Informazione

TAPPATEGLI LA BOCCA

From: Siro
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Sent: Thursday, November 20, 2003 11:41 PM
Subject: [bastaguerra] RICEVO DA UN INVIATO.

CENSURA AI FUNERALI DI STATO
>
> censura sui funerali di stato del 18.11.03
>
> Ieri ero presente in qualità di specializzato di ripresa
> tv alla Basilica di S.Paolo a Roma. Non entro nel merito
> di alcuna valutazione dell'evento. Ho all'interno della
> Basilica assistito a scene in cui più di una persona
> (semplici cittadini, anche qualche parente di vittima),
> hanno cominciato ad urlare la loro disperazione contro
> chi ha voluto questo intervento. Sono stati zittiti con
> mano sulla bocca dal servizio d'ordine e portati fuori di
> peso. Piu' di una troupe ha filmato queste scene. Non
> si trattava di "cavalli pazzi", ne' di "ggiovani no gglobbal
> dei centrisociali" (e, in realtà più, di uno era fuori con la
> lacrimuccia), ma ripeto, di parenti, amici delle vittime e
> semplici cittadini. Gran parte degli interventi della
> croce rossa all'interno della basilica erano appunto
> rivolti a far sparire questi turbatori del "composto dolore".
> Più di un collega ha contato almeno 5 ambulanze entrare
> ed uscire dalla basilica. Chiunque abbia ascoltato una
> diretta (e nella differita radiofonica di Radio Vaticana ad es.
> è chiarissimo) dell'evento e specialmente dell'omelia, può
> aver sentito in sottofondo le grida
>
> NESSUN ACCENNO DI TUTTO QUESTO, NEI MEDIA
> UFFICIALI, MA NEANCHE NEI MEDIA INDIPENDENTI

1. "GLI OPPOSITORI IN GEORGIA SONO ANCORA MENO AMICI DELLA RUSSIA,
IN CONFRONTO A SHEVARNADZE"

2. Putsch in Georgien (Jürgen Elsässer)


=== 1 ===


"GLI OPPOSITORI IN GEORGIA SONO ANCORA MENO AMICI DELLA RUSSIA,
IN CONFRONTO A SHEVARNADZE"

Da un'intervista a Konstantin Zatulin,
direttore dell'Istituto dei paesi della CSI

www.strana.ru                                                              =
                                 
11 novembre 2003

 
Per una migliore comprensione degli sviluppi della situazione in Georgia, c=
he hanno
portato alla "deposizione" di Eduard Shevarnadze, si propongono alcuni stra=
lci di
un'intervista concessa, pochi giorni prima della cacciata del presidente de=
lla
repubblica caucasica, al sito filopresidenziale russo "Strana.ru", da Konst=
antin Zatulin,
considerato a Mosca uno dei massimi esperti di questioni relative allo spaz=
io
"postsovietico".

Il documento interpreta bene l'opinione degli ambienti ufficiali russi rigu=
ardo ai profili
che sta assumendo la vicenda georgiana.

M.G.

 

(…)

D. In Russia, Shevarnadze è sempre stato considerato un politico filoameric=
ano…

 

R.Non sempre. All'inizio, quando fece ritorno in Georgia, a Mosca si manife=
stava
totale entusiasmo per il fatto che il "nostro" Shevarnadze, che capisce la =
Russia, che
qui ha fatto carriera, qui è stato nominato ministro degli esteri avrebbe p=
reso le
distanze da questi "giovanotti", che non conoscono e non apprezzano la nost=
ra storia
comune. Molto presto, però, si è chiarito che Shevarnadze era più ostile di=

Gamsakhurdia.

 

D. E comunque oggi il sostegno di Washington si volge in tutt'altra direzio=
ne. Come si
spiega?

 

R.Occorre capire che i problemi di oggi non sono il portato della lotta tra=
forze
filorusse e filoccidentali. Si tratta di un conflitto interno alla nazione =
georgiana, che si
è cercato di adattare al modello occidentale, una lotta per il potere, in c=
ui "i lupi" più
giovani aspirano a togliere il potere a coloro che hanno spianato loro la s=
trada nella
politica.Questi uomini sono ancora meno amici della Russia, di Shevarnadze.=
Il quale,
a differenza loro, ha una qualche necessità di giustificarsi del fatto di e=
ssere stato
membro del Politburo del PCUS. Per quanto concerne Saakashvili e Burdzhanad=
ze,
Zhvanja e gli altri, si tratta di uomini orientati ancora di più verso l'Oc=
cidente, che
intendono dimostrare di essere molto più affidabili. Così, Washington segue=
la sua
tattica tradizionale, abbandonando i sovrani screditati. Lo ha fatto con i =
dittatori sud-
coreani, con i dittatori vietnamiti, con tutti i dittatori che aveva preced=
entemente
sostenuto. Non appena diventavano impopolari, venivano sostituiti da nuove =
figure.
Sono convinto che alcuni di quelli che oggi esigono le dimissioni di Shevar=
nadze,
siano ancora più corrotti di lui. E' una caratteristica della Georgia, dell=
e sue tradizioni.
In questo momento si tratta solo di stabilire chi prenderà il controllo del=
potere.

 

D. Ciò significa che è proprio il "fattore americano" a giocare un ruolo de=
cisivo?

 

R.Si. Shevarnadze ha utilizzato tutte le sue carte. Spesso sprecandole. Gli=
americani
non hanno digerito il fatto che il loro aiuto finanziario e umanitario sia =
stato
interamente dilapidato. E' per questo che hanno deciso di provare con i gio=
vani
riformatori. E, se questi siano meglio o peggio di Shevarnadze, agli americ=
ani non
interessa affatto.Washington molto semplicemente ha deciso di cambiare l'ar=
redo.  

 

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

 
=== 2 ===


http://www.jungewelt.de/2003/11-24/001.php

Junge Welt (Berlin) - 24.11.2003


Jürgen Elsässer

Putsch in Georgien

 

Panzer im Zentrum von Tbilissi. Hintergrund der Auseinandersetzungen: US-
Ölinteressen

 

Kurz vor Redaktionsschluß am Sonntag teilte AP mit, daß der georgische Präs=
ident
Eduard Schewardnadse nach Angaben eines Oppositionspolitikers seine
Rücktrittserklärung unterzeichnet hat. Zuvor hatte Schewardnadse den
oppositionellen Demonstranten, die am Samstag die konstituierende Sitzung d=
es
Parlaments gestürmt hatten und das Gebäude seither besetzt hielten, noch ei=
n
Ultimatum von 48 Stunden zum Abzug gesetzt.

Dagegen hatte Oppositionsführer Michail Saakaschwili, der von einer »samte=
nen
Revolution« sprach, seine 20000 Anhänger dazu aufgerufen, auch das
Innenministerium zu stürmen, damit Schewardnadse die Parlamentarier nicht d=
orthin
zu einer Notsitzung zusammenrufen könne. Nach seinen Direktiven sollten auc=
h das
Staatsfernsehen und die Lokalverwaltungen durch ein Go-In von Schewardnadse=
-
Anhängern »gesäubert« werden. Die Loyalität der Regierungstruppen, die stra=
tegische
Gebäude im Stadtzentrum auch mit Panzern gesichert haben, bröckelt: 120 Sol=
daten
der Nationalgarde sind am Sonntag zu den Demonstranten übergelaufen.

In den westlichen Medien wird behauptet, daß in Georgien ein Volksaufstand=

stattfände, der durch den Betrug bei den Parlamentswahlen vom 2. November =

ausgelöst worden sei. Nun ist allerdings selten ein Volksaufstand so besche=
iden
ausgefallen wie dieser: 20 000 Demonstranten sind bei einer Gesamtbevölker=
ung
von fünf Millionen gerade vier Promille, so viel (besser: so wenig) hat die=

Regierungskoalition in den letzten Tagen auch mobilisiert. Zwar spricht seh=
r viel
dafür, daß die Wahlen zugunsten von Schewardnadse und seinen Verbündeten
gefälscht wurden – das heißt aber noch lange nicht, daß die Parteien, die n=
un in
Tbilissi geputscht haben, die Mehrheit erhalten hätten. Den entscheidenden =
Fehler bei
der Nachprüfung der Wahlergebnisse begeht man, wenn man nicht die Ergebniss=
e
aller Parteien berücksichtigt. So wird meistens nur das Ergebnis der Schewa=
rdnadse-
Partei »Für ein neues Georgien« (21 Prozent) und der verbündeten »Union der=

Demokratischen Wiedergeburt« (knapp 19 Prozent) mit dem Resultat der
prowestlichen Opposition verglichen, also Saakaschwilis »Nationaler Bewegun=

(ebenfalls knapp 19 Prozent), des »Demokratischen Blocks« von Nino Burdscha=
nadse
(knapp neun Prozent) und der »Neuen Rechten« (über sieben Prozent). Die Zah=
len der
einen seien nach oben, die der anderen nach unten gefälscht worden, heißt e=
s.
Obwohl das plausibel ist, ergibt sich ein ganz neues Bild, wenn man ein dri=
ttes
politisches Lager berücksichtigt, das gleichermaßen Schewardnadse und die
Opposition kritisiert, weil beide das Land ausplünderten und an den Westen =

verkauften. Diese Kraft wird gebildet von der Arbeiterpartei (zwölf Prozent=
) und der
Partei »Die Industrie wird Georgien retten« (knapp unter sieben Prozent). B=
eide haben
sich nicht an den Demonstrationen der bürgerlichen Opposition beteiligt. Es=
fällt auf,
daß der Westen den Wahlbetrug solange nicht kritisierte, wie die Hoffnung b=
estand,
daß sich Schewardnadse mit Saakaschwili und Burdschanadse einigen könnte. A=
ls ein
Dreiergipfel am 9. November platzte, weil die Opposition zu keinerlei Komp=
romissen
bereit war, suchte sich der angeschlagene Präsident einen neuen Partner: As=
lan
Abaschidse, Präsident der Teilrepublik Adscharien. Seine »Union der Demokra=
tischen
Wiedergeburt« ist bei den Wahlen landesweit zur zweitstärksten Kraft geword=
en, weil
sie allein in Adscharien 95 Prozent aller Stimmen bekommen hat. Obwohl hier=
mit
Sicherheit nachgeholfen wurde, darf man von einer gewissen Beliebtheit des =

»Großväterchens« – »Babu« ist der Kosename für Abaschidse – in der Region
ausgehen: Der Lebensstandard ist höher als im Rest des Landes, Bürgerkriegs=
truppen
und Mafiaclans hält der Regionalführer auf Distanz.

Für den Westen am gefährlichsten ist aber, daß Abaschidse Georgien wieder =
an die
Seite Rußlands führen will. Mit ihm als Partner wäre Schewardnadse, der nac=
h dem 11.
September bereits 100 US-Militärausbilder ins Land geholt und die NATO-
Mitgliedschaft beantragt hat, zu einer Kurskorrektur und zum Ausgleich mit =
Putin
gezwungen. Undenkbar etwa, wenn infolgedessen Georgien den Bau der derzeit =

weltgrößten Pipeline storniert, mit der BP Amoco ab 2006 aserbaidschanische=
s Öl
über die Türkei nach Westen liefern will, und statt dessen in eine russisch=
e
Alternativpipeline investiert. Um dies zu verhindern, hat sich die US-ameri=
kanische
Soros-Stiftung in den letzten zwei Wochen »massiv in die inneren Angelegenh=
eiten
eines souveränen Staates eingemischt«, so Schewardnadse. Abaschidse sprich=
t gar
von einem »von den Amerikanern finanzierten Umsturz«.


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www.resistenze.org - popoli resistenti - bulgaria - 18-11-03


Un paese allo stremo: la Bulgaria

di Marcello Graziosi


Oltre ai drammatici costi della ventata neoliberista che ha investito
tutta l’Europa Orientale e Balcanica alla fine degli anni ’80 del
secolo scorso, la Bulgaria ha subito, tanto sul piano economico quanto
politico, il profondo isolamento determinato dai disegni occidentali di
destabilizzazione pressoché totale della ex-Jugoslavia, con particolare
riferimento a Serbia e Montenegro. Tanto che oggi la Bulgaria parrebbe
un paese alla deriva, in balia di se stesso.

Sul piano generale, la transizione verso il libero mercato su basi
capitalistiche ha avuto in Bulgaria uno sviluppo diverso rispetto agli
altri paesi dell’Europa Orientale, con una dinamica non dissimile per
certi versi dalla vicina Romania. Il Partito Socialista Bulgaro (ex
Partito Operaio Bulgaro), nonostante la presenza di circoli riformisti,
nella fase di profonda trasformazione seguita alla caduta di Jivkov
(1989-1990) non ha perduto il proprio carattere di classe né l’opzione
strategica legata alla costruzione di una società socialista. Pur nel
contesto di una discussione complessa ed articolata, le posizioni
filoatlantiche e subalterne alle riforme imposte dal FMI hanno subito
una secca sconfitta al 40° Congresso del dicembre 1991 grazie ad
un’alleanza tra socialisti di sinistra e neo-comunisti (Piattaforma
Marxista, guidata da Mincho Minchev). Nonostante questo, dal Partito
Socialista si sono staccati nel 1990 alcuni gruppuscoli che hanno
fondato almeno due partiti comunisti, privi però di alcun seguito di
massa.

Alle elezioni del giugno 1990 si sono imposti i socialisti, con
l’opposizione liberista che, forte del sostegno di studenti e sindacati
indipendenti ed approfittando del disastro provocato dalle prime
riforme imposte dal FMI, ha giocato la carta della destabilizzazione
politica, rifiutando qualsiasi collaborazione col governo Lukanov e
costringendo alle dimissioni il presidente della repubblica Mladenov,
prontamente sostituito da Zhelev, massimo esponente dell’Unione delle
Forze Democratiche (SDS). Le riforme liberiste hanno così subito una
brusca accelerazione, soprattutto, in seguito alle elezioni anticipate
del 13 ottobre 1991, vinte di misura dalla SDS, e dal successivo
governo Dimitrov, sostenuto anche dal Movimento per i Diritti e la
Libertà (DPS, minoranza turca). E’ stato sufficiente un solo anno per
ridurre allo stremo il paese, letteralmente saccheggiato dalle
multinazionali e dal capitale occidentale. Tanto che nel dicembre 1992
si è reso necessario un governo di emergenza nazionale, sostenuto da
socialisti, DPS e parte della SDS, col consenso di Zhelev, nel
frattempo (gennaio 1992) eletto presidente al ballottaggio contro
Valkanov, candidato di un blocco nazionale bulgaro sostenuto anche dai
socialisti. Con l’ala radicale della SDS che, sostenuta da Stati Uniti
e FMI, ha tentato di continuo la carta della destabilizzazione e del
ricatto.

Nonostante questo, in seguito al trionfo del blocco nazionale alle
elezioni del 1994, la guida del governo veniva affidata al socialista
Videnov: continuazione delle riforme ma attenzione ai costi sociali,
rallentamento del processo di integrazione nel contesto euroatlantico
ed avvicinamento alla Russia. Lo scontro con le opposizioni si è fatto
campale, con Zhelev e la Corte Costituzionale in grado di bloccare
diversi provvedimenti e ridurre il governo all’impotenza, a tutto
vantaggio della SDS. Alle elezioni presidenziali del novembre 1996 si è
imposto il candidato della destra liberista, Stoyanov con il 56% dei
consensi, aprendo una prima crisi all’interno dei socialisti: congresso
straordinario del partito a fine anno e dimissioni di Videnov da
presidente del BSP e da primo ministro.

Il tanto atteso momento per la destabilizzazione era finalmente
giunto: nella notte tra il 10 e l’11 gennaio 1997 una delle numerose
manifestazioni dell’opposizione a sostegno delle elezioni anticipate
terminava con l’assalto  di alcune decine di facinorosi alla sede del
Parlamento, con l’assenso di Zhelev, Stoyanov e dei paesi occidentali.
Uno schema che si sarebbe ripetuto, pur se con diversi obiettivi,
nell’ottobre del 2000 a Belgrado. Dopo un breve governo di transizione,
nell’aprile 1997 si sono tenute le elezioni anticipate, con la scontata
vittoria della SDS e con l’emergere di profonde divisioni all’interno
del partito socialista, con l’ala riformista di Parvanov intenta ad
isolare Videnov e Minchev, e con Lilov impegnato in una difficile
mediazione.

