Informazione
CONTRO LE GUERRE E CONTRO LE OCCUPAZIONI MILITARI
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/fse180306.htm
ed anche per ricordare il settimo anniversario della
AGGRESSIONE DELLA NATO CONTRO LA REP. FED. DI JUGOSLAVIA
https://www.cnj.it/24MARZO99/index.htm
1. Il volantino del CNJ per la giornata del 18 marzo 2006
scaricalo in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volant180306BIS.pdf
2. Porre termine all'occupazione - Solidarietà con il popolo iracheno:
Dichiarazione di 55 Partiti comunisti e operai in occasione del 3°
anniversario della guerra contro l'Iraq
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Anche il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia in piazza a Roma
IL 18 MARZO 2006
CONTRO LE GUERRE
CONTRO LE OCCUPAZIONI MILITARI
e per ricordare la
aggressione della NATO
contro la R. F. di JUGOSLAVIA
iniziata il 24 MARZO 1999
Abbiamo assistito in questi mesi ad uno strumentale dibattito sul
diritto all'esistenza degli stati: tutto il ceto politico politically
correct di centro-destra-sinistra si è sperticato in difesa del
concetto che mai nessuno stato va cancellato dalle cartine geografiche
per nessun motivo. Ma tutti hanno omesso di ricordare che un paese è
stato già cancellato dalle cartine geografiche, formalmente il 4
febbraio 2003, dopo averne iniziata la demolizione con il
riconoscimento delle secessioni su base "etnica" il 15 gennaio 1992.
Parliamo di un paese multiculturale dove popoli appartenenti alle più
svariate nazionalità convivevano in pace e in armonia tra di loro, un
paese dove erano ammesse soltanto l'Unità e la Fratellanza. Per chi
non lo avesse capito stiamo parlando della Jugoslavia.
La Jugoslavia costituiva un ostacolo per le mire espansionistiche
della NATO verso Est, ed anche se dagli anni Ottanta era stata
costretta a subire alcuni dei diktat degli strozzini globali del FMI e
della BM, non era facile rapinarla delle sue risorse e privarla della
sua autonomia. La Jugoslavia inoltre era nata e si era sviluppata a
partire dagli ideali socialisti ed antimperialisti che le avevano
consentito di sconfiggere l'invasore nazifascista con le sole forze
del proprio popolo partigiano.
Oggi purtroppo gli esiti di quella Guerra di Liberazione sono stati
capovolti e nei Balcani gli sconfitti hanno preso il potere: quelli
che ieri erano i quisling, i collaborazionisti dei regimi di Hitler e
Mussolini, adesso svolgono il loro sporco lavoro per conto dei nuovi
padroni occidentali in tutte le nuove repubbliche "indipendenti". I
"nuovi" confini nei Balcani ricalcano quelli voluti dal Terzo Reich e
le piccole repubbliche monoetniche vengono facilmente manipolate e
schiacciate secondo il vecchio principio del divide et impera.
Queste classi dirigenti filo-occidentali hanno usato i metodi della
disinformazione strategica ed i soldi di Soros e delle altre lobby
"non governative", oltre al terrorismo ed alla "pulizia etnica":
quest'ultima è in atto ancora adessoin Kosovo ai danni della
popolazione non albanese e degli albanesi antisecessionisti. Dove i
killer e le mafie locali non sono bastati, l'imperialismo è
intervenuto direttamente sul campo con i suoi militari,
orwellianamente in "missione di pace", causando lutti e distruzioni,
inquinamento chimico (Pančevo) e radioattivo (uranio impoverito), con
l'intenzione di sfregiare quelle terre per sempre.
Sbaglia di grosso chi pensa che la partita nei Balcani sia finita da
un pezzo. Tutte le questioni restano aperte, a partire dalla Bosnia, e
nuove divisioni sono in programma, dal Montenegro al Kosovo, passando
per la Vojvodina e il Sangiaccato: l'ulteriore disgregazione dello
spazio jugoslavo è infatti l'esito automatico delle scelte criminali
effettuate in ambito politico-diplomatico, militare, economico,
culturale dal 1991 in poi. È stato scatenato un processo
(auto)distruttivo "a valanga", che non conterrà mai in se alcuna
possibile, ragionevole o auspicabile ipotesi di stabilizzazione
finale: poiché non esistono e non possono esistere "confini giusti" a
separare le genti dei Balcani.
Chi pagherà per avere aperto questa voragine? Chi pagherà per questi
crimini? Finora, sono stati usati solo capri espiatori. L'imperialismo
non ha pietà verso i propri oppositori. Slobodan Miloević, malato di
cuore, è stato prima sepolto vivo in una galera, nel disinteresse ed
anzi per la soddisfazione di commentatori e "anime belle dei diritti
umani", e poi assassinato. Chi ha fatto bombardare il petrolchimico di
Pančevo ed i quartieri popolari di Aleksinac, Ni e tante altre città,
gode invece evidentemente di una perfetta licenza di uccidere: "L'idea
neocon di esportare la democrazia è giusta, è un grande obbiettivo...
superando la visione ottocentesca della sovranità nazionale..." (M.
D'Alema).
La principale responsabilità della partecipazione dell'Italia alla
aggressione contro la Jugoslavia nel 1999 ricade sull'allora governo
di centrosinistra. Alla vigilia delle elezioni del 9 aprile, noi siamo
e resteremo vigili affinché i responsabili istituzionali rispondano
delle loro scelte guerrafondaie, e perché tali politiche
anticostituzionali e tali aggressioni armate non si ripetano, né nei
Balcani, né in Iran, né altrove.
Ritirare adesso i soldati italiani dall'Iraq come dal Kosovo,
dall'Afghanistan... da tutte le missioni all'estero!
Basta secessioni, basta "divide et impera": no allo squartamento
dell'Iraq su base etnica, no alla secessione di Kosovo e Montenegro!
Chiudere il Tribunale ad hoc dell'Aja insieme ad Abu Ghraib,
Guantanamo e a tutti i luoghi di morte creati dagli imperialisti per
assolvere se stessi!
NON PUÒ ESISTERE UNA EUROPA UNITA
SENZA LA JUGOSLAVIA
Italijanska Koordinacija za Jugoslaviju
sito internet: https://www.cnj.it/
posta elettronica: j u g o c o o r d @ t i s c a l i . i t
notiziario telematico JUGOINFO:
http://groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages
Stampato in proprio c/o RCA, Via di Casal Bruciato, Roma
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Porre termine all'occupazione - Solidarietà con il popolo iracheno
Dichiarazione di 55 Partiti comunisti e operai in occasione del 3°
anniversario della guerra contro l'Iraq
http://www.kke.gr , mailto:cpg@...
in http://www.solidnet.org
13 marzo 2006
La guerra contro l'Iraq, scatenata dall'imperialismo USA e dai suoi
alleati si protrae da ormai tre anni.
Per il 18 marzo, in occasione dell'anniversario della guerra, sono
previste dimostrazioni e proteste in tutto il mondo contro il
prolungamento dell'occupazione.
Facciamo appello ai popoli lavoratori affinché rafforzino la loro
lotta e la solidarietà con il popolo Iracheno e perché fermino la
minaccia di nuovi interventi imperialisti nella regione.
In quanto partiti comunisti e operai che lottano per la pace, la
giustizia sociale, il progresso e il socialismo, appoggiamo il
legittimo diritto del popolo Iracheno a resistere all'occupazione.
Rinnoviamo la nostra ferma solidarietà con la sua lotta per porre fine
all'occupazione, per ripristinare la sovranità e l'indipendenza, per
la liberazione e l'integrità del paese.
Chiediamo il ritiro immediato di tutte le forze d'occupazione quale
presupposto per un Iraq democratico e sovrano, un'azione legale contro
i crimini degli invasori e il pieno indennizzo dei danni da loro causati.
Partito Comunista di Albania
Partito Algerino per la Democrazia e il Socialismo
Partito Comunista di Argentina
Partito Comunista di Australia
Partito Comunista del Bangladesh
Partito Comunista di Belarus
Partito del Lavoro del Belgio
Partito Comunista dei Lavoratori di Bosnia-Erzegovina
Partito Comunista Brasiliano
Partito Comunista del Brasile (PcdoB)
Nuovo Partito Comunista di Britannia
Partito Comunista Bulgaro Georgi Dimitrov
Partito Comunista di Bulgaria
Partito Comunista del Canada
Partito Comunista di Cuba
AKEL, Cipro
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista di Danimarca
Partito Comunista di Estonia
Partito Comunista di Finlandia
Partito Comunista di Macedonia
Partito Comunista Unificato di Georgia
Partito Comunista Tedesco
Partito Comunista di Grecia
Partito Comunista Operaio Ungherese
Partito Comunista dell'India
Partito Comunista di Irlanda
Partito Comunista di Israele
Partito dei Comunisti Italiani (PdCI)
Partito Comunista Giordano
Partito Socialista di Lettonia
Partito Socialista di Lituania
Partito Comunista del Lussemburgo
Partito dei Comunisti del Messico
Partito Comunista di Malta
Nuovo Partito Comunista dell'Olanda
Partito Comunista Filippino (PKP-1930)
Partito Comunista di Polonia
Partito Comunista Portoghese
Partito dell'Alleanza Socialista di Romania
Partito Comunista della Federazione Russa
Partito Comunista Operaio Russo - Partito dei Comunisti Russi
Nuovo Partito Comunista di Jugoslavia
Partito Comunista della Slovacchia
Partito Comunista Sudafricano
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Partito Comunista di Svezia
Partito Comunista di Siria
Partito Comunista Siriano
Partito Comunista del Tagikistan
Partito Comunista di Turchia
Partito Comunista di Ucraina
Unione dei Comunisti di Ucraina
Partito Comunista del Venezuela
13 marzo 2006
Traduzione a cura del
Centro di Cultura e Documentazione Popolare
I SERBI ASPETTANO, LA SINISTRA ITALIANA RANTOLA. (E “IL MANIFESTO”???)
In morte di Slobodan Milosevic, nell’anniversario del crimine Nato
MONDOCANE FUORILINEA
14/3/06
di Fulvio Grimaldi
Ho tra le mie foto più preziose, sopra il televisore, una con Slobodan
Milosevic. Siamo a casa sua, la residenza di Stato del presidente
della Jugoslavia, ormai “Piccola Jugoslavia”, sulla collina di Dedinje
in vista del Danubio ed è il 27 marzo 2001. Fuori dalla villa, amici e
militanti del Partito Socialista contengono una piccola folla che
sbraita contro colui che ormai è l’ex-presidente, destituito più che da
un voto manomesso fino a bruciarne le schede, dal pogrom di un’
organizzazione finto-nonviolenta e paramilitare, “Otpor”, finanziata ed
addestrata dalla Cia e dal brigante della speculazione finanziaria e
del narcotraffico George Soros. Tre giorni più tardi queste bande e i
loro padrini internazionali l’avranno vinta. Milosevic verrà arrestato
e, qualche mese dopo, consegnato per 30 milioni di dollari, trenta
denari, agli sgherri di un tribunale-farsa istituito all’Aja dal
governo Usa con la firma del notaio Kofi Annan ed affidato a fiduciari,
rinnegati dell’ordine giudiziario, come le “procuratrici” Louise
Harbour e Carla Del Ponte. Lo venderà ai suoi mandanti il capomafia e
Primo Ministro Zoran Djindjic, colui che aveva consegnato ai
bombardieri della Jugoslavia le mappe con gli obiettivi da colpire:
raffinerie, industrie, ponti, ferrovie, ma soprattutto case, scuole,
ospedali, gente: 10.000 vittime per 78 giorni di intervento umanitario
contro una totalmente inventata “pulizia etnica” in Kosovo. Con sulla
torre di controllo, in primissima fila, Massimo D’Alema (Non pago del
bagno di sangue jugoslavo, rilancia ancora oggi: “E’ giusto espandere
la democrazia anche con la forza”).
Guardo quella foto mentre, sotto, lo schermo tv è percorso da immagini
falso-vere di una logora propaganda umanitaria e percosso dall’eloquio
nevroticamente sincopato, di una corifea di tutti gli “interventi
umanitari”, Giovanna Botteri del Tg3. Una che ricordiamo stracciarsi le
vesti e annunciare macelli, possibilmente di bambini sventrati e di
turbe in stracci messe a fuoco, che si trattasse della Jugoslavia, o
dell’Iraq, con pari dedizione saprofita. Segue un'altra stampella
delle ragioni per l’ “intervento umanitario”, Ennio Remondino, che,
ricordando un gabbamondo da tavolino con le tre carte, con supponenza
elargisce e mescola “il despota Milosevic”, “il presidente democratico
Djindjic”, i cattivi bombardamenti Nato e i cattivissimi nazionalisti
serbi. Intanto mi premono sullo stomaco, forse un po’ come quell’ultimo
pasto avvelenato rifilato a Milosevic per stroncarne l’esito vittorioso
sugli avvoltoi del tribunale-postribolo, la parole tossiche, passate e
presenti, di altri eroi del cerchiobottismo, becchini della Jugoslavia
e della verità che, con piagnistei equamente distribuiti tra carnefici
e vittime, sono stati anche più efficienti nell’apparecchiare la
sepoltura di un nobile paese. Il dolore per la morte da assassinio di
quest’ uomo, senza retorica figura da tragedia greca, si mescola con
rabbia, indignazione, ripugnanza e ne viene quasi temperato.Non mi
riferisco alla grande stampa della borghesia, dall’Unità a Libero, da
Ferrara a Mieli. Fetecchie da “macellaio dei Balcani”, o ”
Hitlerosevic”. Chissenefrega, quelle sono le voci del padrone, fanno il
loro mestiere di ruffiani.. La loro dimensione è la menzogna
strutturale, ontologica, in sintonia con il potere che servono e,
sempre più spesso, sono. Nella nostra guerra stanno con ogni evidenza
dall’altra parte della trincea. Non c’è scandalo. La collera e il
disprezzo sono tutti per coloro che, dicendosi a sinistra, per la pace
e per gli oppressi, pretendono di elargirci verità e che, facendo
slittare sotto la commiserazione per le vittime (purchè inermi e non-
violente) i paradigmi dei carnefici, strategicamente questi puntellano
e agevolano.
