di Parigi, in base al quale gli Stati creditori di Belgrado (tra cui l'Italia, che e' inserita al settimo posto per entita' delle somme prestate) si impegnavano a cancellare in totale 3,3 miliardi di dollari di debiti, su 4,5 miliardi complessivi, per favorire le riforme politiche ed economiche intraprese dai governi democratici del dopo-Milosevic.
''Si tratta di un documento dal profondo significato politico - ha spiegato Crucianelli all'Ansa -, che dimostra quanto importanti siano Serbia e Montenegro per l'Italia in una regione vicina come quella dei Balcani e quale amicizia ci leghi a questi Paesi''.
Il sottosegretario ha rilevato come da un punto di vista tecnico l'alleggerimento del debito ''contribuisca alla riduzione dell'indice di rischio'' dei due Paesi, abbattendo ''un elemento negativo per il commercio e gli investimenti''. Ma ha aggiunto che l'intesa odierna si pone sulla falsariga di una piu' vasta strategia dell'attenzione volta a favorire ''i processi di riforma economica e politica''. Una strategia che e' stata fra l'altro testimoniata di recente dall'intesa sulla facilitazione del regime dei visti tra Italia e Serbia, oltre che dall'impegno di Roma per l'inclusione di Serbia e Montenegro nei programmi di partnership for peace della Nato e per l'auspicata ripresa dei negoziati dell'Ue con Belgrado.
Sullo sfondo - ha concluso Crucianelli - c'e' la consapevolezza che ''i Balcani sono una priorita' per l'Italia'' e che la Serbia, in particolare, ''e' parte importante di questa regione''. Una realta' da non isolare.
04/12/2006 18:14 

D'ALEMA A BELGRADO, RITORNO DA AMICO DOPO TRAGEDIA '99 /ANSA

(dell'inviato Stefano Polli) (ANSA) - BELGRADO, 4 dic - ''Ho voluto ricordare, perche' e' sempre giusto dire tutto''. E' la fine di una mattinata veloce e intensa a Belgrado, carica di significati ed emozioni. Massimo D'Alema ha incontrato le massime autorita' serbe parlando della strada di Belgrado verso l' Europa e del futuro. Ma, adesso, per un attimo guarda al passato, all' intervento della Nato contro la Serbia di Slobodan Milosevic nel 1999 che lui visse da presidente del Consiglio di un paese in prima linea. Il ministro degli Esteri parla di un momento per lui ''difficile e doloroso'', che ha segnato il suo impegno politico e anche, confessa, la sua ''esperienza umana''. ''Per me e' particolarmente emozionante - racconta il capo della diplomazia italiana - essere qui, ormai dopo anni da quel tragico conflitto che fu un momento doloroso''. E quello di oggi e' un ritorno nel segno dell' ''amicizia'' e del ''sostegno'' che adesso l' Italia da' in maniera convinta a questo paese che ''si e' rimesso in cammino, ad una democrazia che si sta costruendo, ad un popolo che vuole esercitare un ruolo importante nel futuro dell' Europa''. D'Alema parla di tutto questo dopo una cerimonia simbolica dei rapporti stretti che oggi legano Roma e Belgrado. Il titolare della Farnesina ha partecipato alla cerimonia di ''Palazzo Italia'', un progetto con il quale vengono unificati gli uffici degli enti italiani presenti a Belgrado per creare uno spazio che possa offrire una visione piu' ampia dell' Italia di oggi. Il complesso sorge a qualche centinaio di metri dal vecchio ministero della Difesa serbo, che porta ancora intatti i segni dei bombardamenti della Nato. Ma quella di oggi e' una Serbia diversa e D'Alema lo ripete piu' volte dopo gli incontri avuti con le autorita' serbe: il presidente Boris Tadic, il primo ministro Vojislav Kostunica e il ministro degli Esteri, Vuk Draskovic. Di questa nuova Serbia l' Italia vuole continuare ad essere un partner strategico ed accompagnarla nel cammino dell' integrazione nell' Unione Europea e del sistema di sicurezza della Nato. Per questo l' Italia e' stata tra i paesi che al recente vertice della Nato a Riga ha insistito affinche' la Serbia venisse inclusa nella 'Partnership for peace' e intende chiedere la ripresa dei negoziati per un accordo di associazione e stabilizzazione con l' Unione Europea. Quest' ultima richiesta e' naturalmente subordinata alla collaborazione della Serbia con il Tribunale penale internazionale. La visita di D'Alema capita in un momento decisivo per la costruzione del futuro della nuova Serbia. Il 21 gennaio si terranno elezioni importanti e l' auspicio italiano e' che il risultato incoraggi ancora la prospettiva di un consolidamento democratico e dell' apertura verso l' Unione Europea. Subito dopo le elezioni si attende la presentazione del rapporto dell' Onu sullo status del Kosovo. Su quest' ultimo argomento D'Alema ritiene che alla fine ''una soluzione si potra' trovare'' se non ci saranno ''assurde rigidita' '' dettate da ''fattori simbolici''. I simboli non vanno sottovalutati, spiega il ministro, ma qui si parla di una provincia dove la gente deve e dovra' vivere. Per questo il consiglio rivolto a tutte le parti dal ministro degli Esteri e' quello di ''non scavare trincee o erigere barricate'' e cercare una ''soluzione rispettosa'' delle aspettative della maggioranza dei cittadini kosovari ma che al tempo stesso ''non sia una umiliazione per la Serbia e dia garanzie precise per le minoranze in Kosovo''. Si tratta di una situazione ''molto complessa'', riconosce D'Alema, che richiedera' ''una certa flessibilita' ''. In questa situazione difficile l' Italia vuole dare il suo contributo. ''Saremo partecipi e non spettatori'', assicura D'Alema, ricordando la presenza militare italiana nella regione, nelle file dell' Onu, e il fatto che Roma dal primo gennaio sara' membro non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. D'Alema riparte da Belgrado confortato dalle parole del presidente Tadic, il quale ha riconosciuto che per Belgrado fare i conti con il passato, comprese le atroci vicende dei crimini di guerra, non e' un'imposizione ma una necessita'.(ANSA). PST/ARS
04/12/2006 19:11 

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Notizie Radio Serbia, 4.12.06

Il presidente della Serbia, Boris Tadić e il vicepresidente del Governo italiano, il ministro degli esteri Massimo D’Alema, si sono accordati durante l’incontro a Belgrado che tutte due le parti si adoperano che per il futuro status del Kosovo sia trovata una soluzione compromissoria e tenibile. Tadić ha espresso il ringraziamento del forte appoggio procurato dall’Italia al ricevimento della Serbia nella Partnership per la pace, nonché del costante appoggio procurato nel cornice dell’Unione europea, particolarmente per il continuo delle trattative sulla stabilizzazione ed adesione. Due esponenti hanno constato che la collaborazione economica fra i due paesi è in grande salita e che l’Italia sta diventando il più importante partner del commercio estero della Serbia. Nel contempo, Tadić ha espresso il ringraziamento della decisione dell’Italia di annullare 96 milioni di euro del debito della Serbia nel giro del Club parigino di creditori.

