Informazione



IO STO CON EMERGENCY

Attenzione al cambio di appuntamento: diversamente da quanto precedentemente comunicato la manifestazione si terrà in Piazza San Giovanni

SABATO 17 - ore 14,30
Appuntamento in Piazza San Giovanni ROMA

Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.

Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.

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Inizio messaggio inoltrato:

Da: "disarmiamoli.org" <info @ disarmiamoli.org>
Data: 15 aprile 2010 9:07:25 GMT+02:00
Oggetto: Stiamo con Emergency non con i Lotti - zzati
Rispondi a: "disarmiamoli.org" <info @ disarmiamoli.org>

Riceviamo e volentieri giriamo

www.disarmiamoli.org


Stiamo con Emergency non con i Lotti-zzati

DA PARTE DI ASSOCIAZIONE CHICO MENDES

E' notevole come Flavio Lotti, "trombato" alle scorse europee,
ritornato quindi per conto del PD alla sua tradizionale poltroncina
della "Tavola", in un "appello per la pace" oggi riesca a totalmente a
dimenticare, da burocratino impenitente ed ipocrita, l'Italia e il
mondo in cui viviamo.

Del resto non sarebbe novitą: nel 1999, solo per fare un esempio,
accolse con tutti gli onori D'Alema grondante fresco fresco dei
sanguinosi bombardamenti umanitari nell'ex Jugoslavia.
La "cultura della pace" comincia con un non fare che in realtą è un
gran darsi da fare: togliere concretamente collaborazione alle
dinamiche di guerra e di violenza.
Ma per potere non collaborare con la violenza, il male e
l'ingiustizia, per prima cosa occorre individuarli, riconoscerli e
nominarli, con intransigente spirito di ricerca della verità.
Tacere sui fatti che concretamente preparano e creano la guerra 
è da sepolcri imbiancati. E' da Lotti-zzati.
Ecco, allora, dei fatti che dovremmo ricordare e additare come
terreno di iniziativa e conflitto da parte di chi realmente intendesse
costruire percorsi di pace:
- il no al livello delle spese militari come insostenibile, il no
all'export bellico, il no alla partecipazione alle guerre nel medio
oriente allargato (spacciate per "missioni di pace"), la conversione
civile di bilanci e produzioni belliche, i soldi buttati nel modello
offensivo di Forze Armate recuperati al reddito di cittadinanza per
tutti;

- il no al rilancio del nucleare civile, la denuclearizzazione civile
e militare, lo scioglimento della NATO come organizzazione militare, il
si alle risorse che, dirottate dal nucleare alle rinnovabili,
risolverebbero il problema della disoccupazione in Italia;

- il no alla chiusura delle frontiere, il no alle guerre interne tra
poveri, il no al territorialismo difensivo, il riconoscimento che "la
Terra l'abbiamo presa in prestito dai nostri figli" ma anche che "il
territorio lo custodiamo in nome dell'umanitą tutta".
E ci fermiamo per adesso qui.

La Perugia-Assisi andrebbe disertata da tutte le persone con un
minimo di cervello e di coerenza. A cominciare dagli educatori che
possono animare i ragazzi solo se sono portatori essi stessi di un
vissuto di dignitosa obiezione e disobbedienza.

Ancora meglio se si volesse seguire, in forma collettiva, l'esempio
isolato e profetico di Pierluigi Ontanetti, che fece l'Assisi-Perugia
con l'unica compagnia di sè stesso: organizzare una
contromanifestazione che almeno non sputi, nel suo intimo spirito,
sulla memoria di Aldo Capitini.

Partecipare oggi tanto per vedere l'effetto che fa alla Jovanotti dei
tempi d'oro (è qui la festa?) č da irresponsabili privi di spina
dorsale morale.
E' inutile, cari pacifinti, che mostriate di fare gli offesi: in cuor
vostro lo sapete che scherzate, che non fate sul serio, che non
meritate di essere presi sul serio.

In mancanza di meglio, la Perugia-Assisi è sabato, alla
manifestazione "IO STO CON EMERGENCY".
Gino Strada avrą tutti i suoi limiti, sarą scorbutico ed antipatico,
ma ha il pregio di essere coerente testimone di verità scomode in
Afghanistan e di portare un contributo costruttivo non a chiacchiere,
ma esercitando la sua competenza, il suo lavoro, nelle zone calde, a
rischio della pelle.