Guardo la foto e la memoria srotola il filo della storia di un
avvicinamento a Slobo che parte dal 24 marzo e termina pochi istanti
dopo lo scatto di quell’immagine. Dopo aver sbranato oltre metà della
Jugoslavia, in parte anche grazie alla collaborazione di “pacifisti”
come Adriano Sofri, Alex Langer, Costruttori di pace, settori
cattolici, ongisti voraci e semplicemente fessi, fondata sull’assenso
agli inganni della guerra psicologica, nella notte tra 23 e 24 marzo le
classi dirigenti europee e nordamericana si apprestano alla soluzione
finale. La mattina del 24 marzo, a garanzia delle retrovie, insieme
alla Nato entra in guerra il Tg3, il canale “di sinistra”, cosiddetto
Telekabul, ma anche, a buon titolo, Telepapa (fin da quando un papa
ultrareazionario e guerresco aveva sobillato i neofascisti – ma
cattolicissimi – croati contro la federazione ancora ostinatamente
socialista). La donna-cannone è Botteri, il direttore del circo è Ennio
Chiodi, democristosinistro. Ci si dice, in riunione di redazione, da
che parte stare, ci si accalora sul “dittatore”, su “pulizia etnica”,
“ondate di profughi” e dunque, appunto, sull’ “intervento umanitario”.
Tutti annuiscono, il tavolo della riunione pare un carillon. Armiamoci
e partite. Da quel giorno non ho più messo piede in RAI, al Tg3. Di
decente c’erano rimasti solo gli operatori e i montatori, anche perché,
bravi per conto loro, non devono il pane a nessuna ruffianeria. E pochi
giorni dopo partii, con la prima delegazione dalla parte degli
aggrediti e tanto di telecamerina, per Belgrado, quella delle macerie,
della morte, della fame, della sfida-sfottò dei “target” sui ponti. Si
doveva passare da Austria e Ungheria, farsi taglieggiare dai rispettivi
doganieri, scendere sotto le bombe per la Voyvodina a Novi Sad. Gli
sgherri razzisti di Tudjman, cari al papa, non permettevano il
passaggio. Chi frequentava i serbi era infetto per l’Occidente intero.
Ci accompagna e assiste un piccolo partito comunista. Attraversiamo l’
inferno, la resistenza, la quinta colonna (che la “dittatura” lasciava
agire e ci aveva permesso di incontrare apertamente in piena Belgrado),
fino al geno-ecocidio programmato di Pancevo e di Zastava. I serbi non
si piegavano e non c’è momento più alto nella vicenda europea dopo la
liberazione partigiana – quella che tedeschi e statunitensi riuniti
intendevano vendicare – che quella, fortunosamente ripresa dai miei
documentari, delle legioni di uomini e di donne, veri combattenti con l’
arma nucleare della dignità, che sul Ponte Branco di Belgrado, sera
dopo sera, facevano svettare bandiere jugoslave, cartelli “target” sul
cuore, canti di orgoglio, incriminazione e resistenza, contro gli
strumenti tonitruanti degli stragisti Clinton, Schroeder e il
chierichetto col botto D’Alema.
A Novi Sad i ponti erano stati sbriciolati, la raffineria s’inceneriva
nell’uranio, la terra si scuoteva per terremoti da bombardamenti. A
Belgrado il cielo si apriva ai terminator con la chimica della guerra
meteorologica. Una volta, a Kragujevac tre missili ci mancarono di 80
metri. Mi è rimasta impressa la temeraria calma del compagno di
viaggio, Raniero La Valle. Una notte scampammo alla sorte dei neonati
a cui le bombe avevano spento le incubatrici, fuggendo dall’albergo e
dai pressi dell’ambasciata cinese in fiamme, con dentro tre morti,
mentre D’Alema e compari ammazzavano, nel nome della libertà di stampa,
16 giornalisti e tecnici della televisione serba (mai annoverati tra le
sue vittime dall’associazione mercenaria Reporters Sans Frontieres). A
Pancevo, la città della chimica e del petrolio, D’Alema e sodali
avevano fatto in modo che le nubi e i liquidi tossici, sprigionati dai
loro esercizi di sfoltimento dell’umanità, da aria, terra e acque
pervadessero, fino a corromperli, vita e futuro di generazioni. A
Kragujevac, la più grande industria dei Balcani era un ammasso
uranizzato di macerie e di storia operaia. Ma c’erano ancora, dopo i
missili e nell’uranio, gli scudi umani che avevano sfidato, inanellati
attorno agli stabilimenti, la foja assassina degli umanitari. Ci
avrebbero messo appena un anno a rimettere in piedi gran parte della
fabbrica. Non solo quella. Tornammo un anno e mezzo dopo: due ponti di
Novi Sad erano risorti, la Zastava era tornata a far correre due linee
di montaggio. Nell’inedia e nel gelo delle sanzioni, tra le macerie
delle loro case (ma migliaia erano già state ricostruite), con i corpi
ancora caldi delle vittime sezionate dalle bombe a grappolo a Nis e in
tanti altri posti, con il sangue avvelenato dalla guerra chimica, i
serbi erano rivissuti per orgoglio e per vendetta. Nessuno pensava
alla resa. “Serbi da morire!” titolai il documentario.
Sotto il controllo di un presunto “dittatore”, alla faccia degli
infiltrati, dei demonizzatori, di morte e rovina, dei governanti
avversi che le libere elezioni del “despota” avevano installato nelle
maggiori città del paese, nonostante il sabotaggio al servizio del
nemico di una stampa al 90% in mano all’opposizione filo-imperialista,
la Jugoslavia di Slobodan Milosevic aveva retto e si stava aggiustando
addosso i vestiti laceri.. A scandalo di una sinistra italiana
miseramente subalterna, avevo potuto scrivere su un giornale serbo
“Meglio serbi che servi”. Quella “sinistra” preferiva fraternizzare con
i sedicenti oppositori “democratici” di Radio B-92, della televisione
di Vuk Draskovic (oggi ministro agli ordini di Solana), “Studio B”,
entrambi del circuito europeo Cia di “Radio Liberty”, entrambi
foraggiati da George Soros, con un’alleanza civica assetata di libero
mercato, garantita da pretoriani Nato, chiamata “Zayedno” Ma,
soprattutto, si era gemellata con l’altra articolazione Cia, il mix
sottoproletari-fichi dei quartieri alti di “Otpor”, appena reduce da
corsi di eversione tenutigli a Budapest e a Sofia da generali Usa.
Eversione “non-violenta” fino al rovesciamento del governo legittimo,
ma violentissima dopo, nell’occupazione delle istituzioni, nell’
epurazione a bastonate e omicidi di sindacalisti, politici di sinistra,
giornalisti onesti, maestranze non vendute. Quando questa coalizione
del cialtroname opportunista e rinnegato colmò la piazza di Belgrado e
poi invase il parlamento per bruciare le schede che avevano dato, nel
settembre 2000, la vittoria alle sinistre, i miei reportage dal campo
venivano cestinati dal redattore capo di Liberazione, Salvatore
Cannavò. Cestinò anche le mie interviste ai capi di Otpor che esibivano
grande fierezza per essere i fiduciari “dell’intelligence di una grande
paese come l’America” e dichiaravano di auspicare l’avvento di una
“democrazia all’americana” in cui una “manodopera a basso costo serba
avrebbe fatto la fortuna delle multinazionali americane” e la si
sarebbe fatta finita con la “demagogia della garanzia del lavoro,
della sanità e dell’istruzione gratuite e per tutti”. Il compagno
trotzkista Cannavò fu invece svelto a invitare “i compagni di Otpor”
agli appuntamenti no-global.
Tornai ancora a Belgrado, quando tutto era davvero finito. I serbi, la
Jugoslavia, l’Europa, la pace, la verità avevano perso. Si poteva
espandere a macchia di vetriolo, senza più oppositori, l’infame inganno
di una “pulizia etnica” nel Kosovo, con la quale si volle giustificare
la fuga di povere popolazioni dai bombardamenti Nato e l’espulsione di
300.000 serbi innocenti ad opera degli ascari Nato e stragisti
narcotrafficanti dell’UCK. Disintegrata la trincea jugoslava, smembrata
una nazione democratica, progressista, antimperialista nei suoi
segmenti etnici e confessionali, creata la piattaforma per la
penetrazioni, bellica o con le “rivoluzioni colorate” tipo Otpor, verso
Est, verso gli idrocarburi del Caucaso e l’oppio afgano, rinchiuso nel
braccio della morte dell’Aja e nel cappio della diffamazione uno dei
più onesti ed equilibrati uomini di Stato del nostro tempo, la strada
era stata aperta per il terrorismo imperialista globale e permanente. A
mio avviso, soprattutto misurando la vicenda jugoslava contro quella
irachena, dove una Resistenza di popolo saggiamente predisposta dalla
sua dirigenza, ha bloccato l’avanzata dei mostri, a Slobodan Milosevic
possono essere imputati solo due errori. Aveva resistito all’infame
ricatto di Rambouillet e quel gesto di forza e di dignità aveva
mobilitato il suo popolo alla resistenza. Le due rese successive di
Dayton nel 1995 e di Kumanovo nel 1999, seppure motivate dall’impegno,
questo sì umanitario, a salvaguardare la sopravvivenza di genti che
avevano sofferto l’indicibile da un ventennale ostracismo
internazionale, dalle sanzioni e dalle guerre. Possiamo immaginare,
alla luce della vittoriosa guerra di popolo irachena, cosa sarebbe
successo nella Serbia della cacciata di sua propria mano della
Wehrmacht, se il rifiuto della Pace di Kumanovo avesse costretto i
mercenari della Nato a misurarsi con un esercito di popolo pratico di
ogni anfratto della sua terra e collaudato dal confronto con l’allora
più potente esercito d’Europa. Certo sangue, lacrime, sacrifici
inenarrabili, ma probabilmente l’avanzata del carnefice planetario
sarebbe stata arrestata prima della trincea irachena. Quale governo
europeo avrebbe potuto sostenere il peso di centinaia di suoi giovani
militari caduti in un’operazione che si sarebbe evidenziata via via più
criminale?
L’ultima mia Serbia l’ho vista qualche tempo dopo, a trauma collettivo
subito, a futuro oscurato. Con il difensore di un popolo che aveva
saputo imporre la sua agenda ai grandi, venduto e martirizzato in un
paese lontano, sembra che si sia dissolta ogni capacità di reazione. Al
vertice, coperte da un personaggio da incolore mezza stagione,
Kostunica, si avvicendavano bande di malfattori e rinnegati. Era
estate, ma neanche la stagione sorrideva a questo “volgo disperso che
nome non ha”. Le strade di Belgrado, di Pancevo, di Kragujevac, di Nis,
su cui ancora incombevano scheletri di corpi urbani che nessuno più
faceva rivivere. Gli anfratti suburbani in cui era stato ammassato il
milione di senza terra, senza casa, senzapatria. Passanti infreddoliti
che sembrano perdersi in un vuoto poststorico, come nella polvere
volteggiano prive di senso cartacce che un tempo erano alimenti, libri,
manifesti, lettere. Ricordo il mio ultimo saluto, dall’autobus, a una
protagonista della forza che aveva fatto rinascere la Zastava, una
comunista, figlia di partigiano.Il suo sguardo mi riportava a quello di
un vecchio palestinese davanti alla fotografia del suo villaggio
perduto. Un generoso lavoro di resistenza di compagni, riuniti nel
Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia, in pochi altri momenti di
militanza, come “SOS Jugoslavia” e l’associazione di Trieste, e di
pochi serbi della diaspora, per anni uniche voci di contrasto alla
menzogna, di solidarietà, ha dovuto ridursi a inascoltata denuncia di
disgrazie epigonali, ai possibili interventi, questi sì, umanitari, a
ricordi. E, in perfetta solitudine, a una minoritarissima mobilitazione
in difesa di Milosevic e della verità sullo pseudoprocesso dell’Aja.
