Informazione


** Jugoslavenski glas - Voce jugoslava **

"Od Triglava do Vardara..." "Dal monte Triglav al fiume Vardar..."


Svakog drugog utorka, od 14,00 do 14,30, na Radio Città Aperta, valu FM 88.9 za regiju Lazio,
                       JUGOSLAVENSKI GLAS
Moze se pratiti i preko Interneta: http://www.radiocittaperta.it/stream.htm

Podrzite ovaj glas, kupovanjem nasih brosura, video kazeta i t.sl. Pisite nam na jugocoord @ tiscali.it


Ogni due martedì dalle ore 14,00 alle 14,30, su Radio Città Aperta, FM 88.9 per il Lazio:
                         VOCE JUGOSLAVA
Si può seguire, come del resto anche le altre trasmissioni della Radio, via Internet:
http://www.radiocittaperta.it/stream.htm
La trasmissione è bilingue (a seconda del tempo disponibile e della necessità).

Sostenete questa voce libera e indipendente acquistando video cassette, libri, bollettini a nostra disposizione. Scriveteci all'indirizzo email: jugocoord @ tiscali.it


PROGRAM     27. IX 2011   PROGRAMMA

O ucescu SAD u "Oluji". Optuzba protiv americkih generala.

Kancelarka Merker nastavlja imperijalisticku politiku protiv Srbije

Razgovaramo telefonski sa Andreom (sekretar, CNJ-onlusa)

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La partecipazione degli USA alla "Operazione Tempesta". Processo contro i generali americani.

La cancelliera Merkel continua con la politica del "bastone e carota" contro la Serbia.

Ne parliamo telefonicamente con Andrea (segretario, CNJ-onlus)



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Da:  Gilberto Vlaic <gilberto.vlaic  @  elettra.trieste.it>
Oggetto: La nostra attivita' a Kragujevac, varie informazioni
Data: 23 settembre 2011 21.21.16 GMT+02.00


Care amiche, cari amici, ecco alcune informazioni sulle nostre attivita’.

Abbiamo ricevuto dal Sindacato Samostanli di Kragujevac il periodico aggiornamento sulla 
situazione generale della Serbia; ve lo allego. I dati sono assai preoccupanti...

Abbiamo aggiornato la nostra pagina facebook con una nuova serie di 27 fotografie dedicate alla 
scuola elementare che si trova a fianco del campo profughi di Trmbas, dove insieme a a varie altre 
associazioni stiamo realizzando un progetto veramente importante di riqualificazione edilizia, che 
ha anche lo scopo fondamentale di ridare nuova dignita’ alle persone che vi abitano e ai bambini 
che frequantano questa scuola.
Potete vederle all’indirizzo
http://www.facebook.com/nonbombemasolocaramelle

Vi ricordiamo che il nostro periodico viaggio per la consegna delle quote di affido si svolgera’ 
dal 19 al 23 ottobre prossimi.
Consegneremo una quota di affido semestrale.
Vi preghiamo di versare le vostre quote con sollecitudine, sul conto della ONLUS

c.c.010000021816
presso Banca di Credito Cooperativo del Carso, Filiale di Basovizza,
Via Gruden 23 Basovizza-Trieste
intestato all'Associazione "Non Bombe ma solo Caramelle - Onlus"
Indicare la causale: EROGAZIONE LIBERALE (seguito dal vostro nome e cognome)
Codice IBAN IT18 E089 2802 2020 1000 0021 816
(deducibile dalla dichiarazione dei redditi)

Un cordiale saluto a tutte/i
Per la ONLUS Non bombe ma solo caramelle
Gilberto Vlaic

Trieste, 23 settembre 2011
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Savez Sindikata Srbije - Sindikat Metalaca Srbije

JEDINSTVENA SINDIKALNA ORGANIZACIJA

ZASTAVA


Adresa : Тrg Тopolivaca 4, 34000 Kragujevac
Тelefon/Faks : 034/335 367 & 335 762 - lokal : 22 69
Elektronska pošta : jsozastava@...


13.09.2011


SITUAZIONE GENERALE IN SERBIA E A KRAGUJEVAC


Anche se è ,,fortunato’’ di ricevere il salario in data prevista, un lavoratore serbo medio in produzione non riesce a saldare i debiti, versare per i crediti, pagare le bollette, riparare i guasti sulla macchina vecchia e può solo sognare il mare e la montagna; egli nel maggior numero dei casi soffre di depressione, pressione alta o diabete. E poi, non ha nessuna speranza nel futuro perchè con le privatizzazioni e nel mercato del lavoro attuale si è trasformato in ,,schiavo’’.

Questo è il tipico schema del lavoratore serbo in produzione industriale; attualmente ce ne sono 301.450. Sono proprio loro a ,,sostenere’’ tutti gli altri, cioè solo loro producono in Serbia. Tutti gli altri prestano servizi oppure sono pagati dal bilancio dello Stato (polizia, esercito, sanità, istruzione, uffici pubblici...).

Se teniamo presente che in Serbia ci sono ufficialmente 1.770.000 lavoratori e 2.356.000 disoccupati e pensionati allora è chiaro che il sistema non è sostenibile e che si teme che siamo in pericolo di collasso. Per esempio, nei paesi europei mediamente sviluppati la media dei lavoratori in produzione è pari a 38 – 44% mentre in Serbia risulta soli 17%. Ciò significa che in Serbia meno di 1 cittadino su 4 produce qualcosa ed è la statistica dei paesi emergenti d’Africa.

Il salario medio in Serbia è 39.100 (circa 390 euro), quasi la metà dei lavoratori percepisce il salario da tre a dodici mesi di ritardo. Preoccupato di non perdere il posto di lavoro, il nostro lavoratore non protesta e accetta tutto. Accetta tutte le condizioni imposte dal padrone perchè il bilancio della crisi iniziata tre anni fà sono oltre 240.000 licenziamenti.

Nonostante il fatto che il potere d’acquisto di un cittadino serbo medio diventa sempre più basso, i prezzi del materiale di prima necessità è in continuo aumento. In un anno il prezzo di pane è aumentato 17%, di latte 7%, di zucchero 45%. Le bollette di telefono sono aumentate 100%, corrente 13.9%, gas 20%. La statistica dice che la vendita di cibo è calata (innanzitutto carne per 20%) eccetto pane che è saltato per 15%.

Ancora un dato che dimostra tenore di vita estremamente basso e povertà alta. Su 7.300.000 abitanti nell’anno 2011 sono in circolazione 1.587.130 vetture, di cui oltre 600.000 sono tra 16 – 25 anni di vita mentre 363.400 tra 11 – 15 anni. Solo 211.800 (13.3%) hanno meno di 5 anni di vita.

L’autunno è il periodo più critico per ogni famiglia media in Serbia perchè ci sono anche le spese straordinarie – bisogna conservare cibo per l’inverno, comprare materiale scolastico per i figli, preparare legna o carbone per il riscaldamento, pagare assicurazione per la vettura ecc.

Segretario

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Rajko Blagojevic




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(italiano / srpskohrvatski)

O antikomunizmu / sull'anticomunismo

1) O antikomunizmu kao izvoru legitimacije i ideološkom sadržaju tranzicionog društva /
Sull’anticomunismo come origine della legittimazione e del contenuto ideologico della società in transizione 
(Srđan Milošević)

2) La revisione della storia e la caccia alle streghe anticomunista in Lituania / Intervista ad Alfred Rubiks, presidente del Partito Socialista della Lettonia

3) Lettera aperta dell'Ufficio stampa del CC del KKE ai 13 deputati europei del cosiddetto "Gruppo per la conciliazione della Storia europea" (aprile 2010)


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O antikomunizmu kao izvoru legitimacije i ideološkom sadržaju tranzicionog društva



Srđan Milošević


U većoj ili manjoj meri dramatičanim slomom socijalističkih režima i iznenađujuće brzim krahom socijalizma kao globalnog sistema, u bivšim socijalističkim zemljama zavladao je snažan antikomunizam, koji je mnogo ranije začet, koji nije nikada jenjavao i koji je od sredine osamdesetih godina 20. veka zapravo postao glavni izvor legitimacije različitih ideoloških narativa tih društava, da bi na kraju postao njihov dominantan ideološki sadržaj. Danas se u postsocijalističkim društvima podrazumeva da je socijalizam bio period istorije na kojem stoji isključivo žig terora, represije, neslobode i manipulacije. I ništa više od toga. U osnovi antikomunizma se nalazi, dakle, isključiva, nekritička, podrazumevajuća i aksiomatična netrpeljivost prema socijalističkoj prošlosti, netrpeljivost koja negira svaku legitimnost socijalizma kao poretka i komunizma kao ideologije.

Kriza, neuspesi, ali i represivnost socijalističkog poretka, kao i naglašeno odsustvo određenih sloboda i prava izazvali su nezadovoljstvo ljudi sistemom i omogućili da pre svega nacionalisti, kao najspremniji za akciju i najodlučniji u svojim ciljevima, ideološki artikulišu to nezadovoljstvo. Pošto je komunizam najveći protivnik nacionalizma, nezadovoljstvo socijalističkim poretkom dobilo je iracionalne razmere upravo zahvaljujući nacionalističkoj artikulaciji nezadovoljstva sistemom. To je u osnovi antikomunizma kao metanarativa postsocijalističkih društava. Odnos antikomunizma i nacionalizma je posebno važan, u onolikoj meri koliko je komunizam kao ideologija zasnovan na principu internacionalizma (u višencionalnim sredinama na principu nacionalne ravnopravnosti), dakle sasvim suprotan nacionalizmu. Bez principa internacionalizma nema ni levice, ni socijalizma, ni komunizma. Otuda su levica i nacionalizam prirodni protivnici i najžešća nacionalistička kritika rezervisana je upravo za levicu.

Antikomunizam ima široku bazu i zajednički je velikiom broju različitih ideoloških narativa. Njih povezuje apsolutno negiranje i osuda socijalističke prošlosti i komunizma kao svojevrsna metaideologija kojom se bezmalo svaki od pojedinačnih ideoloških narativa u postsocijalističkim tranzicionim društvima primarno legitimiše. Iako (više) nema masovne histerične manifestacije, antikomunizam nije manje prisutan i nije manje borben nego što je bio u vreme kada je konačno osvojio pozicije u javnosti i iz opskurnih kabineta, sa privatnih zabava i sa stranica raznih opozicionih (ili „opozicionih“) pisanih sastava izašao na ulice i postao nezvanični mainstream, a potom i ozvaničena ideološka osnova vladajućih elita u postsocjalističkim zemljama. Povremeno redukujući intenzitet i nevoljno priznajući, uglavnom pred pritiskom neumitnih činjenica, određene pozitivne strane socijalističkog poretka, žreci antikomunizma ipak ne odustaju od potpune stigmatizacije i temeljne revizionističke reinterpretacije socijalističke prošlosti.

Antikomunizam nije moderan ideološki narativ, on ostaje na nivou težnji ka rehabilitaciji u socijalizmu osuđenih i odbačenih ličnosti i vrednsoti, ka restauraciji dosocijalističkih institucija, ka revitalizaciji kulturnih modela prethodne epohe. U svakoj od zemalja u kojoj dominira, antikomunizam se pokazao kao ideološki sadržaj koji poništava modernizaciju, retradicionalizuje društvo i sa parolom „povratka na staro“ nastoji da uspostavi nepostojeći kontinuitet sa nepostojećom (izmišljenom i idealizovanom) prošlošću. Reč je o agresivnoj propagandi, koja funkcioniše na principu „lova na veštice“, počiva na istorijskom revizionizmu i služi se korpusom negativnih predstava o socijalizmu, od kojih su neki puka mitska krivotvorenja prošlosti, sa hrpom antiheroja i gotovo mitskih situacija koje treba da posluže za preuveličavanje svih negativnih (treba li podsećati da ih je itekako bilo) i za negiranje svih pozitivnih (a bilo ih je mnogo) učinaka socijalizma.