Il governo guidato da Kostov si è distinto da subito per la totale
subalternità a Stati Uniti e FMI, mescolando il più rigido liberismo
con disegni autoritari. Fino ad un nuovo tracollo del paese, del quale
ha approfittato l’ex Zar Simeone II per aggiudicarsi a sorpresa le
elezioni politiche del giugno 2001, sulla base di un programma tanto
demagogico quanto generico, puntualmente trasformatosi in subalternità
ai poteri forti una volta al governo. Il Movimento Nazionale Simeone II
ha ottenuto il 42,74% (a tanto arriva la frustrazione!), con la SDS in
rotta (18%) e la Coalizione per la Bulgaria, una sorta di cartello
delle forze di centro sinistra comprendente tra gli altri socialisti,
comunisti di Paunov, antifascisti di Valkanov, agrari di sinistra e
forze di orientamenti riformista, al 17%. E con il DPS di nuovo ago
della bilancia.

Date le pessime prove di Simeone, che vede assottigliarsi sempre più
la propria maggioranza causa il proprio dilettantismo e con il DPS di
Dogan sempre più determinante per gli equilibri di governo, alle
presidenziali del novembre 2001 si è determinata una nuova sorpresa:
vittoria del presidente dei socialisti Parvanov contro il presidente
uscente della destra Stoyanov, sostenuto anche da Simeone. Con Dogan
protagonista nel sostenere Parvanov. Pur se fortemente critico rispetto
all’aggressione della Nato contro la Repubblica Federale Jugoslava del
1999 e l’aggressione unilaterale contro l’Iraq della primavera 2003,
Parvanov, riprendendo il nuovo programma dei socialisti (approvato non
senza un acceso dibattito interno), ha precisato la propria intenzione
di procedere nel percorso di integrazione euroatlantica, pur se sulla
base di una maggiore autonomia e guardando anche ad Oriente, non
solamente verso Russia ed Ucraina, ma anche India e Cina.

Determinante, per il prossimo futuro, sarà anche la discussione
interna al Partito Socialista, dove la Piattaforma Marxista pare in
grado di condizionare, almeno in parte, le decisioni interne al
partito, dove però l’ala più riformista, vicina alle socialdemocrazie
occidentali, pare essersi imposta.

Sul piano politico, quanto potrà resistere un paese depredato e
ridotto allo stremo, con il partito della minoranza turca da anni ago
della bilancia della vita politica?

www.resistenze.org - popoli resistenti - jugoslavia - 11-11-03


Relazione sulla situazione nella Serbia jugoslava, Ottobre 2003

Al ritorno dall’ultimo viaggio per la solidarietà concreta a nome
dell’Associazione “ SOS Yugoslavia”, i cui risultati potete leggere in
altra parte del notiziario, cerco qui in modo sintetico e breve, di
dare un quadro informativo sulla situazione nel paese. Chiarisco subito
perché scrivo di Serbia jugoslava: perché l’unico paese ancora
completamente multietnico, dove ancora oggi 34 etnie diverse convivono
e hanno pari diritti, è la Repubblica Serba. Tutto il resto può essere
opinabile, questo è un dato di fatto incontestabile.

Dal punto di vista sociale la situazione è in continuo peggioramento,
aumento costante dei prezzi, processi di privatizzazione e svendita
delle grandi aziende pubbliche e delle grandi infrastrutture,
smantellamento dello stato sociale, sanità ormai di fatto privata. Una
riforma della scuola in senso classista; reintroduzione obbligatoria
della religione, rivisitazione della lotta di liberazione nazionale in
chiave revisionista, per cui sempre più spesso i partigiani
antifascisti sono equiparati al banditismo e a semplici episodi
criminali, sicché presto le nuove generazioni avranno dimenticato il
terribile prezzo in distruzioni e vite umane, pagato dai combattenti
antifascisti e dai patrioti jugoslavi per il riscatto della libertà e
della pace. - Mai dimenticare che per la libertà dell’Europa, dopo il
popolo sovietico che pagò con 20 milioni di morti e 40 milioni di
invalidi, sono stati proprio i popoli jugoslavi a pagare il prezzo più
alto in termini di distruzioni e sangue -

Mondo del lavoro

Nella città operaia di Kragujevac la disoccupazione è ormai un
fenomeno endemico. Oggi la situazione è questa: dei 36.000 dipendenti,
ne restano ufficialmente 17.000, gli altri sono stati licenziati o
indotti alle dimissioni. Questi 17.000 lavorano a rotazione, cioè 4-5
mila al mese e poi ne subentrano altri, quando lavorano percepiscono un
salario medio di 165 euro mensili e quando non lavorano 70/80 euro. La
produzione è rimasta ferma da giugno a settembre, nel 2003 era stata di
circa 900 vetture al mese; ora è ripresa con l’azione del governo che
ha anticipato i capitali per comprare i motori e i pezzi di
assemblaggio per tre mesi. Attualmente la produzione è di 300 auto
mensili.

Secondo le statistiche ufficiali il paniere, cioè la spesa per soli
generi di primissima necessità per una famiglia di quattro persone in
Serbia, è oggi di 250 euro.
Essendo privatizzati o in fase di privatizzazione i servizi sociali,
una gran parte delle famiglie non ha più luce e riscaldamento, migliaia
sono sfrattate e si registra il dilagare di malattie dovute, da un lato
alle conseguenze dei bombardamenti all’uranio, che cominciano a
emergere massicciamente (tumori, leucemie e malattie della pelle in
particolare) e dall’altro alle conseguenze di 10 anni di embargo,
sanzioni e guerre. Purtroppo il processo di privatizzazione della
Sanità impedisce alla stragrande maggioranza delle famiglie di comprare
i medicinali (che hanno prezzi occidentali) e quindi di potersi curare,
ed anche in questo caso i bambini sono le vittime più colpite.

Acqua, luce, riscaldamento hanno subito dal 2000 ad oggi aumenti medi
del 60%.
La stragrande maggioranza delle famiglie passa gli inverni senza
riscaldamento non potendo pagare le bollette del teleriscaldamento (con
temperature invernali che arrivano anche a 20° gradi sottozero!).
Infatti, una delle riforme strutturali - sempre ovviamente per
avvicinare il popolo serbo alla “democrazia” - è quella che prevede il
recupero degli arretrati delle bollette energetiche, che il precedente
governo aveva “condonato” in quanto riteneva assurdo far pagare
bollette a famiglie che, tra embarghi  sanzioni e conflitti non aveva
salari sufficienti neanche per il fine mese. Ma ora è arrivata la
democrazia e la libertà dei profitti…e questo si sa,  costa, e qualcuno
deve pur pagarla.  Anche la scuola, in fase avanzata di
privatizzazione, sta diventando un lusso, non avendo le famiglie soldi
per le tasse e il materiale scolastico, che prima erano praticamente
garantiti dallo stato o mantenuti a modici. La stessa università ha
ormai, a seconda delle facoltà, un costo che va dai 700 ai 1.500 euro
di spese.

I dati ufficiali dicono che i 2/3 della popolazione che vive in Serbia
spende meno di 1 euro al giorno pro capite e che di questi 1/3 di essi
spende 0,50 euro al giorno.
Il 60% viene speso per il cibo.

La resistenza operaia cresce

Già da settembre erano scoppiate proteste, cortei sia dei lavoratori
inoccupati che dei disoccupati “totali”, con incidenti, e prima
dell’estate la cacciata del ministro del lavoro dalla città. In seguito
ad uno sciopero della fame sotto il Comune, per non peggiorare lo
scontro sociale in vista delle elezioni presidenziali di novembre, il
governo ha rimandato tutte le decisioni al gennaio del 2004.

Proteste e scioperi anche a Nis, presso le fabbriche MIN e EI, dove da
un totale di 28.000 lavoratori fino al 2000, si è ormai arrivati a soli
7.000 occupati, di cui solo 750 percepiscono un salario intero, il
resto lavora solo a chiamata per alcuni giorni al mese.
Sempre a settembre l’autostrada per Belgrado è stata più volte
bloccata e occupata dai lavoratori della Telekom Serbia, per avere i
salari arretrati e contro un piano di ristrutturazione di totale
privatizzazione, che prevede il 50% di licenziamenti entro l’anno; ora
il governo ha dovuto accettare un nuovo tavolo di trattative, ma
nessuno si illude che cambierà piani e strategie, anche in questo caso
le incombenti elezioni presidenziali sono un freno tattico, a confronti
sociali diretti.

A Smederevo e Sabac, lotte nelle aziende comprate dal capitale USA,
che dopo una SANA ristrutturazione che aveva “licenziato” circa 1.000
lavoratori, ha imposto una paga oraria di 0,40 dollari; i lavoratori
sono scesi in sciopero generale per avere un aumento che porti la paga
oraria a 1,00 dollaro, il reintegro di 450 lavoratori licenziati e le
dimissioni del Manager T. Kelly, responsabile delle fabbriche in loco.

Altre proteste e scioperi sono estesi a tutta la Serbia, dalla
fabbrica Zvevda alla DES, dai lavoratori del Consorzio PKB a quelli dei
Centri Commerciali e così via. Il fermento sociale e la resistenza
operaia sono in crescita quotidiana e secondo il parere dei
sindacalisti incontrati, da dicembre in poi ci potranno essere delle
vere e proprie esplosioni sociali. Perché i programmi di questo governo
sono totalmente supini ai dettami del FMI e della Banca Mondiale, che
sono i loro creatori, e sollecitano misure ancora più drastiche ed
“energiche” per attuare le ristrutturazioni liberiste necessarie ad
aprire le aziende al libero mercato internazionale. Ultima creatura è
stata la nuova “Legge del Lavoro”, partorita in pieno stato di
emergenza seguente all’uccisione del primo ministro la scorsa
primavera, che tra le altre cose, ha di fatto “liberalizzato” i
licenziamenti.

Nell’incontro avuto con un esponente nazionale sindacale, emergeva una
situazione generale di debolezza del movimento dei lavoratori, dovuta
agli eventi degli ultimi dieci anni ed in particolare degli ultimi tre.
Sembra impossibile, ma dati alla mano, sono stati più devastanti, in
proporzione, gli ultimi tre anni che non quelli dell’embargo e delle
sanzioni, per quanto riguarda diritti, potere d’acquisto, servizi
pubblici, ammortizzatori sociali e minime garanzie strutturali. Ma è da
rilevare un dato molto importante: pur in queste condizioni il
Sindacato nazionale ha tenuto; a tutt’oggi ancora il 90% dei lavoratori
sindacalizzati sostiene il Samostalni, nonostante scissioni pilotate,
attacchi e dimissioni forzate di molti dei vecchi quadri, che spesso
vengono poi puntualmente rieletti.

E’ questo il caso del segretario generale della Camera del Lavoro di
Kragujevac; nell’ottobre 2000, picchiato e costretto “democraticamente”
a dimettersi in pubblico da alcuni squadristi della DOS, e rieletto
alle prime elezioni dirette lo scorso anno. Ora è nuovamente una delle
figure di punta del movimento operaio della città e non solo.
All’ultimo consiglio generale nazionale, nonostante gli ostacoli delle
componenti strettamente legate ai partiti governativi (molti di loro
neanche eletti dai lavoratori, ma cooptati direttamente per “
rappresentare la svolta” alla modernità e alla democrazia, nell’ottobre
2000), è passata la proposta di chiedere le dimissioni di questo
governo e lottare per farlo cadere.

Se la dirigenza sana di questo sindacato riuscirà a mantenere il
timone, cosa non facile perché in realtà si tratta di uno scontro non
solo di natura sindacale, ma anche politico, potrebbe essere questo il
primo segnale di una ripresa, anche solo come iniezione di fiducia e
coscienza, da parte del popolo serbo e jugoslavo e del movimento dei
lavoratori e forse potrebbe aiutare l’intera società serba ad uscire da
un tunnel di sconfitte e disperazione sociale. Nessuno è ottimista,
eppure qualcosa si sta muovendo nella direzione di un cambiamento del
vento, finora foriero solo di tempesta e gelo sulla pelle dei
lavoratori.

Situazione politica

Tutto è in continuo movimento, in altra parte riporto le dichiarazioni
del primo ministro Jovanovic che prospetta l’esaurimento
dell’esperienza della coalizione DOS, anche perché nel paese il
malcontento e la rabbia popolare crescono di giorno in giorno e non ci
sono all’orizzonte soluzioni reali e concrete. Un passaggio molto
importante e delicato saranno le elezioni presidenziali, perchè se 
neanche stavolta raggiungeranno il quorum del 51% dei votanti,
innescheranno una crisi politica e un’oggettiva delegittimazione
dell’attuale Parlamento, con presumibili elezioni politiche anticipate.

Questo governo è ormai ridotto ad una consorteria affaristica di
lobby, come molti attenti osservatori della realtà di quel paese
sottolinearono già dall’inizio, dove ognuno rappresenta un interesse
particolare e non si cura di fare politiche nell’interesse generale del
paese e del popolo;  una dirigenza continuamente pressata e diretta da
indicazioni e sollecitazioni di FMI e BM, che dopo essere stati
finanziatori e sostenitori di questa leadership, ora pretendono di
“incassare” politicamente ed economicamente i propri interessi e
strategie nell’area.

Una coalizione continuamente scossa da scandali, traffici illeciti,
speculazioni e dove non passa mese che qualche suo esponente sia
inquisito o denunciato. Gli ultimi a Luglio; i due esponenti
governativi Janiusevic e Kolesar, inquisiti per riciclaggio di denaro.
Per non dimenticare lo scandalo Jugoimport per l’export illegale di
armi, che ha visto coinvolti addirittura l’ex primo ministro Zivkovic e
l’ex ministro degli interni Mihajlovic, poi insabbiato con l’aiuto del
padrone statunitense che ha barattato l’insabbiamento del caso con
“favori” legati ad un lavoro di intelligence relativo all’Iraq, e a
contratti “favorevoli” agli interessi USA  per la produzione di armi
leggere di un settore Zastava. Su questo il settimanale belgradese
Vreme ha prodotto numerose documentazioni.

L’opposizione è sostanzialmente divisa in tre spezzoni: quella che fa
capo a V. Kostunica, dimissionario, ex leader della coalizione, poi
estromesso da Djindjic; il Partito Socialista Serbo che resta,
nonostante tutto, l’unico partito strutturato nell’intera repubblica, e
che dopo aver subito scissioni, spaccature, passaggi sulla sponda Dos
di molti suoi esponenti e “affaristi”, e persistenti divisioni al suo
interno, resta una forza elettorale autonoma maggioritaria; infine vi è
una componente di opposizione che si rifà ad un forte sentimento
identitario serbo e patriottico, con molte connotazioni spesso
nazionaliste. Per non dire della posizione del Sindacato maggioritario
che apertamente ha chiesto le dimissioni del governo, pur non facendo
parte dell’opposizione partitica.

Negli ultimi mesi hanno fatto uscire dal letargo la “creatura” CIA di
Otpor, che era stranamente scomparsa dalla scena da oltre due anni e
che improvvisamente si è ridestata e ricomincia un lavorio “oscuro” di
destabilizzazione, stavolta non si capisce ancora con quali obiettivi
di lunga durata e in funzione di chi sta operando.

Novembre è vicino, qualcosa si definirà negli scacchieri politici
serbi, ma la mia impressione è che purtroppo, molto poco si muoverà
nelle tasche, sulle tavole, nelle case e nelle speranze, per un futuro
migliore del popolo serbo e jugoslavo.

Ma per non essere troppo pessimisti una buona notizia per i
disoccupati, i lavoratori, per il popolo serbo in generale C’E’ :
finalmente in Serbia, tra tappi di spumante e champagne, è stato
inaugurato a Ada Tziganlja sul fiume Sava…..il primo campo da golf
della Serbia e Montenegro. Il popolo serbo con le lacrime agli occhi….
non per disperazione o mancanza di una vita dignitosa e vivibile, ma
per la commozione…. è rimasto….senza parole ! 