Sono online sul sito del G.A.MA.DI.

1) Inserto Jugoslavia per La Voce di aprile 2010
2) Video della trasmissione UN DILUVIO DI BOMBE SULLA JUGOSLAVIA


1) Il G.A.MA.DI. in collaborazione con CNJ-onlus pubblica un inserto mensile dedicato alla Jugoslavia all'interno del proprio periodico "La Voce".

E' ora in internet La Voce di APRILE 2010:
http://www.gamadila voce.it/lavoce/ 2010/aprile/ Madre/1.html

All'interno si trova come al solito l'inserto Jugoslavia:
http://www.gamadila voce.it/lavoce/ 2010/aprile/ Jugoslavia/ 21.html

Chiunque volesse segnalare errori o disguidi o formulare suggerimenti
può contattare il webmaster Roberto al suo email: r.gessi @ tiscali. it .

I numeri precedenti sono linkati anche alla nostra pagina http://www.cnj. it/informazione. htm


2) Sabato 27/3/2010 alle ore 22 è andata in onda la consueta trasmissione del G.A.MA.DI. su TeleAmbiente (canale 68 nel centro Italia) e reti consociate. In questa occasione il tema della trasmissione era:

24 marzo 1999: UN DILUVIO DI BOMBE SULLA JUGOSLAVIA

Con Ivan Pavicevac
In studio Miriam Pellegrini Ferri

La trasmissione è adesso visionabile nell'archivio online: 

Sono stati usati stralci dai video 
- di R. Jacona: "Kosovo, 9 anni dopo"
- "Depleted uranium in NATO bombs remain deadly", per gentile concessione di VJMovement / www.vjmovement. com.

(english / italiano)

Afghanistan, narcotrafficanti sotto contratto Nato?

1) Impresa privata tedesco-albanese che da anni fornisce servizi logistici alle basi Isaf in Afghanistan, sospettata di traffico internazionale di eroina (E. Piovesana)

2) Love and loyalty: Bundeswehr in Afghanistan (Natalia Meden)
... The company’s very name, Ecolog, dates back to 1999 and is related to the war on Yugoslavia. At that time the enterprising Nazif Destani of Pristina offered clothes laundering to the German military in Kosovo. ... The Destani family - a Kosovo Albanian clan - hails from the small town of Tetovo, in the northwest of Macedonia, near the Kosovo border... 



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24/03/2010

Impresa privata tedesco-albanese che da anni fornisce servizi logistici alle basi Isaf in Afghanistan, sospettata di traffico internazionale di eroina

In Germania è scoppiato uno scandalo - subito silenziato - che rafforza i sempre più diffusi sospetti sul coinvolgimento delle forze d'occupazione occidentali in Afghanistan nel traffico internazionale di eroina - di cui questo paese è diventato, dopo l'invasione del 2001, il principale produttore globale.

Ecolog, servizi alle basi Nato e traffico di eroina. Un servizio mandato in onda a fine febbraio dalla radio-televisione pubblica tedesca Norddeutsche Rundfunk (Ndr) ha rivelato che la Nato e il ministero della Difesa di Berlino stanno investigando sulle presunte attività illecite della Ecolog: multinazionale tedesca di proprietà di una potente famiglia albanese macedone - i Destani, di Tetovo - che dal 2003 opera in Afghanistan sotto contratto Nato, fornendo servizi logistici alle basi militari Isaf dei diversi contingenti nazionali (compreso quello italiano) e all'aeroporto militare di Kabul. E che, secondo recenti informative segrete e rapporti confidenziali ricevuti dalla stessa Nato, sarebbe coinvolta nel contrabbando internazionale di eroina dall'Afghanistan.
"C'è il rischio che sia stata contrabbandata droga, quindi valuteremo se la Ecolog è ancora un partner affidabile per noi", ha dichiarato alla Ndr il generale tedesco Egon Ramms, a capo della Nato Joint Force Command di Brussum, in Olanda. 
"Siamo al corrente della questione e stiamo investigando con le autorità competenti", ha confermato un portavoce della Difesa tedesca ai microfoni dell'emittente pubblica.