U uslovima kada je komunistička ideologija odbačena i poražena i kada je odbačen i slomljen socijalistički sistem, kao da nije bilo sasvim jasnog odgovora na pitanje šta posle socijalizma, pa u bivšim socijalističkim zemljama antikomunizam ostaje jedino što dominantne društvene elite mogu da ponude kao sopstvenu legitimaciju. Međutim, od izvora legitimiteta, antikomunizam se pretvorio u autonoman ideološki narativ. Upravo zbog izostanka kreativnog i smislenog odgovora na ključno pitanje – šta posle socijalizma? – nijedan ishod u bivšim socijalističkim zemljama nije nemoguć, sve dok je legitimisan antikomunizmom. Tu je, razume se, ponajmanje reč o ekonomiji, mada se radi i o njoj. Uprkos svim unutrašnjim razlikama koje se ne smeju zanemarivati, kada je reč o bivšim socijalističkim zemljama, prisutna je tendencija jačanja desnih snaga, crkve, porasta netrpeljivosti prema manjinama, rasizma. Na snazi je uspon ideologija ali i praksi na koje je komunizam bio reakcija protiv kojih su komunisti vodili borbu koja je, uz pritisak iz Moskve, umnogome odredile i prirodu socijalizma kao poretka.

Antikomunizam nije tek element neke dominantne ideologije, već primarni ideološki sadržaj postsocijalističkih društava (ili bar većine njih) pa se ta društva najpreciznije mogu opisati, ne kao liberalno-demokratska, konzervativna, fašistička, klerikalna i slično (premda ona sve to u određenoj meri jesu) već pre svega kao postsocijalistička društva sa antikomunizmom kao ideološkom infrastrukturom. Naime, ta društva nisu profilisana ni kao liberalna, daleko su od toga; individualizam je i dalje samo pojam u radovima iz političke filozofije; u njima nema jasno artikulisanih grupnih interesa (osim interesa političkih elita i, naročito – krupnog kapitala); uglavnom dominira vrednosna apsolutizacija nacije, kao ideološki sedativ za nezadovoljstvo socijalnim statusom većine građana, pa je nacionalizam ono što ostvaruje koheziju većine ljudi u razorenom i atomiziranom društvu.

Iako postoje značajne razlike ne samo u modelu socijalizma koji je postojao u bivšim socijalističkim zemljama, već i njihovom postsocijalističkom razvoju, u svim bivšim socijalističkim zemljama važe neke od navedenih karakteristika. Antikomunizam naglašava različite sadržaje u zavisnosti od konkretnog društva, ali svuda gde postoji podrazumeva konstituisanje dominantnog ideološkog narativa kroz otpor (gotovo) svemu onome što se vezuje za socijalistički period istorije. Logika tog otpora je banalna: 1) U socijalizmu nije vredelo gotovo ništa, a ako je nešto i bilo dobro – to nema naročitog značaja u globalnoj oceni socijalizma. 2) U svakoj pojedinačnoj zemlji, nosioci sistema i komunističke ideologje su zločinci ili u najboljem slučaju pomagači zločinaca, koji zaslužuju prezir ili čak sudske kazne. I konačno, 3) komunizam kao ideologija i socijalistički režimi kao njeni protagonisti bili su u potpunosti lišeni legitimiteta. Prema tom tumačenju, komunizam je danas, kako kaže Fire, „sav sadržan u svojoj istoriji“, iznad svega, razume se, u staljinizmu.

Zbog svega toga i komunizam kao ideologija i socijalistički sistem kao pokušaj ostvarenja te ideologije zaslužuju samo liberalno-demokratski verdikt kojim se smeštaju u isti okvir sa fašizmom, kao druga strana totalitarne medalje. Međutim, ta rezolucijski i deklaracijski oktroisana „istorijska istina“ manifestuje se, nimalo slučajno, kroz sve otvorenije globalno zanemarivanje antifašizma kao relevantne vrednosti, sve manje vrednovanje značaja učešća SSSR u borbi protiv fašizma i kao sve očiglednije zanemarivanje antifašističkih tradicija u samim bivšim socijalističkim zemljama. Čak se i antifašistička obeležja koja potiču iz socijalističkog perioda zapostavljaju, ruše i uklanjaju, da bi njihovo mesto u javnom prostoru, ako i kada je to uopšte važno, zauzela obeležja nekog drugog antifašizma, moralno, ideološki i istorijski „ispravnijeg“ i „pravednijeg“. Razume se – a samo bi naivnom posmatraču mogla da promakne veza toga sa antikomunizmom – vrlo često to mesto zauzimaju razne „kontroverzne ličnosti“ nacionalnih istorija, a ponekad i nesumnjivo fašistička obeležja. Više je nego poražavajuće, a moglo bi se reći i da je zastrašujuće to što se, u stvarnosti postsocijalističkih društava, događa i rehabilitacija nacionalističkih pokreta i ličnosti, često veoma bliskih fašizmu ili čak fašista.

Dok se antifašizam potire i zaboravlja u svim bivšim socijalističkim zemljama, istovremeno se insistira na teroru i zločinima komunističkih vlasti, koji treba da ostanu dominantna pa i jedina slika socijalističke prošlosti. Na delu je, u najopskurnijim slučajevima, i do perverzije dovedena svojevrsna „nacionalizacija antifašizma“, u kojoj se fokus diskursa o fašizmu redukuje na osudu Hitlera, Musolinija i najprominentnijih fašističkih lidera kao i najneposrednijih sledbanika, dok se zločinačka priroda raznih „nacionalnih snaga“, i nekadašnjih i savremenih, sasvim zanemaruju, a rečene «nacionalne snage» uzimaju i kao svojevrsni ideološki uzori.

Kao polazište za delegitimizaciju socijalizma, u liberalnoj kritici, koriste se proizvoljno univerzalizovane i grubo zloupotrebljene (u slučaju nacionalista) vrednosti liberalne demokratije, za koje se poverovalo da predstavljaju panaceju, nesumnjivi univerzalni okvir za prevladavanje društvenih protivrečnosti. Činjenica da su socijalistički režimi postojali i da su trajali decenijama, u liberalno-demokratskoj interpretacaiji tek je jedna devijacija istorije, koja se tek sa «prihvatanjem» liberalne demokratije „vraća“ ili stupa na jedini ispravni put. Međutim, Zapad je suočen sa novom enigmom: socijalizma više nema, ali problemi su umnogome ostali. Neki novi su se pojavili, kao posledica upravo rasplamsavanja problema koje je socijalizam rešio u svom kontekstu i poretku stvari. Pokazalo se da su politička rešenja koja su komunisti nudili za mnoga pitanja bila daleko celishodnija, treba reći i – pravednija, pri čemu posebno treba imati u vidu istorijsko delegitimisanje nacionalizma, sa korpusom vrednosti koje iz toga proizulaze, kao i socijalni status građana. Ne treba ni pominjati da sve to nije bilo dovoljno, da nije bilo uvek ni u skladu sa proklamovanim načelima, kao i da je bilo iznevereno i od samih vladajućih struktura. Tu treba napomenuti da, ako je socijalizam istorijski delegitimisan, onda je to prevashodno zbog izneveravanja sopstvenih ideja, a ne zbog inkopatibilnosti sa principima liberalne demokratije, kako se obično podrazumeva.

Sa druge strane, antikomunizam nije ni u čemu doprineo demokratizaciji postsocijalističkih društava, budući da ni sama njegova suština nije demokratska. Posebno kada je u pitanju položaj manjina situacija se u mnogome i pogoršala. Višepartijski sistem postao je sam sebi svrha, a sloboda govora, udruživanja i mišljenja, bez ikakve stvarne institucionalne zaštite, postala je često metod za samootkrivanje drugačijeg, na kojeg se potom primenjuju različite vrste pritisaka, istina pre svega od strane samog netolerantnog društva, ali ponekad i od strane države. I u mnogim drugim segmentima mogla bi se lako dokazati nedemokratska suština vladajućeg poretka u čijoj je osnovi antikomunizam.

Posebno je poražavajuć i obeshrabrujuć trivijalizujući i dogmatski odnos prema socijalističkoj prošlosti onih liberalnih kritičara koji nisu nacionalisti i koji nisu ksenofobični, ali su umesto razumljivog kritičkog izabrali kritizerski ton ideološkog antikomunizma. Taj ideološki antikomunizam kod liberala je, po mom uverenju, refleks suštinskog nerazumevanja istorije Istočne Evrope, posebno događaja u toku Drugog svetskog rata, kao ni epohe koja je posle rata usledila. Kriza u centralnoj i istočnoj Evropi prve polovine 20. veka vodila je ekstremnim rešenjima koja su ultimativno postavila alternativu: fašizam ili komunizam. Liberalna ekvidistanca prema fašizmu i komunizmu nije bila stvarna alternativa. Ideja da je svejedno da li bi trijumfovao fašizam ili komunizam, koja proističe iz raznih deklaracija koje izjednačavaju svet fašizma i svet socijalizma, u najmanju ruku je morbidna.

Na liniji antikomunizma, koji je u osnovi svih savremenih ideoloških paradigmi u postsocijalističkim društvima, uspostavlja se umnogome mehaničko, ali u političkoj praksi opasno ideološko jedinstvo nacionalista i liberalnih nenacionalista. Pošto su bitno određene antikomunizmom, postsocijalističke ideološke paradigme ne mogu da se od njega emancipuju i što je još važnije, podjednako doprinose iracionalnom odnosu prema socijalističkoj prošlosti i prošlosti uopšte. Iako akcentuju različite sadržaje (kritika nacionalne politike komunista, odnosno kritika odsustva građanskih sloboda), nacionalistička i liberalna kritika socijalizma ostvaruju samo kumulativni efekat, čiji je najmarkantniji rezultat – dominacija nacionalizma. Jer, u krajnjem ishodu, nacionalizam nije u sukobu sa «kapitalom», a socijalizam u osnovi jeste.

Antikomunizam se kao dominantna ideologija u postsocijalističkim društvima, duboko ukorenio u njihove vrednosne sisteme, do mere da je postao jedan od temeljnih sadržaja njihovog novog identiteta. Stav o nelegitimnosti socijalizma kao poretka i komunizma kao ideologije uslovio je da se čitava socijalistička prošlost posmatra u rasponu od osude do anegdote, od mržnje do podsmeha, ali uglavnom bez refleksije i gotovo potpuno izvan razumevanja istorojskog konteksta u kojem se socijalizam javlja kao društveno-ekonomski poredak. U evropskim i svetskim okvirima sve dominantnija tendencija da se izjednače „dva totalitarizma“ nije samo antiistorijska, ona je istovremeno i opasna jer je u svojim krajnjim ishodima po pravilu svuda vodila u svojevrsnu normalizaciju fašizma. Antikomunizam je puno doprineo ublažavanju slike o fašizmu kao jedinstvenom primeru otelovljenja zla.

Kada bi antikomunizam bio efemerna pojava u postsocijalističkim društvima, kada bi se mogli prevazići okviri realnih istorijskih alternativa, kada ne bi bilo tako podrazumevajuće da je Staljin isto što i Hitler, Tito isto što i Staljin, a Musolini, ipak, nešto bolje(?!), da su komunisti zločinci, a socijalizam svuda i uvek isključivo poretak neslobode, mraka i bede, ekvidistanca liberala prema nacionalistima i levici bila bi moguća i vidljiva. Ali, antikomunizam, sa ovakvim osnovnim polazištima, jeste temeljna ideološka infrastruktura tih društava i u tome i jeste sva tragedija liberalne nenacionalističke, ali antikomunističke ideje u njima. Zbog svog antikomunizma ona je popustljiva prema nacionalizmu, koketira ili otvoreno sarađuje sa nacionalizmom, u najmanju ruku normalizujući ga, smatrajući ga za manjeg protivnika od komunizma ili levice, a ponekad i za saradnika. Granice se tu često gube. Antikomunizam i dalje sprečava da se jasno prepozna da je nacionalizam najveća ili bar prva prepreka na putu postizanja većeg društvenog blagostanja, ne samo materijalnog. A upravo nacionalizam blokira procese modernizacije, političke, ekonomske i kulturne integracije u svetske tokove, a u konfliktnim i postkonfliktnim regionima blokira uspostavljanje regionalne saradnje koja je neophodan uslov razvoja. Sa druge strane, antikomunizam nenacionalističke orijentacije sasvim je nemoćan i u osnovi žalosno popustljiv prema nacionalizmu, budući da u borbi protiv „bauka komunizma“, u svim prošlim i budućim bitkama, i nacionalizam dobro dođe kao saveznik.

Sve ovde rečeno odnosi se uglavnom na bivše socijalističke zemlje. Unutar tog konteksta savremena levica ima šansu da se profiliše kao politička alternativa koja počiva na nekoliko ključnih principa, od kojih su neki u tradiciji levice, ali ih treba reafirmisati i redefinisati njihov sadržaj, a neki su novi i posledica su neumitnih društvenih promena. Levica bi morala i da preispita svoju decenijsku praksu uklapanja u liberalno-kapitalističke kalupe, u kojoj se sasvim izgubila oštrica njene opravdane kritike kapitalizma. Humanost mora istinski biti ključna reč levice, u svom što potpunijem značenju i sa što širim sadržajem.