Solitudine di cui possiamo ringraziare, oltrechè un pubblico offuscato
dall’inquinamento mediatico di destra, di centrosinistra e di
“sinistra”, anche la timidezza con la quale i personaggi di riferimento
dell’area antagonista hanno risposto al martellamento demonizzatore.
Quasi che corressero qualche inaccettabile rischio di carriera a
compromettersi con la verità. Personalmente ho potuto misurare la
distanza che correva tra la percezione nella base di sinistra su chi
erano i buoni e chi i cattivi nei Balcani, e la prudente riservatezza,
i distinguo a mezza bocca, dei leader del movimento. C’è rimasta, nel
desolante silenzio di voci balcaniche, la denuncia e il sostegno dell’
unica bandiera all’apparenza non ammainata: Slobodan Milosevic,
presidente della Jugoslavia, incarcerato all’Aja e ora ammazzato
oberandone il cuore malato di prove insostenibili, poi avvelenandolo.
Non si poteva tollerare che continuasse a sbugiardare i suoi boia, a
vincere ogni confronto e quindi a validare la sacrosanta richiesta di
risarcimenti del suo popolo. Tanto meno lasciargli tempi di ripresa
accettando la richiesta di un breve periodo di cura a Mosca, dove,
peraltro, medici non al guinzaglio della Del Ponte avrebbero potuto
scoprire la terapia assassina. Dove Slobo avrebbe potuto parlare con
giornalisti non velinari e compromettere ulteriormente il gioco.
Leggere gli atti del processo per credere.
“Il manifesto”
Leggere, invece, quanto ha scritto sull’evento l’unico quotidiano
italiano ancora “diverso” , “il manifesto”. Messo in salvo un po’ di
coscienza con la condanna dell’intervento Nato, ecco che si rilanciano
e si riabilitano, contro ogni evidenza storica nel frattempo
disponibile a chiunque, tutti gli stereotipi della gigantesca truffa.
Si esonerano i mandanti della morte di Slobo, ormai inchiodati da
elementi inesorabili, parlando sprezzantemente di “milioni di teorie e
complotti a cavallo di fantapolitica e storie di spionaggio di altri
tempi”; si parte definendo il difensore dell’unità jugoslava, l’unico
dei personaggi di quella stagione né quisling, né chauvinista, “uno dei
protagonisti della mattanza balcanica”. Si parla, riferendosi al famoso
discorso di Kosovo Polje del 1989, in cui, pur garantendo ai serbi del
Kosovo protezione dai pogrom albanesi sollecitati dai cospiratori
imperialisti, Slobo s’impegnò come nessun altro leader delle provincie
a salvaguardare i pari diritti di tutte le popolazioni jugoslave, come
del lancio di una grande e ipernazionalistica Serbia, avallando l’alibi
dell’aggressione che sarebbe partita da lì a poco. Cerchiobottismo, si
direbbe, che da anni ci rifila una specie di avallo ex post alla
menzogna della pulizia etnica serba, ora diventata addirittura
“campagna di terrore verso gli albanesi”, secondo quanto dettavano
Giovanna Botteri e l’infiltrato radicale Antonio Russo che sparava
cazzate granguignolesche di matrice Nato da un finto nascondiglio a
Pristina.. L’avallo viene con quel “contropuliza etnica” con cui l’
autore si ostina a definire le stragi degli ultimi serbi del Kosovo e
che pareggerebbe implicitamente un qualche conto. Stesso avallo viene
ripetutamente offerto, a scorno di tutte le documentate smentite, all’
altra delle grandi truffe che, dagli attentati al mercato di Sarajevo
in giù, hanno giustificato la distruzione della Jugoslavia: la “strage
di Sebrenica”. Le bande Otpor, che certamente si erano trascinate
dietro disillusi e illusi della sofferenza serba, oltre alle milizie
armate del sindaco nazista di Cacak , diventano per Tommaso Di
Francesco “la folla scesa in piazza a Belgrado per ottenere il
riconoscimento della vittoria alle presidenziali di Vojslav Kostunica”.
Sul discorso di Kosovo Polje, che non deve aver mai letto per intero,
nella sua appassionata perorazione del pluralismo e delle pari dignità,
ecco che viene riesumata la bugia del lancio di una “Grande Serbia”,
che avrebbe tolto al Kosovo l’autonomia garantitagli da Tito. Possibile
che un esperto giornalista non sappia come l’unica cosa che Belgrado
tolse al Kosovo, già in pieno pogrom antiserbo ed antijugoslavo per
conto dell’imperialismo, era l’assurdo e paralizzante diritto di veto
sul legiferare delle altre repubbliche e della federazione intera? L’
autonomia restò intatta, per quanto emissari di Washington, come Soros
e madre Teresa di Calcutta, già vi stavano costruendo uno Stato
parallelo, albanese, etnicamente pulito, eminentemente un narcostato al
servizio della finanza occidentale. Con il concorso di un collega,
anche lui da tramandare agli onori dei negazionisti della verità (non
ci sono solo quelli dell’olocausto), il giornalista ripercorre proprio
tutte le tappe dell’intossicazione: “estremismo nazionalistico che
ispirava il suo regime”, “gestione di un paese solo apparentemente
democratico” (dove pur si votava con una frequenza quasi maniacale tra
repubbliche, federazione, amministrazioni locali, dove le grandi città
venivano conquistate dall’opposizione e dove, in piena guerra, si
andava e si veniva come Pisanu si sognerebbe di lasciar fare), fino
alle infamanti “collusione con le organizzazioni illegali”. Già quelle
che avrebbero contribuito a formare il famoso “tesoro di Milosevic”,
mai trovato, mai esistito, al punto che perfino i suoi detrattori hanno
dovuto ammettere che Milosevic aveva come unico cespite il suo
stipendio. Non basta a riscattare tanta aderenza al diktat
propagandistico degli aggressori, il finalino con cui si mette in
dubbio la credibilità giuridica di un tribunale dell’Aja, creato dal
vincitore e la cui procuratrice ha respinto ogni addebito che milioni
di cittadini colpiti avevano rivolto alla Nato dei 78 giorni di crimini
di guerra.
Sai, caro collega, una volta che ti sei piegato all’assunto
principale, pulizia etnica, Sebrenica, regime autoritario, mafia, le
sparate contro la guerra etnico-imperialista hanno la forza di una
pistolettata ad acqua. Almeno i Disobbedienti, allora Tute Bianche di
Padova, una volta fatta la megacazzata di andare, in piena guerra, a
Belgrado e, ospitati dalla Tv di Stato, di sbraitare contro il governo
serbo aggredito e fraternizzare con forze d’opposizione, quinte colonne
dichiaratamente filoamericane, oggi se ne stanno zitti. Il gemellaggio
con la radio Cia B-92, fatta allora passare per “radio di movimento”,
gli deve ancora bruciare. Ma dubito che bruci a una Wilma Mazza di
Radio Sherwood il ricordo di come i suoi picchiatori si fossero
avventati, il 6 giugno ad Aviano, manifestazione contro la guerra, su
coloro che alzavano bandiere jugoslave, li avessero colpiti e ne
avessero stracciato i vessilli.Tornando al “manifesto” che, fin qui, va
deplorato per quel suo colpo al cerchio e colpo alla botte che,
ovviamente alla fin fine, rafforza essenzialmente la botte delle
mistificazioni, là dove questo giornale pare addirittura perdere l’
identità che gli abbiamo sempre riconosciuta è in un paginone di tale
Slavoj Zizek (leggetelo nell’edizione in rete del 15/3/06). C’è da
restare sgomenti. L’autore, attribuita ogni nefandezza di prammatica a
Milosevic, portando al diapason gli stereotipi del “nazionalismo
fondamentalista”, che Slobo avrebbe “manipolato”, arriva a descrivere
una Jugoslavia sotto Milosevic dove tutti si sarebbero potuti abbuffare
e fare quel che cazzo che gli pareva, dimenticando la terribile
pressione, prima economica e poi militare, con la quale le potenze
occidentali e l’FMI avevano portato la Serbia sull’orlo della rovina.
Niente si dice della criminale cospirazione imperialista che fin dalla
morte di Tito aveva programmato il disfacimento della Federazione e l’
obliterazione dei serbi. Tra altre autentiche nefandezze, si arriva
addirittura a deplorare – e qui l’asino casca proprio – che americani
e complici non abbiano fatto fuori Milosevic e la Serbia molto tempo
prima (“L’interminabile differimento delle potenze occidentali”), visto
che erano da interpretarsi “come guerra civile o persino tribale (sic!)
alcuni chiari episodi di aggressione serba”. Questo autentico
trombettiere delle guerre di devastazione e rapina raggiunge un lucido
delirio quando inserisce Milosevic nientemeno che in una schiera che
comprende Pinochet, Idi Amin, Pol Pot, Hitler e Mussolini. Non Clinton,
non Bush, non Wesley Clark, non Madeleine Albright, non i fascisti
Tudjman e Izetbegovic esecutori del nazionicidio. Milosevic. Con questo
indecente apologeta della vicenda imperialista che ha aperto le porte
dell’inferno all’umanità, un personaggi che da l’impressione di agire
come pupazzo per conto di qualche individuabilissimo ventriloquo, “il
Manifesto”, ha tradito non solo la verità di un popolo e del suo
rispettabilissimo leader. Ha tradito tutti noi. Si tratta della nuova
linea bertinottian-unionista? Che tristezza.
Sotto la foto di Slobo ora scorrono sullo schermo immagini di gente
che porta fiori ai suoi ritratti. “E tu onor di pianti Ettore avrai,
ove fia sacro e lacrimato il sangue per la patria versato…” Donne,
uomini, vecchi e giovani serbi. Gente qualunque. Sono tanti, sempre di
più. Mi ricordano un mesto e forte corteo di contadini e operai, di ex-
partigiani e donne, in una ricorrenza lontana della morte di Tito.
Furono aggrediti e sprangati da giovinastri scesi da Radio B-92. Vecchi
operai coperti di sangue…”e finchè il sole risplenderà sulle sciagure
umane”.
Era un rigido autunno di qualche anno fa. I soliti pochi, non ligi,
non vili, ancora una volta con un’inadeguata ma fedelissima
rappresentanza serba, ci riunimmo davanti alla prigione-fortezza di
Scheveningen. Ci dissero che di là, oltre il fossato e alle muraglie
di bugnato, il carcerato poteva udirci. Centocinquanta combattenti
contro la menzogna si misero a lanciare messaggi d’affetto urlando:”
Slobo-Slobo”! Fino a quando energumeni olandesi in nere uniformi non c’
imposero di tacere. Guai a trasmettere ulteriore coraggio, quello che
ti viene quando scampi all’abbandono, a chi già aveva svergognato uno
dopo l’altro i suoi accusatori mercenari, aveva costretto alla ritirata
testimoni tanto grotteschi quanto istruiti per la bisogna. Pur di
impedire che l’accusa al presidente jugoslavo gli franasse addosso, ai
giudici e ai governanti Nato, facendo riemergere i mai considerati
crimini Nato e lo spettro delle riparazioni dovute al popolo serbo, il
tribunale dell’Aja, il giudice Meron e la pseudoprocuratrice Del Ponte
(che chiamava la signora degli eccidi, Madeleine Albright, “madre del
tribunale”) abbandonarono ogni parvenza di legalità, di etica
giudiziaria e di umanità nei confronti del detenuto. Contro la sua
volontà e contro il diritto gli imposero avvocati d’ufficio con i quali
ci si rifiuta di parlare, di cui i tuoi testimoni non si possono
fidare, che non ti riferiscono fatti rilevanti e che, con un conflitto
d’interesse di fronte al quale impallidisce anche quello del malvivente
nostrano, erano stati scelti tra i tuoi giudici! Nessuna autorità del
diritto internazionale ha avuto mai da obiettare contro aberrazioni
come queste, come la detenzione per cinque anni di un uomo affetto da
ipertensione gravissima, l’imposizione di ritmi di udienza da stroncare
un rinoceronte, l’espansione illimitata degli spazi e testimoni d’
accusa e la riduzione a pochissimo di quelli della difesa (non per
nulla Slobodan è stato fatto morire prima che fosse costretto a
testimoniare il da lui citato criminale di guerra Bill Clinton, seguito
poi dai succedanei D’Alema, Blair, Chirac e affini), la negazione di
terapie richieste e l’obbligo a quelle non volute. Milosevic, nel
silenzio del sistema legale e di quello mediatico, fu rinchiuso in una
vergine di Norimberga giudiziaria. Cionondimeno riusciva, passo dopo
passo, a far emergere il vero volto, euro-americano, delle guerre
balcaniche, dei massacri, delle pulizie etniche. Bisognava fermarlo. Lo
si è fermato quando già aveva vinto e il Tribunale dell’Aja per i
crimini di guerra in Jugoslavia era a tutti gli effetti destinato nella
discarica della storia.
