Informazione
Data: Lun 12 Lug 2004 16:23:50 Europe/Rome
A: icdsm-italia @yahoogroups. com
Oggetto: [icdsm-italia] L'ennesima tournee di Carla Del Ponte
L'ennesima tournee di Carla Del Ponte
In occasione della sua ennesima tournee autopromozionale, la signora
Del Ponte ("procuratore" nel processo-farsa contro Slobodan Milosevic)
ha partecipato venerdì 9 luglio 2004 ad un incontro organizzato dalla
Fondazione Lelio Basso, per la presentazione del volume: LA CORTE
PENALE INTERNAZIONALE, PROBLEMI E PROSPETTIVE.
Come era gia' capitato in altre analoghe occasioni, il dibattito e'
stato tra intimi, ad inviti, "chiuso" ad interventi politicamente
"scorretti": tra gli interlocutori nessuno era stato invitato a
rappresentare opinioni veramente diverse. Eppure, un qualsiasi semplice
studente di diritto sarebbe in grado di screditare il "Tribunale ad
hoc" rappresentato dalla Del Ponte, contestandone la illegittimita' e
la violazione dei piu' elementari standard. Un Tribunale, quello
dell'Aia, che si regge soltanto con la prepotenza ed i soldi dello "zio
Sam", allo scopo di giustificare la barbara aggressione NATO alla
Jugoslavia pronunciando sentenze politiche gia' scritte preventivamente.
D'altronde, lo "zio Sam" che sponsorizza il "Tribunale ad hoc" della
Del Ponte e' quello stesso che garantisce per se stesso la immunita' da
tutte le eventuali accuse di "crimini di guerra", e che si rifiuta di
firmare per la istituzione dell’altro Tribunale Internazionale, la
"Corte Penale", oggetto per l'appunto del dibattito della Fondazione
Lelio Basso. E, guarda caso, l'attuale presidente del "Tribunale ad
hoc" della Del Ponte (Theodor Meron) e' precisamente l'ex inviato di
Clinton alla Conferenza di Roma per la istituzione della Corte Penale
Internazionale: quello cioe' che disse formalmente di "NO", a nome
degli USA, in quella occasione... E questa palese incongruenza non
sfugge a nessuno che non sia davvero in malafede.
Nell'occasione del suddetto dibattito, alcuni compagni delI'ICDSM,
Sezione Italiana, hanno fatto del volantinaggio all'entrata, riuscendo
a consegnare personalmente alla Del Ponte copia della Lettera Aperta di
Ramsey Clark a Kofi Annan (
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/50 ). Una
interessante, davvero surreale intervista alla Del Ponte e' stata
effettuata nella stessa occasione da Tommaso di Francesco: la
riportiamo di seguito.
(A cura di ICDSM Italia. Sulla "strana" carriera di Carla Del Ponte
vedi anche:
http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/7 )
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il manifesto - 10 Luglio 2004
INTERVISTA
«Andrò fino in fondo, voglio tutta la verità»
Del Ponte: «Un avvocato per Milosevic malato. Crimini Nato: riaprirò il
caso»
TOMMASO DI FRANCESCO
Abbiamo incontrato Carla Del Ponte, procuratore del Tribunale
internazionale per i crimini nell'ex Jugoslavia, a Roma in occasione di
un seminario sul libro «La Corte penale internazionale. Problemi e
prospettive», organizzato dalla Fondazione internazionale Lelio Basso.
Il procuratore dell'Aja è impegnata in questo momento in una fase
delicatissima del processo che vede alla sbarra l'imputato eccellente
Slobodan Milosevic. Che ora chiede che vengano sentiti in aula più di
1.600 testimoni internazionali, tra questi tutti i leader occidentali
responsabili della guerra «umanitaria» del 1999, da Bill Clinton a Tony
Blair, da Schroeder a Solana. Ma ora l'imputato Milosevic è alle prese
con la sua salute: anche i medici del Tribunale dell'Aja riconoscono un
suo grave scompenso cardiaco.
Cosa risponde a chi l'accusa di esercitare la «giustizia dei vincitori»
Non vedo dove si possa parlare di giustizia dei vincitori. La giustizia
qui si configura soprattutto nel processo penale celebrato contro gli
alti responsabili di gravi crimini commessi durante il conflitto
nell'ex Jugoslavia. La giustizia dei vincitori è quella che non
protegge i diritti della difesa, sopravvaluta o valuta senza troppa
critica le prove a carico e fa un processo veloce con un solo giudizio.
Questa è la giustiza dei vincitori! Noi stiamo celebrando processi che,
in quanto a equità, non hanno eguali in nessun sistema nazionale,
quanto a durata e a sentenze emanate.
Il fatto di aver accorpato insieme tre periodi storici delle guerre
balcaniche con caratteristiche perfino antagonista, non rischia di
uniformare il procedimento d'accusa. La guerra di Bosnia, quella
serbo-croata precedente, il Kosovo...
Su questo non sono d'accordo con lei, perché il conflitto nei Balcani
ha avuto un inizio in Croazia, è lì che si è configurato il conflitto
armato ai sensi di legge. E lì già interveniva Belgrado, con aiuti
sostanziali; quindi c'è una interconnessione fra un conflitto e l'altro
che dura praticamente dieci anni. All'inizio naturalmente ci sono le
colpe individuali, quindi crimini di base che sono uguali per tutti ma
poi c'è la prova individualizzata sulla responsabilità personale
dell'accusato. Da lì ci escono le interconnessioni. Sì c'è una
distinzione netta, ma di tempo...
Ma nel 1991 esisteva ancora la Federazione jugoslava, il premier era
Markovic, croato, Loncar era ministro degli esteri, croato, c'era
l'Armja, il cui capo di stato maggiore Kadjevic era croato. C'era
ancora un paese e un esercito che, certo con il massacro di Vukovar,
comincia ad etnicizzarsi. E' responsabile solo Milosevic che in quel
periodo ha i poteri in Serbia ma non nella Jugoslavia.
De jure non ha il potere, de facto abbiamo dimostrato che ce l'aveva. E
c'è una connessione con l'inizio del conflitto che secondo noi comincia
in Croazia e si espande in Bosnia. Naturalmente si può dire che il
Kosovo è un conflitto a se stante, però nasce da quelle che sono le
risultanze belliche che vengono dalla Croazia. E poi a Vukovar c'è
l'episodio della strage dell'Ospedale. Quel crimine lo hanno commesso i
serbi. Ma può darsi che come lei dice, le configurazioni delle guerre
siano diverse. Lei mi esamina il conflitto armato, io mi occupo di
crimini durante il conflitto armato e cerco di individuare le alte
responsabilità di questi crimini ed è lì che ho l'interconnessione tra
Croazia, Bosnia e Kosovo.
Ma è proprio questa configurazione diversa che configura responsabilità
diverse...
Sicuramente sono responsabilità diverse. Ma prenda il processo
Milosevic. Lì abbiamo fatto tre distinti atti d'accusa proprio perché
ci sono responsabilità, come dice lei, diverse. Però c'è una
responsabilità criminale penale dello stesso soggetto.
Di fronte alla gravità della guerra etnica nei Balcani, non le sembra
che un solo colpevole sia un po' poco? Perché Tudjman e Izetbegovic non
sono mai stati incriminati? E' vero che sono morti, ma quando erano in
vita niente.
Lei dà la risposta. Ho sempre detto, quando ancora erano in vita, che
non ho risorse tali da poter simultaneamente condurre 45 inchieste. Ne
posso fare 6 o 7 al massimo. Quando sono arrivata lì ho trovato queste
7 inchieste in corso, quelle che abbiamo terminato e ne abbiamo aperte
altre. Era chiaro che stavamo conducendo le inchieste quantomeno per
valutare la posizione di Tudjman ed Izetbegovic. Purtroppo non abbiamo
potuto terminare queste inchieste perché la morte del sospetto chiude
l'inchiesta. Non la possiamo continuare.
Amnesty International e Human rights Watch le hanno consegnato rapporti
importanti chiedendole d'incriminare i leader dell'Alleanza atlantica
per l'uccisione di migliaia di civili durante la campagna di 78 giorni
di bombardamenti sulla Serbia e il Montenegro. Lei ha detto no. Ci sono
crimini di serie A e quelli di serie B?
Lavoro con quello che posso raccogliere. Avevo alcuni episodi che
meritavano un approfondimento ed è quello che ho cercato di fare. Sono
arrivata a un punto che avevo bisogno di avere accesso alla
documentazione e alle informazioni della Nato. Non mi è stato possibile
ottenerle. Io lavoro con quello che mi arriva, le inchieste si fanno
secondo regole di legge per poter acquisire prove, quando valuto che ho
sufficienti prove emano gli atti d'accusa secondo la competenza che mi
è stata data. Alla mia prima visita a Belgrado ero sicura che potessero
aiutarmi con la loro documentazione. Aspetto ancora. Comunque io sono
pronta, perché la legge me lo consente, a riaprire questa inchiesta,
quella sulla Nato, se qualcuno finalmente si decide a collaborare con
noi. Avevo degli indizi concreti che mi obbligavano a continuare. Anche
se, sono realista... non è facile
Visti i problemi politici - crisi di governo, uccisione del premier
Djindjic, crescita ulteriore del nazionalismo estremista - è sicura che
l'infinita pressione del Tribunale dell'Aja, senza sollecitare la
giustizia dei serbi, sia stato il modo migliore di comportarsi. I serbi
di Bosnia hanno riconosciuti il crimine di Srebrenica in questi giorni,
a prescindere da arresti e imputati eccellenti...
Questo ultimo riconoscimento è stato importantissimo. Quanto al metodo,
è la direzione giusta anche per Belgrado, più difficile, ma è la buona
direzione perché altrimenti non ci arriviamo, dico politicamente non ci
arriviamo. Perché i processi che stiamo celebrando noi dovrebbero
portare all'accertamento della verità dei fatti e non alla
disinformazione che la comunità internazionale ha sempre ricevuto.
Ma lei crede che l'Occidente non abbia avuto alcuna responsabilità nel
disastro jugoslavo? Pensi alla miccia accesa con i riconoscimenti delle
indipendenze proclamate su base etnica a partire dagli anni 1991-1992...
Io non faccio questioni di geopolitica. Ora però è lo stesso Milosevic
che con la sua difesa, con la chiamata come testimoni di tanti leader
occidentali, ci obbligherà ad entrare in questo tipo di questioni,
perché la sua è una difesa politica. E' importante, perché così sapremo
veramente la verità dei fatti.
In questo momento il processo Milosevic vive un momento molto molto
delicato, l'imputato eccellente dice che il suo deterioramento di stato
di salute è conseguenza della decisione di non avere sufficiente tempo
per difendersi. Che succederà alla fine? Il tribunale attribuirà de
jure, contro la volontà dell'imputato un avvocato d'ufficio?
Non è che Milosevic non abbia avvocati che lo assistano nella
preparazione della difesa, è solo che lui vuole essere da solo in aula
perché così è lui che parla. E' un suo diritto ed è un suo desiderio.
Ora c'è il suo grave stato di salute, ma già prima non si poteva e non
si potrà neanche in futuro avere più di tre giorni di udienza alla
settimana e non più di quattro ore al giorno. Avremmo finito in meno di
un anno se avessimo potuto avere i cinque giorni di udienza e il giorno
completo. Milosevic ora deve contattare i testi, deve prepararli, ha
bisogno di tempo. Nell'ultima udienza del 5 luglio abbiamo chiesto che
adesso gli si assegnassero dei difensori d'ufficio anche per preservare
la sua salute. Lui rifiuta. Adesso la corte ha rilasciato un giudizio:
chiede un altro parere da un altro cardiologo e poi deciderà. Però ha
già chiesto al cancelliere del tribunale di vedere potenziali
difensori. L'importante è che Milosevic possa difendersi e possa finire
questo processo.
E se lui rifiutasse questa condizione?
Noi abbiamo un precedente nel tribunale di Arusha per il Ruanda, dove
abbiamo un accusato che non vuole difendersi, che non riconosce il
tribunale e che non viene in aula. E lì la corte con un giudizio
motivato ha assegnato due difensori d'uffico che hanno rappresentato
gli interessi dell'accusato. Per Milosevic ricominciamo la prossima
settimana, il 21 luglio ci sarà una sospensione fino a fine agosto e in
questo periodo i giudici decideranno se assegnarli l'avvocato. Noi non
vogliamo che questa parte, quella dei testimoni internazionali, venga
meno.
In Kosovo a marzo si è resa evidente una nuova ventata di pulizia
etnica feroce. E' il caos e l'illegalità. A che è servita la guerra
«umanitaria»? Perché lei non interviene per questi nuovi crimini?
Purtroppo no. Eppure mi sono detta: adesso interveniamo, pensando che
avessimo competenza. Ma non c'è conflitto armato... Noi abbiamo bisogno
dell'elemento conflitto armato a norma di legge, e non c'è. Invece a me
andava benissimo, perché è senz'altro un seguito di questo odio etnico.
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RISULTATI E COMMENTI SUI PARTITI AREA “GUE-NGL”
Repubblica Ceca
Nonostante la sua non adesione al “Partito della sinistra europea”
(SE), il KSCM raggiunge il suo massimo storico (20,3%), con 6 seggi al
Parlamento Europeo sui 24 complessivi, avanzando (+1,8%) anche rispetto
al risultato già molto alto delle precedenti legislative. La PDS ceca,
aderente alla SE, ottiene 1.709 voti, pari allo 0,07%. Dopo il voto, in
data 26 giugno, si è riunita la Seconda Sessione del CC del partito,
che ha definito ufficialmente la collocazione dello stesso rispetto al
percorso di costruzione della SE, definendo lo status di “osservatore”.
Slovacchia
Il Partito Comunista Slovacco (KSS), che aveva in una prima fase
aderito alla SE, non supera la soglia del 5%, fermandosi al 4,5%, senza
ottenere alcun seggio. Il KSS aveva ottenuto il 6,3% alle precedenti
legislative, entrando per la prima volta nel Parlamento nazionale. Al
Congresso del 26 giugno, il KSS ha rivisto la propria posizione
rispetto alla SE, definendo, come i cugini cechi, lo status di
“osservatore”.
Grecia
Il KKE (Partito Comunista Greco), col 9,5%, non solo conferma i suoi 3
seggi europei, ma ottiene il suo massimo storico a partire dal 1990,
vale a dire dalla scissione che ha dato vita al Synaspismos (Syn), con
un +0,8% sulle precedenti europee e +3,5% sulle legislative di
quest’anno. Il Syn, tra i “soci fondatori” della SE, ottiene il 4,1%
(-1,1% rispetto al 1999, +0,9% rispetto alle ultime legislative di
marzo) ed 1 seggio europeo, perdendone uno rispetto alle precedenti
europee.
Portogallo
IL PCP (nella tradizionale coalizione CDU) ottiene il 9,2% e conferma i
suoi 2 seggi europei (-1,2% sulle precedenti europee, +2,4 sulle ultime
legislative). Il Bloco de Ezquerda (sinistra radicale non comunista)
ottiene un sorprendente 4.9% (+ 3,3 sulle precedenti europee, + 2,3
sulle legislative.), conquistando, per la prima volta, 1 seggio europeo.
Cipro
AKEL ottiene il 27,9% e 93.212 voti, mantenendo 2 seggi europei ma
perdendo il 6,9 % rispetto al picco raggiunto alle legislative di
quest’anno.
Germania
Il Partito del Socialismo Democratico (PDS), “socio fondatore” della
SE, ottiene il 6.1% e 7 seggi europei (+ 1 rispetto al 1999),
aumentando la percentuale dei consensi dello 0,3% rispetto alle
precedenti europee e dell’1,2% sulle legislative.
Italia
Il Partito della Rifondazione Comunista ottiene il 6,1% e 5 seggi, + 1
rispetto al 1999, aumentando le percentuali di consenso dell’1,1 %
sulle politiche del 2001 e dell’1,8 sulle europee. Il Partito dei
Comunisti Italiani (PdCI) ottiene il 2,4%, confermando i 2 seggi
precedenti ed ottenendo un + 0,7 sulle politiche e + 0,4 sulle europee.
Francia
Il PCF ottiene il 5,2% e 2 seggi europei, perdendo l’1,5% e 4 seggi
rispetto alle precedenti europee del 1999 e guadagnando soltanto lo
0,1% rispetto al dato fortemente negativo delle politiche del 2002,
tradendo così, almeno in parte, le aspettative suscitate dal voto delle
regionali del 2004. Il Consiglio Nazionale del partito, riunitosi in
data 25 giugno 2004, ha fissato nella seconda metà di settembre il
periodo di
svolgimento del referendum confermativo tra gli iscritti per l’adesione
alla SE. Le liste di ispirazione trotzkista, LO-LCR, presentatesi
insieme alle elezioni, si fermano al 3,5%, perdendo i 5 seggi che
avevano al Parlamento europeo. Il PC di Reunion (Union gauche), nei
territori d’oltremare, ottiene il 28.8 %, acquisendo1 seggio ed
entrando per la prima volta al Parlamento.