(...)

I ministri degli esteri dell’Italia e della Serbia, Massimo D'Alema e Vuk Drašković, si sono accordati a Belgrado che il ricevimento della Serbia nella Partnership per la pace indubbiamente si rifletterà positivamente sulla stabilità, sicurezza e il progresso economico non soltanto della Serbia ma anche della regione di Balcani occidentali. Come ha comunicato il Ministero degli esteri della Serbia due ministri hanno espresso la convinzione che questo sarà uno stimolo alla Serbia per fare il massimo per rendere possibile il continuo delle trattative con l’Unione europea sull’Accordo della stabilizzazione ed adesione. Drašković, durante il colloquio si è adoperato fortemente per la preservazione dell’integrità territoriale della Serbia, come una condizione fondamentale per il tenibile status futuro del Kosovo, basato sul Documento delle Nazioni Unite, viene sottolineato nel comunicato.

http://www.radioyu.org/


=== 2: Il delitto rimane impunito ===

(francais / italiano)

SERBIA: ATTACCO NATO A TV, CORTE STRASBURGO SU CASO ITALIA

(ANSA) - BRUXELLES, 11 DIC - E' fissata per giovedi' prossimo, 14 dicembre, la seduta della Corte europea dei diritti dell'uomo che si pronuncera' sulla responsabilita' dell'Italia nel 1999 per la morte in Serbia di 16 persone, vittime di un bombardamento della Nato alla radiotelevisione di stato Rts di Belgrado. I parenti delle vittime avevano presentato ricorso a Strasburgo contro 17 Paesi aderenti all'Alleanza atlantica, tra cui l'Italia. Nella denuncia, l'Italia e' accusata di aver violato l'articolo della convenzione dei diritti umani che sancisce il diritto alla vita, ma anche quello relativo ad un equo processo. Secondo i ricorrenti, l'impegno dell'Italia nelle operazioni in Kosovo e' stato ''piu' ampio'' di quello di altri Paesi membri della Nato, visto il sostegno politico e logistico come l'utilizzazione delle basi aeree italiane per velivoli che poi hanno bombardato Belgrado e la Rts. (ANSA). PUC
11/12/2006 18:49

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Envoyé par : "Georges Berghezan" 

Vendredi 15. Décembre 2006  13:35

Plainte contre Rome rejetée

STRASBOURG, (Reuters, 14 décembre) - Les familles de cinq des victimes du bombardement de la radio-télévision serbe par les forces de l'Otan en avril 1999 ont été déboutées jeudi par la Cour européenne des droits de l'homme de leur plainte contre l'Italie.
Les requérants avaient engagé en vain une action en dommages et intérêts devant les tribunaux romains en raison, selon eux, du soutien logistique et politique majeur apporté par l'Italie à l'intervention des forces alliées lors de la guerre du Kosovo.
En 2001, la Cour européenne des droits de l'homme avait déjà rejeté une requête introduite, par d'autres familles des victimes de ce même bombardement, contre les 17 pays européens ayant pris part aux opérations de l'Otan.
Les juges de Strasbourg avaient estimé que les requérants ne relevaient pas de leur juridiction dans la mesure où les faits s'étaient déroulés sur le territoire d'un Etat qui n'était pas membre, à l'époque, du Conseil de l'Europe. 


Commentaire : la Cour européenne prend prétexte de l'exclusion de la Yougoslavie du Conseil de l'Europe pour débouter les victimes yougoslaves de l'OTAN ; pourtant, de nombreux Yougoslaves accusés de crimes de guerre croupissent dans les geoles du Tribunal de La Haye, créé par le Conseil de sécurité de l'ONU, alors que la Yougoslavie avait également été exclue de l'ONU. Logique ?!?
GB


Liste gérée par des membres du Comité de Surveillance OTAN.

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SERBIA: ATTACCO NATO A TV; CORTE, ITALIA NON VIOLATO DIRITTI

(ANSA) - BRUXELLES, 14 DIC - L'Italia non ha violato la Convenzione sui diritti dell'uomo: e' quanto ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che si e' pronunciata su una denuncia presentata dai parenti delle vittime in seguito alla morte in Serbia nel 1999 di 16 persone, vittime di un bombardamento della Nato sulla radiotelevisione di stato Rts di Belgrado. I ricorrenti lamentavano la violazione dell'articolo della convenzione dei diritti umani che sancisce il diritto alla vita, ma anche quello relativo ad un equo processo. L'impegno dell'Italia nelle operazioni in Kosovo, a loro avviso, sarebbe stato ''piu' ampio'' di quello di altri Paesi membri della Nato, visto il sostegno politico e logistico come l'utilizzazione delle basi aeree italiane per velivoli che poi hanno bombardato Belgrado e la Rts. Oggi i giudici di Strasburgo, a maggioranza (dieci contro sette), hanno pero' ritenuto che non ci sia stata alcuna violazione della Convenzione. (ANSA). PUC
14/12/2006 18:45




(francais / italiano)

CHI SCRIVE ARTICOLI CONTRO FIDEL CASTRO DIVENTA RICCO


È il caso ad esempio del pennivendolo Carlos Alberto Montaner, che
vive a Madrid, che ogni settimana vende a 60 redazioni mondiali un
commento anticubano a 100 euro per ogni redazione come minimo (anche
alla italiana La Repubblica), per un totale settimanale di almeno
6.000 euro, cioè almeno 24.000 euro al mese, cioè almeno 50 milioni
di vecchie lire al mese, cioè come minimo mezzo miliardo di vecchie
lire all'anno...

Questo è l'indirizzo della agenzia giornalistica statunitense (di
proprietà della Cia) che distribuisce gli articoli anticubani di
Montaner:

"Firmas Press"
2333 Brickell Ave., Suite H-1
Miami, Florida, Usa FL 33129
Fax: (305) 858-0084
E-mail: fpresscorp@...
URL: www.firmaspress.com


Fonti:
http://www.firmaspress.com/690.htm
http://www.firmaspress.com/nos.htm
http://www.firmaspress.com/665.htm
http://www.firmaspress.com/Cubanos/index.htm


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Médiamensonge par omission

par MICHEL COLLON

Comment nous (dés)informe-t-on ? Je viens d'en faire une expérience
personnelle très concrète.
La semaine passée, je me trouvais à Cuba. Pour son 80ème
anniversaire, Fidel a recu un soutien impressionnant. Plusieurs chefs
d'Etat latinos: Evo Morales, Ortega, Preval, etc. Plus de mille
intellectuels venus du monde entier. Dont le célèbre écrivain Gabriel
Garcia Marquez. Les plus grands chanteurs et musiciens d'Amérique
Latine avaient tenu à participer à un mega-concert (six heures). En
clôture, grand défilé militaire pour le 50ème anniversaire du
débarquement des guérilleros sur l'île et pour marquer le coup face
aux menaces de Bush. Avec plus de trois cent mille habitants de la
capitale et toutes sortes de petits calicots personnels...