Razne nostalgije za izgubljenim «socijalističkim rajem» i glorifikacije socijalizma i njegovih glavnih aktera podjednako su pogrešne kao i antikomunizam, iako nisu podjednako ni masovne ni učinkovite. One su nesavremene, neefikasne, često banalne, a najveći etički preblem je njihova neosetljivost za zloupotrebe, stvarnu nedemokratičnost i političku represiju režima. Sve je to potrebno učiniti vidljivim u optici leve kritike istorijskog socijalizma i vrednsono se prema tome opredeliti. Za samu levicu to je najbolji način borbe protiv antikomunizma (koji je i antilevica, u širem smislu) i njegovih izobličavanja stvarnosti. Levica se ne može vratiti, niti treba da se vrati u nazad. Sa druge strane, levica se mora vratiti osnovnoj ideji da menja svet, umesto što mu se poslednjih decenija prilagođavala. U onolikoj meri koliko je antikomunizam obesmislio i izneverio i ideje liberalizma i očekivanja ljudi u postsocijalističkim zemljama, utoliko savremena levica ima veće šanse. Potrebno je da se jasnije profiliše kao alternativa i da pridobije poverenje ljudi. Na tom putu, najveća prepreka je nacionalizam.


Srđan Milošević je istoričar, saradnik Instituta za noviju istoriju Srbije i član Savjeta Novog Plamena



--- italiano ---

Sull’anticomunismo come origine della legittimazione e del contenuto ideologico della società in transizione


Srdjan Milosevic


In misura più o meno grande, con il fallimento dei regimi socialisti e data la sorprendente velocità di crollo del socialismo come sistema globale, in tutti i paesi ex socialisti si è instaurato un forte anticomunismo, concepito molto tempo prima. Negli anni Ottanta del 20mo secolo esso era diventato, invero, la fonte principale delle diverse narrazioni ideologiche di quelle società, per finire con l'essere il loro contenuto ideologico dominante. Oggi nelle società post-socialiste si dà ad intendere che il socialismo è stato un periodo storico contrassegnato dal terrore, dalla repressione, dalla libertà negata e dalle strumentalizzazioni. E niente più. Alla base dell’anticomunismo sta, infatti, un’intolleranza assoluta, acritica, che sottintende un assiomatico rifiuto del passato socialista, rifiuto che nega ogni legittimità al socialismo come assetto sociale e al comunismo come ideologia.


La crisi, gli insuccessi, ma anche la repressione nel sistema socialista, così come la netta mancanza di certi diritti e di certe libertà, hanno provocato lo scontento della gente verso il sistema ed hanno reso possibile che i nazionalisti in primis, in quanto più preparati all'azione politica e più decisi nei loro scopi, articolassero ideologicamente ed indirizzassero il malcontento. Visto che il socialismo è nemico acerrimo del nazionalismo, l’insoddisfazione con l’assetto socialista ha acquisito delle proporzioni irrazionali proprio grazie all’articolazione nazionalista dell’insoddisfazione verso il sistema. Questo sta alla base dell’anticomunismo come meta-narrazione delle società post-socialiste. Il rapporto tra anticomunismo e nazionalismo è particolarmente importante, nella misura in cui il comunismo come ideologia era stato fondato sul principio dell’internazionalismo (nell’ambito multinazionale sul principio della uguaglianza delle nazioni), quindi del tutto contrario al nazionalismo. Senza il principio dell’internazionalismo non esistono la sinistra, né il socialismo, né il comunismo. Quindi la sinistra ed il nazionalismo sono nemici naturali. Perciò la critica nazionalista più feroce è stata riservata alla sinistra.


L’anticomunismo dispone di una base di consenso molto larga e si accomuna a un grande numero di narrazioni ideologiche. Queste sono legate fra di loro dalla negazione assoluta e dal giudizio negativo rivolto al passato socialista nonché dal giudizio sul comunismo, che quasi ogni singola narrazione ideologica nelle società post-socialiste assume per legittimare se stessa. Anche se (ora come ora) sono assenti certe manifestazioni isteriche di massa, l’anticomunismo non viene meno né ha smussato i suoi punti d’attacco in paragone al periodo in cui, alla fine, acquistò posizioni pubbliche, uscendo allo scoperto dai gabinetti oscuri, dalle feste private e dalle pagine di certi scritti d’opposizione (o quasi-opposizione), e iniziò a marciare in strada e a fermarsi in piazza nei paesi post-socialisti. Di tanto in tanto, riducendo l’intensità dell’attacco e ammettendo controvoglia, di fronte a fatti innegabili, certi lati positivi dell’assetto socialista, gli sciamani dell’anticomunismo non rinunziano alla stigmatizzazione e alla reinterpretazione radicale in direzione revisionistica del passato socialista.


L’anticomunismo non è una narrazione ideologicamente nuova: essa rimane ancorata alla tendenza alla riabilitazione di personaggi e valori condannati o rifiutati nel periodo socialista, alla restaurazione delle istituzioni esistenti nel periodo precedente al socialismo, alla rivitalizzazione dei modelli culturali delle epoche passate. In tutti i paesi dove è diventato la forza dominante, l’anticomunismo si è dimostrato come contenuto ideologico che annulla la modernizzazione, tende verso uno spiccato processo di re-tradizionalizzazione della società, e con il “ritorno al passato” vorrebbe creare un’inesistente continuità con un passato che non è mai esistito (spesso frutto di fantasia o di un’intensa idealizzazione). Si tratta di una propaganda aggressiva che funziona sulla base del principio della “caccia alle streghe”, fondata sul revisionismo storico, che si serve di un corpus consistente di rappresentazioni negative del socialismo, alcune dalle quali sono mere falsificazioni storiche trasformate in mito, con una caterva di antieroi dai contorni quasi mitologici, che dovrebbero servire all'accentuazione di qualsiasi negatività (e non c’è bisogno di ricordare che ce ne sono state) e al contempo come negazione di ogni positività (e sono state molte) del socialismo.


Nelle condizioni in cui l’ideologia comunista è stata rifiutata e sconfitta e quando è stato rifiutato e sconfitto il sistema socialista, pare che non ci siano state risposte chiare alla domanda: che cosa dopo il socialismo? - sicché nei paesi ex socialisti l’anticomunismo è rimasta l’unica dominante che le elites al potere possono offrire come propria legittimazione. Ma da fonte della legittimità, l’anticomunismo è diventato una narrazione ideologica autonoma. Proprio perché non è esistita una risposta sensata e creativa alla domanda fondamentale - che cosa dopo il socialismo? –, nessuna via d'uscita sarà possibile nei paesi post-socialisti, finche l’anticomunismo sarà legittimo. Qui, si capisce, c'entra poco dell’economia, benché sia in ballo anch'essa. Nonostante tutte le differenze interne, che non vanno trascurate, quando si analizzano i paesi ex-socialisti è innegabile la forte presenza delle forze di destra, della chiesa, dell’intolleranza verso le minoranze etniche, del razzismo. Avanzano quelle ideologie e quelle pratiche per combattere le quali il comunismo era nato; ideologie e pratiche alle quali i comunisti si erano sempre opposti e contro le quali avevano sempre lottato, il che aveva determinato in molte cose, su pressione di Mosca, la natura stessa del socialismo come sistema.


L’anticomunismo non è elemento di una qualche ideologia dominante, ma il contenuto ideologico prevalente delle società post-socialiste (o della stragrande parte di esse), sicché queste società possono essere descritte con la massima precisione non come società liberal-democratiche, conservatrici, fasciste, clericali e via di seguito (anche se sono ognuna di queste cose, in una certa misura), ma anzitutto come società post-socialiste con l’anticomunismo come struttura ideologica. Queste società non si profilano come società liberali: lungi da questo, l'individualismo rimane solo pura nozione nelle interpretazioni di filosofia politica; in esse non esistono interessi di gruppo chiaramente articolati (fuorché naturalmente gli interessi delle elites politiche e - soprattutto – gli interessi dei grandi capitali) ma domina come valore assoluto la nazione, che serve come sedativo ideologico per l'insoddisfazione della maggioranza di cittadini verso la propria posizione sociale, sicché il nazionalismo rimane il fattore di coesione per la stragrande maggioranza in una società altrimenti distrutta ed atomizzata.


Anche se esistono differenze, che riguardano non soltanto il modello del socialismo esistente nei paesi ex-socialisti, ma anche il loro sviluppo post-socialista, in tutti i paesi ex socialisti sono valide certe caratterizzazioni. L’anticomunismo accentua contenuti diversi, dipendenti dalla società concreta, ma dappertutto si costituisce come narrazione ideologica dominante che si articola tramite la resistenza a (quasi) tutto ciò che era collegato al periodo storico socialista. La logica di quella resistenza è banalissima: 1) Nel socialismo non c’era nulla che valesse qualche cosa, e anche se c’è stato qualche cosa di buono questo rimane insignificante nella valorizzazione globale del socialismo. 2) In ogni paese singolo i portatori dell’ideologia comunista sono dei delinquenti o, nel migliore dei casi, assistenti di delinquenti, che meritano il disprezzo e di essere trascinati davanti ai tribunali. 3) Il comunismo come ideologia e il regime socialista erano del tutto illegittimi. Secondo questa visione, il comunismo è oggi, come dice Furet, ”tutto contenuto nella Storia” - soprattutto, si capisce, nella storia dello stalinismo.


A causa di tutto questo, sia il comunismo come ideologia sia il sistema socialista come tentativo di sua realizzazione non meritano altro che il verdetto liberal-democratico, che li posiziona nello stesso quadro del fascismo, come rovescio della medaglia totalitaria. E questa verità, imposta come una legge in risoluzioni e dichiarazioni in quanto innegabile “verità storica”, si realizza tramite il sempre più aperto discredito dell’antifascismo, ridotto ad un valore relativizzato, la minimizzazione sempre maggiore del ruolo dell’Unione Sovietica nella lotta contro il fascismo e il sempre più aperto svilimento delle tradizioni antifasciste nei paesi ex socialisti. Persino i simboli antifascisti esistenti, posti nel periodo socialista, sono esposti alla noncuranza, alla distruzione o alla rimozione, per essere sostituiti nello spazio pubblico con simboli di un antifascismo diverso, moralmente, ideologicamente e storicamente “più corretto” e “più giusto”. Si capisce – soltanto ad un osservatore ingenuo potrebbe sfuggire il legame di atti simili con l’anticomunismo – e al posto dei monumenti di prima vengono celebrati certi “personaggi controversi”, talvolta con indubbie caratteristiche fasciste, pescati nella storia nazionale. Si può definire come oltremodo deprimente, anzi, come pauroso quello che in realtà succede nei paesi post-socialisti nel campo della riabilitazione di movimenti e personaggi molto vicini al fascismo se non addirittura fascisti.


Mentre l’antifascismo viene annientato e dimenticato in tutti i paesi ex socialisti, allo stesso tempo si indugia e si insiste sul terrore e sui delitti del potere comunista, che deve rimanere la rappresentazione dominante, anzi l’unica esistente, del passato socialista. Si tratta, nei casi più torbidi, di una “nazionalizzazione perversa” dell'antifascismo, nella quale il discorso si focalizza su Hitler, su Mussolini e sui leader fascisti più in vista, nonché sui loro più stretti seguaci, ma la natura scellerata di talune “forze nazionali”, collaboratrici del fascismo di allora e di adesso, viene trascurata e sminuita, anzi le suddette “forze nazionali” vengono proposte come riferimenti ideologici d’un certo tipo.