Nelle ore prima di quella foto sul televisore, Slobo mi aveva
raccontato un gran pezzo della vita sua e del suo paese. Un discorso la
cui architettura erano fatti, date, citazioni. Ne uscivano i
protagonisti della vicenda nelle dimensioni e con i profili che la
storia conferma e confermerà: le ipocrisie dei negoziatori alleati e i
trucchi di Rambouillet, le mille diffamazioni di una sistema
imperialista che, essendo gestito da criminali, si era convertito in
coacervo di Stati criminali, l’utilizzo di mafie e quinte colonne
contro il governo democratico, l’ininterrotto uso dei termini
“dittatore” e “despota”, le bugie sui famigliari: Mira Markovic che
diventa “Lady Macbeth”, secondo un’iconografia classica degli stregoni
della guerra psicologica, la stessa delle varie “Lady Antrace” o “Lady
Veleno” irachene; la piccola boutique del figlio Marko che diventa la
satrapica catena di negozi di un puttaniere che, in pieno
bombardamento, si permette addirittura di costruire un parco giochi per
bambini, magari per attenuare il trauma delle atrocità Nato…Ma anche il
racconto della propria vicenda come barriera contro la spinta verso l’
abisso di qualcosa che andava ben oltre la Jugoslavia. Slobo aveva
parlato con voce piana, senza alterarsi, con qualche virata verso l’
ironia, con qualche momento accorato. Poi la foto e ci siamo salutati,
noi con la sensazione fredda di un qualcosa di terribilmente
inesorabile, lui certo con la stessa consapevolezza, ma senza
aggravarci dandocelo ad intendere. Curiosamente, tra i tagli di luce
che dagli alberi neri piovevano sul viale, come fossimo davanti al
banco di un “Tre palle un soldo”, mi sfilavano nella mente le facce dei
politici che accompagnano la stagione del nostro sconforto: pagliacci,
imbonitori, trucidi, idioti, perversi, voraci, ottusi, volgari, osceni.
Milosevic, alle nostre spalle nell’arco del portico, ci salutava con
la mano. Strana inversione : noi partivamo, ma restavamo; lui era fermo
lì, ma capimmo che sapeva di essere lui ad andar via a lungo.
Quell’intervista, oggettivamente storica, la portai all’allora mio
giornale, “Liberazione”, quello di Bertinotti. L’omologa del capo, Rina
Gagliardi, la rifiutò con la seguente motivazione, di chiaro tenore
democratico e professionale: “Mica ci possiamo appiattire sulle
posizioni di un Milosevic!”. E già, “il macellaio dei Balcani”… Passai
l’intervista a gratis al maggiore quotidiano italiano, “Corriere della
Sera”, che ovviamente la pubblicò. A proposito di ignavia. Ne hanno
espresso uno tsunami i capi e capetti del movimento, sia quelli che si
erano squali-ficati a Sarajevo, cattopacifisti, sindacalisti,
disobbedienti imbroglioni o imbrogliati, missionari, ambiguoni ed
infiltrati travestiti da non-violenti, sia gli antimperialisti.
Antimperialisti finchè si vuole, ma rettificare le infamie su Milosevic
e schierarsi dalla parte di questo autentico combattente
antimperialista, beh, sarebbe imbarazzante, magari pericoloso. Ne avete
ascoltato in questi giorni il silenzio da sordomuti?
Slobo, pochi giorni prima, aveva detto ad amici che non si sarebbe
arreso a nessuno, se non alla morte. Ha mantenuto la sua promessa e,
come aveva denunciato gli assassini del suo paese e gli iniziatori di
una guerra globale contro l’umanità, prima di essere ucciso aveva
additato i suoi boia e i loro fini. Ma che la morte lo abbia sconfitto
è tanto poco vero quanto lo fu nel caso del Che. Gli ignavi di allora
furono confusi, i bugiardi smascherati, i vili svergognati, i criminali
puniti, o quanto meno condannati dagli uomini. Così sarà, a tempo
debito. Qualche serbo c’è ancora. Rispondendo alla domanda in
televisione su cosa pensasse di Slobodan Milosevic, il calciatore
Sinisa Mihailovic, quello del “target” sotto la maglia, ha detto ieri,
senza un filo di esitazione e con decisione irrevocabile, “E’ il mio
presidente!”
Vorrei poter dire la stessa cosa anch’io. La dico.
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http://www.criminidiguerra.it/html/DocumentiE.htm
Documenti
CROWCASS
(Central register of war criminals and security sospects)
Registro dei criminali di guerra e dei sospetti accertati.
Lista dei ricercati confermati
da Nazioni Unite - Commissione per i crimini di guerra (1945?)
rintracciata dalla storica Caterina Abbati presso Wiener Library a Londra
Fondo Luigi Gasparotto (materiali della Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani)
Le liste dei presunti criminali di guerra al vaglio della Commissione d'inchiesta (1947 - 1948)
Memoria della Commissione d'inchiesta
La circolare 3 C del comandante della II Armata gen. Roatta (edizione 1.12.1942)
Collegati:
- Foglio n. 7000 (7.4.1942)
- Allegato A al foglio n. 7000
- Allegato B al foglio n. 7000
- Allegato n. 84 per correzione allegati precedenti (22.4.1942)
Disposizioni del Comando Supremo: repressione atti terroristici (16.4.1942)
Telegramma del comando della II Armata: rappresaglia sugli ostaggi (19.4.1942)
Telescritto del Comando Supremo a S.I.E su rappresaglie (24.4.1942)
Proposte di Roatta su internamenti di civili (1.5.1942)
Informazioni da Comando II Armata su rappresaglie italiane e tedesche in Slovenia (4.5.1942)
Ripercussioni delle rappresaglie sulla popolazione da Comando II Armata (17.5.1942)
Lettera di Robotti a Grazioli di trasmissione del testo del proclama Roatta agli Sloveni (4.7.1942)
Proclama agli sloveni di Roatta per i rastrellamenti dell'estate 1942 - firmato dal gen. Robotti, comandante XI C.d'A. e dall'Alto Commissario di Lubiana Grazioli (emesso il 15.7.1942)
Proclama di Roatta per i territori croati annessi in occasione dei rastrellamenti dell'estate 1942 - firmato dal gen. Coturri, comandante V C.d'A. e da Temistocle Testa, prefetto della provincia del Carnaro (15.7.1942)
Disposizione per fucilazione civili sospetti di Robotti (17.7.1942)
Disposizioni per applicazione del proclama Roatta di Robotti (18.7.1942)
Richiamo ai comandanti per repressione energica di Robotti (21.7.1942)
Disposizione per deportazione di civili a discrezione dei comandanti di Robotti (21.7.1942)
Disposizioni per i medici sulla denuncia dei feriti di Robotti (21.7.1942)
Disposizione per fucilazione dei sospetti di Robotti (23.7.1942)
Verbale riunione dei generali con Mussolini a Gorizia (31.7.1942)
Disposizioni per fucilazione ed incendio edifici per possesso di stampati di Robotti (4.8.1942)
I commenti: SI AMMAZZA TROPPO POCO! ... di Robotti (agosto/settembre 1942)
Disposizioni per incendio villaggi e deportazione popolazioni da Roatta (20.8.1942)
Fucilazioni e scambio di prigionieri del gen. Gambara (27.5.1943)
Fucilazioni dei ribelli dopo la caduta del Fascismo di Robotti (23.8.1943)
Documenti inerenti il Tribunale Straordinario della Dalmazia:
Relazione della Commissione croata
Notiziario del Fronte croato (stralcio)
Relazione del Procuratore militare italiano della Dalmazia (stralcio)
Documentazione approntata per il ministro della Difesa L. Gasparotto (21 marzo 1947)
Sintesi ricavata dalla stampa italiana sul processo Kesserling (marzo 1947)
Articolo de La Tribune de Geneve su Il processo dei criminali di guerra in Italia (4.3.1947)
Sintesi delle maggiori stragi dell'esercito tedesco a scopo di rappresaglia in Italia nel 1944
Breve memoria sui crimini di guerra nella legislazione penale italiana
Accordo e Statuto del Tribunale Militare Internazionale per il giudizio e la punizione dei grandi criminali di guerra delle potenze europee dell'Asse (8.8.1945)
Documenti inerenti il perseguimento dei criminali di guerra italiani (1946-1949)
pubblicati da F. Focardi e L. Klinkhammer
Telescritto su richiesta di criminali di guerra italiani e tedeschi da ambasciatore Quaroni a Ministero Affari Esteri (7.1.1946)
Criminali di guerra italiani e tedeschi, appunto interno Ministero Affari Esteri (25.1.1946)
Sulla costituzione di una Commissione d'Inchiesta dal ministro della Guerra al presidente del Consiglio (25.1.1946)
Lettera del presidente del Consiglio al capo della Commissione Alleata (9.4.1946)
Lettera del capo della Commissione Alleata al presidente del Consiglio (2.5.1946)
Decreto del ministro della Guerra di costituzione della Commissione d'inchiesta per i presunti criminali di guerra italiani (6.5.1946)
Telescritto su consegna di criminali di guerra italiani da ambasciatore Quaroni a Ministero Affari Esteri (15.7.1946)
Memorandum italiano alla Conferenza di pace di Parigi (29 luglio - 15 ottobre 1946) - stralcio
Osservazioni sul progetto del Trattato di pace da Ministro di Grazia e Giustizia (5.8.1946)
Lettera del presidente del Consiglio al capo della Commissione Alleata (11.9.1946)
Lettera del ministro degli Esteri Nenni per il processo ai presunti criminali italiani (28.10.1946)
Promemoria del ministro degli Esteri Zoppi sulla consegna e sul processo ai presunti criminali italiani (19.1.1948)
Allegato - Il numero dei criminali di guerra richiesti dai paesi sottoposti ad occupazione militare italiana
Lettera del sottosegretario Andreotti sulla consegna dei presunti criminali italiani (16.2.1948)
Lettera del direttore del ministero degli Esteri Zoppi sull'elusione della consegna e del processo ai presunti criminali italiani (20.8.1949)
Documenti italiani tratti dai testi pubblicati dallo storico sloveno Tone Ferenc
Stralcio al discorso di Mussolini alla Camera (10.6.1941)
Proposte del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (4.9.1941)
Disposizioni del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (8.9.1941)
Determinazioni dell'Alto commissario di Lubiana per il mantenimento dell'ordine pubblico (28.10.1941)
Analisi e proposte dei gen. Orlando e Robotti per una rapida pacificazione della Slovenia (fine novembre 1941)
Ulteriori direttive del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (27.12.1941)
Direttive gen. Ambrosio, comandante II Armata per la lotta antipartigiana (30.12.1941)
Appunti del gen. Robotti per la lotta antipartigiana (8.1.1942)
Relazione dell'Alto commissario sulla situazione della provincia di Lubiana (8.1.1942)
Direttive per il rastrellamento a Lubiana del gen. Orlando (26.2.1942)
Disposizioni per aprire campi di concentramento del gen. Robotti (27.2.1942)
Comunicazione a II Armata di Robotti su campi di concentramento(27.2.1942)
Rapporto informativo dei Carabinieri di Lubiana (26.2.1942)
Provvedimenti contro i familiari di ribelli del gen. Roatta (5.3.1942)
Procedimenti contro i familiari di ribelli dell'Alto commissario Grazioli (12.3.1942)
Proposte contro i familiari di ribelli del gen. Robotti (17.3.1942)
Proposte contro i familiari di ribelli di Carabinieri Div. "Isonzo" (18.3.1942)
Arresto in blocco degli studenti di Lubiana di Grazioli a comando XI CdA (21.3.1942)
Relazione su situazione dopo applicazione circolare 3 C da Grazioli a Ministero dell'Interno (24.3.1942)
Approvazione provvedimenti contro i familiari di ribelli del Ministero dell'Interno (24.3.1942)
Rapporto su rastrellamenti a Lubiana dei Carabinieri XI CdA (28.3.1942)
Telegramma su campi di concentramento da II Armata (30.3.1942)
Telegramma su internati del gen. Robotti (30.3.1942)
Rapporto informativo su azione di repressione dei Carabinieri di Lubiana (6.4.1942)
Procedimento contro famigliari di ribelli del gen. Roatta (6.4.1942)
Proposte per deportazioni in campi di lavoro dei Carabinieri XI CdA (7.4.1942)
Bando per la fucilazione di ostaggi di Robotti e Grazioli (24.4.1942)
Disposizioni su internamenti del gen. Robotti (25.4.1942)
Devozione del gen. Orlando (27.4.1942)
Rapporto su azioni contro ribelli e favoreggiatori dei Carabinieri batt. "Milano" (29.4.1942)
Proposta su internamenti protettivi del gen. Robotti (29.4.1942)
Disposizioni su internamenti protettivi del gen. Robotti (29.4.1942)
Analisi e disposizioni sull'ordine pubblico (verbale di riunione) (30.4.1942)
Lettera sulla fame nei campi di concentramento di un esponente cattolico sloveno (7.5.1942)
Proposta di confino per un parroco di Carabinieri di Cocevie (9.5.1942)
Verbale di riunione con Mussolini (stralcio) del gen. Roatta (23.5.1942)
Disposizioni per deportazione di popolazioni del gen. Robotti (25.5.1942)
Giustificazioni giuridiche delle rappresaglie sulla popolazione del comando XI CdA
Proposte al Comando supremo di Roma su deportazioni del gen. Roatta (2.6.1942)
Documento di analisi e proposte per la repressione in Lubiana e provincia del gen. Orlando (3.6.1942)
Programma per deportazioni e requisizioni del gen. Danioni (11.6.1942)
Telegramma su internamenti protettivi da comando XI CdA (19.6.1942)
Accordi per rappresaglie con XI CdA dell'Alto commissario Grazioli (20.6.1942)
Promemoria su rappresaglie del gen. Robotti (4.7.1942)
Rapporto sul rastrellamento di Lubiana del gen. Orlando (4.7.1942) - allegato con Statistiche
Deportazioni da zone limitrofe alla ferrovia del gen. Robotti (7.7.1942)
Apertura nuovi campi di concentramento
Ubili su predsjednika Slobodana Milosevica!