Dietro l'impresa, il clan albanese-macedone dei Destani. Il servizio della Ndr spiega che già nel 2006 e poi nel 2008, dipendenti della la Ecolog sono finiti sotto inchiesta in Germania con l'accusa di traffico di eroina - centinaia di chili - dall'Afghanistan e di riciclaggio di denaro sporco. E che nel 2002, quando la Ecolog operava in Kosovo al servizio delle basi del contingente tedesco della Kfor, i servizi segreti di Berlino avevano informato i vertici Nato che il clan Destani, strettamente legato ai gruppi armati indipendentisti albanesi (Uck e Kla), controllava ogni sorta di attività e traffico illegale attraverso il confine macedone-kosovaro: dalla droga, alle armi, al traffico di esseri umani.
La Ecolog, che ha la sua sede principale a Düsseldorf (con filiali in Macedonia, Turchia, Emirati Arabi, Kuwait, Stati Uniti e Cina) è stata fondata nel 1998, ed è oggi amministrata, dal giovane Nazif Destani, figlio del capofamiglia Lazim, già condannato a Monaco di Baviera nel 1994 per dettenzione illegali di armi e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il 90 per cento dei quasi quattromila dipendenti della Ecolog sono albanesi macedoni.

La Ecolog smentisce e fa rimuovere il servizio giornalistico. L'esplosivo servizio della Ndrè stato subito ripreso e amplificato dai mass media tedeschi: dall'emittente nazionaleDeutsche Welle al settimanale Der Spiegel
La reazione della Ecolog è stata immediata e durissima. Thomas Wachowitz, braccio destro di Nafiz Destani, ha bollato come "assurde" e "completamente infondate" le accuse contenute nel servizio, in quanto basate su una "confusione di nomi", e ha chiesto l'intervento della magistratura. 
Il 4 marzo, il tribunale federale di Amburgo ha accolto l'esposto della Ecolog, emettendo un'ingiunzione che, senza entrare nel merito del contenuto del servizio giornalistico, impedisce all'emittente Ndr di "sollevare ulteriori sospetti" sull'azienda. La Ndr, dal canto suo, ha dichiarato di ritenere false le argomentazioni della Ecolog e ha annunciato un ricorso contro l'ingiunzione.

Enrico Piovesana


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http://en.fondsk.ru/article.php?id=2845

Strategic Culture Foundation - March 12, 2010

Love and loyalty: Bundeswehr in Afghanistan

Natalia Meden


The check-up on the private company Ecolog is over in Afghanistan. The company is working for the German military in the Asian country and has been checked up on, on suspicion of involvement with the drug mafia. 

The military has decided that it will continue cooperation with the company, while the latter has admitted that the Bundeswehr is its favourite customer. That story of “love and loyalty” has laid bare a number of grave problems, attesting to the lame nature of the western coalition’s strategy for Afghanistan. 

The West’s “new” approach to Afghanistan is based on the idea that Afghanistan’s basic problem is poverty, generated by high rates of unemployment, which, among other things, prompts Afghans to grow opium poppies. Proceeds from drug trafficking are channelled into funding Taliban, therefore fighting drug trafficking will ensure a success of the antiterrorist operation in Afghanistan. 

The consequences of the fact that Afghanistan accounts for 90% of world opium production are not limited to funding militants through international drug traffic channels. Another problem is a high level of drug addicts among Afghan policemen (1). 

It is, of course, absolutely unquestionable that the drug industry is an evil that one should fight against. One way to fight that evil is to physically destroy opium poppy plantations and laboratories used to produce heroin. 

The ISAF international force in Afghanistan has repeatedly carried out raids to that end, and British Defence Secretary John Hutton said by way of summing up the results of one such operation that the drugs seized would never surface in the streets of British cities, while the drug money would never be used to fund Taliban (2). The Frankfurter Allgemeine Zeitung newspaper wrote in an article in January that [former] NATO Supreme Allied Commander Europe General John Craddock had said in a memo that drug dealers and all related drug production were lawful military objectives (3). 

US Afghan and Pakistan envoy Richard Holbrooke has a sui generis view of the Afghan drug business. The man known to have been in charge of dismembering Yugoslavia begged to differ with Russia when presenting his stand on the issue in February 2010. He said that the Russian government believed that the key to the problem was the destruction of the opium poppy, while the United States believed that this would enable Taliban to recruit peasants. 