Come punto di partenza per delegittimare il socialismo nella critica liberale si fa un uso improprio dei valori universali - brutalmente strumentalizzati nel caso dei nazionalisti - della democrazia liberale, la quale si era creduto che rappresentasse una panacea, cioè una cornice indiscutibile per il superamento delle contraddizioni sociali. Nell’interpretazione liberal-democratica, il fatto che i regimi socialisti siano esistiti e che siano durati per decenni non rappresenta altro che una deviazione della Storia, e la Storia “ritorna” o si mette sull’unica strada possibile e giusta solamente con l' “adozione” della democrazia liberale. Ma l’Occidente deve affrontare un enigma nuovo: il socialismo non esiste più, ma i problemi in molti casi esistono e resistono. E sono apparsi anche dei problemi nuovi, che divampano, problemi che il socialismo aveva risolto nel suo contesto e nel suo ordine di cose. Sta venendo alla luce che le soluzioni politiche che offrivano i comunisti sono state molto più efficaci e – bisogna dirlo – molto più giuste, si pensi ad esempio alla delegittimazione dei nazionalismi, con tutti i valori derivanti da una simile politica, che riguarda anche lo stato sociale dei cittadini. Non c’è bisogno di ricordare che tutto ciò non è stato abbastanza, che molti fatti erano in contrasto con i principi proclamati e che gli stessi membri delle strutture vigenti allora delle volte non hanno tenuto fede ai proclami. Allora bisogna dire che, se il socialismo è stato storicamente delegittimato, questo è successo in primo luogo perché non ha tenuto fede alle sue proprie idee, e non per una incompatibilità con i principi della democrazia liberale - posizione che nel pensiero pubblico è diventata luogo comune.


D’altro canto l’anticomunismo non ha contribuito per nulla alla democratizzazione degli Stati post-socialisti, visto che la sua sostanza non è democratica. Soprattutto, a proposito delle condizioni delle minoranze, la situazione è peggiorata, e di molto. Il sistema pluripartitico è diventato fine a se stesso, e la libertà d’espressione, di associazione o di pensiero, senza alcuna protezione istituzionale, sono diventate spesso un metodo per mettere a nudo il diverso, il quale poi è diventato oggetto di varie forme di pressione, e nonostante il fatto che la pressione più forte sia esercitata dalla società stessa, per nulla tollerante, le pressioni a volte sono esercitate persino da parte dello Stato. E in molti altri segmenti della società sarebbe oltremodo facile provare l’essenziale assenza di democrazia, nel sistema vigente basato sull’anticomunismo.


Particolarmente inaccettabile e scoraggiante è il comportamento rozzo e dogmatico verso il passato socialista da parte di critici liberali che non sono né nazionalisti né xenofobi, ma che invece di avere una posizione di critica ragionevole hanno scelto di usare il tono scriteriato dell’anticomunismo urlante ed ideologizzato. Questo anticomunismo ideologizzato dei liberali, io credo, riflette una sostanziale incomprensione della storia dell’Europa dell’Est, soprattutto una incomprensione degli eventi che hanno seguito la Seconda guerra mondiale, l’incomprensione dell’epoca successiva agli eventi bellici. La crisi nell’Europa centrale ed orientale nella prima metà degli anni 20 spinse le società verso soluzioni estreme, che ponevano l'alternativa in modo ultimativo: o il fascismo o il comunismo. L’equidistanza liberale verso il fascismo e verso il comunismo non rappresentava allora un’alternativa realistica. L’idea che fosse uguale se a trionfare fosse il fascismo o il comunismo, idea che trapela da diverse dichiarazioni che equiparano il mondo del fascismo al mondo del socialismo, è, come minimo, un'idea morbosa.


Sulla linea comune dell’anticomunismo, che sta alla base di tutti i paradigmi ideologici nelle società post-socialiste, si sta creando in molti casi meccanicamente, ma nella pratica politica, una pericolosa unione dei nazionalisti con i liberali non nazionalisti. Visto che sono in sostanza caratterizzati dalla posizione anticomunista, i paradigmi ideologici post-socialisti non riescono ad emanciparsi da questa, e, cosa ancora più importante, allo stesso modo sostengono fortemente l'atteggiamento irrazionale verso il passato socialista e verso il passato in generale. Anche se pongono l'accento su contenuti diversi (critica alla politica nazionale comunista, o critica all’inesistenza delle libertà civili), la critica al socialismo tanto da parte dei nazionalisti quanto da parte dei liberali non approda ad altro che ad un’effetto cumulativo, il cui risultato più spiccato finisce con l'essere la posizione dominante del nazionalismo. Perchè, in fin dei conti, il nazionalismo non è in conflitto con il capitale, mentre il socialismo lo è.


L’anticomunismo come ideologia dominante nelle società post-socialiste si è profondamente radicato nelle loro scale di valori, a tal punto che esso è diventato uno dei contenuti-base della loro nuova identità. La posizione sulla non legittimità del socialismo come assetto sociale e del comunismo come ideologia ha condizionato la visione dell’intero passato socialista, andando dalla precisa condanna sino all'aneddotica, dall’odio fino alla beffa, ma ponendosi sempre senza riflettere mai e quasi senza capirci nulla, al di fuori del contesto storico in cui il socialismo è comparso come assetto sociale ed economico. Nella cornice europea e mondiale, la tendenza sempre più dominante di equiparare “i due totalitarismi” non è soltanto antistorica, essa diventa allo stesso tempo pericolosissima nei suoi effetti ultimi, perché di regola ha sempre e dappertutto implicato la normalizzazione del fascismo. L’anticomunismo ha dato un grande contributo all'ammorbidimento dell'immagine del fascismo come esempio univoco della personificazione del male.


Se l’anticomunismo fosse un fenomeno effimero nelle società post-socialiste, se si potessero oltrepassare i limiti delle alternative storiche realmente esistenti, se non fosse diventato “ovvio” che Stalin era lo stesso che Hitler, e Tito lo stesso che Stalin, e che Mussolini era, però, qualcosa di meglio (?!), i comunisti delinquenti e il socialismo sempre e dappertutto nient'altro che un sistema senza libertà, un sistema dell’oscurantismo e della miseria, una equidistanza dei liberali dai nazionalisti e dalla sinistra avrebbe potuto diventare possibile e visibile. Ma l’anticomunismo, con queste premesse, rappresenta una visione ideologica fondamentale delle sotto-strutture di queste società e alla suddetta posizione viene tragicamente ricondotta l'intera idea liberale non nazionalista. A causa del suo anticomunismo, essa diventa lassista verso il nazionalismo, corteggia il nazionalismo o diventa apertamente sua collaboratrice, e come minimo lo rende “normale”, considerandolo nemico minore rispetto al comunismo o alla sinistra, e di volta in volta lo accetta anche come compagno di strada. I limiti sono spesso rozzi. L’anticomunismo impedisce di vedere chiaramente che il nazionalismo, se non è il più grande è quantomeno il primo ostacolo che ostruisce la strada verso un maggiore benessere sociale, non soltanto materiale. E proprio il nazionalismo blocca i processi d’integrazione nelle correnti mondiali della modernizzazione e della integrazione politica, economica e culturale nelle regioni post-conflittuali, impedendo la collaborazione regionale, che rappresenta la condizione indispensabile dello sviluppo. D’altro lato, l’anticomunismo di orientamento non nazionalista è completamente impotente e in tutto e per tutto tristemente remissivo nel suo rapporto con il nazionalismo, visto che in ogni lotta passata e futura contro “lo spettro del comunismo”, il nazionalismo si è sempre dimostrato come un cooperante valido.


Tutto quanto affermato qui riguarda la stragrande maggioranza dei paesi ex socialisti. In questo contesto, una sinistra moderna ha una certa possibilità di profilarsi come alternativa politica, fondata su alcuni principi-base, dei quali alcuni hanno da sempre fatto parte della tradizione della sinistra ma hanno bisogno di essere ora ridefiniti e riformati nel loro contenuto, ed altri sono del tutto nuovi e si presentano come conseguenza di cambiamenti sociali ineludibili. La sinistra dovrebbe ri-analizzare la sua oramai ventennale pratica d’inserimento nel quadro liberal-capitalistico, pratica in cui si è completamente dissipata e persa l’acutezza della sua giustificata critica al capitalismo. Umanesimo deve essere la parola-chiave della sinistra, nel suo significato più profondo e nel suo contenuto possibilmente più ampio.


Le varie nostalgie del perduto “paradiso socialista” e glorificazioni del socialismo e dei suoi attori principali sono altrettanto sbagliate quanto l’anticomunismo, anche se esse non sono altrettanto frequenti né sortiscono lo stesso effetto. Esse sono anacronistiche, poco efficaci, spesso banali, e il loro più grande problema è di carattere etico, visto che si mostrano insensibili verso gli abusi, verso la poca democraticità o la repressione politica di quei regimi. Tutto ciò va reso visibile nell’ottica di una critica da sinistra del socialismo storico e delle scelte di valori che lo riguardano. Per la sinistra, questo sarebbe il modo migliore di lottare contro l’anticomunismo (che è anche nemico della sinistra, nel senso più largo) e contro la sua costante deformazione della realtà. La sinistra non può e non deve andare all'indietroD’altra parte, la sinistra deve ritornare all’idea-base di cambiare il mondo, invece di adattarsi ad esso, come ha fatto negli ultimi anni. Nella misura in cui l’anticomunismo ha reso senza senso e ha tradito le idee del liberalismo e le aspettative della gente nei paesi post-socialisti, la sinistra contemporanea avrebbe delle possibilità maggiori. Essa necessita di profilarsi meglio come alternativa e di conquistare di nuovo la fiducia della gente. Ma su questa strada l'ostacolo maggiore è rappresentato dal nazionalismo.



Srdjan Milosevic è storico, collaboratore dell’Istituto per la storia contemporanea della Serbia e membro del consiglio di “Novi Plamen”.

Traduzione: Jasna Tkalec




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http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=21488

La revisione della storia e la caccia alle streghe anticomunista in Lituania

di Vytautas Liutkus**

su http://solidarite-internationale-pcf.over-blog.net/ del 19/09/2011

**dipartimento internazionale del Fronte Popolare Socialista della Lituania

Traduzione di l'Ernesto online

Nel giugno 2010, i membri del parlamento borghese della Lituania hanno approvato una legge che è stata introdotta nel Codice penale della Repubblica di Lituania e che recita:

“Articolo 170. Approvazione pubblica di crimini internazionali, dei crimini dell'URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania o contro i suoi abitanti, la negazione e la minimizzazione flagrante di tali crimini.

1. Ogni persona, che ha pubblicamente approvato i crimini di genocidio, o altri crimini contro l'Umanità o i crimini di guerra che sono stati riconosciuti dalla legislazione della Repubblica di Lituania o dell'Unione Europea o dai verdetti resi dai tribunali Lituani o internazionali, chi li ha negati o minimizzati in maniera flagrante, se ciò è stato commesso in modo minaccioso, ingiurioso o offensivo, o se in conseguenza l'ordine pubblico ne sia stato turbato; ugualmente, ogni persona che abbia approvato l'aggressione dell'URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania, i crimini di genocidio o altri crimini contro l'Umanità o crimini di guerra attuati dall'URSS o dalla Germania nazista sul territorio della Repubblica di Lituania o contro gli abitanti della Repubblica di Lituania durante gli anni 1990-1991 da coloro che hanno condotto l'aggressione contro la Repubblica di Lituania o da coloro che vi siano stati implicati, che li hanno negati o minimizzati in maniera flagrante, se ciò è stato commesso in modo minaccioso, ingiurioso o offensivo, o se in conseguenza l'ordine ne sia stato turbato:

E' passibile di un'ammenda o della privazione della libertà, mediante l'assegnazione a domicilio o l'incarcerazione fino a dieci anni di prigione.

La responsabilità delle azioni previste da questo articolo ricade anche su persone morali.”

E' precisamente in virtù di questo articolo che il presidente del nostro partito Algirdas Paleckis viene incriminato per avere messo in dubbio la versione “ufficiale” diffusa dalla propaganda borghese criminale concernente gli avvenimenti del 13 gennaio 1991. Inoltre, le medesime accuse sono rivolte anche contro il partito del Fronte Popolare Socialista in quanto persona morale.

L'obiettivo di queste persecuzioni grottesche è quello di lottare contro le attività del compagno Algirdas Paleckis e del Fronte Popolare Socialista nella loro resistenza alle politiche sociali ed economiche dirette contro il mondo del lavoro e attuate da vent'anni dai rappresentanti dei grandi capitalisti monopolisti. Le accuse sono state, inoltre, uno strumento in più per i media controllati dal grande Capitale nella loro campagna di propaganda contro il solo partito politico che si colloca fuori dal quadro borghese nel paese, allo scopo di dipingere il Fronte Popolare Socialista come un “nemico della Lituania e dei suoi cittadini”.