Olanda
Il Socialistische Partij (PS) ottiene il 7 % (+ 2% rispetto alle
europee 1999 e +0,7 rispetto alle politiche del 2003) e 2 seggi
europei, guadagnandone 1 rispetto al 1999.
Spagna
L’alleanza elettorale tra Izquierda Unida (IU), uno dei “soci
fondatori” della SE, ed Iniziativa per Catalogna-Verdi (ICV) ottiene il
4,1% e 2 seggi, uno dei quali per IU nel GUE, mentre l’altro, di ICV,
andrà nei Verdi. Con questo risultato, IU raggiunge il minimo storico,
peggiorando il risultato già molto negativo delle recenti elezioni
politiche di marzo 2004 (-1,7% sulle precedenti europee, -0,5% sulle
politiche) e perdendo 3 deputati europei.
All’indomani del risultato elettorale ed in vista del Congresso
convocato per dicembre si è aperta tra i diversi soggetti costituenti
IU, tra i quali il Partito Comunista Spagnolo, una discussione accesa
che, al momento, parrebbe limitata solo ad alcuni aspetti della recente
gestione di IU (eccessivo verticismo, personificazione esasperata…) e
non tanto proiettata a produrre un bilancio sereno e rigoroso delle
ragioni politiche della continua ed evidente erosione di consenso.
Paesi Nordici
In Svezia, il Partito della Sinistra (Vänsterpartiet) ottiene il 12,8%
e 2 seggi europei, perdendo il 3% ed 1 seggio rispetto al 1999, ma
guadagnando uno 0,7% rispetto alle politiche.
In Finlandia, l’Alleanza di Sinistra (Vasemmistoliitto) conferma lo
stesso risultato elettorale del 1999: 9.1% ed 1 seggio europeo. La
situazione in Danimarca è più complessa. Il Partito Socialista Popolare
(SF) ottiene l’8,1% (+1% rispetto alle europee 1999, +1,8 rispetto alle
politiche), confermando 1 seggio europeo. Al contrario, la lista di
ispirazione “souvrainista” Movimento di Giugno, che tanto successo ha
riscosso in Svezia (14,4% e 3 seggi), si ferma al 9% (-7,1% rispetto al
1999), acquisendo 1 seggio contro i 3 precedenti (uno solo dei 3
parlamentari aveva aderito al GUE). La lista Folk B, movimento popolare
contro l’UE, elegge un parlamentare, che ha già aderito al GUE.
Lettonia
La lista “Diritti dell’uomo”, composta su base etnica (in difesa della
minoranza russofona) ma complessivamente orientata a sinistra, con una
capolista considerata vicina ai comunisti (ancora fuorilegge in
Lettonia), ottiene 10.7% ed 1 seggio. E’ possibile che anche questa
lista entri a far parte del GUE. Dopo aver partecipato come osservatori
e con molto distacco ad alcune riunioni sul “partito europeo”, i
rappresentanti di questa lista non hanno partecipato al congresso
fondativo della SE di Roma neppure come invitati.
ALCUNE CONSIDERAZIONI DI MERITO
1) I migliori risultati sul piano elettorale sono stati conseguiti dai
Partiti comunisti che non hanno aderito alla SE, che maggiormente hanno
contestato e continuano a contestare il progetto di costituzione ed
allargamento della UE a partire dalle sue fondamenta strategiche, e
che, sul piano identitario, continuano a richiamarsi al marxismo e al
leninismo: dal KKE greco ai portoghesi, da AKEL cipriota ai comunisti
di Boemia e Moravia. Da soli questi 4 partiti, anche grazie
all’ingresso di nuovi paesi, ottengono un terzo dei seggi del futuro
GUE-NGL, passando dai 5 del precedente parlamento ai 13 attuali (+8),
ai quali potrebbe aggiungersi l’eurodeputata lettone.
2) Su un totale di 40 seggi nel GUE-NGL, i partiti facenti parte della
SE esprimono 16 seggi, contro i 24 degli altri. Nel nuovo GUE, di
conseguenza, la SE, che possiede una consistenza più o meno equivalente
a quella del “polo comunista”, risulta nettamente in minoranza.
3) Tra i partiti aderenti alla SE, avanzano il PRC (+ 1 seggio) e la
PDS tedesca (+ 1); mentre arretrano tanto il PCF (- 4), quanto IU (- 3)
e SYN (- 1). Rispetto al precedente parlamento europeo, il saldo
complessivo è marcatamente negativo: -6 seggi.
4) Considerando i soli Partiti comunisti, 15 eurodeputati sono fuori
dalla SE e solamente 7 ne fanno parte.
5) Riguardo i trotzkisti, che nella legislatura precedente potevano
contare su 5 eurodeputati francesi (LCR-LO), ottengono oggi un solo
parlamentare europeo, eletto in Portogallo nel BE, di orientamento
“bertinottiano” (sinistra radicale), uscito molti anni fa dal PCP. Il
BE, ad ogni buon conto, contiene una forte componente trotzkista e
partecipa al coordinamento europeo della Sinistra anticapitalistica,
dominato dalla Quarta internazionale.
6) Se si esamina con oggettività ed obbiettività il voto europeo dei
comunisti e delle forze della sinistra alternativa è davvero difficile
sostenere che l’appartenenza alla SE, una cultura politica di rottura
col “comunismo novecentesco” ed un orientamento “europeista” (vale a
dire interno al progetto UE, che non ne contesta le fondamenta
strategiche, simile alle correnti di sinistra della socialdemocrazia)
sarebbero gli ingredienti fondamentali del successo. Sarebbe forse,
alla luce dei dati, più semplice sostenere il contrario. Successi ed
insuccessi appaiono assai più legati alle dinamiche nazionali, a
partire dal legame dei diversi partiti coi rispettivi popoli e
movimenti operai. Quando questo legame di massa è solido, o
forte, il non essere parte della SE, il riferimento ideologico al
leninismo (od alle “eredità staliniane”, per dirla con Bertinotti)
oppure, ancora, un atteggiamento di opposizione strategica all’UE non
appaiono certo come elementi in grado di condizionare negativamente il
consenso.
IL NUOVO GUE-NGL
• Partito del Socialismo Democratico (Germania): 7 seggi (+1 rispetto
al 1999);
• Partito della Rifondazione Comunista (Italia): 5 seggi (+1);
• Partito dei Comunisti Italiani (Italia): 2 seggi (idem);
• Partito Comunista di Boemia e Moravia (Repubblica Ceca): 6 seggi
(nuovo membro UE);
• Partito Comunista Greco (Grecia): 3 seggi (idem);
• Synaspismos (Grecia): 1 seggio (-1);
• Partito Comunista Francese (Francia): 2 seggi (-4);
• Partito Comunista di Reunion (Francia, territori d’oltremare): 1
seggio (+1);
• Partito Comunista Portoghese ed Ecologisti (Portogallo): 2 seggi
(idem);
• Blocco di Sinistra (Portogallo): 1 seggio (+1);
• Partito della Sinistra (Svezia): 2 seggi (-1);
• Partito Socialista Popolare (Danimarca): 1 seggio (idem);
• Folk. B (Danimarca): 1 seggio (idem);
• AKEL (Cipro): 2 seggi (nuovo membro UE);
• Sinistra Unita (Spagna): 1 seggio (-3);
• Partito Socialista (Olanda): 2 seggi (+1);
• Alleanza di Sinistra (Finlandia): 1 seggio (idem).
Il GUE-NGL risulta così costituito da 40 parlamentari europei, che
hanno eletto Presidente del Gruppo il francese Francis Wurtz
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LETTERA INVIATA A LIBERAZIONE IL 7/7:
Le forze comuniste e le elezioni europee del 13 giugno 2004
Dal momento che ha avuto inizio, nel nostro come in altri partiti, la
discussione relativa alle prospettive aperte dal voto europeo del 13
giugno, sarebbe forse opportuno produrre un quadro, sintetico ed
esaustivo, dei risultati ottenuti dalle diverse forze comuniste e della
sinistra di alternativa. Anche per aggiornare, dopo il voto, la nostra
discussione sul Partito della Sinistra Europea (SE). Tra le forze
comuniste, oltre al dato positivo del PRC, spiccano i risultati
ottenuti dal Partito Comunista Greco (9,5%), miglior dato elettorale
dal 1990, dai comunisti portoghesi nella tradizionale coalizione CDU
(9,2%), da AKEL di Cipro (27,9%, pur in flessione rispetto al picco
delle politiche) e, soprattutto, dai comunisti cechi, che si attestano
al 20,3%, massimo storico, e divengono la seconda forza politica del
paese. Al contrario, i comunisti francesi (5,2%), dopo la boccata di
ossigeno delle ultime e recenti regionali, non migliorano di molto il
dato fortemente negativo delle politiche del 2002, perdendo così 4
seggi rispetto alle europee 1999, mentre i comunisti slovacchi non
riescono a
superare lo sbarramento del 5%. Tra le forze di alternativa, tiene solo
la PDS tedesca. I greci del Synaspismos, pur migliorando il dato
negativo delle politiche del marzo 2004, arretrano rispetto alle
precedenti europee (perdendo così 1 dei 2 seggi a Starsburgo), mentre
IU spagnola raggiunge un nuovo minimo storico dopo le politiche del
marzo di quest’anno (4,1% insieme ad Iniziativa per Catalogna-Verdi ed
1 solo parlamentare eletto contro i 4 del 1999 –il secondo si iscriverà
al Gruppo dei Verdi-). La PDS ceca, poi, ottiene lo 0,07%. Le liste di
ispirazione trotskista perdono i 5 rappresentanti francesi di LO-LCR,
ferme al 3,5% e possono contare solamente sul parlamentare eletto in
Portogallo nelle file del Blocco di Sinistra. Da registrare, infine, la
sostanziale tenuta dei partiti nordici. Se questi sono i numeri, nel
nuovo GUE-NGL le forze aderenti alla SE possono contare su 16 dei 40
componenti il gruppo europeo, perdendo 6 seggi rispetto alle europee
del 1999. D’altra parte, comunisti greci, portoghesi, ciprioti e
ceco-moravi raggiungono, grazie all’apporto dei nuovi paesi, 13
parlamentari europei (contro i 5 eletti da greci e portoghesi nel
1999). Se si considerano i soli partiti comunisti, poi, a seguito della
decisione ufficiale di ceco-moravi (CC del 26 giugno) e slovacchi
(Congresso del 26-27 giugno) di collocarsi come semplici “osservatori”
rispetto alla SE, 15 eurodeputati risultano fuori dal partito europeo e
solo 7 dentro. In questo contesto è davvero difficile sostenere che
l’appartenenza alla SE, una cultura politica di rottura col “comunismo
novecentesco” ed un orientamento “europeista” (vale a dire tutto
interno al progetto UE, che non ne contesta le fondamenta strategiche,
simile alle correnti di sinistra della socialdemocrazia) sarebbero gli
ingredienti fondamentali del successo. Sarebbe forse, alla luce dei
dati, più semplice sostenere il contrario. Successi ed insuccessi
appaiono assai più legati alle dinamiche nazionali, a partire dal
legame dei diversi partiti coi rispettivi popoli e movimenti operai.
Quando questo legame di massa è forte, il non essere parte della SE, il
riferimento ideologico al leninismo oppure, ancora, un atteggiamento di
opposizione strategica all’UE non appaiono certo come elementi in grado
di condizionare negativamente il consenso.
Marcello Graziosi
(Modena)
02-07-04
http://perso.wanadoo.fr/collectiv-communiste-polex/
I partiti comunisti nell’est, oggi
Bruno Drweski
Negli ex paesi del “campo socialista”, l’introduzione del pluralismo
politico dopo il 1989/91 è sfociata nella costituzione di nuovi partiti
che hanno teso, dopo qualche esitazione, a riposizionarsi nella
tradizionale divisione destra/sinistra. Tale nozione deve essere
tuttavia precisata in funzione della situazione specifica di ogni
società. Ovunque gli eredi delle formazioni politiche al potere prima
del 1989/91 sono riusciti a ricostituire partiti spesso influenti, ma
sulla base di legittimazioni molto differenti. In certi casi, il
riferimento al comunismo è stato totalmente rigettato. In altri, si è
selezionato in modo molto diversificato solamente alcuni elementi
provenienti dal comunismo. In altri, l’eredità del comunismo ufficiale
è stata rivendicata in quanto tale. Ma la classificazione tra partiti
allineati al social-liberalismo, “ex comunisti riformati” o comunisti
“ortodossi” resta molto sommaria.
I termini “comunismo” o “socialdemocrazia” veicolano infatti contenuti
molto differenti a seconda del contesto. Quando viene rivendicata,
l’eredità del “socialismo reale” non è di fatto mai ripresa in maniera
integrale e, quando succede il contrario, alcuni elementi di tale
eredità risorgono in modo più o meno percettibile. Tuttavia
nell’insieme, i “ritorni” al potere o anche solo la possibilità di
avere accesso ai circoli del potere, come nel caso del Partito
Comunista della Federazione Russa (KPRF), o di giocare un ruolo
regionale, come nel caso del Partito del Socialismo Democratico (PDS)
nei Landers est-tedeschi, spinge ogni partito ad accettare in modo più
o meno esplicito le “leggi di mercato”.
In ogni caso l’allineamento della Russia di Putin agli USA dopo
l’11settembre 2001, ha spinto l’ala predominante del KPRF a denunciare
la politica del Cremlino e a subire, quale ritorsione, l’espulsione dei
rappresentanti di questo partito dalle commissioni parlamentari. I
dirigenti espressi dalle formazioni al potere nei paesi dell’Est prima
del 1989/91 cercano generalmente di collocarsi, per essere credibili,
più o meno a sinistra. Ma questa non è la regola assoluta, dal momento
che partiti di destra sono stati spesso formati da uomini che hanno
occupato funzioni importanti nei partiti “comunisti” prima del 1989/91,
come ad esempio Eltsin in Russia o Tudjman in Croazia.
Parallelamente, sono apparse formazioni che fanno riferimento a
correnti marxiste che erano al bando prima del 1989/91 (trotskismo,
bukharinismo, socialdemocrazia marxista di prima del 1939), ma
raramente esse hanno conquistato un posto di rilievo. Ciò riguarda
anche i partiti che rivendicano l’eredità di Stalin, i quali, salvo che
in Albania, erano stati proibiti formalmente dopo il 1956. Sono stati
anche creati partiti socialdemocratici “moderni” senza legami con i
regimi di prima del 1989/91, spesso senza successo.
Studiare i PC dell’Est dopo il 1989/91 rimanda a categorie molto
diverse. Ci limiteremo ai partiti che accettano la loro filiazione ai
regimi politici ufficialmente sconfitti nel 1989/91. Analizzeremo anche
le formazioni che ripudiano il comunismo, ma che restano segnate in
modi differenti dalla sua eredità. Menzioneremo anche i partiti
esplicitamente staliniani poiché, pur non essendo essi gli eredi
diretti dei partiti di prima del 1989/91, fanno riferimento comunque ad
un’eredità che ha esercitato un’influenza fondamentale sul
funzionamento del “socialismo reale” in certe epoche.
La ricomposizione politica che ha avuto luogo negli Stati del
“socialismo reale” a partire dagli anni ’80 non è terminata, poiché la
struttura di queste società non ha ancora raggiunto una stabilizzazione
relativa simile a quella dei paesi occidentali. Già prima del 1989/91,
i partiti-Stato nascondevano realtà sociali molto differenti e
l’emersione di una borghesia in questi paesi è iniziata ben prima dello
smantellamento ufficiale del “socialismo”. I partiti politici al potere
erano divisi in sensibilità sociali e politiche, in gruppi di
interesse, elemento questo che rende pertinente la tesi secondo cui la
lotta di classe esisteva nell’Est, ma in modo “sotterraneo e
camuffato”, nel quadro di strutture apparentemente monolitiche.
Le idee di destra erano d’altronde diffuse nei partiti comunisti
ufficiali ben prima della “svolta” degli anni 1989/91, in particolare
tra i “notabili” e i figli dei quadri, in particolare coloro che
esercitavano attività nei settori economici e coloro che intrattenevano
contatti con le “elites” occidentali, politiche e affaristiche. Questo
pluralismo di fatto, che esisteva prima del 1989, spiega perché solo
una piccola frangia dei membri dei partiti al potere prima del 1989/91
si sia riconosciuta in seguito nelle formazioni scaturite dai
“partiti-Stato”, avendo la maggioranza di loro optato per un
liberalismo “senza complessi”.
I gruppi che si richiamano al comunismo sono andati ovunque in
minoranza, salvo che in Moldavia dove il PC ha ottenuto il 50% dei voti
alle ultime elezioni, ma ugualmente ovunque sono riapparsi partiti che
si richiamano al comunismo, incluso là dove gli eredi dei poteri di
prima del 1989/91 hanno rotto con questa ideologia per aderire
all’Internazionale Socialista (IS). Nell’Europa centrale, baltica e
balcanica, le correnti che si richiamano al comunismo hanno incontrato
particolari difficoltà nella fase della rinascita, salvo che in Cechia.