NATO's top chiefs have recently had the private German company Ecolog audited. The fact of the auditing was reported by German General Egon Ramms, commander of NATO’s Joint Force Command in Brunssum, the Netherlands. 

It follows from the interview with the general that there had been grounds for suspecting the company of drug trafficking and concomitant activities. 

This is a grave accusation of a company that has been working in Afghanistan since 2003. The company’s clients are the German, US, British, Spanish, Croatian, Italian, Belgian, Finnish, Swedish, French, Norwegian, Estonian, Bulgarian and Turkish military contingents; the US, German and Canadian embassies in Kabul; the German Federal Bank for Innovation and Development, and the German Association for Technical Cooperation. The company is engaged in a growing business in a successful market segment, - the provision of services for the armed forces. According to the authoritative magazine of German business circles Wirtschaftswoche, in 2005 the company’s trade turnover grew by 55% as against the previous year, to reach 131 million euros (4). 

But then, reporters feel that the company had underreported its profits. Also, the company personnel have been steadily growing, and have doubled since 2006. Since the Cold War was over, many western countries have privatized certain services by withdrawing them from the competence of their respective Defence Ministries. Private companies will often furnish armed forces with supplies and take care of public services, just as “Ecolog” does. 

They will specifically engage themselves in cleaning, clothes laundering, garbage removal, the provision of mobile toilets, and also fuel and lubricants. NATO’s ground operations in different countries have prompted the order volume to grow significantly. The company’s very name, Ecolog, dates back to 1999 and is related to the war on Yugoslavia. At that time the enterprising Nazif Destani of Pristina offered clothes laundering to the German military in Kosovo. The future head of the company was just 19 years old at the time. Besides the Balkans, the company was also active in Sudan. Currently in Iraq it provides services for the US, British and Italian military, the US Marine Corps and the [American] company Kellogg Brown & Root. Ecolog has branches in Kuwait, Dubai, the USA, Lebanon and Turkey (5). 

The company was first brought into limelight by the media in March 2006, when six Ecolog staff members were taken hostage in Afghanistan, with four of them subsequently killed. 

According to press reports, at the time 1,200 staff members worked in Afghanistan of the overall personnel strength of 1,500. 90% of the personnel are Macedonians who’ve been employed under contract. 

By western standards the labour conditions are quite severe. Ecolog staff members work shifts of 3 to 4 months abroad before getting a two-week holiday at home. In Iraq they are banned from leaving US barrack compounds for security reasons and live in [small] houses, four people in a 14-square metre room. 

But despite such labour conditions, 20,000 Macedonians have applied for work with Ecolog” because staff members are paid 1,000 euros to 1,500 euros a month, or 3 to 4 times more than what the highest paid employees make in the Balkan country in question. The company was registered in Germany because this way it is easier to secure orders. The company owner Nazif Destani is a German citizen and grew up in the German state of Rhineland-Palatinate, (Rheinland-Pfalz). 

The Destani family - a Kosovo Albanian clan - hails from the small town of Tetovo, in the northwest of Macedonia, near the Kosovo border. 

According to the 2002 census, Kosovar Albanians accounted for almost 70% of the 86,000 strong population of Tetovo. According to press reports, the KFOR special services mentioned in their reports eight years ago a certain clan that was centred on criminal activities in the border area between Kosovo and Macedonia. 

But the Destanis are by no means the only Albanian clan in Macedonia. The clans are often based on a blend of political, military and financial interests. Back in 1987 Nazif’s father Lazim Destani set up a tourist company, Sharr Turist, which was actually engaged in illegally taking guest workers to Germany. In 1994 Lazim Destani got a prison term of more than two years for organizing illegal entry into Germany for his compatriots, and for firearms keeping. The German Defence Ministry feels, however, that the family story of the company personnel is irrelevant to placing orders with Ecolog. In 2008 the company fired a staff member on heroin selling charges. 

Once the auditing was over in early March, a decision was made not to discontinue contractual relations with the Ecolog company. In other words, the company has managed to purge itself of suspicions of involvement in illegal activities. But the mass media wonder why military orders are placed without holding tenders. Under the law, a tender should be held if the overall cost of an order exceeds 200,000 euros, whereas Ecolog has got orders, worth dozens of millions of euros. 50 million euros are due to be transferred to Ecolog in 2010 alone (6). Why do contracts with the company continue to be signed year in year out despite recent reports that the work it does is clearly substandard (7)? 