Una realtà rimossa e dimenticata, i profughi:

Nella sola città di Kragujevac, che contava circa 170.000 abitanti, i
profughi ufficiali sono 30.000, ma altre migliaia non sono registrati;
essi fanno parte dei 300.000 che hanno dovuto lasciare il Kosovo verso
la Serbia nel 1999, per sfuggire alla pulizia etnica dell’UCK, e parte
di quei 650.000 profughi delle guerre di Croazia e Bosnia. Sfuggiti
anch’essi alle varie pulizie etniche degli ustascia croati di Tudjman e
degli integralisti musulmani di Izetbegovic, vissuti nel criminale
silenzio di tutte le istituzioni occidentali, e che solo nella
Repubblica Federale di Jugoslavia trovarono un lembo di terra per non
soccombere e cercare di sopravvivere.

Le condizioni di vita quotidiane di chi vive la condizione di profugo,
oltre alle tragedie e alle sofferenze che si portano dentro - che per
la psiche dei bambini in gran parte non sono superabili; ma proprio
secondo le statistiche ufficiali la percentuale dei profughi sotto i 18
anni è tra il 50 e il 60% - è soprattutto la mancanza delle condizioni
minime di sopravvivenza il problema più grave: la mancanza di una casa
e di radici sociali, l’assoluta mancanza di lavori fissi,
l’impossibilità di un proprio decoro, l’estraneità al posto in cui si
vive e la  mancanza di progettualità e prospettive future.

Dal punto di vista lavorativo le uniche possibilità sono quelle
giornaliere, in gran parte legate a lavori in campagna, con
retribuzioni che sono mediamente di 5 euro al giorno per 12 ore di
lavoro.

A parte quelle famiglie che coabitano con parenti, in situazioni dove
si arriva a vivere in 10/12 persone in spazi di 2/3 camere; al Centro
collettivo profughi di Kragujevac, emerge la realtà di vita delle
famiglie che vivono in questi centri di fortuna, uno di questi era
precedentemente un supermercato, dove sono poi state messe delle pareti
di compensato, ottenendo così stanze di circa 6 metri quadrati, alcune
senza finestre, dove le condizioni igieniche sono al minimo, nonostante
una autoregolamentazione molto rigida e funzionale. Ogni nucleo
familiare può fare la doccia ogni 12/15 giorni, per andare al bagno
occorre aspettare il proprio turno e così per lavare piatti e
vestiario. Non esiste riscaldamento e topi e scarafaggi convivono
normalmente con i bambini.

L’alienazione e la disperazione favoriscono l’alcoolismo, malattie e
disturbi nervosi, anche nei bambini; non va dimenticato che dopo i
bombardamenti della Nato, secondo studi e ricerche fatte da pediatri e
psichiatri, risulta che circa il 71% dei bambini e adolescenti della
Repubblica Serba hanno disturbi psichici di vario genere. Un dato che
non è mai stato evidenziato è che molte di queste famiglie e relativi
bambini, hanno vissuto la condizione di profughi due volte in pochi
anni, infatti molte migliaia di famiglie sono parte di quei 650.000
profughi mai menzionati, che erano scappati dalle varie pulizie etniche
delle guerre in Croazia e Bosnia, finendo in Kosovo da dove sono stati
nuovamente scacciati. Un’odissea di dolore e tragedie.

Ma nonostante tutto questo, ciò che colpisce tutti coloro che vengono
a conoscere la situazione direttamente è un profondo senso  di grande
dignità e orgoglio.
Un’altra realtà accantonata: le enclavi assediate nel Kosovo Methojia:

La condizione e la quotidianità in cui sopravvivono i serbi e le altre
minoranze del Kosovo nelle enclavi assediate, è a dir poco un incubo a
cielo aperto. Le poche migliaia di non albanesi che non sono scappati
dalla pulizia etnica dei terroristi dell’UCK, vivono barricati in
piccolissime aree, spesso recintate col filo spinato, circondate dalle
forze militari della KFOR o assediati dentro gli ultimi monasteri
ortodossi rimasti (oltre 140 di essi sono stati attaccati e 92
completamente distrutti). Quotidianamente minacciati e continuamente
assassinati, quando vengono trovati fuori dalle enclavi, vere e proprie
prigioni a cielo aperto dell’apartheid etnico nel cuore dell’Europa.

Dalla fine dei bombardamenti nel Giugno 1999, al Giugno 2003, le cifre
ufficiali sono queste: 350.000 profughi di tutte le etnie (tra cui
alcune decine di migliaia di albanesi jugoslavisti), in grande
maggioranza serbi e rom, scappati in Serbia , Montenegro e Macedonia;
1.138 rapiti e scomparsi; 1.194 assassinati, in gran parte serbi e rom;
6.391 attacchi a cose e persone; quasi centomila case ed edifici
distrutti.

Nel Dicembre 1999, l’Agenzia Antidroga Americana, ha definito il
Kosovo : “… un narcostato nel cuore dell’Europa…”. Questa è la realtà
quotidiana ma non è solo questo: essi non hanno spazi esterni da
vivere, se non quelli definiti da logiche e misure di sicurezza, uno
stato di continua tensione e paura interiorizzati per eventi violenti e
traumatici da loro indipendenti, che possono accadere in qualsiasi
istante e di cui devono “accettare” razionalmente il rischio che
possano avvenire e da cui si devono cautelare.

Nelle enclavi si vive una vita quasi surreale, dove tutto ciò che
accade è precostituito; dall’aspettare che vengano portati gli alimenti
da fuori e ogni altro bene materiale, alle modalità di vita che si
possono fare solo se possibili e sicure, alla vita scolastica che è
affidata alla volontarietà e sensibilità dei maestri ed insegnanti
rimasti. La stessa igiene e decoro personale, la cura della salute
dipendono da eventi non determinabili internamente alle enclavi. E la
tragica conferma di quanto descritto sopra è negli avvenimenti accaduti
il 13 Agosto scorso in una di queste riserve indiane, nell’enclave di
Goradzevac dove sopravvivono circa 700 persone, ultima isola
multietnica in un Kosovo occidentale ormai etnicamente pulito.

In un caldo e afoso pomeriggio, un gruppo di ragazzi serbi decide di
“evadere” per poche centinaia di metri dalla “prigione” e andare a
bagnarsi e giocare nel fiume Bistric che scorre a fianco dell’enclave,
ma esternamente. Per qualsiasi ragazzo una pensata normale, ma non per
i ragazzi serbi del Kosovo, per loro non esiste il diritto o la gioia
di compiere un atto così “anormale” per la loro realtà di vita. Il
prezzo per loro, di questa banale gioia è la condanna morte dei
terroristi albanesi, alleati della Nato: due ragazzi serbi, uno di 11
anni e l’altro di 18 anni vengono uccisi da colpi di fucile, un altro
di 15 anni è in coma, altri due sono feriti gravemente e rimarranno
invalidi a vita.

Questa è la “normalità”, questo il risultato della guerra
“umanitaria”che doveva portare pace, serenità e progresso, in una terra
dove fino al Marzo 1999, convivevano 17 etnie diverse, non certamente
un paradiso terrestre, ma sicuramente un luogo dove, chi avesse ucciso
un bambino o una persona solo perché appartenente ad un’altra etnia,
sarebbe “normalmente” stato condannato all’ergastolo. ….!

Perché in questi Balcani che si acclamano come “liberati”,
“democratizzati” si è ridotto un popolo a condizioni di vita e sociali,
portate indietro di 100 anni, e dove anche il solo diritto ad una vita
dignitosa, sembra impossibile ?

Negli incontri che abbiamo avuto costantemente in questi anni, per i
nostri progetti di solidarietà, conosciamo drammi, sofferenze, ferite,
privazioni d’ogni genere, ma ci sono anche speranze, desideri di
serenità, umanità ferite ma ancora vive e profonde, riaffermazione dei
valori e legami dell’amicizia. Come fosse una ricerca di “ponti” con
altri propri simili, per andare al di là del fiume di orrori e
violenze, crudeltà passati e quotidiani, propri delle guerre…anche
quelle “umanitarie”.
“Ponti” che possano far loro ritrovare umanità e sorrisi cancellati in
tutti questi anni, ma anche la speranza, intesa come veicolo per andare
incontro ad un futuro migliore e più giusto, delle loro vite ed
esistenze violentate e calpestate dai signori della guerra. Ed ecco
forse il senso di tutto il nostro modesto ma caparbio lavoro come
Associazione di solidarietà, ma anche come “voce”, di chi non ha più
voce nei nostri giornali, TV, mass media, dibattiti (…tranne rarissime
e nobili eccezioni).

Ma credo che nessuno meglio di uno jugoslavo come I.Andric, Premio
Nobel della letteratura, possa esprimere il senso più profondo di
questa concezione: “…ovunque nel mondo, in qualsiasi posto, il mio
pensiero vada e si arresti, trova fedeli e operosi ponti, come eterno e
mai soddisfatto desiderio dell’uomo di collegare, pacificare e unire
insieme ciò che ci appare davanti…..così anche nei sogni e nel libero
gioco della fantasia, ascoltando la musica più bella e amara…mi
appare…il ponte di pietra tagliato a metà, mentre le parti spezzate,
dolorosamente si protendono una verso l’altra e con un ultimo sforzo
fanno vedere l’unica linea possibile…”.

In fondo alla nostra coscienza e anima, forse, la volontà è anche
quella di contribuire a costruire anche solo piccoli “ponti”, tra i
lavoratori della Serbia jugoslava e la realtà di qui, coscienti che
forse, a guadagnarci in umanità, potremmo essere più noi, abitanti di
questo occidente opulento, distratto e troppo spesso indifferente.

Ottobre 2003,  Vigna Enrico

Milosevic "trial"

1. 'Free Milosevic, jail Bush!' (by John Catalinotto)

2. ICDSM-US LAUNCHES A NEW WEBSITE: WWW.ICDSM-US.ORG

3. Owen to Milosevic: "I believe you wanted peace from April 1993
onwards" (AP 4/11/2003)

4. War criminal Wesley Clark to testify behind closed doors
at Milosevic trial


=== 1 ===


http://www.workers.org/ww/2003/milosevic1120.php

Protest in The Hague

'Free Milosevic, jail Bush!'


By John Catalinotto
The Hague

Hundreds of people marched three miles from the center of The Hague,
Netherlands, to Scheveningen Prison on Nov. 8 to demonstrate support
for political prisoner Slobodan Milosevic, former president of
Yugoslavia. Many came from Germany and the Netherlands, and there were
also representatives from other European countries, the United States
and Canada.

"Free Milosevic, jail Bush," read one banner.

Milosevic has been imprisoned since June 28, 2001. He was kidnapped
from Belgrade and brought before the Inter national Criminal Tribunal
for the Former Yugoslavia to face charges for alleged war crimes.

The United States and other NATO governments--those that waged an
aggressive war against Yugoslavia--set up the court under United
Nations aegis. Many legal experts, including former U.S. Attor ney
General Ramsey Clark, have argued that the tribunal is completely
illegal and that the UN has no right to set up such a court.

The Nov. 8 demonstrators demanded that the tribunal grant Milosevic two
years to prepare his defense case. The prosecution has presented its
case for over 18 months, aided by enormous resources and preparation.
Milosevic has defended himself ably with little outside assistance and
very few resources, according to observers of the trial.

Milosevic also has to contend with a life-threatening level of high
blood pressure and imminent danger of heart attack, according to rally
speakers.

'Don't let aggressors rewrite our history!'

After the long march on Nov. 8, representatives of the International
Committee for the Defense of Slobodan Milosevic from Italy, Ireland,
Britain, the United States and the Yugoslav diaspora ad dres sed the
crowd. They shouted greetings across the prison walls to Milosevic and
the other political prisoners.

"Don't let the aggressors write our history," read one of the banners.
Mischa Gavrilovic from Britain, representing the Yugoslav diaspora,
told those gathered that this was the demonstration's theme.

"In the diaspora we cannot do much," said Gavrilovic, "to liberate our
occupied country. We have no weapons, no TV station. But we can stop
them from taking our history from us."

Speakers said U.S. President Bill Clinton and officials of his
administration were the real war criminals for planning and carrying
out aggression against Yugoslavia.

Costas Alyssandrakis, a member of the European parliament from the Com
munist Party of Greece, said of the imperialists: "They even erased the
name Yugo slavia. There was one person they considered an obstacle:
Slobodan Milosevic."

Klaus Hartmann of the German section of the International Committee for
the Defense of Slobodan Milosevic compared the Yugoslav leader's trial
to that of the Bulgarian anti-fascist, Georgi Dmitroff. Dmi troff
defended himself before a Nazi court in the 1930s for false charges
that he set the German Parliament--the Reich stag--on fire.

Gavrilovic, who chaired the rally, thanked Wil van der Klift of the New
Communist Party of the Netherlands for his party's help in organizing
the demonstration in The Hague. And he promised that people will return
for future demonstrations as the illegal trial proceeds.

Catalinotto represented the ICDSM and the International Action Center
at the protest.


Reprinted from the Nov. 20, 2003, issue of Workers World newspaper
(Copyright Workers World Service: Everyone is permitted to copy and
distribute verbatim copies of this document, but changing it is not
allowed. For more information contact Workers World, 55 W. 17 St., NY,
NY 10011; via email: ww@.... Subscribe
wwnews-on@.... Unsubscribe wwnews-off@.... Support
independent news http://www.workers.org/orders/donate.php)


=== 2 ===


ICDSM-US LAUNCHES A NEW WEBSITE: WWW.ICDSM-US.ORG

The ICDSM-US also announced on November 1st that it had established a
website at http://www.icdsm-us.org/ to provide information about the
trial, ongoing protests, and a selection of news and analyses about
developments relating to the defense work in the U.S. and around the
world. The site currently features an archive of over 130 speeches,
interviews and statements of President Milosevic relevant to the trial
and recent events in the Balkans.

The central purpose of the ICDSM-US website is to publicize the
struggle for truth and justice that characterizes the career of the
world’s most famous political prisoner – Slobodan Milosevic. The site
will in time include all of Mr. Milosevic’s most important public
statements since 1987. The site will also contain a well organized
collection of ICTY transcripts (soon available with a search engine).

This website is a unique resource for anyone interested in the history
of the Balkans over the last 15 years. The documents speak for
themselves. They dispel the myths about the conflict in Yugoslavia and
reveal the massive falsification of recent history by NATO governments.
Indeed, the government and media demonization of President Milosevic
has been so filled with lies and calumnies that it is revelatory to
read Milosevic's own statements. And since the demonization of
Milosevic extends to both Yugoslavia and the entire Serbian people, the
ICDSM-US hopes that its website serves as an antidote to combat this
type of racism.

The ICDSM-US in its founding statement last September wrote that it
"rejects the legitimacy of this trial and that of the International
Criminal Tribunal on the Former Yugoslavia as well. But at the same
time we cannot stand by without protesting the gross violations of
fundamental legal, democratic and human rights visited upon Mr.
Milosevic by this court."

Again, for more information, write to info@...


=== 3 ===


http://www.b92.net/english/news/index.php?nav_id=25363&style=headlines
Associated Press - November 4, 2003

Milosevic was ready to cut a deal, says Owen

THE HAGUE -- Tuesday - Former Balkans peace envoy
David Owen told the war crimes trial of Slobodan
Milosevic today that the former Yugoslav president was
ready to cut a deal to end the wars in Croatia and
Bosnia in 1993.
Under cross-examination by Milosevic himself, Owen
said that Milosevic had given up on the idea of
carving up a "Greater Serbia" encompassing parts of
Bosnia and Croatia in 1993 when he signed a peace plan
that he co-authored.
But he added that Milosevic did not actively promote a
peace deal.
"I believe you wanted peace from April 1993 onwards,"
said Owen, adding: "I wish you had made your verbal
support for peace into military and economic pressures
which could have brought about peace earlier."
The so-called Vance-Owen plan signed on April 23, 1993
was the first proposed settlement that ruled out
linking the Bosnian Serb entity in Bosnia with Serbia.
The plan failed because the Bosnian Serb leadership
voted against it.
Owen, a former British foreign minister, was the
European Union's peace envoy to the former Yugoslavia
during the wars from 1992 to 1995.
During the cross-examination, Milosevic asked Owen if
he agreed that he did not advocate the idea of
"Greater Serbia" from April 23, 1993 onwards.
"I believe you had given up the idea that to reach a
settlement part of Bosnia, namely the Republika
Srpska, had to be geographically linked to Serbia and
Montenegro," Owen replied.