Dall’Albania all’Estonia, passando per le Jugoslavie e la Polonia, gli
ex “partiti-Stato” hanno rinunciato alla denominazione comunista e al
marxismo quale fondamento teorico.
Ma esistono delle differenze rimarchevoli negli atteggiamenti tenuti
nei confronti del capitalismo tra la SLD polacca, ad esempio, e il PS
serbo o il PS bulgaro (BSP). La sola eccezione di rilievo è costituita
dalla Cechia, dove un PC importante ha riconquistato e mantenuto un
posto fondamentale nello scacchiere politico, contando tra l’altro sul
fatto che i comunisti erano già ben radicati nel paese prima del 1938.
Altrove, essi non si sono imposti, se non in occasione della Seconda
Guerra Mondiale e nel periodo seguente. Nelle repubbliche che facevano
parte dell’URSS prima del 1939, al contrario, l’affermazione di partiti
socialdemocratici resta difficile, mentre partiti comunisti consistenti
si sono ricostituiti pressoché ovunque.
La divisione socialdemocrazia/comunismo sembra da attribuire a
differenze politiche dovute al radicarsi della mentalità sovietica,
anzi della tradizione russa come tende ad affermare il presidente del
KPRF che pensa che il comunismo corrisponda alla mentalità tradizionale
dell’ “uomo russo” del paese più profondo. Tale fenomeno pone degli
ostacoli all’emergere di un’autentica corrente rivoluzionaria, ma il
riferimento al marxismo, seppur solo formale, resta emblematico e
permette di stabilire la differenza tra coloro che si allineano grosso
modo al “modello occidentale” e coloro che continuano, anche se spesso
nell’ambiguità, a manifestare reticenze a tal proposito.
Riflettere su ciò è importante per scoprire, al di là delle
dichiarazioni ufficiali, quali formazioni possano essere eventualmente
fautrici di progresso sociale e di riavvicinamento dei popoli e quali
siano quelle che in realtà servono, qualsiasi denominazione adottino,
gli interessi delle oligarchie, la cui aspirazione, nei fatti, è solo
quella di allargare il proprio potere politico, sociale o economico. E’
anche nell’interesse dei comunisti occidentali la comprensione di
questo fenomeno, poiché i loro partiti, pur mantenendo fino alla fine
rapporti privilegiati con quei regimi, in virtù dell’opinione che essi
avevano dei rapporti di forza internazionali e della necessità di
trovare dei contrappesi di fronte alla potenza degli Stati Uniti e dei
loro numerosi alleati, sembrano aver subito anch’essi in molti casi,
“per procura” e di riflesso, gli effetti della demoralizzazione
caratteristici della nomenklatura.
LA PREDOMINANTE ATTRAZIONE DELLA SOCIALDEMOCRAZIA NELL’EUROPA
CENTRALE, BALTICA E BALCANICA
Tranne che in Cechia, gli ex PC hanno tutti ripudiato il riferimento
al marxismo-leninismo. In effetti ogni partito ha manifestato una
propensione diversa verso lo strappo e i discorsi variano sovente in
funzione dell’interlocutore a cui i dirigenti si rivolgono. D’altronde,
non ci troviamo solo di fronte alla scelta socialdemocratica, dal
momento che alcuni partiti sono tentati anche dalla retorica
patriottica, come nel caso del PS serbo o, in misura minore, del Fronte
di salvezza nazionale romeno, divenuto in seguito un partito
socialdemocratico (PSD) “come gli altri”.
1). I partiti social-liberali: nei partiti che sono approdati all’IS e
che, in apparenza, hanno totalmente ripudiato il “socialismo reale”
persistono certe specificità in rapporto al modello socialdemocratico
occidentale. Le loro tradizioni e il fatto che abbiano adottato
rapidamente e senza riflettere modalità di funzionamento e di
legittimazione importate dall’Occidente e appiccicate ad abitudini
organizzative differenti, conferiscono a questi partiti tratti
specifici.
La riconquista da parte di questi partiti di un elettorato
consistente, a partire dalle elezioni lituane del 1992 – fenomeno che è
proseguito altrove – fa leva su una certa nostalgia nella popolazione
per lo “Stato protettore” scomparso. Gli ex comunisti sono dunque
indotti in permanenza ad oscillare tra un discorso social-liberale
destinato agli Occidentali, comportamenti elitisti ereditati dal
“socialismo post-feudale” di prima del 1989 e “ammiccamenti
neo-comunisti” indirizzati alla loro base elettorale. Le inchieste di
opinione che riguardano le privatizzazioni, i capitali stranieri, il
periodo precedente il 1989, ecc. dimostrano che una parte spesso
maggioritaria di queste società resta attaccata all’ideale di un
modello sociale egualitario.
Gli ex dirigenti di prima del 1989/91 hanno contratto abitudini
differenti da quelle conosciute ad Ovest e le utilizzano per la
“costruzione del capitalismo”. La comprensione dei processi sociali, la
capacità di costruire organizzazioni disciplinate e cinghie di
trasmissione, lo spirito di corpo proprio dell’abitudine alla militanza
in seno ad un’organizzazione semi-segreta, i metodi di
cooptazione,ecc., tutto ciò è servito enormemente agli “ex comunisti”
per rimanere nelle stanze del potere dopo il 1989.
L’esempio polacco costituisce a tal riguardo un caso da manuale, per
analizzare i partiti che, del passato, hanno mantenuto le tecniche di
radicamento del leninismo, la capacità di analisi dei processi sociali
del marxismo e l’attrazione verso la modernità, ma ponendo tutto ciò al
servizio del capitalismo. Quando il Partito Operaio Unificato Polacco
(PZPR) ha ceduto il potere, si è trasformato prima di tutto in
Socialdemocrazia della Repubblica di Polonia (SdRP). Il nome scelto
allora è già segno di abilità. Poiché questa denominazione costituiva
un segnale per i partigiani di una socialdemocratizzazione “moderna”,
ma anche perché, agli occhi di coloro che intendevano restare fedeli al
comunismo, ricordava il partito di Rosa Luxemburg e di Felix
Dzierzynski, la “Socialdemocrazia del Regno di Polonia”. La SdRP ha, in
verità, mantenuto solo circa 60.000 dei 2 milioni di membri del PZPR,
contribuendo in tal modo ad allontanare la sua vecchia base dai centri
decisionali. I dirigenti hanno spesso ceduto i posti dell’apparato a
vantaggio di loro sostituti più giovani. Questo partito ha poi creato
l’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD), una struttura all’inizio
flessibile che raggruppava sindacati, associazioni (di donne, di
giovani, di ex combattenti,ecc.) e alcuni piccoli partiti come l’Unione
dei comunisti polacchi “Proletariato” (ZKPP). Tali “cinghie di
trasmissione” si sono rivelate efficaci al servizio della SdRP e della
sua linea “moderna” di ampio schieramento. La SLD ha in seguito aperto
al Partito Socialista Polacco (PPS), un gruppo radicale e marxista
espresso dalla dissidenza, che le ha permesso di presentarsi come ormai
“al di fuori” delle divisioni di prima del 1989. Stabilizzatosi
l’elettorato e adottata, con il consenso della “sinistra” e della
“destra” polacche, una costituzione “che proibisce i metodi fascisti e
comunisti”, la ZKPP è stata spinta ai margini della SLD, la quale è
stata trasformata in un partito unificato, forzando il PPS a scegliere
tra la sua dissoluzione e una rottura che l’avrebbe condannato
all’emarginazione, in virtù della logica del “voto utile”. La creazione
di una SLD unificata, al posto di un’alleanza plurale, permette oggi ai
quadri espressi dalla nomenklatura di scegliere essi stessi a quali
dirigenti sindacali o delle associazioni satelliti offrire posti
nell’amministrazione. Il processo sta concludendosi oggi con il ritorno
a posti di direzione della SLD di vecchi quadri del PZPR che si erano
ritirati in “seconda linea” nel 1989. Se la metamorfosi ideologica
degli “ex comunisti” che si richiamano al “blairismo” è completa, la
“cultura di apparato” sembrerebbe mantenere il marchio di origine.
Molti dei polacchi di sinistra, compresi quelli che si considerano
sempre comunisti, trovano tuttavia difficile dissociarsi dalla SLD, per
realismo o per fedeltà. Anche l’Unione del Lavoro (UP), partito a
caratterizzazione socialdemocratica, creato dal dissidente Karol
Modzelewski, che aveva tentato di superare le divisioni del 1989, ha
finalmente deciso di associarsi alla SLD e di rinunciare alla propria
autonomia. Simili evoluzioni sono riscontrabili anche in Lituania, in
Slovacchia, in Slovenia, ecc. Altrove, la deideologizzazione è stata
meno totale.
2). I partiti socialdemocratici pluralisti: il BSP (Partito Socialista
Bulgaro) costituisce uno dei migliori esempi di tale tipo di partito. A
differenza della SLD, l’ex PC bulgaro ha cambiato nome, ma ha cercato
di conservare il grosso dei suoi membri e ha preso meno le distanze dal
periodo precedente il 1989. Ha accettato l’esistenza di frazioni
organizzate, di cui due si richiamano al marxismo. Questo partito si è
avvicinato lentamente all’IS, pur mantenendo contatti con i partiti
comunisti, in particolare con il PC greco. Il BPS si è per molto tempo
dichiarato contrario alla politica della NATO nei Balcani. L’assenza
di russofobia nella società bulgara facilita la persistenza di correnti
che cercano di salvaguardare legami stretti con la Russia, in
particolare nella diplomazia e negli affari. Il radicamento notevole
dei comunisti in Bulgaria prima del 1939 può anche spiegare questa
situazione. Esistono nel paese due piccoli PC. Il Nuovo Partito
Comunista Bulgaro (NPCB), che si proclama staliniano e che ha rotto con
il BSP al tempo del cambio del nome, e il Partito Comunista Bulgaro “G.
Dimitrov” che rifiuta i metodi staliniani. Il nuovo PCB ha organizzato
la Nuova Internazionale Comunista che raggruppa partiti che esaltano
innanzitutto l’eredità di Stalin. Alla vigilia delle elezioni del 2001,
sono stati avviati negoziati per la formazione di un partito unificato
che raggruppasse i due PC e la frazione marxista del BSP. Secondo i
sondaggi, questa formazione avrebbe potuto ottenere più del 10% dei
suffragi, ma i negoziati non hanno avuto successo e alcuni comunisti si
sono presentati candidati contro il BSP, mentre quest’ultimo faceva
eleggere un comunista nella sua lista, il primo deputato esplicitamente
comunista dopo il 1989.
I partiti “ex comunisti” balcanici dei paesi di tradizione ortodossa
(Bulgaria, Serbia, Romania) manifestano una più visibile reticenza
riguardo al capitalismo rispetto ai loro omologhi di Albania, Bosnia,
Croazia, Slovenia o Ungheria. In questi ultimi paesi, in particolare il
Partito Socialista Ungherese, ala maggioritaria del vecchio
“partito-Stato”, include una frazione marxista, “Alternativa di
Sinistra”. Esiste anche un PC ungherese, il Partito Operaio, la cui
influenza resta limitata. In Germania, anche il PDS rifiuta il
social-liberalismo. Si è impegnato, soprattutto dopo il suo arrivo al
potere con la SPD nel Land di Berlino, in una strategia di associazione
con il Partito Socialdemocratico (SPD) su una piattaforma
prevalentemente “regionalista est-tedesca” con concezioni “alternative”
assai moderate. Un’altra corrente nel suo seno riafferma il marxismo.
L’esistenza di frazioni è autorizzata nel PDS, il che permette ai
comunisti di manifestarsi in quanto tali. E’ anche il solo erede di
“partiti-Stato”, in cui sia presente la corrente trotskista.
3). I partiti comunisti “mantenuti”: nell’Europa Centrale, baltica e
balcanica, partiti che si definiscono comunisti si sono formati
dappertutto, ma sono raramente riusciti ad ottenere un’influenza reale,
salvo che in Bulgaria, Ungheria, Lettonia (sotto il nome di Partito
Socialista Lettone, dal momento che il comunismo è proibito nel paese)
o Slovacchia, dove costituiscono una forza potenzialmente in grado di
contare. Il KSCM (Partito Comunista di Boemia-Moravia) rappresenta un
caso specifico. Costituito poco prima dello smantellamento della
federazione cecoslovacca, ha ottenuto l’11% dei voti nelle elezioni del
1998 e raccoglie oggi dal 15% al 20% delle intenzioni di voto (20,3%
dei suffragi nelle ultime elezioni europee del 13 giugno 2004, nota
del traduttore). Ha un approccio relativamente critico nei confronti
del periodo 1948/1989, che ha spinto uno dei dirigenti di prima del
1989, Miroslav Stepan, a creare il “Partito dei comunisti
cecoslovacchi”, che conta decine di migliaia di membri, ma che non è
mai riuscito a radicarsi elettoralmente. Sul versante opposto, le due
frazioni del KSCM che hanno tentato di rompere con il comunismo hanno
fallito. Il caso della Cechia è specifico, perché è il solo paese in
cui si sia formato un partito socialdemocratico (CSSD) potente non
scaturito da correnti comuniste. Il KSCM è attraversato da dibattiti
virulenti in merito al suo progetto sociale, all’adesione all’UE e ad
un’eventuale alleanza con la CSSD. I suoi membri più anziani esprimono
spesso un orientamento più moderato, mentre quelli più giovani
propongono soluzioni a volte particolarmente radicali. Il KSCM è molto
attivo sul terreno internazionale e mantiene contatti con tutti i PC.
Traduzione di Mauro Gemma
1. Srebrenica: Una propaganda disperata (P. Teobaldelli)
2. Qualcosa a proposito di Srebrenica (M. Andolina)
=== 1 ===
SREBRENICA: UNA PROPAGANDA DISPERATA
16/06/2004 Paolo Teobaldelli (Jugoslavia)
Finalmente i cattivi serbi di Bosnia hanno riconosciuto
i loro crimini, la notizia e' ufficiale e ha fatto subito
il giro del mondo.
Venerdì 11 Giugno infatti il governo della Repubblica
Srpska ha accettato il rapporto stilato da una commissione
indipendente non legata al governo, nella quale vengono
elencati i crimini di guerra del generale Ratko Mladic
dell'esercito serbo di Bosnia nell'area di Srebrenica
nel luglio del 95'.
Il rapporto parla di circa 7.000 civili ammassati e giustiziati
sommariamente, dei quali sarebbero stati rinvenuti circa
1.200 corpi.
Le agenzie che hanno battuto la notizia pero' non sono
molto prodighe di particolari e ugualmente i giornali non
hanno fornito ulteriori dettagli.
Insomma se il governo della Repubblica Srpska ha confermato
il rapporto che altro si deve dire, era ora no?
Ma a ben vedere c'e' molto altro da dire, sia per capire meglio
la notizia stessa sia per comprendere quali siano stati i fatti
realmente accaduti in Srebrenica in quegli anni.
Iniziamo dalla notizia.
La commissione e' stata istituita dal governo della
Repubblica Srpska dopo che le precedenti commissioni avevano
stilato rapporti sempre negati dai serbi di Bosnia, e dopo
che il Rappresentante generale della Nato in Bosnia,
Ashdown aveva tuonato parole pesanti contro la Repubblica Srpska,
minacciando di istituire sanzioni e ritorsioni se entro pochi
mesi essi non avessero presentato atteggiamenti meno ostili
e "piu' cooperativi".
Un primo rilievo che qualsiasi giornalista serio dovrebbe fare
sarebbe, credo, quello di sottolineare come l'accettazione del
rapporto segua a mesi di intensa pressione della Nato sulla
Repubblica Srpska. Pressione che non e' stata operata soltanto
con parole tuonanti e minacce ma anche con atti eclatanti.
Innanzitutto i numerosi raid militari a Pale nella sede della radio
di proprieta' della figlia di Radovan Karadzic, o nei
locali amministrativi della citta'; un raid speciale svolto
anche dai carabinieri italiani nei pressi della citta' di Visegrad.
Ma sicuramente il piu' grave e' stato l'intervento nel
monastero di Pale, dove risiede il pope, amico e
confidente dell'ex. premier serbo di Bosnia Radovan Karadzic,
e suo figlio. Il raid compiuto da un commando americano
probabilmente di unita' speciali, e' avvenuto nella primavera
scorsa, di notte. Dopo aver minato il portone del monastero con
una carica esplosiva, i militari hanno fatto irruzione nel monastero.
Risultato, il giorno dopo il pope e suo figlio versavano
entrambi in gravissime condizioni. Il rapporto medico
parlava di contusioni estese in tutto il corpo provocate da
corpi metallici contundenti. La notizia che ha tenuto le
prime pagine dei giornali per giorni in Serbia, non ha avuto
(come al solito) lo stesso successo nei media occidentali.