Voce jugoslava - Jugoslavenski glas
Svakog utorka, od 14,00 do 14,30 sati, na Radio Città Aperta, i valu
FM 88.9 za regiju Lazio, emisija:
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Kosovo, Kosovo 2005. Brosure. Knjige: "Dalla guerra all'assedio",
"Menzogne di guerra", "Operazione foibe", "Kosovaro", "Un campo di
concentramento fascista", "Esuli a Trieste". Najnoviju "Milosevic u
odbrani Jugoslavije" (na talijanskom, Edicija Zambon, 10 eura)
Ogni martedì dalle ore 14,00 alle 14,30:
VOCE JUGOSLAVA
su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio. Si può seguire, come del
resto anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet:
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del Kosovo", "Kosovo 2005". Bollettini e pubblicazioni sulla
Jugoslavia. Libri: "Dalla guerra all'assedio", "Menzogne di guerra",
"Operazione foibe", "Un campo di concentramento fascista", "Kosovaro",
"Resistenza accusa..." E, "Milosevic, in difesa della Jugoslavia",
Zambon editore, 10 euro, "Memorie di una strega rossa" di Giuseppe
Zaccaria, Zambon editore,14 euro.
1. Gedenken an Slobodan Milosevic (junge Welt)
2. Wien: Kondolenzveranstaltung, Diskussion, Kondolenzbuch u.
Gedenkkundgebung
-> Haager Siegerjustiz am Ziel - Milosevic ist tot (JoeSB)
3. »Kein natürlicher Tod« (J. Elsässer / jW)
=== 1 ===
http://www.jungewelt.de/2006/03-14/033.php
14.03.2006 / Inland / Seite 05
Gedenken an Slobodan Milosevic
Berlin. Mit einer Reihe von Veranstaltungen wird auch außerhalb
Serbiens des ehemaligen Präsidenten Jugoslawiens gedacht. Den Auftakt
bildet eine Pressekonferenz des Internationalen Komitees zur
Verteidigung Slobodan Milosevics am heutigen Dienstag in Den Haag. Es
spricht unter anderem die von Milosevic bevollmächtigte Anwältin
Tiphaine Dickson. Am Mittwoch findet in Berlin eine Trauerfeier statt
(20 Uhr, Restaurant Avamor, Uhlandstr. 120, U-Bahnhof Blissestraße).
Es sprechen unter anderem Gordana Milanovic, Exbotschafter Ralph
Hartmann und jW-Mitarbeiter Jürgen Elsässer. Am Freitag wird das neue
Buch »Die Zerstörung Jugoslawiens Slobodan Milosevic antwortet
seinen Anklägern« auf der Buchmesse Leipzig vorgestellt (12.30 Uhr,
Halle 3, Stand C506). Für das Wochenende 24. und/oder 25. März, dem 7.
Jahrestag des Beginns des NATO-Angriffes auf Jugoslawien, ist eine
zentrale Veranstaltung, eventuell auch eine Demonstration in Berlin im
Gespräch. (jW)
=== 2 ===
Kondolenzveranstaltung für das Symbol des serbisch-jugoslawischen
Widerstands gegen die Neue Weltordnung"
Diskussion der Jugoslawisch-Österreichischen Solidaritätsbewegung (JÖSB)
Fr 17.3. 19h
4, Gußhausstr 14/3
Kondolenzbuch für den verstorbenen Präsidenten Slobodan Milosevic
liegt auf
Gedenkkundgebung 7. Jahrestag der Nato-Aggression
Fr 24.3. 17h
Stephansplatz
Slobodan Milosevic, der Inbegriff des Bösen in den 90er Jahren, ist
tot. Indes gibt es an Bösem nach wie vor keinen Mangel. Es scheint
sogar ständig nachzuwachsen und sich zu vermehren: Saddam Hussein,
Ahmedinejad oder gleich ein ganzes Volk, die wie Palästinenser, die in
einer Wahl dem Bösen den Vorzug geben. Überall neue Hitler, die es mit
Feuer und Schwert zu bekämpfen gelte, die nur mit dem totalen
Präventivkrieg niedergehalten werden könnten.
So oder ähnlich lautet heute die Weltsicht der Herrschenden in
Washington. Es war Milosevic' Verbrechen oder Verdienst je nach
Interessenslage als erster Staatsmann sich der Neuen Weltordnung
entgegengesetzt zu haben. Dafür wurde er zum neuen Hitler, zum
Schlächter des Balkans erklärt, wie die Kronenzeitung anlässlich
seines Todes nicht müde wird zu wiederholen.
Damals, unter Clinton, gab sich die Neue Weltordnung noch liberal. Die
Hohlheit und der Zynismus der Dreifaltigkeit von Wohlstand, Demokratie
und Frieden von Washingtons Gnaden waren noch nicht offensichtlich.
Heute, zehn Jahre danach, zeigt sich die tyrannische Fratze des
American Empire ungeschminkt. Angesichts seines Todes geht es darum
gegen die Geschichtsklitterung der Politjustiz der Sieger Milosevic'
Kampf Gerechtigkeit widerfahren zu lassen.
Milosevic war weder revolutionär noch wollte er den Westen
herausfordern. Er wollte nichts mehr als sein Land nicht den
Finanzhaien von IWF und Weltbank ausliefern sowie einige der sozialen
Errungenschaften für die breiten Massen erhalten. Gleichzeitig ging es
ihm um die Bewahrung der politischen Souveränität gegenüber Berlin und
Wien, die als Kreuzritter der Neuen Weltordnung gegen den letzten
verbliebenen realsozialistischen Staat fungierten. Doch es war die
historische Lehre von 1989/91, dass dies nicht ungestraft möglich ist.
Berlin setzte die Brechstange bei den nationalen Konflikten an. Diese
waren wie in so vielen Staaten auch westlichen wie Spanien (Basken)
oder Großbritannien (Iren) zwar vorhanden aber in ihrer Intensität
reichten sie an die Unterdrückung, wie sie in pro-westlichen
Diktaturen üblich ist keiner Weise heran. Als Beispiele sei die
brutale militärische Unterwerfung der Kurden durch die Türkei und der
Palästinenser durch Israel genannt.
In einem nach Religionen, Nationalitäten und Nationen stark
durchmischten Staat musste die vom Westen beförderte nationale
Selbstbestimmung zur Trennung und in der Folge zu dem führen, was
später ethnische Säuberung" heißen sollte (natürlich nur bei denen,
die sich gegen den Westen stellten). Logisches Ergebnis war nicht nur
ein brudermörderischer Krieg, sondern auch der tatsächliche Verlust
der Selbstbestimmung und die spätere Eingliederung in das
Amerikanische Reich. Denn trotz aller Schwierigkeiten war Jugoslawien
einer der weltweit gelungensten Versuche des Zusammenschlusses bei
Erhalt der Vielfältigkeit sowie der Erlangung realer Souveränität.
Milosevic' größter Fehler war es, an die Friedenswilligkeit und
-fähigkeit des Westens geglaubt zu haben. Im Abkommen von Dayton
stimmte er nicht nur dem fatalen und letztlich völkermörderischen
Prinzip Kohl-Mock der Trennung zu, sondern verzichtete nach diesem
auch auf Serbien zustehende Territorien wie die Krajina.
Doch für den Westen war das noch lange nicht genug. Letztlich ging es
um ein präzises Ziel wie im Irak, im Iran und gegenüber sonstigen
Schurkenstaaten": regime change, Installation eines
Marionettenregimes. Den Serben wurde dementsprechend Selbstbestimmung,
in deren Namen der Westen Krieg führte, systematisch verweigert. Das
Gerede von den Menschenrechten war nur Camouflage.
Und so trieben sie die Aggression nach dem Muster, wie es sich später
gegen andere Länder wiederholen sollte, systematisch voran. Der
westliche Zynismus gipfelte in der humanitären Katastrophe, die sie im
Kosovo durch ihre Intervention auslösten und die das Bombardement
Serbiens medial rechtfertigen sollte. Letztlich zwang man das
serbische Volk mit Embargo und Bombenterror in die Knie, so dass sie
Milosevic und ihre Selbständigkeit aufgaben. Denn Milosevic'
Widerstand war letztlich nur durch den Widerstand des Volkes möglich.
Das folgende hörige Regime verkaufte alles an den Westen und machte
Serbien zu einer Neokolonie wie sie der Rest Osteuropas bereits war.
Was als Bruchpunkt bleibt ist der Kosovo. Zwar wurde der größte Teil
der Serben vertrieben so wie überhaupt entgegen der Suggestionen der
Medien die meisten Vertriebenen im ehemaligen Jugoslawien Serben sind.
Doch für das serbische Volk ist der Kosovo ein Symbol ihrer
Selbständigkeit und Existenz. Selbst die schlimmste prowestliche
Handlangerregierung weiß das und muss darauf Rücksicht nehmen. Bei den
gerade in Wien stattfindenden Verhandlungen geht es daher letztlich
darum, wie viel die westlichen Hampelmänner dem Volk zumuten können
ohne zu stürzen. Am gordischen Knoten Kosovo zeigt sich: wenn zwei
Nationalitäten begründeten Anspruch erheben kann es nur eine
gemeinsame Lösung geben und die hieß Jugoslawien oder besser sogar
Balkanföderation.
Dazu müssen nicht nur die westlichen Truppen weg, sondern auch alle
Marionettenregime womit wir wieder beim Vermächtnis Milosevic'
wären, nämlich dem Kampf für die Selbständigkeit gegen den westlichen
Imperialismus.
Dafür sollte er durch das Haager Tribunal stellvertretend für das
serbische Volk bestraft werden wogegen er sich standhaft verteidigte.
Sein Tod setzt dem in Schwierigkeiten geratenen Schauprozess ein Ende
und liegt damit voll in dessen Interesse. Die nicht ausreichend
gewährten Prozessunterbrechungen, die feindliche Ärzteschaft und die
verweigerte Behandlung in Moskau leisteten dem Tod Milosevic'
zumindest Vorschub.
Was uns bleibt ist die Hauptverantwortlichen für das jugoslawische
Drama, den westlichen Imperialismus und die Nato, beim Namen zu benennen.
Auflösung des Haager Tribunals!
Schluss mit der westlichen Truppenpräsenz und den Protektoraten!
Für eine antiimperialistische Balkanföderation!
Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung
Wien, 14. März 2006
**************************************
Jugoslawisch-Österreichische Solidaritätsbewegung
PF 23, 1040 Wien
joesb @ vorstadtzentrum.org
http://www.vorstadtzentrum.org/joesb
**************************************
=== 3 ===
http://www.jungewelt.de/2006/03-14/001.php
14.03.2006 / Titel / Seite 01
»Kein natürlicher Tod«
Autopsie von Milosevic: Russischer Außenminister äußert Zweifel.
Niederländische Sachverständige erhebt schwere Vorwürfe
Von Jürgen Elsässer
Auch nach der Autopsie der Leiche Slobodan Milosevics am Sonntag gibt
es keine Klarheit über die Todesursache. Das offizielle Kommuniqué der
niederländischen Ärzte, die unter Hinzuziehung eines serbischen
Kollegen die mehrstündige Untersuchung vorgenommen hatten, geht von
einem Herzinfarkt aus, räumt jedoch ein, daß dessen Gründe bis auf
weiteres offen seien. Weitere toxikologische Untersuchungen seien im
Gange.
Im niederländischen Staatssender NOS vertrat unterdessen Heikelina
Verrijn Stuart eine regelmäßige Prozeßbeobachterin, die auch für
amnesty international arbeitet , daß der Tod unmittelbar von
Medikamenten verursacht worden sei, die man im Blut Milosevics
gefunden habe. »Was wir wissen, ist, daß dies die Ursache des Todes
ist, und man kann nicht sagen, daß es sich wirklich um einen
natürlichen Todesfall handelt.« Bei den Substanzen handelt es sich um
Medikamente gegen Lepra und Tuberkulose, unter anderem Rifampicin.
Diese hoben die Wirkung der blutdrucksenkenden Mittel auf, die
Milosevic eingenommen hatte.
Auch der vom Haager Tribunal beauftragte Gerichtsmediziner Donald Uges
bestätigte das Vorhandensein dieser Substanzen im Körper Milosevics.