=== 4 ===


http://www.ptd.net/webnews/wed/cd/Qwarcrimes-yugo.RJXH_DNJ.html

Agence France-Presse
November 19, 2003

Ex-NATO commander Clark to testify behind closed doors
at Milosevic trial

THE HAGUE, Nov 19 (AFP) - Former NATO commander and US presidential
hopeful Wesley Clark will testify behind
closed doors in the war crimes trial of former
Yugoslav president Slobodan Milosevic next month, the
UN court said Wednesday.

"There will be no access for the public during the
testimony and recordings of it will not be released
until at least 48 hours afterwards," tribunal
spokesman Jim Landale said at a weekly press briefing.

The US government has demanded that Clark testify
behind closed doors on December 15 and 16 and can ask
to have statements removed from the public record if
they harm the national interests of the US, court
documents showed.

It is up to the judges to consider any demands for
editing, which means it might take a lot longer than
48 hours to release the testimony.

Since the start of the Milosevic trial in February
2002 there have been many closed sessions in the case
with witnesses whose testimony was only heard by the
court. The procedure is generally intended to protect
witnesses who generally remain anonymous.

It is the first time at the UN court since its
creation in 1993 that the court will hear a witness
behind closed doors and later possibly release an
edited version of the testimony.

Two representatives of the US government will be with
Clark as he gives evidence.

Clark was commander of the NATO forces during the war
in Kosovo in 1999 and spent dozens of hours
negotiating with Milosevic in the build-up to the NATO
bombing of the Serbian province. The retired four star
general is now running for president as a Democratic
candidate hopeful at winning the White House in next
November's elections.

Milosevic has been on trial at the International
Criminal Tribunal for the former Yugoslavia in The
Hague since February last year. He faces more than 60
charges of war crimes and crimes against humanity for
his role in the 1990s wars in Croatia, Bosnia and
Kosovo that tore apart the Balkans. For the war in
Bosnia that left over 200,000 dead he faces a separate
genocide charge.

The prosecution is expected use Clark's testimony of
his meetings with Milosevic during the Kosovo war to
establish that the Yugoslav president controlled the
Serb troops on the ground and was aware of atrocities
being committed against ethnic Albanians.

SEE ALSO:

Clark to Testify at Milosevic Trial (by Jennifer C. Kerr)

http://news.yahoo.com/news?tmpl=story2&cid=514&u=/ap/20031116/
ap_on_el_pr/clark_milosevic&printer=1

GENERAL WESLEY CLARK TO TESTIFY IN THE MILOSEVIC TRIAL ON 15 AND 16
DECEMBER 2003
NO PUBLIC ACCESS ON THOSE DATES
RECORDING OF TESTIMONY TO BE MADE PUBLIC AFTER 48 HOURS

Trial Chamber Press Release . Communiqué de presse
http://www.slobodan-milosevic.org/news/icty111903.htm

http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3492


Vengono definiti “the untouchables”, gli intoccabili. Sono Hashim Thaci
e Agim Ceku. Entrambi rappresentanti del Kosovo separatista, ricercati
dalla polizia internazionale per narcotraffico e crimini contro
l'umanità. Entrambi vengono prima arrestati e poi rilasciati. Ecco
perché


"Serpenti" in seno, all'Onu

Dal nostro inviato di Exju.org. Belgrado - Il 30 giugno del 2003 Hashim
Thaci viene fermato e arrestato a Budapest
[http://www.mfa.gov.yu/Policy/CI/KIM/010703_2_e.html%5d dalla polizia di
frontiera ungherese; il 22 ottobre scorso, come in uno spartito che si
replica con lieve variazione, Agim Ceku viene fermato e arrestato
all’aeroporto di Lubiana
[http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20031022172732731075.html%5d. Entrambi
sono autorevolissime incarnazioni del Kosovo separatista, entrambi – su
chiare pressioni dell’Onu e della Nato - vengono rimessi in libertà in
tempi record: come scrive l’acuto Nebojsa Malic, editorialista di
Antiwar.com, Thaci e Ceku sono considerati “the untouchables”
[http://www.antiwar.com/malic/m103003.html%5d, gli intoccabili.  

Basterebbe dedicare un week-end alla lettura di “Uck, l’armata
dell’ombra” di Sandro Provvisionato (Gamberetti Editore) per scoprire
tutti gli sgradevoli  segreti di un Kosovo che non è affatto quel
gonfalone di pace ‘a venire’ che sventolano con vigore i media
ufficiali.

Il curriculum vitae di Hashim Thaci, detto “il Serpente”, è presto
riassunto: ricercato già dai primi anni ‘90 dall’Interpol per
banditismi assortiti (il solito narcotraffico su cui l’area
grande-albanese è fondata con il beneplacito delle potenze
internazionali - http://www.balkanpeace.org/cib/kam/kosd/kosd05.shtml),
poi incriminato da Belgrado nel 1993 per terrorismo di matrice
antiserba, Thaci (nato 34 anni fa nella valle della Drenica, sacrario
dell’irredentismo albanese) diviene in breve tempo il grande capo
politico dell’Ushtria Clirimtare e Koseves, il famigerato UCK
[http://www.balkanpeace.org/cib/kam/kosd/kosd01.shtml%5d, e dalla
“liberazione atlantica” del Kosmet in poi indossa i comodi panni di
portavoce del un sedicente ‘partito democratico’ DPK, che ha come
diktat del suo ambizioso e cruento programma la secessione della
regione dalla Federazione Serbia e Montenegro.
Thaci, però, è tutt’ora indiziato dalle autorità di Belgrado anche per
i crimini commessi ai danni della popolazione serba del Kosovo nel
corso degli anni ‘90: sono migliaia le pagine che il ministro della
giustizia serbo Vladan Batic ha fornito al Tribunale dell’Aja
[http://balkanpeace.org/hed/archive/mar01/hed2885.shtml%5d per
richiederne l’arresto immediato: immagini, analisi del DNA delle
vittime, filmati, documenti ufficiali che attestano i ripetuti massacri.

Chi sia Agim Ceku
[http://www.balkanpeace.org/wcs/wct/wctc/wctc15.shtml%5d, invece, lo
apprendiamo rovistando negli archivi: il suo nome è di quelli che
ricorrono nell’aristocrazia armigera delle guerre balcaniche. Albanese,
nato nei dintorni di Pec, quarantenne, arruolato nelle file
dell’esercito croato HVO (crogiolo di mercenari e tagliagole addestrati
dal Military Professional Resource Inc. [http://www.mpri.com/%5d, una
società statunitense specializzata nella pianificazione di operazioni
di guerra ‘sporca’ che si appoggia direttamente al Pentagono), Agim
Ceku si è conquistato sul campo di battaglia in Slavonia il grazioso
vezzeggiativo di “Macellaio dei Balcani”.

Questo epiteto poco allettante è il risultato della sua partecipazione
all’operazione Tempesta del ‘95, che causò la morte di centinaia di
civili serbi e lasciò in eredità all’indifferente Europa 300 mila
profughi, come documenta e testimonia da anni il nostro Giacomo Scotti
[http://www.ilcircolino.it/editoria/gamberetti/orienti3.htm%5d: un bel
diploma, non c’è che dire, per essere selezionato dalle autorità
dell’Unmik nel ruolo di generale del Tmk, il corpo di protezione,
futuro esercito del Kosovo albanese secessionista, patrocinato dalla
Nato e destinato a rimpiazzare l’Uck ufficialmente disciolto.
Nella Croazia antiserba, naturalmente, Ceku è considerato un eroe. Come
il suo amico Thaci, è accusato di “genocidio nei confronti del popolo
serbo in Kosovo”, questa volta dal Tribunale di Nis (la condanna è
successiva all’era Milosevic), che ne ha chiesto l’estradizione
emettendo un mandato di cattura internazionale.             
In qualità di capo militare dell’Uck, Ceku è accusato dell’uccisione di
669 serbi, di aver inferto a 518 persone gravi ferite, e del rapimento
di mezzo migliaio di cittadini dichiarati scomparsi.

La popolazione albanese, che nel Kosovo e nella Metohija detiene il
potere – politico, mediatico e narcoaffaristico - riducendo le
minoranze al silenzio, oscilla fra l’esaltazione che decanta questi
loschi figuri come eroi di una patria inventata, e le rabbiose
indignazioni per quei casi in cui uno di questi boss della lurida
guerra e delle mafie indigene viene protocollato a vario titolo nei
registri di indagine: per le strade di Pristina si alternano da anni
celebrazioni solenni e cortei furibondi, e quasi sempre gli uni e gli
altri si traducono in violenze – dalle sassaiole alle bombe contro le
abitazioni civili - ai danni della minoranza serba, costretta ad
un’esistenza d’assedio.
La popolazione albanese, in realtà, strepita e rumoreggia, ma ha ben
poco da temere: la protezione dell’Onu e della Nato per Thaci e Ceku
sembrerebbe assicurata in perpetuo. Gli eroi del Kosovo monoetnico
sembrano al sicuro.

Per il rilascio immediato di Thaci il 30 giugno scese in campo l’allora
rappresentante Unmik Michael Steiner (che in un gioco di combinazioni
inquietanti la scorsa settimana ha sposato a Pristina Bukurije Balaj,
si dice sia la ex-fidanzata del “Serpente”, che parecchie giornaliste
occidentali carenti di buon gusto e buon senso coccolano pubblicamente,
soprannominandolo “il bel tenebroso”) accompagnato dall’immancabile
Javier Solana: due parole al ministro degli Esteri ungherese, et voilà:
il “Serpente” caro a Madeleine Albright (che lo scelse come
interlocutore privilegiato dei colloqui-farsa a Rambouillet) poté
volarsene, libero e felice, verso Pristina.
Per togliere Ceku dagli impicci lo scorso ottobre, invece,
l’intercessione è stata di Harri Holkeri, succeduto a Steiner, ma la
sceneggiatura si è ripetuta precisa. Un’Ansa
[http://www.ansa.it/balcani/kosovo/20031022181432731213.html%5d del tardo
pomeriggio del 22 ottobre specifica che, in seguito al fermo di Ceku,
La missione dell’Onu in Kosovo è fortemente impegnata per ottenere la
liberazione del comandante del Tmk il più presto possibile, e lo sforzo
diplomatico per giungere ad una rapida scarcerazione del generale è
massimo. Anche Ceku viene rilasciato, quindi accolto da una folla
eccitata all’aeroporto di Pristina.

La Del Ponte, interpellata dalle autorità serbe che chiedono da tempo e
a gran voce l’arresto di Thaci, di Ceku e di un altro centinaio di
criminali di guerra, ovviamente tergiversa con classe: «Non ci sono
sufficienti prove per procedere a loro carico». Le migliaia di pagine
di inchiesta del ministro Batic non sono tenute in considerazione, e il
libro bianco realizzato dal governo di Belgrado la scorsa settimana
[http://www.clorofilla.it/articolo.asp?articolo=3452], in un ennesimo
tentativo di denuncia dei criminali ben noti che hanno fatto e stanno
facendo del Kosmet una macelleria a cielo aperto, è destinato allo
stesso disinteresse giudiziario.
Il materiale fornito all’Aja dal nostro governo è talmente dettagliato
che qualsiasi tribunale del mondo aprirebbe almeno un’indagine,
dichiara Batic, evidentemente all’Aja non bastano mille morti serbi e
mille civili rapiti nel Kosovo per un’inchiesta, continua il ministro.

E’ così che la credibilità di un tribunale, già considerato di impronta
strettamente politica, dà ancor più l’impressione di operare a senso
unico anche nei processi in merito ai fatti di Croazia e di Bosnia (con
Milosevic a fare da capro espiatorio universale e Tudjman ed
Izetbegovic scagionati da qualsivoglia responsabilità bellica), davanti
ai casi scandalosi di Ceku e Thaci precipita rovinosamente, lasciando
all’Europa un’eredità oscena: la stortura delle guerre diviene il
piedritto di una pace ‘di nicchia’, di una pace (e di una giustizia)
assicurate soltanto ai soliti, arroganti, potenti.  

(mercoledì 19 novembre 2003)

Date: Fri, 24 Oct 2003 23:15:41 +0200
Subject: [JUGOINFO] M. Chossudovsky: Wesley Clark, Osama bin Laden and
the 2004 Presidential Elections

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La Rotazione di Regime in America
by Michel Chossudovsky
(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Wesley Clark, Osama bin Laden e le elezioni Presidenziali del 2004
www.globalresearch.ca   22 ottobre 2003

URL di questo articolo:

http://globalresearch.ca/articles/CHO310B.html

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Il Generale Wesley Clark si è unito alla schiera di coloro che
"teorizzano una cospirazione" rispetto all'11 settembre?
Clark non solo ha accusato George W. di una "possibile manipolazione di
intelligence",  ma addirittura sta invocando un'inchiesta sulla
"eventualità di una condotta criminale nell'indurre la guerra".
(Daily Telegraph, 4 Ottobre 2003
http://www.telegraph.co.uk/news/main.jhtml?xml=/news/2003/10/04/
wclark04.xml)

Parole forti da parte del candidato Democratico che concorre alla corsa
per la Presidenza:
"Nulla può essere una più grave violazione della pubblica fiducia se
non la costruzione consapevole di un «casus belli» basato su asserzioni
false…Noi sentiamo il bisogno di sapere se siamo stati ingannati
intenzionalmente…Questa Amministrazione sta tentando di fare qualcosa
che dovrebbe essere politicamente impossibile da mettere in atto in una
democrazia e sta governando contro la volontà della maggioranza…Tutto
questo richiede distorsione dei fatti, omertà, segretezza e sicuramente
scarsa trasparenza." (riportato da Daily Telegraph, 4 ottobre 2003)

La dichiarazione del Generale Clark allude all'insabbiamento
dell'inchiesta congiunta Senato-Camera dei Rappresentanti sulle vicende
legate all'11 settembre, riguardanti Pakistan ed Arabia Saudita, che li
identifica come "sponsors dei terroristi".  In altre parole, il
Generale a Quattro Stelle a Riposo riconosce tacitamente il ruolo
insidioso giocato dall'indefettibile alleato di Washington, il governo
militare del Presidente Pervez Musharraf, che è noto per avere
appoggiato e sostenuto Al Qaeda e i Talebani.

È importante comprendere le motivazioni politiche che stanno dietro la
posizione di Wesley Clark.
Mentre le sue osservazioni riguardanti l'Amministrazione Bush sono
precise, le altre documentazioni risultano corrotte.

Durante il suo mandato come Comandante Supremo della NATO (1997-2000), 
Wesley Clark era in permanente collegamento con l'Esercito di
Liberazione del Kosovo (KLA). Sotto il comando di Wesley Clark, la NATO
direttamente appoggiava l'esercito paramilitare terrorista, che era
collegato con Al Qaeda e controllava il traffico di droga
trans-Balcanico.

Improvviso voltafaccia: un ex "sponsor dei terroristi" (per usare le
sue stesse parole) sotto gli auspici della NATO sta accusando ora
l'Amministrazione Bush di "aggrapparsi alla scusa degli attacchi
dell'11 settembre per giustificare lo scatenamento della guerra." (San
Francisco Chronicle,  2 ottobre 2003).