Il racconto confuso del figlio del pope sembra confermare
l'ipotesi: i due sono stati torturati e malmenati tutta la notte
dai militari americani che cercavano in tal modo di
ottenere informazioni precise su dove si nasconda Karadzic.
E' evidente dunque che l'accettazione del governo della
Repubblica Srpska e' venuta in un momento critico
e credo sia del tutto lecito chiedersi se tale accettazione
sia una conferma dei fatti realmente avvenuti a Srebenica
o piuttosto il semplice accondiscendere alle richieste
della NATO per evitare eventuali ulteriori ripercussioni
sia sul piano economico, dato che la situazione economica
nella piccola Repubblica Srpska e' veramente disastrosa
dopo che la guerra, l'embargo e i bombardamenti NATO
ne hanno rovinato in misura determinante l'economia, sia
sul piano politico militare con la NATO che insiste in veri
e propri atti terroristici al fine di intimidire la piccola
Repubblica rea di aver resistito oltre che ai bombardamenti
anche alle pressioni successive.
Si potrebbe fare un paragone con la Libia e l'affaire
Lockerbie. Pur di porre fine all'isolamento internazionale
la Libia ha dovuto ammettere le responsabilita' pagando
persino i danni ai familiari ma poi Gheddafi ha dichiarato
alla stampa che la Libia non c'entra nulla nell'affaire
Lockerbie e che ha pagato solo per accondiscere.
Subito dopo la Libia ha iniziato a chiedere che vengano
pagati i danni causati dal criminale bombardamento
NATO del 1987 su Tripoli che e' costato la vita a molti
civili tra cui una figlia di Gheddafi.
A ben guardare quindi c'e' dell'altro. Accettando una "verita'"
e riconoscendo una propria colpa la Repubblica Srpska
ha cosi' sperato di poter finalmente vedere riconosciute
anche le proprie vittime delle operazione sporche dei soldati
e mercenari musulmani, la maggior parte delle quali sono
di gran lunga precedenti ai fatti di Srebrenica.
Lunedi' 14 Giugno infatti il governo serbo di Bosnia
ha diramato un comunicato nel quale si lamenta per
l'atteggiamento del governo musulmano di Bosnia che
non ha dal canto suo neanche istituito una commissione
di inchiesta sui fatti successi in Bosnia e mai ha
riconosciuto uno solo di tali fatti.
La differenza fondamentale e' pero' che il governo di BIH
non ha mai subito pressioni della NATO in tal senso, ne'
dal tribunale dell'Aia.
Ma veniamo ora ai fatti noti di Srebrenica.
Per comprendere quello che e' successo nel luglio del 1995
credo sia indispensabile guardare anche ai due anni precedenti
poiche' sicuramente il fatto che Srebrenica fosse stata dichiarata
"safe zone" dall'ONU non e' stato puramente casuale.
E' storia certa e documentata, anche se purtroppo nessuno
dei nostri professionali giornalisti (anche di testate di sinistra)
sembra essersene mai accorto, che in Bosnia hanno operato
gruppi armati e addestrati di mercenari provenienti dall'Italia e
dalla Germania, riforniti di armamenti occidentali stile NATO.
Tali gruppi hanno operato per la Croazia soprattutto in Slavonia
(Vukovar), Krajina, e nella Bosnia centrale (ad esempio Mostar).
Per i musulmani invece hanno combattuto gruppi di mercenari
provenienti dai paesi Arabi fondamentalisti e dalla Turchia,
legati alla rete di Bin Laden, che all'epoca svolgeva un importante
funzione nelle guerre sporche usate dal Pentagono (covert actions
e' il termine tecnico) in funzione antisocialista nelle ex
repubbliche sovietiche a forte presenza musulmana (vedi Cecenia).
Uno dei gruppi di mercenari sicuramente piu' aggressivi e
cruenti era quello comandato da Nasir Oric il quale ha svolto
operazioni militari "sporche" nella Bosnia centrale dal 93' al 95'
spingendosi sino a Srebrenica (vicina al confine con la Serbia).
E' qui che nell'inverno del 1993 l'esercito musulmano subisce
pesanti sconfitte militari ad opera del Generale Ratko Mladic
che li costringono a ripiegare su posizioni difensive, arroccandosi
nelle impervie montagne di cui il territorio dell'area di Srebrenica
e' provvisto in abbondanza.
A questo punto entra in gioco l'ONU che dichiara l'enclave di
Srebrenica una "safe zone", il che significa che nessuna presenza
militare che non siano i caschi blu sara' permessa a Srebrenica.
Il contingente dei caschi blu che entra in Srebrenica per
garantirne la sicurezza e' olandese.
Il contingente serbo bosniaco comandato dal Generale Ratko
Mladic si ritira nel pieno rispetto degli accordi, e ugualmente
le autorita' musulmane di Bosnia operano il ritiro di circa 5.000
soldati che vengono riassegnati ad altre unita' in altre zone.
Qui il primo giallo. Il ritiro dei circa 5000 soldati musulmani
avviene infatti in totale segretezza, e neanche le famiglie
dei militari vengono avvertite. Le autorita' bosniache giustificarono
successivamente tale segretezza con ragioni militari, dato che
la guerra era comunque ancora in corso in altre zone.
Fatto sta che nei mesi seguenti il fattaccio in oggetto
(nel luglio 1995) i familiari di tali soldati li piansero come
morti a Srebrenica chiedendone i corpi; sapevano infatti che essi
si trovavano a Srebrenica dove invece non erano.
Restano pero' in postazioni difensive sulle montagne dell'enclave,
come confermato anche recentemente da alcuni osservatori OSCE
che si trovavano a Srebrenica, circa 2.000 "irregolari" capeggiati
da Nasir Oric. Tali posizioni difensive sono dotate persino di
artiglieria medio leggera, mortai e lanciagranate.
Sfruttando la demilitarizzazione dell'enclave il gruppo di Oric
prosegue nella sua "guerra sporca" distruggendo circa 40 villaggi
e uccidendo circa 700 "serbi" (etichetta usata dalla propaganda
atlantica ma che in realta' significa essenzialmente "non musulmani"
e comprendente persino persone musulmane che pero' non si
riconoscono nel fondamentalismo di Izetbegovich).
Parallelamente alla guerra sporca di Oric la popolazione
dell'enclave deve subire anche i caschi blu olandesi il cui
comportamento invece di essere quello di un contingente di
pace e' piuttosto quello di un esercito invasore, con violenze
generalizzate, arresti e persino stupri.
L'accordo dell'ONU e' palesemente violato. E' in seguito ad una
imboscata operata dai mujahedin di Oric alle spese di circa 300
civili in fuga verso le postazioni ONU, impauriti dalle operazioni
di Oric, che il Generale Mladic e le autorita' serbe di Bosnia
decidono di intervenire.
L'enclave viene dunque assediata.
Qui il giallo si infittisce. Le notizie diffuse in occidente
sono fornite in gran parte da agenzie di PR atlantiche che hanno
pero' una credibilita' ormai tendente a zero date le numerose
conferme di notizie false completamente costruite, come ad esempio
quelle successive riguardanti il Kosovo (Racak).
Purtoppo i nostri professionali giornalisti continuano a ripetere
quelle notizie senza preoccuparsi della loro veridicita'.
Ma veniamo ad esse.
Mladic entrerebbe nell'enclave assediandola, operando un rastrella-
-mento generalizzato di civili ammazzandone poi sommariamente circa
7.000 e addirittura aprendo il fuoco sui caschi blu.
Le notizie provenienti invece da fonti non atlantiche sono molto
differenti.
L'assedio dell'enclave sarebbe seguito all'imboscata di Oric il
quale avrebbe anche lanciato granate sui caschi blu. L'assedio sarebbe
durato circa tre giorni, durante i quali Mladic avrebbe chiesto la
deposizione delle armi del gruppo di Oric. Questi avrebbe invece
cercato di rompere l'assedio attaccando di notte un punto delle
postazioni serbe dove non si trovava artiglieria ma cannoncini di
contraerea. L'attacco sarebbe durato tutta la notte ma senza successo,
terminando con la morte di circa 1300/1700 dei mercenari di Oric.
Alcune fonti non ufficiali riportano la notizia che i corpi dovettero
essere seppelliti dai soldati di Mladic perche' nessuno dei superstiti
di Oric se ne occupo', preoccupati piuttosto a mimetizzarsi tra la
popolazione civile per poi darsi alla macchia al momento opportuno.
Le stesse fonti dicono che fu fatta la prova pirica sui corpi, al
fine di testimoniare che essi avevano sparato e non erano quindi da
considerarsi civili inermi, e che tali prove furono consegnate a
personale ONU. Di esse si sarebbe pero' poi persa ogni traccia.
A questo punto pero' bisognerebbe porsi due domande fondamentali
dalle quali si puo' anche provare ad abbozzare un ipotesi.
Perche' nessuno nel rapporto, accettato anche dal governo della
Repubblica Srpska, parla di Oric e della violazione ad opera dei
suoi mercenari della demilitarizzazione di Srebrenica?
Perche' all'epoca dei fatti il governo musulmano di Bosnia non
dichiaro' che i 5.000 soldati presenti a Srebrenica prima del
presupposto eccidio erano stati spostati e ridislocati altrove?
Se si sommano i 5.000 soldati ridislocati e i circa 2.000 mercenari
di Oric (che essendo addetti alla guerra sporca vestivano abiti
civili come il nostro Quattrocchi in Iraq) si arriva alla cifra
di 7.000 cioe' per una strana coincidenza proprio la stessa cifra
da sempre indicata dalla Nato e da fonti atlantiche come quella
del crimine contro l'umanita' di cui Mladic e i serbi di Bosnia
si sarebbero resi responsabili.
Visto che sembra che i corpi di almeno 1200 persone siano stati
rinvenuti ma non lo sono gli altri 5.800, non sara' che la
segretezza del ridislocamento doveva servire ad additare una strage
ai serbi di bosnia? E anche qui la strana coincidenza con le fonti
non-atlantiche secondo cui appunto 1300/1700 mercenari sarebbero
morti nella battaglia, e la cifra e' molto vicina agli unici corpi
che sarebbero stati ritrovati.
E se si considera che la cifra indicata dalla NATO e' di 7.000
non sara' che l'organizzazione atlantica era anche al corrente
dei circa 2.000 mercenari di Oric nella safe zone di Srebrenica?
E' certa comunque la responsabilita' NATO nell'organizzazione di
tali gruppi, addestrati in gran parte in Turchia e fatti passare
appunto in Bosnia dalla Turchia con gli speciali visti per la
Mecca che i paesi musulmani offrono.
Quando nel 1998 si scopri' che 20.000 visti di entrata in Turchia
di passaggio per la Mecca non erano in realta' mai usciti per la
Mecca scoppio' uno scandalo che fece tremare il governo turco.
Dove erano andati a finire?
Parte in Bosnia, parte presumibilmente in Cecenia
Tuttavia senza sposare pregiudizialmente l'una o l'altra tesi,
dati gli elementi noti e accessibili a chiunque operi una prima
ricerca seria sull'evento, credo sarebbe auspicabile pero' iniziare
subito a sospendere il giudizio e smettere di replicare le
falsita' costruite in quegli anni da agenzie di PR sospette; e
iniziare piuttosto a ricercare fonti piu' credibili e notizie piu'
veritiere sui fatti avvenuti in Bosnia in quegli anni.
Sicuramente infatti, allo stato attuale delle cose, in occidente
si e' molto molto lontani dalla verita'.
=== 2 ===
In risposta a: Documentazione su Srebrenica
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3493
Da: "Marino Andolina"
Data: Lun 10 Mag 2004 15:48:21 Europe/Rome
A: "Coord. Naz. per la Jugoslavia"
Oggetto: Re: [JUGOINFO] Documentazione su Srebrenica
Qualcosa a proposito di Srebrenica
Io sono uno che durante la guerra in Bosnia ha frequentato da
volontario sopratutto la zona sotto il controllo serbo. L'unica
missione a Bihac controllata dal Quinto Corpo d'Armata (musulmano) per
poco non mi è costato la vita per un tentativo di rapimento mentre
entravo (primo, dopo mesi di assedio) nella zona con un carico di
viveri.
Per uno che ha sempre amato gli iugoslavi (serbi o musulmani che
fossero) Srebenica è rimasta come una ferita che stenta a rimarginare.
I serbi con cui ho diviso tante avventuare si sarebbero macchiati di
orrendi delitti a Srebrenica; le testimonianze sono molte e di diversa
fonte; quindi sembrano vere. Dopo anni di analisi dei dati disponibili,
dopo aver visto come in Kosovo i cosidetti massacri sono stati per la
maggior parte inventati (di quello di Suva Reka sono invece testimone a
carico), rivedendo i miei stessi ricordi comincio a dubitare.
Oggi ricordo che:
1) uno degli ufficiali che hanno guidato l'attacco a Srebrenica, un
integralista religioso cristiano incapace di mentire se si fa il segno
della croce, mi disse al funerale di suo padre che durante l'attacco
aveva più volte gridato al megafono chiedendo la resa dei musulmani.
Era convinto che quella fosse una battaglia fittizia, perchè Srebrenica
doveva passare ai serbi dopo accordi riservati. I difensori di
Srebrenica lo insultarono ed uno si sparò alla testa gridando "Allah
Akhbar". Dopo molti tentativi, con la morte nel cuore ordinò l'attacco
che si risolse in un massacro.
2) un mese dopo la tragedia passavo in macchina assieme ad un serbo
lungo la strada che va verso Pale. Ad un certo punto il mio amico
ammutolì e sembrò sentirsi male. Quando fu capace di parlare mi disse
che avevamo appena superato il punto in cui si era trovato un mese
prima, al centro di un scontro tra truppe serbe e soldati in fuga da
Srebrenica. Da una parte della strada i serbi che chiedevano la resa,
dall'altra i musulmani che rispondevano con insulti. Poco dopo si era
scatenato l'inferno e lui si era salvato per un pelo.
Quindi per quello che vale la mia testimonianza, centinaia o forse
migliaia di soldati di Srebrenica morirono eroicamente rifiutando di
arrendersi. Se ci sono fosse comuni, queste sono piene di corpi di
soldati morti combattendo, non di prigionieri assassinati.
Marino Andolina
Altre informazioni su: http://www.lernesto.it
---
L'Ernesto in festa
Un laboratorio per l'alternativa
Chiaserna di Cantiano (Pesaro-Urbino)
20-25 luglio 2004
Martedì 20 luglio
Apertura
Carlo Zaia Responsabile Festa
saluto di Martino Panico Sindaco di Cantiano
Ore 18.00 Conflitti di classe e movimento sindacale
Bruno Casati Responsabile Nazionale Politiche Industriali PRC
Michele Giacchè Rsu-Fiom Cantiere navale Ancona
Leonardo Miniscalchi Rsu-Fiom Fiat Melfi
Gianni Rinaldini Segretario Generale Fiom-Cgil
Vincenzo Siniscalchi Presidente Sult Alitalia Roma
Ore 21.00
Sulle rivoluzioni comuniste del '900
Presentazione del libro:
Problemi della transizione al socialismo in URSS
(a cura di Andrea Catone ed Emanuela Susca, La città del sole, Napoli,
2004)
Andrea Catone Storico del movimento operaio
Domenico Losurdo Docente di filosofia Università di Urbino
Giuseppe Prestipino Docente di filosofia Università di Roma
Coordina Bianca Bracci Torsi Direzione Nazionale PRC
Ore 22.30 Concerto rock
"Nottetempo" Cinema e Rivoluzione "La Nuova Babilonia"
Mercoledì 21 luglio
Ore 18.00
Dalle elezioni all'alternativa:
programma e ruolo delle sinistre
Paolo Cento Deputato dei Verdi
Gianluigi Pegolo Responsabile Nazionale Enti Locali PRC
Aldo Tortorella Presidente ARS
Maurizio Zipponi Segretario Generale FIOM Milano
Coordina Rina Gagliardi Condirettrice di "Liberazione"
Ore 21.00
Giovani comunisti, disobbedienti, movimento dei movimenti
Francesco Caruso Movimento dei Disobbedienti Campania
Michele De Palma Coordinatore Nazionale Giovani Comunisti
Letizia Lindi Coordinamento Nazionale Giovani Comunisti
Coordina Francesco Maringiò Coord. Nazionale Giovani Comunisti
Ore 22.30
Concerto del gruppo musicale THE GANG
"Nottetempo"Cinema e Rivoluzione "Ottobre"
Giovedì 22 luglio
Ore 18.00
I comunisti, la sinistra e l'Europa
Piero Di Siena Capogruppo Senato DS
Fausto Sorini Direzione Nazionale PRC
Luciano Vasapollo Direttore del Cestes e di "Proteo"
Jacopo Venier Responsabile Nazionale Dipartimento Esteri PdCI
Coordina GianMarco Pisa Esecutivo Giovani comunisti Campania
Ore 21.00
Contro la guerra: esperienze di lotta
Presentazione del libro di Alberto Burgio
Guerra. Scenari della nuova "grande trasformazione"
Alberto Burgio Responsabile Nazionale Dipartimento Giustizia PRC
Mariella Cao Comitato sardo "Gettiamo le basi"
Giovanni Montefusco Forum contro la guerra
Coordina:Fosco Giannini Direttore de "l'ernesto"
Ore 22.30
Concerto: FRANCO TRINCALE cantastorie italiano
"Nottetempo" Cinema e Rivoluzione "Tre canti per Lenin"
Venerdì 23 luglio
Ore 18.00
"Guerra infinita" e movimento per la pace
Samir Amin Economista, direttore Forum Terzo Mondo
Gianfranco Benzi Responsabile Nazionale Cgil rapporti con i Movimenti
Giovanni Franzoni Teologo, comunità cristiane di base
Bruno Steri Dipartimento Nazionale Esteri PRC
Coordina: Beatrice Giavazzi Redazione de "l'ernesto"
Ore 21.00
Il potere, la violenza, la resistenza
Presentazione del volume degli atti del convegno di Milano
promosso da "l'ernesto" presso la Casa della Cultura
Stefano Chiarini Inviato de "il manifesto"
Lidia Cirillo Direttrice della rivista "Quaderni Viola"
Raniero La Valle Direttore della Scuola "Vasti"
Coordina Mauro Cimaschi Direttore coop Filorosso, editrice de "l'ernesto"
Ore 22.30 Concerto rock: THE GROOVERS
"Nottetempo" Cinema e Rivoluzione "La battaglia di Algeri"
Sabato 24 luglio
Ore 18.00 Cuba: un fronte di solidarietà
Roberto Foresti Presidente Associazione Nazionale Italia-Cuba
Gennaro Migliore Responsabile Nazionale Dipartimento Esteri PRC
Luciano Pettinari Coordinatore Aprile, Direzione Nazionale DS
Hugo Ramos Milanes Consigliere Ambasciata di Cuba in Italia
Alessandra Riccio Condirettrice con Gianni Minà di LatinoAmerica
Marco Rizzo Deputato Europeo PdCI
Coordina Gianni Favaro Redazione de "l'ernesto"
Ore 22.00
Proiezione del film "In viaggio con Che Guevara"
di Gianni Minà
Ore 22.30
Musica latinoamericana
Domenica 25 luglio
Chiusura
saluto di Orfeo Goracci sindaco di Gubbio
Ore 18.00
Farla finita con Berlusconi: e dopo?