The question hangs in mid-air. There is obviously a huge gap in Germany between public opinion and the ruling class policy. 

According to the latest polls, 76% of Germans doubt that the military operation in Afghanistan will prove a success, while 65% are opposed to boosting the strength of the German force in the Asian country(8). 

But the German Parliament has nonetheless voted for an increase in the maximum strength of the German force from 4,485 to 5,350 servicemen in a show of greater unanimity than in voting on many other issues. The Left Party faction, traditionally opposed to Bundeswehr missions abroad, staged a protest in the voting hall and was put out on orders from the chairman. Given the situation, the Bundeswehr is obviously not interested in fouling its own nest by making the criminal aspects of the military operation in Afghanistan catch the public eye again.
___________________________ 
(1) An official statement of the UK Foreign Office, 2009 // news.bbc.co.uk/hi/russian/international/newsid 

(2) news.bbc.co.uk/hi/russian 

(3) Nato streitet über Drogenbekämpfung// Frankfurter Allgemeine Zeitung. 29.01.2010. 

(4) Latrinen putzen // Wirtschaftswoche. 28.03.2006. 

(5) According to the “Ecolog” company website www.ecolog-international.com

(6) Harald Schumacher/ Bundeswehr bleibt trotz Pannen dem Dienstleister Ecolog treu // Wirtschaftswoche. 08.03.2010 

(7) Funk Viktor. Bundeswehr ist unser liebster Kunde // Frankfurter Rundschau. 06.03.2010 

(8) The returns of a public opinion poll, conducted on January 29th 2010 // dpa.de. 
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Stop NATO
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Due aggiornamenti dalla newsletter di Disarmiamoli!


Da: info  @...

Oggetto: STRATEGIE NUCLEARI USA/NATO IN UNA ITALIA "ATOMICA"

Data: 12 aprile 2010 10:06:42 GMT+02:00



La nuova roadmap nucleare americana
La strategia  del Nuclear Posture Review 2010

Tommaso Di Francesco,  Manlio Dinucci 

La roadmap della nuova strategia nucleare Usa è dunque tracciata: lo annuncia nella prefazione al Nu-clear Posture Review Report 2010 il segretario alla Difesa Robert Gates, anche lui rinnovatosi passan-do dall’amministrazione Bush a quella Obama. Che cosa è cambiato? Anzitutto la situazione interna-zionale: «L’Unione sovietica e il Patto di Varsavia sono scomparsi e tutti gli ex membri non-sovietici del Patto di Varsavia sono ora membri della Nato». La Russia «non è un nemico», ma un partner degli Stati uniti nell’affrontare «altre minacce emergenti». Il presidente Obama ha infatti chiarito che «il più immediato ed estremo pericolo è oggi il terrorismo nucleare».

 Qui niente di nuovo rispetto alla strategia dell’amministrazione Bush, che al comunismo (nemico numero uno nella guerra fredda) aveva sostituito il terrorismo, «il nemico oscuro che si nasconde negli angoli bui della Terra».  Oggi, si afferma nel rapporto del Pentagono, «Al Qaeda e i loro alleati estre-misti cercano di procurarsi armi nucleari». Quindi, «anche se la minaccia di una guerra nucleare globa-le è divenuta remota, è aumentato il rischio di attacco nucleare». Si agita così lo spettro di un 11 set-tembre nucleare, collegato all’«altra pressante minaccia»: la proliferazione nucleare. Altri paesi, so-prattutto quelli «in contrasto con gli Stati uniti», possono dotarsi di armi nucleari. Si accusa quindi l’Iran, e in subordine la Corea del nord, di perseguire ambizioni nucleari, violando il Trattato di non-proliferazione (Tnp), accrescendo l’instabilità della propria regione e spingendo i paesi limitrofi a prendere in considerazione «proprie opzioni di deterrenza nucleare»  (espressione diplomatica per giu-stificare, senza nominarlo, il fatto che Israele possiede armi nucleari e non aderisce al Tnp). 