In una logica completamente rovesciata, un individuo che viene
riconosciuto come un criminale di guerra sta cercando il supporto del
movimento contro la guerra. Questi i termini nel Palestine Chronicle:

"L'entusiastico appoggio per i concorrenti alle elezioni Presidenziali
per il fronte Democratico, Wesley Clark e Howard Dean, da parte dei
«liberals» e di molti progressisti rivela la triste condizione delle
opposizioni politiche in America. Decenni di incessanti assalti delle
destre a qualsiasi sfera della vita Americana hanno tanto sottratto il
panorama politico al diritto, che invece di reclamare ad alta voce
cambiamenti radicali, se non rivoluzionari, come nei giorni di un
passato lontano, l'urlo di battaglia proveniente essenzialmente dalla
«sinistra» è ``Chiunque eccetto Bush'".(Sunil Sharma e Josh Frank,Two
Measures of American Desperation [Due dimensioni della disperazione
Americana] : Wesley Clark e Howard Dean, 17 ottobre 2003, 
http://www.palestinechronicle.com/story.php?sid=20031017175449217 )

Il regista e critico contro la guerra Michael Moore appoggia le
candidature di Wesley Clark e Howard Dean: "Noi abbiamo bisogno di un
medico [Dean], visto che 43 milioni di noi sono senza protezione
sanitaria, e di un generale per affibbiare un calcio in culo a Bush." 
(http://www.dailynorthwestern.com/vnews/display.v/ART/2003/10/15/
3f8ce93feca0a 15 October 2003).

La Rotazione di Regime in America

La pedata di Clark a Bush e la sua posizione contro la guerra,
appoggiata da Hollywood e da Wall Street, non significano un
rovesciamento del corso della guerra. Piuttosto l'opposto! Forniscono
una ipocrita legittimazione all'agenda di guerra in nome della
"costruzione della pace" e della democrazia.

Si perpetua "il grande inganno".
Quello che tende a realizzare questa denigrazione bipartisan è solo la
"rotazione di regime" negli Stati Uniti d'America.
La "guerra al terrorismo" che sottolinea il programma di sicurezza
nazionale rimane operativamente intatta.

Ironicamente, durante l'Amministrazione Clinton, erano i Repubblicani
che continuavano ad accusare Bill Clinton di tenere collegamenti con la
Rete Militante Islamica in Bosnia e in Kosovo. In un accurato documento
del 1999 preparato dalla Commissione del Partito Repubblicano al
Senato, la Commissione accusava sfacciatamente Clinton di appoggiare il
terrorismo in Kosovo:

"Ora che la NATO ha dato inizio ai bombardamenti aerei, la
collaborazione dell'Amministrazione Clinton con l'Esercito di
Liberazione del Kosovo (KLA, [UCK] ) è risultata priva di ogni
ambiguità… Così l'abbraccio caloroso di funzionari al vertice
dell'Amministrazione Clinton con una organizzazione che solo un anno fa
uno di questi funzionari aveva marchiato come «terrorista» risulta, a
dir poco, come un sorprendente e allarmante sviluppo. Inoltre, cosa più
importante, la nuova alleanza Clinton/KLA può offuscare preoccupanti
asserzioni riguardanti la KLA, che l'Amministrazione Clinton si è
dimenticato finora di inoltrare." (Commissione del Partito Repubblicano
al Senato, L'Esercito di Liberazione del Kosovo: La politica di Clinton
sostiene un Gruppo Terrorista, con legami con la droga?
http://www.kosovo.com/rpc.html , Washington, 31 marzo, 1999)

Un precedente documento del 1997, emanato dalla Commissione del Partito
Repubblicano della Camera dei Rappresentanti, dal titolo "Clinton -
Approvati i trasferimenti di armi Iraniane per aiutare l'azione in
Bosnia della Rete Militante Islamica", accusava Clinton di operare in
Bosnia in combutta con Al Qaeda: 

"Il pratico coinvolgimento dell'Amministrazione Clinton per le
forniture di armi alla rete Islamica comprendeva i controlli di missili
di provenienza Iraniana da parte di funzionari del governo
USA…L'Agenzia per gli Aiuti al Terzo Mondo (TWRA), una organizzazione
falsamente umanitaria, con base in Sudan, costituiva il principale
punto di collegamento del flusso di armi verso la Bosnia…. si ritiene
che la TWRA sia in comunicazione con certe istituzioni della rete
terroristica Islamica come quella dello Sceicco Omar Abdel Rahman (la
mente direttiva colpevole dell'attentato dinamitardo del 1993 al World
Trade Centre) e di Osama bin Laden, un ricco Emiro Saudita ritenuto
finanziatore di numerosi gruppi militanti." (Comunicato Stampa del
Congresso, Commissione del Partito Repubblicano (RPC), Congresso degli
USA, U.S. Congress, Clinton - Approvati i trasferimenti di armi
Iraniane per aiutare l'azione in Bosnia della Rete Militante Islamica,
Washington DC, 16 gennaio 1997, disponibile sul sito web del Centro
Ricerche sulla Globalizzazione (CRG) a
http://globalresearch.ca/articles/DCH109A.html .)

Inutile dire che Repubblicani e Democratici sono complici! Loro si
accusano l'un l'altro di avere collegamenti con Al Qaeda. Finora le
Amministrazioni Democratiche e Repubblicane che si sono succedute sono
state coinvolte dall'inizio della guerra Sovietico-Afhana del 1979
(durante la Presidenza di Jimmy Carter), trasformando Al Qaeda in una
"risorsa spionistica" appoggiata dagli USA.

Le comunicazioni Congressuali considerate in precedenza, comunque, non
sono state intese per essere consultate da un largo pubblico. Queste
sono state usate per segnare punti politici in un rituale bipartisan di
vecchia data, provvedendo a fornire l'illusione di una Legislatura
funzionante, dove i leaders politici danno sembianza di comportarsi
responsabilmente.

Se i Democratici dovessero vincere le elezioni presidenziali del 2004,
sarebbe conservata la continuità nella politica estera degli USA.
Ancora più importante, verrebbero ribadite sia la "guerra al
terrorismo" che le menzogne riguardanti Al Qaeda e l'11 settembre.

Bin Laden e l'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA)

Il ruolo dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA) come
organizzazione terroristica è ampiamente documentato da trascrizioni
Congressuali di deposizioni.
Secondo Frank Ciluffo del Programma sul Crimine Organizzato Globale, in
una testimonianza presentata alla Commissione Giudiziale della Camera
dei Rappresentanti:
"Quello che veniva generalmente nascosto all'opinione pubblica era il
fatto che la KLA si procurava parte dei suoi finanziamenti con la
vendita di narcotici. L'Albania e il Kosovo si trovano al centro della
"Rotta Balcanica" che collega la "Mezzaluna Dorata" dell'Afghanistan e
Pakistan ai mercati della droga Europei. Questo traffico viene stimato
rendere 400 miliardi di dollari all'anno e tratta l'80% dell'eroina
destinata all'Europa." (Commissione Giudiziale della Camera dei
Rappresentanti, 13 dicembre 2000)

Le relazioni intercorse fra la KLA e Osama bin Laden sono state
confermate dalla Divisione dell'Intelligence Criminale dell'Interpol:
"Il Dipartimento di Stato degli USA aveva catalogato la KLA come una
organizzazione terroristica, indicando come questa stesse finanziando
le sue operazioni con il denaro frutto del commercio internazionale di
eroina e con prestiti dalle regioni Islamiche e individuali, fra cui
presumibilmente quello di Usama bin Laden. Un altro collegamento con
bin Laden sta nel fatto che il fratello di un leader di una
organizzazione Egiziana della Jihad e comandante militare di Usama bin
Laden era a capo di una unita di elite della KLA, durante la guerra del
Kosovo." (Congresso degli USA , Testimonianza di Ralf Mutschke della
Divisione dell'Intelligence Criminale dell'Interpol alla Commissione
Giudiziale della Camera dei Rappresentanti, 13 dicembre 2000 ).

Le prove evidenziali che concernono la KLA contenute nelle deposizioni
al Congresso, nuovi documenti e rapporti di intelligence coinvolgono
direttamente il Generale Wesley Clark.

Durante il suo mandato come Comandante Supremo della NATO (1997-2000),
Clark ha stretto personali legami con il Comandante in Capo
dell'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA), Generale di Brigata Agim
Ceku e il leader della KLA Hashim Thaci (vedi foto sottostante ).

Agim Ceku, che collaborava direttamente con la NATO durante la campagna
del Kosovo del 1999, è stato riconosciuto dal Tribunale dell'Aja ICTY
"per aver presumibilmente commesso crimini di guerra di tipo etnico
contro i Serbi in Croazia tra il 1993 e il 1995." ( AFP 13 ottobre
1999) 

Hashim Thaci ha ordinato l'assassinio politico dei suoi oppositori
nella Lega Democratica del Kosovo (LDK), il partito nazionalista di
Ibrahim Rugova. (Vedi un documento del novembre 2000 a
http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/1037302.stm)

Secondo il The Boston Globe (2 agosto 1999):
"Terroristi collegati ad Osama bin Laden che si danno da fare con armi
del tipo AK-47 e anticarro è cosa abbastanza negativa. Cosa peggiore è
che i ragazzi di Thaci non sono solo degli assassini e dei ladri, ma
mafiosi che sono assolutamente coinvolti nel traffico di droga.
(Durante la guerra, the Washington Times citava un anonimo funzionario
USA per la lotta contro la droga che esprimeva questo commento sulla
KLA, 'Nel 1998 costoro erano spacciatori di droga ed ora, grazie alla
politica, sono combattenti per la libertà.')"

Sulla scia della campagna del Kosovo del 1999, sotto reggenza della
NATO, queste azioni di assassinio politico--ordinate
dall'autoproclamatosi Governo Provvisorio del Kosovo (PGK)-- erano
avvenute in un ambiente totalmente permissivo. I leaders della KLA,
invece di essere arrestati dalla NATO per crimini di guerra, avevano la
garanzia della protezione della KFOR. Secondo un rapporto dell'Istituto
di Ricerche di Politica Estera (pubblicato durante i bombardamenti del
1999): "…la KLA non aveva scrupoli di ammazzare i collaboratori di
Rugova, che venivano accusati del 'crimine' di moderazione…" (Michael
Radu, "Non armiamo la KLA", commento CNS per l'Istituto di Ricerche di
Politica Estera, 7 aprile, 1999).

Nel corso della campagna di bombardamenti, Fehmi Agani, uno dei più
stretti collaboratori di Rugova nella Lega Democratica del Kosovo (KDL)
veniva fatto fuori per ordine di Hashim Thaci. (Dispaccio della Tanjug
Press, 14 maggio 1999): "Se Thaci attualmente considerasse Rugova una
minaccia, non avrebbe esitazione alcuna di rimuovere Rugova dal
panorama politico del Kosovo." (Stratfor Commento Stratfor, "Rugova è
stato messo di fronte ad una scelta di due perdite", Stratfor, 29
luglio 1999). In aggiunta, la KLA aveva rapito e ucciso numerosi
professionisti ed intellettuali.

E chi stava dietro al ventinovenne leader della KLA, Hashim Thaci:
Madeleine Albright e Wesley Clark. (vedi foto sottostante). 

NATO, l'Esercito di Liberazione del Kosovo (KLA) e Al Qaeda

Secondo un rapporto del Dipartimento Usa della Difesa, i cosiddetti
"contatti iniziali" tra KLA e NATO hanno avuto luogo a metà del 1998,
durante il primo periodo del mandato del Generale Clark come Comandante
in Capo della NATO:
"...la gente si è resa conto che noi [NATO guidata da Wesley Clark]
abbiamo coinvolto l'UCK [acronimo per la KLA in Albania] in questo
processo in quanto hanno mostrato almeno potenzialmente di respingere
laggiù qualsiasi accordo che possa essere intavolato con le attuali
fazioni presenti in Kosovo. Così in qualche modo sono stati coinvolti e
questo è come noi abbiamo iniziato ad avere con loro qualche contatto
iniziale, si spera con la gente giusta del gruppo, per cercare di
portarli in questo processo negoziale." (Dipartimento USA della Difesa,
Riunione Informativa Ambientale, 15 luglio 1998)
[N.B.: "…si spera con la gente giusta del gruppo" significa " noi
trattiamo con la gente che obbedisce agli ordini."]

Mentre questi "contatti iniziali" venivano ufficialmente resi pubblici
dalla NATO solo a metà del 1998, la KLA aveva ricevuto (secondo diversi
rapporti informativi) "appoggio sotto copertura" e addestramento dalla
CIA e dal Germany's Bundes Nachrichten Dienst (BND) [Servizio
Informativo della Germania], fin dalla metà degli anni Novanta.Queste
operazioni sotto copertura erano note e approvate dalla NATO. (Michel
Chossudovsky, Kosovo `Freedom Fighters' Financed by Organised Crime, [
'I Combattenti per la Libertà' del Kosovo finanziati dal crimine
organizzato], Pubblicazione Trimestrale sulle azioni sotto copertura,
2000)

Lo sviluppo e l'addestramento delle forze della KLA era parte della
pianificazione della NATO, sotto la guida diretta del Generale Wesley
Clark.
Così si esprimeva l'ex agente segreto dell'Amministrazione per la Lotta
contro la Droga (DEA), Michael Levine, scrivendo nel periodo dei
bombardamenti della Yugoslavia del 1999:

"Dieci anni fa, noi abbiamo armato ed equipaggiato i peggiori elementi
dei Mujahideen in Afghanistan - trafficanti di droga, contrabbandieri
di armi, terroristi anti-Americani. Ora stiamo facendo la stessa cosa
con la KLA, che è collegata con ben noti cartelli della droga del Medio
ed Estremo Oriente. Interpol, Europol, e generalmente tutte le Agenzie
Europee di intelligence e anti-droga possiedono dossiers aperti sui
sindacati dei narcotici che conducono direttamente alla KLA, e alle
ganghe Albanesi della regione. (New American Magazine, maggio 24, 1999)

La KLA agiva come una forza paramilitare, presente sul territorio del
Kosovo. Veniva integrata dalle Forze Speciali USA e Britanniche e
rimaneva in stretto collegamento con la NATO. Infatti la KLA veniva
impiegata dall'Alto Comando NATO per acquisire informazioni sugli
obiettivi da bombardare durante la campagna del Kosovo del 1999.
Per conferma di fonti militari Inglesi, il compito di armare ed
addestrare la KLA era stato assegnato nel 1998 alla DIA, l'Agenzia di
Intelligence per la Difesa USA, e al MI6 dei Sevizi Segreti di
Intelligence Britannici, insieme a "membri a riposo e in servizio del
22 SAS [22.esimo Reggimento per i Servizi Speciali dell'Aviazione
Britannica], e a tre Compagnie private di Sicurezza Britanniche e
Americane". (The Scotsman, Glasgow, 29 agosto 1999)

"La DIA USA si era rivolta al MI6 per costruire un programma di
addestramento per la KLA, dichiarava una fonte militare Britannica
autorevole. L' MI6 allora subappaltava l'operazione a due compagnie di
sicurezza Britanniche, che a loro volta ingaggiavano un numero di ex
membri del 22.esimo Reggimento SAS. Quindi venivano costruiti elenchi
di armi e equipaggiamenti necessari alla KLA. Mentre queste operazioni
segrete venivano assunte con continuità, membri in servizio del
22.esimo Reggimento SAS, soprattutto dalle unità dello Squadrone D,
venivano per primi impiegati in Kosovo prima dell'inizio della campagna
di bombardamenti nel marzo 1999." (Ibid)

Mentre le Forze Speciali SAS Britanniche stavano addestrando la KLA
nelle basi del Nord Albania, istruttori militari dalla Turchia e dall'
Afghanistan finanziati dalla "Jihad Islamica" stavano insegnando alla
KLA la guerriglia e le tattiche di diversione:

"Lo stesso Bin Laden aveva visitato l' Albania. Egli era uno dei capi
di tante formazioni fondamentaliste, che avevano inviate unità al
combattimento in Kosovo, ... Si riteneva che Bin Laden avesse stabilito
una base operativa in Albania nel 1994 ... Fonti Albanesi asserivano
che Sali Berisha, che allora era Presidente, aveva collegamenti con
alcuni gruppi che in seguito avrebbero esercitato il fondamentalismo
più estremo." (Sunday Times, London, 29 novembre 1998.)

Sull'onda dei bombardamenti del 1999 sulla Yugoslavia

Sull'onda dei bombardamenti del 1999 sulla Yugoslavia, la NATO, sotto
il comando di Wesley Clark, appoggiava l'estensione delle attività
terroristiche della KLA nel Sud della Serbia e in Macedonia.