Rosy Bindi Deputata Margherita
Daniele Farina Centro sociale "Leoncavallo" di Milano
Pietro Folena Deputato DS
Claudio Grassi Segreteria Nazionale PRC
Niki Vendola Deputato Europeo PRC
Coordina Valentino Parlato Giornalista de "il manifesto"
Ore 21.00
Serata danzante: GRUPPO FOLIE
"Nottetempo" Cinema e Rivoluzione "Viva Zapata"
Prenotazioni- informazioni:
cell. 335 6449117 - tel/fax 0721 783020 -
e-mail: festaernesto @... - www.lernesto.it
---
Problemi della transizione al socialismo in URSS
Atti del convegno svoltosi a Napoli, 21-23 novembre 2003
a cura di Andrea Catone ed Emanuela Susca
con la collaborazione di Susanna Angeleri
INDICE del libro (410 pp.)
Sergio Manes, Introduzione al Convegno [1]
I. Questioni generali: Rivoluzione e transizione al socialismo
Alessandro Mazzone, Rivoluzioni nel `900 e transizione verso il
socialismo. Qualche punto di riferimento.[2]
Domenico Losurdo, Stalin, le delusioni del messianismo rivoluzionario
e il mito della "rivoluzione tradita" [3]
Alexander Höbel, Il crollo dell'Unione Sovietica. Fattori di crisi e
interpretazioni [4]
II I problemi di un'economia socialista
Gianni Fresu, Lenin, la questione contadina, il problema delle
alleanze [5]
Adriana Chiaia, La collettivizzazione dell'agricoltura in URSS: una
vittoria decisiva dell'economia socialista [6]
Gianfranco Pala, Categorie economiche marxiste della società di
transizione dal capitalismo al socialismo. Che fine ha fatto Monsieur
Ramboz? [7]
Fausto Sorini,Dalla NEP al "mercato socialista": tra passato e
presente, note su alcuni problemi della transizione al socialismo [8]
Andrea Catone, "Problemi economici del socialismo": le questioni poste
alla società sovietica [9]
III. Stato e diritto nella società di transizione
Aldo Bernardini, Considerazioni sulle costituzioni sovietiche [10]
Lorenzo Pace, La dittatura del proletariato in URSS negli anni '20 e
'30 [11]
Cristina Carpinelli, Donne e famiglia nella Russia sovietica dagli
anni Venti agli anni Quaranta [12]
IV Alcuni nodi problematici della storia dell'URSS e del movimento
comunista internazionale
Ruggero Giacomini, Stalin e Trockij di fronte alla politica dei fronti
popolari e alla guerra [13]
Alessandro Leoni, Il patto Ribentropp-Molotov [14]
Marcello Graziosi, La politica dell'URSS tra il 1975 e il 1985 [15]
Kurt Gossweiler, Il revisionismo, affossatore del socialismo [16]
V Cultura e rivoluzione
Ferdinando Dubla, Anton S. Makarenko e la didattica del collettivo:
una nuova metodologia per l'organizzazione del processo educativo [17]
Guido Oldrini, La svolta del cinema sovietico in età staliniana [18]
H. H. Holz, "Il marxismo e la linguistica": il "testamento teorico" di
Stalin [19]
Andrea Martocchia, Problemi della ricerca scientifica in URSS [20]
Appendice. Dopo l'URSS...
Mauro Gemma, Lo schieramento politico russo alla vigilia delle
elezioni legislative [21]
Dal retrocopertina
La transizione dal capitalismo al socialismo è una delle questioni
centrali della storia recente, che ha attraversato gran parte del
`900. La sua mancata o parziale soluzione ha, per il momento,
determinato la sconfitta delle esperienze che convenzionalmente
vengono definite di "socialismo reale", con il conseguente
sconvolgimento negli assetti economici e politici sull'intero pianeta
negli ultimi anni del XX secolo.
Essa è, tuttavia, questione aperta, di immensa portata e complessità,
decisiva per la storia dell'intera umanità. Una storia oggi rimossa, o
prevalentemente scritta da chi vede in essa una sequela imperdonabile
di errori ed orrori.
C'è invece bisogno di studi scientifici e critici per liberare la
storia dell'URSS e delle rivoluzioni socialiste dalla gabbia di
menzogne, denigrazioni, demonizzazioni, categorie interpretative
parziali, riduttive, devianti ("burocrazia", "statalismo",
"totalitarismo") che è stata costruita nel corso del `900 e si è
consolidata in questi ultimi anni di revisionismo storico e
stravolgimento dei fatti.
Oggi si avverte forte il bisogno di riappropriarsi, senza
giustificazionismi apologetici e senza demonizzazioni, di quella
storia di uomini in carne ed ossa che hanno tentato in condizioni
difficilissime "l'assalto al cielo", il più grandioso progetto di
emancipazione che l'umanità abbia conosciuto.
Nessuno che si ponga oggi nella prospettiva di trasformare
radicalmente i rapporti sociali nel mondo può ritenere di eluderla o
aggirarla, ritenendola storia altra, o addirittura opposta rispetto al
suo progetto. Senza teoria e conoscenza delle esperienze di
transizione al socialismo, nessun altro mondo è possibile...
Al Convegno si sono poste le basi per la costituzione del Centro studi
sui problemi della transizione dal capitalismo al socialismo
il prezzo di copertina del libro è di 24 euro. Con l'editore Sergio
Manes e il distributore della DIEST Enrico Vigna stabiliremo insieme
le forme e modi più efficaci per una distribuzione "militante" a un
prezzo sensibilmente ridotto..
Circoli, associazioni, singoli interessati all'argomento
possono organizzare la distribuzione del libro e/o una sua presentazione.
---
Perché nasce il
Centro studi sui problemi della transizione dal capitalismo al socialismo
Scopo del Centro studi sui problemi della transizione al socialismo è
di intraprendere un percorso di ricerca di lungo periodo e di grande
impegno sui problemi della transizione dal capitalismo al socialismo
che resta una delle questioni centrali della storia recente, che ha
attraversato gran parte del '900.
Per conseguire tale scopo il Centro studi sui problemi della
transizione al socialismo opererà concretamente per:
a. recuperare, raccogliere, organizzare e rendere disponibili tutti i
materiali (documenti, pubblicazioni, testimonianze) di qualsivoglia
natura (a stampa, manoscritti, immagini, sonori, multimediali)
inerenti le esperienze - realizzate o in corso di realizzazione - di
transizione dal capitalismo al socialismo;
b. stimolare la ricerca su tutte le tematiche (teoriche, politiche,
economiche, sociali, culturali) connesse con quelle esperienze;
c. utilizzare direttamente o indirettamente i materiali raccolti e
gli elaborati prodotti per divulgare i risultati del lavoro svolto e
proseguire nella ricerca, per stimolare il dibattito, per operare
concretamente sul terreno della formazione.
In particolare, il Centro:
1. richiederà il patrocinio e il sostegno di organizzazioni e di enti
pubblici e privati;
2. potrà realizzare accordi di collaborazione, occasionali e
permanenti, stipulare convenzioni e protocolli d'intesa e/o di lavoro
con enti e organizzazioni di qualsivoglia natura, salvaguardando, in
ogni caso, la propria autonomia scientifica e operativa, formale e
sostanziale;
3. stabilirà relazioni e opererà di concerto con enti, organizzazioni
e iniziative similari, anche territorialmente lontane dall'area di
interesse e di intervento diretto, e opererà per favorire dovunque la
nascita e l'attività si strutture simili o complementari;
4. si doterà di attrezzature e impianti idonei e necessari a
consentire la consultazione e la fruizione anche a distanza dei
materiali disponibili o presenti presso il Centro e in altre strutture
collegate. A tale scopo provvederà a stipulare gli accordi e le
convenzioni necessarie, nonché ad informatizzare via via i propri fondi;
5. si attiverà con pubblicazioni specifiche o con altri mezzi e
iniziative per far conoscere, rendere maggiormente fruibili e
diffondere i materiali custoditi direttamente o raggiungibili in rete
telematica, o disponibili presso strutture collegate;
6. organizzerà presso la propria sede, in luoghi decentrati o in
rete telematica seminari, corsi di lezioni, laboratori, conferenze,
convegni e ogni altra attività di informazione, di discussione e
formazione, anche utilizzando materiali audiovisivi e informatici;
7. promuoverà in proprio o di concerto con altri enti ricerche e
studi, individuali o collettivi, anche istituendo premi, borse di
studio e altri incentivi o sostegni morali e materiali in favore di
giovani studiosi e di lavoratori;
8. potrà gestire strutture permanenti o temporanee sul territorio,
aprire sedi secondarie, distaccate o affiliate o consentire a
organizzazioni associazionistiche esistenti o di cui potrà
incoraggiare la formazione di aderire al Centro e di collaborare con
esso.
LA STRAORDINARIA
Ljiljana Petrovic Buttler
nelle Notti di San Lorenzo a Milano
Cascina Monluè
mercoledì 14 luglio 2004
Ljiljana Petrovic Buttler è una delle più popolari cantanti gitane in
attività, al punto che nessuno ha messo in discussione il titolo di
Madre dell'Anima Gypsy rivendicato dal recente album "Mother Of Gypsy
Soul". Una carica cui si sommano le definizioni accumulate in tanti
anni di attività nella ex Jugoslavia, dove la critica parlava
apertamente di "Ella Fitzgerald Zingara" oppure di "Billy Holiday
della musica Gypsy".
Il timbro vocale della Buttler è cavernoso, inquietante, evocativo,
lontano dai cliché della musica balcanica festosa e di
intrattenimento. È un approccio di alto profilo, che si rapporta alla
base popolare come Virginia Rodrigues affonda le proprie radici nelle
feste di strada di Bahia. Ciò non impedisce ai suoi spettacoli di
coltivare l'aspetto ludico della musica del popolo senza terra.
Proprio il disco "Mother Of Gypsy Soul" ha fatto scoprire al pubblico
internazionale le potenzialità della voce di Ljiljana e della vocalità
gitana in materia di profondità e ricerca. L'album è stato realizzato
con l'ausilio della Boban Markovic Orckestra, ed è distribuito in
Italia dall'etichetta di area jazz Egea.
È invece il gruppo bosniaco Mostar Sevdah Reunion ad accompagnare la
Buttler in tournée, con esibizioni frequenti e fortunate, che nel 2003
hanno visto lo spettacolo ospite del Barbican Center di Londra,
dell'International Gypsy Festival di Tilburg in Olanda e
dell'International Jazz Festival di Dusseldorf. In seguito alla
pubblicazione dell'album e ai tanti concerti tenuti in Francia, Le
Monde ha definito la voce di Ljiljana Buttler "potente, energica,
fantastica".
(per i nostri: i nemojte mi reci da se ne secate one "Dusko, Dusko!" :)
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Cascina Monluè risale ai primi anni del XII secolo e successivamente
venne affiancata dalla chiesa di San Lorenzo, datata 1267. La
parrocchiale, in realtà, esiste già nel 1244 ma l'aspetto attuale
deriva dalla ricostruzione operata dai monaci dell'ordine degli
Umiliati, appunto nel 1267. La cascina si sviluppò negli stabili che
originariamente costituirono il complesso monastico connesso alla
chiesa di San Lorenzo. Si trova vicino all'uscita C.A.M.M. della
Tangenziale Est.
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Lj. P. B. è anche a:
Torino (non so dove)
venerdì 16 luglio ore 21,30
Protagonisti del concerto torinese sono la voce solista di Ljiljana
Petrovic Buttler, l'accompagnamento vocale di Ilijaz Delic,
fisarmonica e clarinetto di Mustafa antic, il violino di Nedjo
Kovacevic, la chitarra solista di Mio Petrovic e quella ritmica di
Sandi Durakovic, il contrabbasso di Kosta Latinovic e le percussioni
di Senad Trnovac.
Ingresso libero!
Il 13 luglio, invece, ad Asti.
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* * * * * * * * *
Restando nei Balkani, ma "spostandoci" in Bulgaria - ecco le
segnalazioni di Paolo di Ratka Piratka:
<<Due parole per segnalarti che il 10 luglio la mia cantante Sissi
Atanassova canterà ad AREZZOWAVE. Poi sarà a Milano assieme ad
un'altra zingara di Bulgaria (mezzosoprano di gran talento), Daniela
Diakova e un suonatore di Gaida, che si esibiranno
il 22/7 ai Bagni Botta, in Via Botta e
il 23/7 al ristorante "Le regioni d'Italia" in Via Manara
(per prenotare il ristorante con lo spettacolo del 23: tel.3358024499),
per chiudere con un concerto fatto da improvvisazioni sonore e vocali
con un altro tenore Bulgaro, Toni, e musicisti italiani, il 25/7 a
Genova nell'ambito della mostra multimediale "Normali Meraviglie".>>
I posti:
<<Bagni Botta si trova in Via Botta ed è una piscina comunale dove
d'estate la sera ci si incontra e si conversa in orario aperitivi.
La sera dopo è un ottimo ristorante di un caro amico in Via Manara (a
fianco del Tribunale).>>
Per quanto riguarda i prezzi:
<<Ai Bagni Botta ti danno un tagliando quando entri e la consumazione
viene registrata sullo stesso, che va consegnato all'uscita dopo aver
pagato, con un tagliando apposito. Mi sembra che solo durante i
concerti vi sia l'obbligo di consumare (min. 1 birra media 7 euro).
Il ristorante del mio amico Sergio fa un prezzo fisso di 30 Euro,
compreso lo spettacolo musicale, e la cucina del figlio Giovanni è
sempre ottima e le porzioni abbondanti. E' davvero conveniente!!!>>
Sissi Atanassova
Cantante Bulgara di origine zingara, Sissi Atanassova è a soli 24 anni
una vera star della "cialga", e la sua voce è la colonna sonora delle
notti di Sofia. Nata in un sobborgo di Silven-Ziataritza, nel centro
della Bulgaria, Sissi comincia a cantare giovanissima a feste,
matrimoni e battesimi, riscuotendo una crescente popolarità.
Trasferitasi a Veliko Tarnovo, l'antica capitale bulgara, diventa in
breve tempo la principale attrazione della vita notturna.
All'età di 22 anni viene invitata a Milano per incidere la canzone
"Bum Bum Boje" e le improvvisazioni in lingua Rom sul tema della
colonna sonora del film di Giovanni Soldini "Brucio nel vento"
composta da Giovanni Venosta. Mentre Bum Bum Boje diventa un successo,
incide per la Sensible Records il suo primo disco italiano.