Voici les images que la TV cubaine a présentées sur ce défilé :
1. Discours de Raul Castro
2. Morales, Ortega, Preval etc...
3. Garcia Marquez et nombreux intellectuels étrangers
4. Chars
5. Soldats
6. 300.000 habitants de La Havane.

Le soir même, voici ce qu'a montré la chaîne francophone TV5 Monde :
1. Discours de Raul Castro
2. Chars
3. Soldats.

Eliminés ? 1. Le soutien des autres dirigeants latinos. 2. Celui des
intellectuels. 3. La population civile.
Que vise une présentation aussi tronquée ? A imposer l'image d'un
régime isolé et militariste. Donc dangereux. Ca s'appelle manipuler
l'opinion. Ca s'appelle propagande de guerre. Bush a dû adorer.

Bien souvent, l'important n'est pas ce que les médias montrent mais
ce qu'ils dissimulent. Toujours se demander : «Qu'ont-ils caché ?»


Nombreux articles sur Cuba à : http://www.michelcollon.info/
Nouveau : Fidel, Cuba et les USA
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2006-12-15%
2022:34:39&log=invites

http://www.voltairenet.org/article144364.html

Agences, radios et télévisions

La stratégie médiatique états-unienne 1945-2005

par René Naba

Depuis la fin de la Seconde Guerre mondiale, les États-Unis ont
déployé un système sans précédent de propagande. À travers des
structures comme le Congrès pour la liberté de la culture, ils ont
corrompu les élites intellectuelles occidentales. Puis,
instrumentalisant la liberté de l'information, ils ont noyé le monde
sous leur point de vue unique, grâce à de puissantes agences de presse
et à un gigantesque maillage de radios profanes et religieuses, ainsi
que le révèle René Naba dans son dernier livre, Aux origines de la
tragédie arabe, dont nous reproduisons un extrait.

14 décembre 2006


Du bon usage des principes universels

Les grands principes universalistes découlent rarement de
considérations altruistes. Ils répondent davantage à des impératifs
matériels. Il a en a été ainsi du principe de la liberté de la
navigation brandie par l'Angleterre au XVIIe et XVIIIe siècles pour
assurer sa suprématie maritime et partant son hégémonie commerciale à
l'ensemble de la planète. Il en a été de même du mot d'ordre de
libre-échange décrété par les pays occidentaux au XIXe et XXe siècles
pour contraindre la Chine à écouler les marchandises occidentales sur
son marché intérieur au nom de la « politique de la porte ouverte ».
Il en sera de même du « principe de la liberté d'information »
fermement défendu par les États-Unis, au lendemain de la Deuxième
Guerre mondiale pour assoir leur suprématie idéologique dans les
quatre domaines qui conditionnent la puissance : politique, militaire,
économique et culturel.

Dansleur bataille idéologique pour la conquête de l'imaginaire des
peuples, gage essentiel de la pérennité d'une nation, les États-Unis
développent un argumentaire reposant sur une double articulation, un
argument intellectuel, le principe de la liberté de la circulation de
l'information et des ressources, un argument pratique, le fait que les
États-Unis soient la seule grande démocratie au monde à ne disposer ni
d'un ministère de la culture, ni d'un ministère de la communication,
preuve irréfutable, selon eux, d'un régime de liberté.

Présenté comme l'antidote absolu au fascisme et au totalitarisme, le
principe de la liberté de l'information, constitue un des grands
dogmes de la politique états-unienne de l'après-guerre, son principal
thème de propagande. C'est une formidable machine de guerre qui répond
à un double objectif. Briser, d'une part, le cartel européen de
l'information, principalement le monopole britannique des câbles
transocéaniques qui assure —via Cable and Wireless— la cohésion de
l'Empire et confère une position de prépondérance à l'agence
britannique d'information Reuter's, accessoirement la prééminence de
l'Agence française Havas, la future Agence France Presse (AFP) en
Amérique latine, zone d'intérêt prioritaire des États-Unis.

Neutraliser, d'autre part, toute critique par l'élimination de toute
concurrence européenne qui pourrait présenter les États-Unis en termes
peu flatteurs aux lecteurs, l'image dévalorisée de l'Américain cow-boy
mâcheur de chewing gum, ou plus grave la ségrégation raciale et les
lynchages du Klu Klux Klan ou encore le grand banditisme de l'époque
de la prohibition. Sous une liberté apparente perçait déjà le
contrôle. Toute une littérature va théoriser ce principe de liberté de
l'information et donner un habillage moral à une politique d'expansion
[1].

L'un des plus éloquents théoriciens en la matière sera William Benton,
ancien sous-secrétaire d'État du président démocrate Franklin
Roosevelt, promoteur du « New Deal ». Benton qui présidera la
prestigieuse publication Encyclopaedia Britannica, dès la fin de la
Deuxième Guerre mondiale, invitera les États-Unis à « faire tout ce
qui est en leur pouvoir » pour briser les barrières artificielles qui
s'opposent à l'expansion des agences américaines privées, des
magazines, des films et autres moyens de communication.

La liberté de la presse et la liberté de l'échange de l'information
font partie intégrante de la politique étrangère états-unienne,
soutient-il estimant que le contrôle mondial des communications
favorise les débouchés d'exportation [2]. Sous les grands principes
percent déjà des objectifs matériels.

Quant à l'argument pratique, l'absence de structure ad hoc de
propagande, le fait est fondé, mais doit être nuancé. Certes il n'y a
ni ministère de la culture ni ministère de la communication dans le
gouvernement des États-Unis, mais, dans cette bataille idéologique,
les États-Unis pratiquent, non l'attaque frontale mais l'entrisme, une
stratégie de contournement périphérique, une diplomatie multilatérale
instrumentalisant les organisations internationales à vocation
universelle ou spécifique, doublée d'une diplomatie parallèle de ses
agences spécialisées : la CIA (agence centrale du renseignement) et
les Fondations philanthropiques pour le blanchiment des fonds [3].