Tuttavia, tenendo conto degli aspetti sopra evocati che sono più o meno facilmente riconoscibili, la legge in questione – l'articolo 170 che è stato introdotto in maniera antidemocratica nel Codice penale Lituano – ha delle implicazioni ben più profonde. Non è chiaro se sia stato fatto apposta, o se si tratti di un caso. In ogni caso, l'articolo del Codice penale Lituano che proibisce in realtà a chiunque di negare “l'occupazione sovietica della Lituania”, come la chiama la borghesia lituana, è anche un attacco contro il marxismo, il socialismo e il comunismo. Pensiamo che fare appello alle diverse istituzione di difesa dei “diritti dell'Uomo”, protestare davanti ai parlamenti borghesi, i tribunali e anche le ambasciate nella speranza che i rappresentanti borghesi si degnino di ascoltarci, non sia la tattica migliore. Tali azioni, intendiamoci, possono rivelarsi utili allo scopo di ottenere una base di sostegno più ampia e di contribuire alla presa di coscienza tra le masse. Ma noi dobbiamo mettere termine a queste speranze sulle eventuali concessioni che ci potrebbe fare la borghesia. La criminalizzazione dell'ideologia anti-borghese e di coloro che la difendono mentre la borghesia è al potere è parte integrante della lotta di classe. E il nostro dovere è di affrontarla e organizzare il contrattacco della classe operaia.

Pertanto, si presenta la necessità di spiegazione in merito alla questione, concernente la natura di classe dell'articolo del Codice penale della Lituania. Inoltre, per riprendere la terminologia della borghesia Lituana, “la negazione dell'occupazione Sovietica della Lituania” non ha nulla a che vedere con la negazione, ad esempio, dell'Olocausto. Come sappiamo bene, e come la storia ha provato, la borghesia utilizza costantemente il nazionalismo allo scopo di conservare il suo potere e i suoi privilegi. E un mito nazionalista odioso è stato proposto dai media (e non solamente da essi) controllati dall'oligarchia da 20 anni, secondo il quale la Lituania è divenuta allora “indipendente” dall'URSS. E' proprio questa concezione primitiva e questa visione del mondo che permette al mito nazionalista Lituano di rimanere in vita. E sarà solamente quando andremo oltre il quadro dell'ideologia borghese che emergerà l'autentica essenza della storia Lituana.

Il periodo Sovietico per i Lituani non è l'affare di una nazione contro un'altra, vale a dire della nazione Russa che occupa e opprime i Lituani – come pretende la versione ufficiale. E' stato un periodo in cui noi abbiamo vissuto sotto un sistema economico differente, e di conseguenza politico. E' stato il periodo del tentativo di costruzione del socialismo, di costruzione di un'alternativa a un sistema economico spaventoso basato sulla proprietà privata, quale è il capitalismo. A partire dalla prospettiva marxista, in cui ci collochiamo, è stato il caso in cui il potere è passato dalle mani dei capitalisti a quelle dei lavoratori. E allo stesso modo, all'epoca in cui l'Unione Sovietica è stata dissolta, la questione per i Lituani non era di decidere tra “occupazione” e “indipendenza”. La scelta che stava di fronte ai lavoratori della Lituania era tra socialismo Sovietico e capitalismo Lituano. Il senso autentico dell' “indipendenza della Lituania” è quello della restaurazione della dittatura capitalista in Lituania. Contrariamente a certe false concezioni difese da qualcuno al giorno d'oggi, secondo le quali gli ideali di coloro che hanno difeso la rottura con l'Unione Sovietica erano animati da buone intenzioni, ma che è solo quando la “Lituania è divenuta indipendente” che qualcosa non ha funzionato, che alcuni criminali sono riusciti a trarre profitto dalla situazione nel proprio interesse, e che questa è la ragione che sta dietro la situazione economica (e di conseguenza politica) disastrosa in cui si trova la Lituania oggi. Contrariamente a tale argomentazione piena di ingenuità, è un fatto che nel caso della dissoluzione dell'Unione Sovietica, la sola via lungo la quale la Lituania si sarebbe potuta avviare era quella di diventare uno Stato corrotto controllato da un gruppo di oligarchi e con un'esplosione colossale e quotidiana di violenza sistematica contro i lavoratori. Esattamente quello che è la Lituania oggi. 

Infine, nei termini della storia, non si dovrebbe essere sorpresi che la versione ufficiale degli avvenimenti passati sia sempre l'interpretazione o la versione proposta da coloro che sono al potere. Il monopolio della verità è sempre nelle mani dei vincitori. E dopo la controrivoluzione in Unione Sovietica, oggi la borghesia è vittoriosa su scala mondiale, e la sua versione degli avvenimenti storici è la versione “ufficiale”. E allo scopo di proteggere i suoi privilegi, campagne anticomuniste sono state lanciate un po' dappertutto, particolarmente nell'Europa dell'Est. Termini tali come “crimini socialisti e comunisti”, “dittatura comunista”, “occupazione socialista o comunista” o “la minaccia del comunismo” sono entrati nei discorsi pubblici allo scopo di spingere le masse operaie e popolari a tenersi alla larga dall'ideologia socialista e comunista. Accettare la versione “ufficiale” e sedicente “obiettiva” del passato, significa soccombere alla propaganda della borghesia. Il nostro compito è di difendere la nostra causa a qualsiasi prezzo, dato che in termini di lotta di classe, non esiste imparzialità.

Solidarietà con tutti i compagni oppressi nel mondo, nessuna accettazione di ogni tentativo che miri a criminalizzare l'ideologia socialista e comunista!

La classe operaia deve essere spinta a contrattaccare di fronte alle misure borghesi anti-operaie, deve rendersi conto che nessun compromesso è possibile tra le classi.


*Bisogna ricordare che in Lituania è proibito dal 1991 a tutte le forze politiche di chiamarsi ufficialmente comuniste, il che spiega la scelta del nome di “Fronte Popolare Socialista della Lituania”

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Intervista ad Alfred Rubiks, presidente del Partito Socialista della Lettonia


su www.kpfr.ru del 24/03/2011

da “Pravda”, giornale del Partito Comunista della Federazione Russa

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Andrey Rubiks è stato segretario del Partito Comunista nella Lettonia sovietica. Per essersi opposto al rovesciamento del governo sovietico da parte delle forze nazionaliste che hanno preso il potere nella repubblica baltica nel 1991, è stato condannato a 8 anni di carcere. Nel frattempo il Partito comunista è stato messo fuorilegge e i suoi militanti sono stati costretti a cambiarne il nome in “Partito Socialista della Lettonia” (PSL), per poter continuare l'attività legale. Nel 1999, uscito dal carcere, il compagno Rubiks è stato eletto presidente del PSL. Attualmente è deputato europeo, e aderisce al gruppo del GUE-NGL.

In un periodo relativamente breve il Partito Socialista della Lettonia (PSL) ha ottenuto significativi successi nella sua attività. Dove sta il segreto?

- Sono lieto di potere rispondere alle domande del giornale “Pravda”. Siete stati bravi a conservare il nome del giornale leninista.
Il Partito Socialista della Lettonia venne creato, con la mia attiva partecipazione, il 15 gennaio 1994, mentre mi trovavo nelle galere della Lettonia borghese, essendo stato condannato a otto anni di privazione della libertà per avere difeso il Potere Sovietico nella repubblica. Il Partito Socialista è cresciuto sulle spoglie del Partito Comuniste della Lettonia, che è stato proibito nel 1991. Il PSL è rimasto un partito marxista (così sta scritto nei suoi Statuto e Programma), un partito internazionalista, un partito dei lavoratori.
Non posso affermare che al Partito Socialista aderiscono apertamente moltissime persone. La gente ha paura: perché la propaganda degli ideali comunisti nella repubblica viene equiparata a quella del fascismo e proibita per legge. Inoltre, l'anziano leader del PSL è stato rinchiuso in galera per la sua attività politica. Ma il Programma del nostro Partito, le sue idee e obiettivi sono compresi e sono vicini al popolo. In questo, è evidente, risiede il “segreto”.
Ma tuttavia, ciò non sarebbe ancora sufficiente se il Partito non avesse adottato una tattica corretta, si fosse rinchiuso in sé stesso ed avesse agito dogmaticamente, e non in modo creativo. Noi già da alcuni anni siamo entrati nella coalizione di partiti politici di centro-sinistra “Centro della concordia”, che ci ha dato più forza e possibilità. Una realizzazione comune della coalizione è rappresentata dai nostri successi elettorali. Ad esempio, alle ultime elezioni parlamentari il “Centro della concordia”, a cui partecipano 5 partiti, ha ottenuto 29 (di cui 4 al PSL) su 100 seggi del Parlamento.

E' diffusa l'impressione che la Lettonia, in quanto membro dell'Unione Europea, si sia trasformata nella periferia dell'Europa, come allo stesso modo degli anni 30 dello scorso secolo. Quanto corrisponde al vero questa impressione?

- Purtroppo non è solo un'impressione, ma la realtà. In quasi 20 anni della cosiddetta indipendenza della Lettonia, essa da repubblica sviluppata dell'Unione Sovietica, nel cui ambito occupava i primi posti per molti indici macro e micro-economici, si è trasformata in un paese arretrato dell'Unione Europea, dove per quanto riguarda i medesimi indici è passata dai primi agli ultimi posti. Nel 2009, la Lettonia si è trovata in condizioni di insolvenza ed è stata costretta a chiedere crediti al FMI e agli stati dell'Un

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Barricate, scontri, manifestazioni in Kosovo

1) Nel Nord del Kosovo cresce la tensione, barricate, scontri, manifestazioni (E. Vigna) / Imminente una campagna terroristica della NATO, per completare la pulizia etnica nella provincia kosovara della Serbia (T. Bancroft-Hinchey)
2) NEWS
- Kosovo: Witness gets two months jail for contempt of UN court
- Ethnic Serbs battle isolation as Kosovo reinforces northern border
- Kosovo: Serbs in north continue to block roads
- Kosovo Serbs fortify barricades
- KFOR removes barbed wire at Brnjak
- Tensions Rise in Southeast Serbia as Ethnic Albanians Rally
- Shooting in Kosovska Mitrovica, barricades remain
- NATO shield poses threat to Serbia, expert says
3) Selezione notizie da Glassrbije.org


LINKS:

L' Ambasciatore russo a Belgrado critica Tadic / Russian ambassador crtiticizes Tadic / Govor ruskog ambasadora Aleksandra Konuzina na Prvom bogradskom forumu o bezbednosti
http://www.juliagorin.com/wordpress/?p=2722

NATO Chieftain In Kosovo: Press Conference With Client Thaci
NATO Community - September 16, 2011
http://www.youtube.com/watch?v=3O8sb_3jI40

Provocazioni della NATO a Mitrovica Nord (english / italiano)
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Resistenza contro la NATO ed i suoi sgherri in Kosovo
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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posebi21-009590.htm

www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 21-09-11 - n. 377

Nel Nord del Kosovo cresce la tensione, barricate, scontri, manifestazioni
 
Formato PDF: http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/posebi21.pdf
 
A cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, Italia e SOS Kosovo Metohija
 
Avevamo appena finito di tradurre l’articolo sotto riportato, che preannunciava venti di violenza nella provincia kosovara serba, e purtroppo quanto denunciato dal giornalista serbo Milovan Drecun, si è avverato. Domenica, 18 Settembre 2011, le forze speciali dei secessionisti albanesi, i ROSU ( Regional Operational Support Unit, una unità speciale addestrata dalla NATO, che agisce autonomamente ed è usata come supporto alla polizia locale, in azioni da commandos o di fronteggiamento di proteste di piazza), coadiuvati e protetti dalla NATO, dalla KFOR e dalla polizia EULEX ( il nuovo nome della missione militare in Kosovo), hanno preso il controllo dei due passaggi amministrativi di Jarinje e Brnjak, che di fatto Pristina considera frontiere.
La popolazione serba blocca il nord della regione con barricate, presidi e dichiara la sua volontà di non accettare questo incursione militare e di voler andare fino in fondo contro Pristina.
 
Già ad agosto le barricate erano state tolte, dopo giorni di scontri, assalti e violenze, con la mediazione del governo di Belgrado, che aveva promesso di aver trovato un accordo con la NATO/KFOR che prevedeva che fosse la Kfor - e non le forze di polizia kosovare – ad assumere il controllo dei due punti di confine teatro delle maggiori tensioni, dichiarandoli 'zona di sicurezza militare'. Ovviamente promesse non mantenute, perché l’obiettivo come ben documenta Drecun, ben altri sono i progetti della NATO e dell’UE per il popolo serbo del Kosovo Metohija.
 