Sissi Atanassova interpreta dei motivi classici del popolo zingaro del
sud dei Balcani, suonati e cantati durante le feste: dagli inni della
comunità zingara alle struggenti canzoni d'amore. Nel suo repertorio
non mancano le canzoni tradizionali di città, che accompagnavano negli
anni trenta le serate dentro e fuori le osterie tipiche di Atene e
Istambul, e che conservano una traccia di nostalgia per la coesione e
il cosmopolitismo che hanno caratterizzato la convivenza delle
popolazioni balcaniche in alcuni periodi dell'impero ottomano. Ad
accompagnarla in questo panorama della canzone balcanica remota e
recente, un'orchestra di cialga composta da musicisti zingari. Gli
strumenti di riferimento sono il clarinetto, la fisarmonica, la
gadulka (strumento a corda tradizionale, simile al bouzuki greco) e la
darabuka (strumento a percussione presente in tutta l'area balcanica e
mediorientale). Nella cialga questi elementi della tradizione sono
integrati con strumenti elettrici e con la batteria, che assicura
l'accompagnamento base, mentre alle percussioni è affidato il compito
dell'abbellimento ritmico.
- D la Repubblica delle Donne 28/6/03 -
"Sulle barriere che fermano o hanno fermato la musica non si dirà mai
abbastanza....ma raramente si guarda all'est. Eccellente occasione,
dunque, questo disco di Sissy Atanassova... Oggi le musiche
balcaniche, le impronte folk delle grandi pianure dell'est, le
influenze turche si possono mischiare liberamente. E la cialga, che è
il risultato di tutto questo pop e folk 'sdoganato', impazza in tutta
l'area balcanica. Risultato: un disco gradevolissimo, straziante e
spiazzante in certi casi, saltellante e allegro in alcuni passaggi.
Tra fisarmoniche, sax, percussioni, chitarre e gli immancabili violini
di scuola tzigana, il disco pop che non ti aspetti, delizioso e naif.
Sissy ha una voce cristallina che ne fa la reginetta di Bulgaria e
dintorni. Brava."
- Gulliver giugno 03 -
" E' l'Alicia Keys della musica chalga: bella , brava e dotata di una
voce che le consente di percorrere i mille sentieri di questo genere
musicale. Versatile."
- Cipria luglio/agosto 03 -
"Ventiquattro anni, bulgara di origine rom, è l'Alicia Keys della
musica chalga, un genere musicale che impazza nei Balcani. Un invito
alla trasgressione del sesto comandamento: genialità zingara, pulsioni
balcaniche, afrori mediorientali."
Il disco
SISSI ATANASSOVA - "BUM BUM BOJE" - Sensible Records, maggio 2003
Presentazione di Paolo Giulini:
Buona parte dei brani scelti per questo primo disco della giovane
cantante bulgara di origini zingare, Sissi Atanassova, sono
rappresentativi di un genere musicale - la 'Cialga' - oggi molto in
voga nell'area dei Balcani e che ha conosciuto un vero e proprio boom
di diffusione, al punto da caratterizzare il sorgere di appositi
locali da ballo, in tutte le città principali di questa regione d'Europa.
Tale genere si può definire anche con i termini di Folkpop o Etnopop.
Le musiche popolari dei Paesi balcanici sono state contaminate da
sempre dalle tonalità orientalistiche provenienti dall'influenza
dell'Impero Ottomano e ancor più dall'espressione musicale delle
popolazioni zingare.
Negli ultimi anni il folkpop dei diversi Paesi balcanici è diventato
sempre più etnico, ovvero molto integrato con le espressioni musicali
tipiche delle minoranze gitane. Ad esempio a partire dai primi anni
'80, gli stilemi orientali diventarono parte integrante del folkpop
serbo, ovvero di quella musica popolare basata sulle tradizioni locali.
Questo stile definito "Pop-Narodna" si diffuse rapidamente anche in
Macedonia e arrivò in Bulgaria attraverso le registrazioni pirata, in
quanto in quegli anni il governo comunista bulgaro, a causa di una
rigida politica culturale monoetnica, che enfatizzava l'autentica
musica popolare bulgara, arrivò a proibire le esibizioni pubbliche di
musica gitana e turca e il particolare tipo di danza del ventre che le
accompagnava, il 'Kyuciek'. Fino alla caduta del regime comunista
vennero repressi gli ascolti e le esecuzioni delle musiche degli
zingari e delle tonalità ispirate alle tradizioni ottomane. Le
caratteristiche bande musicali che hanno sempre accompagnato i
matrimoni bulgari e balcanici - i cosiddetti musicisti Svatbarski - ,
il cui repertorio tradizionale è costituito da diversi balli di
origine orientale, pur suonando in feste private, rischiavano di venir
perseguite e arrestate se avessero eseguito musica 'Cialga' gitana.
Tale rigido sistema di sanzioni contro la musica si allineava ad
un'operazione specifica di pulizia etnica iniziata nel 1984 ad opera
del governo comunista di Todor Zhivkov, per cui ogni pratica o simboli
appartenenti ai residui di cultura ottomana o turca furono banditi, ed
i cittadini di minoranza turca costretti a 'bulgarizzare' i propri
cognomi. Queste misure portarono a scioperi e dimostrazioni represse
violentemente, e alla fine del 1989, all'esodo forzato di massa di
circa 250.000 bulgari di etnia turca verso la Turchia.
Tra questi fuggitivi c'era anche il cantante e fisarmonicista zingaro
Cigulì (Binnaz, traccia 3) chiamato così dai turchi per il modello
dell'auto con la quale emigrò dalla Bulgaria-la 'Zigulì', ovvero la
Fiat 124 fabbricata a Togliattigrad - e diventato in pochi anni una
vera star della musica 'Cialga' in Turchia, ispirando altri cantanti e
autori come Ebru Gundes e Sinan Ozseker (Cinghenem, traccia 13), Ebru
Yasar e Ufuk Sentire (Burak Yakimi, traccia 7).
Il genere 'Cialga' si diffonde rapidamente nelle capitali balcaniche e
si caratterizza come contaminazione di tonalità zingare con i ritmi
sincopati delle musiche popolari balcaniche e degli elementi
orientalistici. Questi ultimi, in parte sono residui della tradizione
ottomana e in parte derivano da una recente influenza, soprattutto nel
folkpop turco, delle tonalità 'arabesche', che riscuotono attualmente
molto successo di pubblico e reazioni di fanatismo in Turchia, dove i
concerti di cantanti come Müslüm Gürses("la voce forte") e Ibrahim
Tatlises("la voce dolce"), vengono accolti da fans deliranti e in
tripudio.
Le orchestre di 'Cialga'sono quasi sempre formate da musicisti
zingari. Gli strumenti acustici di riferimento sono il clarinetto, la
fisarmonica e la Gadulka (o Saz o Bouzouki, strumento a corda
tradizionale) con l'uso di percussioni a mano (Darabuka). Queste
formazioni tradizionali oggi si integrano ad un organico orchestrale
formato per lo più da strumenti elettronici, il cui accompagnamento
base è prodotto da una batteria di tipo occidentale, mentre la
percussione a mano diventa una sorta di abbellimento ritmico. Questo
passaggio al suono 'sinthy-pop' (Telefoni, traccia 4; Gelam Dade
Tudureste, traccia11) si è ispirato al modello del 'pop-narodna'
jugoslavo (Vesa Kurkela).
L'abbondante uso di strumenti elettronici nel folkpop balcanico, non è
solo il portato della modernizzazione ma ha anche motivi economici,
dovuti sia al costo proibitivo per i musicisti di questi Paesi degli
strumenti tradizionali, che alla possibilità di abbattere i costi con
pochi suonatori e l'ausilio di un sintetizzatore, per riprodurre i
suoni di un'intera orchestra.
Questo nuovo folkpop, si diceva, presenta molti elementi orientali.
Ciò non solo nelle formule melodiche, ma anche nel suono delle voci e
degli strumenti. Per esempio i clarinettisti di 'Cialga' prediligono
timbri nasali ed intonazioni roche simili al suono del Zurla(oboe
ottomano). Lo stile dei Makam (improvvisazioni nella musica classica
ottomana, di influenza persiana)percorre modalità musicali con suoni
aggiunti e semitoni, 'fuori posto' per le tonalità occidentali.
L'ascolto dell'etnopop o folkpop balcanico non è precisamente
riferibile, per l'insieme di contaminazioni descritte, ad una
specifica entità culturale. Si tratta di uno stile musicale nuovo ed
eccitante, che comprende molta musica consolidata e suonata dai tempi
più remoti in quei territori. Le accentuazioni orientali hanno anche
un effetto terapeutico, diventano veicolo di protesta che
controbilancia le attese deluse di uno sviluppo economico e politico
ispirato all'Europa, ma che stenta a decollare.
Anche l'ascoltatore occidentale si fa coinvolgere dalle tonalità
esotiche della 'Cialga' e dai suoi ritmi vivaci e sinuosi, come
immersi in un'alterità straniera, che però suona familiare e
rassicurante. La vera forza coinvolgente di queste musicalità è la
produzione di atmosfere a noi sconosciute, che avvolgono i festanti in
una sensazione di sensuale compartecipazione e condivisione, che
culmina nel 'Kyuciek'.
Il 'Kyuciek' è una sorta di danza del ventre che nei locali di
'Cialga' viene eseguita da ballerine, in costumi succinti e dai colori
brillanti, che ispirano con i loro movimenti i clienti a seguirle
nelle danze o si fanno ammirare ballando sui tavoli, dribblando
bottiglie di whisky e insalate di frutta.
Tale danza ha una configurazione ritmica in metrica doppia, con un
sistema binario di voci dette dum(suono percussivo basso) e tek(acuto).
Questo fenomeno musicale e di intrattenimento è purtuttavia molto
contrastato e criticato nei Paesi balcanici da buona parte delle
locali avanguardie artistiche e culturali. Esso provoca una "sindrome
delle sopracciglia alzate"(Claire Lévi), vale a dire l'alterigia
sanzionante della cosiddetta élite culturale, che definisce questa
tendenza del folkpop balcanico, come musica grezza e rozza, i cui
testi, spesso scarni e talvolta volgari, sono ridicolizzati. La
'Cialga' usurperebbe le tradizioni musicali nazionali e introdurrebbe
modi di divertimento e svago poco aggraziati e consoni solo a quegli
strati sociali di nuovi ricchi, beneficiari di fortune ottenute in
modi assai dubbi e sospetti, e privi di una educazione e di una
cultura di riferimento. Spesso questi accenti critici si accompagnano
all'intolleranza sempre più diffusa nei Balcani nei confronti
dell'etnia zingara.
I musicisti zingari sono i veri esecutori di queste tendenze musicali,
capaci di interpretare a modo loro le locali musiche tradizionali e
farle proprie attraverso le contaminazioni che caratterizzano il
successo dell'attuale folkpop balcanico.
Anche i motivi tradizionali degli zingari che abitano quest'area
d'Europa, sono frutto di originali e interessanti incroci melodici.
In questo disco Sissi Atanassova canta, ispirata dalle sue origini
gitane, dei motivi classici del popolo zingaro del sud dei Balcani,
suonati e cantati durante le feste di matrimonio e anche per le
separazioni. Dagli inni della comunità zingara, Gelem, gelem (traccia
8) e Haidi Rumelay (traccia 6), alle struggenti canzoni d'amore, Chaje
Shukarije (traccia 2) e Zelenaja Aka (traccia5).
In questo panorama della canzone balcanica, remota e recente, non si è
voluto rinunciare allo stile delle 'canzoni tradizionali di città',
che accompagnavano negli anni '30 le serate, dentro e fuori le osterie
tipiche di Atene e Istanbul, con una traccia di vaga nostalgia per
quella coesione e quel cosmopolitismo linguistico e culturale che
caratterizzavano le convivenze delle popolazioni balcaniche, in alcuni
periodi dell'Impero Ottomano (Aman Katerina Mu, traccia 10, cantata
sia in lingua greca che in lingua turca).
Le liriche tradizionali popolari dei Balcani sono cariche di poeticità
e di armonia e raggiungono una forza romantica unica. Tali
caratteristiche sono tipiche in particolare delle canzoni macedoni.
Nondimeno si scoprono affini melodie nella lontana isola di Creta,
come la canzone tradizionale cantata da Sissi e tutta dedicata alla
mamma (Mana, traccia 15).
-------
Sul sito della Sensible Records
(http://www.ishtar.it/framerecords.htm) potete ascoltare alcuni
campioni dei brani e acquistare online il CD.
"MONDOCANE. SERBI, BASSOTTI, SADDAM E BERTINOTTI"
PRESSO LA CASA DEL POPOLO
"GIORGIO CANCIANI" DI SOTTOLONGERA (VIA MASACCIO 24, AUTOBUS 35)
SABATO 10 LUGLIO 2004,
ALLE ORE 19.
ORGANIZZA
L'ASSOCIAZIONE ZASTAVA TRIESTE.
INTRODUCE PETER BEHRENS.
CONCLUDE GILBERTO VLAIC.
SEGUIRÀ UNA CENA DI SOLIDARIETÀ.
PRENOTAZIONI:
040/572114 - 3396587490
---
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FULVIO GRIMALDI
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Edizioni Kaos, pag. 350, Euro 15,00
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SI TRATTA SENZA DUBBIO DEL LIBRO POLITICAMENTE PIU' SCORRETTO ED
ESPLOSIVO DI QUESTI ANNI. DAL 1945 A OGGI, RIVELAZIONI E VERITA' DI UN
GIORNALISTA "CONTRO" CHE NON SI E' MAI FATTO CONDIZIONARE DA NESSUNO,
NE' DALLA RAI, NE' DA "LIBERAZIONE". POLEMICHE CON POTENTI E
CAPORALI, REPORTAGE CHE RACCONTANO LA REALTA' DI GUERRE E RIVOLUZIONI
SEPOLTE DALLE MENZOGNE. UNA COSTANTE TRAMA DI LOTTA DEI BASSOTTI
CONTRO GLI ALTOTTI, DALLA SECONDA GUERRA MONDIALE ALLA GUERRA DEI SEI
GIORNI, DAL MEDIORIENTE ALL'AMERICA LATINA, DAI FEDAYIN ALLA "DOMENICA
DI SANGUE" DI DERRY, DAL SANDRO CURZI, "COMPAGNO SCOMODO", AL FAUSTO
BERTINOTTI DELL' "INNOVAZIONE", DAL D'ALEMA DI JUGOSLAVIA AL
BERLUSCONI D'IRAQ, DALL'11 SETTEMBRE RIVISITATO ALLA FABBRICA DEL
"TERRORISMO ISLAMICO". E POI RE HUSSEIN, SOFRI, GIANMARIA VOLONTE',
LUCIA ANNUNZIATA, RINA GAGLIARDI, SIRCHIA, LUNARDI, QUASIMODO,
MONTALE, ECO, ABU NIDAL... SFILANO PROTAGONISTI DEL VECCHIO SECOLO E
DEL NUOVO MILLENNIO. E CE N'E' PER TUTTI.
Diana Johnstone ci invita a riflettere su di una questione volentieri
dimenticata: la politica di guerra dei Democratici e' -
qualitativamente e/o quantitativamente - diversa da quella dei
Repubblicani? Oppure ad ispirare la "logica del bombardamento
preventivo" sono sempre le stesse ragioni strutturali e la stessa
delirante convinzione di avere ogni diritto sulla vita e sulla morte
di interi paesi e popoli? Non sono domande solo retoriche: mentre
Kerry promette che non ritirera' le truppe di occupazione dall'Iraq,
in caso di vittoria, la lobby pan-albanese sostiene la campagna
elettorale dei Democratici. Il Kosovo colonia degli USA, governato
dalle mafie che trafficano in droghe, armi ed esseri umani e ridotto a
lager nazista per i serbi e le altre minoranze, e' infatti un prodotto
genuino delle politiche di Clinton e Tenet.
Un articolo importante, questo della Johnstone, di quelli che i
commentatori della sinistra italiana non scriverebbero mai... ]
http://www.counterpunch.org/johnstone06242004.html
June 24, 2004
Clinton, Kerry and Kosovo
The Lie of a "Good War"
By DIANE JOHNSTONE
For U.S. politicians, if all wars are good, some are better than
others. Democrats prefer Clinton wars and Republicans prefer Bush
wars. But in the end, they almost unanimously come together to support
all wars. The differences concern the choice of official rationale..
To suggest subtle criticism of the Republican war against Iraq, while
making it clear that they are by no means opposed to war as such, the
2004 Democratic election campaigners can be expected to glorify the
Kosovo war. The prominence of General Wesley Clark in the Democratic
camp makes that quite clear.
John Kerry's foreign policy adviser Will Marshall of the Progressive
Policy Institute, author of "Democratic Realism: the Third Way",
points to the exemplary nature of the 1999 "<U.S.-led> intervention in
Kosovo". It was "a policy consciously based on a mix of moral values
and security interests with the parallel goals of halting a
humanitarian tragedy and ensuring NATO's credibility as an effective
force for regional stability".
The "humanitarian" rationale sounds better than the "weapons of mass
destruction" or the "links to Al Qaeda" which never existed. But then,
the "genocide"from which the NATO war allegedly saved the Albanians of
Kosovo never existed either.