Que ce soit l'ONU, L'UNESCO, le Conseil économique et social de l'ONU
ou l'Organisation interaméricaine, toutes auront inscrit dans leur
charte « le principe de la liberté de l'information ». Toutes, peu ou
prou, auront fait office de tribune pour la propagation de la doctrine
états-unienne de la libre circulation de l'information. Qu'on en juge.
La chronologie suffit à fonder cette affirmation. En septembre 1944,
le Congrès des États-Unis officialise cette politique par une motion
proclamant « le droit mondial à l'information pour les agences qui
recueillent et font circuler l'information, sans discrimination », un
droit qui sera protégé par le Droit international public.

Cinq mois après la motion du Congrès, la Conférence interaméricaine de
Mexico adopte à son tour une résolution sur le libre accès à
l'information (février 1945), suivie quatre mois plus tard de la
Conférence de San Francisco portant création de l'ONU (juin 1945),
puis du Conseil économique et social de l'ONU qui inclue la résolution
dans sa charte en février 1946. Puis, le principe de la liberté de
l'information reçoit une consécration officielle lors de la première
session de la conférence générale de l'UNESCO à Paris (novembre 1946),
suivi un mois plus tard par l'Assemblée générale de l'ONU qui proclame
« La liberté de l'information, droit humain fondamental, impliquant le
droit de rassembler, de transmettre et de publier des nouvelles
partout sans entraves » (14 décembre 1946). Le temps n'est pas encore
au journalisme embedded, ombiliqué à l'armée, imbriqué aux sources de
l'administration, pratiqué lors de l'invasion anglo-saxonne de l'Irak
en 2003, pour des raisons de « sécurité nationale ».

En deux ans, la structure de la diplomatie multilatérale de
l'après-guerre est verrouillée par ce principe. Les États-Unis
réussissent à le faire figurer dans la charte des cinq grandes
organisations internationales (ONU, UNESCO, ECOSOC (Conseil Economique
et Social), Organisation interaméricaine et l'Assemblée générale de
l'ONU). L'ONU compte à l'époque cinquante cinq membres, le quart du
nombre actuel avec une majorité automatique pro-occidentale composée
de pays européens et latino-américains sous la férule états-unienne.
Tous les grands États du tiers-monde en sont absents. La Chine
continentale est boycottée au profit de Taiwan, l'Inde et le Pakistan,
les deux nouvelles puissance nucléaires d'Asie sont sous domination
anglaise de même que le Nigeria et l'Afrique du Sud, les deux géants
de l'Afrique, nouveaux candidats au titre de membres permanents du
Conseil de sécurité des Nations Unies, tandis que le Maghreb et
l'Afrique occidentale se trouvent, eux, sous contrôle français.

Les États-Unis, qui disposent pendant une quinzaine d'années d'une
majorité automatique, ne la dénigrent que lorsqu'elle rejoint le camp
adverse, le bloc neutraliste soutenu par le camp soviétique. Elle
refuse en conséquence de verser sa cotisation pendant une dizaine
d'années.


Le déploiement sur le théâtre euro-méditerranéen

Ce corpus doctrinal est animé par le Congrès pour la liberté et la
culture doublé sur le terrain d'une structure d'appoint de propagation
thématique en application d'une stratégie de maillage planétaire dite
de « global connexion » constitué d'un réseau enchevêtré de radios
profanes, de radios religieuses et de publications périodiques animées
par des prestigieuses personnalités sur les principaux théâtres de la
confrontation Est-Ouest, avec un ciblage particulier sur l'ensemble arabe


Le Congrès pour la liberté et la culture (1950-1967)

Fer de lance de la guerre idéologique anti-soviétique, le Congrès est
constitué d'un rassemblement hétéroclite de transfuges du bloc
soviétique, d'intellectuels occidentaux, anciens compagnons de route
du Parti communiste ou de simples intellectuels épris de
reconnaissance sociale ou de bien être matériel [4]. Sa propagande
vise tout autant à dénoncer le matérialisme marxiste qu'à sensibiliser
les esprits, sur le plan du conflit du Proche-Orient, à un arrimage
d'Israël au système d'alliance du monde occidental.

Ponctionnant 5 % du budget du Plan Marshall, soit près de 200 millions
de dollars par an, le Congrès finance la publication de dizaines
d'ouvrages au succès retentissant notamment New Class, une étude sur
l'oligarchie yougoslave réalisée par le dissident anti-Tito et Docteur
Jivago de l'écrivain russe Boris Pasternak ou encore L'Art de la
Conjecture du royaliste français Bertrand de Jouvenel.

Parmi les principaux animateurs du Congrès figuraient ainsi Sol
Lovitas, ancien collaborateur de Léon Trotski, le fondateur de l'Armée
Rouge, désormais recyclé à la tête de l'influente revue Partisan
Review, Nicolas Nabokov, fils du musicien Vladimir Nabokov ainsi que
de l'écrivain Arthur Koestler, dont la CIA assure la promotion de son
livre-culte Le Zéro et l'Infini achetant en sous main plusieurs
dizaines de milliers d'exemplaires pour en faire un succès de
librairie avec les retombées éditoriales inhérentes. Ce qui fait la
gloire de cet ancien communiste hongrois, ancien kibboutznik israélien
qui se suicide à Londres, point ultime de son parcours cahoteux.

Le Congrès complète son travail de pénétration par un maillage
éditorial sur tous les continents, finançant l'édition de quinze
publications aux avants postes de la Guerre froide. En France, le
Congrès bénéficie notamment du relais de deux institutions : Force
ouvrière (FO), la formation syndicale dissidente de la CGT
(Confédération générale du travail), la principale centrale ouvrière
communiste française de l'époque, et l'équipe du journal conservateur
Le Figaro autour de Pierre Brisson, ami du sociologue Raymond Aron [5]
et de Nicolas Nabokov ainsi que du concours d'André Malraux, ancien
ministre de la culture de Charles de Gaulle.

Annie Kriegel, éditorialiste du Figaro, passe ainsi de
l'ultra-stalinisme à l'ultra-sionisme sans le moindre sas de
décompression, trouvant dans ce quotidien une tribune appropriée à ses
nouvelles diatribes anticommunistes, à la mesure des panégyriques
passés en faveur de la « Patrie des travailleurs ». Épousant un
cheminement intellectuel analogue, son neveu par alliance, Alexandre
Adler, lui succède trente ans plus tard dans cette même fonction
tribunicienne au sein de ce même journal, fustigeant à longueur de
colonnes le nouvel ennemi public universel le « fascisme vert », que
son collègue éditorialiste Yvan Rioufol désigne par le terme
stigmatisant de « nazislamisme » [6]