Unklar blieb jedoch, wann genau sie festgestellt worden sind. Während
die Nachrichtenagentur AP berichtete, Uges habe sie bei einer
Untersuchung »zu Anfang des Jahres« diagnostiziert, gab die
Online-Ausgabe der Welt mit Verweis auf Uges den Zeitpunkt mit »vor
zwei Wochen« an. Ob auch die postume toxikologische Untersuchung die
Medikamente nachgewiesen hat, war bei Redaktionsschluß offen.
Uges beschuldigte den Verstorbenen, er habe durch die Einnahme der
Medikamente »eine medizinische Behandlung in Rußland erzwingen
wollen«. Zuvor hatte Spiegel-Online eine andere Variante der
Schuldzuschreibung präsentiert. Es habe »Berichte eines russischen
Arztes gegeben, nach denen der an Bluthochdruck leidende 64jährige
seine Tabletten heimlich ausgespuckt haben soll«, hieß es auf der
Website am Sonntag abend, wie üblich ohne jede Quellenangabe.
Diese Erklärungen stehen im Widerspruch zu der Tatsache, daß Milosevic
selbst und als erster auf die Feststellung der gefährlichen Substanzen
bei einer Blutuntersuchung im Januar hingewiesen hat, und zwar in
einem Brief an die russische Botschaft vom 10. März (siehe jW von 13.
März). »Sie würden mich gerne vergiften«, hatte der Inhaftierte am
selben Tag geklagt, berichtete sein Rechtsbeistand Zdenko Tomanovic.
Das russische Außenministerium bestätigte, daß der Brief am Samstag
eingegangen ist. Schon nach Auffinden des Toten hatte das Ministerium
kritisiert, daß der Antrag des Inhaftierten auf ärztliche Behandlung
in Moskau Ende Februar abgewiesen worden sei, obwohl die Regierung in
Moskau für seine Rücküberstellung nach Den Haag garantiert habe.
Bereits vor zwei Jahren hatte Milosevic beobachtet, wie sein Essen,
das sich äußerlich von dem seiner Mitgefangenen nicht unterschied, von
einem Wärter hektisch ausgetauscht wurde. Die Richter gingen dem
alarmierenden Hinweis damals nicht nach. Außenminister Sergej Lawrow
zeigte sich am Montag mißtrauisch über das Ergebnisse der Obduktion
und kündigte die Entsendung russischer Ärzte nach Den Haag an.
In Serbien selbst gibt es ein Tauziehen um die Beisetzung des Toten.
Die Stadtverwaltung von Belgrad, die von der prowestlichen
Demokratischen Partei (DS) dominiert wird, sowie Präsident Boris Tadic
(ebenfalls DS) lehnen ein feierliches Begräbnis in der Hauptstadt
kategorisch ab.
Notizie brevi, dal gennaio 2005 fino ad oggi:
MAFIA: DDA BARI INDAGA SU AVVOCATO SVIZZERO PER RICICLAGGIO
MAFIA E CONTRABBANDO: DDA BARI TRASMETTE 101 FALDONI A GUP
MONTENEGRO: PER DJUKANOVIC MEGLIO SOVRANITA' CHE UE / ANSA
MONTENEGRO: DJUKANOVIC A SOLANA, PUNTIAMO A UE E A NATO/ANSA
CONTRABBANDO: PROCESSO A BROKER; PALAZZO CHIGI PARTE CIVILE
SERBIA/MONTENEGRO: REFERENDUM,POLEMICA LISTA KOSTUNICA/ANSA
BALCANI: MONTENEGRO CHIEDE APPOGGIO USA PER INDIPENDENZA
CONTRABBANDO: DJUKANOVIC, TRIBUNALE NAPOLI INVIA ATTI A BARI
MONTENEGRO: VERSO ITALIA QUASI META' ESPORTAZIONI
MONTENEGRO: COMMISSIONE UE APRE UFFICIO A PODGORICA
MONTENEGRO: DETENUTI PESTATI IN CARCERE DA POLIZIA,INCHIESTA
CONTRABBANDO: CUOMO; GUP BARI, AGEVOLAZIONI DA MONTENEGRO
MONTENEGRO: DJUKANOVIC A UE, POSSIBILE RINVIO INDIPENDENZA (di tre
mesi...)
Montenegro: minacce di secessione
MONTENEGRO: REFERENDUM, GOVERNO PRONTO A SI' CLAUSOLA 55%
MONTENEGRO: UE, TROVARE RAPIDAMENTE ACCORDO SU REFERENDUM
MONTENEGRO: REFERENDUM INDIPENDENZA, SI SVOLGERA' 21 MAGGIO
MONTENEGRO: REFERENDUM, PARLAMENTO DECIDE MODALITA'/ANSA
MONTENEGRO: REFERENDUM INDIPENDENZA, PASSA DATA 21 MAGGIO
MONTENEGRO: UE; SODDISFAZIONE SOLANA PER LEGGE SU REFERENDUM
MONTENEGRO: A BARI CORONA PER ANNIVERSARIO MORTE RE NIKOLA I
MONTENEGRO: SOSPETTO CONTRABBANDO ARMI, ARRESTATO MANAGER
Subject: [icdsm-italia] Le recenti prese di posizione dell' ICDSM
Date: March 12, 2006 8:59:01 PM GMT+01:00
To: icdsm-italia @yahoogroups.com
Le recenti prese di posizione dell' ICDSM
(traduzione a cura di Curzio Bettio, che ringraziamo)
Il Comitato Internazionale per la Difesa di Slobodan Milosevic
condanna il deliberato rifiuto del tribunale fascista dell’Aja a
rispettare qualsiasi codice di civiltà, di decenza e del diritto, che
ha avuto come conseguenza la morte, oggi 11 marzo 2006, del
Presidente
Slobodan Milosevic, prigioniero nelle loro mani. Le loro azioni sono
equivalenti all’assassinio di un uomo che si è eretto come simbolo
della resistenza al Nuovo Ordine Mondiale e come combattente
emblematico per l’indipendenza e la sovranità dei popoli della
Jugoslavia e per la giustizia sociale nel mondo. Questo era l’unico
suo
crimine.
Noi esigiamo che venga aperta un’inchiesta internazionale,
indipendente, sulle circostanze e sulle cause della sua morte, e che
la
sua famiglia, la sua parte politica e i suoi sostenitori siano parti
in
causa di questa indagine.
Inoltre pretendiamo il diritto per sua moglie e la sua famiglia di
partecipare al suo funerale senza timore di persecuzioni, arresti o
ogni altro impedimento al loro diritto ad onorare l’amato sposo, il
loro compagno e padre.
Al popolo della Jugoslavia noi offriamo la nostra profonda
solidarietà. Ora, quantunque Egli non sia più con noi in corpo, il
suo
incessante coraggio, la sua determinazione a mostrare al mondo la
verità sull’aggressione da parte delle potenze occidentali contro la
Jugoslavia, il suo spirito di resistenza al nuovo fascismo, e la sua
costante fiducia nella forza e nello spirito del popolo,
illumineranno
per sempre l’oscurità nella quale il mondo è piombato. Noi gli
rendiamo
onore e gli saremo riconoscenti e lo onoreremo per sempre.
Christopher Black
Presidente del Comitato Legale
e Vice Presidente dell’ICDSM
255-744-666-972
bar@...
*************************************************************
IERI, 10 MARZO 2006, ERA STATA INVIATA LA SEGUENTE LETTERA AI MEMBRI
DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU E AL PRESIDENTE DELLA CORTE DI
APPELLO DEL TRIBUNALE DELL’AJA.
**************************************************************
Noi siamo costernati e profondamente preoccupati per il rigetto
altezzoso e dilatorio da parte della Corte del Tribunale ICTY della
richiesta dell’ex Presidente Slobodan Milosevic, come raccomandato
dal
Centro Bakoulev di Mosca di rinomanza internazionale nel campo della
Chirurgia Cardiovascolare, per essere trasferito in questo Centro per
ulteriori indagini e un possibile periodo di cure, viste le sue
condizioni cardiovascolari con pericolo della vita. Tutto si basava
sulle indagini cliniche condotte sul Presidente Milosevic da parte di
tre medici, il 4 novembre 2005, fra cui il Dr. M.V. Shumilina, un
angiologo del Centro Bakoulev, e il Dr. L.A. Bockeria, Direttore e
Presidente del Centro Bakoulev, che riscontravano le condizioni del
Presidente Milosevic “critiche”. La Corte ha acquisito questi
responsi
medici il 15 novembre 2005.
Ancor più crea costernazione e preoccupazione la totale mancanza da
parte del Tribunale di indirizzarsi verso la reale conoscenza delle
condizioni cliniche del Presidente Milosevic e di predisporre le
indagini necessarie e il trattamento di cure che sono di diritto per
ogni prigioniero.
Il diritto Internazionale, e in particolare la Convenzione
Internazionale per i Diritti Civili e Politici, prescrive, e le
stesse
norme dell’ICTY sulla detenzione garantiscono, il diritto dei
prigionieri ad essere “trattati con umanità e con rispetto della
dignità che è insita nella persona umana”. Per tutto il periodo del
procedimento di legge, gli accusati sono presunti innocenti, e quelli
che sono privati della loro libertà devono essere trattati in una
maniera “consona al loro stato, come persone non riconosciute
colpevoli”.
Il Presidente Milosevic remane deprivato di cure, pur in presenza
delle conclusioni del Dr. Shumilina, che definiva il trattamento
sanitario presso l’Unità di Detenzione delle Nazioni Unite come
“inadeguato”. Incredibilmente, malgrado la sua storia di problemi
cardiaci e di ipertensione, prima del 4 novembre 2004 non gli era
stata
fatta alcuna diagnosi vascolare. In più la salute del Presidente
Milosevic ha suscitato una preoccupazione continua nel corso di tutto
il processo per gli ultimi tre anni. Lo stress dei dibattimenti, le
cure non adeguate e le condizioni della detenzione hanno pesantemente
peggiorato i suoi precedenti problemi di salute, mettendo in pericolo
la sua vita.
Il Tribunale non ha assunto alcun provvedimento per proteggere la
vita
di un prigioniero le cui condizioni fisiche sono state constatate
essere critiche. Al contrario, ha considerato trascurabile il suo
dovere di assicurare cure mediche adeguate ed indispensabili per una
persona sotto processo presso la sua Corte. Detenuti che hanno
necessità di cure speciali, come nel caso del Presidente Milosevic,
devono essere trasferiti in istituti specializzati per quelle cure,
come stabilito dai Protocolli Standard Minimi per il Trattamento dei
Prigionieri adottati dal Primo Congresso delle Nazioni Unite sulla
Prevenzione del Crimine e il Trattamento dei Condannati.
Il Tribunale sorprendentemente dichiara:
1. “Che ne’ il Dr. Shumilina e nemmeno il Dr. Bockeria hanno
stabilito che il Centro di Bakoulev è la sola possibile struttura per
una diagnosi appropriata e un trattamento di cure relative alle
condizioni dell’accusato”. Che atteggiamento presuntuoso potrebbe
indurre quei medici ad una tale vanteria? Loro, di sicuro pensano che
il loro Centro sia il migliore e questa conclusione è giustificata.
Invece, nessuna fiducia può essere riposta nelle scelte mediche delle
autorità della Corte dopo anni di negligenze e dopo la scelta, nel
dicembre 2005, del Dr. Aarts, un radiologo neurologico Olandese, che
non ha riscontrato nel Presidente Milosevic alcuna condizione
patologica e non ha fatto alcuna raccomandazione per un trattamento
urgente di cure.
2. Che “...accoglie la proposta del Procuratore di Accusa che, se l’
Accusato desidera essere curato da specialisti che non si trovano in
Olanda, allora questi medici possono venire qui a curarlo.”
Persone ricche e famose si recano da ogni parte del mondo per
raggiungere centri medici del tipo Bakoulev, spesso anche se lo
stesso
viaggio costituisce per loro un rischio. Nessuno di loro pensa che le
prestazioni di cure della stessa qualità possano essere fornite da
teams sanitari itineranti dei migliori medici del mondo e se questo
potesse avvenire, il numero di pazienti da loro curati sarebbe
drasticamente ridotto.
Entrambe le risoluzioni sono assurde in un procedimento, dove la vita
e i diritti fondamentali sono una scommessa. E allora, come fa l’
organo
giudicante collegiale a giustificare le sue autorizzazioni a Pavle
Strugar per essere ripetutamente rilasciato per recarsi in
Montenegro,
un’entità che non è membro dell’ONU, per un’operazione chirurgica
sostitutiva al femore, una procedura abbastanza sicura, semplice e di
minor gravità?
Procuratore di Accusa v. Pavle Strugar, IT-01-42- A, 3 dicembre 2001,
16 dicembre 2005.
La conclusione finale del Tribunale afferma che “ la Corte non è
soddisfatta…che è cosa più probabile che l’Accusato, se rilasciato,
non
faccia più ritorno per la continuazione del suo processo.” Che la
Corte
abbia più fiducia nel governo del Montenegro o nell’amministrazione
ad
interim del Kosovo che nella Federazione Russa, che ha dato la sua
parola per il ritorno del Presidente Milosevic, è cosa inspiegabile,
ma
l’insulto ad un membro permanente del Consiglio di Sicurezza è
inevitabile.