But while the WMD deception has been exposed, the founding lie behind
the Kosovo war is still widely believed. It effectively distracts from
the very existence of the what Marshall calls the "parallel goal"of
strengthening NATO. Aside from the crippling material damage inflicted
on the targeted country, the Kosovo lie has caused even more
irreparable damage to relations between the Serb and Albanian
inhabitants of Kosovo.
The situation in that small province of multiethnic Serbia was the
result of a long and complex history of conflict, frequently
encouraged and exploited by outside powers, notably by the support to
Albanian nationalism by the Axis powers in World War II. Each
community accused the other of plotting "ethnic cleansing" and even
"genocide". But there were reasonable people on both sides willing to
work out a compromise solution. The constructive role of outsiders
would have been to calm the paranoid tendencies in bothcommunities and
support constructive initiatives. Indeed, the Kosovo problem could
have been easily managed, and eventually solved, had the Great Powers
so desired. But as in the past, the Great Powers exploited and
aggravated the ethnic conflicts for their own purposes. In total
ignorance of the complex history of the region, sheeplike politicians
and media echoed and amplified the most extreme nationalist Albanian
propaganda. This provided NATO with its pretext to demonstrate
"credibility". The Great Powers have in effect told the Albanians that
all their worst accusations against the Serbs were true. Even
Albanians know who know better (such as Veton Surroi) are intimidated
and silenced by the racist nationalists backed by the United States.
The result is disastrous. Empowered by their official status as unique
victims of Serb iniquity, the Albanians of Kosovo -- and especially
the youth, raised on a decade of nationalist myth -- can give free
rein to their cultivated hatred of the Serbs. Armed Albanian
nationalists proceeded to drive the Serbian and gypsy populations out
of the province. Those remaining do not dare venture out of their
ghettos. Albanians willing to live with the Serbs risk being murdered.
Ever since the NATO-led force (KFOR) marched into Kosovo in June 1999,
violent persecution of Serbs and Roma has been regularly described as
"revenge" -- which in the Albanian tradition is considered the summit
of virtuous conduct. Describing the murder of elderly women in their
homes or children at play as acts of "revenge" is a way of excusing or
even approving the violence.
Last March 17, following the false accusation that Serbs were
responsible for the accidental drowning of three Albanian children,
organized mobs of Albanians, including many teenagers, rampaged
through Kosovo destroying 35 Serbian Orthodox Christian churches and
monasteries, some of them artistic gems dating from the fourteenth
century. Well over a hundred churches had already been attacked with
fire and explosives in the past five years. The objective is quite
clearly to erase all historic trace of centuries of Serb presence, the
better to assert their claim to an ethnically pure Albanian Kosovo.
The self-satisfaction of the "international community" was severely
shaken by the March violence. The occasional KFOR units that tried to
protect Serb sites found themselves in armed clashes with Albanian
mobs. In the wake of the rampages, Finnish politician Harri Holkeri
resigned two months before expiration of his one-year renewable
mandate as head of the UN Mission in Kosovo (UNMIK) supposed to
administer the province. He was the fourth to get out of the job as
fast as he could. Apparently on the verge of a nervous breakdown,
Holkeri lamented to a press conference that UNMIK has no intelligence
service of its own, and had received no prior hint of the March
pogroms. In short, the mass of international administrators, military
occupation forces and non-governmental agencies have no idea what is
going on in the province they are theoretically running. Indicating
his awareness that the only role left for UNMIK was that of scapegoat,
Holkeri warned of "difficult days ahead". That is a safe prediction.
Trouble ahead
On June 11, the former leader of the Kosovo Liberation Army leader
Hashim Thaci, the protege of Madeleine Albright and her press officer
James Rubin, denounced UNMIK as a "complete failure" and announced
that, if he wins Kosovo's forthcoming elections in October, he will
implement his "vision of Kosovo as an independent and sovereign state".
The circumstances suggest that not only Thaci, but any newly elected
Kosovo may do the same. Proclamation of Kosovo's independence on the
eve of U.S. presidential elections could be shrewd timing. With Iraq
exploding, American leaders need to maintain the myth of the "success"
in Kosovo. Getting into open conflict with the Albanians could be
politically disastrous.
At the same time, many Europeans saw the anti-Serb pogroms in March as
evidence that Kosovo has a long way to go to reach the "standards" of
democratic human rights and ethnic harmony which UNMIK is mandated to
achieve before any final decision on the province's status.
There are serious reasons not to give in to the Albanian demand for an
"independent and sovereign Kosovo".
1. Legality.
First of all, there is the minor question of legality: minor, inasmuch
as the NATO powers have ignored it from the start. The war itself was
totally devoid of any legitimate basis in international law. It was
officially concluded in June 1999 by a peace accord incorporated into
U.N. Security Council Resolution 1244, which, among other things,
obliged the occupying powers to :
-- "ensure conditions for a peaceful and normal life for all
inhabitants of Kosovo" -- which logically should mean "all", and not
solely the Albanians;
-- "ensure the safe and free return of all refugees and displaced persons"
-- by which the U.S. negotiators probably meant the Albanians who had
fled during the bombing, but since they promptly returned on their
own, without difficulty, this stipulation in reality refers to Serbs,
Rom and other non-Albanians forced to flee;
-- establish an interim political framework "taking full account of
[...]the principles of sovereignty and integrity of the Federal
Republic of Yugoslavia" -- which amounts to recognition that Kosovo
remains part of a larger political entity made up of Serbia and
Montenegro;
-- permit the return of an agreed number of Yugoslav and Serbian
personnel, including border control police and customs agents;
-- effect the maintenance of civil law and order and the protection of
human rights.
In reality, once the United States got its big military foot in the
door, Resolution 1244 was scarcely worth the paper it was written on.
The United States had other priorities:
-- First, in record time, the Pentagon built an enormous military
base, "Camp Bondsteel", on a thousand areas of illegally expropriated
farmland strategically located near trans-Balkan transit routes, on
the approaches to the Middle East and Caspian Sea oil transport.
-- The other obvious U.S. priority was to preserve the clandestine
wartime alliance with the "Kosovo Liberation Army", not only against
the Serbs, but also, implicitly, against any European allies which
might seek influence in post-conquest Kosovo. After a sham
"disarmament" disposing of a few obsolete light arms, the KLA was
renamed the "Kosovo Protection Force" and put on the U.N. payroll.
Certain of its officers proceeded to mount armed actions to extend
"greater Albania" to neighboring Macedonia and parts of Southern
Serbia next to Kosovo. These operations were launched from the
American sector, next to Camp Bondsteel.
-- As for the internal organization of Kosovo itself, the U.S.
priority is, as usual, privatization of the economy. Privatization in
practice starts with dismantling whatever government services existed,
on the theory that without government interference, private initiative
will flourish.
In a very special sense, this has indeed proved to be the case.
Kosovo, already a transit area for the largest amount of heroin
smuggled from Turkey to Western Europe, has rapidly become the center
of a new trade in women sex slaves. The Albanian mafia is by far the
biggest operator in these trades. The "internationals" who have come
to "civilize" the province provide a thriving local market for
prostitutes. If they ever go home, the Albanian mafia can count on the
networks it has developed throughout Western Europe to keep business going
2. The economy.
In socialist Yugoslavia, Kosovo was by far the poorest area in
Yugoslavia, with the highest rate of chronic unemployment. It still
is. But then, it benefited from injection of the largest amount of
development funds from the rest of the country. Although the sentiment
that their poverty was a result of exploitation contributed to the
rise of Kosovo Albanian nationalism, the fact is that Kosovo was
always heavily subsidized by the rest of Yugoslavia, and as a result
was considerably more developed than neighboring Albania.
Since the NATO occupation, Kosovo lives off other sources of income,
mainly the flourishing drugs and sex trades. The "international
community" has contributed a patchwork of social services (from UNMIK
police to NGO counselos) that provide a temporary substitute for the
expulsion of the local branches of the Serbian government. Camp
Bondsteel provides the largest number of legitimate jobs to Albanians,
and may continue to do so even after the demand for chauffeurs and
interpreters dries up as the NGOs go home. Saudi Arabia can be counted
on to finance mosque construction. But with a per capita income of
about $30 per month, it is hard to see where an "independent Kosovo"
could scrape up the tax base to pay for a government, especially since
so much of the real income is illicit, outside the reach of tax
collectors.
Kosovo is only an extreme case of the "transition" from socialism to
the free market, as imposed on Eastern Europe by the "international
community". The State and its services were removed by NATO military
force, whereas elsewhere the demolition process has been more gradual
and less dramatic, the result of pressures from the IMF, the World
Bank and the European Union. The mass of unemployed young men have
little prospect of earning a living other than by getting in on the
crime business. It is hard to see what can prevent "independent
Kosovo" from being an uncontrollable crime center.
At the end of World War II, in order to defeat the Fascists and combat
the Communists, U.S. intelligence services cynically brought the Mafia
back to Sicily. The parallel with Kosovo does not go beyond that. For
unlike Kosovo, Sicily is an essentially rich island, with a
diversified economy and numerous centuries-old sophisticated urban
centers where large sectors of a highly educated population have
courageously resisted the corruption and violence of the mafia. This
aspect of Sicilian society is insufficiently appreciated abroad, where
it is more "romantic" to glorify the gangsters. In comparison, Kosovo
Albanian society simply does not possess such material or cultural
resources for resisting the power of the new mafias that, while
feeding on certain clan traditions, are above all a product of
neoliberal globalism.
3. Human rights.
The protection of "human rights" was the pretext for the 1999 war. In
terms of everyday human relations, the situation is far worse than
before. This is not widely recognized for two reasons. One, since the
"international community" rather than Milosevic is in charge, media
interest in Kosovo has virtually evaporated. Second, the victims of
persecution and harassment, the children whose school buses are
stoned, the old people who are beaten and whose houses are set on
fire, the farmers who do not dare go out to cultivate their fields,
the hundreds of thousands of refugees from "ethnic cleansing" ... are
Serbs. Or sometimes gypsies. Western media early on identified "the
Serbs" as the enemies of "multi-ethnic society" and the perpetrators
of "ethnic cleansing". The curious result seems to be that the absence
of Serbs is understood as the best guarantee of a multi-ethnic
society. This, at any rate, is the logic of the attitude taken by the
international community in regard to the Ibar valley region of Kosovo
north of Mitrovica.
That area, which forms a sort of point reaching into central Serbia,
is the largest remaining part of Kosovo where Serbs retain a
traditional majority sufficient to defend themselves from Albanian
intimidation. When, as happens from time to time, Albanian militants
from the ethnically purified region south of the Ibar attempt to cross
the river, they are stopped by Serb guards. In this situation,
"international community" spokesmen almost invariably take the line
that Serb extremists are standing in the way of "multi-ethnic" Kosovo.
The fact is deliberately overlooked that, while a certain number of
Albanians are still living in Serb-controlled northern Mitrovica, all
Serbs and Rom have been driven out of southern Mitrovica, and that if
the Albanian activists were granted free access to the north, the
probable result would be further ethnic cleansing of what remains of
the Serb population.
For some in the "international community", that would be an ideal
solution. Once all non-Albanians have been driven out, the
professional humanitarians can declare that Kosovo is "multi-ethnic",
and there will be nobody left there to dispute this triumphant assertion.
The overriding concern of the West now is to get out of the Kosovo
mess in a way that will allow it to continue to celebrate the Kosovo
war as a great humanitarian success. Having left the Balkans in a
shambles, the human rights warriors can go on to other victories. The
only thing to stop them might be a belated recognition of the truth.
Diane Johnstone is the author of Fools' Crusade: Yugoslavia, Nato, and
Western Delusions published by Monthly Review Press.
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Colonia (RFT): Proprio mentre numerosi attacchi dei separatisti ceceni
causavano piu' di 50 morti, e' stata inaugurata a Colonia una mostra
sulla Cecenia a cura della "Societa' tedesco-caucasica" ("400 anni di
conquista coloniale - 400 anni di resistenza""). La "Societa'", che
intrattiene stretti rapporti con il movimento secessionista ceceno,
gode del sostegno di personaggi importanti della politica estera
tedesca ed organizza incontri con separatisti di alto rango. Nella
mostra viene propagandato un presunto "piano di pace" del "presidente
in clandestinita'" ceceno Mashadov. Il separatista caldeggia la
internazionalizzazione della guerra civile nella repubblica della
Russia meridionale, sulla falsariga del modello del Kosovo. L'obiettivo
e' uno Stato indipendente.
Altre informazioni su:
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1087943982.php
Modell Kosovo
KÖLN (Eigener Bericht) - Zum Zeitpunkt mehrerer Gewaltakte
tschetschenischer Separatisten mit mehr als 50 Todesopfern wurde in
Köln eine Tschetschenien-Ausstellung der ,,Deutsch-Kaukasischen
Gesellschaft" eröffnet (,,400 Jahre koloniale Eroberung - 400 Jahre
Widerstand"). Die ,,Gesellschaft", die beste Kontakte zur
tschetschenischen Sezessionsbewegung unterhält, arbeitet führenden
deutschen Außenpolitikern zu und vermittelt Begegnungen mit
hochrangigen Separatisten. In der Ausstellung wird ein angeblicher
,,Friedensplan" des tschetschenischen Untergrund-Präsidenten Maschadov
ausführlich gewürdigt. Der Separatist verlangt die
Internationalisierung des Bürgerkriegs in der südrussischen Republik
nach dem Modell des Kosovo. Ziel ist ein eigenes Staatsgebilde.
mehr
http://www.german-foreign-policy.com/de/news/article/1087943982.php
Date: Tue, 22 Jun 2004 11:11:49 +0200
To: icdsm- Ova adresa el. pošte je zaštićena od spambotova. Omogućite JavaScript da biste je videli.
Subject: [icdsm-italia] Dr A. Mezyaev (Russia) on the "Milosevic trial"
[ Il giurista russo A. Mezyaev, esperto di diritto internazionale,
analizza l'andamento del "processo" a Milosevic, elencando numerose
incongruenze e stranezze... ]
Da: "Vladimir Krsljanin"
Data: Mar 22 Giu 2004 01:47:54 Europe/Rome
Oggetto: Dr A. Mezyaev (Russia) on the "Milosevic trial"
*************************************************
Defence Case in the so-called "Milosevic trial" will start on July, 5
*************************************************
Alexander Mezyaev,
Doctor of International Law,
Deputy Head of the Department of
Constitutional and International Law,
Academy of Business, Kazan, Russia.
The so-called "Milosevic trial" in the Hague Tribunal is continuing
already more than two years, but still passed its only first phase.
In the end of February the prosecution have closed its case -
Prosecution case. Now is a time for Defence case. During this phase
of the trial Slobodan Milosevic will present his witnesses.
Officially the first day of the Defence case scheduled for July,5. But
it is important to note that last Thursday, June, 17 was held the
Pre-Defence conference. On this conference the trial chamber
considered the state of preparation of the case.
S. Milosevic have presented to the court a list of witnesses which
contains more than 1630 names. Amongst them are the names
of Bill Clinton, Tony Blaire, Gerhard Schroeder, Hans-Dietrich
Genscher and many others. S. Milosevic also demanded that
the court issues an obligatory order to some western governments
to present some relevant intelligence documents. The court asked
Mr. Milosevic to consider how to reduce the list, but he answered
that there are dozen of thousands people who want to testify
for his defence and it will be very difficult to make the list shorter.
Formally court did not asked to reduce the length of the list, but
have imposed several unfair restrictions, which will lead to this
result. For example, the trial chamber restricted defence case only
to 150 days. This is exactly two times less than the prosecution had.
This obviously unjust decision was explained by an argument that
the most of the time was given to Mr. Milosevic for his cross-
examination. The only thing that the judges have forgotten, is that
Mr. Milosevic had to cross-examine prosecution witnesses!
They were witnesses who testified against him! So, the Hague
tribunal once again demonstrated that it is not in a position to
ensure the elementary norms of fair trial, first and foremost - the
equality of parties.
Slobodan Milosevic protested against this decision. He said:
"I am here to defend the truth". And of course it is impossible to
impose time limits (more over unjust time limits!) for the
determination of truth. In the same time it is quite logical why the
court, nevertheless have imposed this time limits. The full truth, if
determined, will be a great damage for this tribunal.
It is interesting to note that during the Pre-defence conference the
prosecution demanded that S. Milosevic should present in advance a
detailed summary of the future testimony of defence witnesses.
This demand was shocking even for amicus curiae, when Mr. Kay
said that such a demand means the disclosure of the whole Defence
case. Nevertheless, trial chamber ruled, though with some
reservations, in favour of the prosecution.
Mr. Milosevic still don't include his name in the list of witnesses.
Probably he will do it at a later stage in order to appear before the
court as a witness. The rules of procedure prescribe that in fact
the evidence is only the witness testimony. All other statements
by the accused may be considered by trial chamber, but in any
way they are not an evidence. That means that all statements
made by Mr. Milosevic during the Prosecution case, including
his famous Opening Statements in February and September,
2002 are only the matter for the trial chamber what probative
value "if any" it will have. This also means that all that was said
by Mr. Milosevic in order to disprove some statements of
witnesses, also do not consider as evidence.