Outre Annie Kriegel, deux autres personnalités se sont distinguées
dans ce dispositif pendant un demi-siècle par leur rôle prescripteur
de l'opinion occidentale particulièrement à l'égard du conflit
israélo-arabe et de la question palestinienne : Walter Laqueur et
Claire Sterling [7]. Natif de Pologne, en 1921 à Breslau (Wroclaw
actuellement), naturalisé anglais, collaborateur de la revue
Commentary et de The Public Interest fondé par son ami Irwing
Kristoll, père de William Kristoll junior, un des théoriciens du
néo-conservatisme de l'administration George Bush Jr. lors de la
guerre d'Irak (2003) et de « la destinée manifeste des Etats-Unis »,
Walter Laqueur représente à Tel-Aviv pendant toute la durée des 17 ans
de son fonctionnement le Congrès pour la liberté et la culture. Il
contribue largement à cimenter un partenariat stratégique entre Israël
et le « Monde libre », notamment les États-Unis et l'Europe
occidentale à travers une série d'ouvrages répercutés par l'ensemble
du réseau des quinze publications du Congrès sur tous les continents.
En Europe, notamment à Berlin et Vienne, les deux lieux de transit
privilégiés du monde interlope des transfuges, des exfiltrés et des
agents double, à Rome, siège du parti communiste le plus important
d'Europe occidentale, le Parti communiste italien animé par des
dirigeants de légende tels Palmiro Togliatti et Enrico Berlinguer,
ainsi qu'à Beyrouth, traditionnelle caisse de résonance des
turbulences arabes, via une publication en langue arabe Al-Hiwar (Le
Dialogue) qui assure la propagation des thèses du Congrès à
destination de l'ensemble arabo-musulman.

Auteur de plusieurs ouvrages notamment La Génération Exodus , Mourir
pour Jérusalem, « La Tentation neutraliste, Walter Laqueur co-préside,
à 85 ans, le Conseil de la recherche internationale rattaché au CSIS
de New York [8]. Ses plus récents écrits portent sur la nouvelle
thématique idéologique de ses amis néo-conservateurs : Une Guerre sans
fin, le terrorisme au 21ème siècle, ainsi qu'un ouvrage dont
l'ambition cachée est de faire le tour de la question sur l'un de
sujets d'actualité les plus violemment controversés de l'époque
contemporaine : Les Voix de la terreur : manifestes, écrits, Al-Qaïda,
Hamas et autres terroristes à travers le monde, à travers les âges.

Claire Sterling, (1918-1995), trône, elle, pendant un demi-siècle sur
le Reader's Digest, l'un des principaux vecteurs souterrains de la
guerre culturelle menée par les services états-uniens. Grande
théoricienne de la criminalité transnationale, elle assume une
fonction de diversion, pratiquant avec un art consommé la « technique
de l'enfumage », poussant des contre-feux médiatiques pour détourner
l'attention sur les propres turpitudes de son camp.

Elle s'applique ainsi à dénoncer régulièrement la pieuvre mafieuse
[9], pour mieux occulter l'une des plus grande entreprises criminelles
du monde, le système Clearstream, système de compensation bancaire du
Luxembourg chargé du blanchissement des opérations douteuses des
grandes démocraties occidentales [10] ou encore pour occulter
l'instrumentalisation de la commercialisation de la drogue pour le
financement des opérations clandestines des services états-uniens en
Amérique latine.

Diffusé en dix sept langues dans 160 pays, le Reader's Digest
popularise les analyses de Claire Sterling autoproclamée grande
spécialiste du terrorisme moyen-oriental dans son ouvrage The terror
network (Le Réseau terroriste) », exerçant de ce fait une sorte de
monopole de l'intimidation par l'expertise [11]. Sous couvert de
professionnalisme, Claire Sterling et Walter Laqueur auront alimenté
régulièrement les revues spécialisées subventionnées par la CIA de
chroniques dont le contenu est puisé directement auprès de leur
bailleur de fonds.

Préfiguration de l'endogamie contemporaine entre pouvoir politique et
pouvoir médiatique, le Congrès pour la Liberté et la Culture pratique
à grande échelle l'autolégitimation d'une pensée homogénéisée où
l'expert ne se reconnaît pas à la qualité de ses recherches mais à sa
fréquentation assidue des forums médiatiques ; où l'intellectuel
décrété comme tel mène une réflexion conforme à la politique
éditoriale des médias dont il est l'invité précisément afin
d'accréditer la pensée qu'ils propagent.

À coups de manipulation, de falsifications, de prévarications, une
large fraction de l'élite intellectuelle occidentale aura ainsi sombré
dans les travers qu'elle dénonce aujourd'hui comme étant l'une des
plaies du tiers-monde. De l'autopromotion des experts à
l'autosuggestion des thèmes, à l'intimidation par une prétendue
expertise, « l'Amérique », héraut du « Monde libre », aura utilisé
avec les complicités européennes et la vénalité de certains leaders
d'opinion contre le totalitarisme, les méthodes mêmes du totalitarisme.


Les radios profanes : un tir de saturation

Le dispositif médiatique mis en place pour mener de pair le combat
contre le communisme, sur le plan international, et le combat contre
l'athéisme, sur le plan arabo-musulman, répond à un objectif qui
relève dans la terminologie militaire du « tir de saturation tous
azimuths ». Si sur le plan idéologique, Radio Free Europe est au
premier rang des instruments de la guerre psychologique contre le bloc
soviétique en sa qualité de principal retransmetteur de la production
intellectuelle du Congrès pour la liberté et la culture », Voice of
America est, quant à elle, le vecteur d'accompagnement de la
diplomatie états-unienne, alors que les radios religieuses font office
de levier de sensibilisation des groupes ethnico-communautaires de
confession chrétienne dans la zone euro-méditerranéenne.

Par l'entremise de Radio Free Europe, l'es États-Unis assurent une
pleine couverture de l'Europe orientale et des républiques musulmanes
d'Asie centrale, servant d'amplificateur aux débats et grandes
manifestations artistiques ou culturelles, les éditoriaux et analyses
confectionnés dans les publications satellites. Soutenue
intellectuellement et matériellement par la puissante Freedom House
[12] , bras armé de la propagande gouvernementale et de la droite
conservatrice internationale, Radio Free Europe Radio liberty Inc,
basée à Prague (République tchèque), dipose pendant 40 ans de cinq
sites d'émission en Europe, dont trois en Allemagne et de 54
fréquences. Radio Free Europe a un prolongement sur le continent
latino-américain Radio TV Marti (anti-cubaine) et en Asie, Radio Free
Asia.

Avec Voice of America (VOA), ces trois vecteurs relèvent au sein de
l'administration américaine de l'International Broadcasting Bureau
(IBB), disposant de vingt sites de retransmission dans le monde dont
trois dans les pays arabes (Maroc, Koweït, Émirats Arabes Unis) ainsi
qu'en Albanie, en Grèce, au Sri Lanka, en Allemagne, au Portugal et en
Espagne.