Su questo sfondo sono chiari gli obiettivi della nuova strategia: anzitutto mantenere la supremazia nucleare statunitense, stabilendo con il nuovo Start (firmato l’8 aprile a Praga) uno status quo con la Russia, l’altra maggiore potenza nucleare. Il trattato non limita il numero delle testate nucleari operati-ve nei due arsenali, ma solo le «testate nucleari dispiegate», ossia pronte al lancio su vettori strategici con gittata superiore ai 5.500 km: il tetto viene stabilito in 1.550 per parte, ma è in realtà superiore poiché ciascun bombardiere pesante viene contato come una singola testata anche se ne trasporta venti o più.  Siamo ben lungi dal disarmo nucleare. Ciascuna delle due parti non solo manterrà pronto al lancio un numero di testate nucleari in grado di spazzare via la specie umana dalla faccia della Terra, ma potrà continuare a potenziare qualitativamente le proprie forze nucleari. 

Nel Nuclear Posture Review si precisa che gli Stati uniti, pur non sviluppando nuovi tipi di testate nucleari, rinnoveranno il proprio arsenale attraverso sostituzioni di componenti. Sarà quindi «rafforza-ta la base scientifica e tecnologica, vitale per la gestione dell’arsenale». A tal fine sono previsti «accre-sciuti investimenti nel complesso degli impianti e del personale  addetti alle armi nucleari». Lo stesso, ovviamente, potrà fare la Russia, pur disponendo di minori mezzi economici. Gli Usa cercheranno pe-rò di acquisire un ulteriore vantaggio, sviluppando nuovi tipi di vettori strategici (non limitati dal nuo-vo Start) e realizzando in Europa lo «scudo» anti-missili (restato fuori dell’accordo): un sistema che, una volta messo a punto, permetterebbe loro di neutralizzare almeno in parte la capacità delle forze nucleari strategiche russe. Riguardo alla Cina, gli Usa si dichiarano «preoccupati per i suoi sforzi di modernizzazione militare, compresa quella qualitativa e quantitativa dell’arsenale nucleare». 

Allo stesso tempo gli Stati uniti, con il summit del 12 aprile sul Tnp, si prefiggono di rafforzare il re-gime di «non-proliferazione» così come è concepito a Washington: mantenere immutato l’attuale «club nucleare» di cui sono membri, oltre alle due maggiori potenze, Francia, Gran Bretagna, Cina, I-sraele (in incognito), India e Pakistan. Gli Stati uniti, mentre si impegnano a non usare armi nucleari contro gli stati che non le posseggono e si attengono al Tnp, lasciano intendere che si riservano il dirit-to del first strike per impedire che un paese come l’Iran possa costruirle. Ben diverso l’atteggiamento verso gli alleati. Nel Nuclear Posture Review si conferma che «rimane in Europa un piccolo numero di armi nucleari Usa» (stimato in circa 500, di cui 90 in Italia), precisando che «i membri non-nucleari della Nato partecipano alla pianificazione nucleare e posseggono aerei specificamente configurati, ca-paci di trasportare armi nucleari». Si ammette così, in un documento ufficiale, che i primi a violare il Tnp sono gli Stati uniti, i quali forniscono armi nucleari a paesi non-nucleari, e i loro alleati, Italia compresa, i quali violano l’art. 2 del Tnp: «Ciascuno degli stati militarmente non-nucleari si impegna a non ricevere da chicchessia armi nucleari, né il controllo su tali armi, direttamente o indirettamente».

L’Italia è atomica
Il Pentagono conferma che Italia dispone 
di bombe nucleari. Cosa dice il governo italiano?
 
Già si sapeva – da un rapporto dell’associazione ambientalista americana Natural Resources Defense Council (v. il manifesto, 10 febbraio 2005) – che gli Stati uniti mantengono in Italia 90 bombe nuclea-ri: 50 ad Aviano (Pordenone) e 40 a Ghedi Torre (Brescia). Altre circa 400 sono dislocate in Germa-nia, Gran Bretagna, Turchia, Belgio e Olanda. Sono bombe tattiche B-61 in tre versioni, la cui potenza va da 45 a 170 kiloton (13 volte maggiore di quella della bomba di Hiroshima). 
Le bombe sono tenute in speciali hangar insieme ai caccia pronti per l’attacco nucleare: tra questi, i Tornado italiani che sono armati con 40 bombe nucleari (quelle tenute a Ghedi Torre). A tal fine, rive-la il rapporto, piloti italiani vengono addestrati all’uso delle bombe nucleari nei poligoni di Capo Fra-sca (Oristano) e Maniago II (Pordenone).  
Ora ciò viene confermato ufficialmente, per la prima volta, nel Nuclear Posture Review 2010, dove si afferma che «i membri non-nucleari della Nato posseggono aerei specificamente configurati, capaci di trasportare armi nucleari». Lo conferma anche il governo italiano, ammettendo così di violare il Trat-tato di non-proliferazione? Oppure dichiara che il Pentagono dice il falso? 