Il negare le cure mediche necessarie al Presidente Milosevic risiede
nella fiducia del Tribunale che il processo si trovi “nelle sue fasi
conclusive…alla fine delle quali…l’Accusato può trovarsi di fronte
alla
possibilità di un imprigionamento a vita”, e questo, al meglio, è
irrazionale.
Cosa significa, che in tali circostanze per un prigioniero può essere
cosa migliore morire? È troppo tardi per un trattamento medico
necessario urgentemente?
Significa che “la possibilità di ergastolo” è più alta nelle ultime
fasi del processo che all’inizio? Allora bisogna sottoporre a
critiche
l’importanza e la pesantezza delle prove per le quali si è iniziato a
giudicare!
Un imputato che ritiene sarebbe stato imprigionato e condannato a
vita
avrebbe atteso le ultime fasi del processo per cercare dei mezzi per
fuggire? Una Corte imparziale sarebbe obbligata ad esaminare tutte
le
prove testimoniali prima di raggiungere una decisione, prima di
credere
che l’imputato preferisca fuggire nelle ultime fasi di un processo
che
non al suo inizio, salvo che la Corte non abbia già ritenuto che le
prove supportino una pesante sentenza? La Corte ha messo in luce i
suoi
pregiudizi con questo suo grottesco affidamento su un presumibile
timore di una sentenza di carcere a vita da parte dell’Accusato nelle
ultime fasi di questo processo?
In fatto e in diritto, la decisione del Tribunale è insopportabile.
Rivela la strategia della Corte, senza tante scuse, di mantenere il
suo
pregiudizio e mette in piena luce le sue insufficienze per proteggere
la salute di questo prigioniero.
La decisione è tanto irragionevole e completamente ingiusta, tanto da
dimostrare l’apparenza e la sostanza del pregiudizio processuale.
La Corte ha stabilito che il Presidente Milosevic deve affrontare la
eventualità di morire, visto che esiste la possibilità di una
sentenza
di carcere a vita.
Questa decisione, da sola, se confermata dalla Corte di Appello,
procurerà un grande vulnus all’ICTY e al diritto internazionale
umanitario. La morte, o le serie limitazioni al Presidente Milosevic
di
avvalersi di cure mediche, imporranno la medesima sentenza all’ICTY e
al diritto internazionale, come strumenti di pace.
Noi vi esortiamo a rovesciare la decisione della Corte e di ordinare
l’
immediato trasferimento del Presidente Milosevic al Centro Bakoulev
per
gli esami e il trattamento clinico, sotto le condizioni proposte.
(Conclusione per il Consiglio di Sicurezza)
Noi vi esortiamo a rivolgervi all’ICTY per decretare l’immediato
trasferimento del Presidente Milosevic al Centro Bakoulev per gli
esami
e il trattamento clinico, sotto le condizioni proposte.
Ci rimettiamo rispettosamente,
Ramsey Clark, ex Procuratore Generale degli Stati Uniti, USA
Professor Velko Valkanov, dottore in legge, Presidente del Comitato
per i Diritti Umani, ex MP, Bulgaria
Professor Alexander Zinoviev, filosofo, scrittore, Federazione Russa
Professor Sergei Baburin, dottore in legge, Vice Presidente della
Duma
di Stato dell’Assemblea Parlamentare della Federazione Russa
Vojtech Filip, dottore in legge, Vice Presidente della Camera dei
Deputati del Parlamento della Repubblica Ceca.
Thanassis Pafilis, Membro del Parlamento Europeo, Segretario Generale
del Comitato per la Pace nel Mondo, Grecia
Tiphaine Dickson, giurista di criminologia internazionale, Quebec
Professor Aldo Bernardini, dottore di diritto internazionale, Italia
Christopher Black, giurista di criminologia internazionale, Canada
Klaus Hartmann, Vice Presidente dell’Unione Mondiale dei Liberi
Pensatori, Germania
==========================
IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)
Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-7915200 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)
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Subject: [icdsm-italia] More statements on Milosevic's assassination
Date: March 13, 2006 11:18:41 AM GMT+01:00
To: icdsm-italia @yahoogroups.com
More statements on Milosevic's assassination
1. ICDSM-Italia: A MAJOR LOSS FOR THE TRUE DEMOCRATS, FOR ALL
COMRADES, FOR PROGRESSIVE AND ANTIFASCIST PEOPLE
2. IAC STATEMENT and PRESS RELEASE
3. Letter to Milosevic's family, by Barry Lituchy
4. Reactions from Russia
=== 1 ===
(traduzione in lingua inglese del comunicato di M.P.Ferri -
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/227 )
A MAJOR LOSS FOR THE TRUE DEMOCRATS, FOR ALL COMRADES, FOR PROGRESSIVE
AND ANTIFASCIST PEOPLE
As coordinator of the Italian Section of ICDSM, having been a partisan
in the Resistence struggle against nazi-fascism, I express deep sorrow
for the loss of President Slobodan Milosevic, who was elected several
times by his people, to whom he dedicated wisdom, love, defense.
The unclear circumstances of his drammatic end induce us to stay
alerted of the cruel behavior of the so-called civilized West, which
does not know any limits nor hesitations to defend the unipolar
imperialism, at the highest expenses for so many peoples. In a prison,
one can die only by murder.
Miriam Pellegrini Ferri
=== 2 ===
IAC STATEMENT ON THE DEATH IN PRISON OF SLOBODAN MILOSEVIC, PRESIDENT
OF YUGOSLAVIA
The International Action Center would like to send its sincere
condolences to the family, friends and comrades of President Slobodan
Milosevic of Yugoslavia and to the peoples of the Balkans who mourn
his death at the hands of the court and prison authorities in The
Hague. We join with others around the world to condemn the
International Criminal Tribunal on the Former Yugoslavia (ICTY) for
this crime. The full responsibility for the death of President
Slobodan Milosevic lies directly with the fraudulent court created by
the U.S. and NATO governments at The Hague the ICTY. We join the
also the demands for an independent investigation of the circumstances
of President Milosevic's death.
Since the illegal kidnapping of President Milosevic from Serbia in
June 2001 and his forcible detention at Scheveningen prison on
fraudulent war crimes charges, the court has consistently denied
adequate medical care. The ICTY has held a fraudulent trial for the
last four years in an attempt to blame Milosevic and Yugoslavia for
NATO's criminal war in the Balkans.
During this trial, now over four years old, the prosecution has failed
to present anything like a case against Milosevic. In addition, his
vigorous defense has exposed the crimes of the imperialist powers,
especially the U.S. and Germany, in conspiring to destroy the Yugoslav
Socialist Federation through subversion and direct military assault.
In the days before President Milosevic's death, the IAC joined the
efforts of the International Committee for the Defense of Slobodan
Milosevic (ICDSM), sending to the 15 ambassadors of the members of the
United Nations Security Council a request that President Milosevic be
transferred to Russia for medical care, given his critical medical
condition. This court has nowat the very leastallowed him to die
rather than exposing its own inability to build a case against this
Yugoslav and Serb political leader. The ICTY was responsible for his
care and is guilty in the very least of criminal neglect.
The NATO leaders--with Bill Clinton, Tony Blair and Gerhard Schroeder
topping the listshould have been the ones on trial for war crimes.
>From the day of his kidnapping, President Milosevic waged a heroic
defense of his own actions to defend Yugoslavia. He equally exposed
the crimes of these leaders of the great powers to the world. For this
the peoples of the Balkans and of the world will be indebted to him.
Sara Flounders,
Co-coordination, International Action Center
March 11, 2006
---
International Action Center
39 West 14th St, #206, New York, NY, 10011
www.iacenter.org - iacenter@...
Press Contact: John Catalinotto, Sara Flounders, Dustin Langley -
212-633-6646
March 11, 2006
U.S./NATO Charged with Criminal Negligence in Death of
President Slobodan Milosevic
Upon learning of the death of former Yugoslav President Slobodan
Milosevic in prison in The Hague, Netherlands, on March 12, the
International Action Center in the United States joined organizations
and individuals around the world in condemning the court, prison
authorities and the forces behind them with criminal negligence in
ignoring the prisoner's medical care.
The IAC also condemned the International Criminal Tribunal on the
Former Yugoslavia (ICTY) for holding a "fraudulent trial for the last
four years in an attempt to blame President Milosevic and Yugoslavia
for NATO's criminal war in the Balkans."
IAC co-director Sara Flounders said, "The full responsibility for the
death of President Slobodan Milosevic lies directly with the
fraudulent court created by the U.S. and NATO governments at The Hague
the ICTY. Ever since the illegal kidnapping of President Milosevic
from Serbia in June 2001 and his forcible detention at Scheveningen
prison on fraudulent war crimes charges, the court has consistently
denied adequate medical care."
Flounders cited the last action of the International Committee for the
Defense of Slobodan Milosevic (ICDSM) continuing efforts to save the
life of the seriously ill defendant. The Defense Committee appealed on
March 8 to the 15 ambassadors of the members of the United Nations
Security Council. Their letter signed by prominent supporters urged
that Milosevic be transferred to Russia under secure guarantees for
his return, for emergency medical care, given his critical medical
condition, after the ICTY had refused this treatment. The IAC
delivered the letters to the UN Security Council members.
"During this trial, now over four years old," said Flounders, "the
prosecution failed to present a coherent case against President
Milosevic. In addition, his vigorous defense exposed step by step the
crimes of the imperialist powers, especially the U.S. and Germany, in
conspiring to destroy the Yugoslav Socialist Federation through
subversion and direct military assault. As the case was drawing to a
close this presented a terrible dilemma for the court."
Flounders traveled with international human rights lawyer Ramsey Clark
to Yugoslavia during the U.S.-NATO bombing in the spring of 1999.
Based on that trip Flounders met with President Milosevic in
Scheveningen prison at The Hague and was on the schedule to be a
witness at the trial for the defense on the impact of the NATO bombing.
The UN Security Council established the ICTY in 1993, at the
insistence of Secretary of State Madeline Albright. Its role from the
beginning was restricted to prosecuting solely people from the
Yugoslav Federation. Almost all the cases were directed against Serbs
and all of the cases served to deflect responsibility from the U.S.
and NATO. The ICTY rejected attempts by a group of international
attorneys to bring war crimes charges against the United States for
the 78 days of bombing primarily civilian targets in Yugoslavia.
Ramsey Clark has often described the ICTY's establishment as "an
explicit violation of the UN Charter and a political court used as an
instrument of war against the Yugoslav peoples."
The Nobel Laureate Harold Pinter also described the court. "The
U.S./NATO court trying Slobodan Milosevic was always totally
illegitimate. It could never be taken seriously as a court of justice.
Milosevic defense is powerful, convincing, persuasive and impossible
to dismiss."
The ICTY received its financing from the U.S. and other NATO powers
and from international financial organizations such as those connected
with billionaire George Soros, an enemy of socialism in Eastern
Europe. Although there was an extremely unequal financing of the
ICTY's prosecution compared with Milosevic's defense effort, NATO
governments still interfered with all attempts to collect funds from
human rights organizations to support the Yugoslav president's effort
to make his case. The German and Austrian governments closed the
Defense Committee's bank accounts in both countries in the last few
months before Milosevic's death.
Despite having no permanent staff and relatively little legal
assistance to respond to 500,000 pages of prosecution documents,
Milosevic politically countered every charge against him while
discrediting the prosecution witnesses. During the defense part of the
trial, he was able to present a damning case against the U.S. and
NATO. Though the NATO powers first announced the Milosevic case as the
"trial of the century" and planned a show trial, when Milosevic turned
the table on the prosecution and counter-charged NATO with war crimes
almost all coverage of the trial ended.
In two major statements, answering the charges against him in 2001 at
the opening of the trial and in 2004 at the opening of his defense,
Milosevic makes the historical record. The 2001 statement is published
in the 2002 book, "Hidden Agenda The U.S./NATO Takeover of
Yugoslavia," and his 2004 statement in the book, "The Defense Speaks
For History and the Future." Both books are published by the IAC.
In a statement released by the International Committee to Defend
Slobodan Milosevic www.icdsm.org the committee called the courts
action: "tantamount to the murder of a man who stood as a symbol of
resistance to the New World Order and a symbol of and fighter for the
independence and sovereignty of the peoples of Yugoslavia and for
social justice in the world. This was his only crime."
The Defense Committee demanded: "that there be an international,
independent enquiry into the circumstances and cause of his death and
that his family, his party and his supporters be party to that
enquiry. We also demand the right of his wife and family to attend his
funeral without fear of persecution, arrest or any other impediment to
their right to honor their beloved husband, comrade and father."
In a statement made Nov. 29, 2005, exposing the duplicity of the court
regarding the inadequate health care provided him; Milosevic made it
clear to British judge Ian Bonomy what he thought of the tribunal:
"This entire court was envisaged as an instrument of war against my
country. It was founded illegally on the basis of an illegal decision
and carried through by the forces that waged war against my country.
There is just one thing that is true here: It is true that there is a
joint criminal enterprise, but not in Belgrade, not with Yugoslavia as
its center, but those, who, in a war that was waged in Yugoslavia from
1991 onwards, destroyed Yugoslavia."