Voice of America est le premier vecteur trans-régional en termes de
puissance. Il dispose pour le secteur Méditerranée-Océan Indien de 24
émetteurs totalisant une puissance de feu inégalée de 9.100 KW et de
83 fréquences réparties sur trois sites d'émission. Deux d'entre eux
(Rhodes et Kavala (nord de la Grèce) sont destinées au secteur
Moyen-Orient/Asie Centrale, le troisième, Tanger, pour le Maghreb, les
Balkans et la Méditerranée occidentale. Ce dispositif est complété par
deux retransmetteurs installés dans deux principautés pétrolières, le
Koweit et les Émirats Arabes Unis. À cela s'ajoutent les nouveaux
vecteurs crées à l'occasion de la Deuxième Guerre contre l'Irak en
2005, Radio Sawa (Ensemble), la chaine de télévision Hurra (Libre).
Toujours en Méditerranée, les États-Unis aménagent, tant en Italie
qu'en Grèce, deux centres régionaux radiophoniques pour la production
des programmes à l'intention des troupes stationnées dans le cadre de
l'OTAN, à Héraklion (Grèce), siège de l'Armed Forces Radio and TV
Service Air Force European Broadcasting Squadron et à Vicenza
(Italie), siège du Southern European Broadcasting Service.

Le Congrès fonctionne pendant dix sept ans jusqu'à la Troisième Guerre
israélo-arabe de juin 1967. Il passe ensuite la main aux prédicateurs
électroniques dont le zèle prosélyte va se conjuguer au lobbying de la
politique sioniste des organisations juives états-uniennes pour
conduire Washington à s'engager dans un soutien sans faille à Israël.
États-uniens et Israéliens s'appliquent alors à promouvoir une «
idéologie des Droits de l'Homme », selon l'expression de l'historien
Peter Novick [13], comme arme de combat contre le totalitarisme
communiste, dans un premier temps, contre le totalitarisme islamique,
dans un deuxième temps, après l'effondrement du bloc soviétique.


Le prosélytisme religieux : les prédicateurs électroniques

Aux radios profanes se sont superposées une vingtaine de grandes
corporations radiophoniques religieuses disposant de moyens financiers
et techniques sans équivalent dans les deux tiers des pays de la
planète, dont les motivations ne paraissent pas toujours répondre à
des considérations exclusivement philanthropiques.

S'appliquant à porter quotidiennement la « Voix du Seigneur » à
travers le monde dans l'espoir problématique de gagner de nouvelles
ouailles à la cause de leur propre dieu, ces prédicateurs
électroniques nourrissent une prédilection particulière pour les
foyers de tension (Sud du Liban, Sud du Soudan) et les minorités
ethnico-religieuses des pays fragilisés par les dissensions intestines
(Arméniens, Kurdes, Berbères) et, depuis l'invasion de l'Irak, en
2003, pour le nord kurdophone irakien. Tel est le cas de IBRA Radio
(International Broadcasting Radio) qui anime au Moyen-Orient vers le
Sud du Liban et la zone frontalière libano-israélienne une antenne
locale onde courte pour les émissions de la station High Adventure
alors que le Sud du Soudan, peuplé de chrétiens et d'animistes en
rébellion contre le gouvernement islamique de Khartoum, est alimenté
par les programmes de "Radio Elwa", dirigée depuis Monrovia (Libéria)
par des missionnaires anglo-saxons.

Au premier rang de ces corporations radiophoniques se place Trans
World Radio (TWR), suivie d'Adventiste World Radio (AWR), FEBA Radio,
IBRA Radio, WYFR-Family Radio, Monitor Radio et Nexus IBD. À
l'exception de Radio Vatican (1555 KW, 36 fréquences, 33 langues) et
d'une minuscule radio orthodoxe, Radio Trans Europe, toutes les
grandes radios religieuses sont d'inspiration anglo-saxonne.

Toutefois par son ampleur et ses capacités, Trans World radio (TWR)
constitue la première radio planétaire transfrontière de surcroît
religieuse. Pionnière en la matière, TWR assure des émissions en 100
langues dans des idiomes négligés par les majors occidentales, dont
elle apparaît dans les nouvelles terres de mission, les zones
d'évangélisation d'Afrique et d'Asie, comme un utile instrument
d'appoint. Disposant de neuf relais terrestres dont cinq en Europe
(Albanie, Monaco, Pays-Bas, Chypre et Russie) deux en Asie (Ile de
Guam et Sri Lanka) un en Afrique (Swaziland) et un en Amérique latine
(Uruguay), TWR gère les émissions des trois sites méditerranéens
(Albanie, Monaco et Chypre) depuis Vienne (Autriche) et aligne, rien
que pour l'Europe, une puissance substantielle (1500 KW, 14 fréquences
et des émissions en 30 langues), supérieure à bon nombre de radios
occidentales. Vers la rive sud de la Méditerranée, TWR assure des
émissions en 21 langues dont le Kurde, le Berbère, ainsi que les
langues des pays méditerranéens. À Chypre, à la suite des programmes
de RMC Moyen-Orient et à partir des antennes de la radio française
[14], TWR assure des émissions religieuses nocturnes en trois langues
(Arabe, Farsi, Arménien) sur ondes moyennes en direction des
principaux pays musulmans. À travers les sites de Remoules (Sud de la
France) et de Cap Greco (Chypre), grâce à sa coopération avec RMC
France et RMC-MO, TWR jouit d'un avantage incomparable celui d'émettre
en ondes moyennes lui assurant un bon confort d'écoute dans une zone
qui abrite le centre historique de l'Islam et les principales réserves
énergétiques mondiales. Deux autres radios religieuses participent de
ce verrouillage médiatique : Adventist World Radio (AWR) et FEBA (Far
East Broadcasting Association-Missionary) : Adventist World Radio
dispose, pour sa part, pour l'Europe de 16 fréquences pour des
émissions en 17 langues dont l'arabe (5 heures), l'anglais (6 heures
dont 3 vers le Moyen-Orient), le français (5 heures en direction du
Maghreb et de l'Afrique), le Farsi (2H), l'Urdu et le Hindi (2 heures
chacun).

À titre indicatif, les radios religieuses anglo-saxonnes assurent 9
000 heures de programmes par mois, soit près de 10 fois plus que Radio
Le Caire, le principal vecteur arabe du plus grand pays arabe,
l'Égypte, qui abrite la plus forte densité de population (75
millions). En comparaison, The Friend of Israël Gospel Ministry,
Église baptiste états-unienne, diffuse des émissions en faveur
d'Israël sur 700 stations états-uniennes et publie la revue Israël My
Glory dans 151 pays, collectant, rien qu'en 2005, des dons d'un
montant de 8,5 millions de dollars en faveur de l'État hébreu [15].