Sono state bloccate le strade magistrali, e ad ogni provocazione degli albanesi o ad ogni tentativo delle forze albanesi o internazionali di andare verso il nord, le barricate si rafforzano, e in alcuni punti stradali le barricate oltrepassano i 5 metri d’altezza. I serbi si muovono attraverso le altre strade alternative che controllano da soli, e da li arriva anche il cibo e l’acqua. Il traffico dei mezzi scorre con difficoltà, i grandi autobus non possono viaggiare sulle strade a bassa qualità, e quindi dalla Serbia centrale arriva solo qualche furgone
Nel nord di Kosovska Mitrovica i serbi hanno accumulato ingenti quantitativi di sabbia e pietre, con cinque camion, sul ponte principale sul fiume Ibar, che separa la parte meridionale e settentrionale della città che così è stato ulteriormente rafforzato.
Un lavoro simile è stato fatto di fronte al ponte est di Kosovska Mitrovica.
 
Questa è stata la risposta alla KFOR, che aveva lanciato con elicotteri migliaia di volantini, dove diceva che le barricate non sono il modo giusto per esprimere il malcontento e che dovevano essere immediatamente tolte. La situazione in Kosovska Mitrovica è calma, nei pressi del ponte ci sono a turno, alcune centinaia di cittadini, che presidiano la barricata.
 
I serbi di Kosovska Mitrovica, hanno risposto anche con un proprio volantino apparso per le strade della città, dove, da una parte del foglio vi è una bandiera serba con la firma: "serbi del Kosovo", nell’altra parte scrivono:
 
"...Secondo la risoluzione 1244, il Kosovo è parte integrante della Serbia. Nessuna risoluzione parla di una dogana del Kosovo. Nella risoluzione non si definiscono confini del Kosovo.
I blocchi stradali rappresentano l'insoddisfazione e la rabbia del popolo serbo del Kosovo a causa delle pratiche e della non conformità con la risoluzione 1244. E 'meglio difendere i blocchi e barricate della resistenza armata. E voi signori della KFOR valutate se abbiamo ragione..."; il foglietto è scritto in serbo e inglese.
Sul lato nord del ponte ci sono membri del Servizio di polizia del Kosovo ( serbi), e alla metà del ponte, vi è una macchina della polizia parcheggiata, e sul lato meridionale, veicoli blindati dell’’ EULEX. Tutte le strade del nord che portano a Brnjak e Jarinje sono totalmente bloccati. I maggiori problemi e rischi sono nei luoghi dove ci sono zone abitate da serbi e albanesi, vicine come nei villaggi di Kolasin e Ibar Dudin, Krs verso il sud di Kosovska Mitrovica.
 
Il capo della missione europea in Kosovo (Eulex), il francese Xavier de Marnhac, ha chiesto la rimozione dei blocchi stradali e delle barricate messe in atto dalla popolazione serba nel nord del Kosovo. De Marnhac, secondo un comunicato di Eulex, ha visitato le due postazioni in questione, Jarinje e Brnjak, affermando che entrambe sono pronte ad avviare la loro attività operativa. Ma la loro apertura tuttavia è impedita dalle numerose barricate erette dai serbi lungo le strade tutt'intorno ai due posti di dogana. Sottolineando che i blocchi stradali e le barricate sono illegali e non possono essere considerati una forma pacifica di protesta, ha lasciato intendere un monito, che ipotizza un intervento di forza contro i manifestanti serbi.
 
Il comandante della KFOR Erhard Biler, ha detto ieri a Mitrovica, che questa è l'ultima volta che ha deciso di ritirare i membri della KFOR e non usare la forza che ha in potere. Biler ha detto che se continueranno i posti di blocco, sarà costretto ad utilizzare tali poteri.
Una provocazione c’è stata degli albanesi dal villaggio Košutovo, da dove si è sentito sparare in direzione del villaggio Zupče, dove i serbi vigilano giorno e notte accanto alle barricate
Frattanto l’esercito tedesco ha deciso che invierà in Kosovo due autoblino del tipo “tasso“ che si usano nelle cariche contro i manifestanti e per la rimozione delle barricate. Il comando della Bundeswer per le azioni all’estero ha confermato la notizia che era stata riportata dal giornale Frankfurter Algemaine Zietung. Ad inizio ottobtre in Kosovo saranno mandati anche due veicoli per le cariche con l’acqua. Il contingente tedesco della Kfor è composto di 1.400 soldati.
 
Alla barricata di Jarinje si è esibita l’Associazione culturale e artistica "Kopaonik" di Leposavic, ed è stato annunciato che sarà organizzato ogni sera uno spettacolo.
Anche di fronte al campo della KFOR "Notting Hill", nel comune di Leposavic, ci sono state manifestazioni e presidi.
 
Intanto da Belgrado il governo serbo invita i cittadini del nord del Kosovo a non cedere alle provocazioni e che... le istituzioni statali della Serbia sono assolutamente in funzione della stabilizzazione e della pace....
 
Il responsabile del distretto di Kosovska Mitrovica Nord, Radenko Nedeljkovic, ha dichiarato che:...” i serbi del nord non si arrenderanno e difenderanno i posti di blocco, per impedire alla KFOR di procedere verso Jarinje e Brnjak, aggiungendo che i residenti del nord del Kosovo continueranno le proteste pacifiche tutto il tempo necessario...Nonostante la minaccia della KFOR, di usare la forza e sfondare le barricate, erette per protestare e per difendere le nostre richieste legali e legittime, noi non torneremo indietro, fino a che nei due passaggi amministrativi, la situazione non torni com’era prima della decisione di Pristina, prendere i due punti con le unità speciali Rosu...Non permetteremo che una qualsiasi parte delle unità Kfor o altre, passino attraverso le barricate, hanno gli elicotteri per trasportare gli albanesi, gli agenti doganali e di polizia, e di fornire cibo per i loro soldati... La gente resta sulle barricate, attualmente anche a Rudar, villaggio alle porte di Leposavic, vi sono oltre 150 manifestanti fissi... ", ha detto il capo distretto.
Le truppe della KFOR, nel tentativo di stabilire un checkpoint nel villaggio di Jagnjenica, frazione del comune di Zubin Potok, sono state bloccate dall'intervento della popolazione locale che ha bloccato il traffico sulla strada Zvecan-Zubin Potok, erigendo una barricata.
 
“...Siamo venuti qui per impedire alla KFOR di fare quello che sta facendo, non deve farlo – dice il sindaco di Zupce Slavina, Ristic... Tutti sappiamo perché lo sta facendo. Sta provando, con la forza, a creare un confine dove non esiste...”.
 
Gli operai di una delle più grandi ditte di trasporto nel Kosovo settentrionale Kosmet prevoz hanno organizzato una sfilata di protesta dei veicoli nelle strade di Kososvska Mitrovica. I serbi che protestavano hanno chiesto che gli sia assicurato il diritto al lavoro e la libertà di movimento, ed hanno appoggiato le richieste dei loro connazionali che si oppongono all’instaurazione dei punti doganali ai valichi ammnsitrativi Jarinje e Brnjak, i quali dividono il Kosovo dalla Serbia centrale. Una colonna di 0 pullman con le bandiere serbe e con i clacson spiegati è passata attaverso le strade principali di Kosovska Mitrovica.
 
Il sindaco di Mitrovica Krstimir Pantic ha detto ai media: “... che l'attuale situazione nel Kosovo settentrionale è per ora calma, ma siamo preparati al peggio...il nord della provincia è completamente tagliata fuori dal resto. A Kosovska Mitrovica sono state collocate barricate sul ponte principale Ibar, che impediscono ai veicoli della KFOR e dell'EULEX di andare verso i valichi di frontiera amministrativa, in modo che possano utilizzare solo le vie aeree. I cittadini sono in gran numero per le strade, di giorno e nel turno di notte ... Per noi è essenziale che la gente è calma e determinata a non lasciarsi provocare da albanesi per poi essere accusati di spingerea sommosse. I cittadini sulle barricate sono pacifici, ma siamo preparati al peggior scenario: che la KFOR, l'EULEX e gli albanesi, con la forza cercheranno di sfondare barricate, e quindi arrivare a Jarinje e Brnjak...allora potrà succedere di tutto...” ha dichiarato Pantic.
 
Il maggior quotidiano albanese di Pristina, il Koha Ditore, del 14/09/2011, citando fonti degli apparati interni del governo secessionista, denuncia che i serbi preparano una resistenza armata.
 
Secondo l’articolo, Radenko Nedelkovic, capo del distretto serbo di Mitrovica, avrebbe consegnato allo Stato maggiore di crisi serbo nel nord del Kosovo l'incarico di coordinare le azioni tra i responsabili politici locali ed un gruppo serbo armato nel nord di Mitrovica. Questa decisione è stata presa visto il peggiorare della situazione e le prospettive per la minoranza serba in Kosovo.
 
Secondo il sito di questo giornale, un migliaio di soldati serbi e poliziotti, per lo più riservisti, è entrato nel nord del Kosovo, guidati dal generale in pensione Bozidar Delic. Fonti di intelligence albanese, direbbero che presumibilmente è per preparare una guerra in Kosovo.
Esse affermerebbero inoltre che con Delic, sono responsabili e coinvolti il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica, Radenko Nedeljkovic, il sindaco di Mitrovica Krstimir Pantic, di Zvecan Dragisa Milovic, di Zubin Potok Slavisa Ristic, di Leposavic Branko Ninic e il capo della MUP serba in Kosovo Geoge Dragovic.
Koha Ditore afferma che "gli agenti di polizia in congedo del nord del Kosovo, hanno nascoste armi pesanti in grado di attaccare i veicoli blindati".
 
Radenko Nedeljkovic, capo del distretto di Kosovska Mitrovica, ha dichiarato che la notizia diffusa dal Koha Ditore ha nulla a che fare con la verità: “...Se non fosse triste, sarebbe divertente! Koha Ditore già in passato ha pubblicato molte bugie... Io non so ciò che pubblicano, so solo che non ha nulla a che fare con qualsiasi tipo di verità e realtà. Mi piacerebbe la presenza di ufficiali serbi nel territorio del Kosovo e Metohija, ma, purtroppo, non è realistico,in questo momento...”; ha dichiarato Nedeljkovic.
 
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Altra umiliazione alla Serbia? Imminente una campagna terroristica della NATO, per completare la pulizia etnica nella provincia kosovara della Serbia
 
Ci sono molti indizi che i Rosu (forze speciali albanesi del Kosovo secessionista) sono stati preparati e che elicotteri americani Apache saranno resi disponibili per questa azione.
 