- 30
President Milosevic opening statement as the Trial opened is printed
in full in the IAC book Hidden Agenda: The U.S./NATO Takeover of
Yugoslavia ( http://www.iacenter.org/folder02/hidden_toc.htm ). His
statement to the court 2 years later as the defense finally began its
rebuttal is printed in full
in the IAC book The Defense Speaks For History and the Future (
http://www.leftbooks.com/cgi-local/SoftCart.exe/online-store/scstore/p-biac2006ds.html?E+scstore
).
=== 3 ===
Condolences to the family of Slobodan Milosevic from Barry Lituchy
To the Family of President Slobodan Milosevic:
When I heard the news that Slobodan Milosevic had died I did not want
to believe it. I did not want to believe that evil had triumphed over
good, or that the evil that had been done to this brave and beautiful
man could have finally killed him. When I heard it again on the news,
my heart sank and I was deeply sad. His spirit and brilliant mind were
indomitable, but his body was destroyed by the conditions of his
arrest and the willful decision by the Hague Tribunal to let him die
in prison rather than receive the medical treatment they knew he
needed. And why proceed with a trial in which he had already proven
his innocence? So in the end this is how the Hague Tribunal has made
its mark on history - with the negligent homicide of Slobodan Milosevic.
Slobodan Milosevic was not easy to destroy; Slobodan Milosevic was
killed three times. The first time was when they destroyed the country
he loved and lived for - Yugoslavia. The second time was with
character assassination, the preferred weapon of nameless cowards,
criminals and liars. The trial itself did not kill him. He vindicated
himself, his country and his people. He lived and died for us. What
more can you say about a man? But ultimately with no better option
before it, the ICTY decided to choke the life out of him by depriving
him of the essential medical care he needed to survive.
My father was also killed by negligence and so I know the bitterness
one feels after such an event. But you can take solace in the fact
that Slobo died a martyr's death. He fought to defend his country, his
nation, and a progressive socialist vision of humanity against the
onslaught of a militarist and imperialist alliance of puppets and
puppeteers. He was killed not because he was a nationalist, but
precisely because he believed in multinationalist unity and justice
and a just economic order inimical to the interests of multinational
corporations and their financial and political institutions. He is the
most famous and most courageous Serb of our time. And in light of the
evidence presented at his trial, history will have to acquit him of
all of the monstrous allegations made against him which the ICTY would
not do even though they knew he was not guilty as charged.
Finally, as you know, I had the privilege of meeting President
Milosevic several times. He had great intelligence, warmth, sense of
humor and wit, wisdom, kindness and charm that I will never forget as
long as I live. He was so strong and energetic despite his illness.
The prison nurses came frequently during my visits and reported the
news - 240 over 80 or worse. How did he survive it so long? He was
amazing in every way. And then there was his smile and his penetrating
stare which gave you detailed messages with a single look.
As I said before, he lived and died for us and for a better world. I
know you are proud of him. I feel the same way. And one day I hope the
whole world will feel this way too. If there is a better future, it will.
Barry Lituchy, New York City, 11 March 2006
=== 4 ===
Source: Rick Rozoff
INTERFAX
11 March 2006, 17:32.
Foreign Ministry of the Russian Federation regrets that the Hague
Tribunal did not permit Milosevic to come to Moscow for Treatment.
11 March. INTERFAX The Ministry of Foreign Affairs of Russia on
Saturday expressed regret in connection with the fact that the
international tribunal on former Yugoslavia (ITFY) denied ex-President
Slobodan Milosevic the possibility to receive medical treatment in
Moscow. "As is known, in connection with a deterioration of his health
status, S. Milosevic filed a request for medical treatment in Russia.
Russian doctors were ready to render appropriate assistance to him
while Russian authorities guaranteed fulfillment of all the necessary
requirements of the ITFY in that connection. Unfortunately, in spite
of our guarantees, the tribunal did not agree to grant S. Milosevic
the possibility of treatment in Russia", said a statement by the
Russian Foreign Ministry, posted on the website of the Russian foreign
policy department on Saturday.
http://www.interfax.ru/r/B/politics/2.html?id_issue=11477154
---
http://www.hindu.com/2006/03/13/stories/2006031303441500.htm
The Hindu - March 13, 2006
Russia blames West for Milosevic's death
Vladimir Radyuhin
MOSCOW - Russia has held the West and the International Criminal
Tribunal for the former Yugoslavia (ICTY) responsible for the death of
former Yugoslav leader Slobodan Milosevic.
Milosevic was found dead in his cell at a U.N. prison near The Hague
on Saturday.
Russia's Foreign Ministry implicitly criticised the ICTY tribunal for
refusing Milosevic's request to go to Moscow for medical treatment of
his chronic heart ailments and high blood pressure.
"Unfortunately, despite our guarantees, the tribunal did not agree to
provide Milosevic the possibility of treatment in Russia," the
Ministry said.
Russia had issued official guarantees that Mr. Milosevic would return
after treatment, but the court on Friday turned down the request.
"By refusing Mr. Milosevic permission to come for treatment to Russia
the Hague court refused him the right to life," Deputy Speaker of the
Russian Parliament Lyubov Sliska said.
"I think this is a political contract killing," said General Leonid
Ivashov, former head of the Defence Ministry's International
Cooperation Department.
==========================
IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
Il j'accuse di Slobodan Milosevic
di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
(Ed. Zambon 2005, 10 euro)
Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
http://www.pasti.org/autodif.html
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27 -- 00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-7915200 -- email: icdsm-italia @ libero.it
http://www.pasti.org/linkmilo.html
*** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)
caso Blecic ratione temporis. La Croazia ha infatti aderito alla
Convenzione solo nel 1997... circa 30.000 famiglie, per la maggior
parte di origine serba, hanno perso i propri appartamenti..."
L'articolo di Osservatorio Balcani, qui sotto, ci parla di un nuovo
caso di legalizzazione della pulizia etnica da parte delle
"istituzioni internazionali".
Sulla situazione drammatica degli alloggi nella Croazia neoliberista
che privatizza selvaggiamente le ex proprietà sociali, si veda anche:
# CROAZIA: RESTITUIRE AGLI INQUILINI IL DIRITTO ALLA SICUREZZA
ABITATIVA! http://it.habitants.org/article/archive/450/
# CROATIE: RETABLIR LE DROIT DES LOCATAIRES A LA SECURITE DU LOGEMENT
! http://fr.habitants.org/article/archive/453/
# i CROACIA: RESTABLECER EL DERECHO DE LOS INQUILINOS A LA SEGURIDAD
DE LA TENENCIA ! http://es.habitants.org/article/archive/452/
# CROATIA: RESTORING THE TENANT'S RIGHTS TO SECURITY OF HOUSING TENURE
! http://www.habitants.org/article/archive/451/
---
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/5358/1/51/
Un appartamento a Zara
09.03.2006 scrive Andrea Rossini
La Corte Europea per i Diritti dell´Uomo ha definitivamente respinto
il ricorso di Krstina Blecic, cittadina di origine serbo montenegrina
che chiedeva la restituzione della proprietà persa in Croazia durante
la guerra. Le reazioni delle organizzazioni per i diritti umani e
dell´Osce
Krstina Blecic ha perso la sua battaglia. Ieri, a Strasburgo, la Corte
Europea per i Diritti dell´Uomo ha respinto il ricorso dell´ottantenne
cittadina di Zara di origine serbo-montenegrina, che chiedeva la
restituzione dell´appartamento confiscatole durante la guerra.
Nell´estate del 1991 la Blecic, che viveva a Zara dal 1953, si era
recata a Roma per visitare la figlia. Il conseguente assedio e
bombardamento di Zara da parte di truppe della JNA (esercito
jugoslavo) e della Repubblica serba di Krajna, le impedirono di fare
rientro a casa come previsto. Essendo l´appartamento rimasto
temporaneamente vuoto, le autorità croate avviarono un procedimento
per cancellare il diritto della Blecic a mantenere la propria
abitazione. La casa era stata assegnata alla Blecic in "proprietà
sociale", un istituto del diritto jugoslavo che permetteva agli
assegnatari e ai propri eredi di godere dell´utilizzo di un´abitazione
a vita. Nella battaglia giudiziaria che ne seguì, dopo aver esaurito i
ricorsi interni, la Blecic si rivolse alla Corte di Strasburgo. Dopo
che in primo grado (luglio 2004) non erano state riscontrate
violazioni, ieri la "Grand Chamber" della Corte Europea ha statuito,
senza entrare nel merito, che la Convezione Europea per i Diritti
dell´Uomo non si applica nel caso Blecic ratione temporis. La Croazia
ha infatti aderito alla Convenzione solo nel 1997, mentre il caso
della signora di Zara sarebbe iniziato (e finito) prima.
"Non capiamo per quale motivo i giudici abbiano prima deciso di
accettare la riapertura di un caso per poi dichiararlo inammissibile",
afferma Massimo Moratti, nostro collaboratore e direttore dell´ICHR,
organizzazione per i diritti umani basata a Sarajevo. "I giudici non
hanno neppure preso in considerazione il merito della questione, che
era il motivo per cui il caso è stato portato in appello. Hanno
considerato che la Convenzione non si applica perché gli eventi si
sono verificati prima del novembre 1997, entrando così in
contraddizione con la stessa decisione di ammettere e giudicare il
caso in prima istanza. La decisione finale delle corti croate sul caso
Blecic, peraltro, è dell´8 novembre 1999, data della sentenza della
Corte Costituzionale, quindi i termini vanno ben oltre l´entrata in
vigore della Convenzione. In questo modo Strasburgo ha semplicemente
deciso di non decidere sulla questione cruciale della cancellazione
dei diritti di proprietà di sfollati e rifugiati in Croazia".
Durante i conflitti in ex Jugoslavia, le diverse autorità cercarono in
vario modo di cancellare i diritti di proprietà sociale di quanti
fuggivano per la guerra. Nella gran parte dei casi, chi fuggiva
apparteneva alle minoranze. Terminati i conflitti, in Bosnia
Erzegovina, Kosovo e Serbia Montenegro fu garantito a rifugiati e
sfollati di riacquisire i propri diritti di occupazione. In Croazia
questo non è avvenuto, e circa 30.000 famiglie, per la maggior parte
di origine serba, hanno perso i propri appartamenti. La signora Blecic
rientra in questo gruppo, ed è stata la prima a portare il proprio
caso di fronte alla Corte Europea di Strasburgo.
"Noi, come ICHR, sosteniamo che nella regione vadano applicati gli
stessi standard in termini di restituzione della proprietà. In altri
termini, quello che va bene per la Bosnia Erzegovina deve andare bene
anche per la Croazia", sostiene Moratti.
La decisione della Corte non è passata in maniera indolore. Il
verdetto finale è stato di undici voti contro sei, con opinioni
fortemente dissenzienti riportate in calce alla sentenza. Il giudice
Zupancic, ad esempio, ha sostenuto laconicamente che "o la decisione
della maggioranza è incomprensibile sotto il profilo logico, oppure è
stata assunta per un dettaglio tecnico non convincente o, infine, per
una combinazione di questi due elementi".
"Se questa sentenza fa giurisprudenza - afferma ancora Moratti -
potrebbe cancellare tutti i diritti dei serbi di Croazia che avevano
case in proprietà sociale".
L´Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (Osce)
non ha per il momento rilasciato alcune dichiarazione ufficiale sulla
vicenda. La portavoce dell´Osce in Croazia, Antonella Cerasino, ha
tuttavia dichiarato a Osservatorio sui Balcani: "Non crediamo che il
risultato del caso Blecic chiuda la porta ad altri casi. Il punto
importante per noi, però, è che la Croazia ha avviato un´iniziativa
concreta, il cosiddetto programma "Housing Care", per affrontare
questo problema, costruendo alloggi alternativi per le famiglie
rimaste senza casa. Si tratta di due progetti distinti, uno destinato
alle aree direttamente colpite dalla guerra ed uno alle aree urbane.
Entrati in vigore rispettivamente nel 2001 e nel 2003, hanno
cominciato ad essere realizzati nell´autunno 2005".
"Sinora sono state accolte 9.000 domande sui 30.000 casi potenziali -
continua Antonella Cerasino - e l´Osce interviene presentando alle
autorità una lista di casi considerati prioritari. Gli appartamenti
originari per la maggior parte non possono essere restituiti, perché
ormai già assegnati ed occupati da altri. Il governo non ha neppure i
mezzi finanziari per sostenere eventuali procedure di compensazione.
L´Osce riconosce tuttavia che il governo croato si sta impegnando
seriamente per risolvere il problema, e sono stati già stanziati i
fondi per la costruzione di nuovi alloggi. Ovviamente ci vorrà tempo,
ma da parte nostra continueremo a spingere in questa direzione."
Saranno le autorità croate a stabilire di volta in volta se i
richiedenti hanno i requisiti per accedere al programma Housing Care.
La conclusione del caso Blecic lascia un interrogativo amaro: perché
la comunità internazionale ha permesso che gli stessi diritti,
calpestati allo stesso modo nelle diverse regioni, fossero declinati
in maniera diversa?
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