À journées faites, sans interruption, et rien qu'en Méditerranée, pas
moins de 2500 KW diffusent des programmes sur une vingtaine de
fréquences dans toutes les langues du puzzle humain de la sphère
arabo-musulmane, sans parler naturellement de Radio Vatican, la radio
officielle de la chrétienté catholique. Relayant en programmes
religieux les émissions profanes des vecteurs internationaux, les
médias des grandes corporations religieuses optimisent ondes et
fréquences saturant comme pour l'aseptiser de toute pollution
anti-occidentale l'espace hertzien au point de donner l'impression à
un passager d'un vol de nuit d'être propulsé aux confins du Paradis,
bercé par Le Cantique des cantiques. Longtemps avant l'émergence des
fedayins palestiniens dans le paysage arabe, bien longtemps avant
Oussama Ben Laden, bien des décennies avant la désignation du « péril
islamiste » comme la menace majeure du XXIe siècle, quotidiennement,
invariablement, inlassablement, telle une symphonie pastorale
s'élançant des îles de la Méditerranée vers l'espace arabo-musulman,
les incantations divines de la liturgie occidentale avec une
méticulosité monacale.

En tout temps, en tout lieu, en toute langue, l'aspersion est
continue, l'intensité diluvienne. Sans exception, toutes les îles au
nom si évocateur de paradisiaques vacances : Chypre, Malte, Rhodes, la
Crête, la Sicile, toutes sont mobilisées pour prêcher la bonne parole.
Toutes y compris le promontoire de Gibraltar et la sérénissime enclave
de Monaco. De quoi combler d'aise le souverain marocain très
sourcilleux sur les croyances de ses fidèles sujets, justifier les
imprécations des Algériens contre le parti de l'étranger ou celles des
théologiens de Qom contre le « Grand Satan états-unien » ou celle des
islamistes salafistes sur « une nouvelle croisade occidentale ». Ainsi
se nourrit l'imaginaire collectif des populations exacerbées.

René Naba


[1] Parmi les ouvrages préconisant la liberté d'information, citons
Barriers Down (Abattre les frontières) de Kent Cooper, directeur
exécutif de l'agence états-unienne Associated Press, Farrar & Rinehart
éd., 1942, ainsi que la contribution de James Lawrence Fly, président
de la Federal Communications Commission (équivalent états-unien du CSA
français) « A free flow of news must link the nations », Free World,
Volume VIII, Août 1944. Bibliothèque du Congrès.

[2] « La propagande culturelle au service des Affaires », Herbert
Schiller, professeur à l'Université de Californie à San Diégo, in
Manière de voir n°47 (Cinquante années qui ont changé notre Monde),
avril -mai 2004.

[3] « La Fondation Ford, paravent philanthropique de la CIA » et «
Pourquoi la Fondation Ford subventionne la contestation » par Paul
Labarique, Réseau Voltaire, 5 et 19 avril 2004.

[4] « Quand la CIA finançait les intellectuels européens » par Denis
Boneau, Réseau Voltaire, 27 novembre 2003.

[5] « Raymond Aron, avocat de l'atlantisme » par Denis Boneau, Réseau
Voltaire, 21 octobre 2004.

[6] « Choc des civilisations : la vieille histoire du « nouveau
totalitarisme » » par Cédric Housez, Réseau Voltaire, 19 septembre 2006.

[7] - Manufacturing Consent : The Political Economy of the Mass Media
par Noam Chomsky, linguiste et philosophe, professeur au Massachusetts
Institute of Technology (MIT) et Edward S. Herman. Version française :
La Fabrique de l'Opinion publique, Le serpent à Plumes éd., 2003.

[8] « CSIS, les croisés du pétrole », Réseau Voltaire, 6 juillet 2004.

[9] La Pieuvre. La mafia à la conquète du monde, 1945-1989 et Pax
mafiosa, les multinationales du crime vont-elles s'emparer du pouvoir
mondial ?, Robert Laffont éd., 1990 et 1993.

[10] Révélation$ par Denis Robert et Ernest Backes, Les Arènes éd.,
2001. M. Backes a été administrateur du Réseau Voltaire.

[11] Who paid the piper par par Frances Stonor Saunders, productriuce
de documentaires historiques pour la BBC, Granta Books éd., 1999.
Version française : Qui mène la danse ? La Cia et la guerre froide
culturelle, Denoël éd., 2003.

[12] « Freedom House : quand la liberté n'est qu'un slogan », Réseau
Voltaire, 7 septembre 2004.

[13] Holocaust and Collective Memory par Peter Novick, Bloomsbury
Publishing éd., 2001. Version française : L'Holocauste dans la vie
américaine, Gallimard éd., 2001.

[14] « L'audiovisuel extérieur français : cahoteux, chaotique et
ethniciste » par René Naba, Réseau Voltaire, 6 décembre 2006.

[15] « Evangelized foreign policy ? » par Howard LaFranchi, The
Christian Science Monitor, 2 mars 2006. Version française : « Quand
les évangéliques dictent la politique étrangère américaine », Le
Courrier International, n°803 du 23 mars 2006.

(francais / deutsch / italiano)

ET ALORS, LES BELGES, C'EST VRAI QUE VOUS ALLEZ FINIR COMME LA
YOUGOSLAVIE ?


Michel Collon : Pourquoi j'approuve le canular de la TV belge

Hier soir, la RTBF a présenté «en direct» la scission de la Belgique
après la déclaration unilatérale de sécession du Parlement flamand.
Manifs au palais, le Roi en fuite, Wallonie rattachée à la France,
bouleversements dans la vie quotidienne avec les nouvelles
«frontières»... Tout en direct. Sauf que c'était une fiction. Du
bluff. Comme la célèbre émission radio La guerre des mondes d'Orson
Welles.
Avalanche de coups de fil alarmés et grosse émotion en Belgique. Chefs
politiques scandalisés. La RTBF avait-elle le droit de piéger le
public par une «politique-fiction» ?
Personnellement, je trouve ça plutôt positif, même si je comprends
l'émotion. Pourquoi ?