di Timothy Bancroft-Hinchey per Pravda.Ru
 
“La tensione nel Kosovo settentrionale sta raggiungendo un punto di rottura, insieme alla NATO, unità delle forze speciali kosovare si preparano ad agire contro i serbi ancora residenti in quella, che è secondo il diritto internazionale, una provincia della Serbia. Nel frattempo, il governo serbo a Belgrado, come l'Occidente facilitano lo stupro dell'anima della Serbia e a far lacrimare il suo cuore.
L’ analista politico serbo, giornalista e candidato per le elezioni presidenziali serbe nel 2004, Milovan Drecon (Rinascita Serba) espone alcune informazioni scioccanti, supportate da fonti interne del Nord del Kosovo, che denunciano la preparazione di una mobilitazione generalizzata violenta, contro le zone dove vi sono ancora concentrazioni di popolazione serba in questa provincia della Serbia.
Mentre i media internazionali mantengono l'ennesimo black-out, così come i politici serbi a Belgrado, seguono gli eventi senza fare nulla, apparendo cosi’ a molti come un branco di vigliacchi piagnucolosi e traditori, ci sono prove che i Rosu, le forze speciali albanesi, sono state inviate nella zona e che elicotteri Apache americani sono stati approntati per l'azione. Negli ultimi giorni stanno sorvolando la regione in modo continuo e abbiamo visto come questi mezzi vengono utilizzati, per "proteggere i civili" in Libia: bombardandoli e mitragliandoli.
Milovan Drecun informa inoltre che alcune navi dei Rosu sono pronte sul Lago di Gazivode, per portare le forze speciali e le forze della KFOR per attaccare le posizioni serbe nella zona demilitarizzata. Si ipotiyya che la maggior parte di queste forze saranno trasportate attraverso l’asse Podujevo-Bajgora-Banjska in modo da evitare che i serbi formino dei blocchi o barricate a Zvecan.
A causa del fatto che la NATO (KFOR e l'EULEX) ha già autorizzato il dispiegamento di equipaggiamento militare pesante, ci sono timori di un attacco imminente contro i serbi in quello che è, dopo tutto il proprio paese, da parte di elementi stranieri e forze terroristiche che proteggono ( come abbiamo visto in Libia, dove la Gran Bretagna e gli altri aggressori occidentali, aiutano un gruppo elencato nei suoi documenti come un'organizzazione terroristica: il LIFG, in violazione diretta della Legge sugli atti terroristici in vigore nel Regno Uniti).
Testimoni oculari hanno localizzato 80 mercenari provenienti da Albania e Macedonia e di stanza a Bajgora Svinjare. L'operazione, secondo Milovan Drecun, è impostata per iniziare dopo il 16 settembre. Sarà questo un altro atto di pulizia etnica, come è accaduto nel marzo 2004, quando i serbi erano 70,000 cacciati fuori delle loro case da parte dei terroristi albanesi, mentre la NATO guardava dall'altra parte?
"Questi sono i dettagli di un progetto militare-operazione di polizia, in programma subito dopo il 16 settembre. Sono riuscito ad entrare in possesso di questo piano, e sono molto preoccupato per la prospettiva e il potenziale di crisi e destabilizzazione dell'intera regione, che questo piano ha! L'ho reso pubblico, perché credo che la conoscenza di questo piano è fondamentale per tutte queste forze che hanno una possibilita’ e la volontà di opporsi a questa pericolosa avventura criminale. Stiamo parlando di una pianificata operazione congiunta delle forze di polizia del Kosovo, dei "Rosu" forze speciali albanesi (polizia e "Rosu" albanesi, sono formati da ex terroristi dell'UCK), dalla KFOR e dall'EULEX, forze occidentali. Questa è una classica operazione militare, più precisamente un "combattimento d’assalto" e probabilmente si tradurrà in un alto numero di vittime tra la popolazione serba non protetta. E' fondamentale che l’opinione pubblica nazionale e internazionale sia informata di questi disegni ... "(Milovan Drecun)
Testimonianze oculari nella regione hanno anche fornito prove credibili, che gli elementi dei Rosu sono pronti a spostarsi nell'area in qualsiasi momento, dando luogo al timore che settembre, è la data in cui inizierà l'operazione di prendere il controllo di tutti i posti di blocco della frontiera con la Serbia.
Tutto questo è effettivamente un coltello nel cuore della Serbia, come il luogo di nascita e il cuore della nazione serba: Kosovo Polje e la provincia intorno ad esso, è controllato dalle potenze imperialiste occidentali, in modo di dare il controllo totale ai terroristi albanesi, che a loro volta provvederanno ubbidienti al controllo del lucroso commercio della droga, nello stato mafioso del Kosovo, vassallo della NATO che controlla questa organizzazione criminale.
Prossima fermata: Vojvodina, per eliminare la Serbia, una volta per tutte dall'equazione Balcani.
 
Il compenso per la Serbia? Il perché... per l'adesione all'UE! Per coloro che rappresentano oggi il
 
popolo serbo a Belgrado, è difficile trovare aggettivi che esprimono il disprezzo che meritano, coloro che vendono l’anima del proprio popolo. Se il popolo serbo pensa che la UE li portera’ da qualche parte, basta dare un'occhiata alla Grecia.
Possa la storia essere testimone contro coloro che hanno venduto la Serbia e possano i libri di storia registrare che non tutti i serbi hanno accettato che il loro paese fosse violentato dagli stranieri e che non tutti i media internazionali hanno guardato dall'altra parte.”
 
A cura di Enrico Vigna, portavoce del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, Italia e SOS Kosovo Metohija


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http://www.adnkronos.com/IGN/Aki/English/Politics/Kosovo-Witness-gets-two-months-jail-for-contempt-of-UN-court_312457106352.html

ADN Kronos International - September 16, 2011

Kosovo: Witness gets two months jail for contempt of UN court 

The Hague: A witness for the in the trial of former Kosovo prime minister Ramus Haradinaj was sentenced to two months in jail on Friday by the United Nation War Crimes Tribunal for contempt of court.
Sefcet Kabashi, a key witness against Haradinaj, who is accused of war crimes against Serb, Roma and non-loyal Albanian civilians during 1998/99 conflict, refused to testify in 2007, saying several witnesses had been killed.
He was arrested by Netherlands authorities in August and handed over to the tribunal. But he again refused to answer questions by the prosecution at Haradinaj’s retrial which is currently going on in The Hague.
Haradinaj, a former military commander of the Kosovo Liberation Army, which fought against Serbian rule, was acquitted in the first trial for “lack of evidence”. But the tribunal’s appeals panel said the first trial was conducted in an “atmosphere of intimidation of witnesses” and ordered a retrial.
Kabashi could have been sentenced up to seven years in jail and/or 100,000 euros for contempt of court. But the tribunal said it took into account Akashi’s “family situation and post-traumatic problems” as mitigating circumstances.
He has already served one month in jail and will be freed after serving another thirty days.

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http://rt.com/news/kosovo-serbs-barricades-kfor-793/

RT - September 17, 2011

Ethnic Serbs battle isolation as Kosovo reinforces northern border

Video at URL above

A stand-off between KFOR forces and ethnic Serbs is underway on the Kosovo–Serbia border after Pristina took full control over the only two border crossings that link an ethnic Serb enclave in northern Kosovo with Serbia proper.
Kosovan police assisted by NATO’s KFOR have taken over two border crossings with Serbia in the north of the breakaway region.­
The locals are mostly ethnic Serbs, and they have been trying to prevent the takeover by blocking roads to the checkpoints and staging protests.
The unrest started when the authorities in Kosovo announced they were introducing customs controls on the border with Serbia. For Kosovan Serbs, the move has increased their isolation in a region dominated by Muslim Albanians.
RT's Sara Firth has been to the disputed Jarinje border crossing and reports that all roads leading there are still blocked by protesting ethnic Serbs.
The border crossing facility is currently under KFOR control. It has been ringed with barbed wire and helicopters are coming and going, bringing international forces to the border checkpoint. 
The Albanian Kosovan police, who currently only have observer status here, are deploying just two officers at each disputed checkpoint.
It appears that a transfer of authority from KFOR to Kosovo’s ethnic Albanians is planned for the border crossings.
A first attempt by the Kosovan government to take control of the crossings came back in July. However, the move sparked clashes that resulted in the death of a policeman. Since then, it has been relatively quiet. 
A huge number of Serbs have gathered at the barricades around the checkpoint in what looks increasingly like a stand-off, with the Serbs saying they are ready to stay to the bitter end. Ethnic Serbs fear that once Pristina controls the border crossings with Serbia, their days in northern Kosovo will be numbered.
The stand-off has already been called the “War of North,” but neither KFOR personnel at the border crossings nor the Serb protestors at the barricades are making any moves to either break through the barricades or re-capture the checkpoints for fear of being accused of provoking violence.
The UN Security Council has called an emergency meeting at the request of Serbia and Russia, but no final decision has been made on how to resolve the situation, with member countries apparently reluctant to make any concrete statements.
KFOR is pushing ahead with its takeover of the border crossings despite warnings from Moscow and Belgrade that the move carries a real risk of a serious escalation of the conflict. 

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=19&nav_id=76458

B92/Beta News Agency/Tanjug News Agency - September 19, 2011

Kosovo: Serbs in north continue to block roads

ZUBIN POTOK: There were no incidents last night in northern Kosovo as local Serbs continued to block and monitor all major roads leading toward administrative checkpoints. 
They are determined to maintain a total blockade of roads in that part of the province until ethnic Albanian customs workers and members of the police sent by the government in Priština have been removed from Brnjak and Jarinje. 
During the day, KFOR troops threw leaflets printed in Serbian and English from helicopeters, warning that the barricades were "illegal, and do not represent peaceful protest". 
Serbs in Kosovska Mitrovica responded to this by hauling in more rocks and sand to the main bridge over the Ibar River, reinforcing their barricade there. 
Several hundred citizens are gathered near the bridge where they say they are "monitoring the situation". 
The situation in the ethnically divided town and elsewhere in the north was peaceful but tense throughout Monday, said reports. 
Also on Monday, EULEX head Xavier de Marnhac visited the administrative crossings at Jarinje and Brnjak in northern Kosovo and called for the removal of barricades. 
Marnhac said that both posts, which EULEX refers to as "gates 1 and 31" were "technically ready to be fully operational, but that the barricades that were placed on nearby roads impair their opening". 
Meanwhile there have been reports about shortages of food and fuel in the north, leading to reduced traffic and expensive taxi services. 
NATO troops in Kosovo, KFOR, on Monday morning started carrying out detailed checks of all passengers and cars traveling from Kosovska Mitrovica to Zubin Potok. 
They set up a checkpoint on the road leading toward the ethnic Albanian village of Čabar, where a large number of Serbs also gathered this morning. 
After Serb representatives negotiated with those of KFOR for an hour and a half, reports said that "it was agreed that the soldiers would withdraw from this part of the road, but would remain on the part of the road leading toward Čabar". 
A Tanjug news agency report also says that KFOR tried to set up a new traffic checkpoint on Zvečan-Zubin Potok road in the village of Jagnjenica, the Zubin Potok municipality. 
Local Serbs, who were upset by this move, quickly rallied in the village and blocked KFOR. 
KFOR retreated about 20 meters away from the checkpoint, thus leaving the Zvečan-Zubin Potok road open for traffic after a one-hour halt. 
The largest barricade set up by Serbs in the area is near Zupče, on the road leading from Zubin Potok to southern Kosovska Mitrovica. 
In Belgrade, the daily Politika writes that the government decided during a telephone session on Friday to "reintegrate northern Kosovo into the country's tax system", cancel a decree related to customs procedures at control checkpoints, and start collecting VAT. 
According to Belgrade's chief negotiator in the Kosovo talks Borislav Stefanović, the reason for the decision was "to prove that the north is not in the hands of criminals".

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http://english.ruvr.ru/2011/09/20/56439039.html

Voice of Russia - September 20, 2011

Kosovo Serbs fortify barricades

Kosovo Serbs are fortifying barricades on the roads linking the north and the south of the province, as well as fortifying the checkpoints in the built-up areas Jarinje and Brnjak.
Last night, trucks again brought gravel and stones to the makeshift checkpoints despite a warning by the KFOR international force in Kosovo.
Earlier, the Command of the KFOR German contingent took the decision to send riot squads to disperse demonstrations, and heavy machinery to tear down the barricades.
The situation in the province was drastically aggravated following Pristina’s unilateral moves to assume control over the Jarinje and Brnjak checkpoints on the dividing line between Serbia and its former autonomy.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=20&nav_id=76477

Tanjug News Agency - September 20, 2011

KFOR removes barbed wire at Brnjak

BRNJAK: KFOR members removed on Tuesday morning barbed wire from the Brnjak administrative crossing, which was shut down on September 16.
German and French troops of the NATO forces in the province removed the barbed wire from the checkpoint.
A barricade of gravel and soil was put up by local Serbs in reaction to the closing of the crossing remains in front of it. 
KFOR members told Tanjug that the crossing has been open for traffic as of late Monday, but that the barricade prevents vehicles from passing. 
The barbed wire was completely removed in the direction towards central Serbia and partly from the lane from central Serbia towards Kosovo. 
Members of KFOR and EULEX stated that "as far as they are concerned the crossing is open". 
Besides KFOR soldiers, EULEX customs officers and policemen and Kosovo customs and police officers, sent by the Kosovo Albanian authorities in Priština, are also deployed at the Brnjak checkpoint. 
Their arrival last week prompted Serbs to put up barricades on roads leading to both Brnjak and Jarinje. 
The citizens near the barricades, who sought shelter from the rain in nearby facilities this morning, did not react to this move by KFOR. 

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http://www.novinite.com/view_news.php?id=132302

Sofia News Agency - September 21, 2011

Tensions Rise in Southeast Serbia as Ethnic Albanians Rally

Tensions in Southeastern Serbia have grown after several thousand ethnic Albanians rallied to protest against discrimination in the town of Presevo.
Residents of the three predominantly ethnic Albanian towns Presevo, Bujanovac, and Medveda took part in the rally, BGNES reported.
The demonstrators carried Albanian, US, and EU flags, and vast banners with their demands for the Serbian state authorities...
Wednesday's demonstration is a follow-up of a rally organized in Bujanovac on September 13 that demanded the use of Albanian language by the administration and the recognition of diplomas acquired from the ethnic Albanian university in Kosovo's capital Prishtina.
Presevo, Bujanovac, and Medveda are municipalities bordering Kosovo, the ethnic Albanian republic which declared independence in 2008.
Back in 1999-2001, a paramilitary group called Liberation Army of Presevo, Medveda and Bujanovac modeled after the Kosovo Liberation Army was active in the region.
The Liberation Army of Preševo, Medveđa and Bujanovac even has a Facebook fan page...
In 2010, a poll found that a majority of the ethnic Albanians in Albania, Kosovo, and Macedonia were in favor of a "Greater Albania."