Contrary, all statements of witnesses are considered as evidence.
In this respect it is very important to mention the long time awaited
decision of the trial chamber on the acquittal, delivered on June, 16 -
one day before the Pre-defence conference. Tribunal's rules
prescribed that after the termination of the Prosecution case the
accused may ask the for the judgment of acquittal, if prosecution
have not presented or have presented insufficient evidence to
sustain a conviction on one ore more charges. In the "Milosevic
case", it was more than obvious that the prosecution did not
present sufficient evidence in greatest number of charges. In
respect of several charges, prosecution did not present
evidence at all. First of all it concerns the charges in genocide
and some charges related to Kosovo indictment. Even the "friends
of court" - amicus curiae - asked the court to acquit Mr. Milosevic at
least on these absolutely not proven charges!
Everybody who follows the trial proceedings and who is familiar with the
work of the Hague tribunal may guess the general mean of the decision
of the court in advance. However, even those were surprised! Judges
ruled that the prosecution presented sufficient evidence to all 66 (!)
charges, including genocide or (!!!) complicity in genocide. The real
mean of such a decision may be understood only if you are familiar
with the details of the Prosecution case. In fact, the prosecution not
only presented insufficient evidence, but have not presented a case
at all. Even some western lawyers recognised that such a case
could never be accepted in any national court in Europe. And it is
too polite definition. During the prosecution case Mr. Milosevic
presented enough evidence that the prosecution used false
witnesses and even fabricated evidence! If one calls things by their
proper names, such a trial would not only fail in any European court,
but would be a reason to put on trial the members of the prosecution!
If after such kind of a trial the judges ruled that the prosecution have
presented sufficient evidence to all counts and accused could not be
acquitted in relation to any of the charges, it may mean only one thing.
It means that the decision of the court is already adopted and it has
nothing to do with any evidence, which will be or will not be presented.
Nevertheless, Slobodan Milosevic is not defeated. Officially, "his"
case is called Prosecutor against Milosevic, but even during the
Prosecution case it became in fact Milosevic against the Tribunal.
I am sure that the defence case will be even more successful and the
lie will be definitely defeated.
It is important to say some words about new judge of the trial chamber.
As it is well known, just after the termination of the Prosecution case
the presiding judge Richard May have resigned. On Thursday, June
17, the international public was able to see the new judge lord
Bonomy. He is 58 years old, worked as a solicitor, prosecutor and
during last 7 years - as a judge of the Supreme Court of Scotland.
To understand the real place and role of new judge Bonomy as well
as of judge Robinson, as a new presiding judge of the trial chamber,
it is important to understand the real reasons of the resignation of
judge May.
No doubts, Richard May made a great damage to the image of the
tribunal. One of the main purposes of the Hague tribunal is to make
a nice impression on the international public. Yes, to proclaim as
guilty only one side of a civil war. Yes, to punish only Serbs. Yes, no
doubts, to punish Mr. Milosevic. These are the aims of the tribunal
too. But! All this should be done in a "nice" way. Make a nice
impression. Formal attributes of fair trial should be shown. Not to be
implemented, but shown only! Once again returning in my reflections
about that strange resignation of judge May, once again I make a
conclusion that the bad health was not a real reason for
it. R. May was just not ready to implement the task that was put to
him. He became a problem. Of course, it does not mean that he is
stupid. Not at all. But there was a great difference between the
confronted personalities. In the battle Milosevic - May, the last one
was defeated. And it could not be otherwise. Any judge of the
tribunal would be defeated. And it does not matter would it be a
judge of the Hague tribunal or of any other tribunal.
The difference between personalities is too great. Judge May was a
simple judge in criminal cases, who has an experience just with
simple criminals. He was not ready, not intellectually nor
psychologically, to handle the high level of battle presented by
S. Milosevic! But May was not personally guilty for his defeat.
Probably it is more correct to say that it was a "guilt" of the former
president of the tribunal, French Claude Jorda.
According to the law he was entitled to appoint judges to the trial and
in doing this he followed the classical rule: "no risk". Understanding
his responsibility for the main trial of the tribunal he had appointed
a Briton R. May. Obviously not Jorda, nor May, nor anybody else
realised how big problems they will meet. They believed that S.
Milosevic will be defeated before the trial, that he will be broken.
That counts did not and will not be realised. But it is important to
stress again the psychological unprepairness of judge May to be
a presiding judge in the "Milosevic trial".
May was nervous. He simply demonstrated unacceptable behaviour.
If one day I'll believe in a bad health as a reason for his
resignation, it
may be illness of his nerves only. By his behaviour, R. May discredited
the whole tribunal. I mean of course, not the tribunal itself, but its
policy to abuse justice in a nice way. Very polite. I had a chance to
attend different trials by different judges of the Hague tribunal. None
of
them were so unprofessional as R. May. It does not mean, of course,
that all these judges do not execute all orders they get. But they do
it not in
a so abusive manner as judge May did. To make a conclusion, I am sure
that R. May was just taken away from the scene exactly because he was
not enough professional.
Probably it was even quite unfair when during the special
meeting in honour of May everybody was talking about his
professionalism!
May was pushed to resign because he openly demonstrated his attitudes,
openly worked for prosecution.
The Hague tribunal understands that the judgment and punishment of
Mr. Milosevic will not be recognised by the international community if
it
will be a result of this kind of trial. Therefore, May just had to be
resigned. It does not mean that the judgment and sentence will be
different. Judge May simply became a danger to the image of the trial.
Not to the fairness of the trial - but to its international image.
In fact, not lord Bonomy, but Patrick Robinson have replaced R. May as
presiding judge. As for the new judge Bonomy, he is just a judge of
criminal cases, and in that sense he is not better than May. Having
experience in trying simple criminals does not mean that one is ready
to try a former head of state, a recognised leader of a nation.
Moreover to try a person like Slobodan Milosevic who is much more
bright than all the Hague judges taken together. The intellectual level
and personalities just can't be compared. That was the problem of
R. May. There is no indication that new judge Bonomy will be able
to resolve this problem.
Therefore, the resignation of judge May will not change the things at
all. The last decision of the "new" trial chamber is a great proof of
that.
* * * * *
In addition to the "Milosevic trial" it is very important to follow the
other trials of the Tribunal. It is not overestimation to say that in
other trials the preparation of justification of the future judgment in
"Milosevic case" is going on.
Thus, for example several weeks ago the Appeals Chamber delivered its
judgment in Krstic case. The Chamber ruled that there was genocide in
Srebrenica in July, 1995. It means that this became a historical and
judicial fact! Taking into account that Srebrenica is one of the counts
in the indictment against S. Milosevic and the fact that the prosecution
failed to present any sufficient proofs of this count, the real meaning
of
this Appeals Chamber ruling becomes clear. Now it is not necessary to
prove that Milosevic committed genocide, simply a link should be
established between him and others, for example with Krstic or his
superiors. Moreover, the trial chamber should follow the decision of
the highest (Appeals) chamber.
It is not so simple of course, but this is the general scheme.
A little bit earlier, the same Appeals Chamber delivered its judgment is
Brdjanin case. In its decision, the Appeals Chamber reversed the
previous decision of the trial chamber concerning the acquittal of the
accused on the count of genocide. The court ruled that the special
intent is not required in the circumstances of the case. But all lawyers
in the world know that this is an obligatory requirement. The court
reached its findings using again not only defective theory of so-called
joint criminal enterprise (which exists only in ICTY and was produced
specially to simplify proving the guilt), but also the "developed" kind
of this theory - "the third level of joint criminal enterprise". The
defectiveness of that theory is recognised not only by the majority of
world lawyers but even by some judges of the Hague tribunal! The
last decision of the trial chamber in "Milosevic case" must be
considered
in the light of this decision. Two old judges of the chamber were
divided
in relation to the question whether S. Milosevic was a member of joint
criminal enterprise, and only the vote of new judge Bonomy decided
the matter in favour of the prosecution.
It is quite obvious that the Appeals Chamber delivered its decision in
the "Brdjanin case" in order to save the main charge in the "Milosevic
case". One should also point out the long time awaited trial of the
former president of the Assembly of Republika Sprska and member
of Bosnia and Herzegovina presidency Momcilo Krajisnik. Using the
secret witnesses became so usual thing in the Hague tribunal that it
can't surprise anybody.
But the secret trial as a whole is something new even for this tribunal.
Practically around 30 per cent of hearings up to now were held in the
so-called closed sessions. It means that public can get no information
on the proceedings. Moreover, the hearings are being postponed all
the time without any explanation.
Similar strange things happened in the Babic case. As it is well known,
in December 2003, the former president of Republika Srpska Krajina
Milan Babic had signed a special agreement with the prosecution.
According to this agreement Babic accepted his guilt on one count
and took an obligation to testify against all the people the prosecution
would find necessary. Such a "cooperation" with the prosecution
usually leads to a short sentence. (Like in Erdemovic case, where
the accused who killed more than 100 people was sentenced to 5
years of imprisonment). M. Babic (as well as Erdemovic)
already testified against S. Milosevic. It is worth to remember: the
prosecution gave up from 14 other witnesses in exchange for the
prolongation of Babic's testimony! By the way, during that testimony
S. Milosevic showed that the evidence was false and fabricated.
Some days ago the pronunciation of sentencing judgment for Milan Babic
was announced. But suddenly, without any explanation it was postponed.
There was also a status conference in the Seselj case on June 14.
Already more than one year passed, since Mr. Seselj is in ICTY
detention, but his case still is not prepared for a trial. The
prosecution
is in a real trouble. The trial has not yet started but Seselj already
won one point. The trial chamber excludes from the indictment
against Seselj the accusations concerning events in Vojvodina.
The tribunal has the jurisdiction only for the crimes which were
committed during the armed conflict. It is a well-known fact that
there was no armed conflict in Vojvodina. It is interesting to note
that the prosecution expreses its will to appeal this decision of
the trial chamber!
In the same time the registry of the tribunal prolonged the prohibition
for Mr. Seselj of any communication with the outside world except with
the defence counsel, whom Mr. Seselj doesn't have - he defends
himself in person; and with the inner family (monitored by prison
officers). In fact, this is a complete isolation. This decision was
adopted
last December and is routinely being prolonged all these months. The
main reason for this isolation were the parliamentary and presidential
elections. Last December, in the parliamentary elections, the party of
Seselj won the majority of votes. In the first round of the presidential
elections on June 13, the candidate of Seselj's party Tomislav
Nikolic won again - he got the majority of votes. The second round of
elections is scheduled for June 27. So, the registrar of the tribunal
again prolonged the regime of isolation for Mr. Seselj.
It is interesting to note how the "free" West and the Hague
tribunal are afraid of Seselj and his influence on the population of
Serbia. The future the "Seselj trial" may become for the Hague tribunal
not the smaller problem than the "Milosevic trial". Last autumn I had
a chance to attend a status-conference of Mr. Seselj in the tribunal.
Mr. Seselj looked very fatigue and obviously had some health
problems. But on the question of a judge does he have some health
problems he answered: "Yes, I do. I have a mental suffering looking
at you. Your robes remind me Roman Catholic inquisition." Even if Mr.
Seselj really has health problems, he is ready for the battle in the
court. Whether the court itself is ready for this?
* * * * *
July 5 will be the first day of the Defence case of Slobodan Milosevic.
Let us wish all the best to this outstanding Man, to this recognised
leader of the Serbian people and of all other freedom-loving peoples.
From the ancient and the modern history we know very well that the
Serbian people never gave up! We believe in you, Comrade
President!
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*******************************************************************
FIGHT BACK NATO AND ITS CRIMES AGAINST PEACE, YUGOSLAVIA
AND THE SERBIAN PEOPLE!
"President of Serbia and Montenegro" Svetozar Marovic will attend the
NATO summit in Istambul, which will take place exactly on Vidovdan!
Vidovdan is now at the same time a day of greatest glory and a day of
biggest shame of the Serbian people.
On this Vidovdan, the glory will prevail!
NATO and its lackeys will gather in Istambul, but the Serbian people
will gather in Belgrade.
Criminals and their servants will face many thousands angry protesters
in Istambul. In Belgrade many thousands will salute the courageous
struggle of Slobodan Milosevic against the NATO inquisitors and
demand his release and restoration of freedom in Serbia. In The
Hague the freedom-loving people of Serbian Diaspora and Europe
will protest NATO trying its victims under UN auspices.
JOIN THE VIDOVDAN PROTESTS:
26 June The Hague
27 June Istambul
28 June Belgrade
****************************************************************
******************************************************************
TRUTH
OR SLAVERY, HUMILIATION AND DESTRUCTION OF SERBIAN NATION
http://www.icdsm.org/battle.htm
THE DECISIVE BATTLE FOR TRUTH NEEDS YOUR HELP NOW!
******************************************************************
SLOBODA urgently needs your donation.
Please find the detailed instructions at:
http://www.sloboda.org.yu/pomoc.htm
To join or help this struggle, visit:
http://www.sloboda.org.yu/ (Sloboda/Freedom association)
http://www.icdsm.org/ (the international committee to defend Slobodan
Milosevic)
http://www.free-slobo.de/ (German section of ICDSM)
http://www.icdsm-us.org/ (US section of ICDSM)
http://www.icdsmireland.org/ (ICDSM Ireland)
http://www.wpc-in.org/ (world peace council)
http://www.geocities.com/b_antinato/ (Balkan antiNATO center)
==========================
ICDSM - Sezione Italiana
c/o GAMADI, Via L. Da Vinci 27
00043 Ciampino (Roma)
tel/fax +39-06-4828957
email: icdsm-italia @ libero.it
Conto Corrente Postale numero 86557006
intestato ad Adolfo Amoroso, ROMA
causale: DIFESA MILOSEVIC
sito internet:
http://www.pasti.org/linkmilo.htm
--
Dopo la sconfitta per 4-2 contro l'Inghilterra, il 72enne ct della
Croazia, Otto Baric, ha deciso di dimettersi. Evidentemente, la scelta
tecnica del pellegrinaggio alla Madonna di Fatima si e' rivelata
fallimentare. Fonti interne alla Federazione Calcio croata indicano
come prossimo allenatore della Nazionale un devoto della - ben piu'
croata - Madonna di Medjugorije. Quest'ultima, infatti, ha gia' reso
ottimi servigi alla Patria, negli anni passati, contribuendo
fattivamente a gettare tutta la Jugoslavia in un bagno di sangue per
l'indipendenza della Croazia e la sconfitta del comunismo.
Anche sul versante italiano, appare prossima la sostituzione di
Trapattoni: nemmeno l'acqua santa di sua sorella monaca ha infatti
sortito alcun effetto. Da anni Trapattoni adottava la stessa tecnica,
di cospargere i terreni di gioco con acqua santa, ma senza alcun
risultato tangibile. I maggiori commentatori sportivi italiani
ritengono che il prossimo ct della nostra Nazionale sara' buddista
(forse lo stesso Baggio): si spera cosi' di ritornare ad essere
vincenti, o almeno di imparare a sopportare stoicamente le batoste.
Ad entrambi gli allenatori, il croato e l'italiano, e' stato garantito
il Paradiso come premio di prepensionamento.
(a cura di Italo Slavo)
Dalla "Visnjica broj 406":
LA CROAZIA A FATIMA
La nazionale croata, che questa sera affronta la Francia a Leiria, ha
fatto visita ieri al santuario di Fatima. «Vogliamo pregare la Vergine
Maria - ha spiegato l'allenatore Otto Baric - perché siamo gente devota
e crediamo possa servirci per la partita». La nazionale balcanica si è
presentata in Portogallo con amuleti religiosi d'ogni tipo: croci,
rosari e medaglioni per ogni giocatore. Il primo ministro croato, Ivo
Sanader, ha detto che quella con la Francia «è una missione
impossibile, servirebbe uno Zidane nato dalle parti di Zagabria ma non
c'è: accontentiamoci di un pareggio».
il manifesto - 17 Giugno 2004
http://www.ilmanifesto.it/
Vedi anche:
Feral Tribune: Cantichi della Chiesa croata...
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2601
Croazia: scioccanti filmati antiabortisti nelle scuole
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3304
Il Vaticano sostiene il criminale di guerra Gotovina
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/3008
Potere temporale ed ingerenze del Vaticano in Croazia
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2954
CROATIA COUNTS COST OF PAPAL BLESSING
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2624
Eliminazione dei serbi dalla Croazia: Il Vaticano festeggia
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2726
Neonazismo: il Vaticano e la Croazia
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2623
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2594
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2577
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2571
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2567
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2563
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2561
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2552
La Croazia e la Chiesa Cattolica
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2478
eccetera eccetera (l'intero archivio alla pagina:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/messages )
"L'Arcivescovo del genocidio" (Monsignor Stepinac, il Vaticano e la
dittatura ustascia in Croazia, 1941 - 1945), di Marco Aurelio Revelli,
Edizioni Kaos, 1998