Nel frattempo la KLA -- rinominata KPC, Corpi di Protezione del Kosovo
-- veniva elevata nello stato giuridico presso le Nazioni Unite, ciò
comportando la garanzia di fonti "legittime" di finanziamenti
attraverso le Nazioni Unite, così come attraverso canali bilaterali,
comprendenti l'aiuto militare direttamente degli Stati Uniti.
In altre parole, una forza paramilitare terroristica appoggiata da Al
Qaeda e collegata al crimine organizzato diventava una Guardia
nazionale "Civile" legittimata, direttamente supportata dalla NATO e
dalle Nazioni Unite.

E appena due mesi dopo l'insediamento ufficiale del KPC sotto gli
auspici dell'ONU (settembre 1999), i comandanti della KPC-KLA -
utilizzando risorse e equipaggiamento ONU - stavano già preparando gli
assalti alla Macedonia, come logica conseguenza delle loro attività
terroristiche in Kosovo. In questo loro sforzo avevano il pieno
appoggio della NATO e dell'esercito USA, per non parlare della
cosiddetta "comunità internazionale" simbolicamente rappresentata dalla
Missione ONU in Kosovo (UNMIK), con a capo l'ex Ministro della Sanità
Francese, Bernard Kouchner:

Secondo il quotidiano di Skopje "Dnevnik", il KPC aveva stabilito una
"sesta zona operazioni" nel Sud della Serbia e in Macedonia:
"Fonti, che insistono per l'anonimato, dichiarano che i quartieri
generali delle Brigate di Protezione del Kosovo [collegate all'ONU
sponsor del KPC] hanno [siamo nel marzo 2000] sono già stati costituiti
a Tetovo, Gostivar e a Skopje. Questi sono stati preparati a Debar e a
Struga [sul confine con l' Albania] e i loro membri vi hanno definito
procedure codificate." (Bollettino del Centro Informazioni Macedone,
Skopje, 21 Marzo 2000, pubblicato dal Sommario della BBC dei Notiziari
del Mondo, 24 marzo 2000)

Secondo la BBC, "Forze Speciali Occidentali stanno tuttora addestrando
i guerriglieri", significando che quelle forze stavano assistendo la
KLA nell'apertura della "sesta zona di operazioni" nel Sud della Serbia
e in Macedonia.
(BBC, 29 gennaio 2001, a
http://news.bbc.co.uk/hi/english/world/europe/newsid_1142000/
1142478.stm )

Ironicamente le Nazioni Unite, in un rapporto confidenziale del
febbraio 2000 al Segretario Generale Kofi Annan, rendevano palese che
il KPC era responsabile di "attività criminali…uccisioni,
maltrattamenti e torture, controllo illegale del territorio, abuso di
autorità, intimidazioni, violazioni della neutralità politica e
istigazione all'odio." Questo avveniva all'altezza del mandato
"umanitario" di Bernard Kouchner, la Missione per l'Amministrazione ad
Interim dell'ONU in Kosovo (UNMIK) (dal 15 luglio 1999 al 12 gennaio
2001).

E a questo riguardo, Kouchner, il cui mandato era di convogliare gli
aiuti umanitari sotto gli auspici dell'ONU, collaborava strettamente
con ufficiali della NATO, compreso Wesley Clark, nel fornire appoggio
all'Esercito paramilitare terroristico del Kosovo. (Vedi foto
sottostante ). Non dobbiamo dimenticare che Bernard Kouchner era il
Fondatore dei "Medici senza Frontiere". (Mèdecins sans frontiëres) 

Secondo il "London Observer", "il truce messaggio al Segretario
Generale dell'ONU voleva dire che la sua stessa organizzazione [guidata
dal Responsabile per l'UNMIK Bernard Kouchner] stava pagando lo
stipendio a molti dei criminali" (Observer,
http://www.commondreams.org/headlines/031400-03.htm , 14 marzo 2000)

Le Elezioni Presidenziali del 2004

Quali sono le scelte per l'elettorato Statunitense?

Le prove evidenziali presentate in precedenza confermano che sia i
Democratici che i Repubblicani hanno avuto legami con Al Qaeda e sono
complici nella "guerra al terrorismo".

Per amara ironia, proprio la stessa organizzazione terroristica (Al
Qaeda) che era stata sostenuta da successive Amministrazioni, viene
denunciata da entrambe le piattaforme elettorali, sia dalla
Repubblicana che da quella Democratica, come "un nemico dell'America".
(Vedi Michel Chossudovsky,  Vengono rilevati i collegamenti tra Al
Qaeda e l'Amministrazione Bush, Centro di Ricerche sulla
Globalizzazione, 15 marzo 2003, a
http://www.globalresearch.ca/articles/CHO303D.html ). 

Ironicamente, Osama bin Laden è divenuto parte del rituale delle
elezioni, fornendo tutto il necessario bagaglio di chiacchiere ad un
dibattito stilizzato sulla "Sicurezza della Nazione", che risulta il
segno distintivo centrale della piattaforma elettorale di entrambi i
partiti politici… i Repubblicani o i Democratici: L'agenda di guerra
rimane intatta. I Democratici non si oppongono alla richiesta del
Presidente Bush al Congresso di stanziamento pari a 87 miliardi di
dollari per finanziare l'occupazione dell'Iraq e la sua
"ricostruzione." :
 "Il consenso al finanziamento per l'occupazione e la ricostruzione
dell'Iraq costituisce una forte indicazione che non vi sarà una
sostanziale variazione nella politica estera in quella regione, almeno
fino a che l'obiettivo strategico della guerra non sia stato
raggiunto." (Salameh Nematt,  Bin Laden e le elezioni USA , Salameh
Nematt Al-Hayat, 11 settembre 2003,
http://english.daralhayat.com/OPED/09-2003/Article-20030911-9082bea7-
c0a8-01ed-002a-cc14f6dc4d75/story.html )

I Repubblicani hanno condotto la prima Guerra del Golfo, i Democratici
hanno condotto le guerre nei Balcani, inducendo l'occupazione militare
della Bosnia-Herzegovina secondo gli Accordi di Dayton nel 1995, e
l'invasione del Kosovo nel 1999. I Democratici erano al potere durante
le guerre devastanti in Rwanda e nel Congo, causando la morte di più di
tre milioni di persone. I Democratici e i Repubblicani hanno congiunto
i loro sforzi per imporre all'Iraq la "No Fly Zone (Zona di non Volo)"
(1991-2003) e un programma di sanzioni economiche e di bombardamenti
per dodici anni.

Le guerre condotte da Clinton nei Balcani erano lo stage della
"road-map", e facevano parte di un programma di imposizione della
guerra, con alla testa gli Stati Uniti, dai Balcani al Medioriente e
all'Asia Centrale.

I Repubblicani presentano una squadra omogenea dominata dai
Neo-Cons(ervatori), che comprendono ex funzionari dell'Amministrazione
Reagan implicati nello scandalo Iran-Contra. Il programma di guerra GOP
viene definito nei termini di "guerre di teatro molteplici e
simultanee", come contenuto nel Progetto per un Nuovo Secolo Americano
(PNAC). (Vedi http://www.globalresearch.ca/articles/NAC304A.html ).
Inoltre il PNAC prevedeva lo scatenamento di un cosiddetto "Evento
Pearl Harbor" per mobilitare l'opinione pubblica in favore dell'agenda
di guerra. (Ibid). 

Anche se vi sono sostanziali differenze tra Neo-Cons e la dirigenza
Democratica, la dottrina di Bush sulla Sicurezza Nazionale è, per molti
tratti, una continuazione di quella formulata da Clinton nel 1995, che
si basava su una "strategia di contenimento degli stati canaglia".

Vi sono significative differenze. I Neo-Cons sono maggiormente senza
scrupoli rispetto ai Democratici, particolarmente nei riguardi della
politica nucleare. I Democratici sotto l'Amministrazione Clinton erano
più abili nell'utilizzo del sistema ONU e delle strutture multilaterali
per trarne vantaggi nell'efficace messa in azione della loro agenda di
guerra.

Comunque, bisogna ben dire che il Comando Centrale USA (USCENTCOM)
proprio durante l'Amministrazione Clinton ha elaborato " i piani per
una guerra di teatro" per invadere l'Iraq e l'Iran. E l'obiettivo
prestabilito di questi piani di guerra del 1995 era il petrolio:
"Gli interessi generali della sicurezza nazionale e gli obiettivi
espressi nella Strategia del Presidente [Presidente Clinton] sulla
Sicurezza Nazionale (NSS) e nella Strategia Militare Nazionale
Presidenziale (NMS) formano la base della strategia di teatro del
Comando Centrale degli Stati Uniti. La NSS indirizza la realizzazione
di una strategia di duplice contenimento degli stati canaglia Iraq ed
Iran, finché questi stati costituiscono una minaccia per gli interessi
degli USA, per gli altri stati nella regione, e per i loro stessi
cittadini. Il duplice contenimento ha lo scopo di conservare
l'equilibrio di potere nella regione, senza dipendere dall'Iraq o
dall'Iran. La strategia di teatro del USCENTCOM si fonda sugli
interessi ed è focalizzata sulla minaccia. L'obiettivo dell'intervento
Statunitense, così come esposto nel NSS, è quello di proteggere gli
interessi vitali degli Stati Uniti nella regione - l'accesso
ininterrotto e sicuro per gli USA e i loro Alleati al petrolio del
Golfo." (USCENTCOM,
http://www.milnet.com/milnet/pentagon/centcom/chap1/
stratgic.htm#USPolicy )

 Di fatto, i medesimi concetti di Difesa della Nazione, di guerra
preventiva, ecc. sono contenuti in modo diffuso nei documenti di
Clinton del 1999 e del 2000 sulla Strategia sulla Sicurezza della
Nazione.
(Vedi http://www.globalsecurity.org/military/library/policy/national/ )

In altri termini, le invasioni dell' Afghanistan e dell'Iraq sotto
l'Amministrazione Bush facevano parte della "road-map" bipartisan
dell'Impero, -- quindi erano la continuazione di un programma di guerra
che era già da tempo stato deciso ben prima dell'insediamento di Bush
alla Casa Bianca nel gennaio 2001. Tutto questo non dovrebbe cogliere
di sorpresa, visto che molti di quelli che sono attualmente incaricati
dei piani di questa guerra, compreso il direttore della CIA George
Tenet, erano stati designati durante l'Amministrazione Clinton.
Sempre più l'apparato militar-spionistico (piuttosto che il
Dipartimento di Stato, la Casa Bianca e il Congresso degli Stati Uniti)
comanda sulla politica estera USA, con i giganti Texani del petrolio, i
titolari di appalti per la difesa e Wall Street, che operano
discretamente nei retroscena.
Per ultimo, il programma di guerra e "la Sicurezza Nazionale" ( che
comprende la militarizzazione in pieno sviluppo della polizia civile e
le istituzioni giudiziarie) sono influenzate da potenti interessi
economici. Le politiche di partito servono largamente da cortina
fumogena.

Quindi, è improbabile che i Democratici vogliano liquidare il programma
di Guerra o il "Patriot Act".

Uno Stato Totalitario in America: De facto una Dittatura Militare

La spina dorsale di questo sistema è la militarizzazione, inclusa la
conquista dei territori e la loro occupazione militare. Dietro la
facciata democratica e il rituale bipartisan, di fatto è predominante
una dittatura militare.

In più, la militarizzazione appoggia e rinforza il "libero mercato"
globale a favore degli interessi finanziari dominanti.

In altre parole, le strutture di potere politiche ed economiche che
stanno alla base del sistema non saranno modificate nella sostanza
attraverso una "rotazione di regime" e il rituale delle elezioni
Presidenziali e del Congresso.

Per effettivamente costruire la loro "legittimazione", sia i
Democratici che i Repubblicani hanno bisogno di confermare le falsità
che stanno dietro alla "guerra contro il terrorismo".

Il sostenere la "retorica della libertà e della democrazia" non solo fa
parte di questo rituale bipartisan, ma è tratto costitutivo del
processo di formazione di uno Stato totalitario in America, sotto la
contraffazione di una democrazia consolidata e operante.

Per noi non restano illusioni: le elezioni Presidenziali non forniranno
un risultato di alcun significativo mutamento di direzione.

Per invertire la marea montante della guerra, devono essere chiuse le
basi militari, deve essere smantellata la macchina da guerra, vale a
dire la produzione di sistemi d'arma avanzati (WMDs), deve essere
scardinato lo stato di polizia in piena evoluzione, ecc.

Per conseguire in modo largo questi obiettivi, risulta essenziale
spezzare la legittimità degli attori militari e politici, che governano
in nostro nome.

Le falsità che sostengono la legittimazione del rituale bipartisan
devono essere messe in chiaro.

Entrambe le parti sostengono lo stesso programma di guerra. Vi sono
criminali di guerra in entrambi i partiti politici. Entrambe le parti
concorrono complici alla copertura dell'11 settembre.

L'evidenza punta il dito su quello che viene descritto meglio come "la
criminalizzazione dello Stato", che comprende anche il Potere
Giudiziario e i corridoi bipartisan del Congresso USA.

Queste le parole di Andreas van Bülow, ex Ministro della Difesa Tedesco
e autore di The CIA and September 11: "Se quello che affermo è verità,
l'intero Governo degli USA dovrebbe finire dietro le sbarre."

---

Foto:

Criminali di guerra del 1999 si stringono la mano (Kosovo 1999).

Da sinistra a destra:

Hashim Thaci, capo della KLA, strettamente vincolato con Al Qaeda di
Osama bin Laden. Hashim Thaci aveva ordinato uccisioni politiche
dirette contro il Partito di Ibrahim Rugova. Thaci era un "protègé" di
Madeleine Albright (vedi foto più sotto).

Bernard Kouchner, capo della Missione delle Nazioni Unite in Kosovo
(UNMIK) (luglio 1999- gennaio 2001), fondamentale nell'elevare lo
status della KLA a livello ONU.

Il Generale Michael Jackson, Comandante delle truppe della KFOR in
Kosovo.

Il Generale Agim Ceku, Comandante Militare del KPC,  messo sotto
inchiesta dal Tribunale Internazionale per i Crimini nella ex
Yugoslavia (ICTY) "per presunti crimini di guerra commessi etnicamente
contro i Serbi in Croazia tra il 1993 e il 1995." ( AFP 13 ottobre 1999)

Il Generale Wesley Clark, Comandante Supremo della NATO.

[La sola persona che manca nella foto è Osama bin Laden.]

---

Foto:

Madeleine Albright saluta Hashim Thaci della KLA

L'ambasciatore Richard Holbrooke (incaricato dal Presidente Clinton)
con un Comandante della KLA, estate del 1998

Fonte delle immagini : Commissione del Partito Repubblicano al Senato,
 http://www.kosovo.com/rpc.html

---

Michel Chossudovsky è l'autore di
War and Globalisation, the Truth behind September 11 , 2003. Per
dettagli click here .

Recent writings by Michel Chossudovsky

© Copyright Michel Chossudovsky, CRG 2003  For fair use only/ pour
usage Èquitable seulement .

"DER SPIEGEL" (GERMANIA): I NAZIONALISTI PAN-ALBANESI SONO ENTRATI IN
AGITAZIONE ANCHE IN GRECIA SETTENTRIONALE.
Loro scopo dichiarato e' la creazione della Grande Albania attraverso
lo smembramento di tutti gli Stati confinanti con la attuale repubblica
di Albania. Il progetto subira' un impulso decisivo con la formale
secessione del Kosovo. Cervello politico di questa nuova tragica fase
potrebbe essere la sedicente "Armata Nazionale Albanese".

(english / deutsch. Preghiamo chi potesse tradurre l'intero articolo
dal tedesco di contattarci con tempestivita'. CNJ)


=== ENGLISH ===

http://www.spiegel.de/spiegel/english/0,1518,273140,00.html

[Summary of Balkan: Der Traum von Großalbanien in
issue 46, 2003 of Der Spiegel. English text not available online, for
the German text see below]


Der Spiegel
November 10, 2003

"Revolt of the Sqiptars"

Balkans: In northern Greece, militant Albanians are
preparing for armed conflict. Their declared aim is to
create a Greater Albania. It has long ceased to be a
secret that the architects of Greater Albania are also
training their sights on Hellas. Already, Greek media
are warning of the danger of a rebellion. Macedonia's
moderate former president Kiro Gligorov has predicted
that if Kosovo should gain independence "a war in the
region" would be very probable. The "Albanian National
Army" (ANA) is the driving force behind the Greater
Albanian project, which was declared a national goal
back in 1995 at a secret meeting of the UCK.