(il manifesto, 9 aprile 2010)


Da: info  @...

Oggetto: Praga 2010: la primavera nucleare

Data: 07 aprile 2010 18:48:57 GMT+02:00

La grancassa mediatica è impegnata da settimane a descrivere il “gran passo” che Barak Obama farà nella capitale della Repubblica Ceca, dove insieme al collega russo firmerà il nuovo Trattato Start, all’insegna di una cosiddetta “lotta alla proliferazione nucleare”.
Se solo volessimo commentare i numeri della riduzione proposta non ci sarebbe certo da stare tranquilli: le “residue” scorte di bombe e missili in dotazione ai due Stati potrebbero distruggere alcune decine di volte il nostro pianeta. 1.550 testate nucleari strategiche a testa!
Entrando poi nel merito del nuovo trattato l’impressione netta è quella di un’ennesima operazione di maquillage dell’Amministrazione statunitense. 
L’era Obama, più che da quest’accordo, sarà probabilmente ricordata come quella della simulazione e degli ossimori. Nobel per la pace docet.

L’arsenale nucleare della guerra fredda non si tocca. 
Le centinaia di bombe nucleari presenti in Italia, Germania, Belgio, Olanda e Turchia non saranno oggetto di discussione. La vicenda andrà discussa nell’ambito della NATO, che notoriamente non è un organismo propriamente democratico, a causa del predominio del Pentagono in ogni suo ambito decisionale.

Lo scudo antimissilistico in Europa centro meridionale procede, nonostante il “niet” russo.
Il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha imposto l’inserimento di una clausola di ritiro unilaterale della Russia dal Trattato di Praga nell’eventualità del rafforzamento missilistico USA in Europa centro meridionale. Solo a febbraio scorso le diplomazie bulgare e rumene dichiaravano di essere in contatto con Washington per dispiegare entro il 2015 rampe antimissile dell’esercito statunitense.

Si salvano solo cyber terroristi e... Israele
Abolita la ridicola minaccia dell’amministrazione Bush di bombardare entità territoriali dalle quali potrebbero partire attacchi di feroci haker, tutto il resto del mondo è passibile d’attacco nucleare preventivo, in primis i famosi “paesi canaglia”: Iran e Corea del Nord.
Degli alleati di Obama non si parla, tantomeno si toccano. Eclatante il caso di Israele, paese il quale, pur non avendo mai sottoscritto un solo Trattato di non proliferazione, possiede centinaia di testate nucleari. 

S’investe su qualità e conservazione del rimanente magazzino di morte.
Nel trattato praghese non si parla di limiti al potenziamento qualitativo delle forze nucleari, per il quale il vice di Obama, Joseph Biden ha promesso ai responsabili dei laboratori nucleari del Pentagono un prossimo investimento di ben 5 miliardi di dollari.

Le primavere di Praga continuano a lasciare l’amaro in bocca. 
Quella del 1968 auspicava una libertà senza aggettivi, sostanziatasi poi nella libertà dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Quella del 2010 auspica un falso disarmo ad uso e consumo di una potenza in declino, al probabile scopo di scaricare le responsabilità del suo fallimento sull’avversario di sempre, la Russia.

Superata l’ennesima ubriacatura elettorale - durante la quale neppure nelle Regioni interessate dalla presenza di basi militari USA/NATO i programmi dei partiti parlavano di lotta contro la guerra - ci auspichiamo che l’agenda politica dei movimenti si riempia di nuovo di parole d’ordine ed obiettivi antimilitaristi.

In una fase di crisi economica gravissima si distolgono sfacciatamente fondi pubblici dalle spese sociali per coprire le occupazioni militari e foraggiare le industrie di armi. 
Per rendere aderente alla realtà la parola d’ordine “Noi la crisi non la paghiamo” occorre abbinarla a “Noi la guerra non la paghiamo”!

La Rete nazionale Disarmiamoli

www.disarmiamoli.org

3381028120 - 3384014989