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=24&nav_id=76541

Tanjug News Agency - September 24, 2011

Shooting in Kosovska Mitrovica, barricades remain

KOSOVSKA MITROVICA: A fight broke out in the northern part of Kosovska Mitrovica Friday night involving at least six persons, two of whom suffered serious injuries.
The incident also involved shooting and the police qualified the event as a serious violation of public peace and order.
46-year-old A. Đ. was arrested and remanded in 48-hour custody for the use of weapon, while the police are still searching for two more persons. 
Kosovo Police Deputy Regional Director Ergin Medić told Tanjug that one of the two persons, who were seriously injured in the fight, was taken in the Kosovska Mitrovica Hospital for treatment. 
According to him, the police found six 7.62 mm caliber bullet casings at the scene and the investigation into the incident will continue. 
The situation in other parts of northern Kosovo and near the barricades was peaceful during Friday night. The administrative crossings in north Kosovo are still blocked. Besides EULEX, Kosovo customs officers were also deployed at the checkpoints but with no operational role. 
Kosovska Mitrovica Municipal Court judge Zehra Vrbovci remanded 13 Serbian truck drivers in a 15-day custody late Friday. 
The drivers were arrested under suspicion they entered Kosovo illegally and took part in setting up the barricades. 
Vrbovci stated that there was a reasonable suspicion that the 13 suspects had illegally crossed an administrative crossing, and that therefore they were likely to pay a fine not less than EUR 250 or spend up to three months in prison. She said that the main hearing would be held early next week.

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http://www.b92.net/eng/news/politics-article.php?yyyy=2011&mm=09&dd=25&nav_id=76551

Vecernje Novosti - September 25, 2011

NATO shield poses threat to Serbia, expert says

BELGRADE: The U.S. missile bases in Romania could represent a threat to Serbia since it could end up being collateral damage in a possible missile attack.
Only two days after the agreement had been signed to set up the U.S. missile shield in the U.S. Deveselu Air Base, Washington signed an agreement on September 15 to build an identical base in Poland.
Russia has stated it will take reciprocal measures and direct its missiles toward the bases hosting the NATO missiles. 
“We are living in a period when a new cold war is being waged. There are numerous reasons to set up the missile shield along Russia’s borders, and the most important one is to prove the economic and military power of the U.S. and NATO countries to everybody in the international community. A strategic consequence of the missile shield is to impose a need on Russia to build a new missile defense system which costs a lot, with an aim to economically drain it. The second important goal is an internal polarization of population in Russia,” Faculty of Security Studies Professor Slobodan Mišović told daily Večernje novosti. 
“Setting up the missile shield less than 200 kilometers from Serbia has a large negative affect on security and increases our country’s vulnerability,” the professor explained. 
“This is especially the case because our antiaircraft defense systems are outdated. The setting up of the missile shield is a provocation to all the countries in Southeast Europe and the Balkans, because it requires far bigger financial expenses if you want to maintain security at the necessary level. It will probably create additional conditions and pressures in our country because of the membership in NATO and in the European collective security and defense system,” he pointed out. 
Mišović believes that the missile shield in Romania will force Serbia to make a difficult choice – to decide not to invest in defense and additionally reduce security or to increase financial expenses. 
“NATO will not pressure Serbia into formally joining the Alliance after the missile shield is set up in Romania,” he said, adding that the purpose of the missile shield was to exert psychological and economic pressure on Russia, not to start a nuclear war. 
“However, the one that has power has a big problem because it is always tempting them to use it. In case of a large-scale conflict Serbia could easily become collateral damage, not only because of the missile shield in Romania but also because of the U.S. bases in Kosovo. However, much a bigger danger for the entire Southeast Europe in that case would be if the Klozoduy Nuclear Power Plant was hit,” the professor was quoted as saying.


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Selezione notizie da www.glassrbije.org
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DIFENDEREMO IL NORD DEL KOSOVO SE SARA’ NECESSARIO ANCHE CON I METODI DI GHANDI
16/09/2011

Il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica Radenko Nedeljkovic ha detto alla Radio Internazionale Serbia che i serbi che vivono nel nord del Kosovo sono pronti ad opporsi alle pressioni di Pristina e una parte della comunità internazionale con tutti i mezzi pacifici, perché non vogliono reintegrarsi nel cosiddetto stato Kosovo. Con lui ha parlato la nostra giornalista Snezana Milosevic. (...)  

Jeremic: Illegittima l’azione dell’Eulex e della Kfor
17 settembre 2011

Il ministro degli affari esteri di Serbia, Vuk Jeremić, ha valutato che la cosa più importante è mantenere la pace in Kosovo, persino accanto alle “azioni illegali e illegittime dell’Eulex e della Kfor” sui due valichi amministrativi nel Kosovo settentrionale. Secondo il ministro, la seduta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU giovedì sera, ha dimostrato che non ci sono degli appoggi adeguati per quell’azione. L’azione si sta svolgendo, ha aggiunto il ministro, anche senza l’appoggio di un gran numero di paesi membri dell’Unione europea. Il capo della diplomazia ha evidenziato che dietro la forma burocratica, in base alla quale è stata eseguita quest’azione, “sono nascosti gli interessi di alcuni paesi molto potenti”. Jeremić ha ripetuto che quest’azione e il cambiamento della situazione in Kosovo sono “illegittimi e inaccettabili per il nostro paese, i nostri cittadini e il nostro Governo, soprattutto per quei cittadini che vivono in Kosovo”.

Bundeswer manderà in Kosovo quattro autoblindo 
19.09.2011

L’esercito tedesco invierà in Kosovo due autoblino del tipo „tasso“ che si usano nelle cariche contro i manifesranti e per la rimozione delle barricate. Il comando della Bundeswer per le azoni all’estero ha confermato la verità di questa notizia che è stata riportata dal giornale Frankfurter Algemaine Zietung. A inizio ottobtre in Kosovo saranno mandati anche due veicoli per le cariche d’acqua. Questi veicoli saranno usati per la rimozione delle barricate e l’assicurazione della libertà di movimento, è stato precisato nel comunicato diffuso dal Bundestag. Il contingente tedesco della Kfor è composto di 1.400 soldati. 

Sindaci prevedono nuovi incidenti
22/09/2011

I sindaci di quattro comuni nel nord del Kosovo e il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica hanno dichiarato di prevedere nuove provocazioni delle autorità di Pristina e di una parte della comunità internazionale che le appoggiano. Dopo la riunione che ha avuto luogo a Zvecan loro hanno invitato i cittadini serbi a mentenere a calma e di rimanere uniti e fermi nella decisione di opporsi all’instaurazione del cosiddetto Stato del Kosovo con tutti i mezzi delle proteste civili. La situazione più difficile è a Kosovska Mitrovica. Facciamo il nostro meglio per impedire gli scontri tra serbi ed albanesi, ha dichiarato il sindaco Krstimir Pantic. Egli ha detto che i serbi hanno eretto le barricate in modo tale da non ostacolare agli albanesi di andare nella parte meridionale della città. I carabineri italiani che pattugliano offendono i cittadini serbi ed auspicano il deterioramento della situazione. Questa è una resistenza dell’intero popolo serbo in Kosovo contro l’instaurazione delle istituzioni albanesi e una pare della comunità internazionale che desiderano reintegrare questa parte del Kosovo e costringere i serbi ad abbandonarla, ha dichiarato il capo del distretto serbo di Kosovska Mitrovica Radenko Nedeljkovic.

Governo serbo chiede che siano risolti i problemi
22/09/2011

L’esecutivo serbo ha chiesto alle missioni internazionali in Kosovo di risolvere quanto prima i problemi che sono stati crati recentemente, i quali preoccupano molto la popolazione serba che vive in Kosovo, ha dichiarato il direttore dell’Ufficio per la collaborazione con i media Milivoje Mihajlovic. Egli ha detto dopo la riunione che l’esecutivo ha espresso la preoccupazione anche perché la polizia kosovara ha arrestato ieri sera 13 autisti serbi che sono impiegati nel complesso industriale Trepca, perché accusati di essere entrati in Kosovo illegalmente. I fautori del movimento albanese Autodeterminazione hanno attaccato precedentemente un camion con la merce che è arivata dalla Serbia centrale e l’hanno ribaltato. L’esecutivo serbo ha constatato che tutte le istituzioni in Kosovo lavorano senza problemi e che non sono vere le voci che le forniture nelle regioni abitate dai serbi non siano regolari. È stato constatato anche che è stato raggiunto l’alto livello di coordinamento tra le autorità locali della popolazione serba e l’esecutivo di Belgrado.  

Ninic: nuova manipolazione della Kfor
22 settembre

Il sindaco del comune di Leposavic nel nord del Kosovo Branko Ninic ha dichiarato che la rimozione di ieri del filo spinato dal valico Jarinje è soltanto una nuova manipolazione della Kfor. La Kfor ha rimosso il giorno precedente il filo spinato anche dal valico Brnjak. I valichi sono stati chiusi dopo l’arrivo dei poliziotti albanesi, quando i serbi hanno eretto le barricate in segno di protesta. Ninic ha dichiarato alla Tv Most che per i serbi kosovari il problema non sono né la Kfor, né il filo spinato, ma bensì i poliziotti della cosiddetta dogana del Kosovo. I cittadini serbi hanno deciso di rimanere alle barricate e di non permettere che la cosiddetta dogana del Kosovo cominci a funzionare. La Kfor potrà muoversi liberamente a Jarinje quando smetterà di appoggiare Pristina e quando saranno allontanati i suoi poliziotti, ha dichiarato Ninic.

La Kfor chiude le strade, i serbi ne costruiscono nuove
23/09/2011

I serbi che vivono nel nord del Kosovo hanno fatto la nuova strada, dopo che i soldati della Kfor hanno bloccato con il filo spinato la strada secondaria che porta verso il valico Jarinje e Rudnica. I serbi hanno intenzione di ricoprirla di asfalto. Anche la nuova strada secondaria che i serbi hanno allargato stanotte e oggi è stata bloccata. I veicoli usano la nuova strada per arrivare da Raska in Kosovo e viceversa. Il valico Jarinje è di nuovo circondato da filo spinato. I serbi che vigilano al valico hanno detto che negli ultimi sette giorni nessuna persona l’ha passato, nemmeno nel periodo in cui essa è stata aperta formalmente per il passaggio. Anche alle altre barricate i serbi seguono i movimenti della Kfor e l’Eulex, perché hanno deciso di non permettere il passaggio fino a quando ai valichi Brnjak e Jarinje si troveranno i poliziotti e gli ufficiali doganali mandati da Pristina. Il presidente del comune di Leposavic Branko Ninic ha dichiarato ieri sera al valico Jarinje che le tensioni e l’incertezza sono cresciute dopo che la Kfor ha chiuso anche la strada secondaria con il filo spinato e autoblindo. 

Tadic: soluzione pacifica per il nord del Kosovo
23/09/2011

Il Presidente serbo Boris Tadic, il quale partecipa alla riunione dell’Assemblea parlamentare delle Nazioni Uite, e il segretario generale dell’ONU Ban Kee-Moon hanno condiviso il parere ieri sera a New York che la soluzione per il Kosovo deve essere trovata in modo pacifico, tramite dialogo, e con la mediazione dell’Unione europea. Ban Kee-Moon ha epresso la preoccupazione a causa del deterioramento della situazione nel nord del Kosovo, ed ha ribadito che la pace deve essere mantenuta. Il segretario generale ha sottolineato la necessità che le istituzioni internazionali in Kosovo rimangano neutrali per quanto riguarda lo status del Kosovo, ha comunicato il segretariato delle Nazioni Unite. Precedentemente Tadic ha parlato con l’alto rappresentante dell’Unione europea Catherine Asthon e il segretario generale della NATO Andres Fog Rasmusen, il quale ha detto che l’Eulex e la Kfor rimarranno neutrali per quanto riguarda lo status del Kosovo. Il Presidente serbo ha dichiarato che la nuova round delle trattative, prevista per il 28 settembre, deve essere tenuta, ed ha espresso la speranza che la questione del servizio doganale sarà risolta. La Serbia desidera che la questione del Kosovo si risolva con dialogo, tramite una soluzione duratura che rispetterà gli interessi di entrambi i popoli, ha detto Tadic.  



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