-------------------------------------------------------

http://www.tanjug.co.yu/
EBalkans.htm#Ethnic%20Albanians%20planning%20uprising%20in%20northern%20
Greece%20-%20Der%20Spiegel

Tanjug
November 9, 2003

Ethnic Albanians planning uprising in northern Greece
- Der Spiegel

19:29 BERLIN , Nov 9 (Tanjug) - Militant ethnic
Albanians in northern Greece are preparing for armed
struggle, and their proclaimed goal is creating a
greater Albania, the German weekly Der Spiegel writes
in its Monday issue.
The weekly carries a statement by a student Ahmet, who
used to fight within the Kosovo Liberation Army
against Serbs in Kosovo and against government troops
in Macedonia, who said that an armed resistance
network is planned to be created in Greece before the
start of the 2004 Olympics.


=== DEUTSCH ===


http://www.spiegel.de/spiegel/0,1518,274042,00.html

DER SPIEGEL n.46/2003, 10. November 2003


BALKAN

Aufstand der Skipetaren

Im Norden Griechenlands bereiten militante Albaner den bewaffneten
Kampf vor. Ihr erklärtes Ziel: die Schaffung eines Großalbanien.


Ahmet hat Angst. Immer wieder blickt der Albaner auf der Straße nach
Edina in den Rückspiegel, fühlt sich verfolgt. Erst vor wenigen Wochen
habe ein Landsmann von ihm einen Unfall gehabt. Er glaube nicht an
Zufall.

Das Misstrauen des 27-Jährigen, der als Wirtschaftsstudent in
Thessaloniki lebt, ist nicht unbegründet. Denn nebenher geht er einer
anderen Tätigkeit nach - die Griechen nennen es "Terrorismus". Der
Quasi-Kommilitone, der mit der UÇK im Kosovo gegen die Serben kämpfte
und in den mazedonischen Bergen auf die dortigen Regierungstruppen
feuerte, ist Mitglied einer albanischen Untergrundbewegung. Ihr Ziel
ist es, ein bewaffnetes Widerstandsnetz in Nordgriechenland aufzubauen.
Bis zum Frühjahr 2004, noch vor Beginn der Olympischen Spiele, soll das
Projekt verwirklicht sein. Dann, sagt Ahmet, seien in jedem ethnisch
albanischen Dorf Griechenlands die Männer innerhalb weniger Minuten
kampfbereit.

Dass die großalbanischen Architekten nun auch Hellas im Visier haben,
ist längst kein Geheimnis mehr. Griechische Medien warnen mittlerweile
vor der Gefahr einer Rebellion. Falls das Kosovo unabhängig werde,
prophezeite Mazedoniens gemäßigter Ex-Präsident Kiro Gligorov, sei "ein
Krieg in der Region" wahrscheinlich.

Das neue Reich der Skipetaren, wie die Albaner sich selbst nennen, war
durch die "Liga von Prizren" 1878 erstmals als Ziel formuliert worden.
Sie forderte, alle albanischen Gebiete im damaligen Osmanischen Reich
zusammenzulegen und ihnen Selbstverwaltung zu gewähren. Der Berliner
Kongress jedoch ignorierte dann diesen Wunsch.

Schon Karl May ließ seinen Kara Ben Nemsi in dieser Region
herumstreifen. Nach den Balkankriegen 1912/1913 wurden Großteile des
Skipetaren-Territoriums Serbien, Griechenland und Bulgarien
zugeschlagen.

Die albanische Minderheit in Griechenland, die überwiegend im
Grenzgebiet zum heutigen Albanien, der so genannten Çameria, lebt, wird
auf rund 500 000 Köpfe geschätzt. Wahrscheinlich sind es aber weit
mehr, weil illegale Gastarbeiter über die durchlässigen Grenzen mühelos
ins hellenische Nachbarland gelangen. Mehrmals im Jahr lässt Athen sie
zu Tausenden in ihre Heimat zurückkarren. Vergebens. Eine Woche später,
sagt Außenminister Georgios Papandreou resigniert, "sind sie alle
wieder da".

Mittlerweile kommen sie jedoch nicht nur zur Orangen- oder Olivenernte.
Jeder Albaner, der sich für ein halbes Jahr am Aufbau des albanischen
Widerstands im nordgriechischen Epirus beteilige, sagt Ilir, der aus
dem mazedonischen Tetovo stammt, erhalte von einer albanischen Partei
in seiner Heimatstadt 15 000 Euro in bar. Saisonarbeiter werden darüber
hinaus aufgefordert, sich legal bei den griechischen Behörden
registrieren zu lassen und in den Dörfern anzusiedeln.

Doch nicht alle Albaner zeigen sich von der Ideologie eines neuen
Nationalstaats begeistert. Von der Hauptstraße nach Edessa zweigt der
Weg nach Flamouria ab - einem der zahlreichen albanischen Dörfer, die,
eingebettet in eine öde Berglandschaft, vor Wohlstand nur so strotzen:
Hier finden sich gepflegte Vorgärten, Palmen, luxuriöse Villen. Fremde
allerdings sind hier nicht willkommen. Die Bewohner haben Angst,
entsprechende Kontakte könnten von der griechischen Oberhoheit im Land
missinterpretiert werden. "Wir wagen nicht einmal in den eigenen vier
Wänden Albanisch zu sprechen", sagt ein alter Mann, der auf der
Hauptstraße Äpfel verkauft: "Die Griechen haben uns assimiliert, es
gibt keine albanischen Schulen, keine Kultureinrichtungen." Aber eine
Rebellion? Er wiegt nachdenklich den Kopf: "Dann würden wir alles hier
verlieren und verjagt werden." Das sei ein Kampf "David gegen Goliath",
schließlich sei Griechenland Nato-Mitglied.

Ilir, der für die Waffenversorgung künftiger Rebellen zuständig ist,
wartet auf den Einbruch der Dunkelheit. Dann soll aus dem mazedonischen
Debar ein Lkw eintreffen, in dem Waffen versteckt sind. Mit Traktoren
und Eselskarren sollen sie in die Berge gebracht werden.

An Sponsoren, erzählt der Albaner mit fünf gefälschten Pässen im
Gepäck, mangele es jedenfalls nicht. So wurde im kroatischen Opatija
Mitte Juni mit der albanischen Diaspora ein umfangreiches
Waffengeschäft vereinbart - der Deal umfasst 2000 Kalaschnikows,
mehrere Raketen, 800 Gewehr- und Handgranaten, 12 Panzerfäuste sowie
zahlreiche Panzerwesten.

Treibender Motor des großalbanischen Projekts, das schon 1995 bei einem
Geheimtreffen der UÇK zum nationalen Ziel erklärt wurde, ist derzeit
die "Albanische Nationalarmee" (ANA).

Ihr politischer Kopf, der sich bisher im Internet hinter dem Pseudonym
"Alban Vjosa" verbarg, ist der albanische Anwalt Idajet Beqiri, 52,
Gründer der Partei der nationalen Einheit in Albanien und dem eigenen
Vernehmen nach ein guter Freund von Albaniens Premier Fatos Nano. Als
Nanos Vorgänger Sali Berisha in Tirana noch an der Macht war, saßen
beide im Gefängnis, Zelle an Zelle.

Seit kurzem sucht die albanische Regierung den "Volksaufhetzer Beqiri"
via Interpol. Dies hindert den schwarzhaarigen, leicht gedrungenen
Messias eines künftigen Albaner-Großreichs allerdings nicht, offen über
seine ehrgeizigen Ziele zu sprechen - und darüber, wie sie erreicht
werden sollen. Immerhin hat sich die ANA bislang zu 33 Anschlägen
bekannt.

Mit seiner Mini-Armee will der Albaner in die Fußstapfen der ehemaligen
Befreiungsarmee des Kosovo, der UÇK, treten. Die internationale
Gemeinschaft, fordert Beqiri, solle die ANA als Verhandlungspartner
akzeptieren. Falls eine Einigung auf diplomatischem Wege nicht möglich
ist, will er den Guerillakrieg ausrufen. Kein Albaner auf dem Balkan,
ist Beqiri überzeugt, werde sich dem Kampf verweigern, wenn die Einheit
aller Albaner zum Greifen nahe sei.

Das sind wohl nicht nur die Hirngespinste eines Internet-Napoleon.
Immer häufiger warnten in den vergangenen Monaten mazedonische
Politiker die EU vor einer Destabilisierung durch die Albanische
Nationalarmee und deren Radikalisierung zu einer "Balkan-Hamas".
Mazedoniens Verteidigungsminister Vlado Buckovski sieht in der
Beqiri-Truppe eine Bedrohung des Friedens in der gesamten Region.

Und auch Athen ist beunruhigt. Bei seinem letzten Besuch in Skopje habe
ihm der griechische Außenminister Papandreou seine Befürchtungen über
einen Aufstand in Hellas mitgeteilt, sagt Mazedoniens Ex-Präsident
Gligorov.

Derweil sinkt in Mazedonien die Hoffnung auf eine friedliche Zukunft
beider Völker. Die Entfremdung zwischen Albanern und Slawo-Mazedoniern
ist tiefer denn je. Das Sagen haben nun die Radikalen. Seit der
Albaner-Politiker Ali Ahmeti, einst Rebellenführer, als Abgeordneter im
mazedonischen Parlament "Kompromissbereitschaft" mit der slawischen
Bevölkerungsmehrheit zeigt, schwindet seine Popularität zusehends.

Arben Xhaferi, langjähriger Führer der Demokratischen Partei der
Albaner (DPA), ist dagegen der Mann der Stunde. Der Albaner, der wegen
eines Kehlkopfleidens nur mühsam sprechen kann, sieht sich als
Architekt der "Ohrid-Vereinbarung", die der albanischen
Bevölkerungsminderheit mehr Rechte garantiert.

Doch das Albaner-Lager ist enttäuscht. Wenn sie bis Ende des Jahres
ihre Ziele nicht erreicht hätten, so Xhaferi, schlage die Stunde der
ANA - und das bedeute Krieg. Der werde dann allerdings nicht mehr um
Menschenrechte geführt, sondern schlicht um Territorium.

In Xhaferis Arbeitszimmer steht unweit der albanischen Fahne mit dem
doppelköpfigen Adler eine Miniaturausgabe der amerikanischen
Freiheitsstatue. Denn Einheit aller albanisch besiedelten Regionen ist
ohne Washingtons Unterstützung undenkbar.

Doch die Albaner sind optimistisch. Einer der aussichtsreichsten
US-Präsidentschaftskandidaten, der Demokrat Wesley Clark, besuchte vor
kurzem das Kosovo. Er habe den Albanern, so die dortige Führung,
zugesichert, sich mit ganzem Herzen für deren Belange stark zu machen -
wenn die albanische Lobby im Gegenzug in den USA seine Kandidatur
unterstütze.

Dabei ist Amerikas Hilfe bereits in vollem Gange: Geheimdienstberichten
zufolge lieferten in Neapel stationierte "Special Forces" den
albanischen Guerilleros bereits 2001 neun Container mit Abhör- und
Funktechnik. Damit konnten die albanischen Rebellen im Kosovo, in
Albanien und Mazedonien ohne Wissen des mazedonischen Geheimdienstes
miteinander kommunizieren. Noch immer stehen einige dieser Container im
mazedonischen Bergland; mittlerweile dienen sie auch zur Verständigung
mit den nordgriechischen Patrioten.

Washingtons militärischer Beistand wird dabei im Wesentlichen über die
berüchtigte MPRI (Military Professional Resources Inc.) aus Virginia
abgewickelt. Das Privatunternehmen, geleitet vom ehemaligen Stabschef
des US-Heeres Carl Vuono, agiert de facto als Privatarmee des Pentagon
und Hilfssheriff der CIA.

Tausende pensionierte Militärs organisieren für die MPRI rund um die
Welt militärische Ausbildungszentren, liefern Waffen- und
Funktechnologie nach Nato-Standard und bieten auch sonst logistische
Hilfe an. In Bosnien bildeten die Instrukteure nach Abschluss des
Dayton-Friedensvertrags nicht nur die bosnische Armee aus. Sie
schickten etwa 300 der fähigsten Mudschahidin, die im Bosnien-Krieg mit
Alija Izetbegovics Truppen gegen die Serben kämpften, zur
Spezialausbildung in die Türkei. 150 von ihnen waren 2001 auf
albanischer Seite in Mazedonien im Einsatz.

Allerdings: Ein möglicher Albaner-Aufstand in Nordgriechenland würde
Washington zu einem gefährlichen diplomatischen Seiltanz zwingen.
Deshalb wurde der ANA mittlerweile "nahe gelegt", ihre Forderungen
gegenüber Athen diplomatisch zu formulieren.

Von Athen, erklärte daraufhin Idajet Beqiri, werde man vorerst nur die
Rücksiedlung von 200 000 Albanern verlangen, die nach dem Zweiten
Weltkrieg wegen Zusammenarbeit mit den Hitler-Truppen aus ihrer
griechischen Heimat nach Albanien fliehen mussten.

Nachhelfen, sagt Beqiri, werde man dieser berechtigten Forderung
zunächst nur mit kleineren "Provokationen". Kalaschnikows und Granaten
seien lediglich die eiserne Reserve.

"Aber Sie wissen ja", fügt der Albaner-Führer lächelnd an, "der Appetit
kommt bekanntlich beim Essen."

RENATE FLOTTAU


© DER SPIEGEL 46/2003
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Slovenija

1. Komunisticna Partija Slovenije

2. Dear Bush: Forgive mr. Sluga for expressing true feelings...


=== 1 ===

http://users.volja.net/mrmilan/kps.htm

OSLANJAMO SE NA LASTNE SILE SLUŽIMO NARODU

Tovariši:

Živimo v času, ko v svetu vlada kriza, doma pa nasilje, fašizem in
nemiri. Temu sledi socialna bomba, državni teror, represije in mafija.
Elitna (fašistična) država s svojo divjo privatizacijo in legaliziranim
ropom vrši nekaznovano največje zločine po načelu: »Priskrbeli smo vam
zakone, da boste lahko umrli v bedi. Zahvaljujemo se vam za
zaupanje.«Začenjajo se kulturne, socialne in druge represalije proti
prebivalstvu . Vsakodnevno se širi mafijska dejavnost(ilegalno
preprodajanje orožja, mamila in nezakonite dejavnike).Brezposelnost
dodatno oplemeniti  fašizem.

Alternativa elitni oziroma oz. fašistični državi na Slovenskem je
Komunistična partija Slovenije, poleg nje pa tudi sestrska organizacija
Slovensko gibanje z identičnim programom za socialno državo . Člani
Komunistične partije in Slovenskega gibanja so pošteni in častni
ljudje, ki se zavedajo pooblastila naroda, znajo narod spoštovati in mu
biti hvaležni. Vsak narod ima pravico in dolžnosti varovati svojo
svobodo, demokracija in suverenost. Vsaka naveza na mafijske ali
kakršnekoli fašistične reforme jemlje del suverenosti.

Dolgoletne grenke izkušnje pa nam narekujejo, da se v skladu z
zmagovitimi dosežki Druge svetovne vojne, ko smo si udeležbo  v tem
stoletju priborili pravico do ugleda, ne smemo zanašati na to da bi nas
v stiski kdo branil.Glede obrambe se moramo prvenstveno zanašati na
lastne sile. V svojih načrtih za bodočnost pa moramo pomisliti tudi na
sebe. V obrambne koncepte je treba vnašati lastne v skladu z našimi
nacionalnimi usmeritvami in vojno tradicijo.