1. En tant qu'analyste des médiamensonges, je me réjouis de cette
démonstration très réussie : oui, il est possible de faire avaler à un
public très large quelque chose qui n'existe pas. Il suffit de
quelques journalistes, quelques interviews de prétendus «experts»,
deux ou trois images manipulées comme «preuves». Et j'aimerais qu'un
véritable observatoire des médias fasse l'inventaire des bobards qui
nous ont été servis sur les conflits des vingt dernières années :
Timisoara, Panama, Nicaragua, Irak, Yougoslavie, Afghanistan, Liban,
Venezuela et bien d'autres. Chiche, la RTBF ?
2. Cette émotion peut être salutaire. Jusqu'à présent, le débat sur
l'avenir de la Belgique a été confiné à des politiciens très
intéressés : six gouvernements (enfin, je crois) dans un pays de dix
millions d'habitants ! Il est temps que les simples gens interviennent
: veulent-ils ces querelles artificielles ou veulent-ils au contraire
qu'on s'attaque à leurs problèmes réels : emploi, niveau de vie,
avenir des jeunes ?
3. Bien sûr, les séparatistes flamands prétendent que la scission
permettrait justement de mieux s'occuper de ces problèmes. Supercherie
! Leur vrai but ? Détruire la Sécurité sociale pour précariser les
jeunes et offrir au patronat une main d'oeuvre corvéable à merci. Etre
plus «compétitifs» dans la jungle de la mondialisation. En Italie, et
ailleurs, on importe des esclaves polonais. Chez nous, on les
fabriquera « made in Vlaanderen ».
4. Le séparatisme aura pour conséquence, en Flandre mais aussi en
Wallonie, des politiques encore plus antisociales. L'argent économisé
servira pour de nouveaux cadeaux aux multinationales. Comme VW qui a
reçu des milliards pour gonfler ses bénéfices et nous laisser la casse.
5. VW, parlons-en. Avec ce bazar institutionnel, les travailleurs en
lutte ont eu affaire à... trois ou quatre gouvernements différents
selon la région d'où ils proviennent. Pratique !
6. Mes amis français me demandent souvent : «Et alors, les Belges,
c'est vrai que vous allez finir comme la Yougoslavie ?» Je leur
réponds que la grande majorité des gens est totalement contre cette
excitation artificielle et ces divisions. L'émission de la RTBF ne l'a
pas assez montré; elle aurait dû donner la parole à de simples Flamands.
7. Résumons. La Flandre a profité des transferts financiers entre
régions pendant cent ans où elle était moins développée. A présent que
la crise économique et les délocalisations frappent davantage le Sud,
elle veut mettre fin à ces transferts. Mais soyons plus précis : ce
sont les partis traditionnels flamands qui intoxiquent l'opinion par
des discours racistes sur «les fainéants du Sud». D'abord, ils font
tout simplement jeu des fascistes du Vlaams Belang en copiant son
discours sous une forme «respectable». Mais surtout, ensuite, ils
déclencheront la chasse aux «fainéants du Nord», qui ne voudront pas
devenir des esclaves salariés. Et on sera tous perdants.

Source : http://www.michelcollon.info/mailinglist.php

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Newsletter vom 05.12.2006 - Ethno-Netzwerk

EUPEN (Eigener Bericht) - Zehn Jahre nach der vorläufigen Einstellung
ihrer verdeckten Einflussarbeit in Ostbelgien binden
Vorfeldorganisationen der Berliner Regierungspolitik das Gebiet erneut
in ihr Netzwerk ein. Wie die Föderalistische Union Europäischer
Volksgruppen (FUEV), eine mit dem Bundesinnenministerium verkoppelte
Ethno-Organisation, mitteilt, will sie die ostbelgische
"Deutschsprachige Gemeinschaft" (DG) in ihren Beirat aufnehmen.
Bereits seit dem vergangenen Jahr intensiviert die FUEV ihre
Kooperation mit der DG. Bei dieser handelt es sich um eine staatliche
Gebietskörperschaft, die Hoheitsrechte unter anderem in den Bereichen
Kultur und Bildung ausübt. Sie verwaltet das von 70.000
deutschsprachigen Belgiern bewohnte Gebiet um Eupen und Sankt Vith,
das von 1871 bis 1919 sowie von 1940 bis 1945 zum Deutschen Reich
gehörte. Die Einbindung der DG in das deutsche Ethno-Netzwerk erfolgt
im Rahmen der Europäisierung völkisch geprägter deutscher
Minderheitenpolitik...

http://www.german-foreign-policy.com/de/fulltext/56652

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Lettre d'information du 05/12/2006 - Réseau ethnique

EUPEN (Compte-rendu de la rédaction) -- Dix ans après l'arrêt
provisoire des activités clandestines de prise d'influence dans l'est
de la Belgique, des organisations de façade du gouvernement allemand
intègrent de nouveau ce territoire dans leur réseau. Comme l'a déclaré
l'"Union fédéraliste des peuples européens" (FUEV), une organisation
ethnique qui entretient des liens avec le ministère de l'intérieur
allemand, elle veut intégrer la "communauté germanophone" (Deutsche
Gemeinschaft, DG) de l'est de la Belgique dans son conseil
consultatif. Depuis déjà l'année dernière, la FUEV intensifie sa
coopération avec la DG. Il s'agit d'une entité fédérée qui est
compétente dans les domaines de la culture et de l'enseignement. Elle
administre les cantons d'Eupen et de Saint-Vith, habités par 70.000
Belges germanophones, qui appartenaient à l'Empire allemand de 1871 à
1919 et de 1940 à 1945. L'intégration de la DG dans le réseau ethnique
allemand se fait dans le cadre de l'européanisation de la politique de
minorités allemandes, aux forts accents ethniques...

http://www.german-foreign-policy.com/fr/fulltext/55934

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http://www.repubblica.it/2006/12/sezioni/esteri/video-belga/video-belga/video-belga.html

La rete televisiva in lingua francese, ha interrotto i programmi
per dare la notizia. Ma era una fiction. Centralini intasati e polemiche

Falso annuncio tv, subbuglio in Belgio
"Fiandre indipendenti, il re è scappato"

BRUXELLES - "Le Fiandre hanno proclamato l'indipendenza!", "Il re ha
lasciato il paese!", "Il Belgio non esiste più!". La rete della tv
pubblica belga RTBF, in lingua francese, ha interrotto ieri sera i
programmi per dare una notizia che ha lasciato di stucco i
telespettatori. Un annuncio che ricorda quello di Orson Welles che
gettò nel panico l'America annunciano l'arrivo dei marziani. E in quel
caso come in questo, si tratta di uno scherzo. Solo dopo 30 minuti di
trasmissione è comparsa la scritta "Questa è una fiction", su
richiesta del ministro dell'Audiovisivo della comunità francofona
Fadila Laanan.

Per rendere la notizia più convincente, la tv ha orchestrato una messa
in scena con dirette da tram bloccati ai nuovi "confini" e reazioni di
esponenti politici che plaudono o denunciano la proclamazione
unilaterale dell'indipendenza da parte del parlamento fiammingo. Il
programma, nelle intenzioni degli autori, doveva "porre sulla piazza
pubblica un dibattito che appassiona tutti i belgi". Ma ha invece
scatenato polemiche in un un Paese dilaniato da annose diatribe fra i
fiamminghi delle Fiandre e i francofoni della Vallonia.

(14 dicembre 2006)