Po ukinjanju družbene lastnine gre predvsem za to, da se uniči splošno
narodno premoženje, da se odrine večji del našega prebivalstva s
položaja nekdanjih demokratov in samoupravljavcev družbenega premoženja
na ulico, gre za pregon iz že pridobljenih položajev v stanje
brezposelnega prodajalca svoje delovne sile- sramotni razredni delitvi
državljanov na elito in na brezpravne ljudi se odpira prosta pot. Zakon
o lastninskem preoblikovanju podjetji je zato potrebno ukiniti.KPS in
Slovensko gibanje si bosta prizadevala, da socialne pravice se bodo
miloščina temveč neodtujljiva pravica naroda, katerega blaginja naj se
opira tudi na državna podjetja, ki so družbeni kapital za naše otroke.
Ko je bil odvzet otrokom skoraj brez odškodnine, je bil to (fašističen)
družbeni preobrat, izvršen 20.11.1992.leta. Do leta 1990 je bilo v
Sloveniji ustanovljenih 2600 podjetij v družbeni lasti in 1600 podjetji
v mešani lasti.

Ljudje z veseljem pristopajo k programu KPS in SG, kajti napolnjeni so
radostjo. Mafija si vse hitreje išče advokate v posameznih Cerkvah ali
Obrambnih zvezah, ki naj bi jih poskušali obvarovat pred sodnimi
procesi in sodno odgovornostjo. S   fašističnimi reformami je zadala
najtežji udarec narodu in naredila veliko politično napako z
razvrednotenjem socialne zakonodaje, protifašističnega boja, z
razprodajo zemlje na severu in zahodu države tujim kolonom ter seveda z
zakonom o divjem lastninjenju. Omejenim napravicam so dodali še razkroj
poštenosti, že začeto razprodajo suverenosti ter poskuse okupacij.

Ena najvažnejših nalog poleg ostalega je prav gotovo varnost oz.
zagotovitev delovnih mest in ustvarjanje novih delovnih mest,
maksimalna popolna zaposlenost pomeni varnost in stabilnost. V boju za
socialno državo pomenita stabilnost in socialna varnost to, da se ne
odpovemo nobeni akciji, ki je v korist delovnih mest, ker je
gospodarska iniciativa oz. popolno zaposlovanje recept za gospodarski
čudežni kolač. Pri tem bomo upoštevali humana načela, ekološko socialno
tržno usmerjena podjetja in gospodarstvo. V ospredju naj bodo ljudje ne
pa sla po uničenju prebivalcev oz. naroda. Kritične razmere in kriza v
Sloveniji nalagajo državljanom, da se opredelijo za razvoj, nakazan v
tem programu in si zanj nesebično prizadevajo ter borijo.Zato je
potrebno, da se v okviru posameznih zvestih aktivistov ali zaupnikov
programa, potem ko so nemudoma pristopili k organizaciji KPS ali SG. Če
pa to ni mogoče, pa naj takoj delujejo na osnovi tega programa kot
samostojni aktivisti ali naj se organizirajo v skupine ter kasneje v
politične odbore. Z akcijo in izkušnjo naj se potrdijo in preverijo
najboljši. KPS oz. SG sta s svojim programom vztrajna in naznanjata
dobre vesti v današnjem težkem, vznemirljivem in negotovem položaju
naroda oz. prebivalcev Slovenije.

7,5 milijard$ zunanjega in 1300 milijard tolarjev notranjega dolga je
dokaz ekonomske katastrofe!

ZA SOCIALNO DRŽAVO!

PROTI DIVJI PRIVATIZACIJI!

ZA SLOVENIJO IN NJENE LJUDI!

ČE ŽE MORAMO KAJ ŽRTVOVATI, POTEM NE SMEMO V NOBENEM PRIMERU
PRAVICE IN RESNICE

Josip Broz TITO

http://users.volja.net/mrmilan/kps.htm


=== 2 ===

From: "Blaž Babič"
Date: Tue, 18 Nov 2003 10:56:09 +0100
To: <president@...>
Subject: Forgive mr. Sluga for expressing true feelings...

Dear mr. Bush,

my name is Blaz Babic, from Slovenia.

I don't know if you remember my country. It's the country with similar
name to Slovakia where you've met mr. Putin. Still nobody knows what
two of you talked about on that occasion, but since then many, many
people have died through wars, famine and disease – all the wrong
reasons.

Mr. Tomi Sluga, fellow citizen of mine, wrote to you on May20th 2001.

As we are told you still haven’t read his e-mail that said:

“President, save the Earth, you arses, we will kill you inLjubljana.
Welcome.”

or in my native language:   »Predsednik, rešite Zemljo, vi riti, ubili
vas bomo v Ljubljani. Dobrodošli.«

http://www.avtonomija.org/prviterorist/

Yesterday our »independent« judicial system, with a little help from
your secret services, brought a sentence »in the name of the Slovenian
people« - and mr. Sluga was bound over for 4 months, for terorism. Yep,
because of that message. Ain't it silly!

Since you have such enormous indirect power over our political and
judicial system, please pardon mr. Sluga for being pissed off because
of your killing plans and send your memo of mercy to our servile
foreign minister or any other top politician.

They will melt in the warm embrace of your attention and will do
everything to pardon mr. Sluga.

Thank you for your efforts!

With kind regards,

Blaz Babic, Ljubljana, Slovenia

Ultime notizie dal paradiso dei contrabbandieri

---

<< ... Il nuovo Presidente del Montenegro, Filip Vujanovic -
ultraliberista rappresentante della cricca di mafiosi e contrabbandieri
al potere in Montenegro dal 1996 - promette il referendum per
l'indipendenza (Beta/Tanjug, 4 maggio 2003).

SI PERO' A QUANTO CE LO METTONO AL BARILE?

Da Repubblica 18/11/03
Beirut, 16:36
Arabia Saudita, donna condannata a 500 frustate

Una donna e' stata condannata a 500 frustate dal tribunale religioso di
Jizan, sulla costa del Mar Rosso, in Arabia Saudita. E' ritenuta
"colpevole" di "condotta immorale per aver trascorso un certo periodo
di tempo con un giovane uomo e di averlo sposato alcune ore dopo aver
divorziato dal suo precedente marito". (Red)

Potere temporale ed ingerenze del Vaticano in Croazia


1. Secondo i vescovi croati procede troppo a rilento la acquisizione a
costo zero dei beni immobili pubblici da parte del Vaticano

2. Il governo croato facilita i licenziamenti, ma per compiacere la
Chiesa cattolica vieta il lavoro la domenica

3. La Chiesa cattolica contro i corsi di yoga. Amen.


CITAZIONE:
"...I matrimoni misti al 99 per cento finiscono per danneggiare la
religione e la nazione. Il motivo? Favoriscono l'indifferenza dei
cattolici e la perdita del sentimento nazionale..."

(Il dott. J. Kolaric, decano alla Facoltà Cattolica di Spalato, su
"Mi", giornale per i giovani, marzo 1994. Da "Antologija suvremene
hrvatske gluposti - greatest shits", Antologìa di idiozie croate
contemporanee, Edizione: Biblioteka Feral Tribune, Split 1999. Altri
ritagli su:
http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/2601 )

VEDI ANCHE:
http://www.reformation.org/holocaus.html
The Vatican's Holocaust
The sensational account of the most horrifying religious massacre of
the 20th century
By Avro Manhattan


=== 1 ===

http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

CROAZIA: VESCOVI, LENTA RESTITUZIONE BENI CHIESA

(ANSA) - ZAGABRIA, 3 NOV - La Chiesa cattolica croata non e'
soddisfatta dei tempi e delle modalita' della restituzione dei beni
nazionalizzati nel periodo socialista, quando la Croazia faceva parte
della Federazione Jugoslava. In un comunicato della Conferenza
episcopale croata diffuso oggi a Zagabria e citato dall'agenzia Hina,
la procedura della restituzione e' ''molto difficile, anche laddove
non ci sono particolari impedimenti''. In base agli accordi con
la Santa Sede Zagabria si e' impegnata a restituire i beni immobili
della Chiesa nazionalizzati dal regime comunista dopo il 1945, ma il
problema, oltre all'ingente valore degli immobili, e' rappresentato
anche dal fatto che molti edifici che dovrebbero essere restituiti
sono oggi sede di varie istituzioni ed enti per i quali e' difficile
trovare una nuova sistemazione. Secondo la stampa, i vescovi
hanno per ora rinviato la decisione circa l'offerta del governo di
risarcire in parte i beni con il 25% delle azioni della compagnia di
assicurazioni 'Croatia osiguranje', societa' di proprieta' dello
Stato, che detiene il 42 per cento del mercato delle assicurazioni
del paese. Il valore del pacchetto azionario offerto alla Chiesa e'
stato stimato a 50 milioni di euro, somma che coprirebbe solo una
parte del valore dei beni nazionalizzati. (ANSA). COR*VD
03/11/2003 19:18

=== 2 ===

http://auth.unimondo.org/cfdocs/obportal/
index.cfm?fuseaction=news.notizia&NewsID=2548

La Chiesa croata vieta il lavoro domenicale

I mega centri commerciali sono i maggiori rivali della influente Chiesa
croata. Per assecondarla, nell’imminenza delle elezioni, il governo di
centro sinistra decide di vietarne la apertura domenicale. Ma il 70%
del clero croato è per l’HDZ

(28/10/2003) Da Osijek, scrive Drago Hedl

Il 16 ottobre, un giorno prima dell’annuncio ufficiale dello
scioglimento delle Camere (le elezioni in Croazia si terranno il 23
novembre), il Parlamento ha approvato una legge che proibisce il lavoro
domenicale per tutti i grandi centri commerciali. La legge è passata
grazie alla pressione della Chiesa cattolica che ha tenuto una lunga
campagna sul divieto di lavoro domenicale, sostenendo l’esigenza di
lottare per i diritti dei lavoratori nella richiesta che possano godere
di almeno un giorno di riposo settimanale in compagnia delle proprie
famiglie.

Nonostante in Croazia, come nel resto del mondo, siano in molti a
lavorare la domenica, la Chiesa ha deciso di limitare la propria
iniziativa al settore commerciale. Gli esperti ritengono che i grandi
centri commerciali siano diventati i maggiori concorrenti della Chiesa,
dal momento che molti decidono di fare le spese negli orari della messa
domenicale.

A partire dal primo gennaio 2004, giorno di entrata in vigore della
legge, solo un negozio ogni 5.000 abitanti potrà lavorare la domenica,
e la misura del negozio sarà limitata a 200 metri quadri. Le
amministrazioni locali decideranno se un negozio potrà aprire oppure
no. Ai grandi e moderni ipermercati, che la domenica sono strapieni,
non sarà più concesso di lavorare quel giorno.

“E’ stato un piacere per me sapere che il Parlamento croato ha
accolto positivamente la posizione della Chiesa. E’ importante che
quelli che fanno le leggi ascoltino le persone comuni, la cui voce non
sarebbe altrimenti sentita in pubblico - ha dichiarato l’arcivescovo
Ivan Prenda commentando la nuova legge.” Prenda è il presidente della
Caritas croata, che ha organizzato una raccolta di firme che richiedeva
la fine del lavoro domenicale.

I grandi centri commerciali in Croazia, come il Mercatone italiano,
il Billa austriaco, il Mercator sloveno e il croato Getro, oltre a
molti altri, si sono dichiarati fortemente dispiaciuti dalla decisione
del Parlamento. Non nascondo il fatto che le domeniche sono le giornate
che gli procurano le maggiori entrate, e che tale decisione avrà un
effetto negativo. Le direzioni hanno affermato che il divieto del
lavoro domenicale provocherà il licenziamento di almeno il 10% degli
impiegati.

In Croazia circa 150.000 persone lavorano nel settore commerciale,
questo significa quindi che la legge da sola potrebbe causare la
perdita di 15.000 posti di lavoro. La mancanza di opportunità di
impiego costituisce uno dei problemi principali in Croazia, dove circa
350.000 persone sono alla ricerca di un lavoro e il gigantesco tasso di
disoccupazione (circa il 18%) ha mostrato una leggera tendenza a
diminuire solo negli ultimi mesi, grazie ad enormi sforzi da parte del
governo.

L’esecutivo diretto dal primo ministro Ivica Racan è stato molto
condiscendente in diverse occasioni nei confronti delle richieste della
Chiesa. Il governo ha accolto la richiesta della Chiesa che il
catechismo fosse insegnato non solo nelle scuole elementari, ma anche
negli asili. Il bilancio statale mette a disposizione fondi
significativi a sostegno della Chiesa, e quei fondi sono utilizzati per
pagare il mantenimento dei preti. Gran parte delle proprietà della
Chiesa che erano state espropriate durante il comunismo sono state
restituite e, ove questo non fosse stato possibile, la Chiesa ha
ricevuto compensazioni nella forma di partecipazioni a compagnie
redditizie, come la compagnia statale di assicurazioni “Croatia
osiguranje”.

Diversi opinionisti interpretano la legge sulla proibizione del
lavoro domenicale come un desiderio del governo attuale di ottenere il
favore della influente Chiesa cattolica in questo periodo
pre-elettorale. I sondaggi dimostrano, tuttavia, che circa il 70% dei
funzionari ecclesiastici e dei preti sono a favore del partito
attualmente all’opposizione, l’HDZ. Questa legge, quindi, aiuterà poco
la coalizione di centro-sinistra nella sua speranza di ricevere il
sostegno della Chiesa per vincere le elezioni.

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http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml

CROAZIA: VOTATA LEGGE CHE FACILITA I LICENZIAMENTI

(ANSA) - ZAGABRIA, 14 LUG - Il parlamento croato ha votato oggi
emendamenti alla carta del lavoro che, diminuendo le indennita' e
accorciando i tempi, faciliteranno i licenziamenti. Lo ha reso noto
l'agenzia di stampa Hina. Rispetto alla vecchia legge, le
indennita' sono state quasi dimezzate e in futuro la cifra massima in
caso di licenziamento non sara' superiore alla somma di sei stipendi
mensili. Sono stati anche notevolemente accorciati i termini del
preavviso: da un minimo di due settimane per i dipendenti con un anno
di anzianita' a un massimo di tre mesi per coloro che hanno
lavorato venti o piu' anni per la stessa azienda. Il governo,
proponendo gli emendamenti, ha spiegato che i tempi e le indennita'
di licenziamento rallentavano la ristrutturazione dell'economia
rendendo poco flessibile il mercato del lavoro in Croazia. Anche
se negli ultimi 12 mesi e' diminuita del 3 per cento, la
disoccupazione in Croazia rimane a livelli preoccupanti. Secondo una
stima diffusa di recente, in giugno era senza lavoro il 19,5 per
cento della popolazione attiva. (ANSA). COR*VD 14/07/2003
19:37

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CROAZIA: CHIESA CATTOLICA, NO A CORSI YOGA PER INSEGNANTI

(ANSA) - ZAGABRIA, 15 LUG - La Chiesa cattolica croata ha lanciato un
appello contro un' iniziativa del Ministero della Pubblica istruzione
che prevede corsi facoltativi di yoga per gli insegnanti.
''Riteniamo inaccettabile che nelle scuole in questo modo vengano
introdotti contenuti che sono in contrasto con i valori generalmente
accettati e con la tradizione culturale europea'' spiega il Consiglio
permanente della Conferenza episcopale croata (Hbk) in un comunicato
citato dall'agenzia di stampa Hina. Lo scorso giugno il Ministero
della Pubblica istruzione, in una circolare, ha raccomandato alle
scuole croate di stabilire una collaborazione con l' associazione
''Yoga nella vita quotidiana'' con lo scopo di educare il personale
scolastico allo yoga. Il progetto dovrebbe avere inizio in autunno.
I vescovi sostengono che ''gli insegnati che decideranno di
frequentare il programma, necessariamente applicheranno lo yoga anche
lavorando con gli alunni'' e le conseguenze di cio', secondo il Hbk,
saranno incalcolabili. ''Lo yoga - dice il comunicato - e'
strettamente legato all'induismo, e inoltre, chiunque lo pratichi
diventa soggetto al suo insegnante, il guru''. L'appello, rivolto
all'opinione pubblica e al governo croato, invita in particolar modo i
genitori a ''non permettere che i loro figli vengano manipolati in
questo modo nelle scuole pubbliche''. (ANSA). COR*VD
16/07/2003 13:31

http://www.ansa.it/balcani/croazia/croazia.shtml